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Nietzsche e Lukcs: una impossibile affinit


Inviato da Antonino Infranca gioved 04 gennaio 2007 Ultimo aggiornamento venerd 05 gennaio 2007

Per il pur grande solitario misantropo filosofo tedesco Nietzsche, prima la Riforma protestante, poi la Rivoluzione francese rappresentarono la vittoria definitiva del principio giudaico cristiano sul principio greco-dionisiaco. La morale e le sue categorie frenano le pulsioni raccolte dai principi passionali incarnati nel dio Dioniso e nella traged9ia greca. Nietzsche dall'interno della sua profonda anima greca, nostalgica dei suoi miti e della sua aristocrazia, ripudia il principio di uguaglianza, la democrazia, la rivoluzione e dulcis in fundo il socialismo marxiano. Nietzsche un pensatore "greco" che rifiuta la borghesia e le sue categorie di valore: la schiavit ha il suo senso storico e politico. La Filosofia della Storia ne esprime una lettura soggettivistica di ritorno, di esclusione, di eliminazione e di riapparizione. I Signori ci sono, potremmo dire oggi, quelli della politica, e sono al di l di ogni valore morale od etico kantianamente intesi. I Signori della politica pretendono di esserlo, e lo sono nell'effettualit della storia, quando ne hanno gli strumenti militari e finanziari tali da decidere le sorti del mondo. Molti nel mondo sono destinati ad esserne schiavi. La moltitudine schiava dei pochi signori, unici depositari della possibilit di creare arte, bellezza, esclusivit della tchne diremmo oggi. Ma se pochi ne sono produttori altrettanti ne sono i possibili fruitori. La Bellezza non per tutti. Lo sviluppo per Nietzsche coinciderebbe con l'abbruttimento della massa, della morale degli schiavi, magari di chi si trova anche lontano dai centri del mondo, come oggi appaiono essere l'Africa, l'America latina, l'Asia. Il destino dell'umanit risiede nelle grandi soggettivit che ne sanno intelligere le sorti ed i destini. Il passaggio dalla cosa in s kantiana, dal suo noumeno alla soggettivit assoluta appare come un ribaltamento di concetti, di essenze, ma anche di valori etici. Lukasc su Nietzsche ne "L'anima e le forme": "Nietzsche, al pari di Schopenauer scorge l'assenza dell'arte nel fatto che una trasfigura l'esistenza di per s spregevole verso la quale in sede logica non si pu che assumere posizioni pessimistiche e la rende nell'opera d'arte degna di essere vissuta". Ci da intendersi in chiave politica dal punto di vista del "superuomo" tale anche di fronte all'estinzione di ogni possibilit: la morte. Lukasc cerca di rendere evidenti in Nietzsche gli effimeri ed evidenti decadenti suoi misticismi tardo greci. L'articolato editoriale di A. Infranca ne fornisce una lucida, scientifica ed attenta lettura che pu far scaturire interpretazioni di filotsofia politica non lontane dal mondo attuale e dalle sue trame non ancora completamente intessute Nicola Tudisco Nietzsche: l’autocoscienza della decadenzadi Antonino Infranca

Al suo apparire nel dicembre 2002, il libro di Domenico Losurdo, Nietzsche, il ribelle aristocratico1, ha sollevato un’enorme polemica: il personaggio filosofico pi mitizzato del Novecento, Friedrich Nietzsche, era gettato gi dal piedestallo divino sul quale era stato innalzato. Gli apologeti di Nietzsche, attaccati da Losurdo che intendeva con le sue critiche salvare lo stesso Nietzsche dalle loro inutili difese d’ufficio, gridavano allo scandalo: il marxismo aveva proditoriamente lanciato un nuovo feroce assalto contro il fondatore della post-modernit. In effetti Losurdo non stato tenero con Nietzsche, ma, secondo me, era inevitabile trattare in quel modo il filosofo tedesco, se si aveva l’intenzione di uno studio serio e filologicamente condotto. Nelle pi che mille pagine del suo libro Losurdo non risparmiava citazioni a dimostrazione e a sostegno della sua tesi: Nietzsche stato un grande ribelle, solitario e deciso, sostenitore di tesi provocatorie, molto politically incorrect, quali antisemitismo, eugenetica dei malriusciti, schiavismo ecc. Uno dei pi accaniti nietzscheani italiani, Franco Volpi, lanci su Losurdo la pi micidiale delle accuse: “lukacsiano!”. Losurdo non se l’ presa pi di tanto. A dire il vero, da impenitente “lukacsiano” quale sono sempre stato, dopo la critica di Volpi, ho letto il libro di Losurdo pieno di speranza, ma sono rimasto un po’ deluso, perch l’ho trovato poco lukacsiano e dove lo , forse lo al di l delle intenzioni dello stesso autore. Senza dubbio il libro ottimo dal punto di vista della documentazione, dell’argomentazione, dello stile, della correttezza filologica, del rigore teoretico, ma Lukcs non molto presente e quando lo , non citato o per sconoscenza –ma sono il primo a escluderlo- o per ovvie ragioni di accordo generico, tanto generico perch derivante da citazioni riprese dallo stesso Nietzsche. In questo articolo vorrei discutere proprio sulla presenza (o assenza) di Lukcs nell’interpretazione di Losurdo. Innanzitutto vediamo quanto volte Lukcs ha stroncato Nietzsche: “Nietzsche uno dei pi importanti progenitori del fascismo”2; oppure su singole concezioni “In questo Nietzsche il precursore diretto della concezione hitleriana”3; ha un’affinit ideologica con l’hitlerismo4. Ma Lukcs ancora pi cattivo, quando afferma a proposito del superuomo, “Con questa costruzione Nietzsche precorre in modo quanto mai concreto tanto il fascismo di Hitler quanto l’ideologia morale del ‘secolo americano’”5. Su questo punto credo che non sbagli di molto. E dopo queste poche affermazioni nient’altro, nel senso che non ci sono altre frasi di Lukcs che danno l’iimagine di un Nietzsche nazista ante litteram. E’ vero che c’ un saggio del 1943 –si
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consideri bene la data!- “Der deutsche Faschismus und Nietzsche”6, in cui il problema affrontato di petto, ma un saggio di 9 pagine (sic! pp. 55-64). Mi chiedo se Franco Volpi tutto questo lo ha mai considerato. Posso ricordare, per chiudere l’enumerazione degli attacchi lukcsiani a Nietzsche, che Lukcs impieg pi pagine a mostrare le distanze tra Nietzsche e il nazismo che il contrario. E’ vero che ne La distruzione della ragione Nietzsche considerato uno degli intellettuali tedeschi di punta dell’irrazionalismo moderno e quindi per i nietzscheani scontato che Lukcs reo di lesa maiestatis. Penso, per, che forse un po’ pi di attenzione nella lettura non disturberebbe neanche ai pi affermati accademici. Va rilevato che Losurdo, credo io, timoroso di passare per “lukacsiano”, prende le distanze dall’interpretazione di Lukcs nelle poche citazioni che dedica al filosofo ungherese7. Le differenze tra le due interpretazioni ci sono e sono notevoli. Innanzitutto la mole: Losurdo dedica a Nietzsche quasi 1200 pagine, Lukcs circa 130. Evidenti sono le possibilit che Losurdo si concesso di analizzare, soppesare, valutare il pensiero di Nietzsche, mentre Lukcs o inserisce la sua analisi all’interno di una ricostruzione dello sviluppo dell’irrazionalismo in Germania (La distruzione della ragione) o analizza in forma saggistica, singoli aspetti del pensiero nietzscheano “Nietzsche precursore dell’estetica fascista”) o valuta le mistificazioni naziste (“Der deutsche Faschismus und Nietzsche”). Sorprendente che Losurdo abbia tralasciato proprio questi due ultimi saggi, ma dopo la mole enorme di lavoro svolto nell’interpretazione del pensiero di Nietzsche non lo si pu accusare di tralasciare una letteratura secondaria di una cinquantina di pagine. Dico “sorprendente”, perch su molti punti Lukcs perviene allo stesso giudizio di Losurdo. Rapidamente possiamo sintetizzare alcuni punti di convergenza tra le due interpretazioni. Nietzsche un pensatore profondamente radicato nella storia del suo tempo, anche se mantiene rispetto a questa storia un atteggiamento di inattualit, che per soltanto un atteggiamento, perch la sua effettiva posizione molto attuale. Lukcs arriva a parlare di “disagio della civilt” citando Freud8, e quindi lasciando intendere al lettore che Nietzsche ha profondamente influenzato intellettuali rilevanti come il fondatore della psicanalisi. Poi Nietzsche, secondo Lukcs, “utilizza la schiavit come mezzo per la sua critica della civilt presente”9, ma d’altronde quella di Nietzsche una posizione condivisa, si pensi che neanche gli ideologi della Rivoluzione francese presero le distanze dalla schiavit, fino al punto che gli schiavi neri di Haiti si ribellarono e si liberarono dalla schiavit della madrepatria francese soltanto nel 1803, cio in pieno periodo napoleonico. Per non parlare dei fondatori della attuale prima potenza mondiale, gli Stati Uniti: George Washington mentre liberava il suo paese dalla dominazione inglese, non liberava affatto gli schiavi neri delle sue piantagioni di tabacco. Lo stesso vale per Jefferson che pensava a uno Stato che garantisse la felicit dei suoi cittadini, ma la negava agli schiavi neri che vivevano a servizio di quei cittadini. Soltanto novanta anni dopo l’indipendenza gli Stati Uniti avrebbero abolito legalmente la schiavit e in molte realt locali dentro gli Stati Uniti l’abolizione attender ancora altri cento anni, fino a Martin Luther King e al suo sacrificio. Come vedremo, Nietzsche non lontano sostanzialmente da queste posizioni. Nelle sue prese di posizione politiche, Nietzsche avrebbe prima provato una profonda simpatia verso il regime di Bismarck, salvo poi condannarlo come eccessivamente “democratico”10. Infatti anche la Germania dell’incipiente Welfare State una societ senza speranza e senza futuro per il filosofo tedesco. Nietzsche pensa con un secolo di anticipo rispetto all’odierno neoliberismo che il Welfare State ammette una sola evoluzione, quella verso il socialismo e, quindi, esso rappresenta una pericolosa concessione ai nemici dell’aristocrazia spirituale, i lavoratori. Nietzsche, quindi, intravede nel bismarckiano Wohlfahr Staat un anticipatore dello Stato comunista11, di quella forma politica che liveller verso il basso le individualit. Questo l’aspetto pi affascinante del pensiero di Nietzsche e che lo rende oggi un pensatore attuale e di moda. Ma una posizione banalmente semplicistica, un po’ come buttare il bambino con l’acqua sporca, accettare la critica al totalitarismo comunista, intravisto dietro il Wohlfahr Staat bismarckiano, perch non affatto vero che la Germania di Bismarck sia stata l’anticipatrice della Russia stalinista o dei regimi del socialismo reale o anche della stessa Germania nazista. In realt, come vedremo, a Nietzsche dava fastidio qualsiasi sistema politico, sociale ed economico che contemplasse il miglioramento di coloro che secondo lui stavano in basso, o meglio dire, dovevano stare in basso nella gerarchia sociale. Dietro alla Germania di Bismarck Nietzsche intravede lo spettro del vecchio Hegel, il suo vero grande nemico: “L’ostilit e la ripugnanza che Nietzsche avverte nei confronti di Hegel l’ostilit e la ripugnanza che egli avverte nei confronti dell’’algebra della rivoluzione’”12. Per “rivoluzione” non si intenda il cambiamento radicale di un assetto sociale, politico ed economico, ma “rivoluzione” per Nietzsche anche il semplice tentativo di migliorare la condizione degli esclusi e degli sfruttati. Per concludere, i due filosofi marxisti pongono in rilievo l’antisemitismo di Nietzsche, che a dire il vero, pi analizzato da Losurdo che da Lukcs, che lo lascia piuttosto nel sottofondo. Avendo pi documenti tra le mani, dopo le importanti ricerche di Colli e Montanari, Losurdo pu parlare di una giudeofobia, mista a razzismo, nel giovane Nietzsche13, mentre a Lukcs questo argomento non interessa principalmente, perch la sua intenzione quella di mostrare l’antisocialismo di Nietzsche, indipendentemente dal suo razzismo o antisemitismo. Anche Losurdo stigmatizza l’antisocialismo di Nietzsche, ma non mostra essere l’argomento principale della sua analisi. L’antisocialismo di Nietzsche per un segnale di un pi profondo rifiuto della modernit. Lukcs insiste in pi punti sulla profonda ignoranza dell’economia da parte di Nietzsche, “tuttavia nota i sintomi pi appariscenti dell’economia capitalistica, come l’introduzione della macchina, crescente divisione del lavoro, ampliarsi delle metropoli, annientamento della piccola produzione, etc:; e li collega senz’altro -…- direttamente coi sintomi di tramonto della civilt da lui osservati”14. Losurdo aggiunge: “Nietzsche individua negli operai di fabbrica gli schiavi moderni, ma per aggiungere subito dopo che questo meccanismo dev’essere custodito od oliato nell’interesse superiore della civilt”15. Nietzsche attacca il socialismo sul campo storico, sociale e morale, mai sul campo della gnoseologia, cio il materialismo dialettico, o su quello dei fondamenti teoretici, secondo Lukcs per ignoranza di queste questioni. In realt l’uso della dialettica da parte di Nietzsche soltanto apparente o superficiale, la sua una dialettica di tipo sofistico, secondo la
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quale un essere e non allo stesso tempo, ma in maniera estrinseca e verbale, e in fondo non c’ una negazione effettiva o sostanziale dell’essere. Per Lukcs le intenzioni di Nietzsche sono chiare: “Diventa qui facilmente visibile quella ‘missione sociale’ …, e cio il compito di allontanare dal socialismo gli intellettuali insoddisfatti del presente e di condurli alla reazione estrema: il socialismo esige un’interiore e un’esteriore conversione (rottura con la propria classe e cambiamento dell’atteggiamento soggettivo), mentre per superare il decadentismo al modo proclamato da Nietzsche non necessaria alcuna frattura: si rimane ci che si era (con minori difficolt e migliore coscienza) e si ha la sensazione di essere molto pi rivoluzionari di quanto non siano i socialisti”16. Quindi si tratta soltanto di un apparente presa di posizione, indolore e sostanzialmente inefficace nei confronti del capitalismo che si pu riprodurre senza danni e anzi pu vantare in questi apparenti nemici degli alleati che, al momento opportuno, riveleranno l’inconsistenza della loro critica, una critica acuta nelle questioni culturali, ma totalmente inesistente sul piano economico. Da questa ignoranza della influenza economica sui fatti spirituali, nasce un assalto alla societ presente e un atteggiamento pseudorivoluzionario. un’analisi valida ancora oggi per gli intellettuali post-moderni spesso pronti all’apologetica delle nuove forme dell’imperialismo o del conflitto di civilt. Quindi in realt l’antisocialismo di Nietzsche rivelativo della sua avversione alla modernit, del suo rifiuto di quanto venuto dopo la Rivoluzione francese, che accresce la distanza dall’antichit, di cui lui un ammiratore incondizionato. Secondo Losurdo l’avversione alla Rivoluzione francese diventa avversione alla civilt francese e a quello che essa rappresenta, cio l’idea stessa della modernit. Anzi il compito del filosofo l’opposizione a questa forma di modernit: “Come prima della Rivoluzione francese, il ‘genio’ viene contrapposto alla rivoluzione socialista che sembra minacciosamente profilarsi all’orizzonte”17. Contro questa forma francese di modernit, Nietzsche preferisce la Kultur tedesca: “Il contrasto tra Germania e Francia si configura come l’antitesi di Cultur e Civilisation. … Alla Francia, che si autoproclama rappresentante privilegiata della civilt in quanto tale, la Germania risponde distinguendo tra superficiale ‘civilizzazione’ e autentica ‘civilt’, della quale ultima essa si erge a custode”18. Ma neanche questa Germania con funzione civilizzatrice lo soddisfa, Lukcs ricorda che il suo modello la Prussia militarista ma colta19, la Prussia di Guglielmo II, neanche quella di Federico II, esempio eccessivo di servitore dello Stato. In pratica Nietzsche d la netta sensazione di volere rifare la storia d’Europa, manifesta la volont di ritornare ad una situazione pre-1789 per provare un’altra alternativa allo sviluppo storico della civilt occidentale. Lukcs segnala con arguzia quali sostenitori attira questo ritorno al mondo pre-1789: “Queste simpatie di Nietzsche sono importanti perch offrono spunti tanto ai suoi ammiratori della sinistra borghese quanto alle tendenze che lo vogliono fare diventare di attualit in vista della preparazione ideologica della terza guerra mondiale imperialistica”20. Si spiega anche cos la grande moda di Nietzsche negli ultimi anni. L’elemento dionisiaco diventa un momento fondatore di una nuova civilt, una civilt ancora pi violenta dell’esistente e con valori morali opposti a quelli dell’illuminismo e della razionalit moderna. Un ritorno al passato che indubbiamente “una teoria dell’approvazione della barbarie. Socialmente questa teoria parte dall’approvazione della guerra”21. Come noto, Nietzsche non solo nella serie dei filosofi che hanno variamente idealizzato ed espresso apologia della guerra. In questo il suo carattere di novit nullo. Per Lukcs , per, significativo che Nietzsche predichi il ritorno a una societ precapitalistica: “Come tutti i critici romantici della degradazione dell’uomo ad opera del capitalismo egli combatte la feticistica civilizzazione moderna, per contrapporle la civilt di gradi economicamente e socialmente pi primitivi”22. Per Lukcs la critica di Nietzsche, seppure acuta, un passo indietro verso il Romanticismo, epoca sostanzialmente precapitalistica, che sognava una societ ancora divisa rigidamente in caste, che per Nietzsche diventano caste spirituali. L’ultima epoca degna di attenzione era il Rinascimento, periodo in cui si pose il problema di un ritorno ai costumi dell’antichit. Non si pu escludere che Nietzsche considerasse la conquista dell’America, contemporanea al Rinascimento, come la logica e giusta conclusione del ritorno all’antichit23. Con la conquista del nuovo continente l’antica schiavit ritornava ad essere praticabile e si poteva, quindi, ipotizzare un ritorno ai valori morali dell’antichit. Questo ritorno doveva essere guidato dalla Germania, che poteva ripristinare la dimensione tragica della Grecia antica, in forma tale da restaurare la “civilt” di contro alla “civilizzazione”24. Losurdo molto preciso nel richiamare l’attenzione sull’uso nietzscheano della dicotomia grecit/modernit: “Nel giovane Nietzsche la dicotomia grecit tragica/modernit ovvero pessimismo/ottimismo tende a coincidere non solo con la dicotomia Germania/Francia ma anche con la dicotomia germani/ebrei ovvero ariani/semiti”25. La Riforma protestante, e in particolare il calvinismo, sconvolsero questo possibile ritorno, cominciando ad affermare una morale borghese dell’individuo, unico responsabile della propria fortuna nel mondo e al di l di esso. Prima la Riforma e poi la Rivoluzione francese furono per Nietzsche la vittoria definitiva del principio giudaico-cristiano sul principio grecodionisiaco. Il principio giudaico-cristiano, a suo tempo, aveva sconfitto l’aristocratica Roma e sconfigger gli ultimi prodromi di una civilt dell’aristocrazia spirituale, dei pochi che sono riusciti a sopravvivere alla marea montante della moltitudine. Nietzsche ripudia, dunque, l’eguaglianza, e contro la democrazia, la rivoluzione e il socialismo, Nietzsche vorrebbe scatenare quanto vi di pi bestiale nell’uomo. Sostanzialmente Nietzsche un pensatore pre-borghese, almeno nel suo anelito al ritorno alla schiavit, cio nella sua filosofia della storia. La schiavit lo strumento che rende possibile l’ozio, il vero fine della vita di un artista o di un intellettuale e dei “padroni”, o “i signori della terra”, come li chiama il filosofo tedesco, cio coloro che sono al di l di ogni valore morale, coloro che distruggono la morale degli schiavi”, il cristianesimo o il socialismo. Il suo disprezzo verso la divisione sociale capitalistica del lavoro consiste proprio nell’incapacit di questa di garantire l’ozio dei padroni26 e con esso le attivit culturali e creative. Nietzsche sostiene, in fondo, che la sofferenza degli altri, di coloro che sono naturalmente “strumenti forniti di voce” il giusto prezzo che lo sviluppo umano deve pagare per assicurare ai padroni opere d’arte e scoperte scientifiche. Pochi sono i produttori di arte e
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altrettanto pochi devono essere i fruitori, in un serrato gioco di autoproduzione di una classe di privilegiati o di aristocratici dello spirito, che in realt sono i decadenti, i reietti del capitalismo trionfante. La comunit per Nietzsche comunit di pochi e non di tutti. A chi non fa parte di questa comunit oligarchica non rimane che “accettare la condizione umana e sociale nella quale si collocati [il che] tutt’altro che indice di mediocrit”27. Dunque agli schiavi rimane almeno il bel gesto dell’eroica accettazione della propria schiavit, del bacio alle proprie catene. Lo sviluppo per il filosofo tedesco il prodotto dell’abbrutimento altrui, magari di chi anche lontano geograficamente dai centri del progresso civile e umano, che in realt disumano. Se la modernit stata, anche a prezzo di enormi sacrifici e immani sofferenze, un progresso dell’umanit -progresso in diminuzione costante al fine di distribuire a tutta l’umanit i benefici di quanto ottenuto da una minoranza-, a Nietzsche tutto ci non basta, per lui il progresso deve essere il risultato del costante abbrutimento dell’umanit. Se questa concezione del progresso appare a qualcuno come secondaria nel generale sviluppo del pensiero di Nietzsche, mi pare opportuno chiedersi cosa possa essere primario rispetto alle “magnifiche sorti e progressive” dell’umanit? Domanda inutile per Nietzsche che faceva collidere il destino dell’umanit con la propria soggettivit.Proprio sul giudizio sulla soggettivit di Nietzsche si coglie la differenza tra Losurdo e Lukcs. Losurdo non si sofferma nell’analisi della forma psicologica della soggettivit del filosofo tedesco, mentre Lukcs ne fa un elemento centrale della sua analisi: “Tutta la sua filosofia non altro che una psicologia della propria evoluzione, elevata a mito: la conversione di un uomo, il quale era impegolato nella decadenza del proprio tempo (…), ma poi sperimenta la falsit di queste tendenze e attraverso tale esperienza diventa ‘sano’, ‘supera’ la decadenza. Questa personale esperienza del superamento psicologico della decadenza Nietzsche ora la universalizza, facendola diventare una filosofia della storia e della civilt”28. Cos il superamento delle contraddizioni del capitalismo, che Nietzsche rifiuta, avviene in una forma mitica e illusoria, che anzi finisce per rafforzare le forme pi retrive e barbare del capitalismo. Siamo di fronte a un filosofo che fa della sua filosofia la sua opera d’arte, del suo pensiero la quintessenza della realt. Nietzsche probabilmente il filosofo che pi di ogni altro parla in prima persona, ma non si tratta di un autobiografia che cifra del proprio pensiero come in Agostino d’Ippona o nel Descartes del primo libro del Discorso sul metodo e neanche la narrazione di una significativa esperienza vissuta come il Platone della VII lettera. Siamo di fronte a una soggettivit che crede di rispecchiare in s tutte le contraddizioni della realt e, cos come le rispecchia, le pu risolvere con un atto di volont. Non c’ comprensione della distanza tra la propria soggettivit e l’oggettivit della realt, non c’ comprensione della differenza tra io e mondo, anzi il mondo tende a svanire nell’io. Qualcuno potrebbe pensare a Nietzsche come al prodotto maturo dello sviluppo filosofico iniziato da Kant, per cui alla inconoscibilit della cosa-in-s si va lentamente sostituendo una soggettivit assoluta, unica dimensione di comprensione e di azione. Nietzsche sarebbe cos il migliore allievo di Schopenhauer ed questa l’immagine che Lukcs, in fondo, vorrebbe darci. Losurdo, invece, considera Nietzsche una sorta di araldo di una reazione aristocratica all’evoluzione democratica dello Stato liberale, sotto la pressione delle lotte del movimento dei lavoratori. Non c’ dubbio che il successo che ebbe Nietzsche induce a pensare in questi termini, ma allora la questione sarebbe duplice. La prima quanto Nietzsche sia riuscito ad interpretare e incarnare nel suo pensiero le tendenze della sua epoca e su questa questione la risposta facile: seppe interpretare e incarnare, forse nella forma migliore, la sensazione spirituale del tempo che avvertiva la classe sociale di cui ambiva essere membro, l’aristocrazia prussiana e l’alta borghesia europea. Losurdo ce lo spiega con una dovizia di particolari, dettagli e argomenti davvero definitiva. La seconda pi complessa: perch seppe farlo? Se si risponde a questa questione, allora facile rispondere a un’ulteriore e conseguente questione: come mai le classi reazionarie riconobbero in Nietzsche il proprio araldo? Forse sulla seconda questione la spiegazione di Lukcs pi convincente e ci permette di elevare Nietzsche, e in particolare la sua psicologia, a modello della psicologia delle classi reazionarie dell’epoca, che condussero l’Europa, prima, alla Grande Guerra e, poi, alla sua replica nella Seconda Guerra Mondiale. Altra questione, per noi pi fondamentale, perch Lukcs coglie questa particolare struttura psicologica di Nietzsche in forma pi precisa, pi profonda di Losurdo? Non tanto questione di abitudine a impostare i problemi teoretici, per cui Losurdo ragionerebbe in termini storico-filosofici e Lukcs in termini teoretici. Infatti anche Lukcs, come abbiamo visto, coglie con acume non inferiore a Losurdo, nessi storici del pensiero di Nietzsche. La soluzione ben diversa: Losurdo non poteva cogliere la psicologia di Nietzsche come struttura teoretica del suo pensiero perch non era la sua. Intendo dire che tra il giovane Lukcs e Nietzsche vi un’affinit di vedute, di sentire e di pensare che permetter al vecchio Lukcs di cogliere dal di dentro la psicologia e la struttura teoretica di Nietzsche. Losurdo non si trova in questa condizione. Franois Furet ha colto, invece, questa affinit: “La denuncia dell’Occidente democratico e mercantile un tema comune ai suoi [di Lukcs] autori prediletti, da Nietzsche a Dostoevskij”29. ormai acquisizione diffusa da parte degli studiosi lukcsiani che il filosofo ungherese abbia avuto un rapporto molto complesso con autori che sono stati centrali nella sua formazione. Per esempio la figura di Hegel e il modo con il quale Lukcs ne parla assumono tratti autobiografici30. Ma se, quindi, Il giovane Hegel di Lukcs una sorta di autobiografia, La distruzione della ragione, e i saggi preparatori ad essa, la sua autocritica. Alcuni filosofi che in quel libro vengono attaccati con puntigliosa precisione, come ad esempio Kierkegaard e Nietzsche, sono in realt i punti di riferimento del pensiero del giovane Lukcs e, quindi, quelle critiche rappresentano una resa dei conti soprattutto con se stesso. Si prenda ad esempio questa frase di Lukcs a proposito del rapporto tra Nietzsche e l’arte e si noti che un giudizio del genere il filosofo ungherese avrebbe potuto esprimerlo sulla propria opera, L’anima e le forme: “Nietzsche –al pari di Schopenhauer- scorge l’essenza dell’arte nel fatto che essa trasfigura l’esistenza, di per s spregevole, verso la quale in sede logica non si pu che assumere posizioni pessimistiche, e la rende nell’opera d’arte degna di essere vissuta”31. L’opera sar anche la giustificazione per cui Lukcs pronuncer un no deciso all’esistenza e all’amore32, salvo ritrovare nella militanza comunista un nuovo motivo per ritornare alla vita. Se non si tiene conto di queste profonde motivazioni, allora La
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distruzione della ragione pu apparire –non detto che appaia- un comizio filosofico. Ma anche per queste motivazioni profonde la critica di Lukcs pi acuta e pi penetrante e anche pi scomoda, visto che mette allo scoperto i punti nevralgici e le intenzioni pi intime della filosofia di Nietzsche. Se con Losurdo abbiamo sotto gli occhi la ricostruzione minuziosa e puntuale del percorso intellettuale di Nietzsche, con Lukcs possiamo scoprire la interna finalit del moderno Zarathustra, del fondatore di effimeri e decadenti misticismi. Antonino Infranca 1 Questo grande libro (1167 pagine) fu preceduto da un breve libretto, Nietzsche e la critica della modernit, Roma, Il Manifestolibri, 1997, pp. 88. 2 G. Lukcs, “Nietzsche quale precursore dell’estetica fascista” (1934) in G. L., Contributi alla storia dell’estetica, tr. it. E. Picco, Milano, Feltrinelli, 1975, p. 360. Il saggio fu pubblicato su Liternaturni Kritik nel dicembre 1934, cio dopo il I Congresso degli Scrittori Sovietici del 17 agosto 1934 e che si pu considerare come l’inizio dello zdanovismo. Si pu notare ad una lettura semplicemente pi attenta che le affermazioni di condanna di Nietzsche sono quasi delle aggiunte rispetto alle analisi delle differenze di Nietzsche dai teorici del nazismo. 3 G. Lukcs, La distruzione della ragione, tr. E. Arnaud, Torino, Einaudi, 1974, p. 338. Il libro fu pubblicato nel 1954, ma studi ormai ventennali mostrano che Lukcs ne inizi la stesura tra il 1933 e il 1934. 4 Cfr. G. Lukcs, La distruzione della ragione, cit., p. 385. 5 G. Lukcs, La distruzione della ragione, cit., p. 355. 6 Ripubblicato nella silloge Schicksalswende (Aufbau Verlag, Berlin) nel 1948 e nel 1956. 7 “La sua [di Lukcs] lettura, che ha prodotto un rilevante ‘effetto negativo […], soprattutto nel marxismo’ coincide con quella nazista, ‘con la sola differenza’ del contrapposto giudizio di valore” (D. Losurdo, op. cit., p. 781, oppure cfr. pp. 653 e segg.). 8 Cfr. G. Lukcs, La distruzione della ragione, cit., p. 314. 9 Idem, p. 327. 10 Idem, pp. 333-336. Losurdo, op. cit., pp. 347 e segg. 11 Ricordo che lo stesso Lukcs segnala questo importante aspetto dell’analisi di Nietzsche e lo fa in un libro definito dai suoi critici come “stalinista”, cio La distruzione della ragione: “Egli considera il socialismo non pi, come prima quale un alleato del liberalismo e della democrazia, come il loro ulteriore e radicale compimento (…), bens come ‘il fantastico fratello minore del defunto dispotismo’” (p. 334). 12 D. Losurdo, op. cit., p. 89. 13 Cfr. Idem, p. 105. 14 G. Lukcs, “Nietzsche quale precursore dell’estetica fascista”, cit., p. 332. 15 D. Losurdo, op.cit., p. 460. Nietzsche cadde in uno stato di quasi catalessi alla notizia che durante la Comune di Parigi, il Museo del Louvre era andato distrutto da un incendio appiccato dai comunardi. Per lui gli operai potevano essere talmente disumani da compiere un gesto del genere, tanto era allineato ideologicamente alla pi deteriore propaganda borghese anti-operaia. 16 G. Lukcs, La distruzione della ragione, cit., p. 361. 17 D. Losurdo, op. cit., p. 99. 18 D. Losurdo, op. cit., p. 31. 19 G. Lukcs, “Nietzsche quale precursore dell’estetica fascista”, cit., p. 339. 20 G. Lukcs, La distruzione della ragione, cit., p. 344.21 G. Lukcs, “Nietzsche quale precursore dell’estetica fascista”, p. 341. 22 G. Lukcs, Idem, p. 336. 23 Losurdo insiste pi volte a segnalare che la vita di Nietzsche, almeno quella cosciente, si svolge tra l’abolizione della schiavit nelle colonie inglesi (1833) e l’abolizione della schiavit in Brasile (1888), ultimo paese dell’emisfero occidentale a compiere questo gesto. 24 Cfr. D. Losurdo, op. cit., p. 32. 25 D. Losurdo, op. cit., p. 170. 26 Cfr. G. Lukcs, Idem, p. 333.27 D.Losurdo, op. cit., p. 511. 28 G. Lukcs, “Nietzsche quale precursore dell’estetica fascista”, cit., p. 354. 29 F. Furet, Il passato di un’illusione, a cura di M. Valensise, Milano, Mondadori, 1995, p. 145. 30 Rimando a A. Infranca, Trabajo, Individuo, Histora. El concepto de trabajo en Lukcs, tr. sp. G. Livov, Buenos Aires, Herramienta, 2005, p. 249 nota 11, dove analizzo tutte le interpretazioni sul rapporto autobiografico di Lukcs ne Il giovane Hegel. 31 G. Lukcs, “Nietzsche quale precursore dell’estetica fascista”, cit., p. 346. 32 Mi riferisco alla vicenda tra Lukcs e Irma Seidler, cfr. A. Infranca, “Lukcs a Firenze”, in Il Veltro, fasc. 1-2, a. XXXVII, gennaioaprile 1993, Roma, pp. 139-150.

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