Quotidiana fantascienza
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Book preview
Quotidiana fantascienza - Maurizio Bardoni
INDICE
INTRODUZIONE
CONVERSAZIONE
STORIA
CONCORDANZA
FILOSOFIA
SVEZIA
FRAMMENTI
ANTIPODI
SENSO
LABIRINTO
STATISTICHE
MARI
BARBIERE
SOLITUDINE
LAVORO
BEATITUDINE
MISSIONARIO
Titolo: Quotidiana fantascienza
Autore: Maurizio Bardoni
Editore: Temperino rosso edizioni
Prima edizione 2015
In copertina
La nascita della civiltà
Andrea Bardoni
© 2015 Temperino Rosso Edizioni Fortini
ISBN 978-88-98894-67-3
INTRODUZIONE
Dopo la sua morte e la relativa inspiegabile eppure logica e massiccia moda, tante o troppe case editrici, le stesse che avevano ricevuto e cestinato al volo le sue storie, sono andate alla svelta a cercare negli archivi.
Chi ha fatto prima è riuscito a pubblicarli col risultato di milioni di copie vendute con le varie traduzioni in ogni lingua scritta del globo terracqueo.
La legge infatti stabilisce che in questi casi, se nessuno si fa avanti, le stesse case editrici diventano proprietarie dei diritti e siccome lui aveva spedito a tutti o quasi le sue cose, sono sorte in men che non si dica decine di libri dell’autore, che forse non avrebbe nemmeno avuto il tempo materiale per scrivere.
Firmati esclusivamente coi suoi numerosi pseudonimi, i 78 volumetti di 120, 130 o 140 pagine, di solito racchiudono una decina di racconti, brevi, medi e lunghi.
Il nome di Mileno Giambastiani appare sempre nell’introduzione, nelle controcopertine e in dediche trovate chissà dove, spesso ambigue e che talvolta sembrano persino inventate.
Quel che confonde sociologi ed estimatori, spuntati come sciami di mosche attorno alle pretese e virtuali reliquie dell’autore in questione, è che i suoi racconti mischiano verità e fantasia in una maniera intelleggibile e questa forse è anche la ragione del successo, perché non si sa mai quello che è vero e quello che è inventato, quindi ritrae la vita esattamente così come essa è.
CONVERSAZIONE
È una leggenda metropolitana che gli artisti abbiano successo più facilmente dopo la morte, magari dipende anche da molte altre cose.
Però succede ancora, oggi come ieri, in una società che intanto apprezza sempre meno l’arte e sempre di più i soldi, il potere, la gloria autocompiaciuta di personaggi vuoti, costruiti, che non hanno proprio niente da dire, dei miti completamente vuoti, manipolati e a volte anche, inconsapevolmente o meno, manipolatori di greggi che cercano solo degli idoli e fuggono sistematicamente dalla realtà.
Talvolta gli scrittori meritevoli raggiungono il successo, stranamente perfino quelli che - andando controcorrente - scrivono cose interessanti, con una buona dose di immaginazione, una valida struttura e tutto.
È forse emblematico che nel caso di Mileno Giambastiani, tra le prime cose che si sono ritrovate, (più volte scritta a mano, ma anche ripetuta a macchina, cioè col computer, in vari racconti) ce ne è una ricopiata, nemmeno troppo fedelmente dall’originale, ma indubbiamente indicativa.
Quando nella vita pubblica regna reciproca diffidenza in seguito alla influenza esercitata dagli ignobili, ogni operare fecondo diventa impossibile, perché il fondamento è sbagliato. Perciò il nobile sa che cosa deve fare in simili circostanze. Non si lascia sedurre da brillanti offerte a prender parte ad opere pubbliche, il che per lui sarebbe soltanto pericoloso, visto che egli è incapace di partecipare alla bassezza degli altri. Perciò nasconde i suoi pregi e si ritira in segretezza.
Che poi è più o meno l’esagramma 12 dell'I Ching, Il ristagno.
È evidente il disprezzo per la società in genere, la vita pubblica, gli uomini politici, le celebrità e la televisione, in sostanza la falsità imperante e diffusa in ogni dove ci fosse - o ci sia - una classe media.
Il Giambastiani non si sentiva affatto a suo agio nella società italiana, in quella tedesca e poi in quella brasiliana, non solo dal punto di vista letterario, e non solo da quello ne veniva ugualmente retribuito.
Abbiamo ragione di credere che ogni nazione dove abbia vissuto gli sia andata almeno un po’ di traverso.
Questo piccolo racconto del 2011, ci fa intravedere qualcosa della sua complessa ma vivace personalità letteraria.
L’ARTE DELLA CONVERSAZIONE
"La vita è una commedia interminabile, a volte anche troppo ripetitiva.
Vero o no?
La conversazione, invece, è un’arte, può trasformare la noia in motivazione, allegria e, perché no? Perfino energia.
Mi spiego?
Se io catturo la sua attenzione, ci guadagna lei e ci guadagno io, di rimbalzo.
Verità o bugia?
La gente parla tanto per parlare, spesso con indifferenza, non dà importanza ai dettagli di una conversazione.
Ha notato che proprio le persone che parlano di più sono quelle che hanno meno da dire?
Che cosa ne pensa?
Non si fa caso, per esempio, se l’interlocutore sia realmente interessato a quello che diciamo.
Oppure se si sente solo sommerso da una fiumana di frasi senza senso, per lui.
Sì, sì. Frasi senza il minimo interesse per il povero interlocutore.
Si rende conto?
Dall’altro lato, il noioso è una persona, umana, sì, anche se piuttosto disumana, che ci illude di salvarci dalla solitudine, ma che non ci fa assolutamente nessuna compagnia.
Lei che ne dice?
Diamine. Si deve tenere conto di quello che si vuol esprimere, di ciò che si ha da dire, sì, ma anche di quelle che sono le preferenze di chi ci sta ad ascoltare.
Certo che non è una cosa facile, la conversazione… ed essendo un’arte, non è solo una tecnica, ma è una roba che richiede intuito e volontà e… perché no? Ispirazione.
Certamente.
Se non si ha voglia di parlare, o di ascoltare, meglio non farlo per niente, ognuno immerso nel proprio mondo, vagando sugli altopiani del pensiero, finché ci viene voglia di comunicare e allora...
Non è vero?
Tanto per fare un esempio cretino, ma attualissimo, raramente mi fanno arrivare fino a questo punto, sa?
Direi addirittura: quasi mai.
No, no, lei non ci crederà ma m’interrompono sempre prima."
Pausa.
Scusi se glielo chiedo, ma lei è sordo?
Silenzio.
O magari muto, invece?
Lieve rumorio di brezza tra le frasche.
Ah! Tutti e due?
Cip cip di uccellini sugli alberi.
È forse un manichino?
Brezza e cip cip, voci lontane di bambini.
Ma lei è una statua? Ma che ci fa una statua su una panchina, dico io?
Rumori di automobili lontane, un clacson, cip cip e brezza tra gli alberi.
"Ah ecco, la famosa ‘statua di bronzo del pensionato nel parco’! Me la ricordavo più dalla parte di piazza Mazzini, si figuri, mi scusi, mia moglie mi dice sempre di portarmi gli occhiali sempre dietro, ma io mi dimentico, sa?
Ma in fondo non importa, anzi è pure meglio, a volte qua in giro per il mondo s’incontra gente che non sa ascoltare gli altri, invece lei mi pare educato e tutto.
A volte non mi fanno proprio parlare, sa?
Che cosa le stavo dicendo?
Ah, la conversazione, quella è un’arte vera e propria, come prima ma tacita regola…"
La descrizione di un certo disagio traspare da molti dei suoi racconti, purtroppo non era capace di scrivere romanzi, si narra che ci avesse più volte provato, con insistenti ed invadenti problemi di organizzazione ad ostacolarlo.
Il romanzo lo affascinava, forse più dei racconti stessi, ma Mileno era un incostante, non solo come scrittore, a livello umano era troppo discontinuo, il racconto aveva il vantaggio che quando ne aveva abbastanza, lo poteva far terminare, se non proprio di schianto, quasi.
STORIA
Questo racconto del giugno del 2009 dimostra la sua difficoltà ad adattarsi alla società e alle sue assurde regole, il laterale piacere di bere un determinato liquore a base di noci.
Queste pagine furono scritte per partecipare ad un concorso letterario, di un sito che in parallelo propagandava prodotti culinari e locali della regione italiana dell’Emilia Romagna, concorso che Mileno non vinse, naturalmente, ma furono tra le sue prime pubblicate, sull’antologia in cartaceo LA NOTTE DI S.GIOVANNI.
UNA BOTTIGLIA DI STORIA
Il Nocino è un liquore tipico emiliano, ma non solo. È anche una persona, uno che si considera astemio, ma si spara in gola quantità industriali di questo liquore e, se richiesto, ne sa narrare vita, morte e miracoli.
Nessuno, però lo ha mai visto ubriaco e/o cambiare le sue vecchie e sane abitudini a causa di un bicchiere di Nocino in più.
Posso dire che è il mio migliore amico e spero che non sia solo perché è l’unico.
Potenzialmente Nocino è il miglior amico di tutti, solo che la maggior parte non se ne accorge, la gente non ci è abituata ad uno come lui.
Ermanno Pardini, detto Nocino, parla come pochi esseri umani, vale la pena di ascoltarlo:
"Diciamocelo dicendocelo: è inutile spiegare alla gente che sta sbagliando, quello lo sanno già, anche se non lo ammetterebbero mai apertamente, sennò non verrebbero qui da me. No, no, bisogna passare direttamente a parlare della soluzione.
La gente, lo si sa, è portata a litigare, anche se, dentro di sé, sa che ha torto, va avanti rigida sulle sue posizioni, forse è solo ignoranza, non intesa nel senso del ‘non sapere’, (dal quale però proviene,) ma in quello di credere, nei fatti, in una specie di confusa prepotenza unilaterale.
Semplice incapacità di pensare ad un punto di vista che non sia il proprio.
Ecco a cosa serve la filosofia, prima di tutto a capire che siamo limitati e spesso ingenui, nel voler credere, per esempio, che ci debbano accettare così come siamo, spontanei e sgradevoli.
La filosofia si deve sempre confrontare con la storia, come tu ben sai. All’occorrenza con la geografia.
Sennò le regole che valgono per gli altri e si è disposti a lottare per dimostrarglielo, per noi invece no, nel nostro caso urgente e speciale, ecco che quelle fanno costantemente eccezione.
Insomma ogni tanto, per schifo che ci faccia, ci si deve guardare un po’ allo specchio."
Per una tariffa che varia da una bottiglia di Nocino al niente assoluto, accetta di conversare col cliente e tutta la sua famiglia, o i suoi vicini, per giorni e giorni, e riesce, di solito, a metterli d’accordo.
Nessuno capisce come, nemmeno io, che lo ho sempre sotto gli occhi, che assisto alle varie fasi del suo nobile mestiere, in qualità di ‘valido assistente di tirocinio’, secondo le sue stesse parole, ma che non faccio altro che mostrare una faccia sbalordita.
Quando posso vado a trovarlo e se ho fortuna seguo con interesse pure qualche tragicomico dialogo di grande profondità ed attualità.
Una volta gli ho chiesto come faceva ad essere sicuro che quello che dice alle persone sia proprio la verità, o che gli faccia veramente bene.
Ah!
Ha risposto con gli occhi luccicanti di contentezza per la mia domanda. Sicuro che sia la verità non lo posso essere, diciamocelo dicendocelo, ma quello che conta è che li faccio riflettere, sulle loro stesse cose, da un altro punto di vista, che da soli non troverebbero mai. La gente di solito non conosce la logica, pensa in maniera rigida rispetto a regole che non si è scelta, a volte basta pochissimo per fargli capire che un passetto di lato, di fronte ad un muro, non è codardia... ma evoluzione dialettica.
Detto la Brava Personcina, la Giovane Marmotta, ma soprattutto Nocino, giacché ne è il maggior consumatore al mondo, ha tanti altri soprannomi legati a questi tre principali, che non me li ricordo tutti.
Nocino è il migliore, secondo me, tale soprannome si adatta bene alla sua persona.
Lui ne preferisce un altro, meno usato, che abbiamo inventato insieme. Una volta disse di avere un sacco di cose in comune col Nocino, tra cui quella di essere ‘una bottiglia di storia’.
Due contenitori di forma differente, sì, ma che entrambe, oltre a trasportare, dentro di sé, quel liquido scuro e profumato, ci aggiungono un insieme di situazioni e notizie, misteriose e concatenate. Robe del passato che sono l’una conseguenza dell’altra, ma che è difficile capire come e dove sono iniziate.
Oltre ai titoli già citati è chiamato ‘il filosofo della noce’ e di questo ne sente orgoglio, anche se capisce, senza darlo a vedere, che è un titolo ironico.
Se lo chiamassero ‘il sognatore’, o ‘testa nelle nuvole’, per loro avrebbe lo stesso significato, ma per lui invece no.
Nocino purtroppo vive ancora all’età dei presocratici, non vuole nemmeno il telefono a casa, perché quando c’è non vuole essere disturbato, sua madre è sorda e non lo userebbe comunque, così lui può studiare - in santa pace - i grandi pensatori e gli episodi che hanno cambiato la storia.
Ermanno è considerato da molti una specie di scemo, solo perché non lavora in maniera convenzionale, cioè non si fa le sue brave otto ore al giorno e va in giro colla camicia tipo scozzese fuori dai pantaloni, coi sandali e i calzini di lana sotto, i capelli incolti e la barbaccia rossiccia. Però si lava regolarmente, più di tanti altri e non puzza assolutamente, questo lo garantisco io.
È disponibile per tutti, chi si vuol confidare, o semplicemente ha bisogno di qualcuno con cui parlare, ha in lui un porto sicuro.
Gli si offre un bicchierino di Nocino ed è come un interruttore: lui si accende, se non gli si offre niente di materiale, lui se lo paga da sé.
Nessuno ha tanta capacità di ascoltare e di dire una parola opportuna, prima, in mezzo o alla fine di ogni contesto, frasi non dirette al formale conforto, ma direttamente alla soluzione del problema.
Una volta, seduto al bar, disse, come se parlasse non a noi, giovinotti per la maggior parte ignoranti come caproni, ma al piazzale, che lo poteva capire certamente meglio:
"Diciamocelo dicendocelo: chi mi chiama ‘filosofo della noce’, io non so che doppio significato darebbe alla noce in questione, ma loro non sanno che cosa sia un filosofo, che significato abbia questa parola.
In fondo, però a me piace che mi chiamino così, perché il filosofo,