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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI MILANO BICOCCA Facolt di Psicologia Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione

ASPETTI NEUROFISIOLOGICI DELL ESPERIENZA MUSICALE

Relatore: Chiar. ma Prof. ssa Luisa Girelli

Tesi Di Laurea di: David Edoardo Carollo Matr. 043723

Anno Accademico 2006/2007 Numero caratteri: 83669

La musica una cosa strana, oserei dire che un miracolo, perch sta a met strada tra pensiero e fenomeno, fra spirito e materia, una storia di nebuloso mediatore uguale e diverso da ciascuna delle cose che media, spirito che necessita di una manifestazione nel tempo e materia che pu far a meno dello spazio.

Heinrich Heine

Indice
Introduzione ____________________________________________________________4 1. Interazione uomo-suono: cenni fisici e fisiologici ______________________________6
1.1. Natura degli stimoli acustici _________________________________________________ 6 1.2. Struttura del sistema uditivo_________________________________________________ 7

2. Origini, natura e sviluppo della competenza musicale _________________________11


2.1. Esperienza prenatale _____________________________________________________ 11 2.2. Il canto materno _________________________________________________________ 12 2.3. Sviluppo e plasticit cerebrale ______________________________________________ 14 2.4. Valutazione dell abilit musicale ____________________________________________ 16 2.5. L orecchio assoluto ______________________________________________________ 19 2.6. I savants musicali________________________________________________________ 20

3. Organizzazione cerebrale e funzione musicale ______________________________22


3.1. Modularit e localizzazione funzionale________________________________________ 22 3.2. L elaborazione dell informazione musicale____________________________________ 24 3.3. Le amusie _____________________________________________________________ 25

4. Musica e linguaggio: correlazione ed interdipendenza e di due abilit universali _____30


4.1. Afasia senza amusia e amusia senza afasia ___________________________________ 32 4.2. Specializzazione e dominanza emisferica _____________________________________ 33 4.3. Correlati neurali _________________________________________________________ 36

Conclusioni ____________________________________________________________37 Bibliografia ____________________________________________________________38 Sitografia______________________________________________________________42

Introduzione
Se guardiamo con attenzione al continuo fiorire di interesse che avviene nello studio del rapporto uomo-suono, ci accorgiamo di quanti settori disciplinari si vadano sempre pi, e con maggiore impegno, affacciandosi allanalisi dei problemi che solleva la comunicazione sonora, ritmica, musicale (e tutta larea dei linguaggi e della comunicazione non verbale). E se dovessimo ricordare alcuni di questi settori noteremo come questi interessi abbraccino uno spazio amplissimo della conoscenza umana e della ricerca pi moderna: la fetologia, la neonatologia, la neurofisiologia, la neuropsichiatria infantile, la pediatria, la psicologia dellet evolutiva, quella dinamica e sociale, la musicoterapia, la pedagogia e la didattica, letologia e la psicologia comparata, la psicoanalisi, lantropologia culturale e letnologia, lelettronica e la computeristica applicata al suono, la semiologia, la fonologia e molte altre. E non deve sorprenderci tale fatto, perch lo studio del rapporto uomo-suono racchiude, esprime e d luogo a un pensiero complesso e a una visione transdisciplinare e multidisciplinare.

Fig.1: Schema dello studio del suono nella sua caratterizzante interdisciplinariet (fonte dell immagine: Hodges, 1996).

Musica, materiali musicali, oggetti, eventi sonori la materia su cui si esercita la nostra percezione uditiva di varia composizione e quindi anche di difficile delimitazione, sia perch dicendo musica ci si riferisce ad una miriade di prodotti musicali, sia perch la nostra percezione uditiva non si esercita solo su prodotti culturali finiti, ma anche su quel sottofondo sonoro (suoni della natura, del linguaggio verbale, ecc.) che un vero e proprio milieu sonore in cui la nostra vita scorre. La complessa organizzazione dellesperienza musicale a livello del SNC (percezione, memoria, attenzione, emozione), la sua specifica segregazione, la centralit della musica nel processo di sviluppo dellindividuo e della specie, cos come i risultati ottenuti dai pi recenti studi sulle capacit di percezione musicale dei primati non umani, possono aiutarci a comprendere la natura delle abilit musicali, il loro carattere innato o acquisito e la loro funzione. Nel presente elaborato verr effettuata una panoramica di analisi sugli aspetti neurofisiologici e psicologici della percezione e delle abilit musicali, sulla loro natura e su come si sviluppano, su come possano essere ostacolate o modificate da eventuali disturbi cognitivi e su come esse agiscano nell intersezione e nella divergenza risultanti dal confronto con un altra grande abilit di carattere universale, quella linguistica.

1. Interazione uomo-suono: cenni fisici e fisiologici


1.1. Natura degli stimoli acustici
I fenomeni acustici consistono in fenomeni oscillatori della materia e, contrariamente alle onde elettromagnetiche, non si propagano nel vuoto e necessitano per la loro propagazione di un mezzo elastico. Lorecchio umano percepisce questi fenomeni per un intervallo di frequenze che va dai 20 Hz ai 20 kHz. Le oscillazioni non percepibili che si trovano al di sopra dei 20 kHz vengono chiamate ultrasuoni, mentre al di sotto dei 20 Hz infrasuoni; il suono si propaga nel mezzo elastico tramite onde di pressione. La sorgente sonora, cio un corpo in vibrazione, trasmette sollecitazioni di pressione al mezzo, mediante una legge matematica in funzione del tempo. I fenomeni acustici vengono espressi mediante la scala logaritmica dei decibel (dB), che fa riferimento alla pressione acustica, e sono caratterizzati da due grandezze: pressione acustica e frequenza. La prima dipende dalla pressione esercitata dallonda sonora sulle particelle del mezzo di propagazione, la seconda dal numero doscillazioni che avvengono al passaggio dell onda in un secondo.

Fig. 2 : Relazione tra pressione acustica e frequenza, e delimitazione dellarea della sensazione uditiva che racchiude tutti i suoni percepibili dalludito umano; superiormente essa limitata da una curva detta soglia del dolore e inferiormente dalla curva chiamata soglia d udibilit (fonte dell immagine: www.unipr.it ).

Inoltre, caratteristica saliente delle onde sonore la forma d'onda stessa, della sua complessit, che rende in gran parte ragione delle differenze cosiddette di timbro che si percepiscono tra diverse tipologie di suono. La differenza tra suoni e rumori risiede nella natura delle loro vibrazioni, rispettivamente regolare nei primi e irregolare nei secondi. Anche se vi sono innumerevoli definizioni relative ad essa, possiamo considerare la musica come un particolare artefatto umano, prodotto direttamente o indirettamente, avente molte finalit, costituito da strutture informative veicolate da energia acustica e caratterizzata da elementi come ritmo1, melodia2, armonia 3e timbro4. Il primo passo verso ludito la cattura dellenergia meccanica delle onde di pressione, la sua trasmissione allorecchio interno e la trasduzione in segnale nervoso, compiuta dalle cellule ciliate dell orecchio interno.

1.2. Struttura del sistema uditivo


Gli organi preposti alla ricezione dei segnali acustici ed alla loro successiva trasformazione in impulsi nervosi, costituisce lapparato dell udito, composto dallorecchio esterno, medio ed interno.

Fig. 3: Anatomia interna dell orecchio umano (fonte dell immagine: www.rizzolilarousse.it ).

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Movimento ordinato dei suoni, la cui variazione generata da variazione di durate e accenti musicali. Termine che si riferisce ad una successione di intervalli tra suoni di differente altezza, la cui struttura genera una figura musicale di senso compiuto. 3 Aspetto della musica che riguarda l emissione simultanea di pi suoni insieme e la loro relazione. 4 Qualit musicale che permette di distinguere quale strumento o corpo ha prodotto il suono.

Il padiglione auricolare ha la funzione di ricevere gli stimoli sonori e di localizzare la provenienza degli stimoli stessi, la cui estremit interna confluisce nel condotto uditivo, lungo circa 2.5cm; padiglione auricolare e condotto uditivo esterno costituiscono l orecchio esterno. Gli stimoli acustici, poi, raggiungono una membrana elastica molto sensibile, il timpano, il quale, vibrando secondo la qualit ed intensit degli stimoli che riceve, produce dei movimenti riflessi a carico di tre minuscoli ossicini, martello, incudine e staffa, accolti nella cavit timpanica dell orecchio medio. La tuba di Eustachio costituisce un canale che si protende dalla cassa del timpano sino alla faringe e pone in comunicazione gli organi dellorecchio medio con lambiente esterno. Il martello, combaciando con la parete interna del timpano, trasmette il movimento vibratorio allincudine ed alla staffa a cui collegato mediante legamenti. La staffa compie una serie di movimenti a mo di stantuffo che imprime alla base della coclea, in prossimit della finestra ovale, la quale mette in comunicazione lorecchio medio con quello interno; essa costituita da una formazione ossea avvolta su se stessa in una spirale divisa longitudinalmente da due membrane da cui derivano tre condotti: la rampa vestibolare , la rampa timpanica e la rampa media. La base interna della rampa media costituita dalla membrana basilare la quale, ripiegandosi su se stessa, forma una specie di tettoia, la membrana tectoria al di sopra dell organo del Corti. Lazione meccanica della staffa che preme ripetutamente contro la finestra ovale, provoca unonda di pressione nella perilinfa della rampa vestibolare della coclea, la quale si ripercuote sulla membrana basilare e tectoria i cui movimenti provocano oscillazioni delle cellule cigliate dellorgano del Corti. Queste ultime, stimolando le cellule acustiche ad esse collegate, generano scariche di impulsi raccolti dalle numerosissime terminazioni nervose ed inviate alla corteccia cerebrale tramite i nervi acustici dove, opportunamente decodificati ed elaborati, assumeranno poi il significato di suoni come noi lo intendiamo. Nel sistema uditivo non esiste una singola via principale diretta alla corteccia, che sia comparabile alla via reticolo-genicolo-striata del sistema visivo, piuttosto vi una complessa rete di vie uditive. Gli assoni del nervo uditivo formano sinapsi con i neuroni dei nuclei cocleari ipsilaterali, dai quali molte proiezioni conducono ai nuclei olivari superiori, che si trovano allo stesso livello.

Gli assoni dei neuroni olivari proiettano attraverso il lemnisco laterale ai collicoli inferiori, dove formano sinapsi con i neuroni che proiettano ai nuclei genicolati del talamo, che a loro volta proiettano alla corteccia uditiva; i segnali provenienti da ciascun orecchio sono trasmessi sia alla corteccia uditiva ipsilaterale sia a quella controlaterale.

Fig. 4: Trasmissione dellinformazione alla corteccia uditiva ( da http://web.bvu.edu ).

Nell uomo la corteccia uditiva primaria (A1, corrispondente allarea 41 di Brodmann) localizzata all interno della scissura laterale di Silvio, ed in gran parte circondata dalla corteccia uditiva secondaria. Due importanti principi su cui essa basata. In primo luogo, come altre aree della corteccia cerebrale, anche la corteccia uditiva primaria organizzata in colonne funzionali; tutti i neuroni che si incontrano penetrando verticalmente la corteccia con un microelettrodo rispondono efficacemente ai suoni appartenenti al medesimo intervallo di frequenze. In secondo luogo , come la coclea, anche la corteccia uditiva primaria organizzata tonotopicamente: le regioni pi anteriori della corteccia uditiva rispondono alle alte frequenze , mentre le regioni pi posteriori rispondono a quelle basse.

Fig. 5: Localizzazione e organizzazione della corteccia uditiva primaria (fonte dell immagine: www.blackwellpublishing.com ).

Oltre alla A1, altre aree corticali localizzate sulla superficie superiore del lobo temporale rispondono a stimoli uditivi. Alcune di queste aree uditive di ordine superiore sono tonotopicamente organizzate, mentre altre sembrano non esserlo. La musica unesperienza estremamente complessa, la cui comprensione non si risolve nel fenomeno percettivo. Il contributo della memoria, ad esempio, fondamentale sia perch lesperienza musicale permanga nel tempo, consentendo cos il processo dellapprendimento, sia perch si tratta di un processo altamente strutturato che richiede il contributo di differenti forme di conoscenza. La memoria musicale, che dal punto di vista anatomico ha sede soprattutto nelle aree uditive secondarie e nelle aree della corteccia frontale (dorsolaterale e inferiore), un sistema di rappresentazione percettiva che fornisce informazioni circa forma e struttura degli eventi, ma non il loro significato che, a differenza del linguaggio che possiede gi un sistema semantico prefissato, avviene attraverso altri sistemi integrativi, quali memoria associativa ed analisi emozionale. La risposta affettiva alla musica sembrerebbe legata, inoltre, pi ad elementi percettivi emozione-specifici (ad esempio modo maggiore o minore, tempo veloce o lento) che ad un suo accesso diretto alle regioni sottocorticali ed al sistema limbico (Peretz, Zatorre, 2005). 10

2. Origini, natura e sviluppo della competenza musicale


Come per quanto riguarda ogni altra abilit (ad esempio l acquisizione delle abilit linguistiche), anche sul modo in cui viene a svilupparsi la competenza musicale possono esservi sono opinioni diverse. Da sempre gli studi della Genetica Comportamentale si sono interessati allo studio dell influenza e dell interazione tra i fattori ereditari da una parte, e quelli dell ambiente dall altra, e sulla relativa incidenza degli stessi sulla valenza di una determinata capacit o competenza, trovando la probabile risposta proprio a met del continuum intercorrente tra ambedue i fattori. Le persone ascoltano, memorizzano, eseguono, creano e reagiscono alla musica e, poich si tratta di attivit che possono essere apprese, esse vengono viste come abilit. Anche se la composizione e lesecuzione vengono universalmente riconosciute come abilit particolarmente complesse, si deve anche ricordare che attivit come fischiettare una melodia familiare o rilevare una nota 5stonata in una melodia mai sentita prima sono anchesse abilit complesse, capaci di gettare luce sulla natura stessa della musica stessa e su come essa agisce con e sullessere umano.

2.1. Esperienza prenatale


La vita del bambino, fin dai primissimi tempi, ancora nella vita intrauterina, immersa nei suoni, in un habitat acustico e sonoro incredibilmente intenso. Il bambino immerso nel liquido amniotico, e questo implica suoni, rumori, fruscii e ritmi, come ad esempio il battito cardiaco materno, i suoi movimenti respiratori, le sue vibrazioni. Lo studio dello sviluppo delle capacit di elaborazione musicale nei bambini richiede paradigmi sperimentali particolari che permettono di rilevare la presenza di percezione e di elaborazione musicale, senza lutilizzo di una mediazione verbale. Essi consentono non solo la dimostrazione del sistema percettivo e cognitivo ben prima della nascita, ma anche come la stimolazione uditiva prenatale possa avere degli effetti sul comportamento del neonato. Diverse ricerche (Spence, De Casper, 1986) hanno mostrato come il feto comincia a rispondere a suoni e rumori a partire dal terzo mese di gravidanza; al momento della
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Segno con cui si rappresentano i suoni usati in musica, e fondamento base su cui essa si articola; le note rappresentano le lettere dell alfabeto musicale.

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nascita la percezione visiva ancora molto confusa e il riconoscimento degli stimoli ambientali si deve immediatamente basare sulludito (e sullolfatto). La cosa straordinaria che la capacit dei neonati va ben oltre il semplice riconoscimento della voce della madre: alcuni studi hanno dimostrato come una storia letta (o una canzone cantata) ripetutamente durante il terzo trimestre di gravidanza venga preferita dal bambino dopo la sua nascita rispetto ad una mai sentita. Per misurare questa preferenza viene misurato il tempo di suzione, dimostratosi infatti superiore nel caso del conosciuto rispetto al nuovo (Spence, De Casper, 1986). Ancora nellutero il futuro nato sembra quindi estremamente sensibile alla struttura acustica del suono, ossia a quella che i linguisti chiamerebbero prosodia6. In effetti non il senso della storia ci che viene ricordato, ma il tono della voce, il suo contorno, la sua intensit, i respiri e le pause. Per quanto riguarda la musica, i risultati sembrano mostrare che la musica non solo pu essere appresa dal feto, ma pu anche essere ricordata dopo la nascita; stato infatti dimostrato come neonati di una settimana preferiscano la ninnananna che la mamma ha cantato loro (o anche la sigla musicale della serie televisiva seguita da lei) durante la gravidanza; inoltre, con la misura del battito cardiaco, esse sembrano avere un maggiore effetto calmante rispetto ad altre mai sentite prima (Hepper, 1991). Questi risultati mostrano come il feto, perlomeno allottavo mese, abbia capacit di analisi acustica e di memoria assai pi sviluppate di quanto si sarebbe potuto immaginare.

2.2. Il canto materno


Il canto materno, che la prima vera e propria esperienza musicale del neonato, consiste principalmente in un repertorio di ninne-nanne, filastrocche e canzoni finalizzate al gioco e alla comunicazione delle emozioni. La mamma che canta al bambino adotta uno stile particolare, diverso da quello utilizzato in altri contesti musicali: esso caratterizzato da un registro (tono della voce) pi alto, da un tempo lento e dallaumento di qualit espressive della voce, e varia anche in relazione allet del bambino (Bergeson, Trehub, 1999). Il canto materno riesce ad aumentare il livello di attivazione (arousal) del bambino. Anche usando una registrazione, i neonati ascoltano per un tempo significativamente pi

Caratteristica del linguaggio parlato relativa ad intonazione, ritmo e accento dello stesso.

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lungo la registrazione di un canto femminile in stile materno rispetto ad uno in stile normale ed informale (Trainor,1996). Trehub (2001) ha condotto diversi studi, insieme ai suoi collaboratori, con lo scopo di indagare l'importanza del canto rivolto ai bambini. Questi studi hanno preso in esame le ninnananne, rilevando un grado sorprendente di uniformit transculturale in melodie, ritmi e tempi. Trovarono che i bambini tendevano a seguire registrazioni audiovisive delle loro madri molto pi a lungo quando queste cantavano piuttosto che quando parlavano: bambini di sei mesi in condizioni di tranquillit psicologica rivelavano una reazione maggiore (rivelata dalla produzione di cortisolo salivare) al canto della madre piuttosto che alle sue espressioni verbali, segno dell'importanza del canto come strumento di sostegno emozionale. Il fatto che tali reazioni non siano interamente un riflesso della socializzazione dimostrato dalle risposte fisiologiche dei neonati,come testimonia il lavoro che Standley (1998; 2003) ha condotto allinterno di unit di terapia intensiva neonatale. Uno dei suoi studi dimostr che il canto di una ninnananna da parte di una voce femminile accelerava notevolmente lo sviluppo delle capacit di suzione nei neonati prematuri, il che a sua volta si traduceva in significativi aumenti di peso. Fu inoltre notato che la musica stabilizzava i livelli di saturazione dell'ossigeno, fatto che accelera lo sviluppo fisico dei bambini prematuri. Alcuni di essi furono sottoposti ad una combinazione di musica e massaggi e vennero dimessi dall'ospedale in media undici giorni prima rispetto ai neonati del gruppo di controllo. Non solo questi risultati sono di notevole interesse teorico, ma hanno anche una ricaduta pratica, indicando che i professionisti della salute potrebbero aiutare le madri incoraggiandole a cantare ai propri piccoli. Street (2003) suggerisce che, se si aiutassero le madri a sviluppare una maggiore consapevolezza delle attitudini musicali dei loro bambini, esse sarebbero invogliate a cantare ancora pi spesso. Questo a sua volta infonderebbe un senso di benessere sia nella madre che nel piccolo, rafforzerebbe la loro complicit ed accrescerebbe il contributo della madre allo sviluppo del figlio. Trehub (2001) ancora pi esplicita in merito all'importanza biologica del canto materno: grazie ai suoi effetti positivi sull'umore del bambino, il canto materno potrebbe contribuire alla sua crescita e sviluppo favorendo l'alimentazione, il sonno e persino l'apprendimento. Il lungo periodo in cui i bambini sono indifesi crea intense pressioni selettive sui genitori affinch si impegnino nel curarli e sugli stessi bambini affinch adottino comportamenti che premino tale impegno. Addormentarsi alla melodia di una 13

ninnananna o cadere in uno stato quasi estatico in risposta ad altre esibizioni canore potrebbe essere un'adeguata ricompensa per gli sforzi materni. In generale, le conseguenze positive del canto, che si tratti di riduzione del pianto, di induzione del sonno o di uno stato d'animo favorevole, contribuiscono al benessere del bambino e allo stesso tempo incoraggiano il comportamento materno. Infine, studi recenti permettono di ipotizzare che il canto possa aiutare il bambino ad imparare la lingua, in quanto sembra facilitare la segmentazione, ossia lestrapolazione e il riconoscimento delle parole (Schon et al., in preparazione).

2.3. Sviluppo e plasticit cerebrale


In neuroscienze si parla di plasticit, di cui il cervello gode, modificandosi e forgiandosi, soprattutto nelle prime fasi dellinfanzia, ma che continuer anche nellet adulta, mediante lesperienza. Possiamo immaginare due tipologie di modificazione cerebrale: 1) una determinata popolazione di neuroni particolarmente sollecitata, ad esempio dalla pratica musicale intensiva, recluta i neuroni adiacenti per avere man forte; 2) una determinata popolazione di neuroni particolarmente sollecitata si riorganizza in modo da essere pi efficiente. In questo modo abbiamo due tipologie di modificazioni cerebrali, chiamate rispettivamente strutturale (o morfologica) e funzionale. Come viene studiata la plasticit cerebrale umana? Ci sono almeno tre grandi approcci. Nel primo si studia lo sviluppo del bambino seguendo i cambiamenti cerebrali legati ad et ed esperienza (approccio evolutivo). Nel secondo si mettono a confronto i funzionamenti cerebrali di due popolazioni che siano diverse sotto un aspetto, ad esempio musicisti e non musicisti. Nel terzo si studia come il cervello si riorganizzi in seguito ad un evento patogeno, che pu andare dalla cecit fino al danno cerebrale (es. ictus, trauma).Ad esempio un ricercatore interessato alla plasticit della corteccia uditiva potrebbe studiare levoluzione della percezione del timbro con let, valutare se i musicisti abbiano una percezione pi accurata del timbro rispetto ai non musicisti e se i pazienti con una determinata lesione cerebrale riescano a recuperare (con tempo e riabilitazione) la capacit di discriminare due timbri diversi (ammesso che labbiano persa in seguito alla lesione).

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Se negli studi comportamentali si avanza lipotesi che le modificazioni del comportamento siano il risultato della plasticit cerebrale, lavvento delle tecniche di neuroimmagine (EEG7, MEG8, PET9, fMRI10) ha permesso negli ultimi decenni di studiare anche la plasticit cerebrale effettiva. Ad esempio per tanti anni si saputo che le persone cieche possiedono meccanismi compensatori che migliorano la loro abilit uditiva, ma solo recentemente stato possibile dimostrare che ci collegato ad una maggiore densit della corteccia uditiva (Weeks et al., 2000) Questo potrebbe forse spiegare la superiorit comportamentale dei non vedenti nei compiti di identificazione spaziale delle fonti sonore (Lessare et al. 1998), superiorit che stata riscontrata anche nei direttori dorchestra (Munte et al., 2001). Tale plasticit neuronale si riscontra a livello della corteccia uditiva, ma anche di quella somatosensoriale (che, come nel caso di quella uditiva che tonotopica, ha unorganizzazione topografica dei neuroni). Elbert e colleghi. (1995) hanno messo a confronto la rappresentazione corticale della corteccia somatosensoriale di due gruppi di soggetti: un gruppo di musicisti che suonavano strumenti ad arco con esperienza musicale media di dodici anni e un gruppo di controllo senza alcune formazione musicale. Utilizzando una breve stimolazione che consisteva in una lieve pressione delle dita (pollice e mignoli) di entrambe le mani, stato osservato un aumento della rappresentazione corticale delle dita della mano sinistra nel gruppo dei musicisti. Bisogna ricordare che le dita della mano sinistra, in questi musicisti, sono utilizzate in modo intensivo e preciso per cambiare laltezza delle note, mentre le dita della mano destra sostengono larco. Non a caso, le rappresentazioni corticali ottenute dalla stimolazione della mano destra non differivano tra il gruppo di musicisti e quello di controllo. Inoltre, laumento della rappresentazione corticale della mano sinistra, nei musicisti, correlava con let dinizio degli studi musicali; era infatti maggiore nei soggetti che avevano cominciato a suonare lo strumento da giovanissimi. Il fatto che il cervello mantenga la capacit di modificare la propria struttura nellarco di tutta la vita pu talvolta avere effetti collaterali poco adattativi. Esistono disturbi dovuti alleccessiva stimolazione celebrale come ad esempio, nel caso di musicisti, la distonia
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Elettroencefalogramma, tecnica che consente la registrazione dell attivit elettrica del cervello. Magnetoencefalografia, tecnica che consente lo studio della funzionalit cerebrale tramite la misura del campo magnetico generato dalla sua attivit. 9 Tomografia ad emissione di positroni, tecnica di medicina nucleare che fornisce informazioni sull attivit metabolica del cervello, evidenziando le aree cerebrali attive in cui si accumula una maggiore quantit di radioattivit. 10 Risonanza magnetica funzionale, tecnica di imaging biomedica che consente di evidenziare le aree cerebrali attive in cui vi un aumento di flusso ematico, e di conseguenza di ossigeno, volta a fornire informazioni sia funzionali che morfologiche.

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focale, che comporta una incapacit di coordinare le mani, che spesso viene erroneamente diagnosticata come problemi muscolari o tendinei. In realt, lutilizzo intenso e continuativo delle dita e la plasticit celebrale pu portare ad una disorganizzazione delle rappresentazioni corticali a livello della corteccia somatosensoriale (Elbert et al., 1998) e al seguito di essa, si perde il controllo fine delle dita, in quanto si assiste ad un accavallamento delle rappresentazioni di queste ultime. Ad esempio, quando il musicista vuole muovere il dito indice, se la rappresentazione di tale dito si accavalla con quella del medio, si metteranno in azione in modo automatico. Questo lo costringer probabilmente ad interrompere temporaneamente lattivit e a seguire una adeguata riabilitazione comportamentale atta a ricreare la corretta riorganizzazione funzionale della corteccia somatosensoriale. Infatti il cervello rimane plastico e nulla impedisce di rimodellarlo e ricreare unorganizzazione della corteccia senza accavallamenti delle rappresentazioni delle dita (Candia et al., 1999). Nellinsieme gli studi effettuati ci mostrano come il cervello dei musicisti (e non solo ) sia plastico. Se da un lato potrebbe esserci con laumento dellet una diminuzione di plasticit nelle strutture della corteccia uditiva per la percezione e discriminazione uditiva (Kuhl et al., 1997), la plasticit in ogni caso persiste anche in et avanzata poich visibile anche in musicisti che hanno cominciato tardi lo studio dello strumento. Infine, per quanti fattori genetici giochino di certo la loro parte, il cervello pu essere plasmato dallesperienza nella sua organizzazione strutturale e funzionale.

2.4. Valutazione dell abilit musicale


Uno dei principali contributi degli psicologi in campo musicale ha riguardato la valutazione del talento musicale. Lapproccio di questo tema stato di due tipi: gli studiosi si sono interessati a quantificare i vari elementi che contribuiscono al talento musicale e hanno cercato mediante luso di test non musicali di delineare le capacit sensoriali, cognitive ed esecutive associate col talento musicale. La misurazione dellabilit musicale (campo che ha attirato la maggiore attenzione) stata ostacolata dalla mancanza di accordo sulla natura del talento musicale stesso, problema che comunque non ha impedito agli psicologi di escogitare test per la sua quantificazione. Lehmann (1968) sottoline il fatto che lintelligenza potrebbe essere misurata prima che definita e lo stesso vale per lattitudine alla musica. Ne risultata la 16

messa a punto di una variet di batterie di test che comprendono la quantificazione di quegli elementi che i rispettivi autori reputano costituenti essenziali dellabilit musicale. Le differenti batterie di uso corrente possono essere divise in tre categorie principali: nella prima sono compresi quei test basati sulle classiche misure psico-fisiche della percezione uditiva con un contenuto musicale poco riconoscibile, nella seconda ci sono quelli che usano come stimolo il materiale musicale e infine viene la categoria di test che valuta gli aspetti complessi della musica come lapprezzamento di essa e il riconoscimento di brani musicali. Un esempio della prima categoria la Seashore Measure of Musical Talent pubblicata nel 1919, prima batteria ad aver incontrato il consenso internazionale. Il test (successivamente revisionato) comprende 6 misure denominate (con la rispettiva domanda posta al soggetto dopo la presentazione):

Senso del tono: (coppie di note di frequenza differente, la seconda nota pi alta o pi bassa della prima?); Discriminazione dellintensit sonora: (coppie di note di differente intensit sonora, la seconda pi forte o pi debole della prima?); Senso del tempo: (coppie di note di differente durata, la seconda pi lunga o pi corta della prima?); Timbro: (coppie di note, sono uguali?); Memoria tonale: (coppie di sequenze di note, quale nota diversa?); Senso del ritmo: (coppie di modelli ritmici, sono uguali o diversi?).

Un esempio della seconda categoria (basata sul materiale musicale) il Test di Wing sullintelligenza musicale, dove lo scopo era quello di mettere insieme una serie completa di test, di stabilire la loro relativa validit e di selezionare quelli che sembravano aver un buon valore diagnostico. La batteria, nella sua forma attuale, comprende 7 test standardizzati:

Analisi di un accordo: (quante note ci sono in un accordo?); Cambiamento di tono: (i due accordi sono stati ripetuti esattamente oppure stata alzata, o abbassata, una nota?); Memoria: (si presenta al soggetto una coppia di melodie e si chiede quale nota stata variata nella seconda); 17

Ritmo: (si presenta al soggetto una coppia di melodie e si chiede se la seconda uguale alla prima, o in caso contrario qual la versione migliore); Armonia, Intensit sonora e Fraseggio: (come per il ritmo tranne che possono venire alterati larmonizzazione, l intensit sonora o il fraseggio);

Nella terza categoria si trovano gli Oregon Musical Discrimination Test, che valutano lapprezzamento musicale e labilit a riconoscere le variazioni nei passaggi musicali. Si presentano ai soggetti delle versioni per pianoforte di pezzi classici che sono stati in qualche modo alterate, assieme con le versioni originali. Il soggetto deve quindi dire qual il brano originale e in quale modo le altre versioni sono state alterate. I test differiscono tra di loro per la scelta delle sotto-prove utilizzate, dei gruppi det a cui sono destinati, e per il valore dei procedimenti di standardizzazione. I test sia Wing che Seashore sono stati progettati per essere utilizzati su ragazzi dagli otto anni in avanti, e sotto alcuni punti di vista possono sembrare simili (entrambi contengono, per esempio, un test di memoria melodica). Alcune sotto-prove sembrano comunque poco giustificabili in termini di affidabilit. Il test Seashore, per esempio contiene una prova di discriminazione daltezze, con differenze che giungevano appena a 2Hz; alcune ricerche dimostrano che molti musicisti esperti sono incapaci di discriminazioni cos sottili, altre hanno trovato correlazione zero tra i punteggi al test Seashore e il successo nel suonare strumenti come clarinetto e trombone (Sloboda, 1985). E vero che un fallimento nel tentativo di compiere discriminazioni lungo dimensioni del suono come altezza e intensit renderebbe impossibile ottenere dei risultati in campo musicale, ma anche lecito il diritto di mettere in dubbio il valore che pu avere la capacit di effettuare discriminazioni estremamente sottili, in quanto la maggior parte dei dati spinge a ritenere che diventare degli esperti in campo musicale consiste nellafferrare i vari livelli delle strutture che sono presenti nelle sequenze musicali. Un test di capacit o attitudini musicali dovrebbe occuparsi dimostrabilmente di queste abilit basilari. Su queste basi il test Wing va preferito al Seashore , sembra che produca delle migliori stime di validit di questo, anche se alcune deficienze tecniche nella sua presentazione rendono difficile raccomandarlo a cuor leggero (Sloboda, 1985) I test di capacit musicale non hanno mai avuto lo stesso impatto sullinsegnamento della musica a livello professionale dei test che si sono rivolti a discipline curricolari centrali come la lettura o la matematica e sembra che un fattore importante alla base dello stato relativamente insoddisfacente del mercato dei test musicali possa essere lassenza 18

di una forte e continua domanda da parte degli insegnanti. Sarebbe peraltro saggio considerarne con molta cautela i risultati e, di conseguenza, sarebbe poco sensato prendere le pi importanti decisioni in campo educativo in base ai soli punteggi ottenuti dai test (Mc Donald, 1987).

2.5. L orecchio assoluto


L orecchio assoluto, o Absolut Pitch, la capacit di identificare in maniera precisa laltezza (frequenza) di un suono. La maggior parte degli esseri umani elabora i suoni musicali in maniera relativa (residual absolute pitch), analizzando melodia e relazione tra le note, ma non laltezza assoluta delle stesse. Lorecchio assoluto senza dubbio una capacit rara e la sua incidenza nella popolazione stimata attorno allo 0.01% (Profita, Bidder, 1988). I possessori di AP possono identificare un singolo suono in modo

immediato e senza aver messo in atto nessuno sforzo particolare per sviluppare questa capacit. Un altro fattore di interesse di AP la difficolt del suo apprendimento. Nonostante ci, possedere lorecchio assoluto non serve in realt a nulla, neppure al musicista in quanto non mai stata dimostrata una correlazione tra orecchio assoluto e capacit musicali. Nelle culture dove vengono incoraggiate la formazione e leducazione musicale a partire da unet molto precoce, come ad esempio in Giappone, lincidenza di questa abilit tra i musicisti molto pi ampia e pu arrivare addirittura al 50% ( Miyazaki, 1988). Questo ha portato alcuni ricercatori a suggerire che lAP potrebbe essere acquisito da tutti gli individui, ma soltanto durante un periodo critico che finisce quando il bambino arriva ai cinque o sei anni di et, anche se con unampia differenza interindividuale. Nonostante vi siano dati a favore dellipotesi genetica (diversa distribuzione di AP fra le diverse popolazioni umane) ce ne sono altri a favore di una teoria dellapprendimento precoce dellorecchio assoluto, come ad esempio lesistenza di una correlazione tra let in cui inizia la formazione musicale e la probabilit di AP e che i tentativi di insegnarlo ai bambini pi piccoli hanno pi successo rispetto a quelli pi grandi o agli adulti. La capacit di orecchio assoluto viene attribuita ad un training musicale precoce e prolungato, assieme alla predisposizione genetica. In tutti i casi in cui si cerca di identificare i fattori che hanno favorito lo sviluppo di una determinata abilit, si ritorna al problema generale naturacultura e, come in altri casi, sembra che una posizione intermedia che riconosca da un lato linfluenza di predisposizioni biologicamente determinate e dallaltro il ruolo dellambiente e 19

degli stimoli esterni possa essere la posizione pi equilibrata per affrontare queste speculazioni teoriche. Anche se le basi neuroanatomiche della capacit di AP non sono ancora ben definite, sembra che la corteccia uditiva dellemisfero destro sia pi abile nella codifica dellinformazione frequenziale. Zatorre (1989) ha esaminato la prestazione di un pianista che allet di diciassette anni aveva subito una lobectomia11 sinistra. Lintervento non mostr alcun effetto sulla sua capacit di AP, anzi, la miglior: prima di esso il soggetto aveva un errore costante nellidentificazione dei suoni pari ad un semitono12, errore che scomparve dopo loperazione. Allo stesso tempo questo non ci precisa n il come n il dove sia effettuata la codifica assoluta dellaltezza. Una sede pi probabile il collicolo inferiore che, grazie alla sua precisione nella codifica della periodicit, potrebbe fornire informazioni alla corteccia uditiva, basate su alcune precise oscillazioni neuronali. Bench possa sembrare unabilit banale rispetto ad altre capacit cognitive lAP un tema che attira molti ricercatori, essendo un interessante modello per lo studio dellinterazione geni-cultura, relazione che interessa ogni capacit umana.

2.6. I savants musicali


Esiste il talento innato? Questo interrogativo, oltre ad essere particolarmente affascinante, riveste anche un ruolo importante da un punto di vista educativo e sociale. In effetti una teoria che si basi solo sul talento innato un concetto pericoloso, in quanto rischia di diventare una fonte di discriminazione sociale; dal lato opposto una teoria che si basi solo sugli aspetti culturali e ambientali per spiegare lapprendimento rischia di stigmatizzare coloro che non riescono come pigri. Un dato importante nella difesa della teoria innatista ci viene dalla descrizione dei savants musicali, termine che si riferisce generalmente ad individui che, pur avendo livelli intellettivi e socioemotivi abbastanza bassi e spesso non ricevendo una forma di educazione musicale adeguata, mostrano prestazioni musicali chiaramente superiori alla media, fin dalla primissima infanzia. Miller condusse molti studi (1985;1989) sui savants musicali e sulle loro caratteristiche, trovando tra loro molte somiglianze e tratti caratteristici. Tutti e tredici quelli da lui
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Intervento chirurgico che consta nell asportazione del lobo deficitario. Il tono definito generalmente come intervallo musicale, ed composto da due semitoni.

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esaminati, gran parte dei quali autistici13, dimostrarono di possedere AP, con tendenza all ecolalia14 e quasi tutti erano di sesso maschile, predominanza di genere che si ritrova nei casi di bambini autistici, tra i quali si ritrova anche un elevata incidenza di AP. Questa tendenza potrebbe essere il riflesso di una generica differenza cognitiva tra maschi e femmine, in virt della quale i primi risulterebbero particolarmente suscettibili a deficit relativi al linguaggio e alle capacit di interiorizzare i sentimenti altrui (Baron, Cohen, 2003). Secondo Sloboda (2005) vi sono alcuni fattori che possono essere associati allacquisizione delle competenze eccezionali nei soggetti savants. Il primo fattore comune sembra essere un alto livello di motivazione interna che permette allindividuo di impegnarsi in una singola attivit per molti anni. Il secondo fattore relativo allambiente in cui il soggetto si viene a trovare: dal momento della scoperta di queste abilit eccezionali, i bambini che hanno gravi deficit negli altri ambiti intellettivi vengono spesso messi nelle condizioni di esercitarsi in modo regolare nellattivit per la quale sono portati. Il terzo fattore il tempo a disposizione, che spesso permette lesercizio continuo che li porta a raggiungere risultati eccezionali. Questo sembrerebbe dimostrare che anche nel caso dei savants, il loro talento sembra svilupparsi grazie ad una serie di circostanze che esulano dal loro patrimonio genetico, o che comunque non dipenda in modo intrinseco da esso. I fattori biologici rivestono un ruolo molto importante, ma non hanno la prevedibilit e la specificit associate alla nozione di talento, nozione che, perdendo quindi laspetto discriminatorio e selettivo che poteva caratterizzarlo, viene usato in modo decisamente pi sereno.

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Affetti da autismo, condizione psichica caratterizzata da distacco/isolamento dalla realt e prevalenza del mondo interiore, con probabili ripercussioni sulle capacit di socializzazione ed apprendimento. 14 Disturbo del linguaggio che consiste nel ripetere involontariamente, come un eco, parole o frasi pronunciate da altre persone, presente fino al 75% nelle diagnosi di autismo.

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3. Organizzazione cerebrale e funzione musicale


3.1. Modularit e localizzazione funzionale
Il termine musica non rappresenta una semplice struttura acustica, ma si tratta di unesperienza soggettiva complessa, basata su un insieme di capacit mentali e che necessita di diverse funzioni percettive e cognitive. L abilit musicale stata tradizionalmente studiata come prodotto di un aspecifica architettura cognitiva, ma un crescente numero di ricerche parte attualmente dal presupposto che la musica sia una facolt cognitivamente unica ed evolutivamente distinta (Peretz, Coltheart, 2003). Lidea dellesistenza di un modulo specifico per lelaborazione dellinformazione musicale supportata, infatti, dagli studi di lesione che evidenziano, accanto ad esempi di agnosia verbale15, casi di amusia sia congenita che acquisita (Stewart, 2002), dove alcuni pazienti sarebbero in grado di riconoscere il suono della parola umana o altri suoni ambientali aspecifici ma non le melodie pur familiari. Tempo e melodia, che sono le due principali dimensioni della musica, subiscono anchesse differenti sistemi di elaborazione; la neocorteccia temporale di destra, con particolare riferimento al giro temporale superiore (regione anterolaterale del giro di Heschl, piano temporale, aree associative soprattutto posteriori), e probabilmente anche la corteccia frontale di destra, rivestono un ruolo particolarmente importante nella percezione di una melodia (Griffiths, 2000). Il riconoscimento del solo intervallo melodico in assenza di una linea melodica di riferimento richiederebbe invece il contributo di entrambe le strutture temporali di destra e sinistra. Dati EEG e MEG mostrano, inoltre, che la corteccia risponde alle relazioni di frequenza anche in assenza di attenzione, e ci spiegherebbe perch il riconoscimento di una linea melodica o la discriminazione di un intervallo melodico possano essere mantenuti in presenza di danno cerebrale (Peretz, Zatorre, 2005). Nella musica tonale16 le relazioni di frequenza evocano una scala17 particolare; evidenze empiriche dimostrano che lascoltatore utilizza implicitamente la struttura tonale della scala ai fini della percezione e della memoria e che anche lelaborazione dellaspetto tonale della melodia avvenga nel SNC in modo indipendente e coinvolga principalmente le

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Incapacit di riconoscere suoni verbali in presenza di normale riconoscimento musicale. Tipo di musica organizzata intorno ad un suono centrale, o tonica. 17 Successione ascendente o discendente di suoni compresi nell ambito di un ottava (intervallo tra una nota musicale ed un altra).

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aree uditive secondarie, poste nella porzione pi anteriore del giro temporale superiore, area connessa alle regioni frontali a loro volta implicate nella memoria di lavoro potrebbero essere coinvolte nellimmagazzinamento (Warrier, Zatorre, 2004). Diverse tecniche di neuroimmagine hanno dimostrato che la dissonanza, elemento critico nella percezione musicale, comporta lattivazione bilaterale del giro temporale superiore e che il giro di Heschl coinvolto nellelaborazione delle dissonanze ma non delle consonanze. Deviazioni dalle aspettative armoniche comporterebbero invece lattivazione, sempre bilaterale, dell opercolo frontale (area frontale inferiore) che corrisponde all area di Broca nellemisfero sinistro (Peretz, Zatorre, 2005). Il ritmo, seconda caratteristica fondamentale della percezione musicale, oltre al coinvolgimento della corteccia uditiva di destra (metrica) e di sinistra (durata), sembra interessare anche altre aree cerebrali come cervelletto ed area frontale (Janata, Grafton, 2003). Parson e collaboratori (2003) effettuarono una serie di test su musicisti professionisti impegnati a suonare il pianoforte, mentre una scansione PET creava un immagine della loro attivit cerebrale, e scoprirono che ognuno di essi provocava attivit neurali in numerosi parti del cervello, variamente distribuite. Tali risultati si confermarono particolarmente interessanti anche per quanto riguarda lattivazione del cervelletto, che quindi svolge funzioni non strettamente circoscritte al controllo motorio. Conclusero quindi che le reti neurali preposte allelaborazione della musica sono ampiamente distribuite allinterno del cervello e che, confrontando i dati con quelli di un gruppo di controllo sperimentale, localizzazione ed attivit delle reti neurali adibite alla musica sono differenti nei cervelli di musicisti e non musicisti. La stessa Peretz, in un suo articolo (2003) scrisse :
La dimostrazione dellesistenza di una siffatta organizzazione cerebrale per la musica in tutti gli esseri umani rimane elusiva . A mio parere, lunico punto di accordo che si raggiunto oggi circa lorganizzazione cerebrale soggiacente alla musica riguarda lelaborazione del contorno melodico. La grande maggioranza degli studi indica la circonvoluzione temporale superiore e le regioni frontali della parte destra del cervello come le aree preposte allelaborazione delle informazioni relative al contorno melodico. Tuttavia, resta ancora da stabilire se tale meccanismo sia specifico per la musica, dal momento che gli schemi di intonazione della lingua parlata sembrano chiamare in causa circuiti cerebrali collocati in aree simili, se non identiche.

La

sua affermazione finale circa lapparente sovrapposizione delle reti neurali

impiegate per talune attivit linguistiche e musicali uno dei punti pi importanti, sebbene ancora irrisolto. 23

Patel (2003) confrontando dati lesionali e dati di neuroimmagine ha notato che sebbene gli studi sulle lesioni abbiano dimostrato che le capacit musicali e linguistiche possono essere parzialmente o completamente dissociate, quelli di brain imaging suggeriscono che i due domini in realt condividano le stesse reti neurali. apparente contraddizione rimane da risolvere. Questa

3.2. L elaborazione dell informazione musicale


Ogni giorno, a casa o per la strada o al lavoro ci capita di sentire della musica, cos per caso. Nel giro di una frazione di secondo siamo in grado di dire se conosciamo quel determinato brano oppure no; inoltre siamo capaci di canticchiare il brano e talvolta recuperare informazioni ad esso legate. Se poi il brano una canzone, non solo riusciamo a cantare la melodia, ma anche a cantarla con le parole del testo stesso. Nonostante tutto questo avvenga spesso con un estrema facilit e in parte automaticit, i meccanismi cerebrali alla base di tutte queste operazioni sono tutt altro che evidenti. Un modello per il riconoscimento e l elaborazione della musica descritto da Peretz e Coltheart (2003). In questo modello linput viene analizzato da due sistemi paralleli che vengono considerati indipendenti; essi elaborano in maniera separata le informazioni necessarie ad effettuare un analisi melodica (variazione dellaltezza dei suoni) ed una temporale (variazione della durata dei suoni). Il sistema di analisi melodica ha tre sottocomponenti: analisi del contorno, degli intervalli e della tonalit. Il sistema di analisi temporale ha due sottocomponenti, una per lanalisi degli aspetti metrici e una per gli aspetti ritmici. In modo semplificato, la via della melodia potrebbe rappresentare il cosa, mentre la via temporale il quando occorrono gli eventi nell input musicale. Entrambi i moduli filtrano i propri output attraverso i moduli del lessico musicale (concepito come un sistema di rappresentazioni di informazioni musicali specifiche ai quali lindividuo stato esposto nel corso della sua vita) e dall analisi dellespressione emozionale.

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Fig. 6: Modello modulare dell elaborazione musicale (fonte dell immagine: www.nature.com ).

Una serie di studi su pazienti cerebrolesi (Peretz, Coltheart, 2003) suggerisce che le strutture melodiche e temporali vengano elaborate separatamente ed in maniera indipendente. Se quindi, da un lato, vi una forte tendenza a decomporre la musica in diversi moduli pi piccoli, perlopi specifici ed indipendenti tra loro, gli studi comportamentali mostrano spesso come queste stesse funzioni necessarie allanalisi musicale non siano indipendenti e talvolta non siano affatto specifiche alla musica. Al momento sarebbe prematuro formulare conclusioni certe riguardo alla questione della modularit della musica: essa pu sussistere ad alcuni livelli di elaborazione ed essere assente ad altri livelli.

3.3. Le amusie
Amusia (dal greco a-musia, mancanza di armonia) un termine generico che indica una perdita o compromissione di origine biologico delle capacit musicali, e pu essere congenita o acquisita successivamente come conseguenza di un danno cerebrale.

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La natura di questa compromissione pu essere di vario genere, ma principalmente si pu manifestare nelle prestazioni motorie o espressive (amusia espressiva), nelle capacit di discriminazione ed identificazione delle melodie (amusia recettiva) e nella capacit di suonare uno strumento (amusia strumentale) La perdita delle capacit di cantare o fischiare una melodia una delle forme di amusia pi frequenti e prende il nome di amusia espressiva. La perdita pu essere totale nel senso che il paziente si trova a non essere pi in grado di produrre sia un suono che una melodia, su comando verbale o dietro imitazione, o parziale se in grado di produrre solo un suono ma non una melodia. Per contro, pu essere capace di produrre una melodia familiare ma incapace di produrre suoni isolati. La perdita nelle capacit orali espressive pu essere parziale anche nel senso che il paziente pu essere in grado di riprodurre un motivo musicale, ma il suo canto d risultati piuttosto poveri in termini di melodia, intonazione e ritmo. Una difettosa percezione della musica che si riflette nell incapacit di discriminare fra loro patterns melodici, timbro, tono e in alterazioni qualitative dell esperienza acustica (ad esempio percepire i suoni come dissonanti o spiacevoli) quel tipo di amusia che viene chiamata recettiva (o agnosia musicale). In termini generali il concetto di agnosia si riferisce ad un disturbo nelle capacit di riconoscimento bench il canale sensoriale primario sia intatto. Di conseguenza, il problema non legato alla percezione in s, ma al fatto che il paziente non pi in grado di riconoscere gli stimoli come suoni e parti di una melodia. I soggetti con agnosia musicale non sono quindi pi in grado di riconoscere melodie precedentemente conosciute, ma importante sottolineare che ci non accade per i testi delle melodie stesse. Un musicista con questo deficit potrebbe quindi paradossalmente essere in grado di leggere lo spartito e suonare lo strumento musicale, senza per poter riconoscere la musica prodotta; l agnosia musicale molto selettiva, in quanto anche la capacit di riconoscere altri suoni ambientali (es. rumore del treno) risulta normale. Questi disturbi sono frequentemente associati a lesioni nella corteccia temporale di entrambi gli emisferi (Peretz, 1996). Altre tipologie di amusia, come quella strumentale (perdita della capacit di suonare uno strumento), per definizione, possono colpire solamente coloro che hanno avuto una determinata formazione musicale; si riferiscono quindi a condizioni patologiche che hanno determinato la presenza di uno specifico problema cognitivo come conseguenza di un danno cerebrale, sia esso dovuto a malattia, trauma o altro. 26

In altri casi ci troviamo di fronte ad un livello di incapacit musicale del tutto inatteso per una persona con un normale livello di funzionamento intellettivo e socioemotivo, incapacit decisamente inferiore alla media (se non inesistente) pur avendo avuto una normale esposizione a stimoli musicali. Questi soggetti, chiamati tone deaf (sordit tonale, anche se in letteratura si preferisce il termine amusia congenita), non sono soggetti a una patologia e vengono normalmente diagnosticati in fasi relativamente precoci, spesso prescolari, dello sviluppo dellindividuo. Uno dei test pi sensibili per la diagnosi di questo disturbo richiede lidentificazione di irregolarit nell altezza dei suoni in una melodia comune. Il test costituito da una serie di melodie familiari e non: met delle melodie vengono modificate attraverso lintroduzione di un suono che devia dalla scala originale e i soggetti devono giudicare se le melodie contengono delle note sbagliate o meno. I soggetti affetti da amusia non riescono ad identificare le melodie sbagliate, mentre nel riconoscimento dei suoni ambientali non si manifesta alcuna differenza tra il gruppo di amusici e quello di controllo. Questo tipo di prestazione coerente con le osservazioni generali secondo le quali lamusia determina un incapacit nella percezione dell altezza dei suoni musicali (a questo proposito esiste un test online riguardante lo studio di Peretz sulla discriminazione dell altezza delle note all indirizzo web http://www.delosis.com/listening/home.html ), con conseguente risultato in termini di abilit di percezione musicale. Lecito quindi ipotizzare che, nel caso dell amusia congenita, il disturbo sia attribuibile ad uno sviluppo anomalo di alcune strutture cerebrali indispensabili allelaborazione musicale, le stesse che sarebbero danneggiate nel caso di amusia acquisita (Peretz, 2001). Nel 2002 Peretz pubblic il primo studio esaurientemente documentato sul caso di una persona affetta da sordit tonale, la quale non fece altro che mettere un annuncio in cui si cercavano volontari che si ritenessero affetti da sordit ai toni fina dalla nascita. Per prima cosa i soggetti dovevano aver raggiunto buoni risultati scolastici nel loro percorso di studi, al fine di escludere la possibilit che la loro amusia fosse una conseguenza di generali difficolt di apprendimento; in secondo luogo dovevano aver ricevuto lezioni di musica durante l infanzia, in modo da garantire che l amusia non fosse discesa da una ridotta esposizione alla musica; terzo, dovevano poter dire di aver sofferto di quel tipo di disturbo da sempre, accrescendo cos la probabilit che la condizione fosse stata presente fin dalla nascita. Il caso pi eclatante fu quello di Monica, donna francese di poco pi di quarant anni, con un buon grado di istruzione, che aveva sempre percepito la musica come un rumore 27

e non era mai stata in grado di cantare o ballare. Quando pressioni sociali lavevano costretta ad unirsi al coro della chiesa e ad un complesso musicale della scuola, l esperienza era stata per lei estremamente stressante ed imbarazzante. Peretz e colleghi la sottoposero ad una batteria di test che avevano impiegato per pazienti colpiti da lesioni cerebrali, confrontando i suoi risultati con quelli di donne di et e livello di istruzione simili ma con abilit musicali nella norma. La maggior parte dei test verteva sul riconoscere l uguaglianza o la differenza di varie melodie presentate in coppie, alcune delle quali venivano manipolate dai ricercatori al fine di scoprire se Monica fosse in grado di individuare variazioni nel contorno melodico e negli intervalli. Non lo era. E nemmeno era in grado di percepire cambiamenti nel ritmo. Dato che invece era piuttosto abile ad identificare parlati conosciuti, basandosi sulla loro voce, questo deficit non poteva discendere da una debolezza di udito, da una carenza di memoria o da disattenzione. La capacit di Monica di percepire l intonazione linguistica abbinata all incapacit di seguire il contorno melodico uno dei dati pi interessanti emersi dallo studio di Peretz : le persone affette da amusia congenita possedevano le stesse capacit del gruppo di controllo di riconoscere intonazione e prosodia della lingua orale. Una frazione della popolazione compresa tra il 3% e il 6% soffre di un disturbo di apprendimento del linguaggio, pur in assenza di qualunque altro tipo di menomazione cognitiva, e una percentuale simile pu essere suggerita anche nel caso dell'amusia congenita (Peretz et al., 2002). Una domanda naturale se l'amusia congenita sia una condizione biologicamente ereditabile; chi incapace di tenere una nota pu incolpare i propri genitori? Pare che anche la madre e il fratello di Monica avessero capacit musicali subnormali, ma ci non fu mai formalmente testato. Nessun deficit simile fu rilevato invece nel padre e nella sorella. Dei dieci altri soggetti studiati da Peretz, sei riferirono che uno dei genitori (per lo pi la madre), e almeno un fratello o una sorella, soffrivano di analoghi disturbi,per quanto in tutte le famiglie fossero presenti anche membri dotati di abilit musicali. Drayna (2001) esegu degli studi sui gemelli, che forniscono strumenti per valutare il contributo relativo dei geni ereditati e dell'ambiente di sviluppo nella caratterizzazione del pensiero e del comportamento individuale. I gemelli identici omozigoti possiedono esattamente gli stessi geni, mentre quelli i gemelli dizigoti non sono pi simili tra loro di quanto non lo siano due fratelli qualsiasi nati dagli stessi genitori. Salvo rarissime

eccezioni, i gemelli crescono in ambienti che sono ci che di pi identico si possa immaginare per due individui distinti, medesima educazione e simili esperienze di vita. In 28

qualche rara occasione, i gemelli vengono separati alla nascita e cresciuti da famiglie diverse, in ambienti diversi. Esaminando somiglianze e differenze tra gemelli identici e non, una volta raggiunta l'et adulta, e operando un confronto tra quelli rimasti assieme e quelli separati alla nascita, possibile dedurre l'importanza relativa di geni e ambiente nella caratterizzazione del loro aspetto, pensiero e comportamento. Drayna (2001) condusse lo studio sulle capacit di distinguere le altezze. Test 284 coppie di gemelli, 136 delle quali composte da gemelli identici. Tutti furono sottoposti al "test delle melodie distorte", impiegato da Peretz e colleghi per esaminare le abilit musicali in individui colpiti da lesioni cerebrali e in altri soggetti. Drayna rilev che, rispetto ai gemelli dizigoti, quelli omozigoti apparivano pi simili nella loro capacit identificare le melodie distorte. Attraverso una sofisticata analisi statistica, egli calcol che circa l'80% dell'abilit di riconoscimento delle altezze deriva da geni ereditati e il 20% dall'ambiente specifico in cui l'individuo si sviluppa e dalle esperienze musicali a cui sottoposto. Peretz e colleghi conclusero che la causa soggiacente dell amusia congenita era un deficit nella capacit di riconoscere l altezza dei suoni. Ammisero che la maggior parte dei soggetti soffriva di carenze in abilit musicali apparentemente non collegate ad essa, come ad esempio la memoria per le melodie, la facolt di distinguere le melodie in base al ritmo e la capacit di tenere il tempo. Ma tutti questi aspetti furono giudicati secondari, a cascata, di una soggiacente incapacit di percepire l altezza dei suoni che avevano compromesso lo sviluppo dell intero sistema musicale nel cervello.

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4. Musica e linguaggio: correlazione ed interdipendenza e di due abilit universali


Come e perch musica e linguaggio sono correlati? Nettl (1983) defin la musica come comunicazione sonora umana al di fuori dellambito linguistico, mentre la definizione di linguaggio probabilmente pi immediata : un sistema di comunicazione consistente in un lessico, un insieme di parole dal significato comunemente accettato, e in una grammatica, complesso di regole che determinano il modo in cui le parole vengono combinate per formare enunciati. Sia il linguaggio che la musica hanno una struttura gerarchica, essendo costituiti da elementi acustici ( parole o note) combinati in frasi (enunciati o melodie), che possono a loro volta venire combinate per creare un evento linguistico o musicale. Entrambi possono essere descritti infatti come sistemi combinatori; la ricorsione18, lunico attributo del linguaggio che non trova alcun parallelismo nei sistemi di comunicazione animale (Hauser et al., 2002). Per quanto musica e linguaggio siano entrambi sistemi gerarchici costruiti a partire da unit discrete, la natura di tali unit fondamentalmente differente : quelle del linguaggio sono simboli, quelle musicali no . Le regole di uno stile musicale o di una lingua sono profondamente diverse. Quelle della musica non veicolano significati come fa la grammatica di una lingua : invertire lordine di alcune unit avr effetto assai meno rimarchevole su un brano musicale, dove linversione non ne altera il significato, giacch non vi era alcun significato originario da cambiare. Sloboda (1985) ha puntualizzato che noi impieghiamo il linguaggio per fare asserzioni o domande in merito al mondo e agli oggetti reali; ammesso che la musica si riferisca a qualcosa , non si tratta certamente degli stessi oggetti denotati dal linguaggio, anche se questo non esclude che la musica possa essere utilizzata per raccontare storie o per far riferimento al mondo reale. Pertanto il linguaggio parlato sia referenziale che manipolativo, mentre la musica principalmente manipolativa in quanto induce stati emozionali e movimento fisico. Inoltre musica e linguaggio condividono la dote del fraseggio espressivo, con cui si fa riferimento al modo in cui le propriet acustiche delle frasi sia linguistiche che musicali possono essere modulate per trasmettere enfasi ed emozione. Brown (2000) pone un forte accento sulla presenza di esso in entrambi, ipotizzando che si trattasse di una delle

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Lincorporazione di una frase linguistica o musicale allinterno di unaltra.

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caratteristiche fondamentali del loro antenato comune originario, da lui denominato musilingua. Spesso e volentieri musica e linguaggio fanno un uso simile di alcuni parametri; ad esempio, quando ci si interessa al contenuto emotivo di una frase, se triste essa probabilmente sar pronunciata lentamente, e lo stesso vale per la musica. Juslin e Laukka (2003) hanno analizzato pi di cento studi sulla relazione tra parametri acustici ed emozione trasmessa, nel linguaggio e in musica, rendendosi conto che il tempo, lintensit, laltezza, le variazioni di altezza e diversi altri parametri hanno lo stesso effetto sull espressivit di una frase linguistica o musicale. A livello fonetico due fenomeni interessanti sono stati descritti sia per la musica che per il linguaggio: la percezione categorica e la restaurazione fonetica (Aiello, 1994). Il fenomeno di restaurazione fonetica avviene qualora si sostituisca una parte del segnale linguistico con un rumore o silenzio; qui le aspettative semantico-lessicali o musicali prendono il sopravvento sullanalisi acustica e riempiono linformazione mancante. Il fenomeno di percezione categorica legato al fatto che un continuo sonoro linguistico o musicale sia percepito come segmentato in unit discrete. A dispetto delle notevoli differenze individuali di pronuncia e di esecuzione in musica e linguaggio, la percezione categorica sembra favorire un riconoscimento ed una comprensione migliore e pi semplice, anche grazie al processo di chunking, processo di raggruppamento delle unit discrete, riducendo cos la quantit complessiva di materiale (Halpern, Bower, 1982). In una recente serie di studi stato inoltre dimostrato come, entro certi limiti, le modifiche percettive indotte dallo studio della musica determinino analoghe modifiche percettive nella percezione del linguaggio (Magne, Schon, Besson, 2006) Infine musica e linguaggio condividono tre modalit di espressione: possono essere vocali, come nel discorso e nel canto; gestuali, come nel linguaggio dei segni e nella danza; e possono essere scritte. In ognuno di questi casi, ambedue le facolt hanno base biologica nel cervello; alcune patologie cognitive possono condurre ad afasia, cio perdita della capacit linguistica e/o amusia. ovvero perdita del senso musicale.

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4.1. Afasia senza amusia e amusia senza afasia


I casi clinici documentati di persone che hanno sofferto di afasia19 offrono un ottima opportunit per esaminare le relazioni neurali tra musica e linguaggio. Se, ad esempio, la musica fosse un sottoprodotto del linguaggio, o viceversa, allora la perdita dell abilit musicale dovrebbe essere una conseguenza automatica della perdita del linguaggio; per contro, se musica e linguaggio poggiassero su reti neurali totalmente indipendenti, allora la perdita di una delle due facolt non dovrebbe incidere sullaltra. Luria e colleghi (1965) hanno mostrato come lamusia non accompagna

necessariamente lafasia. Essi hanno descritto il caso del compositore russo Shebalin, che fu vittima di un emorragia nell emisfero sinistro, portandolo ad una paralisi temporanea del lato destro del corpo e ad un disturbo linguistico grave (afasia) che gli imped di parlare e di capire fino alla fine dei suoi giorni. Nonostante le gravi condizioni egli continu a lavorare come insegnante di musica e come compositore, concludendo opere gi iniziate e scrivendone diverse altre. Lautopsia post mortem di Shebalin rilev un danno rilevante nel lobo temporale e in quello parietale dell emisfero sinistro, lesione che genera il pi delle volte un disturbo afasico. Il caso di Shebalin quindi un caso di afasia senza amusia, ossia di disturbo linguistico senza disturbo musicale. Un altro caso famoso quello della paziente I.R. descritto da Peretz, Belleville e Fontane (1997). All et di 28 anni I.R. dovette subire degli interventi chirurgici a causa della rottura di un aneurisma dell arteria cerebrale media dellemisfero destro. In seguito allintervento, la paziente rimase con due lesioni cerebrali estese, comprendenti la corteccia uditiva bilateralmente e le aree frontali dell emisfero destro. Nonostante queste lesioni, I.R. mostr un funzionamento intellettivo, linguistico e di memoria indenne, ma emerse la sua incapacit a riconoscere musica che le era stata familiare prima della lesione, con impossibilit di cantare in modo intonato e di apprendere nuovi brani. I.R. un caso esemplare di amusia senza afasia, l esatto opposto del caso Shebalin. Ci troviamo di fronte a quella che viene chiamata in gergo doppia dissociazione, di cui i casi sopra citati sembrerebbero indicare che esista una specializzazione cerebrale e funzionale per la musica (e per il linguaggio), anche se in realt le cose non sono cos semplici (Schon, Akiva-Kabiri, Vecchi, 2007).

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Disturbo che porta ad alterazione o perdita della facolt del linguaggio, generalmente in seguito alla lesione di aree del cervello deputate all elaborazione dello stesso (aree di Broca e Wernicke).

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4.2. Specializzazione e dominanza emisferica


Fin dai primi studi sulla dominanza cerebrale (Morel, 1947) era apparso evidente che ascolto musicale e ascolto verbale fossero da considerare delle funzioni giustapposte ma non coincidenti; afasia ed amusia rivelavano situazioni interessanti in quanto se apparivano in alcuni casi come disturbi indipendenti ad esempio un paziente sapeva cantare laria e le parole di una canzone, ma non sapeva ripetere quelle stesse parole in assenza della melodia spesso per potevano presentarsi associati, facendo pensare che essi implicassero almeno in parte lo stesso sistema neuroanatomico. Sono stati soprattutto gli studi di Kimura (1973) e di Bever e Chiarello (1974), basati peculiarmente sulla tecnica dicotica, mediante la quale si faceva ascoltare

simultaneamente linguaggio in un orecchio e melodie in un altro, a mettere in evidenza la dominanza dellemisfero destro per il riconoscimento delle melodie; il risultato delle osservazioni compiute veniva confortato sia dallosservazione mediante PET, riportando la cognizione musicale alla dominanza preferenziale dellemisfero destro, sia da dati neurochirugici in quanto a seguito di una lesione, anche estesa, dellemisfero sinistro il canto rimaneva ancora possibile per il paziente, mentre i deficit musicali si presentano quando la lesione interessava lemisfero destro. In particolare pare che lascolto di una melodia attivi larea temporale e larea frontale destre (Zatorre, Evans, Meyer 1994), ma lessenziale dato dal considerare che la percezione di una melodia, almeno da parte di un ascoltatore non musicista esperto, avviene rispetto al profilo generale, e dunque si tratta di una percezione olistica (al contrario di quello che avverrebbe invece nel caso di un professionista, dove il tipo di percezione avrebbe invece carattere prevalentemente analitico) : in altre parole questo sembra voler indicare che lattenzione riveste un ruolo determinante nei risultati di questi studi. Luso di una strategia o di unaltra si riduce alla focalizzazione dellattenzione ad un aspetto piuttosto che ad un altro dello stimolo musicale, portando alluso di una rete cerebrale piuttosto che di unaltra.

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Fig. 7: Immagine PET relativa all attivazione di aree cerebrali differenti, in musicisti e non, in risposta a stimoli musicali: nei primi avviene in maniera analitica, e quindi con attivazione maggiore dell emisfero cerebrale sinistro; nei non musicisti avviene invece in maniera olistica, interessando quindi prevalentemente quello destro (fonte dell immagine: www.psicolab.net ).

Soggetti con lesioni cerebrali sono stati esaminati in rapporto alla presentazione di una frase melodica e di sue versioni modificate, o a livello del profilo generale o riguardo a intervalli tonali successivi, ma nel rispetto del profilo generale. Da questi esperimenti emerso che nei soggetti portatori di lesioni allemisfero destro veniva ad essere colpita la percezione del profilo generale della melodia, mentre se la lesione era a sinistra, era colpita lindividuazione della struttura particolareggiata degli intervalli e lorganizzazione temporale della melodia. Anche Falk (2000) sottolinea come melodia e ritmo sembrano essere neurologicamente dissociati in quanto lemisfero destro elabora gli aspetti melodici della musica, mentre lemisfero sinistro sembra maggiormente coinvolto nellelaborazione del ritmo (Peretz, 1993). Lemisfero destro, come sappiamo, interpreta anche gli aspetti melodici del linguaggio, il tono della voce, e dunque le connotazioni emotive ed affettive del parlato. Anche nel test di Wada20 quando liniezione inibisce lemisfero destro, labilit del canto risulta assai disturbata, mentre la facolt del parlato compromessa solo nel senso che larticolazione delle parole pi lenta e monocorde, mentre lintonazione, la pronuncia, e labilit a partecipare ad una conversazione non ne risentono: la memoria tonale ed il
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Iniezione di amobarbitale nella arteria carotidea destra o sinistra, che produce una inibizione temporanea dellemisfero corrispondente.

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senso dello spazio melodico pare completamente scomparso, mentre il ritmo sembra meno interessato dallinibizione. La cosa pi interessante riguardo al linguaggio il dato che lemisfero dominante il destro e non il sinistro, quando le parole sono processate solo come stimoli acustici, nel senso che il percetto non il contenuto semantico del messaggio, che ha leffetto di trasferire lelaborazione da un emisfero allaltro: Zaidel (1974) ha mostrato che dopo commissurotomia21 lemisfero destro ha un vocabolario uditivo considerevole, in quanto in grado di riconoscere comandi e di mettere in relazione parole presentate per via uditiva e la visione con rappresentazione figurativa. Dai suoi esperimenti emerge che lemisfero destro ha difficolt ad analizzare le categorie fonetiche, mentre la discriminazione delle vocali sembra non costituire un problema, pertanto lemisfero destro sembrerebbe essere prevalentemente un analizzatore gestaltico di tratti acustici e non di tratti fonetici. Dagli studi di Studdert-Kennedy (1970) gi era emersa la superiorit dellorecchio destro, e dunque dellemisfero sinistro, per sillabe formate CVC, quindi in relazione alla combinazione consonante/vocale, mentre le vocali sono percettivamente o bilaterali, o addirittura unilaterali sullemisfero destro: evidentemente esse vengono elaborate pi rapidamente sulla base del loro contenuto musicale. In generale dagli studi sullascolto dicotico emerge che i toni puri, semplici, sembrano percepiti bilateralmente, mentre lemisfero destro mostra una chiara preferenza per quelli complessi, producendo un incremento nellaccuratezza. Una serie di studi che si interessavano allelaborazione dellaltezza ha messo in evidenza come la corteccia uditiva destra sia pi specializzata della sinistra nellanalisi precisa dellinformazione frequenziale (altezza), mentre quella sinistra lo sia di pi nellanalisi dellinformazione temporale, necessaria, ad esempio, per la distinzione di due fonemi (Zatorre, Belin, Penhune, 2002). In questo caso abbiamo un indice di una possibile specializzazione emisferica a livello della corteccia uditiva, ma attenzione a non interpretare questo come assoluto, in quanto si tratta di una specializzazione relativa. Quando ci si interessa a funzione cognitive pi complesse, vi una tendenza generale ad una diminuzione della preferenza emisferica.

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Sezione del corpo calloso.

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4.3. Correlati neurali


I primissimi studi che hanno utilizzato gli ERPs22 avevano come scopo il confronto fra musica e linguaggio. Studi precedenti sul linguaggio avevano messo in evidenza

lesistenza di una componente ERP, la N400 (polarit negativa e massimo picco verso i 400msec), la cui ampiezza era maggiore per parole che erano semanticamente incongruenti rispetto a parole congruenti (beve il caff con il latte/ lardo). Ci che non era evidente era se questa componente N400 fosse specifica al linguaggio oppure no. Besson e Macar (1987) confrontarono quindi delle frasi nelle quali lultima nota era fuori tonalit. I risultati per la musica non mostrarono traccia della N400, ma di una componente pi tardiva, detta P600 (positiva con picco verso i 600 msec). Alcuni anni pi tardi Patel e collaboratori (1998) mostrarono che questa P600 era simile in musica e linguaggio quando gli errori linguistici erano di tipo sintattico e non semantico. Schon e collaboratori (2004) dimostrarono per che questa componente non era specifica ad unelaborazione sintattica, ma che era presente anche in errori di pronuncia, quindi con incongruit prosodiche. Inoltre lapparire di tale componente, in seguito alla presentazione di materiale linguistico, dipendeva dallesperienza musicale che i soggetti avevano avuto: appariva infatti circa 100 msec prima per i musicisti che per i non musicisti, a

dimostrazione che la pratica musicale aveva avuto un effetto sullabilit del cervello da elaborare linformazione musicale, ma anche linguistica (prosodica). Se da un lato le regole che definiscono le relazioni sono diverse in musica e nel linguaggio, il processo di integrazione strutturale potrebbe essere lo stesso; il fatto di avere un fenomeno osservabile come la P600 (Koelsch, 2005), sensibile alla struttura musicale e linguistica diventa interessante poich ci permette di studiare quali siano i fattori che modificano questo fenomeno (ERP). Ad esempio, possiamo studiare fino a che punto esso sia sensibile allattenzione o allo stato dumore, o se sia modificabile dallesperienza e in quanto tempo, se esista gi nei bambini e come evolva nellet. Diversamente dagli indici comportamentali (come il tempo di risposta), gli indici elettrofisiologici ci danno il decorso continuo dellattivit cerebrale, dalla presentazione dello stimolo fino ad oltre la risposta: non solo sono indici pi sensibili, ma anche pi informativi in quanto ci dicono a che punto un a certa nota comincia ad essere percepita in un certo modo, ed hanno uninformazione anche di tipo spaziale, sulle aree cerebrali che sarebbero implicate in un tale tipo di operazione mentale.
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Potenziali evocati evento-correlati, modificazioni elettriche che avvengono nel SNC, dipendenti dal contenuto informativo di un determinato stimolo.

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Conclusioni
La musica non solo un attivit umana estremamente diffusa, ma riveste anche una grande importanza in diversi ambiti disciplinari, rendendola in s un oggetto di ricerca particolarmente interessante. Il fatto che la musica sia onnipresente nelle culture umane a tutte le et e che richieda diverse capacit cognitive rende il suo studio particolarmente utile, in quanto ci permette di valutare il funzionamento della mente da un punto di vista nuovo e diverso. Lo studio della musica in ambito psicologico e neuroscientifico, di sviluppo relativamente recente, raramente fine a s stesso. Infatti quasi sempre legato al desiderio di comprendere meglio una funzione cognitiva di ordine pi generale, e la musica utilizzata come modello alternativo, ruolo che le si presta assai bene poich richiede la messa in atto di molte funzioni cognitive, come attenzione, memoria, motricit e percezione. Approfondire la conoscenza delle modalit mediante le quali il cervello elabori linformazione musicale, supportato in gran parte dall applicazione ad esso delle pi moderne tecniche di neuroimmagine, o di come la pratica musicale influenzi il funzionamento cerebrale, diventa importante anche rispetto a possibili applicazioni in ambito pedagogico e terapeutico. In prospettiva futura, lo studio di neuroscienze e musica, la cui ricerca reperisce continuamente nuovi filoni investigativi, sta diventando sempre pi un punto di riferimento per la ricerca neurologica, la cui attenzione documentata dall istituzione di sempre pi frequenti convegni internazionali e dalla pubblicazione di numerose riviste specialistiche che descrivono i progressi che discipline come la neuropsicologia, la psicologia sperimentale e la psicofisiologia riescono ad ottenere in un settore in passato ritenuto esclusivamente di pertinenza umanistica. Emerge quindi la necessit di sottolineare l utile dialogo che si pu instaurare tra arte e scienza, dialogo tra due mondi dissimili che perseguono obiettivi dissimili con metodi altrettanto dissimili di conoscenza. Pur tuttavia, esaminati sotto laspetto della pluralit dei servizi che possono arrecare all uomo e al miglioramento della qualit della vita, due mondi che possono trovare una felice quanto proficua convivenza.

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