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D'Onofrio: tempesta finanziaria e sovranità nazionale
Così hanno commissariato l'economia sociale all'italiana
Si sente molto parlare di una sorta di "commissariamento" dell'Italia in conseguenza degli ultimi interventi della Banca Centrale Europea concernenti il cosiddetto debito sovrano italiano. Non vi è dubbio che si tratti di un condizionamento molto rigido che la Bce (che non è una vera e propria autorità europea) pone all'Italia ed in particolare al governo italiano in conseguenza del fatto che il sostegno stesso della Bce riferita ai titoli di Stato emessi dall'Italia è subordinato alla adozione di interventi legislativi italiani tali da ridurre il più possibile il rischio di "default" dell'Italia stessa.
Non si tratta però di un "commissariamento" del tutto improvviso ed imprevisto, perché è opportuno ancora una volta ripercorrere - anche se sommariamente - le tappe fondamentali che hanno visto il passaggio da una qualche sovranità piena ad una sempre più flebile sovranità nazionale, fino al punto che con gli ultimi interventi della BCE si può anche formalmente parlare di una sorta di limbo nel quale è sospeso il governo italiano tra quel che resta della sovranità nazionale e una, anche se forte, autonomia per così dire federale rispetto ai tuttora inesistenti Stati Uniti d'Europa. Allorché infatti parliamo di Stato ci riferiamo con tutta evidenza a quel grandioso fenomeno europeo continentale che nel corso degli ultimi cinque secoli ha visto sorgere progressivamente uno Stato in riferimento ad un popolo e ad un territorio. Si tratta - come tutti i costituzionalisti sanno - dei cosiddetti elementi costitutivi di uno Stato: popolo, territorio, sovranità. Anche l'Italia ha vissuto il processo di formazione di uno stato nazionale, come abbiamo ascoltato ripetutamente soprattutto da parte del Presidente della Repubblica, nel contesto delle pur contestate celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'Unità italiana.
In questi centocinquanta anni l'Italia si è progressivamente identificata nel proprio popolo (la cui unità è stata ed è per altro contestata e non solo da quanti nostalgicamente si richiamano ai Borboni); nel proprio territorio (con complicatissime vicende concernenti Aosta, Bolzano, e Trieste); nella propria sovranità fortemente caratterizzata da rilevanti pulsioni nazionalistiche durante il periodo fascista.
Come i costituzionalisti sanno, la "sovranità" consiste proprio nella libertà di determinare il proprio fine, a cominciare da quel rapporto tra pace e guerra che ha costantemente influito sull'idea stessa di Stato sin dal suo sorgere. La conclusione della Seconda Guerra Mondiale ha comportato proprio una significativa modifica concernente il rapporto tra pace e guerra: l'Italia, al pari delle altre entità nazionali sconfitte nella Seconda Guerra Mondiale, ha scritto nella propria costituzione una normativa concernente il rapporto tra guerra e pace che influisce sostanzialmente proprio sulla sovranità nazionale.
Come molti studiosi hanno affermato proprio in quegli anni la sovranità nazionale ha finito con il coincidere con la potenza nucleare di offesa e di difesa, ed è in conseguenza di questo rapporto tra armi nucleari e armi cosiddette convenzionali che si è cominciato a parlare di gradi diversi della sovranità nazionale anche in riferimento a Paesi europei che siamo soliti definire Stati nazionali. Non si era parlato a quel tempo di commissariamento dell'Italia forse perché la sconfitta militare era stata ritenuta culturalmente e politicamente conseguenza della pretesa fascista. È pertanto almeno dal 1945 che non siamo più in presenza di una sovranità nazionale capace di contenere anche la sovranità militare per tale intendendosi la capacità di offesa e di difesa del proprio popolo e del proprio territorio di fronte a qualunque attacco al popolo e al territorio italiano portati anche nuclearmente.
Il processo di costruzione europea - a sua volta - ha comportato una sorta di "commissariamen
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D'Onofrio: tempesta finanziaria e sovranità nazionale tratto da Liberal del 13.08.11
D'Onofrio: tempesta finanziaria e sovranità nazionale
Così hanno commissariato l'economia sociale all'italiana
Si sente molto parlare di una sorta di "commissariamento" dell'Italia in conseguenza degli ultimi interventi della Banca Centrale Europea concernenti il cosiddetto debito sovrano italiano. Non vi è dubbio che si tratti di un condizionamento molto rigido che la Bce (che non è una vera e propria autorità europea) pone all'Italia ed in particolare al governo italiano in conseguenza del fatto che il sostegno stesso della Bce riferita ai titoli di Stato emessi dall'Italia è subordinato alla adozione di interventi legislativi italiani tali da ridurre il più possibile il rischio di "default" dell'Italia stessa.
Non si tratta però di un "commissariamento" del tutto improvviso ed imprevisto, perché è opportuno ancora una volta ripercorrere - anche se sommariamente - le tappe fondamentali che hanno visto il passaggio da una qualche sovranità piena ad una sempre più flebile sovranità nazionale, fino al punto che con gli ultimi interventi della BCE si può anche formalmente parlare di una sorta di limbo nel quale è sospeso il governo italiano tra quel che resta della sovranità nazionale e una, anche se forte, autonomia per così dire federale rispetto ai tuttora inesistenti Stati Uniti d'Europa. Allorché infatti parliamo di Stato ci riferiamo con tutta evidenza a quel grandioso fenomeno europeo continentale che nel corso degli ultimi cinque secoli ha visto sorgere progressivamente uno Stato in riferimento ad un popolo e ad un territorio. Si tratta - come tutti i costituzionalisti sanno - dei cosiddetti elementi costitutivi di uno Stato: popolo, territorio, sovranità. Anche l'Italia ha vissuto il processo di formazione di uno stato nazionale, come abbiamo ascoltato ripetutamente soprattutto da parte del Presidente della Repubblica, nel contesto delle pur contestate celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'Unità italiana.
In questi centocinquanta anni l'Italia si è progressivamente identificata nel proprio popolo (la cui unità è stata ed è per altro contestata e non solo da quanti nostalgicamente si richiamano ai Borboni); nel proprio territorio (con complicatissime vicende concernenti Aosta, Bolzano, e Trieste); nella propria sovranità fortemente caratterizzata da rilevanti pulsioni nazionalistiche durante il periodo fascista.
Come i costituzionalisti sanno, la "sovranità" consiste proprio nella libertà di determinare il proprio fine, a cominciare da quel rapporto tra pace e guerra che ha costantemente influito sull'idea stessa di Stato sin dal suo sorgere. La conclusione della Seconda Guerra Mondiale ha comportato proprio una significativa modifica concernente il rapporto tra pace e guerra: l'Italia, al pari delle altre entità nazionali sconfitte nella Seconda Guerra Mondiale, ha scritto nella propria costituzione una normativa concernente il rapporto tra guerra e pace che influisce sostanzialmente proprio sulla sovranità nazionale.
Come molti studiosi hanno affermato proprio in quegli anni la sovranità nazionale ha finito con il coincidere con la potenza nucleare di offesa e di difesa, ed è in conseguenza di questo rapporto tra armi nucleari e armi cosiddette convenzionali che si è cominciato a parlare di gradi diversi della sovranità nazionale anche in riferimento a Paesi europei che siamo soliti definire Stati nazionali. Non si era parlato a quel tempo di commissariamento dell'Italia forse perché la sconfitta militare era stata ritenuta culturalmente e politicamente conseguenza della pretesa fascista. È pertanto almeno dal 1945 che non siamo più in presenza di una sovranità nazionale capace di contenere anche la sovranità militare per tale intendendosi la capacità di offesa e di difesa del proprio popolo e del proprio territorio di fronte a qualunque attacco al popolo e al territorio italiano portati anche nuclearmente.
Il processo di costruzione europea - a sua volta - ha comportato una sorta di "commissariamen
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D'Onofrio: tempesta finanziaria e sovranità nazionale
Così hanno commissariato l'economia sociale all'italiana
Si sente molto parlare di una sorta di "commissariamento" dell'Italia in conseguenza degli ultimi interventi della Banca Centrale Europea concernenti il cosiddetto debito sovrano italiano. Non vi è dubbio che si tratti di un condizionamento molto rigido che la Bce (che non è una vera e propria autorità europea) pone all'Italia ed in particolare al governo italiano in conseguenza del fatto che il sostegno stesso della Bce riferita ai titoli di Stato emessi dall'Italia è subordinato alla adozione di interventi legislativi italiani tali da ridurre il più possibile il rischio di "default" dell'Italia stessa.
Non si tratta però di un "commissariamento" del tutto improvviso ed imprevisto, perché è opportuno ancora una volta ripercorrere - anche se sommariamente - le tappe fondamentali che hanno visto il passaggio da una qualche sovranità piena ad una sempre più flebile sovranità nazionale, fino al punto che con gli ultimi interventi della BCE si può anche formalmente parlare di una sorta di limbo nel quale è sospeso il governo italiano tra quel che resta della sovranità nazionale e una, anche se forte, autonomia per così dire federale rispetto ai tuttora inesistenti Stati Uniti d'Europa. Allorché infatti parliamo di Stato ci riferiamo con tutta evidenza a quel grandioso fenomeno europeo continentale che nel corso degli ultimi cinque secoli ha visto sorgere progressivamente uno Stato in riferimento ad un popolo e ad un territorio. Si tratta - come tutti i costituzionalisti sanno - dei cosiddetti elementi costitutivi di uno Stato: popolo, territorio, sovranità. Anche l'Italia ha vissuto il processo di formazione di uno stato nazionale, come abbiamo ascoltato ripetutamente soprattutto da parte del Presidente della Repubblica, nel contesto delle pur contestate celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'Unità italiana.
In questi centocinquanta anni l'Italia si è progressivamente identificata nel proprio popolo (la cui unità è stata ed è per altro contestata e non solo da quanti nostalgicamente si richiamano ai Borboni); nel proprio territorio (con complicatissime vicende concernenti Aosta, Bolzano, e Trieste); nella propria sovranità fortemente caratterizzata da rilevanti pulsioni nazionalistiche durante il periodo fascista.
Come i costituzionalisti sanno, la "sovranità" consiste proprio nella libertà di determinare il proprio fine, a cominciare da quel rapporto tra pace e guerra che ha costantemente influito sull'idea stessa di Stato sin dal suo sorgere. La conclusione della Seconda Guerra Mondiale ha comportato proprio una significativa modifica concernente il rapporto tra pace e guerra: l'Italia, al pari delle altre entità nazionali sconfitte nella Seconda Guerra Mondiale, ha scritto nella propria costituzione una normativa concernente il rapporto tra guerra e pace che influisce sostanzialmente proprio sulla sovranità nazionale.
Come molti studiosi hanno affermato proprio in quegli anni la sovranità nazionale ha finito con il coincidere con la potenza nucleare di offesa e di difesa, ed è in conseguenza di questo rapporto tra armi nucleari e armi cosiddette convenzionali che si è cominciato a parlare di gradi diversi della sovranità nazionale anche in riferimento a Paesi europei che siamo soliti definire Stati nazionali. Non si era parlato a quel tempo di commissariamento dell'Italia forse perché la sconfitta militare era stata ritenuta culturalmente e politicamente conseguenza della pretesa fascista. È pertanto almeno dal 1945 che non siamo più in presenza di una sovranità nazionale capace di contenere anche la sovranità militare per tale intendendosi la capacità di offesa e di difesa del proprio popolo e del proprio territorio di fronte a qualunque attacco al popolo e al territorio italiano portati anche nuclearmente.
Il processo di costruzione europea - a sua volta - ha comportato una sorta di "commissariamen
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