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Scuola Italiana di Counseling Motivazionale

Sede di Ferrara Anno 2008-2009

ELEMENTI DI GRAMMATICA DEL LINGUAGGIO NON VERBALE


Tiziana Campi, Susanna Fabbri, Pietro Ingrosso, M. Carlotta Rossi

Ferrara, Giugno 2009

INDICE
1. ELEMENTI GENERALI DELLA COMUNICAZIONE 1.1 Comunicazione : definizioni 1.2 Elementi universali della comunicazione 1.3 Comunicazione come relazione 1.4 Modalita comunicative 1.5 Comunicazone e ascolto 1.6 BIBLIOGRAFIA 2. LA COMUNICAZIONE NON VERBALE 2.1 La Comunicazione Non Verbale 2.2 E impossibile non comunicare 2.3 Involontariet della comunicazione non verbale 2.4 Codifica e decodifica 2.5 Considerazioni conclusive 2.6 BIBLIOGRAFIA 3. IL SORRISO, IL SILENZIO E IL SALUTO NELLE DIFFERENTI CULTURE 3.1 Introduzione 3.2 La CNV comune in tutto il mondo 3.3 Il sorriso 3.4 Il silenzio 3,5 Il silenzio diverso nelle diverse lingue 3.6 Il saluto 3.7 BIBLIOGRAFIA 4. METODOLOGIE TERAPEUTICHE BASATE SULLA CNV 4.1 Introduzione 4.2 Pet-Therapy 4.3 Art-therapy 4.4 Musicoterapia 4.5 Danzaterapia 4.6 Social Skills Training 4.7 BIBLIOGRAFIA

Nota:
Alcune illustrazioni sono prese da vari siti internet che da parte loro attingono a varie fonti, soprattutto giornalistiche non indicate; eventuali fotografi aventi diritti di copyright sono pregati a mettersi in contatto con gli autori.

1. ELEMENTI GENERALI DELLA COMUNICAZIONE


1.1 LA COMUNICAZIONE : definizioni

Etimologicamente il termine comunicazione deriva dal latino, anche se in quella lingua il significato coincideva con il concetto di condivisione. Nel corso dei secoli e degli studi in materia, molteplici sono stati le definizioni con cui si cercato di definire efficacemente il concetto di comunicazione. Di seguito elencher alcune di queste definizioni tratte dal testo di B.Valli (1) : la comunicazione condivisione di significati espressi e condivisi attraverso i canali fondamentali della prassi comunicativa : verbale, non verbale e paraverbale si ha comunicazione ogniqualvolta una propriet, una risorsa, uno stato viene trasmesso da un soggetto ad un altro comprendendo nella categoria dei soggetti anche quelli inanimati la comunicazione uno schema stimolo-risposta dove ogni comportamento dun essere vivente, che ne influenza un altro ne rappresenta una forma comunicazione qualsiasi scambio di valori sociali condotto secondo regole determinate la comunicazione il passaggio o il trasferimento di informazioni da un soggetto (fonte o emittente) ad un altro (ricevente o destinatario) per mezzo di di veicoli di varia natura : ottici, acustici, elettrici, idraulici ecc. si ha comunicazione quando due o pi soggetti giungono a condividere i medesimi significati comunicazione la formazione di unentit sociale a partire da individui singoli, mediante luso di un linguaggio o di segni, o anche lavere in comune elementi di comportamento, o di modi di vita, grazie allesistenza di insiemi di regole Da questo breve elenco appare chiaro come la definizione di comunicazione possa rivolgersi prioritariamente ad aspetti costruttivistici, o riguardare in modo fondamentale aspetti relazionali, ed solo approfondendo entrambi gli ambiti, che possibile trarre una sintesi di elementi condivisi che possano descrivere efficacemente il processo della comunicazione

1.2. ELEMENTI UNIVERSALI DELLA COMUNICAZIONE

Emittente : il soggetto (o i soggetti) che comunica il messaggio Ricevente : il soggetto ( o i soggetti) che riceve il messaggio Messaggio : il contenuto di ci che si comunica (informazione, dato,sensazione) Codice : il sistema di segni che si usa quando si comunica, e senza il quale non avviene il messaggio. Puo essere una lingua, un gesto, un disegno ecc. Canale : il mezzo sensoriale (vista, udito, ecc) o tecnico (telefono, fax, posta ecc.) coinvolto nella comunicazione. Codifica : lattivit che svolge lemittente per trasformare idee, concetti, immagini mentali in un messaggio comunicabile attraverso un codice Decodifica : il percorso contrario svolto dal ricevente che trasforma il messaggio da codice ad idee, concetti, immagini mentali Feed-Back : linterscambio che avviene fra emittente e ricevente quando linformazione di ritorno permette allemittente di percepire se il messaggio stato ricevuto e/o capito Contesto : il luogo fisico o sociale in cui avviene lo scambio comunicativo. Pu favorire o complicare il processo comunicativo Appare evidente come una perturbazione che si verifichi in uno qualsiasi degli elementi costitutivi del processo comunicativo produce un rumore ovvero dei disturbi/interferenze di varia natura : (a) Fisica o oggettiva che agiscono direttamente sul Canale o sui Comunicanti

Semantica o di significato Affettiva e/o Psicosociale messaggi e ai comunicanti

che agiscono che agiscono

sulla Codificazione e Decodificazione sui Filtri affettivi e psicosociali con cui si da valore ai

I problemi di comunicazione si manifestano direttamente sui messaggi inviati, attraverso fenomeni di (a): Distorsione Dispersione Inefficienza Inefficacia Rifiuto (eventualmente) Una comunicazione efficace deve quindi ridurre al minimo i rumori che si creano nel suo processo costruttivo, mediante idonei correttivi che rendano pi confortevole lo spazio fisico, migliorino il livello di comprensione, contengano e limitino i filtri psicosociali

1.3.

COMUNICAZIONE COME RELAZIONE

E Paul Watzlawick , nel 1967 che pone le basi del concetto di comunicazione come relazione. Nella sua opera .Pragmatica della comunicazione umana (2) egli enuncia gli assiomi della comunicazione, che hanno modificato in modo radicale il percorso della psicologia contemporanea. Watzlawick sottolinea come quello che noi conosciamo realmente di una persona il suo comportamento, in quanto possiamo vederlo, poich immediatamente disponibile ai nostri occhi. Viceversa, linsieme degli stimoli, dei bisogni, delle esperienze che contribuiscono a ci che si vede, non subito disponibile, e quindi la via maestra per comprendere la psiche umana losservazione delluomo mentre comunica. Luomo non mai un pianeta isolato dagli altri anche quando solo, silenzioso o in mezzo al nulla, perch ogni comportamento comunicazione, invia un messaggio agli altri che lo si voglia oppure no, pertanto : impossibile non comunicare (2) Nella comunicazione lessere umano si apre allaltro , lidentit personale, quello che pensiamo di noi stessi, o quello che gli altri pensano di noi, si mette assieme, pezzo dopo pezzo, in tutti gli scambi di parole ed azioni che abbiamo con gli altri esseri umani. La comunicazione, pertanto, non trasmette solo informazioni, ma impone comportamenti che vi si adeguino (3). Essa rappresenta quindi un sistema dove i comportamenti sono circolari, dove non possibile stabilire con certezza quale sia la causa e quale leffetto, cosa viene prima e cosa dopo, ed ogni comportamento insieme azione e risposta di un altro comportamento (3) . La circolarit mette fuori campo il dualismo causa-effetto che ha dato forma per secoli a tutti i discorsi scientifici, in quanto, nella realt, il sistema delle persone che comunicano con altre persone sempre un universo a se

stante, governato da regole e processi propri. Quando le regole che tengono in vita il sistema fanno corto circuito, la comunicazione si ammala ed occorre un intervento esterno che ,modificando le regole, possa guarirla (4). Poich non tutti sono dotati naturalmente di chiarezza espositiva, di capacit empatica, di congruit comunicativa, possibile, grazie alla scienza della comunicazione umana, studiare , imparare ed applicare nuove e migliori competenze in materia comunicativa, che aiutino il percorso di guarigione di un processo comunicativo andato in corto circuito (4). Appare , pertanto, evidente come chi si occupa di relazione daiuto deve avere fra le proprie competenze di base anche quelle relative alla comunicazione efficace.

1.4.

MODALITA COMUNICATIVE

Se comunicare in modo efficace rappresenta la chiave di volta di una relazione daiuto, occorre imparare a gestire coscientemente il processo comunicativo, definendo con esattezza (5) : a- A chi ci si rivolge (ovvero chi sono i soggetti con cui entrare in relazione) b- Lobiettivo della comunicazione ( indicazioni, riflessioni, ecc) c- Cosa si vuole comunicare (ovvero quali sono i punti fondamentali per avere leffetto voluto) d- In che modo comunicare (decidendo quali strumenti comunicativi sono i pi idonei ad ottenere leffetto voluto) Le modalit comunicative con le quali gli esseri umani si relazionano fra loro sono : Comunicazione verbale : che utilizza le parole come codice condiviso Comunicazione non verbale : legata alle espressioni del volto, alla postura, ai gesti, al tono della voce. Essendo meno censurabile, pi facilmente pu tradire gli stati danimo, i sentimenti, le opinioni , ecc. Comunicazione simbolica : legata al modo di vestire, agli oggetti che ci circondano, ecc che caratterizzano il nostro modo di essere comunicandolo agli altri (5) Appare evidente come lutilizzo congiunto delle diverse modalit comunicative produca i migliori risultati nel trasferimento delle informazioni, e sia cardine delle relazioni daiuto, in quanto il variare delle modalit comunicative permette di utilizzare i diversi canali percettivi migliorando le possibilit di una comunicazione efficace(6). A questo proposito in letteratura riportato che : (7) Se un soggetto vuole dire 100 In realt dice 80 Il ricevente sente 50 (a causa dei rumori derivati da ambiente/contesto) Capisce 30 Ricorda 20 Ma spesso convinto di avere capito 100!! In effetti una comunicazione efficace non pu prescindere dalla congruit fra i comportamenti verbali e non verbali, infatti gli elementi di comunicazione verbale e non verbale possono (6) : contraddirsi, sostituirsi, essere complementari, essere sottolineanti Usare in modo congruo entrambi i canali risulta necessario per il migliore passaggio della informazione comunicativa.

1.5.

COMUNICAZONE E ASCOLTO

La comunicazione con laltro una strada a due sensi ed i messaggi che siamo in grado di inviare/comprendere dipendono dalla capacit di integrare il senso delludito ( fattore fisico) con lascolto che invece unazione intellettuale (8). Infatti, nel processo di comunicazione la capacit di ascolto rappresenta una condizione essenziale per conoscere in modo approfondito i soggetti con i quali si comunica, per entrare in contatto con le loro specifiche esigenze (c) . E opportuno sottolineare come lascolto rappresenti unabilit complessa che richiede impegno, intenzionalit, e nelle relazioni daiuto professionali anche una specifica formazione. Infatti : lascolto il primo passo nella relazione in quanto : per comunicare necessario ascoltare senza ascolto non c comunicazione Ascoltare attivamente significa essere empatici, mettersi nei panni dellaltro, riconoscere ed accettare il suo punto di vista, accogliere e comprendere le emozioni, i dubbi, le preoccupazioni che manifesta. Cosa si ascolta (c): I contenuti di ci che laltro dice con le parole (verbale) e di ci che non dice con il silenzio Il tono vocale utilizzato (paraverbale), gli sguardi, i gesti, i movimenti dellaltro (non verbale) Il contesto in cui la persona vive : famiglia, lavoro, societ, scuola, valori ecc. Autoascolto di chi fornisce la relazione daiuto, delle proprie emozioni, della propria mappa di riferimento, del proprio processo di consapevolezza. Lascolto attivo cos praticato non mai una formula meccanica e ripetitiva, in grado di comunicare stima, interesse, immedesimazione, e rappresenta pertanto lespressione verbale dellempatia (8)

1.6. BIBLIOGRAFIA
1- B.Valli comunicazione e media Carrocci ed. 1999 2- P.Watzlawick pragmatica della comunicazione umana Il Mulino ed. 2000 3- M.Ingrosso comunicare la salute: scenari, tecniche, progetti per il benessere e la qualit della vita Collana Scienza e Salute. Franco Angeli ed. 2005 4- DF Slowie doctors should help patients to communicate better with them BMJ 1999 5- E.Moia comunicazione personale, 2002 6- T.Gandini le competenze e la valorizzazione del patrimonio umano in sanit Collana Scienze e Salute. Franco Angeli ed.2005 7- F.Pesce, R.Scaldaferri incontinenza urinaria: la comunicazione efficace con il paziente incontinente Pacini ed. 2006 8- J.Dugger le tecniche di ascolto. Come gestire efficacemente la comunicazione sul lavoro, con gli amici, in famiglia Collana Trend. Franco Angeli ed. 1999

SITOGRAFIA
a- C.Melchior gli elementi della comunicazione www.claudio.melchior#uniud.it b- comunicazione pubblica www.comunicobene.com c- L.Scotti comunicazione come relazione www.comunicobene.com

2. LA COMUNICAZIONE NON VERBALE


Dio ci ha dato due orecchie ed una sola bocca. Alcuni dicono che stato perch voleva che il tempo che passiamo ad ascoltare fosse doppio del tempo che passiamo a parlare. Altri dicono che stato perch sapeva che ascoltare il doppio pi difficile che parlare.(anonimo)

2.1. La Comunicazione Non Verbale


Comunicazione Non Verbale (CNV): espressione che indica tutti i modi di comunicare diversi dal linguaggio, attraverso il quale lindividuo si pone in relazione con gli altri (vedi /comunicazione). Della comunicazione non verbale, CNV, fanno parte i gesti, le espressioni del volto, laspetto fisico, le posture, lorientamento e le distanze nello spazio, gli atteggiamenti, le intonazione della voce, i segni tracciati sul corpo, il tatto lodore, labbigliamento per citare solo alcuni esempi e tutti quegli elementi estranei al linguaggio che ci permettono di comprendere qualcosa di una persona. Questi aspetti comunicativi hanno una notevole efficacia , in molti casi superano il linguaggio, nel comunicare allinterlocutore il contesto in cui avviene la comunicazione stessa: possono mostrare ironia o seriet, allontanare lambiguit, trasmettere emozioni, esprimere informazioni sul carattere e la cultura degli interlocutori, specificare ci che stato affermato attraverso il linguaggio. La comunicazione non verbale permette anche di creare maggiore intimit e di raggiungere linterlocutore sul piano emotivo. Pertanto la comunicazione non verbale non accessoria alla verbale, e non neanche il semplice riverbero degli stati emotivi delluomo, ma secondo la teoria dominante in questo momento, si ritiene che nella comunicazione non verbale siano inestricabilmente legati sia fattori genetici, sia fattori culturali.

2.2. E impossibile non comunicare


Immergiti profondamente nei silenziosi aneliti del tuo SE interiore, cerca di acquistare la capacit di comprendere con tutta la tua intelligenza, la tua saggezza, la tua intuizione, e con tutto il tuo amore. (Paramahansa Yogananda)

Ogni comportamento comunica e tutto comportamento, perfino lassenza. Infatti, ad esempio se rimaniamo in silenzio in una conversazione tra amici, o se ci nascondiamodietro un giornale, il linguaggio del nostro corpo comunica il nostro desiderio di isolarci. Nello studio del sistema vocale il SILENZIO merita particolare attenzione. Infatti in quanto assenza di parola, esso costituisce un modo strategico di comunicare e il suo significato varia con le situazioni, con le relazioni e con la cultura di riferimento. In generale, il valore comunicativo del silenzio da attribuire alla sua ambiguit, poich pu essere lindizio di un ottimo rapporto e di una comunicazione intensa oppure il segnale di una pessima relazione e di una comunicazione deteriorata. I valori comunicativi positivi o negativi del silenzio riguardano molti aspetti quali: a) i legami affettivi (il silenzio pu unire due persone in una profonda condivisione di affetti o pu separarli attraverso sentimenti di ostilit e di odio); b) la funzione di valutazione (il silenzio pu indicare consenso e approvazione o segnalare dissenso e disapprovazione); c) il processo di rivelazione ( il silenzio pu rendere manifesto qualcosa a

qualcun altro o pu essere una barriera opaca rispetto a una data informazione); d) una funzione di attivazione ( il silenzio pu indicare una forte concentrazione mentale o pu segnalare una dispersione mentale. Data la sua natura intrinsecamente ambigua, il silenzio governato da un insieme complesso di standard sociali definiti come le regole del silenzio. Esse concernono dove, quando, come e per che cosa usarlo, e vanno imparate dal bambino piccolo, al pari del linguaggio e degli altri sistemi di segnalazione. In generale, si osservato che il silenzio associato a situazioni sociali in cui la relazione fra i partecipanti incerta, poco conosciuta, vaga o ambigua. In tali situazioni prudente non esporsi. Infatti si insegna ai bambini di non parlare con gli estranei. Parimenti, si verificato che il silenzio un atto comunicativo associato a situazioni sociali in cui vi una distribuzione nota e asimmetrica di potere sociale fra i partecipanti Nel caso di discrepanza di status sociale, lindividuo che occupa la posizione subalterna tende a mantenersi in una condizione di silenzio e di ascolto. Per esempio, fra i wolof del Senegal il silenzio una strategia comunicativa per assumere uno status superiore nello scambio dei saluti: saluta per primo chi si percepisce di livello sociale inferiore. Quando si incontrano due persone che si ritengono di pari posizione, dopo un certo periodo di silenzio e un saluto ritualistico abbreviato, si chiedono conto delle ragioni per cui ciascuno non ha iniziato a salutare. Anche fra i maori della Nuova Zelanda il silenzio costituisce un importante atto comunicativo per regolare i rapporti sociali: in una conversazione hanno diritto di parola le persone che hanno maggiore potere sociale, mentre chi giovane o in una posizione subalterna rimane in silenzio per deferenza e rispetto. Situazioni analoghe succedono anche nelle culture occidentali, dove in unazienda, in un partito, in una scuola parla di pi chi ha maggiore peso decisionale e sta pi in silenzio chi in posizione subordinata. In funzione della sua complessit, il silenzio presenta importanti variazioni culturali. In generale, nelle culture occidentali ( individualistiche), caratterizzate da una comunicazione a bassa contestualizzazione, si assiste a una successione rapida dei turni di parola, i tempi di latenza delle pause sono assai ridotti e il silenzio considerato come una minaccia e come una mancanza di cooperazione per la gestione della conversazione medesima. Di conseguenza, si ha una notevole accelerazione nei dialoghi.

Per contro, nelle culture orientali (collettivistiche), qualificate da una comunicazione ad alta contestualizzazione, i partecipanti prendono lunghe pause di silenzio fra un intervento e laltro, in quanto segnale di riflessione e di ponderatezza. Inoltre, in questo tipo di culture il silenzio inteso come indicatore di fiducia, di confidenza, di armonia e di intesa. Comunque vorrei ricordare il detto: La parola dargento ma il silenzio doro. Gi Ovidio ci diceva che il silenzio un segno di forza.

Ogni comportamento ha una componente di contenuto e una di relazione, la seconda definisce la prima. Nessun tipo di interazione pu essere analizzata in maniera totalmente razionale, priva di emozioni e proprio le emozioni che sinstaurano definiscono il tipo di relazione. La comunicazione non verbale serve esprimere le emozioni. Se queste ultime fossero affidate esclusivamente al sistema linguistico, non vi sarebbe spazio per loro, poich anche lenunciato TI AMO pu significare lopposto se detto con un certo tono e accompagnato da certi gesti ed espressioni facciali. Sotto questo profilo le emozioni sono comunicate prevalentemente dalla CNV nel suo insieme, in fase sia di produzione sia di riconoscimento. La voce, la mimica facciale, lo sguardo, i gesti, la postura, la distanza fisica, ecc. convergono insieme per manifestare una data esperienza emotiva congiuntamente con gli aspetti linguistici in funzione di un determinato contesto di interazione.

Questo medesimo quadro di segni non verbali consente di operare le opportune differenze per procedere al riconoscimento e alla attribuzione di una certa emozione allinterlocutore. I sistemi non verbali di significazione e di segnalazione presentano un certo grado di universalit, in quanto i movimenti sottesi ai segni non verbali sono governati da strutture e meccanismi neurobiologici geneticamente definiti, ma anche un notevole grado di variabilit, dovuto alle differenze di cultura , di personalit e di contesto. Parimenti, per quanto concerne il controllo dei processi comunicativi, i sistemi non verbali possono variare da un grado assai ridotto di controllo a un grado elevato di volontariet. Nel primo caso la CNV corrisponde a una forma di esternalizzazione pi o meno automatica di quanto il soggetto prova dentro di s; possiamo pensare alle manifestazioni sostanzialmente involontarie e automatiche di trasalimento ( come, per esempio, nel caso di un forte rumore improvviso). In questo caso le espressioni non verbali sono simili alle interiezioni e alle escavazioni, intese come manifestazioni spontanee e naturali di ci che uno sente dentro di s. In altre circostanze le espressioni emotive sono soggette ad una importante controllo volontarie, come quando ci troviamo in situazioni ufficiali, formali e solenni e in presenza di interlocutori estranei. In questo caso i segni non verbali, al pari delle parole sono governati da una precisa regia comunicativa in funzione della propria intenzione e traguardo, per assicurare una certa immagine di s. Involontariet della comunicazione non verbale Una caratteristica della CNV il carattere solitamente involontario delle informazioni che gli interlocutori forniscono su se stessi. Se, ad esempio chiediamo ad un nostro amico di prestarci lauto e questo ci risponde che lo far, prestiamo ascolto solo alle parole dette. Non notiamo, se mentre asserisce scuote la testa (come ad indicare un no), abbassa inconsciamente il tono di voce, o tende ad allontanarsi da noi (quasi a prendere le distanze dellaffermazione). In questo esempio riscontriamo una serie di incongruenze tra comunicazione logica e inconscia, non dovremo meravigliarci se il nostro amico ci chiamer per dirci che a causa di un impegno imprevisto, non potr mantenere la parola data. I messaggi che passano attraverso la comunicazione non verbale possono essere decodificati inconsapevolmente poich spesso sono impressioni difficili da ricondurre a un elemento comunicativo specifico. Quante volte accaduto di incontrare qualcuno che, da un punto di vista logico ci ha fatto discorsi ineccepibili, seri e pieni di buone intenzioni ma, quando poi se ne andato, dentro di noi ci siamo detti: Questo non mi convince?. Eppure, ha fatto dei bei discorsi! La spiegazione semplice: il nostro inconscio decodifica i segnali non verbali del nostro interlocutore e filtra le incongruenze. I segnali sul piano della relazione e quelli sul piano del contenuto possono essere congruenti o incongruenti. Se il messaggio verbale e quello non verbale sono congruenti cio dicono la stessa cosa, allora la comunicazione analogica serve a sottolineare, ad evidenziare il messaggio stesso. In questo caso generalmente, noi abbiamo limpressione che la persona che parla sia sincera, creda alle cose che dice. In pratica la congruenza convince linterlocutore. E dimostrato che il destinatario ricorda per il 30/35% ci che vede; per il 10/20% ci che sente; per il 50% ci che vede e sente. Se invece il messaggio verbale, e quello non verbale sono incongruenti, allora chi ci ascolta, anche se spesso inconsapevolmente, si rende conto che qualcosa non va, non si convince di quanto stiamo dicendo. Ma non si pu limitare il nostro interesse alleffetto della comunicazione sul ricevente. Va osservato che anche il ricevente, con la sua reazione, influenza e modifica il comportamento dellemittente. E utile, a questo punto, introdurre il concetto di interazione.

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Si definisce interazione il processo per cui, in una relazione le persone si influenzano reciprocamente, con le rispettive comunicazioni ed i rispettivi comportamenti, in una serie di relazioni a catena senza fine. Infatti: tutto il comportamento comunicazione e tutta la comunicazione influenza il comportamento. Conoscere la CNV un ottimo sistema per decodificare la comunicazione del nostro interlocutore in tempo reale, saper se chi abbiamo di fronte gradisce o rifiuta i nostri argomenti. (il linguaggio della comunicazione di Vincenzo Fanelli) .

2.3. CODIFICA E DECODIFICA


Lindividuo il suo corpo, un essere parlante e, nominandosi, parla del suo corpo. Per contro il suo corpo parla di lui, a volte a sua insaputa.

Codifica linvio, consapevole o inconsapevole, di informazioni ad unaltra persona, attraverso i canali e i segnali corporei, la gestualit, la spazialit, linflessione della voce. Decodifica significa non solo vedere e percepire questi messaggi ma interpretarli, e questa operazione pu essere, in molti casi, non corretta. In questo processo si possono verificare diverse possibilit: I due interlocutori attribuiscono a un segnale non verbale lo stesso significato, ad esempio interpretano il sorriso e la vicinanza come un segnale di gradimento; Un ricevente B interpreta in modo sbagliato il comportamento dellemittente A e questo si pu verificare sia perch A stato unemittente inefficace sia perch B stato un ricevente inefficace o per tutti e due i motivi; Un individuo invia un messaggio ingannevole, che laltro non capace di cogliere o capire; Un emittente non ha intenzione di comunicare, ma il ricevente pu comunque decodificare i messaggi contenuti nel suo comportamento (es. uno sbadiglio in segno di noia o il rossore del volto per unemozione); Un emittente non intende comunicare e il ricevente interpreta in modo scorretto il suo comportamento, cio attribuisce a un segnale un significato largamente diffuso (es. lassenza di sorriso generalmente interpretata come un segno di dominanza, mentre distogliere lo sguardo significa menzogna). La capacit di codifica e decodifica dei segnali non verbali dipende quindi da molti fattori che sono riferibili alle caratteristiche individuali dei partecipanti allinterazione, a elementi della situazione e del contesto, ai differenti significati che a questi segnali si attribuiscono in culture diverse. Unabilit importante , che gli individui possiedono nella codifica dei segnali non verbali, la capacit di regolare lintensit e il tipo di segnali da utilizzare in rapporto alla situazione, alle norme sociali e culturali e ai soggetti coinvolti nellinterazione. Ad esempio, normalmente si ritiene non opportuno luso di alcuni atteggiamenti durante le prime fasi di un rapporto: presentarsi infatti a una persona che non conosciamo utilizzando un comportamento troppo espansivo e

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confidenziale pu provocare una reazione di fastidio e allontanamento, opposta cio a quella che si desiderava ottenere. Elemento chiave nei processi di codifica e decodifica della CNV linformazione retroattiva o di feedback, che viaggia tra gli interlocutori. Questi segnali forniscono importanti informazioni sulla percezione degli interlocutori e esercitano una grande influenza sullinterazione tra gli individui. Gli atti analogici pi significativi esprimenti gradimento consentono allinterlocutore laccesso alla sua emotivit, come se intendesse dire: vai avanti cos che vai bene. I segnali di gradimento: Bacio analogico Pressione della lingua nella zona maxillo-facciale Accarezzamento delle labbra Linguino Mordicchiamento interno delle labbra o della lingua Suzioni di uno o pi dita Suzione di un oggetto Accarezzamento dei capelli Variazione posturale in avanti del corpo o del tronco (se seduti) Spostamento di oggetti verso il proprio corpo Toccare con la mano linterlocutore (o comunque promuovere un contatto amichevole) Inserirsi un dito nel orecchio ed effettuare un lieve massaggio Soggetto femminile, da seduto, che solleva di qualche cm la gonna Allargare braccia e gambe Quando linterlocutore esprime un atto analogico di rifiuto, sar cura delloperatore escludere il tipo di argomento, il segno o la parola che sono stati causa del rifiuto. I segnali di rifiuto: Sfregamento della punta del naso con il dito indice della mano, con un movimento in orizzontale, ripetuto pi volte, da sinistra a destra o viceversa Sfregamento della punta del naso con il dito indice della mano, con un movimento in verticale, ripetuto pi volte, dal basso verso lalto Variazione posturale indietro del corpo o del tronco (se seduti) Spostamento del capo indietro Allontanamento di oggetti dal proprio corpo

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Atto di spolverare o spazzare via Riassettarsi, pulirsi spolverarsi Raschiamento Braccia conserte e gambe accavallate Mani sui fianchi Nelle relazioni sociali le persone praticano continuamente, con consapevolezza o meno, esercizi di interpretazione su ciascun elemento della comunicazione non verbale. Gi a partire dallinfanzia, ciascuno abituato a leggere nellatteggiamento degli altri predisposizioni, interessi, minacce, affetto, menzogne ( ad esempio nei gesti di chiusura o apertura del corpo). Ci sono alcune discipline come la cinesica, la prossemica, la fisiognomica e la cronemica che hanno elaborato dei sistemi di interpretazione basati essenzialmente su questi elementi. La CINESICA lo studio dei gesti, del loro aspetto comunicativo e significativo, e si concentra sul contatto fisico tra gli interlocutori, la loro vicinanza, le posture, i movimenti del capo, le espressioni del volto, lo sguardo e tutti quegli aspetti non verbali che compaiono in una situazione di conversazione o di relazione tra le persone. Gli studiosi Paul Ekman e Walther Friesen hanno elaborato una classificazione molto importante per interpretare la comunicazione non verbale e in particolare una griglia che individua le caratteristiche dei gesti allinterno di una situazione comunicativa. Ad esempio, ci sono gli emblemi( i gesti intenzionali codificati attraverso significati specifici che possono essere tradotti con il linguaggio, come lALT dei vigili), i gesti illustratori (si suddividono in bacchette,ideografici, deittici, spaziali, cinetografici, pictografici), i movimenti regolatori (che regolano appunto gli interventi in una conversazione, come ad esempio il turno di parola), gli indicatori dello stato affettivo (gesti nervosi ecc.), gli adattatori (i movimenti che regolano la posizione del corpo rispetto agli altri o agli oggetti). Quindi, come abbiamo detto il sistema CINESICO lintera gamma dei movimenti del corpo: a) Espressioni facciali Sono sempre state viste come le espressioni dei sentimenti, tuttavia da ricordare che esistono anche le espressioni false;

b) Postura del corpo Segnala spesso il coinvolgimento nella conversazione, ma questo dipende molto anche dal contesto in cui ci si trova; c) Gestualit delle mani Accompagna frequentemente il normale linguaggio verbale, ma possiede anche un proprio codice, come dimostra il fatto che si gesticola anche quando si soli (al telefono per esempio). Risente comunque molto della cultura di appartenenza. A proposito del sistema cinesico vorrei ricordare IL LINGUAGGIO DEI SEGNI. E il sistema dei segni impiegato dai sordomuti e ha le propriet del linguaggio vero e proprio in termini di arbitrariet nella relazione fra segno e referente. Sono gesti pienamente convenzionali allinterno della

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comunit dei partecipanti, sono caratterizzati dalla segmentazione e dallanaliticit sul piano semiotico. Oltre allAmerican Sign Language (ASL). Lidioma de Senas (Nicaraguan Sign Language NSL) diventato oggetto di studio in tempi recenti. E interessante osservare che ogni linguaggio presenta dei segni presenta variazioni dialettali anche in funzione della comunit locale. Anche la PROSSEMICA ha una certa rilevanza nello studio della comunicazione non verbale, poich studia lorganizzazione delle distanze tra le persone. Tutti noi intorno al nostro corpo abbiamo uno spazio, una distanza che ci avvolge, ci separa e ci protegge dal resto del mondo. Lo spazio che sussiste tra noi e gli altri non neutro, se infatti una persona si avvicina troppo a noi, cominciamo a sperimentare particolari stati psico-fisici o variazioni emotive come ad esempio fastidio o imbarazzo e reagiamo di conseguenza, ripristinando le giuste distanze. Lo spazio che ci separa dagli altri e uno spazio mentale che esiste nella nostra mappa del mondo ed chiamato spazio prossemica, perch si sviluppa tutto intorno a noi. La distanza tra noi e gli altri importante e queste distanza sono diverse da persona a persona. Con i nostri amici le distanze sono ridotte, con il nostro partner si riducono fino al contatto fisico, con gli estranei, sono molto grandi. Possiamo facilmente verificare quindi come le distanze e le relazioni siano diverse quando ci facciamo avvicinare o ci avviciniamo ad un uomo o ad una donna, conoscente,estraneo, amico partner ed ancora da davanti di lato o da dietro. E molto interessante rendersi conto che un istante prima di avvertire consapevolmente variazioni emotive, alle variazioni di distanza, in noi o negli altri, per le invasioni o abbandoni dello spazio prossemica, il nostro corpo e/o quello degli altri, le comunica attraverso modificazioni non-verbali, come irrigidimenti muscolari, modificazioni di postura, variazione della respirazione e altre.

La regia delle oscillazioni tra affinazione/vicinanza e riservatezza/distanza mediata attraverso la gestione della propria TERRITORIALITA. Il territorio unarea geografica che assume risvolti e significati psicologici nel corso degli scambi di comunicazione. Occorre distinguere fra territorio pubblico e territorio domestico. Il primo il territorio dove gli individui hanno la libert di accesso, ma regolato da norme e vincoli ufficiali e convenzionali. La loro trasgressione sanzionata. Nel territorio pubblico una certa porzione di spazio marcata a livello di comunicazione non verbale come propria attraverso segnali e indicatori (come oggetti) e pu essere rivendicata come appartenente a s in quella data circostanza. Il territorio domestico il territorio in cui lindividuo sente di avere libert di movimento in maniera regolare e abituale. In esso prova un senso di agio e ne possiede il controllo; pu essere la propria casa, lufficio o il club degli amici. Di norma, il territorio domestico nettamente distinto da quello pubblico attraverso precisi confini sia fisici (per esempio, la porta di casa), sia legali (per esempio, la propriet privata), sia psicologici (per esempio, le reazioni a una invasione di tale territorio). Inoltre la gestione di tale territorio personale concerne anche la regolazione della DISTANZA

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PERSONALE che rappresenta un buon indicatore della distanza comunicativa fra le persone. A questo proposito si soliti distinguere diversi tipi di distanza. Zona Intima (0 45o 50 cm) la distanza delle relazioni intime: ci si pu toccare, sentire lodore del partner, avvertire lintensit delle sue reazioni, il calore, parlare sottovoce. Zona Personale (50 100 o 120 cm) larea invisibile che circonda in maniera costante il nostro corpo, una sorta di bolla spaziale personale che ci accompagna in continuazione e la cui distanza varia da interazione a interazione: possibile toccare laltro, vederlo in modo distinto, ma non sentire lodore. Zona Sociale (120 360 cm) la distanza per le interazioni meno personali, il territorio in cui lindividuo sente di avere libert di movimento in maniera regolare e abituale: in esso prova un senso di agio e ne possiede il controllo, relazioni formali, contatto visivo e uditivo. Zona Pubblica (oltre i 360 cm) la distanza tenuta in situazioni pubbliche ufficiali che comporta una enfatizzazione dei movimenti e una intensit elevata della voce. Principalmente contatto visivo.

La regolazione dello spazio assume, pertanto, importanti significati a livello comunicativo, in quanto pu favorire i processi di intimit, di dominanza, di manipolazione del partner per metterlo a suo agio o a disagio. In generale, vige il principio secondo cui tanto pi spazio uno ha a propria disposizione, tanto pi gode di una posizione sociale elevata. Tale principio non vale soltanto per le abitazioni private ma soprattutto per gli uffici nelle aziende (private o pubbliche) dove il confronto sociale assai forte. Allopposto, la violazione del proprio spazio suscita consistenti reazioni di difesa, in quanto essa percepita come una forma di invasione, nonch come una minaccia. Esistono altres, rilevanti differenze culturali nella prossemica. Alcune popolazioni come quelle europee settentrionali, quelle asiatiche e indiane sono caratterizzate da una cultura della distanza: in esse la distanza interpersonale grande, mantengono unangolazione obliqua e ogni riduzione spaziale percepita come invasione. Per contro, altre popolazioni, come quelle arabe, quelle sudamericane e latine sono caratterizzate da una cultura della vicinanza, poich in esse la distanza interpersonale ridotta, mantengono unangolazione diretta e la distanza valutata come freddezza e ostilit. Parimenti nelle culture occidentali lo spazio pubblico diventa

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personaleuna volta che sia occupato da un certo soggetto che ne pu rivendicare il processo (come questo posto mio), mentre nelle culture arabe lo spazio pubblico continua a rimanere pubblico, in ogni condizione. Per contro, in queste ultime culture, un individuo ha il diritto di impossessarsi di una determinata traiettoria di movimento e di pretendere la precedenza nei confronti di altri; mentre in occidente la traiettoria dei movimenti spesso oggetto di negoziazione ed , di norma, governata da regole precise (come il codice stradale). LA FISIOGNOMICA un campo di studi interessato pi al volto che alla gestualit, essa pu essere rilevante ai fini della comunicazione non verbale perch elementi quali let, la razza, il tipo fisico i lineamenti del volto influenzano fortemente le relazioni interpersonali. E comunque necessario conoscere i codici di una cultura o di un ambiente specifico per comprendere i segni della comunicazione non-verbale: i gesti, i toni della voce, le posture possono veicolare significati anche molto differenti secondo il contesto in cui sono inseriti. LA CRONEMICA concerne il modo con cui gli individui percepiscono e usano il tempo per organizzare le loro attivit e per scandire la propria esperienza. Come area di ricerca sulla CNV ancora agli inizi, ma il tempo una variabile basilare per la comunicazione. Ogni soggetto portatore, spesso inconsapevole, di uno specifico ritmo personale che da per scontato sia eguale a quello degli altri di norma, le cose non avvengono in questo modo, e la comunicazione con soggetti che hanno ritmi biologici e psicologici differenti pu generare distonie, sfasamenti e condizioni di disagio. Per esempio, nelle culture veloci i turni di parola nella conversazione sono rapidi, efficienti, con pause limitate. Per contro nelle culture lente le persone trovano offensivo affrettare la conversazione, e fra uno scambio e laltro amano rispettare lunghe pause e silenzi di meditazione. Ma anche allinterno della medesima cultura individui diversi hanno ritmi circadiani differenti, dal ciclo-sonno veglia alla velocit nella assunzione del cibo, nel camminare nel leggere nel parlare ecc. Tale condizione alla base di incomprensioni, di frustrazioni e di delusioni reciproche, nonch di fraintendimenti comunicativi. La cronemica indica la presenza di tempi e di ritmi diversi nelle interazioni comunicativa. Non soltanto vi lesistenza della sintonia semantica per generare un atto comunicativo coerente e unitario, ma vi altres la necessit della sincronia comunicativa come capacit di sintonizzare il flusso comunicativo al fine di ottenere una sequenza regolare e fluida di scambi. Si tratta di processi fondamentali, fra laltro, per generare attrazione ed interesse, per creare armonia reciproca, nonch per stabilire una interazione globalmente soddisfacente.

2.4. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE


E bellissimo quando le persone che hanno punti di vista divergenti si incontrano per sottolineare non le proprie differenze, ma le proprie affinit. (Paramahansa Yogananda)

La CNV parte integrante della comunicazione in quanto partecipa ha pieno titolo alla costruzione e trasmissione dei significati allinterno di una articolazione complessa e sinergica. La CNV assume un valore specifico nel mantenimento e nel cambiamento delle relazioni, in quanto,

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pi del linguistico, coinvolge gli aspetti affettivi ed emotivi tale rilevanza comporta importanti implicazioni nei vari settori dellesistenza umana (dallintimit della famiglia ai contesti pubblici del lavoro, alla gestione della politica al tempo libero al campo delle cure mediche e psicologiche, ai contesti giuridici ecc..).

2.5. BIBLIOGRAFIA
PSICOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE A CURA DI LUIGI ANOLLI, IL MULINO-STRUMENTI LA COMUNICAZIONE NON VERBALE - LILIANA PAOLA PACIFICO, XENIA EDIZIONI SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE L.PACCAGNELLA, IL MULINO BOLOGNA 2004 LA COMUNICAZIONE NON VERBALE - BONAIUTO& MARICCHIOLO (2003), ROMA- CAROCCI THE NONVERBAL DICTIONARY OF GESTURES, SIGN& BODY LANGUAGE CUES. GIVENS, DAVID B. (2002) SPOKANE, WASHINGTON. CENTER FOR NONVERBAL STUDIES PRESS HTTP:/MEMBERS.AOL.COM/NONVERBAL2/DICTION1.HTM LA DIMENSIONE NASCOSTA HALL, EDWARD T. (1991)- MILANO BOMPIANI IL LINGUAGGIO SILENZIONSO - HALL, EDWARD T. (1972)- MILANO GARZANTI COMPORTAMENTO NON VERBALE E COMUNICAZIONE RICCI BITTI&CORTESI (1977) BOLOGNA IL MULINO

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3. Il Sorriso, il Silenzio e Il Saluto nelle differenti culture


When in Rome, do as the Romans do

3.1. Introduzione
Il Linguaggio Non Verbale (LNV) un importante -e spesso determinante- fattore nellefficacia o meno della comunicazione nelle relazioni umane. Nei capitoli precedenti stato sottolineato il fatto che la congruenza tra le informazioni orali e il LNV decisiva affinch la comunicazione sia effettiva. Ci particolarmente vero quanto la comunicazione avviene tra soggetti appartenenti a diverse culture in quanto il LNV, come vedremo, solo in parte comune e universale a tutti gli esseri umani potendo in gran parte differire per ragioni culturali, esattamente come le espressioni musicali, le sintassi linguistiche e labbigliamento. Se si escludono infatti alcuni sentimenti protopatici quali il disgusto, lira, la paura, la tristezza e il sorriso che rispondono a circuiti neurali e a gruppi di muscoli mimici ben definiti e comuni a tutti, il complesso dei gesti, posture e segni in gran parte dovuto allapprendimento e quindi al contesto socio-culturale e linguistico.

3.2. LNV comune in tutto il mondo


Provare DISGUSTO comporta il raggrinzimento della pelle del naso e lelevazione del labbro da entrambi i lati. Si tratta, come gi detto, di una reazione sostenuta da un pacchetto di centri nervosi comune a tutti, sebbene le cose che provocano davvero disgusto possono cambiare a seconda dei contesti culturali. La faccia che noi facciamo quando siamo in preda allIRA o alla TRISTEZZA o alla PAURA o al SORRISO anche universale sebbene, anche in questi casi, ci che provoca tali sentimenti pu cambiare a seconda dellambiente culturale, sesso, et e religione.

3.3. Il Sorriso il Silenzio e il Saluto


Rappresentano espressioni non verbali fondamentali nelle relazioni umane. Dallo studio di ognuna di tali espressioni , in teoria, possibile ricostruire lidentikit delle varie culture esistenti nel mondo. In questo capitolo ci si limiter ad offrire un sommario di argomenti che mirano appunto ad evidenziare la complessit degli argomenti stessi e la loro centralit nel rapporto empatico (sorriso) e linguistico-paraverbale (il silenzio e il saluto).

3.4. IL SORRISO
E il SORRISO che il principe della CNV in tutto il mondo. Secondo Roger G. Axtell, il sorridere ("ultimate gesture") un messaggio universale che rispecchia in chi lo riceve unattitudine alla benevolenza e buona disposizione. Secondo il lemma di Wikipedia il sorriso si presenta spontaneamente in tutti i bambini, non viene dunque appreso per imitazione. Secondo la neurofisiologia il discorso pi articolato: esso nasce come reazione fisiologica per poi diventare una espressione con intenti comunicativi. In questo senso il sorriso pu essere

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considerato un comportamento tipico e distintivo della specie umana nei confronti delle altre specie animali. Secondo la Neuro-psicologia Infantile, nei neonati, quello che sembra un sorriso un semplice stiramento delle labbra. Esso si osserva soprattutto durante il sonno, ed la conseguenza di stimoli dell'attivit del sistema nervoso, o da stimoli rumorosi esterni, ad esempio la voce di una persona. Verso la quinta settimana di vita del bambino, il sorriso viene provocato alla visione di un volto umano, ancora non ben definito, e quindi ancora non riconosciuto dal bambino. Questo viene considerato il primo sorriso sociale. Allo stiramento della labbra si aggiunge lo strizzamento degli occhi. Dal quarto mese, il sorriso acquista un'ulteriore maturazione, diventando non pi una reazione ad uno stimolo, ma una vera e propria espressione dell'individuo. Durante la conoscenza dell'ambiente e il riconoscimento degli oggetti, del proprio corpo e delle altre persone, il bambino utilizza sempre pi il sorriso come linguaggio, rivolgendosi prima agli oggetti che ha intorno, come ad esempio le proprie mani, e poi alle altre persone, diventando a tutti gli effetti uno dei primi strumenti comunicativi. Anche l'espressione in s ormai non coinvolge pi solo la bocca ma tutto il volto. Dopo i sei mesi, il sorriso diventa definitivamente una forma di socializzazione. Una nota antropologica per necessaria per chiarire il carattere innato del sorriso. Si tratta della stessa nota che viene proposta da vari autori che studiano lEpigenetica e che ritengono che anche il sorriso risenta delleducazione e del contesto culturale. In effetti non si pu negare che mentre in Europa o negli Stati Uniti pressoch automatico sorridere quando si salutano gli altri, in in Corea sorridere mentre si saluta unaltra persona pu apparire sconveniente in quanto per il coreano, un sorriso di solito indica imbarazzo, e non il piacere. Pur con tale annotazione si pu affermare che raramente il sorriso incomprensibile. Secondo ormai consolidate acquisizioni neurobiochimiche sorridere rilascia a livello del Sistema Nervoso Centrale alcuni mediatori biochimici del benessere comunemente classificati nel gruppo delle Endorfine, attivatori di uno stato di lieve euforia. Tale meccanismo metabolico sarebbe filogeneticamente antichissimo e viene attivato dai neuroni specchio la cui esistenza e prima mappatura stata evidenziata da ricercatori italiani (Universit di Parma). Insomma il sorriso per Roger G. Axtel il vero gigante nel repertorio del linguaggio non verbale e una verit traducibile in tutte le lingue: sorridere fa bene a chi sorride e a chi il sorriso lo riceve. Viene escluso da queste considerazioni il sorriso falso o sardonico o sarcastico o beffardo, facilmente riconoscibile per le circostanze e il contesto relazionale in cui nasce. Aztell raccomanda il sorriso a tutti i businnessmen come la modalit principe per iniziare e conservare buone relazioni in giro per il mondo. Sorridi

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liberamente e spesso! Ripete spesso in uno dei suoi libri pi famosi (Axtell, Roger - Gestures: The Do's and Taboos).

3.5. IL SILENZIO
Si pu tacere senza dare il silenzio come spiegazione P. Panella - L. Battisti

Un silenzio eloquente! E questa la definizione che si da in italiano dei silenzi carichi di significato. Si tratta di una definizione che riconosce esplicitamente il silenzio come espressione e, dunque, comunicazione. Il tema del silenzio presente nella nostra cultura gi dai tempi di Platone ed ancora oggi una questione epistemologica complessa e, si potrebbe dire, quasi misteriosa, spaziando dallacustica allastrofisica, alla psicologia, alla musica, alla linguistica. E noto a tutti che il silenzio sempre presente nella comunicazione e che i suoi effetti possono essere altrettanto potenti che una parola effettivamente pronunciata. Che si tratti del silenzio del cliente o di quello del counselor, di un silenzio cronico o effimero, di resistenza o di apertura all'inconscio, esso costituisce un fatto analitico di primaria importanza nello svolgimento del colloquio. Tra gli isolotti che si possono visitare nel vasto arcipelago delle tematiche della comunicazione si pu avere il piacere di incontrare una citazione delletnopsichiatra John Nane che illumina laspetto psicoanalitico del silenzio: Tacere, quando occorre, significa riconoscere che l'inconscio innanzitutto un discorso senza parole. Una sintesi superdensa di un secolo di psicoanalisi! Come dire che il saper non dire nulla quando l'occasione lo richiede, in definitiva un modo di mostrare il silenzio della psiche e non interferire nellideazione-espressione dellinterlocutore. Marcela Danon psicologa ed esperta di eco-psicologia offre una classificazione dei silenzi in ambito relazionale. E sempre esercizio rischioso operare delle classificazioni, soprattutto in campo neuro-psichiatrico perch tendono a misconoscere tutto ci che non ingabbiabile in un prestabilito contenitore di significati, in altre parole a subordinare il fenomeno biologico concreto alla sua formulazione astratta; e tuttavia un esercizio a cui non si rinuncia quando si vuol dare uno sguardo dinsieme al campo dindagine. Secondo la classificazione della Danon esistono fondamentalmente tre tipi di silenzio, da trattare diversamente: 1) Silenzio riflessivo, tipico di chi sta rielaborando le informazioni ricevute e vuole pensare prima di dare una risposta. Il silenzio riflessivo, denota generalmente una personalit profonda e matura e devessere sempre rispettato. Assolutamente vietato interrompere questa pausa di riflessione con domande petulanti tipo Allora cosa ne pensi? ,Allora quando mi rispondi?. 2) Silenzio comunicativo: stato di grazia che interviene tra due persone (tra pi di due sembra davvero difficile) che senza scambiarsi una parola sono in perfetta armonia e comunicano tramite sensazioni ed emozioni. Chi interrompe questo momento magico con una frase buttata l tanto per dire meriterebbe la gogna, specialmente nella relazione daiuto. 3) Silenzio imbarazzato: esiste ovviamente anche questo, quando fra due interlocutori cala il gelo oppure non c proprio pi nulla da dire. Strategie suggerite dallautrice: Riformulazione, ossia agganciarsi allultima frase o parola densa di significato pronunciata dal nostro interlocutore prima di chiudersi nel mutismo e provare cos a riaprire la conversazione; oppure Metacomunicazione: Ne vuoi riparlare? C qualcosa che ho detto che ti ha offeso? ecc. Al secondo tentativo a vuoto, rinunciare. Assumendo che tra le tre forme del silenzio appena descritte esistano commistioni e sovrapposizioni, diventa importante la creativit del counselor nel saper interpretare ed usare egli

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stesso con arte lesperienza allenata (trained experience) del silenzio, conscio che il silenzio, cosi come la parola, parte integrante di quello scambio "verbale" che si crea nel setting del counseling e che varie piste o tracce diverse fra loro possono essere percorse. C anche una storia sul significato del silenzio. Inizialmente la psicoanalisi considerava il silenzio come il rifiuto della regola del parlare, successivamente sono stati attribuiti significati diversi. Alcuni autori (tra i quali la Danon) si soffermano sulla funzione d'insight e riflessione del silenzio. Altri usano il silenzio con lintenzione di creare unatmosfera calda e d'ascolto che faciliti l'alleanza tra cliente e counselor. Altre tesi si soffermano sul significato di opposizione/resistenza al colloquio stesso: per qualche ragione il cliente non vuole partecipare al colloquio, assume quindi atteggiamenti difensivi per non farsi coinvolgere ulteriormente nella conversazione. Interessante poi la funzione di vuoto del silenzio, in questo caso il silenzio che si crea all'interno del colloquio legato ad un fase momentanea in cui cliente e counselor non sanno cosa dire, ma pu anche mascherare una mancanza di concentrazione e distrazione. Secondo Danon ' importante che il counselor individui quelli che possono essere i benefici del silenzio, non quando il silenzio vuoto bens quando pieno, quest'ultimo infatti serve ad entrambi sia per riflettere, sia per facilitare la comunicazione.Infine, il 4) Silenzio Meditativo, il colloquio interiore tra il dentro e il fuori di noi. Unesperienza fondamentale nelleducazione dei sentimenti. E possibile gustarlo da soli o in compagnia di unaltra persona amata o amica, meglio fuori citt, andando con passi tardi e lenti mentre si ascoltano gli augelli cantar e muggire gli armenti. Il silenzio si assapora liberando la mente da tutto ci che non qui ed ora, spegnendo i cellulari e possibilmente anche il cervello che rimugina pensieri e problemi, lasciando a casa amici e parenti logorroici e passeggiare in un prato o in un bosco osservando con occhi incantati i magnifici colori delle stagioni e ascoltando gli ineffabili suoni della natura tutti accordati sul giro armonico del Silenzio.

3.6. Il Silenzio diverso nelle diverse lingue


Nella comunicazione il silenzio un fattore interattivo non facilmente leggibile come la parola o come la gestualit, ma rinvia ad una dimensione pi criptica del senso da attribuirle, proprio perch non esplicito o chiaramente rilevatore di contenuti, e quindi soggetto allinterpretazione. Si immagini la scena di due persone, sedute su una panchina, che dal silenzio passano al verbale in questo modo: - perch taci? - Io? Sei tu che taci! - Non vero, sto parlando io per primo! - Si, ma avevo parlato io per ultimo! Tale scambio di battute pu avere un contenuto umoristico ma anche rappresentare lesordio di un litigio, inoltre tradotte o meglio convertite in un qualsiasi dialetto italiano avrebbero un altro colore e forse aggiungerebbero nuove sfumature prima assenti. Una terza persona, magari di unaltra regione e non interessata alle ragioni dei due dialoganti forse coglierebbe solo laspetto linguistico delle battute. In realt Il silenzio pu essere una pausa condivisa ma anche non condivisa e dunque conflittiva in potenza o in atto, oppure indifferente, inavvertita, apprensiva, difensiva, offensiva, variabile a seconda delle circostanze e del contesto relazionale. In altre parole linterpretazione del silenzio risente molto del CONTESTO CULTURALE in cui viene prodotta ed in cui acquisisce possibili significati desumibili oltre che dalle regole comunicative di ciascun contesto, anche e soprattutto da fattori antropologici e pi generalmente culturali. Esiste, ed pi facilmente rilevabile, uno scarto maggiore di significazione rispetto al silenzio tra sistemi

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culturali differenti come quelli tra citt e campagna, Nord e Sud e, in maniera ancora pi eclatante, tra mondo occidentale ed orientale. La stessa immagine del silenzio varia, insomma, da cultura a cultura, da popolo a popolo. Da un punto di vista sociologico, la cultura occidentale, e la societ che questa ha prodotto nel corso del tempo, non abituata al silenzio. Da un lato, liperproduzione tecnologica ha determinato un aumento parossistico del rumore che ha contribuito ad accrescere linquinamento acustico a cui soggetto luomo occidentale; dallaltro, in una prospettiva di massificazione della quotidianit e della socialit, si strutturato uno stile di vita caotico, frenetico, costantemente immerso nellorgia di relazioni cinesteico-comunicative a cui ha fatto eco la ricerca soggettiva dellesperienza forte e veloce, dai contenuti eccitanti, in cui tutto da fare subito e nella confusione, quasi che ogni gesto fosse solo da consumare e non da vivere la parola stessa, strumento di comunicazione e di relazione, diventato sottofondo rumoroso di una socialit in cui si parla molto e si comunica poco (Pacifico, 1984). Tipico della moderna cultura occidentale che quando due o pi persone che si conoscono stanno insieme ed interagiscano, sia dobbligo il parlare, anche se non se ne sente la necessit o il desiderio. Ci si sforza di avviare conversazioni, di raccontare barzellette (magari le stesse che vediamo e sentiamo tutti I giorni in TV),di ricordare episodi del passato, sentenziare o altro ancora, pur di non affrontare quel momento tanto temuto che il silenzio; lo stare in gruppo senza parlare culturalmente ammesso soltanto quando le persone fanno qualcosa e quando ci sono situazioni luttuose o terribilmente dolorose. La fobia di dover parlare a tutti i costi quando si sta insieme a tal punto radicata da far rinunciare a talune persone di incontrarsi con altre perch non si hanno argomenti di conversazione o cose da riportare, nellansia di esser rifiutati o percepiti come incapaci di comunicare. Nella cultura occidentale il silenzio assenza, e non presenza: quasi una fuga dal reale, dal contingente, dal sociale. Il non parlare pu esser valutato negativamente come un non saper che dire, e quindi creare imbarazzo; o pu esser letto come volont di non voler dire, e quindi procura ansia dinterpretazione; oppure, ancora, pu esser visto come segno di conflittualit non dichiarata, implicita, sommersa Ci che del silenzio, per, nel vivere quotidiano inquieta maggiormente lincapacit, tutta occidentale, di considerarlo una forma di comunicazione positiva (Pacifico, 1984). H. Marcuse scriveva, gi mezzo secolo fa, che lOccidente ha il vizio di considerare lindividuo come valore assoluto, ma poco differenziato dalla collettivit, come se andasse bene esserci per gli altri e che lesserci anche solo per se stessi, quindi non sempre connessi al circuito sociale fatto di interazioni verbali e di relazioni pragmatiche, fosse un atto di differenziazione eccessivamente pericoloso per il vivere comunitario. Forse, allora, la paura del silenzio paura di mettere dei confini tra S e lAltro (Danon) e, anche, timore di non essere compresi e rifiutati nel momento in cui ci si rende altri. Il silenzio sembra quindi isolare, sconnettere, mal disporre, indispettire, infastidire. Ma stare in silenzio anche ascoltare gli altri, ed questa una capacit che la civilt occidentale progredita ha perso da tempo. Nella societ consumista e tecnologica, il silenzio diventa un vuoto da colmare, ma non da rendere funzionale o da riutilizzare. Si immagini adesso il seguente dialogo, sempre tra le due persone sulla panchina: perch taci? Io non taccio, penso! E tu perch parli? Io non parlo, agisco!

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A parte la quasi impossibilit di tradurre esattamente il dialogo anche solo in un qualche dialetto italiano senza dover immettere qualche lemma o parola colorita che comunque modifica in qualche misura (nei non testimoni soprattutto!) linterpretazione di quanto dicono le due persone, sempre sulla panchina, si immagini la imprevedibile variabilit di significati che potrebbe avere la traduzione e soprattutto linterpretazione in Cinese o Vietnamita da un punto di vista dellantropologia culturale. In Oriente, ma anche nelle culture ad altro livello di sviluppo e di industrializzazione, in cui il tessuto sociale meno disgregato e le tradizioni storico-religiose rivestono ancora unimportanza vitale rispetto al senso di appartenenza dei singoli alla collettivit, si utilizza molto il linguaggio non verbale, in genere, e possiedono un margine pi ampio e positivo di significati da attribuire al silenzio in particolare. Nella maggior parte delle societ cosiddette tradizionali, la funzione del silenzio altamente considerata, sia come parte del rito che precede avvenimenti particolarmente solenni, sia come momento di riflessione, ponderatezza e saggezza nella vita (Devi, Valle, 2003). Presso alcune popolazioni africane, come quelle Saharawi o quelle CentroAfricane, il silenzio parte integrante sia della vita quotidiana sia della prassi comunicativa interattiva (Chatwin, 1981). Lassenza di comunicazione verbale non imbarazza, ma al contrario completa linterazione tra le persone a tal punto che, in quanto pausa nella comunicazione, lo spazio silenzioso destinato alla riflessione e allelaborazione dei contenuti trasmessi dal linguaggio verbale. In Oriente il silenzio addirittura al centro di feste religiose, allinterno delle quali viene celebrata lassenza di parola come elemento fondamentale della meditazione; la medesima funzione viene riconosciuta al silenzio dalla dottrina ind praticata in India, dove gli insegnamenti e le iniziazioni sono conferite attraverso leliminazione della parola e la meditazione silenziosa . In Africa, ma anche nella ex-Urss, nei Balcani e nei Paesi dellEst, il silenzio una forma di protezione, un emblema si intimit che, seppur funzionalmente al limite con i meccanismi di difesa, potrebbe sembrare solo patologico, ma in realt anche culturale, essendo radicato in un codice espressivo personale che viene veicolato attraverso la comunicazione ma che non si risolve in essa. Il silenzio , infatti, per queste culture, interazione di per s, fattore che connette gli individui in una dimensione a-problematica dello scambio comunicativo in cui il silenzio visto come uno dei tanti modi per dire di s senza parlare, e non per questo imbarazza o maldispone. Anzi. la base su cui innestare la conoscenza attraverso lespressivit fisica, il linguaggio del corpo, la fisionomica. Lo stesso meccanismo comunicativo dovuto ad un medesimo substrato culturale anche nei Paesi Arabi, dove il silenzio come dono consente di riscoprire, nella relazione interattiva, forme altre di scambio di informazioni che utilizzano la metafora del donare il silenzio come gioco e curiosit, come grimaldello per sollecitare la conoscenza e per farsi esso stesso modus manifestandi (Chatwin).

3.6. IL SALUTO
Il solo saluto consentito nei paesi islamici Assalamu-Allaikum Warahmatullahi Wabarakaatuhu, La pace sia conte con la misericordia di Allah e le sue benedizioni. Non si pu rispondere ad un saluto formulato in maniera diversa da quanto raccomandato dal Profeta. Ayaan Hirsi Ali, Infidel Al magnifico Signore, allaurea luce delle sette arti liberali, corona radiosa dei teologi, eterna luce della religione, Espero dellordine dei Domenicani, tesoro del vecchio e del nuovo Testamento, fustigatore degli eretici, chiarissimo specchio di ogni eroica virt al mobilissimo padrone, al Signor

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maestro, bacia i piedi in segno di saluto, il pi infimo discepolo e umilissimo servitore della Sua Maest! Erasmo da Rotterdam

A Fr, li m..acci tua, gran fijo de na mtta,, me venisse n colpo! Saluto affettuoso fra amici nelle borgate romane (cfr. cinema del neorealismo italiano e, in decadi pi recenti, del cosiddetto cinema natalizio o da cassetta)

Il Saluto generalmente espresso in forma verbale ma sempre accompagnato, in tutte le culture da espressioni non verbali legate ad altri elementi quali il contesto, la gestualit, la postura, labbigliamento, ecc. Certamente rimangono nel verbale le differenze tra il tu e il lei, le possibilit espressive offerte dal tono della voce e dal lessico ma il LNV, pi o meno codificato, che illustra meglio i ruoli e le funzioni di chi saluta o risponde al saluto. Secondo Norbert Elias, che si tratti di espressioni verbali o non verbali sembra valere la regola che una societ che possiede unalta formalit tra persone di rango sociale diverso, allo stesso tempo accetti una informalit pi alta tra quelli che appartengono allo stesso gruppo sociale. E significativo a questo proposito un aneddoto che riguarda protagonisti della corte reale di Francia intorno al 1700. La principessa Liselotte racconta in una lettera come avrebbe divertito la corte organizzando insieme al suo illustre consorte, il principe di Orleans, al figlio, il duca di Borgogna, e sua moglie, figlia del Re sole, una gara di scoregge. E molto improbabile che oggi, se ad un gruppo di amici venisse in mente di fare un cosa del genere durante una festa, gli altri ospiti avrebbero reazioni diverse da un profondo imbarazzo Anche in versione dialettale ormai La licenza al gioco, al comportamento infantile, pare dunque, sia stata pi grande in quei tempi ormai lontani, quando nei rapporti tra i ceti diversi si seguiva una pi estesa e rigida formalit. La riduzione delle formailt, daltro canto, ha portato luomo borghese ad interiorizzare una maggiore quantit di tab soprattutto rispetto al proprio corpo. Le formalit che prima conoscevano una pi ampia regolarizzazione pubblica e, in compenso, concedevano pi libert tra uguali, intra nos, oggi sono senza dubbio inferiori rispetto alla loro quantit, ma sono diventate un compito dellindividuo che, in compenso, non trova pi nessun ambiente in cui le norme inespresse di quello che si fa e quello che non si fa, siano veramente sospese. Non possono esserlo, visto che sono diventate regole non semplicemente pubbliche e esterne, ma private ed interne anche nei luoghi pubblici (Elias). Il saluto verbale pu essere accompagnato da un gesto, ma il gesto in se che ha conquistato un ruolo fondamentale anche nel salutare a distanza, per esempio davanti a un auditorium, dove impossibile salutare ciascuno dei presenti, oppure negli incontri in strada quando non prevista una sosta che permetterebbe altre forme di interazione. Se esiste una certa familiarit o un rapporto simpatico, basta anche un gesto come il braccio alzato. Sempre secondo Elias sono pochi i gesti universalmente diffusi e la loro accettabilit strettamente legata a contesti storici e al radicamento negli usi e costumi delle varie culture. Quando si creato un preciso significato ideologico, con la sconfitta dei movimenti o altre forme di organizzazione - politici, anche il gesto decade, come per esempio il cosiddetto saluto romano.

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Nelle societ occidentali, con i radicali cambiamenti di costumi e di moda nel Novecento, proprio nel senso pi stretto dellabbigliamento, si sono perse anche alcune forme di saluto che per secoli sono state quella pi diffuse quali il baciamano e levarsi il cappello. Il gesto sopravvive, per, verbalmente nelle espressioni come, per esempio gi il cappello! o anche tanto di cappello! etc. Il processo di migrazione dal gesto al linguaggio verbale piuttosto comune: linchino, molto diffuso nelle culture asiatiche nella funzione sia di saluto che di reverenza in generale, nelle culture occidentali si per lo pi perso, ma espressioni del tipo mi inchino davanti allautorit di sono formule consuete in quasi tutte le lingue europee, che tendono, per, spesso all under statement ironico (come suonerebbe oggi anche un saluto daddio del tipo suo servo, mentre laustriaco servus - o anche litaliano ciao - sono sempre leciti, perch nessuno si ricorda delle loro origini nella stessa radice servo e schiavo). Il bacio sulla mano ugualmente diventato un gesto molto raro che viene considerato per lo pi esagerato, mentre la formula verbale accettata non soltanto ironicamente (baciamo le mani in Sicilia ad es.). La trasformazione di alcuni gesti in formule verbali non significa una tendenza generale di riduzione del saluto alla parola. Le fasi iniziali e quelle conclusive dellatto comunicativo sono, invece, caratterizzate da un impatto della gestualit e della presentazione esterna degli interlocutori ancora pi forte rispetto alle sue parti centrali. Quando incontriamo una persona, normalmente la nostra prima impressione riguarda il suo aspetto esteriore: la mimica, il gesto, il portamento e i vestiti (Irenus Eibl-Eibesfeldt).

Laspetto esteriore rappresenta la dominanza della vista nella percezione della realt; esso determina limpatto iniziale con unaltra persona. Non un caso che, di fronte ad una tendenziale riduzione di formalit, nel mondo dallalta finanza, del commercio e della politica, si presti grande attenzione alla prima impressione che si potrebbe provocare allinizio di una trattativa ecc. A parte i militari e altri pubblici funzionari simili, oggi sono forse soltanto i banker (e parzialmente i politici) ad accettare la divisa (vestito scuro, portamento controllato, sorriso obbligatorio ecc.). La riduzione della presentazione individuale segue ovviamente lintenzione di ridurre il rischio di fare una brutta figura a partire dal primo contatto visivo, in compenso si espone a quello dellappiattimento verso una grigia uniformit. Anche il saluto ormai universalmente diffuso, indifferentemente se radicato o no nella cultura del singolo paese, da interpretare in questa ottica: la stretta di mano. Questo gesto una sorta di via di mezzo tra il saluto a distanza e quello con un contatto fisico pi intimo nelle varie forme di

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bacio o abbraccio: tradizionalmente legato alla funzione di suggellare un accordo, un affare, e questo significato continua a sopravvivere in vaste aree di negoziazioni, dal mercato dellauto alla diplomazia politica. Una volta offrire la mano dava il segnale di intenzioni pacifiche chi d la mano nuda fa vedere che non ha armi in pugno -, oggi, nel mondo del commercio e della politica pu essere letto come segnale di volont di intesa. La diffusione di questo saluto diventata talmente totale nei contesti citati che il bravo businessman che ha appena imparato che in Giappone si usa linchino per salutare, lascia interdetto il suo interlocutore asiatico - con la mano nel vuoto anche lui informato del fatto che in Occidente il saluto-incontro comincia con una stretta di mano. Dopo il crollo del muro di Berlino e lallargamento del capitalismo occidentale ai paesi dellEst, forme alternative alla stretta di mano come il bacio fraterno sono del tutto sparite (mentre baci sulla guancia con abbracci sono diventi sempre pi diffusi, ma per lo pi introdotti o accompagnati dalla stretta di mano). Linternazionalizzazione del gesto comporta il suo sradicamento dalle specifiche tradizioni culturali e di conseguenza un tendenziale svuotamento del suo significato. Il fatto che la stretta di mano nel contesto della comunicazione interculturale si sia universalmente affermata nella funzione di gesto di saluto, non vuol dire che si sia introdotto e radicato nelle culture del mondo che fino a poco fa non ne facevano nessun uso. Seminari interculturali tra americani, europei e orientali, per esempio, evidenziano che gli asiatici usano questo gesto di saluto esclusivamente in contesti ufficiali e di lavoro, tra amici non ci si saluterebbe mai in tal modo! ( Johannes Galli, 2000) La stretta di mano parte dalla convinzione delluguaglianza tra gli interlocutori, mentre i risultati della ricerca interculturale tra studenti di varie nazioni portano alla constatazione che gli studenti giapponesi sono indirizzati a cercare sempre le differenti collocazioni nella struttura sociale, cio partono dallidea che nel primo incontro deve essere stabilito chi dei due occupa la posizione pi alta e chi quella pi bassa e, nel caso di difficile individuazione, la cortesia chiede di presentarsi nel ruolo di inferiorit (Carola Otterstedt, 1993). Anche se tali sottigliezze difficilmente possono essere espresse con il gesto, esiste, comunque, la possibilit di affidarle alla mimica che lo accompagna. Nonostante la restrizione di significati specifici che la stretta di mano ha inevitabilmente subito a causa della sua diffusione globale, questo gesto si presenta lo stesso molto pi complesso di quanto appaia a prima vista. La generale funzione antropologica resta quella di tutte le forme di saluto e di stabilire un primo contatto amichevole: si tratta di una combinazione di auto-rappresentazione e assicurazione, si cerca di far capire allaltro chi siamo e che abbiamo intenzione pacifiche (Irenus Eibl-Eibesfeldt,

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1986). Per esprimere questi due messaggi fondamentali, il gesto della stretta di mano si avvale di variazioni che riguardano le mani stesse, la mimica e il portamento. Il portamento durante la stretta di mano significa la conferma di uguaglianza quando le due persone si mettono una di fronte allaltra con la schiena dritta, mentre le varie forme di inchino (per lo pi solo accennato) possono sottolineare la stima reciproca oppure, quando soltanto uno dei due si inchina, il rituale posizionamento di inferiorit. La combinazione della posizione che affianca uno allaltro con le mani incrociate si inserisce nei rituali politici che cercano di dimostrare allopinione pubblica almeno lintenzione di intesa o di collaborazione. Naturalmente anche le mani stesse permettono una grande molteplicit di varianti che va dallo sfiorare soltanto le dita dellaltro alla vera e propria stretta che aumenta anche la valenza del gesto in relazione alla sua durata nel tempo.

Per concludere si pu affermare, daccordo con Elias, che anche il saluto ormai universalmente accettato contiene in s un'infinit di sfaccettature, di sfumature, per lo pi legate alla mimica che, forse per fortuna, per buona parte non facilmente controllabile, ed , invece, un'espressione involontaria del nostro stato d'animo. Ed anche una fortuna che queste espressioni siano tendenzialmente universali perch radicate nelle potenzialit di tutti gli uomini del globo di sentire e trasmettere gioia, rabbia, simpatia e antipatia. Meglio cos, se no, la comunicazione interculturale si ridurrebbe in tutto il mondo a quella diplomatica che da sempre ha dovuto imparare a nascondere i propri sentimenti. Concludiamo con il saluto che a noi sembra pi bello perch esprime un profondo rispetto verso la dignit dell'altro: "Namaste", che vuol dire: mi inchino davanti alle qualit divine che sono in te.

BIBLIOGRAFIA 1) Axtell, Roger E. Gestures: The Do's and Taboos of Body Language Around the World. John Wiley & Sons, 1991 2) Marcella Danon: Ecopsicologia - Crescita personale e coscienza ambientale Urra Edizioni maggio 2006 3) Marcella Danon: Counseling - La terapia per aiutare gli altri ad affrontare i propri problemi con un nuovo spirito Red Edizioni - Gennaio 2009 4) Andolfi M. -Angelo C., Manuale di psicologia relazionale, A.P.F., 2003; 5) Chatwin B., Il vicer di Ouidah, Adelphi, 1981 6) Bateson G., Mente e natura, Adelphi, 1984; 7) Mc Goldrick M.-Heiman H.-Carter B.,, I mutamenti nel ciclo vitale della famiglia: una prospettiva sulla normalit, Franco Angeli, 1993 8) Pacifico P., Fare silenzio per comunicare, in Riza psicosomatica, 1984; 9) Pacifico P., La pratica del silenzio tra meditazione, interiorit ed inattese Riza psicosomatica, 1984 10) Devi K, Valle C., Silenzio e Parola, in Sri vidya, n. 17, 2000 11) Norbert Elias, Gesammelte Schriften, vol. 11: Studien ber die Deutschen. Machtkmpfe und Abschiedsgestaltung im interkulturellen Vergleich, Mnchen 1993 12) Irenus Eibl-Eibesfeldt, Die Biologie des menschlichen Verhaltens. Grundri der Humantheologie. Piper, Mnchen 1986 13) Marcuse Herbert, L' uomo a una dimensione , Einaudi (collana Piccola biblioteca Einaudi. Nuova serie) 1999 (Prima edizione 1968)

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4. METODOLOGIE TERAPEUTICHE BASATE SULLA CNV

4.1. Introduzione
In base agli argomenti fin qui esposti appare evidente come il processo comunicativo non verbale rappresenta un elemento decisivo, e da tenere in grande considerazione ,nellambito della comunicazione e della relazione daiuto. Esistono comunque, e vanno sempre pi sviluppandosi, metodologie terapeutiche che vedono nella comunicazione non verbale il fulcro della loro azione. Attraverso di essa, tali metodologie cercano di accompagnare la persona in difficolt a scoprire le proprie emozioni, il proprio io interno, a riappropriarsi positivamente delle sensazioni corporee, e questo grazie ai colori, ai materiali, alla musica, agli animali che hanno un ruolo da tramite fra il mondo interno della persona ed il mondo sociale (1) .

4.2. Pet-Therapy
La pet-therapy una metodologia che utilizza i benefici effetti derivanti dalla interazione con gli animali. E dimostrato infatti che accarezzare un animale domestico stimola la pressione arteriosa, riduce i battiti cardiaci, diminuisce il senso di insicurezza, isolamento e solitudine di una persona (2). Infatti lanimale, come luomo, nei suoi molteplici aspetti, vive allinterno di una relazione, fa da tramite, abbraccia lessere umano di tutte le et. Nei bambini con problemi particolari, negli anziani, in alcune categorie di malati e di disabili fisici e psichici il contatto con un animale pu aiutare a soddisfare bisogni di sicurezza, affetto, relazione interpersonale, e a recuperare abilit eventualmente perse (3).

La soddisfazione di questi bisogni, in quanto necessaria al mantenimento di un buon equilibrio psico-fisico, uno degli scopi della pet-therapy che offre, attraverso attivit assistite dagli animali (AAA), interventi mirati a migliorare la qualit di vita e dei rapporti umani dei pazienti (a). La pet-therapy pu anche contribuire, affiancando ed integrando le terapie mediche tradizionali, a favorire interventi mirati al raggiungimento di funzioni fisiche , sociali, emotive e/o cognitive (3). Per un anziano che deve riabilitare un arto sar pi motivante e piacevole farlo spazzolando o portando a spasso un tenero cane. La degenza di un bambino in un reparto dospedale, un prelievo, un tampone, saranno meno carichi dansia, se al ritorno ci sar ad attenderlo un divertente amico a quattro zampe (2). E stato dimostrato che il contatto con un animale, oltre a garantire la sostituzione di affetti carenti o mancanti, particolarmente adatto a favorire contatti interpersonali, offendo spunti di conversazione, di ilarit, di gioco, loccasione cio di interagire con gli altri per mezzo suo (3). Linterazione con un animale pu svolgere anche la funzione di ammortizzatore in particolari condizioni di stress e di conflittualit, rappresentando un valido aiuto in pazienti con problemi di comportamento sociale e di comunicazione, specie se bambini o anziani, ma anche per chi soffre di alcune forme di disabilit e/o di ritardo mentale e per pazienti

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psichiatrici o tossicodipendenti (3). Anche il Ministero della salute pone in evidenza il valore terapeutico dellinterazione con gli animali (www.ministerosalute.it/dettaglio/phPrimoPiano.jsp?id=118) anche se va ricordato come la petterapy non sia una metodologia adatta a chiunque. Deve essere evitata in caso di pazienti con immunosoppressione o fobie specifiche. Inoltre, lelemento essenziale affinch questo tipo di intervento sia davvero indicato, che la persona che deve usufruire di questa metodica, ne sia intimamente attratta (3), in caso contrario meglio rivolgersi ad altro tipo di intervento

4.3. Art-therapy
Larteterapia pu essere definita un intervento di aiuto e di sostegno alla persona a mediazione non verbale che utilizza materiali artistici e processo creativo come sostituzione o integrazione della comunicazione verbale(4) Lintervento terapeutico si svolge attraverso un percorso in cui la persona protagonista di quanto avviene : il paziente esprime contenuti personali che possono essere ricordi, sensazioni, desideri, sogni, emozioni con il dipingere, il disegnare, il modellare. Matite e pastelli colorati, tempere e colori, creta e collage sono gli strumenti con cui possibile creare un clima di maggiore rilassamento, apertura e fiducia nellambito di un percorso terapeutico e di crescita personale (4). Attraverso il lavoro artistico avviene qualcosa di molto importante : la persona attua un riconoscimento di s e della propria presenza , in grado di lasciare una traccia. Inoltre, nel momento in cui le sensazioni si traducono nelloggetto artistico, avviene un processo di auto comprensione pi profonda (b). Il riuscire a raffigurare immagini, sentimenti ed emozioni, esprimendoli simbolicamente, in una forma visiva concreta, permette di poterle osservare come qualcosa di staccato da s. Ecco allora che anche nelle immagini pi cariche di sofferenza e di angoscia, si crea uno spazio di comprensione e di elaborazione che pu essere di aiuto allindividuo nella ricerca di nuove modalit di interazione fra il proprio mondo interno e il mondo relazionale esterno (4). Larteterapia in origine applicata in ambito psichiatrico, recentemente stata introdotta anche come supporto terapeutico per il paziente anziano, nei portatori di handicap,nella prevenzione delle conflittualit del periodo adolescenziale o nello sviluppo della creativit dei bambini (b). Si rivela utile anche in soggetti con disturbi della personalit e diversi tipi di dipendenza (b).

4.4. Musicoterapia
Limportanza della musica testimoniata in tutta la storia umana, dalle origini sino ai giorni nostri. La musicoterapia basata sugli studi dedicati agli effetti della musica sulluomo. E un insieme di tecniche basate sulluso di suono e musica come strumenti atti a facilitare lo sviluppo di una relazione capace di produrre effetti benefici su chi vi partecipa (c). E infatti scientificamente provato come la musica abbia effetti positivi sulla frequenza cardiaca e respiratoria, e sulla pressione arteriosa. La musicoterapia si basa sulla capacit dei suoni di favorire una comunicazione che oltrepassa il linguaggio, muovendo lespressione dei vissuti profondi : la scarica delle tensioni, e tutti gli effetti che animano

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linteriorit umana (5). La musica stata, infatti, appropriatamente definita come il linguaggio delle emozioni (c). La musicoterapia dispone di due tecniche fondamentali : Lascolto (musicoterapia ricettiva) in cui vengono ascoltati brani musicali opportunamente scelti dal musico terapista, capaci di stimolare sensazioni, emozioni, immagini mentali, ricordi, pensieri La produzione (musicoterapia attiva) in cui si utilizzano semplici strumenti musicali, che non richiedono particolare competenza tecnica, atti a costruire un dialogo sonoro in grado di facilitare lespressione dei vissuti emotivi, aumentando cos la consapevolezza di s, lautostima, lequilibrio fra tensioni interne e creativit (c). La finalit principale della musicoterapia lintegrazione e lo sviluppo della personalit dellindividuo nello spazio, nel tempo, e nelle relazioni sociali attraverso larmonizzazione dei diversi analizzatori sensoriali. Questo obiettivo viene raggiunto attraverso le sintonizzazioni, ovvero risposte date in risonanza allo stato affettivo di base, che sono le fondamenta di qualsiasi modalit di comunicazione non verbale, e che possono costituire un impulso per lelaborazione simbolica dei processi senso percettivi, favorendo la nascita di una personalit integrata dellindividuo ( c).

4.5. Danzaterapia

La danza terapia una tecnica di mediazione corporea che utilizza il corpo come strumento di cambiamento (6). Lelemento sostanziale il fare, lesprimersi attraverso il corpo, con i suoi movimenti e la sua espressivit, in altri termini, ha lo scopo di dare corpo alle emozioni, ai vissuti, a pensieri e sensazioni, in modo da poterli poi, pi facilmente , tradurli in parole (c ). Gli obiettivi terapeutici sono costituiti dal favorire la comunicazione con gli altri, dal consentire la modificazione del proprio vissuto corporeo, riscoprendo il corpo come strumento di relazione (6). Questo in grado di favorire un miglioramento delle capacit dellindividuo in ambito emotivo-affettivo, permettendo un maggiore controllo delle emozioni, e incrementando le modalit di scaricamento delle tensioni. La danzaterapia influisce, inoltre , positivamente in ambito cognitivo, attraverso lacquisizione di nuovi schemi motori pi articolati ed armonici (c). Essa trova impiego anche dove occorra un rinforzo delle funzioni dellIo, con conseguente aumento dellautostima e dellimmagine di s.

4.6. Social Skills Training


Per percorsi di SST si intendono dei percorsi individuali terapeutico/riabilitativi di soggetti con handicap fisici o psichici, che presentano difficolt nel funzionamento sociale, volti a ricostruire un repertorio di nuove abilit in grado di migliorare le capacit di agire allinterno della societ (7). Gli elementi chiave dei programmi di SST sono il modeling, lesercizio ripetuto delle abilit, luso di rinforzi (anche sociali), il

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feedback dei comportamenti bersaglio delladdestramento e lassegnazione di compiti aventi il fine di promuovere luso di nuove abilit e lavorando sullo stimolo in situazioni differenti fra loro. Uno degli scopi principali del SST quello di incrementare le capacit del soggetto di funzionare efficacemente in contesti reali di vita (7) il SST ,pertanto, in grado di rafforzare le capacit di adattamento agli agenti stressanti e alle richieste ambientali. Questo tipo di intervento, favorendo lacquisizione di un proprio ruolo allinterno dellambiente di vita, agisce anche sulla soddisfazione che lindividuo prova per la propria quotidianit (d), ma tutto questo pu avvenire esclusivamente grazie alla relazione che si crea con il terapeuta. Questultima rappresenta lelemento fondamentale dellintervento, e si declina attraverso la consapevolezza dei gesti compiuti e la conoscenza empatica, lintervento, quindi, fondato sullaccettazione e la disponibilit, che si rivolge allindividuo come persona nel tentativo di favorirne il processo di cambiamento (d).Varie possono essere le abilit sociali sulle quali strutturare un intervento di Social Skills Training fra cui : Capacit di relazione interpersonale Capacit di autonomia nella gestione della quotidianit Miglioramento nella gestione del comportamento Interventi su specifici deficit legati alla tipologia dellhandicap

4.7. BIBLIOGRAFIA
1-G.Zaffagnini counceling, la relazione di aiuto nei luoghi di cura: lascolto del paziente per un servizio migliore Comunicazione personale, 2006 2- F.Allegrucci pet therapy : quando la relazione daiuto con lanimale diventa terapeutica Medical Team Magazine, 2006 3- Centro Studi Methafora infanzia e adolescenza : la gestione dei disturbi dellet evolutiva nella relazione daiuto AkoComment Special Edition, 2004 4- E. Impegnoso esprimersi con larteterapia Collana Essere, 2007 5- N.Natali-F.Allegrucci riconoscere lansia: guida alle cause, sintomi, diagnosi e terapie Scione ed. 2005 6- N.Rossi psicologia clinica per le professioni sanitarie Ed Il Mulino, 2004 7-D.Evans la scienza del sentimento ed Laterza, 2001 SITOGRAFIA : a - www.pettherapy.it b- www.lifegate.it c- www.centroitaca.net d- www.artecometerapia.it

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