Quaderni Musicologici - Armonia
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In questo quaderno si dà conto di tutto ciò che è correlato con l’armonia, dei rigorosi rapporti di quelle che sono definite come consonanze-dissonanze, pertanto delle loro strutture basiche e piramidali, le loro specialissime e complicate reti di assetti sonici polifonici e di serie funzionali di accordi, dalla diatonia all’atonalità.
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Book preview
Quaderni Musicologici - Armonia - Carlo Pasceri
cpasceri@libero.it
Preambolo
Sono circa mille anni che la musica occidentale ha iniziato un percorso musicale che l’ha distinta da tutte le altre culture del mondo, i nostri antenati hanno voluto imparare a maneggiare combinazioni di suoni simultanei. Hanno realizzato la musica armonica.
All’inizio solo con strutture melodiche che si sovrapponevano (polifonia), poi anche con coaguli di blocchi armonici (accordi) in successione. Queste nuove strutture accordali (prevalentemente costruite con intervalli di terze) non hanno scalzato le antiche armonie, ne hanno prodotte altre, complesse, le due forze non sono incompatibili, ma coesistono ancora¹, influenzandosi a vicenda. Altresì si è andati dal sistema modale a quello tonale, poi mescolandoli, poi altro ancora...
Infatti le cose non sono cambiate in tal senso nel corso dei secoli e dei generi, c’è una continuità notevole, dalla Classica arrivando anche al Jazz e al Rock, è questione decisiva comprendere innanzitutto l’esistenza di leggi di coerenza e di ordine che hanno fatto in modo di produrre moltitudine di musica diversa e meravigliosa, ma che ubbidisce fondamentalmente agli stessi principi organizzativi. Poi approfondire, andando nel dettaglio di questi stupefacenti meccanismi.
Armonia è sinonimo di simmetria ed è attinente al campo musicale e acustico prima ancora di quello geometrico. I rapporti di quelle che sono definite come consonanze-dissonanze sono relativi a precisi rapporti numerici.
Il concetto di consonanza e dissonanza non può avere ragione di esistere senza l’attività armonica, pertanto gli esperimenti e gli studi armonici con le loro conseguenze teoriche e pratiche si possono tradurre sinteticamente come una continua e profonda manipolazione intellettuale delle possibili tensioni e risoluzioni che si generano in musica.
Infatti, a un certo punto del cammino musicale, ci si è posti un problema quasi filosofico a fronte dell’esperienza tra la stabilità della consonanza e il movimento della dissonanza; pertanto la costante sperimentazione, ricerca di sistemi e leggi che possano fornire strumenti creativi per la realizzazione musicale.
La base fu fornita dalle esperienze con il monocordo di Pitagora, sviluppate poi da teorizzazioni sul modo terziale maggiore e minore (accordi per terze) da Gioseffo Zarlino nel ‘500, e dalla scoperta delle armoniche, avvenuta nel 1701 per opera del fisico Joseph Sauveur.
A oggi, da molti secoli, il sistema scalare da cui sono estratte le note da armonizzare è quello avente come scala generale la scala Cromatica dodecafonica ossia costituita da 12 intervalli semitonali (e 13 note).
Tuttavia è stato privilegiato un sistema scalare eptatonico; infatti, dalle arcaiche scale modali diatoniche, che sono partizioni del basilare intervallo di ottava (il più consonante di tutti, quello di 12 semitoni) in 7 segmenti (cinque di tono e due di semitono non contigui), è stato tratto l’accordo perfetto, che partiziona l’intervallo di quinta (l’intervallo più consonante dopo quello di ottava ed è di 7 semitoni) in due: terza maggiore + terza minore ossia 4 semitoni + 3 semitoni; il suo alter ego
è l’accordo minore che inverte la costruzione in 3 semitoni + 4 semitoni.
Da questo sistema scalare eptatonico, sin dal Cinquecento con Zarlino, che riprese concetti e studi pitagorici, e perfezionato nel Settecento da Rameau (che si approfittò del Temperamento Equabile che sistemizzò una volte per tutte almeno fino a oggi gli intervalli), è stata sviluppata una teorica armonica basata su alcuni precetti tanto limitati e arbitrari quanto efficienti nel conseguire risultati: un bipolarismo maggiore/minore di matrice terziale, ovvero d’intervalli per terze.
Inoltre per tutto il Seicento barocco, secolo in cui cominciò a prevalere il concetto armonico-accordale su quello di sovrapposizioni di linee melodiche, la polifonia, gli accordi erano intesi in modo puramente intervallatico, ovvero gerarchizzati in base alla loro strutturazione, dal basso verso l’alto, la loro qualità intrinseca era così salvaguardata; mentre soprattutto dalla metà del Settecento in poi gli accordi sono stati concettualizzati funzionalmente, cioè relativamente a un loro ruolo in un determinato sistema di riferimento polarizzato da un centro tonale che è la nota matrice della scala, tonica, quasi sempre la scala Maggiore (Ionica). Ancor oggi è grandemente prevalente questa concezione con conseguente prassi compositiva.
Dunque l’accordo come oggetto non tanto come puro evento sonico, quel che è di per sé, mediante i rapporti di tessitura tra tutte le note tra loro strutturanti, quanto il suo ruolo all’interno di un sistema tramite una congruenza di configurazione basata su un tono generatore individuato arbitrariamente, anche se non è quello più basso come frequenza, e verso cui sono rapportate le altre note.
Pertanto un accordo formato dalle note MI-SOL-SI-DO, fino al Seicento con la prassi del basso cifrato (o numerato) era considerato un MI 3/6 ossia un MIm6, poi sono stati presi in esame i rapporti tra le coppie di note (per esempio ritenuta importante la diade cromatica SI-DO e quella quartale SOL-DO). Invece per la tonale teoria funzionale, per la quale si deve cercare di ridurre a catene di terze e quindi trovare il suono basso matrice, è semplicemente un DO maggiore7 in stato di primo rivolto (DO/MI); dunque è del tutto semplificato l’agglomerato perché a livello funzionale le note possono essere disposte in modo qualsiasi, la sintesi non cambia: è e sarà sempre e solo l’accordo di DO.
Un accordo ha un significato giacché posto come matrice di un processo interpretativo basato sull’inferenza, cioè ha in sé istruzioni tali da poter essere funzionalizzato in modi diversi a seconda dei contesti in cui è posto, e ne sono possibili innumerabili; ed è alquanto limitante,