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CCCXIX

I d miei, pi leggier che nesun cervo


I d miei, pi leggier che nesun cervo,
fuggir come ombra; e non vider pi bene
chun batter docchio, e poche ore serene,
chamare e dolci ne la mente
servo.
Misero mondo, instabile e protervo,
del tutto cieco chi n te pon sua spene:
ch n te mi fu l cor tolto; et or sel tne
tal ch gi terra, e non giunge osso a
nervo.
Ma la forma miglior, che vive ancra,
e vivr sempre su ne lalto cielo,
di sue bellezze ogni or pi
minnamora;
e vo, sol in pensar, cangiando il pelo,
qual ella oggi, e n qual parte dimora,
qual a vedere il suo leggiadro velo.
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