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TUBAZIONI
Il trasporto dell’acqua è distribuito tra tubazioni realizzate con materiali con proprietà fisiche,
chimiche e meccaniche proprie che, a seconda dei casi , lo rendono più o meno idoneo alle reali
condizioni di utilizzazione.
Consequenzialmente le tubazioni realizzate con differenti materiali hanno un proprio caratteristico
campo di applicazione in funzione:
• delle pressioni di esercizio
• delle sollecitazioni dinamiche (traffico) o accidentali (sovrappressioni di moto vario)
• della tendenza alla corrosione
• della resistenza all’aggressività
A tutt’oggi non esiste ancora in Italia una legislazione o dei regolamenti che trattano della conser-
vazione delle reti di fognatura nei riguardi delle interazioni fisico-chimiche tra materiali ed ambiente
di posa. L’argomento è della massima importanza in quanto strettamente correlato alla durata nel
tempo dell’efficienza delle opere. I materiali di fognatura possono raggruppassi in quattro classi:
Nell’analisi comparativa tra tubazioni e canalizzazioni realizzate con differenti materiali, vengono
prese in esame le caratteristiche più salienti con specifico riferimento all'impiego nel trasporto di
liquami.
Il mercato risponde in maniera esaustiva offrendo un’ampia gamma di prodotti che, a seconda del
materiale, possono essere classificati in tubazioni :
• Metalliche: acciaio, ghisa sferoidale; l’acqua, sempre presente nel terreno, ne determina il
comportamento elettrolitico. Le tubazioni metalliche, di acciaio e di ghisa, queste ultime in mi-
nore misura, vanno incontro a fenomeni di corrosione elettrochimica. Il fenomeno può essere
ingenerato sia dalla naturale formazione di pile galvaniche dovute all'eterogeneità del contatto
suolo metallo, sia dalla presenza nel suolo di correnti vaganti disperse da sistemi funzionanti a
corrente continua.
• Lapidee: calcestruzzo armato, sia ordinario che precompresso, cemento amianto, Ecored, ce-
ramico ; il calcestruzzo ed il cemento amianto, se ben lavorati, normalmente non destano pre-
occupazioni per l'interazione con l'ambiente di posa. Solo in particolari condizioni, quali quelle
connesse con eccesso di anidride carbonica, presenza di sali di magnesio e di solfati, è da at-
tendersi l'attacco chimico dei conglomerati e la consequenziale loro disgregazione.
• Plastiche: PVC (policloruro di vinile), PRFV (poliestere rinforzato con fibre di vetro) e PEAD
(polietilene ad alta densità). I polimeri, matrice delle tubazioni di materiale plastico, per loro
natura sono resistenti agli attacchi chimici da parte dei suoli, mentre la presenza di sostanze
addittivate può modificare tale comportamento.Il decadimento delle caratteristiche meccaniche
delle tubazioni di materiale plastico è dovuto all'assorbimento di acqua e dei suoi soluti, specie
i cloruri.
• materiali cotti o ceramici : essenzialmente tubazioni realizzate in grès ceramico; sono carat-
terizzati da spiccata resistenza all’azione chimica dell’ambiente. Ottima è la resistenza anche
nei riguardi delle sostanze considerate critiche per i materiali legati.
Per ciascun tipo di tubo verranno illustrati sinteticamente i processi di realizzazione ed i principali
campi d utilizzazione .
La realizzazione dei tubi di acciaio si articola secondo due grandi linee di produzione:
• Tubi senza saldatura :
con campo di fabbricazione estremamente vasto da coprire l’intera gamma dei diametri commer-
ciali fino a dimensioni massime di circa 3000 mm. Anche in questo caso si distinguono due distinti
processi di fabbricazione:
1:fase: formatura del tubo che può essere realizzata con laminazione a freddo o a caldo, sia in mo-
do continuo che discontinuo;
2. fase: saldatura secondo diversi procedimenti;
La produzione dei tubi di acciaio si articola secondo vari procedimenti, illustrati sommariamente in
seguito, i quali si differenziano per le caratteristiche del materiale, semilavorato o finito, dal quale
di realizzano i tubi (Figura 1)
Nel 1885 Reinhard e Max Mannesmann brevettarono un laminatoio a cilindri abbliqui. Risultato
di una serie di studi fondati dall’osservazione che durante la lavorazione di barre di acciaio passate
tra due cilindri disposti con gli assi sghembi e ruotanti nel medesimo verso, si veniva a creare,
all’interno e lungo l’asse longitudinale, una serie di incrinature che nel complesso venivano a cre-
are una cavità lungo tutta la barra. Il laminatoio è costituito da due cilindri rotanti, nelle stesso
senso e disposti con assi sghembi ( angolo 2α =10 °) giacenti su piani paralleli ed orizzontali. (Fi-
gura 4)
Figura 4
In un primo momento i fratelli Mannesmann credettero fosse possibile realizzare tubi di spessore
sufficientemente limitato con siffatta macchina ma esperienze successive convinsero che l’utilizzo
del laminatoio a cilindri obliqui dovesse essere limitato alla produzione del forato ed affidare ad al-
tra macchina il compito di trasformare i forati in veri e propri tubi. Il problema fu risolto mediante
Figura 5
A questo punto l’azione combinata della zona c dei cilindri e del mandrino C allargano e dimensio-
nano il diametro interno mentre l’esterno risulta determinato dalla distanza dei cilindri. Infine la
zona d, di calibrazione, regolarizza lo spessore e rende uniforme la superficie esterna del forato
che lascia il laminatoio perforatore obliquo sotto la forma di un cilindro cavo di grosso spessore e
limitata lunghezza. (Figura 6).
Figura 6
2. fase: la temperatura ancora elevata consente l’ulteriore lavorazione, nel laminatoio a passo di
pellegrino, di trasformazione del forato in tubo stendendolo su un mandrino calibrato con conse-
guente riduzione dello spessore. Il forato è sottoposto all’azione di due cilindri a sagoma eccentri-
ca, ruotanti , in questo caso, in senso opposto e sagomati in modo tale da determinare periodica-
mente, durante un intero giro, una fase a vuoto (BP) una fase di imbocco (PA) ed una fase
di calibratura (AB). .
Figure 7a -7b
Successivamente lungo l’arco AB avviene la fase di calibratura del tubo. Terminata la calibratura, il
complesso mandrino-forato-tubo, è nella posizione esterna estrema; la coppia di cilindri inizia di
nuovo la fase BP. Durante l’avanzamento libero, forato e mandrino ruotano di 90° per ripartire il
processo di laminazione su tutta la circonferenza del forato.
Figure 7c -7d
Con questo metodo si laminano tubi da 50 ÷ 650 mm; ulteriori lavorazioni a caldo (trafila ad e-
spansione) consentono di raggiungere spessori fino a 900 mm. Le lunghezze del tubo variano da 8
m a 13,5 m (Figura 8).
• Procedimento ASSEL
Essendo un procedimento di laminazione occorre realizzare in precedenza il forato che viene spinto
in un laminatoio realizzato con tre cilindri obliqui posti, tra loro, a 120°, su un mandrino calibrato
che ne determina il diametro interno dl tubo.(Figura 9)
F
Figura 9
• Laminatoio Continuo:
come evidenziato in Figura 10 , il laminatoio continuo è costituito da una successione di gabbie mo-
trici con coppie di cilindri scanalati posti su piani sfalsati di 90°. I diametri delle gole sono progres-
sivamente decrescenti e pertanto la laminazione del forato avviene su un mandrino interno su cui
viene steso l’acciaio. Il tubo viene sfilato come descritto nel procedimento Ehhardt.
I tubi a saldatura longitudinale vengono prodotti, con un processo schematizzato nella Figure 11 e
12, con macchine continue e sono ottenuti da lamiere di larghezza pari allo sviluppo del perimetro
della sezione del tubo. I diametri in produzione sono compresi tra 400 mm e 1400 mm. Con spes-
sori massimi fino a 18 mm, utilizzando presse ad U e presse ad O capaci, rispettivamente, di sforzi
di 5.000 e 20.000 tonnellate .
Figura 11
La saldatura interna ed esterna avviene ad arco elettrico sommerso ; l’arco scocca fra i bordi del
tubo da saldare e l’elettrodo formato da uno o più fili nudi che costituisce il materiale d’apporto. La
protezione dall’ossidazione è ottenuta mediante un’apposita polvere che sotto l’azione dell’arco
fonde favorendo anche il riscaldamento dei bordi da saldare. L’alta frequenza della corrente di sal-
datura consente il riscaldamento di una zona molto limitata dei lembi da saldare.
Subito dopo la saldatura viene effettuata la scordonatura ed un trattamento termico (normalizza-
zione) ad induzione della zona termicamente alterata per ricondurla ad una struttura metallografica
omogenea.
a. Saldatura elicoidale
I tubi a saldatura elicoidale sono ottenuti da nastro di acciaio (coils). Anche questi tubi vengono re-
alizzati con macchine continue (Figure 13÷15) che offrono una maggiore elasticità di produzione
per un più semplice e rapido adattamento alle variazioni del diametro dei tubi da produrre, con la
sola variazione del passo dell’elica (Figura 14).
I diametri in produzione sono compresi tra 300 mm e 2500 mm. La lunghezza dei tubi varia tra 8
m e 13,5 m.
Figura 14
Nel processo di fabbricazione dei tubi Fretz-Moon il materiale di partenza è il nastro che viene svol-
to, spianato e, tramite gabbia trascinatrice, viene mandato in forno di riscaldo a passaggio, dove i
bordi vengono riscaldati con fiamma di-
retta fino a 1300°C. Tramite cilindri
formatori (Figura 16) il nastro viene
portato ad assumere la forma cilindrica.
Sui bordi avvicinati viene insufflato os-
sigeno che eleva la temperatura fino al
color bianco.
I bordi vengono premuti l’uno contro
l’altro da appositi rulli di pressione, ot-
tenendo un’ottima saldatura priva di
cordone. Lo sbozzato così ottenuto vie-
ne fatto passare al riduttore a stiramen-
to (Figura17) che ne determina il dia-
metro e lo spessore finiti. Al termine Figura 16
Lo schema di Figura 18 mostra le principali fasi di fabbricazione. Il nastro viene introdotto nei rulli,
o cilindri formatori, che gli conferiscono gradualmente una forma a sagoma circolare. Nel processo
di saldatura longitudinale la corrente ad alta frequenza riscalda, per induzione, i bordi fino alla
temperatura di saldatura; opportuni dispositivi di compressione li accostano fino ad ottenere la sal-
datura . Al termine vengono tagliati da una sega volante alla lunghezza desiderata ed avviati al raf-
freddamento (in aria ed acqua). Questo procedimento viene utilizzato per la produzione di tubazio-
ni dal diametro di 40 mm al diametro di 500 mm.
Figura 18
Infine il tubo, controllato a vista e con sistemi elettromagnetici e provato idraulicamente, è avviato
alla finitura. (Figura 19)
Per la protezione delle condotte interrate dalla corrosione viene attuata con rivestimenti di sostanze
bituminose; lo strato di bitume, continuo ed aderente all’acciaio costituisce l’effettiva protezione del
tubo dalla corrosione ed è a sua volta difeso da azioni meccaniche accidentali esterne (urti durante
il trasporto, lo scarico e la posa in opera) con un’armatura di rinforzo costituita da fasciatura con
nastri di tessuto di fibra vetrosa. Questa nel caso in cui la tubazione è impiegata per condizioni
normali di esercizio è realizzata con doppio strato di feltro di vetro impregnato con la stessa mi-
scela bituminosa e da un successivo strato di finitura di idrato di calcio.
Una condotta è realizzata da un sistema di tubazioni la cui continuità idraulica è garantita dalla pre-
senza dei giunti.
Quando questi vengono realizzati con saldatura e con incollaggio, la condotta diviene struttural-
mente coerente ed in grado di resistere a sforzi longitudinali; quando vengono realizzati con bic-
chiere e con manicotto, entrambi con anello di tenuta di materiale elastomerico, la condotta risulta
strutturalmente incoerente e , pertanto, la stabilità longitudinale viene assicurata da sistemi di an-
coraggio.
Giunzioni flangiate: le estremità del tubo possono essere munite di anello di appoggio saldato
per sovrapposizione o con flange, saldate di testa, all’estremità del tubo (Figura 21). La giunzione,
con interposizione di una guarnizione e serraggio dei bulloni, risulta rigida e comporta la coassialità
dei pezzi. Pertanto questo tipo di giunzione male si presta nel caso di condotte interrate nelle quali,
peraltro, i bulloni sarebbero esposti alla corrosione. Pertanto, le giunzioni a flangia sono utilizzate
all’interno dei manufatti dove, per la presenza di particolari valvolismi, è necessario l’assemblaggio
di questi sulla condotta.
e. Giunzioni a bicchiere
Alle routinarie giunzioni per saldatura la Società Alessio Tubi ha realizzato , limitatamente ai diame-
tri compresi tra DN 150 ÷ 500 mm, un tipo di tubo caratterizzato da un bicchiere doppiamente sca-
nalato in cui trova sede una guarnizione di tenuta in elastomero. (Figura 23).
L'impiego delle tubazioni di acciaio nel campo delle fognature è molto limitato dati i no-
tevoli problemi legati ai fenomeni di corrosione del materiale. Le rare applicazioni sono
limitate a brevi condotte di mandata di impianti elevatori.
La ghisa è un materiale ferroso con elevato contenuto di carbonio. Nella fase di raffreddamento
dallo stato fuso si ha la separazione di grafite sotto forma lamellare distribuita nella massa metalli-
ca. La presenza di grafite consente la lavorabilità della ghisa ma la rende, nel contempo, fragile e
poco resistente. Nel 1950, ricercatori americani, aggiungendo alla ghisa fusa alla temperatura di
circa 1350 °C, piccole quantità di magnesio, ottennero la ghisa sferoidale, caratterizzata dalla pre-
senza di grafite libera in forma di noduli. Le caratteristiche meccaniche del nuovo materiale risulta-
no confrontabili con quelle dell'acciaio per tubazioni, con perdita della fragilità e resistenza a trazio-
ne pari a 40-50 kg/mm2.
Ghisa grigia: la grafite si
presenta sotto forma di lamelle
che si comportano come micro-
cricche interne. Ai bordi delle
lamelle agiscono punti di
tensione in seguito alla
concentrazione di linee di forza
causando rotture di tipo fragile
senza deformazione plastica.
A
Ghisa sferoidale o duttile:
assenza di concentrazione di
linee di forza poiché la grafite si
presenta sotto forma di miscro-
sfere. Pertanto si avrà
deformazione plastica senza
rotture di tipo fragile.
B
Figura 24. Micrografia di una ghisa grigia A ed una ghisa sferoidale B
I tubi di ghisa venivano realizzati con ghisa grigia di seconda fusione colata entro forme verticali
realizzate con terra di fonderia secondo la più antica tradizione adottata per costruire i cannoni. Le
prime utilizzazioni di questi tubi risale al 1445 per la realizzazione di un acquedotto per il castello di
Dillimgurb (Germania) , rimasto in esercizio fino al 1760, anno di distruzione del castello.
Nel 1639 : condotte Medicee in Firenze – ancora
in esercizio per alcuni tronchi ; nel 1644 realizza-
zione delle condotte di Versailles, in parte ancora
in esercizio .
I tubi sono mantenuti nel forno a riverbero per circa 25 minuti alla temperatura di circa 900 °C;
infine raffreddati lentamente vengono estratti dal forno alla temperatura di circa 300 °C .
Questo processo di fabbricazione, adottando conchiglie rivestite con terra di fonderia (materiale re-
frattario) con conseguente lento raffreddamento del tubo, evita il trattamento di ricottura. A fronte
di un risparmio energetico è più laboriosa la fase di preparazione delle conchiglie che devono esse-
re rivestite prima di ogni colata ed un conseguente rallentamento della catena di produzione.
Figura 29
Natural (per acquedotti) – con rivestimento esterno multistrato zinco + alluminio dove l’alluminio
ha la funzione di prolungare, nel tempo, l’azione protettiva dello zinco e quindi la durata del tubo.
Un’ulteriore protezione è data da un ulteriore rivestimento di finitura con vernice epossidica di az-
zurro che sostituisce la tradizionale vernice bituminosa.
La giunzione dei tubi di ghisa avviene essenzialmente introducendo l’estremità liscia del tubo nel
corrispondente bicchiere. Anticamente l’intercapedine anulare risultante veniva riempita di piombo
fuso ribattuto a freddo, realizzando un giunto di tipo plastico soggetto, anche per piccoli cedimenti,
a perdite. Con l’avvento della ghisa sferoidale, caratterizzata dalle elevate capacità elastiche, sono
state ricercate tipologie di giunti che assicurassero anche una perfetta tenuta idraulica del giunto.
Questo si è reso possibile anche per la creazione di mescole di gomma naturale e sintetica partico-
larmente pure, chimicamente stabili, esenti da forme di invecchiamento e rilassamento, sicure dal
punto di vista igienico e conformate in modo da assicurare, con la sola compressione, la tenuta i-
draulica. Questi giunti sono essenzialmente di due tipi :
La Figura 31 illustra le fasi di montaggio dei tubi di ghisa con Giunto Rapido .
Pulizia accurata dell’interno del bicchiere, sede della guarnizione, e dell’estremità liscia del tubo
da imboccare;
tracciamento della linea di fede di lunghezza inferiore di 10 mm rispetto alla profondità del bic-
chiere; questo giuoco, all’interno del bicchiere, ha lo scopo di assicurare la discontinuità elettrica
e meccanica della condotta;
introduzione della guarnizione con la coda di rondine rivolta verso il fondo del bicchiere;
verificata la coassialità delle tubazioni , avviene la messa in tiro fino a quando la linea di fede
raggiunge il lembo del bicchiere.
Figura 31. Procedure per il montaggio di tubazioni di ghisa con il Giunto Rapido
La Figura 33 illustra le fasi di montaggio dei tubi di ghisa con Giunto Express .
Pulizia accurata dell’interno del bicchiere, sede della guarnizione, e dell’estremità liscia del tubo
da imboccare;
Inserimento della controflangia sull’estremità liscia del tubo, con la concavità rivolta verso il
bicchiere e successiva introduzione della guarnizione;
tracciamento della linea di fede di lunghezza inferiore di 10 mm rispetto alla profondità del bic-
chiere; questo giuoco, all’interno del bicchiere, ha lo scopo di assicurare la discontinuità elettrica
e meccanica della condotta;
introdurre l’estremità liscia del tubo fino a far coincidere la linea di fede con il piano frontale
del bicchiere;
far scorrere la controflangia fino a farla aderire alla guarnizione e serrare, progressivamente,
con chiave dinamometrica i dadi con passate successive e seguendo lo schema di serraggio
Figura 33. Procedure per il montaggio di tubazioni di ghisa con Giunto Express
Nelle tubazioni unite con giunti a bicchiere la pressione interna P agisce perpendicolarmente a
qualsiasi piano generando una forza f=P*ω (ω area della sezione) .
Tutte le componenti radiali sono contenute dallo spessore della parete del tubo; le componenti
assiali agiscono su di un piano perpendicolare all’asse del tubo. Nel caso di un cambio di direzione
le forze P*ω si compongono in una forza risultante F (Figura 34).
Nel primo tipo viene posizionato un anello di fissaggio all’interno del bicchiere, nella camera antifi-
lamento di forma concava; la guarnizione , di superficie convessa a sezione trapezoidale, è realiz-
zata con inserti metallici e la tenuta del giunto è garantita, inoltre, dall’appoggio dell’anello su un
cordone di saldatura effettuato sull’estremità liscia del tubo.
Data la limitata resistenza della ghisa alla corrosione, in ambienti di posa particolarmen-
te aggressivi le tubazioni vengono interrate avvolte con guaine di polietilene. La resi-
stenza all'urto ed all'abrasione è condizionata dalla resistenza del rivestimento interno
dei tubi di ghisa sferoidale realizzato con malta cementizia. Le caratteristiche idrauliche
delle tubazioni di ghisa sferoidale, legate al rivestimento cementizio interno, sono buone.
Il giunto è a bicchiere con tenuta garantita da guarnizione di gomma. La posa in opera è
condizionata dal peso elevato delle tubazioni. Il tubo, rigido, non richiede particolari pre-
scrizioni per il letto di posa e per il rinfianco.
I tubi in cemento armato ordinario (c.a.o.) hanno armatura costituita da una o due gabbie realizza-
te con ferri longitudinali e ferri trasversali sagomati ad elica.
Un particolare tipo di tubo in CAO è rappresentato dai Bonna (Figura 38), realizzati da un cilindro
di lamierino di acciaio, dello spessore minimo di 2 mm, con estremità rinforzate da anelli di lamiera
conformati , in un’estremità , a bicchiere. Esternamente il tubo è armato come al punto a) e rivesti-
to con cls per uno spessore non inferiore a 2,5 cm; il rivestimento interno, per piccoli spessori, è di
cls. semplice applicato per centrifugazione; per grandi diametri viene posta anche un’armatura in-
terna.
a) viene realizzata la precompressione radiale con eliche di filo d’acciaio armonico avvolte sotto
tensione su un tubo-nucleo , precedentemente fabbricato con armature longitudinali pretese.
L’elica di precompressione, bloccata sul tubo, viene ricoperta con intonaco di protezione a sua
volta ricoperto con uno strato di mastice bituminoso armato con tessuto di fibre di vetro. La
precompressione longitudinale è importante anche in fase di realizzazione della precompressio-
ne radiale per evitare fessurazioni tra la zona cerchiata e quella ancora libera, effetto salcic-
cia. (Figura 39)
b) una gabbia realizzata da un’elica di filo di acciaio sostenuta, non in tensione, su ferri piatti sca-
nalati, integrata da un’armatura di precompressione longitudinale viene predisposta all’interno
di due forme cilindriche verticali e coassiali, distanziate dello spessore previsto del tubo. La sa-
goma esterna, realizzata in metallo, è suddivisa in settori metallici trattenuti da un sistema di
molle tarate; la forma interna, realizzata in gomma, è libera di espandere. Le due forme ripro-
ducono, in basso, la sagoma del bicchiere.
Posta in tensione l’armatura longitudinale, viene realizzato il getto, opportunamente costipato
con vibratori.
Durante la maturazione con vapore viene dilatata la cassaforma interna la quale trascinando il
getto di cls e l’armatura elicoidale la mette in tensione. La deformazione è controllata dai set-
tori cilindri esterni. Raggiunta la maturazione, viene tolta pressione alla cassaforma interna e
liberata l’armatura longitudinale. (Figura 40)
La Legge n.°257 del 27.3.1992 “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto” sancisce
il divieto dell’estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione e produzione di amianto
e dei prodotti contenenti amianto. Per le tubazioni ed i serbatoio, utilizzati per il trasporto e lo stoc-
caggio dell’acqua per usi civili ed industriali, venne concessa una deroga di due anni.
Il problema, in breve, riguarda la possibile cessione di fibre di amianto in presenza di acque parti-
colarmente aggressive che potrebbero sciogliere il cemento dalla superficie interna della tubazione.
Ciò priverebbe di protezione le fibre di amianto le quali non sarebbero più incapsulate nella matrice
di cemento e quindi potrebbero essere rilasciate nell’acqua, con effetto inquinante. Appunto per
questo le tubazioni di cemento amianto, utilizzate nel campo acquedottistico, non risultano perico-
lose alla salute in quanto è stato dimostrato che le fibre di amianto sono nocive se inalate; di
conseguenza il problema insorge sia nella fase iniziale di fabbricazione del tubo, quando l’amianto
veniva macinato per suddividerne le fibre, e sia nella necessità di rimuovere o sostituire una con-
dotta in fibrocemento tuttora in esercizio.
Per tutto quanto esposto oggi le tubazioni di fibro-cemento vengono prodotte ovviamente senza
amianto impiegando fibre sintetiche di materie plastiche e cellulosa (le quali conferiscono al mate-
riale una sufficiente resistenza a trazione) con cemento ed acqua di impasto realizzando tubazioni
in CPC, Composito Polimeri e Cemento, utilizzati nel campo delle smaltimento delle acque reflue i
quali vengono realizzati con tecnologia analoga a quella utilizzata, per anni, per la produzione dei
tubi di cemento-amianto.
La Figura 41 riproduce lo schema del ciclo di produzione dei tubi in CPC. Nel miscelatore viene pre-
parata una malta di cemento e polimeri molto liquida che viene avviata nella macchina di produ-
zione, detta Vasca olandese (Figura 42). Qui viene prelevata da un cilindro pescatore e stesa su un
nastro continuo, di tessuto permeabile di larghezza uguale alla lunghezza del tubo da realizzare,
trasportata ed avvolta, in strati sottili, sopra un mandrino rotante fino a raggiungere lo spessore
programmato.
Infine le curve ed i pezzi speciali sono in ghisa o in acciaio con le estremità predisposte alla giun-
I tubi CPC, caratterizzati da elevata compattezza, presentano una buona resistenza nei confronti degli
ordinari agenti aggressivi, acidi ed alcalini, del terreno di posa e delle acque di fogna. Analogamente
ai tubi di calcestruzzo sussiste il rischio di aggressione da parte dell'acido solforico. La resistenza del-
le tubazioni agli urti, data la intrinseca fragilità del prodotto, è molto bassa. La resistenza all'abrasione,
di contro, è notevole data la già richiamata elevata compattezza. La tecnologia di produzione delle tu-
bazioni di CPC assicura una superficie interna liscia e poco porosa.
Argilla, acqua e fuoco sono i componenti principali dei tubi di gres ceramico prodotti in barre lunghe
2,0 m. I diametri variano da 200 mm a 800 mm. Il giunto è a bicchiere con tenuta idraulica garan-
tita da guarnizione prefabbricata e solidale al tubo realizzata con resina poliuretanica.
Il ciclo di produzione è riprodotto nello schema di Figura 47.
Le argille, prelevate nelle cave, dosate in quantità proporzionali e sottoposte ad un controllo di
Figura 47
qualità (1), vengono introdotte nei mescolatori ad elica per essere frantumate e raffinate per otte-
nere un impasto omogeneo (2) al quale si aggiunge la chamotte (3), scarti di lavorazione o quelli
derivati dalla presenza di tubi difettosi o dalla rottura degli stessi, che viene reintrodotta nel ciclo
produttivo. L'impasto, opportunamente umidificato (4), passa all’insilatore, per la plastificazione,
ad ai reparti di estrusione (5) dove i tubi ed i vari manufatti in gres vengono formati. I tubi vengo-
no posti in carrelli metallici ed introdotti in capaci essiccatori a tunnel (6). Dopo essiccati, vengono
immersi in un bagno di engobbio (7- Figura 48) e sottoposti a successivo trattamento termico di
cottura e vetrificazione dove, superato un tunnel di preriscalamento, sono immessi nel forno per
circa 70 ore alla temperatura di circa 1100° (8).
Il particolare profilo del giunto, le caratteristiche di elasticità del materiale nonché l’interferenza
tra punta e bicchiere consentono di ottenere giunzioni di tenuta idraulica fino a o,5 bar e minimi di-
sassamenti ( Figura 50 - 80 mm per metro per tubi < 20 cm , 30 mm per metro per tubi dal 250
al 500 mm ed infine 20 mm per metro per tubi dal 600 al 800 mm).
Seguono alcune controlli specifici (10) ed in particolare, tra questi collaudi, c'è un test che avviene
per campionatura: il tubo è sottoposto ad una pressione elevatissima per provarne la resistenza
meccanica, resistenza che spesso supera abbondantemente il margine di sicurezza. Infine i tubi,
pallettizzati, sono spediti alle rispettive destinazioni (11).
Il gres è un materiale vetroso e, quindi, fragile. Pertanto notevole attenzione è richiesta nelle fasi
di trasporto e movimentazione in quanto i tubi danneggiati non possono essere riparati o recuperati
realizzando scorcioni. La resistenza all'abrasione, di contro, è notevole data la presenza dello strato
vetroso superficiale caratteristico del prodotto. La limitata lunghezza delle barre, correlata alla tec-
nologia di produzione, comporta un elevato numero di giunti.
Nella Figura 51 sono riportate le caratteristiche geometriche delle tubazioni e dei pezzi speciali in
gres.
Le prestazioni idrauliche, data la superficie interna del tubo liscia, sarebbero elevate se non risul-
tassero condizionate dall'elevata frequenza di giunti che, in genere ostativo per la celerità di posa,
torna a tutto vantaggio in presenza di tracciati tortuosi che si sviluppano entro strade strette. La
posa in opera delle tubazioni di gres ceramico è condizionata dalla fragilità del materiale e dalla de-
licatezza del giunto di poliuretano. E' sempre necessaria la realizzazione del letto di posa delle tu-
bazioni ottenuto con sabbia o con aridi granulari.
I principali vantaggi offerti da queste tubazioni sono il peso contenuto, che riduce i costi di traspor-
to e posa in opera, l’elevata resistenza alla corrosione ed alla aggressività dell’acqua e la bassissi-
ma scabrezza idraulica. Per contro sono soggetti a decadimento delle caratteristiche meccaniche. I
materiali più comunemente impiegati sono il PVC (cloruro di polivinile), il PEAD (polietilene ad alta
densità) ed il PRFV (poliestere rinforzato con fibre di vetro).
Figura 54
Infine la Figura 55 sintetizza le fasi di posa in opera e di assemblaggio delle tubazioni.
Queste tubazioni trovano ampia applicazione nella realizzazione di fognature, sia miste che separa-
te. Nel campo delle fognature il giunto usuale è a bicchiere con tenuta assicurata da guarnizioni
elastomeriche. Data la flessibilità delle tubazioni , queste non sono in grado di sostenere da sole i
carichi verticali del rinterro e veicolari. Per evitare deflessioni elevate, l'Istituto Italiano Plastici
(IIP) raccomanda la posa su letto e con rinfianco realizzati con materiale arido compattato. E' pra-
tica corrente avvolgere completamente le condotte di PVC con getto di calcestruzzo sia in presenza
di carichi esterni notevoli, sia quando si è in presenza di falda.
Il polietilene ad alta densità è una resina termoplastica prodotta dalla polimerizzazione dell’etilene
a bassa pressione. La protezione richiesta contro le alterazioni del prodotto causate dalla luce e dal
calore è ottenuta aggiungendo sostanze stabilizzatrici e nerofumo. I tubi vengono prodotti per e-
strusione a caldo e possono essere giuntati con tre sistemi:
per saldatura testa-testa Figura 55 (Norma UNI 10520)
per elettrofusione (Norma UNI 10521)
per giunzione meccanica
Figura 60
Figura 61
Benché simili alle tubazioni di PVC sono raramente utilizzate nelle fognature. Il materiale ha un
marcato comportamento viscoelastico e le deformazioni, sotto carico costante, aumentano con il
tempo. La resistenza chimica del PEAD, notevole a temperatura ambiente, dipende dallo stato di
sollecitazione e diminuisce in presenza di elevati allungamenti (stress corrosion). L'effetto combina-
to dell'invecchiamento e della stress corrosion è la causa della comparsa di fessurazioni sulla calot-
ta e sul fondo delle tubazioni. Il PEAD, a volte, viene mangiato dai ratti.
Le tubazioni di PRFV sono costituite da una matrice di resine termoindurenti del tipo poliestere in-
saturo (isoftalica, bisfenolica, ortoftalica) inglobante fibra di vetro.
Le tubazioni di PRFV sono prodotte o per avvolgimento delle fibre di vetro su mandrino rotante e
contemporaneo colaggio di resina, o per centrifugazione entro cassaforma rotante di resina e sca-
glie di fibre di vetro (Figura 62).
La resistenza chimica del PRFV è notevole anche ad elevate temperature. La resistenza all'urto ed
all'abrasione è molto elevata. Le caratteristiche idrauliche del tubo di PRFV sono quelle di tubo li-
scio. Nel campo delle fognature il giunto usuale è a bicchiere con tenuta assicurata da guarnizioni
elastomeriche. Anche per queste tubazioni, vista la flessibilità, si raccomanda la posa su letto e con
rinfianco realizzati con materiale arido compattato. Dato il contenuto peso, la movimentazione e
posa delle tubazioni risulta agevole.
Generalmente la posa in opera delle condotte realizzate con tubazioni di piccole e medio diametro
viene realizzata entro trincee appositamente scavate e successivamente rinterrate. Per diametri D
> 1000÷1500 mm, a fronte della tradizionale posa in trincea si preferisce mantenere la condotta
all'aperto, opportunamente protetta ed appoggiata su selle discontinue. Situazioni singolari, corre-
late a vincoli di natura topografica (valico) o ad insufficienza di carico piezometrico sul suolo (pres-
sione sul piano campagna inferiore a 2÷3 m), richiedono la posa delle tubazione entro gallerie o in
cunicolo.
La posa è sempre preceduta da accurati rilievi topografici per la materializzazione del tracciato sul
terreno, appoggiati a capisaldi, quotati con precisione, di riferimento durante tutte le operazioni di
posa e le successive operazioni di collaudo.
Le condotte interrate sono poste in opera entro
scavi continui di larghezza L al fondo scavo e pa-
reti verticali o sub-verticali, a seconda della pro-
fondità e della consistenza del terreno. (Figura
63)
DN < 0,80 m ⇒ L = DN + 0,50 m
DN > 0,80 m ⇒ L = DN + 0,80÷1,00 m
La larghezza dello scavo dipende oltre che dalle dimensioni del tubo anche da spazi minimi per le
operazioni di assemblaggio delle tubazioni cercando di evitare che gli operai camminino sulla gene-
ratrice superiore delle tubazioni.
Il fondo della trincea deve essere realizzato secondo le quote e le livellette previste dal progetto
esecutivo per l'asse della tubazione. Le operazioni di scavo, ad oggi realizzate esclusivamente con
mezzi meccanici, richiedono la regolarizzazione del fondo differenziata in dipendenza della natura
dei suoli e della tipologia delle tubazioni da porre in opera.
Lo scavo di trincee in roccia, da eseguirsi
con martello demolitore o, al limite, con
esplosivo, richiede sempre, indipenden-
temente dal materiale delle tubazioni, la
regolarizzazione del fondo tramite la
formazione del letto di posa realizzato o
con il materiale di scavo, opportunamen-
te vagliato, ovvero con sabbia di cava o
di fiume
Figura 64. Letto di posa
La presenza dell’elemento di transizione (il letto) tra tubazione e fondo scavo di roccia, assicura la
continuità dell’appoggio e, nel caso di condotte metalliche, impedisce la scalfittura dei rivestimenti,
Figura 67
La prova di tenuta idraulica viene eseguita per tratti di condotta, di lunghezza compresa tra 200 m
e 500 m, tamponati con speciali dispositivi (piatti di chiusura) Figura 69.
Le relative spinte sono trasmesse al terreno tramite interposizione di murature di contrasto sba-
tacchiature in legno o all’interno di pozzetti contrastando i piatti di chiusura con un martinetto (D)
Figura 70.
Tubazioni metalliche
tubazioni di grès
Per corrosione di un metallo si intende la dissoluzione sotto forma di ioni causata dall’ambiente
circostante detto elettrolita.
Il processo corrosivo delle tubazioni metalliche interrate o, in generale, in un mezzo permeabile
all’umidità, ha origine da una forza elettromotrice la quale genera una corrente elettrica che, in
una zona detta anodo, passa dal metallo all’elettrolita e viceversa, in un’altra zona detta catodo.
Figura 72
Nelle tubazioni di acciaio il ferro passa in soluzione nell’elettrolita abbandonando il tubo con conse-
guenti cavità imbutiformi sulla superficie esterna dello stesso .
Nei tubi di acciaio privi di rivestimento protettivo la corrosione si manifesta in tempi relativamente
più lunghi ma su aree più vaste tanto da portare ad una progressiva riduzione dello spessore fino
alla perdita totale del tubo.
Nelle tubazioni di ghisa invece i risultati della corrosione della ferrite non abbandonano il tubo re-
stando frammisti nella grafite. Tale fenomeno è noto come grafitizzazione della ghisa.
I terreni argillosi hanno un’elevata corrosività specifica come quelli saturi di acqua marina.
Quando la lunghezza della condotta interessa terreni di diversa natura si comporta come una pila
geologica (Figura 74) per cui si instaura una circolazione di corrente dalla zona anodica verso la
zona catodica.
Le correnti vaganti sono disperse nel terreno da impianti di trazione a corrente continua (ferrovie,
tramvie, ecc.) dalle linee di terra (come conduttori di ritorno) ed impianti di protezione catodica di
gasdotti.
Nel caso di una tubazione metallica posta in opera nei pressi di una ferrovia elettrificata la corrente
erogata dalla sottostazione percorre la linea aerea, alimenta i motori del locomotore e torna alla
sottostazione parte lungo le rotaie, parte attraverso il terreno e parte attraverso la condotta, in
funzione delle rispettive resistenze elettriche.(Figura 75)
Ovviamente il senso di circolazione della corrente può variare nel tempo.
L’intensità delle correnti vaganti, dell’ordine di decine di Ampere, è molto maggiore di quelle pro-
dotte dalle pile galvaniche. A titolo di esempio una corrente di 1 Ampere che passa da un anodo di
ferro ad un elettrolita, terreno, consuma teoricamente circa 9 kg di metallo l’anno.
Il collegamento tubo-anodo, effettuato con cavo di rame isolato, genera una pila galvanica la cui
forza elettromotrice genera una corrente che circola in senso anodo-terreno-tubazione-cavo di col-
legamento-anodo. Gli anodi sono generalmente immersi in una miscela elettrolita (bacfkill) che ne
rende uniforme il consumo e diminuisce la loro resistenza verso terra.
Il numero ed il peso degli anodi varia in funzione della caratteristiche delle condotte e dalla natura
dei terreni e dimensionati per durare al massimo 15 anni.
Corrente impressa : comprende uno o più gruppi di alimentazione realizzati con un alimentato-
re (gruppo trasformatore-raddrizzatore) allacciato alla rete di distribuzione di energia elettrica a
bassa tensione (220 V o 380 V) con polo negativo collegato alla tubazione e polo positivo al disper-