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MOSTRA LA TUA FERITA un’installazione di Marcello Tedesco.


Fragilecontinuo, dal 6 febbraio ore 19, Vicolo dè Facchini 2/a
Fragilecontinuo.blogspot.com

L’installazione presentata è composta da una serie di ritratti fotografici. Ogni scatto


mostra la stessa inquadratura (a mezzo busto) e la medesima ipostazione di luce (al neon). Come è
evidente, il linguaggio è ridotto a termini elementari e precisi. Questo sembra alludere ad una sorta
di annientamento dell’autore, il quale, non solo è disposto in maniera neutra (ne-uter: né l’uno né
l’altro) davanti ai soggetti ritratti, ma è anche privo della volontà di interpretarli. In ciò sembra
essere confermata l’impostazione documentaristica dei suoi ultimi lavori. Difatti Mostra la tua
ferita è nato poco dopo le riprese di un film documentario (Fare l’anima, l’anoressia di Marta,
distribuito da Documè), in cui è raccontata la vicenda di una giovane donna anoressica, che dopo un
lungo periodo di degenza riconosce infine il valore positivo e fondante della (sua) ferita.
Come nel film documentario così anche in queste immagini c’è una sorta di mutismo. Pur
mostrandosi nella loro evidenza, esse rimangono infatti nascoste e remote. La loro fissità sembra
così voler indurre chi le guarda a compiere da sé la sua indagine, a formulare la domanda da cui
forse potrà aprirsi una prospettiva di senso. Solo che nel corso dell’indagine l’osservatore
inquirente, nel momento stesso in cui rende il suo sguardo più acuto, è sospinto senza avvedersene
verso la propria ferita. Le immagini, nella loro silenziosa derelizione, lo hanno indotto a
riconoscere, al di là di ogni rimozione, dapprima la sua ferita, e poi il valore fondante che questa
esercita sia per il linguaggio che per il comportamento. L’autore afferma: «Io stesso ho dovuto
essere educato a guardare ed ad accettare quei volti e quei corpi. Questa educazione è simile a
quella dello scalatore che deve prepararsi a sopportare un clima rigido, una continua e progressiva
mancanza d’ossigeno, per abituarsi infine a poggiare gli occhi solo su una distesa di deserto bianco.
Come è noto, questo genere di escursione è ricco di pericoli, non ultimo quello di morire assiderati
per aver smarrito la via o gli strumenti che rendono possibile la scalata».
Con questa similitudine non priva di ironia l’autore tratteggia i termini di un lavoro che appartiene,
come lui stesso, ad una realtà del tutto marginale, che rimane come tale sottratta agli occhi dei più
(sani).
Chiude il percorso espositivo un libro in edizione limitata edito dalla Monks Monkeys Economy
Press.

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