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Storia sociale dellarte

di Arnold Hauser

Storia dellarte Einaudi

Edizione di riferimento:

Arnold Hauser, Storia sociale dellarte. Volume quarto. Arte moderna e contemporanea, trad. it. di Anna Bovero, Einaudi, Torino 1955, 1956 e 1987
Titolo originale:

Sozialgeschichte der Kunst und Literatur, C. H. Beck, Mnchen

Storia dellarte Einaudi

arte moderna e contemporanea Capitolo quinto Nel segno del film

Il Novecento comincia dopo la prima guerra mondiale, cio fra il 1920 e il 1930, come lOttocento era cominciato solo con il 1830. La guerra incide sullevoluzione, in quanto spinge a una scelta fra possibilit diverse. Le tre tendenze principali nellarte del nuovo secolo hanno tutte dei precedenti ottocenteschi: il cubismo in Czanne e nei neoclassici, lespressionismo in Van Gogh e in Strindberg, il surrealismo in Rimbaud e Lautramont. Questa continuit nellevoluzione artistica corrisponde al persistere delle stesse condizioni economiche e sociali. Il Sombart limita a centocinquantanni let aurea del grande capitalismo e la considera conclusa con lo scoppio della guerra mondiale. Anzi, nel fenomeno dei cartelli e dei trusts degli anni 1895-1914 egli scorge un fenomeno di senilit del sistema e un indizio di crisi imminente. Ma prima del 1914 soltanto i socialisti parlano di crollo; gli ambienti borghesi sono consci del pericolo socialista, ma non credono alle interne contraddizioni delleconomia capitalistica n allirreparabilit delle sue crisi occasionali. Di fronte a queste non si pensa a una crisi del sistema. Questo atteggiamento sostanzialmente fiducioso dura perfino nei primi anni del dopoguerra e, se si prescinde da quel ceto medio che deve lottare con tremende diffi-

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colt, lo stato danimo della borghesia non disperato. La vera crisi economica sinizia nel 1929 con il crack americano che prepara la fine della congiuntura bellica e postbellica e rivela chiaramente le conseguenze della mancanza di un regolamento internazionale della produzione e della distribuzione. Ora a un tratto si sente parlare dappertutto di crisi del capitalismo, di fallimento del liberismo e della societ liberale, di catastrofe imminente e di minaccia rivoluzionaria. La storia del quarto decennio la storia di un periodo di critica sociale, di realismo e di attivismo; le posizioni politiche si fanno pi radicali, e ci si va persuadendo che pu giovare soltanto una soluzione radicale, o, in altri termini, che i partiti di centro hanno fatto il loro tempo. Ma pi di tutti la borghesia consapevole della propria crisi e nei suoi circoli si parla di continuo della fine dellepoca borghese. Fascismo e bolscevismo concordano nel considerare il borghese un cadavere vivente e nel volgersi con la stessa intransigenza contro il principio liberale e parlamentare. Gli intellettuali in gran parte si affiancano ai governi autoritari, chiedono ordine, disciplina, dittatura, si entusiasmano per una nuova Chiesa, una nuova scolastica, un nuovo bizantinismo. Per gli intellettuali snervati e sconcertati dal vitalismo di Nietzsche e di Bergson, il fascismo attraente, perch offre il miraggio di valori assoluti, saldi, indiscutibili, e la speranza di liberarsi dal fardello della responsabilit che razionalismo e individualismo sempre comportano. Dal comunismo invece lintellettuale si ripromette un pi immediato contatto con larghi strati del popolo e la fine del suo isolamento sociale. In questa condizione precaria i portavoce della borghesia liberale non sanno far di meglio che accentuare i tratti comuni del fascismo e del bolscevismo, compromettendo luno e laltro. Essi mettono in rilievo lim-

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pudente realismo proprio di entrambi, e indicano nello sfrenato predominio della tecnocrazia la comune radice di quelle forme organizzative e politiche1. Trascurano a bella posta le differenze ideologiche tra i vari regimi autoritari e li presentano come pure tecniche, cio come campo dazione esclusivo del funzionario di partito, dellamministratore politico, dellingegnere della macchina sociale, insomma del dirigente, del manager. C senza dubbio una certa analogia tra le varie forme di regolamentazione sociale, e, se si parte dal puro fatto del tecnicismo e delluniformit ad esso inerente, c persino analogia fra Russia e America2. Nessun apparato statale pu oggi rinunziare del tutto ai dirigenti. Essi esercitano il potere politico in nome di masse pi o meno grandi, come ai tecnici tocca guidar fabbriche e agli artisti dipingere o scrivere. Ma il problema sempre e solo questo: nellinteresse di chi viene esercitato questo potere? Non c potente al mondo che oggi osi confessare di non mirare unicamente al bene del popolo. Da questo punto di vista noi ci troviamo effettivamente in una societ di massa e in una democrazia di massa. In ogni caso, le masse partecipano alla vita politica almeno nella misura dello sforzo che occorre fare per trarle in errore. Nulla pi tipico dellattuale filosofia della cultura del fatto che si attribuiscano linaridimento e lesteriorit della cultura moderna a questa rivolta delle masse3, che viene avversata in nome dello spirito e dellanima. Allo spiritualismo, per lo pi alquanto confuso, che sta alla radice di questa filosofia aderiscono quasi senza distinzione gli estremisti di destra e di sinistra. Spesso le due parti intendono con ci cose affatto diverse e conducono la loro battaglia contro la brutale visione meccanicistica, gli uni avversando il positivismo, gli altri il capitalismo. Tuttavia fin verso il 1930 gli intellettuali si dividono nei due campi in modo molto ine-

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guale. La maggioranza consciamente o inconsciamente reazionaria e, affascinata dalle idee di Bergson, Barrs, Charles Maurras, Ortega y Gasset, Chesterton, Spengler, Keyserling, Klages e cos via, apre la strada al fascismo. Il nuovo Medioevo, la nuova cristianit, la nuova Europa sono il vecchio mondo romantico della reazione; e la rivoluzione nella scienza, la mobilitazione dello spirito contro il meccanicismo e il determinismo scientifico non sono che linizio della grande reazione mondiale contro lindirizzo democratico e sociale4 dellilluminismo. In questepoca della democrazia di massa si cerca di dare una nobilt alle proprie pretese ed esigenze in nome di gruppi sempre pi vasti, e a Hitler riesce persino il tiro di nobilitare la stragrande maggioranza del suo popolo. Questo nuovo modo democratico di stabilire unaristocrazia comincia contrapponendo lOccidente allOriente, allAsia e alla Russia. Occidente e Oriente vengono contrapposti come ordine e caos, autorit e anarchia, stabilit e sovvertimento, razionalismo disciplinato e sfrenato misticismo5; e lEuropa del dopoguerra, affascinata dalla letteratura russa, viene messa in guardia contro il caos, a cui essa paga il suo tributo con il culto di Dostoevskij e il karamazovismo6. Al tempo di De Vog la Russia e la sua letteratura non erano ancora asiatiche, anzi rappresentavano il genuino cristianesimo da proporre a modello allOccidente pagano. Certo, allora in Russia cera ancora lo zar. Del resto, i nuovi crociati non credono pi di poter salvare lOccidente e vestono la loro disperata visione politica di un pessimismo universale sulle sorti della civilt. Sono risoluti a seppellire tutta la civilt occidentale insieme con le loro speranze politiche e, veri eredi del decadentismo, ammettono il tramonto dellOccidente. La grande ondata reazionaria del secolo provoca in campo artistico il rifiuto dellimpressionismo: fatto que-

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sto che rappresenta nella storia dellarte una svolta, una cesura in certo senso pi profonda di ogni altra verificatasi nello sviluppo stilistico dal Rinascimento in poi, dato che quelle avevano lasciato ogni volta sostanzialmente intatta la tradizione del naturalismo. Unoscillazione pendolare tra formalismo e antiformalismo cera sempre stata, ma dopo la fine del Medioevo mai si era messo in dubbio che fosse compito dellarte attingere fedelmente la propria verit dalla natura e dalla vita. In questo senso limpressionismo rappresent veramente un punto darrivo, la conclusione di un processo durato pi di quattro secoli. Soltanto larte postimpressionistica rinuncia per principio ad ogni illusione realistica ed esprime il suo senso della vita attraverso la deformazione consapevole degli oggetti naturali. Cubismo, costruttivismo, futurismo, espressionismo, dadaismo e surrealismo con eguale risolutezza rifiutano il naturalismo, cio latteggiamento di consenso verso la realt che era stato dellimpressionismo. Ma questa evoluzione preparata dallo stesso impressionismo: esso non perseguiva infatti una rappresentazione integratrice della realt, n stabiliva un confronto tra il soggetto e la totalit di un mondo obiettivo; anzi aveva segnato linizio di quel processo che si chiamato annessione della realt per mezzo dellarte7. Il postimpressionismo non pu pi considerarsi in nessun modo riproduzione della natura; il suo rapporto con essa consiste unicamente nel violentarla. Al massimo si pu parlare di una specie di naturalismo magico, della produzione di oggetti che esistono accanto alla realt, ma non vogliono sostituirla. Di fronte alle opere di Braque, Chagall, Rouault, Picasso, Henri Rousseau, Klee, nonostante tutte le loro differenze, ci pare sempre di trovarci in un altro mondo, in un soprammondo che, per quanti tratti esibisca della realt consueta, rappresenta un modo dessere che la trascende ed con essa incompatibile.

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Ma larte moderna si oppone allimpressionismo anche per un altro aspetto: perch brutta per principio e rinunzia allarmonia e alla bellezza cromatica dellimpressionismo. Nella pittura essa distrugge i valori pittorici, nella poesia il sentimento e la perfezione dellimmagine, nella musica la melodia e la tonalit. Essa una fuga angosciosa di fronte a ogni cosa gradita e piacevole, puramente decorativa e seducente. Gi Debussy contrappone al sentimento dei romantici tedeschi il tono freddo e la nuda struttura armonica, e con Strawinsky, Schnberg e Hindemith lantiromanticismo arriva ad un antiespressivo che rinnega ogni legame con la musica del sensitivo Ottocento. Il poeta, il pittore, il musicista vogliono attingere dallintelletto, non dal sentimento; si accentua cos ora la purezza della struttura, ora lestasi di una passione metafisica, ma ad ogni costo si vuole sfuggire al compiaciuto estetismo dellet impressionistica. Gi limpressionismo era consapevole della situazione di crisi dellestetismo moderno, ma soltanto larte successiva ne sottolinea laspetto grottesco e insincero. Donde la lotta contro ogni sentimento voluttuoso, edonistico, e lo squallore, loppressione, il tormento di Picasso, Kafka e Joyce. Lavversione al sensualismo dellarte precedente, il desiderio di dissolvere il mondo illusorio vanno tantoltre da rifiutarne anche i mezzi espressivi e, come Rimbaud, ci si vorrebbe creare un proprio linguaggio artistico. Schnberg inventa il sistema dodecafonico; e giustamente stato detto che, in ogni suo quadro, Picasso sembra voler riscoprire larte della pittura. La lotta sistematica contro i mezzi espressivi convenzionali, e quindi la dissoluzione della tradizione artistica ottocentesca, sinizia nel 1916 con il dadaismo, che un fenomeno di guerra, una protesta contro la civilt che ha condotto alla guerra, cio una forma di disfattismo8. Il senso di tutto il movimento sta nellopposizio-

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ne alle forme gi pronte, alle frasi stereotipe, comode, ma inefficaci perch tanto logore da falsare loggetto rappresentato e distruggere la spontaneit dellespressione. Il dadaismo, che in ci concorda perfettamente con il surrealismo, si sforza di giungere allespressione immediata, quindi un movimento essenzialmente romantico. Suo bersaglio quellinsincerit formale di cui gi Goethe era conscio e che aveva dato limpulso decisivo alla rivoluzione romantica. Da allora tutta levoluzione letteraria era stata una contesa con le forme tradizionali e convenzionali della lingua, cos che la storia della letteratura del secolo scorso si pu considerare, almeno fino a un certo segno, storia di un rinnovamento linguistico. Ma lOttocento non fa che cercare un equilibrio tra il vecchio e il nuovo, tra i modelli tradizionali e la spontaneit dellindividuo; il dadaismo invece esige lannullamento dei modi correnti e abusati. Esso vuole un linguaggio interamente spontaneo e cos fonda la sua estetica su una contraddizione. Infatti, come farsi intendere n il surrealismo vi rinunzia negando e distruggendo ogni mezzo adeguato? Il critico francese Jean Paulhan distingue due categorie di scrittori a seconda dei loro rapporti con la lingua9. Quelli che tendono a distruggerla, cio romantici, simbolisti e surrealisti, che vorrebbero escluderne del tutto il luogo comune, le forme convenzionali, stereotipe, e per scansare questi pericoli si rifugiano nellispirazione pura, vergine, primitiva, costoro Paulhan li chiama terroristi. Essi lottano contro ogni solidificazione e cristallizzazione della viva, fluida, intima vita dello spirito, contro tutto ci che si esteriorizza come istituzione, cio contro ogni cultura. Paulhan li ricollega a Bergson, e nel loro sforzo di preservare limmediatezza e loriginalit dellesperienza interiore vede linflusso dellintuizionismo e della teoria delllan vital. Gli scrittori dellaltro campo, quelli cio che sanno benissimo che luo-

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ghi comuni e forme stereotipe sono il prezzo da pagare per farsi intendere, e che la letteratura comunicazione e quindi lingua, tradizione, forma logora e perci stesso chiara e immediatamente comprensibile, egli li chiama gli eloquenti, i retori. Ritiene che la loro posizione sia lunica possibile, perch lapplicazione coerente del terrore in letteratura significherebbe il silenzio assoluto, il suicidio intellettuale, da cui i surrealisti possono salvarsi soltanto ingannando continuamente se stessi. Infatti non c convenzione pi rigida e angusta della dottrina surrealista, n pratica darte pi monotona e scipita di quella dei surrealisti intransigenti. La scrittura automatica assai meno elastica di quella guidata dalla ragione e dal senso critico, e linconscio o ci che di esso portiamo alla luce del giorno molto pi povero e semplice della coscienza. Ma nella storia dellarte dadaismo e surrealismo non tanto valgono per le opere dei loro esponenti ufficiali, quanto come denuncia del vicolo cieco in cui si trovava la letteratura alla fine del simbolismo, della sterilit di una convenzione letteraria ormai avulsa dalla vita10. Per Mallarm e i simbolisti qualunque cosa venisse loro in mente, era espressione del loro intimo essere; era una fede mistica nella magia della parola che li rendeva poeti. Per dadaisti e surrealisti dubbio che luomo possa esprimere qualcosa di obiettivo, esteriore, formale, razionalmente organizzato; e, ancor pi, dubbio che tale espressione abbia in se stessa un valore. Essi pensano che inammissibile che un uomo lasci traccia di s11. Cos al nichilismo della cultura estetizzante se ne sostituisce un altro che mette in dubbio non solo larte, ma tutta la condizione umana. Infatti, come dice il manifesto dei dadaisti, misurato col metro delleterno, futile ogni agire umano12. Ma la tradizione di Mallarm non sinterrompe. I retori Andr Gide, Paul Valry, T. S. Eliot e forse

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lultimo Rilke, nonostante laffinit col surrealismo, continuano la tendenza simbolistica. Sono i rappresentanti di unarte formale ardua e squisita, i fedeli della magia della parola, e la loro poesia nasce dallo spirito della lingua, della letteratura, della tradizione. LUlysses di Joyce, e The Waste Land* di T. S. Eliot sono del 1922, e vi risuonano le due note fondamentali della nuova letteratura: lopera di Joyce si muove nellambito dellespressionismo e del surrealismo, quella di Eliot nellambito del simbolismo e del formalismo. In comune hanno la posizione intellettualistica, ma mentre in Eliot lelemento decisivo lesperienza culturale, in Joyce lesperienza originale. La distinzione di questi concetti viene da Friedrich Gundolf che li usa nellintroduzione al suo libro su Goethe, esprimendo cos uno schema tipico del suo tempo13. Nellesperienza culturale lispirazione scaturisce dalla cultura storica, dalla tradizione intellettuale, dal patrimonio ideale e formale della letteratura; nellesperienza originale, direttamente dai fatti della vita e dai problemi dellesistenza. Per T. S. Eliot e Paul Valry il principio sempre un pensiero, unidea, un problema; per Joyce e Kafka, unesperienza irrazionale, una visione, unimmagine metafisico-mitologica. La distinzione concettuale di Gundolf rileva una dicotomia in tutto il campo dellarte nuova. Cubismo e costruttivismo da un lato, espressionismo e surrealismo dallaltro, rappresentano rispettivamente tendenze al rigorismo formale e alla distruzione della forma, che per la prima volta vengono a contrapporsi con tanta asprezza. La situazione tanto pi singolare, in quanto i due stili opposti rivelano le pi strane commistioni e combinazioni, s che spesso si ha limpressione di un dissidio intimo piuttosto che di due tendenze in gara. Picasso, che riunisce in s nel modo pi immediato le varie correnti stilistiche, oggi lartista pi rappresentativo. Ma non si detto ancora tutto quando lo

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si definisce un eclettico e lo si caratterizza come un maestro del pastiche14, quando si afferma chegli vuol solo mostrare in qual misura possegga le regole dellarte, contro le quali si rivolta15, e lo si paragona a Strawinsky ricordando come anche questi avvicendi i propri modelli e per la musica moderna valorizzi ora Bach, ora Pergolesi, e poi di nuovo ajkovskij16. Leclettismo di Picasso significa la distruzione cosciente e premeditata dellunit della persona; le sue imitazioni sono proteste contro il culto delloriginalit; la sua deformazione della realt, che cerca sempre nuove forme, solo per dimostrarne con pi evidenza larbitrio, vuole anzitutto suffragare la tesi che natura e arte sono due cose completamente diverse. Picasso si fa giocoliere, prestigiatore, parodista per opporsi alla concezione romantica con la sua voce interiore, il suo cos e non altrimenti, lorgogliosa autodeificazione dellartista. E non solo egli rinnega il romanticismo, ma anche il Rinascimento, che al romanticismo in certo modo apre la via con il concetto di genio e lidea di unit nellopera e nello stile. Egli rompe completamente con lindividualismo e il soggettivismo, rinunzia interamente allarte come espressione inconfondibile della personalit. Le sue opere sono annotazioni e commenti alla realt; non pretendono di valere come immagine del mondo e del tutto, sintesi ed epitome dellesistenza. Con luso indiscriminato dei diversi stili, Picasso compromette i mezzi espressivi dellarte in maniera radicale, come i surrealisti con la loro rinunzia alle forme tradizionali. Il nuovo secolo pieno di contrasti cos profondi e lunit della sua visione cos minacciata, che il principale, spesso lunico tema dellarte diventa la congiunzione degli estremi, la sintesi delle massime contraddizioni. Il surrealismo che allinizio, come osserva Andr Breton, simperniava esclusivamente sul problema del linguaggio, cio dellespressione poetica, e che, come noi

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diremmo con Paulhan, voleva farsi comprendere senza i mezzi adeguati, si svilupp in unarte che fondava la sua visione sulla natura paradossale di ogni forma, sullassurdit di tutta lesistenza. Il dadaismo, dalla disperazione per tutte le forme culturali, giungeva ad invocare lannientamento dellarte e il ritorno al caos, spingendo allestremo il romanticismo di Rousseau. Il surrealismo, che integra il metodo del dadaismo con la scrittura automatica17 gi con questo esprime la fede che dal caos cio dallinconscio, dallirrazionale, dal sogno, dalle regioni incontrollate dellanima nasca una nuova conoscenza, una nuova verit, una nuova arte. I surrealisti sperano la salvezza dellarte che essi ripudiano in quanto tale, proprio come i dadaisti, ammettendola solo come semplice veicolo di una conoscenza irrazionale dal tuffo nellinconscio, nel prerazionale, nel caos. Se essi adottano il metodo psicanalitico dellassociazione libera, cio dello sviluppo automatico dei pensieri, delle idee e della loro riproduzione senzalcuna censura razionale, morale, estetica18, perch credono di aver trovato cos una ricetta per restaurare la buona, vecchia ispirazione romantica. Finiscono cos per tornare alla razionalizzazione dellirrazionale e al metodo imposto alla spontaneit. Si tratta per di un metodo incomparabilmente pi pedante, dogmatico e rigido di quello propriamente artistico, nel quale lirrazionale e lintuitivo dominato attraverso lintelligenza artistica, il gusto e la critica e, invece di un cieco abbandono, prevale la riflessione. Quanto pi fecondo della ricetta surrealista era il procedimento di Proust che, ponendosi in uno stato di sonnambulismo non turbato da alcuna inibizione, si abbandonava alla corrente dei ricordi e delle associazioni con la passivit ipnotica di un medium19, ma nello stesso tempo sapeva conservare un suo rigore di pensiero e sapeva condurre la creazione artistica con la pi alta consapevolezza20. Freud

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stesso par che abbia penetrato il trucco del surrealismo. Poco prima di morire, egli disse a Salvador Dal, che gli fece una visita a Londra: Quel che minteressa nella Sua arte non linconscio, ma la coscienza21. E certamente voleva dire: Minteressa non la simulata paranoia, ma il metodo della simulazione. Lesperienza fondamentale dei surrealisti la scoperta di una seconda realt inscindibilmente amalgamata alla realt comune, empirica, ma pur cos diversa che noi possiamo parlarne solo per via di negazione e dimostrarne lesistenza attraverso le fessure, le lacune della nostra esperienza. Questo dualismo trova la sua espressione pi chiara nelle opere di Kafka e di Joyce che, pur senza alcun diretto rapporto con il surrealismo, sono surrealisti in senso lato, come del resto la maggior parte degli artisti davanguardia del nostro secolo. Ed questa stessa scoperta che permette al surrealismo di cogliere quel che proprio del sogno e di fare della sua ambigua realt il proprio ideale artistico. Il sogno diventa per esso il paradigma della sua immagine del mondo, in cui reale e irreale, logica e fantasia, volgarit e sublime costituiscono unindissolubile e inspiegabile unit. Ma lo scrupoloso naturalismo dei particolari e linnaturale arbitrio dei rapporti, che il surrealismo deriva dal sogno, non solo ci dnno il senso di una vita su due piani distinti, in due sfere diverse, ma suggeriscono che queste regioni dellessere sono cos compenetrate che luna non pu venire subordinata22 n contrapposta allaltra23. Il dualismo dellessere non certo unidea nuova e la coincidentia oppositorum ci nota gi dalla filosofia di Nicol Cusano e di Giordano Bruno; ma il duplice senso, il doppio fondo dellesistenza, linsidia, la seduzione che per lintelletto umano si cela in ogni singolo fenomeno della realt non furono mai cos intensamente sentiti. Solo il manierismo aveva messo in luce cos cruda il contrasto tra concreto e astratto, senso e spiri-

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to, sogno e veglia. E al manierismo riporta anche linsistenza dellarte moderna, non tanto sulla coincidenza degli opposti, quanto sul carattere fantastico di questa coincidenza. Lacuto contrasto fra la riproduzione fotograficamente esatta dei particolari e la gran confusione dei loro raggruppamenti, che si riscontra, per esempio, in un Dal, corrisponde, pur su un piano molto inferiore, alla predilezione per il paradosso del dramma elisabettiano e della lirica dei poeti metafisici del Seicento. Ma tra lo stile di Kafka e di Joyce, in cui una prosa assai sobria e spesso addirittura comune va insieme alla pi delicata trasparenza dellidea, e quello dei poeti manieristici del Cinque e Seicento la differenza di livello non pi cos grande. In un caso come nellaltro il vero soggetto lassurdit della vita, che risulta tanto pi sorprendente e impressionante quanto pi realistici sono gli elementi dellinsieme che essenzialmente fantastico. La macchina da cucire e lombrello sul tavolo anatomico, la carogna dellasino sul pianoforte, o il nudo femminile che si pu aprire come un cassettone, insomma tutte le forme di giustapposizione e simultaneit in cui vengono costretti il non simultaneo e linconciliabile, esprimono unicamente il desiderio di introdurre, certo in modo assai paradossale, unit e concatenazione nel nostro mondo disgregato. Simpadronisce dellarte una vera mania della totalit24. Pare che ogni cosa si possa collegare con qualsiasi altra, che ognuna possa esprimere anche qualcosa di diverso da se stessa e includa in s la legge del tutto. Con ci connesso in certo modo anche lo svilimento delluomo, il cosiddetto disumanarsi dellarte. In un mondo in cui tutto significativo o tutto equivalente luomo perde la sua preminenza e la psicologia la sua autorit. La crisi del romanzo psicologico forse il fenomeno pi spiccato della nuova letteratura. Le opere di Kafka e di Joyce non sono pi psicologiche nel senso in cui lo

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erano i grandi romanzi del secolo scorso. Alla psicologia Kafka sostituisce una specie di mitologia; e in Joyce lanalisi del particolare s psicologicamente corretta, allo stesso modo che i particolari di un dipinto surrealista sono naturalisticamente ineccepibili, ma manca un eroe in cui la rappresentazione trovi il suo centro psicologico, e manca anche una sfera psicologica, come realt a s nella totalit della vita. Veramente gi con Proust il romanzo comincia a perdere il suo carattere psicologico25: con lui, che il pi grande maestro dellanalisi del sentimento e del pensiero, il romanzo psicologico tocca i suoi fastigi, ma nello stesso tempo ha inizio la disintegrazione della psiche come particolare entit. In quanto, cio, tutta la realt diventa contenuto della coscienza, e le cose acquistano il loro significato unicamente nellesperienza psichica, non si pu pi parlare di psicologia com intesa in Stendhal, Balzac, Flaubert, George Eliot, Tolstoj o Dostoevskij. Nel romanzo dellOttocento anima e carattere si contrappongono come polo opposto al mondo e alla realt, e la psicologia non se non il rapporto antitetico tra soggetto e oggetto, io e non-io, intimit e mondo esterno. Ora il dominio di tale psicologia cessa con Proust. A lui non importa pi tanto caratterizzare la singola personalit benchegli sia un appassionato ritrattista e caricaturista quanto analizzare il meccanismo psichico in s. Lopera sua una summa non solo nel senso corrente, in quanto ci d una rappresentazione completa della societ moderna, ma anche perch descrive tutto lapparato psichico delluomo moderno: inclinazioni, impulsi, talenti, automatismi, comportamenti razionali e irrazionali. LUlysses di Joyce la diretta continuazione del romanzo proustiano; qui si tratta letteralmente di unenciclopedia della moderna cultura occidentale, cos comessa si riflette nel tessuto dei motivi di cui fatto un giorno della vita di una metropoli. Questo giorno il vero eroe del roman-

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zo. Dopo aver rinunciato alla trama, il romanzo moderno ora rinuncia anche al protagonista. Invece del fluire degli eventi, Joyce descrive il fluire dei pensieri e delle associazioni; invece del singolo eroe, il flusso della coscienza, un interminabile, continuo monologo interiore. Dovunque si insiste sulla continuit del movimento, sul continuum eterogeneo, sullimmagine caleidoscopica di un mondo disintegrato. Del concetto bergsoniano del tempo si d una nuova interpretazione, che ne costituisce insieme un affinamento e una deviazione. Ormai si insiste soprattutto sulla simultaneit dei contenuti della coscienza, sullimmanenza del passato nel presente per lindividuo, come per la razza e lumanit, sul costante confluire dei diversi tempi, sul fluido amorfo dellesperienza interiore, sulla mancanza di sponde lungo il fiume del tempo da cui lanima portata, sulla relativit di spazio e tempo, cio limpossibilit di distinguere e definire in quale mezzo il soggetto si muova. In questa nuova concezione del tempo concorrono si pu dire tutti i fili della trama che d sostanza allarte moderna: labolizione del contenuto nellarte, la diseroicizzazione della letteratura, la distruzione della psicologia nel romanzo, la scrittura automatica del surrealismo e, soprattutto, la tecnica del montaggio e la commistione di spazio e tempo nel film. Infatti il nuovo concetto del tempo, il cui tratto fondamentale la simultaneit e la cui essenza sta nella spazializzazione del tempo, in nessunaltra forma si esprime con tanta efficacia come in questa arte recentissima, coetanea della concezione bergsoniana. La consonanza fra i mezzi tecnici del film e le caratteristiche del nuovo concetto del tempo cos perfetta, che si portati a pensare i modi temporali dellarte moderna come nati dallo spirito della forma cinematografica e a vedere nel film la forma darte tipica dellattuale momento storico, anche se non la pi valida sul piano estetico.

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Sotto molti rapporti, il teatro il mezzo artistico pi simile al film; anzi, lunico veramente simile, per lunione di forme spaziali e temporali chesso realizza. Ma quel che si svolge sulla scena in parte spaziale, in parte temporale; di regola, anzi, si tratta di elementi spaziali e temporali, ma non mai di elementi spazio-temporali, come nel film. Il quale si distingue dalle altre arti essenzialmente perch nella sua visione del mondo spazio e tempo si confondono: il primo assumendo un carattere quasi temporale, il secondo un carattere in certo grado spaziale. Nellarte figurativa, come del resto anche sulla scena, lo spazio e rimane statico, immobile e immutato, senza meta n direzione; noi siamo liberissimi di muoverci in esso, perch omogeneo in ogni sua parte e nessuna presuppone temporalmente le altre. In questo spazio le fasi del movimento non sono stadi, gradi successivi di sviluppo, la loro progressione del tutto libera. Il tempo della composizione letteraria soprattutto del dramma ha invece una direzione determinata, una linea di sviluppo, uno scopo obiettivo, indipendente dallesperienza temporale dello spettatore; non un semplice recipiente, ma una successione ordinata. Il carattere e la funzione che spazio e tempo presentano nel dramma mutano radicalmente nel film. Lo spazio perde il suo carattere statico, la sua inerte passivit per farsi dinamico; nasce, per cos dire, davanti ai nostri occhi. fluido, illimitato, aperto, un elemento che ha la sua storia, i suoi momenti, le sue tappe, i suoi stadi irripetibili. Lomogeneo spazio fisico assume cos le caratteristiche del tempo storico composto di elementi eterogenei. Le singole fasi del movimento infatti non sono pi della stessa specie, n le singole porzioni dello spazio di ugual valore; certe posizioni vengono cos ad assumere una qualificazione particolare: alcune assumono nello sviluppo dellesperienza spaziale una certa priorit, altre rappresentano il culmine dellesperienza stes-

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sa. Il primo piano, ad esempio, non ubbidisce soltanto a criteri spaziali, ma rappresenta uno stadio da raggiungere e superare nel decorso del film. In un buon film i primi piani non sono distribuiti a capriccio n arbitrariamente; non sono cio indipendenti dallintimo sviluppo della scena, n inseriti a casaccio, ma soltanto l dove la loro energia virtuale pu e deve esplicarsi. Infatti un primo piano non un taglio e uninquadratura per s stante; sempre soltanto parte di una scena pi ampia, come quelle figure en repoussoir** che in un dipinto barocco stanno in primo piano e introducono nello spazio del quadro un movimento e uninstabilit simile a quelli dei primi piani nella struttura spaziale del film. Ma come se nel film spazio e tempo fossero uniti attraverso uno scambio reciproco di funzioni, allattualizzarsi e temporalizzarsi dello spazio corrisponde il carattere quasi spaziale che assumono le relazioni temporali, cio una certa libert nella successione dei loro momenti. Nel tempo del film noi ci moviamo come di solito ci avviene solo nello spazio, cio liberissimi di cambiar direzione: passiamo dalluna allaltra fase del tempo, come da una stanza allaltra, separiamo i singoli stadi nello sviluppo degli eventi e li raggruppiamo su per gi secondo criteri di ordine spaziale. In breve, il tempo qui perde la sua ininterrotta continuit e la sua direzione irreversibile. Si pu fermarlo nei primi piani, invertirlo nelle visioni retrospettive, recuperarlo nelle immagini della memoria e saltarlo nelle visioni del futuro. Fatti paralleli, simultanei, possono venir mostrati lun dopo laltro, come possono apparire contemporanei fatti distanti nel tempo, per mezzo della doppia esposizione o del montaggio alterno; quel che prima pu apparir dopo, e viceversa. Nella concezione del tempo il film affatto soggettivo e manifestamente eterodosso di fronte alla realt empirica e al dramma. Nella

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realt empirica il tempo un ordine uniformemente progressivo, perfettamente continuo, assolutamente irreversibile, in cui gli avvenimenti si susseguono come sul trasportatore a nastro. Nel dramma veramente esso non sidentifica affatto con quello empirico di qui la molesta impressione prodotta sulla scena da un orologio che segna lora vera e lunit di tempo, prescritta dalla drammaturgia classica, pu persino essere interpretata come radicale eliminazione del tempo reale; tuttavia le relazioni temporali nel dramma hanno pi punti di contatto con la cronologia della realt empirica che il corso del tempo nel film. Cos nel dramma, o almeno durante latto, mantenuta lordinaria continuit temporale. Gli avvenimenti si susseguono anche qui, come nella vita, secondo la legge di una progressione che non ammette n interruzioni, n salti, n ripetizioni, n inversioni, e segue un ritmo assolutamente costante: cio entro le singole parti (atti o scene) non subisce alcun acceleramento, ritardo o arresto. Nel film invece non solo varia il tempo dellevento, la velocit degli avvenimenti che si susseguono, ma spesso lo stesso criterio di misurazione, per luso dellacceleratore o del rallentatore, per la diversa lunghezza del taglio o il numero dei primi piani. La logica della messa in scena proibisce al drammaturgo quella ripetizione di momenti e periodi, che nel film spesso la fonte del pi intenso effetto estetico. vero che sovente anche il dramma tratta retrospettivamente parte della storia, risalendo allantefatto; ma questo per lo pi avviene in forma indiretta, sia facendone un racconto continuo, sia inserendone allusioni qua e l nel dramma. Ma la ripresa, nel corso di unazione, di momenti di sviluppo gi superati e il loro diretto inserimento nella continuit dellevento attuale, nel presente drammatico, non consentita dalla tecnica del dramma, o meglio lo soltanto ora, forse appunto per

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influsso del film o della nuova concezione del tempo diffusa dal romanzo moderno e acuita dal film. La mobilit della macchina da presa una possibilit tecnica che senzaltro spinge il film alla trattazione discontinua del tempo e gli fornisce agevolmente il mezzo di rendere pi intensa una scena interpolandovi incidenti eterogenei, o frammentando una stessa scena in parti diverse di una pellicola. Cos il film spesso ci fa leffetto di una mano che scorra piacevolmente su una tastiera, di qua e di l, a destra e a sinistra. Sovente il film ci presenta leroe come un giovane allinizio della sua carriera, poi, risalendo nel passato, come un bimbo; poi, nel procedere dellazione, lo rivediamo uomo maturo e, dopo aver seguito per un certo tempo il corso della sua vita, finiamo col vederlo, dopo morte, redivivo nel ricordo di un parente o di un amico. In questa discontinuit temporale lo sviluppo a ritroso del racconto si combina con piena libert, senzalcun legame cronologico col suo procedere in avanti, e attraverso questi iterati rivolgimenti del continuum temporale si intensifica al massimo quella mobilit che essenziale dellesperienza cinematografica. Ma una vera e propria spazializzazione del tempo il film la raggiunge solo con la rappresentazione simultanea di azioni parallele. Soltanto la percezione della simultaneit di avvenimenti diversi, disgiunti nello spazio, trasporta lo spettatore in uno stato ambiguo fra spazio e tempo, che pretende ai caratteri di entrambi. Dove le cose sono insieme vicine e lontane vicine nel tempo e lontane nello spazio si realizza quel rapporto spazio-temporale, quella bidimensionalit del tempo che il medium specifico del film e il principio fondamentale della sua rappresentazione. Relativamente presto ci si rese conto che la contemporaneit di due serie di avvenimenti tema essenzialmente cinematografico. Da principio questa simultaneit era semplicemente indicata, e in modo affatto

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meccanico, mediante la coincidenza di due orologi o con accorgimenti analoghi; la tecnica dello svolgimento alterno di due azioni distinte e del montaggio alternato delle loro singole fasi si svilupp soltanto a poco a poco. Ma pi tardi ne troviamo esempi ad ogni passo. E non importa se si tratti di due partiti, due rivali o due sosia; la struttura del film sempre dominata dallincrocio e dallintersezione delle linee dazione, dalle due facce dellavvenimento e dalla simultaneit delle azioni contrastanti. Il celebre finale dei primi film di Griffith, oggi ormai classici, dove lesito dellazione incalzante dipende da chi arriva primo alla meta il treno o lautomobile, lintrigante o la staffetta del re, lassassino o il salvatore diventato, con la sua tecnica, a quel tempo rivoluzionaria, delle immagini che si alternano di continuo accendendosi e spegnendosi in un lampo, il paradigma dellazione cinematografica in situazioni analoghe. Lodierna esperienza del tempo consiste soprattutto nellesser consapevoli dellattimo in cui viviamo, nella chiara coscienza del presente. Le cose attuali, contemporanee, connesse luna allaltra in questora presente, possiedono per luomo odierno un senso e un valore speciale e, alla luce di questa coscienza, il nudo fatto della contemporaneit acquista ai suoi occhi un grande significato. Il suo mondo spirituale permeato dallidea dellattualit e della contemporaneit, come il Medioevo da quella della trascendenza e lilluminismo da quella dellavvenire. Egli sente la grandezza delle sue citt, i prodigi della sua tecnica, la varia ricchezza del suo mondo intellettuale, le segrete profondit della sua psicologia nella contiguit, nella connessione, nellintreccio di cose e avvenimenti. Il fascino della simultaneit, la scoperta che da un lato lo stesso uomo, nello stesso istante, vive esperienze cos diverse, indipendenti e inconciliabili, e dallaltro diversi uomini in diversi luo-

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ghi spesso vivono la stessa esperienza, che in diversi punti della terra, affatto isolati luno dallaltro, accade nello stesso tempo la stessa cosa, questo universalismo che la tecnica moderna ha rivelato alluomo forse la vera origine della nuova concezione del tempo e della tecnica saltuaria e discontinua con cui larte moderna descrive la vita. Il carattere rapsodico del nuovo romanzo, che lo differenzia cos nettamente da quello tradizionale, anche il suo tratto pi cinematografico. La discontinuit dellintreccio e della rappresentazione delle singole scene, il sorgere improvviso di pensieri e di stati danimo, la relativit e lincoerenza nella misura del tempo ci che in Proust e in Joyce, in Dos Passos e in Virginia Woolf ci ricorda i tagli, le dissolvenze e le interpolazioni del film; ed semplice magia cinematografica il modo con cui Proust raffigura due incidenti, tra cui forse sono corsi trentanni, pi vicini di altri in realt divisi soltanto da due ore. Come in Proust passato e presente, sogno e meditazione si danno la mano al di l del tempo e dello spazio, come la sensibilit, seguendo sempre nuove tracce, erra nel tempo e nello spazio e come in questo infinito e sconfinato fluire dei rapporti svaniscono i limiti di spazio e di tempo, cos precisamente avviene in quella dimensione spazio-temporale in cui si muove il film. Proust non fa cenno di date o di et; noi non sappiamo mai bene quanti anni abbia leroe del suo romanzo, e anche la cronologia degli avvenimenti per lo pi rimane oscura. Esperienze e vicende non si connettono in lui mediante la loro contiguit temporale, e il tentativo di delimitarle e ordinarle cronologicamente gli parrebbe tanto pi irragionevole in quanto, per lui, ogni uomo ha le sue esperienze tipiche, periodicamente ripetute. Fanciullo, giovine, adulto, in fondo egli vive sempre la stessa esperienza; il senso di un incidente spesso gli si scopre soltanto molti anni dopo chegli lo ha vissuto e sofferto; ma egli non pu

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distinguere i sedimenti degli anni trascorsi da quel che porta lora attuale. Non si forse in ogni istante della vita lo stesso fanciullo, lo stesso malato, lo stesso solitario straniero dai nervi vigili, sensibili, inquieti? Non si forse in ogni caso della vita luomo capace di questa o di quella esperienza e che nel ripetersi degli elementi tipici delle proprie esperienze possiede lunica protezione contro il tempo che passa? Non si svolgono forse tutte le nostre esperienze contemporaneamente? E questa simultaneit non proprio la negazione del tempo? E non questa una lotta per recuperare quel mondo interiore che va perduto nello spazio e nel tempo? Anche Joyce non fa che lottare per ricuperare questa inferiorit e limmediatezza delle esperienze, quando al pari di Proust lascia che il tempo rompa gli argini in cui scorre ordinato e sommerga ogni punto fisso. Anche in lui lordine cronologico delle esperienze cede alla commutabilit dei contenuti della coscienza. Anche in lui il tempo un percorso senza direzione fissa, lungo il quale ci si sposta qua e l. Ma egli va oltre lo stesso Proust nella spazializzazione del tempo e ci presenta gli avvenimenti interiori non solo in sezione longitudinale, ma anche trasversale. Immagini, idee, fantasie, ricordi gli si presentano assolutamente improvvisi e in contiguit immediata; della loro origine quasi non si tiene conto, contiguit e simultaneit sono gli unici aspetti su cui si insista. La traduzione del tempo nello spazio in Joyce va tantoltre che, conoscendo anche approssimativamente linsieme dellUlysses e non solo, come stato detto, dopo una prima lettura se ne pu intraprendere la lettura da dove si vuole e leggere i singoli capitoli nellordine che si preferisce. Il lettore ne ritrae unimpressione essenzialmente spaziale, poich il romanzo non descrive soltanto laspetto di una metropoli, ma in certo modo ne adotta la struttura, la rete di vie e piazze in cui

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si va gironzolando senza meta, e il vagabondaggio finisce dove e quando si vuole. chiaramente indicativo del carattere cinematografico di questa tecnica che Joyce non abbia scritto i capitoli del suo romanzo seguendo quella che sarebbe stata la loro successione definitiva, ma come suole accadere nella lavorazione dei film labbia fatto prescindendo dal procedere della trama ed abbia atteso a pi capitoli insieme. La concezione bergsoniana del tempo, caratteristica del film, si ritrova, se pur non sempre cos evidente, in tutti i generi e in tutte le correnti dellarte odierna. La simultanit des tats dme*** lesperienza fondamentale comune alle varie correnti della pittura moderna, al futurismo italiano e allespressionismo di Chagall, al cubismo di Picasso e al surrealismo di Giorgio de Chirico. Bergson scoperse il contrappunto dei processi psichici e la struttura musicale dei loro nessi. Come nellaudizione musicale noi percepiamo il rapporto fra ogni nota e tutte le precedenti, cos, nelle esperienze pi profonde e vitali, noi realizziamo sempre tutto quello che abbiamo esperimentato e assimilato nel corso della nostra vita. Quando comprendiamo noi stessi, leggiamo nella nostra anima come in uno spartito; sciogliamo il groviglio caotico dei suoni traendone una ingegnosa polifonia. Ogni arte un gioco con il caos; essa gli si avvicina sempre pi pericolosamente e gli sottrae regioni psichiche sempre pi vaste. Se c un progresso nella storia dellarte, appunto questa crescente conquista nei domini del caos. Con la sua analisi del tempo, il film sinserisce in questo processo; sono ormai traducibili in immagini visive esperienze che prima si potevano esprimere solo in forma musicale. Ma lartista che dovrebbe riempire di vita effettiva questa possibilit, questa forma ancor vuota, non ancora venuto. La crisi del film, che sembra svilupparsi in malattia cronica, dipende anzitutto dal fatto che esso non trova

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i suoi poeti, o, per meglio dire, i poeti non trovano la via del film. Avvezzi allassoluta libert fra le loro quattro pareti, essi ora dovrebbero tener conto di produttori, direttori, registi, soggettisti, operatori, architetti e tecnici dogni specie, senza che lo spirito di tale cooperazione, anzi lidea di una produzione artistica in comune, abbia ancora raggiunto ai loro occhi limportanza che sarebbe necessaria. Si ribellano al pensiero che la creazione di unopera darte venga affidata a un organismo collettivo, a unazienda; e considerano umiliante per larte che in decisioni, di cui spesso non si pu dar ragione neppure a se stessi, abbia a prevalere unimposizione estranea o, nel caso migliore, una maggioranza. Essi dovrebbero adattarsi a una condizione, dal punto di vista dellOttocento, affatto insolita e innaturale. Gli sforzi dispersi e incontrollati dellarte moderna urtano qui per la prima volta contro un principio che lopposto della loro anarchia. Infatti una produzione artistica fondata sulla collaborazione gi di per s rivela una tendenza allintegrazione, di cui a prescindere dal teatro, dove tuttavia si tratta di riprodurre, non di produrre opere darte non cerano pi stati esempi validi dopo i cantieri del Medioevo. E quanto lontana sia ancora la produzione dei film da una vera comunit di lavoro artistico, lo mostra non solo lincapacit della maggior parte degli scrittori di accordarsi con il cinematografo, ma anche un fenomeno come Chaplin, che nei suoi film crede di dover fare da s quanto pi possibile: la parte del protagonista, la regia, il soggetto, la musica. Ma se anche fossimo soltanto allinizio dellorganizzazione, se tutto ci non fosse che la cornice per ora ancora vuota di un nuovo metodo dintegrazione, tuttavia anche qui, come in tutta la vita economica, sociale e politica di oggi, si tende a organizzare, senza di che il nostro mondo materiale e intellettuale rischia di andar in pezzi. Anche in questo campo si tratta della stessa antitesi che

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dappertutto ricorre nella vita sociale del nostro tempo: democrazia e dittatura, differenziazione e integrazione, razionalismo e irrazionalismo cozzano aspramente luno contro laltro. Ma se gi in campo economico e politico una pianificazione non sempre pu risolversi con la semplice imposizione di criteri ordinatori, tanto meno ci pu avvenire in campo artistico, dove ogni violenza alla spontaneit, ogni forzato livellamento del gusto, ogni regolamento istituzionale delliniziativa del singolo comporta pericoli gravi, se pur non proprio mortali come abitualmente si crede. Ma in un tempo di estrema differenziazione e di raffinatissimo individualismo come si dovr procedere per armonizzare e integrare gli sforzi individuali? Come, in pratica, rimediare al fatto che i film tecnicamente pi riusciti spesso si fondano su miserrime invenzioni letterarie? Non si tratta della semplice contrapposizione di registi incapaci e capaci scrittori, ma di due fenomeni non contemporanei: il poeta solitario, isolato, autonomo e i problemi del film che si possono risolvere solo collettivamente. Lapparato collettivo della produzione cinematografica anticipa una tecnica sociale di cui non siamo ancora esperti, come a suo tempo linvenzione della macchina fotografica anticipava una tecnica artistica che allora nessuno sapeva bene come impiegare. Si proposto, per superare la crisi del cinematografo, di riunire nuovamente le funzioni divise e, anzitutto, di affidare a ununica persona i compiti del regista e del soggettista; ma si sfuggirebbe al problema, pi che risolverlo, opponendosi alla soverchiante specializzazione senza abolirla, e, invece dintrodurre lorganizzazione auspicata, se ne eluderebbe la necessit. Del resto il principio monistico-individualistico nellespletamento delle funzioni, in luogo di una divisione del lavoro organizzato collettivamente, non solo risponde esteriormente e tecnicamente ai metodi del lavoro dilettantesco, ma

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implica una mancanza dintima tensione che ricorda la semplicit dei film di dilettanti. O invece si deve considerare tutto lo slancio verso una produzione artistica fondata sullorganizzazione come un turbamento temporaneo, un semplice episodio, destinato ad essere spazzato via dallimpetuosa corrente dellindividualismo? E il film sarebbe, non gi linizio di una nuova era per larte, ma solo la prosecuzione un po esitante della vecchia cultura ancor sempre vitale? di quella cultura individualistica cui si deve tutta larte posteriore al Medioevo? Solo in questo caso si potrebbe risolvere la crisi del cinematografo affidando a un solo individuo certe funzioni, quindi abbandonando il criterio del lavoro collettivo. Ma la crisi del cinematografo si collega con una crisi del pubblico. I milioni e milioni di spettatori che ogni giorno, ogni ora riempiono le mille e mille sale del globo, da Hollywood a Sciangai, da Stoccolma a Citt del Capo, lunica lega che comprenda gli uomini di tutto il mondo, hanno una composizione sociale assai confusa. Nulla unisce questi uomini, se non il fatto di riversarsi nei cinematografi, fluendo e rifluendo come corrente amorfa; rimangono massa eterogenea, inarticolata, informe, indefinita, con la sola caratteristica, negativa, di rappresentare un insieme in cui si confondono tutte le categorie sociali, senza che affiori alcun ceto organico e chiaramente distinto per classe o per cultura. Questa massa non un pubblico in senso proprio, poich tale pu essere designato soltanto un gruppo pi o meno costante di frequentatori, capace di assicurare in certa misura la continuit di una produzione artistica. In ogni tempo, un vero pubblico si forma dove c una possibilit di reciproca comprensione; se allinterno di esso le opinioni non sempre concordano, le divergenze tuttavia si verificano su un piano comune. Ma fra le masse dei cinematografi, non legate da una comune preparazione

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intellettuale, inutile cercare simile possibilit. Se un film non le soddisfa, e cos poco probabile che riescano a intendersi sui motivi del rifiuto, da far presumere che anche il generale consenso si fondi su un malinteso. Quei gruppi omogenei e costanti di pubblico che in passato, come intermediari fra gli artisti e il pubblico profano, avevano esercitato unazione allingrosso conservatrice, furono, com noto, dispersi col progressivo democratizzarsi del godimento artistico. Il pubblico borghese degli abbonati ai teatri statali e comunali del secolo scorso costituiva un corpo pi o meno omogeneo, organicamente sviluppato; ma la fine del teatro di repertorio ne disperse anche lultimo residuo e da allora si ebbe solo un uditorio occasionale, sebbene in certi casi pi folto che mai. In generale era quindi identico al pubblico dei cinematografi, che devessere sempre riconquistato, e ogni volta con nuove, insolite attrazioni. Il teatro di repertorio a spettacolo quotidiano, quello degli spettacoli in serie e il cinematografo sono stadi successivi della democratizzazione dellarte e della graduale perdita di quella solennit che finora era stata, in grado maggiore o minore, tipica di ogni forma teatrale. Lultimo passo su questa via della profanazione lo compie il cinematografo. Infatti tuttora un teatro di citt grande, con un qualsiasi spettacolo di successo, esige dal pubblico una certa preparazione intima ed esteriore per lo pi occorre procurarsi il biglietto in precedenza, attenersi a unora precisa, prepararsi ad aver tutta la sera occupata , al cinematografo invece si va allultimo momento, col vestito di tutti i giorni, e alla rappresentazione continua si accede in ogni momento. Il tono quotidiano del film in certa misura corrisponde al modo improvvisato e senza pretese con cui lo spettatore si reca a vederlo. Dagli inizi della nostra civilt, cos portata allindividualismo, questo il primo tentativo di unarte per un

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pubblico di massa. La democratizzazione dellarte, che, culmina con questa affluenza delle masse al cinematografo, era veramente cominciata, come sappiamo, con quella trasformazione della composizione, sociale del pubblico che al principio del secolo scorso aveva accompagnato il sorgere del dramma da boulevard e del romanzo dappendice. I successivi passaggi dal teatro privato delle corti principesche al teatro statale e comunale e poi alle imprese private, dallopera alloperetta e alla rivista, rappresentano le singole fasi di uno sviluppo in cui la preoccupazione maggiore e quella di attirare masse sempre pi vaste, per coprire le spese di sempre maggiori investimenti. La messa in scena di unoperetta poteva essere ancora sostenuta coi mezzi di un teatro di media grandezza, ma una rivista o un grande balletto doveva gi passare per varie grandi citt prima di rifondere le spese dellimpresario; al finanziamento, di un grande film debbono contribuire gli spettatori di tutto il mondo. Ma in questo modo linflusso delle masse sulla produzione artistica diventa decisivo. La loro semplice presenza agli spettacoli ateniesi o medievali non era mai valsa a imporre direttamente allarte una via piuttosto che unaltra, e solo quando esse pagano integralmente il prezzo del loro divertimento le condizioni chesse impongono per sborsare il loro danaro possono diventare un fattore decisivo anche per larte. Qualit e popolarit dellarte sono sempre state in un rapporto difficile. Il che non vuol dire affatto che i ceti popolari abbiano favorito per principio larte deteriore. Unarte ricca e sottile per loro, naturalmente, pi difficile di unarte semplice e poco evoluta; ma il difetto di adeguata comprensione non vieta in modo assoluto chessi laccettino sebbene non proprio per il suo valore estetico. Il successo per loro determinato da criteri estranei alla qualit. La loro reazione non si basa sul pregio artistico ma sullimpressione per cui si sentono

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appagati o turbati nel loro ambito personale. naturale che siano sensibili anche al pregio artistico, quando venga loro presentato in un modo adeguato, cio attraverso un tema che sappia attrarle. Quindi le probabilit di successo di un buon film superano senzaltro quelle di un buon quadro o di una buona poesia. Infatti, allinfuori del film, oggi larte davanguardia pressa poco inaccessibile ai non iniziati; essenzialmente impopolare, perch i suoi mezzi di espressione, nel corso di un lungo, serrato processo, si sono trasformati in una specie di lingua occulta. Invece anche il pi rozzo pubblico ha potuto apprendere agevolmente il linguaggio del cinematografo in via di formazione. Verrebbe fatto di trarne ottimi auspici per il film, se non si sapesse che questa intesa non che la conseguenza di una sorta di paradisiaca puerizia e si ripete ogni volta che sorge unarte nuova. Forse gi la prossima generazione non capir pi tutti i mezzi espressivi del film e certo prima o poi si produrr anche qui la frattura tra iniziati e profani. Popolare pu essere soltanto unarte giovane, poich ogni arte matura richiede per essere compresa la conoscenza degli stadi anteriori, ormai superati, del suo sviluppo. Comprendere unarte significa penetrare a fondo la rispondenza in essa di elementi formali e contenutistici; finch unarte giovane, naturale e chiaro il legame fra i suoi temi e il suo linguaggio, dal soggetto alla forma si giunge per via diretta. Col tempo le forme si sciolgono dalla materia e si fanno autonome, si svuotano via via e infine restano accessibili soltanto a un esiguo ceto colto. Nel film questo processo di emancipazione delle forme appena incominciato, e la maggior parte dei frequentatori del cinematografo appartiene ancora a quella generazione che lo ha visto sorgere, ed stata testimone della fase di immediata espressivit delle sue forme. Ma il processo di distacco gi in corso e lo si coglie nella rinunzia della produzione odierna alla

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maggior parte dei mezzi cosiddetti cinematografici. Gli effetti gi cos amati, che si ottenevano con gli spostamenti e le manovre della macchina, con i mutamenti delle distanze e dei ritmi, con i trucchi del montaggio e della copia, con i primi piani e le vedute panoramiche, le inserzioni e i flash-back, le aperture e le chiusure a iride, le dissolvenze, tutto questo appare oggi ricercato e innaturale, perch registi e operatori, obbedendo alle esigenze di una seconda generazione gi meno pronta ad intendere il linguaggio cinematografico, badano al racconto chiaro, piano e avvincente e credono di poter imparare dai maestri della pice bien faite pi che da quelli del film muto. inconcepibile che allo stadio odierno dellevoluzione unarte possa ricominciare da capo, anche se si vale di mezzi affatto nuovi, come il cinematografo. Il soggetto pi semplice viene pur sempre da lontano e conserva certe formule epiche e drammatiche della precedente letteratura. Il film, che per lo pi si rivolge a un pubblico piccolo-borghese, prende a prestito le sue formule dalla letteratura amena della borghesia e intrattiene gli spettatori di oggi con gli effetti del teatro di ieri. La produzione cinematografica deve i maggiori successi al fatto che la psicologia delle masse si adegua alla psicologia del piccolo borghese. Il tipo piccolo-borghese come categoria psicologico-sociale ha unestensione assai maggiore del ceto medio inteso in senso puramente sociologico; esso comprende in numero notevole elementi delle classi superiori e inferiori che, in tutti quei casi in cui non sono direttamente vincolati dalle esigenze della lotta per la vita, e anzitutto nei loro divertimenti, aderiscono senza riserve ai ceti medi. Il pubblico del film il prodotto di questo livellamento; e il film, se vuol essere redditizio, deve appoggiarsi soprattutto a questo ceto che il termine di confronto del livellamento intellettuale. Il ceto medio sempre stato ondeggiante fra

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le classi, ma specialmente da quando sorto il nuovo ceto medio con il suo esercito di impiegati, piccoli funzionari privati e pubblici, commessi viaggiatori e giovani di negozio; ed sempre stato utilizzato per superare nella misura del possibile i contrasti sociali26. Esso si sempre sentito minacciato dallalto e dal basso, ma ha rinunziato ai suoi reali interessi piuttosto che alle sue speranze e alle sue prospettive immaginarie. Ha voluto essere accomunato alla borghesia dirigente, bench in realt dividesse la sorte dei ceti inferiori. Ma senza una chiara e netta posizione sociale non vi pu essere una coscienza unitaria n un coerente modo di pensare; e la produzione cinematografica ha potuto tranquillamente affidarsi al disorientamento di questi spostati. Uno sventato ottimismo privo di senso critico caratterizza latteggiamento del ceto medio. Esso crede che i contrasti sociali non abbiano poi grande importanza e quindi vuol vedere film in cui facilmente si passa da un ceto allaltro. Il cinematografo soddisfa pienamente il suo romanticismo sociale, che nella vita viene sempre frustrato, e al quale le biblioteche circolanti non forniscono mai unillusione cos completa come quella del film. Ciascuno lartefice della sua fortuna: ecco il suo massimo articolo di fede, e lelevarsi del singolo nella societ il tema fondamentale dei sogni che lo lusingano al cinematografo. Will Hays, lantico zar del film, lo sapeva cos bene che, nelle sue prescrizioni per lindustria cinematografica americana, suggeriva fra laltro di mostrare la vita delle classi superiori. La fotografia in movimento pot assurgere ad arte cinematografica grazie a due conquiste: linvenzione del primo piano, attribuita al regista americano D. W. Griffith; e un nuovo metodo, trovato dai russi, dinterpolazione delle immagini, il cosiddetto taglio corto. Veramente, linterruzione frequente della continuit di una scena non invenzione dei russi; questo sistema, che

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poi un mezzo per suggerire leccitazione e accelerare drammaticamente il ritmo, era gi da gran tempo noto agli americani; la novit dei russi fu di usare, nel taglio corto, soltanto primi piani rinunziando cio a introdurre vedute complessive dorientamento e di abbreviare fino ai limiti del percettibile le singole immagini del montaggio. Cos i russi, per esprimere stati danimo ondeggianti, ritmi nervosi e velocit vertiginose, riuscirono a trovare un particolare stile espressionistico che permise effetti completamente nuovi, irraggiungibili in ogni altra arte. Ma lelemento rivoluzionario di questa tecnica di montaggio non consisteva propriamente nella brevit del taglio, nella velocit e nel ritmo con cui si avvicendano le immagini, e neppure in un ampliamento degli effetti possibili al film; ma nel fatto che in questo modo venivano a contrapporsi non pi fenomeni di un mondo obiettivo omogeneo, ma elementi di una realt del tutto eterogenea. Cos Ejzentejn ne Lincrociatore Potmkin realizza, ad esempio, questa sequenza: uomini in affannoso lavoro, sala macchine dellincrociatore; mani precipitose, ruote in movimento; facce stravolte per lo sforzo, pressione massima nei manometri; un torace grondante di sudore, una caldaia rovente; un braccio, una ruota; una ruota, un braccio; macchina, uomo; macchina, uomo; macchina, uomo. Due realt affatto diverse, una psichica e una materiale, vengono qui collegate, e non solo collegate, ma identificate, anzi luna si sviluppa dallaltra. Un passaggio cos cosciente e premeditato da un ordine allaltro presuppone tuttavia una visione del mondo che nega lautonomia delle singole sfere della vita, come fa anche il surrealismo, e come ha fatto fin dal principio il materialismo storico. Che non si tratti qui semplicemente di similitudini, ma di identificazioni, e che il confronto delle diverse sfere non sia puramente metaforico, risulta anche pi chiaro quando il montaggio non mostra pi due feno-

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meni collegati, ma soltanto uno di essi, e non quello che logicamente ci si aspetterebbe, ma il sostituto. Cos Pudovkin nella Fine di Pietroburgo, per indicare il regime borghese vacillante, mostra una lumiera di cristallo che trema; invece della gerarchia burocratica, con le sue mille istanze e lirraggiungibile sommit, mostra una scala ripida, interminabile, con una piccola figura umana che sale faticosamente. In Ottobre di Ejzentein il crepuscolo degli zar rappresentato mediante cupe statue equestri su piedistalli inclinati, tentennanti statue di Budda usate come ninnoli e idoli negri fracassati. In Sciopero le esecuzioni capitali sono sostituite da scene di mattatoio. Dovunque in questi casi al posto delle idee ci sono cose, cose che svelano la natura ideologica delle idee. Mai una situazione storico-sociale ha trovato espressione artistica pi diretta di quella che la crisi del capitalismo e la filosofia marxistica della storia ha trovato in questa tecnica del montaggio. In questi film una figura acefala, col petto coperto di decorazioni, serve ad esprimere lautomatismo dellapparato militaresco; stivali militari, nuovi e solidi, esprimono la cieca, brutale potenza dellesercito. Cos nel Potmkin, invece dei cosacchi alla carica, rivediamo sempre quegli stivali pesanti, indistruttibili e inesorabili. Buoni stivali sono la premessa di unefficiente, forza militare; ecco il senso di questo montaggio pars pro toto, come lesempio precedente tratto dal Potmkin significava che la massa vittoriosa non che lincarnazione della macchina trionfante. Luomo con le sue idee, la sua fede, la sua speranza non che una funzione del mondo materiale che lo circonda; la dottrina del materialismo storico diventa nel film russo un principio formale. In ogni modo non si deve scordare quanto ad essa si attagli il cinematografo, specialmente con la tecnica del primo piano, che indubbiamente favorisce la descrizione delle esigenze materiali, dando ad esse valore di moventi. Non certo

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ingiustificato domandarsi se tutta questa tecnica che porta alla ribalta la necessit materiale non sia anchessa un prodotto del materialismo. Poich non sar pura coincidenza che il film sia creatura di quello stesso periodo storico che ha svelato le basi ideologiche del pensiero, e che proprio i russi siano diventati i primi classici di questarte. I registi di tutto il mondo adottarono le formule del film russo, indipendentemente dalle differenze nazionali e ideologiche, confermando cos che non appena in unarte il processo di trasformazione da materia a forma si compiuto, la forma pu essere ripresa da altri e impiegata come una pura tecnica, staccata dal sostrato ideologico da cui nata. In questo affrancarsi delle forme la radice del paradosso dellarte, che insieme storica e fuor del tempo, a cui Marx accenna nella Critica delleconomia politica, con la sua osservazione su Omero: conciliabile Achille con la polvere pirica e il piombo? egli domanda: o lIliade in genere con il torchio e la rotativa? Non necessario che il canto, il mito e la Musa spariscano al sopravvenire della stampa e cio non vengono meno le condizioni necessarie alla poesia epica? Ma il problema non che larte e lepos greco siano legati a certe forme sociali, ma piuttosto chessi ci diano ancora un godimento estetico e per qualche aspetto valgano come norma e impareggiabile modello. Le opere di Ejzentejn e Pudovkin sono per cos dire lepos eroico dellarte cinematografica; che, anche indipendentemente dalle condizioni sociali che ne permisero il sorgere, esse valgano come modelli, non meraviglia pi del fatto che ci venga tuttora da Omero il pi alto godimento estetico. Il film la sola arte in cui la Russia sovietica abbia dato cose notevoli. Laffinit fra il giovane stato comunista e la nuova forma espressiva evidente. Sono entrambi fenomeni rivoluzionari, che percorrono strade

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nuove, che non hanno alcun passato storico, n tradizioni che li vincolino o inceppino con gli schemi della cultura e dellabitudine. Il film una forma ancora elastica, malleabile, non ancor logora, che allespressione della nuova idea non oppone alcuna intima resistenza. un linguaggio ingenuo, popolare, che si rivolge direttamente alle masse, uno strumento ideale di propaganda, di cui Lenin riconobbe subito il valore. In quanto forma di divertimento del tutto nuova, non pregiudicata dal passato, fin dal principio apparve come del massimo interesse per la politica culturale comunista e subito si comprese quanto fosse accessibile quel suo modo di presentare le cose come un libro illustrato e quali immense possibilit offrisse per rendere concrete le idee che si volevano diffondere: insomma parve fatto apposta per unarte rivoluzionaria. E tanto meglio rispondeva alle funzioni assegnategli in quanto si trattava di unarte permeata di tecnicismo. La macchina la sua origine, il suo mezzo, il suo soggetto pi adeguato. I film vengono fabbricati e rimangono legati allapparecchio, alla macchina, in senso pi stretto che non i prodotti delle altre arti. La macchina nel cinema entra dappertutto, si interpone tra il creatore e lopera sua, come tra lo spettatore e il suo godimento estetico. Dinamismo, macchinismo, movimento automatico sono i fenomeni primi del film. Il correre e lo scorrere, il viaggio e il volo, la fuga e linseguimento, il dominio delle distanze sono motivi cinematografici per eccellenza. Il film non mai tanto schietto come quando rappresenta il movimento, la velocit, il ritmo. I prodigi e i brutti tiri di strumenti, apparecchi, distributori automatici, veicoli sono fra i suoi temi pi antichi ed efficaci. La vecchia comica esprimeva ora ingenua meraviglia, ora arrogante disprezzo per la tecnica, ma per lo pi era una satira delluomo preso fra gli ingranaggi di un mondo meccanizzato. Il film anzitutto fotografia e gi come tale unarte

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dorigine meccanica fondata sulla riproduzione27, unarte popolare insomma, schiettamente democratica, perch riproducibile a buon mercato. comprensibilissimo che fin dagli inizi incontrasse il favore del bolscevismo, fin da allora interessato alla tecnica, incline a unesaltazione romantica della macchina e al feticismo della tecnica, tutto volto allefficienza e alla produttivit. Ed altrettanto comprensibile che russi e americani, i due popoli pi fortemente orientati verso la tecnica, siano stati compagni e rivali nello sviluppo di questarte. Ma il film non si accordava soltanto con il loro tecnicismo, ma anche con la loro passione per lautenticit del documento. Tutte le opere pi notevoli del cinematografo russo sono in certa misura documentari, testimonianze storiche del processo di edificazione della nuova Russia; e ci che v di meglio nel cinema americano documento della vita quotidiana in America, del meccanismo economico e amministrativo delle citt di grattacieli e delle fattorie del Middle-West, della polizia e della malavita. Infatti un film tanto pi cinematografico quanto pi alla sua realt contribuiscono fatti extraumani, materiali, cio quanto pi stretto in questa realt il rapporto fra uomo e mondo, persona e ambiente, fine e mezzi. Questa tendenza verso ci che positivo e autentico, questo amore del documento, sono tuttavia manifestazioni non solo dellodierna fame di realt, ora pi grande che mai, ma anche del rifiuto delle tendenze artistiche ottocentesche e soprattutto dellintreccio ben costruito e delleroe individuale con la sua complessa psicologia. Ma questa tendenza, a cui nel documentario va unito il rifiuto degli attori di professione, non significa solo laspirazione, ben nota nella storia dellarte, a mostrare la realt senzartificio, la verit senza belletto, i fatti genuini, cio la vita cos com; ma spesso anche un rifiuto dellarte in genere. La posizione del-

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lesteta pare assai compromessa ai nostri giorni. Il documentario, la fotografia, la cronaca, il romanzo giornalistico, non sono pi arte come si intendeva un tempo. Fra gli autori di questi nuovi generi, proprio i pi intelligenti e i pi dotati non vogliono affatto che le loro produzioni vengano qualificate opere darte; anzi, pensano che larte sia sempre stata un prodotto secondario e sia nata come strumento dellideologia. E un puro strumento la si considera nella Russia sovietica. Naturalmente questo utilitarismo anzitutto determinato dal bisogno di porre ogni mezzo al servizio della ricostruzione comunista e di estirpare lestetismo della cultura borghese che, con lart pour lart, con la sua posizione contemplativa e quietistica, rappresenta il pi gran pericolo per la rivoluzione sociale. Proprio la coscienza di questo pericolo impedisce agli esponenti della politica culturale bolscevica di rendere giustizia allevoluzione artistica degli ultimi cento anni; e, proprio perch la rinnegano, le loro vedute in fatto darte son cos antiquate. In questo campo essi vorrebbero tornare ai tempi di Luigi Filippo; e non solo per il romanzo hanno in mente il realismo della met dellOttocento, ma lo esigono anche nelle altre arti, specialmente nella pittura. Naturalmente in un sistema di generale pianificazione e nel bel mezzo di una lotta per lesistenza, non si pu lasciar larte al suo destino. Ma ogni intervento pericoloso, proprio per il fine che ci si propone: come strumento di propaganda, inevitabile che larte perda molto del proprio valore, anche come semplice mezzo di propaganda. vero che molti capolavori son nati in regime di assolutismo e dittatura, e che nellantico Oriente larte era soggetta ai desideri di uno spietato dispotismo, nel Medioevo, alle esigenze di una rigida cultura autoritaria. Ma coazione e censura hanno nei diversi periodi storici significato ed effetto diversi. La situazione di oggi

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differisce dalle precedenti anzitutto perch noi veniamo dopo la Rivoluzione francese e il liberalismo ottocentesco, e di liberalismo permeato ogni nostro pensiero, ogni nostro impulso. Si potrebbe addurre che anche il cristianesimo dovette distruggere una cultura evoluta e relativamente libera, e che larte medievale prese le mosse da modestissimi inizi; ma non si deve dimenticare che larte paleocristiana cominci veramente quasi da principio, mentre larte sovietica muove da uno stile storicamente gi molto evoluto, sebbene oggi assai arretrato. Ma se anche si volesse ammettere che i sacrifici richiesti sono il prezzo di un nuovo gotico, nulla ci garantisce che questo gotico non torner a svilupparsi, proprio come nel Medioevo, come arte esclusiva di un ceto culturale relativamente esiguo. Il compito attuale non quello di adeguare larte alla ristrettezza mentale delle masse odierne, ma quello di allargare per quanto possibile il loro orizzonte. La via che conduce a una vera comprensione dellarte passa per la cultura. Non la forzata semplificazione dellarte, ma leducazione del giudizio estetico il mezzo per evitare chessa sia continuamente monopolizzata da uninfima minoranza. La gran difficolt, qui come in ogni altro settore della politica culturale, che ogni arbitraria interruzione dello sviluppo elude il problema, in quanto crea una situazione in cui esso difficilmente torner a proporsi e ne differisce quindi la soluzione. Oggi non c alcuna possibilit per unarte che sia primitiva e nello stesso tempo valida. Unarte simile non potr mai essere goduta e intesa da tutti; per possibile renderne pi ampia e profonda la comprensione presso larghe masse di pubblico. Unazione di allentamento del monopolio culturale richiede adeguate condizioni economiche e sociali. Noi non possiamo far altro che batterci per il costituirsi di queste.

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Arnold Hauser - Storia sociale dellarte hermann keyserling, Die neuentstehende Welt, 1926. - james burnham, The Managerial Revolution, 1941. 2 m. j. bonn, The American Experiment, 1933, p. 285. 3 jos ortega y gasset, La Rebelion de las Masas, 1930. 4 ernst troeltsch, Die Revolution in der Wissenschaft, in Gesammelte Schriften, IV, 1925, p. 676. 5 henri massis, La Dfense de lOccident, 1927. 6 hermann hesse, Blick ins Chaos 1923. 7 andr malraux, Psychologie de lart, 1947. 8 andr breton, What is Surrealism?, 1936, pp. 45 sgg. 9 jean paulhan, Les Fleurs de Tarbes, 1941. 10 jacques rivire, Reconnaissance Dada, in Nouvelle Revue Franaise, xv, 1920, pp. 231 sgg. - marcel raymond, De Baudelaire au surralisme, 1933, p. 390 [trad. it., Da Baudelaire al surrealismo, Torino 1948]. 11 a. breton, Les Pas perdus, 1924. 12 tristan tzara, Sept Manifestes dada, 1920. * La terra desolata. 13 friedrich gundolf, Goethe, 1916. 14 michael ayrton, A Master of Pastiche. New Writing and Daylight, 1946, pp. 108 sgg. 15 ren huyghe - germain bazin, Histoire de lart contemporain, 1935, p. 223. 16 constant lambert, Music ho!, 1934. 17 edmund wilson, Axels Castle, 1931, p. 256. 18 a. breton, (Premier) Manifeste du surralisme, 1924. 19 louis reynaud, La Crise de notre littrature, 1929, pp. 196-97. 20 Cfr. charles du bos, Approximations, 1922. - benjamin crmieux, XXe sicle, 1924. - jacques juvire, Marcel Proust, 1924. 21 j. t. soby, Salvador Dal, 1946, p. 24. 22 a. breton, Le Surralisme et la peinture, 1918. - What is surrealism?, p. 67. 23 id., Second Manifeste du surralisme, 1930. - maurice nadeau, Histoire du surralisme, 1945, 2a ed., p. 176. 24 julien benda, La France byzantine, 1945, p. 48. 25 Cfr. e. r. curtius, Franzsischer Geist im neuen Europa, 1925, pp. 75-76. ** si tratta di quelle figure che per opposizione netta di tono o di rilievo fungono da quinte, esaltando leffetto dello sfondo. *** Simultaneit degli stati danimo. 26 Cfr. emil lederer - jakob marschak, Der neue Mittelstand, in Grundri der Sozialkonomik, IX, 1, 1926, pp. 121 sgg. 27 walter benjamin, Luvre dart lpoque de sa reproduction mcanise, in Zeitschrift fr Sozialforschung, v, 1936, 1, p. 45.
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