Вы находитесь на странице: 1из 488

HANDBOUND AT THE

GIORNALE STORICO

LETTERATURA ITALIANA
VOLUME
X.

(2o semestre 1887).

f^

GIORNALE STORICO

LETTERATURA ITALIANA
DnUETTO E REDATTO

ARTURO GRAF, FRANCESCO MOVATI, RODOLFO RENIER.

VOLUME

X.

TORINO

ERMANNO LOESCHER
FIRENZE
Via Tornabuoni, 20

ROMA
Via dl Corso, 307

1887

i/,

/q

PROPRIET LETTERARIA

t^'

Torino

Vincenzo Bona, Tip.

di S.

M.

e de' Kit. Principi.

IL

ZIBALDOM BOCCACCESCO

Confesso di provare una certa trepidazione nel


quest'articolo in

mandar

fuori

un momento

cosi favorevole al ritrovamento di

autografi;

trepidazione vinta appena dal


il

pensiero che fortuna-

tamente, questa volta, non avr

lettore a maravigliarsi d'una

nuova scoperta,

ma

sar soltanto invitato a riprendere in

esame

un'opinione, esposta gi da sessant'anni,


l'essere
la

ma

lontana ancora dal-

generalmente e assolutamente accettata. E certo vale


di riesaminarla,

pena

non

solo

perch riguarda uno dei nostri

scrittori pi grandi, quale

Giovanni Boccaccio,
la

ma perch

dall'ao

Gettarla o ripudiarla dipende

soluzione, in questo o in quel

senso, di molte quistioni importanti di biografia e letteratura boc-

caccesca.

Intendo parlare del codice magliabechiano


la

II, II,

327,

da Sebastiano Ciampi per


Boccaccio

prima volta giudicato autografo del

La

storia particolare^iata di questa

scoperta pu
B.,

il

lettore

vedere nei

Monumenti
un

di

un ms.

autografo cU G.

stampato

a Firenze nel 1827 e ristampato con aggiunte a Milano nel 1830:


libro, se vuoi,

po' arruffato,

dove

il

Ciampi, per desiderio di

dimostrare ed illustrare troppo, lascia forse desiderare quel senso


della

misura e dell'ordine che indispensabile

in ogni

genere di

lavori,

ma

pieno pure, per esser giusti, di molta dottrina e di


la

molto buon senso. Certamente non merita


OtomaU
tUtrieo, X, fw. 28-29.

frecciata del signor


1

Z
Koerting,
facilmente
il
il

F.

MACRl-LEONE
la strada

quale, forse

per aprirsi

a combatter pi

l'autenticit del zibaldone, comincia dallo screditare

libro del Ciampi,

chiamandolo addirittura: wiistes Sammel-

werk, das in Wahrlieit ein zweiter Zibaldone genannt

werden

kann

(1).

Alla scoperta del Ciampi applaudirono molti giornali letterari


di

quel tempo, italiani e stranieri,


di
il

quali

il

Fiir literarischer

Unterhaltung
(aprile, 1827),
gio,

Lipsia (maggio,

1827), la

BMioteca italiana

Supplemento al nuovo Osservatore Veneto (magdi Parigi (giugno, 1827), e


(fase.

1822), la

Revue Encyclopdique
scrisse

specialmente V Antologia fiorentina

83, 84), nella quale

Emanuele Repetti

un

eccellente articolo, facendo delle oslo stesso

servazioni molto assennate.

Carlo Witte scriveva da

Breslavia, in data de' 4 giugno 1827, al Ciampi: Del Zibaldone


solo

non

mi sono prevalso per l'introduzione


il

del

mio Decamerone

volgarizzato, che presentemente sotto


grandissimo piacere a

torchio,

ma ho provato

leggere quell'elegante libretto, e posso

dirmi persuaso delle sue ragioni per l'autenticit del carattere,

quantunque altronde
.

io sia

durissimo a prestar fede a delle cose

simili

Ci fu, vero, per dirla colle parole del Ciampi, chi spargendo

de dubbi,

non mica

in iscritto, rna sofisticando, tentennando


il

il

capo e storcendo la bocca, dava oracoli negativi; ma

dotto

uomo,

assicurato da' prodotti argomenti e dall'impressione che universalinente avean fatto, se ne stava tranquillo. Forse non avrebbe

conservato

questa tranquillit, se fosse vissuto tanto da veder

combattuta, e da uomini
perta. Dei quali
rabili

certamente egregi,

la

sua

felice
lati

sco-

primo

il

Landau

(2),

attaccandosi ai

vulne-

che certamente

presenta la dimostrazione

del Ciampi e

con

felice

arguzia esponendone le contraddizioni, conclude che le


manoscritto
di

ragioni

esterne per ritenere questo

autografo del

Boccaccio sono affatto infondate, e che nulla

quanto

si

con-

(1) (2)

Boccaccio

's

L.

und W.,

p.

19, n. 1.

G. Bocc, L. u. W., pp. 248 sgg.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECHIANA


codice ci autorizza a ritenere
il

tiene

nel

Boccaccio non
il

che
(1)

scrittore,

neppure autore

di quello.

Dopo

di lui ,

Koerting

torna con maggior accanimento all'assalto per distruggere quello

che

egli

chiama

la

polente idea fssa del Ciampi, sostenuta

con

un

vero fanatismo; e, con molta dottrina, degna forse


,

di mi-

glior causa
fine della

seguita a combatterne

lati

deboli
(2):

riuscendo alla
l'auten-

sua ricerca a questo risultato

che per

ticit del zibaldone

nessuna prova pu essere addotta, contro di


e
potenti ragioni
si

essa

invece

molte

oflfrono.

Tuttavia, con

maggior prudenza del Landau, lascia uno spiraglio aperto a un


posteriore esame, se dice:

denn etwa sich

findendes neues
.

< Material konnte unverhoffte neue Aufklarung bringen

Fortunatamente per

il
i

Ciampi, non son mancati degli uomini


sian tornati a sostenere
l'Hortis
(3)

non meno autorevoli,


cit del zibaldone.

quali

l'autenti-

Poco prima del Koerting,

nel

suo
tro-

erudito lavoro

sulle

opere latine del Boccaccio


i

avea

vato opportuno di

esporre

principali

argomenti addotti dal

Ciampi

aggiungendo a conferma alcune osservazioni che egli


ripetutamente
il

metteva fuori dopo aver esaminato

codice

7nagliahechiano: poche e giuste osservazioni,


decisive,

ma

certamente non
:

se egli

stesso
il

in

altro

luogo del

libro (4) confessa

tuttoch io stimi

Zibaldone

Magliabechiano per autografo

del Certaldese, pure

non ho voluto nominare Franceschino


gli

* degli Albizzi
dal

Forese de' Donati tra

autori

consultati

Boccaccio. In
il

prima perch non ancora fuor d'ogni


in se-

< dubbio che * condo


sfeld (5),

Zibaldone sia veramente del Boccaccio;


.

luogo

E,

poco dopo

il

Koerting,

il

dott.

Simon-

metteva a contributo dell'autenticit del zibaldone


gli

alcune ricerche che

era accaduto di fare ne' suoi studi di

(1)

(2)
(3)

Op. cit, pp. 15 sgg. Op. cit., p. 27.

Pagg. 328 sgg.


Pag. 537.
Siiiungsberichte der K. hayer. Ahad. der Wissensch,, 8 gen. 1881.

(4) (5)

F.

MAGRI-LEONE

storiografia veneziana nel medioevo, ribattendo con molto

e dottrina

alcune obbiezioni del Landau e del Koerting;


dell'Hortis,

acume ma^

meno ancora
perch
il

poteva egli arrivare a risultati positivi,

egli stesso confessa di

non aver potuto studiar da vicino

zibaldone e di non averlo, pur troppo, sin allora ricevuto per

esaminarlo convenientemente. ( Den Zibaldone habe ich leider


nicht hierher erhalten
).

Essendo a

tal

punto
il

la quistione,

non mi parso

inutile stu-

diare minutamente

famoso manoscritto, mettendolo, all'uopo, in

relazione con

un

altro
il

ancor pi famoso
pi.

e,

per
n. 8.

lo

meno, appartedopo averlo


as-

nuto al Boccaccio,

laurenziano

XXIX,

E
i

siduamente e diligentemente esaminato, non mi parso neppure


inutile esporre
tali
i

risultati delle

mie ricerche:
la

quali se saranno
il

da trasfondere nel lettore


stato

mia ferma persuasione che


dal

zibaldone sia

composto e
al

scritto

Boccaccio, spero di
al

aver reso anche un servigio

povero Ciampi,

quale va data

intera la lode della scoperta.

Comincer intanto dal dare un'accurata illustrazione del


dice,

co-

primo fondamento d'ogni discussione e avviamento a future


;

ricerche

illustrazione

che

lo stesso

Ciampi e

gli altri,

quali

si

occuparono del zibaldone, pur troppo, dimenticarono


al difetto della

di
il

fare, e

quale non mi pare che possa supplire


il

breve

e spesso errato indice, che


nell'articolo citato. Poi,

Repetti cred opportuno d'inserire

tenendo pur conto delle giuste osserva-

zioni del Ciampi, dell'Hortis, del Simonsfeld e confutando, al bi-

sogno, quelle obbiezioni del

Landau e

del Koerting

che mi paiano

degne almeno

di essere

confutate, cercher alla meglio di rin-

tracciare l'autore e lo scrittore del codice.


Il

manoscritto, ora appartenente alla


II, II,
,

biblioteca

nazionale d

Firenze, segnato
della

327, era
alla

il

n.

122 (classe 23, palco 5)

Magliabechiana

quale era
in folio

pervenuto dalla libreria

Strozzi (n. 393).


di
e.

cartaceo

(mm. 0,310

X 0,230); consta
le

carte 305 (num.

ant.), delle

quali

mancano

prime sino a

20" e alcune intermedie. Di quelle

che restano non tutte sono

scritte,

tutte le scritte sono

egualmente colmate: parte sono

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECHIANA

rimaste

totalmente in bianco e alcune scritte a doppia colonna


di

non sempre riempita. La carta ha d'ordinario per impronta


fabbrica ora
dice,

una pera, ora tre


massima

talvolta

ne manca

affatto. Il co-

per

la

parte, scritto

da una stessa mano: per

l'altra

da una

mano
pi

posteriore, e in qualche luogo restano tracce

di

mano ancora

recente, in pochissime e
dalla seconda
tutto
il

non considerevoli
pochissimi
:

aggiunte.

I fogli scritti

mano sono
97*,
il

dal

92' (colle parole


al 295'. Io

Eie misit) a

IBS""

e forse dal 292

non prendo

in considerazione,

com' naturale, che


se-

la scrittura della

prima mano: scrittura senza dubbio, del

colo XIV.

Ecco

il

contenuto del codice:


cod. acefalo) seguita

e.

20^

(il

il

compendio del

libro

I,

6, del

De

bello

cimli di Cesare, che

l'autore del

codice attribuisce ,

come vedremo, a

Svetonio, diverso da Svetonio Tranquillo, autore delle "Vite dei XII Cesari (1).

A A

e. e.

23^

{dum hec aguntur) comincia


il

il

compendio del

libro 2*.

25^ (dictatore cesare) comincia


(a cesare occiditur) finisce
:

compendio del
compendio del

libro 3.
Il

A e. 30'

il

libro 3.

zibaldooista

aggiunge

hic finem ponit Suetonius libro eios quarto, obmictit


tradita

autem

* plura ab aliis

Segue

il

compendio del De

bello ale-

xand ritto.

A e. 32*

(cesar

comincia
)

il

compendio del De
il

bello africano. bello

A e. 35^
del

(pervenit

finisce

compendio de

africano.
, e
il

Segue

la solita

aggiunta finitus est liber suetoni quintus...


bello hispaniensi.

compendio

De

A e.

SG' comincia, dopo

un prologo

del zibaldonista,

il

compendio delle Vitae

XII Caesarum
miziano),
e.

di Svetonio:

si

estende a tutta la dodicesima vita (Do-

67'.

A e. GS'

segue

la storia degl'imperatori

da Nerva a Valentiniano, compilata

da Eutropio, Orosio, Eusebio, ecc

A e 73'" s^ue

la

storia

degl'imperatori da Valentiniano a Costanzo tratta

da Paolo Orosio.

(1)

Del

modo con

cui

il

zibaldonista ha fatto questa grande compilazione

storica e delle fonti da lui usate ci

occuperemo

in seguito.

F.
c. 74''

MACRl-LEONE
cronica di Martino

una compilazione

della

Polono.

Segue questa

aggiunta:

hic frater martinus terminat cronicam

suam quantum ad
scribam

imperatores, de

summis vero

pontificibus- etiam

secundum

eundem

e. 84''

segue: Hec assumpta sunt ex

quadam

alia cronica
al 1293.

anglorum

la quale

comincia dall'anno 1066 e arriva sino


pontificibus universis
hedifitiis

A e. 85'' A e. SS""

De De

secundum

fratrem,

Martinum

memorandis urbis rome secundum fratrem Mar-

Unum.

e.

89' Cronica

summorum

pontificum

secundum fratrem Martinum


prima mano: da

pape penitentiarium.

Sino a carta 92' (linea 18), e propriamente sino

alla parola sacrifcium, si

estende la scrittura della


alla

questo punto sino

e.

97*, cio, sino

biografia di Clemente

IV

(1265) la scrittura diversa e di

mano

posteriore,

come

si

rileva

anche

da ci che, alla fine della


l'elenco

e. 97',

mancandogli

lo spazio per continuare


e.

de' papi, lo scrittore nota:

quere pr aliis a
il

125 , dove

infatti seguita, scritto

da questa stessa mano,


(98''-124t)

detto elenco sino a papa

Onorio (1286). Le carte intermedie


dalla
e.

essendo

gi state

scritte

mano
si

anteriore,

il

secondo

scrittore
il

ha dovuto riprendere
richiamo
citato.

alla

125 che

trovava bianca; e per fa


dalla

e. QS""

(scritta

prima mano)

de

Heraclio

imperatore
a

(fram-

mentario).

c. 98'".

Qualiter

inveniatur
etatis

verum

esse christum

mortuum 25 martii
.

in die veneris

anno

sue 33 et mensibus tribus


(p.

un computo
quasi tutta

cronologico, pubblicato dal Ciampi


la pagina,

38 e

segg.).

Occupa
si

ma

cancellato con due linee in croce dello stesso inchiostro.

La

sottoscrizione abrasa,

ma non

in

modo che non

possa leggere

Johannes de Certaldo.

e. 99''

si

trova disegnato

un

circolo

comprendente nove
le

circoli concentrici

divisi

da

settori

che, intersecando
scritte parole o
di

circonferenze, formano delle cariferentisi a calcoli

selline,

dove sono
specie

numeri

astrono-

mici.

una
un

calendario

astronomico fatto a illustrazione del

computo che a

e.

98',

come

quivi detto.

A A

e. lOOif

estratto dalla cronica di

Martino Polono

relativo alla nascita

e alla vita di Cristo.


e.

100'

Sermo magistri

zenobii de strata fiorentini (Pubblicato e tra-

dotto dal Ciampi, p. 72 e segg.).

A e.

105' alcune sentenze tolte da Fulgenzio: honestus labor... ; ebriet


est flagitiorum...

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECHLNA


e.

La
La

e.

106 manca. A.

IO?""

e Salustii crispi

catellinarios

liber

incipit >

(frammentario).
e.

107 bianca.

e.

110'' Incipit liber

geonologie tam

hominum quam
p.

deorom secundum paulum de perusio (Pubblicato dall'HoRTis,


e segg.).

525

A e. US' A e. HO'

un frammento

di lettera latina, di cui parler pi sotto (inedito).

C. Plinius Secundus de istoria naturali libro

VI

in finem >;

un

altro piccolo

brano

tolto dal libro Vili trovasi a e. 120'.

A e. A e.
A
Le
e.

121''

Secundum franceschinum de

albizio et forese donati geonologia

deorura incipit > (Pubblicato dall'HoRTis, p. 537 e segg.).


123'"

De canaria

et Lnsulis reliquis ultra

ispaniam in oceano noviter

repertis (Pubblicato e tradotto dal Climpi, p. 54 e segg.).

125^ riprendesi l'elenco de'


dalla seconda

sommi

pontefici scritto,

come abbiam

visto,

mano.

carte 125'-127 sono in bianco, la 128 manca, la 129'" anche in bianco.


scritte

Della 129' sono

soltanto due righe, che

contengono una sentenza

tolta dall'epistola 25' di

Seneca a Lucilio: Bona mens... Mancano

le carte 129-147'.

e.

147' trovansi scritte a due colonne, non sempre riempite, delle sentenze
tolte

da Seneca, aggruppate sotto varii

titoli.

Comincia

la

prima colonna

col titolo de paupertate etc... , l'ultima (e. 160') de consideratione

habenda contra adulatores...

Le

carte 161 e 162'' son rimaste in bianco.


di

e.

162'

si

trova la genealogia

Carlo

re di Sicilia.
di 13 versi del libro 1 delle Metamorfosi. Prinrite libellus

e.

163'

un frammento

cipium

mundi

Seguono nove righe mutationes

huius primi

libri ovidii

maioris hec sont...

A A A A A A

e.

163'

De

situs civitatis

anthiocene

Seguono

tre

aneddoti storici

scritti in latino.
e.

ll' < Incipit totius orbis divisio. (Estratto dalla cronica di Paolino

Veneto, frate minorit).


e.

166' Descriptio regni syrie et egipti , eitisdem.


< Descriptio maritime syrie e a
e.

e. 167''

167' Descriptio regni egypti ,

eiusdem.
e.

168 < Quorundam oppidorum et notabiliorum locorum terrae promissionis , eitisdem.

e.

169^ <

De fluminibus

et acpiis

e a

e.

169' Descriptio

venerabilio-

rum locorum

S. civitatis.

lerusalem

eiusdem.

F.
e. 171''

MAGR-LEONE
relative agl'inventori
etc. ,

trovansi delle

notizie

dell'astrologia;

e a

e.

171*

regnum bactrianorum, parthorum


origine regni

eiusdem.

A e.
A.

172'"

De

hunnorum
etc. , e

eiusdem.
e.

e. 174'"

De yrarim quarto

174* de regno argivorum se-

cundum Venetum lberintatorem. A e. nS' Regnum micenorum etc. ,


eiusdem.

e a e. 175*

Reges sicomorum....

A e. 176'' A e. 179* A e. 181'' A e. 188* A e. 189'"

De regno troianorum
,

e de regno brictanie

eiusdem.

Reges anglie

eiusdem.

De
De

origine francorum , eiusdem,.

origine vandalorum , eiusdem.

De

regibus asturie in hispania , eiusdem.


, e a
e.

A e.
A

190"^

De regibus ostrogothorum
,

190*

De novis persarum

regibus
e. 191''

eiusdem.
, e

De regibus bulgarorum

e.

191*

De regibus saracenis

eiusdem,.

A e. 192"^ A e. 193* A e. 195'" A e. A


A.
196'^

De regibus ungane
De
origine

eiusdem.
,

normannorum ducum...
, e a
e.

eiusdem.

Regum

scotorum

195*

De venetorum ducum

prin-

cipio , eiusdem,.

De novis persarum regibus


,

, e

e.

196*

De quibusdam

gestis

Gyngys...
e. 199'"

eiusdem.
cipri;

Reges

consortes

reginarum; reges

lerusalem, eiusdem,

(scritto in tre colonne).


e.

199*

De

origine

modernorum regum armenie

eiusdem.

A e. 200* A e. 201''

alcune notizie intorno ad Aytone.

De quibusdam regibus persarum


,

e.

202*

De regno

Egyptiorum

eiusdem,.

A e. 203'' A e. 204'

Reges

sirie

qui infestaverunt iehrusalem

eiusdem,.

De imperatoribus grecorum postquam


factus est.

carolus

magnus romano-

rum imperator

A A

e. 205''

seguono tre aneddoti, scritti in latino (v. Ciampi, op.

cit.,

p. 6).

e.

206^ De
nis etc. ;

quibusdam
e a
e.

ultramarinis

dominis

seu

regibus
roberti

vel

solda-

206*

Genologia descendentium

guiscardi

quantum ad rengnum

sicilie,

nec alibi m,elius adhuc comperi.


(

A A A

e.

207 De regibus Iehrusalem

Venetus).
terra sancta

e. 219''

De
De

diversis

hominum
Op.
cit.,

nationibus a quibus
p. 6).

poUuta

est (V. Ciampi,


e. 220''

principatibus rengni lerusalem , eiusdem.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECHIANA


Gteonologia comitisse matilde >
e

A c. 221'
e.

notizie biografiche di lei : a

221* < de

quibusdam
,

imperatoribus

electis

post

firederici

secundi

dapnationem

eiusdem.

A e. 222' A e. 223^

De

alicjuibus

burgundie regibus

eiusdem.
< De

De

ezolino de
,

romano ; a

e.

223'

Mahumeth propheta
citt,

saracenorum

eiusdem.
;di

A e. 224
A e. 225^
a

trovasi

un catalogo

nomi

proprii di principi,

popoli,

compilato dalla cronica di Paolino veneto.

De

doctoribus seu inventoribus philosophis poetis

tam

gentilibus
sino

iudeis christianis

quam

quibuscunqpie

aliis

, eiusdem. Arriva

e. 251, continuato dal zibaldonista sino al suo tempo,


cit.,

come vedremo

pi sotto. (V. Ciampi, Qp.

pp. 21 segg.).
,

e.

233^ Geonologia beate virginis et loseph

eiusdem; a

e.

233 de

quibusdam sanctis martyribus confessoribus virginibus et quibuscunque


aliis , eiusdem.

e. 262'"

< de conversione ulterioris indie et yberie , eisdem.


o

A e. 2&P

ex libro VII plinii de istoria naturali. Elenco di


;

nomi greci
di-

e romani di personaggi illustri

e a

e.

264 l'albero genealogico dei

scendenti da

Faramondo
e.

1*,

re di Francia.

La e. 265^

in bianco; a

265' liber aytonis domini curci con


dal

un

pro-

logo dell'autore (Pubblicato

Clvmpi,

p.

10 e segg.). Arriva (fram-

mentario) sino a

e. 276. e.

Le

e.

276 -289'" mancano, le


scritta la 292'".

289-290 non sono

scritte,

manca

la 291,

non

A e. 292

< Francisci petracce laureati epistola ad spectabilem insignem viscritto

E rum dominum Nicholam de a^^iaolis etc calligrafico da mano di persona ignorante, come

in

carattere

risulta chiaramente.

Le

carte 395-297

non sono

scritte; le altre sino a 390

mancano.

e. 300"^

un elenco

di

nomi

illustri dell'antichit.

Le

carte 300 -302'" non sono

scritte.

e.

302 altro catalogo di

nomi

illustri dell'antichit, il

quale

finisce a e. 303'".

La

carta 303 e la 304, ultima, non sono scritte.

Come abbiamo
tutto
il

osservato, tranne pochissimi fc^li scritti poste-

riormente e qualche riga manifestamente aggiunta da altra mano,


codice scritto da
se dall'esame della

un

solo, a varie riprese.

Che
tenuto,

scrittura

passiamo a quello del consi

un

altro carattere pi importante ci

presenter: l'unisi

cit di composizione. Tutti gli scritti,

che quivi

trovano, fanno

10

F.

MAGRI-LEONE
materialmente con
codice

capo ad un solo; non perch siano disposti

un

disegno preordinato,

come avverrebbe d'un

apposta

copiato da

un
si

altro,

ma

appunto perch messi insieme, a mano

a mano che
tratta di

presentava l'occasione, per uso proprio.


ricopiato,

Non

si

un codice gi formato e

ma

d'un

codice in
di

formazione. ,
studio,

come

stato

detto,

un memoriale d'uomo

un zibaldone pieno
insomma La

di estratti, riassunti, notizie staccate,

citazioni,

di materiali diversi di erudizione,

da servirson delle

sene

al bisogno.

scrittura

non procede ordinata;

ci

carte lasciate in bianco, altre scritte

soltanto per poco, postille

e pentimenti al

margine

e nel testo richiami da

un

foglio

ad

altri successivi; e, quello


il

che pi manifestamente ancora dimostra

carattere di zibaldone, parecchie carte (147-160) divise in due

colonne, in
rali,

ognuna

delle quali son registrate delle sentenze


titoli,

mo-

raggruppate sotto diversi

ed lasciato un certo spazio

per potervene aggiungere successivamente delle altre quando se

ne fossero dallo
dalle

scrittore

incontrate

(1).

Spesso anche quando

materie che trascrive costretto a seguire un certo orcodice, nel margine o

dine piuttosto che un altro, l'autore del


in calce,

con opportuni richiami cerca

di

dare alla materia quel-

l'ordine intrinseco

che a

lui

paia pi acconcio. Cos, per riferire


di notare, in fondo alla

uno

de' tanti casi

che avremo occasione


:

carta 171, notato

vide infra per quatuor cartas de regibus

istius regni qui sint

secundum venetum,

ubi tale singnum .


infatti

si fa

un segno convenzionale che riappare

e.

175, al

margine.
postea

e.

200": vide

adhuc in sequenti pagina


rege

quedam
ri-

reperta de aytone

armenie

al
il

margine

corrono spesso delle postille che o correggono


chiarano o
lo

testo o lo di-

riassumono;

postille

che spesso rivelano, come

vedremo, un ingegno acuto e bizzarro, sempre una mente che


padroneggia
le

materie trascritte.
ci

E non

solo

da queste relazioni esterne e materiali

attestata

(1)

Ciampi, Op.

cit.,

p. 2.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECHIANA

11

l'unicit di fattura del codice,


scritti contenuti.

ma

dalla composizione stessa degli

Perch, fatta astrazione dagli squarci fedelmente

copiati (che sono pochi) e dalle sparse notizie di erudizione, gli


altri scritti,

sebbene non siano

iuiti originali,

pure hanno subito

una notevole trasformazione per opera

dello scrittore del codice.


fatta del contenuto, la
i

Come

si

pu vedere dall'esposizione gi

massima parte

del codice occupata da estratti storici ;


di notizie storiche,

quali

non formano una semplice accozzaglia


nel loro apparente disordine,
dotta secondo

ma, anche

una

intelligente compilazione con-

un disegno

ordinato, secondo

un piano

di storia

universale critico-ragionata e cronologica, combinata colla geografia di tutte


dell'autore
(1).

le

nazioni dai tempi pi

remMi

sino ai giorni
in seguito:

Di tale compilazione

dovremo occuparci

per ora

ci basti di

aver notato che non solo dalle relazioni esterne


interna del contenuto
ci

ma anche
strato
il

dalla composizione

dimo-

secondo carattere del codice: l'unicit

di fattura.

Scritto da

un
Il
il

solo,

anche da un

solo stato

dunque composto

questo codice.
necessit che

carattere di zibaldone implicherebbe di per s la

compositore e

lo scrittore fossero

una medesima

persona.

Ma

se

qualcuno volesse pure obbiettare non essere del


il

resto impossibile che


solo

codice,

pur essendo

stato

composto da un
altro,

quanto

al contenuto, sia stato trascritto

da un

che

sia
fa-

insomma

la copia di

un zibaldone
1,

bell'e compiuto, si

potrebbe

cilmente rispondere:

che un zibaldone non un libro


si

desti-

nato alla pubblicit n per

d a trascrivere come un'opera

compiuta. Anche se qualcuno, per propria erudizione, voglia trascriverne quelle parti che a
costretto a conservare
ruffio,

lui

paiano pi acconce, non per


quell'ar-

anche quel disordine materiale e

che nell'originale derivano necessariamente dalla mancanza


prestabilito di
il

di

un disegno
si

disposizione materiale;

2,

tanto

meno

capisce perch
i

copista

non introduca nel

testo le cor-

rezioni e

pentimenti

che l'autore stato costretto a fare nel

(1)

Ciampi, Op.

cit.,

p. 3.

12

F.

macr-leone
il

margine o nel

testo; invece

codice

magliabechiano

irto di

note, di postille, di richiami fatti dalla stessa


si

mano;
in

3,

neppur

capirebbe, perch

alcuni fogli siano rimasti

bianco, altri
si

scritti

per poco,

altri

invece colmati sino ne' margini: n


il

po-

trebbe ragionevolmente spiegare

fatto

gi osservato delle co-

lonne sotto cui son


relativo spazio

registrate le sentenze morali di Seneca col


,

lasciato in bianco, e l'altro, pi importante


si

del

lungo brano latino che


sottoscrizione
l'Hortis (1),
lo

trova a

e. 98*,

cancellato in croce e colla

abrasa.
il

E da

ultimo,

come nota giustamente


un
altro simile

che
le

zibaldone non sia copiato da


fatte

provano

cancellature

dallo scrittore a quelle osser-

vazioni che furono composte da lui stesso


si

Un'altra
il

obbiezione

potrebbe fare.
si

non potrebbe darsi che

compositore del

codice

fosse servito d'un altro per far trascrivere le materie


il

contenute? Ma, lasciando andare che sarebbe stranissimo


d'un

caso

uomo

di studio

che

si

servisse

d'un

copista per ogni pic-

cola notizia d'erudizione che egli volesse trascrivere in

un meipotesi

moriale fatto per suo uso e consumo,


la

si

oppone a questa

presenza delle postille e delle note e de' richiami


correzione o per
stessa

fatti

nel
la

margine, per
materia, dalla

disporre pi

ordinatamente

prima mano.
le postille e

vogliamo arrivare a supper


i

porre che anche per

richiami

si sia

ricorso,

a volta a

volta, all'opera d'un copista?


altri

Ancora
tesi

argomenti
la

per escludere affatto queste due

ipo-

potr

offrirci

disamina del contenuto. Intanto possiamo


il

con certezza affermare che


posto e scritto da

codice magliabechiano stato com-

una medesima persona.


punto
la quistione,

Condotta a questo

non rimane che a

rin-

tracciare, mediante lo studio del codice, la persona dell'autore.

Gi basta dare uno sguardo


tenuto per accertarsi che
il

alla semplice esposizione

del

con-

zibaldonista doveva essere

un uomo

erudito. Di che possono far fede

non

solo le compilazioni storiche e

(1)

Op.

cit.,

p. 399.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLLABECHIANA


gli estratti dalla

13

geografiche e

Storia naturale di Plinio e dalle

opere di Seneca, non che di


gli

scrittori medievali,

ma, pi ancora
dell'antichit, di

elenchi

(e.

SOO' e 302') di
di

uomini

illustri

fatti mitologici,

luoghi e citt notabili, con citazioni dirette e

precise delle poesie di Orazio, delle satire di Persio e di Giovenale, delle opere virgiliane e ovidiane
,

dove ciascuno

di quelli

rammentato. Si ritrovano

caratteri d'un'erudizione

non

solo

medievale,
dito,

ma ma un erudito

umanistica.

l'autore

non

solo

si

dimostra un erucriterio.

d'intendimenti

larghi e di molto

Egli mirava,

come abbiamo
colla

osservato, a

una compilazione
le

storica

universale, collegata

geografia di tutte

nazioni; nella
di

quale compilazione

mostra una certa indipendenza

criterio,

che

spesso lo fa sbizzarrire

argutamente contro
il

gli

autori stessi

dai quali

ha preso a
anzi

prestito

materiale ch'egli ha usato a suo


intorno a questo punto; che,
ci

piacere. Giova
se

soffermarci

non

altro,

potr servire bene d'avviamento alla ricerca che

siamo proposta.
Ck)me abbiam visto,
il

codice comincia con

una compilazione
I,

dei comentari di G. Cesare e propriamente alla fine del libro del

De

bello

civili ().

Possiamo per ragionevolmente supporre

(1)

Anche

il

codice della palatina di Vienna, n. 60

(cfr.

Semonspeld, Opusc.
molto probabil-

cit, p. 8) contiene

una

tale compilazione: la quale per deriva

mente dal zibaldone magliabechiano.


le fonti pi

Certo

la redazione di questo riproduce

vedere da questo solo esempio.


biografia di

pienamente, pi direttamente e pi correttamente, come si pu A e. 70^ del Zibaldone segue una breve Decio, di cui una parte questa Decius e pannonia inferiori

< natus bubalie [civilis belli incentor et repressor occisis philippis] usurpat

< vel

imperum anno urbis 1004 2 secundum Eutropio,


fuit.

fet

facto cesare

ab augusto 25] imperium tenttit annis 3 filio ad cbrstianos persequendos


sed hoc non esse

studiosissimus

Et ut tradii Eutropius vir christicola beatus laurenaflfectus,

tius ab eo martirio est

verum

deprehenditur...
2i).

Le

fonti di questo
(a.

brano sono Eutropio (IX, Decius), Orosio (VII,

Eusebio

dni 253).

Le parole comprese
si

in parentesi

quadre mancano nel


il

cod. viennese, sebbene

ritrovino nelle

fonti alle quali

compilatore del

zibaldone ha attinto:

ci

che prova

l'originalit della redazione del zibalcitate, ocil

done

di fronte a quella del cod. viennese, dove, oltre alle lacune corrono errori evidenti di lezione. G)si, nel brano citato, legge

cod. di

14

F.
fogli,

MAGR-LEONE
si

che nei primi 19

ora mancanti,

trovasse anche la com-

pilazione degli altri comentar. Quello che importa notare che

non

si

tratta di semplici estratti,

ma d'un vero
il

e proprio compendio

fatto

liberamente e intelligentemente:

che dimostra nell'aualcuni

tore

una conoscenza
:

del

latino

sicura. Riporto a caso

brani

De

bello civili, lib.

I,

cap.

YIIMX.
et

Zibaldone magliab. e,

20'".

Pauca eiusdem generis addit cum


excusatione Pompeii coniuncta. Ea-

pauca addit huius modi cum ex-

cusatione Pompei,

dem

fere atque eisdem diebus praetor

eadem

fere
et

Roscius praetor con-

Roscius agit

cum

Gaesare, sibique

memorai
ea
a

agit

cum

cesare
dicit.

et se

Pompeium
strat.

commemorasse

demon-

pompeo habere

Cesar

nactus ydoneos homines ad pomperes


etsi

Quae

nihil

ad

levandas

ium sua verba


ut

deferri petit

ab

eis

iniurias pertinere videbantur,

tamen

magnas controversias

tollere

pos-

idoneos nactos homines per quos ea

sint et

armis liberare ytaliam.

quae
petit

vellet

ad

eum

perferrentur

ab utroque, quoniam Pompeii


se detulerint

mandata ad

ne graven-

tur sua quoque ad


ferre;
si

eum
atque

postulata de-

parvo labore magnas con-

troversias tollere

omnem

ita-

liam metu liberare possent.

Pi succintamente ancora compendiato


tolo

(e. 21')

tutto

il

capi-

XXXIV

dello stesso libro: pi

meno largamente

sempre
com-

con intelligenza procede


pendio del libro 2,

la compilazione.

Finito a

e. 20"^ il

l'autore

aggiunge:

hec perscripta gesta


1.

sunt anno primo civilis belli quo anno consules fuerant


tulus et

len-

marcus marcellus rome

creati

Sequitur annus secun.

dus quo gestum fuit in farsalia prelium

Un esempio
firono
i

notevolissimo di compendio
del
libro 3",

libero e succinto of-

cap.

XLV-XLVIII

che l'autore del codice

ci

Vienna heatum laulentum invece di beatus laurentius. Ad ogni modo da siamo certi che il cod. magliab. non deriva, per questa parte, dal viennese; se mai, sarebbe
il

contrario.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECHLA-XA


:

15

riassume in queste poche righe


presidiis

in expugnandis et occupandis
|

magna

vi utrique

contendebant

pompeius iuxta mare


|

positus frumento et omni comeatu habundabat Cesar in sum mis erat angustiis consumptis frumentis id locorum omnibus
|

hoc patientissime eius milites


iegumina recusabant
appellabatur
|

subportabant
est

nec ordeum nec

Inventum

ab hiis genus radicis que


|

cara que admixta

lacte inopiam sublevabat


|

ex
ex

his panis similitudinem faciebant

eius erat copia plurima

hoc panes

eflfectos

cum
.

in colloquiis pompeiani

famem

obiecta-

rent militibus cesaris vulgo in eos iaciebant ut speni

eorum

minuerent
Finito a
e.

(e.

2T)
il

SO^

compendio del

libro 3, l'autore

a^iunge

questa nota: hic finem ponit suetonms


mictit

libro eius quarto, ob-

autem plura ab
il

aliis tradita.
)ello

Nam

ab

aliis

traditur

e a
lito:

e.

35, dopo

compendio de

africano, aggiunge al so-

finitus est liber suetonii quintus in


.

quo agitur de

bello

africano

Come

si

vede, egli

attribuiva a

uno Svetonio,
i

diverso dall'autore delle Vite, questo libro non che

precedenti,

compreso

il

libro Vili de bello

goMco attribuito ad

Irzio. Il

che

appare pi evidentemente dal prologo che egli premette al compendio delle Vite
4C

di

Svetonio

(e. 36"");

dove dice:

Suetonius

tranquillus convix (sic) cesari scribit se res eius scripsisse

usque

ad iempies

cedis.

Non

eas inveni imo

dehinc de rebus eius

<
<

summam
cesarum

a scriptis alterius suetonii de libro qui scribitur

XU

nec a principio ystorie cesaris prosequar sed a rebus


confecta

gestis post civilia bella

E
il

a questo Svetonio
libro Vili,
il

Tranquillo egli doveva anche attribuire


sin

quale,

da' tempi di Svetonio {Vita Caes., cap. 56)

mancava, come

manca anche
quello che
libro:

oggi, di certa attribuzione; a lui, infatti, riferisce

Irzio (o chi per esso) scrive

in

principio

di

quel

< Gaesaris nostri commentarios

rerum gestarum Galhae

e non comparandos superioribus atque insequentibus eius scriptis


4.

contexui

novissime imperfecta

de rebus gestis Alexandriae


civilis
.

confeci usque flnem

ad exitum

-non

quidem

dissensionis cuius

nuUam videmus sed vitae

Caesaris

Ma ha ragione

16
l'Hortis (1) di affermare

F.

MAGR-LEONE
il

che

zibaldonista fu certamente fuor-

viato da

un autore,

dal quale molto trascrisse nel presente coil

dice, cio

da Paolo Orosio, che incomincia

capitolo settimo del

libro

VI con queste parole: Anno ab urbe condita DGXGIII.


consulibus
lege Vatinia Gaesari tres

G. Gaesare et L. Bibulo provincae

cum

legionibus

septem in

quinquennium datae,

Gallia Transalpina et Gisalpina et Illyricus. Galliam postea senatus adiecit.


pienissime
eocplicuit

comatam

Hanc

historiam Suetonius TranquUlus


si

Cosi

spiega

anche perch

il

zibaldonista scriva alla fine del

compendio

delle Vite di Svetonio


|

le

Ex

libris suetonii
sit

XII Gaesarum
et

nicil plus restat


|

Gum

domi-

tianos ultimus
tiani imperii

XII a gaio cesare dictatore

Guius domi-

le

tempore hic suetonius erat adolescentulus ut


|

superius habetur

or alter suetonius f san liuius


scripsit

proavus coegessit in gal-

vus
liis

fuit iulii cesaris et eius acta

que

et bello civili contra


il

pompeium
Gesare,

. Infatti

se Svetonio

ram-

menta

suo avo vissuto a tempo di Galigola, un altro Svetonio,


di

contemporaneo e storico
nostro zibaldonista se non
dei 12 Gesari.

non poteva essere per


di quello

il

un proavo

che scrisse
si

le Vite

Anche

il

forsan conferma che

tratta d'una

semplice induzione e non d'una notizia positiva.


In queste compilazioni l'autore del codice non attinge soltanto

a Svetonio e a Lucano,
Giuseppe Ebreo, e per

ma anche

a Floro, a Eutropio, a Orosio, a

la cronologia

ad Eusebio. Per non


le

si

con-

tenta solo di compilare; spesso confronta

diverse

fonti, facen-

done

la critica o nel testo o nelle note marginali. Gosi a e. 21',

facendo la critica d'una

notizia data

da Lucano e dal supposto

Svetonio Tranquillo, viene

concludere: habeo hunc suetoet

nium

et

lucanum suspectos ut qui interdum dicenda taceant


.

parva

exaggerent

a
i

e.

26'"

sull'autorit

di

Svetonio

(XII Gaesarum) e di Lucano,

quali affermano Gesare di notte

essere fuggito solo da Durazzo sopra

una barca, scrive: Sue-

(1)

Op.

cit.,

p.

333.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECHIANA

17
.

tonius tranquillus
e. 42*,

non ponit

forte putans ei

derogare

a proposito della battaglia di Filippi, espone le due verdifferenti


di

sioni

Eutropio ed Orosio, e a
Eutropius

e.

43 combatte Euponit quod

tropio coir autorit di Svetonio:

antho

nius repudiata sorore cesaris duxit cleopatram egipti reginam

in coniugem

sed hoc vanissimum puto


nicil

Nam

suetonius XII

cesarum qui omnia eius exposuit


non pretermisisset
di
.

de eo scripsit, quod

Cosi

potrei
detto,

ancora citare

altri

esempi a conferma

quello che

ho

non

trattarsi

d'una

compilazione ignorante,

ma

d'un vasto compendio storico, ordifonti.

nato cronologicamente e condotto su varie

Por

g'

imperatori

posteriori

Domiziano,

mancando una
dif-

fonte cosi sicura


fcile

come

Svetonio, al zibaldonista diventa pi


:

e pi complessa la compilazione

pure

egli s'ingegna di pro-

seguirla cronologicamente sulle tracce, specialmente, di Eutropio,

Orosio ed Eusebio. Di preferenza per segue Eutropio, dal quale,

com' noto, Orosio ha compilato.


alla

questo

ci

confessa egli stesso


Eutropius
ro-

fine

della

biografia di Gioviano (e. 72*):


(e

manus

hic

finit

riporta

la

fine del
|

libro

di

Eutropio:
|

quia

autem ad inclitos principes etc.)


ystoria

ipse qui a temporibus

urbis conditae scripsit

et ego in ea

cum

Orosio et

Verum quem leronimo ymitatus sum


Sic finis ut dixi

ystoriam

deficientibus libris tity per veneri t


|

livii nicil scripsit

quod ad oculos meos


|

Paulus autem dyaconus scribens subsequitur

Qui

abbine usque ad iustinianum

augustum

scribit

ystoriam

E infatti comincia dal compendiare il cap. XI di Paolo Diacono, ma tosto ritorna al libro VII, 32 di Orosio; finch dopo la biografia
di

Costanzo anche

questa

fonte

gli

viene

mancare

{usque hic paulus orosius qui modicis verbis iunctis ftnem dedit
operi suo,
e.

74'),

e allora, per

seguire
di

l'ordine cominciato, si
iste loco in

mette a compilare dalla cronica

M. Polono {ab

antea ex martiniana cr^onica stempia scribuntur); compilazione

che an-iva a

e.

83'

hic frater

Martinus terminat

cronicam

suam quantum ad
OtomaU

iraperatores, de
.

summis vero

pontificibus

scribam secundum eundem


ntorico, X, ftac. 28-29.

infatti,

per non interrompere


2

18
l'ordine
papi,

F.

MACRl-LEONE
indietro,

cronologico rifacendosi

trascrive

l'elenco dei

come abbiam

visto nell'indice del contenuto, in altri fogli

successivi.

Ma
la

tra le compilazioni storiche che trovansi in questo codice

pi importante, per la conoscenza diretta dello spirito critico

e arguto del nostro autore, quella che egli fa della cronica di

Paolino veneto, vescovo puteolano, indicato nel codice col


di

nome

cronografo veneto o semplicemente veneto

(1).

Questa com-

pilazione

che comincia a

e.

ITI""

preceduta da

una prefazione

del zibaldonista, pubblicata gi

non senza qualche piccolo errore,

dal Ciampi
fratrum

(2).

Essa dice: Quidam venetus religiosus ex ordine

heremitarum puteolanus episcopus tempore roberti


Sicilie regis

lerusalem et

nescio

utrum dicam an regnorum


sit

mundi regumque concordantia


scripserit
falsa

scribere conatus

an potius
se-

annalium plus

laberintum ultra confusionem rerum

pr veris scribens et ultra


|

hoc quedam a nescio ex cuius opere


si

quibus auctoribus sunpta fortasse vera

quid
|

me sumere

contingai

alibi

non repertum venetum allegabo


de
isto

quod quotienscumque

fecero

intellegatur volo

. (3)

Chi parlava cos d'un cronista, dal quale pure era costretto

a trascrivere in
essere uno de'

mancanza
non

talvolta di altre

fonti,

non poteva
pieno

soliti

ignoranti

compilatori,

ma un uomo

di criterio e atto

solo a giudicare,
si

ma
si

anche a correggere

le fonti storiche di cui

serviva.
si

Non

pu dire con quanta

insistenza e compiacenza egli

sbizzarrisca contro questo povero


tutt' altro

cronografo e quanti
piccichi.

nomignoli

che onorevoli
che non

gli apsi

nel

testo o nel margine, difficile

trovi

una correzione o una nota

spiritosa

o,

magari,

un'insolenza

(1) Il testo

che avr servito


p. 4.

di fonte a questa

compilazione sar forse


cit.,

il

codice
(2) (3)

lat.

Zanetti 399 della Marciana. (Gfr. Simonsfeld, Opusc.


cit.,

p. 4).

Op.

Anche

di qui si

vede che

il

compilatore

non ha
si

dinanzi

una copia
e

bell'e

formata della sua compilazione,

ma

che

accinge a farla;

per

dice che se gli avverr di attingere alla cronica di lui qualche cosa alibi

non repertum lo citer

coli" appellativo veneto.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLLVBECHIANA

19

contro questo cronista Uiberintatore. Su due punti, soprattutto,


lo batte in

breccia molto spesso: sulla

mancanza

di

ordine e sulle sostanziali.

l'insistere su cose di

niun momento, tralasciando

Se

lo spazio

me

lo

permettesse, trascriverei volentieri, a titolo

di curiosit, tutte le postille e le note in cui

preso d'assalto

il

vescovo puteolano. Invece devo contentarmi

di
il

darne un piccolo
carattere e
l'in-

sa^io quanto

basti a

metter in miglior luce

gegno del nostro zibaldonista.

e.

UT

egli nota

si

male concipitur ordo non culpa mei


e.

sed veneti male ordinantis a principio; a

179':

ego non

possum perversitatem ordinis imrao confusionis istius intelligere

nec comprehendere,

eie. ; a e. 179'

ab

isto

Osiu rege dis-

currit venetus absque alia

mentione alicuius regis anglorum

usque ad tempora lodovici primi imperatoris tempore cuius


nominai

quemdam alveredum quem


e.

scribit

primum anglorum

regem quod mihi mirabile videtur sed tamen sequar ordinem

< corruptum usque ad fnem >; a

18(y scribit iste sniemo;

ratys venetics in confusione operis sui quod, eie.


nella stessa carta

e pi sotto

iste venetus bestia in

hoc opere suo non

videtur

multum curare de

variatione

nominum rc^um propter


e. e.

< quod sepius oportet legentes curare vel divinare ; a

iste

181'
182'

venettts
sic
;

imbractator ostendit semper,

etc. ;

< non est


scius

quo mcUedicatur venetics descriptiones facere nee.

184',

a proposito della vita

di

Carlomagno, hic
clari-

(venetus) in nugis extenditur, in rebus aJiquid boni et ad

tatem historie pertinentibus adeo iurbide defective et succinte

loquitur ut quid velit dicere vix divinari


TfMledicalur

nedum

intelligi potest,

venetus

e.

187' vide hic manifeste qualiter

iste

venetus bergolis nullo

modo

respexerit quid dixerit, etc.


ipso venetus

a
e.

e. 193'

multum
a

discordai a se

hic, etc. ;

247, ironicamente,
;

bene hic conatus omnes posuit venetus


sancte deus

in dictando
oranino

e. 245'"

quam

incomposite et
.

nescie loquitur iste venetus

merdosus

Io credo

che non

si

potrebbe dire di pi. Che se a qualcuno

queste

postille

paiano o troppo severe o qualche volta anche

20
scurrili, si pensi

F.

MAGR-LEONE

che

si

ritrovano in

un zibaldone non destinata

alla pubblicit, del quale

poteva fare uso soltanto l'autore. Velibro

dremo

infatti

come

in

un

che poi pubblic, l'autore che

noi sospettiamo, pur serbando nel fondo la stessa severit di giudizio

contro

il

cronografo veneto, abbia usato quel decoro e

quella temperanza di espressione

che

lettori

desiderano ritro-

vare nei

libri

che leggono.

Ma
il

di ci

a suo tempo.

noi basti

ora di aver dimostrato che

zibaldone stato scritto e composta

da una medesima persona,

la

quale dimostra, inoltre, un'erudi-

zione non comune, non solo medievale

ma anche
di

classica, e

molto
di

ingegno,

giustezza

indipendenza

criterio e argutezza

mente. Caratteri questi, confesso, troppo generali e indeterminati perch da essi possa

una

critica,

che voglia esser prudente,

trarre delle conclusioni

certe:

ma

che pure mi preme sin da


le

ora notare per giustificare e spiegar ancor meglio


che, per altra via,

conclusini

dovr trarre. Io non domander ancora col


visse
in

Ciampi:

Chi

mai

quest'epoca di tal

sapere e
di

di tal

criterio

fornito

che possa riconoscersi per autore


lui:

questo
si

memoriale? ; n risponder con

dir vero

non mi

affacciano al pensiero vanni Boccaccio

che due

soli,

Francesco Petrarca e Giotale

Perch una

domanda,

fatta cos

da

principio, sul

fondamento di alcuni caratteri generali raccolti

da una semplice rassegna del contenuto, pu bene giustificare


la cervellotica risposta p. es. del

Koerting, che dice potersi so-

spettare autore o

un Lapo

di Castiglionchio o

un Francesco

Nelli

un Giovanni

Villani (1).

Ho
il

detto

cervellotica, perch

se

il

Koerting avesse esaminato

nostro ms., io credo che non

l'a-

vrebbe data neppur per ceha; tanto meno poi avrebbe nominato
Giovanni Villani morto gi nel 1348, dove nel zibaldone, come

vedremo, o nel
a quell'anno.

testo o nelle note, si fa

cenno

di fatti posteriori

Cerchiamo, invece,

di

esaminare pi da vicino questo codice,

(1)

Op.

cit.,

p. 22.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLL\BECHIANA


tutti
i

21

rifrugandone attentamente

cantucci: ci sar, certamente,


sicuro.

talcosa

di pi

preciso e di pi

E prima

di tutto

ren-

diamoci conto del tempo in cui stato composto.

e.

123''

trovasi scritta la relazione de canaria


in

et
,

insulis

reliquis ultra hispaniam

oceano noviter repertis

la

quale

comincia cos: Anno ab incarnato verbo

MGGCXLI

a merca-

toribus florentinis apud sobiliam hispaniae ulterioris civitatem


morantibus, florentiam lictere aliate sunt

ibidem clause,

XVU
in-

Kal. decembris, anno iam


ferius continentur

dicto, in

quibus que disseremus

Aiunt quidem
la
:

primo de mense

iulii

huiiis

anni.....
il il

Fondandosi sul noviter e sulle parole huvus anni,

Ciampi concludeva che appunto in quello stesso anno 1341


zibaldonista

trascriveva
,

citata

relazione.

il

Landau

a questo proposito
schen Inseln

notava

Den Bericht
104'")

iiber

die canari-

wurde nach Ciampi 1341 geschrieben, der Brief


si

< an Zanobi (che

trova a

e.

1353.

Wie kommt
123'),

es nun,

e dass Ersterer sich auf Fol. 133 (leggi:

Letzterer auf

Fol. 104 findet? Hat denn Boccaccio sein Notizbuch in der


Mitte zu schreiben angefangen?
(1).

Non

so veramente quanto

valore possa avere questa obbiezione, trattandosi d'un zibaldone


dove,

come abbiamo
quando

osservato, ci sono dei fogli lasciati in bianco

altri colmati,

evidentemente, dopo.
si

Ad

ogni

modo

essa

si

elimina

facilmente,

osservi che le parole huius

anni possono

riferirsi all'anno

1341 di sopra nominato e non a quello in cui

lo zibaldonista trascriveva.

Era naturale che, essendosi detto

di

sopra l'anno della

scoperta, nominandosi poche righe pi sotto


dicono

anche
< che

il

mese, egli scrivesse:


di

dunque queste

lettere
.

nel 1 luglio
si
il

quest'anno gi detto (1341), ecc..


forse dire:

Ho

detto:

possono

riferire, e potrei

si dbboino;

perch se

zibaldonista avesse

scritto
io

nello stesso

anno della

scoperta, non

avrebbe cominciato,

credo, cosi:

Anno
Kal. de-

<

MCCGXLI

aliate sunt... Florentiam lictere...

XVH

(1)

Op.

cit.,

p.

252.

22
cembris, anno

F.

macr-leone

iam

dicto

ma

invece:

hoc anno

etc

Neppure
il

il

noviter

ci fa difficolt:

perch, come nota giu-

stamente

Simonsfeld (1) pu benissimo riferirsi a un periodo

trascorso di parecchi anni; se pure, invece di significare recen-

temente nel senso

di

nuper, non

si

debba piuttosto prendere nel


volta; appunto

senso di nuovamente, per la

pyHma

come

nella

indicazione delle vecchie stampe,

p. es.

un

libro

nuovamente
huius anni
del

stampato non significa ristam,pato, come intenderemmo noi oggi,

ma
n

stampato per la
il

prima

volta. In tutti

casi
la
il

l'

noviter

ci

costringono

ad accettare

conclusione

Ciampi

Noi

possiamo soltanto ammettere

1341 come primo

termine a quo della composizione del zibaldone.

Andiamo

avanti.

e.

162' c' l'albero genealogico dei di-

scendenti di Carlo primo, re di Sicilia;

ma

completato da

mano

posteriore. Nella stessa carta seguono scritti in colonna, ordina-

tamente, 33 nomi appartenenti alla famiglia


questi
sei altri
scritti

di Carlo,

e oltre a

dalla seconda

mano

e corrispondenti

quelli dalla

medesima mano aggiunti a continuazione

dell'albero

genealogico.

Naturalmente delle aggiunte posteriori non dobl'ultimo re del

biamo occuparci. Or
gheria, che
si

ramo

di

Carlo Martello d'Un-

trovi

notato, Lodovico

fratello di

Andrea che

nel 1342

era re d'Ungheria, nel 1370 della

Polonia, nel 1382

mori.

Non
il

trovandosi nel codice accenno ad altra data poste-

riore, possiamo, per

un momento, ritenere come termine ad


il

quein

1382.

Con che non voglio affermare che


possa affermare

zibaldone

sia stato

cominciato a scrivere nel 1341 e


Koerting che
in
si

finito nel 1382,

come

crede
di

il

(2),

ma che

il

perioda

tempo
limiti.

cui

stato

composto non pu eccedere questi


tal

due

Fortunatamente

periodo

si

pu determinare con
genealogico
et per

maggior precisione.
origine

Infatti a e. 194* l'albero

de

normannorum ducum seu comitum

consequens

(1) (2)

Opusc.
Op.

cit.,

p. 4.

cit.,

p.

18.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECHIANA

23
Ro-

de ducibus et

r^ibus apulie
II filius

et Sicilie

termina

cosi:

bertus Caroli

rex. Andreas

non coronatus. Lodovicus


il

rex .

a'

Il

che vuol dire che quando

zibaldonista scriveva

era morto Andrea d'Ungheria e successogli Lodovico di Taranto,


coronato

27

ma^io
Non

1352 e morto nel 1362: e per


al 1382,

il

zibal-

done non solo non arriva


posteriore al 1362.
precisa,

ma non

pu essere neppure
ancora una data pi
'62.

solo,

ma abbiamo

che

ci riporta

a parecchi anni prima del


di

A
il

e. 187*,

cio pochi fogli


nista

prima, parlandosi de' re

Francia

zibaldo-

a^iunge: credo philippum YII de quo supra patrem


francorum regis hocUemi 1356
>.

fuisse lohannis

Vedremo

in

seguito da
la

una

notizia

che

si

ritrova a

e.

70 come probabilmente

composizione del zibaldone posteriore anche all'anno 1351.


ci

Per ora

basti di

sapere con certezza che gi nel 1356


scritta.

la

maggior parte del codice era stata


tandosi
di

Del resto, non tratsia

un

libro

organico, non

possiamo supporre che


i

stato cominciato e finito di scrivere tutto di seguito:

materiali
le dil'ul-

contenuti saranno

stati

trascritti

a poco a poco, secondo

verse circostanze; n

ci

sarebbe da maravigliarsi se anche


il

tima parte fosse stata scritta parecchi anni dopo


porta a noi sapere la data
precisa:
ci

'56.

im-

basta di aver ritrovato


scri-

con certezza che l'autore del zibaldone era un letterato che

veva verso

la

met del
cose

sec.

xrv

o gi di

li.

Un

letterato, e
si

bene

informato delle

fiorentine. Infatti, l

dove

parla della

scoperta delle Canarie, in margine annotato dalla stessa


Florentinus qui

mano:

cum

bis navibus

praefuit est Angelinus del

Tegghia de Corbizzis consobrinus filiorum Gherardini Giannis


a
e.

E
la

225, nel supplemento all'elenco degli uomini


di questi

illustri,

maggior parte

sono fiorentini e alcuni cosi poco noti


gli

che soltanto un fiorentino poteva conoscerli e catalc^rli tra


uomini
illustri. Oltre,
infatti, ai

pi noti

come Dante, Petrarca,


bononiensis dicatur

Zenobi da Strada, Villani, Giotto, sono notati: < Dinus del Garbo,
< Tadeus medicus florentinus,
Dinus de

quamquam

Rosone

florentinus, Aldobrandinus Optoboni alter Fa-

bricius, Coppus Borgesis de Dominicis florentinus amantissimus

24
reipublicae et

F.

magr-leone
.

morum

pater
la

Non

va neppur dimenticato

che a

e.

121''

trascritta

geonologia

deorum

secondo

Franceschino degli Albizzi


logia

Forese Donati fiorentini: geneach'io sappia, per

che

ci

pervenuta soltanto,

mezzo

del

nostro zibaldone.

questo letterato ed erudito vivente a Firenze verso la met

del sec.

XIV

o gi di

l,

dimostra interesse e conoscenza di una

lingua che,
allora,

come nota

l'Hortis, pochissimi o forse

nessuno sapeva
e.

non che intendere, neppure scrivere. Ora a


abbastanza chiaramente copiate da Svetonio
,

67* tro-

vansi

le

parole

^arai irvra KaXwc,

interpretate dal zibaldonista idest erit bene .

Svetonio scrive:

Ante paucos quam occideretur (Domitianus)


KaXx;.

menses, cornix in Capitolio locuta est ajai ndvxa


defuit qui ostentum sic interpretaretur
:

Nec

Nuper Tarpeio quae

sedit

culmine cornix,
dixit, erit.

Est bene non potuit dicere:

A
tonio

chi non

sapeva nulla

di

greco questi versi

citati
il

da Svevaticinio

mi pare dovessero servir poco per dichiarare

della prodigiosa cornacchia.


il

Ma

abbiamo ancora

di pi.

e. 120'"

zibaldonista trascrive dal libro settimo (capo LVIII) di Plinio

l'iscrizione

greca anticamente posta in Delfo, poi trasportata a

Roma

e consacrata a Minerva nella biblioteca. Esso non la comi

prese di certo, ne
interpetrazione

letterati

venuti dopo seppero proporre una

sicura;

ma

che un letterato
si

il

quale scriveva

verso la met del sec. XIV,

desse la pena di trascrivere nel

suo memoriale proprio un' iscrizione greca da per se un fatto


notevolissimo, pi unico che raro
(1).

Chi pensi allo stato delle lettere


e
all'

greche

in Italia nel secolo


,

XIV,

impulso che esse ebbero da un letterato


si

il

quale giusta-

mente
letto

vantava

di essere stato

il

primo
,

in

Toscana che avesse

e usato

Omero

ne' suoi

libri

impossibile

che non

lo

(1)

HoRTis, Op.

cit.,

p. 338.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABEGHIAXA


sospettato
io

2o

abbia gi
rebbero,
sospetto.
dizi:
e'
si

autore

del

codice

magliabechiano. Baste-

credo,

gl'indizi
e'

sinora raccolti per formare

un

tale
in-

Tuttavia

il

ancora

qualcosa di pi
di

de' semplici
dell'

nome

stesso
i

scritto

propria

mano
;

autore.

Non
zioni
io

spaventino

lettori della

mia audacia
che mi
si

so bene le obbie-

che sono state

fatte e quelle

potrebbero fare, e

son pronto a discuterle.

Ho

detto,

dunque, che
il

il

zibaldonista, fortunatamente, ci
fatti

ha

lasciato scritto

suo nome. In

e.

OS"

leggiamo

Qua-

liter

inveniatur

verum

esse

christum mortuum 25* martii


.

in die veneris anno etatis sue 33 et mensibus tribus

Segue
la

una ricerca cronologica, fondata su testimonianze bibliche


quale ha per iscopo
di

dimostrare che Cristo


,

visse 33 anni e

3 mesi e non gi 34 e 3 mesi


tradizione
i

come

risulterebbe seguendo la
di vita

ecclesiastica

che conta primo anno

anche

nove mesi, quibus post incarnationem in utero matris moest .

ratus

uno

scritto

a cui

io

non voglio

attribuire

certamente gran valore,


di ritrovare in

ma che non

per questo mi maraviglio


del secolo

un zibaldone d'un erudito

XIV.

sot-

toscritto

Johannes de Certaldo. Come abbiamo osservato,

la sot-

toscrizione radiata,

ma non

in

modo che non ne

restino chiare

vestigia, e tutto lo scritto cancellato

da due linee in croce dello

stesso

inchiostro. Della

rasura e delle cancellature parleremo


quistione:

dopo; intanto affrontiamo la

chi questo Johannes

de Certaldo?... Per me, come ognuno facilmente pu intendere,


risponderei subito Giovanni Boccaccio;

ma
una

io

non sono

il

lettore.

Rammento per che a

e. 104*"

trovasi

lettera con questa inlet-

testatura lohannes de Certaldo Zenobio de Strata . Delle


tere e delle questioni ad essa relative
di

mi occuper or ora

fuori

dubbio per che per


si

il

Johannes de Certaldo

di questa lettera

non

pu intendere che Giovanni Boccaccio. In


il

conseguenza
98 e quello
chi
si

di ci,

Johamies de Certaldo che

si

trova a
sola.

e.

della lettera a Zanobi sono

una persona

Anche

osti-

nasse a credere

il

zibaldone non autografo del Boccaccio, dovrebbe


la

almeno concedermi questo che se

sottoscrizione (e. 98^) e la

26
intestatura
taldo,
il

F.
(e.

macr-leone

104r)

si

riferissero a

due diversi Giovanni da Germodo,

trascrittore del codice avrebbe dovuto in qualche

fosse

anche con un segno convenzionale,


Se dunque
l'

contrassegnare l'uno
necessaria,

dall'altro.

identificazione
si

autore del

computo cronologico che


caccio.

legge a

e. OS"

anche Giovanni Boc-

Mi

si

potrebbe rispondere: concesso anche


di

questo,

che cosa
es-

impedisce

credere che

quel

computo cronologico possa


,

sere stato copiato dall' autore del zibaldone


sia lo stesso

senza che

questi

Boccaccio? Prima di

tutto,

osservo col Simonsfeld (1)


citato col solo

che difcilmente un erudito del

sec.

XIV avrebbe

nome

dicit,

in fine l'autore da cui avesse copiato,

ma

avrebbe detto:

secundum lohannem de Certa Ido o


vult, etc... ,

Johannes de Gertaldo
di ci

ed

aggiungo a

conferma

che un

tal

modo
nista.

di citar le fonti

non punto nelle abitudini


il il

dello zibaldo-

Poi non

si

capirebbe perch
e

zibaldonista osasse cancel-

larne lo scritto

radiare

persino

nome

di

uno

scrittore in
foss' altro,

quel tempo certamente famoso e di cui, quando non


egli

doveva fare gran conto se poche pagine dopo ne trascriveva


lettera.

una

questo ancora poco.


la

Come sappiamo,

la

lettera

a Zanobi scritta nel 1353:


col periodo di

quale data coincide mirabilmente


dati positivi e indiscutibili,
il

tempo che abbiamo, con

assegnato alla composizione del zibaldone. In essa


si

Boccaccio

sfoga,

come

tutti

sanno, coll'amico contro l'Acciainoli: strana

lettera, dice l'Hortis, disdegnosa e appassionata,


d'affetto.

piena d'ironia e
si

Ora mai
cosi

possibile
si

che una
fa

lettera,

dove

tratta

un

argomento

delicato, e

una

confidenza che a nessun

altro, all'infuori di

Zenobi, l'autore avrebbe fatto,

come
tale

risulta
la-

e dal tenore stesso della lettera e da alcune frasi


sciano dubbio su ci
(2),

che non

possibile, dico, che una

lettera
l'a-

non

solo vivente l'autore,

ma

proprio nel tempo in cui egli


ad un
altro,
il

veva
(1)

scritta, fosse stata concessa

quale l'avrebbe

Opusc.

cit.,

p. 15.

(2)

Tecum

loqui

possum

si

amicus es

ut puto

si

oculatus es

ut

credo, quid velim etiam

dum taccam

ipse concipies , etc.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLL^BECHIANA

27

trascritta nel suo zibaldone,


alla pubblicit?

come un'opera

dall'autore destinata
il

Una

lettera in cui dipinto

gran siniscalco

co' colori pi foschi,

da

farlo

parere quasi insensibile anche al

dolore della perdita del suo figliuolo, sarebbe passata, nello stesso

tempo

poco dopo, nelle mani d'un

altro,

mentre

il

Boccaccio

invocava l'oculatezza e la segretezza dell'amico? No, certamente:


e lo vedremo ancor meglio tra poco.
sottoscrizione,

Ritornando,

intanto, alla

che trovasi a

e. 98^,

osserveremo che,

essendo

scritto tutto quel


scrisse,

brano dalla stessa mano che poche pagine dopo


le

senza dubbio, la lettera a Zanobi, e valendo per esso


di

medesime ragioni che c'impediscono


lettera, nelle parole radiate

negare l'autografia della

lohannes de Certaldo dobbiamo pur


autografa di

riconoscere la sottoscrizione

Giovanni

Boccaccio.

L'obbiezione, poi, fatta dal Koerting che quel gico


tifico

computo cronolo-

non convenga

all'idea

che noi abbiamo

dell'interesse scien-

e dell'operosit letteraria del Boccaccio,

per giudizio
il

dello stesso Simonsfek, priva di

ogni valore. Del resto che

Boccaccio non rasura stessa.

ci

tenesse molto, lo provano le cancellature e la

Un' obbiezione sarebbe ancor


scrittore del zibaldone,

possibile.

Perch

il

Boccaccio

avrebbe sottoscritto col suo nome un suo

proprio componimento

Temeva

forse di

non saperlo distinguere


se nel

dagli altri contenuti nel

medesimo codice? Certamente,

zibaldone tutti

gli scritti

fossero originali del Boccaccio, la cosa


si

sarebbe strana: a Zanobi e


di

ma quando
il

pensi che all'infuori della lettera

questo brano latino e d'un altro frammento, di cui


resto

parleremo, tutto
pi

un insieme

di materiali d'erudizione,

meno

trasformati dal Boccaccio,


ci

ma

certamente non
si

ori-

ginali, la

cosa

parr invece naturale.


si

E quando
fogli

noti inoltre
lOO""),

che nello stesso zibaldone

legge,

due

dopo

(e.

un

brano latino sullo stesso argomento, estratto ex cronica fratris


martiniy
si

trover quasi necessaria

la distinzione fatta dall'au-

tore mediante la segnatura citata.

Ed anche naturale, che


il

tro-

vando pi giusto
cancellato
il

il

computo

di

Martino Polono,

Boccaccio abbia

suo e per abraso

la sottoscrizione.

28

F.

macr-leone
della famosa lettera a
,

Ed ora

tempo
il

di

occuparci
il

Zanobi.

La pubblic per
zione italiana
tica la

primo

Ciampi
di

dandone anche
(1).

la tradu-

corredandola
il

buone note

Come

auten-

ripubblic

Moutier, e tale fu

ritenuta

generalmente.

Ma
di

il

Landau, senza farne neppur l'esame, cominci a dubitarne,


il

dicendo che bisogna prima provare che

Boccaccio autore

questa lettera e che, provato questo, la sottoscrizione radiata


il

pu sempre servire a dimostrare contro


dice appartenuto a

Ciampi essere
il

il

co-

un nemico
vede

del Boccaccio
stile,

quale avrebbe

fatto copiar la lettera,

per amor dello


,

ma

abraso V odiato

nome

(2).

Come

si

il

Landau, per confusione, attribuisce


alla
lettera, la

la sottoscrizione del

computo cronologico
neppur

quale
il

invece non ha che l'intestatura citata.


il

Contemporaneamente

Corazzini, senza fermarsi

lui sulla quistione,

ma

facendo

delle facili obbiezioni (3) veniva alla stessa conclusione, sebbene

(non

si

sa perch) inserisse la lettera tra le autentiche del BocIl

caccio.

primo che ne abbia


Il

fatto

un largo esame
(p. 7-9)

stato

il

Koerting.

quale, esposto

il

contenuto di quella

confessa

che

la

prima impressione, che se ne ha,

tale

da

tentarci a

credere all'autenticit. Relativamente buona

la latinit

e non in-

feriore a quella che ritrovasi nelle lettere autentiche del Boccaccio, lo


stile

discretamente

spedito e non privo di

un

certo

valore e d'una certa eleganza, citazioni dai classici


il

latini

secondo

gusto del Boccaccio,

il

contenuto stesso tale da non suscitare


la lettera fosse

alcun sospetto diretto o maraviglia se

indubbia-

mente autentica.

Tali concessioni fatte

da uno che

fa

ogni sforzo

per combattere l'autenticit, hanno per noi un gran valore. Tuttavia


le
il

Koerting costretto a ritenerla apocrifa, non tanto per

obbiezioni

che

gli

suggeriscono la intestatura e
nella lettera designato

il

titolo

ma-

gister

mi con cui

Zanobi,

quanto

per un argomento cronologico. Comincia

la lettera cos:

longum

(1)
(2)
(3)

Pagg. 133-144.
Op. cit,
p. 252.

Op. Cit,

p. LXXVII.

IL

ZIBALDOXE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECHL\NA


effluxit

29

tempns

ex quo neque

tu mihi

nec ego

tibi scripsi .

Osserva

il

Koerting: nella corrispondenza tra Zanobi e Giovanni

da Gertaldo c' stata una lunga pausa a cui pone termine appunto questa
<
lettera.

magnum tuura solitum

Ma poco dopo si dice: Credo memineris me lohannem tranquillitatum risu quodam


causam insuper memiet quid sibi tale

< coacto voci tare persaepe, et cognominis


nisse debes;

quod et memini,

non absque quadam cordis indignatione

nomen esponeret notar . E il Koerting


i

so^iunge: dobbiamo dunque ammettere:


cui Giovanni da

1,

che

al

tempo

in

Gertaldo

si

trovava a Napoli anche Zanobi

dimorava col;
mettersi

2",

che

il

soggiorno di Giovanni a Napoli deve


.

almeno nel 1352


lett.

Inoltre di Zanobi

sappiamo con cer-

tezza (vedi

del

Petrarca.
egli

Fam.

XII, 3 e nota del Fracass.,


di corte

voi. 3, p. 127)

che

and come maestro


il

a Napoli,

invitato dall'Acciaiuoli, al pi presto, dice


;

Koerting, nell'estate

nell'autunno del 1352 sicch l'andata di Giovanni da Gertaldo


a Napoli sar avvenuta, al pi presto, nell'estate del
se Giovanni da Gertaldo fosse
il

1:352.

Ora

Boccaccio, sarebbe mai possibile

che

nell'estate o nell'autunno di quest'anno egli avesse fatto

un

viario a Napoli e vi fosse dimorato lungo tempo? Alla fine dell'anno 1351
il

Boccaccio era occupato

nell'

ambasciata ad Avi-

gnone, e probabilmente accompagn l'ambasciatore del margravio

Ludovico a Firenze, dove questi secondo ogni probabilit arriv


nel

marzo 1352. dunque credibile che


awhe

il

Boccaccio appena
intrapreso
gli

tornato da un lungo e dilHcile viaggio, ne abbia


altro
difficile

un

per Napoli? Si aggiunga che tra

amba-

sciatori

mandati a rappresentar Firenze alla solenne incorona1352)


il

zione dei reali di Napoli (27 maggio

Boccaccio non
il

si

trova compreso. Se dunque, mollo verisimilmente,

Boccaccio
la

non era a Napoli del 1352, non pu avere


longum tempus effluxit
tenticit
.

scritto

tetter

Se non

altro, bisogna ritenerne l'au-

come molto
Koerting:

dubbia.
il

Cosi

il

ma

suo ragionamento, come ognun vede,


di tutto,
dall'

tutt* altro

che rigoroso. Prima


il

che

difficolt

e'

credere

che

Boccaccio reduce

ambasciata abbia intra-

30
preso un viaggio

V.

macr'i-leone

per Napoli? Se

anche non compare tra


,

gli

ambasciatori

mandati da Firenze
si

che

cosa

e'

impedisce

di

credere che egli

sia

pur trovato presente a quella solenne


fino al

cerimonia? E,

dato anche che

27 maggio

il

Boccaccio
p. e.
?

sia stato a Firenze,

perch non potr esser andato a Napoli,

nell'autunno 1352, quando gi Zanobi vi era da non poco tempo

E che

vi abbia passato p. e. tutto l'inverno del

1352 ? Scrivendo

nell'aprile del 1353,

anche dopo

soli tre

mesi, non poteva forse


io

dire a Zenobi: passato

un gran tempo che ne


concesso

ho

scritto
il

a te n tu a

me

Ma
il

pure

alla fine

che

Boc-

caccio non abbia fatto questo viaggio a Napoli,


stringe ad
lit
il

che cosa

ci co-

ammettere che

soprannome Giovanni

delle tranquil-

(Johannes tranquillitatum e non iranquillitatus, come scrive

Koerting, facendo del genitivo plurare di tranquillitas l'accu-

sativo d'un aggettivo tranquillitatus) sia stato dato al Boccaccio

a Napoli e non a

Firenze,

presente Zanobi, e per molti anni

anche prima del 1352?


Del resto che
la
il

Koerting

si

sforzi di escludere,

ad ogni costo,

presenza

del
egli

Boccaccio a

Napoli

nel

1352

si

vede anche

da ci che

afferma che

al

pi presto nell' estate, forse anche

solo nell'autunno del 1352 Zanobi sia andato a Napoli.

E questo

addiritura

un

errore. Infatti dalla lettera del Petrarca (Fam.

XII, 15), scritta a' 10 agosto 1352 a Zanobi, solo in quel

siamo certi che non


c'era gi da qualche

mese

questi era a Napoli,


si

ma

tempo, se

il

Petrarca

rallegra del buon successo della mediail

zione di Zanobi nel riannodare l'amicizia tra

gran

siniscalco

il

Barili.

ci attestato

esplicitamente dalla

lettera
alla

(Fam.
il

XII,

18) a Zanobi
gli

del

24 maggio 1352, insieme

quale

Petrarca

mandava
all'

l'altra

Jungam

vos ecc. (Fam. XXIII,


rappacificarli,

10),

indirizzata

Acciainoli e al Barili per


e

perch
tua

pi xwonta e pi sicura mediazione ad


gi nel
essi

pi ben accetta per


c'

la cortese

pervenga. Sicch non

nessun dubbio che


piuttosto

maggio 1352 Zanobi era andato a Napoli; e


in mezzo,

che aver messo tempo


egli dovette

come a

torto pensa

il

Koerting,

subito accettare e profittare

dell' invito

che

il

Pe-

IL

ZIBALDONE BOCCACCESC" DELLA MAGLL\BECHLA.NA aveva


fatto solo
Il
il

31

trarca
si

gli

1 aprile 1352, se gi

un mese dopo

ritrovava a Napoli.
il

che scrive

che coincide a meraviglia con quello Petrarca a Zanobi nella Fam. XII, 15: T'aveva
consiglio di staccarti

<

io porto

il

per alcun tempo dalla tua

patria e per sempre dal magistero della grammatica.


che io
il il

in

men
che

dissi tu lo seguisti . Sicch

anche ammesso

ci

Koerting, senza dimostrare, crede soltanto probabile che fino

al

maggio,

il

Boccaccio fosse a Firenze, non sappiamo che cosa


fatto
il

ci vieti di

supporre che dopo questo tempo egli abbia

viario a Napoli. Dalla lettera del Boccaccio a Zanobi una cosa


sola risulta che la notizia della

morte

di

Lorenzo Acciainoli, av-

venuta
il

il

12 gennaio 1353, egli l'aveva avuta a Firenze : sicch

soggiorno del Boccaccio a Napoli dovrebbe essere, per lo meno,


il

anteriore a quel giorno. Cosi tutto

ragionamento del Koerting

non prova proprio nulla contro


conserva nel zibaldone
(1).
1'

l'autenticit della lettera

che

si

Contemporaneamente per
tentica,

Hortis non solo la

riteneva au-

ma
al

si
il

meravigliava che se ne fosse potuto dubitare un


Simonsfeld
,

momento. E

ritornando
in aller

sulla

stessa quistione

domanda
jenen

Koerting: <

Wo

Welt

steht denn in

jenem

Briefe, dass Boccaccio oder der Schreiber gerade in Neapel

Vorwurf habe hren miissen?


tm lahr
1:342 als

War

nicht Niccola Ac's

ciaiuoli

Gresandter

Knig Robert

in FloIst

renz und blieb dort lngere Zeit


nicht ebenso erlaubt, auf jene
Zeit,

(Koerting, S. 171)?

es

wo auch

Boccaccio und

vermutlich auch Zanobi da Strada in Florenz sich befanden, die oben mitgetheilte Stelle des Briefes zu beziehen ? Ich finde
daher keinen Gnind, denselben
fiir

uncht zu halten >


il

(2).

Se anche mancasse
lettera
nati

la rubrica,

basterebbe

contenuto della
solo

per attribuirla a G. Boccaccio.


lui,

Non
di

sono

nomi-

amici e fautori di

come Coppo

Borghese Dome-

(1) Vedi dello stesso Koerting un articolo in Literaturblatt rom. Phil., Mrz, 1881.
(2)

f.

germ.

u.

Opusc.

cit.,

p. 13.

32
nichi e Angelo Acciaiuoli,
le quali

F.

macr-leone
si

ma

accenna a circostanze

particolari,

a nessun altro possono convenire che a Giovanni Boc-

caccio.

Quanto

alla descrizione dei funerali di Lorenzo, fatta nella


si

lettera a Zanobi,

pu bene confrontare con quella rimastaci


(III,

nella cronica di Matteo Villani

63).

Anche

gli

avvenimenti
il

della vita dell' Acciaiuoli sono accennati

con esattezza, e
si

carat-

tere di questo descritto con gli stessi tratti che


l'egloghe Vili e

riscontrano nel-

XVI

del Boccaccio.

Non mancano neppure notevoli


Finalmente anche

conformit

di

concetto e di frase con altre opere boccaccesche, spe(1).

cialmente colla lettera a Pino de' Rossi


nel testo della lettera ricordata

come

patria Gertaldo accanto

a Firenze, ed espresso
piuttosto

il

desiderio di esser nominato dall'una

che

dall'altra citt,

appunto come nella lettera citata


il

a Pino de' Rossi, pi tardi composta, scriveva


direi per quel

Boccaccio:

io

medesimo avere Firenze


che dove
la

lasciata e

dimorare a
il

Gertaldo, aggiungendovi

mia povert
la
.

patisse,

tanto

lontano

me

ne andrei che come

loro iniquit

non

veggio, cosi udirla


il

non

potessi

giammai

La

lettera scritta

13 aprile 1353; data che coincide appunto col periodo di tempo

in cui,

come abbiam

visto,

dovette esser composto


di

il

zibaldone.

inutile ripetere gli

argomenti,

sopra

addotti,

per dedurre
sottoscrizione

dall'autenticit della lettera l'autografa.

Cos la

lohannes de Gertaldo ,

che trovasi a

e.

98r e

che abbiamo dimogli

strato autografa, e questa lettera

confermano sempre pi che


riferirsi

indizi raccolti dall'esame del contenuto non possono

ad

altro letterato fiorentino del secolo

XIV che a Giovanni


un
ulteriore

Boccaccio.

Alla stessa conclusione ci conduce

esame.

stato gi osservato

che

materiali d'erudizione raccolti in

questo zibaldone convengono mirabilmente agli studi del Boccaccio.

Lasciando anche da parte


classiche,

le

compilazioni storiche e le citazioni


si

non un semplice caso che


mitologiche nel

trovino trascritte delle erudito che doveva

genealogie

zibaldone d'un

(1)

Ciampi, Op.

cit.,

p.

14i.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECHIANA


tale

33

COS

ampiamente e con tanta dottrina comporre su


libri..

argomento

quindici
zioni,
il

Importante soprattutto, perle nostre considera-

liber genealogie
,

tam hominum quam deorum secundum


si

<

Paulum de Perusio

che

trova a

e.

llOr,

un
del

estratto

dalle genealogie di Paolo Perugino, trascritto dal Boccaccio nel

suo memoriale per serv-irsene forse al bisogno.


fe egli

Perugino
esplicita-

menzione pi volte nella sua Genealogia: dice


di averlo

mente
lodi,

conosciuto personalmente, lo

esalta

con gran

ne cita l'opera maggiore e dice di avervi attinto avidamente


della Genealogia cosi scrive:

molte notizie. Infatti nel proemio

qui

maximus

fuerit Paulus perusinus vir gravis et talium

solertissimus atque curiosissimus exquisitor < seruit


il

nonnumquam
di

as-

me

praesente

nel libro

XV,

6,

dopo aver detto che


Roberto

Perugino fu magister et custos della Biblioteca

di

Napoli e che scrisse * ingentem... librum... collectionum > indei, dalle quali
il

torno alle genealogie degli

Boccaccio,

prima
in-

di accingersi a scrivere le sue,

multa avidus potius

quam

telligens

sumpserat, conchiude: puto igitur eo tempore quo

mihi primo cognitus est fuisse


il

neminem
i

illi

in talibus

aequiparandum

Moltissimi sono poi


di

luoghi della Genealogia in cui

Boccaccio cita l'opinione


di altri

Paolo Perugino, per contrapporla


(1).

a quella

o anche per combatterla

Moltissime, del resto, e notevoli sono le coincidenze tra gli scritti

contenuti nel

zibaldone e le opere del


gli

Boccaccio.

Tralascio di

notare che molti o quasi tutti

autori citati in quello ricomlui


:

paiono

citati

o usati in altre opere di

cosa che non deve fer

meraviglia per, trattandosi di scrittori e di opere che erano come


il

patrimonio intellettuale di qull'et.

Ma

certo una conferma

di

quanto abbiamo detto finora ritrovare in opere autentiche del

Boccaccio usati dei materiali che son contenuti nel zibaldone.


Cosi
il

capitolo

4C

in

gulam

et gulosos

del libro

vni

del
e.

De

casHms

ecc. ricorda le sentenze di

Fulgenzio scritte a

106"";

(1) Cfr.

specialmente
ecc.
itorico,

lib. II,

21 e 22;

III,

10; IV, 19, 27, 42, 48; V, 20,

28; \1,

Giomak

X,

fiuc. 28-2.

34

F.

M ACRI-LEONE
In

mentre un brano del capitolo


addirittura copiato da

Sardanapalum
che

etc. del libro 2


si

un

altro di Plinio

trova trascritto

a
si

e.

120'".

Cosi la storia di Paolina ingannata dal dio Anubi che


e.

legge a

b&

riappare nel libro


;

De

claris

mulienbus, spesso
e.

colle stesse frasi

e quella del Tritone, scritta a


,

120,

ricorre

nella Genealogia (libro VII

7)

come

nel libro

EX

del

De Casi

sibus la storia
contiene a
e.

di

locelino par

quasi copiata da

quella che

209. (Gfr. Hortis p. 337).

N va
che

trascurato un'os-

servazione importante del


alle isole

Ciampi

(1)

la relazione

intorno
stata

Ritrovate

(di cui

abbiamo parlato) non

solo

sfruttata dal Boccaccio nel Contento,

ma

in alcune

parti lette-

ralmente tradotta, come ognuno pu vedere dal confronto fattone


dallo stesso Ciampi.
libro

Notevole anche questa coincidenza. Nel


il

XIV, 8 della Genealogia

Boccaccio, parlando delle ori-

gini della poesia, cita l'opinione di quelli

che volevano dare

il

primato

ai babilonesi,

e aggiunge: < quos inter venetus puteol-

lanus episcopus historiarum investigator

permaximus erat

as-

suere consuetus dicacitate prolixa poesim moyse longe anti quiorem: ut puta

Nembroth temporibus ortam. Dicebat enim


inventorem eo quod

eum primum

idolatriae

cum ignem mor.

talibus

accomodum

vidisset...

eum deum

fore firmabat et oh id

loco dei non solum coluit caldaeisque suasit ecc..


e. il\.^

Ora, a

del zibaldone, facendo l'elenco degl'inventori dell'astrolo-

gia, egli scrive:

dicit (Venetus, che appunto V episcopus pu-

teollanus di cui sopra) istum nembroth docuisse suos adorare

ignem per hoc probans ignem


dei Templari, raccontata nel libro

deum
IX

esse... .

Cosi

la storia

del

De casibus par

copiata

da quella che nel zibaldone a


stessa opera
(lib.

e. 220',

e quella di Aitone della

EX. Infortunati

quidam) concorda perfettamente


de aytone che sono a
e.

con

le notizie postea reperta

200*.

Che diremo finalmente quando c'imbattiamo


aggiunte dal zibaldonista ai materiali

in note e postille,
trascritti

compilati o

da

(1)

Op.

cit.,

p.

655.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECHIANA


e che pur riappaiono, pi o

35

altri testi,

meno

fedelmente, in opere
allora di
il

autentiche del Boccaccio?

permesso anche

dubitare

che

il

zibaldonista, autore di quelle postille, e

Boccaccio siano

una

sola e identica persona ?

Abbiamo

detto, poc'anzi,

che

la

storia dei

Templari nel De casinis pare quasi copiata da quella

trascritta nel zibaldone: importanti sono per le postille


fa al

che

egli

racconto di Paolino veneto.

Ck)s

e. 210'" nel

margine a
,

< clericis
e. 220*, a

omne malum
proposito dei

e,

212*

avaritia clericorum

frati

ospitalieri

che servivano
il

agi' in-

fermi pan^w desiraitM, come dice Paolino,


hodie contrarium et quando nullum
,

zibaldonista postilla:

e nella stessa pagina,

a chiosa delle parole del testo


litando ,
si

ad vias peregrinis tutanda mi.

nota in margine : hodie thesauris militant

cos di seguito.
l'istituzione de'

Da

ci risulta

che

il

Boccaccio, pur apprezzando


la riteneva del tutto tra-

Templari come benefica,

viata a' suoi tempi; quello appunto che

^li

dice, spesso

con pa-

role identiche alle postille citate, nel libro

De

Casibus.

Cosi

e.

39'

si

legge una nota marginale relativa al


il

numero

dei ne-

mici uccisi sotto

comando
egli

di Cesare,
di

a quello delle battaglie,

e alla

facilit

che

aveva

attendere in uno stesso tempo a


dettare in

cose svariate,

come per esempio


in

una volta quattro


(voi. 1 p. 352).

lettere ecc...; nota

che ricompare nel Comento


si

Vero che

questo

cita

Plinio e

nel

zibaldone Orosio,

contraddizione che l'Hortis ha cercato di eliminare, dichiarando


l nota

marginale

essere scritta da altra


cosi

mano: ma
piuttosto

la

cosa

si

pu anche spiegare

che

il

Boccaccio nell'ultima sua opera

abbia pensato di citare la fonte originale

che

le fonti

secondarie
dall'Hortis

(1).

N
il

una vera contraddizione l'altra pur notata

che

Boccaccio nel libro


figlia di

De

claris

mulierWus

af-

fermi Gostanza essere stata


nel zibaldone
(e. 194'"

Guglielmo normanno, mentre

e 207') aveva notizia della vera genealogia,

(1) La notizia pare dem ductu etc.).

per attinta da Eutropio

(lib.

VI, p. 62. Eius si qui-

36

F.

M ACRI-LEONE
lo stesso

che

fa lei figlia di
(lib.

Ruggero: perch

Boccaccio nel

De

casibus

IX, de Guilielmo tertio etc.) esprime un'opinione del

tutto contraria a quella del


ci

De

Claris
:

muUeribus, ritornando a

che aveva
filia

scritto nel zibaldone

Fuerat eidem Rogerio regi

primo

cui

nomen

Gonstantia... .

Pi notevole per quest'altra coincidenza.


lenco degli uomini
seus,
illustri,
il

e. 225*,

nell'e-

dove son

citati

Orpheus de
;

tratta,

Mu-

Linus thbanus,

zibaldonista aggiunge

carmina prima

reperiere et theologi dicti sunt a quibus

poetarum ars sumpsit


del

exordium

Sappiamo che era questa appunto l'opinione


difesa,

Boccaccio tante volte manifestata e con tanto calore


l'opinione

contro

comune, specialmente nel Contento e nella Geiiealogia:

ma non

certo

un puro caso ritrovare questa nota


1, p.

tradotta quasi

letteralmente nel Contento (voi.


trovarono appo
i

125):

quelli

che prima

Greci questi furono Museo, Lino e Orfeo.

< perch ne' lor versi parlavano delle cose divine furono appellati
non solamente poeti,

ma

teologi... . Inoltre

e.

227' (seguito

dell'elenco degli uomini illustri) attribuito dal

Veneto a Diogene

questo aneddoto

hic

cum
Cui

aliquando sederet ad solem in


ait
:

eum

cecus baculo

ofifendit.
ibi

tolle

bine oculum tuum, et que-

renti ceco quid


cepi
nista

faceret respondit: in venatione sum, quiquid


.

non habeo, quiquid autem non cepi teneo


corregge
in

il

zibaldo-

margine, annotando: verba piscatoris ad


fuere ista non diogenis
.

il

omerum cecum

infatti

nel

Comento

Boccaccio racconta pi largamente lo stesso aneddoto,

ma

Io

attribuisce ad
vita di Attila

Omero

(voi 2, p. 324). Ancora, a e. 174'"

dopo

la

desunta dalla cronica di Martino Polono, l'autore

aggiunge: Attila predictus... solus hunnorum rex est


tinus vocat totUam , e al margine
tempore iustiniani
.
:

quem marTotila frelo stesso

totila
di

fuit

rex gothorum

La confusione

Attila e

quente negli

scrittori e cronisti

medievali,

compreso

Villani, non che ne' copisti e cementatori danteschi: e per tanto

pi valore ha la correzione del zibaldonista. La stessa correzione


fa
il

Boccaccio nel Comento, dove dice: Sono molti che chiaquesto Attila,
Totila... .

mano

IL

ZIBALDONE BOGGAGGESGO DELLA MAGLLA.BEGHL\NA

37

Delle

numerose

postille,

argute e severe, che

il

zibaldonista fa
(e s'

alla cronica di

Paolino,

abbiamo parlato: pi rispettoso


severo
il

detta la ragione)

ma non meno
;

giudizio che

il

Boc-

caccio d di Paolino nella Genealogia: asserere consuetus dica-

citate prolixa

lo

chiama

storico,

ma

investigator histo irnbractator est

riai^m, come nel zibaldone, pi liberamente,

< venetus

et

non ystoriografus

>.

E
a
e.

le postille

non sono meno

spiritose delle latine;

come

p. es.

182'

ah gVinbractator! o
di

imbractatori, e pi gi va intenditel tu; e

e.

iM^era
,

di zucca,

e.

185' rirahractarni )uon vinizian rirabractami. Di solito


iste

per Paolino chiamato


notare (come per
il il

venetus bergolus
il

dove da

primo ha

fatto

Ciampi, e poi anche THortis e


il

Simonsfeld) che questo appellativo di bergolo


lo

Boccaccio nel

Decameroiie

di

preferenza

ai

Veneziani. Cos nella nov. 32

della 7' Giornata Siccome colei che Viniziana era, ed essi son
-e

tutti bergoli .

(Confronta anche Giornata IV, 2 e VI,

4).
si

Spesso poi

le postille

o le aggiunte fatte nel testo trascritto

riferiscono a luoghi indubbiamente visitati dal Boccaccio. Cosi a


e. 262'",

dopo

la biografia di S.

Gennaro, trascritta dalla cronica

di Paolino Veneto, notato:

Neapoli autem ttsque nunc beati


e.

< lanuarii caput ostendiliir... ; e a

221, dopo la biografia della

contessa Matilde: Ravennates

eam

dicunt

mortuam ra venne
ecclesia
.

et

locum seputwre
cos
si

stce ostetidunt in

maio ri

Chi

scri-

veva

riferiva

certamente a reminiscenze personali. Pi


si

esphcita e ancora pi importante la notizia che


calata a
e.

trova inter-

70^ dopo

la

biografia di Decio: Et ut tradit Eutropius

vir christicola beatus laurentius ab eo martirio est affectus,

* sed hoc non esse

verum deprehenditur nam beatus

laurentius

post martirium beati sixti martirium passus est tempore Galieni imperatoris qui et decius nominabatur ut invetii in * passionariis comrnentariis Instine
.

sancto^m

padue apud monasterium beate


Boccaccio visit
il

Or sappiamo che

il

Petrarca a Pa-

dova nel 1351, eli dimor parecchi giorni; e opportunamente nota


il

Simonsfeld (1) che appunto in quei giorni

il

Petrarca era occu-

(1)

Opusc.

cit.,

p.

10.

38

F.

MAGRI-LEONE
.

pato in studi sacri ( sacris vacabas studiis


del 1353 presso Gorazzini, Op. cit, p^ 47)
bile
;

Lett.

del

Bocc.

sicch molto proba-

che in quell'occasione

egli

abbia fatto tale ricerca nel mona-

stero di S. Giustina, che era dirimpetto alla casa del Petrarca.

che

il

Boccaccio abbia, in realt, visitato questo monastero, ne siamo

certi dalla notizia intorno alla creduta lapide di T. Livio


riferisce nei
dall' Hortis.

che

egli

Cenni

latini intorno allo storico padovano, pubblicati

Non

solo,
il

ma

e. 49'"

del zibaldone, dove

si

parla del

regno

di Tiberio,

zibaldonista scrive:

Anno quarto imperii huius


legitur

titus livius patavinus ystoriografus pactavi moritur anno etatis eius 77 cuius sepulture epytaphium scriptum in saxo

padue apud monasterium sancte Instine

sic et

cetera hic ab
transcripsit

urbis conditione usque ad tempora augusti

romanam

ystoriam per decadas dirigens cui in scribendo ysiorimn


conferri potuit .

nemo
della

La

notizia,

per

la

parte cronologica, tolta


notizia

da Eusebio,

ma

il

zibaldonista aggiunge di suo la


si

lapide e del luogo dove


Livio.

trovava, e

il

giudizio

intorno a Tito

La medesima

notizia, staccata, si legge nel codice laurenal

ziano

XXIX, 8 (e. 57'), senza dubbio appartenuto


nella parte

Boccaccio
il

(1),

e colle medesime parole anche


dizio su Tito Livio.

riguardante

giu-

N va

trascurata

una

particolarit

che giova
si al-

a illustrare mirabilmente questi due


lude
all'

codici.

Nel zibaldone

epigrafe,

ma

questa non trascritta,


et cetera.

sebbene V autore
infatti
il

dovesse conoscerla dicendo: sic

E che

Boc-

caccio la conoscesse non c' dubbio; egli la riporta nei


citati
:

Cenni
si

che non

l'abbia trascritta nel zibaldone s'intende

quando

pensi che la possedeva bella e trascritta in un

altro

codice di

sua propriet,

il

laur.

XXX,
il

8.

Tuttavia quello che toglie (^ni


il

dubbio sulla identit tra

Boccaccio e

zibaldonista che lo

stesso giudizio su Livio, con le stesse parole ritroviamo nei


(p. 97):

Cenni

ad scribendas

romanas

nec quemquann, eo scribente

historias animum apposuit secum conferre potuisse

(1)

Di questo codice mi occuper in un altro lavoro.

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECfflANA


il

39

Anche

tempo
si

della conoscenza

che

il

Boccaccio avrebbe preso

della lapide

accorda benissimo con quello della composizione

del zibaldone.

Potrei lasciare di addurre nuove prove a conferma di quanto

ho

detto;

pure non posso tenermi dal fare parola d'un frammento

di lettera latina

che

si

ritrova nel zibaldone e che sfuggito a


nell'altro, si

tutti quelli che, in


Il

un modo o
e. US*",

sono occupati di esso.

frammento lesesi a
et

ed questo:
vestigia

expetentem arcisque

locum

templorum veterum
potuit

admirantem investiganillud

temque locum ubi nam


regi
frigio fsotiisque

templum

immane
ille

consistere

mirabile

quo etiam

dicteus dedalus

fuga consurapta remigium consecravit alarum volventemque co-

gitamina presto dicentemque

nonne locus

iste

verendus

nonne

etiam hec

cipium virgiliane neapoli vicineque palepoli


secuhs
I

mine merito perspectande cum semen fuerint et prindudum melioribus apud qims tu nunc in auge rote volubilis suMiniatus
vitain ducis elatas
j

nostn
eolius

immemor

Inde etiam quo iacet


te

ille

messenus qui sonoro ere viros ad arma ciebat

ymaginor

discurrentem divi funeris atque yliadum procerum piaculi loca

notantem
sillanimis

Sed iam finem?

tuis admirationibus

inponamus cum pu-

sit

nedum hominum manu

facta sed etiam transitoria

nec

alia

admirari et quantumcumque etiam res nove et merito

admirande per spatium aliquid teneant quempiam occupatum

non Ubi credendum


visa sunt olim
|

est illa e

memoriis radici tus extirpare que


dulcissimum patienti

et potissime quid fuerit ante


|

et quid amicitia dulcius

queramits igitur tue oblivioni seu ut

verius loquar postergationi caitsam meliwern.

Non sappiamo a

chi sia indirizzata la lettera a cui appartiene


il

questo frammento, n, tanto meno, tutto


dal poco che ci rimane
si

contenuto

di essa.
:

Pure
l'au-

pu ricavare con certezza


i

che

tore della lettera conosceva bene Napoli e


quivi era venuto

luoghi vicini; 2 che


dalla
;

da poco un suo vecchio amico, sollevato

fortuna in alta condizione e per dimentico della vecchia amicizia


3*

che questi

in

una

lettera precedente

si

doveva essere scusato


i

del lungo silenzio, dicendosi occupato

ad ammirare

luoghi delia

40

F.

MAGRI-LEONE
che
l'au-

nuova dimora
cosa di peggio.

cosi antichi e importanti storicamente; 4


si

tore della lettera non

contenta di questa scusa e sospetta qual-

Chi conosce

le relazioni tra

Zanobi da Strada e
sia
il

il

Boccaccio,

non

esiter a credere
il

che questo

frammento
che

di
si

una

lettera,

mandata verso
Zanobi

1353, dal Boccaccio all'amico


dall' Acciainoli

era recato

a Napoli, invitato
si

a insegnare in corte. Infatti che

fosse presto dimenticato dell' amico,


si

che era rimasto a

Firenze,

rileva

anche dalla

lettera

che

si

trova nel medesimo


principio di essa
ri-

zibaldone, e di cui

abbiamo parlato.

il

schiara ancor pi la mia congettura:

ivi infatti si dice:

longum
quali

tempus effluxit quo neque tu mihi uc ego Ubi scripsi

: le

parole

ci

costringono a supporre che

il

Boccaccio gi un' altra

volta gli avesse scritto, probabilmente con la lettera di cui rimane


il

frammento

trascritto:

mentre poi

le altre

parole che seguono

subito dopo a

quelle citate: nescio


clespicientem

an incusem celsitudinem

tumn parva

concordano e s'illustrano mirabilin

mente con queste del frammento: apud quas tu nunc


rote volubilis sublimaius nostri

auge

immemor vitam
e.

ducis elatus .

Che

pi?

riprova di tutto questo, a

225' dov' continuato

dal zibaldonista l'elenco degli uomini


tini,

illustri,

specialmente fiorenfi-

contemporanei o
i

di

poco anteriori al Boccaccio, mentre


noti,
si

gurano
di
Gr.

nomi

di

uomini non molto


dimenticanza non
gl'illustri

manca

proprio quello
in

Boccaccio.

pu pensare

un elenco

fatto apposta

per notare

contemporanei, ne d'altra parte

troppo lungo se comprende solo quindici nomi, da Dante a Coppo


Borghesi.

poi,

come

si fa

a dimenticare, accanto al Petrarca

e a Zanobi da Strada, Giovanni Boccaccio, pi famoso del secondo


e non

meno

del primo, nella seconda

met
si

del sec.

XrV, a

Fi-

renze?

ignoranza o a invidia neppur

pu pensare, perch

nello stesso codice ci sono degli scritti del Boccaccio, p. es. la


lettera
ipotesi

Johannes de Gertaldo Zenobio de Strata


fatto stranissimo, e

Una

sola

pu spiegare questo non dubito


di

dopo quello che

ho

detto

chiamarla riprova: che l'elenco cio sia


il

fattura dello stesso Boccaccio,

quale, naturalmente,

non poteva

IL

ZIBALDONE BOCCACCESCO DELLA MAGLIABECHIANA


il

41

scrivere
ranei, in

suo

nome accanto

quello degli altri illustri contempo-

un suo

stesso memoriale, senza parere superbo e ridi-

colo. Ci troppo nota la

modestia e anche
il

il

buon senso

di lui

per credere che egli sentisse


di essere

bisogno di rammentare a se stesso,


il

un uomo

illustre,

registrando

proprio
si

nome

in

un

suo memoriale egli

stesso.

Invece

il

Boccaccio

contenta di
fa-

chiuder l'elenco col nome di due fiorentini non certamente


mosi,

ma

di onesti e nobili costumi, di cui

il

primo
il

egli

chiama per
che

integrit di carattere alter Fabricius ,

secondo, amantisfiorentini
il

* simus reipublicae et

morum

pater

due

Boc-

caccio conosceva e stimava ed


il

amava

moltissimo, e dei quali fa

medesimo

elogio, pi largamente, in altre sue opere; dell' Ot-

tobuoni nella lettera a Pino de' Rossi, di Coppo Borghesi di Do-

menico nella nov. EK della giornata IV del Decamerone e nella


citata lettera a Zanobi,

dove dice

di

averlo caro prae ceteris

che

fa

onore al carattere del Boccaccio, ammiratore sincero,


de' costumi (1).

come

dell'altezza dell'ingegno, cosi dell'integrit

Francesco Macr-Leone.

(1) Il lettore

non

si

maravigli che in un lavoro di

tal

genere

io

abbia

trascurato del tutto l'esame paleografico del codice. Pur troppo, di autografi boccacceschi, per quanto possibili o probabili, sinora, non ve ne ha nessuno certo sicch un confronto di scrittura sarebbe , per lo meno , inutile. Del resto la perizia calligraifica fatta eseguire dal Ciampi ( Op. cit. , p. 654), sarebbe a favore di (mesto codice, il quale, confrontato col Laurenziano, coll'Ambrosiano, col Vaticano, mostrerebbe una maggiore originalit di caratteri e pili franchezza di mano. E rHoRTis (Op. cit., p. 542), dopo un breve esame dei creduti autografi boccacceschi, conclude giustamente: < Da tutto questo deriva che i codici mentovati o sono scritti in caratteri che a con< frontarli col carattere del zibaldone non se ne caverebbe alcun frutto per giudicare dell'autografia o sono male attribuiti alla penna del Boccaccio. Di maniera che per questa parte U codice magliabechiano, se pur troppo non ha confronti, non ha nemmeno da temerli . Non e' di meglio mi pare, in tali condizioni, che rassegnarsi ad aspettare lo < studio comparativo * sugli autografi boccacceschi , promesso dal dr. Pakscher (cfr. questo Giom^ Vili, 371). Spero che da tale esame uscir ancor pi confermata l'autografia del zibaldone magliabechiano ; a patto per che il signor dr. Pakscher non spinga la sua smania di scoperte a tal punto da ritenere, p. es., autografo boccaccesco il codice chigiano L. V. 17o, il quale, a farlo apposta, non contiene la Vita di Dante del Boccaccio, ma il rifacimento apiocrifo d'un rifacimento apocrifo di quella. Intorno a che vedasi la mia Introduzione (cap. IX, pp. cxLvui sgg.) alla Vita di Dante, Firenze, Sansoni, 1887).
:

INTORNO AL COSIDDETTO

r)IA.LOGMJS CREA.TUIIA.IIUM
ED AL SUO AUTORE
(1)

II.

3L'

^A-TJTOIIE.

2.

Breve intermezzo.
scusa ai
lettori dell'aver

Non

so se

abbia a chieder

cosi

lungo interrotto la stampa di questo lavoro, oppure invece del


ripigliarla.

La chieder

dell'interruzione,

perch scusa molto pi

facile
tivo.

da ottenere.

ch'io m'arrestassi, non fu senza grave moin porto,

Mentre mi credevo

mi sorsero

dubbi, che

mi

co-

strinsero ad aspettare l'opportunit di ristudiare accuratamente

qualche opera manoscritta che non m' era allora accessibile.


lo studio port poi

con s

il

bisogno di una nuova elaborazione,


il

per

la

quale non seppi

per un pezzo trovare

tempo ne-

cessario.

Questo intervallo non tuttavia trascorso infruttuoso. Son


venuti a galla frattanto due altri
manoscritti, sicch portato

a nove

il

numero

di quelli in cui l'opera

mi nota

finora. L'uno,
si

miscellaneo, appartiene alla biblioteca di Monaco, dove

trova

(1)

Vedi Giornale, IV, 337.

DEL < DIALOGUS CREATDRARUM


avere
il

43
indicato,

numero 1222

tra

latini (1),

e mi fu

come

altri gi, dal prof.

Guglielmo Meyer, passato in questo frattempo


il*

all'universit di Gottinga;
colla

secondo entrato alla Laurenziana


in cui era

collezione Libri od
(2).

Ashburnham,

segnato col

numero 1550
I

due nuovi

testi

sono legati tra di loro da relazioni strette,

ancorch non da quelle che uniscono un esemplare ad una copia.

Che entrambi

siano ornati

se
la

il

loro

pu

dirsi

ornamento

di

fi-

gure, e che entrambi manchino,


qualsiasi,

come

del prologo, cos di


;

un

titolo

poco o punto vorrebbe dire


ci

ma

invece significa molto


l'origi-

che, mentre essi

danno

redazione pi breve, ossia

naria, facciano entrambi seguire all'ultimo capitolo,

che

si

chiude

anche qui

colle parole sacramentali qui [sine fine] vivit et regnat

per omnia secula seculorum Amen


della fanciulla
della

Deo gratias
si

quell'esempio

romana, che noi non

trov se non al termine


codice di

redazione
(3).

amplificata, e propriamente del

To-

rino

Riesce cosi confermato in


considerata

modo ben

positivo

che cotal

giunta va

distintamente dalle altre amplificazioni;

si

direbbe altres che essa venisse a risultare anteriore, e non

posteriore al lavoro di rimaneggiamento.

Ma

d'altra parte,

come

mai, se
al posto,

il

rimaneggiatore se
le

la

trovava davanti, non

la colloc
(4),

che

sarebbe convenuto, dentro al capitolo ultimo


di essa

perlomeno non traspose dopo

o non soppresse la for-

mola
nostri

di

chiusa che sopra

si

diceva ? Per possibilissimo che ai

due codici

la giunta sia

provenuta da un esemplare che con-

ci)

Vedi

Catal, cod. latin. Bibl. R.


notizia

Monac,

t.

I,

P.

I,

181-82.

Chi ebbe
anzich
cap.

a compilar la

cadde rispetto all'opera nostra


si

(f

235 sgg.) in un
distinte,
il

grosso sproposito, credendo che


di

trattasse di

due scritture
di

una

sola.

11

principio immaginario della seconda

non che

del

Contemptus.

sar

unicamente per

effetto

un'abbreviazione

35 mal
pli-

sciolta

che

si fa

cominciare la prima colle parole < Sol est secundum


al

nium
(2)

invece che secundum philosophum .

1473 nell'inventario presentato

Parlamento

italiano.

(3) III, 17.


(4) III, 18.

44

PIO

RAJNA
noi

tenesse la redazione amplificata (1); e in conseguenza


ci si

non
ri-

trova qui ancora in

possesso del mezzo desiderato per

solvere la questione dell'essere o non essere autore e amplificatore

una persona medesima

(2).

Siccome peraltro non neppur

lecito escludere del tutto la possibilit contraria, e ci

che in

tal

caso ne risulterebbe sarebbe la non identit


si

(3),

ragion vuole che

rimettano

le

due alternative

in

istato di perfetto equilibrio.


testi,

Un'altra peculiarit
tale

comune

ai

due

ancorch questa non

da importare per se stessa una speciale parentela, consiste


:

nell'essere entrambi ricopiati fuori d'Italia. Sicuro

il

codice MoQ^er-

nacense, un

tempo

alla badia

di

Tegernsee, scritto in
il

raania, e propriamente, pare, in Baviera (4);

Laurenziano va
(5).

assegnato al nord della Francia, o a regioni contermini

Non

immagini alcuno che

ci possa

mettere menomamente a repensi

taglio le conclusioni alle quali ci

condusse rispetto alla patria

dell'autore. Gotali conclusioni riposano sopra

fondamenta troppo
questo, d'altronde

salde per aver nulla a temere da

un
si

fatto

come

naturalissimo.

Che

il

Contenptus

fosse divulgato manoscritto


le edizioni,
,

anche oltremonte, dicevano troppo manifestamente

straniere tutte quante, a incominciar dalla prima, che

benin-

(1) Quanto al non tenersi conto di questa narrazione nell'indice da cui il Contemptus preceduto nel codice Laurenziano-Ashburnhamiano, non significa nulla, una volta che essa non s'ha da riguardare come capitolo

s.
(2) III, 15.
(3)

Posta

l'identit, chiaro

che

l'amplificatore

doveva ampliare

sopra

un esemplare
due
pirsi

proprio. Per, se la storia di

FIos

comune a

codici delle

classi, fosse

anteriore al rimaneggiamento, bisognerebbe

bene che venel

nisse dall'autore stesso, e

non gi da

altri.

]Ma allora non potrebbe pi ca-

assolutamente

come

nell'edizione
;

accresciuta egli non l'inserisse


e poich

luogo che sapeva troppo bene spettarle

non

inserita,

ne verrebbe

la necessit inevitabile di rimutare la base.


(4)

Vi

si

leggono due cronache bavaresi, tra

le quali

una tedesca anche


il

di linguaggio, di
(5)

Andrea da Regensburg.
di

Non fidandomi abbastanza


e

me

stesso, volli sentire


il

parere auto-

revole di Paul Meyer;


di dover portare.

ne riusci confermato

giudizio che

m'era parso

DEL DIALOGUS CREATDRARUM


teso, quella

45
le

che propriamente conta, essendo verosimilmente


essa.

altre

emanate da

ci

son circostanze per

le quali
il

potrebbe

riuscire agevolmente e proficuamente spiegabile


fuori d'Italia

trovar scritto
:

anche qualcuno
i

degli esemplari pi antichi

e questi

nostri invece son forse

pi recenti, non appartenendo, a quanto

pare, che al cadere del secolo

XV

(1).

Se fino a qui ho avuto da fare aggiunte o ritocchi


dette nei primi

alle cose

due

articoli

senza dover cancellare nessuna af-

fermazione, c' un punto


retto.

che ha proprio bisogno d'esser cor-

Fidandomi
io

di attestazioni

che parevano autorevoli, credetti

ancor
nella

che

il

Brito > tante volte allegato dal nostro, fiorisse


fosse indu(3),

prima met del secolo XTV, posto pure che non morte
la

bitata per la

data del 13.56

(2).

Era un grosso errore

ch'io

mi

sarei risparmiato, se, in

cambio del Fabricio e del

Pits,

avessi interrogato lo Sbaraglia

(4).

Brito,

il

Guglielmo Bret-

tone autore del Glossario Biblico, spetta al secolo XITT ; ed ben


lui,

e non

un suo omonimo, che ebbe a capitare a Vienna


ci si

nel

Delfinato
dei

mentre

trovava Fra Salirabene


(5).

nel 1247 o in

uno

due anni successivi

E cosi mi par probabile che per l'appunto

(1)

Per

il

codice Laurenziano parla abbastanza chiaro la scrittura; qaanto

all'altro,

parlano pi che chiaro, se non furono aggiunte in spazi vuoti, delle

bolle pontificie spettanti agli anni 1454, 1455 e 1467; e

anche

altri testi ci

conducono bene innanzi.


(2) IV, 338.

Che errore ci dovess'essere, mi avvert primamente il colica Novati. Supplementum et castigatio ad Scriptores Trium Ordinum S- Francisci a Waddingo aliisque descriptos, p. 318. Il Wadding invece {Scriptores Ordinis Minorum, p. 150) aveva ripetuto gli errori del Pits, copiandone
(3) (4)

anche
(5)

le parole.

Lo Sbaraglia
i

dice senz'altro nel 1248; e ben

si

capisce, dacch Salimbene

sta

narrando

fatti di quell'anno.

Ma

da
(p.

notare che la menzione di fra


dell'ed.

Guglielmo fa parte
se
II

di

una digressione
tre

98

Parmense), della quale,

non avessimo
fatto si

altro su cui fondarci, rimarrebbero aflatto incerte le date.

che in quei

anni

Salimbene, andando a Lione o ritornan-

done, ebbe, credo, a passar quattro volte da Vienna. V. pp. 82, 97, 148, 150.
Solo, dei quattro passaggi sarei indotto ad escludere l'ultimo dal vedere

Salimbene parla

di

fra

Guglielmo

alla

maniera

di

chi

discorre di

che una
di

persona veduta per la prima volta; mentre ra>Tebbe ad ogni

modo

visto

46
al Glossario voglia alludere

PIO
il

RAJNA
men-

cronista parmigiano, allorch,

zionando

il

suo essersi incontrato un'altra volta con Guglielmo


certo
in

a Lione
ch'egli

(1),

uno

di

quegli

anni medesimi

(2), dice
ti-

adhuc
(3).

non fecerat librum suum qui suo nomine

tulatur

L'opera era gi pubblicata a ogni modo nel 1271


trattato
in

che del 1271 un

cui

Ruggero Bacone
(4).

replicata-

mente

la cita,

per muoverle censure

Per, l dov'io pensavo

gi in questo caso. Gfr. qui sotto, n.

2.

Soggiunger tuttavia che


regge fino ad

il

ragio-

namento per uno


(1)

scrittore qual questo,

un certo segno.
al

Pag. 99.

Il

vedere Guglielmo in queste parti d una certa quale verosimis'

glianza all'idea che da lui provengano le parole che

hanno

termine della

Cronaca Turpiniana nel codice laurenziano che serv


27 del PI.
me

all'edizione del Ciampi,

LXVI
il

(f.

80b)

Guillermus brito

me

scribit.

Inciuitate Carca-

sone

la verosimiglianza

non
il

distrutta dall'et della scrittura, che a

parer mio
lai., Il,

secolo

XIV,

anzich

XIII, come vorrebbe


di

il

Bandini {Cod.

801). Queste parole,

contenuti nel codice

messe unicamente al termine che tutto di una stessa mano

uno degli scritti e non dell'ultimo,

m'hanno
davanti.
(2)

l'idea di essere state copiate col

resto dall'esemplare che s'aveva

Una

quarto

data non posteriore al 1251 si deduce dalle parole Innocentio Lugduni morante , ed una non pi tarda del 1249 dai casi par-

ticolari dello scrittore.

La presenza espressamente menzionata


Generale in un capitolo

di fra

Gio-

vanni da Parma eletto

tenuto appunto

Lione

nel 1247, pu far propendere in favore di quest'anno, e inclinare a metter

quindi preferibilmente nel 1247 anche l'incontro con Guglielmo in Vienna. Co-

munque
cilio.

sia,

guardiamoci dal pensare invece


al pi

al

1245 per via dell'espressione


affatto
il

In conventu... lugdunensi . Gonventus

non qui per nulla

Conl'uso

Al pi

potrebb'essere

il

capitolo menzionato adesso;

ma

solito di Salimbene porter ad interpretarlo convento anche in Italiano, con questo solo, che anzich all'edificio vuol riferirsi alle persone. (3) La prima idea sar bene che s'alluda invece a un'opera di Guglielmo che s' menzionata sopra, cio al Liber Memoriae, di cui non so dar notizie, n credo che finora altri sappia. E di certo non sarebbe lecito intendere altrimenti, se non ci fossero le parole qui suo nomine titulatur . Queste convengono a meraviglia al Glossario Biblico, che infatti si vede allegato per solito, e gi al tempo di Salimbene, con un semplice Brito senza nulla pi. Che convengano invece all'altro trattato, nessuno saprebbe mostrare, e riesce improbabile anche appunto per la ragione che dicendo Brito si

soleva intendere altra cosa.


(4)

Compendium philosophiae:
t.

in Fr.
I,

Rogeri Bacon Opera quaedam hoce 477 Bacone


(nella

tenus inedita, Londra, 1859,

pp. 476

raccolta

Rerum

Britannicarum medii aevi

Scriptores).

e anche a lui appunto

DEL DIALOGUS CREATDRARUM >


di

47
di

vedermi dinanzi una chiusa che impedisse

risalire pi

addietro del 1330, non ne ho se non una che vieta di sprofondarsi troppo nel secolo decimoterzo, e
limite
forse pi

che pertanto mi segna un

remoto, anzich meno, di quel che non faccia

un'allegazione

delle

Leggende

di

Giacomo da Varazze nel

sei il

condo
dati

capitolo.

questi due, a voler stare sul sodo, son pure

estremi che a

me venga

fatto di

scorgere per stabilire

termine a quo. Mi compenser un pochino col dire che dal lato


opposto, indotto dalla falsa credenza circa la data del Glossario
Biblico,

ho largheggiato

di

troppo

ammettendo che

si

potesse

avanzarsi fino al 1390. L'et dei manoscritti combinata coi loro


rapporti, vorr adesso

bene che

il

confine

si

ponga qualche

de-

cennio almeno

pi

addietro.
la

Ma insomma
il

la

conclusione vien

pure ad esser questa, che


soccorre, dev'esser
il

composizione, se altro poi non ci

lasciata spaziare tra

cader del dugento e

declinare del trecento.

3.

Maestro Berganino,

Dopo

esserci affaticati finora per conoscere l'autore sotto pi

d'un rispetto, senza, per conto nostro, nominarlo mai, sar tempo,

mi pare,

di

occuparci

altres del

suo nome.
si

ci

si

affretter

adesso a ripescare quello che gi


del Grasse (1)
:

vide

in fronte all'edizione

Nicolaus Pergamends.
le

Questo nome, ignoto a tutte

vecchie edizioni, ricavato dal-

Yexplicit del codice parigino 8512, ossia dalla riproduzione


q}iQVeccplicit

che

di

ebbe a dare

il

du Mril

(2).

Sennonch

dentro non

volevo alludere nella nota precedente


s'intende che

dice Brito >

e null'altro;

per

non

tralasciai di accertarmi

che

le

cose da lui censurate stes-

sero propriamente nel Glossario.

Quanto

alla data dell'opera baconiana, v. la

prefazione dell'editore, p. lt.


(1)
(2)

m,

1.

Pois. ind.

du moyen

ge^ p. 148, n. 2.

48

PIO RAJNA
s

abbiamo un Nicola Pergamenus, ma


modificare l'epiteto?

Pergamnus, anzi
.

pro-

priamente un Nicola qui dicebatur Pergamnus

perch

Perch
dalla
di

il

Grasse, afferrando e facendo


l

sua un'idea che


credette

il

du Mril aveva buttato

sventatamente

(1),

che l'autore dovesse derivare cotale designazione da

Pergamo; e precisamente
Pravista. Accanto ai diritti

Pergamo
se

di

Macedonia, oggid
tut-

Pergamo

ne riconoscono

tavia

altri

Pergamia
tal

nell'isola di Greta, oggi

Platania,

dicendo espresso che in


legittima.

caso la forma

Pergammus

sarebbe

allora
di

che

diritto c'era di ripudiarla?

Qual sorta

legami dovesse nella mente del Grasse avere

Nicola con Pergamo o con Pergamia, non detto: forse esservi


nato,

appartenere a famiglia venuta

di col;

forse avervi di-

morato un certo tempo; che del


pensi

resto, se possibile capire cosa

un uomo avvezzo a pensar

dieci cose differenti senza con-

cretarne

nessuna, l'autore del Dialogus dovrebb' essere anche

per

il

Grasse un occidentale, e pi verosimilmente che altro un


(2).

francese

certo anche solo


il

l'aver

scritto in latino

im-

maginar traduzione

nostro testo non avrebbe potuto

nemmeno

un ceco
cevano

e
in

la familiarit

con autori quasi

tutti

latini, lo di-

modo troppo

evidente.

Ma

per restar Pergamnus Nicola non ha bisogno alcuno di


di

andarsene in lontani paesi o

provenirne.
e

Pergammus

dice

semplicemente

Bergamasco;

Pergamo qui non

c'entra, se

non

in

quanto

cosa arcinotissima

il

nome

della citt ita-

liana fu per ragion sua alterato dai dotti del medio


in

evo, e

cambio

di

Bergom,um,, divent solitamente per


(3).

essi

Perga-

Tnum, Pergam,us

L'attrazione ebbe ad essere esercitata

(1)
(2)

Pag. 152, n. Pag. 304,

3.

n. 1.

Ravennate. (3) Cosi avviene gi presso Paolo Diacono e nell'Anonimo V. la Dissertatio Chorographica de Italia Medii Aevi nei Rer. It. Scr., X, cxxxii. Si senta poi il Petrarca, Ep. Fam., xxi, 11 (ed. Fracassetti) Est hic semper in oculis Pergamum, Italie alpina urbs. Nana, ut nosti,

DEL DIALOGDS GREATDRARUM


dalla
cittadella
di

49

Troja

e qual sorta di pretese e credenze

dovessero accompagnarsi di necessit, causa ed effetto ad un

tempo, con

siffatta

modificazione di suono, facile intendere.

Quindi anche l'uso della forma

Pergama

e dell'aggettivo Per-

gameus

(1).

In grazia di

Pergamum
due
tipi

anche Bergomensis diventava

di

frequente Pergamensis, Bergaminus, non troppo di radoPer-

gaminus. Di
significato

questi

aggettivali,

non punto diversi

di

quanto

alla

sostanza, l'uno,
della

Bergomen^s, Pergalatina,

mensis non era che

tradizione

mentre Berga-

minus e Pergamrms riflettevano una forma volgare (2). N Bergamino spento per nulla neppure adesso. Vive, accanto
a Be-rgamasco
{3),

nei dialetti dell'Italia settentrionale. Sennonsi

ch,

le

tendenze diacritiche del linguaggio han fatto


il

che

esso perdesse a poco a poco

valore generico

per

fissarsi

alia

huius nominis in Asia

est,

olim Attali regia,

Romanorum

post h-

Avverto che non scrivo i dittonghi ae, oe nelle citazioni petrarchesche, perch non li usava l'autore, come appare
reditas. In

hac nostra

ecc.

dagli autografi.
p. es., nel v. 199 del Carmen de laudims Bergomi (i2, V, 532), che sar da ricordare anche tra poco. E in uso aggettivale l'autore di (juesta scrittura non adopera mai se non Pergameus, che abbiam (1)
It.

Pergama,

Scr.,

poi

anche in Dante,
In ci s'ha

De
delle

vulg. eloq.,

i,

11:

Post quos
>,

Mediolanenses

atque Pergameos eorumque finitimos eruncemus


(2)

una

ragioni

per cui Bergaminus pot moltissime

volte

conservare la sua iniziale


colti.

legittima e uscir anche dalla

penna degli
si

uomini pi

Quanto pi

il

vocabolo era di stampo volgare, e pi

trovava

protetto contro le influenze perturbatrici dell'erudizione.

Ma

poi s'aggiunge

un

altro

motivo anche pi

forte.

designazione di persone determinate; e

Bergaminus noi lo abbiam soprattutto come i nomi di persona, rappresentandoci

un individuo, obbligano ad un rispetto, che gli altri vocaboli non riescono facilmente ad ottenere. Accade pertanto che si scriva Bergaminus per la ragione stessa per cui non s' potuto pensare a dare lo sfratto all'aggettivo
di tipo plebeo per surrogarvi
(3)
il

confratello pi nobile.

La convivenza dura di certo da grandissimo tempo. Qual distinzione esistesse un tempo tra le due forme, non saprei dire con sicurezza. Forse la distinzione era geografica e dialettale: ossia Bergamasco era usato in origine da certe regioni e da certe parlate. Bergamino da certe altre.
OtomaU
ttorko. IX. fMC. 28-29.

50

PIO

RAJNA
(1).

esclusivamente con determinazioni di senso particolarissime


Colui

dunque

ch.e

il

codice di Parigi

viene a presentarci,
il

vuol essere un Nicola soprannominato Bergamino, ossia

Ber-

gamasco.

Il

codice peraltro non s'arresta qui, e

ci offre

qualche

altro dato, di cui bisogna affrettarsi a tener

conto. Tutto intero e


:

fedelmente riprodotto, VexpUcit parigino suona in questa maniera


Expliciunt

fabule magistri Nicole qui dicebatur pergaminus,

qui fuit

homo

valde expertus in curiis


parole,

non paiono dire queste ultime


te

magnatum uomo di corte

(2).

valen-

tissimo ?

Ora, un

uomo

di

corte assai valente,

chiamato
I*

appunto Bergamino, noto a

tutti dalla

novella 7* della

gior-

nata del Decamerone, dove ce

lo

si

rappresenta presso Can

Grande, ch'egli morde col narrar


Gluny. Che
le cose
;

di

Primasso e dell'Abate

di

raccontate seguissero davvero, nessuno vorin esse vi siano molti elementi reali,

rebbe affermare

ma che
;

non dubbio per nulla


mettersi anche
il

e tra questi troppo naturale che voglia

personaggio di Bergamino, a quel

modo che

son persone realissime le altre di cui la novella racconta. Certo

(1)

B erg ami n. Nome

di que' proprietarj di

quali, dalla provincia di

mandre numerose di vacche, Bergamo specialmente, ed anche da altre parti

submontane attigue al Milanese, calano nel basso Milanese, nel Pavese, nel Lodigiano a svernare le loro vacche coll'erbe sempre vivide de' prati marcitoj. Inoltre, Quel famiglio che accudisce alla

mandra
Cos
il

detta herga-

minna

nere, Milanese del Cherubini


il

Bergaminna... Mandra numerosa come nello spec. sig. di Bergamin .


.

di

vacche, cos in gVocabolario

vocaboli occorrono con

valore analogo lungo

confine settentrionale del territorio

bergamasco, sul versante valtellinese

con questo peraltro, che li i bergamin conducono le bergamine nei mesi estivi, invece che negl'invernali. \Ia ognuno vede come il
delle Alpi Orobie,

senso pastorizio sia venuto


condotte

connettersi

con queste voci unicamente per


padroni
di

ragione di fatto: bergamin finisce per significare padrone di grosse mandre

periodicamente dal di fuori, perch

mandre

siffatte

erano e sono bergamaschi, di regola nel Milanese e nel Pavese, nella Valtellina poi, sempre.

du Mril, oltre a dare a fabule il dittongo finale, mut Nicole in in m.agnatiis. m.agnatum, bisogna dire per inavvertenza Chi mi d modo di rettificare, , beninteso, il signor G. Raynaud, dal quale
(2) Il

Nicolai, e

ebbi intorno ai codici Parigini

altri

ragguagli gi comunicati.

DEL DIALOGUS CREATITRARUM

51

non pretenderemo per


zioni

ci

che
i

il

Boccaccio prendesse da attesta-

veramente positive

cavalli

ed

fanti

che presso
essi

di lui

Bergamino ha seco a Verona; pure giovano ancor


strarci

a modi

che, almeno nell'opinione

sua,

Bergamino un uomo
;

corte di grado elevato, non gi


sia autore di

un buffone
ci
si

sicch l'idea ch'egli

opere latine non

presenta in s stessa

come

qualcosa di assurdo.

a ritrovar Bergamino narratore per iscritto


si

pare disporci pi direttamente la lode, fondata,


l'esperienza propria, ch'egli fosse,

direbbe, sul-

oltre al credere di chi


,

non

lo ud, presto parlatore ed ornato


Avviatici
persistere.

per questa strada, altre ragioni

tendono a farvici

cosa abituale per


coi

gli

uomini

di corte l'essere desi-

gnati,

non gi

nomi che devono pure aver ricevuto ancor


per via
di

essi al battesimo, bens di sicuro

soprannomi.
;

Un soprannome
come

anche

il

Bergamino
il

del Boccaccio

tale ci pre-

sentato espressamente
poi all'aversi col
il

Pergaminus dal nome vero

codice di Parigi. Quanto

soprannome da

solo,

mentre qui s'aggiunge

come semplice

accessorio al

e proprio, par cosa che

convenga ottimamente

alla diversit delle circostanze.

non

naturale la distinzione per chi in

un caso
si

ci si

mostra semplice

uomo

di corte,

mentre

nell'altro ci

presenta invece in qualit

di scrittore?

S'aggiunga a tutto ci qualcosa di ben positivo


cronologica. Bergamino un contemporaneo
si

la

convenienza

di

Gan Grande, e

trov

per conseguenza a fiorire nel cuore di quel periodo,


il

durante

quale

si

vide essere stato scritto

il

Cantemptus.
Boccaccio scrive

Ma
di

ecco poi subito sollevarsi delle nubi.

Il

Bergamino quando era morto, o perlomeno vecchio; eppure


Certo possibile che la cosa
e nondimeno Messer

par conoscerlo unicamente come parlatore, e non come autore


di libri. fosse, la

Giovanni non ne avesse notizia;


quelle che
s'accettino

ma

supposizione non di

troppo volentieri.

Un
il

altro inciampo:

il

codice di Parigi d al suo


Sta bene che

Pergaminus
la

titolo di <
si

magister
al

nemmeno

per questo

porta

chiuda

Berga-

52

PIO RAJNA
la

mino boccaccesco:
glieva nel suo

gran caterva degli uomini

di corte acco>

grembo gente
si fa

d'ogni risma; tuttavia pur certo


si

cbe

il

passaggio per lui

angusto, e le improbabilit
il

vanno
Con-

accumulando.
addirittura se

E
ci

di

angusto

passaggio

diventa
il

poi

sbarrato

facciamo a considerare

contenuto del

temptus.

Non

dico ci per l'erudizione copiosa di cui l'autore d


volta la
possibilit

prova

ammessa una

che Bergamino fosse


perch
si

Maestro , non c' pi diritto

d'inalberarsi

veda

che

al

nome

risponda

il

fatto.

E nemmeno
di corte:

lo dico

perch creda

che un'opera
giose,

di morale,

informata ad

idee profondamente relici

non convenga ad un uomo

meraviglieremmo

noi se trovassimo che qualcosa di simile fosse stato composto da

Marco Lombardo ? Dico

bens, perch, se

il

Coniemj^tus fosse

fat-

tura di un uomo, che avesse consumato gran parte della

vita,

vagando, in una condizione quale questa sarebbe,


paese, da signore a signore,

di

paese in

non potrebb'essere

in

nessun
;

modo
i

che non

fosse pieno di ricordi delle cose vedute ed udite

per-

sonaggi del tempo vi s'avrebbero ad affollare, a quel

modo

ap-

punto che
dantesca;
offrir

s'affollano alla

mente

di

Marco

nella rappresentazione

sarebbero

essi

che dovrebbero molte e molte volte


si

conferme agl'insegnamenti che

vogliono inculcare, comin-

ciando da

quello principalissimo scritto

anche

in fronte al hbro,

della vanit e instabilit delle grandezze


di tutto ci.

umane. E invece nulla


i

Le rimembranze

dell'autore,

fatti
i

dell'et

sua,

non entrano per nulla


Maestro Alano

nella composizione;
di

nomi pi recenti
Buglione
(e.

che figurano nei racconti sono Goffredo


(e.

34) e

75);

una

volta sola

si

parla

d'un contemposi

raneo

(e.

103),

ed un senex quidam
di essersi

del quale ci

narra

con che regime dicesse


vita.

mantenuto sano per una lunga


quello che

Ho
molti,

fatto

per

il

Bergamino del Boccaccio pi


tutti,

di

se

non proprio
lui,
il

stimeranno ragionevole;

ma
di

gli

che, rinunziato a

Nicola Pergaminus del codice

Parigi

resta per

me

assolutamente uno sconosciuto. Nessun altro ho sa-

DEL < DIALOGUS CREATURARDM >

53

puto trovare suscettibile d'essere anche solo per un momento


identificato

con

lui (1).

Ci non

importa davvero ch'egli voglia

tal'

esser messo da parte, possa

n Contemptu^ non
uomo

opera, che non

appartenere anche ad un

di cui

non

si

riesca

raccoglier notizie neppur quando l'indagine storica sia penetrata

molto pi addentro che ancora non sia nel terreno donde la pianta

ebbe a sorgere. Bens necessario ponderare accuratamente guai

grado

di

fiducia

le

considerazioni

intrinseche

ed estrinseche

meritino all'attestazione parigina.

Un argomento
regione che esso
in

in favor suo
ci

par bene essere l'accordo tra la


ci

viene a indicare e quella che


stesso
si

risultata

modo non dubbio dall'esame


manoscritta. L'accordo
di

dell'opera

e della

sua

tradizione

rompe, per verit, se dalla


determinato.

regione

passiamo a qualcosa
,

pi

Un

autore

Bergamino

ossia

Bergamasco non pare che a noi convenga.

Sennonch

l'essere qui

Bergamino un soprannome, vuole che


del

noi

ci si rappresenti Nicola fuori

paese donde
di

la designazione

aveva origine; e nulla impedisce


Milano, cui
si

rappresentarcelo in quella

fu condotti a pensare di preferenza, segnatamente

da ragioni

linguistiche.

Che

se a Milano

un bei^masco doveva
va tenuto conto

pur restare pi o meno bergamasco

di favella,

(1)

Un

Niccol Canali, che tenne


istor.

tre mesi soltanto fu

Memorie

il vescovado di Bergamo nel 1^2, e dopo promosso airarcivescovado di Ravenna (\'edi Ronchetti, della Citt e Chiesa di Bergamo, V, 84), non saprebbe di

Era veneziano, non bergamasco; n a farlo in una condizione come la sua poteron ser\ire i tre mesi del vescovado. N pu aver che fare colla composizione del Contemplus un Bergamino che s'ha in due lettere del Petrarca a Modio Moggio da Parma, precettore dei figli di Azzo da Correggio la 4 37' delle Variae nell'edizione Fracassetti, scritte entrambe alla fine del 1362, che io ho davanti autografe nel cod. Laur. PI. Lin, 35, f* 12* e 15*: - Post hec venit Bei^minus, et locutus est mecum multa quem e vestigio
certo qui venire
in

questione.

chiamare Bergamino

meno che mai

< remittam. > < 8cit in hac


nuto
al

Nichil ad presens vobis aliud sum scriptorus


parte cor

meum.

Bei^mino

Petrarca da parte

di Modio.

[BJergaminus un messo veun uomo, a quel che si vede, me:

manifestamente

ritevole di piena fiducia,

ma

che sarebbe fuor d'ogni proposito convertire

in

un

letterato.

54

PIO RAJNA
la

che

ragione del

chiamarsi Bergamino potrebbe per Nicola


l'esser
il

essere

pi remota che

nato e cresciuto a Bergamo


cosi entrare

(1).

Innegabile tuttavia che


sottrae
alla

dover
di

per strade traverse

prova un poco

quel valore, che essa

avrebbe
del-

piuttosto bisogno di vedersi


l'Italia

accresciuto. L'essere

un nome

settentrionale

messo avanti da un codice trascritto

in

quella regione medesima (2), non dice per s stesso gran cosa:

data pure un'attribuzione assolutamente erronea, sarebbe sempre

un nome

siffatto

che

li

ci si

dovrebbe aspettare.

Un

altro accordo tra le deduzioni ricavate dal libro e la testidi Parigi

monianza

abbiamo nel qui


.

fuit

homo

valde expertus
ci

in curiis

magnatum
c'

Uomo avvezzo

a praticar nelle corti


(3).

parve che l'autore volesse ritenersi fiduciosamente

Eppure

anche qui

il

suo tarlo. L'espressione, come s' visto, porta

anzitutto a pensare a

un uomo

di corte

vero e proprio. Per

chi invece non pu esser


rica, e

tale, essa riesce

un

po' troppo

gene-

non isfugge

al sospetto di

aver origine d'altronde che da


se la pretesa notizia

una conoscenza
fosse per

positiva delle cose.

non

l'appunto che una

deduzione ricavata dal contenuto


si

del libro?

Oppure, se precisamente

dovesse a un ravvicinasospetti son tanto pi lesi

mento
gittimi

col
,

Bergamino boccaccesco?
il

dacch

fuit

mostra aperto che non

parla di

un

(1)

Potrebbe, per

es., ripetere

il

nome

dal

padre. Gli per questa via

Bergamino^ Bergamini diventa casato, e anche propriamente casato milanese. Che deve ben essere per ragione d'una famiglia Bergamini, che cosi si chiama una strada, prossima all'Ospedale Maggiore. Fa meno al caso nostro, ma non neppur cosa da trascurare, l'occorrere Bergamino anche qual nome di persona, e precisamente nella Milano del secolo XIV. Cosi un Bergamino Osio compreso, insieme co' fratelli suoi ( Bergaminus et fratres de Oxio ) tra le persone che Gian Gail 16 maggio 1395. Gentilino Porro alla testa leazzo ebbe a bandire
della trasmissione ereditaria che

inedite all'Ambrosiana, nell'esemFamiglie Milanesi del Fagnani plare originale, e in una copia non completa, qua e l autografa ancor essa

Vedi

le

sotto
(2)

Porro
360.

(Gentilino) e del

May no

(Francesco).

V. IV, 342.

(3) Ih., p.

DEL DIALOGUS CREATURARUM >


contemporaneo, o almeno
fuit corrisponde prima
il

55
viva.

di

una persona ancor


tutti e

a quel

dicehatur ; e

due questi passati

non possono non scemare autorit a

tutto Vexplictt nostro.


si

Conseguenze pi dubbie risultano dalla diversit che

rileva

tra questo eocplidt e Vincipit del manoscritto medesimo. Mentre

secondo

Yeccplicit
ci

Pergaminus soprannome

dell'autore, nel-

V incipit

dato invece

come
le

titolo

dell'opera:
.

Incipit prola possibi-

logus in libro qui dicitur


lit di

pergaminus

Certo v'

metter d'accordo

due cose; anzi, parrebbe


ci

di

aver

pronta un'analogia, la quale


glianza

sorprende appunto per la somiun'altra composizione,

singolare col nostro caso. Esiste

opera

di

un bergamasco e per

di

un

Bergamino
s'

alla quale
il

attribuita la designazione medesima che

ha qui per
il

Corir

tempius, con parole pressoch identiche.

questa

Carmen

de

laudibus Bergomi, composto nella prima met del secolo

Xn, a
(1).

quanto par bene, a Costantinopoli, dove l'autore visse molti anni


In capo ad essa, nel codice seguito dal

Muratori per l'edizione


;

sua

(2),

sta scritto : Incipit

Prologus Libri Pergamini e alla

fine: Explicit

Liber qui dicitur Bergaminus a Magistro Moyse


(3).
si

Pergamensi compositus

confronto tuttavia produce, quando ben

guardi,
Il

un

efifetto

assai diverso

da quel che

si

crederebbe alla prima.


in

Carmen
il

chiamato Liber
getto;

Pergaminus

quanto ne Bergamo

sog-

ma

cos'hanno a fare con

Bergamo

le nostre favole,

che

(1)

Ecclesiae Bergomatis,
(2) 12. It. 5cr., (3)

V. intorno all'autore. Lupi e Ronchetti, Cod. diplom. II, 949 sgg.


V, 529.

Civitatis,

et

o, se si vuole, in oriente soprattutto, anche Pergamenus, pu bene aver chiamato l'opera sua lo scrittore medesimo, nonostante che la dedica, dove abbiamo espressamente, < Legat igitur tua sublimitas istum libellum, quem Pergamenum vocamus , sia quel documento che il Muratori ebbe primo a mostrare. La frase vien forse appunto

Pagg.

5-36.

E Pergaminus,

aVincipit e dall'earp/iciV. Non escluderei tuttavia in assoluto che potesse anche provenire da una dedica autentica. E mi domando se lo stesso PseudoGiustiniano II non fosse per avventura uscito da un non Pseudo lohannis,

lohanni, scritto abbreviatamente, e interpretato a sproposito.

56

PIO RAJNA
la

neppure

nominano, n mai
?

parlano di nulla che in nessuna


del Con-

maniera

la tocchi

Il

Pergaminus come denominazione


in

temptus dovrebbe avere una ragione

affatto diversa, la quale

se

il

titolo

ha da apparire
di

qualche modo legittimo


il

non

potrebbe
l'autore.
dell'

esser altra

sicuro che

chiamarsi Pergaminus

in realt l'uso nostro di fare del

Furioso un Ariosto,
fu

Iliade

dell'

Odissea un Omero, non

punto ignoto al
il

medio evo;

citer quali esempi

V Esopo,

il

Catone,

Donato.

peraltro qui pure da


siffatta

rilevare

una circostanza. Una metonimia


di stabile, tanto

non diventa mai qualcosa

da potersi
usi
speciali,

adoperar proprio in assoluto e non solo in


se

certi

non per

libri

ed autori

soliti

ricordarsi
di
tutti.

spessissimo e indis-

solubilmente associati nel pensiero

Ma

s'egli
il

cosi, o

come

si

poteva venire a chiamar

Pergaminus

Contemptus,
fosse

del quale ignorano,

quando addirittura non negano, che


i

un

Pergaminus l'autore,

numerosi manoscritti che ce ne son


Il

pervenuti, a eccezione d'un solo?

quale anche

il

solo, tra
l'in-

quanti spettano a un'et abbastanza antica, che non conosca


titolazione vera

dell'opera.
si

si

pu mai allora prestar

facile

orecchio a ci che

legge in capo ed in coda al testo nella parte

che

direi rubricata, cio

appunto col dove


difettosa
?

la

mancanza

del titolo

d a conoscere una tradizione


rigi

Che

se al codice di Paci

pu dar credito

l'essere

uno

dei tre

che

conservano

il

prologo

(1), subito, per ci

che spetta

al nostro
il

problema

glielo

viene a ritogliere, almeno in parte,


traccia delle sue affermazioni
negli
esso.

non trovarsi nessuna


due manoscritti che

altri

hanno

il

prologo in
il

comune con
dissenso
tra

Cionondimeno,

Vexplicit e Vincipit, se per

un

verso suscita gravi diffidenze, per un altro pu essere interpretato

come un argomento a
introdotta, di quel

favore. Certo di quella duplice e di-

scorde attestazione pi

diffcile

spiegare in che maniera fosse errol'attestazione fosse

neamente

che non sarebbe se

(1)

V.

Ili,

19.

DEL DIALOGUS CREATTJRARUM


unica, o se in

57
tal

un luogo non

si

facesse

che ripetere

quale ci

che

si

avesse nell'altro. Per Maestro Nicola detto Bergamino,

pur inspirandoci, in quanto ahbia ad essere autore del Contemptus, pochissima fiducia, non vuole uno sfratto, di cui ci si
potrebbe amaramente pentire. Bens
trovar differente la verit, che noi
voci.
gli
si

coli'

animo disposto a

tende l'orecchio ad altre

4.

Mayno

de'

Mayneri.

Sicuro

il

codice Parigino non solo a pronunziare


affatto,

un nome.
segno di
>,

Uno, diverso

ne pronunzia

il

Cremonese.

Un

richiamo dopo Incipit liber qui dicitur contemptus sublimitatis

rimanda

<

al

margine inferiore, dove

si

aggiunge:

compositum

per reverendum doctorem artium medicine et astrologum ma-

gnum dominum magistrum magnum


domo
et in curia

de magneriis magistrum in
etc. .
si

dominorum vicecomitum mediolani,

Le

parole aggiunte sono scritte col minio,

come

quelle cui

ran-

nodano; ed
quanto
il

la stessa la

mano, che poi anche quella

di tutto

codice.

n nome

che qui

s'

udito pronunziare
medicina,

si

cercherebbe invano,
nei
biografi degli

cosi nei vecchi

storici della
illustri

come

uomini pi o meno
compreso.

che pu vantare Milano, l'Argelati

Bens, tanto gli uni quanto gli altri, parlano di


fiorito

un

medico milanese chiamato Magnino, che dicono

intorno al

mille e trecento. Questi appare soprattutto, e dovrebbe

presso

costoro apparire esclusivamente (1), quale autore di

un Regi-

mi) A Magnino, oltre al Regimen di cui qui mi faccio a parlare, si asse* gnano dal Picinelli, Ateneo dei Letterati Milanesi, Milano, 1670, p. 406, vari altri trattati, per effetto di un curioso equivoco. Son trattati che in certe vecchie edizioni si trovavan stampati di seguito al Regimen, e che

erano indicati insieme con esso sul


fu riprodotto per
intero

frontespizio.

Uno

di siffatti

frontespizi
(p.

dal

Vander Linden, De Scriptis medicis

454

58

PIO
Sanitatis,
(1),

RAJNA

men
poi

che dovette divulgarsi abbastanza anche macui l'arte tipografica, ne' suoi primordi, procacci

noscritto

ma

una

diffusione senza

confronto maggiore mediante edizioni

Amsterdam, 1662), l dove si tocca di Magnino. Pu darsi che una certa confusione od incertezza si fosse generata anche nella mente sua ma poich la cosa non punto sicura, sarebbe fuor di luogo accusarlo d'altro, che dell'aver omesso qualche parola atta a premunire i lettori contro ogni
della 3^ ed.,
;

abbaglio.
il

nell'abbaglio fu pronto a cadere

il

Picinelli

vedere, tra l'altre cose, che al

Regimen

tenesse subito dietro

n valse a salvarla un Opusco-

lum de Phlebotomia, che


di

si diceva espressamente opera Reginaldi , ossia Arnaldo de Villanova . Fa meraviglia che dell'errore e della sua origine non s'accorgesse neppur l'Argelati, Biblioth. Script. Mediai., col. 830,

nonostante che
(juando

il

libro del

zioni atte a sgannare, gli stesse


si

Vander Linden, con questa ben sotto gli occhi. Ma


littr.

e colle altre indicala meraviglia

scema

de la France,' XXVIII, 58, sopra il fondamento che s' veduto, mettere addirittura in bocca ai Vander Linden, a proposito appunto del trattatello, o direm meglio estratto, intorna al salasso, parole che l'erudito olandese non s' proprio mai sognato di prosente adesso l'Haurau, Hist.

nunziare: Selon
dit-il,

Van

der Linden, cet opuscule n'est pas d'Arnauld;


il

c'est,

Magnino qu'il faut l'attribuer. Tanto poco

l'

sognato, che registra senza osservazione alcuna la

Vander Linden se Phlebotomia nell'in-

dice dell'opere di Arnaldo. In tutti questi casi s' peccato per irriflessione;

sarebbe scusabile invece chi a Magnino attribuisse colle bibliografie un Re-

gimen
afferma

Sanitatis Salernitanum, sive


dal

schola salernitana, che


il

il

titolo vor-

rebbe distinto

Regimen

nostro, e che

Panzer, seguito

dal

Hain, ci

stampato a Lovanio nel 1482, da Giovanni di Vestfalia (Annales Typographici, I, 514). Ma si errerebbe pur sempre. Qui abbiamo a fare di
i

sicuro con una creazione dei bibliografi,

quali, credendo correggere, con-

Regimen di Magnino, con ben altrimenti nota, e stampata infinite volte, che pur essa s'attribuiva ad un medico milanese. Che il Regimen lovaniese di Magnino sia il solito, so di sicuro, grazie ai ragguagli che di un esemplare posseduto dal Museo Britannico ebbe la bont di darmi il conte Ugo Baltaminarono
il

titolo di un'edizione realissima del

quello di un'opera

zani; e davvero nessuno creder che nella citt stessa, dallo stesso stampatore, nel medesimo anno, si stampasse un'altra opera consimile dell'autore medesimo, non ripubblicata mai pi e ignota agli altri tutti. (1)
p.

Due
il

codici indica incidentalmente l'Haurau nel


n.

t.

cit.

delVHist.
il

liti.,

104:

6972 tra
Il

latini

della

Nazionale di Parigi, e

n.

277 della

Biblioteca di Metz.

nome

dell'autore

manca

nel

primo;

s'ha invece nel

secondo. Par che mancasse del pari in uno posseduto


Libreria Viscontea, ch'io non ho adessso

nel secolo

XV

dalla

modo

di giudicare se

mai potesse

appunto essere riconosciuto nel Parigino. V. l'Inventario del 1426 pubblicato dal d'Adda, Indag. sulla Libr. Visc.-Sforz., I, 43, n. 485.

DEL DIALOGUS CREATURARUM


parecchie
(1).

in tutte,

il

nome

di

Magnino,

al principio e alla

fine dell'opera,

accompagnato da parole che suonano altissimo


modesto che
gli

elogio. L'epiteto pi

possa toccare quello di

Medico espertissimo ;
eocplicit. In

ma

cosi basso

non

si

tengono che

gli

fronte al trattato
;

Magnino sempre seguito

dalle

parole Medico famosissimo


eccellentissimo
(2).

e gli fa spesso da battistrada

un

Di qui viene senza

dubbio alcuno che

Medico famosissimo lo affermi

Volfango Giusto nella sua


Giusto
il

Chronologa

(3).

sulla

fede

del

predicato gli fu

poi attribuito da molti echi posteriori.

Ma
gnino,
plagio.

se
il

il

frontespizio del

Regimen ebbe
Opere
di

a fruttar gloria a

Madi

libro suscit contro di lui

nientemeno che un'accusa

Nell'edizione delle

Arnaldo da Villanova che

Tommaso Murchi,
ho dinanzi
in testa
me

genovese, pubblic a Lione nel 1504, e che io

nella riproduzione fattane l'anno seguente a Venezia,


si

ad un Regimen Sanitaiis
sanitatis Arnaldi
sibi

legge: Incipit liber de regi-

mine

de villanova

quem Magninus mediola


(4).

nensis

appropriavit addendo et
il

immutando nonnulla

Fu
(5),

probabiUssimamente

Murchi

stesso

che lanci quest'accusa


il

passata colle parole medesime anche nelle ristampe da cui

suo

nome

sparito

(6),

e divulgatasi cosi larghissimamente. All'asser-

(1)

Per
P.
I,

le edizioni, straniere
cit.,
I,

tutte,
II,

Panzer, Op.
t.

173, 199 e 516,

rimander chi n'abbia desiderio al 284, e al Hain, Repert. bibliogr.,

Il,

pag. 322-23. Quanto a me, ebbi presenti

namente
(2)

difettosi

in esemplari inter-

la basileese s. a., e la

strasburghese del 1503: ambedue

alla Biblioteca Braidense di Milano.

Excellentissimi Magnini Mediolanensis Medici famosissimi

Regimen

sanitatis portano in capo le

due edizioni adoperate da me.

(3) Chronologia, sive temporum suppuatio, omnium illustrium Medicorum; Francoforte suU'Oder, 1556: p. 111. V. sotto. (4) (5)

F* 71^

nell'ed. veneziana.
al

Lascio un qualche luogo


di

dubbio, perch

il

Murchi dice nella dedica


il

a Gian Luigi del Fiesco da ritenere


(6)

aver avuto aiutatore


la parte di

francese Michele de

Capella > (de la Chapelle).

Ma

Michele, accennata di fuga, par

affatto secondaria.

nel

Di ci mi sono almeno potuto accertare per quelle pubblicate a Lione 1520 e nel 1532 (f 62* in entrambe, segnato erroneamente 59 in

quest'ultima).

60

PIO
il

RAJNA
G-iusto, persuaso,

zione pare aver negato fede

a quanto sembra,

che

il

diritto stesse

dalla

parte di Magnino

(1).

Piena fede

le

dette invece Pasquale Lecoq ( Paschalis Gallus ) nella Bihlio

theca

Medica

(2).

Nel dubbio

il

Vander Linden
di

si

limit a

mettere accanto alla menzione del Regimen

Magnino un qui
:

liber Arnoldo de Villa nova ascribitur (3)


lina,

espressione

sibil-

che lascia adito a pensare quel che


si

si voglia.

Cosi

vennero propagando due

tradizioni,

una

delle

quali

glorificava, l'altra vituperava Magnino.

Tent metterle d'accordo

Bartolomeo Corte, immaginando che probabilmente Magnino non


fosse se

non un

falso

nome assunto

in

un certo periodo

della sua

vita da Arnaldo, per sottrarsi a persecuzioni (4). L'ipotesi,

ancorch

non respinta

in

modo assoluto dall'Argelati


concepita
di
i

e accolta dal Haller (5),

non merita pi adesso nemmeno una confutazione; e non poteva


di certo essere

n tollerata se non da chi sapeva

di

Arnaldo pochissimo, e

Magnino non sapeva nulla


trattati

affatto.

Rechiamoci

in

mano due

che dan luogo

alla questione.

detta
;

del

Murchi dovrebbero, come s'


Haller, cui inclineremmo a dare

udito, essere quasi

identici

il

ben maggior

fede,

e per l'autorit del nome,


editore di Arnaldo,
oltre,

perch, a differenza del Murchi,


disinteressata, va

parte

affatto

anche pi
di-

ed afferma essergli risultato dal confronto ch'essi non

versificano

neppure

di

un

ette (6).

Ma

in verit

non so capire

dove

il

Haller avesse

gli

occhi o la mente allorch confrontava.

Magninus, Mediolanensis, famosissimus Medicus, Arnoldo de uilla noua adscribitur. Claruit eodem tempore ; cio nel medesimo tempo assegnato al fiorire di Arnaldo, che Tanno 1300.
(1)

Magnus

alias

qui sibi vendicai librum de regimine sanitatis, qui

(2) Basilea, (3)

1590; a

p.

218.

Op. e

loc. cit.
a'

(4)

Notizie istoriche intorno

Medici Scrittori Milanesi e

a"

principali

ritrovamenti fatti in Medicina dagl'Italiani; Milano, 1718; p. 22. (5) Bibliotheca Medicinae Practicae, I, 449. editionera Regiminis Magnini Argentor. 1503.4. Comparavi (6)

excusam,

et reperi

ne verbulo

difFerre a

Regimine

sanitatis

Arnaldi de

VlLLANOVA.

DEL DIALOGDS CREATURARUM

61

bens vero che tutto quel che ci dato dal

Regimen

attri-

buito ad Arnaldo,

salvo qualche eccezione che dev'esser solo

apparente

(1), si

ritrova nell' altra opera, o tal quale, o con dif-

ferenze lievissime:

ma

nulla sarebbe invece pi falso che


'il

l'af-

fermazione inversa. Gh

Regimen magniniano supera


all'

quello

da cui

lo si

pretenderebbe copiato di due quinti

incirca (2).

Per, se Magnino avesse preso da Arnaldo, sarebbero poi anche


cosi considerevoli le aggiunte fatte al libro, da poterglisi consentire di metterci in fronte
il

suo nome.

Ma

poi di

Arnaldo

il

Reginen che Magnino dovrebbe aver saccheggiato ?


capito anche l'Haurau
(3),

Come ha
intrafallace.

come pi o meno aveva


pi assoluto

veduto

il

(riusto,

r attribuzione senza nessun dubbio

Basta ad escluderla nel

modo

un
cibi,

certo passo che

incontriamo nella

parte
:

che tratta dei

a proposito

di

polende e roba simile

Sed quando ex milio et panico

fit talis

cibus, quod sunt excorticata, tunc vocatur


nostra, et

pistum

in lingua
salis
;

coctum permiscent cum vino

et

aliquantulum

et

(1)

Un'eccezione che m'aveva colpito consiste in un certo passo sui giorni

nefasti, dentro al capitolo

che

tratta del salasso (P.II, e. 37, f> 90", ed. cit.): <

De

< diebus autem egj'ptiacis scriptis in antiquo kalendario, dico quod non est < causa naturalis quare fuerunt maledicti, sed supernaturalis nec fuerunt ma:

omnes gentes, sed apud illos de regno Pharaonis. Et si tempore < ilio fuisset aliqua mala constellatio, tamen per temporis processum illa con stellatio iam mutata est. Propter enim opinionem vulgi, quod credit ni hil fiendum in talibus diebus ad honorem ferie dei auralis, aliquando a < flobotomia abstinui. quando non erat necessaria; et hoc propterea, ne infamiam vulgi incurrerem; tamen in me et in meis de talibus nihil observavi nec observabo. Questo passo nelle edizioni del libro di Magnino usate da me, e pi che verosimilmente anche nell'altre, non trova
< ledicti apud
riscontro (V. P, v,
tra le
e. 1) ; ma dopo aver approfondito lo studio dei rapporti due opere, mi son convinto che la colpa sia probabilissimamente delle

stampe.
sione

La convinzione

raffermata dal vedere che oltre ad esso


i

mancano
i

altre cose, sui vantaggi e

danni del salassare, che, per dirla con un'espres-

che non anticipi nulla, dovTebbero esser comuni.

son parecchi

luoghi dove la lezione del


zioni dell'altro testo.
(2)

Regimen

attribuito ad Arnaldo, corregge le edi-

Ho determinata

rapporti calcolando

il

numero

delle linee e dei ca-

ratteri,
(S)

non senza tener conto delle circostanze perturbatrici. Hist. litt., t. cit., pp. 27 e 55.

62
vocatur

PIO RAJxXA

pistum

in vino, seu

pistinum. Et
fui

iste cibus est in

usu

apud

illos

de civitate

unde

oriundus; et est civitas


ci

Mediolanensis
di qui

(1). Nei tempi andati taluno ebbe a dedurre


fosse

che Arnaldo

italiano (2):
1'

che in realt se ne

deduce, all'incontro che

autore del trattato

non Arnaldo

n punto n poco

(3).
il

Ma
gnino

ecco affacciarcisi
(4).

passo tal quale nel

Regimen

di

Ma-

li

esso ci

giunge naturalissimo; poich, riguardo voce una


i

alla patria dell'autore, la

sola.
?

cosa s'avr allora

da pensare dei rapporti tra

due Regimina

Una prima

idea potr essere che spettino a Magnino

l'uno

(1) P. II, e. 11:

fo80* nell'ed. del 1505. Gli usi sono adesso mutati, e anche
si

vocaboli di cui qui


ferivano. Quindi

parla hanno dovuto subire la sorte delle cose cui

si ri-

si cercherebbero inutilmente nel Cherubini. Tuttavia uno perlomeno di essi sempre vivo vivissimo, in certe parti pi riposte della Lombardia, e neppure dal contado milanese dovrebb'esser sparito. Pest, nella
il

Valtellina, appunto

miglio o

il

panico sbucciato. Se ne fa una minestra

menestra de pesi
(2)

che
t.

serve molto
p. 27.

V. Hist.

litt.,

cit.,

comunemente da cena per i contadini. Quanto alia questione, tanto dibattuta un


le cose
si

tempo, della nazionalit e della patria vera di Arnaldo, piuttosto che

che

li

si

vengon dicendo dall'Haurau,

vedano
p.

ragguagli molto pi co-

piosi, conclusivi e precisi, raccolti nella

Historia de los Heterodoxos EspaI,

noles del
(3)

Menendez Pelayo; Madrid, 1880,


che Arnaldo
si
II,

450 sgg.
dicunt

cos poco,
e.

trova perfino combattuto. Nel capitolo del

sonno

(P.

8)

troviam detto: Quidam autem

quod decubitus

supra dextrum latus iuvat digestionem: quod tunc epar supponitur stomaco
sicut ignis lebeti.
state) est falsa.

Nam

ecc. (f 78t). Col

Hec autem imaginatio (ometto qui alcune parole spoepar non digerit cibum in stomaco sicut gallina ovum , Quidam , al quale nel testo di Magnino risponde un pi

, precisamente ad Arnaldo che l'autore intende di primo capitolo del Regimen autentico ad Regem Aragonum (P 9oa): Qui vero sani sunt corpore, debent in primo somno supra dextrum latus dormire, ut epar, quod circa corpus abundat naturali calore,

chiaro

Quidam magistri
il

alludere. Si veda

subiaceat stomaco
(4) P.III, e. 10:
...

tanquam

ignis suppositus lebeti.

Sed quando ex milio et panico fit talis cibus, oportet quod sint excorticata; et tum vocatur pistum in lingua nostra; sed coctum, per mixtum cum vino et aliquantulo salis, vocatur pistum in vino, seu pistinum. Et iste cibus est in usu apud illos de civitate unde fui oriundus; et est ci vitas Mediolanensis. Cosi l'edizione basileese,
(f 49), in

42. Quella di Strasburgo


,

luogo di pistum in vino seu pistinum


.

ha erroneamente

pi-

stum seu in vino pistinum

DEL DIALOGUS CREATURARUM >


che
l'altro.

63

Par ben naturale che

si

ritenga una persona stessa


tal

chi parla di s colle parole medesime. In


attribuito

caso

il

trattato gi

ad Arnaldo vorrebbe riguardarsi senza dubbio nessuno


lo dimostrerebbe,
il

come una prima forma. Tale ce


minor ricchezza
di

non tanto

la

materia, quanto

disordine con cui le no-

zioni son buttate l spesso.

il

disordine viene a spiccare viepi,


confronti
l'altro,

quando con questo Regimen


dal principio alla fine.

si

ordinatissimo

Ma
stesso

a questa prima congettura non lecito fermarsi. Gi, che


altri libri sullo

Magnino non avesse pubblicato antecedentemente


soggetto, appare anche dal
silenzio

mantenuto

in proposito

nella dedica al vescovo di Arras premessa al trattato:

silenzio

che ha un valore

positivo,

perch

la

dedica discorre

del

modo
l'idea
il

come

l'opera fu messa insieme.

da un paragone accurato
si

esclusa in maniera ben pi conclusiva. Per esso

vede

Re-

gvnen
strarsi,

pseudo-arnaldesco, l dove non

semplice copia, dimo-

ora un vero e proprio accorciamento, ora come un amdi

masso

excerpta, addossati sconnessamente uno all'altro


i

(1).

l'ordine con cui

testi si

succedono vien poi ad apparire con


si

evidenza matematica quando

mettono entrambi a confronto


dire con quel

con qualche loro


Sanitatis

fonte,

come sarebbe a

Regimen

ad Regem Aragonum
io credo,
li

spettante davvero ad Arnaldo,

ch'ebbe ad essere,
oltraggiosa.

causa dell'attribuzione erronea ed

Che

di

s'

preso molto; cose e parole:

ben

d'ac-

cordo del resto con quanto Magnino apertamente dichiarava nella


dedica
dell'opera
sua,
ch'egli,

con modestia anche eccessiva,


(2).

rappresenta come una specie di compilazione

Orbene:

il

tri-

(1) Si guardi, p.

s.,

il

capitolo, <

De
si

regulis [regiminis sanitatis]

appro

4 priatis sezui femineo , che da

una

trattazione di pi che dieci pagine e

mezza nel
di

testo primitivo (P.


I,

II, e. 7),

trova ridotto a due terzi di colonna

meri appunti (P.


(2)

e.

11, f 76").

... Pertractare regulas regiminis


diligenter
inspicere, et

sanitatis a diversis auctoribus

me-

dicine priorbus et posterioribus collectas, quos ante initium huius operis

laboravi

confidens de auxilio Jesu Christi, qui est

dare secundum modulum mei ingenii, omnibus verus dator, compilare

64
plice confronto

PIO

RAJNA

mostra

il

Regiwen che indubbiamente appartiene


all'originale, e

a Magnino pi prossimo
coU'altro testo da
dei
Il

in

pari

tempo legato

speciali

analogie

(1).

Chiaro pertanto quale

due occupi

il

posto mediano.

Regimen pseudo-arnaldesco
i

dunque l'emanazione, non


di

l'emanatore,

due Regimina son opera

autori diversi, e
il

il

preteso plagiario del Murchi avrebbe lui, se mai,

diritto

di

gridare al ladro. Io dubito molto tuttavia che di un vero latrocinio s'abbia qui a parlare.
il

Un

ladro avrebbe messo in evidenza


bello
delle

proprio nome, una volta che voleva farsi


;

penne

altrui

e intanto questo

nome

noi

non

lo

conosciamo, e mancava
all'attribu-

evidentemente anche nell'esemplare che dette luogo


zione ad Arnaldo.

Un

ladro avrebbe omesso

il

luogo dove l'autore

propone hoc opusculum

Nella lezione c' qui un'avaria. Si supplisca


il

perch

il

pertractare non rimanga per aria,

vocabolo o la frase che meglio


il

paian convenire, dacch non ben legittimo


vertir l'infinito in participio.
(1)

partito pi semplice di con-

Riporter

come esempio

consigli

intorno

alla

lavanda de' piedi e

del capo:

Arnaldo,

c.

(f 94b):

Golumne tamen pedum ad conservationem


;

since-

ritatis visus et auditus atque memorie sepe laventur et fomententur aqua moderate caliditatis
diebus
illis

cum
lecti,

et talis lotio fiat in sero, circa

introitum

in quibus cenare

ultra .20. dies, nec in

non contingit. Lotio vero capitis non tardetuihebdomada plus quam semel fiat. Et nunquam sto;

macho
si

repleto

sed ante prandium, vel longe post ipsum

et ante

cenam,

proponatur cenare. >

Magnino, P. Ili, e. 4 (f 37b, ed. Str.: l'altro esemplare qui mutilo): Notandum quod columne pedum ad conservationem visus et auditus et memorie sepe lavari debent atque fricari cum aqua moderate caliditatis;

et talis lotio

fieri

debet in sero, circa introitum


illis

lecti,

longe a cibo;

et

specialiter diebus

quibus non cenare contingit. Amplius, capitis lotio

non tardetur ultra viginti dies; nec fiat in hebdomada plus quam semel; nunquam stomacho repleto; sed ante prandium, vel longe post ipsum; et ante cenam, si proponatur cenare >.
et

Pseudo-Arnaldo, P.

II, e.

(f"

77b):

Nota quod columne pedum ad con-

serva tionem sanitatis visus et auditus sepe lavari debent atque fricari

cum
;

aqua moderate caliditatis. Amplius, capitis lotio non tardetur ultra .20. dies; nec
fiat

in

ebdomada plus (juam semel

et

nunquam stomaco

repleto

sed

ante prandium, aut cenam. >

DEL

DL4.L0GUS

CREATURARUM
la patria

>

65

vero parlava di s e indicava

sua;
lui

giacch sarebbe

una combinazione abbastanza singolare che


samente milanese.
pi
Poi,

pure fosse preci-

un ladro avrebbe
dissimulando
il

agito pi accortamente
col

sfacciatamente:

furto

mutare,

non

foss'altro al principio,

oppure invece appropriandosi addirittura

ogni cosa.

N un

ladro, per riassumere un'esposizione abbastanza

ampia intorno
factu
:

all'igiene

dell'odorato,

avrebbe

scritto:

De

ol-

conservatur
(1),

cum

odoriferis et

removendo immunditias

nasi etc.
di

indicando apertamente coVeccetera l'omissione

molte cose. Insomma, io non so concepire questo testo altro

che come un lavoro eseguito per uso proprio, e senza alcnna


intenzione criminosa, da
di

un medico, che veniva studiando


ci si
si fa alla

l'opera
di-

Magnino. Solo in questa maniera

rende conto delle

suguaglianze stragrandi, del trascrivere che


delle

lettera e

enormi omissioni, e soprattutto poi del

difetto di

collegafosse
altri

mento. Cosi, dopo aver mostrato quanto a torto


stato

Magnino
mettere

messo

sul

banco dei

rei,

non credo

di doverci

in luogo suo.

Tutto questo

s'

dovuto fere per sgombrare

la

strada

d'un
finitto

ostacolo che ce la sbarrava.

Con

tutto
s'

ci

un qualche

anche per

la biografia di

Magnino
al

pur ricavato. Abbiam

visto

confermata espressamente

nostro autore dal testo

stesso del

Reffimen

la qualit di milanese,

che sempre poteva rimaner segaltre prove

getta a dubbiezze finch

non ne avessimo avuto

che
chi

gVinctpit e gli explicit delle stampe e le loro derivazioni.


ci

avrebbe assicurato contro


Il

la possibilit di

un errore

Regimen

ci

rende subito anche un servigio pi insigne.


at-

Elsso ci fornisce

per la vita del nostro una data un po' pi

tendibile di quel 1300,

che

gli scrittori

vengono ripetendo,
e che
il

l'un

dopo

l'altro sull'autorit del

Giusto

(2),

Giusto dovette

ricavare unicamente da una presunta contemporaneit con Ar-

ci)

P.

I,

e. 8, f

75b; cfr. MAO:aNO, P.


al

II,

e.

6,
il

f*>

14b nell'ed. di Bas.


agli albi.

(2) 11

Giusto forni la data

Vander Linden;

Vander Lindeo

OiomaU

ttorieo, TL, Hae.. 28-29.

66
naldo
(1),

PIO

RAJNA

che

la

faccenda dell'attribuzione controversa non dava


diritto di supporre. L'opera,

davvero nessun

come
;

gi s'ebbe ad

accennare, indirizzata a
di cui si

un vescovo
s'
;

di

Arras e ad un vescovo

pronunzia

il

nome. L'autore

messo a scrivere, anzitutto

bens a onore di Dio e della Vergine

ma

poi, in

secondo luogo,

ut domino

meo reverendo

dfio

Andree de Florentia Attrebatensi

Episcopo (cuius vitam Deus in prosperitate conservet et pro-

longet: cui

in omnibus obedire)

nedum quod possem denegare non debeo, sed eidem secundum modicum meum posse valeam
.

compiacere

E Andrea da
pigli (3). Sulla

Firenze personaggio ben noto ed illustre

(2).

, per designarlo col suo nome completo, Andrea Ghini Mal-

scena del

mondo quale
1322,

ci

rappresentata
il

dagli
di

storici

incominciamo a vederlo quando da Carlo


fu

Bello re
citare

Francia, salendo sul trono nel

mandato a
del

re

Edoardo d'Inghilterra, perch rendesse omaggio

ducato di

Aquitania: incarico troppo elevato per non doversene argomentare che

Andrea avesse favore ed

uffici

da tempo.

in

favore

e in dignit rimase presso Carlo fino al termine del suo regno,

chiuso da una morte precoce nel 1328

(4).

Ma Andrea
Arras
il

continu

ad esser caro a Filippo


se

di Valois

quanto era stato


di

al predecessore,

non

forse

pi

(5).

Creato

vescovo

31

gennaio

(1)
(2)

V.

p. 60,

n^

1.
III,
1.

V. la Gallia Christiana,
Villani, Oron. Fior,.

336 e 226.

(3) G.

xii, e. 7.

che ci rimane del processo inquisitorio cui nel 1328 fu sotAvignone un Francesco da Venezia, accusato come seguace di Marsilio da Padova, Andrea detto da Francesco in una sua risposta Ma(4) Nell'atto

toposto

in

gister Regis Franciae (Baluze, Miscellanea,

I,

311-15

II,

280, nell'ed.

Mansi
fatti

riprodotto dall'Oudin,
si

Comment. de

Script. Eccles., Ili, 886). I

espongono da Francesco devono spettare ai primi mesi tempo medesimo in cui vediamo monseigneur An dry de Flourence mandato dal re a trattar pace coi Fiamminghi (Anciennes Chron. de Fiandre: Bouquet, XXII, 428). il (5) L'affezione di Filippo per lui era tale e cos notoria, che anche
che qui
del 1326; suppergi al

Villani ne fa ricordo

(l.

cit.):

...

Il

quale

era...

molto amico del re di

Francia

DEL DIALOGUS CREATURARUM >


del 1331, passato alla diocesi di Tournai
il

67
le

17 ottobre del 1334,

cure del nuovo

uflQcio

non

tolsero ch'egli continuasse ad essere


di

adoperato dal re per affari


molti servigi fu
il

grande importanza. Premio dei

cardinalato, che Filippo gli ottenne da

Papa

Clemente. Poco peraltro pot godere Andrea di questa esaltazione,

s^uita nel settembre del 1342; che, mandato l'anno appresso


dal pontefice per tentare di rimetter pace tra
il

re Pietro d'Araistrada, e

gona e
mori Son
il

l'infelice

re Giacomo di Majorica,

ammal per
per

di

giugno a Perpignano.

limiti stretti quelli

che
al

di qui ci risultano

la

compo-

sizione del

Regimen, grazie

poco tempo che

il

Ghini rimase
o perlomeno
1334. Ci
tro-

nel vescovado di Arras: l'opera fu


finita, tra
il

dunque

scritta,

principio del 1331 e


fisso,

il

declinare del

viamo
dagno.

cos

con un punto

che non

di sicuro piccolo guac'

del

guadagno,

s'io

non m'inganno,
trattato.

da ricavarne

ancor molto dalla dedica del nostro


Il

fatto di
il

un medico, milanese
un

di patria,

che scrive per

asse-

condare

desiderio di

fiorentino,

vescovo agli estremi confini

settentrionali della Francia, stuzzica

vivamente

la

curiosit.

cos'

Andrea per Magnino? Non un amico


si

soltanto;

bens

una

persona a cui Magnino


si

sente e

si

professa

obbligato. Questo

capisce troppo bene dalle parole della dedica

medesima

cui,

nedum quod possem, denegare non debeo

Andrea mani-

festamente per Magnino un protettore, un benefattore, o qualcosa


di simile. Stabilito ci,

procuriamo

di

passare

pi innanzi. Della

sua
ot-

patria

Andrea conserv sempre viva memoria. Ce ne danno


le

timo indizio
il

speranze che
(1);

fiorentini

ebbero a concepire per


l'aver
ri-

suo cardinalato

ce ne fornisce

una prova sicura

egli in

Firenze fondato un monastero.


il

in quel

monastero

cevette sepoltura;

che non supponibile avvenisse, chi con-

(1)

Villani,

1.

cit:

...

Onde >

cio della

sua morte

< ne

fu grande

< danno, ch'era savio e valente, e se fosse vivuto avrebbe fatto onore e pr alla nostra citt.

68

PIO

RAJNA

Sideri

quanto lontano fosse seguita

la

morte,

altro

che per

espresso suo desiderio. Per io voglio ritenere

come abbastanza
volta ripas-

probabile che anche in vita Andrea abbia qualche


sato le Alpi, riveduto
la
citt

nativa.

Con

tutto ci,

non in
ipo-

queste visite
tetiche

fossero pur anche


la

sicure e

non semplicemente

che lecito cercare

spiegazione dei rapporti con Masi

gnino. Milano intanto


tra l'opportunit che

non Firenze; n

pu

far

paragone

Andrea pot avere

di

proteggere e bene-

ficare nella fugace occasione di


gli

qualche viaggio, e quella che


l dov'egli

dur continua per un gran numero d'anni


stabile

aveva

dimora

dove
fu

si

trovava essere uno

dei

potenti del
la

regno. Sicch,

come

oltramontana e

francese tutta

sua
i

grandezza,
benefici

cosi

troppo ragionevole

pensare

che

anche

siano stati

da Magnino ricevuti non altrove che in

Francia.
In Francia, e primitivamente a Parigi. Parigi nella regione
settentrionale la citt a cui senza confronto pi verosimile

che

un

italiano si conducesse; ed a Parigi


egli fosse

che Andrea risiedette

sicuramente fino al 1331. Che


vuol
corte
;

canonico di Tournai, non

dire;

gli

uffici

suoi veri erano quelli

che copriva nella

il

canonicato non avr dato a lui troppo maggiori brighe


i

che non dessero


Ci posto,
s'io

suoi al Petrarca.

mi domando qual ragione potesse aver condotta


ed una
subito

a Parigi Magnino, in un tempo, che, come verr poi a risultare,

cade nel

fiore della sua vita, una,


,

sola,

per un

uomo

di

scienza qual egli

mi

s'affaccia

spontanea. Questa ra-

gione la ragion degli studi; l'Universit che dovette attirare


lui pure,

a quel

modo che

attirava allora tanti e tanti altri dei

nostri (1).

l'esser col a studiare era una

condizione quanto

(1)

Per

citare alcuni esempi di medici e studiosi di medicina

t.

soli

che

non

sia qui superfluo

rammentare per un

fatto

genericamente notissimo
it,

II,

ricorder

come

passasse pi anni a Parigi Pietro d'Abano, alla fine del se-

colo XIII e al principio del


e.

XIV

(V. Tiraboschi, St. d.

lett.

IV,

1.

2,

n 8; Ronzoni, Della Vita e delle Opere di P. d'A., negli Atti del-

DEL < DIALOGUS GREATURARUM mai


atta a ravvicinarlo ad Andrea,

69

che fu propriamente prod'amor

tettore generoso di scolari, e soprattutto, acceso com'era


patrio, di scolari italiani (1).

Se n'ha una prova insigne nella


(2)

fondazione del Collegio dei

Lombardi
al

ossia

degl'Italiani

appunto

(3)

destinato ad accogliere undici dei nostri giovani

poco favoriti dalla fortuna. Fu

momento
il

dell'elezione al ve(4):

scovado

di

Arras che

il

Ghini

istitu

Collegio

proprio,

si

VAccad. dei Lincei,

Ci. di Se. mor., ecc., Serie 3,

t. II,

p. 529).

Insegnava

e gode\'a fiducia nella Facolt di Medicina Tanno 1325

un Pietro da Firenze
da Francesco
altres

(du Boulay, Eist. Univ. Paris., IV, 208), nominato anche

Veneziano nell'esame citato pi addietro. Con

lui

Francesco nomina

un maestro
eflSmera,

Pietro da Rieti, chirurgo

entrambi amici di Marsilio, che n'ebbe

E Marsilio stesso eletto gi nel 1312 alla carica sempre onorifica di rettore, e partitosi dall'Universit e da Parigi solo nel 1326 vuole un posto anche tra i medici. Ci risulta dall'epistola in versi che a lui indirizz il Mussato (V. pi oltre p. 95, n. 1); e in modo ancor pi positivo dalle parole del suallegato Francesco, che dice di averlo accompagnato* a volte < etiam visitando aliquos infirmantes Parisius; quia idem Massilius sciebat in medicina, et interdum practicabat . E per finirla, accenner ancora al fatto dei dodici giovani padovani, di cui sar da
a prestito del danaro.

ma

parlare pi innanzi.
(1)

Anche

ai professori
la

che

l'Italia

dava a Parigi, oltrech agli


il

scolari,

pare che s'aprisse

borsa ben fornita di Andrea. Almeno,

gi pi volte

ricordato Francesco da Venezia depone di aver sentito dire che pur da lui

quantunque non sappia indicare la somma. IV, 225. Il du Boulay ci d notizia che il Ghini tres Nobiles Italos Collegas fundatores secum adscivit: unum Pi< storiensem; alterum Mutinensem seu Modenensem; tertium Placentinum . Si vorrebbero sapere i nomi di questi altri benemeriti, e qual sia stata la parte ad essi spettante. Sono desiderii forse non difficili da sodisfare giacch si pu sperare che esistano ancora i documenti che il du Boulay pare
si

facesse prestar danaro Marsilio,

(2)

V. DU BouLAT, Op.

cit.,

aver avuto sotto gli occhi. (3) L'uso di chiamar Lombardi gl'Italiani in quel tempo in Francia.
(4) stici latini di

genere, durava ancora

a
di-

Propriamente, o nel febbraio, o nel marzo del 1331. Che in certi

un
stati

cotal Zaccaria Monti, composti in

memoria

del fatto, e che

paiono esser
1330:

apposti

come

iscrizione ad

mato gi Atrebatum Praesul ; e intanto


il

una parete, il Ghini chiaci si d ancora come data

Mille trecentos supra trigesimus annos .

<ou BouLAT, toc

cit.).

dunque

gi passato

il

31 gennaio del 1331 (V. qui

70

PIO

RAJNA

direbbe, per lasciarsi dietro qualcosa che in certo

modo

lo sur-

rogasse, ora che

si

trovava nella necessit di starsene


il

abitual-

mente

lontano.

Ed era

suo proprio palazzo ch'egli consacrava


munificenza.
fu la sola istituzione di

a quest'opera

di piet e di civile

il

Collegio parigino dei

Lombardi

cotal genere

che dovesse

la vita

ad Andrea. Un'altra ne cre

pi tardi a Padova; questa


ficio di francesi
:

ed era troppo giusto

a bene-

il

Collegio di Santa

Maria Tornacense, per due


lo

scolari appartenenti alla diocesi

che

aveva a quel tempo pa-

store
delle

(1).

E una

cosa non qui inopportuno rilevare a proposito


la

cure del Ghini per


col pensiero di

scolaresca.
si

Anche

nella

mente

di

Magnino

Andrea
si

associa

quello dei

giovani,,

soprattutto bisognosi, che


il

danno

agli studi. Egli scrive

perch
al-

vescovo

di

Arras ha desiderato che scrivesse;

ma

insieme

dietro, p. 66),

ma

non ancor giunta


il

la

pasqua, che secondo lo

stile
il

pi in

uso allora nella Francia segnava

confine tra l'anno vecchio ed


il

nuovo, e

che cadeva

il

31 di marzo.

Va
111,

pertanto corretto

du Boulay, che

ritiene

ma-

terialmente la data del 1330.


(1)

Gallia Christiana^

226. Del fatto


il

non sanno nulla

gli storici del-

l'Universit Padovana, compreso

che discorre particolareggiatamente del Collegio {De Gymnasio Patavino Syntagmata, XII Padova, 1752,^
Facciolati,

p.

120 sgg.). Essi credono che l'istituzione la pi antica di cotal genere che Padova possa vantare risalga soltanto al 1363 o al 1366; e l'attribuiscono ad un cotal Albizzo de' Brancasecchi da Lucca, o pi esattamente ad un Pietro de Boateriis , bolognese stabilito a Murano, che avrebbe commesso ad Al-

bizzo l'esecuzione

del

suo

disegno. L'errore ripetuto anche


bis

dal

Denifle,

Die Universitdten des Mittelalters


che

1400,

1,

289.

Ed

oso parlare di er-

rore, perch nelle cose stesse esposte dal Facciolati scorgo la riprova di ci
la Gallia Christiana ci aflFerma. Che, l'aver Albizzo avuto per un certo tempo un canonicato Tornacense, forse senza aver mai messo il piede in quei paesi, non vale davvero a spiegare come mai il Collegio fosse messa sotto il titolo e il patrocinio di S*' Maria di Tournai, n come dagli Statuti

del 1366 fossero

riserbati

due
s'

posti, se

redditi lo permettevano, a scolari

di quella diocesi. Ci

che

creduto

la

fondazione, non ebbe

dunque ad

essere

che un ampliamento od una trasformazione, colla quale s'accoppi anche un mutamento di sede. Bens da credere, al vedere come i posti per i nativi di Tournai siano subordinati alla condizione indicata, che quando
il

Boatteri entr di mezzo,

redditi assegnati
i

all'istituzione

sua dal Ghini


,

fossero stremati. Per, senza

nuovi succhi venuti a rianimarla

la pianta

sarebbe morta di certo.

DEL DIALOGUS CREATURARUM *


tresi

71

ad omnium

(1) utilitatem

iuvenum,

et specialiter

rudium

pauperum copiam librorum habere nequeuntium, nihiloramus


.

< in hac scientia studere volentium


zione era stata
il

Forse

questa

consideraperlo-

motivo principale, od uno dei


gli

motivi

meno, della richiesta che Andrea


Sicch gi
la

aveva

fatto.

dedica del

Regimen basterebbe a
la certezza.

farci

annove-

rare Magnino tra gl'Italiani che furono all'Universit di Parigi

con una probabilit da rasentar

Ma

la certezza as-

soluta vien poi ancor essa a cons^uirsi grazie ad

un

altro do-

cumento.
C',

almeno c'era
(2),

fino a

pochi

anni fa alla Colombina di


dalle cifre 5, 6, 12,

Siviglia

sotto

una collocazione indicata


di

un codice membranaceo
della fine

mano

del secolo XH'',

che contiene

mancante per una deplorevole mutilazione del ma un trattato logico intorno Seconde Intenzioni. noscritto
(3)

alle

In capo ad esso

si

le^e:

Incipit

tractatus

de intentionibus

secundis compositus in studio Parisiensi per de Maynis.


tutt'uno, ci

magistrum

Maynum

Che

l'autore

qui

nominato e Magnino faccian

dovr apparire a prima giunta non troppo verosimile;

ma

le

cose

mutano

aspetto se ci

si

fa

a guardarle da
italiano,

vicino.

Che

ci si trovi

qui in cospetto di

un

un'idea

che

sarebbe suggerita anche a chi

non sapesse molto

delle cose

nostre dal vedere che l'opera sia composta per far piacere a

un

Tommaso

de' Signori di Saluzzo.

il

nome
il

dell'autore ci

conduce

assai pi innanzi. Posto

che

sia dato

correttamente nelle sue due

parti dal manoscritto

cosa che per

momento non

c'

mo-

(1)
(2)

Correggo

Yomnem

(om, omn) datomi dalle stampe.

sperabile e presumibile che ci sia sempre;

ma

bisogna andar ben

cauti nelle espressioni


di recente

ch'ebbe ad esser obbrobriosamente saccheggiata. V. Harbjsse, Crrandeur et dcadence de la Colombine, nella Revue Critique del 18 1885, e a parte, in elegantissima edizione fuor di commercio. Nelle mani mie c' i suoi
si

quando

parla di una biblioteca

ma^o

motivi per precisare


(3)

il

codice

si

trov
la

il

di ottobre del 1880.

Le

carte conservate, se

esatta

numerazione portata dal mano-

scritto,

sono 97.

72
tivo di contestare, e

PIO

RAJNA
in dubbio e assai

che quando vorr mettersi


il

pi che in dubbio avr anche gi trovato

suo rimedio

un
;

milanese che subito esso

ci

porta a ravvisare con grande probabilit

che milanese
che, per

il

casato de Maynis , ossia del


pi

Mayno
se

(1),

un vezzo ancor
di cui

comune un tempo
Il

di adesso, ci si
^

riflette altres nel

prenome.

qual

prenome non
ci

non

la

forma primitiva

Magnino
non
ci
si

rappresenta

il

diminutivo:
di

un diminutivo

nel quale

deve meravigliar punto


(2),

quel -gn-, cosi per ragioni fonetiche


lusione etimologica
(3),

come per

via di

un'il-

di cui

vediamo frequentissimi e

svariati

(1) Cos s'avrebbe da interpretare, non Mgni^ ancorch sia casato comune pur questo; giacch un mutamento di Magni in Mayni, soprattutto in forma

latina, importerebbe,

come

si

vedr subito, un andar a ritroso d'una corrente

forte troppo per esser vinta.

Quanto
qual

all'?/

che qui

ci si

presenta e che ci

si

presenter molte volte, non sar superfluo

jier tutti l'avvertire

che l'uso di

questa lettera in cambio


peculiarit grafica molto

dell't

secondo

elemento

di dittonghi,

una
retta

comune

nel latino medievale, e pi

che comune
perpetuata

nei testi volgari dell'Italia nordica.

siffatta peculiarit

moveva da una
s'
si
,

percezione fonetica.
fino

La

peculiarit

nel

casato

del

Mayno
che

ad ora: in grazia delle


di

tendenze conservative
p. es.,
il

manifestano in

cotal classe

vocaboli

(cfr.,

francese

Lefebvre)

quando soprat-

tutto si trovino designare famiglie nobili.

Un diminutivo che non Maynetto, perpetuatosi nel cognome Mainetti, frequente tuttora in Lombardia. Almeno, considerate anche le ragioni geografiche, io non dubito che Mainetti voglia essere spiegato in questa
(2)

Maynino
in

era troppo scomodo da pronunziare.


scoglio era bens

urtava

questo

maniera, e non gi riportato a


dal Mainet,

un'origine

epicocavalleresca, deducendolo
in cotal
,

nome
il

del giovane Carlo

Magno. Mi conferma tanto pi


accanto al diminutivo

convinzione,
scitivo
(3)

trovare nella regione stessa,


accrescitivo, oso

l'accre-

Maynoni;

ben
i

dire,

anzich caso obliquo.

Parlo di un'illusione, giacch


cercarli, per

suoi veri consanguinei

Mayno
:

dovr

menzionar solo qualcosa, in Maynerio (ant. fr. mainnier, nomi germalat. med. maynerius, maygnerius, usciere), Maynardo, ecc. nici propagatisi largamente, che in una delle loro forme antiche e trasparenti possiam trovare anche al piede del testamento di Carlo Magno riferitoci da Eginardo ( Vito Z'aro Zi, e. 33): Megtnherus, Meginhardus. Era

bene

inevitabile tuttavia che

magnus

s'intromettesse, e di buon'ora,

negli affari

di questa famiglia di vocaboli; intromissione

sione di territorio anche da motivi fonetici,

promossa in una vasta estene segnatamente dal ragguaglio


parer

Karolus Magnus:
del

Charlemaine.

Una forma da

come

ibrida dil,

Maygno

o del Maigno, ch'io non so dire se e quanto sonasse realmente

DEL DIALOGCS CREATURARUM


gli effetti (1). Ora,

73
chiamata, e

che una persona medesima

sia

chiami se

stessa,

con un diminutivo o vezzeggiativo e col nome


la

schietto, cosa,

nonch ovvia, che si vede avverarsi per

ma^ior

parte degli uomini, e in conseguenza del tempo che trascorre (2), e

a seconda che
il

si

parli

con familiarit maggiore o minore.

poich

fatto cos generale,

non

c'

neppur bisogno

di fondarsi sul-

l'essere tutte e

due

le

forme adoperate espressamente dal Giusto


(3): forse dietro

per r autore del Regimen

una buona

autorit,

ma

fors'anche per

mera
i

induzione.

questa maniera

nostri

due

scrittori si

trovano ravvicinati

di molto;

ma

forse parr suscitare

difficolt la

materia affatto

disparata.

Parr forse:

ma

a gran torto. Gh la medicina, pi


sulle

ancora

di

qualunque altro studio universitario, s'innestava che ad essa servivano


di

cosiddette Arti liberali,

necessaria

preparazione

(4).

Dico, pi di

qualunque altro studio; poich,

se per preparare a diventar legista o


Trivio,

anche

teologo, le Arti del

Grammatica,

Dialettica, Rettorica,

potevan

bastare,

per un medico, come vedrem meglio

poi, quelle del

Quadrivio non

parevano meno indispensabili: donde una maggiore necessit di

su labbra milanesi, ma che s'ha pi volte nel Corio: p. es., all'anno 786 e 1377 (carte 21 e 250 dell'edizione di Venezia del 1554; l'ed. principe

non ha paginazione).
(1)

sato

Un effetto da doversi Magni che ho do\'uto

qui menzionare , a mio credere, anche


ricordare qui sopra.

il

ca-

Anche

Magni son da

met-

tere in realt coi del


(2) Il

Mayno, Maynoni, Mainetti.


tutti lo

vedono e conoscono; ma provvede a far s sia pi bisogno del diminutivo per distinguere chi venuto al tardi da un omonimo d'altra generazione: bisogno che doveva
motivo fondamentale
poi anche che coll'andar del

s'aggiunge

tempo

la natura

che non

ci

mondo

pi

imporsi di

continuo al secolo XIV, dacch

nomi

si

ripetevano allora nelle famiglie

ancor pi pertinacemente che non segua


(3)
(4)

ai nostri le

giornL
alle altre

V. addietro,

p. 60, n. 1.

Dal Giusto

due forme son passate nel Lecoq.

Questa condizione della Facultas Artium rispetto


quella del nostro Liceo di fronte all'Universit
p.

pei^
in

supdalla

stata

messa bene

mostra dal Denifle, Op. cit^

98 sgg.

Elssa

risulta del resto, e

natura stessa delle cose, e dai residui di istituzioni

universitarie medievali

che tuttora abbondano in

certi paesi.

74

PIO

RAJNA
anche propriamente
i

persistere, e l'opportunit di conseguire

gradi accademici

(1).

Qui

poi, trattandosi di
il

un

italiano a Parigi,

torner opportunissimo rammentare

fatto di

Ubertino da Car-

rara, che, secondo ci narra Pier Paolo Vergerio,

mand

col a

sue spese
uti,

nel 1342 o gi di

dodici

giovani

Padovani,

cum

Liberalibus disciplinis imbuti essent, Medicinae

operam

(2). E par che apposta per noi Federico II solennemente decretasse: Quia nunquam sciri potest scientia medicine,

darent

nisi de loyca presciatur, statuimus quod nuUus studeat in me dicinali scientia, nisi prius studeat ad minus triennio in scientia
loycali
(3).

Tutto ci nondimeno non varrebbe ancora davvero a costituire

una dimostrazione. Bens


strata

l'identit degli

autori

apparir

dimole de-

quando

ci si faccia

a metter tra loro a confronto

diche da cui son precedute le due opere.

De Reg. San.
In primis

De
cuius noIn primis
sit

Intent. sec.
testor, cuius

Deum

tester,

Deum
:

nomen

men

sit

benedictum.

Ab hoc enim
celum
et tota
in-

benedictum

principaliter dependet

natura; hic enim est qui omnibus

(1)

Ci serva di commento
stesso

al Denifle, p. 102,

il

quale nota

il

fatto,

a pro-

posito appunto di Parigi, dove specialmente, per ragioni che dipendono dal

modo
(2)

com'ebbe a comporsi e a svolgersi quell'Universit, essa viene a

presentarcisi.

in Muratori, R. It. Scr., XVI, 168. mosso dall'ammirazione per Gentile da Foligno, chiamato da lui in una malattia, e che manifestamente doveva aver studiato a Parigi. La cosa acquista un'importanza speciale dall'esser Padova una citt

Yitae

Principum Carrariensium,
fu

quest'atto Ubertino

insignemente universitaria ancor


specialmente
vede,
(3)
il

essa.

Ci che in Gentile pare aver colpito


,

Carrarese fu r elegantia

ossia quel che noi

diremmo

la
si

cultura, che si fondava


si

precisamente sulle Arti.

Padova, a quel che

riusciva medici pi rozzi.

del principio quella comunicata da D.

Huillard-Brholles, Eist. diplom. Frid. sec, IV, i, 235. La lezione Orlando, Un codice di leggi e disi

plomi Siciliani del Medio Evo che di Palermo, Palermo, 1857, p. 42.

conserva nella Biblioteca del

Comune

DEL DIALOGUS CREATURARUM >


fluit esse,

75

bis

quidem

clarius bis vero

obscurius. In cunctis igitur

Deus

su-

blimis est preponendus et bonorandus.

In cunctis enim

prepone Deum, et

preponet te; bonora Deum, et honorabit te; time


rieiis securius.

Deum,

et cuncta expe-

Ad bonorem enim

Dei

post dicam,

quod

ad bonorem Do-

altissimi,

cuius nutu servio

(1) recepi

mini nostri lesu Gbristi, nec non beatissime Virginis Marie, tociusque celestis curie
:

gratiam et doctrinam; necnon beatissime Virginis Marie, eius matris, et


totius celestis curie:

amplius,
(2) (3)

post bec, ut

amplius, ut do-

educto

regum
stirpe

comitumque nobigenerosa,

mino meo reverendo, domino Andree


de
Florentia
attrebatensi episcopo,

lium

domino

Tbome
rimum
nibus

Sceluciarum, ingenii claritate,

cuius vitam Deus in prosperitate conservet et prolonget, cui,

sicut et nobilitate politica,

quamplu-

nedum quod
ei-

refulgenti,

valeam compiade
Intentio-

possem, denegare non debeo, sed

cere, tractatum incboo

dem

in

omnibus obedire, secundum


posse valeam com-

loycalem,

quem

in v. partes

modicum meum
piacere,
. .
.

di^^dam principales.

compilare propono boc


.

opusculum

Chi dopo una riprova cos evidente mantenesse dei dubbi, dovrebb'essere di un'incredulit
resto, volere o no, gli

molto singolare, della quale

del

toccherebbe poi

ancora

di

ravvedersi.
d'altro,

Quindi, per parte mia, mi


alla

volger subito, senza

curar

determinazione di quel

Tommaso

di Saluzzo,

che

la dedica

del

De Intentionibus

ci

ha condotto davanti.

Comincio dal premettere che questo trattato, in quanto compositus in studio parisiensi , s'ha da ritenere in ogni caso anteriore al 1347; poich nella

primavera

di quell'anno

troverem

Mayno

fissato,

e verosimilmente da tempo parecchio, nella sua

patria istessa.

Tommaso non saprebbe dunque

qui essere, per

(1)

Questo Servio va probabilmente soppresso, a meno cbe sotto non

ci si

celi

qualcbe altra parola.

(2) Il cod. (3) Il

rex regunu

ms. stirpite, per una contaminazione di stirps con st^pes^ che non
in diritto di addebitare all'autore.

mi sento

76
l'et

PIO

RAJNA
ci si

sempre troppo giovanile quand'anche


il

riducesse fino ai

termini estremi,

figliuolo di quel

Manfredo,

figlio prediletto di

Manfredo marchese, che


finite

fu alla

sua regione nativa causa

d'in-

sciagure

(i).

Questo

Tommaso nasceva da un matrimonio


(2);

conchiuso, e poniamo anche effettuato, verso la fine del 1328

e dato pure che


bile (3),

sia

il

primogenito, cosa di certo non improbaal

non potrebb'esser venuto

mondo
i

altro

che sul

decli-

nare del 1329. Che se Manfredo,


dronirsi della signoria,
si

fiaccati

suoi sforzi per impa-

ritrasse con tutta la famiglia a vivere


di

presso

Visconti,

donde un'apparente opportunit


la

rannodadisin-

mento con Mayno,


gannarci;

ragion

cronologica

subito viene a

che l'emigrazione non pot seguire se non morto


al

Luchino, stato sempre avverso


colui contro
il

pretendente, e

favorevole a

quale eran diretti

gli sforzi.

Era anche questi un Tommaso


serie dei

il

secondo del nome nella

marchesi

gli

ed sopra

di lui

che dobbiamo necessa-

riamente fermare

sguardi. Cugino

del suo

omonimo,

si tro-

vava pi innanzi negli anni, non


padre suo, cio dello
tratte nel 1307 (4).
zio,

di lui soltanto,

ma anche
nostro

del

uscito da nozze seconde e tarde, con-

La

nascita

invece
(5).

del

Tommaso

si

pone, e ragionevolmente, nel 1304

(1)

pregevolissime

La narrazione di questi mali occupa molta parte del tomo III delle Memorie storico-diplomatiche appartenenti alla Citt ed ai

Marchesi di Saluzzo di Delfino e Carlo Muletti; Saluzzo, 1829-1833. (2) Muletti, t. cit., p. 189. (3) Tale fra i maschi m'inclina a crederlo il nome, che per lui solo quello di un antenato vale a dire del bisnonno. V. Muletti , p. 258. E maggiore del fratello Galeazzo me lo indica l'ordine in cui i due sono nominati nel testamento del padre, pubblicato dal Moriondo nei Monumenta Aquensia, li, col. 498-500. N saprei supporre un primogenito in Antonio,
,

divenuto poi arcivescovo di Milano, per ragione dello stato ecclesiastico. Cosi,

astraendo da

fratelli o sorelle

che fossero morti


alla quale

infanti,
il

mi riman

solo

una
il

certa dose di dubbio per Ugolino, morto quando

padre testava, ed una


dati

maggiore per la sorella Maria,


vero suo posto.
(4)

non vedo

per assegnare

Muletti,
Op.
cit.,

p. 76.
p.

(5)

265.

Le nozze paterne ebbero

effetto nel

settembre del 1303

DEL DIALOGUS CREATDRARUM

77
al

La

vita di

Tommaso

sarebbe potuta trascorrere serena, se


di

nonno non

fosse

venuto questo capriccio


Isabella Boria, costui
essi,

riammogliarsi, o se dalla
figliuoli.

nuova moglie,

non avesse avuto

Avutine, prov per

e per

il

maggiore soprattutto,
dalle

le solite

debolezze dei vecchi, fomentate probabilmente


di Isabella.

istigazioni

a quel modo ch'egli aveva


proprio, l'avrebbe
lo

fatto subito

Manfredo
del

erede del

nome suo

anche voluto erede

marchesato; e tale

costitu

primamente con un testamento


maschio del primo

del 1323, in luogo di Federico, unico figliuol


letto,

contro ogni
(1),

diritto,

contro l'ordine sempre osservato nella


(2).

successione

e altres contro espresse stipulazioni


si

Ma

Federico non

rassegn punto
ci

a lasciarsi spogliare;
L'imfine,

donde una vera guerra, che

rende in piccole proporzioni


Pio
e
dei figli suoi. Alla

magine

di quella di

Lodovico
violati,
il

il

dopo accordi sempre

vecchio Manfredo dovette nel 1334


il

rassegnarsi a riconoscere a Federico


facolt di esercitare fin d'ora
di latto egli

diritto di

succedere e la
dominii,
la

la

signoria in quei
di gi

che

aveva occupato e governava


gli ultimi
il

per

maggior

parte

e trascin

anni suoi nel castello di Cortemiglia,

conservando ancora

titolo di

marchese, vano [simulacro della


la

perduta potenza. Presto, nel 1336, egli ebbe

crudele soddisfa-

zione di vedersi precedere nella tomba dal figliuolo ribelle.

Ma
(3),

non per questo risollev


dovette, giusta
i

il

capo; affranto com'era dagli anni

patti, piegarsi

a Tommaso, come per ora fu gio-

coforza inchinarglisi e prestargli omaggio al figlio suo prediletto.

Per ora: poich, come


la

s'

accennato, questi riprese poi ancora

guerra pi fiera che mai. Trovato


il

personaggio,

da precisar bene

la

cronologia.

termini della dedica attestano che di

nome Tommaso non

per-

(p.
si

54)

e qualcosa vuol ben dire la designazione di figlio primogenito, che


il

vede accompagnarne
(1) (2)
f'-i)

nome

(pp. 146, 147), o tenerne luogo (p. 175).

P. 322.

Pp. 54 e 147.

Ne aveva

settantasei, finiti

o quasi.

78
anco marchese,
ossia

PIO

RAJNA

che

ci

dobbiam riportare pi addietro del


vecchio

16 settembre 1340, data della morte del

Manfredo

(1).

Ma

quei

termini

indicano

abbastanza altres che, nonch di


di fatto;
stirpe,

nome, Tommaso non marchese neppure

egli

appare
il

come

l'illustre

rampollo

di

una nobilissima
Il

non come

Signore attuale di un cospicuo dominio.


in vita, cio

padre dunque sempre


25
di

non siamo anche giunti


ritratto

al

giugno
di

del 1336.

il

limite

pu esser

ancora, e non

poco, per

una

considerazione d'altro genere. Par ragionevole, poich


s'ha a fare con persone che abbian
trattato

qui non

comune

la patria,

che se

il

composto standosene a Parigi e per far cosa grata a


Parigi, e per

Tommaso, a
anche
il

ragione di studi, s'avesse

a trovare

nostro saluzzese.

Ma

un'assenza prolungata di Tommaso,


siffatto,

meno che mai per un motivo


allora
il

non ammissibile per


;

il

periodo che corse dall'ottobre almeno del 1329 al 1336


braccio del
figlio
(2),

e perch

era di grande aiuto


e perch

al

padre nella

lotta contro

Manfredo

Tommaso

si

trovava a fianco
politici,

una moglie, avendogli Federico, certo con intendimenti


procacciato la
sorella
di
(3).

mano

di Ricciarda Visconti, figliuola di Galeazzo,


di

Azzo, e nipote

Luchino e dell'arcivescovo Gio-

vanni

s'aggiunge, ad escludere, in

modo

assoluto l'assenza,

la figliolanza

numerosa che subito vediam provenire da queste


si

nozze

(4).

Prima invece
il

capisce assai
in

bene che
et

il

padre po-

tesse allontanarsi

figliuolo, tuttavia

molto giovanile.

ai sudditi (p. 240), qual

negli atti quale dominus di fronte dominus marchionatus Salutiarum (p. 235 e 246), qual marchio futurus (pp. 246, 247), ma qual marchese giammai: ha tutto, fuori che il nome.
(1)

Vivo

il

nonno,

Tommaso appare

(2) Si

veda come padre e

figlio
il

siano continuamente associati nella serie

delle

aspre recriminazioni che


cii.,

Marchese Manfredo viene esponendo nel


1329
la

testamento del 1332. Op.


(3) P. 190-91.

pp. 211-13.

del 5 di ottobre

quitanza per la dote e per le

nuova sua casa. (4) Tra maschi e femmine, abbiam nientemeno che undici figli; e il primogenito dei maschi, che sappiam preceduto da una, e forse da due sorelle, appare gi in una carta del dicembre 1332. Op. cit, pp. 388-96.
gioie che la sposa portava nella

DEL DIALOGUS CREATDRARUM


Trovo anzi
la

79
ai

prova positiva ch'egli era assente e lontano

16

di luglio dell'anno indicato, e la

prova

altres

che gi doveva

esser poi col padre

il

26

del

mese medesimo;

ma non

oserei

certo dire che non abbia a trattarsi d'altra lontananza che della

nostra
Cos

(1).
il

De Intentionibus non dovrebbe,

dietro questo ragionai

mento, esser stato intrapreso, al pi tardi, dopo


1329.

primi mesi del

raccostamento col

Ed ora guardiamo cosa venga a indicare per altra via il Regimen Sanilatis. Avendo presente l'ordine
II (2),

costante degli studi e l'assioma proclamato da Federico

dalla

natura stessa delle materie sarem portati a giudicare anteriore


il

trattato logico.

l'anteriorit si potr dir confermata,

od anzi

addirittura

dimostrata, dal confronto

delle
le

due dediche; che

quella del

Regimen

ci

d l'orditura e
(3).

parole stesse dell'altra,


il

ma

con copiosi accrescimenti

poich

Regimei fu

scritto,

nel quale (1) La lontananza risulta da uno strumento mando e ratificando per conto proprio certe concessioni
,

Federico,

confer-

anteriori a favore

principe d'Acaia, promette che il medesimo farebbe anche Tommaso, nel termine di quindici giorni (Op. cit., p. 188); il ritorno, da ci che ha da essere l'atto definitivo surrogato a questa stipulazione provvisoria. Di certo, nonch i dieci giorni che soli si vedon trascorrere, i quindici stabiliti dal padre, sono assolutamente insufficienti, posto che Tommaso fosse a Parigi; ma il padre poteva aver notizia che il figlio fosse gi sulle mosse per le strade, od anche propriamente saperlo nel Delfinato, presso i parenti materni, ch'era naturale si visiiasser da lui. Si tenga conto della stagione in cui siamo. L'assenza di Tommaso nei primi mesi dell'anno io non la credo esclusa dal veder associato il nome suo a quello del padre nel testamento di Manfredo citato dianzi anche per fatti avvenuti in quel tempo
di Filippo di Savoia,
(cfr.

nel Muletti la p.l70 colla 211): poich l'associazione costante, essa perde
i

di valore per

singoli casi, e vuol esser riferita principalmente alle impres-

non pretender tuttavia neppure che Tommaso voglia proprio esser ritenuto assente in grazia del suo non aver parte diretta in strumenti del 14 febbraio (pp. 172-76) e del 22 magsioni fresche degli ultimi anni. Viceversa,

gio (pp. 181 sgg., e precisamente p. 185), ancorch, per


questi due atti
valore.
(2)

il

jjer l'altro cfr. p.

201

il

silenzio abbia

primo almeno di un certo quale

V.

p. 74.

(3)

detto

Che un ordine diverso di successione possa parere indicato dairesserci < Magnino l'autore del Regimen, Mayno quello del < Regimen ,

80

PIO
il

RAJNA
il

almeno compiuto, tra


l'altra la

1331 e

1334, e tra

quest'opera e

ragione del soggetto consiglia un certo intervallo, torna


la conclusione alla

propriamente a capello

quale la persona

di

Tommaso
il

ci

aveva condotto prima. Guardando verso quella

parte soggiunger ancora un complemento.


trattato

che,

Non posteriore al 1329, De Inientionibus mal pu reputarsi anteriore al 1324 n par verosimile che Tommaso fosse prima d'allora man;

dato ad erudirsi a Parigi, n


derio di

gli

sarebbe

potuto

nascere desistudi.

un

libro siffatto,

che

lo

suppone bene avanti negli

E
di

dal 1324 s'ha poi

anche da sottrarre buona


ci

parte, in grazia
il

d'uno strumento che

mostra

il

giovane in patria

primo

maggio

(1).

Quanto a Mayno, pi che naturale


Liberali
il

riferire alle Arti stesse

titolo di

Magisier datogli
si

in

capo

al

codice Sivigliano.

S'intende dichiararcelo, o forse ci


gister

dichiara egli stesso,


ci

Mason
rite-

Artium

Maitre-s-Arts: grado che

risulter poi in

modo

positivo posseduto da lui, d'accordo colle cose

che

si

viste in

genere poco addietro.

E
al

Magister Artium da

nere ch'egli fosse proprio gi

momento

della pubblicazione di

quest'opera sua. Ci risulta da un motivo di coordinamento, pi

ancora che dalla ragione intrinseca del doversi supporre sicuro


del fatto suo, chi, modesto per indole, osava mettersi a scrivere

un

libro di ragguardevoli dimensioni intorno a


(2).

un

soggetto cosi
il

astruso

Poich

le Arti

son scala alla medicina, e tra

De

nulla. L'uso e

non vuol dir non uso del diminutivo non dipendono, secondo gi mi accaduto di accennare, semplicemente dall'et. E quando Magnino scriveva il Regimen non poteva essere, come gi si capisce e come si vedr subito or ora, cosi tenerello da essere vezzeggiato a questo modo altro che per riflesso del tempo passato. (1) Muletti, p. 147. (2) Cosa siano nella Scolastica le Secundae Intentiones , dir colle Joannes Versor normanno, rettore parole del commento del Versorio dell'universit di Parigi nel 1458 (V. du Boulay, Op. cit., V, 902, e per le Opere, Hain, Graesse, ecc.) alle Summulae logicales di Pietro Ispano, ossia di chi fu poi papa Giovanni XXI: Secundo sciendum, quod duplex est intentio. non
viceversa, di fronte alle ragioni che qui si considerano
il

DEL DIALOGUS CREATURARUM >


Intentionibus e
anni,
il

81

Regimen non
questa

ci

possono esser di mezzo troppi


fosse

bisogna bene che

scala

gi stata saUta da
nell'altro

MajTio, s'egli doveva aver tempo di


studio quale
il

diventare anche

Regimen ce
il

lo

d a conoscere.
fu

Che, quando
nese,

trattato igienico
scolaro,

composto,

il

nostro

mila-

nonch uno

non doveva pi essere neppure un


considero
(1),
i

medico novellino.

Me

lo dicono, s'io

quanto

egli

sia

alieno da ogni petulanza presuntuosa


piosi in cui gli

casi

abbastanza co-

accade

di

esprimere, e di esprimere anche reci(2),

samente, un parere contrario all'altrui


a quello di uomini dell'autorit di

contrario

perfino
lo

Arnaldo

(3).

talora

ve-

diam richiamarsi all'esperienza sua propria

(4),

e forse altres

scilicet prima, et secunda.

Prima

intentio

est

conceptus prmarus

qaem
intel-

habemus de

re.

Sed secunda intentio

est secundarius conceptus

quem

< lectus facit

de re iam

cognita in prima intentione. Ut,

cum

intellectus

secundum se, ibi est prima intentio, et signifinomine primae intentionis Animai. Sed cum intellectus concipit illam eandem essentiam per respectum ad multa inferiora, in quibus est, ibi est secunda intentio: et significatur hoc nomine secundae intentionis, < scilicet universale, quia hoc modo concipit ipsam tanquam unum versum < in multis: et percipit universalitatem illius naturae communis, quia co gnoscit eam per respectum ad multa. Et cum cognoscit illam naturam esse communem ad multas species, sibi attribuit generalitatem, quae 8< gnificatur hoc nomine Genus *. (Commento al Trattato 2", De qninque universalihus sue praedicahilihus : a carte 22 dell'edizione giuntina del
concipit naturam animalis
catur hoc
1563).
(1)

dice del
(2)

La modestia appare subito nella dedica, e in ci specialmente che modo come l'opera fu composta. Vedi p. 63.
P. es., P. Ili,
e.

si

12

(f>

44, ed. B.)

Dubitantes

humorum

putre-

non utantur moris celsi nec bathi; est enim fructus valde febrilis. Unde non approbo eorum usum in febribus, quicquid alii dicant; et similiter non approbo usum eorum in dispositis ad febrem. > (3) Se n' avuto esempio nella nota 3 della p. 62. Il principio del passo nella lezione testuale di Magnino (P. Ili, e. 7, f 2Sb) dice: Quidam tamen < magi stri asserunt huius contrarium. Dicunt enim quod decubitus ecc. Il resto stato ritenuto tal quale dal raffazzonatore. Correggo magistri dove la stampa una sola, poich all'esemplare dell'ed. di Str. mancano qui due carte per causa di un'abbreviazione intesa malamente, mi d magni. (4) P. Il, e. 6 (f" 16b): Et vomitus laboriosus debilitat stomachum: immo, ipsias continuatio mortem inducit; et hoc vidi per experientiam.
factionem

atomaU

itorico, TX, hne.. 28-29.

tt

82

PIO

RAJNA

alle sue abitudini nel praticare (1). Poi, avanti al

Regimen Sainciden-

niiatis egli

aveva gi
lui

scritto,

come veniamo a sapere


trattatello

talmente da
tatis (2),

ed uno

attende al

De regimine steriliDe emoptoca passione et ptisi (3). E mentre Regimen, Mayno va gi meditando, compiuto che
medesimo, un

l'abbia, di mettersi poi subito

ad un'opera

di

ben maggiore im-

portanza e

difficolt,

che

di certo
di

non

si

oserebbe intraprendere

da una mente giudiziosa prima


proprii:

aver visto molto cogli occhi


egriitc-

nientemeno che un Liber memorialis de cura


(4), ossia

dinum
(1)

un Manuale

di Terapeutica.

Voglio alludere al passo sul salassare nei giorni nefasti, che le

edi-

zioni di
di l
p. 61,
(2)

Magnino non hanno, ma che come il resto dal raffazzonatore


n' 1.

io dissi esser

convinto esser stato preso

del

Regimen Pseudo-Arnaldesco. Vedi


90'):

Gap. ultimo dell'opera, 9 della P.

V (f"

Et de

isto

memini me

dixisse superius in capitulo de regimine appropriato sexui tractatu

femineo, et in

quem composui
6
(f"

de regimine

sterilitatis.

(3) P. Il, e.

i5b):

Pulmo

vulpis mirabilem habet proprietatem in

pulmonis hominis conservatione et confortatione.

Ad idem

valent

cancri

fluviales, et ostree terrestres et limatie sunt optime, secundum


claravi in

quod d&ptisi.

quodam
e.

tractatu

quem composui, de emoptoica

passione et

Si quis videro voluerit, videat; quia volo

me

breviter expedire.

cosi

ancora P.
per

Ili,

17, in fine (f

54b),

parlando della carne delle lumache:

memini me scripsisse in Consilio emoptoycam passionem; in quo etiam loco suflBcientius electionem require limatiarum, et modum preparationis et iuvamenti eorum (I. earum). M'astengo, e mi devo astenere, dall'attribuire importanza alla
Multas bonas alias habet proprietates, quas

me

ordinato ad

designazione di consilium in questo secondo passo, che parr fare


trattato

del

un consulto
I

e quindi indicarcelo uscito dall'esercizio autorevole

dell'arte.

Consilia > dovettero

ben esser consulti da principio;

ma

coll'andar del

tempo

il

vocabolo fu adoperato indipendentemente affatto dalla

pratica, per esprimere ci


ciale,
(4)

che noi diremmo una memoria, un trattato spe Sed quia cura venenatorum et veneatorum in
inemoriale-m) de cura egri-

una monografia.
P. IV,
e.

(fo 76b):

speciali magis pertinet ad regimen conservativum, difieram hoc tractare < quousque

componam librum memoriale

(1.

quo laborare propono, auxiliante Deo et vita comite, post huius operis complementum. E a quest'opera futura allude poi anche pi
tudinum: in
oltre, P.

V,

e. 1

alla fine (f" 84b)

Hec

sufficiant de considerationibus

habendis
et

circa fleubothomiam.

De

his

autem que sumuntur ex parte egritudinum


:

accidentium, non est hic locus loquendi

quia habent videri in curs egri-

tudinum et accidentium. In hoc igitur negocio aliud tempus apponetur. >

DEL DIALOGUS CREATURARUM >

83
scrive
di
il

ffimen.

Mayno peraltro sempre in Francia allorch Che non fosse a Milano, avr mostrato
il

Re-

gi

a chi
la

v'ahbia riflesso
patria
(i);

passo in cui

gli

accadde

di

nominarci

sua

che a nessuno verrebbe mai


unde
fui

fatto di indicarla

a quel

modo

la citt

oriundus > (2)

senza esserne

lontano.

Ma

la

Francia viene ad esserci designata espressamente


de' testacei

l dove, parlando

marini e detto esserne in uso

varie specie,

si

soggiunge:

Nos autem, solum facimus


uti

men-

< tionem de
< runt
generica,
(3).

ostreis et

molis, quibus solis Gallici

consuevecos
al

N
ci

ci s'ha

da

contentare

di

un'indicazione

che

lascierebbe

ancora

vagare dalla Manica

Mediterraneo. Ci trattiene

al settentrione
il

un numero ragguardell'ozi,

devole di vocaboli, che ricalcano

linguaggio

come a

dire,

nel capitolo medesimo, trattando dei pesci, mcrrua, rogeius,


lengtis, iurbottis, maqice/^ellics, ca/^a, lopia (4); e

mer-

qualcuno
ci

non

so se marcepen, marzapane, sia


scusso in forma volgare
(6).

il

solo (5)

che
il

dato scusso

Vi

ci trattiene

contrapporre che

(1)

Vedi

p. 62.
il

(2) Cfr.

Florentiam,

unde sum orandos


I,

et

civis >

dell'esule

Dante

nei

De

vulgari eloqttentia,

6.

in

P. Ili, e. 18 (f 541>). Inutile mettere accanto a questo altri passi, che cambio di provare, darebbero semplici indizi. (4) F* 54i)-S*. Oltre a questi nomi U capitolo me ne fornirebbe anche alcuni altri; ma mi limito a quelli che non hanno bisogno d'illustrazione e non danno luogo ad incertezze di nessun genere. (5) P. Ili, e. 26 (f* 70*>): Sciendum igitur quod meliores confectiones que sunt in usu et magis delectabiles sunt he: Zinziber conditum, zinzi< briatum cum zuccara vai cum melle, et pineatum, et fisticatum, et avel< lane condite, et anisum conditura, et coriandrum conditum, et dragea grossa, et dragea in tabula, et zuccarum rosatum in tabula, et dyaciminum, et confectio que vocatur marcepen... >. E poi ancora, a proposito del tempo di digiuno, < Unde, salvo iudicio melior, puto quod in tempore hoc marcepen et pineatum et fisticatum... non competunt (f 71). Ognuno avr rilevato qua dentro da s anche il dragea. (6) In mezzo a tanto gallicismo toma opportuno riportare un vocabolo che mostra Magnino non dimentico del linguaggio nativo, e al quale cresce pregio l'esserci dato come appartenente propriamente ad esso: Et < huiusmodi sunt una maneries cerasorum grossorum, que vocantur gale sioni s in lingua nostra > (P. Ili, e. 12, f 43b). Si legga galefionis., o piai(3;

84
si fa

PIO
alla regione in cui
il

RAJNA

si

vive,

come paese caldissimo e meri:

dionalissimo
nos

territorio di Montpellier

Hoc tamen mei apud


(1). Infine,

non

colligitur

nec invenitur: sed in partibus meridiei valde


in

calidis,

et

specialiter

Montepessulano

vi

ci

trattiene
tica,

una vera e propria espressione

di geografa

matemadice:

quando, nel capitolo


istis

De HerMs seu

Olerihus
(3)

(2), si

De

melongenis

delle melanzane parum curamus


et in parte occidentis
:

in

hoc climate septimo


. Il

quia non inve-

niuntur apud nos


gli abitabili, che, tichi, si

settimo clima

era

il

pi nordico, tra

per effetto della tradizione ereditata dagli ane


si

considerassero dalla scienza medievale;

estendeva

dalla latitudine di 47, 15' fino a quella di 50, 30'

(4).

In questo paese

Mayno ha

preso stabile dimora: apud nos

ha potuto dire nel passo


lier.

in cui fa

menzione del miele

di Montpel-

Un

luogo del raffazzonamento attribuito ad Arnaldo, che


origi-

deve bene a mio credere provenire ancor esso dall'opera


naria ancorch nelle stampe non
v'avesse
vi
si

legga,

mi

fa pensare ch'egli

moglie e

figliuoli (5):

pressoch di sicuro una moglie

tosto galefiones, e non si dubiti pu trovare nel Cherubini,


(i)

di aver qui

galfion, sgalfion, che

ognuno

P.

Ili,

e.

19 (f- 57b). 13 (f 47b).


riferito

(2) P. (3)

Ili,

e. si

Sopra
(1.

anche un

altro loro

magni

magistri), quod ex

melongenis, que

nome: Dicunt etiam quidam communiter vocantur al

bagnie ecc.
(4) Mi baster rinviare alla Sfera di Giovanni de Sacrobosco , ossia di Holywood, come alla trattazione pi divulgata che s'avesse nel tempo a cui ci dobbiam riportare. Il Sacrobosco (e. 3) trova giustificabile quel non tenersi conto delle terre pi settentrionali, ancorch a questo modo si trovasse tagliata fuori la sua stessa patria: Ultra autem huius septimi climatis ter minum, licet plures sint insule et hominum habitationes, quicquid tamen sit, quia prave est habitationis, sub climate non computatnr. Ben pi rettamente un altro inglese spettante ancor esso al secolo XIII, Giovanni

de

Pechebam

o di Peckam, di cui ho davanti la Sfera nel codice lau-

15, cerca alla cosa una spiegazione storica, e crede che quod tempore assignationum climatum habitationes non erant note insularum . (5) Il luogo quel medesimo che riportai nella nota 1 della p. 61, e

renziano PI.

XXIX,

cos si sia fatto

DEL DIALOGDS CREATURARUM >


f^ncese,

85
parecclii,

poich

si

trova in queste parti gi da anni


nel fiore dell'et.

ed nondimeno

di certo

La
un

stabilit della diufficio.

mora induce
pensarsi ad

altres a ritenere ch'egli eserciti

Potrebbe
parigina;
(1),

un insegnamento
il

nella

stessa universit
di ci

ma per un

lato

non aver finora trovato


stretti

nessun indzio

per un altro

gli

legami col Ghini, mi guidano di prefetroppo affermare, a un'ipotesi


diversa.

renza, senza voler

poi

Mayno deve
cui
si

assai

probabilmente essere agli stipendi dell'uomo

rivolge
.

come

domino meo

ch'egli

chiama pater

et

domine

Se cos
Il

non dovrebbe adesso trovarsi pi a


si

Parigi,

bens ad Arras.

clima settimo

concilia

benissimo con

un'idea siffatta; che Arras parecchi minuti al di qua del limite


settentrionale di questa regione; e la determinazione pratica della
latitudine mediante l'astrolabio (2) era certo fin d'allora un'ope-

razione familiare al nostro, che impareremo a conoscere vero

e proprio astronomo.
meridionale che non

Bens egli doveva


sia;

fare Arras

anche pi
ci

dacch nell'opera che


si

docu-

mento

della sua dottrina in siffatte materie,

assegna a Parigi
i

nna
nuti,

latitudine di 48 gradi, mentre,


si

non volendo precisare


al

mi-

sarebbe

stati di

gran lunga pi prossimi

vero asse-

ai

quale ebbi ancora a riferirmi a p. 82, n'

1.

In quel

contesto

mei

non posson proprio essere che parsone (1) Non un indizio nient'affatto il
e non solo quando l'opera * tum
,
si

della famiglia.

compositus

in

studio

parsiensi

del codice di SiWglia. Dato pure che fin dal

momento

di accingersi all'opera,

pubblicava,

Mayno

fosse

gi

< magister ar-

da rammentare che nell'Universit egli dovette rimanere ancora degli anni per attendere alla medicina. Vedi le cose dette a pp. 73-74, e cfr.

Dexifle, Op.
riportate a p.
laro,

relative agli studenti

E non costituiscono un indizio neppure le parole che s'hanno nella dedica del Regimen, e che si son 71. Quelle parole a me suonan piuttosto come di un ex-scocit.,

p. 102.

aveva un professore. Meno che mai dice qualcosa un'espressione, su cui si fermeranno gli occhi pi innanzi. (2) Si pu vedere un trattato qualsiasi intomo all'uso di questo strumento, lo, per es., me ne trovo dinanzi due, nei codici Laur.-Ashb. 206
del
delle diflScolt attraverso alle quali
di
visto passare molti condiscepoli, anzich

memore

tempo andato e

e 1339, entrambi di seguito al De Compositione Astroldbii di Messer Andula de Negro, maestro d'astrologia al Boccaccio. Si veda il primo dei due

manoscritti a carte 91*-*, l'altro a carte

67.

86
gnandogliene 49
(1).

PIO RAJNA

Non meravigliamocene
si

poi troppo;

che de-

terminazioni veramente esatte


di conseguirle.

stette

ancora gran tempo prima

Una

tal congettura,

mentre atta a riempir convenevolmente


della vita di

un periodo non breve


rebbe pi

Mayno che

altrimenti reste-

meno

oscuro^ s'accorda a meraviglia coi dati positivi


il

che

ci risultano

per

poi.

Da un medico

affezionato e valente e

che vien mano mano accumulando un'esperienza sempre maggiore


fecondata dallo studio, nessuno
si

stacca volentieri;
il

per, se

il

Ghini aveva condotto seco

ad Arras

nostro

milanese, non

presumibile che lo lasciasse quand'ebbe a passare alla vicina sede


di

Tournai.

E neppure
il

io

credo lo lasciasse allorch ottenne la


di pi importante,

dignit cardinalizia;

che importa qualcosa

vale a dire

un trasferimento ad Avignone

(2).
si

Pochi mesi appresso Andrea moriva, come

disse,

a Perpi-

gnano

(3),

assistito forse dal nostro.


il

Che doveva

fare quest' uomo

cui era mancato

suo potente patrono?

Naturale che, stra-

(1)

Cod. ambros. E. 114 sup.,

61^:

Distantia... cenit

capitis

habi-

tantium in primo climate ab equinoctiali dicitur illius climatis latitudo; et

distantiam illam scimus per poli elevationem


vatur, tanta est
distantia cenit

nam quantum

polus

ele-

ab equinoctiali. Si enim polus elevatur alicui per gradum unum, cenit capitis distat ab equinoctiali per gradum unum. Tanta igitur est latitudo regionis, idst distantia a linea equinoctiali, quanta est distantia inter cenit -capitis et equinoctialem, et quanta est elevatio poli. Et quod apud nos polus elevatur 45. gr., similiter latiab
equinoctiali, est 48. gr. Et
si

tudo regionis est 45. gr. Et apud Parisius elevatio est 48. gr.; et similiter regionis latitudo, idest distantia
aliqui

habitarent ubi polus elevaretur 90. gr., et latitudo regionis esset 90. gradus.

Hoc etiam

scitur per altitudinem

meridianam

solis,

eo existente in primo

arietis;

nam

altitudinem illam

demamus de

90., et

remanebit latitudo
a Milano, la
cui

re-

gionis et altitudo. L'

apud nos vuol

riferirsi

lati-

tudine vera ancor essa superiore alla qui indicata di quasi mezzo grado.

Quella di Parigi di 48, 51' circa.


(2)

Rispetto alla necessit che


il

c'era allora

per

cardinali

di

risiedere

presso

Papa, posson bastare

ragguagli che s'hanno raccolti


speciale.

nel

Dizio-

nario di erudizione storico-ecclesiastica del Moroni, IX, 288-89. Ci


notizie che fanno per noi
(3)

son

li

anche in modo

Vedi

p. 67.

DEL DIALOGUS CREATURARUM >


niero qua! egli doveva sentirsi nella Provenza, provasse
derio e concepisse
alla quale s'era di
il 11

87
desi-

disegno di ritornarsene

in

quella

patria,

tanto avvicinato. Ci dunque dovrebb' essere

seguito nel 1343 o poco dopo.


le cose
sta

Ma

sian poi avvenute propriamente


fatto

come

io le

immagino, siano avvenute altrimenti,

che nell'aprile del 1347 Mayno era a Milano. Lui ricono-

sciamo con certezza, grazie a dati successivi, nel Magister Maj'nus


< Physicus che ci
si

presenta tra

milanesi che fecero parte


d'Isabella del Fiesco
fatale
S.

dello sfarzosissimo e pi

che reale corteggio

medile

di

Luchino Visconti, in quella sua famosa e

andata

a Venezia, intrapresa col pretesto di sciogliere un voto a

Marco,

ma, a quanto

si

afferma, per motivi assai

Mayno
cosi
si

agli stipendi di

Luchino.

meno puri (1). Non in altra maniera che


il

quel

che segue

lo

dimostrer a chi del verosimile non


suo
apparire nella

contenti

vuol

essere interpretato

magna

brigata.

Ed

io

credo anche di scorgere in che


il

modo

egli

deva aver conseguito

nuovo collocamento. Qualcosa avr


poi
i

fatto

la qualit di milanese, moltissimo

suoi meriti e
il

il

credito

che

gli

veniva

dall'ufficio

tenuto presso

Ghini;

ma

queste sue
evi-

doti e prerogative ebbero probabilmente

ad esser messe in

denza da un personaggio, del quale abbiam gi imparato a conoscere


questo
i

rapporti col nostro

da

Tommaso

di Saluzzo,
(2),

che se in
di

momento

difficilissimo della vita


il

sua

non poteva

certo, nonostante

marchesato, beneficare per conto proprio,

poteva bene essere raccomandatore ascoltato presso Luchino. Ci

non per via

dell'esser stata medile al Visconti

una

zia di

Tom-

maso

Violante era da gran tempo morta e dimenticata

(3).

Ma

(1) I

nomi
It.

di coloro

anche per
dei R.
Giulini,

citt, dalla

Sor., col.

che componevano il corteggio ci son dati, distinti Cronaca Estense pubblicata dal Muratori nel t. XV 435. Quanto al fatto, si posson vedere le Memorie del
P.
1,

Continuazione,

p.

465

dell'ed. originale

(1.

lxvii).

La

par-

tenza da Milano segu ai 29 di aprile.


(2)

V. Muletti, Op.

cit..

Ili,

296.

Quando Violante sia stata sposata, quando propriamente morisse, non risulta in modo preciso; Vedi Giulini, t. cit., p. 120. Forse le nozze se(3)

88

PIO
s'

RAJNA
nozze con Ric-

non
ed

eran punto allentati

legami creati dalle

ciarda(l); e da Luchino appunto aveva avuto


efficaci sussidi di

Tommaso
(2),

pronti

gente in occasione non remota


(3).

e con lui

ebbe ad unirsi in lega anche nel 1347

Luchino succedette Giovanni (1349-1354); a Giovanni


pervenuta nelle mani
esilio;

tre

nipoti Matteo, Galeazzo e Bernab, presto ridottisi ai

due ultimi

(1356);

la signoria era cos

di chi

aveva

avuto da Luchino persecuzione ed

eppure ci non sembra

aver nociuto

al

nostro, che noi troviam sempre al servigio vidi

sconteo, e propriamente a quello


alla fine del 1364.

Bernab,

nientemeno che
trascritto

Me

lo

attesta

un documento
delle

dal

Fagnani

in quel suo
si

maremagno

Famglie Milanesi, dove

raro che
Il

peschi indarno.
difficolt.

documento suscita a prima giunta una qualche


di

In

cambio
cfe

un Mayno

de Maynis

come

il

codice Sivigliano del

Inientionibus vorrebbe che ci


de Mayneriis .

si

aspettasse, ci mette davanti


il

un

Mayno

Verr naturale

pensare che questi,


del 1347, siano

e in tal caso manifestamente

anche

il

Mayno

una

persona distinta dal Mayno e dal Magnino che abbiamo imparato


a conoscere a Parigi ed in Francia (4). Sennonch, a quel

modo
come

che

allora, fissando

bene

gli

sguardi,

si

videro sovrapporsi,

dentro ad un stereoscopio, due immagini apparentemente

distinte,

guirono nel 1315, data che s'ha in un passo


contradizione con uno successivo, per
esser questo, ancorch

non

voglia.

del Manipulus Florum, in un matrimonio che dovrebbe bene E Violante non dovette star molto a

morire

che tra

lei

ed Isabella da far posto per una seconda moglie, della


si dice,

famiglia degli Spinola, amata,

da Luchino anche viva la Saluzzese.

far scordare la quale s'aggiungeva la circostanza del dover essa trovarsi

cogli anni parecchio pi in l del giovane marito.


(1)
(2)

Vedi

p. 78.
t.

Muletti, Op. e

cit.,

p. 266.

(3) Ib., p. 345. (4)

una

diversit di persona

aveva

fatto credere

anche a me, non ansi

cora addentratomi nello studio, la differenza che

qui

riscontra;

cos

avvenne, che, in cerca come io ero di un Mayneri, non dedicassi alla Colombina un po' pi di tempo (il tempo m'era prezioso assai) all'esame dell'opera logica del de

Maynis

DEL

DIALOGUS CREATURARDM >

89

la sovrapposizione e l'identificazione

non possono non aver luogo


;

anche adesso.

Identici la patria, gli studi, la professione

le circosi

stanze della vita, colla rispettiva successione cronologica,

pre;

stano in maniera mirabile a servirsi di complemento a vicenda


il

prenome

identico,
il

il

casato
si

somigliantissimo; o

come mai
fatto

sarebbe lecito

dubbio

Per

pu ben domandarsi una spiegail

zione della differenza;

ma

s'ottenga poi oppur no,

che

preme accertare rimane inconcusso.

Una
stesso,

spiegazione molto semplice


il

ci

sarebbe offerta dal Fagnani

quale un tempo ebbe a considerare Maini o del Maino,


tutt'uno, ed

e Maineri, come
zione,

a scrivere in capo

alla

sua trattaecc.

Mainorum

familia, qui

et Mainerij dicuntur

Ma
fa-

pi tardi, sebbene di questa idea primitiva lasciasse tracce pa-

recchie nelle sue pagine


miglie andavano distinte
;

(1),

ebbe a persuadersi che

le

due

e per converti
familia qui

anche

le

parole citate
,

in quest'altre: Illorum

Mainerij dicuntur

ecc.

Non invocher dunque una


determinabili da noi

sinonimia, della quale

non conosco

prove che reggano. Piuttosto potrei pensare che per motivi non
(2),

Mayno

solesse,

mentre era

in Francia,

(1) Cos egli dice,

allegando

il

Corio e involontariamente falsandolo, che


>
fosse
tra
cjuelle

nel 1198 hanc

Mainorum seu Maineriorum familiam

che parteggiavano per l'arcivescovo Filippo Lampugnani. Similmente una Caterina di Maineri mugliere de Philipponi di Colli del Corio (a. 1389:
carte 266* nell'ed. veneziana del 1554, che ha ripulito la forma) diventa per
il Fagnani Caterina de Mainis seu mainerijs . Dalla stessa causa vien pure che un Tommaso, inter\-enuto nel 1227 alla pace tra Milano, Lodi, Ber-

gamo, Brescia, Verona, figuri tanto fra i del Mayno come tra i Maineri. (2) Il motivo che subito verrebbe alla mente e che d luogo anche adesso a frequenti alterazioni di casati, il desiderio cio d'apparire d'una schiatta pi nobile, non mi pare che regga nel caso nostro che fino a quel tempo, a giudicare dai dati di fatto che il Fagnani mi offre non da certe chiacchiere il nome Mayneri dovrebbe aver sonato pi cospicuo che del Mayno. Di ci son lieto, perch mi vedo cos tolta ogni ragione di dover sospettar reo il mio autore d'un peccato di sciocca vanit. Una cosa piuttosto da aver presente si che nel secolo XIV i casati contano meno assai che non facciano adesso, e per s'alterano, si modificano, si cambiano addirittura, con una libert sconosciuta affatto a noialtri. Come per darci segno in s stesso
:

di questa condizione di cose

il

nostro medico

ci

si

gi

presentato due

90
farsi dire de'

PIO RAJNA

Mayni

anzich de' Mayneri

Ma

tutto pro-

babilmente

si

riduce ad un

fatto materiale di scrittura, ossia al

non
al

essersi,

trascrivendo

un de Maynerijs
,

abbreviato, posto
,

mente
de

segno che rappresentava Ver

donde de Maynijs
all'

Maynys
Mayni

,
il

de Maynis

Quanto

esser Mayneri

anzich

nome che vuol

essere accettato

come pi genuino,

nessun dubbio. Esso risulta dalle maggiori e migliori testimonianze.

Premesso tutto

ci,

vediamo

il

documento, che

il

Fagnani ebbe

a ricavare da un Regesto pressoch di sicuro perduto. Consiste


in

un ordine
Bernabos,

di

pagamento

di

Bernab

a' tesorieri del

Comune

(1):

etc.

Thexaurarijs coTnmunis nostri mediolani


fisico

Volentes compiacere domino magistro maino de Maynerijs

nostro,

mandamus
mense
in

tibi

quatenus eidem facias prestantiam florenor^m ducentorm


(2)

quinquaginta auri super pagis

provisionis suae,

quos retineas

sibi

de

mesew de pagis
(3),

suis futuris, \idelicet vigintiquinqwe singulo

mense.

Datwm Pandini

xviii. octobris

1364

(4),

Indictione tertia.

volte

col

prenome

soltanto:

quale autore

del

Regimen, e nel corteggio


numerazione recente,
prei

d'Isabella.
(1) Nell'originale primitivo,

secondo la divisione e
la 1^ parte della lettera

fo 37l> del

volume contenente
copia al

M. Ho pure avuto

sente

la

pulito, f 56^ della

lettera

M-P. Per contentare

pi

scrupolosi, distinguo col carattere corsivo le abbreviazioni

che son venuto

sciogliendo.
(2) (3)

Nella copia paghis qui e sotto.

Questo

nome

dal Fagnani, punto calligrafo, scritto in


il

modo che

sa-

rebbe mal decifrabile, se non s'avesse

sussidio della copia, e la

conferma

che viene dal confronto di

altri atti di

Bernab. Pandino una borgata tra


castello
fatto

Crema
(4) Il

e Milano, dove esiste tuttora

un

appunto ricostruire
scritto chiaramente

dai Visconti. Si vede che in quel castello Bernab faceva dimore frequenti.

del 1364 in questo luogo

non chiaro

ma

da riprova l'indizione: 3*, non 2*, come porterebbero le tavole solite, perch si doveva seguire uno degli stili divulgatissimi, giusta i quali l'indizione nuova entrava in vigore lungo il settembre.
nel margine e nella copia.
fa

Comunque

sia, l'indizione

3 del pari in

un

altro

documento che immef"

diatamente precede del 18 ottobre dell'anno medesimo; e cos, uno del 3 e in due del 4 ottobre, in uno del 9 ed uno dell'I 1
f

84a-t, in

novembre;

85*, in

uno

del

20 novembre,

ecc. ecc.: tutti spettanti a

Bernab.

DEL DIALOGUS CREATURARUM >

91
nostro

Non era poca

cosa davvero lo stipendio che

il

Mayno

de' MajTieri riceveva da Bernab.

Perch

gli si

potessero ritenere

venticinque fiorini d'oro

il

mese, mi par bene da supporre che non


gli fosse

ne avesse meno del doppio, ossia che

assegnata una prov-

vigione d'un seicento fiorini l'anno, se non pi. Seicento fiorini

varrebbero adesso, a semplice ragione


lire (1)
;

di
il

peso, pi

che settemila

e questa

somma, per ottenere

valore relativo di allora,

dovrebb'essere moltiplicata per un fattore, non suscettibile, se-

condo me, di essere ben precisato,


in nessun

ma che non
(2).

saprebbe, oso dire,

modo

essere inferiore a 3

Quindi,

essendo pur

ciasette fiorini

quello di Firenze, pesava 68 grani d'oro schietto. Diformavano quindi due once precise. (2) Curiose le contradizioni fra gli economisti. Il Leber, nell'assai sur rapprciation de la fortune prive au moyen-dge, 2* ed., Parigi, 1847, si riduceva coi suoi calcoli a stabilire che il potere dell'argento fosse nei secoli XIV e XV sei volte maggiore che al tempo suo (p. 18): e quelle sei volte diventerebbero adesso otto o nove, a dir poco. Per l'oro la proporzione andrebbe diminuita di Vs per il tempo del Leber, di '/a per il nostro: poich il rapporto di valore tra i due metalli preziosi sul declinare del medio evo era di 1 a 12 (pp. 31-32), anzich di 1 a 15 e di 1 a 18 e pi. Ma insomma, in qualunque caso, anche l'oro avrebbe avuto un'efficacia superiore all'attuale di pi che il quintuplo. Sennonch da un'altra parte il Cibrario, nella sua bella opera tante volte stampata. Della economia politica nel medio evo (i' ed., 1839, 5^ ed., 1861), assegna al danaro medievale un potere inferiore di gran lunga. 11 fiorino d'oro, per esempio, da lui ragguagliato
(1) Il fiorino tipico,

per

il

secolo

XIV

a lire 18-22 all'incirca (5" ed.,


diflBcile

ha

in

gran parte una ragione non


:

II, 183 sgg.). da scorgere. Ci son

Il

disaccordo

di

mezzo

le

differenze da paese a paese

tali

e tante, da bastare anche da sole ad impedire

assolutamente che

il

del territorio che le forni gli elementi.

di

problema abbia una soluzione valida comechessia fuori La condizione dell'Italia nel medioevo

il

paese dei commerci e dei banchieri

potrebb'esser paragonata a quella

dell'Inghilterra odierna. Essa era assai pi ricca che la Francia, soprattutto


la Francia del Leber superava d'assai in ricPiemonte del Cibrario. Per questo rispetto s'intende dunque che i risultati dell'economista italiano hanno per noi un'applicabilit ben maggiore che quelli dell'economista francese. Riferiti peraltro ai tempi nostri vorrebbero pur sempre essere considerevolmente modificati. Anche cos tuttavia non li credo accettabili senza grandi riserve, o meglio, mi paiono applica-

danaro; mentre viceversa


il

chezza

bili soltanto

a certe condizioni sociali.

La base

stessa

del

calcolo, cio

il

prezzo dei cereali, ci dimostrata infida dall'esperienza dei tempi nostri, in


cui abbiamo visto ad

una diminuzione enorme

di

cotal

prezzo andar com-

92
modesti nei
calcoli,

PIO

RAJNA

Mayno

ci

appare pagato quanto un ministro

del regno d'Italia.

Ed anche per
1333
rini;

la via pi

sicura dei paragoni c' da arrivare

a comprendere quanto fosse cospicuo questo suo stipendio. Nel


al vicario di Savigliano si

vedono assegnati cinquecento


il

fio-

ma ha

a suo carico
(1).
Il

il

giudice,

cavaliere, e

nientemeno

che 18 famigli

vicario di Torino ne

ha nel 1354 dugento

pr se et familia
il

(2).

Dugentoquaranta ne percepisce nel 1363


del
consiglio di
il

Vescovo
il

di Belley, presidente

Ghambery

(3).

Nel 1396

decreto primitivo che chiamava


gli ofiriva

Chrysolora a insefiorini (4).

gnare lettere greche in Firenze,


che ebbero a parer

cento

Vero

pochi e dovettero dar luogo a un rifiuto:


in centocinquanta (5).
dica,

sicch con

un nuovo decreto furono mutati


castellano di Garignano, che

tutte queste, s'intende, sono


il

paghe elevatissime. Lo
per sessanta

per
si

esempio,

fiorini

pagno un rincaro generale della


molto complesso.
dei bisogni
;

vita. Gli

che

la

vita

un fenomeno
la

Un

elemento di cui da tenere gran calcolo

somma

grandemente da luogo a luogo, da ceto a ceto, differisce altrettanto anche da et ad et. In generale s"ha a dire che il medio evo di fronte a noi aveva bisogni ben minori. Abitazioni di tanto pi semplici, mobiglie scarso e solidissimo che passa di generazione in
la quale, differisce

come

generazione, spettacoli offerti soprattutto dalla munificenza dei grandi. Gli abiti

costan caro, ben vero;


del Gibrario,

ma come
le classi

durano! Tutto ci
popolari
(i

fa s

che

la proporzione

mentre per
,

par rispondere abbastanza alla

realt delle cose

per le classi medie

gradi

sommi sempre
s'io

si

sottrassero,

come

si

sottraggono ora,

ad ogni legge) voglia,

non

erro, essere note'

stesso qualcosa di assai vario e mutabile;


i

volmente accresciuta. Cosi questa proporzione ci appare anche nel luogo e possiamo ben conchiudere che
signori

economisti

si

son

fatti

troppo agevole

il

compito cui

si

sobbar-

cavano.
(1)

Gibrario, Op.
II,

cit.,

5 ed. (nelle tavole della prima erano incorsi molti

errori)

301.

(2) Ib., p. 302. (3) Ib.

La

frase testuale

mi

data dalla 1' ed., p. 551.

dell'Universit e Studio fiorentino dell'anno VII dei Documenti di Storia Italiana pubbl.per cura della R. Deput. di St. Patr. per le Prov. di Toscana, ecc.), Firenze, 1881;
(4)

Gherardi,

Statuti
(t.

MCCCLXXXVII

p. 365.
(5) Ib. p. 367.

DEL DIALOGUS CREATURARDM


trova nel 1384 sulle spalle anche
enti
(1).
il

93cli-

peso di cinque buoni

questi raffronti generici mettiamone accanto degli specifici,

riguardanti persone dedite all'arte


addetti alle corti
(2).

medesima, e

al

modo
di

stesso

Nel 1340 un medico del Delfino


cavallo per s e per
il

Vienna
(3).

aveva sessanta

fiorini, pi,

suo accolito

Dovevano contentarsi
ebreo, nel 1403

di

cinquanta presso

Conti di

Savoia,

Maestro Lorenzo da Sarzana nel


(5):

1376

(4),

Maestro Isacco,
di

pi fortunati sempre di Maestro Dionigi

Leria, medico o chirurgo

che

fosse,
(6).

che

sotto quest'ultima data

ne riceveva quaranta soltanto ne troviamo peraltro


quanta
fiorini

Di

fronte

questi

stipendi

di

maggiori assai. Chi retribuiva con cin-

Maestro Lorenzo

Amedeo

YI,

il

conte Verde

ne

pagava gi nel 1354 dugento


Silis
(7).

al piacentino

Maestro Pal-

merio de

E non

molto meno, vale

a dire centosetin

tantasei fiorini

all'incirca (8),

uno stipendio che ritorna

que' tempi, alla Corte Pontificia con varie persone, tanto da apparirvi

come una misura normale


di

(9).

Qui poi

ci si offrono

anche

esempi

paghe ben pi laute ancora, opportunissime per mo-

strare che quella da

me

supposta per Mayno, altissima bens.

(1)
(2)

ClBRARIO,

p. 303.

Se non ho l'occasione

di citar sotto,

perch a

me

occorrono dati molto

specifici e presi direttamente dalle fonti,

non voglio

lasciare di ricordar qui

un assai buon lavoro * Sull'esercizio della Medicina in Italia negli ultimi tre secoli del Medio Evo dovuto al dott. Alberto Chiapj)elli, e pubblicato
nel Giornale della R. Societ Italiana d'Igiene, 1885, pp. 611-W8 e 785^15. Insieme cogli altri aspetti svariati del soggetto, vi s considera anche quello

che qui
(3)

ci sta

a cuore, pp. 642^3.

ClBRARIO, p. 301.

(4) Ib., p. 302.

(5) Ib., p. 304.


(6) Ib.

Medico e chirui^ dev'essere inesattezza del Cibrario. Maestro

Dionigi sar stato medicus chirurgicus .


(7) Ib., p. 301.
(8)

Propriamente, 27

fiorini e

9 denari ogni otto settimane.

Degli Archiatri Pontificj, I, 69. Tempero alquanto l'espressione un po' troppo generale usata da quell'eruditissimo.
(9) Mari.ni,

94

PIO
nulla d'incredibile.

RAJNA
de Salaironis , medico

ma non ha
di

Raimondo

Urbano

e di Gregorio XI, oltre allo stipendio consueto detto

adesso, s'ha dal settembre del 1371

un assegno

speciale

d'altri

centocinquanta

fiorini

(1).

Gregorio, cos

largo con Raimondo,

largheggia poi anche pi per avere al suo servizio Giovanni di

Tornami ra

(2):

un uomo che ha

lasciato

opere

divulgate poi
Cancelliere
Gio-

anche

dalla stampa, e

che tenne pur

l'alto ufficio di

dell'Universit di Montpellier. Negli anni 1374, 1375, 1376

vanni s'ebbe cinquecento franchi, pari a cinquecento trentacinque


fiorini; pi,

altri venti

fiorini

per

la
la

pigione. Egli

rimane in
ria-

Francia quando Gregorio ristabilisce

sede in

Roma; ma
corte^, col

vendosi nel 1379 da Avignone un suo Papa, da Clemente VII,


sbarcato appena a Marsiglia, richiamato subito in

me-

desimo stipendio d'un tempo

(3).

altrettanto lautamente trat(4);

tato pochi anni appresso Giovanni Casini

che se

lo stipendio

assegnatogli da Urbano VI di quattrocento fiorini soltanto, da


Bonifazio
spicui:

IX

gli

vediam

fatti

a brevi intervalli donativi ben co-

nientemeno che

di milledugento fiorini nel 1391, di tre-

cento nel 1394, di dugento nel 1395.


Cos, senza ricorrere a casi straordinari affatto (5),

tocchiam

(1) Ib., p. 82.


(2) Ib., pp. 89-93.

(3) Le lettere di richiamo erano del 25 giugno; e ai 22 dicembre gli si pagano 125 franchi pr secando termino sui salari] primi anni , cio per
il

secondo trimestre.
il

La

cosa fatta viepi chiara dall'esser stato eseguito


del servigio papale

in quattro rate

pagamento anche nel primo periodo


i

del Tornamira. Possono solo dar luogo a dubbi


(4) Ib., p. (5)

venti fiorini della pigione.

101.

Un

caso ben straordinario quello, per esempio, narratoci troppo coI,

loritamente dal Petrarca, Senili, V, 3 (nella versione Fracassetti


fratello stesso
di

295), del
s,

Bernab, Galeazzo Visconti, riuscito ad avere a

per

curargli la podagra,

un famoso medico straniero


Il

solo collo sborsare per lui

un

riscatto di tremila cinquecento fiorini, oltre al provvedere

sontuosamente

alle spese del viaggio.

Petrarca

ci ci,

rappresenta costui come un gran Dul da andar ben cauti nel credergli.

camara
i

e nuU'altro;

ma
il

quanto a

Se questo

fatto vuol ritenersi autentico, sono invece

da relegar tra
o

le favole

quattrocento scudi

giorno che Taddeo

d'Alderotto

Pietro d'Abano

DEL DIALOGUS CREATURARUM >


con mano come potessero
degli
i

95

medici

grazie all'amore intenso

uomini per

la vita e

per la salute

essere

compensati
si

nel medio evo largamente assai. Dat Galenus opes

diceva
(2),

a ragione
s' visto

(i):

non a
le

tutti peraltro:

che, quanto alla turba

come

cose

andassero altrimenti nelle corti mede-

sime

(3).

Quindi lo stipendio di

Mayno viene ad

essere

prova

eloquente dell'altissima reputazione di cui egli godeva.

avrebber preteso per andarsene a curare Onorio IV.


tutt'altre autorit

dalle allegate per

mai ad
(1)

uscir

di citt per
I,

meno

di

Ed anche ci vorrebbero ammettere che Pietro non consentisse cinquanta fiorini d'oro (Mazzuchelli,

Scritt. d'Italia,

2).

un distico ben noto, possono opportuMussato rivolge a Marsilio da Padova, magnificandogli la medicina presa in senso elevatamente scientifico, dopo avergliela invece biasimata in quanto turpes vilescet in artes
queste parole, principio di

namente ravvicinarsi quelle che

il

Yerom
irt

sninpta tibi Physis virtatis amore,

tn sponte velis eias dgnoscere vires,


illisqne meder,

MorMeasqae hominnm caosas,


Illa

Deo

est pariterqae

hominl laadabilis onm.

Qnantas fondet opes etiam, acceptare n^nti. Prodiga! Non tantas Yenetun fert Ilttos arenas.

{Ep.

XII
In

nell'ed. di

Venezia 1636; riprodotta dal Labanca nel suo Marsilio


si

da Padova,
(2)

pp. 227-229).

questa

turba

comprendeva anche

gente che esercitava l'arte


o

senza

averla
si

scientificamente appresa nelle vmiversit, bens pi

meno

come

soleva allorch scuole regolari non c'erano o non abbondavano.


si

costoro non
ci gi

sarebbe, credo, dato

il

nome

di Physici , di cui

Mayno

apparso fregiato due volte, e che parrebbe essere divenuto per i medici la designazione pi solenne, come odiernamente in certi paesi quella di Professore . Cos non forse per accidente che nello stesso corteggio
d'Isabella

un

Magister

stesso

tuttavia < physicus >

cerusicus ,

qualificato per Medicus . Per s doveva contrapporsi a chirurgicus donde sottintendendosi medicus cos per l'uno come per l'altro.
,

Ambertus

Della cotrappoizione senza sottintesi addurr questo esempio dal

Papi di Giovanni Mangano, pare 13 Multi sunt in civitate pe, e. ritissimi medici, tam physici quam chirurgici (Muratori, R. It. Scr., XI, 26). E quest'altro volgare dallo Zibaldone che s'attribuisce al Pucci: Medico di fisicha o di gierusicha prima che vengha al magistrato dee
:

Be laudihus

istudiare

in

gramaticha;

e poi in quella iscienza che egli intende d'esf 157*).

sere maestro (Cod. Riccard. 1^22, Maestro, al Magistero.


(3)

Ai magistrato

, al

grado di
e aver

S'intende che, dopo aver occupato

una posizione subordinata

96

PIO RAJNA
certo
solo
sulla

Gotal reputazione non riposava di


tanto; ed io vado

medicina

sol-

pensando che non

indirettamente,

ma

anche proprio

in

maniera

diretta,

il

Mayneri potesse andar de-

bitore ad altro d'una porzione di que' suoi seicento o pi fiorini.

Come Arnaldo da
nerale tutti
i

Villanova,

come

Pietro

d'Abano,

come

in ge-

medici famosi

di quell'et, egli
:

era altres un codi cui al la

noscitore esperto della scienza degli astri

una scienza

tempo suo e per pi

secoli

ancora pareva e parve che


Della sua dottrina
ci

me-

dicina non potesse fare a

meno (1).

sicuro

documento un'opera rimasta


gistra,

inedita,

che anche l'Argelati re-

ma

della quale egli, molto largo nell'assegnare al Nostro,

dietro l'esempio altrui, roba che

non

gli

appartiene n poco n

punto

(2), fa

autore un altro Maineri:

Pietro,

medico dapprima

anche

lui

nella corte viscontea, poi entrato

negli ordini eccle-

siastici,

e stato per sedici anni vescovo di Piacenza, dal 1388 al

1404

(3).

si

che l'Argelati
si

cita del trattato

precisamente

l'e:

semplare medesimo su cui


quello datoci nelle carte
sup.,

fonda

anche

la

conoscenza mia

45*-64'^ dal

codice Ambrosiano E. 114


:

dove

si

legge ben chiaro alla fine

Explicit theorica cor-

porum celestium, ordinata per peritissimum artium doctorem,

magistrum

Maynum

de Maynerijs, civem Mediolani

(4).

Che

avuto uno stipendio corrispondente, si poteva poi salir su. Gaufridus Isnardi oltrech medico, anche cappellano
pontificia comincia a ricevere
coli e sette grossi, e

Ne

sia

esempio

che

alla corte

mensilmente nel 1317 due

lire di tornesi pic-

che pi tardi ha invece


I,

sette lire, tredici soldi e

nove

denari (Marini,
(1)

Oj. cit.,

51).

Sisto
al
si

Per in una bolla famosa lanciata contro l'astrologia giudiziaria da il 5 gennaio 1586, nell'ordinare di procedere contro i cultori di essa,
le

modo medesimo come per


fa eccezione per

applicazioni all'agricoltura
:

,e alla

nautica,

quelle alla medicina

praeterquam circa agriculturam,

rem medicam , ecc. (Magnimi BullaHuni Romanum, cambio di medicam le vecchie raccolte davano spropositatamente, e certo credendo correggere magicam .
navigationem et
ed. torin., VITI, 650). In
(2)

V.

p. 57, n.

(3) Bibl. Script. (4) 11

Mediai,

col. 887.

20, e vuol essere assegnato, mi pare codice cartaceo, di c^ 28 Vg al principio del secolo XV. Conta 75 carte scritte. Occupa le prime 42 il

DEL DIALOGUS CREATURARUM >


se all'Argelati era ignoto
cile
il

97
fa-

casato di

Magnino e non riusciva

vedere, nelle condizioni sue, che Magnino e

Mayno

fosser tutl'uno,

non era questa

di certo

una ragione per convertir

Maj-no in Pietro > senza avvertirne


Il

menomamente
il

lettori.

Doctor artium

che qui abbiamo, dice in forma

esplicita

e solenne quel che mi parve volesse intendere gister

semplice Ma-

qui da prendersi invece in senso pi lato, o da rife-

rirsi forse piuttosto alla

medicina

in

capo

al

De Intentionims

secundis (1).

E come

il

De

Intentionims veniva ad illustrare cotal

Commentum,

Liber,

o,

come qui

detto, lo

Giovanni di Sassonia. Seguono

(42i>)

Scriptum super Alcabitium di poche noterelle, una sul valore e gli


sulle

usi della voce ascendens , le

altre

congiunzioni

di

Saturno con

Giove; quindi (43*) una tavola di Moti medii e Argomenti, presi dall'Almagesto. Tien dietro (43b-44b) uno scritterello di astrologia giudiziaria, preso

da un trattato maggiore Disit Abraam ludeus in libro de eflFectlbus pla netarum: Nam unusquisque planetarum , ecc. S'hanno poi i luditia Pthotornei, de luna existente in duodecim signis: 36 versi, tre per ciascun segno dello zodiaco, molto divulgati di certo, e che io mi trovo p. es. dinanzi in un altro codice Ambrosiano, L. 92 sup. (135b). Qui viene il tratal cpiale segue (65) un Comentum libri spere, o, tato del Mayneri come si dice dove lo scritto termina (74^), delle Glosse super tractatum de spera: sposizione dell'opera del Sacrobosco, che incomincia, dopo la citazione del testo, coUe parole: Volentibus habere cognitionem in scientia astrorum , ecc. Chiude la raccolta una nota concernente le rivoluzioni
:

cauda : 74b.75*). Doctor e Magister tornerebbe assai opportuna un'indagine accurata. Parrebbe che il Doctor si propagasse specialmente da Bologna, e pi speciahnente ancora dalla disciplina del diritto civile. V. S.\RTL, De claris Archigymn. Bonon. Profess., p. xxvi, e VON ScHtTL,TE, Die Geschichte der Quellen und Literatur des Canonischen
(1)

della cosiddetta testa e coda di drago ( caput draconis et

V.

p. 80.

Sulla storia

dei

titoli

III, 214, n. 23. Comunque, le due designazioni si trovano poi di continuo per le persone stesse, e non indicano da\^ero pi l'una che l'altra che chi ne fregiato abbia atteso mai a insegnare. Avverto ci per dissipare un dubbio che potrebbe far nascere in taluno contro quanto detto a p. 85, il leggere, p. es., nel du Bodlay, Op. cit., U, 681, che Doctor... proprie is sit, qui docet aut docuit artem quam novt . Altro l'etimologia, altro il significato attuale. A Parigi segnatamente Professori deUe Arti liberali sono nel secolo XIV indicati di norma come Magxstri, non gi come Doctores. V. Denifle, Op. cit., p. 123. E se Mayno avesse

Rechts, Stuttgart, 1875,

insegnato nello Studio parigino, egli non vi dovrebbe aver insegnato, se mai,
di Arti, bens di Medicina.

OinmaU

ttorieo, II,

ttsr..

28-29.

98
titolo

PIO RAJNA

per quel che spetta ad una delle Arti

del

Trivio, ossia
di quelle del
si

alla Dialettica, altrettanto fa la

Theorica per una

Quadrivio, od anzi per pi d'una, in quanto

nell'Astronomia

trovano implicitamente comprese, come strumento e preparazione indispensabile, e l'Aritmetica e la Geometria. Della Theorica conosciamo anche la data precisa. Ebbe cura
di registrarla l'autore

medesimo nel conchiudere

il

lavoro

Et

sic habet finem

theorica corporum celestiura, ordinata et ad

finem reducta anno domini 1358, 12 lanuarij, sole existente in


fine capricorni et luna in principio

piscium prope lovem.

probabilmente
:

alla

stessa astrologia

che andiam debitori


il

del-

l'indicazione

se

non avesse voluto

dirci cosa facesse

sole,

cosa

la luna, lo scrittore

non avrebbe, credo, segnato neppur


il

l'anno,

nonch

il

mese ed
1347 e

giorno.

Ed era gran peccato per


quali

noi;

giacche quel 1358 viene assai opportunamente a mettersi di

mezzo

tra

il

il

1364, tra

doveva spiacere che

ri-

manesse vuoto un

cosi

ampio

intervallo.

Dell'opera io non

ho qui a dare ragguaglio

particolareggiato.

Espone in generale lucidamente,

ma anche

in

maniera

prolissa,

la dottrina dei moti delle sfere e dei

pianeti, qual'era

portata

dalla tradizione antica, e dalla sua continuazione medievale,

che

poi,

come

si

sa,

segnatamente arabica. Mayno non peraltro


cose,

un semplice
studia di

espositore. Delle

prima che ad
stesso.

altri, egli si

render chiaro conto a se


lui,

cosi ci son

parti

propriamente elaborate da
la dichiarazione

pi volte s'ode dalla sua

bocca

espressa dal suo parere, n

manca nell'opera
di cui

qualche vera novit, messa innanzi con una modestia


tener molto calcolo
(1).

da

dove non

gli riesce di capire, egli


(2).

ha

la schiettezza di

farne aperta confessione

Ci che gli d

(i)

Fo

58^:

Et

forte sic dicendo evitabuntur eus inconTenientia. et

Sed

quod hoc est

novum

inconsuetum,
fateor

et

nullo

hactenus dictum, non

audeo hoc asserere. (2) Fo 58: Ego autem

me

plenum. Unde Avernius

(1.

Averoys), propter

has rationes non posse solvere ad huiusmodi rationes, despe-

ravit de scientia astrorum quo ad ecentricos epiciclos ; et de astrologia sui

DEL

DIALOGDS CREATURARDM

V9

occasione di essere poco o tanto

novatore quella che vorrei

chiamare

la

preoccupazione geometrica, cosi viva nella mente


lo studio di
i

sua da diventare caratteristica: voglio dire


prendere e far

com-

comprendere come mai sieno

possibili

moti di
sferici

una

serie di sfere sovrapposte

propriamente

di strati

parte

concentriche, parte invece eccentriche, senza che s'ab-

bia a produrre

sperarum
il

divisio

vel

elevatio, vel

corporum
il

* penetratio

Che

problema stesso poggi sopra

grande

assurdo del dar corpo allo spazio, non cosa di cui sia da far
colpa al Mayneri.

La Theorica
diziaria,
-

si

chiude con alcuni ragguagli


alle
*c

di astrologia giu-

intorno

Congiunzioni

dei

pianeti ed ai
il

loro

Aspetti.

Non ne avevamo alcun


noi adesso,
(1).

bisogno per sapere

May-

neri,

come diremmo

astrologo

non meno che


d' anni,

< astronomo

quel tempo, e ancora per centinaia

non s'era l'una cosa senza essere insieme anche

l'altra (2).

Che

la scienza degli astri, detta allora indifferentemente astrologia

ed astronomia,
astrologi ,

suoi cultori invece

si

dicevano solitamente
sic-

non astronomi

le

comprendeva entrambe,

come specie di un medesimo genere,

parti di

un medesimo

tutto (3).

temporis dixit, quod nihil est et est vanitas. El licet in aliis michi satis< faciam, tamen in motu augis Mercurii accedendo et recedendo satisfacere non possum . F 59: Et hoc satis ^idetur mirabile; nam in Mercurio
statio prima diminuendo procedit sicut

< omnibus
4.

aliis

contrarium. Huius autem causam fateor

centrum augendo procedit sed in me ad presens non


:

videre. >
(1)

Alcuni accenni astrologici s'hanno anche nel principio dell'opera, par-

lando della prima sfera e della seconda.


(2)

Fu

tuttora astrologo nel senso nostro nientemeno che Galileo. V.

un

breve scritto del Fataro, Galileo astrologo, secondo


inediti, nel periodico triestino

difcumenti editi ed
in

Mente

e Cuore, anno 1881, e

tiratura a

parte.
(3) Si senta, p. es., Giovanni di Sassonia nell'introduzione al Commentum super Alchabitium: De divisione astronomie expedio me breviter; et pono

divisionem

quam

ponit
:

species astronomie

Albumasar in Introductorio suo Magno. Due sunt quarum una est scientia totius, scilicet scientia de cir-

culis et motibus ipsorum. Secunda est ars iuditiorum astronomie.

Hanc

di-

100

PIO

RAJNA

Costituivano in altri termini la scienza pura e la scienza applicata.

E
la

alle applicazioni

poteva

meno che mai


come

astenersi dal voldisciplina,

gere
cui,

mente sua un medico,

ossia

un cultore d'una

per ragion

loro, l'astrologia era,

gi fu avvertito, re-

putata necessaria. Per ben


mostrarsi neppure nel

s'intende che essi non lasciano di

Regtmen
il

Sanitatis

(1).

La
ho

qualit di astrologo per

Mayneri messa

in

maggior

evi-

denza dal codice cremonese del Conlemptus, nell'attestazione che


riferito al principio di questo capitolo
:

reverendum doctorem

artium(2), medicine et astrologum

magnum, dominum magistrum


problema che queste parole-

Magnum

de Magneriis, magistrum in domo et in curia domi. Il

norum Vicecomitum Mediolani


si

suscitavano allorch

videro la prima volta, adesso risolto;


ci

una persona e son cose ben note che esse

mettono davanti.
e Mayneriis,

Neppure
ci

il

Magnum

il

Magneriis per

Maynum
(3);

possono esser causa

di

meraviglia nessuna

semmai

varsi

rebbero a mostrare viepi a chi avesse titubato allorch

af-

ferm recisamente
titubanza
fosse

l'identit di

Magnino e
(4);

di

Mayno, quanto
il

la
li

irragionevole

con tutto ci

trovarsi

presso

un

altro nagnwn, e l'essere


si latinizzi

sicuramente cosa insolita

che Mayneri
nerii
(5),

nel

secolo
il

XIV

altrimenti

che May-

m'inclinano all'idea che

trascrittore del codice possa

visionem ponit etiam Ptolomeus , ecc. Chi voglia veder


in

esposte le cose

maniera assai pi
di Alberto

diffusa,

guardi

primi capitoli dello Speculum Astrot.

nomiae
656 sgg.
(1)

Magno:

nella grande edizione lionese delle Opere,,

V,

A
La

proposito del salassare, P. V,


ib., e. 5.
il

e.

1; e

cos

pure a proposito delle

medicine purgative,
(2)

virgola toglier qui

pericolo che qualche malaccorto colleghi sprosi

positatamente artium con medicine


(3)
(4) >.

medicine. Generalmente

diceva

artium

et

V. pag. 72.

Non
il

volli

addurre allora anche questa prova perch non punto necesintanto conveniva, per l'ordine della trattazione, di non chia-

saria; e a

me

mare
(5)

codice cremonese

ad

illustrar nulla

prima che non riuscisse

illu-

strato esso stesso.

Nelle et precedenti

Magnerius, e insieme con esso Magnarius, era

DEL DIALOGUS CREATURARUM >


aver
letto
:

lOi

come g due y del suo originale scambio quanto mai ovvio, e che neppure un paleografo saprebbe sempre evitare. Astrologum magnura: l'espressione ha tanto maggior
Talore, in quanto
si

legge in capo ad un'opera di tutt'altra nail

tura che astrologica. Vuol dire che


astrologia,

Mayneri, non solo sa

di

ma

propriamente conosciuto quale astrologo. La


di

sua stessa qualit


daria.

medico qui viene quasi come cosa seconle

E logicamente

parole che poi

si

soggiungono, in
e che
si

domo

et in curia

dominorum Vicecomitum
,

fanno precespecifico

dere da un generico magistrum


fisicum (1)

non da uno

da qualcosa di simile, vogliono essere riferite a

tutto quanto precede.

Mayno non
di

dunque nella corte Viscontea

unicamente coU'ufflcio
egli vi si

medico: altres come astrologo che

deve

J,rovare.

Con

ci noi

veniamo a renderci

assai miglior conto del grosso

stipendio del Mayneri.


ricavi dal

Ma non
di

questa

la

sola utilit

che

si

nuovo dato

cui

siam venuti in possesso. Esso

ci

apre forse un'altra, ed insperata fonte d'informazioni.

D'un astrologo in gran credito alla corte dei Visconti parla


molto
la
il

Petrarca nella prima epistola del

III libro delle Senili,

quale in gran parte una diatriba contro l'astrologia in genere

e contro chi la professa.

La

lettera indirizzata al

Boccaccio;

da Venezia

ma avendo
un 7
di
le cose,

ancor pieno l'animo

di cose milanesi (2),


),

sotto la data di

settembre ( septimo idus septembris


le

che non solo

ma

parole stesse dell'autore,


(3).
Il

ci

indicano
si

ben chiaro esser quello del 1363

nome

dell'astrologo

invece stato
presto. Cosi

corretta,

frequente. Anche i Maynerii ci si mostran peraltro assai un Maynerius, humillimus omnium, abbatum, se la lezione s'ha gi in un documento deir859 citato dal Mabillon, Ann. Ord.

S. Ben., Ili, 83.


(1)

Mi

si

permetta di adoperare l'ortografia che avrebbe usato lo scrittore


si

del codice.
(2) Il

Petrarca

era da Milano trasferito a Venezia nell' autunno del 1362


'

'\. KRTiNG,

Petrarca

Leben und Werke,

p. 363). Cfr. la n.

della pagina

seguente.
(3) E^li tocca

espressamente dell'anno 1361, che disert colla peste Mi-

102
tace: giusta l'abitudine di

PIO
chi

RAJNA
scrive
agli

amici

col proposito

che tutto quanto


Venit ad ut

il

pubblico sia ammesso ad ascoltare.


,

aures tuas forsitan

dice

dunque
ille

il

Petrarca,
(2)

nuper expeditione Ticinensi

(1),

cum

vir

magnanimus

qui

nunc

ibi (3)

presidet

(4),

lacessitus,

tamque aggred
(5),

statuisset, astrologi

urbem validam muniomnes strepebant; et hic

noster

ante alios tante fame, ut vulgo futuri prescius pohaberetur, raultis hic (6) diebus paratam

tius

quam presagus

lano, rispanniata nel

1348. Parla quindi dell'anno successivo

pi benigno

alla citt, pi crudele invece

per

lui.

Per

il

Tertiushicannus
(dal 1348), troppo

ex

ordine, ab initio

malorum sextus decimus

manicitare,

festamente l'anno indicato di sopra.

resta tale senza nessun dubbio, ancorio

ch nel corso della


occorrano espressioni

lettera, e

propriamente nei brani che

ho da

che

ci

portebbero, quale pi indietro, quale pi in6.

nanzi. V. la nota seguente, la 4, e la


(1) Il

nuper s'ha qui da prendere


II.

in

un senso molto

largo,

poich l'im-

presa e l'acquisto di Pavia cadono nientemeno che nell'anno 1359.


(2)

Galeazzo

non gi sibi, come porta l'edizione basileese del 1581, e probabilmente non questa sola. Ibi legge il cod. 3, PI. LXXYIII della Laureziana, che mi giova tenere a riscontro; ibi l'ed. veneziana del 1501. (4) La sua dimora stabile Galeazzo non la trasfer a Pavia altro che nel 1365; ma anche prima egli vi faceva lunghi soggiorni. Ne abbiamo la
(3) Ibi,

prova, senza dilungarci, dal Petrarca stesso, che nella i" epistola del libro V,

appartenente appunto al 1365, dice di aver gi passato a Pavia tre estati: manifestamente con Galeazzo. Avverto ci perch ibi praesidet non si pu legittimamente tradurre con un generico ne ha la signoria. Vi si contiene
proprio una designazione locale.
(5) Si

avverta quest'espressione, la quale

ci

idjsa

che

il

Petrarca
di

si

con-

siderava ancora
la

come

stabilito in

Lombardia e aveva in conto


l'uso del Palazzo delle

temporanea

dimora a Venezia, nonostante


Questo
hic,

Due

Torri, pattuito

vita naturai durante colla Serenissima.


(6)

confermato, s'intende, dal codice laurenziano, ripiglia, Yhic

noster detto

prima.
esso

Non

tacer che parendomi pi

naturale

il

prenderlo

mi aveva dato il sospetto, raffermato appunto anche daU'Aic noster, e inoltre dal nuper veduto di sopra, che il Petrarca potesse aver scritto a Milano questa parte della lettera. Che prima di spedirla avesse
come avverbio,
non faceva nessuna diffiche questa parte milanese, anteriore in tal caso al 1363, si trovasse rinserrata da ambo le parti tra roba che spetta incontestabilmente a quell'anno. Bisogna aver presente che questa epistola, al pari di tante altre sue sorelle, una specie di trattato e s'ha da
passato dei mesi
colt.

col

Boccaccio a cui

l'indirizza,
fatto,

nessuna ne faceva neppure

il

DEL DIALOGDS CREATURARUM >

103

profectionem sublataque s%na continuit, expectandum dicens


bore fatalis ad ventura. Par venuta l'ora, e
l'astrologo le schiere si
al

segnale del-

muovono. Ed ecco, che mentre durava


piogge continuan dirotte
datr

da molti mesi una siccit straordinaria, proprio quel giorno co-

mincia a cader acqua a secchi, e

le

per

altri giorni assai,

allagando

gli

accampamenti viscontei
vinta, fu vinta

torno a Pavia.
all'assalto

Che

se la citt fu

poi

andando
< Sane

senza chiedere altrimenti consiglio alle


infensus,

stelle.

tunc, mendacio

coniectorem

illum,

alioquin

virum

< bonum, doctumque

supra

communem modum,
previsto

mihi vero caastrologus,


fatto cosi
le
!

rissimura, sed futurum, fateor, cariorem


amice argui
.

nisi esset

come mai non aveva


difficilissime

un

imminente? L'astrologo dice


zioni

da presagire

mutasar

atmosferiche. E
facile

si

tratta della natura visibile

dunque pi

conoscere un futuro

lontano, e

che dipende
si
;

da cause soprannaturali

Quegli,

a parole, pretende che


Scit ipse

ma

il

Petrarca

gli

legge in fronte la vergogna:


aliquid, ut opinor,

me

verum loqui, neque horum quam iam inde a dorainii


me, qui ea tempestate
tatum est >
(1).
illic

n^et. Quamipsum et

presentis

exordio, Inter

eram, de malori etiam errore cer-

qui narra dell'orazione ch'egli recitava al po-

polo quando

nel

1354

Matteo, Bernab
orazione

e Galeazzo avevano
dall'astro-

preso le insegne del dominio;


logo, e

interrottagli
gli

non voluta

ripigliare allorch quegli

disse di contiil

nuar qualche poco, non essendo ancora precisamente


punto che da
lui s'aspettava.

gran
suc-

Questo arrivato,

si

consona

cessivamente ai nuovi signori un bastcMicello di legno con parole


di lieto

augurio;

ma

cosi lentamente,

che

la

cerimonia viene a

compiersi certamente

sotto

congiunzioni

di stelle diverse

per

considerare che

il

Petrarca quale

si

valeva certo spesso dell'opera di amanuensL

SeoBODch

la

congettura mi fu disturbata dal


il il

pi innanzi, e per

settembre del 1363

decennium che troveremo , nonch una data troppo

recente, apparirebbe pi antico del bisogno.


(1)

Le stampe

esset.

104

PIO

RAJNA

ciascuno dei tre. Diverse dunque erano da prevedersene le sorti;


e diverse riuscirono difatti!
(1).

Poich,
il

come

si

sa,

non era

ancora passato un anno che Matteo,


a cui
il

maggiore

quegli cio

bastoncello ebbe ad essere consegnato nel vero

momento
du-

propizio

perdette
illi

Bologna, e poco stante la vita ;


in

gli altri

rano da dieci anni


amico

vita e

in

prosperit

(2).

Quod sepe
quidem arte

horispici (3) iocabundus obieci,

cum

ille

sua nihil amplius fieri posse, credo, edepol, vere

uno semper ore respondeat. Et


;

hoc dicat

satum

habeam

(4),

etas facit, et

eumque ut paulo minus inexcumagne familie educande viononnunquam


ut
artificia

lenta necessitas, que ad indigna


etiam curvat (5) ingenia. impegisse arbitrer,

magna
nugas

Quam
et

eum quoque

in has

uno maxime responso


amicus

viri illius

adducor.
aliter

Nam, cura

ego, et sibi

fame

sue, sepe

idem

atque aliter

secum agerem, quamvis

ipse et etate

me multum
profundoque

et scientia anteiret, ille semel, velut experrectus

erumpens

in verba suspirio, Nihil,

amice

(inquit)

hac

in parte

sentio nisi quod tu. Sed ita vivere hic oportet. Sensi tatis
Il

necessi-

auream catenam,
ha

et misertus,

extunc

silui.

io

lettore

inteso troppo bene

che tutte queste cose

non

(1)

Neque hercle aliter fuit!


significare

L'esclamazione inchiude un'ironia.


riuscirono diverse bens,

Il

Pe-

trarca vuol cio

che

le sorti

ma

preci-

samente a rovescio di quel che avrebbe portato la scienza astrologica. Reliquorum et prosperitas certior et vita longior usque iam post (2) decennium producta (male il ms. perducta), nunc maxime floreat. Il post decennium inesatto: non solo non son compiuti dieci anni, ma non s' ancora entrati nell'anno decimo. Che Giovanni Visconti, il predecessore dei
. .
.

tre fratelli,
(3)

non mor che


il

il

5 ottobre del 1354.


;

Horispici

ms.

lauren. e l'ed. veneziana

la

basileese, malamente,

aruspici.
(4) Qui tutti i miei testi sono corrotti. L'ed. ven. ha paulominus excusatum habeam; la basii., paulo minus excusatum habeam.; il cod. laur., paulo minus excusatum, senz'habeam. Tra le correzioni possibili ho scelto

quella che richiede una mutazione minore e che ci rende conto

pi

facil-

mente
(5)

della lezione erronea. Si poteva Sei resto

mutar paulo minus in paulo

m,agis, oppure in

paululum.

Laur.: m,agna incurvai ingenia.

DEL < DIALOGUS CREATDRARDM >


gliele riferivo se

105
il

non
il

nell'idea

che precisamente

Mayneri

fosse

l'astrologo a cui

Petrarca alludeva.
s'

E a
ufi

ravvisare nel ritratto

quel nostro originale,


glianze,

condotti

da

insieme

di

rassomi-

che non possono davvero a meno


del

di colpirci. Intanto,

ci che Messer Francesco dice

gran credito goduto come

astrologo dal suo personaggio, fa riscontro Vastrologum


del codice cremonese. Colui occupava

raagnum
alla corte

un primo posto

viscontea quando

tre fratelli entrarono nel dominio, e


l'ufficio

doveva
sotto
il

per conseguenza aver tenuto


principato antecedente
;

perlomeno anche

il

Mayneri abbiam

visto coi Visconti fin

dal tempo di Luchino. All'astrologo del Petrarca non era ancor

mancato n
ci

il

favore n la vita sul declinare del 1363;

Mayno

apparso tuttavia in carica e in grazia presso Bernab verso

la fine dell'anno successivo.

si

raffronti

anche \auream cache


ci

tenam che abbiam

risultato dal

dalla lettera col lautissimo stipendio

documento del Fagnani.


maggiore

Proseguiamo ancora. L'astrologo, dal Petrarca, nato nel 1304,


ci detto suo
di et; di
l'altro
s'

riconosciuto medico
tra
il

esperto e provetto, e
il

autore

pi

opere, gi
il

1331 e

1334.

E come
lui

di et,

Messer Francesco dice

suo

uomo molto
la

superiore a

anche
il

di sapere;

per estensione
di

di conoscenze,

nessun dubbio che


palma.

Mayneri non riportasse


il

gran lunga
scientia

Ma

poniamo anche che

multum me
:

ante-

iret non sia detto propriamente col cuore

nessun dubbio che

non

si

parli

sinceramente quando

si

rappresenta l'astrologo
e nessun dubbio del pari
il

e doctum supra

communem modum

>;

che con queste parole

chi consideri bene

contesto

non

lo si voglia lodar di dottrina,

non gi

in astrologia,

in nulla

che vi

si

riferisca o le rassomigli, bens in quelle discipline

che
:

anche
il

agli occhi del

Petrarca facevan l'uomo sapiente. Ebbene


il

Mayneri, per conseguire

grado

di

doctor artium, prima


rettorici, nei

che negli studi matematici,

s'

dovuto erudire nei

letterari, nei filosofici; e di questi suoi studi ci

ha dato saggio

con un trattato

di sottile materia,

composto in quell'Universit,
era rinomata sopra
ogni

che

in fatto di lettere

di

filosofia

106
altra.

PIO

RAJNA

a tutto ci viene ancora ad aggiungersi una circostanza^


il

che mette proprio


carico di

coronamento
famiglia,

all'edificio.

L'astrologo

ha

il

una grossa

che

lo

mette in gran bisogno

di da;

naro: lo preme
il

magne

familie educande violenta necessitas


la lettera nostra,

Mayneri, un anno dopo scritta

chiede al suo

signore l'anticipazione di una grossa

somma.
che
vi

par mai lecito


sia stato

conservare dei dubbi?


corte
di

di

forse pensabile

alla

Bernab o

Galeazzo un altro personaggio a cui


del

questi dati convenisser tutti

pari? Quanto alla sola obbieil

zione che

si

potrebbe muovere

non

dircesi cio dal Petrarca

che

il

suo astrologo fosse in pari tempo anche medico


si

non
per

ha, se

guarda bene, proprio nessuna


familiari,

forza. Varrebbe, se queste

fossero lettere

dove

si

discorresse

degli

uomini

ragione loro propria.


tazioni, in cui gli

Ma

invece noi abbiamo a fare con disseral

uomini sono messi


si

servizio delle cose;

qui sull'astrologia che


dicina.

vien dissertando,

non gi

sulla

me-

Di medicina e di medici tratter bens


altre delle Senili (1),
voli di quelli ch'egli
siffatto dispregio

il

Petrarca in varie

esprimendo sentimenti non pi favorenutriva


la

verso

gli

astrologi.

Si

sa

come

per

medicina, durante

l'ultimo

ventennio
discorsi

della sua vita, occupasse nella

mente e ancor pi nei

suoi

un posto

singolare,

assumendo a volte un carattere che


(2).

bisogna propriamente dir morboso

noi

suoi sfoghi
ci

pro-

ducono un

effetto

molto diverso dall'intenzione; poich

por-

tano a riconoscere per attestazione sua propria nei medici del

tempo

s'intende nei buoni

uomini dotati

di

molto sapere,

anche letterariamente
Le indicher secondo

assai colti (3).

Ed

egli stesso dice di

aver

(1)

l'ed. di

Venezia, colla quale s'accorda, salvo in

un

caso, la traduzione italiana del Fracassetti,

mettendo tra parentesi

le di-

vergenze dell'edizione basileese ancorch dovute in parte a errori materiali: in, 5, 8 (B., 4, 7); v, 3, 4 (B., 4, 5); xii, 1, 2; xm, 9 (Fr. e B., 8); xv, 8,

3 (B., xv, 2). veda tutto il cap. XII del Krting, p. 618-629. Una dissertazione speciale su questo argomento potrebbe riuscir utile sotto pi rispetti.
14
(B., XIV, 8, 16); xvi,
(2) Si (3)

Ci per

il

Petrarca costituisce una specie di gravame sul quale ritorna

DEL DIALOGUS CREATURARUM >


avuto tra loro amici in buon numero
del 1365,
piuttosto del 1366
(2), (1);

107
dicembre
sol-

dei quali, al

gliene

rimanevano quattro
gli altri

tanto

uno a Venezia, uno a Milano, a Padova


vivo tuttora, non solo

due
il

(3).

sarebbe mai nel medico milanese da supporre ancora


neri?
S'egli

Mayvolta

pu

darsi,

ma una

replicatamente.
Nescio

ut *

Cosi v, 3, dopo parole che riporter or ora nel testo: enim qua sua fortuna seu furia vageque mentis egritudine accidit v, 4 omnia melius sciant quam id unum (juod professi sunt.

Nam

et

bonos

et nostri

amantissimos multos novi,

et facundos, et litte!

* ratos,

scire omnia, nisi


ego
<

multarum artium doctos, sed solius indociles medicine, Mirum xv, 14: < Ut sim quod unum velis aut debeas.

in hoc

inque

aliis

fortasse mirabilis, quanto ipsi mirabiliores


sint

qui,

cum


<

homines litterati, legunt omnia: Aristotelem, Tullium, Senecam, Virgilium. Quin et dialectice inhiant, et rhetorice, et poetice, et astrologie, quodque est peius, alchimie. Solam negligunt medicinam. Mirum dictu, cum tam multa scire studeant, id unum maxime quod profitentur ignoranti Sed hec mihi cum illis vetus est questio,.
medici
dicantur, et
lis.

vetus
(1)
1.

Fuerunt mihi amici medici plures


in

abbiamo nella 3* epistola del


1.

V;
(2)

e lo stesso s" udito dianzi dalla 4*.

Cade

uno

di questi

due anni
I,

la data della 3* lettera del

in cui

si

dicono queste cose (Fracassetti,

305);

ma

tra
il

due non dubbio che

senza confronto le probabilit maggiori siano per


il

1366. Ci non tanto per

posto che la lettera occupa nella serie, quanto perch una lettera al Boc,

caccio del dicembre 1365


nuarii
>),

e propriamente del giorno 14 (


;

XIX.

kal. la-

noi l'abbiamo gi incontestabilmente (v, 1

alla stessa persona a cosi

poca distanza di tempo

cembre

B., 2).

Ora, due lettere


di-

questa del 10

sono per s poco verosimili; inverosimile quanto mai che nella

pi tarda non sia fatto cenno dell'antecedente, arcilunghissima, sebbene


spedita ancora. Poi
il

non

Petrarca stesso

(vt, 1),

alludendo sicuramente a queste

due lettere e insieme a una che sta loro di mezzo (V. anche la lettera a Donato Albanzani, v, 4), le dice: e non simul editas . Ed anche il contenuto contribuisce qualche poco a determinare l'ordine della successione. (3) Uno dei padovani il famoso Giovanni Dondi, detto dell'Orologio. Tra gli amici il Petrarca non fa {)osto a Guglielmo da Ravenna, al quale doveva pure aver gi scritto l'ep. 8 del L m, in cui ne accettava l'amicBa : cosa

ben naturale

dacch

loro

rapporti s'erano probabilmente

li-

mitati a qualche

lettera.

Per
quale

la stessa

ragione non era da tener


i

conto di

Francesco da Siena, col


ciassero pi tardi.

per di pi pu darsi che


(V. Fracassetti,

rapporti

comin-

farsi stretti

con

E pi tardi, cio nel Tommaso del Garbo

1369, ebbero a cominciare, o


I,

almeno

475), che senza

di ci

non sarebbe qui dimenticato.

108
<5he si ritiene tutt'uno

PIO

RAJNA
dell'altra

coll'astrologo
il

lettera,

bisogna

che

sia.

Amico

all'astrologo,

Petrarca con ci stesso amico

del medico.

Per vengono assai probabilmente ad esser dette


che
si

anche
qui

di lui le parole

dicon dei quattro:

quali ci son

dipinti docti viri

omnes

et afifabiles, qui fabulentur egregie,

qui disputent acriter, qui perorent satis vehementer, satis dul-

citer, qui

denique perimant

eccoci

alle

zampate

satis

< colorate, satisque etiam apparenter excusent. Quibus in ore multus Aristoteles, multus Cicero, multusque sit Seneca, multus demum, quod miraberis, Virgilius (1). Nessun dubbio poi che
il

Mayneri non
(2):

fosse tra coloro di cui parla la lettera ottava del

terzo libro
-

Memini olim me

in

urbe Mediolanensium, dura


(3),

quidem

et difficili

vexatum egritudine

ab omnibus qui in
:

pretio

ibi

erant medicis bis quotidie visitatum


;

sic volebat

enim
su-

is

qui poterat

quosdam

licet

amor
Il

nostri, cunctos

tamen
o

perioris

imperium urgebat.
fratelli, se

Fisico

di

corte
di
il

almeno

d'uno dei

siamo

al

tempo

dei nipoti

Giovanni

Pe-

ebbe troppo manifestamente ad esser mandato


primi, e a lui fors'anche fu affidata in

primo, o dei
cura.
il

modo
dei

speciale la

per nulla

difficile

ch'egli sia

uno

due, di

cui

trarca c'intrattiene particolarmente:


dispares,
tuli

Erant inter ceteros

duo

non tam

arte,

quam

moribus. Alter enim ad


et

grabadi-

mei spondam tacitus accedebat,

venarum tumultu

gitis explorato,

que in re erant, cum familiaribus amicis extra


;

< thalamum agebat


meum
intuebar.
(5),

inde ad

me

rediens, bono

animo ut essem

hortabatur, abibatque. Hunc ego


Alter,

(4) ut patrera, ut sospitatorem

ubi

assederat,

quasi

actis

radicibus

inherens

obtundebat fessum verbis caput quantum poterat,

(1)

Per questa
1.

lettera

come per
1.

tutte

quelle
il

che stanno di mezzo tra

ia 6 del

iii

e la 1* del

vi,

vien
Ili,
il

meno

confronto del codice Lauren-

ziano. V. Bandini, Cat. mss.


(2)

lat..

155-56.

Qui ho chiamato a confronto

cod. Riccardiano 873 (sec.

XV),

f 68l).

(3) Il

ms. egritudine lahorantem.


edd. ergo.

(4)

Le

(5) inherens solo nel

ms.

DEL DIALOGUS GREATURARUM

109
eloquentie in-

< quippe immo quidem


c

plus multo

quam

poterat

tentus, miros

et

inextricabiles texebat
,

apologos:

unde sepe
esset

< preter abirent

veros
(1).

angores

novi

aliquid

simulandum

ut

Hunc, amicum sano

licei (2),

eger oderam, exclu-

surus,

nisi

fame sue parcerem. Erat enim mihi grata hominis


apponga qui oppur no, non cosa gran

fides, confabulatio tediosa.

Del resto,

ci si

di

ri-

lievo: importante per la biografia del

Mayneri

solo

l'identifi-

cazione coH'astrologo, della quale io spero siano apparse convincenti le ragioni. Dotto, noi

conoscevamo

il

Mayneri anche senza


sue virt morali
tra-

che ce

lo dicesse tale
;

il

Petrarca;

ma

le

sparivan soltanto

ed ora esse vengono ad essere splendidamente

attestate dall'amicizia affettuosa


logi
si

che

gli professa chi degli astro-

mantenne sempre
(3).

con sua gloria

nemico quanto

mai acerbo
cato
!

il

Mayneri era anche medico per soprammerdi

Bisogna dir proprio che la lode

uomo dabbene
gli

alioquin virum bonimi


in altissimo grado.

che

gli

sentiam dare,

convenga

Un

frutto d'altro genere


il

il

dato positivo che ci

si

fornisce

per determinare quando


dianzi,
il

Mayneri nascesse. Come rammentavo


di
.

Petrarca dice che l'astrologo era maggiore

lui,

non

di

poco:

quam vis

ipse etate

me multum

anteiret

Gon-

cediam pure
rare
:

allo scrittore

una certa quale tendenza ad esagedi

la differenza

non avrebbe ad esser troppo minore non neppur


del 1364
si
il

un
di

dieci anni. D'altra parte

lecito farla

maggiore

molto, dacch alla

fine

nostro

medico manteneva

sempre

il

suo

uflScio,
(4), alla

presumeva doverlo mantenere del

tempo ancora

corte milanese. Possiam

dunque ritenere

(1) (2) (3)

Manca ut abiret nell'ed. di Basilea. Non sanits, come scrve questa medesima ed. Amico ilio horspici *, < amice argui ,
ha detto
il

e ego et sihi amicus et


spiccare
egli

fame sue ci

Petrarca; soprattutto, facendo

stesso ci che avverto qui sopra, lo

ha chiamato, mihi vero carissimum,


.
i

sed futurum fateor cariorem nisi esset astrologus


(4)

Ci volevano dieci

mesi perch

dugentocinquanta
la ritenuta.

fiorini

anticipati

sullo stipendio fossero rimborsati

mediante

110

PIO

RAJNA
il

ch'egli abbia ad esser nato tra

1290 e

il

1295.

La determina-

zione conviene con ci che era ragionevole supporre dietro altri


dati:

donde un poderoso rincalzo a

tutto

il

nostro
il

congegno.
il

Non
che

poteva essere un giovinetto colui che tra

1324 e
e

1329

scriveva l'ampio trattato

De

intentionibus secundis;

un'et

s'aggiri intorno alla quarantina conviene eccellentemente al


di paga-

medico del Regimen Sanitatis, che d'altronde l'ordine

mento

di

Bernab, posteriore di trenta e pi anni, non permette

di far pi

maturo

di cosi.

Per
ci

tal

modo

la

rispondenza

delle

varie parti mostra che non

troviam davanti una statua messa

insieme con frammenti disparati, e l'aggiustatezza delle conse-

guenze conforta efficacissimamente

la verit delle

premesse.

Sappiam

cosi della nascita:

quanto alla morte, non pot, secose, farsi aspettar molti anni

condo l'ordine naturale delle


il

dopo

1364 da un
il

uomo che

gi toccava o aveva varcato la settan-

tina. Oltre

1370 poco probabile che Mayno campasse. Qual

successore egli ebbe presumibilmente quel Pietro Mayneri, che


fini,

come

s'
il

detto

(1),

vescovo

di

Piacenza
di

(2). Il

casato,

la

professione,

sapere che

Mayno era padre

numerosa

figlio-

(1)

V.

p. 96.
cit.,

(2)

L'Argelati, op.

(ed. 2) ci dice Pietro

dopo

la prigionia di

col. 887, come gi l'Ughelli, Italia Sacra, li, 230 medico di Gian Galeazzo. Tale egli sar diventato Bernab; che, quanto all'aver egli, prima del nipote,

servito lo zio, risulta da

Docum. Diplom.,
Gonzaga
e
gli

I,

238.

un documento del 22 marzo 1383 pubblicato dall'Oslo Ammalatasi a Mantova Agnese, moglie a Francesco
:

e figlia appunto di Bernab, questi scrive inquietissimo al genero,


il

annunzia come mandi

Mayneri a

visitare la figliuola:

Nos autem

eam visitandam mittimus magistrum Petrum Maynerium, physicum nostrum, cui valde nota est complexio et natura tam eius, quam ceterorum
ad
natorum nostrorum . Cotal pratica dei temperamenti di tutti
stra
i

figli

mo-

che Pietro era medico in corte gi da un pezzo.

nab

La

lettera di Ber-

era, se

mostra ch'egli non so metterla da parte senza avvertire la cosa non altro, padre affettuosissimo la malattia di Agnese lo mette in
:

un'angustia
tiranno

indescrivibile.

Caratteristica

la soprascritta,
la

nella

quale

ci si

mostra, messa al servigio della tenerezza paterna,


:

ben nota crudelt del


sine aliqua

Portentur diu noctuque per cavalarium


.

Gremone

mora

sub pena furcharum

DEL DIALOGUS CREATURARUM


lanza
(1), alla

111

quale non dovettero mancare

favori di Bernab,

inclinerebbero fortemente

a credere cbe Pietro fosse appunto


Pietro, a detta dell'Argelati, sa-

un

figlio del nostro.

Sennonch

rebbe stato
essa da

figlio

di

un

Bonifacio.
di

Sull'affermazione, venendo

un uomo che a proposito

Pietro
si

stesso

ci

ha dato
forti

prova d'imperdonabile
dubbi;

trascuratezza,

posson mantenere

ma

essa pesa

nondimeno pi

assai

che una semplice e

troppo spesso fallace verosimiglianza.

E non

vorrei neppur affermare che fosse figliuolo di

Mayno un

Andrietto MajTieri, che Bernab, con un decreto del 1364, come


la lettera ai tesorieri, e

precisamente del 2 settembre, nomin

per un anno vicario e castellano della terra e rocca d'Urgnano

e sue spettanze

(2).

Qui una grande cautela richiesta dal non

trovarsi nel decreto menzione alcuna del padre e dei meriti suoi,

mentre

il

contesto parrebbe invitare a ricordarli

(3).

Ma
che

notizie positive
il

intorno

Majmo

de'

Mayneri ed a

ci

lo tocca,

caso o la

ricerca

ne verranno bene ad agsi

giunger

dell'altre.

Per

bisogni nostri quelle che


;

son potute

raccogliere sono suflicientissime


netta e compiuta
vita sua.

ne risulta un'idea abbastanza


del

dell'uomo,

dello studioso, e

corso

della

(1) <
il

Magne
t.

familie

educande

violenta necessitas

ci

ha detto
relativi

Petrarca.
(2)

Fagnani,
sua

cit.,

f> 38'.

questo documento, e
lettera

a due

altri

alla

esecuzione,

segue una

del

17 ottobre successivo, nella

quale Bernab concede ad Andrietto di venirsene a Milano per alcuni giorni causa conducendi uxorem tuam >. Chiaro dal tuam trattarsi della moglie

che Andrietto aveva lasciato troppo naturalmente in patria nel suo primo andarsene al posto. Senza quel tttam, se fosse cio stato da credere che Andrietto venisse a Milano a prender moglie, ne sarebbe risultato una probabilit maggiore ch'egli fosse figlio di Mayno; in quanto nelle sue nozze poteva esserci una forte tentazione di scoi^ere una spiegazione verosimile dei 250 fiorini d'oro che Bernab concede siano anticipati al nostro medico precisamente l'indomani della licenza data ad Andrietto.
(3)

No8 Bernabos etc, de

fidelitate et

industria Andrieti Maynerij civis

nstri mediolanensis piene confidentes, presentium tenore , ecc.

112

PIO RAJNA

PoscRiTTA.

Sfogliando

alla nazionale di

Napoli un codice mi-

scellaneo del secolo

XV segnato
uno

VI1I,]D. 35., accadde al professore

Novati

d'

imbattervisi in

scritterello
diii

preceduto dalle parole,


.

Incipit opusculum de saporibus

M. Mayni de Mayneriis
il

Subito egli
tatis

me

ne dette

notizia.

Conoscendo
si

era facile

immaginare che non

trattasse

Regimen Sanigi di uno


III

scritto nuovo, sibbene


di quest'opera

semplicemente del cap. 20 della parte


s'intitola nella

medesima, che

stampa De sapopi
esatta-

ribus et condimentis , e che

dovrebbe

intitolarsi

mente De condimentis
gentilezza

et saporibus .

Per accertarmi,
Scherillo,
le

dalla

sempre pronta

del prof. Michele

mi sono

procurato un saggio dell'opuscoletto, che occupa

carte 52 e 53.
il

vedo che

la

congettura rispondeva alla verit. Solo,

tratta-

tello

napoletano

lasciata

da un canto

la

parte che discorre


fine,

De condimentis

concorda bens nel principio e nella


le

ma

d tanto o quanto pi che non portino


il

stampe del Re-

gimen. Par verosimile che


edizioni, le quali

fatto

dipenda semplicemente dalle

abbiano qui un testo pi o


ci si

meno

scorciato. Di

qualche omissione assai probabile


possibile

dovette gi accorgere.

tuttavia altres che, staccato dal tronco e trapiantato,


degl' incrementi.

questo

ramo abbia avuto

Non

si

pensi peraltro

che l'autore medesimo abbia voluto convertire in un opuscolo


speciale la trattazione sua:
le

ultime parole

mantengono

alla

breve scrittura

il

carattere di capitolo

d'un' opera

maggiore,
opuscolo

escludendo cosi anche l'idea che essa

sia potuta essere

prima ancora

di trovarsi incorporata nel


si

Regimen.
che
il

Tutto ci poco importa. L'importante

nuovo docuposi-

mento viene a confermare con un'attestazione quanto mai


tiva

che Magnino non proprio

altri

che Mayno

de'

Mayneri.
sia

Cos

nemmeno

pi ricalcitranti

potranno mantenere
pari

pur

l'ombra di un dubbio.

cosi riesce del

confermato solen-

nemente che Mayno


secundis;
lasciando
resto che

de'

Mayneri l'autore del De IntentioniMis


due prefa-

che l'identit di
il

questo autore con Magnino risulta chiara,


delle

non poco, dal raffronto

DEL DIALOGUS CREATURARUM


zion.

113

Per pi non

ci

disturba

menomamente

il

De Maynis >

del manoscritto di Siviglia.

Del

testo

di

Napoli riferisco qui

due brani comunicatimi


li

dallo Scherillo. Col

Regimen

stesso di

Magnino pochi
Arnaldo

potranno
il

mettere a paragone;
fironto
f 84>

ma

a chiunque voglia sar agevole


il

con-

con quello messo sotto


ed.
cit.).

nome

di

(P. n, e.

24:

Saporam delectamenta propter voluptatem magis qiuun propter sanitatem


a gulosis fuerunt primitus adinventa, non
sanitatis regimine;

cum

sint

multum

necessaria in

ymmo, quod

plus

est,

interdum inferunt nocumenta.

Nam

propter huiusmodi sapores

homo

plus comedit

quam

eius natura requirit et

quam

expediat sanitati

(1).

Amplius, propter huiusmodi sapores cibaria mala

et corrupta ori efficiuntur delectabilia, et


eis

ab hominibus comeduntur que ah


(1)

non susciperentur. Amplius, sapores, ut per plurimum, sapiunt nam

medicinahum, que in regimine sanorom a sapientihus denegantor

Pro

ostreis frixatis
fieri

sapor conveniens

est

agresta

cum

pulvere spe-

cierum; vel potest

sapor croceas hullitus superius

scriptus.

Et hec

sofSciant de saporihus et salsis diversis diversorum alimentorum

(3).

Pio Rajna.

(1) I (2)

due periodi che seguono mancano alle stampe


cos collocato riesce singolare.

di

Magnino.

Un nam

Tuttavia non

mi

sento di pro-

porre naturam, che potrebbe facilmente esser dato colla semplice congettura
di

(3)

un segno Hec
(f

di abbreviazione omesso.

igitur sufficiant de saporibus >, termina


:

il

capitolo
(fo 69).

nell'ed. di

Bas.

59*)

parole mancanti in quella di

Strasbm^

OianmU

tioHeo, X, tue. 28-29.

TOEQUATO TASSO E LUCEEZIA BENDIDIO

(1)

Quando Cesare Guasti, compiuta


raccolta
delle
lettere di

l'opera

monumentale

della
ot-

Torquato Tasso

(2), nel 1858,


di
(4):

con

timo pensiero,
Serassi
(3),

ripubblicava

anche

la

vita

lui

scritta

dal

giustamente notava nella prefazione

Scritta quasi

(1)

Debbo

anzitutto avvertire

come questo

studio fosse gi

scritto e con-

segnato in tipografia quando mi giunse

V infausta notizia della

morte del

marchese Giuseppe Gampori, il quale sempre mi era stato largo di consigli e di aiuti. Recatomi dopo qualche tempo a Modena ebbi agio per la liberalit e cortesia veramente squisita del nipote ^marchese Matteo Gampori, distinto letterato anch'esso, cui godo poter qui tributare pubblicamente le dovute grazie, di esaminare le carte del compianto marchese. In questa ricerca, fra quell'ammasso enorme di studi nei quali il dotto uomo consum
la vita,

mi

fu di valido e cortese

aiuto

il

distinto

sig.

Raimondo Vandini,
Tra quelle carte
ricerche
rin-

bibliotecario di casa, che pure infinitamente ringrazio.

venni un' abbondante messe di documenti e studi


quato Tasso
,

abbozzati intorno a Torfortunate


nel-

quali
,

mi furono

poi guida ad altre

l'Archivio Estense

dove trovai ogni facilitazione , grazie alla cortesia a tutti nota del direttore comm. Foucard. Dai documenti spettanti al presente con giusta soddisfatrovai studio , i quali potei aggiungere sulle bozze zione, pienamente confermate le mie deduzioni. Se non che ben altro
, ,

resta da fare; ormai noi possiamo seguire nella sua vita;

il

poeta quasi giorno per giorno

abbiamo documenti interessantissimi del suo soggiorno a Fer-

rara, della sua malattia, della cura di essa, delle sue fughe, delle sue pere-

grinazioni, della sua morte.

La

vita di Torquato Tasso va rifatta

a questo

lavoro

mi sono

accinto, e faccio voti perch abbia lena di compierlo degna-

mente.
(2)

strate
(3)

Le lettere di Torquato Tasso disposte per ordine di tempo ed da Gesarb Guasti, Firenze, Le Monnier, 1852-55, voi. 5.

illu-

La

vita di T.

Tasso scritta dall'abate Pierantonio Serassi, 3*

edi-

zione curata e postillata da


(4)

Cesare Guasti,
I,

Firenze, Bianchi, 1858.

Serassi, Op. di., voi.

p. viii.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


< un secolo addietro, e susseguita da
4t

115

tanti lavori,

onde

il

secol

nostro ha voluto comecchessia mostrarsi emulator de' passati

< nella venerazione pel Tasso, non scaduta d'importanza; e


appena

poche note occorrono a supplirla

Ma

trent' anni
gli ar-

addietro altri metodi, altre esigenze avevano


chivi e le biblioteche erano delle carte degli
di difficile

gli
;

studi:

accesso

la

maggior parte
stra-

Estensi e dei Gonzaga erano state dallo

niero portate in Austria. Oggi l'illustre e benemerito editore pi

non potrebbe dire

altrettanto:

non che l'opera

del

Serassi sia

diminuita di merito, che essa rester sempre un capolavoro di


biografia,

ma

per
si

la scoperta di

numerosi documenti gi
fatti

fatta,

e che tuttavia
smentiti, quali

va facendo, quali

sono

rettificati,

quali

aggiunti, e tutta la figura del cantore della Gesotto

rusalemme appare
bile.

un

aspetto nuovo,
anzi,

se

non meno nota-

per
in

questi

documenti
la

che oggi possediamo, che


la critica

appare

maggior luce
il

cura minuziosa, e

potente

dell'abate Serassi,

quale molte volte fu veramente indovino.


le
il

E primo

a gettar
,

basi del

nuovo lavoro
la
si

fu
,

il

marchese
le

Giuseppe Campori

quale
gli

liberata

patria

restituite

carte nel 1859 e aperti

archivi, vi

cacci a tutt'uomo, e

dall'assiduo lavoro di parecchi

anni

raccolse

messe insperata.
intrattenne la

Per ben dodici tornate, dal 1861


R. Deputazione
alle

al 1864, egli

modenese
non

di Storia

Patria intorno alla vita ed

opere del Tasso, illustrandole fino all'anno 15T7.


di questi

doloroso

che

studi

si

abbiano che

succinti riassunti nei

verbali delle adunanze

(1),

e appena tre capitoli pubblicati nelli


(2),

Atti della stessa Deputazione

n che

essi siano

degnamente

condotti a termine oggi pi da sperare,

quando piangiamo an-

cora

la

immatura morte

del dotto modenese.

Ma

dal poco che noto

una rivoluzione

totale viene

a com-

(1) Atti

Memorie

della R. Deputazione di Storia Patria


voi. I e II,

per
II,

le

ProI

vincie
(2;

Modenesi e Parmensi,
i

1863^.
voi.
I,

Op. cU.; T. T. egli Estensi, in Serie

III,

P.

I,

e voi.

P.

II.

Di questi citeremo

tre fascicoli in estratto,

Modena, Vincenzi, 1883.

116
piersi nella storia del poeta

A.
:

SOLERTI
nessun documento autorizza a cre-

dere,

anche lontanamente,

agli

amori con

la

principessa Ele-

onora, anzi viene favorita

tutt' affatto

opposta supposizione (1);

meno ancora con


ucciso poi dal

Lucrezia, amante di

un

altro,

il

conte Trotti,
il

duca Alfonso, proprio in quei giorni quando


stava con
lei

Tasso scriveva che


gerle
il

molte ore in secretis a leggli

poema

(2).

Ma

spuntano in cambio
tutta
la

amori con una

damigella, Ginevra Marzi; e

corte viene rischiarata^

apparendo nel suo splendore, nel suo dissipamento, talvolta nella


sua laidezza. La pazzia
di

Torquato ormai provata anch'essa

per nuovi documenti e per un nuovo lavoro, anch'esso non condotto a termine ancora, di A-lfonso Corradi, chiaro storico della

medicina e forbito scrittore

(3).

Numerose
rinvenute
,

lettere inedite di Torquato,


io stesso tra
,

da
,

me

fortunatamente

pubblicher
di

breve

e insieme a quelle

qualche centinaio
passo passo
il

documenti

colla scorta dei quali seguir

poeta nella sua vita, e chiarissimamente apparir


fu

che

S.

Anna
e
si

per Torquato veramente


essi

l'

ospedale e non la

prigione,

vedr per
il

svanire totalmente le accuse che

pesavano sopra

duca Alfonso.
gli studi

Essendo a questo punto


storico

tasseschi doveroso per lo

non

tralasciar di

esaminare alcun lavoro, alcuna ipotesi


Questo
intendo fare, assogget-

messa in campo per

lo addietro.

tando ad una disamina


prigionia del

lo scritto del

Gibrario sugli amori e la

Tasso

(4),

dove messa avanti e sostenuta Topi-

ci)

Atti e

Mem.

cit.,

voi.

lavoro

tratter a fondo di

Tornata XLVI, 17 genn. 1862. In un prossimo Leonora d'Este, valendomi degli studi del Cam1,

pori e dei documenti


(2)

da

me

raccolti nell'Arch. Estense.

Campori,

T.

T. e gli Estensi, fase. Ili, pp. 21-24.

(3)

Le infermit
l'estratto.

di T. T., negli Atti del R. Istituto

Lombardo, 1879-80,
cite-

Serie II, voi. XIII, fase.

XV. Anche

di questo

pregevolissimo lavoro

remo

Discorso fondato (4) Degli amori e della prigionia di Torquato Tasso. su documenti inediti dell'Archivio Estense, del conte Luigi Cibrario, 2 edizione, Torino, E. Botta, 186L Estratto dalle Lettere inedite di Santi, Papi,

Principi, Illustri guerrieri e letterati, pubblicate dal conte L. Cibrario,


Torino, E. Botta, 1861.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


nione che
il

117

poeta amasse Lucrezia Bendidio Machiavelli,

dama
il

della corte, e che essa fosse la causa d'ogni sua posteriore sven-

tura

(1).

Poco noto invero sempre

stato

questo

libretto,

quale per altro racchiude documenti veramente importanti


Il

(2).

Cibrario

s'imbatt

nell'Archivio
il

Estense in alcune lettere

scambiate tra Eleonora e


zetto di lettere

cardinale Luigi d'Este, e in

un maz-

amorose

di

Lucrezia Bendidio al Cardinale.

Con queste

e con

molta buona volont d'interpretazione, a


questo amore del Tasso, non nuova

parer mio, confort

la ipotesi di

dir vero

che gi era

stata

messa in campo dal Serassi


(3)
;

il

quale pure prenderemo in esame


quello la causa
della

pi,

come dicemmo, vide

in

prigionia di Torquato, per ragione della


Il

gelosia del Pigna e del cardinale.

Cibrario nelle prime pagine


di

della

sua trattazione
,

si
i

guard bene
suoi

accennare ad alcuna
ad
alcun documento
lui

data

non appoggiando

argomenti

fino al 1572, del quale

anno sono

le lettere

da

trovate.

Ma

all'incontro

precisamente la cronologia, come vedremo, che

non toma.
Il

Tasso entr al servizio del cardinale d'Este e venne in Fer-

rara nell'ottobre del 1565. E^li descrisse nell'amento l'impressione provata:


Quindi uscian fuor voci canore e dolci

di cigni e di ninfe e di sirene,

Di sirene

celesti: e n' uscian suoni

Soavi e chiari, godendo ed ammirando

Mi

fermai buona pezza. Era su


le

l'uscio,

Quasi per guardia de

cose belle,
e robusto,

Uom

d'aspetto

magnanimo

(1) (2)

Cibrario, Op.

cit.,

p. 10.

esame critico da F. D'Ovidio, Il Tasso e Lucrezia Bendidio Machiavelli, in Nuova Antologia, Serie II, voi. XXXIV,
esposto senza verun
p. 289, 1882.

Venne

Ne

citeremo

l'estratto.

pp. 194-95. Il Rosini, per senza rendere alcuna ragione, neg questi amori, perch cos forse gli tornava comodo per quel suo
(3)
cit., voi. I,

Serassi, Op.

saggio sconclusionato, sebbene meditato per dodici anni, sugli amori del Tasso. Vedi in Opere di Torquato T., Pisa, Capurro, voi. XXXIII, pp. 31-2.

118

A.

SOLERTI
intesi in

Di cui per quanto

dubbio
e

stas.-i

S'egli sia miglior duce o cavaliere;

Che con fronte benigna insieme Con regal cortesia invit dentro,

grave

Ei grande e 'n pregio, me negletto e basso. Oh che sentii? che vidi allora? V vidi
Celesti Dee, ninfe legiadre e belle

Nuovi Lini ed Orfei

(1)

Infatti egli

giungeva col nel momento delle

feste

per

l'ar-

rivo

dell'arciduchessa
(2).

Barbara d'Austria che veniva sposa ad

Alfonso

La

corte estense era allora nel maggior splendore e vi


le

imperavano per bellezza


zaga d'Este,
chiavelli,
la

principesse sorelle, Margherita Gon-

principessa di Mantova, Lucrezia Bendidio Mala con-

Laura Peverara, Livia d'Arco, Ginevra Marzi, Laura Thiene. Dice


persone
si
ti il

tessa di Sala,

Gampori

(3)

che, studiando

negli archivi;, quelle


cosi

occorrono vive ad ogni tratto:

che

la

mente

trasporta nelle sale e nei camerini dorati

del castello di Ferrara, dipinti da Tiziano, da Benvenuto, dai

Dossi, e

si

rappresenta

innanzi quelle

feste, quei

giuochi,

quelle musiche, quelle giostre, quelle caccie, quelle

commedie
a quella

che tanto

brio

tanta

rinomanza procacciarono

splendidissima fra le pi splendide


in essa
la

corti d'Italia. Alternavasi


la

gravit alla

leggerezza,

devozione alla licenza,

le prediche del ai conviti


,

Fiamma,
amori.

del Granata, del Panigarola, ai balli,

agli

Alfonso

principe

come volevano
sempre

tempi, insofferente di opposizione,

ma non

tiranno,

fra
di

diporti, fra le caccie e fra le giostre,

trovava pure modo

attendere alle cose di Stato. I principi della famiglia discordi

fra loro;

cortigiani dal
i

lusso e dal giuoco ruinati o vittime


in

degli usurai,

poeti di corte occupati di continuo

madri-

(1)

Aminta, Atto
Serassi, Op.
Atti e

I,

scena

II,

vv. 271-290.

(2)
(3)

cit.^
cit.,

voi. cit., pp.

176 sgg.
Di tutte
le

Mem.

voi. cit., p. 58.

cose dal Campori dette

qui appresso rimangono numerosi quanto interessanti documenti, che servi-

ranno a pi ampio lavoro.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


gali e canzonette per le musiche, cipesse e le
di
i

119

sonetti di lode per le prin-

dame

pi favorite e pi avvenenti; in argomenti

commedie,

di ecloghe, di pastorali, di feste d'ogni

maniera.

Sola legge era quella eternata nel primo coro dell' Arnfnta: S'ei

piace ei
Il

lice.
si

Tasso

trov in quest'ambiente

giovane

di

ventun anno,

gi in

fama pel Rinaldo,

allora pubblicato, di avvenente e sim-

patico aspetto, ottimo


alle rime.
di

schermitore, ingenuo, facile all'amore e


volasse
e tosto
sorelle.

ramo

in
le

Come l'usignuolo deW Aminta facile ch'egli ramo cantando: Io amo, io arao (1);
simpatie
e la

ottenne

protezione delle
gli

principesse

Dispensato da ogni servizio


se'

venne detto:

Tu

canta, or che

in ozio

(2).

Scrisse allora per la principessa


tre sorelle;

Leonora tre canzoni, dette

le

ma egli stesso dichiara


(3),

nell'argomento della prima, sola


le altre

pubblicata
due,
tutti

che non voleva per allora lasciar vedere


.

non sendo ancora ridutte a buon termine


ci facesse

Qui

biografi
indi-

suppongono che

perch troppo chiaramente


;

cassero la sua inclinazione verso quella principessa

la qual cosa

non credo, perch

in tal caso v' gi in questa sola pi


(4).

che a

sufflcenza materia di sospetto

(1)

(2)
(3)

Aminta, Atto Aminta, Atto

I,

scena
scena

I,

vv. 14042.
v.

II,

li,

186.

le genti*. Vedi Opere di T. Tasso, Pisa, Caparro, 1821-32, voi. IV, canz. X. Comparve la prima volta nelle Rime degli Accademici Eterei , s. 1. n. a. , ma Padova 1567 cfr. Se:

E quella

stupenda: Mentre

cKa venerar muovon

RASSi, Op.

cit. deUe Opere (voi. cit., pp. 290-91) nulla dice di questo; bens alle tre canzoni XXI-XIII nota che sono scritte a imitazione delle tre celebri sorelle del
Il

cit., voi. cit., p.

183, n.

Rosni,

more

solito, nell'ediz.

Petrarca
(4) II

cit., p. 5, n. 2) riprende il Cibrario per aver attribuito queste tre canzoni al T., dicendo che sono del Pigna, e che il Tasso fece su di loro le famose Considerazioni. All'incontro sono due cose ben di-

D'Ovidio (Op.

stinte:

il

T. scrisse le tre sorelle nel 1566-67;


le

il

Pigna

scrisse le sue,

come

vedremo, probabilmente nel 1571, e

Considerazioni del T., delle quali par-

leremo, vedremo essere appunto di quell'anno. Non comprendo come il D'Ovidio abbia potuto dimenticare una cosa s capitale negli studi tasaeschi.

120
Il

A.

SOLERTI

Serassi (1), allegando per soltanto

un sonetto (2),
ed

scritto assai

probabilmente, com'egli dice, nel 1568, pone che


il

in quest'anno
il

Tasso s'innamorasse della Lucrezia Bendidio;

Gibrario

congettura cervelloticamente, quasi ricordando la dantesca donna


dello

schermo, che ci

il

poeta facesse forse ad arte per non dar


cosi lo portasse l'indole sua assai

sospetti, e forse

anche perch

leggera in fatto d amori, pur seguitando ad amare Leonora!


Il

Tasso in quei tre anni


,

tranne brevi gite a Padova


,

Pavia, a Mantova

a Sassuolo

era

sempre rimasto a Ferrara.


di

qui

stimo

opportuno avvertire
gli

quanto poco fondamento


di

possano essere

argomenti ricavati dalle rime

Torquato, e

come

esse vadano citate assai cautamente,


cortigiano del
letture
sul

come

quelle di quail

lunque altro poeta

cinquecento. Gi

Gampori

nel preludere alle sue


principio, frutto delle

Tasso

(3)

affermava questo

lunghe esplorazioni, e dell'assiduo studio:

Ghe

riesce assai

dubbioso se molti dei versi amorosi fossero


i

dettati dal Tasso a significare

propri sentimenti e non piut-

tosto quelli degli altri e particolarmente del duca, del cardi-

naie Luigi d'Este, del principe di Mantova, non parendo ve rosimile ch'egli eleggesse a scopo degli affetti suoi quelle donne appunto che erano vagheggiate dai medesimi principi, e in quel

tempo

in cui

era nel maggior favore di


di

essi.

Dall'edizione

critica delle

rime

Torquato, a cui da lungo tempo attendo,


di

e nella quale credo


l'

poter restituire almeno per due terzi del-

opera

la lezione degli autografi, si

vedr

il

canzoniere amoroso

ridotto ai

minimi termini; e
le

la cronologia, ristabilita in grandisi

sima parte, favorendola


ter a dissipare

lettere e

numerosi documenti,
ci

aiu-

moltissimi

dubbi e

dar

pi
(4).

chiara e pi

veritiera la storia di molte relazioni del Tasso

(1)

Op.

cit.^

voi. cit., p. 194.

(2) T. (3) (4)

Tasso, Opere, Pisa, Gapurro, 1821-32, voi. Ili, sonetto 189. Atti e Mem, cit., voi. cit., Tornata LVIII, 9 Maggio, '62.
affastellati

Nessuno pu credere come siano

gli errori, e

non sensi

in quelle povere rime, e perfino talora mutate di pianta, o talvolta, credo,


falsificate

a bella posta, le dediche per servire ad una

tesi.

Il

testo talora

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO

121

n.

Era Lucrezia Bendidio uno


corte estense e

degli

astri

pi

splendidi della

dama

della principessa Lucrezia,


(1)
,

finche questa

and sposa nel gennaio del 1570

poi della principessa Leoil

nora: gentildonna di singolare bellezza, dice


cissimo spirito e di meraviglioso
valore.

Serassi, di viva-

Fu a gara

celebrata

dal Tasso, dal Guarini, dal Pigna e nei Discorsi del conte

An-

nibale

Romei

(2),

dove comparisce bella e assennata parlatrice.

Essa era sposa al conte Paolo Machiavelli, zio materno del Guarini
(3)
,

uomo

di corrotti

costumi

e prodigo

all'

eccesso

questi viveva in continue discordie colla moglie, la quale

ben

naturale che cercasse


ardori che la sua

conforto

prestando

facile

orecchio agli

avvenente figura e
e perfino
nei

la bella

intelligenza su-

scitavano nei cortigiani

principi.

Dotata di bel-

lissima voce, esperta nell'arte musicale, ella, insieme con le sorelle,

aveva sempre
al

la

parte principale nei


il

grandiosi concerti,

che dal 1571


la

1584 rallegrarono
celebre

castello di

Ferrara sotto
di

direzione

del

Luzza^co Luzzaschi e

Tarquinia

illeggibile.

La maggior copia

di

rime di Torquato ora nell'edizione delle

Opere, curata da G. Rosini, Pisa, Caparro, 1821-32, in-S", la quale in com-

penso pure la peggiore. Le rime vi occupano

volumi

III- VI

XXII;

io

stimo aggiungere due volumi tra disperse e inedite. In tanta copia per assai

poche sono

le ottime:

Torquato era poeta cortigiano e doveva spesso can-

ha richiamata l'attenzione Guido Mazzoni in un breve scritto nel volume In Biblioteca, Roma, Sommaruga, 1883. Uno studio estetico breve, ma ben fatto, quello di 0. Ferrini, Saggio sulle rime amorose di T. T., Perugia, Santucci, 1886.
(1)

tare aoiche invita Minerva. Sulle rime del Tasso

Dalla dedicatoria del


si

Ben divino

scritta dal Guarini

riportata pi

innanzi,

ricava questo particolare. Al tempo dunque dell'amore col Tasso


di Lucrezia d"Este, e questo

era

dama

non senza importanza per quanto

vedremo.
(2) (3)

Venezia,

Ziletti,

1585, Vedi pp. 3 e 53.


il

La Bendidio

era cognata del Guarini,


il

quale

ne aveva per moglie


il

la sorella

Taddea. Inoltre

conte Paolo Machiavelli marito della Bendidio

era zio materno del Guarini. Cfr. Rossi V., Battista Guarini ed
fido, Torino,

Postar

Loescher, 1886, p. 34.

122

A.
(1). Infatti
il

SOLERTI

Molza

sonetto ricordato del Tasso s'aggira intorno

al canto di Lucrezia:

Mentre

alla voce di dolcezza piena,


l'ira prescrivi.

Alla voce onde al ciel

Le

belle perle e

bei rubini aprivi,

i cuori all'amorosa pena; Legata all'armonia l'alma ed accesa Sentimi a i lampi di quel sol sereno

Sfidando

De' tuoi lumi, cui presso

unqua non verna


di

(2).

in lode del suo canto

pure un sonetto

Rodolfo Arlotti,

fra le

Rime

degli Eterei

(3).

Null'altro quasi

sappiamo delle relazioni posteriori a questo


tra Torquato e la Bendidio, se
alle feste date dal
1577.. in

amore che discuteremo,


li

non che

troviamo ancora insieme

duca

alle Casette

dal 27 febbraio al 13

marzo

onore della venuta a Fer-

rara della contessa di Sala, le quali sono minutamente descritte


in diverse lettere del Ganigiani, residente a
di

Ferrara pel granduca

Toscana

(4),

e in

una

di

Alfonso Sassi, nell'Archivio Estense.


di

La Bendidio
media cui
il

allora sostenne la parte


il

servetta

nella comdi

Tasso compose e recit


fu

Prologo.

Nei tornei

donne che seguirono essa

pure uno dei cavalieri venturieri.

queste, poich gi da qualche


,

tempo erano cominciate

le al-

lucinazioni

furono

le

ultime

feste cui prese

parte Torquato.
i

Un'altra volta ancora, l'ultima, ci occorrono uniti

loro nomi;

ma

in triste circostanza.

Il

duca dopo

primi attacchi del male

aveva

condotto

il

Tasso

con s a Belriguardo: ma, trascorsi

pochi giorni, n potendolo pi trattenere, cos scriveva al Masetti:


L'infirmila del Tasso continua tuttavia et ridotta

a termini
ri-

che

si

pu dubitare che

vi sia

poca speranza che abbia da

(1)
(2)

Rossi V., Op.,

loc. cit.

Opere di T. Tasso, Pisa, Gapurro, 1821, (3) Rime degli Accademici Eterei, s. 1. n. a e. 42 r.
(4)

voi. 111. Son. 189.


a.

(ma Padova,

1567). Vedi

Arch. di Stato di Firenze, Riformagioni

Carteggio di B. Ganigiani.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


tornare in s
(1).

123
apprestasse

Provvedeva allora perch


in
gli

gli si

comoda e

sicura
la

stanza

Ferrara

(2),

dove

lo

rinviava

il

15 luglio; e

Bendidio
il

era compagna in questo viaggio, e


d'infermiera e consolatrice con

compiva forse
quello che per

triste

ufficio

lei,

anni addietro, aveva fatto risonare de' suoi


(3).

splendidi versi le sale del castello di Ferrara


Il

Serassi (4) aggiunge che Lucrezia ebbe in ogni


il

tempo molta

parzialit per
le inviava.

Tasso, e grad

sempre

le

composizioni che questi


di-

Diverse cose abbiamo nel canzoniere di Torquato

rette a Lucrezia,

ma

per
assai

dubbi anteriormente
:

esposti, esse
in

vanno considerate con


essi
i

moderazione del resto nulla passa

limiti di

una lode cortigianesca.

Ve
il

tra altro

un madrigale

che incomincia:

Amor Valma m" allaccia {b\


di

con un bigliettino

d'accompagnamento
originali
Il

Torquato

questo

Serassi trov tra certi

che

il

Foppa ebbe da Ferrara da Alessandro Guarini.


II

Tasso la lodava inoltre con molte altre nel dialogo


lettere

Forno

(6),

e due

sono nel suo epistolario dirette alla Bendidio


e

ma

del 10 gennaio

18

maggio 1585. Nella prima chiede

il

(1)

Arch. Estense, Cancell. Ducale

Oratori a

Roma. Minuta

di lettera del

duca a Mons. Giulio Masetti, del 11 luglio 1577.


(2)
il

Abbiamo

trovato nell'Archivio Estense parecchie lettere scambiate tra


,

duca e Giulio Goccapani


Arch. Estense

fattore generale
S.

a questo riguardo.

Il

Tasso

veniva ricoverato allora nel convento di


(3)
;

Francesco.

Carteggio

letterati.

Evangelista Barone [segretario


ragiona per opinione
ci

ducale]

ad Antonio Montecatini,
corte che
la
il

Ferrara.
si

Del ritorno nostro a Ferrara se ben non


potrebbe essere
sig.

d'alcuni in

fra

due giorni. Non

cosa di

* nuovo se non questa mattina


Tur.no
[1.

morte della

Principessa di

Parma che

fu a' IX, e

Tasso ne viene a Ferrara condotto da m. Lanfranco

Turino] sopra una carrozza, nella quale viene anche la signora Machiavella. Baciamo le mani di V. S., il sig. Moro [altro segretario du4f!

cale] ed

io.

Da Beiriguardo
(4)
(5)

a
I,

XV
p.

di luglio
1.

MDLXXVIl.
id.

Op.

cit.,

voi.

203, n.

Opere

cit.,

voi. Ili,

madr.

Il; cfr.

voi.

XVII,

p. 38.

(6)

/ Dialoghi di
289.

T. T., a cura di C. Guasti, Firenze,

Le Mounier,

1858

voi. II, p.

124

A.

SOLERTI

tenue favore che essa appoggi presso Cornelio Bentivoglio una

raccomandazione
le invia

fatta

per
fatta

lui dal cardinale

Albano;

coli'

altra

una canzone

in

sua lode, tardo frutto del suo

pigro ingegno , la quale ancora

non posso
ci

stabilire

con cerle

tezza quale

sia,

ma che

forse

non

pervenuta, e
;

racco-

manda

la spedizione di alcuni suoi negozi

termina ricordandole
effetto
,

una promessa

la quale

se

non ha avuto presto

do-

vrebbe averlo

buono

ora necessario che prendiamo qualche conoscenza dell'altro


ci

personaggio che

occuper, cio del Pigna: che per


le figure di

lo

passato

usava lasciare nell'ombra


oggi ben
si

minore importanza, mentre

nota quanto dallo

studio di esse e dell'ambiente le

maggiori vengano pi intimamente conosciute.


Ritratto di G-iambattista Nicolucci, detto
il

Pigna

(1),

Alele

nella Gerusale'mnie liberata (2); segretario di

duca Alfonso e da
di

questo prediletto (3), riformatore agli studi, storico

casa d'Este(4),

(1)

Una pigna

era l'insegna della farmacia paterna. Vedi

M. A. Guarini,

Compendio
della

istorico dell'origine, accrescimento, e

prerogative delle Chiese

citt e diocesi di

SGiMBENi, Istoria della


si

Ferrara, Ferrara, Baldini 1621, p. 253. Gfr. Grevolgar poesia, Venezia, Basegio, 1730, V, 98. Ivi

parla del Pigna, ma non si danno notizie sulla vita. Fra le lettere dei Manuzi pubblicate dal dott. A. Ceruti tiqV Archivio Veneto, t. XXI, P. I, p. 263, ve n' ha una di Paolo, da Venezia, 17 Settembre 1556 a G. B. Pigna, a Ferrara, nella quale gli chiede ...che fusse contenta farmi far nella sua

spedarla diece over dodeci libre di zucchero rosato... .

FoNTANiNi [Aminta difesa, p. 376), asserisce questo, dicendo d'aver da una relazione ms. di Ferrara, stesa da monsignor Fabio Chigi, poi Alessandro VII. Cfr. anche Serassi, Op. cit., voi. I, pp. 295-6. (3) Teneva in mano tutti gli affari e il duca si fidava di lui completamente. Arch. Estense: Lettere di G. B. Pigna, 1568-75. Al duca: Mando
(2) 11

tratta la notizia

a V. Ecc.z
ch'ella

li

dispacci di

Roma

et di Fiorenza

aperti

da

me

secondo

mi hauea comandato... Di Ferrara a VII


che
il

di settembre

Dell'affetto

duca

gli

portava e di quanto egli


Lettere
di

MDLXVIII. ne usasse ecco un

curioso documento:

Arch. Estense:

Guido Coccapani Fattore

ducale generale. 1574. Proscritto a lettera del Coccapani al Duca, in data 11 S"" Pigna che giunge qui per darmi la sua da Ferrara 27 luglio 1574 lettera supplica V. E. a fargli gratia che sia accomodato d'un filo di perle

per bisogno di una sua figliuola quando non sia in diservitio


(4) Istoria

(sic) di

V. E.
e

dei Principi d'Este di G. B. Pigna, Ferrara, Rossi, 1570;

Venezia, Valgrisi, 1572.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


era questi
invidioso.

125

uomo di grande ingegno e dottrina, ma finto, astuto, Fu anche men che mediocre poeta italiano migliori
:

sono

suoi

versi latini (1). Della


fino
dall' et

sua natura abbiamo curioso


,

documento

giovinetta

per

la

ingratitudine e

mali modi usati verso Giambattista Giraldi, suo maestro, che fu


obbligato ad allontanarsi da Ferrara per non soffrire ulteriori indegnit.

questo fatto non senza


i

importanza per noi, poi che


poco benevoli sentimenti del

da esso possono forse dipendere

Pigna, n^li anni seguenti, verso Torquato.


Il

Giraldi ed

il

Pigna pubblicarono nello stesso anno un discorso


(2),

sui

poemi cavallereschi

accusandosi reciprocamente

di plagio.

In principio del libro del Giraldi un epigramma latino al Pigna,

e in fine sono tre lettere, due del Giraldi al Pigna, e una del Pigna
al Giraldi, intorno a questa materia,

Pigna inoltre nella dedidelle

catoria del suo

volume a D. Luigi d'Este chiama plagiario


(3).

cose sue

il

suo maestro

Primo a notare questo


cerc di difendere
il
:

fatto

fu

il

Fontanini:

il

Barotti (4)

Pigna se non che, venuta

alla luce, nel 1758,


italiani e

una

lettera dello

stesso Giraldi, tra quelle


(5),

d'illustri

tedeschi a Pier Vettori

ogni dubbio svan, leggendosi in essa

che:

< varii rerum

casus,

variaeque fortunae vicissitudines


discipuli
xapiaia

inhumanaque
vexarunt
,

ingratissimi

me vehementer

come

idem discipulus nihil intentatum reliquerit,

quo accepta beneficia, et assiduos diuturnosque in eo erudiendo


labores ingratissimo

animo pensaret, omnemque


modis penitus turbaret

tranquillitatis
.

meae

statura

indignis

Ma

invero

(1) (2)

Carminum

libri quaituor, Venezia, Valgrisi, 1553.

intomo al comporre dei romami e delle commedie, delle tragedie, e di altre maniere di Poesie, Vinegia, Giolito, 1554. G. B. Pigna, / Romanzi, divisi in tre libri nei quali del4i poesia, et della vita di Ariosto con nuouo modo si tratta, Ferrara, 1554. Ci) Cfr. Fontanini, Bibl. dell' Eloq. ital. con le Annot. di Ap. Zeno,
G. B. Giraldi, Discorso

Venezia, 1753, voi.

I.

Op.
(4)
(5)

cit.,

p. 4.

Cfr.

pp. 2;2-33 nelle Annotazioni.

Vedi

G. B. Pigna,

Tiraboschi,

St. d. lett. ital., VII, 1394-5.

Difesa degli Scrittori Ferraresi, Roveredo, 1739, pp. 119 sgg.

Tom.

I,

p. 101.

126

A.

SOLERTI
tra le lettere di

non v'era bisogno


Bernardo Tasso
chiaramente

ci

di

questa conferma, quando


si

(1)

una

leggeva dello stesso Giraldi, che pi


si.

indicava di che cosa


il

trattasse
di

stato cagione

poco grato animo

un mio scolare

figliuolo dello spiciale dalla pigna, che dodici anni, e pi, stato mio scholare, e che io finalmente adottorai, con
tutto

quello

amore che

egli,

io seppi,

che

sia stato costretto

a mostrare la menal

zogna ch'egli haveva voluto dare a vedere

mondo,

ci

che

e non io era stato l'autore di quella materia, e perci fare


le lettere

stampare

che V.

S.

vedr insieme con questa,

in giusi

stificazione del vero; oltre molti altri testimoni che presenti


sono trovati,

quando e a
che sono

lui,

e ad altri io
,

ho insegnate

le

me-

desime cose

scritte

come

forse potrebbe mostrare


io

qualche grato discepolo un giorno; e come


a V.
S. et

potr giustificare
il

ad ogn'uno quando

il

luoco, et

il

tempo

ricercasse.
vii-

Ma
Ci

cos va, chi a ingrato serve, et


.

gran ventura, che un

mente nato, nobilmente proceda....

non passato inavvertito una


lettera

al

Campori,

il

quale
si

pubblic

anzi

del

Pigna a Bernardo Tasso, ove

accenna

cosi alla lettera del Giraldi (2):

Non

voglio lasciar di dire che intendo d'un secondo vo-

lume

di lettere sue,

nel quale io son circonscritto d'una strana

maniera:

et sebene per

molti rispetti noi


.

possa credere, ho

per voluto toccargliene una parola....

Vero era
questo

l'

atto
il

di

nascita
,

che

il

Giraldi

gli

attribuiva

noiava

Pigna

il

quale,

venuto in grande autorit e


(3).

riputazione, cercava di far dimenticare la sua bassa origine

Forse

come osserva

il

Campori

egli

non aveva

torto di la-

(1)
(2)

Venezia, Giolito, 1560,

t.

II,

pp. 2134.

Lettere inedite di Bernardo

Tasso, precedute

dalle notizie intorno

alla vita del medesimo, per cura di G. Campori, Bologna, Romagnoli, 1869.

Della Scelta di curiosit, Disp. 103; vedi


(3)

p. 62.
si

questa questione
il

dell origine
il

plebea del Pigna, e ad altre cose,


si

riferisce

seguente documento,

quale ben non

comprende interamente
a
stento

per essere logoro e macchiato oltremodo. Abbiamo

potuto deci-

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


gnarsi, sebbene

127

Bernardo potesse rispondere che


lui,

la lettera

non
di

era gi dettata da

che nelle sue non

si

trovava cenno

frarlo

qua e

esso tra le minute del Pigna, che fosse


scrivere dal duca in suo favore.

abbiamo supplito qualche parola. Sembra trovandosi una memoria che volesse far sotto,

Arch. Estense.

Memorie

minute di G. B. Pigna, 18 settembre

'74.

[Ad Alfonso] da Este Prencipe di Ferrara


e'

Se M. Frane."
[Bentiv]oglio

[n]eiropera
solo
et

ha mandato fuori contra

il

S.

Cornelio
(1)
|

havesse

atteso alla difesa delle sue ragioni a noi di non scriuere la presente
4L
|

certo di pi honore,

[saria] stato cagione,

ma

perch dopo

si sia egli ha cercato d'offender tra gli altri et contro Pigna nostro segretario, ci paruto cosa molto giusta di non < passar questo con silenzio. Et prima cpiando dice che il Pigna presto

la sua difesa, quale


il
|

ragione

< a dire

il

suo

parere senza esser

til'huomo tolga nostri secretari

questa certezza
|

[chia]mato, non so dove questo gen[S]a egli forse tutto quello che noi a

egli

comandiamo: [s]e mai non sta nella nostra corte? Sa similmente che il Sig"" Ercole Bentivoglio col quale il Pigna pra|
|

tica spesso
il
I

per essere

questo

signore

tanto

letterato

Sig'

Hermes Bentivoglio non l'habbia


nel

di ci pregato?
si sa,
|

quanto , o che [non ] cosa


|

cavalleresca accertare per vero quello che non pere

come

caso

presente?

uolgo quello ch'ha scritto Irebbe parer al


< rara tutto
<i
|

si] pu saS'imputa anchora ch'habbia ...rato dal nel libro suo Ilo. Et nel nero che forse po-

[o

non

...Ila

estimatiua eh' egli ha di s, che partito egli

...Fer-

il

resto fosse uolgo. et

non dimeno
|

et oltre l'uso priuato dell'attendere


|

scientie,

che vi sono: senza che si pu hauere


le corti

amicitie et seruit co' giorno in


I |

huomini, ancho che sieno lontani, quasi ogni nostra citt si trovano tanti ili." sig." tanti ualorosiss.

tanti ecc."' Dottori et Lettori,


|

conuersatione ritrar bla di


I

et

che beniss.
in

con che si pu conuersare, et dalla non so se sia huomo del uolgo uno ch'habse ne semi. Ma poi che parlare, desidererei
| |

imparato che parlando di gio nane di... ualoroso nelle armi, di famiglia 111.* et... molto pi nobile di lui, che il s'usi quello... com'egli ha fatto quando scriue al S."" Cor nello... che di auttorit assoluta gli ho leuato... Varano: et soggiunge
|

sapere

qual

habbia

il

Villa

poi; et io non ne fuori d'ogni buona < per


I

mi pareua potermi spesare

di lui.

creanza, et ogni gentilhaomo

modo ueramente che conosce quel S.'


| |

procedere
il

mordere

alienarsi l'aio da esso Villa. Ulti cerca il Villa di Pigna per conto della recitare le cose troncamente, ac|
I

< ciocch'egli

piglino senso contrario della uerit. cosa


|

del cavaliero.

Ma

certo

eh' intendeva a proposito


I

far conoscere al
|

mondo qual

fosse la

era contraria di parere intomo alla

mentita. Et per

(1)

I parole

in eorairo sono owcellAto e r'

rchmo in margine, ma questo logorato e

il-

leggibile.

128
ci.

A.

SOLERTI
il

Checch avvenisse

di

questo incidente, dice

Gampori, non

andrebbe

fuori del verosimile,

come

gi avvertimmo, chi volesse

riconoscere
del
il

in

esso la cagione

che dispose l'animo orgoglioso

Pigna a sentimenti malevoli contro Bernardo, e poscia contro


il

figlio di lui,

quale per cosa che facesse non

pot

mai en-

trargli in grazia (1).

uolta

leuarle quando hauessi uoluto che non si fosse partito


| I

il

credito, haurebbe operato


|

ogni

maniera con che ci


guisa; Io scrittore di
|
|

si

dee fare.
Duello
pubblico
|

Perci

onero a palesarlo in

tal

un giovane Ferrarese dottor

nelle arti

la

medicina:

lettor

della lingua greca et latina et secretario del Prencipe di Ferrara. land di suo padre haurebbe soggiunto che oltre
casa era de' Nicolucci et cittadin fatta al detto
| |

par-

cognome

eh' della

parere, non

far uedere un nostro simil seruilore offeso a torto [Et in] fede di [et] signata col nostro solito sigillo. Dato ci abbiamo fatto la presente . Pivi sotto aggiunto d'altra mano in vece del in Ferrara a periodo cancellato che abbiamo riportato in corsivo Et a questo modo si sarebbe uiduto ch'egli era d'assai honesta famiglia. Quanto poi alla impu|

difende.

di Cortona. .....poi alla impugnatione risponder altro, perch la cosa de s si la presente ci siamo mossi spontaneamente per
\
\

non

gnatione fatta [al] detto parere difende .


(1)

non accade

dir altro: perch'esso da se si

Un'altra accusa di plagio, della quale colpito

il

Pigna, desta certamente


stipendi di Alfonso li:
cit.,
il

una

cattiva opinione della sua onest letteraria, trattandosi nullameno che

dell'opera

sua principale e per la quale era agli

cio la Istoria de' Principi d'Este.

Lo Zeno (Fontanini, Op.

voi.

I,

245 nelle Annot.) riporta


in

l'attestazione di

Gian Girolamo Bronziero,

quale

un suo libro ms. delle Origini e condizioni del Polesine di Rovigo (poi stampato a Venezia nel 1748), dice che autore della Istoria non il Pigna, ma Girolamo Falletti, [il quale nel suo testamento raccomandava al Pigna
da
lui

la storia di casa d'Este,

composta, pregandolo

di rivederla

darla

poi alle stampe.


del Falletti.
Il

Il

Pigna avrebbe dunque abusato del deposito e

della fede

parla a lungo del Falletti; e confrontato

Tiraboschi (Storia della letteratura italiana, t. VII, p. 334), che si il ms. della Storia di lui,

conserva all'Estense, con quella del Pigna, nega vi siano somiglianze {Op. T. cit., p. 1412). In una delle lettere del Serassi al Tiraboschi riguardanti
i

Gampori,

e che trovai in copia dagli autografi fra le carte bergamasco scriveva: 11 Pigna fu pi ribaldo che altri non crede. Ella lo ha difeso bravamente dall'accusa che avesse espilato il Falletti, ma io tengo dei monumenti < incontrastabili d'altri furti letterari ch'ei fece, e d'alcuni tratti malvagi
suoi
studi tasseschi,
il

dotto abate

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


Molti

129

parlarono del Pigna

(1);

a noi basti sapere com'egli

< che us verso di altre persone degnissime, a solo oggetto di voler primeg< giare in tutto. > Quest' Historia del Pigna, (juanto per causa sua. quanto pel soggetto,
stata disgraziatissima. Essendo essa scritta a glorificazione della

Gasa d'Este
astio

nel tempo che fer\'eva

la questione di

precedenza tra

il

duca

di Ferrara e

quello di Firenze, questione che

anche esaurita lasci grande


contro.

fra le

due

corti, pare,

per queste lettere che riporteremo, che a Firenze fosse stato


di

incaricato

un

frate

scriverle

Ecco

documenti: Arch. Estense.

Cancell. Ducale. Oratori

del Cortile al Duca: Il Cav.'' Salviati procurer 20 maggio 1576 di hauer in mano molti fogli della Hist.* di quel Frataccio che scrive contra quella del Pigna, essendo che egli l' ha di nuovo fatto pregare per
il sig.'' Giovanni Rondinelli che la voglia correggere et subito che li haur < mi ha promesso, che me ne dar la copia: potrebbe essere per che detto frate non la potesse finire trovandosi bora nel letto con febri ardenti et

Firetize. Cav."^* CortUe, 1576.

mal di pietra
del

*
:

Segue poi inclusa nel carteggio

la

seguente minuta

Duca al Cortile < Cav."" Cortile. Habbiamo ^isto quanto ci havete scritto intomo a quel Frate che dice di scriverci contro l'Historia fatta dal Pigna,
et vogliamo che voi veggiate con destro

modo

d'intendere a che termine

egli habbia quest'opera sua, et quanto potr stare a darla alle stampe, e che subito ce lo facciate sapere et insieme di che

paese sia esso

Frate;,

ma

avvertirete

per di far ci

coi

buon modo senza mostrare

di curar-

< vene pi che tanto. Il Salviati fin da questo tempo cercava di accaparrarsi la benevolenza del duca di Ferrara, ai servigi del quale passava pi tardi. A questo proposito
curioso
il

carteggio

corso
il

negli

anni 1575-76 fra


Questi voleva

il

Cortile

residente a

Firenze e

il

duca circa

Salviati.

dedicare al duca la sua


il

traduzione della Poetica di Aristotele, senza dargli

titolo di

Serenissimo,

per timore di dispiacere al granduca di


Il

Toscana
tutti
i

del

quale era suddito.


e
il

duca

di Ferrara
la

rispondeva di voler
posizione

suoi titoli :

Salviati cer-

chiamandolo maffnanimo, glorioso ed invitto principe. Queste cose sono spiegate dal Cortile al duca, del quale sono unite nel carteggio citato le minute di risposta. Nei carteggi poi degli anni 1586-99.
cava di girare
si tratta

dell'accettazione

del

Salviati al servizio della corte estense, dello

stipendio, delle sue letture, e della morte.


(1)

Poco
t.

nulla

peraltro

dicendo
,

della sua vita, la quale


lett.
,

quasi

in-

tieramente ignota , Cfr. Ghtlini

Teatro d' huom.

Venetia , Guerigli
,

1647,

I.

p.

102;

Baruffaldi,

Le

Poet.

Ferrarien.

p.

19; pp.

Crxscui.

BBMi, Op.

cit., loc. cit.;

Notiamo qui

ci

FoNTANun, Op. cit., loc. cit. e voi. II, che abbiamo potuto raccogliere sulle opere
Discorsi, e
i

del

oltre le Storie e

versi latini citati.

Oli Eeroici,
il

69 e 245. Pigna
suoi
si di-

libri tre,

Ferrara, 1561. Sono cinquanta stanze, migliori, dice

Serassi, d'altri

componimenti
OiomaU

(Cfr.

Op.

cit., I,

196, n.

8).

Il principe, col quale

$iorieo, X, Cuc. 88-89.

130
morisse di quarantasette

A.

SOLERTI
il

anni,

4 di novembre 1575

(1);

cer-

chiamo ora

le

sue relazioni con

Torquato. Gi abbiamo veduto

scorre come debba essere

Soratiana.

Quaestionum poeficarum,
(cfr.

il

Principe Eeroico, ecc.,


lib.

XII.

De
del

Otio libellus
il

Ghilini, Op. cit, loc.


edito in:

cit.).

due. Poetica De Consolatione, Probabilmente opera


libri libri III.

Pigna

Tempio d'amore
il

Cavalerie della citt di Ferrara che

Monte di Feronia et il Tempio due prime opere di Venezia, N. Bevilacqua 1561 in-4; del Tempio questa la prima. A. Vesme nel suo recente pregevolissimo lavoro: T. Tasso e il Piemonte, estr. dalla Misceli,
contengono
Castello di Gorgoferosa, Il

d'am.ore. 1566.

La prima

ediz. delle

XII (XXVII), 45, a p. 76 fa noto come nella Bibl. un esemplare della Historia de'' Principi d'Este, Vinegia, Valgrisi, MDLXXII con questa annotazione ms. nel frontespizio: Donato dal Sig. Principe di Mantova a me Torquato Tasso ; ed a pp. 791 e 798 due postille dello stesso carattere e dello stesso inchiostro. Ma s l'annotazione che le postille paiono al Vesme falsificate. Nella Comunale di Ferrara
di Storia Ital., Serie
di
II,

Reale

Torino

si

conservi

si

conservano poi mss.


il

le seguenti cose:

God. 110, Lettere e estratto della


di Firenze. [ creduta del P.];

storia de' Principi d'Este ;Cod. 120, Scrittura intorno alle ragioni di pre-

cedenza tra

duca di Ferrara

e quello

God. 220, Lettere; God. 502, Alcune Poesie.


p. 198, n. 2) dice d'aver

Il Serassi {Op. cit., voi. cit., veduto rime del Pigna ms. nella privata libreria

Rossi di Ferrara; e che desse


nel God. 252,

erano quelle composte dal P. in giovinezza,


si

sin verso l'anno 1566. Oltre a ci


il

conserva nella stessa Comunale di Ferrara,


innanzi. (Cfr.

suo

famoso canzoniere in lode della Bendidio, del quale


I,

dovremo occuparci pi diffusamente pi


tere del

dei mss. della Civica Bibl. di Ferrara, Ferrara, 1884,

Antonelli, Indice 145). Alcune let-

Pigna sono sparse nelle copiose raccolte


infine si conservano:
s.

di lettere del cinquecento.

Nell'Arch. Estense

Lettere di G. B.
quali furono da

Pigna 1568-75;
diligentemente
al

e Mem,orie e minute 1572-74 e


esaminate. Varie lettere nei

d., le

me

carteggi
fra

di Particolari si trovano dirette

Pigna nello stesso Archivio 20 ottobre 1568 colla quale


serva unito alla lettera.
(1) Cfr.

l'altre ricorder

una

del

Montecatini del
si

gli

manda un
295

indice di libri greci, che

con-

Sgrassi, Op.

cit.,

voi. cit., p.

n. 3.

Una lunga
si

questione

si

agit
set-

intorno alla durata della vita del Pigna ; prima

credeva fosse morto di

tantadue anni (Vedi Baruffaldi, Op.

cit., p.

19 e

Rime

scelte dei Poeti Fer-

raresi, Ferrara, Pomatelli, 1713, nella Tavola);

ma

poi lo stesso Baruffaldi

trov che nel suo canzonierejper la Bendidio (cod. 252 della Comunale di Ferrara, gi ricordato),
il

P. stesso afferma di esser nato agli 8 d'aprile del 1529,

e corresse

il

suo errore.
il

Non

questa correzione per noi senza circostanza,


il

poich tanto

Cibrario, che

d'Ovidio, confortano certe loro opinioni col-

La data della morte si viene a conoscere anche dalla seguente lettera, dalla quale appare altres come il Pigna avesse accumulato in s i pi svariati offici alla corte. La lettera fu tratta dall'addurre l'et avanzata del P.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO

131

che precedenti avessero; venuto Torquato a Ferrara prese a


fargli la corte, forse

ben conoscendone

l'indole, e fre(iuent la

sua casa con molta assiduit. Prova


sonetto, in lode di

di ci

l'abbiamo in un suo

Laura

figlia del

Pigna, che comincia (i):

Laura, che fra le

Muse

e ne l'eletto

Loro albergo nasceste, in cui sublime


Poeta gi dett pregiate rime,

Pien

di filosofia la lingua e

'1

pettoecc.

Ei che vi

f,

potea ritrarui ancora

La ve

l'Idea ci forma, o 'n quelle note

In cui l'Idolo suo finge, et adora:

nell'esposizione chiarisce
figliuola del

il

Tasso esser essa nata fi^ le muse,

perch fu
filosofo, a'

signor Giouan Battista Pigna, Poeta,


il

suoi giorni di molta stima,


e leggeua

quale in casa fiauea


filosofia

vn

bellissimo sticdio,

pubNicarnente

de

costumi.

appresso nota ancora. Ei che vi f.

E padre vostro

il

quale

l'Archivio mediceo dal Capponi e pubblicata a p. 147 del suo saggio Stdla
ixiusa finora

ignota delle sventure di


de'

T.

Medici gran Duca di Toscana. * Ieri sera appunto il sul sotterrarsi del Pigna ebbi la lettera di V. A. S. del 27 del passato, data al Poggio. In luogo del Pigna, in quanto Segretario della persona del Duca, si bocia il sig. Lorenzo Tassone, fratello di Paulo, gentilhuomo dalla bocca di V. A. S.; in quanto segretario della Segnatura nel cav. Acciajolo, in quanto a Poeta nel Tasso, in quanto a umanista e

Tasso, Firenze, Pezzati, 1847.

Bernardo Canigiani a Francesco

riformatore dello studio nel filosofo Montecatino, o nel Guerrini (5. Cruarini)

ed in quello
rara,

si porr l'istoriografo. Di Fer: L'istoriografo fu poi il Tasso. Del Sig. Torquato Tasso Parte seconda. Di nono (1) Belle Rime date in luce, con li Argomenti et Espositioni dello stesso Autore. [Ancora con delfino attorcigliato.] In Brescia Appresso Pietro Maria Marchetti 1593.

di questi

due che rester vacuo


>.

di

Novembre 1575
\

\\

{|

Con

licenza de'Superiori.

Vedi

pp. 17-18. Questa ediz. colla parte

prima

del 1502; e la sola Parte prima, Mantova, Osanna, 1591, sono le sole edizioni

curate dal Tasso, e per sfortuna

contengono una piccolissima parte

delle sue composizionL

132
scrisse dite libri de rime,
l'altro degli
Il

A.

SOLERTI
qiuzsi idea d'vn

Vvno

amor

perfettOy.

amori propri.
che invano Torquato s'era studiato
e
la di

Serassi (1) aggiunge


tutta
la

dimostrargli riconoscerlo
poesia:

stima

dipendenza possibile, sino a


della

per superiore e maestro anche nelle cose


gli

giacch contuttoci non

era potuto riuscir mai di


co-

cattivarselo in guisa,

che

gli

fosse

veramente amico, e non


;

vasse tuttavia qualche secreta malevoglienza contro di lui


ei dice, fu

tanta,
gloria,

sempre

la gelosia

che

il

Pigna ebbe della sua

massime veggendolo
e di

in

tanto

favore della

duchessa d'Urbino

Madama Leonora

(2).

Conosciuto cosi l'ambiente, prendiamo ad esaminare l'amore


del Tasso per la Bendidio, e lo studio del Gibrario,
il

quale dice:

Questa donna e quest'amore furono la cagion prima delle sven ture del

buon Torquato. Lucrezia era corteggiata da Giambatil

tista Nicolucci, detto

Pigna, ministro influentissimo del duca,


perenni, e fabbro

ma

pieno

di sottili

malizie, covo di sdegni

d'inganni; e gli ardori del Tasso e del Pigna per la bella Lu crezia

accesero per

lei

non

so se

il

cuore o

la

fantasia

del

cardinale Luigi d'Este, fratello del duca e di Eleonora q pa-

drone, come allora

si

diceva, del Tasso


fissato

(3).

Anche
quato,

il

Serassi, dopo aver

l'innamoramento

di Tor-

come vedemmo, sul principio del 1568, tosto aggiunge (4) come egli trovasse un rivale assai potente nel Pigna il. quale
(1)

Op.

cit.,

voi.

I,

p. 296.
il

(2) Il

Pigna fu sempre malevolo verso


questo.

Tasso;

di

ci

cenno spesso
e

dalle

lettere di

Un
,

certo

disprezzo
e

appare dalla seguente lettera


di G. B.

tratta dall' Arch. Estense


s.

Minute

Memorie

Pigna 1572-74

Acclusa in una lettera al Duca, senza data, v' pure quest'altra anche del Pigna, senza indirizzo e senza data: Rendo infinite gratie a V. S. delle rime del Tasso ch'ella m'ha donato, e non tanto per rispetto di lui quanto
d.

per cagione di lei le legger alle volte


(3)

quando ne avr agio


il

Op.

cit.,

pp. 10-11. Apparirebbe da queste parole che


lettera della

G. intendesse

che

il

patrone nella frase della


il

Bendidio

al cardinale dei

13

settembre 1573, fosse

cardinale d'Este, padrone del

Tasso.

Ma

questi

lasci quella servit in Francia nel aprile del 1571!

Vedremo invece a che

cosa
(4)

si riferisca.

Op.

cit.,

1,

195-96.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO

133
s'era posto

avendo anch'esso preso a corteggiar questa dama,


altres a celebrarla co' suoi versi

> Prosegue poi a narrare

come

accortasi Eleonora della

passione del Tasso e del perico-

loso rivale,

come

quella che proteggeva e stimava Torquato, a


sottile

togliere

qualunque inconveniente ricorse ad un

avvedi-

mento.

il

modo

fu

che ad insinuazione sua Torquato in

cambio di comporre nuove poesie in deificazione, com'egli so leva dire, della signora Lucrezia

(1), si

diede ad illustrare con

profonde e dottissime considerazioni alcune canzoni fatte dal


cotali

< suo antagonista su questo argomento, dedicando poi

sue
in

<

fatiche a

madama Leonora medesima


stesso e
,

(2),

con che

egli

venne

un tempo

a lusingare l'ambizione del Pigna, e a cee a farsi merito con


.

lebrare la donna amata

la principessa,

sua amorevolissima protettrice

Non

a dire in verit che


le

secondo

il

buon Serassi poco fruttassero a Torquato


non

sue Con-

sidera zi07ii!

Gibrario

all'incontro

fa

motto pi oltre della rivalit


stati

del Pigna, e afferma (3)

che essendo

accolti

con

somma

premura

dalla Bendidio gli

omaggi del cardinale


pi sviscerato

d'Este, e tosto

ricambiati coi trafitto dalla


-

segni del

affetto,

Luigi d'Este,

gelosia, concep

un odio
d'

furiosissimo

contro ai
il

suoi rivali

Per questi motivi cerc


lei

impedire che

Tasso

vedesse Leonora, perch presso


didio,

non

si

incontrasse con la Bendi queste asserzioni

che era sua dama;

cita a

conferma

le lettere del 1571 di Eleonora al cardinale,

nonch quelle

della

Bendidio allo stesso, del 1573

(4).

(1)

Lo

disse nella lettera di dedica delle Considerazioni

alla

principessa

Leonora.
(2)

Pigna,

Considerazioni di Torquato Tasso sopra tre canzoni di Gio. Battista intitolate le tre sorelle; nelle quali si tratta dell'amor divino in
lascivo.

paragone del
d'Este. Vedi

AlV illustrissima ed
II,

eccellentissima

madama Leonora

Le prose
1875, yoI.
p. 11.

diverse di T. T., per extra di C. Guasti, Firenze,


p. 71.

Le Monnier,
(3)

Op.

cit.,

(4) La cronologia soffre qui le estreme iatture. Osserva pure che come vedemmo, fino al 1570 la Bendidio era dama di Lucrezia e non di Leonora.
,

134
Poi che
i

A.

SOLERTI

due
il

storici

prendono diversissime vie e ammettono


il

di preferenza,

Serassi la rivalit col Pigna,

Gibrario la

ri-

valit col cardinale,

restando per terzo


l'altro

il

Pigna, convien esa-

minare prima l'uno e


dal Serassi
(1).

appresso: cos faremo, cominciando

HI.

Finora, poi che

si

facevano rivali

due

poeti, si

ammetteva
ci

contemporaneo

il

loro

amore per Lucrezia, sebbene


documento riguardo
al Pigna.

non

fosse confortato d'alcun

Ammesso,

e pur concesso, l'amore del Tasso per quella, esso va senza

dubbio posto, come

vedemmo (2),

come

lo

pose

il

Serassi, al 1568,
si

essendo di quell'anno l'unico documento che in questo senso


e
si

volle

pu interpretare. Senonch

il

Rossi recentemente, nel suo

pregevolissimo lavoro sul Guarini, gi citato, pot stabilire indub-

biamente l'amore del Pigna per


dell'innamoramento
(3).

la Bendidio, e la data

ancora

Ci

si
si

ricava dal codice, cui gi fugge-

volmente accennammo, che


rara;
questo
fu

conserva nella Comunale

di Fer-

prima posseduto dal Baruffaldi, e ne diedero

(1)

Non

vale la pena di discutere quanto su questo amore hanno detto


il

il

Rosini e
T. Tasso.
sito,

il

Capponi nei
Il

rispettivi saggi
il

Sugli amori e Sulle sventure di

Rosini osserva che

Serassi

non porta alcuna prova

in propo-

poi

non

fa

che ripeterne

gli

argomenti. Dice che la lettera di dedica delle

Considerazioni,, e queste stesse sono fatte per burla. Pi a lungo tratt la

questione

Capponi, che volle provare quest'amore per la Bendidio,

coli' in-

terpretazione dei versi 220-221

dell'atto I, scena 1, e\Y Aminta, nei quali,

secondo

lui, il

T. intendeva narrare nel 1573 le follie nelle quali era incorso

qualche anno avanti per la Bendidio.


Conclusioni e
i

tre versi ultimi dei citati,

zina d'un suo sonetto che avrebbe scritto


voi. Ili, p. 73.
(2)
(3)

conferma di ci cita il Serassi, le che sono quelli della seconda terallora: il quale nelle Opere cit.,
ivi cit.

Vedi a
Op.

p.

120 e Serassi, Op.

cit., loc.

cit.,

p. 35.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


brevi notizie
il

135
(3),

il

Grescimbeni

(1),

il

Quadrio

(2),

il

Tiraboschi

Serassi

(4),

e l'Antonelli (5) nel suo recente catalogo.

Questo

codice

contiene un intero

canzoniere amoroso, e dal


:

nome

dell'amata venne detto dal Guarini (6)


Pigna.
Il

Il

Ben

divino, ed

opera appunto del

canzoniere fu ordinato cronolo-

gicamente dal Guarini che prepose a ciascuna poesia un breve


argomento, e
le dedic,

con lettera del

maggio 1572,

alla prin-

cipessa Leonora (7); contiene inoltre le Considerazioni del Tasso


stUle tre sorelle del Pigna, gi ricordate. Esso

ancora quasi
il

completamente inedito
merita
di

(8),

certo,

come osserv anche

Rossi,

vedere

la luce.

opportuno per
dalla quale
si

noi riportare ora qui la lettera dal Guarini,

ricavano

parecchie notizie e che

ci

servir per
(9).

un
Il

riscontro di sentimenti, forse

non casuale, pi tardi


non ahbandonando

segretario Pigna, che per tanti anni,


(10),

l'Historia gi

cominciata
quella

n anche

le consuete letture deU'Ethica,

regge solo tutta


gli

carica,

quando pi aggrauato dagli spacci, che

occorrono di

(1)

Op.

cit.,

V, 99.
II,

(2)

Storia e ragione di ogni poesia,

272,

(3) Biblioteca

modenese, IV, 150-51.

(4) Op. e voi. cit., p. 197, n. Il Serassi ne ebbe notizia dal Baruffaldi il quale pensava di pubblicarlo colla vita del Pigna, da lui scritta; ma poi suppone che, morto il Baruffaldi, fosse forse passato al Barotti, allegando che questi

mand
a
(5)

copia allo Zeno della lettera con cui

Guarini indirizzava
Ili,

il

volume
il

madama Leonora
Indice
cit.,
I,

d'Este (Gfr. Lett. di Ap. Zeno, voi.

p. 138).

145. Veggasi ivi la descrizione del codice, che porta


il

n* 252, ed in4 di carte 206 e 19

quale certamente la copia di dedica,

perch elegantemente legato in pelle, sulla cjuale appare impressa l'aquila


estense con sotto le lettere Le. Es. (Leonora Estense).
(6)

Veggasi appresso
Rossi, Op.
cit.,

la lettera di dedica.

(7)

Ice. cit.

(8) I componimenti che contiene sono 149. Sette sonetti, un madrigale, ed ona canzone furono pubblicati dal Barufp.\.ldi nelle Rime scelte de' poeti

ferraresi, Ferrara, Pomatelli, 1773, pp. 127-33.

Il

sonetto quarto fu pubbli-

cato dal Rossi, toc.


(9)

cit., p. 36.
il

L'ha pubblicata

Rossi {Op.

cit., p.

272), traendola dallo stesso co-

dice 252.
(10) L'Istoria dei

Principi d'Este,

cit.

136
fare nel seruigio del
di

A.

SOLERTI
fratello di

Duca mio signore,


essi,

V.

E ce. za,

allhora, fatta

mano

in

mano

Tespeditione di

per sua ricreatione, non punto seque-

strandosi, in breuissima respiratione et tratta di

tempo suol partorire a uoglia

sua et senza

dolori del parto hor


il

una

sorte hor un'altra di versi in questa


S. E.z gli fece

lingua. Et dopo haver finito

volume degli Amori, che

gi

ragunare
mezzi

(1),

orditura molto uaga per la uariata continuatione dei principi et

et fini

dall'innamoramento, qual pu essere in un cavaliere, pose, e

gi l'anno, per principale et solo et perpetuo soggetto, la Signora Lucrezia

Bendidio et l'ha celebrata in questo corso di tempo


sali,

si

per termini uniuer-

come con osseruare

et descriuere gli accidenti particolari

che tra tanto

le

sono occorsi, prendendo dalle diuine bellezze dell'animo et della persona,


lei,

che con incomparabile merauiglia et gloria risplendono in


affettuosi
,

pensieri bora

bora altissimi alla contemplatione eh' in


alle

lui.

Le

cui rime persi

uenutemi

mani, parendomi per quantit et qualit, bench scritte in

pochi mesi et in tanti negocii, non indegne di conserua, ho uoluto

porre

insieme et distendere, quasi secondo che


dalla

successiuamente

gli

sono

cadute

penna con

intitolarle dal fine et dalla

materia

il

Ben

divino. Ora, uoet

lendole io consacrare

all'immortalit, per essere

questa

dama

prima
si

et

dapoi che

manc

l'altra
,

Duchessa nostra
et per

(2), di

cui era damigella,


ser.'^

pu

dire creatura di V. E.

trouarmi

io

nero

dell'

una

et

stretto

parente dell'altra, et intimo amico et aperto celebratore del suddetto segretario tanto dedicato

all'una

per deuotione et all'altra

per osseruanza, ho
tutti

pensato di presentarle all'Ecc.^a V., tanto pi conuenendole non solo per


questi rispetti, et per l'esquisitissimo giudicio ch'ella
tioni, s

ha

in simili composialla

come

nel resto corrisponde con

animo heroico

grandezza del

suo sangue reale,

ma

principalmente ancora perch nacquero per la maggior


conceputi alla

parte da argomenti

presenza

sua. Alla quale


la

inchinandomi
il

ben humilmente bacio con ogni debita riverenza


Dio che la prosperi
D. V. Ecc.za
et essalti.

mano

et

prego

signor

Di Ferrara

il

p." di

maggio

MDLXXIL

humilissimo serJ

Battista Guarino.
L'8 aprile 1571, mentre ancora
i

terremoti (3) tenevano tre-

(1)

forse

il

codice di

Rime

veduto dal Serassi, di cui


a

facemmo cenno,
Francesco Maria

p. 129, n. 1.
(2)

Lucrezia d'Este, che nel 1570 era andata sposa

della Rovere, principe d'Urbino.


(3)

Gampori, T.

T. e gli Estensi, Estr. Ili, pp. 14-15.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


{Hdanti e impauriti
i

137

Ferraresi,

il

Pigna

si

era invaghito della

Bendidio proprio nel tempo in cui ella in compagnia di donne

che tutte stavano

in divozione si
(1);

rammaricava

della continua-

tione dei tremuoti

e da quel giorno,

come

dice

il

Guarini,

non

lasci di cantare di

lei,

e di

quanto

le

accadeva intorno.

Or dunque come va

la cronologia?
si

n
per

Tasso, ammettiamo,

innamor del

*68, il

Pigna nell'aprile

del '71,
la

quando

il

Tasso dall'ottobre dell'anno innanzi era partito

Francia

(2).

Aveva dunque
cardinale

atteso d'aver

il

campo

libero?

Ma

in questo caso
si

avrebbe dovuto decidersi prima a dichiararsi


il

perch

sapeva che

stava

per rimandare parte

(1)

Continuarono per nove mesi. Com. di Ferrara, cod. 252. G. B. Pigna,


Divino: argomento al son.
I.

Il

Ben

Questo sonetto ritrovato fra gli altri di

< qualit, che pare appropriato

all'

introduttione di queste rime: percioch

mostra l'occasione onde l'Auttore s'affettion alle bellezze della Donna, che fu quando ella in compagnia di Dame che tutte stavano in diuotione si < rammaricava della continuazione dei tremuoti della citt di Ferrara patria loro: et mostra insieme l'effetto che ne pu seguire cos diverso dalla sua intentione: la quale ove fu di scrivere con stile basso et con animo non elevato al cielo:
et di ripigliare

qualche ristoro nei

travagli

suoi, n'

auenuto che l'altezza del soggetto l'ha sollevato da terra: et la molta sua

< affettione

gli

ha

alle volte affranto l'animo >.

SONETTO
OoniA La
d'alt beiti
diil

I.

dd

discese

Piangendo et soepinndo in santo coro


natia rina scossa one io l'adoro.
et sospir sooi m'accese.

Dei dolci pianti

L'arme gi

al
:

tempio d'Helicona rese

I* ripigliai

non perch U
:

erin d'aUoro

Cinger pensassi
Intra del

ma

per mio ristoro

mondo
:

et di fortuna offese.

Hor
E*

se qaesti pensier nince l'oggetto


il

daol

peroch l'un m'aita da terra


;

L'altro in amaro uersa ogni diletto


AseriTasi
il

mio

stil,

se

non s'atterra.
lei

Solo al nino nalor di

perfetto

E'

al

mio troppo desio l'aspra mia guerra.

(2)

Campobi, Art e Mem.,


,

cit, voi. cit., tornata

LXVIII, 16 dicembre 1862.


le

Corradi
i

Op.

cit.

p. 37.

Scrivendo l'articolo mi fidava dei riassunti delle


date
,

letture del

Campori. Ora giungo in tempo a precisare

possedendo

documentL

138
della sua famiglia,

A.

SOLERTI
:

come avvenne
Tasso

arrivando, con

altri, il

Tasso

a Ferrara
tra

il

12 aprile del 1571


Il

(1).

E come

poteva dunque esser


dedica
alla

quelli rivalit?

stesso, inoltre, nella

principessa Leonora delle sue Considerazioni citate, dice:

Fu

gi tempo, illustrissima ed eccellentissima


di

madama,
signora

cli'io osai

celebrare

la

bellezza e

il

valore

della

Lucrezia

Bendidio;

ma

conoscendo poi per lunga esperienza, che mal

poteva esser espresso dalla lingua ci che non era dall'intelletto; di temerario, non pur cauto,
posi freno

compreso

ma

timido divenuto,
i

non

solo alle
fatti

rime,

ma

a'

pensieri ancora,

quali

per lungo riposo bono giaciuti in menti

altrettanto pigri quanto paurosi, sareb-

un

ozio

perpetuo, se finalmente

comandagli

ed

conforti

dell'Eccellenza Vostra

non

avesse

eccitati e inanimiti (2) .

Dunque

il

Tasso cant Lucrezia gi tempo addietro dell'epoca

(1) Gi per questo viaggio il cardinale aveva dovuto vendere possessioni, impegnare le sue gioie e quelle della buona sorella Leonora, e contrarre un grosso debito (cfr. Gampori, T. T. e gli Estensi. Estr. 11, p. 23). Fino da un mese innanzi era pervenuta a Ferrara la notizia del ritorno dei corArchivio Estense, Gancell. Ducale tigiani e specialmente del Tasso. Al duca: Gominciando a rimandare Lettere del card. Luigi d'Este. indietro la mia famiglia per l'opinione che ho d'havere a tornare presto in Italia, non ho voluto lasciare l'occasione di questi miei servitori che s' incamminano si che per mezzo loro io non le facci riverenza, et le ri cordi il vivo desiderio che tengo di servirla sempre, et cos ho commesso particolarmente al Tasso che le venga a basciar le mani in nome mio, dal quale potr ancora intendere del mio benestare. Per non mi resta

che supplicarla che felicit. Di Parigi a'

si

degni di comandarmi et augurarle ogni desiderata


di

XVllI

marzo del

LXXl

il

Ganigiani
i

avvi-

sava al granduca:
rivarono

Di Francia tornano oltre a

tutti

gentilhuomini

della tavola del Cardinal d'Este, molti del


il

resto della famiglia, et ieri ar-

Tasso segretario

(1),

et

il

Bendedio scudiere, non potendo


si

S. S. IH.' reggere la spesa in su che de le sue entrate

era messa, ch'era di pi la met


del

Di Ferrara

a'

13 aprile

1571

(Arch. di Stato

di Firenze; Riformagioni).
(2)

Le prose
II,

diverse di T.

T.,

a cura di G. Guasti, Firenze,

Le Mounier,

1875, voi.
Qui

p. 71.

(1)

il

Canigiani attribuisce per errore al Tasso un titolo che non gli spett in alcun tempo.

Si correggeTa per pi tardi nella lettera del 4 giugno, che riporteremo in seguito.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


in cui dettava le Considerazioni, e
sieri

139
i

per lungo riposo

suoi pen-

eran divenuti pigri

e inoltre Tnal poteva esser espresso

dalla lingua, cio in rime d'amore,


dall'intelletto.

che non era compreso

questo egli sapeva per lunga esperienza ! L'astato

more per Lucrezia era dunque


paglia di

uno

de' soliti fuochi di

Torquato! Parrebbe: quando


scritto

egli stesso in

un sonetto

all'amico Flaminio de' Nobili,


poi (i), ci dice:

certamente molti anni di

Ma
X

se gradi Lucrezia

il

cor gi servo.

Libero l'ami ancor quanto conviene,


sprezzi le

mie

dolci antiche ciance.

questa Lucrezia certo la Bendidio.

poi quest' amore, che Torquato poteva confessare pubblica-

mente, e specialmente alla sua principessa, la casta e pia Leonora,

non poteva certamente essere andato pi

oltre del

costume

che era allora ammesso, anzi gradito: cio l'amore petrarchesco^


la lode cortigianesca.

Non
pure
il

basta ancora. Pi

innanzi, nella

dedica ricordata dice


della signora Lucrezia;

Tasso:
tante e
si

Le 'dir pur rime


si

perocioch poste, in

diverse poesie in brevissimo spazio com-

tante e

diverse

materie, con

tanto e

si

diverso

artificio, fralle occupazioni di negozi importantissimi, e fralle speculazioni di


semplicemente

una

lettura continua,

non

si

debbono giudicare

fatture d'arte e di dottrina,

che ciascuno co(2) .

< nosse nel Pigna;


Gli identici

ma

opere e creature d'amore piuttosto

pensieri di quelli qui espressi sono nel

principio
il

della dedicatoria del Guarini; ivi

pure

si

loda sopratutto

Pigna,

perch tra tanti

uffici

e cure abbia potuto, in breve tempo, cio


'72,

dall'aprile '71, al
ci

maggio

comporre questo canzoniere.


la

Ma
pre-

che decisivo quanto curioso


la

testimonianza dell'amo(3), il

ruzzo del Tasso per

Bendidio fatta dal Pigna stesso

(1)

Serassi, Op.

cit.,

voi

II,

p.

188, n.

(2) T.

Tasso, Op.

cit.,

loc. cit.
cit.,

(3)

Ci fu gi rilevato dal Capponi, Saggio

p. 20.

140

A.

SOLERTI

teso rivale, nel seguente sonetto

che

si

legge nel suo canzoniere,

manoscritto tanto ricordato:

Da

l'alter sol,

donde
il

il

tuo cor pi tempi

Sfavill Tasso,

mio cor lungo foco


i'

In brevi d

si

strugge e

son gi roco

Gridando in carte cos duri scempi.

Tu almen
Mentre

la

fiamma

or di gran ^Muse ademp,

di gloria, et di cantar

non

fioco,

Con chiara tromba a bellicoso gioco Meni il tuo Gotifr da i Sacri Tempi. Che fia di me? Chi sa che fia? Se Sorga Et l'Arno han steso in varie parti il corso.

'

Come

quel Tosco haver potea mai pace?

Forse averr, eh' un stesso amor qui sorga

Da un fiume

istesso, e

che un

istesso corso

Stringa due casti cori e un ben verace.

il

Pigna era uomo da prendersi a gabbo, n, da parte sua,

tale da ricordare, o scherzare, sopra

una cosa che poteva

sce-

margli vanto,

anzi procurargli

il

ridicolo.

Un'ultima osservazione: l'unica copia manoscritta delle Considerazioni del

Tasso quella che


del

si

conserva precisamente

nell'esemplare di dedica

canzoniere del Pigna, come ve-

demmo
Il

(1).

Serassi pose la data delle Considerazioni al 1868;

ma

egli

dovette gi essere corretto dal Campori (2) nella data delle Conclusioni

Amorose da

lui fissata al 1868, le quali

diceva essere

state dal Tasso sostenute per:

dare alla sua donna (cio alla

Bendidio) e a tutta la corte

un
e

bel saggio della prontezza del


la

suo ingegno (3)

Ora, per prove certe,


(4);
si

gara delle Confatte

clusioni va portata al 1570


la Bendidio.

sa che

non furono

per

(1) Cfr.

anche T. Tasso, Op.

toc. cit.

(2)

Aiti e

Mem.

cit.,

voi. cit., torn.

LXVIl, 16

die. '62,

Corradi, Op.

cit.,

p. 36.
(3)
(4)

Op.

cit.,

pp. 200-201.
delle Conclusioni

La prova
il

come

dai dispacci di Livio


di Stato di

Passeri, resi;

dente per

duca d'Urbino in Ferrara (Arch.

Firenze

Carte d'Ur-

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO

141

E le Considerazioni ancora non si riferiscono punto all'amore del Tasso con questa donna, ma sono anzi una prova della poca importanza di quello nella vita del poeta, che a parer nostro sono
state scritte molto

tempo dopo, quando quest'amore era gi


esse

pas-

sato tra
se

ricordi. Altrimenti

sarebbero apparse, checch

ne

dica,

un segno

di cinismo riguardo alla Bendidio, e di vi-

gliaccheria riguardo al Pigna. Anzi, crediamo poter

affermare

pi precisamente che esse furono composte verso la fine del 1571


al principio del 1572, allora

che

il

Tasso

si

ferm parecchio
si

tempo

in

Ferrara

(1):

e quando gi dal Guarini

era pensato

alla raccolta del

canzoniere del Pigna. Ci viene confermato,


fatto

oltre

che da quanto abbiamo finora esposto, anche dal


'70 e
il
'1

che

tra

il

71,

il

Tasso pass
,

sei

mesi in Francia; che tor,

nato di l

12 aprile 1571

come notammo
il

fermatosi

pochi

giorni a Ferrara, ne ripartiva

28 maggio per Roma,

coll'intento,
in-

come appare,

di cercarsi altro

padrone

(2).

Questo desiderio

bino. Legazioni a Ferrara) fu dal T. sostenuta,

non per

tre giorni continui

come aflerm
e
il

il

Serassi (Op. loc. cit),


1

ma

TU

gennaio furono pubblicate

18 gennaio,
il

delle feste per

e 6 febbraio furono sostenute; e ci fu nell'occasione matrimonio di Lucrezia col principe d'Urbino, che ebbe

luogo
(1)

il

15 gennaio 1570.
il

Cos afferma

Campori

nelle sue carte da

me
i

esaminate, dopo parlato


lui

dei viaggi dei quali

diciamo in seguito. Guida sicura a

erano

Libri

della Dispetisa conservati nell'Archivio Estense,

quali per non ho ancora

potuto riscontrare.
(2)

Archivio di

Stato
,

residente a Ferrara
titolo

scriveva
Il

dato al Tasso:
ito

Bernardo Canigiani, granduca errando per nel segretario Tasso, giovane litteiato et bello scritdi
;

Firenze
il

Riformagioni.
al

28 maggio

tore sen'

Roma

a cercare

sua ventura, molto informato dalle valo raccorr

nit e glorie vane di questo paese. Credo che chi lo piglier al suo ser-

vizio se ne soddisfer;

ma

il

Cardinal di Ferrara

per

non

lasciarlo sfarfallare, bench

^li molto

< nostra, et stucco di Ferrara. >

inclinato a la nazione et lingua

nella lettera alla principessa Leonora,

da Casteldurante 3 settembre,
tere di
T.

si

dice libero da ogni servit. (Guasti, Let-

la nota 3 andare il T. direttamente da Ferrara a Urbino e a Casteldurante, e confonde questo viaggio a Roma con l'altro che il T. fece molto probabilmente, al seguito del duca Alfonso, nel gennaio del 1573, quando quegli si rec a prestare omaggio a Gr^orio XIII.

Tasso, voi.
11

I,

lett.

16).

Vedi riguardo a questa lettera


p. 40)

seguente.

CoBJiAm (Op.

cit.,

fa

142

A.

SOLERTI
tempo,

dica pure che a Ferrara, in quel

non

lo

legava

alcun

impegno

di

cuore; anzi dalle parole del Ganigiani, che riferiamo

in nota, pare

che Ferrara per pi motivi


il

gli

fosse

venuta a
forse

noia.

Senonch

duca Alfonso proprio


il

in

quei

giorni,

avendone da qualche tempo

pensiero,

profondo

conoscitore

degli ingegni e pronto com'era a

non

lasciarseli sfuggire
si

quando

potessero portar lustro alla sua corte,


al

decideva ad accoglierlo
(1).

suo servizio, con condizioni ottime e assai onorifiche

Alri-

lora Torquato ritornando da

Roma,

si

fermava a Pesaro per


tutto
l'estate

verire quel duca, poi

si

tratteneva quasi

con

la

Il

Gampori, che

il

Corradi

allega, diede

notizia

del

primo viaggio negli


secondo nella Torpose

Atti e

nata

Mem. cit., Tornata LXIX, 6 Febbraio LXXIV, 24 aprile '63. Ci confortato


i

'63, e del

da quanto nelle sue carte ho


il

rinvenuto, ed pure assai ragionevole la dubbiezza in cui


viaggio, secondo
dalla

secondo

documenti; se non che questi vengono ora confortati


secondo quanto diremo della di lui

testimonianza dello stesso Tasso,

Albano, che nell'epistolario raccolto dal Guasti ha la data 4 maggio 1572. Le prove poi che il Capponi (Saggio cit, p. 92) ricordato dal Corradi (Op. loc. cit., n. 12) asseriva d'avere di questo secondo viaggio, stimo essere le lettere del Canigiani, che sono nell'Archivio di Firenze, dalle quali appunto muove la notizia, ma anche il dubbio del Gampori. Per la rettifica di questi fatti, lasciando da parte il viaggio a Roma
lettera al cardinale

nel 1571, e restando fermo quello nel principio del 1573, viene ad acquistar

valore l'epoca di

lettera al cardinale

due anni Albano

di lontananza

da Roma, posta dal T. nella sua


il

del 6 aprile 1575, che


cit., lett.

Guasti voleva corregalla

gere in tre anni (Op. voi.

23
il

nota).

Come anche
cit.,

lettera

pure diretta
il

al cardinale
cit.

Albano cui

Serassi {Op. voi.

p. 185) e poi

Guasti {Op. voi.

lett.

15) apposero l'anno 1572, secondo bene osserv

il

Corradi, va ridonata
la pubblicava.

la data di 4

maggio 1573, posta


11

dal Muratori, che

primo
(1)

Archivio di Stato di Firenze; Riformagioni.


il

Canigiani avvisava al

granduca

4 giugno

11

Tasso fermo al servizio del Duca di Ferrara,

non per con titolo di segretario.

del 30 dello stesso

mese

nel-

l'Archivio Estense una lettera del conte Belisario Estense Tassoni a Benedetto

Manzuoli, segretario
il

del

cardinale

d'Este, che conferma la notizia.


S""

Si dice che
{il

Tasso accomodato col


se

Duca

tutte volte

che

S. S. 111.^

ne contenti, e questo uscito di bocca del S."^ Pigna. 11 fatto per non si avver che nel susseguente anno; in altro luogo faremo vedere come per verit il Tasso avesse quasi quadruplo stipendio di quello che riceveva dal cardinale, e maggiore di quello di quasi
cardinale d'Este)

tutti gli altri cortigiani,

senza avere alcun obbligo.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


principessa Lucrezia a Urbino

143
e non
ri-

e a

Gasteldurante (1)
(2).

tornava a Ferrara che

il

23 settembre

Ma
si si

per poco:

che

ril ottobre partiva al seguito del duca, che


di al

recava

ai

fanghi

Abano, avendo ammalato un ginocchio, e l 22 ottobre


(3). Il

tratteneva fino

duca

si

portava poi a Comacchio, fermandosi

col con Lucrezia fino al 18 novembre.


altri cortigiani restasse in

la

probabile che
il

cogli
il

quel luogo anche

Tasso, che era

prediletto dei principi.

Adunque, prima

lunga assenza, poi la

(1)

Guasti, Op. cit, voi.

II,

lett.

351. Questa dimora con

la

principessa

Lucrezia, e la lettera alla principessa Leonora del 3 settembre (Guasti, Op.


cit.,

voi.
al

I,

lett.
,

16) erano dai biografi per lo innanzi portate al 1573 invece

davano motivo a mille strane supposizioni. Cfr. invece LXIX, 6 febb. "63, e Corradi, cit., voi. I, tornate Op. toc. cit., e i documenti che portiamo nella nota seguente. Gancell. Ducale. Carteggio di Mons. Grana. Lettera (2) Archivio Estense ...11 Tasso venuto con la prinal cardinale d'Este del 25 settembre 1571
che
1571
e

Gampori, Atti e

Mem.

cipessa
cit.).

d'

Urbino

et sta

benissimo di grassezza. Cfr. Corradi

Op. loc.

che giunse veramente il 23 sera, mossero il Duca eia sorella Leonora. Lett. di G. B. Pigna, 1568-75, conservate nello stesso Archivio. Al cardinale d'Este: Il Duca part hor bora che dopo hauer
< fatta
la

Ad incontrare Lucrezia,

sua solita colatione


li

et se

ne u per barca infino a Consandoli


S.""*

oue sono

sui (sic) carrozze;

et ivi raccoglie la

Principessa di Ur-

< bino, che ha fatto la desinata in Argenta, con la quale non personaggio alcuno di conto
se

non

il

vescovo

di Forl.

Madama Leonora

tosto

che

hauer desinato andr in carrozza ad incontrarla pi sona, la moglie del velia


presso
i

inanti che

potr;

et uanno in sua compagnia la S.'* Turchi Pia, la contessa Isabella Tasconte


a'

Ant. Bevilacqua et la
di settembre

S.'*

Lucretia Macchia.

Di Ferrara
suoi,

XXIIl

MDLXXI

Lucrezia tornava
si
si

perch

fin dal luglio

era partito

rec a raggiungere l'armata cristiana


trov
Estr.
(3)

U principe d' Urbino, che che muoveva contro i Turchi; egli


T. T. e gli

poi
Ili,

alla

battaglia di Lepanto. (Cfr. Caipori,

Estensi;

pp. 16-17.

Archivio Estense; Cancelleria


S.'

Lettera al cardinale d'Este del 12 ottobre 1571.

< che

il

Duca suo
il

fratello
il

doue andato a
S. Ecc.

pigliare

Mons. Grana. vengo a dire parti jer mattina per li bagni di Padova, fango per il suo ginocchio, et con lui
Ducale. Carteggio

di

Ora

gli

S.'

Don Francesco,

il

S.'

Don Alfonso,

il

S.'

Cornelio {Ben-

< tivoglio) con tutte le corti

ha menato seco oltre il S.' Pigna e Montecatino filosofo, il cavalier Guarini, il medico Panza, il Tasso e il Grassetto; e questi per hauer passatempo S. Ecc. di diuerse dispute in < barca, et quando mentre pigliera il fango Cfr. Corradi, Op. cit., p. 41.
loro, et

144

A.

SOLERTI
i

licenza presa dal servizio del cardinale,

pochi giorni di sosta

a Ferrara, la partenza colla speranza di non pi ritornarvi, indi


le

varie continuate peregrinazioni tolgono ogni


tali fatti,

dubbio che in

quel tempo potessero accadere


dei biografi, prodotto la troppo

quali avrebbero, a detta


le

prudente ritirata e

Consi-

derazioni

(1).
si

Dall'esame di questi argomenti stimo che facilmente

possa

dedurre che se pure


Bendidio, questo

il

Tasso fu nel '68 innamorato

di

Lucrezia

amore non

fu troppo caldo, fini presto, e certo

prima del viaggio


poeta
;

in Francia, e

non

lasci traccie nella vita del


il

che non

esistette rivalit

d'amore tra

Tasso e

il

Pigna,

e che le

Considerazioni del Tasso su Le tre sorelle del Pigna,


il

furono assai probabilmente scritte nell'occasione che


raccolto
il

Guarini,

canzoniere di

lui,

lo

dedicava, nel maggio del 1572,

alla principessa

Leonora.

IV.

Se qualche

difficolt

possiamo aver trovato nel dimostrare


Serassi,
noti,
il

false le asserzioni del diligentissimo


il

quale

costrusse

suo edificio sui

fatti

che

gli

erano
il

e lo vediamo colpedi

vole soltanto, poi che conosceva

canzoniere del Pigna,

non

(1) Se airincontro le Considerazioni fossero pure del '68 neppure si potr ammettere che siano state scritte per paura del Pigna, come vorrebbe il Serassi perch questi non pensava in quel tempo alla Bendidio. Anche il Rossi {Op. toc. cit.), seguendo l'opinione comune e non osservando il contrasto delle date, notava che il Guarini si era assunto l'ingrata e infeconda impresa di ordinare il canzoniere del Pigna per un -/nativo analogo a quello che indusse il Tasso ad illustrare con profonde e dotte conside,

stesso poeta. Il Pigna segretario ducale, eseruna grande influenza sulVanimo di Alfonso, di cui aveva in mano tutti gli affari. Se il Tasso con quel commento procurava di mantenersi buono il rivale, il Guarini tendeva a propiziarsi il superiore. Come riu' scisse nell'intento, egli dice, vedremo. Ma pare, come si detto pi addietro,

razioni ire canzoni dello


citava

che neppure questa fatica procurasse


tezione del Pigna,

al

Tasso la schietta amicizia e la pro-

come non

l'ebbe

il

Guarini.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


averlo esaminato, all'incontro
lano al primo

i45

come im

castello

di carte, croi-

soffio le divinazioni del Gibrario,

condivise in molte

parti dal D'Ovidio.

Vedemmo come
come
lesse

il

Gibrario ammettesse l'amore verso la B^nkil

didio e la contemporaneit di esso per

Tasso e per

il

Pigna, e
ci,

per queste cause, senza addurre nessuna prova di

vo-

che

il

cardinale Luigi d'Este

si

innamorasse
di

alla sua volta

di Lucrezia. Questa,

affermava

egli

ancora

suo

capo^,

gradi con

somma premura

gli

omaggi principeschi,
affetto, si

tosto ricambiandoli

con

non dubbi segni del suo


furiosissimo contro
zione:
i

che Luigi concepi un odio


invero

rivali.

Peregi'ina

questa

dedu-

che l'amante
il

corrisposto,
al

appunto perci, divenga geloso.


cardinale e dal
altre cagioni,

Abbandonato
Gibrario,

Pigna
fa

suo destino e dal


di lui se
si

che pi non

motto

non per

questi prosegue a narrare


il

come Luigi

sforzasse d'impedire

che

Tasso

si

trovasse colla Bendidio, e siccome


lei

essa era

dama

< di Eleonora, e con


-

perci spesso conversava, intese a vietar,


l'accesso
nelle stanze della prin-

se fosse possibile, al poeta

cipessa, persuadendo al duca pensione della loro sorella per < bliche mormorazioni (1)
.

che
il

la

troppo dichiarata
(!)

pro-

Tasso

era causa di publet-

Tutto ci per spiegare alcune


il

tere scambiate tra Leonora e

cardinale, da lui rinvenute (2),


ri-

e che volle riferite al Tasso, mentre per noi invece sono da


portarsi

ancor

esse,

con

le altre, ai

gravi dissensi che

furono

nella famiglia estense: causa precipua la


dinale,

mala condotta del cardi pace.

e dove Leonora comparve vero angelo


il

Di questi dissidi parl a lungo

Gampori

(3),

narrando com'egli

solo poteva, la vita del cardinale, e oscurissime sono quelle lettere

(1)

a combatterle

Le assurdit gratuite sono afBasteilate in guisa che diflScile giungere tutte. Per ci che si pensasse della principessa Leonora vedi
il

invece, sebbene sia assai poco, ci che ne dice

Gampori, Atti e

Mem.

cit^

voL

cit.,

tornata

XLVl, 17 gennaio

1862.

(2)

Vedile pubblicate a pp. 48-50,


il

Op.

cit.

Noi riferiremo pi innanzi

quelle parti di esee che interessano


(3)

nostro assonto.

T. T. e gli Estensi. Estr.


itorico,

II,

12-14.
10

OfornaU

X. fanc. 28-29.

146

A.

SOLERTI

specie le prime, e senza raccordo fra esse (1);

ma mi

pare assai

temerario voler che appunto queste trattino dei casi d'amore,

quando non

si

ha alcuna
si

altra

prova in proposito, e mentre

all'incontro altre (2)

riferiscono senza dubbio ai dissensi che


'71
il

sappiamo

ed facile veder anche in quelle del

e '72 trat-

tato di qualche pettegolezzo.

finamente avvertiva
Ariostee, che

De

Sanctis,
noi,

nel suo discorso

per

le

feste

essendo per

(1) Le lettere di Leonora al cardinale sono cinque: del 23 febbraio e 25 giugno 1571; del 17 genn. e 23 febbr. 1577; del 16 agosto 1579. Quella del cardinale a Leonora, con poscritto del duca Alfonso, del 24 ottobre 1572.

In qual

modo

poterle riconnettere,
lettera

come osa
si

il

Gibrario

Dicendo questi a
il
,

p. 13,

che quest'ultima

postillata di

mano
:

propria, dal duca,

D'Ovidio

not che non fosse ci vero, come

vede dalla pubblicazione


Il
,

egli dice,

a pp. 45-6. Quivi infatti l'intitolazione


d'

Este sua sorella.

Ma

questo nell'estratto

duca Alfonso II ad Eleonora per un curioso errore: se il


cit.,

D' Ovidio avesse visto le Lettere inedite di santi papi, principi, etc,

a
e

p.
il

445, alla stessa lettera avrebbe

trovato: Il cardinale Luigi d' Este

Tanto pi che in entrambe le edizioni a p. 46 e 446 ridopo la lettera del cardinale notato sopra il proscritto seguita una giunta scritta dal Duca m. p. Anche ammettendo ci che vuole egli procede di testa sua senza riguardo alla date il Gibrario, tuttavia dicendo in seguito al passo citato sopra: Alfonso II prest facile orec,

Duca

ecc.
,

spettivamente

chio a quelle insinuazioni; epper agro-dolci

ambedue
ella

le fecero per venire consigli

sopra la
;

sua condotta (qui


consigli

si alltcde

certo

alla

lettera

del

dapprima con dispetto ma ai quali pare che poi almeno qual ed a cui rispose con alterezza che volta, si confermasse. D'onde tutto ci? Nelle due lettere del '71, quindi precedenti alla citata, dice Leonora di non voler discorrere pi di questa
ottobre 1572)

24

che
,

ricevette

baia e di essere esclusa d'ogni sua soddisfazione; nelle lettere poi del '77 e
del '79 tratta chiaramente di altre faccende. Inoltre in quella lettera del '71,

che apparirebbe

le

pi grave, dice Leonora:

et credo,

quando domandassi

parere sopra questo, ch'ogn'uno

mi

consiglieria a metere tutti gli altri


;

rispeti da banda, e atendere solo alla

ho risoluto da

me medema
il ?

mia comodit et satisfacione il che Dunque Leonora ha risoluto da fare ci

che
tre

le

aggrada, dunque vedere


la Francia

Tasso.

Ma

se questi era partito da pi di

mesi per
cit.,

Quest' osservazione venne


poi
affatto

gi fatta dal D' Ovidio

(Op.
il

p. 8).

supposizione

gratuita

che

il

malumore

tra
il

cardinale e Leonora dipendesse da che questa ricevendo troppo spesso

Tasso davagli modo di trovarsi colla Bendidio, come risulta dai raffronti
fatti.

(2) Le lettere di Leonora conservate nell'Archivio di Modena sono pochissime e riunite in un solo mazzetto.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


Oggi, quella del poeta la figura pi interessante, vegliamo

147

che ogni
impor-

cosa tratti di

lui,

o a

lui si riferisca,

mentre

tutt' altra

tanza aveva nella corte di quel tempo.

Prosegue a dire

il

Gibrario,

il

quale non

fissa

alcuna data al

cominciamento

di questo

amore

del cardinale per la Bendidio,


al-

apparendo per dal contesto dover esser quello anteriore


l'andata in Francia
,

nel

gennaio

del '71 (1),

che

il

cardinale
,

condusse seco Torquato per allontanarlo da Ferrara


giunto col lo tratt in cos malo
costretto di ritornare in Italia,
tratto di
e,

ma
si

che
vide

modo che

quegli tosto

saltando di pie pari un buon

tempo
i

dice

come

nel

maggio 1572

il

Tasso venisse

accolto tra

gentiluomini del duca Alfonso. Veramente nuova,


fatti

ammettendo
tanto male
l'amata.

come vuole
dipoi

il

Gibrario e con lui ragionando,


il

la furberia di questo amante che, condotto lontano


lo tratti

rivale,

da costringerlo a ritornare presso

Ma
gabili,

noi all'incontro abbiamo veduto, con prove, stimo,

irrefirai-

che l'amore del Tasso per

la

Bendidio doveva esser cesil

sato da qualche
di Francia.

tempo prima che qu^li intraprendesse


pot

viaggio

Ma quando adunque
della

cominciare la tresca col


il

cardinale? Questi, trattenutosi in Francia tutto

1571,

si

moal

veva appena avuto sentore

morte

di Pio

per andare

conclave. Senonch ricevuta per viaggio la notizia dell'elezione


di

Gregorio

XIII,
(2).

voltava

verso

Ferrara

dove giungeva
i

il

18 maggio 1572
dell'altro egli

Per

il

rimanente
il

di quell'anno e

primi mesi

compartiva

tempo tra Ferrara,

le ville dei din-

tomi e Roma.
Qui

(1)
il

il

Gibrario

emendava

in parte, senza per portare alcun documento,

Serassi,

vero
altri

Francia alla fine del 1571. Non per che Torquato viaggiasse col cardinale, ma lo precedette con molti di tre mesi, avendo il cardinale dovuto ritardare la sua partenza fino

che pose

la partenza per la

al 19

gennaio 1571. Intorno a questo viaggio ho pure raccolto numerosi documenti assai particolareggiati: ma qxii non il luogo della pubblicazione di
essi.

(2) Frizzi,

Memorie
i

storiche di Ferrara; Ferrara, 1848, voi. IV, p. 402.


le carte

Cos confermano

documenti che ho rinvenuti tra

Campori.

148

A.

SOLERTI

La prima prova
del 17 luglio 1573:

della sua relazione colla Bendidio la lettera

quando gi era lontano da Ferrara.

Il

Se-

rassi (1) suppose ch'egli ripartisse per la

Francia nel settembre


la

del 1573;

ma

ci

non pare
:

esatto, poich

Bendidio scriven-

dogli

il

17 luglio dice

Et dapoi che

V. S. partito

venuto

a vedermi
frasi

tre volte . Inoltre nella stessa lettera la Bendidio


:

ha

come queste

et la prego andarsene alegramente .

Adunque

V. S. se
la

ne vadi felicemente
gli

(2).

Questa lettera
il

sembra dunque

prima che quella

scriveva e

cardinale
luglio.

doveva esser partito da qualche giorno prima del 17


giungi che
il

Ag-

breve

di

raccomandazione datogli pel suo viaggio


di

da Gregorio XIII appunto dell'ultimo per questi


fatti

giugno

di

quell'anno

(3):

stimiamo che

il

cardinale debba esser ripartito


egli abbia stretta la re-

ai primi di luglio.

Sembra adunque che


del 1573;

lazione colla Bendidio nella sua dimora in Ferrara dal

maggio

dell'anno innanzi al luglio

e certo parecchio tempo


pi aveva
tutti,

prima

di

questa data poich allora nulla

da deside-

rare da quella, e la tresca era gi nota a


dalla stessa

come vediamo
si

prima

lettera del 17 luglio, dalla quale

sa

che

lo

sposo della harba

Manca

in questione riputava poter esser lesa

la riputazione della propria

moglie se essa avesse frequentato

la

Bendidio, scrivendo questa al cardinale


speto del

che quello:
S.,

per

ri-

procedere ch'io tengo con V.

m.ai con

sua moglie,
si

non vuol che vadi n che venga mai in casa mia .

Ma

il

Tasso,

potrebbe obbiettare, era intanto a Ferrara dalla

fine del '71: e

che cosa faceva egli?


si

Poco

nulla

sa

in

proposito ed
del
la

questa

l'

epoca pi

oscura della

storia

intima
se

poeta; pi

ma

nello stesso

tempo

quella in cui compose

non

grande certo

la pi glo-

riosa parte della sua opera letteraria. Noi

abbiamo buone prove


videro
i

per asserire che parecchie cose delle quali

si

tristi effetti

(1)

Op. voi.

cit.,

p.

253 e n.
54.

1.

(2)

GlBRARIO, Op.

cit., p.

(3)

Lo pubblica

il

Serassi, Op.

loc.

cit.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO

149

pi tardi, accaddero in questo biennio dal '72 al "74; e di questo

abbiamo
a' suoi

nell'epistolario di lui tre sole lettere (1),

Che

in quelle

pi
il

intimi

del '75 e '76

gi

si

trovano espressi vari

dubbi,
si

sospetto di persecuzione gi fisso nella sua mente, gi

trova infine cominciato per Torquato Tasso

un

altro

periodo

della sua vita; quello forse pi triste.

E causa non

ultima della

perturbazione mentale della quale troviamo subito

dopo segni

non dubbi
Tutti
i

stato certo
si

il

soverchio lavoro di questo biennio.

biografi
infatti

liberano di questo periodo

con poche pa-

gine

(2):

sappiamo ci che scrisse non gi quello che

fece. Nell'inverno dal '72 al '73

compose VAminta
il

in pochissimo

tempo, abbozz

il

Galeotto,

che pi tardi divenne

Torrismondo,

attese alla

Gerusalemme che compi


l'insulto

nell'agosto del '74 (3).


(4):

Nel 1573 accadde

e l'a^ressione di Maddal Pucci

(1)

Gfr. Guasti,

Op. cit, voi.

cit.

Lettere 17 e 18.
143, . 1)

La

lettera alla princi-

pessa Leonora (n 16)

vedemmo
cit.,

(p.

demmo

pure

(p. 141, n. 2)

in cambio che la

che va posta al 1571, e veLettera 15 va riportata al 1573.

(2) Gfr.

Serassi, Op.

voi, cit., pp. 239-262;

ma

in queste pagine di-

scorre egli soltanto della prima recita dell'Aminto, e della fortuna di essa
pastorale.
la al

A A
,

pp.

25051
e

estate del

principessa
1571.

Lucrezia

1573 paria della gita del Tasso eon che abbiamo veduto come si debba riportare
,

pp. 257

sgg. parla

della

gita

a Venezia
,

nel

maggio 74,

col

Duca

che mosse a incontrare re Enrico IH

di

Polonia , e descrive

le feste di quella citt e di Ferrara,


luglio.

dove quegli

si

rec dipoi, alla fine di

!Ma questa
(Gfr.

documento
si

Torquato a Venezia non confortata da alcun Gorradi, Op. cit., p. 42), ma supposta dal Serassi perch
gita
di

rec col quasi intera la corte.


cit.,

poi nuli' altro fino al


,

1575. Vedi pure


Il

Guasti, Op.
stessos

voi. cit. p. 26;


le

Corradi
al

Op.

cit.

pp. 42-43.

Gampori
ci

che spinse

sue ricerche fino

1577, dal 1572, dove finora

stato di scorta, giunge a quell'anno in tre sole letture,

occupando
'63)

la

prima
lo

(Atti e

Mem.
Il,

cit.,

voi. cit., tornata

LXXVI, 22 maggio
e

a narrare

scontro con Maddal Pucci, accaduto nel 1573;


{Ibid., voi.

trattando nella seconda


ricercati per la

tornata XI, 10 giugno '64) gi dei privilegi


poi a discorrere
delle
feste
il

Gerusalemme: passando
L'ultima lettura (T&td.,
le
(3) Gfr.
(4)

Casette in onore particolare della contessa di Sala,

duca alle che fa a mezzo il 1576.


date dal
il

voi. IL, tom. XIL, 1 loglio prime perturbazioni del Tasso.

'64) riguarda

1577 e

Guasti, Op.

cit.,

voi. cit., p. 26.


cit.,

Gampori, Atti e
le carte del

Mem.

voi.

1,

tornata

LXXVI
il

22 maggio 1863.
giorno e
il

Tra

Gampori ho trovato precisato anche

modo

150
nel gennaio del '74 gli

A.

SOLERTI
affidata la cattedra di geo(1);

venne dal duca

metria e della sfera nell'universit ferrarese


probabile
di

nel maggio
III

una

gita a

Venezia col Duca, per incontrare Enrico

Polonia

(2) e poi null'altro.

Certo che
dide opere

la

composizione di cosi varie,

importanti e splen-

poetiche deve aver occupato

grandissima parte del

suo tempo;

ma

l'oscurit in cui

giace,

come dicemmo,

la

sua
ar-

vita intima nel

medesimo
alle

lasso di

tempo potrebbe essere un


del Gibrario, se esse

gomento
non par

in favore

supposizioni

non

fossero ammissibili per altre ragioni.


possibile per
le

Prima

tra tutte quella che


nella

ragioni

esposte

prima parte

di

questo studio, ch'egli restaurasse l'antico amore quando scriveva


le

Considerazioni pel Pigna,

il

quale poteva, nel sonetto ripor-

tato, senza suo scorno ricordare a Torquato la sua passione d'un

tempo per

la stessa

donna.

certo inoltre

Torquato avrebbe

voluto mettersi in lotta col Pigna potentissimo, e col cardinale,

suo antico signore, tanto pi che questi in quel tempo era gi

amante

felice.

Le
sioni

lettere di Lucrezia Bendidio al cardinale d'Este sono espres-

d'amore e

di servit

essa vorrebbe potersi trasformare


la desiatissima vista

in queste carte, aci con

sua potese ra(3),

legrare la molta afflitione che continua nell'animo


di

pensa
le

occupare tutto
si

il

suo tempo scrivendogli perch leggendo


pi
spesso di
lei (4)

sue lettere

ricordi

e ripete questo con-

cetto pi tardi. Se gli oceli

che volano a quelle bande potesS.

sero portar mie lettere a V.


parte
di

certo che spenderei la maggior

tempo
il

in scrivergli .

Vorrebbe pure: che V.


il

S.

potesse vedere

mio

core, acci vi scorgesse

pi fermo et

dell'aggressione, e molte altre particolarit confortate

da interessanti docu-

qualche altro da aggiungere ho inoltre trovato io stesso all'Archivio Estense. Vedi, per un probabile viaggio a Roma nel genn. del 1573, p. 141, n. 2.

menti

(1) Gfr.

Corradi, Op.
retro, n. 2.

cit.,

p. 42, n. 3.

(2)
(3) (4)

Vedi

Lettera 22 agosto, 1573.

Lettera 25 agosto 1573.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


leale

151

amore

d'ogni altro; che spererei viver nella gratia sua


discosto > (1).

ancor che sia cosi

Pare che alcuna volta

il

cardinale le rispondesse punto dalla gelosia, e Lucrezia risponde:

Che

gli

giuro non

poter viver

un'hora quieta sin tanto che


;

la non mi fa favore di scrivermi anfbrevolmente

si

come
mai

la

prego et scongiuro per quel amore, che non avrai che


gli

pari,

porto et porter tutto

il

tempo

di

mia

vita .

vuol

ritirarsi

a vivere tutta sola in Adria, aspettando

lui: Si che,

vengami ci vuole, viver

sempre

tutta

sua;

et

ogni mio

pensiero sar di continuo indriciato a servirlo


altra

Non haver
che
si

mira che

di ubidirlo e satisfarlo

in

tutto quel

apartiene al poter mio, essendogli quella fedelissima serva

che

gli sono et ser sempre. Et se V. S. tien

memoria

del passato,

non deve dire n credere che posa esser nascosto nel animo magagna,

come

la

mi

scrive.

Ma

pacientia di tutto quel che


fatto;

gU piace! Ander vivendo


non
gli

sua,

come ho sempre

et

mi

sforzer

dare causa che veramente trova in contrario.


(2) .

* Del resto mi raccomander al Signore Iddio


In

queste
di

lettere

crede
egli

il

Gibrario, che
(3):

si

parli continua-

mente

due persone:

dice

Corrispondenza

tutta

intasa a certificar quel prelato dell'amor suo, ed a rimuovere ogni pretesto di gelosia, tanto in riguardo al Pigna, ch'io credo
< col

Campi

(4) sia

quello

designato

per dileggio col

titolo di

sposo della barba bianca; quanto in riguardo al Tasso, chia-

* mato: quel

buon huomo che compone versi


Cosi

Aggiunge poi

questa invero peregrina osservazione


del cinquecento:

trattandosi di

un amore

posponeva quella cupida ed ambiziosa

(1)

Lettera 13 settembre 1573.

(2) Lettera (3)


(4)

29 settembre 1573.
p. 13.

Op.

cit.,

Giuseppe Campi era intomo al tempo in cui scriveva il Gibrario direttore dell' Archivio Estense. Egli credeva agli amori del Tasso con la principesna Leonora, e diceva di aver trovato documenti che lo comprovavano
(Cfr. Atti e

Mem.
i

cit, voi.

(1863), tornate XLIII,

6 dicembre

1865).

Vedi

invece

tatti

riassunti citeti degli studi del Campori.

152
<c

A.
il

SOLERTI

sirena

favore d'un principato intellettuale e divino al fasto

ed all'oro di

una grandezza terragna!

Stimo ora miglior cosa riportare per intero


nati di queste lettere,
i

brani

incrimi-

quali poi

andremo studiando.

Io fui hieri dalla

mia patrona

(1) la

quale mi fece tante careze, che non


tanto cosolata
della

ne saprei desiderare davantagio;


fata

et

riconciliazione

con V.
S.

S.,
si

eh'

contento
di

mirabile a chi la vede. Per ben degna


et

che V.
quele

non

scorda
la

favorirla spesso con sue lettere,


et di gratia la

dargli di

satisfatione che

sa;

mi

facia favore, ogni volta

che

le scrive,

raccomandarmegli

di

quel

modo che

so che far per


S.,

amor

mio; che conoscendo quanto l'amore che porta a V.


derar

son sforzata desicosa in queste

ancor io la gratia sua;

poi

non mi curo

d'altra

bande. Et non resterei di dirgli come quel sposo dalla barba biancha ha avuto

a dire che, per rispeto del procedere ch'io tengo con V.

S.,

non vuol
ci
si

ch'io

vadi mai con sua moglie, n che vegna mai in casa mia.
cai poco;

Ma di
che

me

ne

ander cosi di rado dove serano

alcuni di
S.

loro;

accorge

ranno ch'io conosiuto l'animo suo. Di grazia V.


nisuna di questo, per molti
rispeti,

non

parli in

maniera
sposo

che tropo danno seria che


cosa
;

ditto

l'immaginasse ch'io havese inteso


e dapoi

tal

si

afaticha molto in favorirmi,


volte cossi amorevol-

che V.

S.

partito,

m' venuto a veder due


. .

mente, che non potrei dirne abastanza

Di Ferrara, ad 17

di

Luglio 1573.

Gli dir anco

come quel huomo

dalla barba bianca venuto da


lui,

me

con

parole tanto amorevoli in scusarsi della opinione ch'io havea di


desiderar
fratel di
si

quanto

possa

et in conclusione

mi

disse esser stato consigliato dal

V. S. di tutto quel ch'io

gli scrissi nella

prima mia

lettera, e gli
S.;

dise tanto

male

di
l'

me, per

la perseveranza

che facea in voler bene a V.


i

e per tal causa


risposi
di

esortava a metter in esecutione


intese

suoi consili, ond'io gli

modo che m'

benissimo

et

mi preg molto a voler


haver maggior contento.
ancor
voluta

anIo,

dare a stare in casa sua, che non potrebbe

che mi tengo

alla

prima intentione

non

vi

andare

(1)

La principessa Leonora.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO

153

me

ne coro per Tavenire.

perch

il
,

mondo non
ed
ivi

se

ne maravigli,
sol

me
S.
,

ne

voglio andare in V.
S., et

per un pezo in Adria

starvi

pensando sempre da V.
in

consolarmi con la

speranza

di

essere

favorita

farmi degna di qualche parte della grata sua, nella quale

dmva

tutto

quel che puoi essere felice et infelice sopra di me. Del resto del viver mio
sar sempre le opere et
Io
i

pensieri intenti et risoluti a ogni sua satisfatione.

ho veduto

dalla

mia patrona una

volta quel
lo

buon uomo che compone


si

versi, et subito

che detta mia patrona


di casa, tal

vide,

lev, et andassimo

di

compagnia fuor
V.
S.

che

si

comincia a chiarirsi che l'habsenza di

non

gli riesse

come
la

sperava.

Con che

faccio fine col basciarli

miUe

volte le mani.

Che Dio

faccia tanto felice, quanto io gli sono serva.

Di Ferrara, adi 25 d'agosto 1573.

E
da
vi

perch V.

S. sapi di

punto in punto

viver mio

mi

trovai

un giorno
S., et

la

mia compagna, che

sta nella strada


il

ove posta la casa di V.


disi ch'io

vene quel huomo che compone,

quale gli

volea fugire tutte

le occasioni di ritrovarmi

mai in loco ove fsse

lui,

per non dar da ragioil

nare al mondo fuor di proposito ed in particolare a suo patrone. Et

giorno

s^:uente torn da detta mia

compagna, e

gli dise

che mi f^cese sapere

come
rella,

detto suo patrone havria molto caro parlarmi dalla

banda

di

sua

so-

e chiarirmi che non havea


dire
il

mai parlato non poteva

in

maniera alcuna centra

di

me: che chi voleva


altre parole

contrario,

esser se

non

tristo, et

molte

che serbe tropo lunga in nararle.

Di Adria, agli 13 di setembre 1573.

Et se Y.

S. fusse

stato

presente a quel che m' stato detto


et

in

segreto

d^a

nuora di quel vecchio, mi havrebe compasione,

non mi darebe
il

torto se

mi son

querelata,

come

fatto nelle

mie

lettere.

Et per dire

vero,

burlavo di haver veduto alcuna sua.


saper ogni suo intrinsicho,
la

Mi
S.
li

erra

ben stato detto da chi pare


scritto;

come V.
io

havea

talch

per questo

non deve

piliar

a male che

ne haUtia sentito dispiacere

Io

non lascer anco

diluii

come quel vecchio mi

dalla barba biancba voi es-

sere tutto cortese al dispeto mio, et


voglia andare a casa sua. Io che

venuto a trovare e pregarmi

che

non voglio mendicare alcun favore e masandare;

simamente da simil gente, non

gli volsi

ma

la

mia padrona me mi

lo

comanda

di

modo che

sar sforzata a ubidirla. Et detto vecchio

disse

154
come suo patrone
tanto
gli

A.

SOLERTI
favorire quanto fosse posbille,

avea detto
di lui,

di volermi

meno mi curo

de' suoi favori

Di Ferrara,

alli

29 di settembre 1573.

P. S. Gli dico

anco come detto vechio dise alla mia patrona come


S.

il

barba

(1) di V.

erra risoluto voler

andar a

Roma

per litigare con

lei

et erra atorno al fratel di

V.

S. aci

non

gli fusse contro;

che della parte


far niente
(2)....

sua non ne volea cosa alcuna;

ma

detto suo fratel

non ne voi

Dalle prime lettere non

si

deduce anzitutto, come

fa

il

Gibrario

che

dissapori tra

il

cardinale e la principessa Leonora duras-

sero fin verso la met del 1573, poi che essi non potessero aver

avuto origine per causa del Tasso noi l'abbiamo veduto;

ma
i

sib-

bene che intorno a quel tempo


Inoltre, e questo

vi era stato

malanimo
si

tra

due.

giustamente,

come

gi

notammo,

conosce

che

gli

amori della Bendidio erano

noti,

postoch lo sposo della

barba Manca giudicava esserne lesa


in

la riputazione di Lucrezia

modo da non permettere che


lei. Il

la propria

moglie fosse veduta

con

Gibrario

non discute punto

sulla

convenienza
il

di

ricono-

scere

no nello ^poso della barba bianca


che compone versi
(3):
il

Pigna, e nel

buon

uomo
menta

Tasso,

il

D'Ovidio stesso cosi com-

(1)

Francesco d'Este marchese della Massa, fratello


d' Este,

d'Ercole

II,

e del

cardinale Ippolito

padre di donna Marfisa, zio

di

Alfonso

II,

del car-

dinale Luigi e delle due principesse [Nota del C.].


(2) Il

tere,

al

D'Ovidio pubblica in fine del suo articolo citato (pp. 11-12) due letche dice avere da molto tempo, e che stima essere pure dalla Bendidio cardinale. Aggiunge che le crede inedite e che se fossero pubblicate sa-

rebbe sempre poco male.

Ma

da avvertire che queste

lettere del

5 feb-

braio 1574, e del 1 ottobre 1573 (poteva almeno metter prima questa e poi l'altra) fan parte delle otto edite dal Gibrario, rispettivamente a pp. 64-65

e 63-64, del suo libricciatolo, e intorno alle


le quali lettere
il

cpiali

verte tutta la questione;

D'Ovidio dovrebbe aver studiate almeno due volte; la prima


Gibrario, la seconda per dare la sua interpretazione!

per confutare
(3)

il

Op.

cit.,

pp. 4-5.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


Or chi era codesto poeta, codesto rivale di cui

il

155
cardinale

temeva che nella sua assenza potesse

far

breccia
il

presso la

signora Lucrezia? Subito s' corso a dire:

Tasso!

questa

volta, se Dio vuole, con piena ragione. Diffatti, la Lucrezia era gi stata corteggiata con sonetti e

canzoni dal

Pigna, dal

Guarini e dal Tasso.

Ma

erano

stati

corteggiamenti letterari, rettorici, cortigianeschi, di quelli allora


i

che

poeti facevano

anche per
i

far piacere ai loro padroni

col lodar quelle di cui

padroni erano invaghiti.

Un

solo dei

tre era, pare, passato dall'adulazione poetica ad


erotico, vero e concreto, verso Corte di Ferrara.
le

un

trasporto

colei
i

che

fu la

sirena della

codest'uno fra
il

tre dovett'esser di certo


giovi-

il

Tasso. Che, del resto,

Pigna non era davvero un

notto;

il

Guarini era in gran tenerezze col Cardinale, al

quale

perci n

avrebbe osato far torto, n potea riuscir


il

sospetto. Mentre

Tasso era

il

pi giovane di tutti e

il

pi ac,

censibile, e non avea mai avuto buon sangue col Cardinale

gi

* suo padrone; e infine pare chiaramente accennato con quella


caratteristica

di la

buon uomo,
Lucrezia

cio

di

semplicione e di capo

ameno, che

gli d,

e che, quadrando benissimo

* al Tasso, non quadrerebbe punto agli altri due, uomini furbi

e pratici del

mondo

>.

Parecchio da opporre a queste considerazioni, siano opposizioni d'indole morale, siano d'indole storica.

Anzitutto nulla

ci

prova

il

passaggio dall'adulazione poetica e

cortigianesca al trasporto erotico del Tasso per la Bendidio

come
non

vorrebbe
sia

il

D'Ovidio;

piuttosto

pare che anche in questo caso


i

da ricordare che Torquato disse


il

suoi

amori

incostanti, e

cocenti gli ardori. Se

Tasso poi aveva allora ventinove anni,


sol-

neppur

il

Pigna era vecchio, che ne aveva trentacinque

tanto (1) e la caratteristica di

buon uomo a me pare

sia a lui

assai pi conveniente. Egli solo poi era ammogliato.

(1)

Vedi

p.

130, n.

1.

1S6
Il

A.

SOLERTI

Tasso era tutt'altro che semplicione, all'incontro aveva buona


egli

ventura molte ne tenta, e rado a lui alma dura ;


era al colmo degli onori, desiderato, accarezzato da
tutti
;

buon
scritto

uom.0 che compone versi non


VAm,inta allora
allora, e

si

dice ad

uno che aveva


il

che preparava
;

Galealto e la Gerur
si

salemme,

la

quale tutta Italia attendeva non


fine

dice ad

uno che

aveva sempre un sonetto galante o un

madrigale per ogni

cosa che accadesse ad una di quelle tante bellissime dame. Se


poi

vogliamo ammettere che


tra
il

la

Bendidio fosse stata tenera per

lui

'68 e
al

il

'69,

quel

buon uom,o che compone, sarebbe


accontentava
il

una

satira

Pigna che

si

di

cantare allora in
politico e pra-

brutti versi.
tico del

N
:

vale dire che

Pigna era furbo

mondo poteva

essere tuttavia

un amante ingenuo.
dalsi

Ma

nulla

provano queste parole: assai pi ricaveremo


riportate (1) e
sola

l'esame delle lettere


alluda sempre ad

vedremo come

in esse

una

persona e come

questa sia precisa-

mente
dubbio,

il

Pigna.
lo

Sembra che

sposo dalla barba bianca, cio

il

Pigna, senza
si

come ogni buon

marito, avesse proibito che Lucrezia

trovasse con la propria moglie;

ma

che
si

egli dal

canto suo anal cardinale

dasse a visitare colei.

la

Bendidio

raccomanda

pregandolo

di

non

far

motto alcuno di queste due cose.

Ma

in-

vece venne a cognizione dello sposo dalla barba bianca che

Lucrezia era informata di tutto


portarsi presso di
lei

come, non sappiamo

ed eccolo
cosi,

ed iscusarsi e dire che chi pensava


consigliato di fare, era
la
il

e l'aveva in

tal

modo
di

duca, al quale

pare spiacesse la relazione del fratello con

Bendidio.

quel-

l'uomo
che

la

pregava

andare a casa sua;

ma

ella scrive:

Io

mi

tengo alla

prima
prima

intentione,

cio a quel che aveva


voluto andare
.

detto quell'uomo

non ho ancor

oltre,

il Gibrario, che inutile confutare pi perch basa ogni suo argomento nelle due pagine seguenti {Op. cit., pp. 16-17) sulla lettera del Tasso alla principessa Leonora del 3 settembre, la quale noi abbiamo visto essere del 1571, anzich di quest'anno 1573.

(1)

Abbandoniamo a questo punto

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


Lucrezia sospett che
il

157

cardinale avesse scritto intomo a queste

cose risentitamente al
Luigi,
si

Pigna, perci a sua volta, scrivendo a


anzi d'aver

querel

ch'egli ne avesse parlato e finse

veduto

la di lui lettera al

Pigna

(1).

Questa lettera della Bendidio


set-

non

ci

pervenuta,

ma

abbiamo notizia in quella del 23

tembre, ove dice che per verit era stata una burla, forse per
tentare
il

vero,

ma che
Offni

per

le

era stato tutto quello detto da

uno che sapeva

suo intrinsico.

Ma
versi,

ecco ora venire in


il

campo quel mon uomo che compone

quale essendo andato

una

volta a visitare
tosto
si

la

princi-

pessa

Leonora e
ial che

la Bendidio, queste si

levarono ed usci-

rono:

comincia a chiarirsi che la habsenza di

V. S.

non
Il

li

riesce

come sperava

Chi poteva essere questo

innamorato che allora sperava nell'assenza del cardinale, se non


il

Pigna?

D'Ovidio

(2),
si

ritenendo sia
alzasse

il

Tasso, osserva se

si

debba

pensare che Leonora

per gelosia.

Ma

in questo caso
.

bisognerebbe ammettere che quella fosse innamorata, che non

pi ovvio pensare che le due donne fossero d'accordo, e che


cortesia di salvare l'amica,

la principessa usasse la

anche per

riguardo al cardinale

col quale era allora in grandi tenerezze.


si

Accade che Lucrezia

trovasse

un giorno presso una sua

amica, e, non a caso certo, vi andasse quel huomx) che comr

(1)

Le

relazioni

tra

il

Pigna e

il

cardinale

erano

state

per

l'addietro

sempre ottime. Abbiamo rinvenuto nell'Archivio Estense Lettere di G. B. Pigna, 1568-75, due documenti a questo proposito. Il primo una lettera del Pigna al cardinale, da Belriguardo 14 luglio 1569, colla quale gli fa noto di aver presentata una lettera d giustificazione di esso cardinale al
Duca,
di

aver interceduto per esso e


11

lo supplica

di

servirsi

di lui e gli si

raccomanda.
nella filza

secondo pure una lettera del cardinale al Pigna, inclusa citata, la quale dice: Molto mag.co amico mio car.". Per non qualche
per
se
il

lasciare di farui anchora

e ricevuta da uoi gratissima;


mandia a
(2)

cav. Tannella ui dir


si

poco di motto sopra la vostra che ho brevemente che mi stata


sfogasse qualche uolta con
gli

ma

l'uomo non
la saria

amici

suoi in simili

occasioni
di

male

Dalla Forca di

Lions in Nor-

XXX

maggio 1571.

Op.

cit.,

p. 5.

158

A.

SOLERTI

pone,

al quale ella disse, assai


lui,

crudamente, come non volesse


di ciarle al
il

trovarsi seco

per non dar motivo

mondo, e specie

dispiacere al suo padrone.

Ma

ecco

nodo

quello stesso

uomo

torn

il

giorno appresso dall'amica di Lucrezia per pregarla clie

facesse sapere a questa


di parlarle

come

detto

suo patrone avesse desiderio


,

da parte

di

sua sorella

e chiarir

Lucrezia

di

non

aver mai detto male

di lei.

Ma dunque

questo patrone era a

Ferrara, se poteva parlare dlVhuomo che


didio;

compone ed

alla

Ben-

ma

il

cardinale era in Francia e


il

un patrone malcontento

abbiamo veduto che era

duca.

Ma

nella lettera precedente era

Vuomo

dalla barba
il

Manca

quello che, scusandosi con Lucrezia,


di lei:

aveva detto che

duca pensava male

ed essa era ora

satia di tante ciancie;

dunque

Vuomo

che compone, e quello


;

daUa barba bianca sono una persona


drone
Il

sola

il

duca era

il

pa-

di

questa, cio del Pigna.

Gibrario osserva che la frase


;

un giorno
riferirsi

indica

un'epoca

lontana

non mi pare, e deve certo

ad un giorno prima

del 13 settembre, in cui Lucrezia scriveva,

ma

dopo

il

25 agosto,

quando questa pure notificava aveva


detto del

al

cardinale ci che
di lei

il

Pigna

le

pensare del duca a

riguardo.

Ma

questo

uomo ancora

voi esser tutto cortese al dispeto

mio

scrive
libe-

Lucrezia al 25 di settembre, e torna a pregarla di andare

ramente a casa
vuole.

sua, ed essa,
di

come aveva
che
il

fatto l'altra volta,

non

E
.

il

Pigna

nuovo

le dice

duca

la

vuol favorire,

ma

essa rispose: tanto

mno mi curo

di lui,

ne de suoi

fa-

vori

Quest'uomo poi era tanto addentro negli


lazzo che

affari

intimi di pa-

aveva raccontato

alla

padrona

di

Lucrezia, cio alla

principessa Leonora, e forse per farsi merito, sapendo della lega


tra essa e
il

cardinale,

come

lo zio di

questo volesse andare a

Roma

per leticare, e che intanto stava attorno al duca perch


agire

lo lasciasse

liberamente.

la

principessa

ne avvertiva

Lucrezia, che pensava tosto a mettere in guardia l'amante lontano.


il

Ora quest'uomo che sapeva tanto, non poteva essere che


il

segretario del duca, cio

Pigna.

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO

159

noi,

per

fatti esposti,

sembra sufflcientemente dimostrata

l'identit dello

sposo dalla harba )ianca e del mon


c' di pi. Nella dedica del

uomo

che

compone,

ma

canzoniere del Pigna


vien detto verso
la
il

fatta dal Guarini,

che abbiamo riportata

(1),

fine

che

alla principessa

Leonora ben conveniva

dedica di

quelle

rime per molti


nacquero per

rispetti:
la
;

ma

principalmente ancora

perch

ma^ior
e in
fatti

parte da argomenti conce-

puti alla presenza sua

vediamo quanto questo


il

sia

vero. Se avessimo potuto esaminare pi a lungo

codice del

Ben
allu-

Divino (2),

vi

avremmo

assai probabilmente trovato


rifiuti,

rime
che,

denti a queste fughe, a questi

a questi sdegni

come
tempo

osserva

il

Guarini
:

(3),

esse furono composte in brevissimo

per Lucrezia

con osservare e descrivere gli accidenti parti-

colari

che

fra tanto le sono occorsi .

Ma
tile

di questo

ormai basta davvero.

Essendo caduto ogni argomento sostenuto dal Gibrario, inuseguirlo nelle sue ultime conclusioni, specie in quella per la
il

quale vuole chiuso

Tasso a

S.

Anna per
le

gelosia del cardinale

Luigi, in causa della Bendidio, e per


nelle quali proruppe, trovandosi

ingiurie contro di lui


al

mal accolto
(4).

suo secondo

ri-

tomo a

Ferrara, nel febbraio del 1579

(1)

(2) Il

Vedi pp. 135-36. Baruffaldi (Op.


'l

cit.\

pone

al

primo sonetto
Il

di quelli

che

pub-

blica la data 1575. Certo deve essere errata.


tr'io

terzo sonetto ivi edito:


il

Men-

sperai che
,

duro

e freddo ghiaccio, dice che

poeta

soffr

contento
dolori ;

finch sper

ma

respinto

non trova pace

e non sa dire de' suoi

giura di non far pi versi, e grider solo:


fiera di voi
(3)

Sappia

il

mondo

Che pi

non

in lui fiera.
cit., p.
,

Vedi Dedica

135.
,

(4) Cfr.

Guasti

Op.

cit.

voi. II

n.

133

p.

88.

Che

il

cardinale non

avesse astio col Tasso, viene provato anche dalla seguente lettera che traggo dall'Archivio Estense. Minuta di lettera del cardinale Luigi d' Este. A

Don Annibale

Capello.

Ho

ricevuto
d'

< uervi detto che m' stato caro

sua lettera d'hoggi et doppo haintendere tutto quello che per essa
la

m* havete scritto vi soggiunger nel particolare del Tasso, che da veruno non mi stato detto mal di lui, e quando me ne fosse stata mossa pa< rola non
l'avrei altrimenti creduto tenendo opinione ch'ali

mi ami,

si

160

A.

SOLERTI

TORQUATO TASSO E LUCREZIA BENDIDIO


:

Pertanto alle conclusioni del Gibrario

che

il

Tasso amasse

la

principessa Leonora, e contemporaneamente Lucrezia Bendidio,


e che per quest' ultima
si

attirasse l'ira del

Pigna e del cardinale


S.

Luigi d'Este

il

quale lo fece rinchiudere in

Anna: crediamo

opporre categoricamente quest'altre:

Fra

tanta copia di documenti che illustrano quasi comil

pletamente e minutamente
a Ferrara, non un solo
ci

tempo

in cui visse

Torquato Tasso

autorizza a pensare che tra Torquato


piti

Tasso e

la principessa

Leonora passasse
da un

che una relazione

di

benevolenza e

di protezione

lato, e di servit

e di omaggio

di cortigiano affezionato e di poeta dall'altra.


II.

Sebbene Torquato Tasso


il
,

fosse

innamorato

di

Lucrezia Ben-

didio tra

1568 e 69, questa fiamma svani prestissimo, tanto che

nel 1571-72 la stessa era amata dal Pigna senza che questi fosse
corrisposto

mentre invece suo amante

tra

il

1572-73, era

il

cardinale Luigi d'Este.


III.

Per
il
;

causa della Bendidio non


il

ci

pu essere stata rivatra


il

lit

tra

Tasso e

Pigna, e molto
tale

meno

Tasso e

il

car-

dinale

n questi per
S.

motivo principalmente pot farlo chiu-

dere in

Anna.

Angelo Solerti.
la buona volont ben renderlo sicuris simo, 14 giugno 1582 . E che dal canto suo il T. non avesse astio al cardinale, appare da quanto scriveva nel Forno, dialogo composto nel 1578 e stampato nel 1^7, dopo parecchie correzioni: ...Luigi d'Este Gar dinaie di gran valore e di molta prudenza e di liberalit e di magnifi ([dialoghi di T. T. a cura di G. Guasti, Firenze, cenza singolare Le Mounier, 1858, voi. II, p. 270). Numerosi documenti intorno ai motivi

come

l' (1)

caro, che facci

et

come mi prometto per


di tutto ci potete

ch'io porto di farle piacere

che

e al

modo

di questa

seconda reclusione del Tasso

ci

gioveranno per la vita

del poeta.

(1)

Forse da correggere ho.

DI

O LIBBO

DI B1>'CHIEEI

FIOKENTCa

SCRITTO Df YOLGAILE NEL 1211.

L'antichissima scrittura che ora pubblico, sta nel cod. Laurenz.


Aedil. 67, e precisamente nelle
l'altra in fine,

due guardie, l'una in principio e


il

apposte al cod. medesimo, contenente

Digesto

Nuoto con
scritto (1).

glossi, fino dal secolo

XIY, quando cio quel codice fu

Non
mente

ostante che
descritto

il

Bandini nel suo catal(^ abbia sommariale

insieme al ms. anche

due guardie, pure

a coloro, cui

la descrizione

dovette capitare sott'occhio, non era


i

facile venisse in

mente che

due

f(^li
il

potessero contenere

un
(2).

testo volgare, la qual particolarit

Bandini stesso ha taciuta


lui

Anzi dalle brevi e non esatte indicazioni di


egli

manifesto che

non

si

fermato a decifrare le dette carte ; ed invero le da-

tazioni della scrittura

non

si

estendono,

come

il

Bandini afferma,

dal 1211 al 1290,

ma

sono tutte comprese nel 1211. Le due carte

sono fi'ammenti d'un libro di conti di banchieri fiorentini. Mi-

surano m. 0,43

X 0,28,

e, scritte

originariamente per intero a due

(1) Infatti il

rubricano del Digesto, che scritto sol tergo della guardia

anteriore, della stessa


(2> Supplera.,
I,

mano che

trascrisse

il

testo e la glossa.

Digestum Nomtm cum glossa. * ....In primo foglio habetur Index Rubricarum huius voluminis, ac praeterea tam in ipso quam in ultimis foliis sub anno MCCXI.MCCXC notata sunt varia nomina debitoris alicuius qui mercaturam Florentiae exercebat. Cod. membr. ms.
col. 87:

in

f>

max^

sec. Xlll, binis

colompnis optime servatus

*. 11

(/(ormak tiarii. X, Smc. 28-2.

162

P.

SANTINI
es.,
il

colonne, sono poi state abrase in pi luoghi. Cosi, ad


della

sul tergo

prima carta, in quel

tratto

ove stato posto

rubricarlo
in questa

del Digesto, e sul tergo della

guardia posteriore;
l'

ma

seconda pagina la rasura cosi rozza che con


gente chimico
I conti
si

aiuto di rea-

letta quasi per intero.

sono segnati a scrittura scempia, cio in ciascuna paril

tita si

trovano confusamente notati


le lettere di

dare e l'avere
di

(1).

Nel riportare a libro


posito

cambio,

presto o di de-

non rigorosamente mantenuto

l'ordine cronologico: ed

naturale che se alcuni contratti potevano essere segnati all'atto


della stipulazione, altri invece, per esser conchiusi in luoghi lon-

tani

per qualsivoglia altra ragione,

si

notassero alcuni giorni od


si

alcuni mesi dopo. Accesa nel libro una nuova partita,

lasciava

uno spazio bianco per segnare


della

nell'istesso luogo

successivi conti

banca

col corrispondente

fino

ad estinzione completa del

debito

del credito: tanto vero che talvolta fra l'una partita


ri-

e l'altra intercede maggiore spazio di quello che la scrittura

chiederebbe, tal'altra invece

il

carattere e le linee

si

restringono

per mancanza

di spazio.

Da

questi frammenti

non

si

ricava a quale compagnia di pre;

statori

appartenga

la

presente scrittura

si

ha invece una lunga

lista di altri

mercatanti fiorentini, molti dei quali, o persone delle

loro famiglie, sono altrove menzionati.

Per citarne alcuni, Buoprima partita, segnato


(2).

ninsegna Falconi, col quale

si

apre

la

nella matricola dell'arte della seta

nel 1225

Arrighetto Ar-

Peruzzi nella Storia del Commercio e dei Banchieri di Firenze mondo conosciuto dal 1200 al 1345, Firenze, 1868, non trov in Firenze la scrittura doppia o Veneziana prima del 1382. Per recentemente sono stati pubblicati alcuni conti fiorentini o toscani a scrittura doppia
(1) Il

in tutto

il

Vedi ad es., i Docum,enti di ser Ciappelletto, pubda G. Paoli in questo Giornale, V, 329-369. Anche a scrittura doppia sono i conti che si trovano nelle Lettere volgari del sec. XIII scritte da Sanesi, pubblicate dal Paoli e dal Piccolomini in Scelta di curiosit letdi data assai pi remota.
blicati
,

terarie, disp. 116, Bologna, 1871.


(2)

Vedi Ildefonso da

S. Luigi, Delizie degli eruditi toscani, Vili, 198.

FRAMMENTI

DI UN" LIBRO DI BANCHIERI FIORENTINI

163

rigoni tra coloro

che giurano

il

29 maggio 1201

la

pace coi

Sanesi

(1);

Testa e Cancelliere sono testimoni all'atto di confiil

nazione fra

Comune
In

di

Firenze e quello

di

Siena

nel 4 giu(3),

gno 1203

(2).

un documento

del 19 ottobre 1216

per

il

quale venduto un
riceventi a

pezzo di terra ai Consoli dei mercatanti,

nome

dello Spedale di S. Eusebio, sono testimoni

Ugo

dell' Ebriaco

d'Oltrarno, Zainetto di

Giambono dell'Erro ed Ugo

di Buonaceolto Salintorri: e nei nostri conti, sotto la partita di

Donato
l'

Ciaflferi

troviamo Buonaceolto Salintorri ed Arrigo dellire

Erro che danno ciascuno

18

meno 26

denari. Buggerino

Buonfentini, nipote o figlio del nostro Ruggieri figliastro di Buonfantino, l'unico di

sua famiglia escluso dal bando dai


(4);

ribelli

Ghibellini del

1263

la

casa e la torre
di

di
S.

Buonaccorso di
Pancrazio, fu
dei
il

Uguccione Villanuzzi, che era nel popolo


strutta

di-

dai

Ghibellini

nel
fra
1' i

tempo

dell'

ultimo esilio

Guelfi

1260-66.

Buonaguida

consiglieri fiorentini

che

12 feb-

braio 1216 approvano

atto di

procura in Sanzanome giudice


il

per stipulare un trattato commerciale fra


e quello di del
ciali

Comune
(6).

di

Firenze

Bologna

(5),

e cos di seguito
le

Ed a proposito
commerfloridis-

detto
tra

trattato,

si

deve ritenere che

relazioni

Firenze e Bologna fossero in questo tempo

sime, poich esistendo digi fin dal 1203


citt (7), si

un

trattato fra le
si

due
il

trovava non molto dopo insufficiente, e

sentiva

bisogno di rinnovarlo. Di questa frequenza nei reciproci scambi

commerciali
tutta

ci

sono documento anche

nostri frammenti, poich

una

serie di partite di

cambio e

di presto

furono aperte in Bo-

logna in occasione del mercato che

si

faceva la festa di S. Procolo.


di

La quantit

delle partite segnate in

poco pi

due pagine del

libro,

(1) Ivi, VII, 174.


(2)

R. Arch.

di Stato di Firenze, Capitoli,

t.

XXVI,

ce.

3 sgg.

(3) Ivi,
(4)
(5)

Diplomatico, Prov. Strozz-Vguccioni.


ecc., Vili, 227.
t.

Ildefonso, Delizie

R. Arch. di Stato, Capitoli,

XXVI,

ce.

89 sgg.
t.

(6)

Vedi per

le altre

persone e loro famiglia l'indice del padre Ildefonso.


IV. 453.

(7) 1203,

settembre 13. Vedi Muratori, Antiquit..

164
e la

P.

SANTINI
conti ci

somma
i

rilevante di danaro di alcuni


di

mostrano

la

importanza
elevato fra

questa casa bancaria:

ed ebbero certo un grado

mercatanti anche molti di quelli che con essa conPeruzzi


(1) riporta
i

traggono.
si

Il

nomi

di prestatori fiorentini

che

leggono nella collezione dei decreti del rimborso del regno d'InIII

ghilterra sotto Enrico

(1228-1272): e

fra questi si trovano


gli Spigliati,

Bencivenni,

Bacherelli, gli

Alamanni e

apparte:

nenti alle famiglie di mercatanti ricordati nei nostri frammenti

ed

Buonaguida

si

trovano posteriormente, nei decreti

di

Edoardo
il

I.

Poich qui, come in ogni sorta


lario in quelle

di conti, si ripete

formuil

partite

che sono

simili fra loro, e poich


si

for-

mulario medesimo, traduzione letterale di quello latino,

man-

tenuto cos a lungo da non apparire gran che differente pi di

un
che

secolo dopo questo


i

tempo,

il

materiale di lingua fiorentina


(2).
il

due frammenti

ci

offrono non ampio

Ma

la constata-

zione del fatto che nei primi anni del ducento


delle principali botteghe fiorentine di

libro

maestro

cambio

si

scriveva in vol-

gare, ha, per le conseguenze storiche che se ne deducono,

una

importanza grandissima, perch, come noto,

le

simih scritture,

che
il

fino

ad ora
Dipi
,

si

conoscevano, ritardano

di

parecchi anni oltre

1211.

allo

studio scientifico del pi antico fiorentino,

tanto per la parte fonetica e grafica

come per

la-

parte morfo-

(1)
(2)

Op.

cit.,

pp. 171 sgg.

Qualche altra breve scrittura volgare della prima met del ducento ho certamente veduta nel nostro Archivio di Stato: se a cosi scarso materiale si aggiungesse un glossario delle parole e modi di dire volgari che si leggono nei documenti latini scritti da notai fiorentini dal 1200 al 1250, si potrebbero forse determinare le principali forme grammaticali e grafiche
della nostra prosa

pi antica.

In fine ad un atto del nostro Archivio del

1236 marzo, 17 (Prov. Passignano), che contiene la notizia di una sentenza per mezzo della quale dato al sindaco della Badia di Passignano il possesso di alcune terre
lista delle
,

contro Dietifeci del fu Oliviero Fresoni

si

trova la

spese fatte dall' attore.

La
s.

seguente

parte del conto scritta in


d'. xij.

volgare: Item diedi ad u messo ke uenne per Dietifeci


per lo konfasamento di Diotifici
ij.

Itera diedi

Item ded
s. ij

(sic)

per lo puronuxiai

mento

s.

ij

di fruti.

Item

demmo

ad u messo

ke uenne a dare

fruti

Dietifecie

FRAMMENTI
logica, questi

DI

UN LIBRO

DI BANCHIERI FIORENTINI

165
contri-

ft^mmenti porgono certamente un prezioso

buto

(1); la

qual cosa l'amico Parodi mostrer nella illustrazione

linguistica,

che accompagner

la

mia trascrizione.

Di alcune societ di cambiatori esistenti nella prima met del


sec. XIII

ho anche

notizia

da carte del nostro Arch. Diplomatico.


dalla Badia fiorentina, Ber-

In

una del 17 ottobre 1220, proveniente


di

nardo

Calcagno

fa

quietanza per aver ricevuto da Drudolo del fu


socieiate solvente, lire 325 e 4 soldi di buoni
di

Baldese,

pr

se et

sua

danari pisani a

nome

cambio

di

400

lire di bolognini,

che proIl

mette

di restituire nei

mercati di Modena o di Mantova.

docu-

mento rogato
fa

in Callemala. Di un'altra societ di banchieri si

menzione in un atto del 2 giugno 1243, gi esistente nel mo-

nastero di S. Donato in Polverosa. Ubaldino di Guicciardo e Maffeo


di Buonassalto

per s e per

loro socii, cio Gualterotto di Bardo,


di Bellincione,

Jacobo

di

Morando, Moltobuono

Tedice di Mazzabeco,
altri si

Bernardo

di Rustico, Struffaldo di

Piero ed

presentano

al

giudice ordinario della curia del sesto di Borgo SS. Apostoli per

pagare, con intervento dell'autorit del detto giudice, ai tutori di

Bernardo, Senno ed Albizzo


lire

figli

del fu

Bene

di

Bene Gicciavacca,
ai detti

300

di

buoni danari pisani, che erano tenuti a dare


libro

pupilli,

prout in

erant inter capitana

earum rationufn contmetur eorum societatis.


suppone
(2)

et scripta

Che

la scrittura

mercantile di questo tempo sia stata molto

misteriosa,

come

il

Peruzzi

non confermato dal


di

presente documento;

nondimeno ho incontrato nella lettura

(1)

Sarebbe utile una accurata ristampa del testamento in lingua volgare

della contessa Beatrice, moglie di Marcovaldo dei conti Guidi e


terzo

madre

del

Guido Guerra, pubblicato dal Gluipi, in Volgariszamento dei Trattati morali di Albertano giudice di Brescia ecc., Firenze, 1832. Sebbene il testamento sia della seconda met del sec. XIII (1278) pure la contessa era
,

documento, che sembra scritto ad verbum dietro sua dettatura, risalirebbe alla prima met. Invero, nel 1238 la contessa ottiene dall'assessore del Podest fiorentino facolt di far rappresaglia
allora in et tardissima, e quindi
il

contro il comune di Pisa, ed allora ella era gi vedova di Marcovaldo. (Vedi R. Archivio di Stato, Diplomatico, 1238, maggio 13, Castello).
(2)

Op.cit.,

p.

223.

166
questi frammenti difficolt
solute.
I

P.

SANTINI
in parte

non poche, che

non ho

ri-

due

fogli

sono in pi luoghi imbrattati, anche nella

parte scritta, da freghi e prove di penna, e sono cosi smarginati

da render mutilo

il

testo- di

ciascuna pagina. Inoltre per l'uso del

cod. l'inchiostro delle guardie in parte svanito, e


il

non

di

rado

mercatante che scrive

il

libro cancella lo scritto,

correggendo
talvolta
si

a disagio fra l'una e

l'altra riga.

Le abbreviature sono
che pi
di

arditissime, specie in quelle frasi


tono,

frequente

ripe-

e nelle indicazioni delle varie monete, usandosi anche la

sola iniziale, a mo' di sigla, invece dell'intera parola. Si aggiunga

che spesso

si

rimane

in dubbio se la lineetta sovrapposta ad

una

vocale indichi abbreviazione, oppure sia special segno grafico cui

non debba
scritte

supplirsi alcuna lettera, come,

ad esempio, nelle parole


i

mano, marna, davv. Nel


le

riprodurre

frammenti ho

creduto non scioglier mai

abbreviature quando sono di dubbia

lettura, attenendomi fedelmente alla grafia originale. Allo scopo di


facilitare la lettura

ho creduto bene usare l'interpunzione moderna

e separare

le

parole quelle volte che la antica grafa

me

lo per-

metteva. Debbo infine sentiti ringraziamenti

ai prof' Paoli e

Rajna,
nell'in-

che mi hanno dato valido aiuto nel leggere, e


terpretare la intricata scrittura.

talvolta

Pietro Santini.

Col.

1.

MCGXl.
per liure diciotto d'Iperiali mezani arrascione di trenta e cinque

Aldobrandino petro e buonessegnia falkoni no dino dare katuno in tuta


lib'. lij

meno

terza

ke demmo

loro tredici di anzi k. luglio, e dino pagare tredici di anzi


iiij

kal. luglio (1): se pi stanno, a

d'.

lib'.

(2)

il

mese, quanto fusse nostra

uolontade.

tt.

alberto baldovini e quitieri alberti di porte del


sol. xij
lib'.

duomo.

Item die dare buonessegnia


Buonessegnia falkoni
auire
lib'.
iiij

per u massamutino.
xl: rek iakopo a termine.

ci

a dato

Item die

e sol.

ij

leuammo di rascione buonessegnie oue douea auire

(1)

per fiuto giiignio, cancellato.


a quattro denari per
lira.

(2) Cio,

FRAMiiENTI DI UN LIBRO DI BANCHIERI FIORENTINI


per ser kalkagnio vj di anzi k. luglio. Item die
lib'. iij

167
per
(1)

meno

d'. xij

tomaquinci, k'ei pag nei panni suoi. Item


sol. xl di

(2) ci die

buoninkontro dappopio
lib'. iij

ssua moio tre d anzi kal. lagUo. Item ci die aldobrandino

meno

d'. xij:

rek giannozo.
sol.
ij

A A

mesere kanciellieri prestammo

in sua

mano:

ab.

posto

sotto

sua rascione oue die auire.

Manetto passarTpetto prestammo


ci die sol.

sol.

xx in sua mano

(3).

aldobran.

Item

xx

leuammo

disssua (sic) rascione oue die auire per

buo

naqnida forestani.

MCCXI.
Jakopo
f.

del barone degli aquerelli e

simone suo

fratello

no dino dare
loro tredici di
tredici di anzi

katuno

lib'. Iij

per liure diciotto dlperiali mezani ke

demmo

anzi kal. luglio (4) a trenta e cinque


kal. luglio (5)
:

meno

terza; e

dene pagare

se pi stanno a

iiij

d'. lib'. il

mese, quanto fosse nostra volon-

tade.

tt.

alberto baldovini (6; e gaglietta de pekora e buontalento macketi e

rugieri figliastro buonfantini di buorgo salorenzi.

Item

ci die

buoninkontro

f.

del barone degli aquerelli


(sic).

lib'. xiiij

sol. xj:

rek kbio e tornaquici v di anzi k. agostosto


arrigoni
lib'. v.

Item

ci

die arrigetto

buoninkontro: rek tegiaio a questo termine. Item iacopo ci


pieri
rossi

a dato
sei

lib'.

xv kenne ebe ricovero kpgnio


varliani
li

da san firenzo

le

lib'.

e buonacfede
lib'.

ciento

sol.

'1

tessta di kodarimessa le

quattro
Ub'.

due

di intrante

agossto per noi, e diede per noi a kbio

X e

sol. iij

di dodici (7) anzi kl. ottobre.

Item

ci diede iacopo sol. cvj


sol.

rek iacopo cinque d anzi k. ottobre.


quitoitti 0) otto di intrante

Item dimo auire


ci

xl per dato
al-

ottobre. Item

die

iakopo

sol.

xxx: rek

dobrandino

(8).

MCCXI.
Buonagiunta dassomaia die dare
titre
lib'.

xxiij

sol. xviij

per liure uen-

ke

prestammo

die anzi kl. luglio:

posto

ke die aire e dene pa-

ti)

pr

U pamU,

cancelUto.

(2) i,
(3)

omeelUto.

(4)
(5) (6)

Utkth, cancelUto. ptr muo gktguio, ciioeUato.

(7)
(8)

Umn. SagM naon, ed in MramU, euoellato.

parte caneelUto

il

nome MgMate.
scrtta

Salk nltime dae lifhe, che enne abriae , ftaU

d* mano

del

sec.

UT mw

boU

giuridica.

168
gare in k. agosto
volontade; e
s'ei
:

P.
se pi stanno a
si

SANTINI
iiij d'.

lib'. il

mese, quanto fosse nostra


f.

no pagasse

no promise

di
tt.

pagare buonone

farolfi

da

duomo prode
f.

e kapitale quant'elli sstesero,


f.

prestorso d'oltrarno ellutieri

galgani balsimi ed Ugolino


lib'.

sassolini

dackapiano. Item

buoriketto del

greccio ci die

xxiij e sol. xviij. posto.

Col.

2,

MGGXl.
f.

Ristoro

pieri buorsaio e iakopino

f.

sigoli

no dino dare katuno in tuto


i

lib\ viij e sol.

XX

d'.

viij

per

liure

otto

ke

demmo

dodici

di

anzi

kl.

giugnio a sedidi
stanno a
iiij

(sic)
lib'.

d\

1'.,

e dino

pagare

xij d

anzi k. agosto; e se pi
tt.

d'.

U mese quanto
sol. xviiij

fosse nostra volontade.

alberto bai-

dovini e konsiglio dei kastagniaci.

Item die dare per prode


Ristoro ci a dato di sua

d'.

iiij.

mano
del

sol. xl:

rek tegiaio

iij

intrante decbr.

Item die per noi tadellato

f.

buono

lib". vij

e sol. x, xij di anzi k. aprilis.

MGCXI.
Banzara
ispeziaale
del

garbo no die dare


li

lib'.

xv pro[uesini] nuoui ke
kl. luglio
(2),

demmo

a bartolo

ke

demo dodeci

d (1) anzi

e dino pagare in k.

luglio: se pi sstanno a
t
:

d'. iiij lib'.

un mese

quanto fosse nostra volonf.

s' elli

non pagasse

no promise de pagare buonuenuto


tt.

del

romeo

del garbo prode e kapitale quant'elle isstessero.

alberto baldouini e bonad'.

ckorso

f.

del uillano

da samikele

berteldi.
li

Item die dare banzara


d'.

xxviij

per

lo

prode de la ssua parte. Item


sol. iij

rendemmo

xvj.

Item die dare

benuenuto

per prode.
lib'. iiij

Banzara

ci

a dato

e sol. xiij e

d'. viij

rec

il

teckiaio le quattro

liure da gerardo del

papa

tre d anzi kal. agosto.


(3)

Item die per noi a tedino


ci

allero

lib'. iij

quatro d anzi kal. agosto. Item


lib'.
||

die benuenutto

f.

del

romeo

del garbo

1|

(4)

vij

sol.

xvj

rek iakopo da quidottito ru-

sticuci per ] (5) setbre.

MGCXI,

xj di anzi k. luglio.
lib'.

Buonackorso manfreduci dassan martino del ueckouo no die dare

xl

(1) Nell'interlinea: (2)

a di

xiiij.
.x.

dal mese

den.

v.

(3) d', cancellato.


(4)
(6)
si
l

aggiunto nell'interlinea.

La

linea verticale

tagliata per

met indica probabilmente


.

il

termine medio:

credo

quindi

debba intendere per mezzo settembre

FRAMMENTI

DI

UN LIBRO

DI
:

BANCHIERI FIORENTINI

169

e soL xj per domeniko dassan firenzo


kl. setbre:

posto ke die auire e dene pagare in


il

se

pi stanno a
si

iiij

d'.

lib'.

mese quanto

fosse nostra volon-

tade

s'ei

no pagasse

no promise
tt.

di

pagare dietaiuti del banzara prode e

kapitale quant'elli stesero,

alberto baldouini e varliano di kodarimessa e

bunaffe suo kpagnio.

Buonackorso
il

ci

addato

lib'.

xl e sol. xj

auemmone b[olognim?]
xx e

e acci pagato

prode.

Gerardo
f.

f.

buonackorsi monteloro die dare


i

sol.

d'.

x per buoglione

trauersi,

ke

douea dare trauerso in

libro uekio (1).

AppoUonio
dava

tribaldi

no die dare

sol. viij kelli

prest[am]mo: disse ke

al fanciello

aldobrandini fabro per grano.


sol.

Item die dare


disse k'elli
li

xxxv e j

(2;

per urromeo

ke

ne

demmo

tornesi:

daua

di

panno
xxj

linio.

Item die auire

sol.

meno

den. j per seruodeo osste maineti del me-

diko. Item die auire sol. v

ke diede ad arnolfino
e
d'.

atauciano de l'acierbo.
(3).

Item

ci die

appoUonio

sol. xvij

v di sua

mano

Col.

3.

Item

ci

die

mainetto tornaquici

lib'.

xij

ke

le

ne rit[enem ?]mo per la


(4) ci die boli

marna

sinibaldi rinucietti in

quaderno nuovo a termine. Item


lib. viij

[naquida de]la gina per mainetto tornaquici


benintendi
ci die
\

ke

li

dauu per

izikelli di rascione

buonaiuti rikardini
sol. xl

xij d

intrante luglio. Item (5)

buonaquida dassarromedio
f.

per mainetto

tornaquici:

leuammo

di rascio[ne] benintendi

pizekell (6),
lib'. iij

Bencivenni marci da ssan firenzo no die dare


di

per

1'.

tre e sol. tre


(?)

bolong. 5.

to

buonaciete

f.

gaiazzi [ke

dejmone

per

lui.

(1)

Segue

scritta
si

sa rmsara,
ricorda

di

mano

posteriore,
dello

una questione
statato

di diritto criminale, in occa-

ione

della quale

una disposizione

fiorentino

relativa ai

beni

del con-

dannato per omicidio, la met dei qoali ra


dannato stesso.
(2) (3)

al fisco e

altra

met ereditata dal

figlio del

con-

Vedi

la

noU

5 a

p.

168.
di

Seguono nel margine inferiore del retto della prima carta direrse note e prove
:

penna

scritte da pi mani. Si legge

rghetto da Filiziano
lib.
Iij

Measer Aearg da Sanignano, diMarsilio

< gesto naoao ecc. taelielli > ecc.

Digesto nono, cost


ai

Gionanni di meeser

Han*

Come

detto

il

tergo della carta per la maggior parte abraso, e contiene

le rubriche del Digesto, e nella parte

bianca alcune note giaridiche di pi mani. Bimangono nella

parte inferiore della pagina 14 righe dei conti


(4) Ut auert, cancellato. (5) di, cancellato. (6)

non

abrase.

Prore di penna, parte in ano spazio bianco

parte mila scrittnra deUa seconda colonna.

170
Itera die dare
lib.
.

P.
viiij;
iiij

SANTINI

prestamolelli . aldobra. [in sua mano]. Item die


e sol. viij

dare

sol.

lib'.

leua[mmo

Col.
. .

4.

otto d intrante luglio: se pi stanno a


tt.

iiij

d'. lib'. il

mese quanto

fosse

nosstra volontade.

alberto

baldouini e rristoro kafferelli e cpagaino (1)


ci

fratello dei tebalduci.

Bonaquida benciuenni
sol.

a d[ato]

sol.

lij

d'. iiij
f.

posto

ke die dare quidinazi. Item die auire


del buorgo
sant'apostoli:

xxxiiij

per lo kacia

arringieri

leuammo
ci

di ssua rascione [a ter]mine.


lib.

Buonaguida benciuenni
rihi

a dato

xxxvij e item ci die Merito

f.

arat-

maluerni

sol. e:

[disjse
f.

ke

ci

daua per buonaquida benciuenni


lib'.

termine. Item buonaquida

benciuenni

xv meno

d'.

iiij;

ebele la m-

mraa (sic) [sinijbaldi

rinucietti per sinibaldo: iera iskritta in

quaderno nu[ouo]:

disse kelle fecie dare in su la tauola del

fornaio

f.

del rosso del [forjnaio


ispi[nello] kasciaiuolo
:

ke Ha avea presi kanollo ed ubaldino. Item


per bonaquida
noi
arrisalito
f.

ci die

benciuenni del ckierito


turpini in su la

lib. xj
viiij

e sol. xxiij

ci

a dare

per

f.

di intrante luglio.

Item diede

per no[i]

[auo]gadi

lib'.

viij.

Item

Gol.

5.

In nomine domini,

me San

brocolo.

MGGXl.
Orlandino galigaio da santa trinit no die dare
per buolongnini ke
sstanno a
angiolino
auire sol.
iiij
i

lib'.

xxvj per metzo magio

demmo
il

a bolongna per
:

lo

mercato sanbrocoli. Se pi

d'. lib'.

mese

e s'elli
tt.

non pagasse sinno promise da pagare

bolongnini galigaio.
xliij

cpangnio auanelle e bellacalza. Item die

per mikele

f.

galleti:

leuammo

di rascione

de

lo scilinquato

maineti.

Orlandino

ci

aue dato

lib'.

vij,

sol. viiij;

ebele (2) manette


f.

f.

quidi

dell'auogado per aldobrandino auekari porcelle de quittoncino


grifFo
sol. iiij

gianni [e]
lib'.

konakede
;

tredici

di

anzi k. giung.

Item

ci die

Orlandino
ci

vj[e]

rekoUe iakopo a quessto termine. Item Orlandino

a dato

lib'. iiij

e sol. xvj

ke

diede ad arrigo

f.

rugieri de lo

'ngemmato; pagavalli per

quaskone
de

ttortolini xj
sol.

di anzi k. giunnio.

Item diede per noi a buonaquida


di

la gattaia

xlvij e li li

dauauamo

rasione
f.

rinieri

orlandini x d
1
,

anzi k. giunnio. Item diede [per] noi a uguiccione

kastellani sol.
sol. xj

di

anzi k. giunnio. Item ci die di ssua

mano

Orlandino

a ko giannozo.

(1)

Uke, cancellato.

(2) guittone, cancellato.

FRAMMENTI

DI

UN LIBRO
lib'.
,

DI

BANCHIERI FIORENTINI
ke
i

171
a bose pi

Angiolino galigaio no die dare

xl per bulongnini

demmo
:

longna per
sstanno a

lo

mercato sanbrocoli
d'
;

e de pagare

per metzo matgio


di

iiij

s'elli

non pagasse sinnc promise


tt.

pagare Orlandino

galigaio prode e capitale quant'elli istessero.


co. (sic) e

matzingo, mainetto d'albitzo

Bernardo
ci

bertti.
lib". xj

Angiolino
ci die

a dato

di ssua

mano
lib'.

quatro di anzi k. giugnio. Item


iij

benivieni galigaio

per

angiolino

e sol. x: rek albizo dafferlib'.


lib'.

ra. (1)

pezzaio di lungarno a questo termine. Item ci die Orlandino


lo

x rek
:

kSbio da

scotto
tre
,

pezzaio
1'.

lib'.

tre,

da iakopo
diede

del

capo

quatro

meno

soldi

e le tre

tre

sol.

Orlandino

di ssua

mano

questo termine di ssopra.

Item angiolino
il

di ssua

mano

sol.

ex un die anzi k. giugnio ed a pagato


iij

prode.

Item

ci

die
ci

Orlandino

lib'.

e sol. xvj per iakopo


iiij

un

die anzi

k. giugnio.

Item

die
d

Orlandino

lib'.

e sol.

iij:

rek kbio da berOrlandino di ssua

nardo

lo

pezaio

tre

intrante giugnio.
j

Item

ci die (2)

mano
sol.

sol. xl

kon arnolfino
in

die anzi metzo giugnio. Item diede Orlandino


la

iij,

ed a pagato

quiderdone de

ssu

parte

a aldobrandino per

!-

(3) giugnio.

MCCXI.
Guillielmo
f.

gianni guadangnuoli no die dare


lo

lib'.

xvj e sol. xj per buo-

longnini ke

deramo a bolongna per


stanno a
a dato
iiij

mercato sanbrocoli e de pagare in


il

k. giunnio; se pi

d'.

lib'.

messe.
gaglietta del pekora tre

Iakopo parisci
1.

ci

lib'.

xiij;

auemmone da

e noue sol.: rek albizo a termine. Item ci die iako di ssua


:

mano

lib'. iij

e sol. xj

rek renaldo e gianni

(4).

MGGXI.
Diede
bilicotzi

no die dare

lib'.

viiij

sol. xiij

e
,

d'.

iiij

per bolongnini

ke

demmo
(6)
:

a bolongna per lo mercato sanbrocoli


iiij

e de pagare in | (5)

matgio

se pi sstanno a
ci
li

d'.
lib'. viiij

Mainetto tornaquici
a uinediko prestazi

a dato

e sol. xiij e

d'. iiij

pagelli per noi

ke

dauauamo per
f.

dello

f.

maineti de lo sscilinquato

konackede
Risstoro

di rascione (7) rinieri kafferelli

orlandini di lungarno.

no die dare

sol. x,

ke

li

li

prestammo per ispesa

di

ri-

(1)

Probabilmente daf-Frrara.
Tedi la

(2) iakopo, cancellato.


(3) (4)

noU

3 a

p.

168.

(6)

Segne una nota giurdica di mano pi reeente. Vedi la nota 3 a p. 168.

(6) in kal. giunnio, cancellato.


(7) orlandini, cancellato.

172
storo in

P.

SANTINI
ristori
sol.

sua

mano. Item in mano


sotto sua rascione.

xx

di ... (1)

posta in

quaderno nuovo

aldebrandino
(?)
:

kapi

prestammo

sol.

x 5 aldobr.

disse

ke

daua ser

nikape

posto sotto rascione kapi oue die auire.


sol. viij

Gerardo dell'asino no die dare


sotto sua rascione

bolon[gnini] ke

prestammo posto
:

oue die auire bentiuegnia.


lib'.

Albertino del ripaio die dare

xxxvij

sol. xvij

d'.

v per questa
le sei lib'.

rascione di dietro che dicie di sopra uquicione burneti kesso


e

undici
6.

sol.

meno

d'.

quattro

di

prode: sodammoli per 1 (2) noubre.

Gol.

MGGXI.
f.

Donato
e
sol. vij

ciatferi e
d'.

quido de la spada no dino dare katu[no] in tucto


i

lib'. cvij

viij

per bulongnini ke

demmo

in bolo[ngnia]

per
iii[j

lo
d'.]

merlib'-

cato
il

sanbrocoli, e de pagare in
(3).

k. giunnio:

se pi stanno a

mese

Buonackolto salintorri
aldobrandino
f.

ci

a dato

lib'. xviij

meno

den. xxvj

ebene mesere
:

rinieri foresi lib\ q[uat]tordeci per

simone gianrolandi

'1

kopimento
rinieri
f.

(sic)

rek albizo tredi[ci] intrante giugni ke ne portone quatordici


arciolaio.

1'.

martinelli
:

Item

ci die rinieri (?)


sol.

rinuci

lib'. xviij

meno

den. XXV e
"1

auemmone dackorbizo

de la pressa

cento diecie: rek iakopo;

k[] pimento rek giannozo a questo termine.


lib'.

Item diede per noi attorsello giungni


tore
viij

xviij;

pagammo
lib'.

per kapo
viiij

tin:

di

intrante

[gi]ungno. Item ci diede donato

e sol. x
lib'.

rekolle albizzo a quessto termine. Item ci die ciaffero di ssua

mano

xviij

sol. xij, xj
i

di intrante giugnio.
:

Item

(4) die auire lib'. xviij

meno

d". xx>'j

ke

ci die

arrigo dell'erro
sol.

leuammo

di ssua rascione

oue douea auire a

ter-

mine.
nelleti

Item die aiure


f.

xl per karro orrafo: leuammo di rascione


f.

quar-

grigori v di intrante luglio. Item die per noi a l'ackolto


lib'.
iiij
;

ugeti da

ssan firenzo
ci

pagoUi donato
'1

f.

ciafferi viiij di intrante luglio.

Item
d

die donato sol. xxxij e


luglio.

prode de la sua parte 5 k tornaquici

viiij

intrante

Serrackorri f.pancosole no die dare


arnolfino a bolongnia per san brokolo.

lib'.

vj

di bolongnini

ke

li

li

prestoa

Item
sol.

ci die ser (5)

ackorri

sol.

cviiij

di

pisani: rascionamo

bolongnini

due

r. (6).

(1)
(2)

In questo luogo

si

ha un segno o lettera

di

dubbia interpretazione.

Sembra essere una /,


xvj.

Vedi la nota 3 a p. 168.


Segue, inserita in uno spazio bianco, la data
:

(3)

Mcccxvj mense nuiriii die

(4) diede, cancellato.


(5) daniello, cancellato.

(6)

La

riga che segue, e che tralasciamo, contiene una nota giuridica scritta da

mano

pi recente.

FRAMMENTI
MCCXI.
Albertino

DI

CX LIBRO

DI

BANCHIERI FIORENTINI

173

paganelli no die dare


||

lib'.

xlij

e sol.

viiij

meno

d'. ij

per rae
'1

sione k[e] fue per sanbrocoli

ke

diede arnolfino a bolongna

jj

(1);

c-

pimento de dare a maine'to e de pagare per san pietro:


albertino paganelli sol. cviiij

rendemmo ad
rek toma-

d'.

viij

posto oue
vij

die

auire quidalocto.
xxxiiij:

Albertino paganelli
quici dal uezoso dei

!|

di

giunnio

\\

ci

a dato lib\

d'.

baroncielli in k. setbre. Item die auire sol. viiij per


d'.

taone ke
anzi

ne skontammo per

ke

dauaua guicco del konpang.

iiij

di (2)

k. ott.
sol. xlij

Item die auire

d'. wj
lib'.

per ispinello di

kallemala quatro

anzi k. luglio. Item ci die taone

vij e sol. xv: r[e]k albizzo da rinuc-

cino

f.

alamanni

(3)

anselmini
f.

viij

di intrante luglio.

(Item ci die dietesalui

rodolfi di porte

san brankazo

lib'. iij
(?)]
:

e sol.

viiij

meno

d'. j

ebele

Ugolino di kosa de Tabraccia del ga[rbo


(4;

a quessto
x:

termine.

Item die per noi

a benciuenni

f.

gr[is]pingniani
(5).

lib'.

pagava

per baldo vino suo fratello tre di anzi k. agosto)


Il

Item die auire

lib'. xij

e sol.

iij

d'. viiij
iiij

per(?) guidaloto di ssua rascione


ij

oue die a[uire]. taone Item


ci die

ci

a dato
iij

sol.

d'.

ed a pagato

il

guiderdone.

dauidalo

lib'.

e sol. xj
||
.

disse
ci die

ke ne pagana
taone
lib'.

taone....
:

leuammo

di ssua rascione

oue die auire


\'iiij

Item

iiij

rek arnolfino

darrinucino simioni

di intrante ag[osto].
sol.

Item

ci die

mainetto tornaquici
:

cv e

d".

ij:

pagolli per noi a buo-

[najquida benciuenni

disse

ke

rendea de la rascione oue Tauea sopra p[a]

gato albertino xviij d intrante agosto.

Item

ci die

kapitanio

sol.

cv e

d'. j

ebeli

bonaquida benciuenni xj anzi

kal. settbre.

Mainetto die dare


...kolo.

lib'.

vij

d*. xiij

per lo storamento di
e
d'.
ij
:

san bran
auire...) (7)

Maineto
tre

(6) ci

a dato

sol. xlviij
lib', iij

posto (ke

die

ke die dare ke
ci a...

1'...

Item die auire

sol.

xv per rascione kessodammo


sol. xxij

avea sopra pagato in libro ueckio. Item die auire


1'.

meno

d'

(per la) (8) per la rascione de le ciento cinquanta

kessodammo.

(1)

Aggiunto nell'interlinea.
ad arrihi.

cos pi sotto.

(2) di,

aggiunto in fine della proposizione, perch tralasciato in qoesto Inogo.

(3) Sostitoito

(4)
(5)

a baldoumo, cancellato. Tatto ci che in parentesi tonde sotto cancellatura. Inrece ci che segue, e che

poeto fra lineette rerticali, aggiunto nell'interlinea.


(<t)

dtmmo a
Idem.

tnaituia, cancellato.

(7) Cancellato.

(8)

174

P.

SANTINI
ILb. vij

Mainetto tornaquici no die dare


san brocoli ke

e den. xiij [per

rascione

(?)]

di

Item die auire

lib'.

vij

e sol. xiij per rikouero

f.

to

leuammo

di

ssua rascione oue douea auire Risstoro de V arlotto no


die

medaglie.

dare

sol. xviij sol.

d'.

ij

per ragione di
sol.

san brocoli: risstorammone a mainetto


bolongn..

cin[que]. Risstoro ci a dato

xx

Col. 7

(1).

Guidalotto rustikelli da somala no

die

dare

lib'.

xiij

||

e sol vj

\\

(2)

per

attauiano becki, ke

ci ci

daua per vquiccione godini.


addato
lib'. lib'.
v....

donosdeo bengnioli

e sol. xij

(?)

d'...

ebeli albizo.

Item guidalotto die auire


...mo ugetti

xiij

leuammo
ugetti

di sua rascione a

termine
ri-

da buonac'Korri
e
d'. ij.

(3)

nepote

giambuoni. posto, rek

da rdo

(?)

sol. xxxiiij

Burnetto godini die dare

sol.

xiiij

(?)

per la parte baldouillani del prode.

Kaualkante
quaranta e

f.

kaualkanti

no die dare

lib'.

xlj, sol. xiij

d'. ij

per

lib'.

sei di

bolongnini ke diede arnolfino per


d'.
1'.

lui

abbonizo maltempo

per lo ba...allo a uenti cinque

Item

ci die

iakopo simoni

lib'.

xlj, sol.

xiij,

d'.

ij

pagelli per noi a mai1'.

netto tornaquici: dauaulili ne la rascione


l'

de

le

ciento cinquanta

del-

orfo

(4).

MGGXI

(5).
lib'.

Lutieri kalkagni no die dare

xliiij

sol. xj

per liure
quindici
:

quaranta
1'.

(6)

due meno

d'.

diciotto di nuovi k'ebbe

in

pisa a

d'.

undici

d
iiij

intrante giugnio, e dene pagare xj die intrante luglio


d'.

se pi stanno a

lib'.:

disse kessono trallui e kardinale.

Item die dare kardinale

lib'. xxiiij

(1)

La

scrittura delle ultime due colonne fatta rivivere con reagente chimico usato linea per
la rasura pi

linea.

Nei luoghi ove

profonda non riapparso l'inchiostro

in altri

non

si

hanno

sufficienti segni per la sicura lezione.


(2)
(3)

Aggiunto nell'interlinea.

hunackorri

(?).

(4)
(5)

La

lettura della parola dubbia.


alla data
,

Accanto

nello spazio bianco della riga

aggiunto

Item die dare per prode

sol. xlviiij.

(6)

di nuovi, cancellato.

FRAMMENTI
e
d'.

DI

UN LIBRO
rinucini
f.

DI BANCHIERI FIORENTINI

175
intrante

XXX per
||

la rascione

macene

[]

ke sodmo

xiij

di

noubre

(1).

Lutieri ci a dato dissua


luglio.

mano

lib'.
Ij.

ij

sol.

x e

tredici

di

intrante

Item

ci

diede kardinale
di
li

lib'.

sol.

xv e

d'v. posto.
f.

Itera lib'.

cinquanta

nuoui ke diede per noi a quameri


fecie dare a

gaiazzi
xiij

di
in-

porte san pie[tro], ke

bernardo bankiere di pisa


lib'.

di

trante noubre. Item ci die luttieri e kardinale

xv e

sol. x\'j

d'. viij

innanzi

viiij

pergamene

(2).

Al pacie

f.

e vino

auemo
i

prestato

lib'.

iiij

meno
ke

d'.

xx\iij,

ke

li li

diede mainetto tornaquici, ke


die dare
d'.

ci

dava per Tacbr accia del gatto

(3;.

Item

xxviij

ke

demmo
iiij

in sua

mano

disse

pagava

nei panni

suoi allalbardo.

Pacie

ci

a dato

lib'.

leuammo

di

ssua

rascione

oue die auire per

alberto rosso.

In

nomine domini, amen.


Arnolfino porta seco a la badia, lib'.
ciij

sol.

xv

di

veronesi ke
di

tol(?).

lemmo da
Item porta

qualterotto. Item porta


sol.

lib".

xxxj di veronesi

cambio

xx
lib'.

di bo[lonJgnini perrispese.
viiij
||

Montano
ke
le

veronesi

lib'. Ixxviij.

Item die dare

meno

sol. ij

||

(4)

demmo

per lui a

quaauire.

skne

f.

rineri ubertini per lo storamento dei veronesi, posto


lib'.

ke die

Item per paganello del garbo


stasini lib'. xlvij
lib".

Ixxxx e

d'.

xxv. Item

per lo bene pre-

sol. xvij
d'.
j (?).

d'. iij.

Item buonessengnia
(?)

de l'anquillaia
lib'.

xlv e

sol.
I

iiij

Item per ser

arrigo rinieri mediki


lib'.

Ixxxxiiij

e sol. v e e
d'. iiij.

Item per rugieri figliastro buonfantini


f.

Ixviiij
ij.

e sol. xiij

[Item] per arrigo


lib'. xiiij

rinieri
iij.

mediki

lib'. Iiij

e sol.

Item die dare

per lo prode.
sol. xlvj, d'

e sol.

Item per benciuenni kpagnio quernieri


e
sol. viiij
xij.

Monta

in tutto

lib'. oiiij

d'.

ij.

Item rauemmo

trappagatori per quelli di laska

lib'. oiiij

e sol.

Lutieri f. rufToli no die dare lib'. iiij per benci di buorgo ke i per nuovi, posto ke die auire. Item die per noi a kbio minerbetti

ci

daua

lib'. iiy.

(1) Le purole poste tn lineette sodo un' agginnta che stata fatta in uno spazio limitato da nna linea corra nella seconda colonna della pagina. (3) Alla steaaa maniera che i nostri banchieri rimandano spesso ad altri libri e quaderni del banco, cosi in qneeto luogo, e, come si redr, anche pi sotto, fttto richiamo ad altre carte del cod. originale, del quale questi frammenti sono piccola parte.

(8) La forma delle lettere non mi premette di leggere, come piuttosto avrei rolnto, tUl garbo. Per neppure la lezione proposta sicura. (4) Aggiunto nell'interlinea.

176
Alberto
f.

P.

SANTINI
d'. iiij

ubertini no die dare sol. xxij e

per due massasmutini.

Ubertino
si

(1) ci

dato

sol.

xxij e
tre

d'. iiij.

posto sotto sua rascione ove die:

auea sopra pagato innanzi

pergamene.

Gol.

8.

MGGXI.
f.

B]. Ridolfo e
d'. vj

gualfredi de l'anquillaia no die dare


i

lib'.

xxxvij e
in

sol. xiij

per lib\ trentacinque di nuovi ke


lib'.

diede

aldobrandino
e de

pisa a

diciotto d\ per

ke

li

li

diede x d anzi k. giunnio:


iiij

pagare x d
;

anzi k. lullio: se [pi]usstanno a


e
s'elli

d'.

lib'.

quanto fosse nostra volontade

non [pa]gasse sinno promise

di

pagare Iacopo rickardini

di porte del

duomo prode
kieriko
sol. xiij

e capitale quant'elli isstessero.


f.

gerardi

tornaquici

bartolo de

lisstorna.

Item die dare

per rascione k'auauamo sopra pagato fierletto suo fratello.


f.

Donato

guidi fancielli ci a dato

lib'.

xxij e sol.
il

x uno

die anzi kl. lulio:


f.

auemmoli da alberto
fornaio
lib'. viij
lib'.

ubertini. posto. Item ci die


xxij
:

fornaio

del rosso

del

d'.

rek cbio a questo termine. Item


xiiij

ci die gaglieta

del pekora

vij

e sol.

ke

ne skointammo

sol. diecie

ke

daua1'.,

uamo
sol.,

per konsiglio kpagnio dietiquardi di borgo salorenzi, e le sei

tre

die per noi ad

amizo del secka, e venti uno


d'. viij.

sol.

annover redita per

lui.

Item diede redita

Kpagnio
rascione

soldi

no die dare

sol. xxxviiij

per uquicio

f.

burnetti godini per

kessodammo

in libro veckio in

kal. luglio. Item die


sol. sei

dare

d'.

xxx

per baldouillano dissotto. Item die dare

per quiderdone.
rascione oue
die auire

Kompagnio
per k. marzo.

ci

a dato

sol. xlviij:

leuammo

dissua

Baldouillano dissotto kasa burneti godini no

die

dare

sol.

xxv e I per
ke

uquicione

f.

burneti godini per rascione

kessodammo
sol. xxiij:

in libro veckio

kopagno
ci die

fedi (2). baldouillano ci

a dato

rek aldobrandino. Item

kpagnio

soldi d'. (sic) xxx. posto

oue die dare di sopra.

MGGXI

(3).
f.

Jakopo

quidi iQgi no die dare

lib'. xij

sol. xviiij

per

lib'.

dodici

di

(1)

Innanzi a Ubertino, sotto cancellatura:

demmo

a.

(2) sedi (?).


(3)

Accanto

alla datazione, nello spazio gi bianco della riga,

aggiunto: die dare per prode

d'. xxxij.

FRAMMENTI
nuovi ke
i

DI

UN LIBRO
d'.
1'.

DI

BANCmERI FIORENTINI
anzi
k. giugnio. posto,

177
dene

demmo

a diciennoue
kl.

otto d
si

pagare otto di anzi


d'. iiij

Mio:

se pi stanno

no promise

di dare per

pena

de Tona

(?)

liura infino in

due mesi, e dai due mesi innanzi a yj


s'ei

V.

quanto fosse nosstra volontade; e pagare albizo ar


(1)

no pagasse

si

no promiinise

(sic) di

manni prode
f.

e kapitale quant'ellissteseto.

isscilin(ju[ato] mainetti e

quemieri
ci

quidi quernieri.
lib.

Bernardo miadonne diane

a dato per iacopo

xiij

d'.

xx: ebbeli

buonagoida benciuenni

(5)

per guidotto rustikuci.

Guiglielmo fratello rinuccini simioni die dare


dino pagare v d anzi
si

lib'. iij
d'.

per bolongnini, e
1'.

kl. agossto: se

piusstanno a

iiij

se

no pagasse

no promise

di

pagare rinuccino prode e kapitale.


liiij

Bandino
sol.

ci

a dato

sol.

per quillielmo. posto. Item

ci

dato

ix

(?)

del prode.

Kirispino attiglianti no die dare

sol.

e per la rascione del

libro veckio,

ke sopra pagammo ad attigUante.


ttigliante ci addato (3) Uh*,
iij

e \ xxj
xxviij

ke de auere
e
d'. iij
:

issterlino

e altro

kbio. Item ttigliante ci addato sol.

leuammo

dissua ras-

cione oue douea auire.

Bandino Bandino
ci

atamani die dare


a dato
sol. liiij
:

liiij sol.

per quillielmo fratello rinucini.

rek a amolfino.
sol.
1

Attauiano becki no die


dietro yj
(?)

dire

per

la

sua parte
f.

de

la

rascione

di

pergamene ke
ci
'1

dicie di sopra uquicione

bumetti godini.

Atauiano

a dato

sol.

xx dissua mano. Item


(4).

ci die

atamano

sol.

xxx

dis-

sua mano, e

prode per decibre

(1)

Sembra araldi,

ma

per rottiura della pergamena manca la fine della paiola.

(2) posto ote die

dare, cancellato.

(3) sol., cancellato.

(4)

Aggiungo qni alcune osservazioni

alle

poche preposte

al testo.

Per rendere agerole ad ognuno,


la trascii-

come gi ho

detto, la lettura del presente

documento

storico,

non ho rolnto condurre

ioBe con

quelle strette regole della riproducione diplomatica, che sono ecmsigliate per gli studi

liigftici. .Sicuro pertanto che altri, studioso di eoee di lingua, rorri corare

noi

ftdale ii|mwB

lioiM grafica del documento, mi parso supeiflao in qneata prima cojna distinguere con carattere

coiTO, nello sciogliere le abbreriatnre, le lettele nattoite ai segni abbreriatiri, come ad esempio
nelle parole

rasdomi, m*no, wpeitme


queatons ae debba leggeni

owf ; nd

fiir

omsmo ce., idolte dai troncamenti rasci, m, vqmM, hmn Urma, wfmkim /. Vttrmgtt ecc., andek mtmo itrwa,
ho tralasciato
di asare altre
t

MfuMMM
poftaflea,

/.

ImmM.
i,

Per la oteewi eoni4rasione, Taleadomi della i allungata, per eomodit ti-

come

di unit finale delle cifte looiane,

ToHe ndla

co[tta la

detta forma di

sebbeae nel testo sia fon piA frequente della

corta

nellHtao delle

iniziali

maioscole, piuttosto cbe attenermi alla non regolare giaia 4i) teato,

ho ondato meglio adattare l'intera trascriione ad una certa uniformit, pur MO alWrtaaaadoiai tnippe da ^ella grafia. Quanto al Talore storico del presente documento, bene notare che il libro riveeltto di nn certo

mormtU

storico. I, fase. 28-29.

12

ILLUSTRAZIONI LINGUISTICHE

L'antichit e l'importanza del

documento scoperto e pubblicato

qui sopra dal mio amico Santini, faranno forse parer non inutile

questa breve illustrazione linguistica. Esso presenta problemi non

pochi ed anche non

facili

tuttavia io

non potr qui

se

non

rain

pidamente accennarli, riservandomi per a trattarne altrove

modo

pi ampio e pi completo.
altri antichi testi toscani e soprad citare

Premetto l'indicazione degli


tutto fiorentini,
gli

che mi occorrer

pi di

sovente

per

opportuni riscontri.
codicetto

E prima

fiorentini,

che sono:
di Firenze, al

Un

membranaceo

dell'Archivio di Stato

provenienza Bigallo, contenente ricordi mercantili dal 1255

carattere pubblico. Difetto

siccome le leggi determinavano


,

le

norme da

seguirsi

nella compila-

zione e manutenzione dei libri commerciali

chiaro che

giurisperiti fino dal 1211 ritenevano

valido per gli effetti giudiziari, in materia commerciale,


questi firammenti

un

atto scritto in forma volgare.

E
,

poich
li,

hanno un formulario
il

assai sviluppato, che


scritto in volgare
,

non pu credersi formato

li

per

naturale ammettere che


gi vita nel secolo

libro di

banco
e se

quale lo abbiamo nel 1211

avesse

XH. Se

cos

vogliamo tener conto della tenacit del legislatore del


,

M. E.

nel voler conservata la forma latina negli atti che potevano prodursi in giudizio
sia stata vinta

bisogna

pensare che questa tenacit

per

gli atti di

commercio quando gi per un periodo


ai nostri

non breve

di anni

il

volgare scritto doveva essere introdotto e comunemente usato nelle relazioni

a&tto

private fra mercatante e mercatante.

Di fronte quindi

frammenti assai tarda


scritte in rozzo latino

la testimonianza del

grammatico Buoncompagno, che accenna a lettere

ed

in volgare idioma, usate nel suo tempo (1215-1226) dai mercatanti nelle loro reciproche relazioni.

(Vedi A. Gaspabt, Storia della

leti, ital.,

traduz. di Nicola Zingarelli, voi.

I,

Torino, 1887,

p. 140).

l'importante

scrittura

volgare pubblicata dal Tommaseo e dal Mii.akesi (Bicordi di


ital.,

miglia Senese del secolo decimoterzo (1233-1261), in Arch. star,

antica serie,

una FaDisp. XXIX,

Append. n 20
sardi dei secoli
ai

anno 1848

pp. 24 sgg.), la quale

eccezion fetta dai noti documenti dialettali

XI

e XII, stata fino ad oggi la pi antica scrittora volgare con data certa che
i

conoscesse, ha valore storico assai minore che

nostri frammenti, perch scrittura di carattere

del tutto privato.

ILLUSTRAZIONI LINGUISTICHE
1290,
il

179

quale fu descritto

da Cesare Paoli nella Miscellanea


(1).

Caix-CaneUo, pp. 91-93 (GP).

Lidro degli Ordiiamenti de la compagnia di Santa Maria


del

Carmino,

scritto

nel 1280, pubblicato da

Giulio

Piccini,

Bologna, 1867, nella Scelta di curiosit letterarie, disp.


Capitoli della

XGV

(O).

Compagnia

di

San

Gilio, certo

non posteriori
della

all'anno 1284, cbe son contenuti nel codicetto

membranaceo

Palatina di Firenze, segnato 1172 (SGil.).

Documenti

di Ser Ciappelletto (1288-1290), pubblicati in questo

stesso Giornale,

345-369 (DC)

(2).

Infine

molte carte del-

l'Arcbivio di Stato fiorentino, alle quali, citandole, metto accanto

l'anno a cui appartengono (GFior,),


I

documenti non

fiorentini

si

ridurranno per brevit

ai

Ri-

cordi di Mattatala di Spinello senese (1233-1261), pubblicati da


Carlo Milanesi ne\Y Archivio stoico italiano,
S.
I,

voi. V,

Ap-

pend. 20 (RM); alle Lettole Senesi del sec. XIIJ, pubblicate da

Cesare Paoli ed Enea Piccolomini, che formano

la dispensa

CXVI

della Scelta succitata (LSen.); alle Sei tavolette cerate etc. pubblicate ed illustrate

da L. A. Milani, Firenze, 1877, testo senza


(3);

dubbio senese (TGer.)

ai

Trattati di Albertano

editi dal

Ciampi, Firenze, 1832, testo pistoiese (TAlb.), e a certe carte pur


pistoiesi dell'Archivio di Stato fiorentino,

che anch'esse accompa-

gner della loro data

(GPist.).

I.

di

Suoni.

VOGALI.
I.

Toniche.

A. Nulla

notevole; anche

il

suffisso

-aria

presenta, com'era da attendere, le

coudizioni odierne, pezzato.

(1)

lese:
(2)

Non veramente schietto fiorentino della citt, bens piuttosto empoma per l'uso che abbiamo ora da farne la differenza non conta. Testo pratese, ma anche qui poco importa.
DOvron,
Soffgi,

(3) Il

526

.,

ed Arch. glott.

it.,

IX, 35

n.,

esse e le

chiama

testo probabilmente fiorentino : invece

non

si

accenna ad pu avere

180

E. G.

PARODI

del ripaio, de la gattaia, de

l'anguillaia etc.
i

Per

l'esito
-i,

con

propagginato, hamUiere,
lievi,

ma

nomi proprii sempre

Kandel-

quitieri, Iutieri, rinieri, quernieri.

breve, iera. Cos pure CP,


(2);

il

Tesoretto

(1),

il

Lucano

ric-

cardiano

invece in DG, in
il

0,

in SGil. la

forma analogica
positio

era ha gi preso
debilis

sopravvento.

Nella cosidetta

curioso Petro, accanto a dietro e a pieri. Sar un

latinismo,

ma
Il

trovasi pure altrove.


il

lungo. Vedi sotto

verbo dovere.
saldo,

breve.

dittongo naturalmente ben


si

duomo, gua-

dangnuoli, ha^ciaiuolo, nuouo, e pare


sizione quasi atona nei

conservi anche in po-

numerosi nomi

proprii,

che hanno per

primo componente huono: Buonessegnia, buoninkontro, buontalento, monfantini,

buonacfede

etc.

(Pi rari: bonaquida, bu-

naff

bunackorri).

Di alcune altre forme

parliamo sotto

breve

nove novem

(RM nuove)
,

trovasi nelle condizioni

odierne.

breve.

Di

posizione

agosto

ser

ackorr

buonackolto

salintontH.

Ma

qui

si

incontrano alcune
gli

forme

curiosissime:

buorgo tre volte (accanto a borgo) e


bench
Inoltre,

metteremo insieme,

all'atona,

buorsaio che suppone un *buorsa, e buoglione.


di

sebbene caso

o breve, bene sia ricordato qui anche


si

buolongnini. Ora come

spiegano questi vocaboli


dittonga e che
si

Abbiamo

nei

primi di

essi

un u che

si

dittonga in posizione ;
il

inoltre in buorsaio (e

aggiungiamo buolongnini)

dittongo peril

mane anche
anche
il

all'atona. Io confesso di

non

saper, sciogliere

pro-

blema. Si potrebbe mettere innanzi


toscano possedesse
il

l'ipotesi

che originariamente

dittongo della vocale breve in po-

sizione, e

che

lo

andasse

man mano

eliminando;

ma

qui

si

alcun dubbio sulla loro senesit e basterebbero a dimostrarla


tiare, meitade, chesto ecc.
(1)

le

forme scon-

Vedine l'edizione

critica, fattane

da B. Wiese, in Zeitschr. fr rom.

Phil, VII, pp. 236 sgg.


(2)

il

noto codice riccardiano 2418, che porta la data 1313; testo senza

dubbio fiorentino.

ILLUSTRAZIONI LINGUISTICHE
tratta di casi di u,
tutti gli

181
si

non

di o. Piuttosto
il

il

vedere che

ha

in

esempi un b che precede

dittongo, farebbe sospettare

che
che

ci sia di

mezzo un'influenza esercitata

dalla labiale;
facile

ma

oltre

ci sarebbe di

per s abbastanza strano,

osservare

-che nulla di simile avviene negli

altri vocaboli, occorrenti nel

documento, dove

si

ha pure un o od un

u, preceduti

da

labiale:

Salorenzi; uolontade che frequentissimo, auogado; forestani,

fornaio; porcelle, sant'Apostoli, AppoUonio. Infine notiamo ancora che non tra
scritto cosi
le

cose

meno

curiose

trovar

molongnini
il

due

volte,

mentre bolongna non ha mai


e,

dittongo.
delle

IL Atone.

A. In
del

nella

formola

-ar-,

secondo una

caratteristiche

fiorentino, quiderdone, Uafferelli,

quemieri
una

(accanto a guameri, una volta).


volta)
;

In
;

i,

nmetH

(e reneri,

nella postonica, falsimi,

comunissimo nell'antico toscano.


etc),
il

Epitetico:

Ha

illos

{ke

Ha avea presi hanollo

quale

esempio suscita per molti dubbii prestoa prest, che invece


confermato nel modo pi pieno dal secondo dei due documenti
sangemignianesi che pubblico in appendice,' giacch in
leggono una dopo l'altra
le

esso

si

forme portoa, poritoa, cosioa. Questi


sappia,
la

curiosi esemp sono finora gli unici noti, per quanto io

d'un a epitetico o sostituito ad altre vocali

finali,

che pure

Toscana deve aver posseduto un tempo, in accordo con quasi


tutto
il

resto d'Italia e
(1).

si

pu dire con quasi tutto

il

territorio

romanzo

E. Rimasto protonico, de

di,

che occorre una

volta, decbt^e.

(1)

Un

altro

esempio

certo

non altrettanto sicuro


:

sarei

tentato di ag-

giungere. In LSen.,
gli scrupolosi

p. 3, si

legge

Io di loro vi foe molte grazie ,

dove

avvertono che foe una loro correzione mentre l'originale porta scritto foa. Non sar invece da credere che foa
editori in nota ci
sia la lezione

vera e che s'abbia da riconoscere in esso

epitetico 0, se si vuole, sostituito

ad

e,

una forma con a da metter accanto a prestoa ecc.?


dei testi pistoiesi, lucchesi e pisani

Ci sarebbe poi da ricordare

Vadonqua

ma

sar una forma analogica, modellata su

Invece son da confrontare col


Arcfi. glott.
ital.,

IX,

p.

54

n.,

ovunqua, quantunqua e simili. leccese fraima fratelmo, che il D* Ovidio, in mette fra gli esempi di tendenza ad a finale,

gl'importanti fratelma, coffnatoma di

RM.

18^
nepote, ed

E. G.

PARODI
a diciotto, di-

anche

dietesalui,

Uallemala, accanto

ciennoue, grigori, ristoro, sscilinquato, uinediko, e


in

bemuieni;

penultima
,

di sdrucciola,

dodeci e dodici,
,

tt^edici,

[quat\tordeci

e quatordici

quindici;

finale

diede,

centodiecie. Cfr. in
(e

CP

Dolcebene; undeci, dodeci, tredeci; diece


gere, sebbene caso di
-i,
i

potremmo aggiun-
simili ci ini

numerosi ogne). Esemp


la

durrebbero forse a credere che


atono, per lo

tendenza del fiorentino ad

meno
il

interno,

non riuscisse ad assoggettarsi

sta-

bilmente tutto
quello che
tre volte
,

materiale linguistico se non assai pi tardi di

si

crederebbe.

accanto a Simone.

Metter qni un caso In o per influsso


,

d'iato,
di

simioni,
labiale

attigua, douea,

doiemmo, angiolino, da sarromedio.


che epitetico sar in
intrante
,

Piut-

tosto e originario
I.

die, fue.

Rimasto

iniziale,

ma

sar

un

latinismo; e qui
o,

metteremo

gli i prostetici

davanti s complicato

come

dicono,

impuro, Ispano, ispesa, ispinello, isstessero;


Meiaio, pizikellt e pizeJcellt, Buonessegnia.

isscilinqu[ato].

fu

odierne, e cosi nella particolar epitesi di noi.


siste in Guillielmo, quillielmo,

Finale, condizioni Vi originale per;

che

in

CP

guiglielmo

poi

assorbito dalla palatale.


cione, ed
delle

Quanto

all'assai diffuso

uguicione, uqui-

anche
di
,

alla tonica uquiccio, probabile

una commistione
;

forme

Ugo con

quelle di Guitto Guittone


,

ma

resto dubbio

per Ruitgieri

accanto a rugieri

se

s'

abbia da vedervi

un

propagginatosi dalla palatale, o non piuttosto un semplice


di scrivere.

modo

Poco soddisfacente sarebbe qui

il

pensare ad anae simili.

logia di

nomi come Rainaldo, Rainieri, Raimondo

In Kirispino c'
0. rodolfl,

un

inserto, per sciogliere

il

gruppo cr

(1).

aldbrandino accanto ad

alde)r andino.

Ho

gi ac-

cennato a )olongna, sempre con o ; invece bolongnini, oltre alla

forma con dittongo, ha quella con

u, hulongnini, e cos trovasi


Iutieri,

pure una volta hunaff e bunachorri. Anche

rugieH

van qui

citati,

e per l'iniziale ubertini. Si noti

che

il

fiorentino

(1) Si inser

un

i,

brone- , dove avevasi a,

perch questa era la vocale della sillaba, come in crasi inseri pure , calabrone.

ILLUSTRAZIONI LINGUISTICHE

183

dice uliva, ufficio, non olivo, officio, e cos mulino, frumento, ed

ora anche ugni cosa, urecchio, pumjpiere, scudella etc.


attauiano.

In a,
trova

Intatto, finale, in

ssan firenzo,

ma

gi

si

anche ssan frenze, per


Dittonghi.
donna
,

facile analogia

con Firenze.

lA mantenuto

in m,ia donne, genitivo di


;

manel

esempio per non forse sicuro del tutto


chierito,

in

ie

nome proprio

che certo un Chiarito

, il

quale oc-

corre sovente altrove.


Dietesalvi, e cos

IO

in

ie,

nella

protonica, Dietaiuii,

CP

dietisalui, diemidiedi,

forme frequentissime.
fin

In ssan firenze Vio secondario s'era ridotto


i: altri

d'allora

al

semplice

esempi consimili sono finni GFior. 1363, finni

frini GPist. 1362, piTuacci piumacci


piTiacci.

DG
il

e GFior. 1381 pimacia

Forse non molto diverso


si

fenomeno

di

sciffhatoio
di

asciugatoio, che

trova

due volte nella stessa carta,


in

Gi-

seppo accanto a

Giuseppe, quantunque

questi

casi

c'entri

l'influenza della palatale. Ai primi invece si

rannoda piviale, che

tuttora vivissimo. Vedi anche


Arcfi. Gloit. It,
II,

il

verbo dovere, e confronta

57-58.

CONSONANTI.
I.

Continue.

J.

Ij,

ei egli {h'ei
i,

pag,

s'ei

no pagasse)

preci

senta gi, insieme coU'art.

la

perdita di

gli uscente, sia

avvenuto in qualunque modo, o per un ulteriore palatizzamento,


o,

come

forse pi probabile, per


il

una vera apocope

e poi, nel
intere,

primo

caso,

rinsaldamento
(Gfr.

dell'/,

prodotto dalle forme

insieme sopravviventi

per D'Ovidio, Arch. G. IL, EX, 98-100.


(/,

Possiamo qui
l'odierna, degli,
lullio,

notare anche la grafia di


figliastro, luglio,

che per

lo

pi

ma

offre

pure altre forme,

quillielmo; lulio; quUglielmx), attUglianii. Accanto le metdi nj,

teremo quella

che presenta

scrizioni

parallele gn, ngn,

nni: buonessegnia, lalJcagnio,

ma

pi frequentemente bolongna,

bolongnia, buolongnini, guadangnuoli,giungno ed anche giunnio.


sj,

Jcasciaiuolo e parisci {lakopo parisci) Parigi

anche una
hamiscia.

volta Acarigi

{messer Acarigi). In

CP

ciriegi,

ma

184
tj,

E. G.

PARODI
la re-

san hrancazo San Pancrazio, normalmente secondo


dopo l'accento, e
).

gola posta dallo Horning, perch


del derivato dal uezoso ( vezzo
risoluzioni del
tj

cos

dicasi

Assai

pi notevoli sono le

protonico, rascione pi di trenta volte,

un ra-

scionamo ed

inoltre da tre volte rasione.


di sj,

Mettendo insieme queste


di-

forme con quelle

pare

di

dover concludere (pur non


il

menticando l'esempio Acarigi) che

fiorentino

si
il

trovava
pistoiese

per

gran parte

alle condizioni, nelle quali fermossi

ben

pi a lungo. Infatti rascione, cascione, malvascio sono le forme

normali e frequentissime

di TAlb., e

si

aggiunga serviselo, radonasgione)

scione, cascione GPist. 1321, gratuscie (accanto a

1362. Invece le forme

come rasione non

trovansi che

ben

di

rado
11
,

(si

possono citare Parmisiana GPist. 1259, malvasio TAlb.


,

aso agio 51)

e questa loro rarit tanto

come vedemmo
per
i

nel nostro documento, quanto in TAlb., indica che sul principio


del secolo XIII pel fiorentino e sul fine di esso
il

pistoiese

andavano rapidamente scomparendo.


rascione dovevano essere ben presto
esso
ci

Ma anche
eliminati

riflessi del tipo

dal

fiorentino;

mostra perfino nel nostro documento un esemplare come

Acarigi,
alle quali

ma
si

in

GP ha

gi

totalmente raggiunto

le

condizioni
ciriegi,

doveva fermare: ragione, procuragione,


si

accanto per a camiscia, che


al quale son

perpetu nel
tj

nostro

camicia,

da unire bacio, cacio, e per

sdrucciolare antico

sdrusciolare, se *dis-roteolare {Arch.


ci

G., VII,

516

n.

2).

Se ora
fra

volgiamo

ai testi senesi, ci

avvediamo subito come anche


,

RM

e LSen. corrano delle notevoli differenze

senza dubbio da

spiegarsi colla

maggiore antichit del primo. In questo trovansi

piscione pigione, frequentissimo, banbascia, cascio, diviscone, e

per

tj

lavorandone; sempre per razone, quantunque rascimie


dato da TGer.
(1).

ci sia

Invece LSen. ha bens razone talvolta,


presgio, chasgione,

ma

rasgione per lo pi e sempre poi

ma-

(1)

maggiore

Questa forma parrebbe assicurare alle sei tavolette cerate un'antichit di quella attribuita loro dal prudente editore.

ILLUSTRAZIONI LINGUISTICHE
sgioie, pisgione,

185

Parisgi

(i).
i

Pi

tardi

infine,

anche

il

senese

raggiunge

il

fiorentino ed

tipi

ragione, cagione (dei quali gi

qualche traccia trovasi in LSen.) divengono affatto normali: vedasi,

per citare un esempio,

la

traduzione deVEneide

fatta

da

Giampolo degli Ugurgieri sanesc.

Non

qui

il

luogo di discu-

tere la curiosa forma razone, intorno alla quale sorgono invero

molti dubbi, e se essa

debbasi unire
difficile

col fiorentino

pistoiese

rasione; ad ogni modo par

dubitare

che questo (che


il

da confrontare

col
si

fr.

t^aison)

non rappresenti
si

primo termine

d'una serie, che

continua poi e

compie con rascione, rag-

giane, ragione, da noi accertati o in un dialetto o in


Cosi l'apparente discrepanza degli esiti di sj e di
dialetti toscani, presi
ij

un

altro.

negli antichi
la

ad un certo momento, ha
quale

sua radice
poi
di

in un'originaria

uniformit, alla
il

non

si

ritorna

nuovo che
per
il

assai pi tardi;
il

fiorentino quello

che raggiunge

primo

suo assetto definitivo (insieme probabilmente col


cfr.

gruppo pisano-lucchese,
167-68), poscia
il

Gaix, Orig. della ling. poet, 157 sgg.,


il

senese e per ultimo


degli

pistoiese

infine se

non

del primo,

almeno del secondo

stadii

attestatici,

restano
notevoli

tuttora le vestigia nella lingua letteraria, per via

dei

esemplari bacio, cacio, camicia etc, che abbiamo gi ricordato


pi sopra (cfr. per s-\-i, sdruscire e cucire, visitare, ant.
citare; cugino; nota risuscitare,
cj,

vi-

ant.

risultare

etc.) (2).

nella terminazione -ceo, haslugniaci,

manfredu^,

rinuci.

rinuccino ;
dj,

ma

giannozo.
in

In.

GP puntaQga.
,

mezani. Noto

GP

poQ(;erello n. loc.

accanto a pogio;
testi

n da dimenticare che razzi, razzuoli negli antichi

to-

(1)

Lo HiRSCH
,

nel suo recente lavoro sul dialetto senese antico, la prima

parte del quale


Zeitschr.
f.

concernente

la

Fonetica

fu pubblicata nel voi.

IX

della

rom. Phil., 513-570, non distingue cronologicamente i due testi e le forme che offrono male, a mio credere. Del resto un lavoro assai utile, perch riunisce molto materiale, ma in genere vi si desidera un po' pi di discernimento e non vi mancano gravi errori. (2) Vedi per una nota dell'Ascoli, Arch. glott. it., X 104 colla quale veramente non so mettere in tutto d'accordo le mie conclusioni.
:

186
scani (lasciando

E. G.

PARODI
ben pi frequenti che

pur

gli

aretini) sono

raggi

etc.
-Ili,

L. Intatto
fratelli;

dei aroncielli

degli aquerelli;

cosi

in

GP

ma

gi GFior. 1298 fratelgli.

Per

implicato, itehio.

E. Notevole metatesi quella

di burneti, genitivo di

Brunetto.

V. Caduto negli imperfetti indicativi, auea, douea, rendea, e


in aire avere.

S, Z.
il

Non noteremo
vedi in

se

non

la grafia,

che raddoppia volentieri

primo, agossto, ossle, Risstoro, tessia etc.


seguito. Lo
>^

Dopo una pro-

clitica,

scritto ora scempio, ora doppio,


iz,

albizo, pezaio e pezzaio;

ma

forse prevale

albitzo, Mlicotzi,

matzingo, metzo,

tutti in

una pagina.
gruppo
cr, gr\is\-

C. Iniziale, in g, galigaio, notissimo, e nel

pigniani. In

GP

giosta e chosta.

Mediano, deWauogado.
non
ci

palatino, dicie, dodici, tredici etc, dove

par vestigio
i,

d'assibilamento.

Quando segue

e,

questo tempre preceduto da

dicie gi citato, decibre, fanciello etc.

G. Notiamo solo la grafia:

q,

honaquida, quidi, quiitoncino,

quasshone, e in mezzo di parola sscilinqunto; eh, che invece


rappresenta un
-gg-, techiaio.

Davanti

e,

i si

ha

il

semplice g,

gerardo, arrigetto, ugetti, e pel doppio g, tegiaio.

G
T.

palatino, nnatgio.

ed Ugolino, ed a pagato. Pi notevole, deWauogado, con


raffronti
e,

cui

si

nostra aduochada

SGril.,

buoni auochadt GFior.

1338

nonostante sia esempio


21). Si

meno

puro.
It.,

Pasqua rugiada
X, 85-87, per
il

(privadi TAlb.
poi avrei

veda VArch.

Glott.

quale

anche un piccolo problema


volte, -ate

in

tappedo GPist. 1362

che occorre due


copato, volont.

-ade, volontade,

ma
in

anche apo-

P. Gondizioni

odierne, ricovero.

Iniziale,

pr

br, nel

fre-

quente sanbrocolo.
B. Nesso -br- in
-^r-, liure.

GP

liuere.

AGGIDENTI GENERALI.
Geminazione
di consonanti.

Si

ondeggia naturalmente un

, ,

ILLUSTRAZIONI LINGUISTICHE
po',

187
sec. successivo.

ma

siamo tuttavia ben vicini alle scrizioni del

Un

po' strani, tuto

per una parte (accanto a tuct), benvenutto


il

e messe mese, per l'altra;

continuo raddoppiamento del

di

mano
il

(scritto

per per

lo

pi

mano, ma anche manno), a


come
in

cui

da porre accanto pisani (ma arrigoni, katuno, uarliani

etc.);
,

raddoppiamento

di /f in

tf,

ciatfen% e di

W
et,

in eh

de l'acbraccia. Questo proverr da falsa analogia di


quidalocto.

tticto,
si

Dopo una

proclitica,

[la

consonante iniziale

raddoppia volentieri: liquide, ellutiejH, irallui; arrascione,

u
da

rromo
lino,

{perrnspese, Sert^ackor^ri)
firenzo, di
,

fricative, s,

dassan merf,

da ssan

ssua mano, di ssua rascione;

/Ferrara;
e,

nasali
b,

sinno promise
t,

henne ebe;

continue

dachapiano etc;

attorsello; d, ci addato; p, dappopio

irappagatori ;

abbonizo.
di

Assimilazione

consonanti.

Dopo

proclitica

dassarro-

medio, salorenzi,
pekora,
difatti
si

u massamutino,

samihele.
l

In gaglietta de

ha certo un del pekora, con

assimilato,

che

si

trova

anche.

Interno,
,

buonessegnia.

Infine
resi di

notiamo

la metatesi

che

si

ha

in sai

brankazo;

l'afe-

storamento se

come

pare,

instauramentum
solita

; l'apo-

cope

di die,

da

la

ssu parte etc;

l'elisione

della

prima

vocale che in de lo'ngenvmato etc.

II.

Forme.

NOME.
Articolo.
zaio,
li

Condizioni

odierne. Solo notinsi

gli

isolati

lope-

dento
il

soldi, e. l'enclitico

e H prode. Io osserver che

importante

veder gi qui

stabiliti il

ed

i;
il

che nel fiorentino


D'Ovidio, loc cit.,

questo regolare, nonostante ci che dice


p. 100,

perch

igli

potrebb' esser bene in esso la forma originaria;


si

che

el inoltre,

contro ci che comunemente

crede, frequen-

tissimo nei testi fiorentini del secolo

XIV

XV, dimodoch senza


si

dubbio questa forma

che quella che normalmente

atten-

188 derebbe da lUe


tavia che
,

E. G.

PARODI
secoli anteriori

fu

anche nei
su
il,

ben viva. Tutdella tendenza

i sia rifatto
i

eh' poi

un prodotto

italiana ad

atono, secondo la teoria del Diez, perfezionata dal


d'i7 i (e di

Gaix e dal D' Ovidio, vien confermato dal prevalere


m-, anzich en-) anche nel pi antico senese.

Per

le cosidette preposizioni articolate

siamo

alle

condizioni

odierne, tranne che per lo pi la


l'articolo, in

preposizione

staccata dal-

forme come de Vacierbo, de lo'ngemmaio, a Vacdell'auogado


etc.

kolto etc.
dalle

Ma anche

Anche
il

si

stacca

un

po'

condizioni
il

dell'italiano

moderno

lo

che

accompagna

sempre

per, per lo kacia, per lo mercato, per lo prode; dove


tutto
il

non da dimenticare che quest'uso permane per


colo XIV,

se-

XV

ed anche XVI, quantunque ci non

sia stato, ch'io

creda, avvertito da alcuno, n dallo


dialetto senese antico,

Kirsch nel suo studio sul

n dallo Zehle, nella Fonetica e Morfoe neppure dal Gaix,

logia della D. C.

(1),

quantunque

egli

os-

servasse giustamente che nell'odierno italiano resta sempre per


lo pi, al quale

aggiungeremo noi per

lo

meno

(2).

Pronomi personali.
usati qui

Oltre ad

elli, elle,

dimostrativi plurali,

con nomi

di

cosa {prode e Capitale quanVelli stessero,


i

quant'elle [libre] isstessero), presentano qualche fatto notevole


proclitici e gli enclitici. Innanzi tutto

no

la sola

forma

in uso,

accanto a

ci,

nella proclitica,

no dino dare, sempre, no


ci die, ci diede, ci

die dare,
etc.

no

die,

no prom^ise, accanto a
si

ha dato
della

Adunque

ha

qui ben pi che


D'Ovidio, loc.

un uso sporadico
p. 77).

forma
in

grave del noi

(v.

cit.,

Invece

il

ne, che

(1) Zehi,e,

Laut-und Flexionslehre
suo studio

in Dante's

Divina Commedia, Marhurg,

1886. Vedi p. 64.

Giorn. di filai, rom., II che avvedutomi della persistenza del lo dopo il per, spogliando antichi testi, volli assicurarmi se i nostri pi anProse , tichi grammatici se ne rendessero conto e trovai che il Bembo
(2)

Vedi

il

s\i\V Articolo italiano, in

1-9,

sopratutto p. 8

lo qui noter

pp. 168-69 (ed. Silvestri, 1824),

dopo per e dopo la nessuno se ne valse.

dava appunto per regola che il parola messere. Certo altri avranno notato

lo si

usasse

la cosa,

ma

ILLUSTRAZIONI LINGUISTICHE
LSen. frequentissimo, qui manca quasi
enclitico, nella qual posizione
affatto,

189
tranne come

occorre

quattro volte:
ci

dene par
deve.
ille ,

gare
Per

ci la

devono, una volta, e tre volte dene pagare


terza persona, o meglio per
il
il

dimostrativo

notevole

proclitico

i,

tanto per

il

dativo singolare, riferentesi

a persone,

come per
li.

l'accusativo plurale,

anche
i

riferito

a cose.
li

Accanto

c'

Dat. sing., he i

prestammo, he

dermno

ren-

demmo, ke
he he
i

llipre{stam,'\mo; accus. plur., he i douea da^e, disse


i diede,

daua, ke
derno.

he

vendetta

ed inoltre

k'elli li
i

daua,

li

Un

dativo plurale parrebbe trovarsi in he


sicuro; altrove he

de^mmo,

p. 168,

ma non
li,

demmo

loro. Nell'enclitica

sempre

prestam,moli, pagaualU. Gfr. Gaix, Orig., 214.

le

Si

pu qui anche osservare che invece del femminile, (Ae


ri[iene7emmo
letti,

ne

?]

he

Ile

fede dare, bele

nta'iietto,

prestamo-.
del
sy-

ebele Ugolino), usato talvolta nell'accusativo plurale


il

dimostrativo
nesin:

maschile, per una specie

di

costruzione ad
(lib'.
iiij)

lib. viij

he

li

li

dauau
he
li

etc, pa^olli

donato,

per

li)\

cinquanta

...

fecie

dare

etc.,

per

lib'.

he

li

li

diede etc.

Per

le unioni di

pronomi
i

proclitici
li

notiamo
a

col

ci

he

ci datui celi dava, he

ci die; con
li li

lui, li li
li li

dauau
:

glieli

davamo,

li li

dauauam,o,

prestammo,

py^estoa
?].

col

ne

avverbio, he

ne demmo, he

le

ne ri[tenenemmo

Enclitici,

pre-

stamolelli (libre), daulili davamglieli. Qui da osservare


il

che

caso che precede sempre l'accusativo, almeno nei casi in cui

ci verificabile

con sicurezza; e questo

fatto

comincia a metcit.,

tere fortemente in dubbio la teoria del D'Ovidio, loc.

71 in

n.,

che nelle forme

lo, te lo etc.

s'abbia a riconoscere m,'eUo etc.

Veramente anche accettando


che
il

tale

spiegazione, a
realt
la

me non
il

pare

m,

te resti chiarito;

ma
ti

in

forma primitiva
D'Osot-

probabile fosse lo
vidio

mi,

lo

etc.

l'argomento che

crede decisivo, delle

forme
osservi
,

glielo, gliene, gli

viene

tratto facilmente,
in

quando

si

che

tali

forme non esistono


ne. Cosi in

nessuno dei
diede,
li li

testi

pi antichi

ma

bens

li li, li

CP

li li

feci rendere, portoglUi; e col ne,

he line port.

190

E. G.

PARODI

ke line diede, ke gli ne demo, le gli ne nandai; enclitico, aline.

Lo

stesso dicasi

per

RM

LSen.

E passando
enclitici,

alle unioni

con

ci,

GP
col
si

he ci ne diede, he cinedevea;
si,

anocine, fececine;

he si ne uolea uestire. Anche


si

RM ebevine, si ne manic,

ne pag,

ne perdeo,
che

dierosinel, ciiamosine. Invece in LSen.

cene etc,
di

ma

significa ci, se
di stabilirsi

non che avevano avuto tempo


pi saldamente
i

prodursi o meglio

le

condizioni

odierne, nell'intervallo che passa tra esse e


nello
?

Ricordi dello Spiil

Cosicch

io sospetto
il

molto che sulle unioni, nelle quali

pronome personale era


si

primo componente, perch accusativo,

modellassero anche

le altre:

me

ne, te ne,
di lo
il

cene

^ simili, con-

dussero a

me
ma

lo, te lo, ce lo,

invece

mi

etc:

ma
sia

sopra-

tutto io credo
originario,

che anche

in

me

ne

etc.

primo e non
onde da

punto
ne, si

sia stato attratto dall'e di ne,

mi

ne,

si

venne prima a
lo,

me

ne, se ne, e poi

per analogia anche

me

te lo

e simili; infine a glielo.

VERBO.
In primo

luogo noteremo

uno strano caso

di

coniugazione

cambiata

avere pare

sia passato alla quarta, avire, aire.

Presente.

Le

desinenze di 2^ coniug. hanno, anche in avere,


analogiche, a)iamo

gi di fronte quelle

accanto ad avemo. In

CP avemo
biamo
;

la forma affatto predominante, accanto ad


;

un

solo
tali

anche doveline dobbiamgliene


le

per siamo.

forme vissero poi

une accanto

alle altre

lunghissimo tempo,

e nella poesia non sono ancor cadute del


Imperfetto indicativo.

tutto.

auea, douea,

rendea; daua, pagana,

dauaua; pagana che sar pagavn, forma nota e spiegata da altri, ananam.0 etc. Vedi sotto dare. demmo, leuammo, yrestam/mo, accanto a demo, Perfetto. che una diversa grafia. Presioa vedemmo gi etc. Nulla in-

somma

di notevole.

Imperfetto congiuntivo.

pagasse; stesero, ssiesero, istessero.

ILLUSTRAZIONI LINGUISTICHE

191

Non manca d'importanza


queste forme

il

veder attestate anche pel fiorentino

di 3* plurale, in

tempo

cosi antico. Esse sono evi-

dentemente

fatte sulle

persone corrispondenti del perfetto forte

e sopratutto del cosidetto condizionale; rimasero poi piuttosto


proprie del dialetto

senese e della lingua letteraria, mentre


il

il

fiorentino sostituiva ad -ero

suo -ono, stessono


di

etc.

Raccogliamo ora
essere
:

le

forme speciali

alcuni verbi.
gi; fosse

nulla di notevole; iera


fti^se.

vedemmo

ha

la

prevalenza sull'analogico

avere : pres. 3* sing., aiie;


tati; perf. eje; inf. avire, aire.

abiamo ed auemo furono


in CP. a'ne;

ci-

Anche

ma

di

auire

non so che

ci

sia

traccia altrove.

Per l'imperfetto auaiuiino

vedi subito qui sotto. dare


u/a,
:

curioso l'imperfetto

dauaua accanto a
va posto
a
diflicili

davM,, e dail

dmcamim, dauauamo,
o simili di 1* coniug.
di cui gli

coi quali

ricordato

aitauamo; non sono per forme

spiegare.

Su canta-

vamo

si

fece

avavamo,

leggiacarrvo, dor-

rnavamo,

esempi
di

sono frequentissimi (anche in

RM

douauariw)\ l'analogia
varrvo e simili, trasse
dicasi di

avavamo sopratutto e anche di dovadavamo a raddoppiare il suo fa, e eoa


di

stavavamx) e perfino

scendecavam/),
i

citati dal

Nan-

nucci. Saggio d'un prosp. di tutti

vbb. irreg.

ital.,
si

p. 245. Fi-

nalmente daiMiua (ed anche avava nel Nannucci)


sul plurale cosi trasformato.

modellarono

< dovere
dino.

forme notevoli, pres. 3*


la

sing. die, 1" pi.

diemo, 3'
,

pi.

Per die da ricordare


die,

forma senese identica

che

lo

Hirsch accentua

certo con buone ragioni, sebbene la sua spieIl

gazione del dittongo persuada poco.


piuttosto ad

D'Ovidio invece pare credesse

un

die, loc. cit, p. 35,

e certo anch'esso non senza

ragione, chi pensi al dino plurale, ed anche al deva deve di testi


pratesi ed
rezzo). Io
di questa

anche

aretini ( per es. la

forma

solita di Ristoro d'A-

non saprei per ora decidermi con sicurezza, giacch


forma non
si

conoscono
il

le

collaterali

del

singolare
stessa

(che rendono appunto probabile


sparisce

die

senese), ed

essa

ben

presto,

non lasciando, a mia cc^nizione, che un

192
altro esempio isolato in

E. G.

PARODI

CP
il

(1).

Ed

il

plurale dino ? Forse,

come
sin-

accennammo

sarebbe pi facile spiegarlo ammettendo un


quale pare

golare die anzich die,

che avrebbe dovuto con-

tribuire fortemente alla conservazione dell'e nel plurale; ad ogni

modo,

io

non credo ce ne possiamo render ragione se non


vevho dovere trovandosi usato per
proclitica
offerto
,

fa-

cendo nostra una considerazione del D'Ovidio


p. 36,

stesso, loc. cit., lo

che cio

il

pi

come

ausiliare, resta quasi nella condizione di

e perci di
dal
dialetto

semitonicit.

Un
:

riscontro bellissimo
fili

mi
sar

lucchese antico

cio

fieli

gli

trovasi nei
gli

Bandi

lucchesi pubblicati da Salvatore Bongi, p. 194, e

corrisponde

per

il

plurale fino fieno, ch'io trovo nello Statuto


di

volgare del

comune

Fagnano

(repubbl. di Lucca), pubblicato da Giovanni

Sforza nel Propugn., V, 397-408.


togliere : tollemmo. venire
:

nel

nome

proprio bentiuegnia.

III.

Varia.
in su la tauola, con
fino ai

Per

gli indeclinabili

nulla di importante

in esteso per analogia; nota

anche inflno in due mesi

due mesi

etc.

Per

anzi vedi

la bella spiegazione del D'Ovidio,


di wo/i,

loc. cit., pp. 95-96;

no davanti a consonante, invece

che

pur

si

trova; n, he nne, be ricovero, risioram/mone

mm-

netio etc.

Un
tratto

suffisso -jo

ancora intatto occorre in panno linio e in /ro


at-

piianio.

Un

composto curioso donosdeo, che forse fu


p. es.,

da nomi con s etimologico,

servusdei (che qui

per servodeo).

Pel Lessico

si

pu notare
(cfr.
il

arciolaio,

che son dubbio se

sia

da

unire con arca

suo derivato arcile), e fanciello. Tal

forma trovasi

di

frequente in

RM

e non vi mai accanto fan-

(1)

C' bens die frequentemente in TGer.,

ma

un

testo senese,

come ho

osservato in principio.

ILLUSTRAZIONI LINGUISTICHE
Citello,

193
si

cosicch

potrebb'essere bene
fosse

che non

fosse

ancora

svolta
in GP.

almeno non

ancora comunemente accettata. Invece


stanno l'uno di fronte all'altro questi

non rara.
?

Ma come
in

due vocaboli
l' di
il

Il

Gaix nelle sue Vocali afone italiane asser che

fancello

si

mut

sotto l'influsso della labiale seguente,

che certo ben poco probabile.

Io sospetto invece

che s'avessi

sero dapprima le due forme fancello, *fanciuolo: che questa


riducesse a "fanciulo, con quel particolare scempiamento di
in

uo
oc-

u che

fu osservato dallo

Kirsch in
la

testi

senesi,

ma

che

corre in documenti di tutta


risalenti al

Toscana, anche in carte latine


i

1220

(1);

che infine

due temi

si
l.

mescolassero per
Pel fenomeno di
altri

cos dire insieme,

dando fanciullo con due

uo

in u, finora cosi poco noto, io

non credo che

abbia osdella

servato che un secondo esemplare ne sopravisse nel


famiglia dei Caviccili.

nome
si

Mi pare

inutile insistere sugli errori di scrittura

che

trovano

nella carta, la frequente dimenticanza del segno d'abbreviazione

del

n,

tomaquici, quidinazi; agostosto, vecfcouo, ricossi

ri-

scossi etc. Invece,

dopo l'esame fattone, non pu che apparircene


sia

maggiore l'importanza,

per

problemi che pone,

sia

per quelli
ci at-

che contribuir a

sciogliere, sia infine

per l'antichit che

testa nell'uso del volgare. Essa, con la sua ortografia gi abba-

stanza bene

fissata,

colla

sua

schietta e

completa

fiorentinit,

non turbata ne punto n poco da

latinismi, ci sicura testimo-

nianza che una lunga serie di scritture


duta, cosicch dal secolo XIII al quale
si

volgari l'aveva prece-

voleva

dai pi ritar-

dare l'apparizione del volgar nostro nella scrittura, siamo ad un


tratto autorizzati a risalire

almeno

fin

verso la met del secolo

precedente.

(1)

Alludo

alle carte del

Podest di Sangemignano, conservate all'Archivio


son
tratti
i

di Stato di Firenze, dalle quali

due documenti che pubblico in


,

appendice. In esse trovansi

Arrigtdum

Arriguolo, a. 1220, pigicaiulo

Ari-

dreulo, Boinfiglulo, a. 1227, e cos in seguito, con molta frequenza.


(iomalt itorieo, X, fiwc. 28-29.
18

194

E. G.

PARODI

Appendice.

iNpn credo che possa riuscir sgradito


importanza sotto l'aspetto
all'Archivio di Stato

il

trovar qui

altri

due

antichi documenti toscani, brevissimi bens,


linguistico.

ma

pur

di

qualche

Appartengono

essi

ambedue

fiorentino

si

trovano fra le carte del


li

Podest di Sangemigniano, alle quali ho gi alluso. Io


scrissi di sulla copia fattane
stati indicati dal sig.

tra-

dal
;

prof. Pio Rajna,

cui

erano

Zdekauer

quindi all'uno ed all'altro rendo

qui vive grazie e specialmente al prof. Rajna, che volle privar-

sene a mio vantaggio. Io non ho fatto altro che collazionare

accuratamente
I.

la

mia trascrizione
carte

sugli originali.
risale

La

pi antica delle due

all'anno 1227, e confasciri-

siste in

un

foglietto staccato,

che trovasi adesso nel quarto


il
f.

colo del registro di detto anno, tra

60 ed

il

61. Eccola

prodotta nel

modo pi

esatto possibile:

Messere rugiri e frederigo e Arigo

anno

tolto i[n] (1) tenuta

una uigna

cho uia

(2);

di soto e disopra est uia, dal' uno Iato est e-prete e dal'atro est

aldobrandino galigiani.

Item anno tolto una pe?a di terra la quale et


(3) est

{sic)

posta in calcinaia, che disopera est fidanza e daFatro lato, e


da'monti, e dal'ato
cini (5) da colle.
{sic) lato

mainino
guito-

(4) fidala
tolto

e di soto atauante e

filioli

Item anno

vna

(6)

pe^a di

terra, dela

quale data al
(7),

perino, ch' di soto e di sopra, e est messere Ranieri dell'oche


latoro est martino da' monti e dal' atoro {sic) lato est uia.

che dal'uno
tolto

Item anno

d'e

per in un segno d}', che si trova non pu essere. (2) Oppure da punteggiare cho uia di soto?
(1) Io interpreto
(3)

nella carta.

Una

sigla

Mi par

difficile

intendere e punteggiare diversamente.

(4) Cos sciolgo in questo


(5) Si scrisse (6)

luogo

il

prima guttocini e poi

segno abbreviato di e o et. si corresse , aggiungendo


,

il

primo

t.

Pare

si

cominciasse a scrivere It e poi

cancellatolo

si

continuasse

vna, che sicuro.


(7)

Sopra la riga, accanto a Rinieri,

scritto dello

che (o forse piuttosto

dello eh), che io credo sia appunto da leggere dell'oche.

ILLUSTRAZIONI LINGUISTICHE
uno bosco mandria,
el

195
(1)

quale di sopra galgano e biro balsafolle, e dal'atro

lato fidanza e dal'atro lato el santo.

Item anno

tolto

i-tauernolone vi^a
e

pe?a di terra

cha

di sotto

est

martino da' moti e

di sopra est uia


ali

da

lato uia e dal'atro (2) lato

martino d[a'] monti. Item

piane vuna pe^a


,

di terra

la quale (3) est uia di soto e (4)

mesere atauante

disopra est

uia (5) e da lato piero balsafolle (6) e dal'atro lato messere atauante. Ite[m] (7)
neli costi

una pe9a

di terra,

che disopra
da

est

Aldobrando e disotto
Item
ali

est uia

dal'un lato e est

filioli (8)

Geradini

mottechi.
e.

uetrocelle

vna

pe?a di terra ch' di sottuo Aldobrando


est piro
liolo
titi,

di sopra

Aldobrando e da lato
fi-

basauoUe e dal'atro laro


e Gunta
(9), fiolo rafali,

(sic)

Atauante:

testimonio bonisegna,

e Gunta, filiolo iouanni.

IL

La seconda

foglietto sciolto

che assai pi breve, trovasi in un e lacero, che attualmente inserto tra i ff. 15
carta,
si

e 16 del registro che


cordi domestici, e vi

riferisce agli anni

1235-1236. Sono
il

ri-

si

parla di

un

Palmieri,

quale sar pro-

babilmente Messer Palmieri, notaio del Podest nell'anno 1235.


Sull'altro lato del foglietto leggesi

un'enumerazione latina delle


.

cose quas Ranerius megoladrus abstulit palmerio

Item diede palmieri


sottana xviii
f.

iiii

1.

e x.
di

f.

per la gonela marie. Item diede in


vi
f.

Item

paria

chalzari

Item palmieri porttoa ala


iii
1.

molie sasetti vno iscaciale d'ariento, che costoa

e v f

Itewi le portoa

(1)
(2)

Anche

atro corretto e quindi non del tutto sicuro. qui c' una correzione; si cominci scrivendo af
in r.

poi

si

mo-

dific

(i) Segue qui una piccola lacerazione, anteriore per alla scrittura, perch sopra non fu scritto nulla.

(4)
(5)

Segue ad e un dis cancellato con un tratto trasversale. Segue un segno come di i, che io non so che significhi.
6 prolungato anche di sotto, sicch
c'
si

(6) Il

dubita tra 6 e

(cfr.

biro

e piro).
(7)

Anche qui

un segno

verticale,

(8) L't finale

un

po' dubbio e

dopo /f, in alto. ad ogni modo certo corretto da un o an-

teriore.
(9>

Cio Giunta, qui e subito dopo.

196

E. G.

PARODI
xvii

f.

ILLUSTRAZIONI LINGUISTICHE
di iscalzari viiii
f.

vna benda che costa

Item inn una paria


f.

(1). Ite

uno iscagiale d'ariento che costa xxxvi

(2).

E. G. Parodi.

(1)

Tutto questo periodetto cancellato con un tratto trasversale.


quindi lo scritto rimane tronco. Esso inoltre cantirate dall'alto in basso.

(2) Il foglio lacero,

cellato

con righe
i

sottili,

Si notino in queste

due

carte sopratutto
(biro);

fenomeni seguenti:

te tonico ridotto

ad

i,
l

Rugtri

piro

uo in

o, filiolo,

fiUoli (fiolo sar

un
,

errore); Itr con


si

caduto, atro,

che pure in

RM

la prostesi di v, in
;

vuna, se per
el santo
,

fede a quest' unico esempio

l'articolo el
;

pu prestare intera e con l assimilato alla

consonante seguente
;

e-prefe

il
,

neutro plurale
,

divenuto femminile ,
,
;

una

costoa portoa porttoa cha per che. paria il perfetto con a epitetico Quanto a sottuo non so se proprio s' abbia da dirlo un errore, o se si debbano invece ricordare esempi (di propagginazione?) come pawscwa di RM, luoguo di GPist., i quali vanno studiati.

DRAGONETTO BOMFACIO
MARCHESE D'ORIA

RIMATORE NAPOLITANO DEL

SEC.

XVI

I.

insieme ad

Francesco Torraca, pubblicando ed illustrando recentemente, altri componimenti di rimatori napolitani del quatdella biblioteca di

trocento, dodici madrigali inediti di

un Dragonetto Bonifecio, da Monaco, raccolse sul conto di costui le seguenti notizie: Dragonetto Bonifacio, gentiluomo del se^io di Portauova, fu carissimo al Magnanimo, che gli don la Gastellania di Aversa, i feudi di Cantora e lo nomin Qiu stiziero degli Scolari. Nel mese di luglio del 1455, volendo Alfonso festeggiare le nozze di Antonio Moccia con la figliuola di Paolo Poderico, dette un convito nella casa di lui, che sor geva presso il seggio di Portauova. Dragonetto ebbe relazioni amichevoli con Masuccio salernitano, il quale, dedicandogli la novella IX {sic, leggi P. I, n. EX) del Novellino, lo chiama genere roso e prudentissimo cavaliero e ricorda aver pi volte con fabulato insieme con lui (1). un manoscritto

Rimatori napolitani del qitattrocento (DalF Annuario del R. IstiRoma 1884). Com' noto, i rimatori studiati da lui sono quelli del cod. parigino 1035, pubblicati dal Mandalari, Rimatori ruipole(1)

tuto tecnico di

tani del quattrocento ecc., Caserta, 1885;


additatagli

dal

Vigo. 1884, p.

quelli del cod. cit. di Monaco, Rajna (cfr. Torraca, Studi di st. lett. napolet., Livorno, 265 n.)\ e quelli del cod. riccardiano 2752. I dodici madri-

gali di Dragonetto si trovano alle pp.

non
4

uiue.

2.

Chi non

ama non

Madonna

al uolto

mio pallido

e smorto.
teme.

34^

e cominciano cos:
3. 5. 3*61

1. Chi ama Languidetta jacendo.

giaccio de costei.

198
;

E.

PRCOPO

Tutto benissimo ma il Torraca si ferm, come suol dirsi, alla prima osteria. Il Dragonetto, di cui egli parla, e che viveva verso la met del secolo decimoquinto, nient'altro che un omonimo
quel Dragonetto, scrittore dei madrigali pubblicati propriamente, com diremo qui appresso, fratello dell'avo del nostro rimatore. Col primo pot ben esser largo di protezioni e di doni Alfonso I d'Aragona, ed aver confabulato in-

antenato

di

da

lui; e

sieme Masuccio salernitano


Ecco, ora,

col secondo no, certo.

come venimmo ad
sia scritto in

asserzioni cosi recise.

Fabricio Luna, un cinquecentista, autore del


lario,

primo Vocabu-

che

si

volgare

(1),

riportando, sotto la voce

6. lo
d,

non m'ingando,
i

io uegio.

7.

Io

ch'io uidi

nostri

occhij

ligiadri.

mi pensaua vn
9.

tempo.

8.

Dal

Occhij perch piangete?

11. Amor tu sei ben cieco. 12. Mapi grande. Amore. donna io non so far tante parole. Oltre i quali, sono pure pubblicati del nostro Bonifacio un sonetto ed una terzina, non si sa se d'un sonetto o di un capitolo, a p. 33 (cfr. Vindice delle rime di Dragonetto, in fine di questo

10.

QuaV

scritto, al

n 28, con la rispettiva nota).

II

Torraca veramente avrebbe potuto

essere
fra le

un po' pi largo di notizie mani per qualche tempo il


?

e di schiarimenti; tanto pi ch'egli

cod. di

ebbe Monaco. Perch non dare, per es.,

limitandoci al nostro Dragonetto, un elenco di tutte le sue rime, contenute


nel cod. monacense

Egli, invece,
si

contenta di dirci molto laconicamente

Le rime

del

Bonifacio son

precedute da una

invocazione alle

Muse

.
i

Vogliamo sperare

ch'egli abbia avuta la

capoversi. In tal caso,


litano, egli potrebbe

buona come contribuzione alla

idea di trascriverne almeno

storia del cinquecento napo-

comunicarli agli studiosi. Ci permettiamo di notare qui,

lo ignori, che della biblioteca di Monaco esiste un buon catalogo a stampa in pi volumi. Il tomo VII della collezione intitolato: Catalogus codicum manti scriptormn bibliothecae regiae Mona-

poich

il

Torraca pare che

censis, Monachii,

M.D.GGG.LVIII, contiene

la descrizione, fra gli altri, dei

codd. italiani. Quella del cod. contenente le rime di Dragonetto, n. 265 degli
Italiani,
(1)

a pp. 111-12.
\

Yocabvlario di cinque
raccolti
\

utili e necessari]

del furioso
|

mila Vocabuli Toschi non men oscuri che Bocaccio, Petrarcha e Dante nanamente
|
\

dechiarati e
chi
I

da Fabricio Luna per di fabeta ad utilit di Opra Nova <& Aurea con priuilegio di sua M. & breue di S. S. \per diec'anni. M.D. XXXVI. Ed infine: Stampato in Napoli per Giouanni Sultzbach Alemanno apresso alla Gran Corte de la Vicaria a di 27. di Ottobre 1536. Con Priuilegio e Breue per dieci anni chiudendo la strada a ciaschuno che non lo possa ne imprimere ne uendere senza licencia del proprio Autre riseruando quelli suo commodo. In un lavoro, che ho gi prhto, e che sar pubblicato tiqW Archivio
\

legge, scritte e

fauella

DRAGONETTO BONIFACIO
belt (1),

199

un madrigale

di

Dragonetto, ci d importanti notizie,


Riferisco tutto l'articolo, per

tutte d'oro,

sul nostro rimatore.

intero: Belt, cio bellezza mista con gentilezza, & nome figur[ato]. Purg. 29 [117 sgg.J: Ma qicel del sol saria pover

con

elio; e

Fur.

e.

5 [84, 4]
[1.

beltade; Petr. al
ne

canz.

son.

Per non lasciar morir tanta LXXXI, p. 2"]: marni suoi giorni
:

mondo fu

si sola,

come dechiar

in questo madr[igale] Drago-

netto Bonifacio, Marchese di l'Oria, socio mio, anci S[ignore], nella

schola del

gran Summontio, a cui

a Dragonetto

si le

Parche
il

perdonavano, Sebetho e la sua Sirena havriano forsi inalzato

capo sopra di Tebbro

Prima di tutto, il ed amico di Masuccio salernitano (f 1482?), non poteva essere certamente uno scolare di Pietro Summonte (n. 1463). In secondo luogo, il primo Dragonetto non avrebbe potuto mai chiamarsi marchese di VOiHa, perch un tale titolo, come diremo, l'ebbe

Ascra: Quanto se vede in terra ecc. . Dragonetto, cortigiano di Alfonso primo (t 1458)

&

per primo Roberto Bonifacio, padre di Dragonetto II (2). Il Dragonetto madrigalista era, dunque, un coetaneo di Fabricio Luna. Questi si diceva nelli anni giovenili , quando pubblicava il suo
Vocbulario, cio nel 1536 03): di modo che la sua nascita ^ quella di Dragonetto da porsi nei primi anni del secolo XVI.

storico

per

le

provincie napoletane , dar alcune notizie sul Luna , sul suo


le

uno spoglio di tutte le pi impo>' ha conservate: e un indice di tutte le rime contenute nel suo libro. Per ora rimando al Fontanini, Biblioteca dell'Eloquenza italiana^ con le annotazioni di A. Zeno, Panna, "MDCGCIII, voi. I, p. 64 . (1) in fine della lettera B: non dunque a suo posto. 11 Luna, volendo chiudere ogni lettera con una poesia, costretto spesso a spostare gli articoli. (2) Quest'argomento varrebbe anche, da s solo, a dimostrare che il Dragonetto, amico di Masuccio, il primo, non il secondo: perch, nell'epigrafe e nell'esordio della novella (P. I, n. ix), chiamato //eneroso misser Dragonetto Bonifatio, gene'oso e spettabile Cavnliero, e prudentissimo Cavaliero. Non era, dunque, il Dragonetto, marchese d'Oria. Cfr. ^IASUCCT0 salernitano, R Novellino restituito alla sua antica lezione da Luigi Settk3ibrim, Napoli, A. Morano, 1874,p. IIL (3) Xella Breve introducione delle cose fosche atti miei sopradetti signori, Minertta spira e soccorrimi Apollo, premessa al Vocbulario, il
Vocabolario e su
tanti notizie di

sue poesie

latine

stona letteraria e

civile, ch'egli ci

Lina

dice: Ingenioso lettor, spiritus ubi vlt spirai, sendo io nelli anni

< Giouenili non son degno di colpa.

200

E.

PRCOPO
il

Non

pi,

dunque, quattrocentista
proseguiamo.
le

Bonifacio!

La sua

vita, in-

vece, sarebbesi svolta nel pi bel cinquecento. Contentiamoci, ora,


di questi indizi, e

Con questa bella prova fra gli scrittori che trattano di


logia

mani,

ci

mettemmo a sfogliare

tutti

ricordiamo

storia letteraria

e civile, di genea-

che
;

il

nostro Dragonetto era marchese


tutti,

di

non escluso neppur uno, risposero, con grande nostra maraviglia, concordemente e favorevolmente alle nostre ricerche! Il Terminio (1), l'Ammirato (2), il De Lellis (3),
bibliografia napolitana

il

Tafuri

(4),

e,

trascurando
il

altri

minori
(6),

(5),

con pi ricchezza e
(7),

di notizie e di critica,

Mazzuchelli
(8),

seguito dal D'Afflitto

e finalmente

il

Papadia

parlavano

di

un Dragonetto

Bonifacio,

(1)

Apologia di tre seggi

illustri di Napoli, In Venetia, Farri,

MDLXXXI,

pp. 19 sgg.
(2)

Delle famiglie nobili napoletane, Fiorenza, Marescotti,

MDLXXX, p. 78.

(3)

Della famiglia Bonifacio, manoscritto della Biblioteca Nazionale di


111, i,

Napoli, segnato X. A. 12. Parla di Dragonetto a pp. 5 v-6 r. (4) Istoria degli scrittori nati nel regno di Napoli, Napoli, 1749,
pp. 455-57.
(5)

Per esempio,

il'

che fa Dragonetto
voi. II (Napoli,

figlio di

Grescimbeni, Della Yolgar Poesia, IV, lib. 2, p. 140, Giovan Bernardino, come, anche lo Zeno, Annotaz.

al FoNTANiNi, ediz.

cit., II,

23

n.

il

De Angelis, Le
che dice
il il

vite de'letterati salentini,

MDCGXIII),

p. 70,

nostro rimatore discepolo di

Q.

M. Corrado, che

fu invece suo coetaneo;

Grescenzi, Nobilt d'Italia,

che confonde Dragonetto col fratello Giovan Bernardino, scrivendo che la casa Bonifacio fin troppo miseramente in Dragonetto Poeta nella favella Toscana famosissimo, ma per altro men degno de'suoi natali ; il Gabalp. 84,

ma Roma,

LERO, Ricerche critiche appartenenti all'accademia del Pantano (s. a. n 1., dopo il 1796), p. 63, il quale citando il Dragonetto Bonifacio, nominato dal DAlessandro, Genialium. dierum libri sex (Lugduni Batavorum,
ciD loc Lxxiii),
lib. Ili,

cap. Vili, che


(cfr.
il

il

cortigiano dAlfonso

I,

il
il

Dra-

gonetto nominato dal Dolce

nostro scritto a p. 226), che

nostro

madrigalista, fa V istessa confusione fra


dal Torraca.
,

Riccio Napoli 1844., pp. 61 e 388.


(6) Scrittori d'Italia, II,
(7)

i due omonimi Bonifacio, fatta poi poche righe che gli dedica il MixieriMemorie storiche degli scrittori nati nel regno di Napoli ecc.

inutile poi citare le

ii,

p. 1651.

Memorie

degli
II,

scrittori

del

Regno

di

Napoli

ecc.,

In

Napoli,

MDGGXGIV,
(8)

voi.

pp. 162-63.
illustri salentini, Napoli, nella stamperia

Vite d'alcuni

uomini

Simo-

niana,

MDGGGVI,

pp. 121-34:

Vita di Dragonetto

e di

Giovanni Bernar-

dino Bonifacio Marchese di Oria.

DRAGONETTO BONIFACIO
vissuto nella prima

201
scrittore
di

met

del cinquecento, celebre


essi,

madrigali, anzi, secondo uno di

primo, che in Napoli scrivesse madrigali (i). Non v'era pi dubbio: il Torraca aveva fatto troppo in fretta le sue ricerche e si era fermato troppo

il
,

due notizie capitategli a caso sotto gli occhi (2). N pu essere una buona scusa per lui il dire ch'egli scriveva quel suo studio lontano da Napoli, perch gli scrittori citati da noi sono comunissimi, e si trovan dovunque. Prima, per, di esporre, a chi avr la pazienza di seguirci, e
presto, contentandosi di
le notizie raccolte dagli eruditi napolitani

e le induzioni che,

se-

ne posson dedurre, vorremmo far notare che, anche solo dal Vocubulario del Luna si potrebbero ricavare argomenti bastevoli da s soli a condurci a quelle stesse conchiusioni, alle quali giungeremo per altra via. Il Luna in fatti alla voce Vowidir e vovidir cio
condo
noi, se
, , ,

voglio

a voi

dire ecc., riferisce

il

madrigale:
:

Madonna f

non so far

tante parole ecc. con questa rubrica

nostro napoletatio disse in Madr[igale]


colui
.

questo non

men

come quel arguto che bel

Noi, interpetrando quel nostro


volte,

che

il

Luna, altre

chiam

quel

Napoletano per buon mio Signore, >

o socio mio, anci Signore, o infelice e gran, o, semplicemente, il gran, o il buon Bonifacio; diamo anche questo madrigale a Dragonetto. Ma trovandosi quest' istesso componi-

mento nel

citato codice di

Monaco, col nome del Bonifacio

(3);

(1)

Son parole

del

Mazzuchelli, Op.

cit.,

1.

cit.,

ma

prese da una dedi-

il nostro scritto a Notiamo, qui, per altro, che n il Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli, 1678, n il Nicodemo, Addizione al Toppi, Napoli, 1683, n il CmocCARZLLi, De illustrib. scriptoribus qui in civit. et regno Neapolis, ab orbe

catoria di Francesco Baldelli, che riferiamo in seguito (cfr.

p. 225).

condito

ad annum usque

MDCXXXXVI floruerunt, Neapoli, MDCGLXXX,


,

il Napoh-Signorelli Vicende della coltura due Sicilie, Napoli, 1780 sgg., fanno alcun cenno del Bonifacio. (2) Le due notizie furono prese da una nota del Settembrini alla novella citata di Masuccio, Op. cit., e dal riassunto di una cedola della tesoreria aragonese, riferito nell'Arca, star, per le prov. napol., VI, p. 431, sotto il 1455, luglio. Anche su Dragonetto I, se il Torraca avesse conosciuto o il

voi. I (unico

a stampa), n

delle

Tbrm^nio, Op. cit., il De Lellis, Op. cit., avrebbe potuto raccogliere molt 'altre notizie. Altre due, p. es., ne diamo noi nella n. 3 della pag. seg. (3) Torraca, Rimatori, p. 38. La lezione data dal Luna migliore, come si vedr in seguito, quando riferiremo il madrigale. In quella del cod. di

Monaco manca, per esempio,

il

verso settimo.

202
risulta

E.

PRCOPO
conchiusione che
il

non molto

diffcile la

codice e quello del Vocabulario sono l'istessa persona.


l'amico di Fabricio Luna,

Dragonetto del E poich

come abbiam visto test, certamente anche Dragonetto II sar il Bonifacio, di cui il Torraca pubbHc i dodici madrigali.
Dragonetto
II,

II.

Da Roberto Bonifacio, di famiglia nobile ed illustratasi grandemente fin dal regno de'primi angioini, ed appartenente al seggio
di famiglia ancor essa nobile nacque primogenito Dragonetto o Dragontino, come latinamente ad alcuni piacque chiamarlo (1). Il padre di Roberto era stato un Andrea; e questo Andrea aveva avuto per fratello quel Dragonetto appunto, che nominammo qui sopra col tidi
dell' istesso seggio,

Portauova, e da Lucrezia Gicara,

tolo i primo (2), e di cui riferimmo, nel principio di questo scritto,


le
il

poche

notizie raccolte dal

Torraca
:

(3).

Il

nostro Dragonetto,

figlio di

Roberto, ebbe due fratelli

nardino; ed
ciullo,
i

una

sorella: Isabella.

Andrea e Giovanni BerAd Andrea, morto ancor fannella chiesa dei santi
si

genitori eressero

un

bel

monumento

Severino e Sosio, ove, a destra della sagrestia, tuttora

ammira.

(1) Gfr.

Terminio, Op.

cit., p.

19 v; Ammirato, Op. cL,

p.

78

De

Lellis,

Op.

cit.,

p.

V, ecc. ecc.

(2)

Ecco, per pi chiarezza, l'albero genealogico della famiglia Bonifacio,

dal principio del sec.

XV

a tutto

il

sec.

XVI,

in cui si estinse
:

con Gio. Be-

rardino (f 1597), fratello del nostro Dragonetto

Giovanni

Dragonetto

Andrea

Roberto e L. Gicara

Gio. Paolo

Dragonetto
(3)

li
si

Andrea

II
per

Isabella

Giov. Berardino
la

Ad

esse

potrebbe

aggiungere

notizia

che sul conto suo


ediz.
I,

ci

d
la

Alessandro d'Alessandro,
nostra n. 5, a
si

Genialium dieriim,
le

cit.,

1.

cit.

(cfr.

p.

200j. Un'altra notizia su Dragonetto

del 5 ottobre 1470,

trova neir Arch. stor.

prov. napol., IX,

p.

230. Tutt' e due sono

sfuggite al Torraca.

DRAGONETTO BONIFACIO

203
(1),

opera, secondo alcuni, di Pietro da Prata


di

secondo

altri di

Giovanni

Nola

(2);

e porta

sopra scolpiti un epigramma ed

una

iscrizione del

Sannazaro

(3):

NATE PATRIS MATRISQUE AMOR ET SUPREMA VOLVPTAS

EX

TIRI qv.; xobis

te dare sors vETvrr

BTSTA EHEV TRISTESQ. NOTAS DAMVS INVIDA QVAXDO

MORS IMMATVRO FVNERE TE RAPTIT

ANDREAE

FILIO DYLCI5SIM0

QTI VIXIT ANN. VI MENSIB.

DIER. XIX HOR.

XIIII.

ROBERTVS BONIFACIVS ET LVCRETLA CiaARA

PARENTES OB RARAM INDOLEM.

L'altro,

lebre del fratello;

Giovan Bernardino, fu ancor egli letterato e pi cee, per la vasta sua dottrina e per l'apostasia

dal cattolicismo, fu dipinto dagli scrittori italiani quale

un mago

ed un libertino. Costretto ad esulare d'Italia, dopo aver vagato per tutta 1' Europa mor cieco, di ottantatr anni, a Danzica, nel 1597 (4). La Isabella, poi, fu moglie di Cesare Pignatello, che tenne l'uf,

ficio di

scrivano di razione del Regno

(5).

(1)

Cesare d'Engenio, Napoli sacra


errore

ecc.,

Napoli,

MDCXXIII, a

p.

336

(per

326) lo chiama: di Prata; mentre a p. 160: Pietro di Piata

eccellente scultore spagnuolo.


(2)

Descrizione della citt Napoli e delle sue vicinanze, Napoli, Nobile,

1885, pp. 10734.

L'epigramma riferito, senza alcuna variante, nell' Epigrammaton secundus (XVIII) del Sannazaro (Poeniata, Patavii, ci io ceti, p. 159;, col titolo: In tumulum pueri. Manca, per, riscrizione. (4) Per la vita di Giovan Bernardino, cfr., fra gli altri, il Mazzuchelli, Scritt., II, II, pp. If5 sgg. Di lui ci resta un volume di poesie latine, pubblicato da Andrea Welsio, che \i premise anche una biografia: Miscellanea Hymnorttm, Epigrammatum et Paradoxoritm quorundani D. Jo. Bernardini BoNiFATii Neapolitani, quibus, praeter dedicationem, praemissa est brevi de eiusdem vita et morte narratio, Dantisci, 1597 e 1599, in4. Un Tetrastichon de contemptu literarum in Deliciae Poet. Jtal., p. 488 e in Carmina illustr. Poet. hai., p. 423. Giovan Bernardino pubblic anche, per il primo, il trattato De *t^/ Japigiae del Galateo, in Basilea, apxtd Petrum
(3)

liber

Pemam,
(5)

1558.

De

Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del regno di Napoli, In Na>

poli, 1663, P. II, p. 114.

204

E.

PRCOPO

Ritorniamo ora a Dragonetto. Di lui poco o nulla sappiamo ci converr, dunque, di dare delle ipotesi e delle congetture. Quanto all'anno della sua nascita^ ecco quel che si pu aggiungere a ci che dicemmo dianzi che, cio, Dragonetto, essendo coetaneo di Fabricio Luna, fosse nato sul principio del secolo deciraoquinto. Ora, da nuovi indizi possiamo ricavare l'anno quasi preciso della sua nascita. Il Terminio, in fatti, ci dice che Dragonetto mor di ventisei anni (1) ed il Giovio, nominandolo in un dialogo (2), scritto tra il 1527 ed il '29, ne parla come se morto recentemente egli dice precisamente nuper (3). Ponendo la sua morte, com' molto probabile, nel '26^, Dragonetto sarebbe
di certo
:
: ;

nato proprio nel 1500. In ogni

modo

si

tratta di

tre anni: 1500-1501-1502; se la

notizia del

uno di questi Terminio giusta,


(4).

poich

la

data del dialogo del Giovio certissima


ai suoi studi,

sappiamo gi dal nostro Luna, che egli fu discepolo di Pietro Summonte, amicissimo del Pontano, del Sannazaro e del Charteo, e pubblico professore nello Studio Napolitano, ove insegnava grammatica, poetica e rettorica. Alcuni posero avanti anche il nome di Quinto Mario Corrado, come suo maestro; ma costui, secondo il D'Afflitto, fu coetaneo di Dragonetto
in cui
(5).

Quanto

Anche

sulla sua morte non abbiamo notizie precise. Il tempo, avvenne, come dicemmo, da porsi tra gli anni 1527-1529.

(1)

Op.

cit.,

p.

20r: Dragonetto mor di vintisei anni con gran dispiacere


.

di tutti quelli che lo conobbero


(2)

Fragmentum trium dialogorum Pauli


Aenaria a clade Urbis receptus

Jovii, episcopi

Nucerini, quos

in insula

conscripsit, Dialogus
t.

de Viris

Ut-

teris illustribus.

Fu

pubblicato dal Tirabosghi in append. al


ital., voi.

VII, parte IV,

della St. della

leti,

XIII, ed. Class.

Ital., p.

2450, ed a lui donato


il

dal conte Giambattista Giovio.


trattava dei famosi generali, e

il

il

seconjio di tre dialoghi; dei quali

primo

terzo delle

matrone pi celebri

dell'et sua.

E un

importantissimo supplemento alla storia letteraria del secolo XVI, che


studiato.
Il

andrebbe minutamente

brano su Dragonetto

riferito

da noi

pi appresso nel testo, a p. 223.


(3)

Un'altra prova della morte

precoce di Dragonetto

si

scorge nell' ipso

iuventutis flore, riferito a lui nel brano del Giovio, riportato da noi a p. 223, che riferiamo a p. 226. e nel primo iuventutis flore nel brano del Dolce
,

Nel 1527, com' noto, avvenne ritirossi nell'isola d'Ischia. Nel '30
(4)

il

sacco di

Roma; dopo

il

quale

il

Giovio

era, poi, in Bologna, all'incoronazione di

Carlo V.
(5)

Op.

cit.,

p.

162. Gfr.

anche Tafuri, Op.

cit.,

Ili,

ii,

pp.

44344.

DRAGONETTO BONIFACIO
L'istesso Giovio, nel citato dialogo, dice ch'egli
di cavallo:

205

mentre l'Ammirato ed

il

Tafuri,

mor d'una caduta


quest'ultimo lo

ricava da un manoscritto di antiche memorie della citt di Oria (IX affermano che morisse per un violento fummo d"uu poten tentissimo veleno, che egli faceva stillare (2). Ma chi consi-

il Giovio scriveva quel suo dialogo poche miglia lontano da Napoli, nell'isola d'Ischia, qualche anno dopo o nell'istesso della morte del Bonifacio che il pietoso ricordo della sua morte posto in bocca di Alfonso D'Avalos, marchese del Vasto, napolitano e amico di Dragonetto, quindi informatissimo di un fatto, avvenuto quasi in qua' giorni, e che aveva dovuto commuovere grandemente tutta Napoli (3), se, molti anni dopo, se ne risente ancor largamente un' eco dolorosa per tutta l'Italia (4); e che il Giovio, prima di mettersi a scrivere quel dialogo, aveva dovuto chieder, naturalmente , notizie e particolari da' suoi amici di
:

deri che

Napoli, su quei poeti napolitani, di cui intendeva parlare;

chi

consideri

ripeto
sulla

tutto questo
di

non tituber un

cettare,

morte

Dragonetto, la

ad acversione del vescovo di


istante

Nocera.

Fra i suoi amici, oltre il Luna, il D'Avalos e il Summonte, che abbiam gi ricordati, nomineremo Cosimo Anisio ed il Sannazaro. Del primo abbiamo un epigramma latino a Dragonetto, che riferiremo pi appresso, dal quale si rileva che il Bonifacio, oltre
alla poesia volgare,

come

tutti

rimatori del cinquecento, ante-

riori alla

famosa crociata del Bembo in favor del toscano, coltivasse anche la latina (5). Quanto, poi, alle relazioni che passarono fra il Sannazaro e Dragonetto, possiamo dire qualche cosa di pi.
(6),

Dalle parole del Dolce, pi appresso riportate

vedremo l'am-

(1)

Op.

cit.,

p.

457:

< In

un volume m.

s.

delle

citt d'Oria leggo, che Dragonetto mor avvelenato dal

Memorie antiche della fumo del Mercurio,

che preparava con alcuni succhi d'erbe per ridurio da fluido in solido. >
(2)

AMMraATO, Op.
che
il

cit.,

1.

cit.
cit.

(3) Si noti

Giovio, Op. cit. nel brano

da noi a

p.

223, gli fa

dire

<

Sed

certe miei, oc

omnibus Neapolitanis nuper


.

triste sui

desiderium
riferite

reliquit Draconettus ecc.


(4)

Vedi tutte
Ci

le

testimonianze degli scrittori

contemporanei

da

noi a pp. 222-27.


(5)
si

rileva

anche da una testimonianza del Dolce,

riferita

pi ap-

presso da noi nel testo a p. 227.


(6)

Vedi

brani riferiti da noi a pp. 226-27.

206

E.

PRCOPO

rairazione e la stima che l'autore

deW Axadia,
(1),

cos diillcile loda-

tore ed ammiratore delle opere altrui

sentiva per lo scrittore

dei madrigali: tanto da confessarlo suo emulo!


fra
i

Ma

la

relazione

due poeti doveva essere gi stata, da qualche tempo, preceduta da quella fra le due famiglie dei Sannazaro e dei Bonifacio le quali, si noti, abitavano nell'istesso seggio di Portauova. Basterebbe, per provarlo, ricordar solo l'epigramma e l'iscrizione
;

Sannazaro per Andrea il fratellino di Dragonetto quando questi era ancor fanciullo. Ma io credo che l'amicizia fra le due famiglie rimonti ancor pi innanzi, quando Roberto Bonifacio ed il Sannazaro si trovavano quotidianamente e fra
scritta dal
,

primi, nella corte di


Il

Don Federigo d'Aragona.

Bonifacio era dei pi cari e de' pi devoti a quel principe:

ma baster che si ricordino le parole Terminio Roberto ancora che fu ben visto da Re Ferrante Primo, e dal Duca di Calauria suo figlio primogenito pigli a seruire, e fu molto affettionato a don Federico Secondogenito del Re mentre fu Prencipe d'Altamuri, e per questo quando fu fatto Re tra li primi che cominci a remunerare, & esaltare fu Roberto Bonifacio che li don Oria Citt Metropolitana in terra di Otranto, e se havesse regnato pi tempo si crede che l'haveria fatto assai grande (2). L'amicizia, poi, e la fedelt del Sannazaro verso Don Federigo, nella corte e nell'esilio, son note a bastanza, per venirne qui a riparlare. Ricorderemo, soltanto, che l'amicizia fra il Sannazaro ed il principe Don Federigo cominci appunto, secondo uno scrittore contemporaneo, da alcuni versi latini e volgari che Jacobo aveva scritti per una Carmosina Bonifacio (3). Or questa Garmosina, secondo alcuni, era, per
le

testimonianze abbondano,
:

del

(1)

Vedi
Op.

la

lettera del Giovio

M. Girolamo Scannapeco
p. xlviii-ix.

nelle

Opere

volgari del Sannazaro, ediz. cominiana,


(2)
cit., p.

19u.

ediz. cit., p. xii):

Ed il Grispo, Avvenne che


'1

nella Vita del

Sannazaro
i

(in

D. Federico detto, fu eletto

Opere volgari, Re; onde cia-

senno stimava, che


di lui.

Sanazzaro dovesse ottenere

primi luoghi appresso

Ma

questa opinione rimase lontana molto dall'effetto avvenuto: im-

perocch avendo D. Federico appresso di se Roberto Bonifacio, gentiluomo del

medesimo Seggio,

(subito

e Baldassarro Pappacoda, ed Antonio Grisone; diede che egli fu incoronato) a Roberto la Citt d'Oria, a Baldassarro

la citt della Gidonia, e ad Antonio.


(3)

Monte

Scaglioso.

Grispo, Op.

cit., 1. cit., p.
il

vi:

Apprese la prudente
si

del Sannazaro}

fedele consiglio [del Majo], e

ritir in

donna [la madre Napoli; ove

DRAGONETTO BONIFACIO
l'appunto,

207

una

sorella di

Roberto Bonifacio, padre del nostro Dra-

gonetto

(1).

III.

E non

soltanto tutte queste

notizie

biografiche, bens qualil

cos'altro, di

non minore interesse per


in

nostro

madrigalista,

il

Torraca avrebbe potuto trovare


scrittori pi

qualcuno dei pi recenti degli

sopra

citati,

se

li

avesse consultati. Certo, egli non

avrebbe mai pensato che

di quel Bonifacio, dato

da

lui

come un
!

ignoto rimatore, esistessero delle poesie a stampa. Eppure cosi

Nella principale raccolta di Rime di molti eccellentissimi autori ecc. ecc. del cinquecento, che comprende, in tutto, non meno
di

IX

libri,

in altrettanti volumi, di

cui

sette

uscirono in Ve-

nezia, dalla stamperia di Gabriele Giolito e fratelli, e dall'altra

Pozzo; e gli altri due a Bologna ed a Cremona: prima met del secolo XVI; il libro V ed il VII avrebbero certamente attirata l'attenzione del Torraca, s'egli ne avesse supposto l'esistenza (2). Niente di pi attraente, in fatti, per uno studioso di storia letteraria napolitana, che i titoli di questi due volumi: Libro quinto delle rime di diversi UlvstH signori napoletani, e d'altri nbilissirni ingegni, nvovamente raccolte, e con nona additione ristampate. Allo illvs. s. Ferrante Carrafa ecc. ecc. (3); e Rim di diuersi signori napolitani e d'alt/H niuyuamente raccolte et impresse libico set-

Al segno

del

tutti

nella

appena

giunto

il

Sanazzaro,
di

innamorossi di

una nobile donna

del suo

medesimo Seggio

Portanuova, chiamata Garmosina Bonifacia. Per cui


la

cominci a scrivere in lingua Latina, ed Italiana, comune, anzi che assai


colta;

ma
I,

con tanto ardore e spirito di poesia, che ne pervenne

fama
Fer-

alla corte del Re, nella quale D. Federico figlio secondogenito del rante

Re
a

signore molto amico delle Muse, procur di averlo, ed ebbelo in


poscia assai

sua casa, con cui visse

familiarmente

molti

anni, e

lui

molto caro.
(1)

L'anonimo annotatore
,

alla

Vita del Sanassero del Crispo, al


nella n. precedente,

nome
:

di

Roberto Bonifacio

nel brano citato

postilla cos

Fratello della Garmosina, la fanciulla


il

(2)

Volpi nella Vita del Per la bibliografa

amata dal Sanazzaro. . Cfr. anche Sannazaro, premessa ai Poemata, p. xiv, n.


delle

diverse

edizioni di questa raccolta


ediz. cit., pp. 69-74.
fratelli,

vedi le

note del
(3) In

Zeno

al

Fontamni, Biblioteca,

Vinegia, appresso Gabriel Giolito de Ferrari e

MDLII.

208
timo ecc.
essi,
(1).

E.

PERCOPO

Tutti e due questi libri furono posti insieme da quel-

l'infaticabile raccoglitore

che fu Lodovico Dolce. Nel secondo

di

una lettera al signor Matteo Montenero, genovese, il Dolce nomina il nostro Dragonetto, a pena dopo il Sannazaro, con parole non dissimili da quelle usate dagli altri contempoin

ranei,

che

il

lettore trover raccolte, tutte insieme, nelle seguenti


in questo,

pagine.

Ma

n
si

nell'altro

volume, dov'era assai proi

babile trovarle, vi sono rime del Bonifacio. Nel primo


illustri

diuersi
al

signori napoletani
d'A.tri,

riducono

al

Marchese del Vasto,


Terminio, oltre
il

Tansillo, a Ferrante Carrafa, ad Antonio Epicuro; nel


al

secondo,

Duca

Gerolamo Acquaviva, ed

al

Car-

rafa e l'Epicuro, nominati. Ricerchiamo, allora, negli


Il sesto libro delle

altri.

Ecco:

rime

di diversi eccellenti avtori

nvouamente

m^andate in luce con un discorso di Girolam.0 Ruscelli. Al 'molto reverendo et honoratiss. Monsignor Girolamo Artvsio (2). In esso, a canto alle rime del Rota, della Colonna,
raccolte, et

del Di Costanzo, del Carrafa, del Tansillo, del cardinale Egidio,

e di altri napolitani, troviamo non


questi componimenti (pp. 142?;

meno

di tredici sonetti e tre


i

canzoni di Dragonetto Bonifatio. Ecco

148 f)*

primi

versi di tutti

Sonetti.
1.

2. 3.

Rose uermiglie in bianca e pura falda. Alma real, che per far chiara fede.

Da

Vinsegne d'Amor schiua e solinga.

4.

dolce scorta del notturno oblio.

(1)

In Vinegia, appresso Gabriel Giolito de Ferrari e fratelli,


, ,

MDLVI.

Ve:

nella stampa del Giolito ha un titolo simile ramente anche il libro III R7ne di diversi illustri sig. Napolitani e d'altri nobilissimi intelletti nuovamente raccolte e non pi stam,pate, Terzo libro, In Vinegia, appresso il Giolito, 1552, Ma in un'altra anteriore, si legge invece: Libro terzo delle rime di diversi nobilissimi ed eccellentissimi autori nuovamente raccolte, In Vinetia, al segno del Pozzo, M.D.L. Il Giolito trasform poi il suo libro III" in V". Cfr. Zeno-Fontanini,
(2) In

Op.

cit.,

ediz. cit., pp. 70-71 n.


Il

Vinegia,

al

segno del Pozzo, M.D.LIII.


frontespizio

raccoglitore

Andrea

Arrivabene.
fu posto

questa edizione, dopo vent'anni, tolte le prime quattro carte,


:

nuova di rime de' pi illustri et Girolamo Ruscelli, In Venetia, appresso Giacomo Simbeni, MDLXXIII. Sulle diverse forme, in cui comparve questa unica edizione, per una lite insorta fra il Ruscelli e il Dolce, poi comun nuovo
Scelta
s.

eccellenti poeti

dell'et

nostra del

DRAGONETTO BONIFACIO
5.

209
(1).

6. 7.
8.

Poi che Madonna il mio martir non crede Donna, che lungi dal tuo patrio nido. Se doglia punger pu spirto diuino.
Sacro arboscel, che dal natio terreno. Stanco e solingo per deserte arene. Mare, che bagni quel beato lido.

9.

10. 11.

Ifun

arboscel, di cui pi nobil pianta.

12. Inclito, antico, e

generoso

lido.

13.

Poi che Madonna e mia forte ueniura.


Canzoni.

14. 15.

Chi dar tanto humore. Per che la doglia etema.

16.

Tomhra d'un alloro.


si

si

creda che con questi tredici sonetti e tre canzoni

esaurisca la serie delle rime a stampa di Dragonetto Bonifacio.


Tutt'altro!
inserite

sua notissima raccolta, ne aveva Il Trucchi, nella non poche: sette sonetti e tre madrigali; premettendovi delle parole di ammirazione e di simpatia, davvero lusinghiere per il nostro rimatore (2). Per que' buoni vecchi il nome del Bonifacio non rispondeva ad un Cameade qualunque, ma bens ad una persona di loro antica conoscenza: tanto che essi lo inE questo fu proprio il caso del dovinavano dalla sola iniziale Trucchi. Il quale, avendo trovato, nel codice laurenziano-stroz!

ziano 182 e nel magliabechiano,

ci.

VII, 9, 720, undici sonetti e

quattro madrigali
giadria, che
si

(3),

dettati con tal grazia, eleganza

e leg-

potevan francamente citare come modelli della buona poesia , tutti senza nome d'autore, ma con in fronte la lettera D; si pose ardentemente a cercare quale rimatore cinquecentista vi si nascondesse sotto. E indovin giusto. < Dopo

posta in pace
NiNi,
(1)

e sulla impostura del tipografo


ediz. cit., pp. 72-73 n.

Simbeni

cfr.

Zeno-Fonta-

Op.

cit.,

Questo sonetto fu ristampato nella Scelta di Sonettie Canzoni de" pi

eccellenti rimatori d'ogni secolo. In Venezia,


p. 484, fra
(2)
i

MDGGXXXIX,

4* ediz., voi.

I,

Rimatori dal 1500 sino al 1550. Poesie italiane inedite di dugento autori dalV origine della lingua
,

infino al secolo decitnosettimo. Prato

Guasti

1846-47, voli.

4.

madrigali

del Bonifacio sono nel voi.


(3)

Ili,

pp. 114-23.
di questi

Un

pi accurato

esame del contenuto

due codici vedilo a

pp. 212-14 di questo lavoro.

OiomaU

Mtorieo. I, tee. 28-39.

14

210
le pi diligenti e le pi

E.

PERGOPO

ecco quanto ne

premurose ricerche, egli dice, ho potuto scoprire. Due di questi sonetti


:

del
ini-

codice laurenziano e del codice raaghahechiano colla sola

ziale D,

quali cominciano

Dall'insegna d'amor tutta solinga

Mare che bagni quel beato

lido

il

si

trovano stampati in diverse raccolte


correggi
:

di eccellenti

rimatori

nella

stampa or ora

delle rime ecc. (1)

misterioso

citata
{sic) di

da noi:
la

Il

sesto libro

sotto

nome
Lo

Dragonetto

ecco
questi

Bonifazio.

stile

maniera
si

di

due

sonetti stampati sono perfettamente


inediti^ e

conformi allo

stile

alla maniera degli altri sonetti


Per, se

conosce chiara-

mente che sono usciti dalla stessa mente, e dalla stessa penna. due sonetti stampati sono di Dragonetto Bonifazio, non da dubitare che di Dragonetto Bonifazio devono essere gli altri ancora . Scoperto l'autore, il Trucchi stamp sette sonetti, non gi undici, e tre, non pi quattro, madrigali, con su il nome di Dragonetto Bonifazio. Ecco i primi versi delle rime pubblicate da lui (pp. 115-123):
i

Sonetti.
1.

Dall'insegne d'amor tutta solinga.

2.
".

4.
5.

6.
7.

uago pensiero. dubbi desiri. Che fai miser, che temi? non per questa. Alm,a lucente d'atnorosi rai. Poi cK i vidi sparir quella mercede.
S dolcemente
il

m,io

Al vaneggiar

de' miei

Ovunque

gli occhi

la.

mia donna

gira.

Madrigali.
8. 9.

Qual fu

sorte o destino (2).


'l

Io dubbio, e

dubbio

tale.

10.

Lacrime che

sperate.

sonetti e le canzoni,

quanto

al contenuto, son di

pochissimo

(1)
(2)

Nell'elenco fatto da noi a p. 214, formano i sonetti n" 2 e 10. Questo madrigale fu pubblicato dal Trucchi solo nei suoi primi dieci

versi.

DRAGONETTO BONIFACIO
valore. In generale, esprimono

211

il tormento dell'amante per la lonMadonia: uno dei soliti luoghi comuni del' petrarchismo. Se non che, Dragonetto, in queste sue composizioni della sua prima giovent, ricordiamo ch'egli mori di ventisei anni, non si contenta solamente di ripetere le stesse situazioni ed i pen-

tananza

di

sieri del

poeta toscano;

ma

di parole, di cui quel lirico

sommo

giunge fino ad imitare quei giochetti si compiaceva non poco. Nella


(p.

prima canzone, per esempio, troviamo questi due versi


Tal che l'acqua, la riva, l'aria e l'aura Parean dir mormorando Laura Lauil.

146 r):

Questi due

soli

versi sono sufficienti, per altro,


i

a togliere
furono

la

voglia, a chi l'avesse, di leggere tutti

diciannove sonetti e

le tre
scritti

canzoni del Bonifacio. Del resto,


nella
;

lo ripetiamo, assi

prima giovent e pi che arrecar danno, pare a noi, che. confrontati con i madrigali, giovino grandemente alla fama del poeta. Perch ci dicon chiaramente che Dragonetto non era nato per essere del servumpecus petrarchesco, e che, appena accortosi delia via falsa, ch'ali percorreva, cerc un nuovo genere di poesia da coltivare; e trovato il madrigale, lo tratt cosi originalmente e felicemente da essere stimato dai suoi contemporanei il principe di quel brevissimo e difficilissimo metro. E veramente, per acquistarsi una tale stima, di madrigali dovette scriverne non pochi. Il Luna, il Ba Ideili, l'Ammirato dovettero averne davanti parecchi; e, forse, tutta la raccolta: appare almeno cosi dalle loro parole.
Ora,

dovremo contentarci solamente

di

quei dodici, conservatici

dal codice della biblioteca di Monaco, e pubblicati dal Torraca,

e dei tre del Trucchi?

pazientemente,

Per fortuna, no. Chi ci ha seguiti noi abbiam citato qualch' altro madrigale di Dragonetto, nuovo del tutto e non compreso fra quelli pi noti a stampa. Or bene, si, anche in questo
ricorder che
stato poco fortunato
il

Torraca,

a noi riuscito

di

scovarne

non pochi altri di madrigali bonifaciani. Veramente, n anche con l'aiuto degli scrittori, additatigli da noi, il Torraca sarebbe giunto a snidarli dal nascondiglio, dove dormivano da non pi di tre secoli: il Vocabulario del Luna (i) e i due codici fiorentini
(1) Li aveva di gi scoperti, verso la fine del secolo passato, Gian Vincenzo Meoln, un erudito napolitano che consum tutta la vita a raccogliere fatti e documenti per la storia deiraccademia pontaniana. I madrigali di Dra-

212
citati. Il

E.

PRGOPO
le

Luna, come dicemmo, dovette certo aver fra

mani una

raccolta completa delle poesie del suo amico; forse dono o lascito dell'infelice Bonifacio poich pare che ne scelga i migliori. Egli,
:

quasi presago che, dopo qualche secolo,

il

suo Bonifacio sarebbe


si

il nome ed alcuni vede chiaramente che egli gli usa una certa preferenza; e, se del Sannazaro non d che un sol madrigale, uno del Tansillo, due di un Celio Friscarolo; non ne d men di sei di Dragonetto. I quali sarebber s' egli avesse curato di segnare il nome sopra forse di pi altri quattro, che ora sono anonimi. E uno di questi {Madonna, io non so far tante parole), appunto, con l'aiuto del codice di Monaco, abbiam potuto restituire al Bonifacio (1). Altri sette madrigali, poi, non quattro, come aveva asserito il Trucchi, ci son conservati dai due codici fiorentini, or ora nominati. I quali fudel resto, non cosa rono percorsi troppo frettolosamente, dal Trucchi ma ora, dopo un pi accurato esame del nuova, contenuto del codice laurenziano-strozziano 182 e del magliabechiano ci. VII, 9, 720, possiamo correggere non poche affermazioni erronee del Trucchi e aggiungere qualche altra notizia a quelle date gi da lui (2). Il primo codice, il laurenziano-strozziano 182, membranaceo del sec. XVI, e contenente poesie del Gasa, del Bembo, del Varchi e d'altri, delle quali anche il Bandini dette un indice non molto scrupoloso (3), ci offre, in un primo gruppo

quasi del tutto dimenticato, cerc di salvarne

madrigali nel suo Vocbulario. E, in

fatti,

(ff.'

17^-22^), undici sonetti e quattro madrigali, tutti preceduti dalla

gonetto, insieme ad altre rime di napolitani del 1400 e del 1500, copiati tutti
di

mano

del

Meola su

fogli volanti, si

conservano nella Nazionale di Napoli,

con questa segnatura: XIII. D. 27. Gfr. Poesie liriche edite ed inedite di L. Tansillo, ediz. Fiorentino, Napoli, D. Morano, 1882, p. cv. (1) Tutti i madrigali conservatici dal Luna furono pubblicati da me, in
occasione delle nozze
deli'

amico

prof. Renier,

in

un opuscolo che porta

Napoli, questo titolo: Madrigalisti napolitani anteriori al MDGGGLXXXVII. Oltre quelli del Bonifacio, ve ne sono del Sannazaro,
del Tansillo, di Gelio Friscarolo e d'incerti.
(2)

MDXXXVf,

La

descrizione e l'elenco

delle

rime

di

questi due codici fiorentini, e

Salomone Morpurgo, me, prendersi la cura di riesaminare i due manoscritti. Florentiae Typis Regiis, (3) Biblioteca Leopoldina Laurentiana etc. MDGGXGII, coli. 586-90. Nell'elenco dato dal Bandini mancano, per esempio,
tutto ci

che

li

riguarda,

li

debbo

alla cortesia del dott.

che

volle, per

le poesie

segnate nel nostro co' numeri

13, 14, 15.

DRAGONETTO BONIFACIO

213

lettera D. Il Trucchi, evidentemente, si ferm a questo primo gruppo, e scrisse che questo codice conteneva solo undici sonetti e quattro madrigali. Sfogliando, invece, il manoscritto c'imbattiamo in un secondo gruppo di rime (ff.' 31* -32*) con la solita D: e sono due altri sonetti ed un madrigale. Il codice lau-

renziano-strozziano

contiene,

dunque, tredici sonetti e cinque

madrigali del Bonifacio: non undici dei primi e quattro dei secondi, come aveva detto il Trucchi. L'altro codice, il magliabechiano ci. VII, 9, 720, zibaldone di rime varie, messo insieme carte differenti e da diverse mani , del se4. con fascicoli e colo XYI, e contenente rime del Bembo, del Sannazaro, di Biagio

Bonaccorsi, di Lorenzo de' Medici, di

B. Accolti, di

M"""

Brada-

mante,

di

Marco Cavallo,
di

di 0. Stefanino, di B. Capello, di Alesdi B. Varchi ecc.,

sandro Manfredi,
ci d, in

Alessandro Arloi, di A. Caro,


(flf.*

un

sol

gruppo

drigali segnati con la iniziale di Dragonetto


sonetti e

tre di

cinque maCinque di questi questi madrigali sono anche fra le rime del
OS^^-QS*), sei sonetti e
(1).
,

codice laurenz.-strozz.
sonetto e
gli altri

segnate col D.

Mancano invece

il

sesto

due madrigah. Oltre queste rime, precedute


altri sei sonetti,

dal D, nel cod. magliab. vi sono


laurenz.-strozz. attribuiti al

di quelli

del
dis-

Bonifacio,

ma

sono adespoti e

somma,

131% 162, 2341, 274b). In anche dodici sonetti e cinque madrigali, come press'a poco nel primo gruppo del cod. laurenz.persi per tutto
il

cod.

(ff.

116*, 117*,

nel cod. magliab. sono

strozz.; nel

quale

madrigali invece son quattro. Questa concoril

danza

di

numero indusse

Trucchi a dire che nei due codd.


poesie. Invece le

fiorentini v'erano le stesse

poesie

comuni

al

laurenz.-strozz. ed al

magliab. sono appena

quattorfiici:

delle

altre sette, quattro sono solamente nel primo, e tre nel secondo;

come pu vedersi da quest'indice che facciamo seguire per modo degli studiosi (2);

co-

(1)

cod. magliab.

Veramente le poesie, segnate nel nostro elenco coi nn. 15 e 19. nel non hanno la D ma poich si trovano inserite nel gruppo
;

di sei sonetti e tre

madrigali

queste due,
(2)

si

tratti di

Indico con

tutti , si deve supporre che, per pura dimenticanza del copista. sonetti, e con i madrigali. Lascio in carattere tondo
,

che l'hanno

le rime,

che pubblico
Appendice.

io

per

la

prima volta:

madrigali a pp. 215-17;

so-

netti in

214

E.

PERCOPO
Cod. Lanrenz.
strozz. 182.

Cod. Magliai),
ci.

VII, 9, 720.

mio uago pensiero. S 2. BalVisegne d'Amor tucta solinga. S 3. Poi eh' i' vidi sparir quella mercede. S 4. Al uaneggiar de' m.iei dubbi desiri. S 5 Ecco eh' io torno al mio primo lavoro. S 6. A che pur phebo fianmeggiando intorno. S 7. Che fai miser; che temi n per questa. S 8. Se quel ch'appresso la solinga riua. S 9. Alm,a lucente d'amorosi rai. S 10. Mare che bagni quel beato lido. S 11. Lasso, che ripensando al tempo breue. S
1.

Si dolcemente

il

f.

17* T^ 18*
18^

f.o

96*

274b adesp.
131b adesp.

96*

234b adesp.

19*

19b

UBI* adesp.
117* adesp.

....
. . .

20*

95b

20^
21*
211)

162* adesp.

951)

12.

Pensier cangia uiaggio.

13.

Qual fu sorte
dubbio e
'l

o destino.

M M
tale.

97*
97"

14. Io 15. 16. 17.

dubbio

22*
22ai>

Lacrime che

sperate.

M
M
M.
. .

Ouunque

gli occhi la
al ciel

Rendete gratie
il

mia donna gira. S madonna ogn'hora. S

31*
''^

96b

18. In dir 19. Tutt'

che siete bella.

ualor del ciel madonn' in voi.

20.

Alma

real che per far chiara fede. S


g" occhi.

21.

Chi uuol ueder con

M.

...

32*

97b

98*

mettendo da parte il Trucchi, che il non consultare, quando si pubblichino rime inedite, una vera colpa, il Torraca avrebbe dovuto conoscere anche il Vocabularto del Luna, tante volte citato nei libri che egli continuamente ha per le mani In un suo studio sul Sannazaro, scritto e pubblicato a Napoli (1), egli riferisce un madrigale di Jacopo: Donna si ve spaventa. Ora questo ce l'ha conservato unicamente il Luna, sotto la voce Tetro; e fu riferito dal Golangelo, il quale ne cit scrupolosamente la fonte (2). Il Vocabulario del Luna anche citato dai fratelli Volpi nella edizione cominiana delle opere del SanEppure^

nazaro

(3),

e molte altre volte dallo stesso Golangelo

(4).

Come

(1)

Jacopo Sannazaro
Yita di

Note

(Estr. dalla
p. 29.

Cronaca Annuale

del R. Liceo

V. Emanuele), Napoli, Morano, 1879,


(2)

Giacomo Sannazaro, poeta

e cavaliere napolitano. Seconda

edizione, Napoli, 1819, pp. 95-96.


listi,

Fu

ripubblicato ora da

me

nei

Madriga-

p.

13.

(3) Gfr. le pp. xlvii e lix.


(4)

Op.

cit.,

pp. 6, .;

20

n.: 91-92 n.; 101 n.

, .

DRAGONETTO BONIFACIO
al

215
questo nostro vec;

Torraca non venne mai in mente

di aprire

chio cinquecentista, contemporaneo ed amico del Sannazaro del quale ci fornisce, per giunta, parecchie notizie non disprezzabili?
Egli avrebbe arricchito

lora del qicatirocento,


tati tutti quegli errori,

il

non pi alsuo studio su i Riraatori, di altri madrigali di Dragonetto, ed evigli

che

andiam rimproverando.

Di tutte le rime inedite di Dragonetto, contenute nei due codici fiorentini, riferiamo qui sotto solamente i madrigali tralasciati dal
lui,

Trucchi, comprendendovi perch nel cod. ha dieci versi

il

primo dei pubblicati da


pi
!

di

(1). I

primi tre sono


codici,

tolti

dal cod. laurenz.-strozz., l'ultimo dal magliab. Del primo e


i

del secondo madrigale, che sono in tutti e due


in nota le

diamo
(2).

poche varianti che

ci offre

il

magliabechiano

I.

Pensier

cangia viaggio
;

frena V audace corso et piega l'ale

che quel che brami tu, non mortale! Volgiti indietro et guarda
,

quanto

sei tu dal

mio

stato diviso!

Io resto in terra; et tu nel paradiso

cerchi salir, per via dannosa

&

tarda.

Pochi son quei che


gradisce a
tal'

'1

ciel
. .

largo et cortese

imprese

10

Ma

che pari' io?; non meglio

il

morire,

che il viver senz' ardire ? Et pria non salir se poscia caggio Pensier dura viaggio
,
;

sprona Taudace corso 15


eh' poca gloria

et spiega

1'

ale
!

amar cosa mortale

(1)

Ecco

le

poche varianti che offrono


l,

tre madrigali, stampati dal Trucchi,

in confronto col cod. laurenz.-strozz.:

nel Tr.

ueme. III (2) La copia


,

Il,

3 Et 4 Et se 2 Talentar 6 ornare

5 da taV hor o

et

8 coni 11-20 Mancano 7 ancor 9 16 Et 9 Lassate 10 Hoggi.


l'

e*

?ia-

di questi e degli altri madrigali, pubblicati dal

Tracchi , mi

fu anche favorita cortesemente dal Morpurgo.

Dal cod. lanrenz.-strozz. 182, che indico con L, f. 21*. anche nel ci. VII, 9, 720 (f. 95i>), che indico con M, con queste varianti: 4 Volgite 9 tali i. 11 senza a.
I.

magliab.

, ,

,, , ,

216

E.

PRGOPO
II.

Qual fu, sorte o destino preghiere d' amanti o altrui ventura scoprir quel che Natura,
per dar al

mondo
1'

f'

mendico

il

cielo

Quando da
volgendo
,

aurea testa
rimosse un aureo velo
'1

si

apparve manifesta
quella belt, che a pena co'

pensiero
!

pinger

10

pu n mai si vidde invero Amor, in mezzo il ricco et bel tesoro,


si
,

hor stava intento ad indorar suoi hor fea vento con 1' ali
per veder ondeggiar
et poscia

strali;

le bionde chiome ne tessea vago lavoro.

15

Et dalle

fila d'

oro
vite et mille

pendeano mille

speme

mille dubbiose teme


et di varii desij diverse some.

20

Chi spiasse che f' chi fu presente non pu dir lingua , n pensar la mente.
HI.

In dir che siete bella,

scemon

le vostre lode
,

Madonna et me riprende ogn' huom che m' Non nome conforme a quel che siete
;

ode.

non
pi
i

so che cosa h avete


dell'

human,

pi del divino ancora:


,

capei dell' aurora

gli occhi del sol, la fronte della luna.

Et se beltate alcuna 10

inmaginar

si

pu
,

che non

si

vede
I

la veggio in voi

eh' ogni bellezza excede

N
13

pi bella di voi esser potria

se belt havessi

forma e legiadria.

Dal cod. L, f 21^. anche in M, {." 97, con le varianti 2 pregiere 9 se pu 11 soi strali 20 ma pensar la m. Fu pubblicato dal Trucchi, Op. cit., Ili, p. 122, ma solamente nei suoi primi dieci versi. fo 32^. Il primo ed il secondo vs. nel cod. ne formano III. Dal cod. L semplicemente. Nel 5" vs. il ms. un solo. Il me del 3 vs. nel cod. legge ne'n. Nel 6o vs. il cod. ha humano. Il 7 nel cod. si legge cos: I capei
II.
:

ffli occhi del sole, che, oltre ad esser pi lungo d'una sillaba, guasterebbe l'ordine delle rime (aabbccddee). Questo madr., che nel cod. ha in fronte il solito D, dato come cosa del Tansillo in tutte le edizioni delle sue

dall'aurora,

poesie liriche.

Ma

poich tutte copismo la prima (Bologna, 1711), uscita un se-

,, ,

, ,

, ,

DRAGONETTO BONIFACIO
IV.

217

Chi vuol veder con g' occhij quanto pu desiar vago pensiero
mirj voi fiso : et vedr tult"
sotto d'
il

cielo

un

fosco velo.

Ivi si

vede

Amor

fra

'1

bianco e

'1

nero

di voi dolersi et gloriarsi

insieme

et qual chi

brama

et

teme
d'

per non uscir pi mai


s'

albergo tale
,

ha spennacchiato

1'

ale

10

et sue saette in s stesso contorse

per non far degno altrui di

si

bel colpo!

Ond'

io lo scuso et scolpo

che per voi


se vendetta

15
17

Ma
che

sol di

sta di s medesm' in forse non fa del vostr' orgoglio. me mi doglio

"1 mio signor per dimorarv' appresso non ha cura di me , n di s stesso.

V.
Tutt'
il

valor del ciel. Madonna, in voi,

et de gli effetti suoi

ne mostra alcun in voi, maggior gremdezzai Vostra belt non si p dir bellezza, ma Gratie, che nel ciel son rade et sole.

Non
son

d' or
tai

o perle
1'

rose o di viole,
1'

capei

aurora in
1'

orizonte

'1

sole hai nella fronte


infinite stelle!

et ne' begli occhi

Dell' altre cose in voi

che son pi belle

chi potria raccontar la liggiadria?

12

Et pi par che ve sia Diana in mezo al cor, "Venere in

volto.

Hor, chi sark quel stolto, com' Icaro al desio che sol avanza,
16
in dir son vostro sin vostra speranza.

colo e mezzo dopo la morte del Tansillo, questa attribuzione

non ha che
12
il

po-

chissimo valore.
IV. Dal cod.
spolpo.

M,

f.

98'.

Nel

vs. 11

il

cod.

degn\ Nel
97b.
13.

vs.

cod. legge

V.
6. Il

nel cod. magliab. VII

ma. cToro p. 15. 11 ms. ahanza.

720

f.

7.

11

ms. capegli.

1.

Il

ms.

madonn.
Vener.

nas.

in mez'.

16.

Non

riesco a correggere.

218

E.
i

PRCOPO
(1):

Ecco ora

madrigali conservatici dal Luna


I.

Quanto se vede in
sott'il

terra,

cerchio de l'errante luna,

se
al

'1 pensier mio non erra, paragone nulla

dell'estrema belt, ch'in voi s'aduna;

ch'amor in bei vostr'occhi se trastulla. Talch voi sola havete fama e grida
di bellezza infinita,

ch'ai morti porge refrigerio e vita.

Che

ciel,

che paradiso cos

bello,

com' l'alma belt, di cui favello?

Anzi ve dico

pi, per cosa vera,

e pareravvi, a dirla, troppo altera:

che non altro

ciel

n paradiso,

salvo che di mirar vostro bel viso!

II.

Nulla cosa m'offende,


nulla cosa m'occide,
si

non quando mia donna parla o


poi tardo m'adveggio,
sott' il riso suo,

ride,

Ma
che

d'inganno pieno,

s'asconde

un

tal veleno,

che ratto corro a morte a poco a poco,

come farfalla al foco. amor inusitato, ahi crudel foco! Se '1 riso di mia donna in me pu tanto, hor che fia, dunque, un suo corruccio o pianto?
111.

Egli ben ver, Madonna, egli ben vero,


ch'ai

mondo non

fu

mai tanta bellezza

quant' la vostra angelica beltade.

Ma
(1)

che vi vai?; ch'ogn'un biasma e disprezza

Ho

creduto bene di ripubblicarli qui, e perch nulla manchi a questo

scritto sui Bonifacio, e

perch l'opuscolo, in cui uscirono

la

prima

volta, fu

galisti.

Madririmando per le varianti e le correzioni fatte alla lezione data dal Tocabulario, com'anche per le rubriche, che ivi precedono ciascun
tirato a

pochi esemplari. Seguo in tutto la lezione data da

me

nei

Ad

essi

madrigale.

DRAGONETTO BONIFACIO
l'estrema crudeltade,

219

ch'alberga in vostro petto, arido e

fiero.

s' cosi,

che sete acerba e

fella,

saria miglior per voi

non esser

bella!

IV

(1).

Madonna, qual certezza haver si pu maggior del mio gran foco, che veder consumarme a poco a poco? Ahi me , non v'accorgete
!

che, per mirarve

fiso,

son tanto col pensier da


Lasso!,

me

diviso,

che trasformar mi sento in quel, che sete?

non v'accorgete,

che, poscia ch'io fui preso al vostro laccio,


arroscio, inpalledisco, ardo et aghiaccio?

Donque,

si ci

vedete.

Madonna, qual certezza haver si pu maggior del mio gran foco, che veder consumarme a poco a poco?

Amor mi
et

fa morire,

pur

il

vo' sequire.
il

Non

gran duolo
i'

mio, gravoso e forte,

conoscer, eh'

vo' dietro alla

mia morte?

Sotto a che dura sorte

nacqui nel mondo, che morir


et abbracciar

me

sento,

mi piace un
il
'1

tal

tormento?
lamento,
molesto:

Voi, eh' ascoltate


ditel,

mio
dir

tristo

per dio!, se

non

v'

non miracol questo: ch'amor mi fa morire et pur il vo sequire?

(1)

Questo madrigale

si

trova nelle Satire e

con annotazioni, Firenze, presso G. Molini,


p. 313.

Rime di Lodovico Ariosto MDCCCXXII, p. 451, e poi nelle

Opere minori di L. Ariosto (ediz. Folidori), Firenze, Le Mounier, 1857, Il MoLiNi dice semplicemente (Op. cit., p. 449) di averlo ricavato dal codice magliabechiano ci. VII n 360 , ove attribuito all' Ariosto. Ecco quanto posso dire su questo codice fiorentino: Nel Magliab. VII, 360, dopo una serie di rime d'Incerti Authori (e. 15-21) leggesi della stessa mano che scrisse tutto il cod., e a mezzo della pagina come per gli altri autori
, ,
:

220

E.

PRCOPO
VI.

Madonna,
bellezze al

i'

veggio e provo

mondo nove;
bel seren, fulgente sole,

talch, s'ogni notturna e chiara stella


fusse, in

un

sareste sola voi assai pi bella.

Ma
che,

scema la belt quell'esser si ben v'accorgete,


si

fella

assai crudel voi sete.

Ma

non fosse

in voi tanta durezza,

sarebbe assai maggior vostra bellezza.

VII

(1).

Madonna,

i'

non so

far tante parole!:

voi volete o no. Si voi volete,

oprate al gran bisogno

il

vostro senno,

che voi sarrete intesa per un cenno. E si d'un, che sempre arde, pur ve dole,

un presto si o no li respondete. Si serra un si, io scriverovvi in rima; quando che no, amici come prima voi cercherete un altro amante, et io, si non posso esser vostro, sarr mio!
!

Altro che

petrarchismo! pare quasi

di

sentire quella
di

fran-

chezza, cos maschia e simpatica, di alcune rime

Francesco

M. Lodouico

Ariosto.

sotto ,

il

madrigale

Madonna guai
d'

certezza.

Seguono poi altri quattro madrigali senza indicazione


salvo forse un sonetto

autore, e poi

un

sonetto e altre cose del Barignano etc; tutte cose, le anonime, che non
credo dell'Ariosto
.
,
,

al quale

precedono

le iniziali

L.

M. A.

e che

il

Molini

infatti

pubblic

come

dell' Ariosto.

Cosi

il

prof.

Luigi Gentile in una descrizione del cod. in questione, favoritami gen-

tilmente dal prof. A. Zenatti.


in questo suo madr.
togliere

Se non
dalle

che

il

qual, riferendo questo madrigale dice chiaramente


.

Luna, nel Vocabulario, sotto Cos il gran Bonifacio


:

Una

tale testimonianza pi

che sufficiente a far


,

questo
il

componimento

rime autentiche del ferrarese

fra le

quali l'inser

Polidori! Oltre a ci, la somiglianza fra questo e gli altri


i

madrigali del Bonifacio, parla assai chiaro. Gfr.


(1)

miei Madrigalisti, pp. 10-11.


p.

Fu

gi pubblicato dal

Ma

la lezione dataci dal

Torraga, Rimatori, Luna molto migliore.

38, come avvertimmo.


i

Gfr.

miei Madrigalisti^

pp. 10-11.

DRAGONETTO BONIFACIO Bemi! Dragonetto

221

nei madrigali s' interamente liberato dalla

essi, a canto ad una squisita gentilezza ed ad un fare spigliato e signorile, naturale in lui sin dalla nascita, e perfezionatosi poi per l'educazione e gli studi, si nota

sua malattia giovenile. In

un' arguzia ed una vivacit, del tutto nuove in questo genere di

componimenti. In

altri termini,

pare che

il

Bonifacio sia
il

uno

dei

madrigale campagnuolo rustico del secolo XUI e del XR'^-XV, che aveva per scena sempre o la campagna o le rive d'un fiume, nel madrigale
cittadino, o

primi fra quei cinquecentisti, che trasformarono

cortigiano, dedicato alle

sale del cinquecento. Egli fece

anche

scolari

madanTie delle splendide un Celio Friscarolo,


:

che, oltre al genere di poesia, ebbe, forse,

comune con Dragoanche

netto anche
tali
il

una

vita brevissima, di questi (1); e sarebber

Gapanio e l'Agamennon, di cui il Torraca, pubblicando alcuni madrigali, notava la molta somiglianza con quelli del Bonifacio (2) se si sapesse verso qual tempo son vissuti.
;

Alcuni, veramente, ne biasimarono la lingua. L'Ammirato, per

esempio, dice che Dragonetto fu molto chiaro per hauere scritto


madrigali secondo la natura di pieni di concetti: l'intera purit,
altro giusta,

quel

poema molto

arguti

&

come che

la

lingua non hauesse hauuto quel-

& vaghezza che si richiede (3). L'accusa, per andrebbe a cadere anche sul Sannazaro e sul Chariteo, se di questi si avessero fra le mani, pi che le toscaneggianti, le prime stampe originali.

IV.

Dopo

di

aver

letti

madrigali, che ora

sommano,

tra quelli

pubblicati dal Torraca, quelli dei due codici fiorentini e gli altri

conservatici dal Luna,

appena a venticinque, solo


fine di

spiegarsi quell'ammirazione pi che superlativa,


influ

non poco

la

prematura

quale Dragonetto, che troviamo


alla

possibile

(1)

Di lui

il

Luna
i

ci

consen'a due madrigali ed un frammento, e lo chiama

sempre

infelice e povero., e poi

non manco dottore che poeta volgare e


p. 23.
p. 39.

latino. Cfr.
(2) Cos

miei Madrigalisti,
il

crede

Torraca

Rimatori,

Allora n anche questi due

sarebbero quattrocentisti!
(3)

Op.

cit.,

p. 78.

222
in tutte le testimonianze

E.

PRCOPO

che di lui ci lasciarono i contemporanei. Perci abbiam creduto meglio di riferirle qui, in fine, dopo di
avere, per cos dire, preparato
il lettore che darle quando ci presentava pi opportuna l'occasione. Allora si correva quasi di non farle tenere nel debito conto, o, forse forse, rischio
;

si
il

di

far sorridere scetticamente qualcuno.

Ed apriamo
altro, ci si

la

serie

con quelle degli amici. Prima

d'

ogni

presenta quel Cosimo Anisio, medico ed umanista,

come

il

Galateo, fratello del pi celebre abate Giano.


illustri suoi

Fra

molti

epigrammi diretti ai pi uno al nostro (1):

contemporanei, ne troviamo

Ad Draconettum

Bonifacium.

Quando tu numero tuos amores, Et Tusco canis & canis Latino, Argute lepideque c eleganter D'aconette, ideo meos furores
,

Committo tibi perlihenter; atqui Tanto deteriora persecutus,

Quantum

tu specie atque ionore praestas.

Vien poi il nostro Fabricio Luna, l'amico pi fedele, il compagno di scuola che non dimentic mai il suo Dragonetto. A lui si deve veramente, se ora noi possiam rimettere il Bonifacio al
primi cinquecentisti napolitani. Non sar, perci, segno della nostra riconoscenza, se ci permettiamo che un piccolo di ripetere quelle tenere parole, con cui, sempre che gli si presenti l'occasione, sa circondare il caro nome del suo infelice amico. E si ricorderanno, certo, quelle gi riferite da noi in principio di suo posto fra
i

questo scritto
Dragonetto,

Dragonetto Bonifacio,

Marchese

di l'Oria, socio

mio, anci S[ignore], nella schola del gran Summontio, a cui

Parche perdonavano, Sebetho e la sua Sirena havriano forsi inalzato il capo sopra di Tebbro & Ascra. Avete inteso appena Grecia e Roma quanto all' Arno, non lo nomina neppure! Ed altrove: quell'infelice e gran Bonitacio; quel buon mio signor Bonifatio ; il gran Bonifacio ; il
si le
: ;

Joannem Sultzbacchium (1) Cosmi Anysii, Poemata. In fine: Neapoliper Hagenovensem Germanum, anno 1533, Regnante Carolo V imperatore
invictissimo.

L'epigramma

cit.

a p. 41 r.

DRAGONETTO BONIFACIO

li

223
quel nostro

buon Bonifacio
letano
(1).

il

gran Bonifacio

Napodi

tutti questi aggettivi

possono esser tacciati

adulazione o di abituale esagerazione; che, quanto alla prima,

Dragonetto era morto, e il fratello Giovan Bernardino, ed il padre loro, Roberto, non son mai ricordati dal Luna, che suole ricordar continuamente tanti altri oscurissirai, senza per quegli aggettivi
:

dunque adulazione non . Che sia esagerazione, poi, non pare: perch egli dovrebbe mantener l'istesso uso per gli altri, eguali o maggiori di Dragonetto, che vien nominando. Eppure egli dice secco secco il Sarafino, il mio o il bon Tantillo di Nola , il mio Gravina , il bon Summontio , il signor Jacomo Sannazaro o il bon o il nostro Sannazaro ; ed a pena due volte il gran Fontano ed una volta sola il gran Summontio , il gran Sannazaro , il grande Jano Parrhasio Con:

sentino, ecc.

(2).

Ed anche come testimonianza


nere quelle pietose parole, che
valos,

di
il

un suo amico

si

posson

rite-

Giovio fa dire ad Alfonso d"Alui poeta, e

marchese del Vasto, anche

non

degli ultimi
(3). Il

del suo tempo; e certamente amico di Dragonetto

quale,

dopo aver ricordati molti dei poeti napolitani, suoi contemporanei, esce a dir questo del Bonifacio: Sed certe mihi, oc ommbics

nuper triste stci desiderium relquit DraconPoeta divinae inventionis omnino, et juvenum ingerdi jucunditate florentlssimus, proh dolor ! ex equi tapsu acerbissima morte surveptus. Siculi etiam per hos dies apud Caesarem Feramosca in Campania. Martellium Florentinum ipso aetatis flore occidisse audivimus, quo nemo in am/i t/jHis lusibus hlandius atque subtilius lascivivit, neno heroica attigit gratius atque liinpidius > (4). Un altro amico suo fu Veximio poeta Antonino Lenio Salen* Neapolitanis

nettus (sic)

(1)

Per
17

le citazioni del
n.,

Luna,
21 n.

efr.

miei Madrigalisti, pp. 14

n.,

15

n.,

16

n.,

19

n.,

20

n.,

(2)

Per queste citazioni rimando


il

Cfr. la n. a p. 198. Oltre


latine.

mio spoglio del Vocahulario del Luna. il Luna lasci un volume di poesie In esso certamente far menzione di Dragonetto. Ma sinora non mi
al

Vocabulario,

riuscito di trovarlo.

le lettere,

Del D'Avalos aveva raccolte, per pubblicarle, tutte le poesie e tutte con le testimonianze dei contemporanei, il Meola; ma non furono poi mai date alle stampe. Questa raccolta si conserva ora nella Nazionale
(3)

di Napoli, col
(4)

n" XIII. D. 22.

Op.

cit., 1. cit.

,,

224
tino,

E.

PRCOPO

il quale nel suo Oronte gigante, lib. Ili, cap. V (1), dopo aver nominato, ad imitazione del quarantesimosesto dell'Orlando furioso e di altri poemi cinquecentisti (2), alcuni poeti suoi contemporanei, in ispecie napolitani, come il Fontano (st. 11),

di

l'abate Anisio

(st.

13),
(st.

il

Sannazaro
altri

(st.

14),

l'Epicuro

(st.

15),

Bernardino Rota

17) ed

molti,

nell'ottava 24=^ esce

far questo elogio del nostro rimatore: Seguevi Dragonetto,


el

Bonifacio,

che proprio per ben far da '1 Giel discese, ma mentre di Calliope ingordo, insacio,
drizzava el spirto a pi sublim' imprese,

vedendo de virt farse


de piet vinto,

tal stracio,

el torto si l'offese,

che ritorn sdegnoso alla sua stella; n '1 mondo merit un'alma s bella!

teche

Questo poema rarissimo, e quasi irreperibile, manca a tutte le bibliod'Italia, come a quelle di Venezia, di Milano, di Firenze e di Napoli e mi fu dato di trovarlo solamente nella biblioteca Vittorio Emanuele di
(1)
;

Roma. Debbo

alla cortesia del sig. Italo Palmarini, dell'Alessandrina di


,

Roma,
accen-

la trascrizione dell'ottava, riferentesi al Bonifacio, e di altre molte

nanti a poeti napolitani, che pubblicher in altra occasione, con gli opportuni

comenti. Un'altra copia di questo poema deve trovarsi nella biblioteca messa

insieme da D. Gaetano Melzi


dalla descrizione fattane
,

ora del figlio D. Alessandro

come
ecc.,

si

rileva
,

sur

un proprio esemplare
in

dal Melzi-Tosi

Bi-

Milano Daelli, MDGGCLXV, pp. 190-1: Oronte gigante de leximio. poeta Antonino Lenio Salentino. Continente le Battaglie del Re di Persia <& del Re de Scythia fatte per Amor de la figliola del Re de Troia. Capitani de Perse
versi e in

bliografia dei

romanzi di cavalleria

prosa

Rinaldo ed de Scyte Orlando [cose belle et none con additione de le battaglie fatte per Amor de la figlia del Re Panerete in Nabathea et certe
amorose']. In fine Finisse el Tertio <& ultim.o libro del Gigante Oronte [Composto per lo Eximio poeta Antonino Lenio Salentino. Nouam,ent\ stampato in lynclita Citta di Vinegia. In casa de Aurelio Pincio Veneto, ad istantia de Christophoro dito Stampon libraro e conpagni. Ne li ani del Signor 1531. del mese de Nouembre. Quella parte del titolo, chiusa
:

Epigrme

in parentesi
coi. 977.

manca

al Melzi-Tosi

ed presa dal
cit.,

Brunet
III,
i,

Manuel,

III

255 sgg. (2) Vedi un elenco di questi poemi del sec. XVI, contenenti enumerazioni meno lunghe di poeti contemporanei nel Gian Un decennio della pi vita di m. Pietro Bembo, Torino, Loescher, 1885, p. 229, e nel Renier,
Sul Lenio
cfr.

anche

il

Tafuri, Op.

pp.

Notizia di

un poema

inedito napolitano
,

in questo

Giorn.

Vili

p.

257.
di

Se ne trovano, per

altro

anche nei poemi

in vernacolo napolitano.

Ma

ci in altra occasione.

DRAGONETTO BONIFACIO

225

Francesco Baldelli, in una lettera Allo illustrissimo signcrre, signor Bernardino Bonifacio Marchese d'OiHa, con cui gli il dedica una sua traduzione, dopo di aver detto che la casa de Bonifacti non solamente tra tutte le case di Napoli era yer nobilt di sangue & per gloria eccellente, ma tra tutte appresso

pi nobil case d'Italia: & che da essa son uenuti sempre SignoiH nelle cose della guei^a & in tutte Valtr arti, & honesti studi eccellenti, <& ualorosi; aggiunge tutto questo sul fi^ Tra i quali non si potrebbe giaraai basteuolmente lodare tello il generosissimo S. Dragonetto fratello u ostro, Signor ualoris Simo & dottissimo. Di cui uolendo raccontar le lodi sarebbe non altrimenti, che uolere annouerare le stelle del Cielo l'arene del Mare, & le piante della Terra. Percioche egli non per la nobilita & ualore suo solamente; ma per la chiara scienza & per l'ageuolezza de suoi costumi fu in nero huomo rarissimo. Et non solamente fu il primo, che in Napoli scriuesse madri gali, ma molto meglio ne scrisse di gran lunga, che ogn'altro; * onde si pu meritamente dire, che molto gli debbano esser'o bligati i uirtuosi hauendo egli mostrato altrui la uia di farsi
te
:

eccellente

in

si
il

fatta

maniera

di
di

scriuere.

Io

non istimo
lui si

gi S. mio, che

lungo ragionare

vostro fratello ui debba

apportar sdegno, atteso, che quelle


tutte tornano in honor uostro ecc.

lodi,
(1).

che a

danno

E Lodovico
Bonifiacio,

Dolce accenna a Dragonetto non


!

meno

di tre volte,

e in tre opere dififerenti

Nella dedicatoria a Giovan Bernardino

genia

premessa alla prima edizione di una sua tragedia, 17/?dopo aver lodato la virt di G-iovanni, esce a dir questo di Dragonetto: A chi non nota la divinit dello in gegno e la eccellenza negli studi delle belle discipline, che fiorivano nel signor Dragontino di V. S. fratello ? il quale nella sua pi verde giovanezza era pervenuto a tanta perfettione
(.2),

(1) F1L.OSTRAT0 Lemnio, Della vita di Apollonio Tianeo, tradotto per Messer Francesco Baldelli ecc. In Fiorenza, appresso Lorenzo Torrentino,

MDXLIX.
Giolito de' Ferrari e fratelli

Tragedia di M. Lodotico Dolce, In Vinegia, appresso Gabriel MDLI. La dedicatoria ha la data Di Venetia il di primo di Marzo i55i. Debbo queste indicazioni e la copia del brano riferito nel testo alla cortesia del dr. Vittorio Rossi. Si trova anche nelle
(2) Ifigenia
,

Dedicatorie di ditterai,

lib.

XllI

f.

19 e

XV,

f.

21

r. Gfr.

Mazzvchelli,

Op.

cit., 1.

cit.
itorieo, X, Cmc.

OittmaU

28-.

15

226
di poesia, che
'1

E.

PRCOPO
ninno
pi

gran

Sannazaro, che

amare, et

honorar soleva, confessava essere da lui di gran spatio lasciato

anche a Giovan BernarLodovico Pasquale, di Giulio Camillo, del Molza e d'altri, stampate in Venezia dal suo Giolito, dopo aver accennato all'eterno culto per la poesia ed all'amore di Bernardino per questa, e nominati alcuni poeti napolitani,
a dietro
.

in un' altra dedicatoria,


lui le poesie di

dino,

mandando a

ripete quasi queste stesse parole,

ma

traducendole in

latino,

su

Dragonetto

Sed id profecto non solum urbis, verum

praestantissimae tuae familiae est numus il dono Nam ut ceteros omittam, quid doctissimo fratre tuo Dragoneto elegantius, cultius, aut expolitius an tiquitas habuit? Nonne illud Sannazarii obstupescentis di della poesia.

quum

anti-

cium, invida

paVmam
illa

sibi a Dragoneto ereptam videri ? Sed mors quidem gloriae et virtuii tanti ingenii, eum

< primo iuventuiis flore eripuit, ut vivit ipse et clarus volitat per ora OTunium (1). E l'istesso paragone, fra Dragonetto e l'antichit, ritorna in una terza dedicatoria del Dolce, premessa alla raccolta delle Rime di diuersi signori napolitani ecc., che citammo pi sopra. In questa, che una lettera Al magnifico e valoroso signor Mattheo Montenero gentilhuomo

genovese,

il

Dolce vuol dimostrare

che la sua et nella eccellenza d'ogni virt si possa ragioneuolmente paragonare all'antica. Egli, allora, dopo di aver affermato che ai grandi pittori dell'antichit si potevan benissimo contrapporre, fra i moderni, un Michelangiolo, un Raffaello, un Giorgio da Castelfranco, un Polidoro, un Antonio da Correggio, un Francesco Parmigiano, un Antonio da Pordenone e in fine un Tiziano, soggiunge Taccio le altre arti, e vengo alla Poesia. A quale de gli antichi Poeti non me rita d'esser paragonato l'Ariosto ? A quale il Bembo, il Sannacatorie dei cinquecentisti,
:

luogo comune delle dedi-

Jvlii Gamilli Molsae et aliorum illustrium (1) Ludovici Pascalis poetarum carmina ad illvstriss. et doctiss. Marchionem Auriae Bernardinum Bonifatium per Ludouicum Dulcium nunc primum in lucem aedita, Venetiis, apud Gabrielem Jolitvm et fratres de Ferrariis, MDLI. La lettera
, ,
, ,

dedicatoria ha questo titolo: Ulustriss. et doctiss. pr. Joanni

Bernardino

Calendas septembris Bonifatio Marchiani Auriae; con la data: Venetiis, MDLI. Anche queste indicazioni e la copia del brano, riferito nel testo, mi
furon favorite gentilmente dal
dr. Vitt. Rossi. Gfr. I'Volpi,

Vita del Sannazaro


cit.,
l.

premessa

ai

Poemata,

ediz. comin., p.

xv

n., e

il

Caballero, Op.

cit.

DRAGONETTO BONIFACIO
zaro,

227
quale per quel breve
di tutti
i

&

il

Signor Dragonetto Bonifatio


si

il

spatio di tempo, ch'e' visse, ottenne la Poeti Latini, e

palma

miglior

mostr molto degno dell'illustriss. sangue del < mio gran Signore il S. Gio. Bernardino Bonifatio Marchese * d'Oria: Signore Magnanimo, & adorno di tutte le scienze ecc. (1).

Veramente, non c' male: vicino all'Ariosto, al Bembo ed al Sannazzaro Altro che un oscuro ed ignoto rimatore quattrocentista E un nuovo paragone fra Dragonetto ed i poeti dell'antichit, veramente un po' strano, vien fatto dall'Ammirato in riguardo della stranissima morte di Dragonetto, che, secondo lui, avvenne per un violento fummo d'un potentissima veleno, che egli faceva stillare. Ecco ora quali considerazioni vi fa sopra il canonico leccese: Forse per aggiugnere nel numero de poeti Toscani con cos spetial modo di morte nuouo esempio alle singolari, & stranissime morti d'Eschilo, d'Homero, d'Euripide, < di Sofocle, di Pindaro, & d'Anacreonte sommi, & eccellenti poeti greci: De quali il primo d'una testu^ine che gli cadde in sul capo, il secondo di dispiacere di non hauer potuto sciorre un
!

dubbio propostogli,

il

terzo di morsi di cani,

il

quarto
il

d'alle-

grezza d'una sentenza datagli in fauor d'una tragedia, in

quinto

grembo

di

d'uua passa

persona che amaua, e l'ultimo affogato d'un granel morirono (2).

Ora possiamo ben spiegarci

la superiorit di
;

Dragonetto su

ri-

matori creduti suoi contemporanei

ora comprendiamo bene che

madrigali di Dragonetto superino, di leggiadria, tutte le com(3).

posizioni de' suoi contemporanei napoletani

certamente;

quando, fra que' rozzi rimatori ed


secolo, in cui eran vissuti

un bel un Sannazaro, un Giovan Francesco Cail

Bonifacio, corse quasi

racciolo

(4),

un Chariteo, per non

citare che

pi celebri.

quali,

(1)

Vedi
Op.

la n. 1
cit.,
1.

p. 208.

(2)
(3) (4)

cit.

ToRRACA, Rimatori, p. 39. Su questo quattrocentista napolitano cfr. Torraca. .co., p. 336 n., e Renier , Notizia di un poema inedito napolitano (in questo Giornale Vili, pp. 256-57). Su di esso preparo uno studio bi(^Tafico-critico.
-^

228
se

E.

PRGOPO

la lingua, tra dialettale e letteraria,

avevano grandemente studiato i toscani, dirozzando che allora era in uso nella corte aragonese, e ingentilendo il gusto. Dopo V Arcadia e i cannon
altro,

zonieri dei tre pi celebri quattrocentisti napolitani, erano possibili


i

madrigali di Dragonetto

ma non

prima.

E anche

noi cre-

diamo, ora, col Torraca, che sotto qualcuno di essi [madrigali] non esiterebbero a porre la propria firma scrittori pi valenti tra gli altri il Sannazaro. Non gi perch il Sannazaro e

gli altri,

preceduti dal nostro Bonifacio, quasi quasi non furon

perch Dragonetto, venuto dopo di essi, di molte e gravi difficolt, ed evit quegli errori in cui eran caduti i suoi amici predecessori. N pi, ora, pu rimanere inalterato quel periodo del Torraca, in cui egli riassume il suo giudizio sulle composizioni del Bonifacio Dragonetto si compiace troppo di concettini, vero ma si tiene abbastanza lontano dalle gonfiezze, per le quali il Ga riteo e Serafino Aquilano meritarono esser chiamati Seicentisti del Quattrocento. Oltre a ci, va ricordato, a sua lode, ch'egli fu uno de' primi, forse il primo napoletano, il quale verseg glasse con facilit, maneggiando speditamente la lingua let teraria, senza lasciarvi penetrare, tranne rare volte, il diabuoni a superarlo;
trov la via gi sgombra
: ;

ma

letto

(1).
si

Che Dragonetto

compiaccia di concettini, evitando le stra-

nezze dei secentisti del quattrocento, quando, essendo stato preceduto dal Chariteo e da Serafino Aquilano, avrebbe potuto essere

soverchiamente gonfio, un merito di pi che ora bisogna francamente concedere al suo ingegno; che se, invece, avendo preceduto lui que' cosi detti secentisti, si fosse tenuto lontano da tutti que' difetti, che egli non poteva conoscere Senza dubbio, non macchiarsi d'un vizio, quando lo si conosca, un pi gran merito,
!

Ch'egli, poi, fosse uno de'primi, primo napoletano, che verseggiasse e scrivesse bene, non pare che si possa pi dire ora (2). Di tutti i rimatori nominati

che se

lo si ignori del tutto.


il

forse

(1)

(2) Il

Torraca, Rimatori, p. 30. Torraca, naturalmente dopo quello che aveva


,

asserito nei

Rima-

lori, colloc,

citando s stesso, fra


il

fra le rime di quelli,

primi quattrocentisti napolitani, e riport, madrigale Bai d ch'io vidi i vostri occhi Ugiadri
i
:

del nostro Dragonetto,

nel
I,

renze, Sansoni, 1886), voi.

suo recente Manuale della letterat. ital. (Fi2 ediz., pp. 468-69. inutile dire che questo

DRAGONETTO BONIFACIO

229

dal Torraca, cos di quelli creduti contemporanei del Bonifacio, come degli altri creduti suoi successori, quasi a farlo apposta,

Dragonetto l'ultimo! Se verseggi con


lingua

facilit,

e adoper una
colleghi
del

meno

dialettale di quella

dei

supposti suoi
le

grandi maraviglie, n secolo precedente, non pi da farne merito alcuno. Dopo il famoso triumvirato da tributargliene quattrocentista, che signoreggi in Napoli, fra gli ultimi decenni
del secolo decimoquinto ed i primi del decimosesto, un ingegno alquanto originale, arguto e gentile, anche volendolo, non avrebbe

potuto fare altrimenti

Erasmo Prcopo.

APPENDICE
V

SONETTI INEDITI

DI

DRAGONETTO BONIFACIO

[Dal cod. laurenz.-strozz. 182].

I.

che pur

Phebo

fianmeggiando intorno
ti

f.

IS^

dal vago tuo balcon


se di

mostri fore

qua torni ogn' hor con disonore


vergognia

et pien d' invidia, di

&

scorno?
19*

Deh ferma,

in ciel, l'eterno tuo soggiorno;


f.

che del mio pi bel Sol l'almo splendore


pinge d'altro color ogn' herba et
et con pi
fiore,

lume ne riporta

il

giorno!

errore andrebbe corretto al pi presto, in una prossima edizione: tanto pi

che
(1)

il

libro fatto per le scuole.


.

Diamo qui in nota le pochissime varianti del magliab. VII 9, 720, che contiene, come dicemmo, eccetto il Y, tutti gli altri sonetti del laurenz.strozz., facendole precedere dalla solita M. I, 1. Il ms. ed M (f." 234b) aggiungono un uai dopo fianmeggiando. che
,

fu poi cancellato con

una

lineetta di traverso.

3.

si

dacqua.

14.

Il

ms. guest'.

230
9

E.

PERGOPO

Non fan
ma,
illustra

mistier tuoi raggi in occidente;

se di luce parte in te si serra,

pur

il

mondo

in oriente!

12
14

Non
Duo

consentir pi, Giove, a tanta guerra!

soli,

homai,

soffrir

non pu

la gente:

tienti tu quello, in ciel; noi questo, in terra!

II.

riCCO, ch'io torno al

mio primo

lavoro,

f.

18b

perch fama sperar non posso altronde;


3

hor siano

al

mentre
Et 6

la

mio desir l'aure seconde, mia pictura inperlo e inoro!

tu, verde, fiorito, altero alloro

scaccia la nebbia, homai, che

mi nasconde

l'idolo mio, dipinto in le tue fronde:

ch'altro

non amo,

et altro

non adoro!
s

Spero di te formar opre

belle,

12
14

non per mio, no, ma per tuo gran valore, che mai s facte non ritrasse Apelle! Per tuct'il mondo spargerai l'odore, et la tua cima andr fino alle stelle: che di tua propria man t'adorna Amore!

III.

be
3

quel ch'appresso la solinga riva

f.* 191>

di Sorga, in chiusa valle,

hor pianse, hor scripse,

mentre pi vago di sua pianta visse, quando fu verga, o quand'olia fioriva;


havessi visto all'hor quest'altra viva,

mutando

le

sue voglie ingorde et

fisse,

detto n'havria pi che dell'altra disse;

onde quella saria


9

di gloria priva.

Ma
diede

qual stella difforme o rio destino


s

eterno et nobile sostegno

ad un lauro selvaggio et peregrino;


12
et questo,

tale

che

fiorir fu

degnio

nel bel paese che parte Apennino!

14

hebbe, non so perch, mio frale ingegno?

Il,
Ili,

4.

M
Il

(f 96) in perle.

2.

ms. chiuse,

ma

'SI

(f.

116^) chiusa.

12. Il

ms. questi.

Il

vs.

pu anche leggersi: Et questo

tale,

che ecc.

DRAGONETTO BONIFACIO

231

IV.

Lasso'.,

che ripensando

al

tempo breve

f.

20^

di questa vita,

languida et mortale,

et la

come con suoi colpi ogn'hora assale mente a quei, che meno assalir deve:
divento quasi al sol tepida neve,
vale,
l'ale,

n speme alcuna a consolar mi


il

ch'essendo insin qui stato a spiegar


volo homai per

me

fia

tardo

&

greve.

Per

s'io

piango, et

di fortuna,

d'amore

et di

mi lamento spesso Madonna,

non ho ragion, se non contr'a


12 14

me

stesso;

ch'a guisa d'huom, cui vaneggiando assonna,

mi pasco d'hombra.

et

ho

la

morte appresso;
gonna!

n penso ch'ho a lasciar

la fragil

Kendete gratie
3

al ciel.

Madonna, ogn'hora,

f. 31i>

poscia che siete oltr'a le belle bella,


ch'ai sfavillar dell'una

&

l'altra stella

arder a forza

il

mar
il

bastate ancora.
si

Al bel vostr'aparir

discolora,

con grave scorno,

sole

&

sua sorella,

onde quest'alma, obediente ancella,


in terra sol a voi lodando adora;

9
in

che, da quel d che

'1 gran desir mi spinse, contemplar vostra gentil vaghezza,

l'ardor d'ogn'altra

12 14

Cosi,

donna in colmo d'amor, pien

me

s'extinse!

di dolcezza
finse:

dico fra

me

col cor,

che mai non

beato

il

possessor di tal bellezza!

IV, 12.
lasciar,

Il ras.

asonna,
7.

ma

(f.

162;

come

noi.

14.

Il

ms. eh' ho

ma
Il

ch'o a lasciar.

V.

9.

ms. ch'e

232

E.

PRCOPO

INDICE DELLE RIME SINORA CONOSCIUTE


DI

DRAGONETTO BONIFACIO

(1).

I.

Canzoni.

1.

2.
3.

l'ombra cVun alloro. D 16. Chi dar tanto humore. D 14.

Per che

la doglia eterna.

15.

II.

Sonetti.
intorno.
Tr. 5.

4.

che

pur Phebo fanmeggiando


lucente d'amorosi vai.
de' miei

LM 6.

5. 6.
7.

Alma Alma
Che

LM 9,
desiri.

real che per far chiara fede.

2,

M 20.
Tr. 3.

Al vaneggiar
Dall'insegne

dubbi

LM 4,
D
3,

8. 9.

fai, m,iser,

che temi, non per questa.


tucta solinga.

7,

Tr. 4.

d'Amor

LM 2,

Tr.

1.

10. 11.

12.

Donna, che lungi dal tuo patrio nido. D 6. D'un arboscel, di cui pi nobil pianta. D 11. Ecco ch'io torno al m,io primo lavoro. LM 5.
generoso
lido.

13. Inclito, antico e


14. Lasso,

12.

che ripensando al tempo breve.


quel beato
lido.

15. 16.
17.

Mare che bagni


Ovunque

10,

LM 11. LM 10.
Tr.
7.

dolce scorta del notturno oblio.


gli occhi la
e
il

4.

18.
19.

Poi che Madonna Poi che Madonna

mia donna gira. LM 16, mia forte ventura. D 13.


tnio m-artir

non crede.

5.

(1) Con le lettere L ed M, e con D, Tr. e T, seguite da cifre arabe, rimando al numero d'ordine, che hanno le rime del Bonifacio, negli elenchi,

dati in questo scritto

dei suoi

componimenti
ci.

contenuti

nei codd. lauren-

ziano-strozziano 182 e magliabechiano


del

VII, 720 (cfr. p. 214); nella raccolta

Dolce
2

Il sesto libro delle

(cfr. p. 210);

e nell'opuscolo del
il

rime ecc. (cfr. pp. 208-9); in quella del Trucchi Torraca, Rimatori ecc. (cfr. p. 197 n.). Con
dei sette
,

1,

7, indico

numero successivo
,

madrigali di Dragonetto
in

estratti dai

miei Madrigalisti (pp. 14-21)


;

e ripubblicati
si

questo
altri

scritto

2 5 madrigali, pubblicati anche da


(pp. 218-20)

con

G 1,

il

numero con cui me per la prima


,

seguono
,

cinque

volta

in

questo lavoro
il

(pp. 215-17).

Con Mg.

indico

il

cod. magliab.

ci.

VII, 360, che contiene

madrigale del Bonifacio:

Madonna qual

certezza, attribuito all'Ariosto (cfr.

Madrigalisti, pp. 10-11, e questo Giorn., pp. 219-20); e con A la stampa, in cui esso fu pubblicato per la prima volta: Satire e Rime di L. Ariosto,
Firenze,

MDGCCXXII.

DRA(K)NETTO BONIFACIO
20. 21.
22.

233

Poi eh- 1 vidi sparir qtteila mercede. LM 3, Tr. 6. Rendete gratie al del, mad^mna, ognhora. L 17.
Rose vermiglie in bianca e pura falda. D 1. Sacro arboscel, che dal natio terreno. D 8.

23. 24.

Se doglia punger pu spirto divino.


quel ch'appresso la solinga riva.
il

7.

^. Se
27.

26. S dolcemente

mio vago pensiero.

LM 8. LM 1,

Tr. 2.

Stanco e solinga per deserte arene. D 9. 28. Yoi coi begli occhi. Amor con l'aureo strale.

(2).

Madrigali.
29.
30. 31. 32.
33.
34.

Amor mi fa morire. P 5. Amor tu sei ben cieco. TU. Chi ama non vive. T 1. Chi non ama non teme. T 2.
Chi vuol veder con gl'occhi.

M 21,

4.

Bai

d ch'io vidi

vostri occhij ligiadri.

35.

Egli ben ver. Madonna, egli ben vero. 36. Io dubbio e 'l dubbio tale. L 14, Tr. 9.

T 8. P

3.

37. Io

mi pensava un
non mingando,

tempo.

7.

38. Io 39.

io vegio.

6.

In dir che siete bella. L 18, G 3. 40. Lacrime, che sperate. LM 15, Tr. 41. Languidetta jacendo. T 3.
42.

10.

43.
44. 45.

Madonna, Madonna, Madonna,

al volto
io
t"

mio pallido e smorto. T 4. non so far tante parole. P 7, T 12.

veggio e provo.
certezza.

6.

Madonna qual

P
2.

4,

Mg. A.

46.

Nulla cosa m'offende. P


perch piangete.

47. Occhij,

9.

48. Pensier, cangia viaggio.


49.

Qual fu sorte o destino. 13, Tr. 8, G 2. 50. Quale pia grande. Amore. T 10. 51. Quanto se vede in terra. P 1. K. Se 'l giaccio di costei. T 5. 53. Tutt'il valor del del, madonna, in voi. M

LM LM

12,

G.

19,

G 5.

(1)

l'unico sonetto del Bonifacio


p. 34,
il

che

il

Tobraca pubblic

dal cod.

mo-

nacense {Rimatori,
pochi. Oltre
s
il

e questo Giorn., p. 198), che ne deve avere non


cit., p,

quale,

Torraca (Op.

33) riferisce una terzina

non
te

sa se d'un sonetto o d'altra composizione, di cui, naturalmente,

non

nemmo

niun conto in questo Indice.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

La

resa di Treviso e la morte di Cangrande I Della Scala,


cantare del sec. XIV, edito ed illustrato per cura
(Estratto alV Archivio veneto).
(8". pp.

di A.

Medin

Venezia, Visentini, 1886

84).

Non pochi, n di scarso valore storico, sono i componimenti latini che ci rimangono in lode di Cangrande Della Scala Signore di Verona. Al noto
poema
in quattro libri del vicentino
la narrazione delle

Ferrato, indubbiamente mutilo, e che

non giunge con


erroneamente
di lui (1).

imprese dello Scaligero se non al 1311,


l'Orti

devesi aggiungere

un lavoro poetico d'Anonimo, che


formasse
il il

Manara
del

attribu

al Ferreto stesso, e cred

quinto libro

poema

Viene poi

Mussato, che in versi eroici celebr, con sentimenti

il memorando assedio di Padova del 1319 e '20. Di parcomponimenti poetici in volgare, che celebrassero le gesta di Cangrande, non si aveva fin'ora notizia; poich le note terzine del Centiloquio del Pucci, parafrasi poetica della cronaca di Giovanni Villani, non possono considerarsi ragionevolmente come documenti di poesia storica originale. Non quindi di lieve importanza il cantare del secolo XIV edito e illustrato dal prof. A. Medin, e che egli ebbe la buona ventura di rintracciare

affatto opposti,

ticolari

nel codice chigiano L. IX. 131.


si divide convenientemente in tre parti distinte: prima trovano luogo le molteplici questioni storiche cui d occasione il nuovo componimento, nella seconda le osservazioni sul contenuto e la forma di esso, posto con ogni diligenza a riscontro con i componimenti latini che
Il

lavoro dell'amico nostro

nella

trattano la stessa materia; finalmente

la

terza parte serbata al cantare,


storica e filologica.
il

e alle illustrazioni pi particolari d'indole

genza

infatti dell'interessantissimo

documento

Per l'intelliMedin ha creduto necessario

(1)

Cenni storici

documenti che risguardano Cangrande Ideila Scala, Verona, 1853, pp. 108 sgg.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
tornare
la

235

critico dei fatti che vi si ricordano. X trover inutile all' esame prima parte chi per poco abbia famigliare l'uso delle molteplici fonti, che con attestazioni disparate e contradditorie ci hanno lasciato memoria delle ultime imprese compiute da Gan Grande, discordando sopratutto sul

modo,

il

tempo e

il

luogo della sua morte.

Quando

la citt di

Padova,

in preda alle fraterne discordie, pieg la testa alla Signoria ghibellina dello

Scaligero, oramai padrone di Verona, di Vicenza, di Feltre, di Gividale, di

Monselice, di Bassano, Treviso

si

trov esposta all'avidit del minaccioso vicino

facilmente

alimentata

dall'odio degli esuli

Trevigiani:

signori di Gastel

Barco, e Rizardo da Gamino, nonch favorita dall'animosit di Marsilio da

Carrara contro
pesta. Di tutti

il
i

pi audace difensore della libert di Treviso Guecello


cronisti
la

Tem-

il diffusi cui racconto, come prova il Medin, non scevro d'inesattezze e di errori. E gli uni e gli altri possono talora correggersi ponendo a riscontro con lo Zuccato le testimonianze di

che ne narrarono Bartolomeo Zuccato trevigiano,

miseranda caduta uno dei pi

Pietro Paolo Vergerlo, nella Vita dei principi Carraresi, del continuatore di

Rolandino, e del Ferreto, nel citato Garme.


scosta da tutti gli altri cronisti, e storici

Ma dove lo Zuccato, dice Medin, seguendo la sua fonte che V Anonimo Torriano o Foscariniano
si

il

si

nel fatto, e neUe circostanze


In tale avvenimento
famiglie.
i

che accompagnarono la morte


e gli storici di Treviso
si

di

Gan Grande.
due

cronisti
lato:
:

separano in

Stanno da un

l'Anonimo Foscariniano , e lo Zuccato con una serie di cronisti pi tardi per essi Cane mori in Verona e vi sarebbe tornato non appena si sent clto dal male contratto all'assedio di Tre\so, dall'altro lato staimo il Ma,

limpensa e molti

altri cronisti

sino al Bonifacio,

quali invece affermano


il

esser egli morto in Treviso subito dopo la conquista, e che

suo cadavere

fu poi trasportato a Verona. Ora per

il

Medin

la versione pi attendibile

quest'ultima, ed egli pu, giovandosi delle precedenti ricerche del professor


L. Bailo (1) e

ponendo a riscontro
il

le

testimonianze trevigiane con quelle

degli storici padovani e veronesi (pi specialmente del Chronicon Veronense)

concentramento delle truppe scaligere per l'impresa di 2" che Gane mori in Treviso il 22 luglio 1329 di morte naturale; 3" che il trasporto della salma si effettu nella notte dal 22 al 23, e che in quest' ultimo giorno Alberto e Mastino
Treviso avvenne in Padova, e non in Bassano
:

stabilire: 1

che

della Scala si affrettarono a partecipare la notizia della loro successione ai

Trevigiani.

questi risultati giunge

il

Medin con

un'analisi paziente delle

fonti edite e inedite

che ha avuto tra mano,

lieto di poter

non

solo correg-

gere

il

Verci,
(2).

ma

trovare la probabile origine

degli

strani errori in cui

caduto

Tale severo esame di fatti e di circostanze commento necescomponimento poetico del XIV secolo che vede per la prima volta la luce, e che acquista ora tanta maggiore importanza per ci che se il suo contenuto storico collima in tutto e per tutto con quello del poema latino dello
sario al

(1) Di alcun fonti pr la storia di Treviso, nell'ircMno mim(o, t. XVJI, P. che l'Anonimo foscariniano una delle principali parti dello Znccato (p. 401).
(2) Cfr.

I.

Il

Bailo pror

pptcialmente nella Storia

Mia Marca

Trevigiana

il

rol.

a pp. 142, 14.

236

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
al vero.

pseudo Ferreto, risponde anche perfettamente

Tale valore intrinseco

messo in luce con ampia conoscenza dell'argomento, e con sottile discer-

nimento
toci

critico

giova

al

Medin per

dissipare

buona parte dei dubbi


sec.

sopra l'et del componimento, rimasto sconosciuto fin qui, e non conserva-

che da un codice miscellaneo di pi mani del


il

XVI

e XYII.

Nella seconda parte della sua illustrazione


idea di falsificazione innocente, o dolosa, e

Medin respinge infatti ogni dimostra come il Cantare appar:

tenga a quella numerosa serie di canti impersonali che appariscono a noi

come

la pi schietta e verace espressione delle idee, dei sentimenti, e


.

delle

carme latino falsamente attribuito al Ferreto, n alcun cronista della prima met del '300, nell'accennare all'ultima impresa e alla rapida fine di Gan Grande si mostrano informati meglio dell'Anonimo poeta. Nota giustamente il Medin che in una certa strofe per dar credito ai fatti che narra, egli si appella alla testimonianza di un contemporaneo
passioni popolari
il
,
:

E messer
S

Bailardin da Noverolo
'1

come que' che

ride, saper p61o.

Or bene

questi appunto

quel

Bailardino

Nogarola capitano dell'esercito


tra

Scaligero sotto le

mura
le

di Treviso, e

pi noto nella guerra successiva

Mastino della Scala e


la
Io

Repubbliche Veneta e Fiorentina, di cui si conosce data della morte avvenuta il 24 ottobre 1340. Adunque il Cantare per

meno

anteriore a quell'anno.
il

Stabilirne con sicurezza l'autore


si

non

sa-

rebbe ugualmente facile; per


riparati alla corte di

Medin

rivelerebbe toscano dalla lingua e

dallo stile, onde la probabilit ch'egli sia

uno dei

tanti fuorusciti ghibellini

Can Grande.

La

struttura ritmica del

poetico conferma che fosse destinato al popolo, e d occasione al

componimento Medin per

notare

come
b,

esso ci dia

bicaudato non incatenato

AAA

h\ e e e

un primo esempio nella poesia volgare di sirventese e che egli chiama semplice, la cui forma : d ecc., non registrata da Gidino nel suo noto trat-

tato (1). Tuttavia tale struttura trova riscontro nella letteratura provenzale

e portoghese
di versi,

(2),

e in alcuni canti ritmici latini,

ma

con differente misura

come

nel notevole ritmo:

De ImperatoHs

Heinrici VII obitu

quem

Paulinus ordinis Praedicatorum, instinctu Florentinorum, in EuchaQuanto al contenuto parve al Medin ristia intoxicavit, edito dal Freher (3). che questo componimento che l'Ubaldini conobbe, e cit nell'indice di voci aggiunto ai Documenti d'Amore di Francesco da Barberino, ma troppo genericamente intitol: Cantare in morte di Cang rande della Scala, debba dividersi in due parti distinte. Narra nella prima il poeta ghibellino l'assedio e la resa di
F.

(1) Cfr.
(2)

Trattato dei ritmi volgari, Bologna, 1870, pp. 153 sgg.


il

Per esempio, come osserva

Medin, nella romanza


(cfr.

di

Guglielmo IX di Poitier, che comincia:


,

Farai un vers pos mi sonelho

Mahn

Verke der Tronbadours

voi. I,

),

e pi ricca-

mente nei rimatori portoghesi (cfr. Il Canzoniere portoghese della bibl. Vaticana messo a stampa da Ernesto Monaci, Halle, 1875, voi. I, ai ni 55, 70, 87, 143, 153, 199, 207, 309, 811, 354, 464,
552, 570, 588, 640, 714, 912, 942, 1051, 1056, 1146, 1158, 1161).
(3)

Nei

Rerum Oermanicarum

Scriptores, Argentorati, 1717,

t.

I,

pp. 647 sgg.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

237

Treviso, e l'ingresso trionfale di Cane, nella seconda la morte dello Scaligero, e


le

colare

onoranze funebri che gli furono rese. Noi non seguiremo nell'analisi partiil diligente illustratore, diremo solo che i fatti narrati dall'anonimo
rispondono in tutto e per tutto alla verit, e confermano piedi Cane, e sulla sua

versificatore

namente quanto su l'ultima impresa

morte ritroviamo
l'errata

nei cronisti e negli storici veronesi. Soltanto osserveremo che l'autorit del

Chronicon Veronense e dei cronisti padovani bastano ad infirmare


versione che alcuni degli storici di Treviso

hanno seguita

sui loro cronisti;

n mi pare che

la evidente dimostrazione

di

quelli errori possa molto gio-

XIV. La cronachetta per esempio dal 1328 al 1336 del cod. n. 815 della Comunale di Verona fatta conoscere dal Cipolla, appunto perch appartiene ad una raccolta compilata nel
varsi di testimonianze che escano dal secolo

primo quarto del secolo XV, se conferma tutti i particolari dell'imprese e Can Grande, con esattezza e precisione cronologica, ha un valore, nel nostro caso, ben minore del Chronicon Veronense. Ma che propriamente Can Grande sia entrato in Treviso il 18 luglio 1329, e poi morto il 22 pu rilevarei anche da un'altra testimonianza sincrona: la cronaca di
della morte di

Jacopo piacentino.

mente
* bello

della

Il manoscritto che ce ne serba la Marciana indubbiaprima met del secolo XIV. Esso contiene la narrazione de

quod uno cum Florentinis Veneti Scaligeris intulerunt


non sfuggi
al Verci,

cio

della posteriore guerra della Repubblica contro Mastino (1). L'importanza di

detta cronaca

che pensava

di darla in luce, considerando

ch'essa dedicata al doge Francesco Dandolo, e scritta da persona, che ebbe


tra le

mani

le

carte diplomatiche di quella guerra,

come

notarlo del canritro-

celliere ducale Niccol

Pistorino

(2).

Di

fatti gli

avvenimenti che vi

\iamo

registrati

non vanno pi in

l del 1338,

e probabilmente la cronaca

scritta in quell'anno essendo succeduto l'anno dopo, al doge Dandolo, Bar-

tolomeo Gradenigo.

L'anonimo poeta a proposito della morte


n
primo
d
il

di

Can Grande

Della Scala ha lasciato scritto:

secondo

il

tizo giacque.

Con mala infermit, che gi non piacque A oso amico sno, anzi dispiacque Che 1 cel a suo potere;

tanto sua gravezza ben


il

A
si

tacque.

Che pochi
Al quarto

pon' sapere.

di,

che

il

baron
Ini

Tedia
linia.

Ch' ogni sno tempo di

Con boce

di piet parla e

dida ecc.

Cosi parlando quell'uomo pregiato.

Da

tutti

suoi baroni scomiatato,

BiToLse

il

capo in sul sno destro lato


al Cielo.

rend

IVma

(1)

(2)

illustrato dal Yalbituhixi nel sue Catalogo. dd si rileTa dal proemio della cronaca. Troraii
CCCXCIT,

ia

un m. membranaceo

in-ttl. sotto

Ui

gcatnra Z. L.

e di esso intendo proasiinainMito dar pia ampia notisia.

, ,

238
Or bene
videlicet
il

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
nostro cronista, proemiando all'opera sua, e accennando alla

Dominus Albertus tres habuit filios dominum Albuinum et dominum Canegrandem. Ex domino Bertholameo natus fuit dominus Chechinus, qui, sine liberis legitim,is, in aetate iuvenili defunctus est. Ex domino Albuino nati fuerunt dom,ini Albertus et Mastinus novelli sic ad priorum, differentiam nuncupati. Ex domino Canegrande nullus remansit legitimus. Dominus enim Canisgrandis aliis revera valentior, sibi acquisivit dum viveret dominia civitatum, Vincentiae, Paduae, Feltri et Cividadi sive Belluni ultimo Tervisii quod scilicet de Tervisio fuit anno dom,ini MCCCXXVIIII mense Julii XII Indictionis, sed infra tercium tel QUARTUM DIEM POST HABITATIONEM TeRVISII DIEM CLAUSIT EXTREMUM. Se dunque il 18 luglio Gan Grande entr vittorioso in Treviso la sua morte
discendenza di Alberto Scaligero scive:

dominum Bertholameum

cade appunto nel giorno 22. L'incertezza che

il

cronista manifesta nel de-

terminarlo avvalora l'attestazione del poeta che per tre giorni rimase occulta

anche

ai pi intimi

a Gilberto e a Marsilio da Carrara e a Bailardino da No-

garola la gravit del male, che condusse alla tomba Gan Grande. Pi valida
e pi antica testimonianza tra le
lieti

men

note non potevamo sperare, e siamo


il

ch'essa raffermi le conclusioni a cui pervenuto

Medin con

la

di-

scussione critica delle molteplici fonti trevigiane, padovane e veronesi.

L. A. Ferrai.

PASQUALE VILLARI.
dei suoi teTnpi,

La storia

di

Girolamo Savonarola e

narrata con V aiuto di nuovi documenti.


aumentata e corretta dall'autore.
pp. XL-534-clxviij).
che

Nuova
Sono oramai
concernenti
fra

ediz.

Voi.
,

I,

Firenze, 1887

(8,

otto anni

il

compianto prof. Antonio Cosci


delle

parlando

nell'Archivio Storico italiano

(1),

numerose pubblicazioni
,

di

documenti

Girolamo

Savonarola

fatte

dal Guasti

dal

Del Lungo

dal Conti, dal Lupi, dal Portioli, e principalmente dal Cappelli e dal Gherardi,

dopo venuto in luce per la prima volta mente in rassegna e raccolto quel che
chie questioni, usciva in queste parole succo, poco
:

il

libro del Villari, passatele accurata-

se ne poteva

cavare intorno a parec-

Per, se ne

spremiamo ben bene

il

vien

fuori, quanto ai fatti, che

possa

aggiungersi di vera-

mente nuovo alla vita del S. narrata dal Villari, che la storia pi dotta

mai scritta del martire ferrarese, e, come dice maggior pienezza d'ogni altra. Un qualche manipolo di notizie nuove certo lo danno i nuovi documenti, qualche fatto, qualche data correggono, persuadono a mutare qualche giudizio secondario. Dir
ed eloquente, che sia stata Gino Capponi, con

(1) Serie

IV,

t.

4, pp.

282-305; 427-438.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
di pi
:

239
veduti
il

se molti di questi

documenti fossero

stati

studiati dai

moderni storici del frate di S. Marco, non

escluso

V., che pure tanti

degli inediti ne pubblic, le loro storie sarebbero riuscite pi ricche di particolari non privi di qualche importanza, in pi d'un luogo pi esatte
e pi colorite. Ma quel giudizio complessivo intorno al Savonarola, che ognuno ha potuto formarsi colla lettura delle opere venute in luce prima di tutte queste pubblicazioni di documenti rimane lo stesso (1). N in
questi otto anni venuto fuori nulla sul frate ferrarese, che fosse di tanta

importanza, da fare ora trovar

men che
si

giusto quanto nel 1879

il

prof. Cosci

aveva

scritto.

Tanto maggior lode pertanto

deve

al

prof. VUlari,

il

quale non

s'

contentato dell'opera sua, n delle giuste lodi, di cui uomini

insigni l'ave-

vano onorata (2); ma ha voluto, giovandosi di tutte le opere e di tutti i documenti novamente stampati e anche d'altri inediti, tornare sul suo lavoro; correggere alcuni particolari chiariti oramai men che rettificare, mutare esatti, arricchirlo di qualche nuova notizia, renderlo infine pi vicino alla perfezione. E, dando un bell'esempio a molti molto minori di lui, i quali sembrano ostentare una certa superba sprezzatura per la veste esteriore dei loro concetti, specialmente se scrivano di storia o di critica, si posto con cura amorosa a limare e correggere in moltissime parti la forma del suo libro, che n' riuscito per questo rispetto notevolmente migliore. Quanto aUa sostanza, dice il prof. V. nella prefazione, che se egli avesse preso a scrivere ora un'opera sul Savonarola, l'avrebbe fatta molto diversa: ma egli ha voluto soltanto riprodurre, con le aggiunte necessarie, il vecchio libro, con la fisonomia, che ebbe nel tempo in cui fu scritto (3). E noi crediamo vera la sua prima dichiarazione ma non ci sa male che egli abbia fatto come ha fatto; perch quel libro, che meglio d'ogni altro ci fece comprendere e amare lo schietto e austero frate ferrarese, infiammato
,
:

di zelo ardentissimo per la fede e per la libert, banditore infaticabile d'ogni

virt religiosa e civile; che se err talvolta, err per troppa piena d'amore
del bene; quel libro, in cui s'intreccia cos felicemente
il

racconto e la de-

scrizione dei fatti del


cos

tempo con quello


luce

posta nella sua

pi vera;

successivo

svolgersi e procedere

che vien dov' cos bene studiato e rilevato il di quel pensiero esaltato, di quella \-ita
della vita di fra Girolamo,

tempestosa, trascinata a poco a poco e quasi repugnando, quasi per necesit, nel turbine delle faccende politiche (4), che dovevano procacciare al S.
la

maggior fama e

le pi

tremende sventure;

quel libro, cos

come

fu,

e fece grande onore alle nostre lettere moderne, e fu a molti degli studiosi della nuova et ottimo modello di buon metodo storico.

Or

di tal libro le aggiunte,

che

l'A. dice necessarie,

non

solo

non hanno.

(l)Pg. 45.
(2) Basti

per tutti
il

il

giodizio del Dollinger


il

(tto inddentalmente a p. 835 nota


miglior ili hiogr<^fi del S.

della pre-

aeBt opera)
(3)

quale nel 1871 dicera

Y.

P. Vedi

I.

(4)

cap.

IV

del libro II

pp. 271-282

in cai quarta

cow

nagtU e rilerata ottim-

nente.

240

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
lui,

mutata la fisonomia; ma in qualche particolare, sostanza lo stesso. Non sono in fatti n molte n molto di maggior rilievo non fanno altro che confermare e
secondo l'espressione di
dendolo pi pieno e compiuto

veramente, pur renl'hanno lasciato in


importanti ; e quelle

avvalorare qualche affermazione gi contenuta nell'edizione prima. Cosi, per citare un esempio, tutto quel che riguarda la seconda venuta del S. a Firenze, nel 1489, procacciata da Lorenzo
dola.
il

La

dissero

biografi

magnifico a preghiera di Giovanni Pico della Miranun effetto dell'ammirazione concepita da quest'ul-

timo per l'austero domenicano nel capitolo provinciale tenuto dai frati del suo ordine a Reggio, dicevasi, nel 1486; e questo ritardo di tre anni fece
sospettare al Perrens, nella sua pregevole biografa del
S.,

della verit della

quando il Gherardi, coi documenti alla mano, mise in chiaro che il capitolo di Reggio non si tenne neir86, ma neir82, cio tre e quasi quattro anni prima che il S. lasciasse Firenze per recarsi
cosa
(1).
1

sospetti

vennero poi

rafforzati,

a predicare in Lombardia; tanto che

il

prof. Cosci, nel citato articolo,

pur

non volendo
probabile
il

risolver la questione, la pose in

modo da

far parere

assai pi

V.,

l'opinione del Perrens, che non il racconto tradizionale (2). Ora ampliando una nota, colla quale nella prima edizione (3), aveva ten-

tato assai

debolmente

di ribattere l'opinione dello storico francese,

pone in

che, anche senza tener conto della pseudo Burlamacchi n della riografia latina della bibl. nazionale di Firenze, che n' il fonte, dove soltanto

sodo

si

trova narrata tutta la storia; non


il

gradimento del Pico, poich

il

si pu negare in questo fatto la parte nepote di questo nella vita, che scrisse
,

del S., lo disse a praepositis accersitus

qui loanni Pico patruo


il

meo hac

in re

morem

gerebant

1"

opera di Lorenzo

magnifico, che pro-

vata da un documento brevissimo,


rardi

ma

rilevantissimo; perch l'egregio Ghe-

comunic

al

V. un memoriale di Lorenzo, o registro delle lettere che

questi scriveva, esistente nell'Archivio mediceo privato, in cui si trova, fra


gli altri,

dicatori, che

questo ricordo: Aprile 1489, a d 29. Al generale dei frati premandi qui frate Hieronimo da Ferrara . Documento, che

conferma anche maggiormente che questa venuta fu del 1489, come il S. stesso lasci scritto nel Compendium Revelationum, e non del 1490, come aveva creduto di dover correggere il p. Marchese seguito, in questo, nella

prima edizione del suo libro, dal V. 11 quale non si contenta d'aver cos messa in chiaro e in sodo la cosa ma vuole anche rintracciare una ragione del fatto, che possa distruggere in tutto i fondati sospetti del Perrens, fatti propri i anche dall'illustre Leopoldo Ranke; e la trova nel bisogno, che il Pico sentiva del conforto e dell'autorevole parola di quel frate, che nel capitolo di Reggio gli era parso uomo non ordinario, in mezzo al turbamento e all'abbattimento cagionatogli dalla condanna delle sue 900 tesi e dal tristo e inaspettato effetto prodotto a Roma dalla sua Apologia (4).
;

(1)

Jerome Savonarole d'aprs


II,

les

documents originaux
Hachette, 1859).

etc.

par F. T. Pekrems.

Livre

I,

chap.

p. 59. Cito la 3 edizione (Paris,

(2) Loc. cit, p. 287.


(3) (4)

Pag. 81, n. 2. Cfr. nuova ediz., p. 91, n. 1. Pagg. 89-90. Il V. cita ginstamente a prova di ci tre brani

di

lettere

del

Magnifico

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Le
altre aggiunte di

241

riodi intercalati

qua e

l quasi

qnalche importanza, per non tener conto di alcuni peampliamento delle cose gi dette piuttostoch
ad alcune maggiori o pi esatte
(1; no-

notizia di fatti nuovi, si riducono:


tizie

intomo
di

alla famiglia

Savonarola, e massimamente intorno a quel Mi-

chele, avo di

fra Girolamo,

che primo venne a stare a Ferrara, dove fu


il

medico
qui

Lionello e di

Borso d'Este (del primo dei quali


inedito,

V. pubblica

conferiva alcuni privilegi) (2) e che scrisse opere ai suoi tempi riputatissime (3), ed ebbe al nepote, che fu poi
gli

un curioso diploma

che

fra Girolamo, singolare affezione;

alcune

altre su Giorgio
il

Gemistio Pletone

e sul suo strano intendimento di far rivivere

culto delle divinit pagane,

con alcune giuste considerazioni sull'effetto, che doveva produrre sull'animo del S. lo zelo, con cui Pandolfo Gismondo Malatesta apriva alle ceneri del
paganeggiante il tempio di S. Francesco di Rimini, dove consacrava anche una splendida cappella, con sacrilega iscrizione dedicatoria, alla sua alcuni particolari, tratti da documenti pubblicati dal Guasti concubina (i) e dal Desjardins sull'andata di Piero dei Medici a Carlo Vili e sulle due
poeta
;

successive legazioni, che furono allora affidate al Savonarola (5); la notizia


risultante da

documenti pubblicati dal Cappelli, delle due gite del

S.

a Ve-

nezia del 1492 (6);

la citazione

d'una frase importante d'uno dei docul'editore, attesta

menti pubblicati dal Gherardi, che, come gi aveva notato


quasi nffcialmente
la parte e l'efficacia del S. di

anche nei particolari della


Firenze (7);

formazione del nuovo governo repubblicano


particolari, intorno adl'ordine dato

nuovi brevi
delle opere

da

Roma

al S. e poi revocato (8) di an-

dare a predicare a Lucca la quaresima del 1495;


manoscritte di fra Benedetto
(9)
;

alcuni

la notizia

particolari, cavati dai

documenti

6io. Lanfredini, ambasciatore fiorentino a


fici Vita, voi. II, pp.

Roma

pnbbl. dal Fabbomi {Laurentii Jttedicis Magni,

291-95)

delle quali le

due prime sono appunto del 1489


149-'.

1'

altra porta la

data evidentemente erronea dell'll agosto del


tore d'indurre
il

In esse Lorenzo prega, in somma, l'ambascia-

Pontefice a

mandare
il

al

Pico un breve che Io accettassi per figliuolo et buono


di questi brani del 19 di

< cristiano . Vero peraltro che


cosi: Il conte della

primo

giugno del 1489 e comincia


;

Mirandola s' fermo qui con noi, dove vive molto santamente ecc.

mentre
ad ogni

abbiam

visto che la lettera di

Lorenzo per avere a Firenze


il

il

S. era stata gi scrtta nell'aprile.


;

Pure Lorenzo potrebbe aver saputo

desiderio del Pico anche prima d'averlo con s


il

modo, qualunque potesse esseme


(1)

la ragione,

fatto certamente provato.

Fra queste da notare


Appendice. Doc.

il

casato

della

madre

del

(Elena Bonaccossi)

che

il

Y. prima

aveva chiamato Bnonaccorsi.


(2)
I,

del
di

80

di

giugno del 1450. Curioso veramente, perch, fra

le altre coee,

tira in

campo una serqua

grandi antichi, da Alessandro a Paolo Emilio, per giustificare la con-

cessione della rendita d'un canapaio!


(3)

Di queste

il

Y. ha qui

(p. 2, n.
il

ma
dei

strano che dimentichi

1) una pi Innga lista , che non desse nella prima ediz. ; De laudibus urbis Patavii, pubblicato dal Mokatobi nel t. XXIY

R. 1

S.

(4) Lib. I, e. IV, pp. 63, 54, 58.


(5)

Lib. Il,

e.

I,

pp. 222-223,

e.

H, 2S7-Z38.

(6) Lib. I. e.
(7)

IX, pp. 167, 168, 172.

Lib. Il, e. V, pp. 816-317.

(8)
(9)

Ub.

I, e.

VII, pp. 355, 356.

M,

pp. 367-368, n.
ttorieo, X, fase. 28-29.

f/imaU

242
pubblicati
dal

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Guasti, intorno

all'unione

del

convento dei domenicani di


predicazione, che fece
il

Prato alla

congregazione toscana, e intorno

alla
(1);

S. in quella citt nella

primavera del 1496


il

alcuni

pi larghi accenni

agli scandali borgiani, e al profitto, che, secondo l'A., ne

avrebbe cavato

F.
il

Mariano da Gennazzano, per aizzare


S. (2);

pontefice Alessandro

VI contro
editi

certi

particolari, tratti

specialmente dai documenti


di Firenze (3);

dal

Gherardi, intorno ai principi e ai motivi tutti politici dello sdegno del Papa
contro fra Girolamo e contro
alle
il

governo
il

intorno alle arti e

macchinazioni di Lodovico
S. (4)
;

Moro,

Ercole d'Este col

alcunch intorno alla biblioteca medicea e all'acquisto fattone pel convento di S. Marco (5) non che qualche nuova citazione intorno al bruciamento delle vanit fatto nel carnevale del 1496 (6) e alcune altre notizie su vari particolari (7). Inoltre citazioni non infrequenti
di recenti pubblicazioni, e specialmente del Diario del Landucci,

infine

e alle relazioni di lui e del

Duca

ma

in ge-

nerale
scritto

piuttosto a conferma

che a correzione o ad accrescimento del gi


le

dapprima.

ci

sembrano molto pi considerevoli

aggiunte di documenti nuovi


,

pubblicati nell'appendice. Delle quali la pi importante

a mio credere, la
S. nel

pubblicazione di tre sommari o brani di prediche fatte dal


Questi in
fettissimi,
fatti,

1491

(8).

per quanto,
ci

come avverte bene


dei

l'editore,

incompiuti e imperil

pure

posson dar forse un'idea del diverso modo, che


suoi
uditori,

S. te-

neva, secondo la diversa qualit

almeno

allora,

che non

era anche venuto

il

tempo

delle grandi audacie del ferrarese sul pergamo.


la

divagando dal testo, che era sul Vangelo della Trasfigurazione di N. S., usci a parlare del tempio profanato dall'avidit del guadagno, che uccideva lo spirito buono fin nella celebrazione delle feste religiose, e venne poi a fulminar contro i ricchi le tremende condanne evangeliche, e a smascherarne crudamente le arti, rappresentandoli come'succhiatori del sangue dei poveri e delle vedove, per conchiudere descrivendo il vero religioso e spirituale come quegli, che non cura beni terreni. Ma pur sempre meno ardita di quella detta ai frati in
cui,

Certamente dov essere e parere, com'egli stesso predica della seconda domenica di. Quaresima, in

chiam, terribile quella

S.

Marco

e che in pubblico, dinanzi a

gente

meno

preparata a intenderla

(1) Lib. Ili, e. Il, p.

418; dov' anche citata la deliberazione della Signoria, che l'il di feb;

braio del 1496 ordin al S. di predicare la prossima quaresima

pubblicata dal Gherardi, e ignota

quando

il

V. fece la prima edizione; e

e.

IV, p. 464.

(2) Lib.
(3)

m,

e. e.

II,

pp. 393 e 410.

Lib. Ili,

IV, pp. 461, 462.

(4) Lib. Ili, e.

n,

p.

391;

e.

IV, pp. 458-60;

e.

V, pp. 490-91.

(5) Lib. III, e. VI, pp. 511, 512, 513, 514.


(6) Ivi, p. (7)

509.
sulle

Per

es.,

medaglie e sulle incisioni che rappresentano

il

S.

(lib.

e.

IX
ti.

p.

1665

lib. Ili, e.

V,

p. 489), su alcuni codici

prima ignoti
,

di opere di lui (lib. I, e. VIII,

E, pp. 154Gherardi.

156), sulla congregazione

tosco

romana

che Alessandro VI voleva

istituire (dai doc.

Lib. Ili
(lib.

e. e.

p. 492)

su un' epistola

latina di Ugolino Verino, pur pubblicata

dal

Gherardi

m,

VI, p. 521 n.), ecc. eoe.

(8) j^ppendice, VII,

Vin, IX

pp. xxviij sgg.

, ,

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

243

con discrezione, avrebbe potuto esser cagione chi sa di che grave scandalo, perch nell'eccesso del suo desiderio della semplicit e purit della Chiesa e degli ecclesiastici, il S. si spinge, in modo, che non pu non farci correre
col pensiero a Lutero, a voler soppresse cerimonie

e indulgenze, e perfino,

con un consiglio opposto a quello che dava a Bartolommea d^li Alberti il beato Gio. Dominici suo precursore nell'austera riforma dell'ordine domenia voler che s'alienassero i giovinetti dalle cerimonie ecclesiastiche. che il S. non soltanto non espresse mai dal pulpito, ma nelle quali non sembra neppure che perdurasse, a giudicare da quel ch'egli fece poi, fino quando ardiva dichiarare nulla dal pulpito la scomunica fulminatagli contro dal Papa male informato (2). Invece la predica fatta in palagio di tutte la pi rimessa: il S. dichiara da s (3) di non essere in casa propria, come in pulpito, o, pi che mai, in S. Marco, e per la riverenza che gl'impone la presenza dei Signori, parla genericamente degli errori e delle colpe,

cano

(1),

Idee,

che soprattutto deve fuggire chi al governo dello stato, in modo che ricorda le allocuzioni, o protesti, che uno dei collegi faceva, quando entravano
in uflBcio, ai rettori.

N mi

tali allusioni particolari,

parrebbe neppur di vederci cosi chiare quelle che l'editore vorrebbe trovarvi, alle arti, alle colpe,

alle brutture della vita civile e politica di

Lorenzo de' Aledici ; almeno per


S.

quanto dato giudicare da quelle note incompiutissime e quasi volanti.

Nel
di S.

resto, alcuni

nuovi sommari di lezioni del

alcune nuove lettere


della

della Signoria di Firenze in favore della

separazione
S.

Congregazione

Marco

dalla provincia
(4),

lombarda, un'altra del


alcune altre del

ad

Ferrara sullo stesso fatto

Moro

e del

una badessa di duca di Ferrara

o dei loro ambasciatori ed inviati: che con quelli gi citati tutti documenti,

che come vengono qui in luce per la prima volta, se certamente aggiungono qualche pregio al libro, che ne diviene in certe parti, come a dire, pi ricco e abbondante, non aggiungono per nessuna vera novit a quanto si rilevava dai documenti pubblicati dal V. nella prima edizione e da quelli
editi in seguito

da

altri e

specialmente dal Cappelli e dal Gherardi


ci

(5).

Pi notevoli delle aggiunte

sembrano, in generale, alcune mutazioni

(1)

Regola del Governo di cura famigliare. Parte IV, pp. 146-147. ed. Salvi.

(2)

Anche

il

sermone fotto a molti sacerdoti


(lib.

religiosi e secolari in S.
,

Marco

nell*

arrento

del 1493, citato dal Perrens

I, e.

Y,

pp. 81 agg.)

bench non contenga dottrine andaci


nella forma pi erodo e

ma

tocchi

nn argomento
i

snl quale il S. spesso


,

tomara, pare almeno

ardito,

che non

sermoni pobblici

non eeclosa

la dodicesima predica so

Amos

col

brano delle

Tacche grasse di Samaria stracciato qoaai in tatti gh esemplari stampati.


(3)

Dixi hoc esse mare Tyberiadis

quia mare dominorom.

Ideo non ego

som

hic dominos

sicot in eeekai*: ergo oportet

me
,

orbanios habere, sicot X.s in

domo
,

Pharisei,

qoando renit M. >

Ynxaxi, Appendice, doc. YIU,


(4)

p. xzxiij.

Qnesta veramente (doc.

XY

pp.

lij

sgg.) assai importante


S.,

cos per certi particolari di

fatto di coi cata,

di notixia, conte per certe idee del


,

che

vi

maniftstano.
,

Era gi stata pubbli,

ma

soorrettameate

dal

Kanv

nelle

ddiMmi al Babuio
il

e ne cit nn brano Y, pp. 85-86).


il

dicendola

diretta alla priora


(5) Sbaglier
e.
I,

d'on monastero di Pisa,

Perrens

Oil>- I.

e>

fone;

nw

dei docimenti eitati nell'Appendice, sopprmerei


sia

lY;

il

Y.

(lib.

I,

p. 20)

soppone

nna seconda

lettera scritta dal S. ai genitori,

qoando seppe che

la

Iettar

del soo oposcoletto del Dispregio del mondo non aveva scemato in loro il dolore della soa improvvisa risolozione di darsi a vita claustrale. Ma, per verit, la mancanza della data, la

244

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
prima edizione
lui pubblicate,

introdotte nel libro, e pi di tutte quelle, che riguardano la cronologia della


vita del S. Nella
il

V. s'era tenuto senz'altro a quanto aveva


S.
p.

determinato, nella sua Storia del Convento di


lettere del S.
il

Marco

e in

seguito

alle

da

il

benemerito

Marchese, che primo, come

Villari (1) afferm, mise in questa parte

un

po' d'ordine nel racconto far-

raginoso dei precedenti biografi.

Ma

ora nuove considerazioni, e soprattutto

l'hanno
1

nuove pubblicazioni di documenti, e singolarmente quella del Gherardi, condotto ad allontanarsene in parecchi punti, e generalmente, a quanto ci sembra, con ragione; e i principali di questi punti sono i seguenti:

La predicazione
;

del S. a Ferrara e la

sua prima venuta a Firenze


1482, son qui ripor-

poste nella prima edizione, col p. Marchese, nell'anno


tate al 1481

almeno molto probabile, non solo per la concordia degli antichi biografi, ma perch sola spiega come il S. potesse predicare in S. Lorenzo nella quaresima del 1482; giacch i documenti provarono al Gherardi che il S. non poteva aver predicato in quella chiesa n negli ultimi mesi deir82, n nella quaresima deir83 (2). Cosi cordata, se
sicura,

non interamente

retta la data di questo quaresimale, vien soppresso

il

racconto della predi-

cazione simultanea del S. in S. Lorenzo, con venticinque uditori e del Ge-

nazzano in S. Spirito affollatissimo che anzi, da un'espressione del V. (3) sembra che questa predicazione del fortunato agostiniano sia da lui ripor;

intitolazione stessa, che porta nel cod. Epistola ecc.,

mandata

al

padre e alla madre sua ecc.,


e
il

quando entr nella sancta religione di S. Domenico in Bologna ,

fatto che in sostanza


fiere del

contiene

in pi hrevi parole e con

uno

stile,

che piuttosto quello delle prediche pi


i

Ferrarese, che quello affettuoso e rispettoso per quanto risoluto .dell'altra lettera,
cipali espressi in questa, cio Tesser egli divenuto cavaliere militante di Cristo, e

concetti prin-

non esser vero


ri-

amore quello che cura pi

il

corpo, che l'anima tanto pi preziosa;


di

me

la

fanno ritenere un

facimento a memoria di quella lettera prima, opera

qualche seguace del frate, che da lui stesso

da altri avesse di quella saputa la contenenza. Di tali rifacimenti a memoria non mancano esempi; hasti ricordare, perch notissimo, quello delle due lettere di mess. Agnolo Acciainoli e di Piero dei Medici, nel lih. VII ( XVIII), delle Storie del Machiavelli. (Vedi le lettere nella
loro forma originale in Fabkoni, Op. cit, voi. II, p. 36).

Ancora, giacch siamo a parlare di

documenti, sono da lodare alcune giuste inversioni fatte dal V. nella disposizione loro, come per es. l'aver posposto le tre lettere del S. a Carlo VIII, post amissionem regni neapoUtani a quella
del 26 di del S. al re di Francia
noi,
il

maggio del 1495, e d'aver premesso questa anche ai documenti riguardanti la legazione ma sarebbe secondo che fu a mezzo giugno di queir anno medesimo
, ; ,

anche pi

utile e quasi necessario fare altrettanto al no

XXXI

dell'Appendice. Nella 1 ediz.

V. aveva pubblicata una lettera del S. a Lodovico il Moro, del 25 d' aprile del 1496 ; nella nuova, ve ne aggiunge altre quattro una del Moro e tre del suo inviato Somensi , e le dispone cos: la quella del S. ; 2a quella del Moro, del 20 d'aprile; 3a nna del Somensi, del 12 d'aprile;
,

4 e 5a, due del Somensi


ist soltanto nelle date;

la

prima del 7

la seconda del 13 di

novembre.

Or

il

disordine non
del

ma
,

quella del Savonarola proprio

responsiva a quella
il

Moro,
il

la

quale alla sua volta ha la sua ragione ed origine in quel che


prile; sicch sarebbe stato

Somensi aveva

scritto

12 d'a-

a parer nostro, utile alla retta intelligenza di quei tre documenti,

che fossero stati disposti in ordine totalmente inverso.


(1)
(2)

Nella la edizione, p. 73 n. Nella nuova edizione quella nota stata soppressa.


Lib. I, e. U, Dopo parlato
p.

32;

e.

V, pp. 73-74. Cfr.

la la ediz., p. 32.

(3)

a pp. 79 sgg. della predicazione alle Murate e del gran


:

credito
di

di

fra

Ma.

riano, seguita a p. 83 cos

In quel medesimo anno (1484) avvenne la morte

papa Sisto IV

Cfr. la la ediz., p. 68.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
tata all'anno 1484, e fatta forse
nella chiesuola delle
fatto parola.

245

Monache Murate,
come

contemporanea ad una modestissima del S. di cui nella prima edizione non era
e perch

Il

capitolo di Reggio,

rito all'anno

1482

(1),

invece che al 1486,


(2).
il

come

abbiamo gi accennato, rifenella prima edizione, dov'era


di

posposto al quaresimale di Brescia


3"

La

lettera

da Pavia

alla

madre,

quaresimale

Genova,
al

il

ritorno

definitivo del S. a Firenze son riferiti al 1489, invece

che

1490, suppo(3).

nendosi errata questa data nell'apografo della suddetta lettera


4 L'ordine venuto

da

Roma

al S. di predicar la

quaresima a

Lucca,

poi revocato, giustamente riferito agli ultimi giorni del 1494, non,
nella

come

prima edizione, agli ultimi di gennaio del 14^ (4). 5 In conseguenza delle dimostrazioni del Gherardi, son riportate all'anno 1495, invece che al 1496, la lettera del S. a un frate amico suo a Roma (15 settembre), che intercedesse presso il cardinale protettore dell'ordine, per far revocare
il

breve, che
si

il

S.

non credeva

valido, col quale gli

s'impediva la predicazione e

sottoponeva all'obbedienza e all'arbitrio


la risposta fatta

del

vicario generale della congregazione lombarda:

dal

S. al

medesimo breve,

il

29

di settembre: e

il

ottobre, dolce ed aff"ettuoso nella forma,


la predicazione al priore di S.

ma

nuovo breve pontificio del 16 di che in efi"etto tornava a proibire

Marco

(5).

Mutamento questo pi importante


fra
il

di tutti, perch rende pi chiara e pi vera la storia delle relazioni

Pontefice e
stato n

il

S.,

togUe via

il

disordine, che

v'era

su questo punto

anche

nel libro del V.; dal quale, fra le altre cose, non s'intendeva che cosa fosse

che eflfetto avesse prodotto il breve spedito a S. Croce 1*8 di settembre del 1495, poich la sostanza di quello s'attribuiva invece a un altro breve immaginario spedito appunto lo stesso giorno 8 di settembre, ma

dell'anno 1496, e diretto a S. Marco; n


astuzia scrivesse con tanta dolcezza
il

come

pi

il

Pontefice con istrana

secondo breve dopo una prima disob-

bedienza del Frate.


Si possono pur mettere fra le mutazioni di tal natura le correzioni delle

date della morte d'Innocenzo Vili


l'aver giustamente posposto alla
di cinque cittadini

(6)

e di quella del delfino Carlo Orlando


del S. a priore di S.
il

(7),

nomina
da

Marco

l'invio

lui

fatto

Lorenzo

Magnifico

che prima non

(1) Lib. I, e.

V,

p.

75,

(2)

Pag. 76.

(3)

Pagg. 88 8gg.;

cfr. la

1 edi2., pp. 80 sgg.

319. Era un po' strano per altro che l'A. as, p. segnasse quella data, e citasse poi nella pag. sneeoasi Tm vaa lettera dei Dieci, dell'S di gennaio, all'ambasciatore a Soma, che pregavano s' adoperasse preaso il papa perch concedesse al S. di ,
e.

(4) Lib.

n,

TU,

p.

353. Cfr. la 1 ediz.

predicare a Firenze <

non ostante qualunque commissione aressi di andare a predicare a Lacca >. Nella nuova edizione aggiunge la citazione d'una simile lettera della Signoria scritta il 28 di dicembre del U94, e gi pubblicata nel 1862. (5) Lib. IH, e. II, pp. 402 sgg. Cfr. la 1
(6) Lib. I, cap.

ediz., Ub.

DI.

II,

pp. 364 sgg., e e. V, pp. 43S-4S9.


loglio.

IX, p. 163. Nella

ediz. (p. 140), diceva

25 ^rile, invece di 25

(7) Lib. Ili. cap. II, p, 412. Cfr. la li ediz., p. 369.

246

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
(1); le notizie

avrebbe avuto sufficiente ragione

aggiunte, che pur chiariscono

compiono la cronologia della renzo nel 1492 (2) e delle due


e in

vita del S., del quaresimale detto in S. Logite a

Venezia dell'anno stesso


di

(3),

spiegate

modo

assai

probabile

collo scopo
la

trattare
della

col

generale dell'ordine,

che l

si

trovava,
(4).

per

separazione

congregazione toscana dalla

lombarda

Un'altra mutazione notevole riguarda

un

fatto,

che in s

di

pochissima

importanza,

ma

che pel grande scalpore, che

vi s' fatto intorno,

non pu

esser passato sotto silenzio; cio la famosa chiamata del S. al capezzale di

Lorenzo

de'

Medici moribondo e l'assoluzione negata a questo da fra GiroIl

lamo, perch non volle rendere a Firenze la libert.


dal Perrens, dal Ranke, dal

V. fu ed uno dei
d'altri,

pi strenui sostenitori della verit dell'aneddoto impugnata, per tacer

Reumont. E, a
,

toglier

di

mezzo l'argomento
poteva esser preil

pi potente dei suoi avversari


sente ad una confessione, n
rivelare a persona

cio questo, che nessuno


S.

il

avrebbe

potuto

violarne

segreto, n
se
l'assolu-

non

solo

peccati confessati,
;

ma nemmeno

zione era stata impartita o no


fra Lorenzo ed

cerca ora, sull'autorit del Cinozzi e del Pico,


;

di escludere assoluzione e confessione


il

con dire che quelle parole scambiate

frate

non furono

altro

che un colloquio precedente


quello

alla

confessione, la quale poi, per la fine che ebbe


si

strano

dialogo,

non

fece

(5).

Non
il

v'ha dubbio che la cosa a questo

modo

divien

possibile,

tanto pi che

Pico e

il

Cinozzi non fanno precedere le tre interrogazioni

del frate da nessuna parola di Lorenzo;

ma

ce le rappresentano

come una
di

specie di strano

saluto, col

quale

forse

quegli

avrebbe potuto, prima di


disposizioni

ascoltar la confessione del morente, volersi assicurare delle


lui.

Senonch FA., che pur si fonda sulle parole dei due gi citati, non curate nella prima edizione, per usare alcune frasi, che possano, sotto un nel comcerto rispetto, disarmare gli avversari, non sa allontanarsi poi plesso del racconto dal suo forse troppo prediletto (6) pseudo Burlamacchi;
,

(1) Lib. I, cap. Vili, pp.

137, 139. Cfr. la la ediz., pp. 118, 121.

(2) Lib. I, cap. IX, p.


(3) Ivi. (4) Ivi, pp.

167.

171172. Non abbiamo contato fra


,

queste

mutazioni quella della data delle pree.

diche sul salmo Qitam bomis


lib. I,

percli

il

1494

che era nella la ediz. in principio del

del

era certamente

un errore

tipografico, perch a p. 173, n. 2, l'A. scriveva:

L' avvento

del '93 fu quello sul salmo


altres nella

Quam

bonus

V avvento

del '94 fu sopra

Aggeo

come

ripete

nuova edizione

(p.

202, n. 2), dove peraltro credo sia pur corso un errore tipografico

in quel 1492 del penultimo filare sostituito al 1494 della

prima edizione, senz'accennare del mu137 e 138.

tamento nessun motivo.


(5) Lib. I, e. IX, pp.
(6) Il

159 e 160. Cfr.

la la ediz., pp.

che in

V. impiega la maggior parte della prefazione a questa edizione a combattere il Ranke, uno dei suoi Historisch-hior/raphische Studien aveva infirmato 1' autorit del Pico e del
di esaltare
il

Burlamacchi, dicendo la biografia del primo scritta con intendimento


della seconda repubblica e nel

S. nel fervore

tempo
met

dell'assedio (1530);
del secolo

la seconda

da quella derivata e spesso

tradotta, e scritta nella seconda

XVI.

Il

V., ristringendo in
di

meno
che

parole quanto

aveva gi detto nel primo fascicolo della Rivista storica


la sua biografia nel 1520, e forse

Torino

sostiene

il

Pico
il

scrsse

prima, bench fino


,

al

1530 non

la

pubblicasse, e che

fonte

del pseudo Burlamacchi

una

biografia latina

non ignota

poi al Pico stesso, che si trova

msta

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
sostanza:

247

e l'esclusione della confessione riesce allora difficile o strana. Egli dice, in


11

S.

non

si

sarebbe certamente recato


il

da Lorenzo, se non chia-

mato; e perch l'aveva da chiamare


sinceramente rivolto
i

Magnifico, se non per confessarsi,


?

per riceverne religioso conforto ed assoluzione

(1). 11

Magnifico avendo

suoi pensieri alla religione s'era anche confessato

e comimicato con gran divozione;


fessore,

ma

dubitava della sincerit del suo conr

che temeva avesse potuto esser mosso da un certo riguardo nell'assolverlo ; indi la chiamata del frate che non aveva mai ceduto n alle minacce, n alle lusinghe (2). E di quali peccati doveva egli principal

mente

parlare, se

non

(3).

di quelli,

pi gravi della sua vita, quelli

che erano noti in tutto il mondo, come appunto di cui parlano il Cinozzi, il Burla
il

macchi ed altri

S'accosta adunque

S. al letto di lui.

Tre peccati

pi specialmente questi voleva cenfessargli, per averne da lui l'assoluzione

il

sacco di Volterra ;

denari
il

tolti al

Monte

delle fanciullle, cagione a mol-

sangue sparso dopo la congiura dei Pazzi. Nel parlare di ci, prima ancora che incominciasse la segreta confessione, il *t Magnifico si agitava di nuovo, ed il S., per calmarlo, andava ripetendo Iddio buono. Iddio misericordioso... Ma, aggiunse, non appena Lorenzo
tissime di perduta vita;
:

ebbe

finito di parlare,

vi bisognano
(5).

tre cose (4).

qui

il

seguito che tutti


il

sanno. Ora, stando le cose a questo modo, poco importa che


stesso

Burlamacchi
,

terminasse

il

racconto con le parole

il

Padre

si

parti

e lasciollo

* senz'altra confessione

Ma

se

Lorenzo non poteva voler altro che consar questa la confessione?

fessar quei peccati ed averne l'assoluzione, se di quei peccati egli peccatore al

confessore parla accusandosene,

come non
?

Che mai

Lorenzo moribondo e che sentiva di morire, e bramoso sinceramente e scrupolosamente di riconciliarsi con Dio, avrebb'egli intavolata col rigido frate predicatore una conversazione accademica, perdendo cosi un tempo prezioso, prima o invece di confessarsi ? Che se Lorenzo non parl, come sembrerebbe dal racconto del Pico, mente lo pseudo Burlamacchi nel riferire le sue parole, e giuoca di fantasia il Cinozzi, che
avrebbe poi questa dovuto essere
poi
il

fonte di

tutti, si

nel voler

leggere

nell'animo

di

Lorenzo
di

di

quali

peccati appunto

voleva confessare; e forse la cosa parve strana al Pico,

che

peccati non accenn.

ogni

modo

l'origine

prima

questa versione.

nella biblioteca nazionale di Firenze, compoeta

vene

il

1524 e condotta su doenmenti aatoreToIi,


del

che

troTano nel cod. riccard. 2053, qnali

l'
il

epistola

Cinozzi

il

primo getto della vita


al

del Pico, ed altri. Certamente qnesto riporta

Burlamacchi, cio

le

sue fonti,

primo o

al se-

condo decennio del secolo XVI e toglie ria gran parte delle difBcolt del Ranke ;

ma

lo ricondace

sempre a fonti alquanto parziali pel


talora, o per colpa di chi lo compil
i

S.,

zione fervente e per somiglianza di concetti

come alquanto parziale, e per l'amicizia e per l'ammirapoteva eswre anche il Pico ; e non impedisce che
,

o per colpa delle sue

fonti, ftlsasse

almeno

coli 'esagerazione

fatti

che narrava
e.

come

il

V. etesso riconosce e sostiene

p.

508 della presente edizion*

(Ub.
(1)
(2) (3)
(4)

m,

VI).

NoU
Nota
Cap.

apposta

al e.

IX del

lib. I, p.

184.

Cap. IX, pp. 157, 158.


cit., p.

184. 159.
Vita del p. f. 0. S. ecc. ecc.. Lacca, 1764, p. 29.

n,

p.

(5) BuKLijiACCHi,

248

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
di
il

a quanto confessano quegli antichi scrittori, il racconto e, come ben notava il fra Silvestro Maruffi Perrens (1),
;

un

allutinato,

solo,

che racal-

conti la cosa

come testimonio

oculare,

il

Poliziano

(2),

che

la

narra ben

trimenti. L' esser questi cortigiano e amico di Lorenzo

gran peso nel caso presente: giustamente

il

non mi par cosa di Perrens osservava che egli ne


S. nei termini,

sarebbe stato preso di sdegno, e non avrebbe parlato del

che

ne parla
ultimi

(3),

se

il

frate avesse in quel

modo

assai singolare amareggiati gli


si

momenti dell'amico

suo; mentre che l'aneddoto

inventasse e spar-

gesse nel tempo della ripristinata repubblica, quasi arme


pallesco minacciante, a tener desta nel popolo la

contro

il

partito

memoria
tolta

della passata opla

pressione e l'odio per quella


fargli

schiatta

che

gli

aveva

libert, e a

grandeggiare d'innanzi alla mente l'immagine dell'ardente restauratore

e innovatore di questa, troppo pi verisimile e naturale


ci si

(4). N si dica che supponga per dar favore ai Medici. Chi nega oggimai che sotto il magnifico Lorenzo Firenze non era pi libera? N certamente son troppo benevoli ai Medici il Perrens e il Reumont, per quanto il V. dica quest'ultimo un dotto ammiratore dei Medici poco meno entusiasta del Roscoe (5). Chiunque abbia letto e ricordi, non che la biografia del S., il VI volume
il

della Storia di Firenze dell'egregio professore della scuola politecnica, e

Lorenzo

il

INIagnifico dell'illustre e

compianto consigliere prussiano, non

potr dire davvero n l'uno n l'altro mossi da troppa indulgenza verso la


politica medicea;
di

ma

soltanto, nel caso presente, dalle intrinseche difficolt

un aneddoto, che
il

in fondo in fondo poco peggiore

pu fare
di

sul magnifico

Lorenzo
Altri

giudizio della storia.

cambiamenti son vere e proprie correzioni

qualche

espressione

raen che esatta della prima edizione;


del Poliziano e l'et, in cui questi

come

quelle che riguardano le opere

compose le Stanze (6); o come la sostiTornabuoni a quello di Clarice Orsini fatta, certamente per isvista, nella prima edizione madre del Magnifico e istigatrice del Pulci a comporre il Morgante (7); o quel che si dice della venuta a Firenze di Giovanni Paleologo, che, nella prima edizione, sembrava avesse
tuzione del

nome

di Lucrezia

soltanto, senza muoversi,

mandato molti

e dotti teologi al Concilio

(8);

cos

(1)

Jerome Savonarole,

lib. I,

cap. TV, p. 75.

anche questo, che la testimonianza del P. la pi antica di tutt, perch l'epistola a Jacopo Antiquario, in cui ne parla, del 18 di maggio del 1492, e per posteriore alla morte di Lorenzo di poco pi d'un mese. Vedila in Angeli Politiani Operum tomus primus etc., Lug(2) Notisi

duni, 1546, pp. 98 sgg.


(3) Loc.

cit
si

(4)

pur notevole che di parecchi nemici del S.


,

fa rilevare dai suoi biografi la

mala morte,
spontaneo

con particolari
della

che potranno essere veri


popolare

ma

che possono anche parere un ritrovato


dall' affetto o dal risentimento.

fantasia

eccitata e riscaldata

di tali racconti

qualcuno ha rassomiglianza considerevole con

questo della morte del Magnifico, come, per es.,


il

quello della morte di ser Ceccone notaio, che scrisse e fals

processo di fra Girolamo (Bdkla-

MACCHi, Op.
(5)

cit.,

pp.

182-3.

cfr.

successivi).

Nota

cit., p.

185.

(6) Lib. I, cap. Ili, p. 49. Cfr. la 1 ediz., p. 46.

(7) Ivi, p. 50. Cfr. la la ediz., p. 47.


(8) Lib. I, cap.

IV, in principio, p. 5i. Cfr. la 1 ediz., p. 49.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
alcune
espressioni pi esatte
(1);

249

intomo a Gemistio Platone e a Cosimo dei


giustamente sostituito a quello d'Arroti,

Medici

il

nome

di Richiesti

dato nella prima edizione ai cittadini invitati a giovare del loro consiglio la

Signoria di Firenze (2)


di

e certe variazioni fatte


notizie
,

secondo

le

testimonianze

Marin Sanudo,

alle

che riguardano la consegna di

Gemme

Zizim a Carlo Vili e la morte di quel principe sciagurato (3). Per quanto sien cose che non toccano per nulla alla parte
dell'opera, anzi sieno rispetto

sostanziale

a questa particolari di poca importanza, nondimeno ognuno intende quanto pregio accresca al lavoro l'esattezza maggiore anche in quelle. E appunto per questo ci sarebbe piaciuto che l'illustre
autore fosse stato in qualcuna di
risoluto,
siffatte correzioni,

per cosi dire, un po' pi


del

perch

ci

sembra che a

volte

un certo

rispetto

modo

usato

nella prima edizione abbia scemata anzich tolta via

interamente
nella

qpialche

inesattezza. Cosi, per es., si diceva del Proposto dei Signori,

vecchia

mutava ogni giorno , e la stessa cosa veniva poi ripetuta altre due volte (.5). Nell'edizione nuova invece, nel secondo di quei luoghi (6) l'A. si contentato di sostituire: il Pr., che era a turno uno dei Signori , e va bene; ma negli altri due, ha adoperato una forma poco esatta, scrivendo nel primo (7): Il Pr. mutava ogni due o tre giorni, * qualche volta anche ogni giorno : nell'altro (8): ufficio, che toccava
edizione
(4):

Il

Pr.

per turno, cjualche volta ogni giorno, qualche

volta

ogni

due o

tre,

ad

uno dei Signori

11

vero che questa diversit di durata non c'era, n


fatti gli Statuti fiorentini,

sarebbe stata secondo l'indole di quel governo; in


nella rubrica che parla dei giuramenti, che
ufficio
i

dovevan prestare nell'entrare in Signori, dicono ancora che appena consegnato dal Potest al nuovo

Gonfaloniere

gonfalone della giustizia ed entrati


Gonfaloniere
dei

Signori in
bussolotto,

palagio,

il

notaro della Signoria presentava al


cedole, su cui erano scritti
i

un

con nove
oflfitii

nomi

nuovi

priori,

perch ne estraesse
prae-

una:

et ille, cuius

nomen tunc
fieri

fuerit extractum, sit praepositus

fatorum

dominorum, cuius

oflfitium

durare debeat per tres dies, et sic de


(9);

singulis tribus diebus

debeat >

e l'esame

accurato dei libri

dei

(1) ili, pp.

57 e 59. Cfr. la la ediz., pp. 54, 55.

(2) Lib. II, cap. (3) Lib.

V,

p. 283, n.

1. Cfr. la

1 edi., p. 252, n. 1.

m,
n,

cap. I, pp. 375, 376. Cfr. la 1 ediz., pp. 340, 341.


cap. 11, p. 203, n. 1.

(4) Lib.
(5)

p. 256, e a p. 274, n. 1.

(6) Pag. 288.

(7) Pag. 232, w.

1.

(8) Pag. 306, n. 3.


(9)

Statuto

popuU

Conumutis Florenttas pubUca auetoritate eoUteta, eaiiigakut prapotiia,


X, p. 503. Srondo foesU
il

a. $. 1415, voi. II, Frbargi, 1778, lib. Y, tratt. I, rnbr.

ai

potri anche
il

correggere qoanto detto a p. 306


Tecchio.

n. 3, che

il

primo a fare

Proposto o na
,

essere

pi

Quanto
il

alla spiegazione, data in qael Inogo, del borteUino

basta rimandare chi voglia


;

saperne

vero, a qoalanqae cronista o storico fiorentino, che ragioni dell'anno 1387


,

e,

per non

perderci in citazioni inutili


del

alla Storia di

Giao Cappoxi

lib.

IV

cap. II

in fine

o a quella

Pbkuxs,

lib.

XI, cap. I (voi. VI, p. 47).

250
partiti potr

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

mostrare a chiunque che a questa disposizione dello statuto non si contraffaceva mai (1). Alcune altre poche parti in fine sono state lasciate correre cos come stavano nella prima edizione, le quali, a nostro credere, sarebbe stato meglio cambiare, perch certe cose, che si potevano ben dire nel 1859 non si posson pi dire ora allo stesso modo. Cosi, per es., a p. 291, il V. ha conservato questo periodo tale e quale si trovava nella prima edizione Nel 1427 i Medici, volendo acquistar favore appresso il popolo ed abbas sare i Grandi, fecero ordinare il Catasto, cio a dire una stima dei beni
:

d'ognuno, acci nei prestiti

si

potesse a

ciascuno

imporre giustamente
ridire,

secondo la sua fortuna . Nel 1859 non c'era che


essere altro che la pura verit;

n alcuno

so-

spettava che l'aflFermazione del Machiavelli, o meglio del Cavalcanti, potesse

ma

nel 1860
(2),
il

il

sig.

P. Berti
delle

pubblic, nel
si

Giornale storico degli Archivi toscani


quelle apparve chiarissimo che

testo

consulte, che

tennero quando a Firenze venne in deliberazione la legge del Catasto; e da


i

pi zelanti a darle favore

furono

proprio

quei ricchi ottimati, che gli storici dicevano averla combattuta, e primo di
tutti

mess. Rinaldo degli Albizi


si

Giovanni dei Medici invece, che se ne


espresse
il

fa-

rebbe l'autore,

mostr assai dubbioso, ed

sospetto, poi

per

verit confermato giusto dai fatti, che quel

nuovo modo avesse a


quali
!

riuscire

meno

utile e fruttuoso al

Comune

di quelli, ai

si

voleva

sostituire.

Importantissima e poco fortunata pubblicazione

che se non fosse stata


sigli
si

fatta (3); altri, tanto

Altri non la curarono pi pu un inveterato preconcetto


:

cercarono negarle autorit, come fece Gino Capponi, scrivendo


erano spesso d'apparenza; l'istoria officiale non

Nei Coni

veniva... a cose fatte negli scrittoi e nelle botteghe, talch

voti

mai

l'istoria

intera e

(1)

Anche in quel brano

delle Storie di

Gero Dati, riportato dal Capponi in Appendice


Ordine degli
uffici della

al I vo-

lume della sua Storia


si

(n. XII, la ediz.), col titolo

Repubblica di Firenze,

trovano a p. 645 queste parole: hanno tra loro per ordine uno di loro sempre
d'i,

Proposto, e

tocca a ciascuno la sua volta per sorta, e dura tre seguire


il

e tutti gli altri

hanno

in que' tre d a

Proposto ecc. . La cosa a ogni modo tale, che potr

dall' egregio autore essere fa,

cilmente rimediata in un'errata-corrige, ch'egli apponga al secondo volume

come

fece nel terzo

volume del suo Machiavelli; e in quello potr correggere in arcivescovo


data a
p.

la qualit di cardinale,

29 a Francesco

Salviati, e in vescovo quella d'arcivescovo data a p.

462 a Niccol Pan-

dolflni, e in

aaostiniano quella di francescano data a p. 143 a fra Mariano da Gennazzano, svista


si

evidente, perch in altri luoghi


(2)

parla di lui proprio come di frate agostiniano di S. Spirito.

Anno IV

disp. la

pp. 32 sgg.

Vedi specialmente

le

due Consulte del 7

di

marzo

e del

12 di maggio del 1427, pp. 42 sgg., 54 sgg.


(3)

Non

fa

certamente maraviglia trovar queste parole

Cette mesure

assurment fort qui-

table, reneontra naturellement de l'opposition chez

les privilgis; seul

parmi

les plus riches


,

Jean des Medici y donnait son adhsion , tramezzo alle moltissime


cui ripieno
il

inesattezze ed errori

di

libro del sig.

Leon Veruabob de Naeyek,


;

intitolato Florence,

Etude

politiqtte, e
,

pubblicato nel 1881 a Parigi (p. 151)

ma

strano trovare in

un

libro

molto migliore

uscito

quest'anno, cio quattro anni dopo l'ultimo volume della Storia del Perrens, di cui l'A.
e

si

serve

che

cita a

grande onore, questo periodo:

La

ri'sistence egoiste

de la haute bourgeoisie ce

projet fut parmi ses fautes l'une des plus lourdes: pour les Mdicis, au contraire, l'approbation

et l'assistence, que Jean parut accorder la rforme, donnrent une plus vive impnlsion sa
popnlart
>

{Les rvolutions politiques de Florence etc., par Gabriel Thomas, Paris, 1887, p. 221).

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
non sempre l'istoria vera
(1).

251
non
si

Ma

(oltrech qui
si

tratta di voti,

ma

di discussione),

che

ai

documenti autentici
tutto

debba negar fede, per non


il

ricusarla alle parole d'un cronista appassionato e partigiano, qual'


valcanti, ci

Ca-

sembra proprio con

il

rispetto

che abbiamo per


(2).

la

me-

moria dello storico venerando, una vera stranezza

Ma

lasciando di notare pi oltre (jueste, che nel caso nostro sono minuzie,
al valore intrinseco e sostahziale

che non nuocciono


dire di alcuni dei

del

libro,

veniamo a

giudizi,

che

l'A.

pronunzia suirillustre

ferrarese.

Non

nego
assai

di far ci

con una certa trepidazione, perch veramente mi


i

sembra

grande arditezza discutere

giudizi di
tal

tale,

che oltre

la

superiorit
nessun'altro,

dell'ingegno e della dottrina, ha


del Savonarola e delle opere sue.
si sia,

conoscenza, quale
dir la

forse

Nondimeno

mia opinione, qual'essa


il

con franchezza pari alla sincerit, con cui ho lodato l'opera bellissima.
pare adunque che
si

Non mi
d sul
S.

possa dir nulla in contrailo al giudizio, che

V.

come uomo

come

religioso, perch'egli l'ha


la fede,

ottimamente dimostrato

uomo

di

gran cuore, di ardente zelo per

per la virt, per la libert,

innamorato del bene, fedele alla dottrina cattolica anche nei momenti in cui pi arditamente si scagli contro i ministri corrotti della religione; ma mi

sembrano da temperare un poco i giudizi dati sul S. come oratore e come poeta. Dire il S. il primo oratore moderno e che da che s'era spenta l'antica e santa eloquenza dei Padri e Dottori cristiani, non s'era mai pi udita una voce, che fosse degna d'esser tramandata ai posteri (3), ci sembra, per verit, troppo gran lode. Niun dubbio, che, per quanto sappiamo, il S. fu il maggiore oratore del tempo suo; niun dubbio che certe
infocate invettive contro la corruzione del clero e del popolo cristiano, certe
descrizioni o rappresentazioni terribili del flagello minacciato sono potente-

mente eloquenti, per quanto

sepolte, per cos dire, in


si

mezzo a un mar
ed
in

di

parole, in cui s'avviluppano e

svolgono, fra

sottili distinzioni

esegesi

talora alquanto sforzate, pensieri alti,


tutt'altro

nobili, santi,

ma
(4)

espressi

forma

che eloquente.
ci

Ma

osserva giustamente l'A.

che delle prediche,

nella
le

forma che

rimangono, raccolte alla meglio nel tempo che l'oratore

pronunziava, da persone, che spesso per la commozione


loro, e alle quali poi

interrompevano
che
suo
aspetto,

anche l'opera
il

manca
i

tutta la
atti,

vita, tutta l'anima,

S. esaltatissimo

trasfondeva in

tutti

suoi

in

tutto

il

non possiam farcene un concetto adeguato, sicch sar pi giusto giudicarle dagli efietti, che produssero. E certamente il predicatore, che scendeva dal pergamo febbricitante e quasi fuori di s, gli uditori, che non solo si commovevano fino alle lagrime, ma pendevano dal labbro di lui, e secondo le
sue parole riformavano la loro Repubblica
e,

cosa pi considerevole,

loro

(1)
(2)

storia deta Repubblica di Firtnxe,

lb.

IV, cap. VII, voi.

I,
,

p.

485.
sosta del
re

Anche per quanto riguarda Carlo Vili

e Isabella d'
il

Aragona

nella

a Paria

(p. 220),

sarebbe stato meglio seguire, piuttosto che

racconto tradizionale, le testimonianze an-

torevolIsBime del Comxiiibs (Mimoire*, lib. VII, e. VI), e del

Saxcdo (La tpdMotu di Carlo Fi/ ecc.,

Venezia, 1873, p. 672).


(3) Lib. I, cap. VIII, in
fine.

p.

152.

(4) Lib. II, e. VI, p. 326.

2o2

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

costumi, abbandonando vizi e diletti mondani, per darsi a pratiche di piet

anche se teniam conto dell'efficacia degli avvenimenti, che sembravano fare del S. un santo profeta, percotendo il popolo con quei flagelli tremendi, che egli dal pulpito annunziava (1); son tutti segni che quella parola uscita da un cuore profondamente commosso doveva esser potentissima ed efficacissima e quindi in gran parte eloquente. Ma che dovrem noi
e di virt
;

dire allora della parola di Francesco d'Assisi

o d'Antonio da

Padova, che

ad abbandonare agi e ricchezze per far penitenza; che cosa di quella di S. Bernardino da Siena, che la gente andava ad ascoltare all'aria aperta prima che il sole si levasse, e vi stava fin quattro ore, e che in ogni luogo portava
si

quasi

trascinaron dietro tutta una

generazione, conducendola

seco la pace, tanto che


e restituiti a loro
i

fuorusciti
,

beni confiscati

ne vennero talora richiamati nelle citt, da quelli stessi che li godevano ? (2).
b.

Cosi in Firenze stessa non fu poco potente o efficace la parola del

Gio(3):

vanni Dominici, secondo che attesta


se
il

il

Poggio ormai gi suo nemico


testimonianze
dei

seguito degli avvenimenti e le

discordi

contempo-

ranei non ci posson far cosi certi della rettitudine degli intendimenti di fra Giovanni da Vicenza, come di quelli del S., tutti quanti, favorevoli a lui o contrari!, ci parlano della potenza della sua parola, che radunava sulle rive

dell'Adige quasi tutta la


bardia, e in

Marca trevigiana

molte

cittadinanze

di

Lom-

uno

dei tempi d' odi pi accaniti per l'Italia settentrionale, in-

duceva a pace tutte quelle cittadinanze e, oltre pi altri, i Signori da Camino e da Romano, che tutto dire (4). Noi non neghiamo adunque certamente che il S. fosse grande oratore ma dire che prima di lui non si
:

(1)

Vedi massimamente

quanto riguarda

l'effetto

della predica del 21 di settembre del 1494

descritto in

una pagina bellissima


non
fosse attestato
si

del V. in fondo al cap.

del libro

I.

Quantunque non possa

nascondere che quell'effetto, proprio in quel giorno, mi pare alquanto strano, e che non sarebbe
credibile, se

universalmente e prima
1'

di tutto

dal S. medesimo.

Il

Re

infatti

gi da

un mese

era mosso; gi

8 di settembre era avvenuto quel terribile fatto di Rapallo,


ai

dove

gli svizzeri

non avevano perdonato nemmeno


,

malati dello

spedale (Bakth. Sesareoae

commentaria de rebus genuensibus


cit.,

in

R.

I.

S., t.

XXIY,

col. 541, C,
il

Maeiko Sakodo, Op.


ad-

pp. 83, 84)

il

terrore doveva

essersi
il

sparso prima assai che

S. dicesse: Ecce ego

ducam aquas super terram. Che


della malattia
fatto riaprire
,

anzi

21 avrebbe dovuta esser gi arrivata a Firenze la notizia


il

che aveva fatto pericolare Carlo Vili in Asti e che l'aveva colto
po' gli animi alla speranza. Vero che allora
il

13,

ed aver

un

S.

non faceva una predicazione


il

seguitata
la cosa.
(2)

e forse

non

aveva

predicato pi dall'agosto

che mi sembra

solo

modo

di

spiegare

Vedi specialmente quel che avvenne a Crema, secondoch S. Bernardino


la

lo

raccont in una
sgg.).

sua predica fatta a Siena, che


(3)
(4)

XII

di quelle pubblicate dal

Bakchi (Siena, 1880, pp. 285


che

Nel dialogo in hypocritas;

cit.

dal Salvi nelle note della prefazione alla Regola cit., p. 174.
,

Vedi quasi tutte quelle cronache veronesi


Vili dei R.
il

vicentine

padovane
(col.

il
;

Muratori

pubblic
,

nel

t.

I.

S.

e principalmente

Geeakdo Maorisio

37-39)

Aktonio Godi

che

chiama

frate da Schio (de Scledo), e lo loda ezimiae

facundiae innoccntineque,

ma ne

rimpro-

vera poi l'ambizione (col. 80); Rolakdiko (col. 203-205); Pabisios de Cereta (col. 627), pi severo
di tatti gli altri col frate,

ma
di

gran fatto della pacificazione


risio
,

che anch' egli ne loda l'eloquenza e racconta, come gli Paquara, che poi dur poco. Importante principalmente
punti di contatto fra
il

altri,
il

il

Mau-

che

ci

dice dei particolari, che mostrano certi curiosi

domenicano

del sec. XIII e quello del secolo

XV.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
fosse udita altra voce eloquente in Italia, ci

253
passi
i

sembra che

limiti della

giusta lode.

Veramente non
che nei versi di
e

cos esagerato

il

giudizio sul S. f)oeta.

Il

V. riconosce

lui v'

una soverchia

e continua negligenza della forma,

il concetto di rado si eleva all'altezza di una vera creazione poetica (1). La qual confessione peraltro non gl'impedisce di affermare che i suoi versi * attestano ch'egli non fu indegno cultore di quelle muse, di cui alcuni lo vorrebbero chiamare cieco dispregiatore. E se essi non meritano sempre il nome di vera poesia, non perdono per mai una loro particolare originalit

ed altezza di concetti,

che

li

rende preziosi a conoscere la nobilt delFanimo


particolare
originalit

di chi

li

scrisse (2). Or, per verit, questa


di riscontrarvela

non

pare a

me

sempre, n nel concetto, che spesso


d'altri poeti e

s'incontra

con quelli espressi nelle laude

contemporanei, e pi antichi,

n nella forma, che spesso, ma specialmente nelle canzoni, pu mostrare che il S. in giovent non istudi soltanto Aristotele e S. Tommaso, ma dov svolgere assai anche i libri di Dante e del Petrarca (3), quantunque
quest'ultimo lasciasse poi bruciare fra le altre vanit nel 1498
ly.ude del S. si
(4).

nelle

riscontra

mai quella rozza


di la

e cruda

talora

strana,

ma

sempre viva e potente originalit intreccio del concetto biblico con


di

fra lacopone da Todi,

n quel
delle

felice

forma

fluida ed

evidente

laude
certe

Lorenzo

il

magnifico, e

nemmeno
il

quella grazia, che non

manca a

vive descrizioni che abbelliscono talora le laude semplicissime di Lucrezia

Tornabuoni
Benivieni;

non cade mai nelle stranezze del un concetto assai falso chi volesse giudicarle da quel passo degno certamente d'essere stato scritto da uno dei peggiori secentisti, che il Y. cita. Di quelle stranezze nelle laude del B. non ce ne sono spesso davvero, e se togliamo quella che comincia:
(5).
11

V. osserva che
si

S.

ma

certamente

farebbe

delle composizioni del B.

Io vo* darti,

anima ma,

in tutte le altre,

non esclusa forse nemmeno

la

savia pazzarella e quella

(1) Lib.

in, cap. VI.

p. 532.

(2) Iti, p. 527. (3)

Specialmente
,

frasi e concetti delle


'l

dne canzoni Spirto


.

gentil, che
eti.
,

quelU membra reggi, e


,

ItaUa mia

bench

parlar sia indamo

si

trovano

per

nella la

5> e 6* strofa e nel


il

commiato della canzone De

ruma

miundi

nella strofa 2> della canzone:

Quando
la

toare e m*o
di Sisto IT;

Jldo conforto, nelle strofe 2*, 3* e 6 della landa, che si dice

composta per

morte

come ona noterole


di

frase dantesca

si

trova nel commiato della canzone

De ruina eceUtiae,

la se-

eonda strofa della qaale, coU'interpetrazione che l'accompagna, ricorda qualche passo della landa

tn Jacopone Piange
come
(4)

la Ecclesia,

piange e dolura, e nella qnale non mancano espresBioni aaati

strane,

p. ea., quella
,

che chiama S. Paolo stabulario mio zelante.

Psanns

J. S., lib. Ili, cap. II. p. 254.

E
,

secondo

il

Bnrlamaechi

da

coi

il

P. prende

qnesta notizia, anche nel primo bruciamento del 1494 {Op. eiL, pp. 114 e 116).
(5) Vedi specialmente la laude Ecco
'l

Messia

Ben unga OtoHna

in

Rime sacre
,

del m.

Lorenso de' Medtei

il

teechio

di mad. LuereMia sua madre e d'altri ere.

raeeotU ecc., per

Francesco Cionacei ecc., Firenze, 1680.

2'A
che
la

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
segue
(1), c"

pi arte, che in tutte quelle del S. Del quale poi neppure canzoni sieno tanto migliori delle laude, quanto il V. afferma. In alcune di queste, e anche di quelle, che il V. pubblic per il primo chiamandole abbozzi, mi sembra che sia talvolta pi grazia, pi semplicit, meno sforzo di forma che non nelle canzoni. N le laude nacquero

mi sembra che

le

soltanto per far parodia e contraltare

che ne
forse a

scrisse

anche Lorenzo

il

ai canti carnascialeschi, tant" vero Magnifico; era genere assai pi antico, nato

un parto

colle canzoni a ballo nella

fantasia del

popolo

nostro,

il

quale fino dal secolo XIII cantava nelle compagnie dei


Dio, della Vergine, dei Santi, con lo stesso metro
canti, in cui

Laudesi
stesse

le lodi di

sulle

arie

dei

sfogava l'animo

lieto nell'intrecciare le

pubbliche danze. Sicch

forse

colla quale
alle

non neppure assolutamente vera quella differenza di spontaneit, il V. spiega come le laude sieno a suo credere molto inferiori
(2).
il

canzoni

Ad

ogni modo, checch ne sia di questi giudizi particolari,

secondo dei

buon conto, non riguarda davvero un aspetto rilevante dell'operosit del S.; il giudizio complessivo, che pu darei sull'ardente frate domenicano, non mi sembra possa esser diverso da quello, che il "V. ne d, quando lo dice: uno dei pi splendidi nella schiera generosa dei pensaquali, a

tori, degli eroi e dei martiri italiani

(3).

d'altra parte

qualche

pic-

cola divergenza di giudizio o differenza nell'apprezzamento di qualche fatto potr


l'A.

mai scemare in noi la riverente ammirazione per un libro, nel quale ha cosi bene applicato e seguito quel metodo, che dovrebbe proporsi
storie, e ch'egli tratteggi in quelle belle parole della pre-

ogni scrittore di

fazione alla prima edizione di

quest'opera sua
o di

Quel

sistema

che vuol
nobili e

render la storia istrumento di partiti

opinioni, siano pure

generose, a noi parso sempre falsissimo. Chiunque imprende a narrare


il

passato, entra sopra


si

che egli

faccia innanzi,

un terreno sacro ecf inviolabile. Non v' bisogno come il propugnatore della virt e della libert
genere

deve invece persuadersi che la storia del


un

umano

per se

stessa

dramma

vivente, che conduce l'uomo alla

libert,

elevandone la mola

rale, svolgendone la civilt. Chi adunque vi porta la pi lieve alterazione,

pretende

di correggere l'opera della

Provvidenza e ne distrugge invece


F. G. Pellegrini.

sublime armonia .

(1)

La Savia pazzarella

si

chiama quella lauda, che ha per ripresa e per ritornello:

Non

fu

mai

'1

pi hel solazzo

Pi giocondo n maggiore,

Che per

zelo e per

amore

Di Jesu diventar pazzo.


Quella che la segue comincia
:

Io vo' dirti,
,

parlano dell'abbandono dei beni terreni

che

anima mia, e tutte e due, come quella citata nel testo, (Opere di Girolamo Beniil mondo reputa pazzia
a di

vieni fiorentino novissimamente rivedute ecc. ecc. Stampate in Venegia, per Gregorio de Gregori.

Nell'anno del nostro Signore


(2) Lib.

MCCCCCXXIII

XXVIII de

aprile.

m,

e.

VI, p. 530.

(3) Prefazione alla la ediz., in fine.

cfr. le belle parole

con cui termina

!a

prefazione all'e-

dizione nuova.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

255

GIROLAMO MANCINI.
e siigli scritti di

Niuyci documenti e notizie suMa vita


Battista Alberti (Estratto dall' Arc/J.
t.

Leon

storico italiano, serie IV,


(8,

XIX).

Firenze,
il

Gellini,

1887

pp. 70).

La

vita e le opere di

Leon

Battista Alberti,

tipo pi completo deil'uomo

universale del rinascimento, tuttavia soggetto delle amorose ricerche degli


studiosi
;

e altri ne riproduce e studia e traduce gli scritti d'arte e le opere

architettoniche, e altri le letterarie, e cerca notizie pi certe sulla sua vita,

che ha pur tante incertezze e oscurit. Non maraviglia pertanto che quegli stesso che ha contribuito di recente ad appianarne le difficolt e l'ha illustrata

con amore v'insista a costo di dovere, per ossequio alla


scritto.

verit, dero-

gare in parte a quanto ha


Ci fa appunto
pubblicata
opuscolo.
pel

signor Girolamo Mancini, che alla


,

bella vita di L. B.

Sansoni nel 1882

aggiunge ora questo importantissimo

Nel quale, prendendo occasione dal pubblicare che fa una bolla di papa Eugenio IV del 1432, conservata nell'Archivio di Stato fiorentino, assoda con buonissime ragioni che Leone ed anche Carlo dovettero nascere da illegittima unione del padre loro con donna per diversa da quella che poi Lorenzo spos in Genova nel 1408; e ritoma sulla questione della data della nascita di Leone, che sostiene essere avvenuta in Genova nel 1404. Non seguir 1' A. in tutto il lungo e vario suo ragionamento; ma qui panni che esso si tenga troppo esclusivo nel combattere si pu dire soltanto la data proposta del 1414. Elssa tanto assurda che non mi pare se ne debba tener pi conto. Mi sarebbe invece piaciuto meglio che avesse preso a considerare quella ch'io stesso ebbi a proporre e che venne accolta da alcuni con assai favore. Ingenuamente io confesso che i nuo\T dati fornitici dal signor Mancini anzich distruggerla vengono a rafforzarla. A dimostrarlo ci vorrebbe troppo lungo discorso che non pu aver qui luogo; ma non so tenermi dal ricordare che se Leone nel De Jure, scritto a Bologna nel 1437, afferma di seguire da sei anni il pontefice, da quando cio lasci gli studi l^ali; e se questo avvenne quando aveva ventiquattro anni, secondo affermasi nella Vito, come pu essere nato nel 1404 ? La bolla pubblicata dal Mancini prova ch'egli era abbre\iatore prima del 1432 e pot esser benissimo stato fatto nel '31 e da quel tempo aver seguito il papa. Donde una riprova che dovette nascere nel 1406 ovvero nel 1407. Convengo poi coU'autore nel riporre a tempo anteriore al ^32 gli scritti nei quali Leone lamenta le ristrettezze domestiche; e nessun dubbio pu sorgere sulle relazioni cos ben rilevate dal Mancini fra l'Alberti e il patriarca di Grado. Ma se Leone era gi abbreviatore apostolico e segretario particolare del patriarca, la sua presenza in Roma deve riportarsi almeno anche all'anno precedente alla bolla, ossia al 1431. Se anche per certo

256

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

che vi rimanesse fino al 1434 non siamo autorizzati a collocare a questo tempo tante opere quante il Mancini vorrebbe; meno di tutte poi la Famiglia. Per la quale, ritenendo che Leone nascesse nel 1407, io non posso

non sostenere

la data gi assegnata del '37 o '38.

Ma

anche questa una

controversia che

mi

trarrebbe in lungo.

lore per la vita di

ora pubblicata, cosi ricca di particolari, ha tanto vaLeone che fa desiderare che l'egregio sig. Mancini ricerchi e pubblichi anche l'altra (seppur una sola) che pur deve esistere e dello stesso papa Eugenio all'Alberti. Sulla fede di certi appunti del Salvini io gi
la bolla

ogni

modo

asserii nellopuscolo sull'Alberti pubblicato in

Ancona

nel 1882 a p. 18 in nota,

come

il

nostro Leone fosse fatto scrittore apostolico

da Eugenio e riportai
lib.

l'appunto delle bolle, che sembrano due, l'una


l'altra dal lib. 27, e. 293.

ricavata dal

23, e. 155,

cata,

ma

r altra

L'una deve essere certamente questa ora pubbliForse la nomina di abbreviatore che dovette essere
,

anteriore,

come dicevo

come

ricavasi da queste parole

Nos

if/itur

vo-

lentes te qui literarum apostolicarum abbreviator et ut asseris ecc. .


Irrefragabili e di altissima importanza sono
i

documenti riguardanti
;

l'edu-

cazione di Leone sotto la guida di Gasparino Barzizza


riportate del Gasparino, e

perocch non parmi


nelle

possa sorger dubbio sulla identit del Battista nominato


il

due lettere

nostro,

messo

in relazione cogli altri

nomi

tutti

caratteristici della famiglia Alberti e colle circostanze tutte accordabili colla

vita di Leone.

Donde deriva

assai luce intorno ai suoi primi anni e alle sue

prime relazioni di amicizia. Certo parmi ancora chiusa definitivamente

la questione se l'Alberti sapesse

no

di greco. Io stesso ebbi occasione di sostenere

che

si,

ma

poi

troppo illudere dalle parole di Carlo Aldobrandini riferite


servazioni fini e dotte che

dal

mi lasciai Mehus della

cui vita di Leone diedi conto nell' '85 in questo stesso periodico.
il

Ma

le os-

Mancini

ogni dubbio,

si

che

la

conoscenza del

mezzo greco devesi ormai riporre come dato


fa a questo proposito tolgono di

di fatto nella coltura di tanto svariato ingegno.

E n

qui finisce la parte che direi induttiva del libretto del signor Mancini.

quale con perseverante studio venuto a scoperte mirabili registrate ap-

presso,

come

quella dell'identit

eW Intercenale
le relazioni

quarta col dialogo Yirtus

dea falsamente attribuito a Luciano, col buon cartolaio Vespasiano ecc.

con la famiglia Parenti e

Le
il

altre parti del libretto sono per lo pi

Mancini aveva

asserito nella Vita, o spigolature

conferme o riprove di quanto da altre pubblicazioni.

numento malatestiano
Leone.

a questo proposito posso dire come anch'io dopo lo studio de visu del modi Fano sia d'accordo coll'Yriarte nell'attribuirlo a

Non

posso tenermi per dall'osservare


notizie

come

l'autore avrebbe potuto

valersi pi largamente ancora delle

date dal

Mehus, alcuna

delle

quali feci rilevare anch'io nell'annunzio suaccennato.

latini editi e inediti

L'ultima parte dello scritto riguarda notizie e osservazioni sopra opuscoli non abbastanza dilucidati nella Vita. Come appendice

poi tratta della persona di quel Francesco Aretino a cui


scolo, Epistolae

trina

si

Leone dedic l'opuseptem Epimenidis Diogeni inscriptae; e con molta dotdimostra essere quel Francesco di Mariotto Accolti, di cui le biblio-

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

257

teche fiorentine serbano ancora varie poesie volgari e che avr, quando che sia, occasione di dimostrare amico anche di Francesco d'Altobianco Alberti,

pur cos caro a Leone. Quest'opuscolo pertanto nel suo insieme un mazzolino notizie sulla vita di Leon Battista di altissima importanza.

di

documenti e

G. S. SciPioM.

OiomaU

ttorico, X, hac. 28-29.

l'i

,,

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

PIETRO ORSI.
pp. viii-56).

L'anno

mille.

Torino

Bocca

1887

(8

Dopo

il

Baronio, un grande
(2),

numero
che
i

di storici e

non

storici, dal

Michelet

(1),

dal Martin
scolastici,

dal Carducci (3) ai pi meschini autori d' insignificanti libri


detto e ripetuto

hanno

popoli cristiani atterriti


fin dal

si

aspettavano

la fine del

mondo
(5)

nell'anno 1000.

Ma

1840

il

giureconsulto Francesco
,

Forti (4) cominci a dubitare


altri

che questa non fosse una leggenda


si

e dipoi

parecchi

riuscirono a dimostrare che le testimonianze messe innanzi

dal Baronio e seguaci


del

non provavano punto n poco che


il

temesse

la fine

mondo

all'anno 1000, ed

Roy

(6)

giunse a dire assolutamente: Les


et

terreurs de

Fan mille ne sont qu'une legende


i

un mithe

L' 0. che

giunto ultimo per tempo, tuttavia primo per importanza, come quello che

riassume

tutti

lavori anteriori e di suo aggiunge

molte e notevoli osser-

vazioni, fa sua l'opinione del

Roy

(p. 56), e

dice egli pure (p. 51): Oserei

anzi dire che in una storia dei terrori del finimondo l'anno mille ci pre senterebbe

una pagina bianca


.
eoli'

nella lunga serie delle tristi vicende dell'u-

mana

debolezza
d'

Noi siamo

accordo

0. finch egli ci dice che

non

vi fu nell'

anno

mille nessun terrore speciale di prossima fine del mondo,

ma

crediamo che

la sua affermazione dianzi citata sia troppo estesa e assoluta.

un

altro

modo

assai diverso

di porre la questione :

Non

si

mai

(1) Histoire (2)

de France,

t. t.

II,

pp. 199 sgg.

Histoire de France,

Ili, pp.

36 sgg.

(3) Sti*di letterari, p. 8.


(4)

Libri due delle istituzioni

civili,

Firenze, 1840,

t.

I,

p. 222.

(5) Plitme,

Les prtendues terreurs de l'an mille, in Reviie des questions historiques, gennaio
;

1873, pp. 145-165

poi nel suo libro Recherches critiques

Raoul Rosiees, L'an sur


in

mille, in

Revue politique

et littraire,

30 marzo 1878,

Vhistoire reUgieuse de la France,

pp. 135-163, Pa-

ri^, 1879; ErecEEN, Die Legende von der


Ohristi

im lahre 1000,

Frwartung des Weltimterganges und der Wiedsrkehr Forschungen zur deutschen Oesckichte, XXIII, 2, pp. 305-318 Got,

tinga, 1883.
(6)

UAn

Mille, Parigi, Hachette, 1885.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

250

creduto che il mondo dovesse finire air anno mille , ma non si anche m,ai creduto verso il mille che fosse prossima la fine del m^mdo? E tale anzi pi che mai dopo il lainterrogazione ci sembra che regga sempre voro deirO. egli non solo non ha posta la questione in questo altro modo,
,
:

come non avea

fatto

il

Roy,

ma

l'ha risolta in senso negativo.

Ora esatta

questa soluzione?
Anzitutto bisogna intenderci sul significato preciso dell' espressione verso
il

mille.

Per

verso
il

il

mille noi

poi,

ma

tutto

secolo decimo e la prima

non intendiamo dieci anni prima, dieci anni met dell'undecime, quantunque
stretto si possa dimostrare la stessa cosa.

crediamo che anche in senso pi

Carte del 916, del 967, del 985, del 1024, del 1025, del 1028, del 1030, del
1031, del 1037 (1), cominciano colle parole: Appropinquante fine mundi; Mundi termine adpropinquante, ruinis crebrescentibus, iudicia certa manifestantur e simili. In un concilio di Reims del 991 Arnolfo
Orleans, dice: Fit ergo discessio
,

vescovo di

secundum apostolum non solummodo gen-

nosque

tium,sed etiam Ecclesiarum; quoniam, cuius ministri Galliam occupavenmt, totis viribus premunt, Antichristus instare videtur (2). Guglielmo
Dom,ini

Godei, nella sua cronaca dalle origini del

MX in

m,ultis locis

per orbem

tali

mondo al 1173(3), dice: Anno rumore audito timor et rnoeror

sanioris

corda plurimorum occupavit, et suspicati sunt multi finem saeculi adesse: animi quique de vitae suae correctione attentius studuerunt salubri Consilio utentes. Lasciamo
il

passo di Anselmo nei suoi Gesta episcoporum


al
;

Leodiensium,

(4),

che pure mostra come

minimo

pericolo nel 968 la

mente

ricorresse alla prossima fine del

mondo

l'O. stesso

riconosce in un passo di

una paura del finimondo (p. 93), ma sempre paura. 11 Tritemio negli Annales Hirsaugienses, all'anno 960, ha queste parole: Anno Sigeri Abbatis IX magnus imperator Otto principes regni convocnvit... Comparuit in eodem conventu principum Presbiter quidam, in finibus Thuringorum eremita, nomine Bernhardus... qiiem vulgus venerabatur ut sanctum. Eie suo alienove spiritu illusus, nescimus, diemjamjam imminere dicebat extremum, et mundum in brevi consummandum, idque sibi a Beo revelatum costanter affrmabat. In cuius rei signum critces Deum praemisisse appaRodolfo Glaber
(5),

che

si riferisce al

1033,

paura cagionata bens solamente dalla carestia,

rere in vestibus

summatio

hominum asserebat, nec illas desituras, donec mundi conCredebant alii hunc esse divinum, alii vero ut hominem vel cerebro destructum vel arrogantiae plenum irridebant (Q). Finalmente Abbone
fiat.

nel suo Liber Apologeticus

scritto nel 948 ricorda due prediche fatte una Lorena al tempo dell'abate Riccardo (961-978) in cui si annunziava, nella prima la fine del mondo al mille, nella seconda all'anno

a Parigi e

l'altra in

(1)

Oasi, p. 36.

(2)
(3)

Idem,

p. 39. la

In Rtcueil de htorimu des Oauis et de

Franc, X,

p. 262.

(4)

Pmtz,
Tom.

Jf.

0.

H.

Script., VII, p. 202.

(5) IV, 4, in

Recueil de$ hitt de

OauU*

et

d la Frane, X, p. 49.

(6)

I.

pp. 102-3, ed. S. 0llo, 1690.

, ,

260
nel

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
quale

Da

tutte queste

l'Annunciazione coincidesse col Venerd Santo, cio al 992 (1). testimonianze si vede pure come verso il 1000 si temesse

prossima

la fine del

mondo, per quanto una

sola, e la

meno importante

ac-

cenni un timore della fine del

mondo
del

all'anno 1000.
i

L'O. parecchie volte fa osservare che in tutti

tempi vi furono di quelli

mondo: d'accordo, ma di questi ve ne furono anche nel secolo decimo e nella prima met del seguente. Egli dice che il principio delle carte del 916 etc. non che una semplice formola
che temettero prossima
la fine
,

che

si

trova anche, e molto pi frequentemente, nei secoli precedenti. D'ac-

cordo anche qui che sia usata

prove che sia una formola?


fine del

prima e pi frequentemente ancora, ma le non poteva essere il terrore della prossima


retoriche.

mondo, che
il

l'O.

riconosce trovarsi in ogni tempo, persino nel nostro?

Cos dicasi del suo giudizio che spesso non trattisi che di frasi

Che verso

mille

si

temesse

prossimo

il

finimondo e* che un certo

stato d'inquietezza paurosa regnasse in molte persone

del Chronicon Hirsaugense del

Glaber, dissimulato dall'O., in

lo provano un' passo uno molto caratteristico del cui racconta una sua visione spaventosa (2).

Tritemio, ed

d'altra

parte

in

un tempo

di superstizione doveasi

pure trarre qualche


mille
,

conseguenza dai
Terrore

flagelli naturali cos frequenti


,

verso

il

(3).

adunque del finimondo


ci

ma

quanto intenso

fin

dove esteso ?

Al

solito se

erano

creduli,

c'erano pure numerosi gl'increduli;

Gu-

glielmo Godei e gli Annales Hirsaugienses del Tritemio distinguono assai

bene, quando dicono

hunc

esse

a proposito di Bernardo di Turingia: credehant alii divinum, alii vero ut hominern vel cerehro destructum vel arirridebant.

rogantiae
Ottone
classi

plenum

E
si

lo stesso passo di

Anselmo
,

nei Gesta Epii

scoporum Leodiensium, dove


I

racconta

il

terrore

ch'ebbero

soldati di
le

per

un' eclissi e le

rampogne

dei
si

capitani

fanno vedere che


si

inferiori

temevano,

le

superiori o

ridevano o non

curavano di

quei terrori.

Riguardo

all'

influenza che queste

paure esercitarono sulla letteratura


Bettinelli (4)
,

esagerarono in

modo

incredibile

il

il

Ginguen
i

(5)

ed

altri.

Non
il

vero, e qui l'O. ha perfettamente ragione, che abbiano inceppato lo


i

sviluppo della letteratura e dell'arte;


contrario, dimostrano che
il

documenti e

monumenti provano
prima del
mille.

risveglio comincia gi

Ma

(1)

In Recueil

cit.,

X,

p. 332.
speeiei.

(2)

Y,

Obstitit mihi ex parte pedum lectuli forma homunculi teterrimae


gracili, facie macilenta, ocnlis

Erat enim

statura mediocris, collo


,

nigerrimis,

fronte rugosa et contracta,

os exporrectnm, labellis tumentibus, mento subtracto ac perangusto, barba depressis naribus caprina, anres hirtas et praeacutas, capillis stantibus et incompositi's, dentibus caninis, occipitio acuto, pectore tumido, dorso gibbato, clunibus agitantibus, vestibus sordidis , conata aestuans

ac toto corpore praeceps arripiensque summitatem


cnssit lectum.
(3) ,
*

strati in

quo cnbabam, totum

terribiliter con-

epidemia.

Eccone una tavola molto incompleta desunta dai cronisti sincroni. 987: gran carestia ed 1001: gran carestia. 990-994: carestia e mal degli ardenti. 989: gran carestia. 1003-1008: gran carestia e mortalit. 1010-1014: carestia, mal degli ardenti, mortalit.

1027-1029: carestia.
(4)

1031-1034: carestia atroce.


il

1035: carestia ed epidemia ecc.

Del risorgimento d'Italia dopo


Histoire littraire. d'Jtalie,
t.

mille, voi. I, pp. 90-93.

(5)

I,

pp. 111-112.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
certo

'2ijl

un

influsso in altro senso

non

si

pu negare. L'idea
i

dell'oltre

tomba

produsse nel medio evo tutta una letteratura e sarebbe strano che a rendere
pi larga questa letteratura non avessero contribuito
terrori del finimondo.

Qui peraltro non sono pi

terrori speciali dei secoli

decimo ed undecimo,

ma

in

genere

di tutto

il

medioevo.

e riconosce che esso


Crermania.

Questa Tiutensit dell'influsso; per l'estensione l'O. esclude affatto l'Italia si esercit solo in alcuna parte della Francia e della

Gesta di Federico I in Italia

descritte in versi latini da anodella


(8",

nimo contemporaneo, ora pubblicate secondo un ms.


Vaticana, a cura di

Ernesto Monaci.
,

Roma, 1887

pp. xxxii-138, con 7 tav.).

Con questo volume,


inedita,

l'Istituto storico italiano inizia

vita scientifica: giacch diflBcile trovare

degnamente la propria una pubblicazione di antica fonte

che

si

presenti di maggiore

interesse per la materia,


Il

come per
si

il

modo con

cui la edizione venne eseguita.

tratto

al

quale

estende la

storia narrata dal

poema non

molto lungo, dal marzo 1152 all'agosto 1160,

ma

per compenso molto importante.


stesso, del Giesebrecht, del

Come

ormai noto, per

lavori del

Bonghi, ecc., la figura di Arnaldo da Brescia viene tratteggiata dal poeta con larghezza di notizie finora affatto sconosciute, rimanendo cos meglio illustrata la morte, e meglio chiarite le
dottrine.

Monaci

Sebbene il poeta non enim populum sub imagine

fosse favorevole ad Arnaldo,

che k decipiebat
abbastanza
Il

veri

tuttavia

egli lo giudica

importante, per dover spendere molti versi a narrarne la vita.


dettato in onore di Federico,
gonisti delle epopee classiche.
gilio,
il

poema

un

quale qui assume quasi l'aspetto dei protapoeta, che conosce assai bene Stazio e Virpensa volentieri ad Enea, e anche a lui d
il

Il

quando parla
pius
(v.

di Federico

l'epiteto di

861). Imperialista, egli loda in lui


(v.

difensore dell'im-

pero vigli imperii rector Fredericus


scrivendo
il

2527); e va pi

avanti

ancora

(v. 57):

veri pietate vigens


il

pietate vigens ancora pi che

nuUique secundus in armis , dove pius sopra riferito, richiama al buon


Il

Federico dell'Alighieri.
Tuttavia
il

poeta non adulatore.

Monaci
che

si
il

occupa

di

questo nel cap.

I
il

della prefazione, dove,

dopo aver

stabilito

lavoro fu compilato tra

1162 e

il

1166, mostra la indipendenza relativa della scrittura, anche


forse

parla di colui, alla cui corte

scriveva.

Il

quando poema incompleto: e, se.


lecito
il

come
abl)ia

si

pu sospettare, l'autore ne fu un bergamasco,


allorch
la

pensare ch'egli
imperiale.

dimessa la penna
il

sua patria lasci


la

partito

Nel

e. Il,

Monaci

si

occupa dell'autore, e rigettata

proposta del

Wenck

di riconoscere nell'anonimo poeta quel


stato autore di
si

Taddeo da

Roma

che sappiamo esser


1

poema, oggi perduto, sulle guerre

tra Federico

Milanesi,
il

ferma,

come a opinione

fondata, a quella del Giesebrecht, secondo

quale

un bergamasco. Dal t. II del Cod. Diplom. Bergomensis del Lupi raccoglie il Monaci i nomi di molti magistri fiorenti in Bergamo tra il 1160
l'autore fu

262
e
il

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
1189, lasciando del tutto indeciso con quale di essi
e. Ili,
si

il

possa identificare

poeta anonimo. Nel


il

mina che

Teditore dilucida la questione dei mss., e detercod. 1436 della biblioteca Trivulzio non pu pretendere ad es-

una derivazione dal codice Vatic. Ottoboniano 1463, il quale rimane quindi a base della edizione, non dovendosi ricorrere al manoscritto trivulziano che in rarissimi casi. Descrive minutamente il manoscritto vatisere altro che

cano, del

quale

nelle

tav. 3, 4,
il

basta una pagina sola, volendo

6 e 7 riproduce quattro pagine. Non gli Monaci chiarire pienamente il lettore di


stati scritti
i

ogni accidentalit grafica del ms. Sul tempo in cui siano


del cod. vaticano contenenti
il il

fogli

si

accontenta di dire che


il

poema, V editore sta alquanto sulle generali, carattere del sec. Xlll-XIV. Nel e. IV, ed
seguiti

ultimo,
copia,
li

M. espone

criteri

nella edizione.

manifesti

errori di

corresse, respingendo in nota la lezione del codice; nei casi dubbi,

propose in nota l'emendamento. Interessante assai per gli studi paleografici il modo con cui il Monaci intende gli errori manifesti, tanto pi che questo
si

meno

coordina a tutte le questioni sull'ortografia dei mss. e sulla convenienza di riprodurla nelle edizioni. Ricordisi naturalmente che abbiamo

davanti a noi una copia, e non un originale. Regolare la semplificazione dei


dittonghi ae, oe, sostituiti da
il

e, lo stesso si dica di hi per hit, ecc. Regolare gruppo ci per tio, michi per mihi e simili, e cosi l'aggiunta della h dove non andrebbe regolarmente habesse , habissus, ecc. Invece 1' Editore
,

non tenne conto

di altri fatti,

come scempiamento

di consonanti doppie, e

geminazione di consonanti semplici , confusioni tra s, e e se, o tra o ed u. Siccome cotali grafie nel ms. non sono costanti, cosi egli credette di poterle
riguardare come accidentalit grafiche da attribuirsi al copista.
Delle sette tavole, quattro le
del

abbiamo
le

indicate.

Barbarossa dal codice vatic. 2001,

La 2 riproduce l'effigie due rimanenti sono carte geouna carta geografica


la
d'I-

grafiche ad aiuto del lettore.


talia,

La La

tav. 1 contiene
I

con una carta speciale del Milanese.


sottolineati

luoghi menzionati nel poema,


pianta di Milano

vi

sono

in

rosso.

tav.

5 rappresenta

nel 1158, allorch fu assediata dal Barbarossa: non originale,

ma

desunta

da una vecchia opera del Fumagalli.


L'edizione di facilissimo
uso, poich
si
il

Monaci, oltre

alle

spiegazioni

paleografiche e di lezione di cui


sare al lettore

tocc, vi aggiunse

quanto pu interesindicazioni
Hist.

per

il

miglior uso del testo, e cio:


il

cronolo;

giche nel margine, secondo


pie di pagina, le quali
le

sistema seguito nei

Mon. Germ.
classici

note a

contengono raffronti coi

per avere presenti


e
gli
.scritti

fonti

letterarie

del

poema

raffronti

coi

cronisti

del

tempo, per conoscere talvolta


la relazione in cui
il

le fonti del

poema,
si

e pi spesso

naturalmente
testi-

racconto fatto dal poeta

trova verso quelle


ai

monianze che

fino

ad ora erano note, in riguardo

singoli fatti.

Non

c'

in queste note alcuna inutile sovrabbondanza, alcuna indicazione data soltanto

a sfoggio di erudizione.

Chiudono

il

volume

gli

indici; cio l'indice dei

nomi

e delle cose, quello di versificazione, quello dei vocaboli degni di spiega-

zione, ecc.

ad augurare che

la edizione del

Monaci, quanto

al

metodo, abbia

a servire di modello per tutte le future pubblicazioni

dell' Istituto.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

263

ANNIBALE GABRIELLI.
italiana).

Lapo Gianni

e la lirica predan-

tesca. Note ed appunti. (Estratto dal periodico

La rassegna

si (i).

Roma, A.

Befani, 1887 (8^ pp. 32).

Questi appunti
su

riferiscono particolarmente al recente lavoro di E.

Lamma,

Lapo Gianni
,

Ritenendo

la triplice

divisione

istituita

dal

Lamma

nelle poesie di Lapo, e solo ribellandosi al titolo di < poesie siculo-provenza-

leggianti
naci
(2), il

che suona naturalmente male a chi segue la teoria del Moil

G. fa osservazioni di vario valore su (juanto

Lanmia ha
sia

asserito,

sia rispetto allo stile e alla metrica delle

rime

di

Lapo,

anche

rispetto

alla autenticit di alcime di esse.

Su

tali

osservazioni particolari

non vogliamo

soffermarci. Assai pi impor-

tante ci riesce invece qualche appunto storico che J"A. qui d.

pp. 25-27 egli

segnala un codice miscellaneo della Nazionale di Parigi, sfuggito al

Lamma,

che ha tre poesie di Lapo. Sgraziatamente non

si

cura di indicare n

la odierna,

n
Il

la

vecchia segnatura di questo ms.,

ma si
il

limita a rimandare al

codice contiene anche rime dell' Alighieri, di Bindo Bonichi e di


(4).

Cavalcanti

Altrove (pp. 22-24)

G. d rilievo

Marsand (3). Guido ad un documento gi


sfuggire.
11

avvertito dal Del Lungo,

ma

in

modo che potrebbe agevolmente


compagno

Del Lungo
di ser

(5),

trascrisse

unicamente alcune linee dal protocollo notarile


di vita nuovcu, cio

Lapo

di Gianni Ricevuti, l'amico e

di rime e d'amore, a Dante e a Guido Cavalcanti .


intitolato

questo protocollo

Qitatemus diversarum abreviaturarum scriptarum factarum et rogatarum per eum Lapum quondam Giannis Ricevuti de Florentia imperiali auctoritate iudicem ordinarium publicumque notarium e va dal 1298 al 1328. 11 G. ne d qui lo spoglio (p. 23 n), comunicatogli da Giulio Salvadori. Resta quindi stabilito che l'amico di Dante era della famiglia Ricevuti e che nel 1328 era ancora vivo. Per quanto ci rammentiamo, non
,

(1)
it., I,

Propvgnatore,
446.

rol.

XYIU,

1885.

Cfr. questo

Giomas, Y, 479, e Gaspast, Storia, tnd.

(2) Espressa nell'opascoto

Sui primorctt

della scuola poetica tieUiana,


(cfr.
il

Bonu,

1884.

L ipota

del Monaci renne,

come

si sa,

combattuta da giudici antoreTol

Oaspabt, in Literaturblatt,
6. di crederla giosta,

1884, p. 442 sgg.) e certo non senza fondamento di Taro. Padrone

ma

non padrone
addiritnra

di riporta tra le

pi recenti conclutioni della scienza filologica e


distinti

di riguardarla

come uno

dei

due chiari e

indirizzi che

ha preso oggi la storia letteraria

< delle origini (p. 6-7).

Lo

stesso Monaci, crediamo, avendo soltanto, col suo breve scritto, pro-

posta una ingegnosa congettura, ben lungi dal sognarsi di arer con essa cangiato qualsiasi indirizzo
(8)

deUa

storia letteraria.
I,

Troppe

altre prore

TOgHono

Mu.,

135-40.
ai

liriche di Qnido, come ignoto ne rest 824 della Capitolare di Verona. Vedi sa qaest'ultimo n. MAMHXsian, Di un eoiic* poco noto di anVek* rimi italian* (estr. dalla Zi$ck. f. rom. Phil, Tol. I), p. 8 agg.
(4)

Questo cod. rimase ignoto

due recenti editori delle


I'

pure (gioTk osserrarlo qui per incidenza) un altro,

(5)

Trecento iOtuire JlortnUno, Firenze, 1885, p. 4.

264

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Comune
di Fi-

fu notato da alcuno che nel 1284 egli era gi consigliere del

renze
Il

(1).

G.

ha amore

e attitudine per gli studi critici,

ma

in quello che

abbiamo

visto di lui

notiamo ancora molta inesperienza. Se

ci fosse lecito dargli

un

consiglio, gli
cose.

diremmo
,

di

non pubblicare troppo


et giovanile,

e di

non occuparsi
italiana

di

troppe

Come
il

possibile, in
di lirica

trattare nello stesso

tempo, con

piena competenza
tradurre

portoghese e di lirica

delle origini e

Nibehmgenlied

ERASMO PRCOPO.
tano del
sec.

I Bagni di Pozzuoli, poemetto napoliintroduzione, note, appendici e


st'or.

XIV, con
daVArch.

les-

sico (Estratto

per

le

prov. napolitane
(8,

IX,

pp. 597-750).

Napoli, F. Furchheim, 1887

pp. 163).

Lo stesso cod. napolitano di su cui il Mussafia gi pubblicava il Regimen sanitatis, contiene un secondo poemetto medicale quello appunto che
,
:

il

P. ci presenta in questo volume; per esso la letteratura dialettale del mezsi

zogiorno, di cui gi tanto ci hanno svelato gli ultimi anni,

arricchisce di

un nuovo
onde
colo
il
il

e prezioso contributo, prezioso e in s e per l'erudita illustrazione

P.

accompagna

la pubblicazione del testo. Risale

il

poemetto
ci offre,

al se-

XIV

(assai

probabilmente all'epoca di Roberto d"Angi), e

come

trattato prosaico dei

Bagni

di Pozzuoli,

che

il

P. ci regala nelle Appen-

dici,

una libera traduzione, e talora parafrasi, del componimento De halneis Terrae Laboris di cui si attribuisce la paternit a Pietro da Eboli (vissuto tra il 1150 e il 1221), e che, alla sua volta, derivato dal libro decimo dei Collecta medicinalia di Oribasio. Notevole che il poemetto di Pietro non contenga nessuno accenno a quella leggenda popolare napoletana che fa di Vergilio il fondatore dei Bagni di Pozzuoli, e che, per opera di Corrado di Querfurt e di Gervasio da Tilbury, si propag da Napoli a tutta Europa.
Il

metro del poemetto quello che ritorna nel Regimen sanitatis e in


meridionali, la strofa
legati
di
sei

altri

monumenti
sillabi,

versi

cui primi quattro


gli ultimi

sono

degli alessandrini,

assieme da una sol rima,

due, endecasec.

a rima baciata.

La lingua, com' da aspettarsi a Napoli in una produzione del non ci rappresenta gi il napolitano pretto, bens un miscuglio
tano e di toscano, ai quali
dievale allora corrente.

XIV,

di napole-

elementi s'aggiunge qualche po' del latino

me

vi apparisca chiara.
la fonetica e la

Il

La miscela non impedisce per che la base dialettale P. s'astiene dal darci, esposta in modo sistematico,
il

morfologia del testo; a questa bisogna attender

D'Ovidio.

Le osservazioni

linguistiche del P. sono preponderatamente d'ordine lessicale

(1)

Vedi in una
p. ix,

lista dei consiglieri di

quell'anno

pubblicata dal

Del Lonqo, Dino,

I,

P. Il,

docnm.,

Ser Lapin not. f. Oianni.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
e iotendon
di dare, nelle

265
il

note al poemetto, delle voci pi dialettali

signi-

ficato, e di avvertirne la loro ancor floiida vita, quando Taveano, nel nostro

vernacolo: italiani

nel lessico poi, qualche etimologia pi autorevole delle voci


i

< pi nuove, e tutti


.

riscontri,

che

ci

son presentati

con

gli altri dialetti

Non vogliamo

celare che

a\Temmo

preferito veder concentrato


esso.
Il

nel lessico che sta in fine al


lessico
il

volume

tutto

quanto ha attinenza ad

qual

P. l'ha fatto con molta cura, perspicacia e dottrina, mostrandosi


;

pienamente in possesso della materia e del metodo n le due osservanzionceUe che noi qui sotto ci permettiamo vogliono minorare in checchessia i meriti

del P.

Di

alcune parole, che pur sono registrate nel lessico,


e per qualche altra;

si

sarebbe

desiderata la traduzione, cos per pecca, v. 123; medela, v. 298; camarato,


v.

579; rionosa, p. Ili,

3,

di notare, o le
(v. 216),
'

avTCmmo

notate in
';

modo

pi preciso, parole
(v.

non avremmo ommesso come aUongare


avere in fastidio
(p.
';

allontanarsi, astenersi

(astiare

247)

'

jn-

cresciuto (p.
'

105, Vili, 9-10) 'cresciuto, gonfiato'; perdonar a


':

120)

astenersi da

il

plur. del verbo

'

chi

'

potendosi qui considerare


(p.

a v. 102, non abbisogna d'emendazione, come un soggetto collettivo, cfr. v. 290;

surge
glott.

100, n),
'

pu e deve
s'incontra

stare, poich

'

sorgere

nel significato di

'

far

sorgere, suscitare
it.,

anche

altrove, cos nella

Parafr. lomb. (Arch.


si

VII, 70, 4), ed tanto pi legittimo in quanto appunto

parla

della sanit ridonata dall'acqua sorgente:


glott.
'

it.,

IX, 213:

nassense,
'

'

per

'

splene

'

cfr.

anche Arch.

dice propriamente,

come

gi stato notato,

escrescenza, tumore, fignolo

ed

nese (cfr. Giornale, Vili, 421): pelagra per podagra ', anche nella Parafr. lomb. (palagrose fbntanne)25,29, e ricorre anche altrove; per la grafia analogica onde ci porge esempio piara chiara cfr. anche l'an'
'

, oltre

che del toscano, dell'antico mila-

tico genovese.

FELICE TOCCO.

Un

codice della

Marciana

di Venezia sulla

questione della Povert.


(4^ pp. 116).
Quanta importanza abbia avuto
sec.

la

Venezia, Stab. Fontana, 18S7

grave questione che

si

dibattuta nel

XIV

intorno

alla

assoluta

povert di Cristo e degli


la controversia

Apostoli abba-

stanza noto, e noto pure

come

non

si

agitasse soltanto nel

campo
l'intero

teologico, n servisse di pretesto alle avvisaglie degli studiosi e maestri

di sacre lettere,

ma

scendesse puranche in

orbe cattolico.

Come

il

mezzo ai laici ed appassionasse Tocco dimostra con quella limpida dottrina


de'

che

gli consueta, le aspirazioni

Francescani di ridurre

il

mondo

allo

stato dell' antica perfezione e purit, spogliandolo delle ricchezze , frutto ed

insieme cagione di peccato, avrebbero, ove fosser


le basi stesse dell'edificio sociale; la

riuscite vittoriose, scosse

famiglia era distrutta dinnanzi all'ob-

bligo della castit assoluta;


la volta della propriet.

dinnanzi a quello dell'assoluta


i

povert veniva

Perci quando la battaglia contro

Francescani fu
s'i

intrapresa da Giovanni

XXII,

esso

si

vide

spalleggiato

fortemente

dal

266
clero

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
che dagli
altri

ordini

monastici, mal

tolleranti

che

il

minoritico

si

atteggiasse a superiorit

pericolose. Sulle

controversie che ebbero

per ci

luogo nella curia pontificia ed alle quali la bolla

Cum

inter nonnullos
i

venne ad imporre
lizzati in

fine,

gettano appunto molta e bella luce

documenti ana-

questo libro. Son essi gli scritti di parecchi cardinali e prelati ai

il Pontefice si rivolse prima di pronunziare quel verdetto che doveva condannare come eretiche le dottrine dei Minori, per intendere il loro avviso. Il Tocco, che li ha rinvenuti in un cod. Marciano, che egli reputa

quali

giustamente copia d'un vaticano eseguita per incarico del card. Bessarione,

ne d parecchi

estratti, compiendo cosi quella trattazione che in altra opera sua aveva intrapresa della disputa, giovandosi di quella fonte preziosa per la

storia delle vicende dell'ordine francescano in questo

tempo che

il

Chro-

nicon de gestis cantra fraticellos di Nicol Minorit.


lavoro noi possiamo del resto considerarlo

questo importante

come un saggio di quel secondo volume della Storia dell'eresia nel Medio Evo, che il Tocco ha cosi felicemente intrapresa, e di cui gli studiosi attendono con vivo desiderio la
continuazione.

ANTONIO M ANETI I.
colte

Operette

istoriche edite ed inedite, i-ac-

per

la

prima

volta e al suo vero

autore restituite

da Gaetano Milanesi.
1877
(8,

Firenze,

Successori

Le Monnier,

pp. xxxiv-184.

11

chiaro

Gaetano Milanesi pubblica unite qui insieme per


operette
istoriche

la

prima
gi

volta alcune

anonipie

del

secolo

XV,

quasi

tutte

edite sparsamente. Esse sono la notissima


la

Novella del Grasso Legnajuolo,

Yita di Filippo di ser Brunellesco, alcune Notizie di uomini singolari

in Firenze dal 1400 innanzi, e finalmente la Notizia di Guido Cavalcanti


di

quale vengono qui poste anche tutte le altre. Del che


gere, sebbene di

Antonio Manetti, matematico ed architetto fiorentino: sotto il nome del si danno nella pre-

fazione buone ragioni induttive e paleografiche, alle quali potrebbesi aggiun-

minor valore,

la identit dello stile e della frase, tale

che

colpisce a prima vista, notandosi nella Novella e nella Vita due periodi in

modo zoppicanti e ripetute egualmente alcune come per es. fare la bottega ecc. Nelle Notizie poi
egual
,

frasi

caratteristiche

degli

uomini

illustri

apparisce
Vita.

evidente

essere

il

Ricordo del Brunellesco un sunto fedele della

proposito della
il

quale noto di volo


in

come non
,

sia difficile stabilire


p.

per approssimazione

tempo
autore

che fu scritta

nominandosi a
precetti

96 Leon
i

Battista Alberti quale

ne' nostri d dei

di architettura,

quali sappiamo che furono

divulgati intorno al 1452. Per lo

meno dunque

dev'essere la Vita posteriore a questa data,


ricordi

minuti

ma non di molto, perch certi non potevano mantenersi a lungo dopo la morte del Bruquella

nellesco.
Il

dotto editore ci d poi notizie della vita del Manetti con

cura

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
e nettezza che gli propria.

267
nome
la di

Ed ecco La

cosi
,

un

altro

scrittore vol-

gare di quel maraviglioso

quattrocento

da aggiungersi

ai pochi e a torto

poco curati che gi

si

conoscono.

frase limpida e

dicitura

piana e
forte

semplice danno una particolare importanza a questi


tevoli fonti di notizie

scritti

che sono poi noin-

specialmente sulla Vita e

le

opere di quel

gegno

del Brunellesco.

Di un' edizione
del secolo

delle

Poesie del Cm-iteo fatta nei primi anni

XVI

ignota ai dibliografi e d'

un nuovo nome

di tipografo. Bologna,

Societ tipografica gi Compositori,

1887 [Estr. dal

Bibliofilo, Vili, n 1].

In quest'opuscoletto, dovuto al prof. C. Castellani, prefetto della Marciana,


si

descrive

una stampa
si

delle

rime del Chariteo, veneta e del primo decennio

del 1500; e

dimostra che lo stampatore, che la dette in luce,


si

ufi

frin Bon, com'egli

chiama nell'ultima carta di questa edizione, lo slesso di quell'altro pi noto sotto il nome di Manfredo di ^lonferrato. 11 C, descritta la rai'issima stampa e ricordate le altre edizioni note a lui, delle rime del Chariteo (Napoli, 1506: Venezia, 1507; Napoli, 1509: Napoli, 1514) (1), passa a determinare l'anno in cui fu fatta questa di Manfrin Bon. Egli la crede anteriore a quella del 1507 non ostante che su di essa si legga stampate novaiiente ; che farebbero supporla una ristampa perch
,
,

Man-

queste parole, com' dimostrato nel Bibliofilo del 1883 N. 5 a pag. 70, se condo l'uso di quei tempi, specialmente presso impressori veneti,
cavano ora, recentemente, e anche la seconda volta o di
il

signifi-

nuovo . novamente indica proprio una ristampai Il G. non ha badato che l'ediz. di Manfrin Bon, posto anche il caso che non fosse una ristampa della veneta del 1507, il che non pu mai accertarsi, essendo essa senza data, poteva ben derivare dalla napolitana del 1506. La quale, data in luce da Joanne Antonio de Caneto Paviensem, come risulta
, , ,

per la prima volta, ma non mai per Eppure a farlo apposta qui nel nostro

caso,

dalla descrizione

che ce ne

fa

un erudito della

fine del secolo passato (2),

(1)

curioso che

il

C. dimentichi l'altr stampa reneta, copia di quella d Manfrin Bon, anche


si

nella forma esteriore, che


titola,

conserra, forse unico esemplare, nella Marciana (Misceli. 2226). S'in|

come
:

ed in fine
aa-te Hit.

itampate tumamentt Sonetti Cantone Strambotti; Stampata per Alexandro di Sindoni, in-&), senza numerazione di carte, e col registro Noi abbiam potuto esaminare a nostro agio questa stampa per cortesia del chiar. prel'originale:
| | |

Op*re di Chariteo

fatto della Marciana. Quella napolitana del


di

1519 crediamo che non

uno scambio

fra 1509 e 1519. Oltre alle quali, se

sia mai esistita, e che si tratti ne troTa citata una seconda di Giorgio de'Bn-

sconi del 1519 (eh.

BRonr

Mantul,

I,

1802-3);

ma

anche questa

si

doTri ad una confusione

con l'altra del 1507 dello stesso stampatore.


(2)

D. Caballebo, Ricerche eriUche $uU' Accademia poKtaniana,

s. a.

1.

(ma Roma, dopo

il

1798), p. 5.

268

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
i

in tutto conforme a quella del Bon. Contiene, cio,


i

sonetti, le

canzoni,

madrigali e le ballate con

questa

rubrica:

Al virtuosissimo
:

Cavaliere
la luna;

Cola Dalagno prologo di Chariteo in


poi succedono le due canzoni
la testa al polo
,

lo libro inscripto

endimion

La candida
chiude
il

vertute al Cielo eguale, ed Alza

con

le quali si

volumetto.

Mancano
si

solo

nella

descrizione del Gaballero, gli Strammotti^ che nelle stampe venete sono fra

YEndimion
tana, che,

e le

due canzoni

politiche.

Ma, appunto perch

trovano in

quest'ultime, gli Straramotti debbono trovarsi necessariamente nella napoli-

come diremo,
o,

l'edizione

originale. Si tratter,

dunque,

di

una

dimenticanza
gli

pi probabilmente, di una svista del Gaballero nel prendere


si

appunti sull'esemplare, che


Chariteo
,

conservava, sino alla fine del secolo scorso,

nella libreria segreta del Collegio

Romano

(1).

Ora, poich non verisimile

che

il

gonesi

vi

che visse sempre a Napoli e nel 1506 , caduti gli Aravivea ritiratissimo (2), facesse stampare le sue rime a Venezia,
,
;

cosi da stampe venete, compresa quella del Bon, riproducano la napolitana del 1506, e che siano state pubblicate fra quest'anno ed il 1509, in cui usci in Napoli l'edizione principe, di molto accresciuta e

quando

nella sua patria adottiva v'erano stampatori tanto celebri

ritenere

come evidente che

le

corretta, coi tipi di

Maestro Sigismundo Mayr Alamanno, e per cura di Pietro


poi,

Summonte. La quale,
nostri giorni (8).

L' edizione di Manfrin

non fu mai ristampata se non, solo in parte, ai Bon dunque una ristampa o
,
,

della napolitana del 1506 o dell'altre venete.

L'edizione del
citata dal

Bon non
(4)
,

poi tanto ignota,

quanto crede
(5)
,

il

C.

Morelli

dal

Gervasio e dal Gapasso

dal D'

Era nota e fu Ancona che


(6) ecc. ecc.
il

ne fece fare una copia e se ne serv per un suo notissimo studio

Se
il

il

G. intende parlare dei bibliografi stranieri,

come

l'Hain,

Brunet ed
n sono

Graesse, ha pienamente ragione;

ma

essi
!

non potevan veder

tutto,

queste le sole mancanze dei loro manuali


11

C. passa poi a dare qualche notizia sul tipografo. Egli,


il

come dicemmo,
che sulla
.

identifica

Manfrin Bon con quel Manfredo

di Monferrato,

fine

del quattrocento e sul principio del cinquecento stampava in Venezia

Anzi

(1)

Nella

Biblioteca

Vittorio

Emmannele
fatte.

di

Roma, che
al

eredit

fondi di quel collegio,

non

esiste pi. Ci risulta


(2)
11

da ricerche
il

C. asserisce che

Chariteo mori poco innanzi

mese

di

novembre 1509

iche la

data dell'edizione

curata dal

Summonte;

il

quale,

essendo stato amico del

Cariteo, probabil-

mente pot raccogliere


tile di far

gli scritti

del defunto e quindi pubblicarne parecchi inediti .


si

Era inulettera

tante ipotesi

Il

Chariteo mor prima del luglio del 1515, come

rileva da

una

del

Summonte

al Colocci,

pubblicata dal L.vncellotti, Memorie su Angelo Colocci, p. 91,


classico italiano,

(3)

Nel Partiaso italiano, Venezia, Antonelli, 1851, voi. XII e nel Parnaso

Venezia, Antonelli, 1846, voi.


(4)

CXLVI.
p. 363. Ci rilevasi

Biblioteca Pinelliana,

I,

da una nota manoscritta dell'istesso Castellani


si

nella copia che noi possediamo dell'opuscolo; ov'anche


relli

suppone che

la copia

posseduta dal Mo-

sia quella stessa

che ora nella Marciana.


del

(5)

Sul vero cognome


ecc.,

Cariteo antico pontaniano


p.

in

Rendiconto

delle tornate dell'


il

Accad'a-

demia pontaniann
verla veduta fra
(6)
i

V, 1857,

42, n.

citata dalle carte del Gervasio,

quale dice

libri del cav.

Carelli.

La Poesia popolare

italiana, Livorno, Vigo,

1878, p. 133 n.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
egli, fatto

269

un confronto fra le sue edizioni, trova che quella delle poesie Gomazzano stampata in Yenetia per mi Maestro Manfrina de Mon fera MCCCCCIIa di XIIIDecembrio, in tutto simile a questa del Canteo . Di modo che Manfrine da Monferrato avrebbe avuto per cognome Boni
del
|

(venezianamente Bon) . Se non che, anche in ci, al C. sfuggita qualche

cosa che poteva far molto al suo proposito. In una stampa veneta dell'-Esopo
del Del Tuppo, dell'istesso stampatore,
uniti;
i

due nomi sembrano fortunatamente

ma

il

Bon

ivi

diventa Bonellis.

Non

sarebbe per avventura

dell'edizione del Chariteo, un' abbre\'viatura del secondo, tanto pi


ivi seguito

il Bon, che esso

da un punto? (1). A noi pare quasi certo. Un pi paziente stampe di questo tipografo potrebbe svelarci la verit. Ecco, inImpressum Yenetijs per Manfredum fine, la soscrizione eW Esopo veneto DE MONTEFERATO DE SUSTREUO DE BONELLIS M. CCCC. IxXXXiij. die viU Noubris regnante domino Angustino Barbadico inclita Csic) Venetarum,

esame

delle

principe.

Gente

allegi^a Iddio l'aiuta,

ovvero proverbi, burle, aneddoti e


inedite

curiosit

letterarie edite ed

raccolte da Giuseppe

Baccini.

Firenze,

Salani, 1887 (16, pp. 255).

L'Editore si proposto con questo volumetto di rallegrare alquanto quelli che cercano un po' di sollievo nell'amena lettura dopo le fatiche pi o meno gravi della giornata . E secondo nostro parere vi pienamente riuscito;

che

le scritture qui raccolte in

prosa o in versi, sono nella massima


il

parte improntate a quella schietta festivit che desta


e col, altre sono messe

riso e fa

buon sangue.
lo

Parecchie cose, come vien divisato nella prefazione, gi v'idero la luce qua
fuori

per

la

prima

volta. Graziosi fra queste

Serve al forno appartenente a Cosimo Yillafranchi, alcuni epitaffi satirici contro Bianca Cappello, Paolo Giovio, Lorenzo Valla e Gaudenzio Paganino; men bella, anzi un po' stucchevole. La battaglia dei pidocchi e delle pulci di Benedetto Fioretti; pi vivaci d'assai per la lepischerzo delle

dezza e per

punta satirica alcune rime di


manoscritti, onde

Sante Casini, e di Alessandro


trovano
raccolte, per

Ghivizziani, del qual ultimo egli riproduce parecchie poesie, spigolando nei

cinque

temetti

queste

si

opera di

Ignazio Orsini che aveva in animo di pubblicarle. Questi mss. fanno parte
de' codici
patria.

ashburnamiani di recente tornati, almeno in gran parte, alla madre Notiamo tuttavia, perch il B. non lo accenna, che i due sonetti a p. 224

(1)

Da nn'altn

nota mwnoaeritta
il

dd

CMtelIani, in fine del sao opuscolo,

ri

sa che

il

tipografo

ebe pubblic in Venezia

Ptrtgrimt del Catieto

chiamava anche MAurssoos Bokus;

ma non
sembra

pare che sia lo stesso; perch arendoai del Vanflrin

Bon

edizioni Tenete fino dal 1481


s

poco probabile che l'opera sua tipografica siasi prolangata per nn

longo perodo di tempo .

Cosi

il

C,

nella n. ms.

270
e 226 gi
si

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
leggono nella raccolta delle Poesie di eccellenti autori toscani

per far ridere le brigate (Gelopoli, 1760, I, 79; IV, 85), e poi nella Raccolta di rime burlesche del Fanfani (pp. 346 e 348), e in fine il primo di essi nelle Poesie burlesche edite da Augusto Alfani (Firenze, tip. Cooperativa, 1873, pag. 197). Aggiungeremo ancora che il Yiaggio dei fiorentini alla madonna della Tossa non comparve gi la prima volta nel 1824, ma fu impresso nelle rare Poesie piacevoli e burlesche per divertimento e passatempo (Yverdon, 1782, III, 1 e segg.) come avvert anche l'Arlia parlando
di questa rarit bibliografica (1).

Va

finalmente data lode

al

B. per le note illustrative che egli ha posto

a pie' di pagina, o ha premesso alle poesie, quelle in ispecie che danno notizie degli autori, delle quali la

pi importante la biografia aneddotica di

Alessandro Ghivizzani.

I pannicei
dotta

caldi.

Operetta morale di Epiteto filosofo stoico, tra-

dal

greco in toscano da

Bartolommeo

Corsini.

Firenze, Stianti, 1887 (16, pp. 76).


Gi fino dal 1815 Luigi Fiacchi stamp dall'autografo questa operetta, ed
esemplari non venali. Egli vi ha premesso alcuni cenni intorno alle vicende cui furono sottoposti i manoscritti del Corsini, il quale li aveva lasciati ai marchesi Guadagni. Ma costoro li vendettero a vii prezzo sul principio del secolo, e mentre gli autografi del Torracchione desolato, della Versione di Anacreonte degli Annali del Mugello, con altre cose, passarono in propriet di Antonio dell'Ogna, quello dei Pannicei caldi and nelle mani del libraio Tondini, dal quale pass nelle mani del Fiacchi, e da questi in casa Pucci; d'onde venuto in potere del Libri, fu poi acquistato da Lord Ashburnham. Finalmente nel 1884 prese definitiva stanza nella Laurenziana, dove ora si trova. Tutti sanno che il traduttore ha bizzarramente intitolato Pannicei caldi la nota operetta del filosofo greco che va sotto il titolo di Manuale.
ora la riproduce Giuseppe Baccini in pochi
,

VINCENZO CRESCINI,

il

Contributo agli studi sul Boccaccio.


(8,

Torino, Loescher, 1887

pp. xii-264).

Gi da parecchio tempo
suoi studi ha dato

prof. Crescini si

occupa del Boccaccio e


se dal Filocolo

di tali

qualche saggio.

Non sappiamo

egli sia

(1) Cfr. Bibliofilo,

anno 1885,

p. 74.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
stato tratto

271

a studiare la leggenda di Fiorio e Biancifiore o viceversa:

ma

certo che due volte egli si occup di tale soggetto (1).

studiava La Lvxia dell'Amorosa Yisione (2). poch per due anni ebbe professati studi boccacceschi nell'Ateneo padovano, pubblic L'allegoria dell" Ameto del Boccaccio (3) e Idalagos (4). I prodotti di tali studi, integrati e completati con altri, compaiono nel presente volume, del quale va segnalata la importanza non mediocre. Molte utili discussioni

Contemporaneamente Qualche tempo appresso, do-

saranno da esso suscitate, altre ravvivate. Noi non vogliamo per ora entrare in disquisizioni critiche; ci limitiamo invece ad analizzare il contenuto del
libro.

capitale di esso, intorno alla importanza del quale nessuno Il risultato accamper dubbi, l'aver riconosciuto degli anagrammi di nomi propri in
taluni episodi
del Filocolo. Gli episodi sono

quello di Idalagos e quello di

Aleera, entrambi del libro quinto. Nella prima parte dell'episodio di Idalagos

narrato

come

il

pastore

Encomos

si

recasse presso

il

re Franconarcos e

quivi seducesse la bella Giannai, da cui ebbe due


lagos; poscia, abbandonata Giannai,

figli,

un

dei quali fu Ida-

impalmasse Garamita, che gli regal nuova prole. Gol suffragio dei codici l'A. pone in chiaro che questo nome di Garamita trovasi nella maggior parte dei testi scritto Garamirta o Garemirta, che anagramma di Margherita. Ora si sa che Margherita de' Martoli fu appunto la prima moglie legittima di Boccaccio da Chellino. Quell'Eucomos condottosi alla corte del re Franconarcos non pu essere che il medesimo Boccaccio di Chellino, di cui sappiamo che and in Francia. E quindi la sedotta Giannai, o meglio Gannai, come legge la maggioranza dei codici, sar la madre infelice di Giovanni Boccacci, dalla quale forse, che Gianna Jeanne chiamavasi, ebbe il nome battesimale (pp. 12-15). Nello stesso modo l'A. ricava che nell'episodio di Aleera i nomi delle donne, che secondo i codici suonano Alleiram, Airam, Asenga, Annavoi corrispondono a Mariella, Maria, Agnesa, Jovanna, la prima delle quali, amante di Idalagos, Fiammetta (pp. 66-69). Questa scoperta ci conduce ad aggiungere nuovi e

certi elementi autobiografici

a quelli gi segnalati dal


gi che ne risulti

minori del Boccaccio.


risolta, altre

Non diremo

torno alla giovent dell'autore del

Decameron ; ma

Landau nelle opere grande chiarezza inqualche questione viene

parecchie acconciamente lumeggiate.

La questione intorno alla quale a noi sembra che il Cr. abbia detto l'ultima parola quella sulla nascita del B. noto come taluni lo facessero nato a Certaldo, altri a Parigi, altri a Firenze. Quest'ultima opinione trov recentemente uno strenuo campione nel Koerting, contro il quale sostenne
la nascita illegittima in Parigi l'Antona-Traversi, nel migliore forse fra tutti

(1)

Il

cantare di Fiorio Biandfior ed

il

Filocoo

in

Due
422.

ttudf rigwircUmti opere

mmori
nel

Boccaccio, Padova, 1882, e Inngra recensione del libro del Herzog, in

OomaU, IV,

241.

(2) Nei

Du

ittdf cit.

Complemento

nel

OiomaU

III

Ambedue

gli articoli riferiti

Contributo, pp. 142-141.


(3) Padora, 1886; memoria letta nelP Accademia di Padora. (4) Nella Zttchr. fUr rom. Phil., voU. IX e X.

272
i

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
La
autobiografia giovanile celata nell'episodio di Idalagos mette
ci

suoi lavori.

questo fatto fuori di dubbio, n

sembra che dopo

ci fosse necessaria la

lunga confutazione che


tazione poteva per lo

il

Gr. fa degli argomenti del Koerting.

Questa

trat-

meno

essere di molto abbreviata.

Maggiore estensione avrebbe invece richiesto quella che riguarda la prima il Gr. accampa, desumendola dal seguito del racconto d' Idalagos (pp. 4448), molto ingegnosa, ma ci sembra anche altrettanto ardita. Secondo lui, i due orsi ferocissimi e terribili che stornano Idalagos dall'entrare nella sua casa, sarebbero il padre e la matrigna; Galmeta pastor solennissimo, a cui quasi la maggior parte delle cose era manifesta , sarebbe l'astronomo Andal del Negro, istruttore
educazione del Boccaccio. La ipotesi che
del B.

Tutto
tale

il

rimanente del volume

si

ri/erisce agli

amori

di

lui,

n certo mai

soggetto fu trattato con tanta

copia di erudizione e tanta perspicacia

d'ingegno.
la

Raggruppando intorno all'amore del Boccaccio per Maria d'Aquino maggior parte delle opere minori- boccacesche, l'A. viene ad esprimere
al loro signifisi

molte volte concetti nuovi rispetto alla loro interpretazione,


cato, alla loro cronologia.

Qui senza dubbio

le questioni

che

presentano
cresciniano

sono molte e complicate;

non regger

alla critica,

anche una parte rimarr pur sempre salda


se
il

ma

dell'edificio
la

base di esso e dovr


di esaurire

essere all'A. riconosciuto

merito di avere

per

primo cercato

l'importante argomento.
d' Idalagos apparisce che l' amore di Giovanni Boccaccio Maria d'Aquino si pu distinguere in due. periodi, dei quali il primo comprenderebbe la corte lunga fatta dall'innamorato alla bellis sima donna, e la felicit piena susseguita al notturno assalto da lui osato ; l'altro comincerebbe dall'abbandono di Fiammetta, che quando fu stanca

Dall' episodio
di

dell'ardente poeta, lasciva e leggera, trascorse ad altre volutt

(p. 70).

Con

questi due periodi l'A. mette in relazione


virili del

tutte

le

opere

giovanili

alcune delle

Boccaccio. L'uno e l'altro

periodo sono rispecchiati


il

nel Filocolo. h'Ameto, composto, secondo l'A., fra

1340 e

il
;

'41,

sarebbe

una allegoria
rebbero

religiosa.

Venere

celeste sarebbe Dio

(= Amore)
ninfe

le ninfe sa-

le virt cardinali e teologali.

Tutte quelle
lascivi,
(1).

furono

fors'anco

persone reali;

ma

in quei loro

amori

per Galeone, l'A. scopre allegorie morali

anche in quello di Fiammetta Gli amori deVAmeto figurano

l'azione esercitata dalle sette virt, rese efficaci per la grazia divina, nel-

l'animo degli uomini. Gos Mopsa rende saggio uno stolto (Afron, Scppmv);

un superbo (Ibrida); Adiona muta in sobrio Acrimonia rende forte un apatico (Apa ten, iraSriq); Agapes infiamma un uomo freddo (Apiros, fiirupoO; Fiam metta ridona la speranza ad un disperato (Galeone); Lia raggentilisce e illumina un selvaggio (Ameto, b}jLr]TOc,) (p. IH). Noi abbiamo quindi gi nelV Ameto una idealizzazione della infedele Fiammetta, che il Boccaccio
Emilia rende rispettoso a Dio e ordinato

un

dissoluto (Dioneo)

(1)

peraltro

Anche l'amore di Lia non il Boccaccio

d'Ameto

l'A. crede sia reale,

ma con

significato simbolico.

Ameto

(pp.

109-10).

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
amava sempre
idealizzazione

273

e di cui per questo noezzo cercava riottenere le grazie. Tale

compare ancor pi spiccata nella Amorosa Visione, poemetto ispirato dalla poesia dello stil nuovo e composto in Firenze tra il 11341 e sarebbe < mostrare che madama Maria il "42. Lo scopo di tale visione dal poeta ritenuta un essere celeste sceso dall'alto alla salute di lui, che
errava perduto e sordo

a'

consigU della

ragione fra le mondane vanit.

degno dell'amore di lei e delle gioie di questo amore, egli ormai seguir una virt finora negletta, la fortezza, resister, cio, alle passioni e aUe vanit mondane: e cos, per l'influsso morale della sua donna, proceder sulla strada faticosa, che mena l'uomo al cielo (p. 136;. Dopo avere cos idealizzato Fiammetta con YAmeto e con V Amorosa Visione, il

Per

farsi

zie

B. volle fingersela amorosa e fedele e scrisse la

Fiammetta, imitando
sono invertite,

le

Eroidi di Ovidio (pp. 156-1^). Nella Fiammetta


ci

le parti

ma

non

fatto soltanto per

ima esercitazione

retorica, vi

anche una proprove


alle

fonda ragione psicologica (pp. 163-64). Qui peraltro sorge un grave ostacolo. Mentre

tali

tante

ab-

biamo
catorie
zioni
il

dell'

amore colpevole
Teseide e
del

del

Boccaccio

per

Maria, le rime e

le dedi-

della

Filostrato

sembrano contraddire
si

narra-

autobiografiche.

Di questo fatto appunto, come noto,

fece forte

Koerting per sostenere che l'amore del B. non era mai giunto alle sudelizie

preme

ipotesi, gi

del senso. Il Gr. si oppone con molto ingegno a questa prima combattuta da altri. Egli ritesse l'amore boccaccesco seguendo le rime (ed questa la parte pi scabrosa e incerta della sua trattazione); crede che il Filostrato e la relativa lettera di dedica fossero scritti nel primo periodo dell'amore per Fiammetta nella dedicatoria della Teseide invece l'A. trova che il B. deve aver goduto il favore di Fiammetta, di cui non si rallegrava ormai pi. L'antitesi fra il bene di una volta e il
;

presente dolore spicca manifesta in tutta l'epistola . Quindi questa dedicatoria


si

riferirebbe al secondo periodo dell'amore del B. (1).

Nel

Mn-

fale fiesolano sono troppo vaghe le allusioni

personali per

poterne trarre
riporsi nel

alcun serio profitto

tuttavia all'A.

sembra che quest'opera debba

secondo periodo della storia amorosa del B. Per la confessione esplicita del B. nella lettera a Martino da Signa sappiamo che anche le due prime
ecloghe trattano
evidente imitazione virgiliana,

senso ne oscuro. L'essere esse Zumbini ha dimostrato in questo Giornale, non induce l'A. a dubitare che vi siano adombrati fatti reali. Pi tardi, dopo la morte di Fiammetta, il B. la cant come il Petrarca Laura, idealizzandola del tutto. Il B. aveva gi tentata la idealizzazione di Fiammetta nell'Amato e oeW Ainorosa visione, ma allora, nel fiore della sua ardente giovinezza, egli era troppo uomo e troppo pagano, perch
di
il

amori giovanili;

ma
lo

come

l'idealizzazione gli riusci.sse completa, perch


donna, del quale egli sentiva

il

corpo bellissimo della sua

< gli

si

sempre l'acre desiderio, nella immaginazione potesse rendere diafana parveaza di fantasma celeste: ora, invece.

(1)

SulU

oaiBpoaixione

ddU

Tt$t%d e snOe

sm

fonti l'A. fk ifleruiti ooserrssioiii a pp.

218-19

e 220-17.
'.

onuU

itorico. X, fuc. 28-29.

18

274

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
amato e
di

vecchio, stanco, e pentito di essere stato uomo, di avere

avere
il

goduto, di avere dipinto con colori fascinanti la bellezza, l'amore, cere, egli identifica la sua voluttuosa

pia-

Fiammetta

alle eteree figure di

Bea-

trice e di Laura, e sospira di migrare dal ove l'amore

mondo ad una

sfera purissima,

non peccato
tratti il

(p. 255).

Tale in pochi

procedimento psicologico e

artistico

che

il

Gr.

ri-

costruisce con copia stragrande di particolari. Gi da quel poco che ne ab-

biamo

detto

traspare la novit delle

sue vedute, che desideriamo vengano


a ridire. Taluna volta

tenute nel massimo conto dalla critica e seriamente discusse. Quanto al me-

todo con cui


l'A. si

il

libro condotto, noi

avremmo qualcosa

indugia nello sfondare usci aperti e consuma pagine intere per condirsi,

fermare quanto non ha bisogno di conferma, ballando, come suol

su

un
il

soldo. Ci specialmente gli avviene nei primi 'capitoli.

ultimi corre anche troppo.


lettore di

Non

ci

piace inoltre

Al contrario, negli quel suo continuo rimandare

del libro,

qua e di l, agli altri scritti suoi boccacceschi, ad altri luoghi a ci che si detto prima, a ci che si dir poi. Ci rende talora

la lettura, per s stessa attraentissima, alquanto complicata e pesante.

GABRIEL NAUD.
Larroque
plaires).

Lettres indites crites d'Italie

Peiresc

[1632-1636], publies et annotes par Philippe

Tamizey de

(Extrait du Bulletin
Paris,

du BiUiophile cent exem(8,

Leon Techener, 1887

pp. 116).

La corrispondenza
sullo scorcio del

dell'erudito provenzale Niccol Claudio Peiresc, fiorito


sec. e nel successivo,
il

forma da molti anni oggetto di empiranno parecchi volumi della Collection de documents indits sur Vhistoire de France: mentre questi sono in corso di stampa, il T. ci presenta in una serie di memorie staccate i corrispondenti del suo autore, pubblicando le lettere che a lui indirizzarono. Fra questi corrispondenti ha qualche interesse per noi il Naud. Gabriel Naud nacque vent' anni dopo il Peiresc, nel 1600, e strinse amicizia con lui abbastanza tardi, nel 1631, secondo il Gassendi. Ci che massimamente li teneva uniti era la comunanza degli studi, la viva parte che entrambi prendevano alla vita intellettuale del tempo. Basta leggere
ricerche e di studi per
sig.

XVI

Tamizey. Le lettere del Peiresc

queste lettere per esserne convinti. In esse troviamo per


ticolareggiata dei libri che uscivano, delle opere che
di scoperte archeologiche, o bibliografiche, o

lo

pi la relazione par-

si

stavano componendo,

anche naturalistiche.

Ve il
critica

ca-

rattere dell'epistolario dello Zeno, con assai


assai pi di pettegolezzo,

meno

di

perspicacia

ma

con

la

medesima larghezza, anzi

forse con

larghezza maggiore. Discussione ve


tutto, in

n'

poca o punta: v' notiziario, ecco

mezzo

al

quale spicca di rado (jualche nota descrittiva,

come ad

es.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
un
curioso bozzetto del padre Giustiniani, scrupoloso ed ignorante

275
bibliote-

cario della Vaticana (pp. 63-65).

Noi non diremmo certo col


l'histoire littraire de

l'Italie

sig.

T. che

il

Naud qui ritragga


Cp. 4).

< tonte

pendant
et la fin

la priode

comprise entre le com-

mencement de Tanne 1632


si

de Tanne 1636
egli

Le

ve-

dute del Naud sono troppo


fondit perch
dell'arte,

larghe in estensione e troppo limitate in pro-

possa dir ci, e oltre a questo

non parla quasi mai


di
fre-

ma

quasi sempre della erudizione e pi specialmente di quelle due


1

o tre specie di erudizioni che gli erano familiari.

nomi che pi
il

quente

ci

occorrono qua dentro sono di eruditi quali Leone


di

Allacci e Gia-

como

Filippo Tomasni. Delle opere di questi e di parecchi altri


consiglio;
la

Peiresc
i

viene informato, e richiesto insieme

poesia

negletta,

massimi ingegni del tempo sono appena nominati. Mettiamo dunque le cose nel loro vero j)Osto. Queste lettere ci danno molti particolari, che possono
riuscire interessanti per chi studia quel periodo:

ma

rispetto alla storia let-

teraria del nostro seicento rappresentano

ben poco.
si

Certamente
dpeint
si

il

fatto

che ce

le

rende pi rilevanti quanto vi


lettres

dice del

celebre filosofo utopista


t

Tommaso Campanella. Les

o Naud a
le

vivement Ttrange caractre de son ancien ami, resteront


il

tmoignage le plus accablant qui ait jamais t porte contre le philosophe

calabrais , dice
Il

sig.

T.

Ma

a parer nostro egli


gli fu

si

inganna

a partito.

Naud conobbe
ne

il

Campanella,

amico, ne raccolse le opere, ne tess

Ad un tratto questa Campanella accusa il Naud di plagio e d'altre brutte cose. Allora il Naud si inviperisce, lo chiama ingrato, vile, infame, impostore e chi pi n'ha pi ne metta (pp. 54-58). < Estre sa trompette douze ans durant (dice egli), l'avoir prconis en tous
la biografia,

scrisse l'apologia, fu suo collaboratore.


si

fraterna amicizia

rompe. Perch

Perch

il

mes livres imprims, l'avoir soutenu m'estre faict


le

Rome

envers tous et contre tous,


occasion, avoir
six

maistre du Sacre

Palais

ennemy son

faict ce remerciement au < mois entiers de

Pape pour sa dlivrance, qui m'a coust

mon

temps, escripre sa vie, tenir son portraict dans

ma

* chambre, luy avoir faict offrir par

mes

frres, lors

de son arrive Paris.

la maison et tout ce qui en despendoit, avoir faict mille autres choses en


< sa consideration qui seraient trop longues escripre, ce sont l

mes deme-

< rites envers luy et les occasions qu'il a maintenant de controuver tant de
< furfanteries
lettera del

porti la

mon prjudice fp. 56). Questo scriveva il Naud in una 29 marzo 1636, e in una che deve essere anteriore, quantunque data 28 settembre 1636 (1), espone per filo e per segno come nail

scesse l'amicizia fra lui ed

monaco

calabrese, dice la ragioni per le quali

quest'ultimo lo ha falsamente accusato


(pp. 103-113).

e se

ne scolpa con molta fierezza


in

Rischiammo

dire che deve essere anteriore, perch


il

altra

lettera di data certa

20 settembre 1636
il

Naud mostra

di

essei-si

gi

ri-

conciliato col Campanella,

quale era

venu a la fin resipiscence

(1)

Anche

il

T. eongatton aia dl 16SS.

276
s'era dedit

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
ouvertement de tout ce

(p.

qu'il

pouvait

avoir

dit

ou escript

contre

moy
si

88).

Da
il

ci

discerne

come questa

inimicizia durasse pochi mesi e avesse

un
'36

carattere esclusivamente personale. Nella stessa feroce diatriba del

marzo

Igimenta,
i

Naud non entra nelle dottrine del Campanella: dell'uomo ch'egli si non del pensatore. E mettiamo pure che il Campanella avesse tutti
questo fatto
?
;

torti in

giusto

il

dire per ci
il

che la sua riputazione ne


tiene
il

resta oscurata

Troppo eminente

posto che

pensatore nel suo secolo e nel suo

paese perch un

si

Campanella come meschino pettegosia conosciuto;

lezzo possa riuscire accablant per la sua fama.

bene

ma

non bisogna esagerarne l'importanza.

BENEDETTO MARCELLO.

Il teatro alla

alcune illustrazioni ed annotazioni


la biografia dettata dal conte

moda, premessovi per Andrea Tessier, e

Giammaria Mazzuchelli.

ai

Venezia,

tip.

dell'Ancora, 1887 (16% pp. 126).

La ristampa
suoi d,

di questa graziosa e arguta satira,

che fece tanto rumore

venne eseguita in occasione del centenario della nascita dell'autore. L'ha curata Andrea Tessier, esemplandola sopra 1' edizione originale, divenuta assai rara, e vi ha premesso, oltre alla vita del Marcello, scritta dal Mazzuchelli, e da lui corredata di alcune necessarie annotazioni, una interessante notizia bibliografica intorno al libretto, dove ne viene divisando le
vicende tipografiche, d
proposito delle edizioni
le indicazioni delle varie

ristampe, e degli esemplari


rilievi e

a lui noti, delle pi antiche e curiose con

opportuni

riscontri.

moderne non vediamo ricordata quella

uscita dai

torchi di Guglielmo Piatti, in Firenze nel 1841, e che detta corretta e

riordinata da S. L. G. E.
delle sue cure,

Audin

, il

quale per non d alcuna ragione

lamente qua e l
pi arbitrarie.

pone alcun corredo di illustrazioni e schiarimenti. Sonel testo si veggono alcune varianti, che sembrano per lo
vi

PIETRO METASTASIO.
raccolta
sceniche,

Dranmi scelti con prefazione e una di sentenze e massime cavate da tutte le opere Firenze, Barbra, a cura di Ettore Marcucgi.

1887 (2

voli. in-32 di pp.

lxv-586, 624).

lettore.

proposito di questa pubblicazione non istancheremo con molte parole il La prefazione non vai nulla. Tessuta sul gusto di quegli sciagurabiografica,
scritta in

tissimi elogi, ond'ha tanta copia la nostra letteratura

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

277

molta parte con leziosaggine arcadica, non solo non dice nulla di nuovo, ma non ripete nemmeno quel tanto di buono che altri possa aver detto. L'A.
si

scusa

notando

dire, e ricorda

in suo

che pochissimo o quasi nulla di nuovo gli restava da beneficio il proverbio che chi tardi arriva male al-

loggia

(p. v).

Ch'egli alloggi male, velassimo :

ma

che alloggi cos perch


letteraria

giunto troppo tardi, non vero


im'osteria, e in essa, chi

niente affatto.
tai"di,

La

critica

non

giunge
il

pu

alle volte alloggiar

meglio di chi
si

giunge
fare

di buon'ora.

Certo che sul Metastasio, appunto adesso,


sig.

potrebbe
in

un buon lavoro, e che


11

M. non

l'ha fatto, e

non mostra

modo

alcuno di saperlo fare.

signor M. non ha n la preparazione generale, n


ci si richiede.

la preparazione speciale

che

Quando, accettando un giudizio


il

infelice di S. Maffei, egli afferma


Italiani, pi

che

la poesia mestier nostro, cio di noi


titolo di divino

che

di altri (p. vi):

quando regala a Pitagora

e dice che
del dolere
(p.

Metastasio fu pieno di filosofia la lingua e il petto (p. xi): quando cita il signor Klack(?) per fargli dire che i poeti sono t sublimi figli
il

(p.

xxvm);

quando assicura che


(p.

il

Metastasio fu

vero Genio

xxTin), grande anima


;

xxx), il^i verace rappresentante della poesia


nell' en-

(p. LXi)

quando, a proposito del colpo d'aria che lo fece ammalare

trata di Pio

VI

in Vienna, dice

che

il

buon Metastasio, papalino di nascita

e di sentimenti doveva fare inconsciamente olocausto della vita alla venerata persona del papa (p. xxx): quando chiama la poesia misteriosa facolt dello spirito
(p. Lxrv),

umano,

bel
(p.

sogno della

filosofia (p.

lxi),

divina

cosa

M. mostra chiaramente di avere una coltura che certo non pecca per troppa freschezza, un giudizio che certo non soSre di soverchia acutezza, e di non sapere la critica che cosa sia, la critica come vada fatta, la critica che linguaggio ha da usare. Vero che il sig. M. non cela un sentimento d'orrore alla vista di quel Gerione, o di quella Gorgone, ch'egli chiama T odierna critica progressista (p. xxxv): ma c' da dimandare se non sia quello l'orror dell'ignoto. Il sig. M. poco amico de' tempi suoi, ed ha in uggia i preti ed i firati, che pur do\Tebbero essere nemici de' suoi nemici. Anche i poeti di questo tempo egli tartassa,
lxv) ecc. ecc.
ecc., il sig.
i

inventata da Dio

quali ardiscono

mescolare oscenit

nelle

loro composizioni, e
si

vorrebbe,

che, risuscitata un'antica legge degli Ateniesi,


poeti di questo

frustassero in pubblico.

tempo saran contenti che cos si faccia, purch la frustatura cominci da Aristofane, e, prima di giungere alle loro, cada sulle spalle di
Orazio, dell'Ariosto e di cinquecento
1

altri.

drammi

ripubblicati sono dodici, Artaserse, Demetrio, Issipile,

Olimpiade,
Regolo.
la quale,

Demofoonte, La Clemenza di Tito, Temistocle, Zanobia, Antigono, L'Eroe Cinese, Nitteti. Non diremo nulla della
se
:

Attilio
scelta,

non perfetta, non nemmeno cattiva della raccolta di detti sentenziosi, messa in fondo al secondo volume, diremo invece che inopportuna. Il signor M. ha
sua.
Il
il

Met.,in conto

di

gran moralista;
filosofia la

ma

questa una opinion


il petto,

Met. sebbene fosse pieno di

lingua e

non fu niente

affatto filosofo, niente affatto pensatore: la raccolta dei suoi detti sentenziosi

una raccolta di luoghi comuni, e molte delle sue massime sono o inette o volgari. E ridicolo fare per il Met ci che si fa giustamente per Dante e

per alcun altro.

278

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
collezione

L'idea di arricchire la

Diamante

di

due volumetti contenenti

drammi

scelti

del Met. fu buona;

non buona fu

l'idea di affidare al sig.

M.

questa leggiera fatica.

VITTORIO MALAMANI.
niane.

tip.

Nuovi appunti

e curiosit

goldo-

Venezia,

dell'Ancora, 1877 (16, pp. 240).

L'autore di questo volume per l'amor grande ch'ei professa verso


brato suo concittadino,

il

cele-

non

si

stanca di studiarne la

vita,

raccoglierne le

notizie e tener conto delle particolarit trascurate dai pi, e pur tanto utili

a porgerci tutto intero l'uomo ed


ture sue, e

il

poeta. Ritornando sopra


proprie, e delle

vecchie

scrit-

giovandosi delle nuove ricerche

pubblicazioni
vita del

uscite in questi ultimi tempi, tocca alcuni

punti importanti della

Goldoni; fermandosi di preferenza sull'ultimo trentennio. Incomincia con un

saggio della vita intima, mettendoci dinanzi la singolare figura del commediografo, secondo si

opere sue, o

ha dalle molteplici testimonianze, che si rilevano dalle da quelle di contemporanei, che gli furono amici. In ugual
alla forma,

modo discorre de" suoi intendimenti come poeta i-ispetto all'arte, al modo di comporre dove notevole la raccolta di precetti,
;

desunti per
di poe-

lo pi dalle prefazioni alle


tica.

commedie, che potrebbe

dirsi

una specie

Quindi,

muovendo
la

dagli accordi per condursi in Francia, e dai prepa-

rativi della partenza,

modo sopra

dopo aver toccato del viaggio, si trattiene in ispecial dimora a Parigi. Discorre del teatro italiano, e de'comici col;
ci

parla dell'opera del poeta;


le vittorie, le gioie e
i

presenta

il

Goldoni cortigiano; rileva


ai propositi di innalzargli

le lotte,

dolori, l'abbandonOjdegli ultimi anni,

chiudendo con

notizie curiose e

non conosciute intorno


;

un degno

monumento

in patria

disegno che ebbe, dopo molti anni, compimento. Sono


si

raccolte in appendice alcune scritture (taluna

poteva utilmente ommettere)

gi pubblicate ne' giornali dal M., che possono giovare

come prova ed

illustra-

zione di alcuni luoghi accennati negli antecedenti capitoli. Ci piace rilevare


fra queste, l'ultima nota nella quale si

d un breve saggio delle correzioni,


lar-

che l'autore andava


medie;
utile

man mano

facendo alle varie ristampe delle sue com-

riscontro che

meriterebbe d'essere studiato, e svolto con

ghezza maggiore.

Non mancano
invano
si

certamente

libri e

monografie intorno

al nostro

comico,

ma

cercherebbe un' opera, che in

qualche guisa potesse paragonarsi

alla biografia del

Molire scritta dal


lo scrittore e
1"

un
ci

di quei lavori eruditi e geniali,

metta dinanzi

Taschereau o dal Moland, e neppure che come quello recente del Larroumet, uomo nel suo tempo , e in mezzo ai suoi

contemporanei.
studi del

questo sembrano volgersi


trovassero

come semplice

tentativo

nuovi

M.

vorremmo che
il

imitatori, o

che egli stesso vi atscusare le manchecerte

tendesse con maggiore ponderazione.


Tuttavia, quantunque

modesto
di

titolo d'appunti, paia

volezze e

difetti,

passandoci

parecchie

inesattezze e di

ridon-

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
danze, non lascieremo d'osservare che, pur senza nuove e
difficili

279
ricerche,

qualche cosa

si

poteva aggiungere a quanto quivi detto, sulla dimora del


si

Goldoni in Francia. Certamente questa parte


rata, e la pi difettosa,

dovrebbe quasi dire inesplo-

anco nelle Memorie, e qual utile si possa trarre dalle pubblicazioni contemporanee a chiarirla, lo prova eziandio il M. giovandosi della rara Histoire anecdotique et raisonne du thdtre italien, ch'egli ben dice anonima, ma che si sa appartenere a Giuliano Desboulmiers, sebbene

non
fatti

sia

da fidarsene ciecamente. Chi potesse spogliare

giornali di quei d

e le corrispondenze e le memorie, ne caverebbe per fermo buona messe. Indella visita fatta dal Goldoni al Voltaire (1), e nel

a mo' d'esempio nel Journal de Paris (20 febbraio 1778) si rende conto Journal del Bachaumont
al

v'hanno alcuni accenni


zioni colla

comediografo

(2).

Cos a proposito delle sue rela-

Du Bocage
(3).

da vedere con profitto la corrispondenza di lei con

l'Algarotti

Per

ci

che tocca

comici italiani a Parigi, e gli attori del


il

teatro francese era indispensabile consultare

Dictionnaire dello

Jal, le

due

opere importantissime del Gampardon, eia monografia

dell' Ademollo;

avrebbe

l'A. ovviato a parecchie inesattezze di fatto e di date.

voler toccare sola-

mente d'alcune, diremo che ben afierm il Goldoni esser morto Carlo Veronese da qualche tempo quando ei giunse a Parigi, perch la sua morte avvenne il 26 gennaio 1762, e non nel 1759 (p. 85); n giusto asserire che del fratello di lui Pietro Antonio tace la fama (p. 88): cosi Antonio Stefano Balletti fu ferito casualmente il 13 settembre 1759 e non nel gennaio del 1760 (p. 90). Era poi facile dar qualche cenno del Feuli, uno degli attori secondari del Bourru, di cui il M. confessa non aver trovato notizie (p. 141). Le Mmoires del Prville, videro la luce nel 1813, non nel due
(p. 142),

e vennero

compilate dal

Cahaisse, quindi
si

si

ristamparono, con le

cure dell'Ourry nel 1822: del Mole invece non


morie, secondo crede
il

hanno propriamente me-

M., bens la

Vita edita nel 1803, divenuta rarissima,


(p.

ma

non ristampata dall'Etienne nel 1825


il

142j : che l'Etienne ne fu col Gaudifficile

giran-Nanteuil

compilatore.
(p.

Non

era

finalmente

riconoscere

in
il

madamigella Arnoud
che modulava tenere
Il

133) imica sorella domenicale , della

quale

Goldoni, nella dedicatoria del Curioso Accidente, ricorda la voce angelica


arie, la celebrata

cantante Sofia Arnould.

Gampardon sui comici italiani, pur citato una volta dal M. (p. 103), ma di seconda mano, a proposito di un documento donde risulta l'accusa di seduttore data al Goldoni da una donna, la quale poi ritir la querela ayant t pleinement satisfaite dal querelato; documento riprolibro del

dotto dal Carrera nella

Nuova

Rivista

(4),

con alcune considerazioni

qpii

giusta-

mente contradette dal M. Al qual proposito mi pare opportuno osservare che

(1) Cfr.

MoKAXDi, Voltaire contro Shak**par*

ecc., (Stt di Castello, Lapi, 1886, p.


$c.

123.

(2) Cfr.

AoEVOLLO, Una famiglia di comici italiani ntl


si

p.

XLmi, dor
(3) (4) Torino,

possono anche vedere alcnne citazioni dalla


(ediz. Palese),

XYIII, Firenze, Ademollo, 1885, Corritpondanee del Ormm.

Amsoto, Optr

XVII

95, 99, 103, 109, 116, 123, 124, 127.

22 loglio 1882, n
;

LXXUI.
6.

Correggasi la citazione del M.


quello

OU

errori tipografici nel


il

Totune sono parecchi


14 febbraio
(p.

rleTeremo
il

soltanto

che indica

la

morte del Goldoni arrenata

161), anzich

280

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

non trovandosi nel testo il nome proprio del Goldoni, n alcuna altra indicazione personale, potrebbe benissimo credersi con maggior verosimiglianza si trattasse d'uno scapuccio giovanile del nipote Antonio, accomodato con
paterna sollecitudine dallo zio: vero che
il

nome

si

legge nel titolo o som-

mario premesso
risolutivo, vi

al

documento

ma
il

oltre a

da ritenere che
infine

titolo,

non essere questo un argomento essendo comune a tutti i documenti


il

pubblicati, appartenga all'editore.

Non possiamo
in generale
il

ommettere
Sardou

di rilevare

tono troppo assoluto col quale


in-

M. afferma
al

o giudica, avvertendo
(p. 39), ci

torno allo Zola ed

che quanto egli dice sembra addirittura eccessivo.

GIOVANNI F ANTONI {Lbind). note di Angelo Solerti.


pp. xcviii-325).

Le odi, con prefazione e

Torino, G. Triverio, 1887 (18",

con lodevole intendimento ha fornito agli studiosi una ristampa Odi di G. Fantoni, facendola precedere dalle Memorie istoriche sulla vita del poeta quali, salvo poche varianti ed utili giunte, furono pubblicate da Agostino Fantoni, da un accurato studio sulla poesia barbara di Labindo
Il

Solerti

delle

e dall'elenco dei metri che, scritto gi dallo stesso Labindo, l'editore

ha

ri-

formato secondo la tecnica moderna. Con ci

il

Solerti

ha

fatto opera utile

non tanto agli eruditi, quanto al gran numero degli odierni lettori che trovano in un indice metodico e chiarissimo notate le innovazioni recate dal Fantoni sullo scorcio del sec. XVlll nella poesia metrica e possono formarsi un'idea esatta del punto a cui essa era rimasta, quando nel '78 l'illustre professore Bolognese rinnovava l'audace tentativo, con (juel successo che tutti

conoscono.

L'editore, giovandosi in parte di quanto ne scrisse

il

Carducci,

riduce al suo

giusto valore la lirica del poeta fivizzanese

correggendo da

un

lato le critiche troppo severe del Gant, del Giudici e dello Zanella, dal-

l'altra la lode

ampollosa di Orazio toscano, che la posterit non ha confer,

mato.

Orazio

scrive
il

il

Solerti, era forte e

generoso

ingegno che imiil

tando cre; impresse

segno del proprio


i

spirito nelle sue odi e fu

capo
Il

di una maniera, di una scuola che

Latini

poterono dire nazionale.

Fantoni invece di troppo scarsi studi nutrito, pur essendo fantasia libera, ardente, non seppe ricevere egli stesso dalla natura quelle impressioni che Orazio
scolpiva
,

si

rivolse a quello

che ne avevano saputo trarre

gli

<

altri poeti .

Cos avviene assai volte che la serena filosofia epicurea del

latino diventi nel toscano

morale e didascalica, un genere poetico, qualunque

cosa se ne possa pensare da alcuni, molto noioso.


L'editore per altro divide giustamente queste odi in due serie: la
di quelle
la

prima

composte avanti

il

1782, parafrasi talvolta assai povera di Orazio,


il

seconda di quelle posteriori e in cui

poeta tent creare da

s,

vibrante

nello sdegno e nella piet , leggiadro e passionato nella rappresentazione del-

l'amore.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Si sarebbe forse potuto desiderare
gitivo, avesse provata

281

che

l'editore,

scambio di an cenno fugliriche

con qualche esempio l'influenza esercitata sui contemsi

poranei

dal
si

Fantoni, che
ripercosse

fece sentire anche

nelle

giovanili del

Foscolo e

pi

notevole in parecchi

letterati

piemontesi.

Ma

non potr non essere bene accolta da quanti bramano conoscere l'importanza che ha il Fantoni nella nostra storia letteraria come rinnovatore o restauratore della metrica classica ad accento ritl'utilissima fatica del Solerti

mico. L'elenco de' metri che precede mette benissimo in rilievo la parte di

merito che spetta in ci a Labindo al confronto de' precedenti cultori.


tanto non

Sol-

due endecasillabi sdruccioli, i quali rendono gli alcaici latini sono un'invenzione di Labindo. In verit, staccare dalla strofa alcaica, quale venne lasciata dal Venosino e fu saldamente costituita
al n*

diremmo
,

2 che

per la poesia barbara dal Chiabrera nel

sec.

XVII,
al

due endecasillabi alcaici

e riunirli fra di loro a bocca baciata, modificazione tanto infelice che

non

merita

il

nome

di

metro nuovo. Per contro

n" 8

avremmo

tenuto conto

dell'innovazione del Fantoni, ripresa poi dal Carducci, per cui del sistema

giambico distico fece un sistema

tetrastico, raccogliendo in

una sola

gli ele-

menti
della

di

due strofe
si

latine.

Per quanto

riferisce alla storia del testo, l'editore, giovandosi in parte

edizione fatta dal


i

nipote, ebbe

cura di stabilire la data di ciascuna

ode e di illustrare

quattro libri con sobrie annotazioni che forniscono al

lettore o le varianti, o le notizie essenziali di

tempo e

di persona.

Lettere inedite di Luigia

Stolberg

contessa

d'

Albany a Ugo
d' Albany,

Foscolo e deWo^ate Luigi di Brente alla contessa

pubblicate da C. Anton.\-Tr.\.versi e da D. Bianchini.

Roma, Euseo Molino, 1887

(16, pp. cxviii-278).

Il

catalogo dei preziosi Manoscritti Foscoliani gi propriet

Martelli,

della Nazionale di Firenze, compilato, per incarico del governo, da G. Chiarini, registra

a p. 49, trentanove lettere autografe della contessa di Albany


,

ad Ugo Foscolo

scritte

dalla

primavera del 1813

al

novembre del 1814.

Queste

lettere, unite a sei della


la

Labronica e a due possedute da D. Bianchini,

formano

dalle lettere di Luigi di

prima parte del presente volume; mentre la seconda risulta Breme alla Albany ricavate dal Museo Fabre di
,

Montpellier.

questa la pi ricca raccolta di lettere della Stolberg che sinora


luce che questi

si

abbia,

e noi dobbiamo saper grado a chi ce l'ha procurata.

La

certo molto atta a farcene apprezzare

documenti gettano sulla figura della contessa non . il cuore e la mente. Anche non giun-

il

gendo a chiamarla donnaccia, come fece Quirina Maggiotti, giudizio che Foscolo stesso poscia ripet (p. xcvi); anche non arrivando alla severit

282
dell' A.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
T.,

contro di

che convert parte della sua introduzione in una vera requisitoria e la qualific natura eminentemente egoistica, incapace di intendere tutto ci che bello, magnanimo e grande; di sollevarsi alle
lei

grandi idealit del pensiero e del cuore

umano;

di concepir solo

divini

anche ripeto, volendo essere molto indulgenti verso questa dama, gli certo che a noi sembra quasi impossibile che ella potesse rallegrarsi di si nobili amicizie e godere di tanta riputazione a' tempi suoi. In queste lettere, scritte ad un uomo che ella diceva di amare, se non come amante, certo come amico (1); ad un
dell'amicizia e dell'
di patria (p. xci);

sacrifici

amor

uomo
tere

dell'ingegno e del cuore di


forte,

sentimento
il

Ugo Foscolo, vi un vuoto desolante. Non un non una grande idea qua dentro. La contessa voleva rimetcontinue
esortazioni a far giudizio, a

Fosc. sulla retta via; quindi

lasciare la politica, a

pletamente alle

non perdere troppo tempo negli amori, a darsi comlettere, tutti consigli che a tempo e luogo potevano esser

buoni e bene
ci

intesi,

ma

che qui sono freddi ed inanimati, perch vi manca


efficaci, il soffio

che solamente avrebbe potuto renderli


la Alb., la quale

caldo del sentinell'Italia

mento. Che

aveva una assoluta sfiducia

(vedi

non potesse comprendere gli slanci inconsiderati, ma generosi, del Foscolo, si intende; ma non si intende come a quegli slanci e a quelle delusioni, che costavano al suo amico lagrime di sangue, ella conpp. 68, 80, 125, 162),

trapponesse lo scetticismo freddo e talvolta persino


sparsa la voce che

l'irrisione.
fatto.

Ma

qual ge-

nere d'amicizia fosse quella, lo dice, non foss'altro, un


il

Nel 1816 s'era

Foscolo

si

fosse suicidato. Orbene; ecco

come parla

di

questa nuova terribile la contessa: J'ai re^u,

mon

cher Ugo, votre lettre

du 12 de ce mois avec grand

plaisir d'autant plus qu'on avait

rpandu

que vous vous tiez brul la cervelle, et j'ai

toujours t persuade que

vous n'tes pas assez dgout de la vie pour l'abandonner.

Le

dire et le

faire sont deux choses differntes, et parceque votre Ortis s'est tue, ce n' est pas une raison pour que vous le fassiez aussi: j'ai t trs tranquille sur
votre sort (p. 165). Tanta freddezza solo concepibile in
di salotto, e tale

una amicizia

tere piene di
di

appare l'amicizia della Alb. pel Fosc. in tutte queste letpettegolezzi e di malignit. Se non che a ritrarre la qualit
sia cosa utile

questa relazione destinata la parte migliore della introduzione dell'A. T.

e quindi

non crediamo

il

trattenerci pi a lungo

su tale ar-

gomento.

Ben

altra dovette essere questa

am

Vittorio Alfieri. L'anima sdegnosa dell'Astigiano


piccineria.

donna nel tempo in cui la conobbe e la mal avrebbe comporsonvi ancora vestigi in

tato tanta

La

passione che la Stolberg ebbe per lui dovette in

molta parte trasformarla.

infatti di tale passione

come

le lettere in cui la Alb. mostra desiderio della compagnia del Fosc, ma sempre Una volta dice Je conviens qne vous valez mieus pour ami que pour amant mais eomme mon age on est au port, vous me convenez fort (p. 16). Della sua maniera di

(1)

Sono molte

di amico.

amare e dei molti amori di Del resto, il solo fatto che


preso presso di
lei il

lui

parla sempre col massimo scetticismo (cfr. pp. 24, 60, 64. 69 ecc.).

la contessa

leggeva le lettere di Ugo col Fabre (p. 101),

il

quale avea

posto dell'Alfieri, esclude ogni possibilit di relazione intima.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

283

queste lettere, ove l'Alfieri sempre rammentato con veneraiione ed affetto.

Vi apprendiamo eziandio un

fatto

che prima non era noto. La


procurata dalla

ediz.

Piatti

del Misogallo, in cui sono corretti gli innumerevoli errori della antecedente

(quella che ha la data falsa 1799) fu

Alhany

(p.

119. Cfr.

anche pp.

191-92).
l'Alfieri

All'amore che la contessa aveva nutnto per


la sua profonda antipatia per
il

deve attribuirsi anche


tutti

D'Elei,

il

quale,

come

sanno,

fu sfer-

zato a sangue dai tragico d'Asti. Ci che la contessa ne dice merita di essere

uno dei tratti pi notevoli di queste lettere, nelle quali del maligna molto, su persone oscure, ma si danno assai poche notizie su quelle che pi ci interesserebbero (1): Ce fameux Pedani que j'ai d'abord^reconnu au portrait flatt que vous faites de lui, a pris femme vieille pour n' tre pas c[ocu]. Il va nous 1' amener Florence. Ne soyez pas flatt de sa visite. 11 a t chez vous comme il fait partout pour lire ses satires. Depuis 24 ans il a soin de ne pas les faire imprimer pour n'tre pas
rilevato siccome
si

resto

critiqu,

et ainsi

il

jouit de sa

rputation sur

parole.

sera pour vous dire du mal de tous les gens de lettres, et C. Alfieri
,

La seconde visite nommment du


imprim
ses

dont

il

a t

1*

ami jusqu' ce

qu'il a

eut

pre-

mires tragdies; parce que cet

homme

sans imagination en avait


le

fait 2,

et que ses satires seront tragedie tre; parce que tout

monde

les ignore,

comme

il

est arriv des ses tragdies. J'ai


il

connu ce vieux pdant l'ge

de 18 ans;

tait,

quoique

joli

gargon, la rise de tous les jeunes gens


;

un jour je l'ai pris dans la rue un pauvre. 11 est devenu, en avan^ant en ge, curieux, mchant, minu tieux et un pdant sans genie ni imagination. 11 vint Paris dner chez moi avec des savants et gents de lettres, qui le prirent pour un libraire
pour ses gaucheries et sa malpropret pour

tant

il

connaissait les titres des livres et des ditions rares. Je le trouve


il

ennuyeux l'excs, et

est capable

par envie de faire toutes les horreurs

possibles. Je le dteste, et c'est l'homme de ce

monde

qui, aprs
il

Buonaparte,

m'est le plus odieux. Et ce n'est pas sans raison, car

fait l'impossible

avec le moines de S.*' Croce pour empcher que je n'y misse le mausol du C. Alfieri, en leur disant qu'il avait t irrligieux. Je ne lui pardon nerai de ma vie, car je ne pardonne jamais ce qu'(on) a fait mes amis
:

ce qu'on

me

fait je le mprise.
lui, et

Je ne suis pas fch

qu'il
;

connaisse

mes sentiments pour


il

ma

fa^on de penser son gard car de sa vie

Vous connaissez combien je suis entire dans mes sentiments, dans mes opinions. Vous portez le mme jugement de lui que portait le C. Alfieri, qui malgr ses mauvais procds pour lui
n'entrer

dans

ma

maison.

ne le haissait pas, parce qu'il avait


^ais.J Pour

la

mme

baine que

lui

pour
il

les

Fran-

moi je

le hais

cause de lui,

car

pour moi

n'est

qu'un

pdant envieux (pp. 130-31). In questa pagina i lettori hanno avuto anche un saggio del bel francese che scriveva la contessa; questa pretendente al trono d'Inghilterra, che si-

(I) Oltre 1 lettera

r{purdmnt

il

D'Elei, non potrei citare alenn altro giadixio rleTante, tranne

qaelo

Sismondi. Tedi pp. 30 e 92.

284

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
si

gillava le sue lettere con l'arma inglese e

faceva dare
il

il

titolo di

maest,

mentre non sapeva neppure scrivere correttamente


(vedi p. 154).

nome

di

Shakespeare

La

introduzione premessa a queste lettere dall'A. T. importante,

come

avvertimmo, nella parte che riguarda le relazioni tra la Alb. ed il Foscolo. Nel resto, ci sembra, egli segu molto pi dappresso alcune sue fonti di quello

che

le

sue citazioni lascino scorgere.

Il

libro del

vente, vi talvolta saccheggiato. Vedasi, per


salotto fiorentino della

Reumont, che l'A. cita soun esempio, la descrizione del

Albany. L'A. vi riproduce non solo l'ordine delle perReumont, ma ne indica eziandio le caratteristiche con le medesime parole (1). Lo stesso gli succede anche con altri. A pp. xv-xviii trascrive intera (e qui, meno male, lo dice) una nota proemiale dal Renier (2),
sone che d
il

con tutte
si

i suoi riferimenti. Ma ci che ancora pi bello concordanza in fondo alla bibliografia delle lettere a stampa della Albany. Il Renier, pubblicando quelle sue quattro, aveva detto: Per

le sue citazioni e

un'altra

una

curiosit,

che forse non torner sgradita,

io

ho voluto riprodurre
sillaba
,

le

lettere della contessa senza modificarvi pur

una

nel loro

cattivo

francese, nella loro pessima ortografia e nella loro

mancanza
,

di interpun-

zione. Sinora
linguistici e

gli editori

hanno, a quel che sembra


loro

pietosamente raccon-

ciato le lettere che pubblicarono. Tuttavia in certi casi anche gli errori
grafici
<i

possono avere
fuori le

il

significato (p. 10). L' A. T.

scrive a p. cxvii:
inteso, le

Dando

lettere della Contessa al

Foscolo, ben

abbiamo

riprodotte,

senza pur modificare una

sillaba, nel loro

cattivo francese, e nella loro pessima ortografia. Solo qua e l ci stato


mestieri correggere o raddrizzare la interpunzione, che, altrimenti,
il

let-

tore, molte volte, non avrebbe

saputo come uscirne

fuori con

onore.

Sin oggi, a quel che sembra, nel dare alla luce le lettere della Albany,
gli editori le

hanno pietosamente racconciate, senza pensare che,

in certi
il

casi, anche gli errori linguistici e grafici possono avere, ed hanno,


significato
.

loro

quel che sembra

diremo noi a nostra volta,


stesso, ch'egli copia.
le

l'A.

T.

ha

copiato tale osservazione dal Renier, senza pensare che fra gli editori tacciati
di aver racconciato la grafia c'
il

Renier

Notammo
ci

questa piccolezza, non gi perch

diamo importanza,

ma

perch

pare caratteristica assai. Noi abbiamo spesso e sinceramente deplorato che

l'A. T., cui

non

si

pu negare una
le

attivit

non comune e grande amore per


per voler far troppo e troppo
si

gli studi eruditi, sciupi talora queste sue facolt

in fretta. Egli si

impermal per che


gli

nostre parole e forse

Impermalir anche

per

le osservazioni

abbiamo mosse questa


il

volta.

Ma

dovere verso

gli autori e
ci

verso

pubblico, quello di dir

noi abbiamo un sempre schietta-

mente quanto

sembra vero.

(1) Cfr. pp. xxiv-vi (2) Lettere di

con Reumont, Die Grafiti


illustri,

v.

Albany,
5-8.

I,

334 sgg.

due dame

Ancona, 1883, pp.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

285

Lettere di Paolina Leopardi a

Marianna ed Anna

Brighenti,

pubblicate da Emilio Costa.


leggi 1887] (16, pp. xx-308).

Parma,

L. Battei, 1877 [sic!

Questo libro, che


di
gliarsi

ci

rea integralmente centundici


figlie di

lettere

della

sorella

Giacomo Leopardi

alle

Pietro Brighenti, dovrebbe da noi spo-

con diligenza e larghezza, perch un nuovo potente sussidio, atto a farci vedere dentro la famiglia Leopardi e nel cuore di quella Paolina, che fu tanto cara al poeta e che con lui aveva tanta somiglianza di sentimento. In nessun luogo meglio che in queste lettere amichevoli ed espansive noi troviamo delineata quella figura simpatica di

donna

colta e gentile,

ma sommamente
di queste

sventurata. Se non che lo stesso Costa, benemerito editore

lettere,

ne trasse

profitto

a tale scopo in due lavori delle sue

Note Leopardiane (1) ed in uno inserito in questo medesimo Giornale (\\\\, 399 sgg.). A noi quindi non resta se non parlare sommariamente del contenuto delle presenti lettere e raccomandarle a quanti Leopardiani.
Gli smessi
si

interessano di studi

bisogni che

travagliarono

tanto

l'animo del

povero Giacomo

nella

famiglia e nel natio borgo selvaggio, amareggiarono sua sorella.

La

vita in

un

paese orribile

(p. 89),

che

le era

soggiorno Eibbominevole

(p. 8), non le sarebbe trascorso cos pesante se avesse poquando in quando e non fosse stata rinchiusa in una famiglia austera, tra il padre non cattivo, ma debole e pieno di pregiudizi, e la madre rigida, talvolta tiranna, intenta unicamente a ripristinare il patrimonio dis-

ed odiatissimo
tuto uscirne di

sestato dell'antica casa. Strazia l'animo talvolta

il

linguaggio profondamente

malinconico e pessimista
ardente e passionata
vita,
si

(cfr. pp. 11, 65,

93) di questa giovane, la cui

anima

sentiva lentamente intisichire lungi da ogni gioia della

peggio che in un chiostro. Essa seguiva con mesto rimpianto e desiderio

vivissimo le peregrinazioni continue della cantante Marianna Brighenti, che

accompagnata dalla sorella riportava continui trionfi sulle scene italiane e straniere. Era il contrario della vita sua, e la buona Paolina partecipava a tutte le angoscie e alle gioie dell'amica, che solo tardi impar a conoscere di persona (p. 303). Marianna era delicata, sensitiva, facile ad accendersi in amori, che poi le lasciavano amarissime delusioni; Anna invece era un vispo tipo di ragazza leggiera, che passava senza fremiti e senza rimpianti da un amore all'altro (pp. 204 e 206;, Paolina le paragonava a Minna e Brenda di W. Scott, a Rosina ed Elena del Lafontaine (p. 33), Entrambe per altro avevano sempre conservato, tra i pericoli della vita teatrale, la purezza e
l'onest del sentimento; e Paolina
le

gesse

Marianna) con quella

affettuosit

amava ambedue (quantunque prediliimmensa, che era un bisogno del-

l'animo suo.

(1|

Pknu,

Btti, lft8<. Cfr.

Oiorn.. VI], 41.

286

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
chi doveva ella confidare le angoscie del suo cuore?

Non

certo ai ge-

Luigi era morto, Giacomo lontano, Carlo disgustato con la famiglia pel suo matrimonio con Paolina Mazzagalli, alia quale, amicisnitori.
fratelli,

Dei

sima prima della giovane Leopardi, era interdetto


(pp. 230-31, 234-35, 240). In questa

il

por piede in casa


."i

solitudine quel

povero cuore

attac-

amare. In una lettera confessa di aver pianto assai per la perdita di un uccellino cui voleva tanto bene, ch'era il suo amico

cava a

tutto,

pur

di

e che passava con lei molti

momenti

del giorno

(p.

124).

Quando

l'ul-

moglie una Ferretti di Ancona, Paolina la accolse con diffidenza. Ma poi prese ad amarla, essa che aveva l'animo cos aperto all'amore. E molto poi ancora am la figlia di lei, la piccola
timo
fratello, Pierfrancesco, prese in

Virginia, che era la sua consolazione,

il

suo orgoglio. Sono


zia

caratteristiche

alcune lettere, in cui Paolina discorre di questa sua tenerezza per la nipote.

Quando Gleofe ebbe


brava quasi

A lei semgran bene che le voleva Ancora non voglio un gran col suo fratellino (p. 243). Altrove scrive bene a Giacomino, che Virginia assorbe tutto il mio affetto. S'io fossi stata
altri figli, la

buona

ne sent dispiacere.

di offendere

Virginia dividendo

quel

moglie, avrei pregato


.<

il

Signore

che mi avesse dato un

pare che

il

cuore dell'uomo non valga ad

un oggetto (p. 249). sempre matrigna, sempre, sempre, le invidi anche quella gioia: l'S dicembre 1851 quella Virginia che essa amava al pari d'una figliuola le mor
sentimento pi di
le fu

figlio solo mi amare con egual potenza di Povera Paolina! La fortuna che
:

tra le braccia (p. 296).

Qual tesoro

di affetti e di

che avesse avuto

la fortuna di

ingegno avrebbe recato Paolina Leopardi all'uomo comprenderla e di amarla! N infatti le man-

carono amori, di che in queste lettere accenno frequente. Una volta anzi era sposa: ognuno rammenta la canzone che allora scrisse Giacomo. Poi
tutto si sconcluse e nell'animo di Paolina rest per
ferita (v. pp. 7, 34,

lungo tempo aperta la

103 e spec.

p. 100).

In

seguito

venne

il

periodo dei

matrimoni di riflessione, vale a dire degli sposi che i parenti volevano darle. Primo troviamo uno Staccoli di Urbino (pp. 104 e 114); poi un giovane signore di Recanati, che Paolina rifiut per vari motivi, specie perch non
nobile e poco colto (pp. 113, 118);

finalmente ci
,

si

presenta un signore di

Bologna

proposto a Paolina da una sua amica


accettare la

del

quale essa fu per un


dal

momento propensa ad

mano

per

uscire

carcere natio e

vivere in un ambiente pi largo (pp. 149, 175-76). A simili contratti matrimoniali, senza amore, l'animo ardente di Paolina

ripugnava. Solo tardi, quando era gi avanzata negli anni, si riconcili col matrimonio a freddo, vedendo come bene fosse riuscito quello di suo fratello Pierfrancesco (p. 228). Ma allora forse non era pi in tempo i partiti mancavano, e gli amorazzi romantici e passeggeri (pp. 46 e 121) non erano pi possibili. Tuttavia molta amarezza in queste parole di una lettera del:

l'agosto 1845:

Ancorch

mariti piovessero da ogni parte, per

me

tutto

finito, io morir colla corona di bianco spino in capo, invece del giglio

come usa tra noi. Ora quest'uso troppo antico e io voglio il bianco spino, come emblema della estrema mia predilezione per la primavera, pel caro
fiorite
le siepi.

mese di maggio in cui vediamo

Io credo di averti gi altre

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

287

volte raccontata la storia dei miei mariti, anzi di quelli che non son di venuti tali, o per dir

meglio la storia di

me

che non son divenuta pi


te e

moglie, sicch non star a ridirtela,

come cosa noiosa per


un bolognese,
al

per

me

d'irritabile pensiero.
vedermi moglie di l'essenza del

Non

parlar dunque pi dell'idea o della speranza di


di

un modenese o

ma

odora piuttosto

bianco spino e ricordati allora della tua amica che morir

prima

di

aver provato un istante di vera gioia

mondo

(p. 266).

Rispetto ai rapporti di Paolina con Giacomo queste


di

lettere

non riescono

tronde, l'affetto

grande giovamento. Da esse si disceme solo quanto gi si sapeva d'alimmenso che univa quelle due anime. Alle sorelle Brighenti

chiede Paolina di continuo notizie del fratel suo e saputolo morto ne piange
la perdita in

una

lettera,

che lacera

il

la assal:

il

dubbio di non poter rivedere

cuore (pp. 188-91). Poi im altro dolore il suo Giacomo in un'altra Aita.
si

Molte e molte cose, ella dice, io avrei taciuto, di quelle che

son pubbli-

cate tra le opere del nostro Giacomo: piangendo e palpitando io rileggeva


pi volte quelle frasi e quei pensieri di lui eh" io avrei voluto cancellare col sangue, e tutto

il

Che pensiero

orribile e lacerante! e

mondo sapr che mio fratello aveva perduta la fede non avevamo da piccoli giuocato in!

sieme

all'altarino!

ed esso era tanto religioso ch'era divenuto

pieno di

scrupoli: tanto vero che la troppa scienza corrompe! * (p. 271). Altrove
si

rallegra perch

il

padre Gurci avea propalato che Giacomo era morto tra


(p. 216).

le braccia di

un gesuita
gran sete
di

Paolina infatti era credente. Quantuncjue

entusiasmo libri moderni anche apertamente eterodossi (p. 266), e giudicasse con molta libert del governo de' preti (1) ella era credente. Questa fede appare dovunque nelle lettere che abbiamo sott'occhio, e non solo una fede astratta e metafisica, ma cattolicisimo della pi bell'acqua, che giunge persino ad una particolare venerazione per la S. Casa di Loreto (pp. 95, 289, 307). Concludendo adunque, questa una bella e utile raccolta di documenti psicologici, la cui principale importanza proviene dall'esservi ritratti i caratsapere e leggesse con
(p. 67),
,

avesse una

teri di

persone tanto care a Giacomo Leopardi, quali

furono

sua sorella

Paolina e quella Marianna, che


ghenti
(2),

ma

non fu solamente figlia di Pietro Brifu eziandio uno degli amori dell'infelice poeta recanatese (3).

(1)

grazioso e caratteristico
il

il

seguente perodo: <

stata sempre
,

mia opinione, nna


che
il

delle

cagioni per cai

governo papalino non molto amato esser questa


si

sovrano

non pa

avere nessana delle grazie che


< a&bilit,
il

attirano l'amore dei sudditi


,

grado suo non pu esigere che rispetto


il

il

rispetto
i

non giovent, non bellezza, non non amore per qoesto io


;

< ho invidiato sempre


di

governo secolare (p. 239). Tattava

liberali Ikoeano

paura alla

figlia

Monaldo. Cfr. pp. 57-58, 93, 107.


(2)

proposito di questo nome, siaci permessa

nna osservazione incidentale. Nel 1885 vennero


il

pubblicate per nozze Rimni-Todroe alcune lettere di Pietro Brghenti, da cui ricavammo in questo

Oiomalt
una
(3) Cfr.

(VI, 311)

un curioso accenno riguardante


Riferiamo la voce corsa,
pp. 45-50.

Leopardi. Ora

ci si ci

dioe eaaere stata quella


di vero.

falsificazione.

ma non sappiamo quanto

pena imnom

CkwTA,

NoU Uopardkuu,

288

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

ANDREA GLORIA.
sori di

I pi

lauti onorari degli antichi profes-

Padova

e i Consorzi Universitari in Italia.


(8,

Pa-

dova, Ganmartini, 1887

pp. 39).

scopo:
ignote

L'opuscolo test pubblicato dal chiaro professore di Padova, ha duplice scientifico e pratico. Poich Fautore mentre d notizie fino a qui
intorno agli
si

stipendi dei

professori di quella

Universit

nei secoli

andati,

affretta

a ricavare da

queste cognizioni, alcune

proposte

per

il

miglior andamento delle Universit nostre. Giacch egli vorrebbe che nella

riforma

esemp che

insegnamento superiore, noi ci ispirassimo non agli vengono d'oltralpe, ma alle vecchie e schiette tradizioni nostre nazionali. Sopra tre punti egli insiste particolarmente: libert e autonomia
del

nostro

ci

didattica e amministrativa

variabilit degli stipendi,

quali

si

modifi-

cassero a seconda del merito scientifico e

didattico degli

insegnanti, degli

anni d'insegnamento, ecc.

mezzo
teria

dei concorrenti , cos che ci siano

promuovere l'emulazione tra gli insegnanti a almeno due professori per mariducendosi, a suo
parere, inefficace

principale, e questi stipendiati,

oggi l'insegnamento dei privati o liberi docenti. Sopra quest' ultimo


egli insiste in particolar maniera, inculcando

punto
si isti-

che anche in Padova

tuisca
altri

il

Consorzio Universitario, quale organizzato presso quasi

tutti

gli

Atenei del regno, e questo Consorzio soddisfaccia alla spesa maggiore


.

proveniente dall'istituzione dei concorrenti


stipendi, quale
il

Grave assai

la questione degli

G. la pone;

poich egli vorrebbe che

dalla

istituzione dei concorrenti

astrazione

fatta

la

somma

totale destinata al

paga-

mento
i

un Ateneo, non si aumentasse, ma si compartisse tra che alcuni avessero soltanto retribuzioni piccole o nulle, e questi fossero i novizi dell'insegnamento, mentre altri, i pi vecchi e pi celebri, toccassero uno stipendio doppio in circa del massimo attuale. Egli ritiene che cosi ci avvicineremo agli antichi usi universitari, e ne spera
dei professori di

vari professori, cosi

il

ritorno delle Universit nostre all'antica grandezza.


alla

I lauti

stipendi chia-

meranno, egli dice,


Sotto

Universit quegli

ingegni, che altrimenti

cerche-

rebbero migliori retribuzioni nelle altre professioni.


il

riguardo scientifico, sono molto importanti le comunicazioni ch'egli


antichi stipendi, giacch egli ebbe cura di ragguagliare la

fa, sugli

moneta

antica alla moderna, facendo anche esatto calcolo dei prezzi degli alimenti
in antico paragonati cogli odierni. Egli

avverte ancora
i

come

lo

stipendio

non

fosse l'unica fonte di lucro pei professori,

quali, oltre a molti privilegi

ed esenzioni, erano

spesso adoperati dallo stato in affari gravi, importanti,

e che loro procuravano decorosi guadagni. In

una

tabella a p. 29

il

G. d
il

un quadro

dei pi lauti stipendi percepiti dal 1422 al 1796. Nel 1422

ce-

lebre Raffaele Fulgosio, professante diritto, riceveva


alle odierne lire
i

uno stipendio superiore

30 mila.
;

professori di diritto erano di regola naturalmente

meglio retribuiti

ma

curioso vedere

come

nel 1673 Ottavio Ferrari, pro-

fessante in umanit e lingua greca, avesse 21240 lire di stipendio. Per

Tanno

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
1673
il

289
sti-

Gloria presenta lo specchio completo dei professori, coi relativi

pendi. Questo

specchio importante e mostra

il

vero stato dell'Universit

Patavina in quel tempo, che non era certo dei pi prosperi e brillanti. Eppure vi insegnavano 55 professori; complessivamente pagati dallo Stato con 312 m. lire. Ordinati per materia, ed escluso un professore per il quale non viene indicato l'oggetto dell'insegnamento, i professori del 1673 si ripartiscono cos:

Diritto civile e criminale, 15;

Medicina, 14;

Filosofia, 13;
1.
Il

Diritto canonico, 5; Matematica-fisica, 3; Teologia, 3; Chreco,


stipendio quello
test
lire

massimo

ricordato del

professore di greco:

otto

professori

percepiscono soltanto

212
si

(1).

Tre professori hanno


lire,

lire 849.

Invece sono

undici professori retribuiti con oltre a 10 m.

e cpiesti, in ragione deU'am-

montai'e dello stipendio,


professori);

ordinano cosi: 21 m. greco; 19 m. medicina (due

18 m.

diritto civile;

16 m. medicina;
12 m.
filosofia;

14 m. diritto canonico;
11 m. diritto civile (due

12 m.

filosofia;

12 m.

diritto ci\'ile;

m. medicina. Per giungere a tali risultati, il eh. professore dovette fare il ragguaglio tra le vecchie monete e le odierne. I suoi risultati in tale argomento, egli li raccolse a pp. 35-37 formando una tavola per le monete d'oro e d'argento usate in Padova dalla fine del sec. XII fino al 1797; tavola importante assai per la storia sociale ed economica di quella citt, e anzi della regione veprofessori); 11

neta in generale.

ANGELA NARDO CIBELE.


fiali,

Zoologia popolare veneta spe (Delle Curiosit popolari cialmente Belluiese. rv). Palermo, L. Pedone pubblicate da G. Pitr,
,

tradir.io-

voi.

Lauriel, 1887

(S,

pp. 168).

Alla schiera non


zioni volgari

meno numerosa che


farsi

gentile di

quelle valenti scrittrici,

che giudicano preferibile


care
loro

fedeli

interpreti e raccoglitrici delle tradi-

vanno rapidamente scomparendo, allo sprenello scrivere romanzi che nessuno legge, viene ad aggiungersi con questo grazioso volumetto la signora Nai-do
il

che ai tempo e
,

di nostri

la loro

attivit

Cibele. Essa dietro consiglio ed eccitamento

del Pitr

ha

rivolto la sua at-

tenzione a tutte le favole, credenze e superstizioni che intomo agli animali

corrono fra

le

popolazioni del Veneto e singolarmente del Bellunese; e dal

suo studio diligente ed amoroso uscita una collezioncina di materiali ve-

ramente ragguardevole. L'indole del nostro Giornale non ci concede di sottoporre ad un esame minuto tutto il libretto; noi staremo quindi contenti ad indicare talune delle cose in esso consegnate che ci parvero importanti, non

(1)

Qoecto ultimo stipendio ancora di molto e molto snperore a qDanio in taluno dei prinAtenei ricevono anche
i

cipali noftri

migliori primati

docmUi nella Facolt

di Lettere.

Owma

storico, X, Cmc. 28-29.

19

290
che in se
medievale.
stesse,

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
anche per
i

rapporti con la letteratura colta, precipuamente

cosi senza dubbio notevole la tenacit

con cui

Bellunese la
si

tradizione della Caccia

selvaggia

la

si mantiene nel Cazza selvarega come

dice a Belluno, o

Cazza de Prent secondo que'


di

di Feltre (1). Quelle

apparizioni di

cacciatori e

cani
,

correnti attraverso le foreste con


i

un

frastuono doppiamente diabolico

che turbavano

sonni dei Brettoni e dei

Normanni
Selva
finita
;

la
(2).

nel XII secolo continuano a molestare i pastori del Monte Maisnie Hellequin non si decide per quel che sembra a farla
,
, ,

Un

altro

documento, raccolto dalla Nardo Gibele e capace


riferito

di eccitar l'at-

tenzione de' nostri lettori, quello

p.

47

che l'egregia autrice

chiama con poca precisione grottesca canzone in latino burlesco . Si una Sequentia evangeli secundum lupen (sic), curiosa per pi ragioni. Curiosa prima di tutto perch vi troviamo riferita una delle narrazioni del ciclo del Renavi, che presero forma nel XIV secolo, e proprio in queste provinole, nel Rainardo e Isengrino; le insidie
tratta infatti d'un testo in prosa,

cio del lupo contro la capra ; curioso in secondo luogo per la forma, giacch
la parodia del testo sacro si esplica qui sotto l'identica veste in cui si

manirag-

festava gi nel XII secolo nelle famose Sequentiae falsi evangelii

secundum
il

lupum, secundum marcam argenti


mento che
quale era
si

ecc.

Ed

infine curioso anche

guaglio che la Nardo Gibele d sulla parte musicale del bizzarro componi-

canta precisamente, essa scrive, sull'aria del Passio, ed era

famoso a cantarla qualche

anno

fa per

poca moneta
bellunesi... .

l'

Orbo da
resti

la

Cai,

il

una

tra le pi gustose

macie
il

Ma
nella

dell'epopea animale non questo

solo ricordo

che

ancor oggi

memoria tenace
i

del volgo veneto. Esso

rammenta anche

un'altra delle

astuzie per cui era celebre Renart, la sua spedizione con Isengrin alla casa
del prete, in cui

due compari entrano per uno

stretto foro

dal

quale

poi la volpe evade a tempo,

mentre

il

lupo per

troppa ingordigia

rimane

prigioniero

(3).

in generale la volpe, in tutte le narrazioni che la riguarlo

dano, viene rappresentata come un animale semidiabolico, o per


si

meno

di

malvagia natura, che


(4).

il

diavolo

si

compiace spesso

di

camuffarsi

della

sua rossa pelliccia

Altre tradizioni, che sono comuni a tutt'Italia e note anche fuori di essa,
e che hanno assunto spesso vesti letterarie , si trovano pure in questo volume, delle quali ora crediamo inopportuno toccare (5). Baster infatti il

(1) (2)
dite,

Pagg. 31 e sgg. Pubblicando nel voi. XII della Romania (pp. 224 e sgg.) un Dit intitolato Luque la mnudove appunto questione della Maisnie Hellequin, il Raynaud prometteva di dar presto in
Io

luce uno studio sulla leggenda; ma, che

sappia, fin qui


diffusa in

non ha
alla

sciolto la promessa. Il

Raynaud
per

dice appunto che la leggenda era specialmente

Normandia;

Gervasio di Tilbury

(Otia Imper., Dee. II, cap. XII) par crederla


(3) (4)

comune anche

Brettagna insalare.

Pag. 157. Pag. 156.


a p. 84 riferita la fiaba del Gat coi stivai (ma
sar
poi

(5) Cos

veramente
del

popolare?), a
le oche,-

p. 97 la storiella della

mosca e della donnicciuola ; a

p. 107 la storia

Ponte de

p. 133 la storia della volpe con la lumaca, variante d'una leggenda diffusissima ecc.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
gi detto per mostrare

291
i

come

il

volumetto abbia interesse non meno per


i

cultori di studi medievali


di cui fa parte e ci oflfra

che per

demografi; sia degno

della

collezione

prova lusinghiera della diligenza e del valore


chiudere, di

dell'Autrice. Alla quale per ci faremo lecito, per

volgere
,

al-

cune osservazioni. La prima riguarda la forma , nonch disadorna sciatta, e qualche volta addirittura ribelle all'autorit tirannica, ma legittima, della grammatica. Nessuno pi di noi ama che le tradizioni volgari siano offerte
nella loro genuina rozzezza, senza abbellimenti n impiastricciature
si
;

ma

ci

pu conseguire senza cadere in eccessi. In secondo luogo, dacch la sig. Nardo Cibele ha creduto opportuno di non istituire alcuno degli infiniti raffironti che si potevano fare fra le tradizioni da lei raccolte e quelle di consimile natura esistenti altrove, non comprendiamo perch abbia dato cos largo posto a que'saggi etimologici del D' Nardo, i quali, se possono essere da lei considerati con una simpatia che ben si comprende, non riescono,
attesa la loro assoluta insuflBcienza dinnanzi ai portati della scienza odierna,

ad evitare

il

severo giudizio degli studiosi.

COMUNICAZIONI ED APPUNTI

Sulla fonte francese del


la parola

Trattato

di

virt morali

Nel vocaboTrattato

lario della Crusca, corretto ed accresciuto dall'ab. Manuzzi,

discolorante

= che

si

trova registrata

discolora

(1) sull'unica autorit del

di virt morali, scrittura nostra delle origini, publicata da Roberto


siani in

De

Vi-

una dispensa

della Scelta di curiosit letterarie


testo del

(2).

Ora

il

Mussafia,

nelle sue osservazioni sul

Tesoro di Brunetto Latini, publicate a

Vienna nel 1869 e riprodotte dal Renier nella traduzione del noto libro del Sundby su Brunetto (3), discorrendo del Trattato, edito dal Visiani, e delle relazioni sue con un originale francese, scrive a proposito di quella parola e della registrazione fattane dal Manuzzi nel vocabolario le cose che seguono Ove il De Visiani legge memoria una cosa discoloriante e tosto andato via, il francese ha une chose escolant, di che si vede o il tra:

duttore

frantese o

il

copista scrisse male.

Ad

ogni

modo non par che

il

Manuzzi facesse bene a registrare con quest'unico esempio la voce disco lorante che discolora , annotando che qui usato per metafora
Io
(4).

non voglio decidere


ad

se

il

Manuzzi facesse bene o facesse male a registrare

la parola e

affibiarle

tanto

mi propongo

di
il

di virt morali, n
essere,

l'annotazione che il Mussafia ricorda; questo solmetter in chiaro, che, nel passo citato del Trattato traduttore fraintese n il copista scrisse male, potendo

come

in realt fu, la lezione francese

che servi d'originale alla versi

sione italiana leggermente diversa da quella del ms. parigino cui


il

riferiva

Mussafia nelle osservazioni accennate.

Com'
sia

noto,

il

Trattato di virt
(5) si

inorali o Libro di

costumanza ovver

Libro di moralit

trova in alcuni codici del Tesoro di Brunetto

(1)

Yoc. delia lingua ital., gi compilato dagli ccad.

della

Cr. ed ora

naoTamente

corr. ed

accr. dall'ab. 6. M., Firenze, 1836, P. I, p 2o, p. 1051.


(2)

Disp. LXI, Bologna, 1865.

passo dove

si

trova la voce registrata nel Voc.


(p. 20).

il

seguente:

memoria una cosa discoloriante e tosto andato via


(3) (4)

Firenze, 1884, app.

II.

Loc. cit, pp. 369 sg.

(5) Il

primo dei tre

titoli citati
il

quello sotto
il

il

quale

il

testo
dell'

venne pnblicato
ai

dal

De

Visiami,

che lo ricav (intendo


di

titolo,

non

testo) dalla
il

Tavola
.si

Francesco da Barberino (Roma, 1640);

secondo

amore ha in un codice del Tesoro posseduto dal


d'

Ubaldini

Documenti

COMUNICAZIONI ED APPUNTI
Latini in luogo del
1.

293

VII, di cui segue su per gi l'ordinamento, e appartiene

alla serie di quelle produzioni didattico-morali


coli
il

onde furono cos fecondi


di
rispetti,

se-

XII e XIII. Di queste produzioni, nelle quali si pretende sugo della vera sapienza e che fra l'altro sono, per certi

ammannire
docu-

mento notevolissimo della fortuna dei classici nel M. E. (1), come quelle in anche cui si compongono sentenze attinte, oltre che da fonti pi recenti <iagli antichi scrittori; di queste compilazioni, dico, non c' letteratura del
,

M. E. che non possegga parecchi esempi individuali o incastonati in


libri
,

altri

tra

loro
il

in

rapporto pi o

meno

prossimo.

La

fonte

generale del

Trattato nostro appartiene il Liber qui dicitur moraphilosophorum, composto da Gualtieri delle Isole negli ultimi anni del secolo XII (2); ma la fonte diretta di esso una redazione francese che deriva con altre dalla compilazione di Gualtieri (3) di questa redazione, anzi, il Trattato non che una versione letterale. Ci venne mostrato

gruppo cui

Uum dogma

dal Mussafia in uno speciale paragrafo delle Osservazioni sul testo del

Te-

soro che io ho ricordato innanzi, contro l'opinione del

De

Visiani

il

quale

del

il Trattato fosse una pi o men pedissecpia derivazione una relazione qualsivoglia tra l'una e l'altra scrittura non si pu dir che non sia, prodotta appunto dal fatto che entrambe provengono indirettamente dalla medesima fonte originaria, la quale fu il Moralium Dogma di Gualtieri delle Isole; ma il Tesoro una traduzione del testo di Brunetto Latini e forma una redazione a s, come una redazione a s costituisce il Trattato di virt morali ricavato letteralmente dalle Moralits

aveva creduto che


Tesoro. Certo

des philosoph.es. Di questo testo francese, parecchi mss.

si

conservano nella
nel
se-

Nazionale di Parigi
delle Moralits

e di uno

P. Paris ha discorso

distesamente

condo volume del catalogo


(4).

de' mss. francesi, riportando per intiero l'esordio


il

Su questo riferimento appunto


il

Mussafia condusse

le

osservazioni sue ed istitu

raffronto tra

il

Trattato di virt morali e le

Moralits,
zione

ponendo in sodo come non sia quel primo altro che una tradugeneralmente letterale di queste. Ho detto generalmente, e ho detto
pur possibile riconoIl

cosi perch alcuna differenza tra l'un testo e l'altro


scere,

come

le seguenti,

che occorrono subito in principio.

ms. parigino
il

comincia: Talenl m'estoit prins que je contasse des philosophes; mentre

De

Yisani

il

tr7.o

finalmente dato dal codice di S. Geniignano presso Firenze, gi Adoperato


il

dal Mannzzi nello spoglio per

Vocabolario e servito di fondamento

all'

edizione

De

Visiani. In

questo ms. propriamente tanto nell' incipit quanto nell' expicit sta scritto Liber

moralits (redi

De

VisiAKi, Op.

cit.

pp. 11 sg.)

dove chiaro che lo sproposito proriene da una para e sem-

plice trascrizione dell'originale francese.


(1)

Vedi, a questo proposito, le opportune considerazioni del


II,

Gkaf

Roma

tulio

mtm.

wtOt

imag. del medio evo,


(2)

18S sgg.
cit.,

Vedi SoxDBT, Op. e trad.


III
,

pp. 158 sgg.

Il

testo del

Mornlium Dogma

riprodotto dal

Renier nella
(3)

Appendice (pp. 391-474).

del

n ScKDBT Op. cit., pp. 162 sgg., ha raccolto parecchie notevoli indicazioni snlla fortuna Moralium Dogma, e sulle compilazioni che pi o meno direttamente ne derivano. Tra queste, oltre alcune latine ricorda le MoraliUt de pkilosophet e quella parte del Trsor di Brunetto
,

Latini, che contiene gli enseignemtnt de moralit,


(4) P. Pasis, Let

mts. fr. de la bibl

du

roi, II, Pari.o, 1838, pp.

125 sg.

294

COMUNICAZIONI ED APPUNTI
li

Trattato suona: Talento m' preso di ricontare Y insegnamenti de

filo-

sofi .

Un

po' pi innanzi

il

testo francese ha:

paignie de

clers,

qui bien semhloient estre


e
il

une grant combien grans personages de mali

sivoient

niere de corptdence et d'eage;


persone di corpora .
Boezio, les trs sages

testo italiano, pi

semplicemente: e

lui seguitavano una grande compagnia di chierici che pareano molte alte

Un

po' pi innanzi ancora

il

francese cita Seneca e


l'italiano ricorda sol-

enseigneurs de unoralits;
di

ma
io

tanto Seneca lo savio dottore di costumanza .

Questi pochi esemp

cosi

fatte varianti
;

che

mi son

limitato a

ri-

cordare non sono certo molto considerevoli


varianti
stesse siano da attribuire al

ma

bastano a far dubitare se

le

traduttore italiano o

non provengano

invece

dall'originale

s'abbia a supporre

francese che gli serviva di fonte, cos che di questo una lezione leggermente diversa da quella contenuta dal
al
,

ms. parigino descritto da P. Paris e servito indirettamente


le osservazioni sue.

Mussafia per

Un

codice
,

della Nazionale

di

Torino
il

accennato per
14

incidenza dal Mussafia


decisiva. Esso codice

(1)

ci

d modo

di sciogliere di
p.

dubbio in maniera
111.

un membranaceo,
II,

fogli

147, segnato L.

e giudicato dal Pasini (Codd. mss., P.

474) degli

ultimi anni del sela

colo

XIV. Vi

si

contengono parecchie
distici dello

scritture,

onde

duzione francese dei


ascetica,

pseudo-Catone,
(f"

l'ultima

prima una trauna compilazione


les

parimente francese, che comincia


nostro testo sta tra

142):

Ce soni

VII

sacre-

nens de sainte eglise


m,ort.
les
11

que maistre lehan de


i

Meun

compila au Ut de sa
:

fogli 61 e 74', e

comincia cos

Ce commencent
74^

moralites des philosophes en francoys, e finisce: explicitmt les moralits


f"
(2).

des philosophes, nel primo tergo della prima colonna del


attento confronto tra
il

Ora un
il

Trattato di virt m,orali,

il

testo torinese e

testo

parigino delle Moralites mosti'a


differenze e quelle

come non

si

riscontrino nel torinese quelle

varianti che nel parigino


si

abbiamo notato,

cos

che pi
il

in quello che in questo


tato.

trovi esatta e letterale corrispondenza con

Trat-

maggior corrispondenza appare segnatamente in quel luogo, della compilazione nostra onde io presi le mosse per la presente comunicazione a proposito del quale dubit il Mussafia se non fosse stata per avventura registrata malamente nel Vocabolario del Manuzzi la parola discocos fatta
,

lorante su l'unica autorit del Trattato di virt morali, dove nell'originale


francese avrebbe dovuto rispondere un escolant, trasformatosi, non
si

sapeva

come, in un italiano discolor iante.


pose,

Ma

il

discoloriante del Trattato non

una corruzione o un malinteso elV escolant francese, come il Mussafia sups bene risponde ad una variante escouloriant propria del testo adosi
:

perato dal traduttore italiano, quale

legge appunto nell'esemplare torinese,


m,em,oire est

dove

il

passo controverso suona cos

une chose escouloriant

et tosi est alee, ecc.

Adunque non

fraintese

il

traduttore traducendo discoloriante e non scrisse

(1) Loc. cit., p.


(2)

367 n.
P>

rimanente del

74' e

fi

75 e 75' sono bianchi.

Nel

f"

76

cy commence

le

livre de

l'ordre de chevalerie.

COMUNICAZIONI ED APPUNTI
male
il

295

copista scrivendo cosi

ma

invece convien riconoscere anzitutto che

le redazioni

manoscritte delle Moralits des philosophes, come in altre cos

fatte compilazioni avviene, offrono delle variet notevoli dall'

una
n'

all'altra

in secondo luogo che di queste redazioni manoscritte

una ve

che meglio

testo originale onde provenne, letteralmente tradotto, il Tratmorali, quella appunto che si contiene nel codice torinese. Perch queste mie osservazioni riescano praticamente documentate, aggiungo il raffronto dell'esordio e delle prime righe del paragrafo primo quali sono

rappresenta

il

tato di virt

nel testo parigino delle Moralits, nel torinese e nel Trattato, seguendo, per

maggior chiarezza, la suo. Le varianti che


col

di\'isione di punti adottata dal

Mussafia nel raffronto


in corrispondenza

sul testo parigino offre

il

torinese

Trattato scrivo in corsivo.

TssTO PAXiano

Testo Torisese.

TrAITAIO di TIBT MORAU


(De Yisiani).

Talent m' astoit


je contasse

prns qne

Talent m'estoit pris qne je


racontasse Venseignement des
philosophes
,

Talento mi preso di neontare


sofi

des philosophes

rinsegnamenU de
di quella

li

filo-

tonchant celle clergie qui est


appelle moralit, la quelle est

de celle clergie

dottrina eh'
la qoale

qui est appelle moralit.

La

chiamata Costumanza,

espandne par plosieors volnmes


tlleinent

qnelle est espandne par pln-

ispandata per alquanti libri,

qne se pnisse une

sears rolames si qne je pnisse

eh' io potesse mettere

una

partie de lears b'Ons enseigne-

nne partie de lenrs bons ditz


mettre en escript en un petit
livret brifment.

parte degli loro buoni detti in

ments mettre par ordre en on


lirre assez

uno piccolo libretto brevemente.


Et in tanto eh'
pensava,

en

brief.
il

En

dementiers ...

advint

Endementiers qae je pensoie


a chestA chose en celle henre

io

qae je m'endonnis.

in quella bora, che l'omo chia-

qoe

lon
il

appelle

le

premier

ma
io

primo sonno, arenne, che


addormentai.

somne
donnis.

avnt qae je

m'en-

A tant nn hom de monlt gnai beante vint devant mei


et le sToient

tant et vom que nns

homs
di

Intanto ecco che uno

omo

de monlt grant beant- vint


derant

molto grande bellezza renne

nne grant comper-

moy

et

s le

snToient

dinanzi a

me
che

e lui seg^uitadi

paignie de clers, qoi bien semblctent estre bien grans

une g^nt compaignie de clers


qui sembloient
estre

rano ona grande compagnia


chierici,

haute*

pareano

molte

sonnages, de maniere, de cor-

personnes de corps et daages.

alte persone d

corpo.

polence et d'eage.

Et tantost me

fiit

avis en

Tantost

me

fii

adris en

mon
qoi

tosto

mi parre nel mio


istabilio latino.

mon hom

conrage qne celni tant bel


estoit Tnlles
,

conrage qae cU estoit

cil

coraggio che quelli era Tullio

celai

qoi

preiBiera stabli eloqaence.

che prima

premier eetablist
latine.

d'eloqoence

Et apres

celai renoit Sene,

Apree celai

aloit

Seneqne

li

Appresso di

lui

andava Se-

qe et pois Boece

lee tres

sages eBagnienres de moralits

neca

lo savio

dottore di co-

aagw de
Et
aatres

moralits.

stomanxa.
lai

apres

deolx
clers

estoient

et apres

aUneiU aatres
e-

Appresso
altri

di loro chierici

andavamo
onde
li

grans

dont

les

der doat
clarciz

lea

Boma swant

buoni

noms
lirre.

seront declairs en cest

en est m.

nomi saranno
sto libro.

schiarati in que-

En
la

celle

maisme beare m'ecaeillions

En

cella heare m'astoit sris

stoit aria

qne noas

qae noasconcneillonslaacieoce
de moralits et
mettions en-

dence de moralit et met-

Et in quella madesima ora mi fi arriao che noi asaambravamo la sdansa di eoatu-

tioa<

MI nn

escrit

ensemble et

semble en escnpt et mettoia


arac lears prorerbaa

una

e mettaTaiBo in ubo

<p je awttoie aree lear pro-

fnuqM

aeritto, e

che matta* con aw>

296
verbes quanque j'avoie

COMUNICAZIONI ED APPUNTI
apris

je avoie apris de morali tes que


d^euls que d'autrui/.

li

proverbi], e quanto io avea

de moralit
d'eux.

que d'autrui que

aparato di costumanza tra di


loro e d'altrui.

Et quant je fus
recorday tont
ce

eveilli je
j 'avole

Et quant

je

me

fu esveillie

(Memoria) Quando
avea udito
scritto

mi

fui

que

je recordoje quanque je avoie

svegliato io ricordai ci ch'io


,

oy, et mis tantost par escript,

oy (veu) mis en escript brief-

misilo in

uno

pour ce que memoire est une


chose
alee
.

ment pour

ce que

memoire

est

brevemente.

Per che
discolo-

escoulant
.

et

est

tost

une chose escouloriant

et tost

memoria
riante,
e

una cosa

est alee et ne souffist point a

e tosto andata via,


soffer
di la

remembrer grant piante


choses pour
velles

de

non

unqua grande
novelle cose

ce

que
tolent
viez

les

noure-

abbondanza
che
de
tolleno

choses

la

rimembranza

mambrance de
clers qui dit

a
li

ceste

le vecchie.
:

di ci disse

chose s'accordo Oraces


:

bons

Orazio

Luigi Valmaggi.

Il codice

Berlinese del Decameron.

Il

prof. A. Tobler, a cui

dob-

biamo

la pubblicazione e la illustrazione

degli

antichi testi dialettali con-

tenuti nel prezioso codice Hamilton-Saibante, n 390, diede recentemente ragguaglio di un altro importante manoscritto italiano della medesima raccolta Hamilton, un manoscritto del Decameron (1). Ad esaminare il quale
il

Tobler

si

indusse massime per la considerazione che, mentre


di proposito della

si

sono pur

fatti tanti studi

intorno al capolavoro boccaccesco, nessuno in questi ultimi

tempi

si

occup

questione

del

testo.

Eppure, egli dice,

non provato che il codice Mannelli debba rimanere in eterno il fondamento della lezione; certo non vi ha alcun sicuro indizio che esso sia una
copia diretta dell'autografo del Boccaccio.
Credette

quindi opportuno dare

larga notizia del manoscritto Berlinese, sperando cosi anche di incitare e di


invogliare altri a fare lo stesso per gli altri manoscritti, affinch
si

giunga

una buona volta a sapere di quali mezzi possiamo disporre per l'opera nella sua forma originaria o almeno in quella forma che
naria pi
si

ristabilire
all' origi-

avvicini.

La

descrizione del codice minutissima e cos accurata che difficilmente


si

potrebbe di pi. In breve


folio (m. 0,37 Si

riassume cosi:
il

Il

codice

membranaceo, in
lettera.

X 0,26)

scritto verso

1400 a due colonne, di bella

compone di carte 112 num. modernamente per 111, essendo rimasta innumerata una carta dopo la 20\ Mancano otto carte dopo la e. 79 che finisce colle parole tessa odi tu quel chio G. VII, N. 1. La e. SO"" comincia nando alla stanga sopra la quale G. VII, N. 7. Altre otto carte sono cadute dopo la e. 103 che finisce Se egli cos tuo come G. IX, N. 10, mentre la carta che ora segue principia se ne tornasse cfe pci egli G. X, N. 8. Il Decameron finisce a e. 110^. A tergo dell'ultima carta leggesi d'altra mano
del secolo

XV
,

il

sonetto di Pellegrino Zambeccari Qual Phidia nel scudo

(1)

A. ToBLEE

Die

Berliner

Handschrift des Decameron (Estratto dai Siteungsbericht der

kn. Preuss. Akademie der

Wissenschaftem zu Berlin, 1877, XXV).

COMUNICAZIONI ED APPUNTI
de Minerua gi
pubblicato di
della
siir

"^97

un

altro

codice del Grescimbeni


111,

nei

Commentari
del 1711).
Il

alla

Istoria

volgar poesia.
lui,

142 (edizione
limitato a

Romana

Tobler,

come
il

era da aspettarsi da

non

si

descrivere

materialmente
nelli.

codice,

ma

lo volle

Questo confronto per altro


alle

anche confrontare col testo del Mannon si estende a tutta l'opera. Con riil

guardo anche

minime
ai

differenze ortografiche,

Tobler confront

brani

frammenti del codice Magliabechiano pubblicati dal Pollini (Sopra il pi antico codice del Decamerone ecc.) e, tenendo conto soltanto delle varianti di senso, le novelle I, 2, I, 3, VI, 10, X, 10. Riscontr inoltre tutti i luoghi che il Famfani nella sua edizione del Decameron indic come tali che diedero motivo ad osservazioni critiche. Probache corrispondono
bilmente
il

confronto delle sole parti sopradette esteso a tutti


il

manoscritti

baster a determinare

grado della loro parentela,

ma

il

Tobler promette
la

di sobbarcarsi alla fatica del confronto dell'intero codice, se altri vorr fare
lo stesso per altri manoscritti.

c'
il

da star sicuri che manterr


porge nel suo lavoro

promessa.
isti-

Intanto giover far conoscere


tuito dal Tobler, confronto di

risultato di questo

primo confronto
tutti gli

cui egli

ele-

menti.

Da

esso risulta che

il

codice Berlinese non pu n direttamente n


;

indirettamente provenire dal codice Mannelli

bens questo potrebbe derivare


sia da Decameron, e

da quello.
assegnare

Da
al

questa conchiusione ognun vede quale posto cospicuo

manoscritto

Berlinese
utile

tra

manoscritti

del

ognuno capisce anche quale


del testo
il

contributo alla bibliografia e alla critica codice Berlinese non


il

Tobler abbia arrecato con questa pubblicazione.


II

Alla quale godo di poter fare un'aggiunta.

reca a

alcuna nota dello scrittore


Berlino,
uscisse

di

alcun possessore, e
provenienza.

Tobler, stando

non
il

si

provato a ricercarne la
io

Prima ancora che


determinare, fa-

suo lavoro,

avevo avuta la fortuna

di poterla

cendo indagini sulla storia dei manoscritti italiani della collezione Hamilton,
la

maggior parte

dei quali esaminai l'anno scorso.

Il

codice del Decameron


registrato al n 175

appjirtenne certamente ad Apostolo Zeno.


dell'Indice dei codici gi da lui

Lo troviamo

Marciana di XXll, e. 189). La descrizione non lascia alcun dubbio che esso non sia appunto quel medesimo che ora a Berlino. Fin da quando essa fu fatta si notavano nel manoscritto le due lacune che presenta ora. Piacer anche di sapere che lo Zeno riconobbe la molta bont della lezione. Dopo aver indicato le lacune sopradette soggiunge: Con tutto ci preposseduti che conservasi alla

Venezia

(Ris. Cod.

gevolissimo, e per

li

confronti fattisi

con

le

lezioni de' migliori testi rei

cate dal Salviati in fine al suo Decamerone, da riporsi tra * bili .

pi stima-

Interessante
si

per

la

storia
la

del

manoscritto anche

la di

seguente
Giuliano

notizia colla quale

chiude

descrizione:

Fu un tempo

cava da altro manoscritto in cui notato, che in fine di un codice del Boccaccio posseduto da Giuliano de' Medici v'era il So netto riferito del Zambeccari (1).
de* Medici,
si

come

(l)

La

copia della descrizione dello Zeno, della qnale io avevo preso soltanto l'appnnto,

mi

fii

fiivott*

per qnesta comoncazione dal sig. C. Soranzo.

29S

COMUNICAZIONI ED APPUNTI

Di questo codice che appartenne a Giuliano de' Medici, ad Apostolo Zeno,

duca d'Hamilton, e che ora si trova nella R. Biblioteca di Berlino, donde non da credere che sia per uscire mai pi, fece un brevissimo cenno anche il Manni nella Istoria del Decamerone, p. 631.
al

Leandro Biadene.

Il

questo titolo appunto Adolfo


opinione diffusa tra
lui

supposto incendio dei libri del Boccaccio a s. Spirito. Con Gaspary comunicava nell'ultimo fascicolo di
i

questo Giornale (IX, 457), alcune notizie intese a dimostrare infondata una
biografi del Boccaccio, secondo
la

quale

libri

di

sarebbero periti

nell'incendio del convento di S. Spirito, l'anno 1471.


dal critico tedesco

certo che le testimonianze addotte a questo riguardo


tesi

bastano a provare la verit della


certo che egli
altri.
si

da

lui

sostenuta;

ma

altrettanto

applic a sfondare
di

Con

ci

non intendo gi

un uscio gi spalancato per opera di muovere rimprovero al benemerito storico


uno
di

della nostra antica letteratura per

quei

tanti peccati di
;

omissione
giunse,

che sono inseparabili dagli studi


che
i

di erudizione

minuta

desidero solo notare


quali
egli

dubbi da lui messi innanzi

e le conclusioni, alle
altri l'aveva

sono tutt'altro che nuovi, e che

gi preceduto in questi ultimi

anni, anzi s'era spinto pi oltre di lui.

Enrico Narducci in una sua dotta e ingegnosa memoria Intorno air autenticit di

un

Codice Vaticano contenente

il

trattato di Boezio,
(1),

De
di

con-

solatione philosophiae scritto di


di dimostrare

mano

di

G. Boccaccio

proponendosi

che

il

famigerato Codice Vaticano 3362 fu scritto

mano
neldi

del Boccaccio, si trov naturalmente costretto ad abbattere


pali argomenti,

uno

dei princi-

che venivano adoperati dai suoi oppositori, cio che


1471
cit.,

l'incendio del
S. Spirito

fossero

distrutte
Il

le

due biblioteche del Convento

(Op.

pp. 7-10).

letterato

romano

si

fece forte,
;

come

il

Ga-

spary, dell'autorit dell'Ammirato

di

Vespasiano da Bisticci

trascur,

vero, le due testimonianze del Naldi

e del

Poliziano, che ci riportano, la

prima ad un tempo posteriore al 1494, la seconda al 1489, ma in compenso v'aggiunse quest'altre ancora pi degne di nota. In un documento sincrono dell'Archivio di Stato in Firenze, trascritto l'anno 1598 e pubblicato per intero dal Narducci {Op. cit., pp. 9 sg.), si descrive abbastanza minutamente l'incendio della chiesa di S. Spirito, si accenna alla prontezza mostrata da quei buoni frati per difendere i libri sacri dove si cantava l'ufficio , esistenti dietro l'aitar
rola. Il P.

maggiore,
(2),

ma

delle

due

librerie

non

si

fa

neppure pa-

Giuseppe Richa

con lode della libreria


tutti
i

di S.

poco oltre la met del secolo scorso, parlava Spirito e diceva che vi erano, al suo tempo,

libri del

Boccaccio e di frate Luigi Marsili agostiniano.

(1) Estr. dalle

Memorie

della R. Accad. dei Lincei, serie 3a,

Classe di scienze fis., matein., e

naturali, voi. Vili, 1882.


(2) Notizie istor. delle chiese fiorentine, t. IX, Firenze, 1761, pp.

57 sg.

COMUNICAZIONI ED APPUNTI

299

L'architetto Federigo Fantozzi (1) nel secolo nostro scriveva che in S. Spirito,

innanzi la soppressione

degli

ordini monastici, esisteva


i

una preziosa

libreria, ricca di

stampe e

di codici, fra

quali

erano un tempo e poi an-

darono dispersi quelli lasciati per testamento da Giovanni Boccaccio. Donde si ritrae come codesti libri, lungi dall'essere periti nell'incendio del 1471, rimasero tutti in una delle due librerie annesse al Convento di S. Spirito almeno sino al 1761, stando all'affermazione del P. Richa, scrittore abbastanza degno di fede. La dispersione di essi dovette avvenire soltanto con la soppressione degli ordini monastici, in quel malaugurato rimescolio di bil)lioteche e di libri, al quale dobbiamo attribuire pei-dite e
la dispersione sia stata

smarrimenti pur troppo deplorevoli. Io credo tuttavia che nel caso nostro men grave e irreparabile di (juello che a prima
vista parrebbe: credo (ed auguro)

che un'indagine paziente e minuta nelle

biblioteche fiorentine dovrebbe condurre alla identificazione di molti, se


di tutti,
i

non

libri

appartenenti al Boccjaccio,

il

che per alcuni

si

tentato con
nel noto
?

qualche successo.

Ad

esempio, che cosa vieterebbe di riconoscere


(2)

Zibaldone magliabechiano

uno

fra

superstiti del tardo

naufragio

Vittorio

Ci.n.

Ln

codice

di

rime spirituali.

Mi

si

permetta di fare ancora alcune

aggiunte alle annotazioni che accompagnano la tavola del codice Hamilton

348 da

me

pubblicata in questo Giornale, IX, 195 sgg.

prima

di tutto
il

riparo a una dimenticanza: omisi di

notare

che

il

n* 200 non

che

canto 33 del Paradiso.


Alla
si

lista dei codici del


il

Pianto della Vergine,

di cui tocco a p. 201 n.,

pu aggiungere
Italia.

n"

43

bis della collezione gi Trivulzio-Trotti, ora

non

pi in

Fu

descritto dal Novati nel

medesimo

fascicolo del

Giornale
si

in cui publjlicai la tavola del codice Hamilton.

p.

204

n.,

invece di Questo sonetto

di Antonio di

Meglio

legga:

Questo sonetto probabilmente di Antonio Pucci.

(1) (2)

Firetu disegnata

e descritta.

Libro secondo. Docci, 1840, p. 41.


1

Vedasi nel presente fascicolo pp.

e sgg.

Un

prezioso codice da ritrovarsi, appartenuto al

Boccaccio e scrtto di saa


registrato col titolo
:

mano

qnello che nell' inrentaro dei libri di

L'n libro di sonetti e

Lorenzo de' Medici fa ehantone del Petrarca, di carta di ckatteretto, sckritto


Fac-simiUs de Vcriture de Ptrarqu ecc.
,

di

mano

del Bochaceio. (Cfr.

De Noi.bac

Bome

1887. Estr. dai MeUtnges d'archoi. tt d'hist. pubi,

par

l'cole frane, e

Rome,

t.

VII, p. 18).

in

gginngasi che

le ricerche

sono oggi

na

pia ageroli dalla pubblicazione che

il

dr. A. Qold-

mann ha

carata nel Cenlralblatt

fUr

Bibliothekstcesen (anno IV, fase. 2, aprile 1887), del CataI

logo compilato nel 1451 dei libri della Biblioteca di S. Spirito.

Tolomi

contenati

nei
il

banchi

e T, derono singolarmente richiamar l'attenzione degli studiosi del Boccaccio,


(p.

come

Goldmann

ha opportunamente notato

139).

Di questa erudita pubblicazione

ci

occuperemo

del resto nel

f^icolo venturo.

Nota della

Datmom.

300
Il

COMUNICAZIONI ED APPUNTI
n 250, adespoto nel codice Hamilton 348, invece attribuito a

Mala-

testa Malatesti nel cod.


latesti

Hamilton 500

(1) (vedi la tavola delle poesie di

M. Ma-

contenute in questo codice pubblicata da C. Appel

in

appendice al
codice, devesi

suo lavoro Die Berliner Hss. der


p. 105, n

Rime

Petrarca's^ Berlin, Reimer, 1886,


nel

XXIII).

E anche

il

n" 286, adespoto

nostro

probabilmente identificare col n"

LXV

delle

poesie di
e.

M. Malatesti
22'"

e col

sonetto che leggesi coll'attribuzione a S. Bernardo a


Trivulzio-Trotti n 91 descritto dal

del

codice gi
fasci-

Novati a pp. 181 sgg. del citato


43, invece di

colo del Giornale.

p.

209, n. 5, fu stampato per errore Areh. glott.,


431.

I,

Arch.

glott.,

I,

Leandro Biadene.

(1)

E come

opera del Malatesti fu recentemente pubblicato da G. S. Scifioki, per nozze Renier-

Campostrini. Cfr.

XH sonetti di

M.

de''

M.

il

Senatore, Ancona, 1887, p. 18.

Nota della Direzione.

R o :n^ A. e ^

Nozze RENIER-GAMPOSTRINI.

Le faustissime nozze
occasione a molti fra
i

di

uno

de' Direttori di questo

Giornale hanno prta


le quali

suoi amici e cooperatori di significare la loro esuldi pubblicazioni


,

tanza per

si lieto

avvenimento con un manipolo


sotto le eleganti

gareggiano
i

nell' offrire

spoglie

di cui

pi valenti fra

hanno saputo adornarle, curiosi e notevoli documenti, vuoi Crediamo quindi doppiamente opportuno dar (jui di esse una succinta notizia; giacch per essere quasi tutte, come costume, impresse in un numero ristrettissimo di esemplari, e tutte poi, come ben si
nostri tipografi
,

storici

vuoi letterari.

capisce, fuori di commercio, difficilmente potrebbero per altra via essere co-

nosciute dagli studiosi e dagli amatori di rarit bibliografiche.

Siccome

ci

sembra

utile seguire in questa

breve rassegna l'ordine crono,

logico dei documenti e de' testi dati alla luce

cos per

primo ricorderemo

l'elegantissimo volumetto, nel quale G. S. Scipioni

ha

raccolti Dodici sonetti

di Malatesta de' Malatesti


pp. 25, ed. di

il

Senatore (Ancona, A. G. Morelli, 1887: oblungo,

LXX esemplari, dei quali X in carta a mano, con una xilografia).


,

Questa graziosa raccoltina di scelte rime di un principe


per
il

non meno chiaro

valore che per


i

l'

ingegno, non che un saggio di quella pi ampia,


storici

che

di tutti

componimenti
,

ed amorosi del Malatesti ha gi appronalla luce.

tata lo Scipioni

il

quale promette di darla presto


accoppiare
i

quelli del

Malatesti noi possiamo

Sei sonetti di Pellegrino Zambeccari

Cancelliere del
tip.

Comune

di Bologna per la
,

prima
,

volta publicati (Bologna,

Fava
,

e Garagnani, 1887

in-4 gr., pp. 13)

messi in luce da Ludovico

Frati

il

quale promette esso pure di occuparsi altrove pi largamente del


,

non dei migliori poeti , certo XIV. Pi ignoto assai dei precedenti, anzi interamente ignoto, era fin qui un terzo poeta, non poco posteriore, al quale si rivolta l'attenzione di Pasquale Papa {Un CaV, pitolo delle Definizioni di Jacomo Serminocci, poeta senese del secolo Firenze, Arte della Stampa, 1887, 8, pp. 19). questo Jacomo Serminocci, un senese vissuto fra il 1417 e il 1480, autore di un poema intitolato Definizioni, di cui non si conosce che un sol codice, probabilmente autografo,
suo concittadino, letterato assai valente
e se

uno

de' pi purgati latinisti fioriti sullo scorcio del secolo

nella Nazionale di Firenze.

II

Serminocci in questa sua opera pone in versi

302

CRONACA
li

tredici quesiti amorosi, assai bizzarri, e

fa definire
,

da una schiera
si

di ninfe

e di garzoni da lui rinvenuti in

una

foresta

ove egli

condoleva de' suoi

amorosi tormenti. Un quesito assai singolare quello proposto nel cap. XLVI, che il Papa ha scelto appunto per far conoscere il poema sul quale offre poche ma opportune considerazioni. Ci giova sperare che egli ci dar presto
,

un pi

esteso ragguaglio di tutta l'opera, notevole

come quella che conserva

un'eco illanguidita delle amorose disputazioni che allegravano gli ozi delle
principesse di Francia e d'Inghilterra nel secolo XII, raccolte e fatte cono-

Andrea il Cappellano. mezzo ai quali ci ha condotto il Serminocci, ci trattengono le Otto basse danze di M. Guglielmo da Pesaro e di M. Domenico da Ferrara, che D. Michele Faloci-Pulignani ha tratte da un codice
scere nel suo Flos amors da

Fra

le

dame ed

cavalieri, in

della biblioteca del Seminario di Foligno e lo Sgariglia adornate di fregi

ti-

pografici

veramente indovinati

(8

pp.

20

ediz. di IfX) esemplari).

Questa
(si

pubblicazioncina offre un contributo assai pregevole alla storia dell'arte

potrebbe dir scienza


teste

tanto sono complicate ed artificiosamente studiate co-

danze !) del ballo nel sec. XV ed un utile complemento al Trattato di Guglielmo ebreo, gi edito dallo Zambrini, e poscia recentemente ristampato
dal Messori-Roncaglia.

Nel sereno campo dell'arte, della musica e della poesia, noi restiamo pur sempre leggendo la bella pubblicazione di Alessandro Luzio: I precettori d'Isabella d'Este, appunti e documenti (Ancona, A. G. Morelli, 1887, in-4o,
pp. 68, ediz. di soli
Il

LXX

esempi., de' quali

in carta a

mano

di Fabriano).

Luzio,

nostri lettori lo sanno per prova, maestro nell'arte di dare ai


egli attinge
,

preziosi

documenti che

con sagacia ad

altri

pur troppo non

concessa, da quella inesauribile miniera che l'Archivio de' Gonzaga, una

cornice non

meno

dotta che geniale.

E
,

cosi

intrattenendoci degli studi di


della vita intima e spi-

Isabella, egli

ha delineato un quadro attraentissimo


libri, di que' libri

rituale di questa adorabile gentildonna

che fra tante celebri sue coetanee

non trov chi l'eguagliasse. Di


ricercava con la stessa
ci

che

la

marchesa Isabella

ansiet che le tavole di Leonardo o del Perugino,

discorrono anche due documenti del Quattrocento, messi in luce da Emilio


libri del secolo

Motta {Due inventari di

decimoquinto, Bellinzona,

tip. Sali

vioni, 1887, 8", pp. 10, ed. di 100 esemplari); l'uno de' quali illustra

libri

della chiesa di S. Bartolomeo in

Como

nel 1428, l'altro serba ricordo della

piccola libreria posseduta da Gaspare Trivulzio, uno scolaro di legge morto


in

Rimini (mentre

vi si trovava di passaggio) nel 1480, e


il

non nel 1499 ed

in guerra,

come afferma

Litta nella sua genealogia della celebre famiglia

milanese. Chiude la serie delle pubblicazioni riferentisi al sec.


raccolta di Poesie storiche sulla spedizione di Carlo

XV

una copiosa

VITI in

Italia, edita

con molta e diligente dottrina da Vittorio Rossi


ponimenti da un cod. marciano, autografo
illustrare la sua
il

di

che ha tratti questi comMarin Sanudo, il quale si direbbe,


,

osserva giustamente l'Editore, abbia voluto con questa silloge completare ed

Cronaca della funesta impresa


i

del Valois.

Le poesie

che

Rossi ha stampate per

tipi nitidissimi dei

Visentini (Venezia, 1887, 8",

pp. 38, ediz. di 35 esemplari numerati), presentano un contributo molto ragguardevole alla storia anedottica degli avvenimenti seguiti nel biennio 1494-95.

CRONACA
Ed
ali*

303

ora eccoci al secolo X\l. Erasmo Prcopo e Michele Scherillo offrono


di

amico un mazzetto
Napoli,

poesie

(Madrigalisti

Napolitani anteriori al

MDXXXVI,
plari

num. in carta portano i nomi del Tansillo,


di cui
il

De a mano

Rubertis, 1877, S gr., pp. 31, diz. di


,

esem-

di cui

in carta
,

paglierina doppiona) , che

del Sannazaro

di quel

Dragonetto Bonifacio,

Prcopo risolleva

la

fama

in questo stesso fascicolo del Giornale,

di G. Friscarolo, pili alcuni incerti; fiori,

che non hanno del tutto perduto,


la freschezza,

come a ragione avvertono


gelo Solerti,
il

gli Editori,

quale

si

volto a studiare con molto

di Goffredo, d- in luce in

un elegante

libretto

n il profumo. Anamore la vita del cantor Cinque lettere inedite di Tor8, pp. 29, ediz.

quato Tasso ad Aldo Manuzio (Torino, A. Baglione, 1887,


di

XL

esempi, numerati, dei quali Xll in carta a mano), che gettano molta
illustri.
il

luce sui rapporti che intercessero fra codesti uomini tanto


altro illustre ci discorre

d'

un

con l'usata erudizione Vittorio Gian,


lui

quale pure

ha

afiSdato alle cure dei Visentini e dato alla luce in

XXXV esemplari nurinvenuti nel

merati, de'

Nuovi Documenti su Pietro Pomponazzi, da


i

l'Archivio di Stato di Firenze,


quelli che illustrano

quali sono di importanza

non tenue, come

alcuni punti fino ad ora oscuri della vita del filosofo mantovano, e soprattutto presentano de' particolari singolarissimi sulla sua fine. Da vero stoico, il Pomponazzi, stanco delle torture a cui lo condannava il suo infermo corpo, si lasci morire di fame. La verit, pietosamente occultata da amici teneri della sua fama, vien oggi alla luce per mezzo della
relazione d'un contemporaneo.

pi

lieti

pensieri ci richiama Emilio Costa,

descrivendo in un grazioso libriccino

Le nozze

del

Duca Alessandro Far-

nese (Parma, L. Battei, 1887,

12*',

pp. 19), con quella nobilissima principessa

che fu Maria

di Portogallo. E da un'opera inedita del Lasca Carlo Verzone, non dimentico dei suoi vecchi amori, ha tratto una novelletta, in cui si tien

discorso di certo miracolo

assai

buff'o

operato da un santo frate

che

la

Chiesa non ha per canonizzato, in pr


di

d'

una giovane

assai bella e devota >

Castelnuovo di Lunigiana.

Ed

alla novella dotta Felice Bariola si pia-

ciuto accoppiarne

una

tutta popolare udita in Sardegna,

Lu poberu
e

linnargiu
novel-

{Novella inedita di Antonfrancesco Grazzini detto lina popolare sarda, Firenze, G. Camesecchi , 1887,
esempi., dei quali

il. Lasca

una

4, pp.

12; ed. di

LX

XXX

in carta inglese a mano), la quale

nuovo saggio

di quella raccolta di novelline sarde,

che
,

si

luce.

dacch

si

toccato di Folklore

desidera veder presto data alla diremo qui come a codesti studi

abbia recato nuovi e importanti

materiali Carlo Salvioni con i suoi Saggi di folk-lore infantile lombardo raccolti nel Cantone del Ticino (Bellinzona,

50 esemplari), che hanno un vero interesse per i Lombardia cisabduana messi insieme fino ad ora pochissimi documenti di questa natura. Anche Galileo Pinoli ha stampati sei Canti popolari Canavesani (Ivrea,
tip.

Salvioni, 1887, ed. di

cultori della letteratura popolare, soprattutto essendosi per la

tip.

e quale

Garda, 1887; abbastanza notevoli, in ispecie il quinto, che il motivo dell'a/6a provenzale e francese.
sec.

ci ridA tale

Al

XVll, pi che

al precedente, ci

richiamano

le

Dodici poesie

ine-

dite di Carlo

Emanuele I Duca di Savoia, messe a stampa da

F. Gabotto

e A. Badini-Confalonieri (Torino, A. Baglione, 1887, 8", pp. 35), poesie che

304

CRONACA

neppur l'egida di s gran nome pu rendere meritevoli di compatimento. E a Carlo Emanuele, ma fortunamente non come poeta, bens come politico, ha
rivolta la sua attenzione

anche Carlo Cipolla, che

sotto

il

titolo di

Enipontino (Verona,
illustrato

stab. G. Franchini, 1887, 4 gr., pp. 18)

Aneddoto ha dottamente
ambail

un episodio diplomatico non senza

interesse,

il

colloquio che ebbe

in Innsbruck nel 1604

Carlo Francesco Manfredi conte di Luserna,


,

sciatore del duca di Savoia, con l'arciduca Massimiliano

che governava documenti


,

Tirolo per l'imperatore Rodolfo.

Non

d'un solo

ma

di pi

spi-

golati quasi tutti dall'amplissima raccolta di autografi, fatta dal Gonnelli e

passata ora alla Nazionale di Firenze,

si

giovato Achille Neri per

comporre

Un Mazzetto

di curiosit (Genova

stab. tip.

Sordo-muti

pp. 20), che

egli si piaciuto

accompagnare con argute e piacevoli considerazioni. Fran,

cesco Novati infine ha dato fuori

cavandole dagli autografi conservati in

un privato Archivio,

otto lettere di C. Beccaria al conte G. B. Biffi di Cre,

mona
che
delle

suo collega in quella accademia

scherzosamente detta De' Pugni ,

egli,

insieme

ai

Verri e ad
,

altri

giovani amanti degli studi ed imbevuti


,

nuove

quale

P.

C.

filosofiche opinioni aveva fondato a Milano nel 1762 e dalla doveva poi nascere II Caff {Otto lettere di T. Pomponio Attico a Scipione, Ancona, A. G. Morelli 1887 12o pp. 44, edizione di soli
,

LX

esemplari).

La

Direzione.

* Tra breve uscir in Venezia, per cura del Merlo, un'edizione dei Motti
di Pietro

Bembo

lungo e curioso componimento


il

poetico

finora inedito e

sconosciuto, annotato ed illustrato da V. Gian,

quale mander innanzi una

introduzione sugli elementi costitutivi del componimento bembesco e le relazioni di esso


colto, e si

propone

con altre forme poetiche affini. Lo stesso dr. Cian ha racdi pubblicare fra non molto, una serie copiosa di lettere

inedite di Paolo Giovio, alle quali premetter

uno studio

sull'autore,

avendo

particolar riguardo alle sue relazioni coi Medici.


*

dire ingiustificato.
di

Fra Jacopone continua ad eccitare un interesse che non si potrebbe Non ancora uscito alla luce uno studio assai accurato Annibale Tenneroni intorno a Lo Stahat Mater (che egli si sforza, ricon,

tivamente
dotto

ducendolo a quella ch'ei stima la vera e pi antica lezione, di ridar definial frate tedino) ed alla lauda Donna del Paradiso, studio conpubblicazione

che gi si annunzia imminente una nuovi codici Andrea Moschetti destinata ad illustrare / codici Marciani contenenti laudi di Jacopone da Todi con un'appendice sui cosulla

scorta
del

di

dr.

dici Jacoponiani di altre Biblioteche Venete

(1).
il

* L' editore Lapi di Citt di Castello,

ha pubblicato

sesto voi. del Belli

a cura

di

Luigi Morandi.

11

volume

preceduto dalla seguente avvertenza:

(1)

aperta la sottoscrizione al Tolume per lire due presso

1'

Editore

(Tortona).

L' edizione

conster, di

300 esemplari numerati.

CRONACA
e

305

Non

casta,

non pia

talvolta, sebbene devota e superstiziosa, apparir la

materia e la forma:

proporre stente e,

ma il popolo questo; e questo io ricopio, non per un modello, ma si per dare una imagine fedele di cosa gi esiDel resto, alle gratuite pi, abbandonata senza miglioramento
. . .

incolpazioni, delle quali io divenissi oggetto, replicher

il

tenor della mia

vita e

il

testimonio di chi la vide scorrere e terminare

tanto

ignuda di
pub-

gloria, (juanto

monda

d'ogni nota di vituperio . Cosi

il

Belli nell' Introsi

duzione.

Ma, per

togliere ogni pretesto alle gratuite incolpazioni ,


cjue' sonetti
,

blicano in questo solo volume

che non devono andare nelle

mani
Poeta

di tutti,

di tanti altri scrittori


di ritrarre

sebbene non siano punto da confondere con le volute oscenit e sebbene anzi l' intento del , classici e non classici
,

fedelmente la
il

Roma

del suo tempo, quella

Roma

che,

come

diceva in un caso simile

D'Azeglio le teste guaste son venute a turbare

(/ Miei Ricordi, cap. XXII), faccia anche di questi sonetti un'opera sostanzialmente morale e civile. Questo volume, del resto, si vende in busta chiusa,
e
,

per chi lo volesse separato dagli

altri

a un prezzo triplo del consueto.

La Libreria Dante di Firenze ha messo in vendita la prima puntata delOpera nova, gi da grm tempo annunziata. Essa contiene gli Strambotti di Luigi Pulci fiorentino, e forma un graziosissimo volumetto di pp. 45, in carta a mano, nitidamente impresso dalla tipografia Ademollo, con copertina a busta a due colori, che richiama i frontispizi delle antiche stampe, seppure non di un d'essi esatta riproduzione. 11 titolo della collezione, non deturpato da uno spiacevole errore di stampa certo troppo conciso (Panana^= Pavana). Notiamo questa bazzecola, trattandosi d'una edizione che una rarit bibliografica. Agli Strambotti, riprodotti con discreta fedelt di sulle stampe antiche, segue una Nota, di carattere bibliografico e
l'
,

letterario,

dovuta al

sig.

A. Zenatti.
tratte dai libri delle

* 11 Dr. A. Bellucci,

che ha

Riformagioni del
libri.

Comune

di Rieti notizie sopra la proibizione dei giuochi


test per

d'azzardo,
Il

nozze

altri

documenti cavati dai medesimi


i

ha pubblicato primo ima


il

proposta fatta nel 1395 dai Priori per richiamar


certe leggi

cittadini all'osservanza di
se-

che vietavano la troppa pompa nelle cerimonie funebri;


il

condo, del medesimo anno, per promulgare alcune leggi contro

lusso delle

donne nel vestire e intomo a certe norme da osservarsi nei matrimoni. Cos l'uno che l'altro documento oflfrono qualche interesse per la storia del costume. Al medesimo signor Bellucci si deve ora la pubblicazione di un'Ode scritta quando si eresse il monumento all'Alfieri (i810) da Francesco Benedetti, e dedicata ad Antonio Canova, autore dell'infelice monumento. A quanto pare l'Ode non fu mai condotta a termine dall'autore, e, sebbene essa abbia uno scarso valore artistico, pure non senza interesse come quella che celebra, come ben dice l'Editore, un fatto nobilissimo e due grandi

italiani.

C.

Antona-Traversi ha pubblicato un volume (Citt di Castello, Lapi)

di Canti e versioni di

Giacomo Leopardi, riscontrati sugli autografi possGiacomo Leopardi in Recanati. Ecco gli scritti leopardiani che sono stampati in questo volume, col riscontro della stampa pi
duti dall'attuale conte

OiomaU

ttorieo, X,

&m.

28-29.

SO

306
vecchia: 1 Traduzione del

CRONACA
primo
libro dell'Odissea;

2 Traduzione del

secondo libro dell'Eneide, con preambolo al lettore; 3" Inno a Nettuno, con le note; 4o Sul monumento di Dante che si prepara in Firenze (canzone); 5

Ad

7 Alla luna
10

Angelo Mai (canzone); 6 La sera del giorno festivo (idillio); (idillio); S" La luna o la ricordanza (idillio); 9" Il sogno;
(idillio);

sogno

i Imitazione; 12 Canzone

per una donna malata


(idillio).

di malattia lunga e mortale; 13


i

La rimembranza

Di questi
del

scritti

primi cinque sono ricavati da carte interamente autografe

Leopardi,

gli altri

da copie della sorella Paolina, che rimontano

il

pi delle volte ad

numerose varianti rispetto alla stampa. In fondo al volume sono riprodotte la edizione romana (1818) delle due canzoni SuU l'Italia e Sul monumento di Dante e la bolognese (1820) della canzone Ad Angelo Mai, Certamente i cultori di studi leopardiani potranno giovarsi
autografi e presentano
assai di questa pubblicazione, che l'A. T. dice essere

una specie

di

prefa-

zione alla sua edizione critica di tutte le poesie del Leopardi, che in corso
di stampa.

Le Spigolature

storiche e letterarie di Emilio Costa (Parma,

Battei),

ben tenue interesse. Maura Lucenia Farnese si intitola il primo, dal nome che assunse Margherita Farnese, prendendo il velo, dopoch, per difetto organico che impediva la consumazione del matrimonio, essa fu sciolta da suo marito Vincenzo Gonzaga. Su tale strano
sono parecchi
scritterelli di

caso sono qui pubblicati documenti, e cos pure sulle nozze

del

fratello di

Margherita
scritto.

Rannuccio

Farnese,

che formano

il

soggetto
le

del

secondo

Poi vien segnalato

Un

libretto

anonimo contro
si

donne, cio VSyp-

politus redivivus stampato la prima volta nel 1644. Nello scritto


sito

A
;

propo-

del Torquato Tasso di Giovanni Rosini

danno pochi nuovi appunti


dal Car-

intorno alla vanit ben nota di questo mediocre e noioso letterato


teggio inedito di Agostino Cagnoli con

Marianna Brighenti,
I

notizie sullo stato d'animo di questo poeta.

migliori scritti

deducono sono i due ulsi

timi :

I genitori

di Pietro Giordani e Pietro Giordani e la famiglia Leo-

pardi. Di questi raccomandiamo la lettura.


*

stata pubblicata a Vicenza (Paroni, 1887),


sig.

una

lettura tenuta all'Ac-

cademia Olimpica dal


e la Filli in Sciro.

Giovanni Franceschini su Guidobaldo Bonarelli


lavoro assai leggiero e superficiale, che non agil

un

giunge nulla a quanto della FilU e del suo autore ha detto

Mazzuchelli.

* L'editore 1. Merlo di Venezia intende por mano alla pubblicazione di una Biblioteca Veneziana, la cui direzione per la parte riguardante il secolo XVIII sarebbe affidata al sig. Vittorio Malamani. Essa si inizierebbe appunto con una scelta di opere rare e curiose di quel secolo e precisamente colle seguenti: Da Ponte, Memorie; Carlo Gozzi, Memorie inutili; Goldoni, Mmoires (riproduzione della prima ediz. parigina); Casanova, Icasameron; Gratarol, Memorie apologetiche. Uscirebbe ogni mese un volume
, ,

di circa

un disegno

300 pagine in-16* del compianto

gr., al

prezzo di quattro

lire.

Viene cos ripreso


la

prof. Fulin, disegno,

che egli aveva egregiamente


sua morte im-

cominciato a tradurre in

atto,

ma

che rimase sospeso per

CRONACA
matura. Gli studiosi
tore,
tutti,

307
edi-

non ne dubitiamo, incoraggieranno l'egregio

che

si

accinge novamente all'impresa.

* Michele Scherillo ha raccolto in un grazioso volumetto (Napoli, L. Pierro,


1887, in-12o, pp. 93) sotto
suoi
letterari settimanali.
il

titolo

Quattro saggi di critica letteraria, alcuni

brevi scritti che avevano gi veduto la luce nelle colonne di giornali

Nel primo, Alcune fonti manzoniane, e nel secondo comparano alcune pitture del gran romanziere lombardo e del poeta sorrentino con altre assai pi antiche e si dimostrano con critica assai sottile le relazioni certo non molto strette che legano le une alle

Ninfe al

fonte, si

altre

11

terzo studio consacrato alla questione della Beatrice dantesca

quarto una vivace carica contro coloro che persistono ad identificare Gola

da Rienzo con
*

lo Spirto gentil cantato dal Petrarca.


il

A. Luzio e R. Renier hanno ultimato

lavoro di ricerche, che durava

da parecchi anni, intorno a Isabella d'Este Gonzaga. La monografia riguardante la celebre gentildonna e le sue relazioni artistiche e letterarie viene
ora stesa, e comparir quanto prima sar possibile
riale
,

tenuto conto del mate-

immenso e
Tra

della vastit dell'opera.

le pi recenti pubblicazioni

accademiche tedesche merita


die

di essere
,

segnalata la diligente

dissertazione per laurea del dr. Karl Friebe

Ueher

Christian

Hofman von Hofmanstoaldau und


,

Umarbeitung seines ge-

Ivi, dopo un' accurata esposizione della esaminano comparativamente le due redazioni della sua versione del Pastor fido, rappresentate la prima da un manoscritto della biblioteca civica di Breslavia e da un'edizione del 1678, fatta probabilmente

treuen Sch/ifers (Greifswald, 1886).


si

biografia del poeta

all'insaputa del traduttore, la seconda dall'edizione del 1679, uscita, insieme

Sterbende Socrates del Hofman istesso , sotto il titolo di Deutsche Uehersetzungen und Gedichte. Pi interessante sarebbe riuscito per noi l'opuscolo se il dr. Friebe avesse esaminato il suo testo anche in relazione
allo

coll'originale del Guarini:

in ogni

modo per
il

esso riempie

una lacuna
,

esi-

stente

neir elenco

delle traduzioni tedesche del


il

Pastor fido
il

dato recente-

mente da V. Rossi,
registrarne

quale indic bens


(cfr.

lavoro del Hofman,

ma

non seppe
,

nessuna

edizione

B. Guarini ed

Pastor fido

Torino

1886, p. 321).
* Coi nostri studi

ha pure relazione un opuscolo

di J.

Ross Murray, The

influence of italian upon english literature, Cambridge, 1886, che gi abbiamo annunziato ( Giornale, Vili, 502), ma del quale non possiamo ripetere
le lodi fatte dai giornali inglesi.

un
,

lavoretto smilzo e superficiale com-

pilato

su poche opere critiche


si

il

quale non aggiunge nulla di nuovo a

quanto
*

sapeva intorno all'interessante argomento.

breve distanza dalla apparizione del dotto libro di P. Meyer sulla

leggenda di Alessandro nel Medio Evo, ecco venir alla luce un accuratissimo
studio sull'Alessandro della storia.

L'tude sur Quinte Curce, sa vie


S.

et

son

oeuvre (Paris, Hacbette


della Facolt di

1887 , 8" , pp. 383), del Dr. Lettere di Clermont-Ferrand, merita


,

Dosson,

professore

di

essere conosciuto
le ap-

non

solo dai filologi,

ma

anche dai cultori degli studi medievali. Fra

308
pendici, che

CRONACA

danno prova della somma cura spesa dall'autore nel suo lavoro, degna appunto di ricordo la seconda dedicata a studiare Q. Curzio anche nel medioevo. Notiamo di passaggio che la traduzione italiana, ricordata dal Dosson a p. 371, e della quale egli deplora di non avere alcuna notizia, dovrebb'essere quella che esisteva
di

un tempo

nella Libreria Yisconteo-Sforzesca

Pavia

(1),

e che
il

si

ritrova in parecchi altri codd. di biblioteche italiane e


di Pietro

straniere sotto

nome

Candido Decembrio, che

la dedic a Filippo

Maria Visconti duca


* Dal
voi.

di Milano.

cato a parte

XX del Propugnatore, il dr. E. Prcopo ha estratto e pubbliun importante poemetto marchigiano del sec. XIV, che egli ha
intitolato

opportunamente

La

Giostra delle Virt e dei Vizi.


ci

Ne renderemo

conto pi largamente, come pure dello studio che or


Novelle.

giunge del professor

Jacob Ulrich, Pietro Fortini, Ein Beitrag zur Geschichte der italienischen
il fase. V degli Studi di filologia romanza, occupato una accuratissima monografia di E. G. Parodi intorno ai Rifacimenti e le traduzioni italiane dell' Eneide di Virgilio prim,a del Rinascimento. Ce ne occuperemo presto.

test uscito

tutto da

La casa

editrice E.

Loescher ha messo in vendita

il

primo fascicolo

degli Inventari dei Manoscritti delle Biblioteche d'Italia, a cura di G. Mazzatinti. 11

nome

del nostro egregio collaboratore, che in questi studi utilis-

simi

si

volto con

un ardore degno d'ogni encomio, coronato da un successo


ci

tutt'altro

che scarso,

assicurava che l'opera doveva


la prova.

riescire seria

e profasci-

ficua;

il

primo saggio ne porge

Vediamo

infatti in questo

colo pubblicati gli inventari

delle

Biblioteche

d'Imola, Camerino, Empoli,

Gapua, Aquila, Rieti, Terni, Narni, Sinigaglia, Crescentino, Sessa Aurunca, Asti, Reggio di Calabria, Alba, Piazza Armerina, Gasale, Siracusa, Cuneo,

Macerata;

si

promettono per

venturi fascicoli gli

Inventari delle librerie

di Pistoia, Foligno, lesi,

Fabriano, Subiaco, Alessandria, Volterra, e di altre

blioteche italiane, e

come quasi inesplorate siano ancora le piccole bicome ogni citt, per quanto modesta ne possegga una, qualche volta gloriosa di cimeli impagabili, non potr a meno di far plauso all'opera iniziata dal Mazzatinti, e secondata dal comm. Loescher. Ma il
parecchie. Chiunque sa
;

plauso non basta; bench in Italia pur troppo si continui, pare, a crederlo. Convien aiutare efficacemente, e con altri mezzi pi pratici, l'impresa e questo dovere, che un vero dovere esso ci sembra, spetta soprattutto ai
signori Bibliotecari. Sacrifichino, suvvia, qualche
registro e
!

qualche sche-

dario ;
*
il

non saranno certo

lettori

che se ne lamenteranno
luce

Sappiamo che presto uscir


cod. marciano.

alla

per cura del

dr. Vittorio

Turri

notevole poemetto. Il Conciliato d'Amore, rimasto sino ad ora inedito in

un

(1) Cfr.

Giornale

voi. I

p.

59

dove fra

libri riposti nella biblioteca il

1 ottobre

1469

ricordato

codice

si

un Libro in vulgare de Quinto Curdo historico sopra li gesti de Alexandro. Questo ritrova ora a Torino: cfr. Mazzatihti, Imss. italiani della Bibl. Nae. di Parigi, voi. 1,

pp. Lxxix e sgg.

CRONACA
Registriamo qui

309
Se-

una elegantissima pubblicazione nuziale dovuta a


due Poesie su Lodovico
i

verino Ferrari. Per nozze Vita-Bemporad egli ha rimesso in luce (Bologna,


Zanichelli, 1887, pp. 18, in4'')
il

Moro, che

il

Trucchi

aveva gi stampate,

ma

con

soliti

suoi arbitri e spropositi, di sul cod.

Ma-

Canzon se canta in campo de Scaravazo, l'altra (juella intitolata Del signor Lodovico da Milan. Alle due poesie il Ferrari fa poi seguire, traendolo dallo stesso cod., un curioso componimento in versi latini, che riassume le vicende di casa Sforza e si raggruppa in
gliabech. VII. 6. 1030. L'una la
differenti combinazioni.

* Richiamiamo la attenzione degli studiosi sui s^:uenti occuperemo prossimamente:

scritti, di cui ci

Testi inediti di Storia Trojana

preceduti da uno studio sulla leggenda

Trojana in

Italia

per Egidio Gorra.

Torino, Triverio, 1887.


l'histoire des coUections

La

bibliothqtte

de Fulvio Orsini, contributions

d'Italie et

l'tude de la Renaissance par Pierre

74 della Bibl. de Fcole des Hautes tudes. Paris, Yieweg, 1887. Novelle del Mambriano del Cieco da Ferrara, esposte ed illustrate da

De Nolhac.

Fascicolo

Giuseppe Rua.

Pubblicaz. della scuola di magistero

letteraria

torinese.

Torino, Loescher, 1888.

Claudio Monteverdi. Leben, Wirhen in Lichte der zeitgenssischen Kritik von Emil Vogel. Estratto dal Yierteljahrsschrift fr Musikicissenschaft.

Leipzig, Breitkopf, 1887.

Contrasti antichi. Cristo e Satana, editi da Fr. Roediger.


breria Dante, 1887.

Firenze, Li-

Dante Geometra. Note


Torino,
Istit.

di geografia

medioevale di Cosimo Bertacchi.

Fomaris-Marocco, 1887.
,

Notizie sui professori di latinit nello studio di Bologna

Documenti e studi pubbl. dalla R. Deput. di st. patria per le provincie di Romagna. Bologna, R. Tipografia, 1887. / dram.mi pastorali di Antonio Marsi detto l'Epicuro napolitano, a cura
Augusto Corradi.
Estratto dai

raccolte da

di Italo

Palmarini. Voi. I. Bologna, Romagnoli, 1887. Petrarca e i Carraresi, studio di Antonio Zardo. Milano, Hoepli, 1887. FVancesco De Sanctis e la critica letteraria , studio di Pio Ferrieri.
Il

Milano, Hoepli, 1887.

Le

Considerazioni sopra le

soni , per Orazio Bacci.


C. Antona-Traversi.

Rime

del Petrarca di Alessandro

Tas-

Firenze, Loescher e Seeber, 1887.


ediz. critica

Ultime lettere di Jacopo Ortis,

a cura di G. A. Martinetti e da A. Fiammazzo.

Saluzzo, tip. Lobetti-Bodoni, 1887.

codici Friulani della Divina

Commedia,

illustrati

Cividale, tip. Fulvio Giovanni, 1887.

P. Durazzo.
Brunelli).

Il paradiso terrestre nelle carte medioevali (Nozze Medin


Monticchiello, per cura di Guido Mazzoni (Nozze

Mantova, Eredi Segna, 1887.

Rime

di

M. Domenico da

Casini-De Simone).

100 esemplari.

Roma,

tip.

Metastasio, 1887.

Si&

CRONACA

tore

f La mattina del 9 luglio 1887 cessava di vivere a Bologna il commendaFrancesco Zambrini, presidente della R. Commissione pe' testi di lingua,
Chi conobbe l'intelligente ed operosissimo letterato romar onesto e virtuoso cittadino, l'ottimo padre di famiglia non pot non
dolorosamente commosso al
lo
triste

in et d'anni 77.

gnolo,
sentirsi

annunzio.

Zambrini vivea ritirato nella sua amena villetta di Vallescura, dove l'affetto della sua numerosa famiglia, la stima e la venerazione degli amici prossimi o lontani, gli rendevano pi lieto il riposo meritamente dovuto alla sua veramente instancabile operosit e ai sacrifizi sostenuti in servigio degli studi di letteratura antica.

Da qualche anno

L'opera che durer pi lungamente ad attestare


secoli

il

paziente

continuo

lavoro dello Zambrini la Bibliografia delle opere volgari

XIII

XIV,

della quale si

a stampa dei impressero ben cinque edizioni, con sempre


sti-

nuove e numerose aggiunte, per guisa che essa stata ragionevolmente mata l'opera pi utile alla storia letteraria dei primi secoli, che abbia
duto la luce in questi ultimi anni.
Oltre a quest'opera moltissime altre pubblicazioni minori,
voli,

ve-

ma

pure notelo

furono date alle stampe dallo Zambrini; ed alcuni suoi amici, cono-

scendo la moltiplicit delle sue produzioni letterarie, pi volte


eccitato a compilarne, seguendo l'esempio del Fanfani,

avevano
Quello
:

una Bihliobiografia.
:

Ma

lo

Zambrini, ringraziandoli dell'amorevole invito, rispondeva


in

che al Fanfani stava bene,


volle dar fuori se
1883),

e non non un semplice e modestissimo Indice (Imola, Galeati, che comprende duecentoventidue pubblicazioni, non tenendo conto

me

potrebbesi

credere orgoglio

degli articoli originali inseriti in diversi periodici letterari.

Troppo lungo sarebbe l'esaminare minutamente questo catalogo, che pur


da solo potrebbe bastare a porgere un'adeguata idea dell'attivit assidua e
intelligente del

venerando letterato faentino.

L'attivit dello
inediti dei secoli

XIU

Zambrini non si limit per a disseppellire e XIV e ad illustrarli convenientemente

testi volgari
;

egli diresse

ad un tempo costantemente, qual Presidente della R. Commissione pe' testi di lingua, fondata nel 1860 dal dittatore Farini, la Collezione di opere inedite rare dei primi ire secoli della lingua, che contiene pubblicazioni pregevolissime e ben

note

ai

lettori di

questo Giornale. Alla quale Collezione lo

Zambrini

di propria iniziativa

aggiunse una Scelta di curiosit letterarie,


loro

incominciata nel 1861 e giunta ora al 221 volume, destinata ad accogliere


quelle scritture a cui

per la minor mole o per l'indole e l'et

mal

si

potea far luogo nella Collezione.


Oltre alle due raccolte
il

benemerito Zambrini nel 1868

istitu

un

perio-

dico

Propugnatore, che dovea riuscire come un'antologia classica italiana non meno utile che dignitosa a pregiata . Di cotesto periodico, che in venti anni di vita non sempre rimase fedele al programma
intitolato II

che s'era proposto, e nel quale videro la luce scritti originali e pubblicazioni di testi antichi volgari veramente preziosi, come ad es. il codice Chigiano L. Vili. 305, lo Zambrini a ragione compiacevasi come di opera a lui solo
dovuta. Cosi
l'illustre

uomo quando

l'Italia

era

discorde e divisa,

tenea

CRONACA
e continuamente ed efficacemente soccorreva di consiglio e di aiuto
di

3il

viva la coscienza della nazione mediante lo studio assiduo della lingua nostra
i

giovani

buona volont che aveano

la fortuna di essergli amici.

L. Frati.

f L'8 agosto morto a Milano Lorenzo Stoppato padovano. Egli non aveva che trentadue anni e la sua perdita improvvisa stata sentita con vivo dolore, soprattutto dalle alunne della Scuola normale fenuninile, nella quale
da
tre

anni ^li copriva con molta lode la cattedra di lettere italiane. Lo

Stoppato per non stava pago all'adempimento del suo ufficio :


altres

ma

attendeva

con amore agli studi linguistici e

letterari. In quelli egli


;

aveva dato

prova di s con un Manualetto di fonologia italiana

in questi

con un Com-

pendio di Storia della letteratura italiana ad uso delle scuole, e con un saggio
su La Commedia Popolare in Italia. Di quest'ultimo lavoro HGiojmale, come ben rammenteranno i nostri lettori, ha test discorso piuttosto a lungo, e piuttosto severamente (IX, 279). Ma la nostra severit, sempre imparziale e serena, era stata ispirata in gran parte dal desiderio di fare accorto un giovane,

dimostrante

acume

e attitudine al lavoro

scientifico

che

la strada per la
il

quale s'era messo era pericolosa, pericolosa assai, giacch, messovi

piede
lo

una volta ben

difficile

che

si

giunga a

ritrarlo. Si

poteva sperare, e noi


,

speravamo, che lo

Stoppato

si

arrestasse in
il

tempo, e

bandita ogni fretta

inconsulta, ci offiisse in quel lavoro sopra

teatro in

ch'egli stava da anni apparecchiando per la stampa,

pacano e sul Ruzzante, un contributo veramente

importante per la storia di quella curiosa forma letteraria, che la


dell'Arte.

Commedia
povero

La morte ha

tutto spezzato, tutto distrutto, e forse \'ietato al

Stoppato di lasciar dietro di s


del suo ingegno.

un ricordo durevole

della sua operosit e

Altre due perdite ebbero a deplorare nello scorso estate le lettere nostre,

quella del marchese Giuseppe


razione, e quella del cav.

Campori che ci onorava della sua collaboAntonio Cappelli. Di ambedue diremo qualche
,

cosa nel prossimo fascicolo.

Luigi Morisenoo, Gerente responsabile.


Torino

Tip.

TaoBaM

Boia.

MANOSCEITTI ITALIANI

DELLA COLLEZIONE HAMILTON


NEL
R.

MUSEO E NELLA

E.

BIBLIOTECA DI BERLINO

Trovandomi
namento,
volli

lo scorso

anno a Berlino per

istudi di

perfezio-

conoscere de visu alcuni dei manoscritti italiani

della collezione

Hamilton acquistata, come noto, dal Governo

Prussiano sullo scorcio del 1882. Mi persuasi

ben

tosto

che

il

catalogo inglese stampato nell'occasione della vendita della raccolta (1)

aveva

soliti

difetti di simili inventari.

Esso

cio

non

manca ordinariamente
manoscritti,

di

porre in rilievo

pregi estrinseci dei


esatta e parla

ma

di questi

non d una descrizione

ticolareggiata. Anzi per ci

che concerne specialmente


volta
del
tutto

con-

tenenza, le indicazioni
spesso imperfette, e in
risolsi allora di

sono qualche

erronee,

generale incompiute e insufficienti. Mi


il

esaminare

maggior numero

di

manoscritti che

avessi potuto, pensando che avrei fatto cosa utile e gradita agli
studiosi

dando
i

di questi

nuova e pi

esatta

notizia,

e aggiun-

gendo per

rimanenti la descrizione del


in

catalogo
certo

inglese,

che

non fu posto
conosciuto.

commercio, e che in

Italia

pochissimo

Cosi ebbe origine

il

catalogo che ora presento.

(1)

Palace

Catalog of the magnificent Collection of Manttscripts from Hamilton (s. a. n. 1., ma Londra, 1882). Un articolo sui codici Hamilton, comil

pilato colla scorta di questo catalogo, fu pubblicato nel giornale

Timesy

e ristampato in

The Bibliographer, anno 1882, n

13.
81

f.'iornaU ntorico, X, fase. 80.

314

L.

BIADENE
quali,
i

Nel catalogo inglese sono registrati 692 manoscritti, dei


se

non

erro, soltanto 96 sono italiani


si

(1).

Di questi 96, 17,

pi
gli

pregevoli per valore artistico,


altri nella

trovano ora nel R. Museo,

R. Biblioteca di Berlino.
all'opera alcuni pochi codici erano gi

Prima che mi ponessi


stati fatti

oggetto di particolare

esame da parte

di studiosi

te-

deschi, e di altri fu data pubblica notizia in appresso,

come ora

pi distintamente dir.

Non appena giunse a Berlino la collezione R. Museo F. Lippmann in un articolo assai ben
nel

il

Direttore del

fatto,

pubblicato
IV, 63-72,

Jahrbuch der

knigl. Preuss.

Kunstsammlungen,

diede notizia piena e accurata del codice artisticamente pi pregevole, la Divina

Commedia

illustrata

da Sandro Botticelli
di

(2).
al-

Questo articolo del Lippman fu poi

la fonte principale

cuni articoli minori comparsi cosi in Germania


paesi. In appendice alla
il

come

in altri

National Zeitung del 5 novembre 1882


il

prof. A. Tobler

annunzi

ritrovamento di un codice da un
testi

pezzo smarrito di antichissimi


(1) lo anzi

veneti

(3),

codice del quale


mia partenza da Berindic altri tre

lino

ne avevo notato soltanto 93, avendo pregato il dr. Alfredo Schulze


il

ma
,

dopo
egli

la

impiegato nella R. Biblioteca


,

di verificare

numero
sfuggiti.

dei manoscritti italiani

me ne
dubbio

che mi erano
nevole quando

E mi

rimane

il

dubbio che qualche altro possa na11

scondersi nel catalogo inglese sotto titolo latino.


si

apparir ragio-

sappia che in uno specchietto a mano, che sta innanzi ad


intrlese della

uno degli esemplari del catalogo


italiani sono segnati in

R. Biblioteca

manoscritti
,

ben vero per altro che come mi avverte il dr. Schulze , la Biblioteca non garantisce T assoluta esattezza di quello specchietto. Dal quale ad ogni modo piacer che io riporti qui il nu-

numero

di 99.

mero

dei manoscritti della intera collezione divisi


:

secondo

le varie lingue.
Bibl.), latini 364,

Sono dunque
toghesi.
indicati
11
il

italiani

99 (17 nel R. Museo e 82 nella R.


1,

francesi 112, greci 22, orientali 56, tedeschi

slavi 3, 1 spagnolo e

2
fin

por-

compilatore dello specchietto segn come totale di quelli


n* 663 invece di 662. Altri

qui

29 manoscritti inglesi furono restituiti all'Inghilterra. In tutto sarebbero 691. Ne mancherebbe dunque uno. 11 compilatore dello specchietto non si avvide dell'omissione avendo computato erroneamente, come s' detto, per 663 anzich per 662 i manoscritti che egli
indica
(2)
(3)

come ora

esistenti a Berlino.

Die Zeichnungen des Sandro Botticelli zur Gottlichen Komdie. Ein Stuck der Hamilton'schen Sammlung. E il cod. n 390 del ca1

talogo inglese, n"

dei codici della R. Biblioteca, secondo

il

nostro catalogo.

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON

315

egli poi intraprese e

ha

gi compito da par suo la pubblicazione.

Pi tardi
il

il

medesimo

prof.

Tobler sottopose a minuta disamina


dei pi belli e dei pi preziosi della

codice del

Decameron, uno

collezione

(1).

W. Wattenbacb

nel Neites Archiv der Gesellschafl

fur altere deutsche GeschichisUunde, Vili, 327-51 tocc brevemente


di quei mss.

che riguardano

la storia del

medio evo od hanno


(2).

paleograficamente una speciale importanza

Alcuni

di

qiiesti

sono

italiani.

italiani

sono anche parecchi dei codici illustrati

dei quali diede succinto ragguaglio, per ci soltanto che concerne


le illustrazioni,

W, von

Seidlitz nel

Repertorium fur Kunstwis-

senschafl degli anni 1883-85 (3). Quattro codici danteschi furono


fatti

conoscere da B. Wiese nella Zeitschrift ficr r^oman. Philo-

logie, Vili,

37 e sgg.

(4),

sette codici delle

rime del Petrarca

furono studiati e minutamente e con ogni diligenza descritti da


G.

Appel nel suo lavoro Die Berliner Handschriften der


poi
il

Rime
Re-

Petrarca's, Berlin, 1886. Pi recentemente

prof. R.

nier comunic ai lettori di questo Giornale storico, IX, 336-37


la descrizione

del

codice 681

fornitagli

dal sig.

E.

Vogel
io

(5),

e nel medesimo numero dello stesso Qiomale diedi

stesso

una particolareggiata
anche
la tavola

notizia del
sgg.).

codice

348, di

cui pubblicai
descrizioni

(pp. 186 e
(6).

tutte queste

mi

richiamo nel catalogo

(1)

Die Berliner Handschrift des Decaineron


il

Berlin

1887. Nel nostro

catalogo ha
(2) (3)

n 14 tra' codici della R. Biblioteca.

Die Handschriften der Hamiltonschen Sammlung.


Voi. VI, fase. 3; voi. VII, fase.
1

e 3; voi. Vili, fase.


I

1,

Die illustrirten

Handschriften der Hamilton-Sammlung.

codici esaminati dal v. Seidlitz

sono 181. La loro numerazione regolarmente progressiva non corrisponde a quella del catalogo inglese.
(4)

Yier neue Dantehandschriften.

Il

Wiese

indica

questi

codici
i

colle

quattro prime lettere dell'alfabeto, senza darne la segnatura. Sono


della R. Biblioteca.
(5)

n>

202-205

del catalogo inglese, corrispondenti ai n' 2-5 del nostro catalogo dei codici

L' esemplare di dedica del poemetto

La

descrizione
Il

non

del

tutto

esatta,

Di Paulo e Daria amanti >. come vedr chi vorr confrontarla

colla nostra.

n 681 corrisponde nel nostro catalogo al n. 7 dei codici del

R. Museo.
''6)

Soltanto

l'articolo del

Wattembach non mai

citato,

essendo che

316

L.

BIADENE
qualche

La compilazione

del quale m'invitava naturalmente a


di

indagine sulla storia

cotesti

manoscritti,

quali,

stando a

quanto ho udito dire, furono raccolti dal padre del duca d'Hamilton che
li

cedette al Governo Prussiano.


di

La provenienza
quelli cio

parecchi gi indicata dal loro titolo: di


ducali, cronache, storie,

che contengono

memorie

di

Venezia.

manoscritti riguardanti Venezia sono 32 (Museo n' 11-16,

Bibl. n* 43, 46-71).

dalla

stessa citt

provengono certamente
lo

anche

altri.

Cosi

il

no 78 della Bibl,

che porta

stemma dei
un
co-

Sagredo, e

il

n 27 pure della Bibl., nel quale riconobbi


del

dice della libreria

Convento

di

S.

Francesco della Vigna.


n" 6, Bibl. n' 14

Tre appartenevano ad Apostolo Zeno (Museo


biblioteca di S. Michele di

e 16), uno al senatore Jacopo Soranzo (Bibl. n 37), quattro alla

Murano

(Bibl. n^ 12, 17, 31, 35).

Non

sono dunque

meno

di

42

manoscritti provenienti
se

da Venezia.
avessi

Qualche altro avrei forse potuto aggiungerne,


l'opportunit di estendere le ricerche.

avuto

Di

un

altro manoscritto della

collezione

si

sapeva gi da un
(Bibl. n 1).

pezzo che era uscito dalla Bibl. Saibante di Verona

Mi par probabile che

la

maggior parte dei codici sieno


(1);

stati

trasportati dall'Italia direttamente in Inghilterra


altro furono certo per qualche
n* 1, 4, 6 (2), 7 del

alcuni per
;

tempo anche

in Francia

p. es.

Museo

n^ 3, 12, 21, 37,

72 della Bibl.
di Parigi

Forse stette per qualche tempo nella Nazionale


il

anche

n 8 del

Museo

(3).
il

Sappiamo anche

nome

di alcuni illustri possessori.

Abbiamo

cenni che in esso

si

fanno

dei

singoli

codici

sono

ordinariamente

molto

brevi e talvolta pi brevi di quelli del catalogo inglese.


(1)

Alcuni certamente.

con queste parole: Mss" per Milord Hamilton Marchese (2) Era nella Nazionale di Parigi.
(3)

Nel codice n" 50 della Bibl. trovai un cartellino di Duglas .

Porta lo stemma
scelse
i

di

Pio VI. Si sa che sulla fine del secolo scorso

il

Daunou

migliori codici della Bibl. di Pio

VI e

li

mand a

Parigi.

Questi codici appartenenti alV Ancien fond


dice 541 della Nazionale di Parigi
ital.

du Pape sono

registrati nel co-

(vedi Mazzatinti,
I,

Inventario dei mss.

della Bibl. di Francia, voi.

p.

clxxvi).

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON

317

gi avuto occasione di menzionare lo Zeno; a^iungiamo subito


il

Varchi, a cui appartenne

il

n 15 della Bibl. e Tito Strozzi di


Bibl.

avL

furono

n'

12 e

21
1,

pure della

Due

codici

furono

de' Medici
il

(Museo n"
n 7)

Bibl. n" 14),

uno appartenne a Lodovico


10),

Moro (Museo

uno a Ferdinando d'Aragona (Museo n


n 8).

uno a Pio VI (Museo

Un

codice porta lo

stemma

dei

mar-

chesi di Fogliano (Museo n 2) e uno dei Della Rovere (Bibl. n" 13).
I

codici per

quali

mi

limito a riferire la descrizione del cai

talogo inglese sono 37, e

loro

numeri

si

trovano compresi tra

parentesi quadre nel presenta catalogo.

Nella compilazione del

quale ho procurato di seguire, per quanto


miei appunti,
il

me

lo

permettevano

metodo tenuto dai compilatori dei cataloghi dei

manoscritti della Bibl. Naz. di Firenze e specialmente di quello


dei codici Panciatichiani. Per

amor

d'uniformit poi, ho dato la

medesima
ho gi

disposizione

anche

alle descrizioni dei codici

da

me

non esaminati, descrizioni che nella loro sostanza


detto, dal catalogo inglese.

riporto,

come

Delle due numerazioni

che hanno

codici, la

prima, quella

progressiva, fatta da me, l'altra quella del catalogo inglese

che

essi

ancora conservano cosi nel R. Museo come nella R. Bi-

blioteca.

Chiudo pregando

il

lettore di

voler
sia

condonare

ai

difetti

del
il

mio

lavoro, e

augurandomi che

compilato presto anche


dei

catalogo dei manoscritti latini della collezione, molti

quali

sono dei nostri umanisti.

Leandro Biadene.

318

L.

BIADENE

R.

MUSEO

DI BERLINO

1
il

= 201.
Commedia
i

celebre codice della Divina


di

illustrato

da Sandro Botticelli.

Consta

86 fogli

di fine

pergamena,

quali

misurano m. 0,42

X 0,41.
codice

Il

recto di ciascun foglio contiene

un intero canto in

bella e chiara scrittura

su quattro colonne

a tergo trovansi le illustrazioni.


i

Quando

il

fu

acquistato dal Governo Prussiano

fogli

erano legati in volume, e disposti

per

modo che leggendo


anche

il

testo si avesse

sempre davanti
i

sull'altra
sciolti,

pagina
ciascuno

di fianco

l'illustrazione relativa.

Ora

fogli

sono

posto entro una specie di cornice di cartone.

Mancano

canti I-VI e

VIIl-XV

dell" Inferno,

e sono

bianchi
e

lati

dei
del

fogli destinati ai disegni illustrativi dei canti

XXIX, XXXII
i

XXXIII

Paradiso. Anche l'illustrazione del canto


II

XXXI

appena incominciata. canti che

cod. nel 1803 era a Parigi, e fin d'allora


Il

mancavano

abbiamo

sopra indicato.

Botticelli esegu

il

lavoro per Lorenzo di Pietro Francesco

De

Medici. Cfr. F. Lippmann, Die Zeichnungen des Sandro Botticelli zur

GttUchen Komdie {Jahrbuch der Knigl. Preuss. Kunstsammlungen


Berlin, 1883, IV, 63-72). Dei disegni del codice gi condotta a termine la

splendida edizione in folio curata dallo stesso

Lippmann {Zeichnungen zu

Dante's Gttlicher Komdie, Berlin, Grote, 1885 e 1886).


[Qui
si

pu aggiungere che
furono
ritrovate
n<>

otto

delle

illustrazioni
il

mancanti
quale

al codice
il

berlinese

dal

dott. J.

Strzygowski,

annunzi

ritrovamento nel

28, 22 aprile

1886, della
v.

Kunstkronik (Beiblatt zur


,

Zeitschrift fr bildende

Kunst

hrsg.

Ltzow

Leipzig

col.

465-72).

Questi fogli

si

conservano nel fondo Regina della Biblioteca Vaticana in


,

un codice miscellaneo
frammenti
indicati

e furono

legati

al

tempo

di

Pio IX insieme

coi

nell' Arcato

der Gesellschaft fr altere deuische Ge(1872), sotto


il

schichtskunde del Pertz,

voi.

XII

n 1896, pp. 326-7. In uno di


l'

questi otto fogli rappresentato

tutto

intero

Inferno

ed esso

doveva

quindi servire

come

di frontespizio al
:

volume, e

gli altri sette

contengono le

illustrazioni dei canti

primo, nono, decimo, dodicesimo, tredicesimo, quindiil

cesimo e sedicesimo, e quindi anche

testo dei canti: ottavo, nono, undi-

cesimo, dodicesimo, quattordicesimo e quindicesimo.

Ora mancano dM' Inferno soltanto

otto illustrazioni].

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON

319

Membran.,
sec.

= 496.
Carte 264, num. ant., pi 4 carte

XV, m.

0,260

X 0,185.
fine.

non num. in principio e una in


prima carta numerata
nell'ultima carta
lo

Nel mainine inferiore del recto della


di

stemma

Corrado da Foliano.

e.

264' e

non numerata che segue trovansi


marchese
di

notati gli anni della nadi Cor-

scita dei figli di Gabriella figlia del

Mantova e moglie

rado da Fogliano (1459 e 1461), e d'altra


di

mano

quelli della nascita dei figli

Ludovica

figlia di

Palavicino dei marchesi Palavicini e moglie di Ludo-

vico da Fogliano (1479-95).


ili.

Legat. in assi e

pelle.

Cfir.

Seidlitz,

Die

Hss., n 45 e Appel,

Die Brln. Hss., pp.


Il

5-7.

FRANCESCO PETRARCA,
(e.

Canzoniere

col

commento
Sonetto
cit, pp.

del

Filelfo

l''-264'").

Sono soltanto 103

poesie. Ultime parole

LXXX\1,
22 e 65-67.

L'aspettata ,
Ij poesie

ma

il

sonetto

manca. Cfr. Appel, Op.


il

sono scritte in rosso e


le

commento
riportate

scritto in nero,
dal
testo.

ma

anche
delle

in esso spiccano in rosso

parole

Le

iniziali

poesie e dei vari capitoli del

commento sono

miniate. Nelle carte

non nu-

merate in principio trovasi l'indice delle poesie contenute nel ms.

3
Membran.,
sec.

= 498.

XV, m.

0,24:3

X 0,1j5.
fine. 11

Carte 184 num. a lapis, pi 6 carte


testo

non num. in principio e una in una corona


di

della e.

l""

come

cinto da

7 medaglioni, ciascuno dei quali contiene una miniatura. Nel


stessa carta trovasi

margine inferiore della

uno stemma.
.

e.

184' Finis

Quid n mortalia pectora cogis

Auri sacra fames


cit.,

Legat. in

pelle
cit.,

con impressioni in oro.


pp. 9-11.
I.

Cfr. Seidlitz, Op.

n" 57 e Appel, Op.

FRANCESCO PETRARCA,
i

Il

Canzoniere contenente

tutte le

rime
di

della vulgata (e. l'-147'). Sopra

sonetti l.i6-38# sono tirati

dei freghi

penna, e in margine di ciascuno di essi scritto


Op.
cit.,
II.

proibito . Cfr. Appel,

pp.

22 e 65-67.
I

FRANCESCO PETRARCA,
pp. 67-71.

Trionfi

(c.

147 -184'). Cfr. Appel,

Op.

cit.,
III.

Sonetto

di Tita Meratti

(e. 84).

Com.:

Cassinense decan

bene-

dettino , fin.: scriuo la carta della donazione . Pubblicato dall' Appel,

Op.

cit.,p. 11.

4
Membran.,
la

= 501.
Carte 221
I

sec.

XV, m. 0345X0,?35.

senza

numer., bianche
e.

prima e

le

due ultime e altre due nel mezzo.

margini della

2^

sono

320
rabescati, e in

L.

BIADENE
inferiore

mezzo del margine

uno stemma.

Il

codice ben
linee.

conservato, la scrittura

regolare, ogni

pagina piena conta 38

Sul

margine inferiore dell'ultima pagina


dello scrittore del codice not: nacque Giulio Cesare Caracciolo

scritta

una mano diversa da quella


1569 a
bora VI
(?)

AUi 15
(?)

d'ott

uenerdi
.

cbe sia nato per seruitio d'iddio


guardia
impresso
.
il

Legat. in seta.

tergo della prima carta di

nome

del legatore, che fu

un francese

Rei.

Par Bozerian Jeune

Cfr.

Seidlitz,

Op.

cit.,
I.

n 44 e Appel, Op. cit, pp. 14-21.


Il

FRANCESCO PETRARCA,
fino al

Canzoniere
Il

col

commento

del Filelfo

(e. 2"^ -84'").

Sono soltanto 71 poesie.

primo son. intero; delle poesie


il

che seguono,
Cfr. Appel,
II.

son. 22, trovasi solo

commento senza

il

testo.

Op. cit, pp. 22 e 65-67.

LEONARDO ARETINO, Vita del Petrarca (c. 85^-88'). III. FRANCESCO PETRARCA, I Trionfi accompagnati da un commento
adespoto
(e.

89* -219').

La

e.

89'

tutta
cit.,

occupata dalla rappresentazione


pp. 16-20 e 67-71.
capitoli, quel
Il

del Trionfo d'Amore. Cfr. Appel, Op.


di cui l'Appel riporta
trovasi,
il

commento,

principio

dei

vari

medesimo che

sempre adespoto, nei codd. Magliabech.

CI. VII,
cfr.

204 e 1102, nel

Panciatichiano, n 135 (14 della nuova numerazione;


tichiani, fase.
I)

Codici Pancia-

e nel Marciano-ital. CI. IX, 227

(v.

Casini, Rivista critica

della

lett.

ital.. Ili, 180).

5
Membran.,
sec.

138.

XV, m.
Qui

0,258

X 0,165.
die

Carte 76
ueneris
sit

non numerate. In

fine

Explicit liber

iste in

MGGCCLXXV
fecit

uigesimo octauo mensis


.

aprilis e sotto

hoc opus a deo


in assi e pelle.
(c.

benedictus

Bel codicetto
Op. cit, n 53.

con molte vignette.

Legat.

Cfr.
Le

Seidlitz,

CECCO D'ASCOLI, L'Acerba


le

l"" - 76'').

terzine contro

Dante sono

prime dell'ultimo capitolo

(e.

74'").

6
Membran.,
sec.

= 247.
Carte 82, num.
ant., e

XIV, m. 0,252

X 0,185.
fine.

una carta
le

non num. in principio e una in


e. l'"-79' e
80'";

Bianche, oltre queste due, anche

scritto

due colonne.

e. 79'"

Expletum Padue de
Gradonico
e.
il

MCCCLXXXXVIIl

die

primo mensis octubris per

me Jacobum

militem venetum . Segue

un Epigramma

di

mano moderna. Le

80' -82'

sono occupate dall'albero genealogico dei Gradenigo fino a circa

1000

(di

mano

naturalmente diversa dalla precedente).


Op.
cit.,

Legat. in velluto.

Cfr.

Seidlitz,

n 40.

Questo codice veramente bello apparteneva ad

Apostolo

Zeno

fra

ma-

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON


num. XGlil
(cfr.

321

noscritti del quale era segnato del

Indice dei codici mss.

gi posseduti da A. Zeno,
ci fa sapere

Bibl.

Marciana

di Venezia, Ris. God.

XVI), come

anche l'Agostini, che


le

lo descrive nelle

Memorie

istorico-critiche

intorno la vita e
voi.
I,

opere degli scrittori veneziani, Venezia, Occhi, 1752,

p.

289. L'Agostini riporta anche le prime terzine del poema.

JACOPO GRADENIGO,
poema

quattro evangeli concordati


(e. 2''
-

in
il

uno

in terzine e in 44 capitoli

TO'").

e.

1'

dipinto

simbolo

dei quattro evangelisti, dinanzi a cui sta inginocchiato


certo da riconoscere l'autore del

un uomo, nel quale


si

poema. Sotto

il

simbolo

leggono, in
|

carattere piccolo, questi due versi Questi quatro de xpo scrisson gli acti
Chel f nel

mondo

e soi mirabil facti , ripetuti anche a pie di pagina. In

alto di questa stessa pagina ai lati

non occupati dal disegno stanno


acrostico,

otto

versi per parte formanti

un sonetto caudato

che com.:
el

Io

ho

contemplato
sapere
|

si gli

euangelisti e fin.: Qui del

meo nome
di

aero uol

Ognun de

capiuersi de uedere .

Le

iniziali

cinque dei versi

dalla parte esterna della carta

non

si

rilevano con sicurezza essendo state


Il

smezzate per la soverchia smarginatura.

nome

dell'acrostico dev'essere ad

ogni modo < Jacobus Gradoniqo


rosso, e in rosso

. I titoli

dei 44 capitoli del

poema sono
il

in

pure

richiami marginali ai vari evangeli. Dopo

titolo

di ciascun capitolo sta

una vignetta

di fondo verde di pregevole disegno.

K =681.
Membran.,
le

sec.

XV, m. 0,272X0,175.
43,

Carte 110 num. ant.; sono cadute

carte 2 e 48, e prima della numerazione furono certo strappate le carte

che dovrebbero essere segnate 42 e


questo luogo
il

come

si

vede dalla lacuna che in

testo presenta.

A A

e. S'

dipinto lo

stemma

di

Lodovico

il

Moro. Appi dell'ultima carta c'era un bollo,


furono interamente raschiate.
A
e.

ma
il

le

parole che

conteneva

96' leggesi
dello

nome
del nel
fior,
il

Leonardi
codice.

Almene
sia

Phy

di

mano

diversa da

quella

scrittore

Sembra

della stessa

mano che a^unse


sui

in fine del
|

codice
il

margine a destra
|

questi versi Clitia dal Sol

non mai

torce

suo

ma

in lui

11

volge
|

sempre e ne'bei raggi

Cosi Leon. gira

Ad una
lei

pensier sempre

in

amorose tempre

per

lei sol arde,

e sol per

sospira .

Legat. in
libraio

pelle da C.

Hardy. Fu venduto
Parigi.

al

duca d'Hamilton nel 1860 dal


Op.
cit.^

Techener

di

Cfr.

Seidlitz,
sec.

n" 60, D'Adda, L'arte

del

minio nel ducato di Milano dal


^52) e questo Giorn., IX, 336-37.

XIII

al

XVI (Arch.

stor. lomb., XII,

GASPARO VISCONTI,
rima
(e.

Di

Paulo e Daria amanti, poema

in

ottava

l'- HO"").

11

poema

diviso in otto canti,

ciascuno dei quali prima

322

L.

BIADENE
ottanta stanze.
intero occupa

della caduta delle carte sopra indicate era di

Ogni pagina
carte intere
Il

comprende

tre ottave, e

quindi ogni

canto

13

e parte del recto della carta che segue, dove sono le due ultime ottave.

rovescio di questa quattordicesima

carta

bianco.

margini della prima


le

pagina di ciascun canto sono adorni di miniature mirabilmente eseguite,


quali
risce

rappresentano
evidente
la
,

in

piccole scene

principali

fatti

del

poema. Appa-

ragione

per la quale furono strappate le carte 42 e 43.

Questa seconda

colla

quale

cominciava

il

quarto canto

avr

contenuto

certamente una grande miniatura, e tolta questa era opportuno togliere

anche
il

la carta

precedente

che come V ultima degli


la

altri canti

avr avuto
chi

rovescio tutto bianco.

Cosi
il

mutilazione non
il

si

avverte da

non

esamini un p" attentamente


sette e

ms.,

quale sulle

prime sembra diviso in


scritto in rosso

non

in otto canti. Assai spesso sul

margine esterno

l'argomento o un

nome

di

persona dell'ottava attigua.

8
Membran.,
carte
sec.

86.

XIV, m. 0,375 x

0,275. Carte

XXIV-330 num.
due in

ant. e

tre

non numerate e bianche, una

in principio e

fine. Scritto

a due co-

lonne di 53 righi Tuna. In fine Questo libro scripse Giouannj di Bartholomeo


Niccholi et compiello di scriuere adj

XXII
2''

di

Gennajo

MCCCLXXXXVJ
un cardinale
Biblioteca della

Sul margine inferiore della


viati,

e.

1*

impresso
e.
il

il

bollo di

Salfa-

e sul margine inferiore della

bollo della

miglia Salviati.
e sulla

Legat. in pelle nel secolo passato con molti fregi in oro,


della

faccia

esterna

coperta

anteriore

impresso lo

stemma

di

Pio VI.
Il

Gfr. Seidlitz, n 39.

Vecchio Testamento

in volgare

(e.

1'^ -

230').

Precede
(e.
II''

Un

proemio
Il

ouero strac tione di Sangirolarao sopra


recto della
e.
I

tutta

la

bibia

-XXIV"").

bianco, e

il

rovescio occupato dalla


II

pittura di

Adamo
:

ed Eva sotto l'albero del bene e del male.


comincia
il

testo della Bibbia coni.


si

Qui

cadimento degli angeli

rei

quali

ribellarono dalla diuina

Maest

&

incontanente furono damnati perpetualmte e priuati della gloria


fin.
:

di uita eterna ,

Qui finisce

il

libro de maccabej,
il

il

quale

lui-

timo libro della Bibbia, cio di tutto

testamento uecchio. Deo gratias.


di

Amen
il

Amen

Seguita

il

nuouo testamento cio laduenimento


dimostra
.
il

xpo

di

quale come pe'

libri passati si

e.

2'",

nel

margine esterno,
:

mano

diversa da quella che scrisse tutto


S.""

codice, leggesi

Si concede
di poter

licentia al Mag.co

Giouan

bat.' Saluiati

Gentilhomo fiorentino

tenere et legere questa pa'te sacra Bibia uulgare da sacro uniuersale Inq.ne Dat j in

otfo della

Ro

Roma

nel Palazzo deel (sic) s' offo alli

28 de

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON

323

< luglio MDLVIIIJ. F. Thomas de scotis Vigleuan' or pres. sac.s theo pro fessor Comist' gnats
(?) S.*

Ro:

Inquisitonis >.

un

bel cod. della Bibbia

in volgare da aggiungere a quelli che si ritrovano nelle biblioteche italiane

e che furono indicati da G. Negroni a

p.

xxni-xxrx della prefazione alla

ri-

stampa da
ottobre

lui

curata della

Bibbia volgare secondo la rara ediz. del I di

MCCCCLXXI

(Bologna, Romagnoli, 1882).

9
Membran.,
sec.

416.

XV, m.

0,210

0,138. Carte

30 num. a

lapis, alle

quali

precedono due carte innumerate. La numeraiz. ant. per quaderni. Bianche


la carta

seconda non numerata e


i

le

cinque ultime; 16 righi per pagina.


di guardia, di

Rabescati

margini della

e.

l"".

Sul recto della prima carta

mano moderna, sono alcime

Notizie di

Bartolommeo Ponzio ricavate dai

Dizionari del Baile e Moreri, dal Gaddi,

Tom. 2 de

Scriptor., p.

139 e dal-

< l'Angelo Aprosio in Bibliot. Aprosiana, p. 3 >.

Legat. in assi e pelle.

Gfr. Seidlitz, n 55.


I.

BARTOLOMEO

PONZIO, Volgarizzamento della


di

Galdnxl\

di
di

Luciano.

Precede un Proemio

Bartholomeo Pontio nela Galvnnia


e. 3'.

Luciano allo excellentissimo Hercole duca di Perrara > che finisce a

tei^o della prima cartajnon numerata trovasi piuttosto rozzamente riprodotta


la pittura della
II.

Calunnia

di Apelle.

Due sonetti ad Ercole duca


si

di Perrara (e. 25^


>;
il

- ').

Il

primo com.

* Se non fusse l'ingegno mio


< tissimo Signore .

pingue

2 com.: Pensando, Excellen-

IO
Membran.,
di
sec.

= 686.
Con
iniziali

XV, m.

0,279

X 0,190.

miniate e la

pittura

un carro

trionfale

tirato

da quattro

cavalli.

Legat. in marrocchino

verde finissimo da C. Lewis.

JACOPO BRACCIOLINI, Traduzione della


Sembra che questo
sia l'esemplare
l'

Ciropedl\ di Senofonte.
traduttore a Ferdinando

presentato

dal
si

Re

di Napoli a cui

opera dedicata.

Cos

dice in

una lunga nota

in

inglese che leggesi su

una

delle carte di guardia in principio.

La nota non

firmata,

ma

dal catalogo inglese apprendiamo che del sig. Hanrott.

[ti
Membran.,
sec.

= 218].
0,165. Carte 246, delle quali le due
le altre

XVI, m. 0,228

prime
belle

innumerate; 229 numerate a penna, e

num. a

lapis.

Ha due

pitture del Tintoretto rappresentanti la Vergine col

Bambino

(sotto l'arme

dei Capello) e

ritratti di

P. Capello e di suo figlio

inginocchiato a

pre-

324
gare (sotto: vEt. Ann.
LIIII).

L.

BIADENE
Legat. in
antico

marrtcchino veneziano

rosso, stile Grolier, cogli orli dorati.

Ducale
di

di Nicol

da Ponte nominante Pietro Capello podest della citt

Crema.

tergo della prima guardia leggesi un'annotazione autografa del

podest Capello sull'epoca della sua nomina, entrata in Crema, partenza da

Venezia ecc.

[t
Membran.,
sec.

= 219].
Istoriato

XV, m.

0,317

X 0,184.

con figure

di

santi

fina-

mente miniate in oro e

colori (secondo disegno del Tiziano).


colori.

Le maiuscole

sono alternatamente in oro e


in antico

Porta

lo

stemma

dei Capello.

Legat.

marrocchino veneziano.
di

Ducale

Agostino Barbarigo, nominante Giovanni Capello procuratore

della chiesa di S.

Marco Evangelista.

[13
Membran.,
gento e
sec.

220].

XV, m.

0,336

X 0,152.

La prima pagina

miniata in ar-

colori.

Nel margine inferiore l'arme dei Capello.

Legat,

in

antico marrocchino veneziano, cogli orli dorati.

Ducale

di

Agostino Barbarigo, nominante Pietro Capello podest

di

Vicenza (colla data 6 ottobre 1496).

14
Membran.,
sec.

223.

XV, m.

0,228

Tintoretto e con l'arme dei Capello.


rosso con fregi d'oro e orli dorati.

X 0,165. Con due magnifiche pitture del Legat. splendidamente in marrocchino

Giuramento

di P. Capello quale consigliere di Venezia.

[15
Membran.,
del leone di
sec.

133].

XVI, m. 0,247

X 0,165.

Fregiato
nel

di

un'elegante pittura

Venezia con un bordo a

fiori,

quale sono rappresentati

l'Onnipotente che benedice, due santi ed una galea veneziana, del Tintoretto.

Legat. in marrocchino veneziano rosso, cogli orli dorati.

Ducale

di

Andrea

Gritti

nominante Giovanni Miceli capitano delle

galee dirette a Baruti, con istruzioni (1532).

[16
Membran.,
sec.

= 657].

XVII, m. 0,355x0,254.

Famiglie Venete con 900 stemmi disegnati in inchiostro e parecchi


blasonati nei loro propri colori.

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON

325

19
Napoli, 1780
S.
>.

= 211.
ed animau,
abilit.

Cartac, sec. XVII, m. 0,112X0,70. Sulla prima carta scritto in lapis

Legato in marrocchino oliva da C. Lewis.


Scherzi
di

DELLA BELLA,

pigmei

Ck)llezione di 81

schizzi umoristici a

penna disegnati con molta

E.

BIBUOTECA DI BEKLINO

1=390.
Membran.,
sec. XIII,

m. 0,270

X 0,170.

Carte 127 num. ant. Contiene molte


Legat. in pelle. Apparteneva alla

figure. Ms. prezioso e ben conservato.

biblioteca Saibante

(cfr. Indice delli libri

che

si

ritrovano nella raccolta

del nobile signor Giulio Saibanti Patrizio veronese. Verona, 1734, p. 193).

Una

descrizione di esso con estratti

compilata da Apostolo Zeno

trovasi

nel ms. Marciano-ital., CI. X. 82, e fu pubblicata da A. Mussafia, Jahrbuch

fr rom.

u. engl. Literatur, Vili, 207-12.


latine.

Testi in dialetto veneto insieme con alcune poche cose


editi tutti

Furono
cia-

da A. Tobler nelle pubblicazioni che


essi.

indicheremo a lato di

scuno di
1.

Testo

latino e traduzione

letterale di fianco

dei

precetti di Dionisio

Catone

(e. 3^-26').

Cfr.

Die altvenezianische Uebersetzung der Sprche des

Dionysius Caio, Berlin, 1883.


2.

Libro di

UgUQon da Laodho

(e. 27'-85').

Cfr.

Das Buch des Ugu^on

da Laodho,
3.

Beriin, 1884.
li

Lo splanamento de
Cremona
(e.

prouerbii de Salamene composto per Gi[rar]do


Cfr.

Pateg da

BQ'-QQ^) .

Das Spruchgedicht des Girard

Pateg, Berlin, 1886.


4.

Parafrasi rimata del Pater noster

(e. 96*-97'),

pubbl. in appendice alla

pubblicazione precedente, pp. 72-73.


5.

< Prouerbia que dicuntur super natura feminarum

(e. 98^-113').

Cfr.

Zeitschrift fr rom. Phil., IX, 287-331.


6.
Il

libro di Panfilo

(e.

IH'-ISG').

Cfr. Il Panfilo in antico


ital.,

veneziano

col latino a fronte, neV Archivio glott.

X, 177-255.

326
7.

L.

BIADENE
Gfr.

Novella latina in prosa

(e. 156'"-157'').

Die weinende Hundin, nella

Zeitschrift fr rom. Phil, X, 476-80.


Sulla carta di guardia in fine trovasi
il

principio dell' Officium

mortuorum

= 202.
Membran.,
non numerata
Scritto a
sec.

XIV, m. 0,335

X 0,230.
le e.

Carte 129 num. ant. e una carta 4 e 5 e sono bianche


le e.

in principio.

Mancano

42 e 84.

due colonne, tranne

al recto della

prima carta non numerata che


carta leggonsi annotazioni di

divisa in tre colonne.

tergo dell' ultima

varie

mani

e in gran parte svanite. Si rileva ancora questo libro parla di

dante , e sotto n 1441.

Aue maria

uergine

benedetta ,

e in altro

luogo

il

Legat.

in assi e pelle.

Gfr. R.

Wiese, Vier neue Bantehss.,

pp. 37-40.
I.

DANTE ALIGHIERI,

Divina Go.mmedia con rubriche


i

(e.

l''.125t).

Le

iniziali delle tre

cantiche sono miniate. Sopra

canti

XXVIII

XXIX
le
6'',

trovasi per isvista la


e.

medesima
v.

didascalia.

Gome

si

avvertito,

mancano

4 e

5.

La

e. 3' finisce col

69

del canto III elVInferno e la e. col


v.

che

ora segue immediatamente, principia

13 del canto V. La carta non


dei canti di

numerata in principio contiene

l'indice dei capiversi

mano

di-

versa da quella dello scrittore del codice.


II.

ROSONE DA GURRIO,
JAGOPO ALIGHIERI
Ha
la
,

Gapitolo

ternario

sulla

Gommedia

(e.

126'--27t).
III.

Gapitolo

ternario

sulla

Commedia

(e.

127* -28*).

seguente didascalia: Questo capitolo parla sopra tutta

la

comedia

&

dicesi

che

fece

il

figliuolo di dante .
(e. 129'');

IV. Serventese. Adesp. e anepigr.


soltanto. Di

frammento

di

quattro strofe

mano

diversa dalla precedente. Stampato dal Wiese, Op. cit, p. 39.


anepigr.
(e.

V. Sonetto. Adesp. e

129'').

Di

una

terza

mano. Com.:

Sempre

si

disse

che vno fa male a ciento

Occorre in moltissimi codici, e


dal Wiese, Op.
cit.,

di sul presente

Hamiltoniano fu stampato

p. 39.

3
Membran.,
merate in
sec.

203.

XIV, m. 0,350 x

0,256. Carte

98 num.

ant. e

due non nu-

fine. Scritto

a due colonne.
ciuj

e.

97* iste liber sc'ssit

tomasus
dopi-

olim filius petri

benecti

&

mercatorj lucano anno

natiuitatis

mini

MGCCXLVII

in primis sex

mensibus de dicto anno in ciuitate


san
gilio

sana in centrata
mortalitatis

dieta carraia di

Et tomasius

st's

obit

anno

MGGGXLVIII

de mense Julij in ciuitate lucana

&

sepultus fuit

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON


anima
in

327

in eclesia sancti agustinj Cuius

pace requiescat. Erat iuuenis


(sic) .

de annis
pelle. Sul

XVUIl multum

discretum et sapientem

Legat. in
|

mezza

dorso incollato un quadrettino di pelle rossa con queste parole

impresse in oro Gom. di


Il

Dante

S.

Vbl
il

Du

14 Siecl

av Miniat. Su un
interna

ms. dunque deve essere stato qualche tempo anche in


dorso

Francia.

pezzettino di carta incollato sul


della coperta anteriore
steriore
I.

n" 107, e sulla faccia

il

n" 4541, e sulla faccia intema della

coperta po-

il

n 3554.

Gfr.

Wiese, Op.

cit, pp.

4042.
(e. l'--97').

DANTE

ALIGHIERI, Divina Commedia con rubriche


cantiche sono molto grandi e miniate.

Le

iniziali delle tre


II.

JAGOPO ALIGHIERI,
(e. 98'"-100'").

Gapitolo ternario sulla Commedia. Adesp.


100' l'indice dei capoversi dei

e anepigr.

e.

canti

della

Commedia.

4
Membran.,
sec.

= 204.
Carte
,

XIV, m. 0,313

X 215.

87 innumerate,
si

ma

forse la
i

numeraz. originariamente non mancava


margini furono oltremodo
tosati. Scritto

come

penserebbe vedendo che

a due colonne.

Legat. in pelle.

Gfr.

Wiese, Op.

cit.,

pp.

4243.

DANTE

ALIGHIERI, Divina Commedia.

5
Membran.,
sec.

= 205.
0,200. Carte ^2 innumerate e

XIV, m. 0,270

due

carte,

tutte sudice, in priacipio e in fine. Scritto a

due colonne.

Legat. in per-

gamena.

Gfr.

Wiese, Op.

cit.,

pp. 4344.
(c.

DANTE

ALIGHIERI, Divina Gommedl.

1'-92').

lasciato

bianco
pio-

lo spazio per la rubrica di ciascun canto.

Ogni canto principia con una

cola maiuscola miniata e contornata da rabeschi.

e
Membran.,
sec.

206.

XV, m.
di

0,295

X 0,200.
il

Carte 58
il

innumerate, e
il

propria-

mente componesi
ciascuno,
del testo,
il

7 quaderni;
il

primo,
il

secondo e
il

quarto di 10 carte
di 8. Dalle

terzo e

settimo di 6,

quinto e

sesto

lacune
tutti
i

che indicheremo qui

sotto,

apparisce che

originariamente

quaderni dovevano essere di

10 carte, e che

manca un

intero quaderno
l'una.

prima

di quello

che ora l'ultimo. Scritto a due colonne, di 44 linee


I

Legat. rozzamente in cartone.

tre ultimi quaderni si


(c.

sono

disciolti.

DANTE ALIGHIERI,
tre cantiche

Divina Commedia

1'-58).

Le

iniziali

delle

sono miniate; quelle dei singoli canti alternatamente una rossa

328
e una azzurra.
I

L.

BIADENE

canti non sono numerati, n hanno alcuna didascalia, ad

eccezione degli ultimi dieci del Paradiso.

Ecco ora l'indicazione


contrano nel ms.

delle lacune che,


il

come sopra
eVInferno
il

si si

accennato, si inal v. 21,

e.

20'

canto

XXVI

interrompe

e la carta seguente, colla quale principia


V.

terzo quaderno,

comincia col
26''.

92 del canto XXVIII. h" Inferno termina

alla Un. 7 della e.


. Il

Finita

prima

chomedia laudetur uirgo maria.

Amen

rovescio di questa carta

in origine era bianco; pi tardi furono scritte in alto alcune parole latine, e sotto di esse di quelle
il
|

un verso

mezzo dell'Ariosto
. Il

Le

bellezze d'olinpia eran


col

che son pi rare


v.

Purgatorio comincia
Il

quaderno quarto,
v.

quale termina col

32 del canto XIII.


col
v.

quinto quaderno com. col


Il

52

del canto

XIV
V.

fin.

122 del canto XXIII.

quaderno seguente
fin.

com. col

7 del canto

XXV
col v.
v.

e la seconda carta di esso


e.

col v.
la

65 del

canto XXVII.

La

terza carta com. col v. 97 del


fin.

XXVIII;

penultima
questo
e. II.

carta del quaderno


stesso

23 del

e.

XXXIII;

l'ultima carta di
fin. col v.

quaderno com. col

64 del
v.

e. I

del
e.

Paradiso e

99 del

L'ultimo quaderno com. col

79 del

XVII. Prima

di esso

manca dunque
28

un intero quaderno. La seconda carta dell'ultimo quaderno


del
e.

finisce col v.

XX, la terza XXIV, la quinta


e.

com. col
com. col

v. v.

75

del e.
e.

XXI,

la quarta fin. col v. 17 del

55 del

XXV.

L'ultima carta

fin.

col v.

24

del

e.

XXVIII.

9
Membran.,
sec.

207.

XV, m.
carta, la

0,30

X 0)23.
dei

Carte 202

num.

ant.

numeri

si

trovano nel centro dell'iniziale

singoli

canti, ciascuno dei quali

occu-

pando pi
gressiva,

di

una

numeraz. viene ad essere non regolarmente prole traccie alle e. 2,

ma

saltuaria.

Di un'altra numeraz. rimangono


libro, di

3 e

4.

Linee 28 per pagina. In fine del

mano

diversa da quella

dello scrittore di esso, trovasi un'annotazione ridottasi in


gibile. Riuscii a rilevare soltanto
:

gran parte
T

illeg-

Questo libro chonpri


auosto
.

londra

Ca-

pitanio

del

MCCGCLI

a d primo

Legat. in pergamena.

DANTE
Florentia

ALIGHIERI, Divina Commedia

(c. 1^

202).

Da 12

a 14 terzine
Alagerij

per pagina. In fine: Explicit paradisus et Chomedia Dantis

de

Qui decessit in ciuitate Rauenne in Anno dominice incarnationis


die sancte Crucis

MGGCXXl.
(sic)

de

mense septembris. Anima Eius requiescant

in

pace.

Amen Deo

gratias .
^

495.

Gartac, sec.

XV, m.

0,214

X 0,154.

Carte 158 innumerate; bianca in

ori-

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON


mano
inesperta scrisse alcune parole che

329
non

gine la prima, dove poi una

giova riportare, e la 147. Sul margine inferiore del recto della prima carta
scritta leggesi scritto nel
il

nome

Achille .

Il

cognome fu

cancellato.

Il

codice fu

1452 da un Giovanni da Carpi per Lucrezia Bonisia veneta.


figure
col

Legat. in pelle sulla quale sono impressi dei fregi e delle

loro

nome;
Tarpa).

S.
Il

Paulus, Johannes,

Salvator,

Konig Da

(il

re Davide

che suona

Konig
cit.,

ci

avverte che la legatura fu opera di un tedesco.

Cfr.

Appel, Op.

pp. 1-5.
Il

FRANCESCO PETRARCA,
Appel, Op.
cit.,

Canzoniere, 345 poesie


e.

(e.

2^

143). Cfr.

pp.

22

e 65-67.
|

143':

Explicit

die 29

martij bora
|

tertia noctis 1452 tempore metsi


II.

&
.

anno quo LV. Bo. Lo. abstu. KO. NO.

ta-

mea

erit

suusque ego

Poesie varie italiane e frammenti latini

(c.

144'

158').

Le poesie

italiane sono le seguenti:


1.

ANTONIO PUCCI, Sonetto


.

caudato. Adesp.
.

anepigr.

(e.

144*).

Com.: In nostra ulta curta nissum passo


che l'altro farai stento
2.

Fin.: L'uno
cit.,

anno pi

Pubbl. anche dall'Appel, Op.


(e.
:

pp. 2-3.

Sonetto. Adesp. e anepigr.


et esser

145'').

Com.:

lo

sum
tal

quello

che fui

sempre

uoglo

Fin.

Che morir per


p. 3.

donna o che pi

fama
3.

Pubbl. dall'Appel, Op.

cit.,

Sonetto. Adesp. e anepigr.


.

(e.
'1

145"^).

Gora.: Io
il

sun e ser sempre


se confonde .

quel che fuj

Fin.: Se
3.

cielo la tera

mar non
e anepigr.
.

Pubbl. dall'Appel, Op. di., p.


4.

SIMONE FORESTANI, Serventese. Adesp. Gora.: Souente in me pensando come Amore


fama
5.

(e. 147'--

150').

(c.

Fin.:

Se uoi qui

&

in ciel gloria acquistare .

FRANCESCO VANNOZZO,
doue la fede rara
.

Sonetto caudato

157'-).

Cora.:

Non

uirt

Fin.:

Ne

facti uili

&

nel parlar ga-

gliardi . Didascalia Franciscus de uanotio centra ferrarienses . Pubbl.

da G. Ferraro, Alcune poesie inedite del Saviozzo,


6.

p. 65.
(e. 157').

Sonetto caudato
il

sulle stesse

rime del precedente

Didascalia

Risposta centra
fosse a
ti

dicto francesco per


.
si

um

ferrarese . Gora.:

Se

stato
.

toa

fama cara

Fin.
e

Niraici di tuoi pari falsi e bosardi


,

Questi due sonetti 5 e 6


d'Udine, e
il

leggono

anche
del
,

in

un codice

della

Comunale
e.

prime anche nel cod. n 59


, ,

Seminario di Padova a
nell'

31'

coir attribuzione al Vannozzo


e.

adespoto

Ambrosiano N. 95 sup. a
fu pubbli-

238' e nel Bolognese Universitario 2845

(p. 240), di sul cpiale

cato da L. Frati in queste Criom.. IX, 217 n.


Oiortuile ttorico, X, fase. 30.

22

330
7.

L.

BIADENE
(e.

Sonetto.
.

Adesp.

anepigr.

157*).

Com.

Ecuba pianse sopra

Polidoro
8.

Sonetto. Adesp. e anepigr.


.

(e.

ISS"").

Com.: S'era pietade in


3. 8.

Siila,

Mario et Nerone
di

Trovasi

anche nel cod. G.

20 della Bertdliana

Vicenza

il

quale sembra contenere tutte rime di Marco Piacentini.

Fu

stampato nel 1490 dal Torti che lo attribu a Bernardo Ilicino, e nel 1757
dal Biscioni che lo attribu al Burchiello. Gfr. L. Frati,
tribuite al Petrarca, in questo Giorn. stor.
9.
11,
:

Di alcune rime

at-

350.

Sonetto. Adesp. e anepigr.


.

(e.

158*).

Com.

De

fideltade

fabritio e

Scipione

Per

versi latini vedi Appel, Op.

cit.,

pp. 96-99.

9
Membran.,
inanzi

sec.

= 497.
Carte 189 num. ant. alle quali va
81. In
fine
:

XV, m. 0,198X0430.
la
e.

una non numerata. Bianca


mensis
ivnii. finis .

Andreas

Baccius
Op.
cit.,

MDXXCIX
I.

Legat.
Il

in pelle.

Cfr. Appel,
(e.

pp. 8-9.

FRANCESCO PETRARCA,
Op.
cit.,

Canzoniere; 370 poesie

!> -

136).

Cfr. Appel,
II.

pp. 22 e 65-67.
I

FRANCESCO PETRARCA,
pp. 67-71.

Trionfi

(c.

137'- -73*). Cfr.


-

Appel,

Op.
(e.

cit.,

Segue

l'indice del

Canzoniere

(e. 174''

80"^)

e dei Trionfi

180*).
III.

Frammenti petrarcheschi

latini (e. 182""-*). Cfr.

Appel, Op.

cit., p. 8.

IV.

ANTONIO DA TEMPO,
87'').

Biografia del Petrarca. Adesp. e ane- *).

pigr. (e. 183'" -

Segue

l'indice delle opere del Petrarca (e. 187''

IO
Membran.,
sec.

499.

XV, m.

0,198

X 0,125.
cit.,

Carte

171

num.

ant.

Ogni faccia
Legat.
in

contiene 30 linee. Appartenne a un Francesco da

Panzanno.

pergamena.
I.

Cfr. Appel,

Op.

pp. 11-13.

FRANCESCO PETRARCA,
Precede

Il

Canzoniere
e

(c. 8'-

127*) e

Trionfi
fra
i

(e.

128'" -64'").

Le poesie sono numerate


l'indice del

mancano

quelle comprese
(e.

n' 121-33 e 206-34.

Canzoniere
del

l''-7'-).

e.

7 legdi

gasi, di

mano

posteriore a quella dello scrittore

codice,

una stanza

sei versi nella

quale Francesco da Panzanno

si

dichiara possessore del libro,

e due ottave.

Com.

S'uno

amoroso cor
. Cfr.

di fede cinto
cit.,

Fin.

et che

per noi mor dolce mi morte


II.

Appel, Op.

pp. 12 e 22 e 65-71.

LEONARDO ARETINO,

Vita del Petr^vrca


(e.

(c.

165'-170'). Segue

la traduzione della glossa

ambrosiana

170').

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON

331

il
Membran.,
sec.

= 500.
259 senza alcuna nu-

XV,

ra.

0,256

0,148. Carte scritte

merazione; precedono e seguono altre tre carte bianche. Ogni pagina piena
contiene 29 linee.

Legat. in pelle (Bound by Benedici. London).

Cfip.

Appel, Op.
I.

cit.,

pp. 13-14.
Il

FRANCESCO PETRARCA,

Canzoniere

(e.

6 -144) e

Trionfi

(e.

145'-82').
II.

Cfr. Appel,

Op.

cit.,

pp. 22 e 65-71.
titolo:

SIMONE FORESTANI,

Poesie con questo


(e.

Quedam

uulgaria

ex

operibus

Simonis de Senis

182'

231').

Sono 42 componimenti
cit.,

poetici precedati da didascalie sloriche.

Ne

pubblic la tavola l'Appel, Op.

pp. 100-105.
III.
--<

MALATESTA MALATESTI,

Opuscula plurima domini Malateste

de Malatestis de Pisauro

(e. 232'" - 59^).

Sono 66

poesie, delle quali pub-

blic la tavola l'Appel,

Op.cit., pp. 105-6.

1
Membran.,
margine
sec.

494.

XV, m.

0,245

X 0,165.

Carte 180 innumerate.


e. 5^.

e. l',

nel

inferiore,

uno stemma, che ricompare anche a

Legat. in

assi e pelle.

TITO STROZZI, Traduzione della


(e. 5'
-

Vita Solitaria del

Petrarca
rail

ISO').

mara^ini superiore, interno

ed inferiore della

e. 5^ sono

bescati.

Precede la Prefatione composta per Tito degli Strozzi sopra

libro della uita solitaria di mesere Francesco petrarca traducto


in uulgare ad instantia

de latino
.

& nome del

Magnifico Conte Lorenzo suo fratello

Questo codice certamente quel medesimo che era posseduto dalla Biblioteca dei Camaldolesi di S. Michele di

Murano

nella quale era segnato

del n" 152.


sterii S.

Cfr. Mittarelli

Bibliotheca Codicum

Manuscriptorum Monaecc.,

Michaelis Venetiarutn prope

Murianum

Venezia

1779

co-

lonna 1079.

Fu

ricercato invano da A. Ceruti, che per l'edizione della Vita

solitaria da lui curata (Bologna, Romagnoli, 1879, Scelta di cur., disp. 170)

dovette valersi di

un codice

del sec.

XVI.

Cfr. la prefazione della

cit.

ediz.

p.

xLvm.

13
Cartac, sec.
origine, poich si vede

= 521.
Carte 11^ innumerate. Erano
la e. 3.
1'

XV, m. 0,272X0,212.

120 in

che stata tagliata via


e.

Ogni pagina con-

tiene

30

linee.

Nel mainine inferiore della

lo

stemma

dei

Della

Rovere. Legat. rozzamente in pergamena.

JACOPO BRACCIOLINI,

Iacopo di Messer poggio a Lorenzo di piero

332
di Cosimo de Medici, sopra
Petrarca .

L.
el

BIADENE
di

triompho della fama

Messer francesco

14
Membran.,
sec.

90.

XIV, m. 0,373X0,260. Carte 112 num. modem, per 111


79
dopo
in

essendo rimasta innumerata una carta dopo la 20". Le lacune del testo mostrano che sono cadute otto carte dopo la
Scritto a
e.

e altre otto

la e. 103. pelle.

due colonne

di

53 linee l'una. Bel codice.

Legat.
il

Fu

gi di Apostolo Zeno che lo descrive minutamente sotto


dei suoi manoscritti, e nota che appartenne
Cf.

n 175 del catalogo

una volta a Giuliano de'Medici.


,

A. Tobler, Die Berliner Eandschrift des Decameron

Berlino

1887.

Gfr.

anche
I.

codice Berlinese del

Decameron,

in questo
(c.

Giorn., IX, 296.

GIOVANNI BOCCACCIO, Decameron


7.

1"--110').

La
:

e.

79

fin.

colle parole tessa odi tu quel chio, G. VII. N. 1 e la e.

80 com.
cosi

alla stanza

sopra la quale, G. VII. N.


IX, N. 10 e la
e.

La

e.

103

fin.:

Se egli

tuo come, G.
8.

104 com.: se ne tornasse

&p

ci egli, G.

X. N.
coli'

Lo Zeno

nella sua descrizione

avverte che questo ms. confrontato

edizione dei

deputati presenta parecchie e notevoli varianti.


II.

PELLEGRINO ZAMBECCARI, Sonetto

(c.

111*).

Di

mano

diversa

da quella dello scrittore del codice. Com.: Qual Phidia nel scudo de Mi nerva . Pubblicato dal Crescimbeni, Comnentari,
II,

227.

15
Cartac, sec.
tutta

= 91.
Carte 117 innumerate.

XV, m.

0,225

X 0,165.

La prima

carta

macchiata e

bucherellata. Sciupata e con un foro


;

oblungo delle
si

spazio delle due prime linee la carta terzultima


dire che

della penultima

pu
mar-

rimangono

solo

margini, e guastissima anche


il

l'ultima, sul

gine superiore della quale

nome

di

Benedetto Varchi. Sul


il

dorso see

gnato

il

n 23, e su

un
il

cartellino aggiunto pi tardi

n"

62 -

tergo

della prima guardia

n" 29.

Il

Legat. in pergamena.

GIOVANNI BOCCACCIO,
molto logore e in gran parte
Poi che
fin.
1

Filocolo

(c.

l'-.117t).

Frammento. Non

tenendo conto della prima carta e delle due ultime, tutte


illeggibili,
(cfr.
il

tre,
e.

come dicemmo,
2""

testo

com.

a.

colle parole
lin. 5)

tempo

si

rallegra

ediz.

Moutier,

lib.

IV, p. 27,

e.

115* colla parola affesteggiare .

1
Cartac,
sec.

92.

XV, m.

0,217

X 0442.

Carte 130, alle quali precedono e se-

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON


carte

333
l'ul-

guono due
tima carta

membranacee. OrigDariamente era numerata soltanto


che portava giustamente
le
il

scritta
di

n 129, mutato poi in 128 da


la e. 21".

chi contando

nuovo

carte

comput per 20*

Questa seconda
i

numerazione

saltuaria, e propriamente sono notati soltanto


i

n^ 10, 20, 30,

40, 60, 80, 100, 120, 128,

quali in causa deirerrore test accennato, sono,

dal 20 in avanti, di uno inferiori al

numero vero deUe


in principio, la e.

carte.

Bianche

la se-

conda

delle

due carte membranacee

130 e la prima delle

due membranacee
taccato

in fine. Sulla faccia interna della coperta anteriore at-

un

cartellino a

stampa col nome

di Apostolo Zeno, nel

calale^ del

quale
I.

codice descritto al n 251.

GIOVANNI BOCCACCIO,

L'Asieto (c 1'--129').
Adespoti.
si

II.

QcATTRO Sonetti caudati.


:

1.

Com.

Tu

uien de Italia: ben che vi


.

fa?

Fin.:

Chi la ras-

seti

mai come gi fu

Sul recto della prima carta membranacea. Sopra

di esso scritto < 1498


2.

Soneto fato in fiorenza


si

Com.: De

Italia

uengo e so quel che

fa

Fin.:

Gum

la

lu-

stitia in

man che mai

la fu . Risposta per le

rime

al precedente, e

come

'esso,

sul recto della

prima carta membranacea.


ciel

3.

Com.: Dischaziato del


.

da Michael >

Fin.:

Poi che tu zerchi

creser pena a lob

Sopra: Comunitas Florentie ad IH.


di

PhUipum M. ducem
e

Mediolanensem

Coluccio Salutati. Cfr. Quadrio, Storia


100.

Ragione

d'ogni poesia, voi.


4.

ult., p.

Com.: <

Cleopatra o

madre de Ismael
per
le

Fin.: Et io senta la
esso, a

grazia de lacob . Risposta

rime al precedente, e come

tergo dell'ultima

carta

membranacea.

di

Antonio Lusco. Cfr. Quadrio,

Op.

cit.,

1.

e.

Al recto dell'ultima carta membranacea trovansi due orazioni

latine.

11=93.
Cartac, sec.

XV, m.
volume

0,198

X 0,120.

Si

compone

di

due

parti,

la

prima

delle quali constava originariamente di

59 carte num. e

l'altra di

1(6 carte

num. Tutto

il

fu poi

numerato per pagine comprendendo nella nu-

merazione anche l'ultima carta della seconda parte, bianca e innumerata in


origine (pp. 323-24).

Dopo

la

numerazione per pagine cadde


p.

la e.

11

della

prima parte
erano cadute
I.

(si

salta

dunque da
99 e

20 a

p.

23) e prima della stessa numeraz.

le e. 64,

1(X) della

seconda parte.

Legat. in pelle.
(c.

GIOVANNI B(X:CACCIO,
parte).

Il

Ninfale Fibsolano
il

l'-59

della

prima

Al poema non precede

proemio. Quattro ottave per pagina.

334
Manca, come
si

L.

BIADENE
11, e quindi

avvertito, la

e.

notasi

una lacuna

di

otto

ottave nel testo.


li.

GIOVANNI BOGGA.GGIO,

Il

Filostrato
e.

(c.

l>--91r

della

seconda
l'ul-

parte). Quattro ottave per pagina, tranne a

91''

che contiene soltanto

tima ottava. Nel testo una lacuna di 8 ottave per la mancanza della

e.

64.

cSQ"" leggesi una Rubrica dello


j

scrittore del codice. Gora.:


si

Qui parla

l'autore Amaestrando

giouanj che
la loro

debbino guardare da questo prauo

amore

che non ponghino

speranza in dona uolubile chome fu


il

Griseyda . Gontinua occupando tutta la pagina, e

testo

riprende

alla

pagina seguente coU'ottava


III.

Giouanetti
(c.

quali ui delectate .

GEGGO D'ASGOLI, L'Acerba

Ql^-lO^). Soltanto alcuni capitoli.


le stanze

Ginque stanze per pagina, tranne a


sono quattro.
IV. Poesia. Adesp. e anepigr.

pp. 297, 298, 302, 305, dove

(p. 323).

Gom.: Fiamma che de begli

occhi

Di

mano

pi recente.

Anche questo

codice apparteneva alla Biblioteca di S. Michele di Murano,


il

nella quale aveva

n 227. Gfr. Mittarelli, Op.

cit.,

col. 143.

18
Membran.,
prima e
fermagli.
sec.

= 139.
Garte 78
i

XV, m.

0,310

X 0,215.
2'-

innumerate ; bianche la
segni delle borchie e dei

l'ultima.

Legat. in assi e pelle. Porta

GEGGO D'ASGOLI, L'Acerba


le

(c.

-76).

Le

strofe contro

Dante sono

prime del

libro quinto. In fine

Explicit foeliciter liber cechi de asculis

exemplatus

per

me Ioannem Petrum Fabricum


die
e

de

Verona.

Anno

do-

mini
II.

MGGGGLXXV
Il

XX
!'

lunii .
,

Credo

Ave Maria

che

si

sogliono

attribuire

Dante

(e. 76r-t).

III.

Sonetto. Adesp. e anepigr.


1

(e. 76').

Dello scrittore del codice. Gora.:


fin.:

summo redemptor che

elei

guberni ;

Gh'

io

temo

di trovar

chiuse le porte .

1
quaderni di 8 carte ciascuno,
di 5.

8.

Gartac, sec. XIV, m. 0,200X0,145. Garte 148 innumerate, divise

in

19

meno

il

primo che

di

7 e l'ultimo

che

Mancherebbero dunque 4 carte: una

in principio, che doveva servire


linee.
Il

di guardia, e tre in fine.

Ogni pagina contiene 31

margine supeesso
scritto
carta,

riore della

prima carta fu strappato, e appi del recto

di

Ricolvi (nome di

un possessore

del codice

?).

Al recto dell'ultima
(?)

bianca in origine, fu poi scritto da

mano

inesperta Al"

questo libro

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON


(sic) sestilia

335
po'

concesa

Cacia serua in denga


falire
li
|

dil

S. iddio .

E un

pi sotto

Ama

dio

no

fa dil

ben

E
.
i

lasa dire .

d'altra

mano
scrisse

in lapis rosso < in

Novara

26 Giugno 1742

Chi fece questa nota


titoli

a tergo della stessa carta, pure in lapis rosso, prese nel codice.

delle

scritture

comsulla

Legat. in assi e pelle.


il

Un

cartellino

incollato

coperta anteriore porta


perta
I.

n" 119, e sulla faccia intema di questa stessa co-

il

n 3.
S.

Soliloqui di

Agostino

(c.

1'"-28').

una breve avvertenza del


il

traduttore segue l'indice dei 34 capitoli, a cui ticn subito dietro


II.

testo.

Il Libro
-44'').

della compunzione del cuore

di S.

Giovanni Crisostomo
Finito

(e.

28*

Precede l'indice dei capitoli che sono 17. In fine:


sancto

il

tractato de la compunctione del cuore de

Giohanne Boccadoro
il

scripto a demetrio vescouo .


III.

Veramente

finisce soltanto

primo

libro.

DOMENICO CAVALCA, Trattato contro


(c.

il

peccato della

lingua
Il

47' 147*). Adesp.

Dopo

il

prologo viene l'indice dei 30 capitoli.


:

capii. 30<'
(sic)

rimane sospeso a questo punto

ma

al

meno pur

questo segno
.

ne ne

mostra dio comunamente che quisti colali siano

O = 63.
Membran.,
sec.

XIV, m. 0,185
I

X 0,128.
e.

Carte 32 innumerate. Ogni pagina

contiene 22 linee.
in

mai^ini della

l' sono adorni di rabeschi.

Legat.

mezza
I.

pelle dopo entrato nella R. Biblioteca di Berlino.

Fiore estrati de
si

S.

Augustlno
estrati

(e.

l'"-21'"). Il titolo

in rosso

il

seguente: Quisti

fiore

de latino in uolgaro del libro del

secreto parlare che fa el spiecho di dtrine (sic) santo Augustine intro dio

e l'anima sua intro


ziale dipinta la

el so soliloquio .

Nel centro della prima grande

ini-

Madonna

col bambino, e nel

mezzo

del

margine inferiore

della stessa

prima caria un busto d'uomo, che nell'intenzione dell'autore


S.

avr dovuto rappresentare


II.

Agostino.

Lambntation che
,

f cristo contra el pouolo so di beneficij


testo latino.

re^euu

da elio < Populus


III.

a cui segue

il

Principiando col versetto biblico


te (e. 21'"

meus quid

feci tibi aut in

quo contristaui

-^').

Epistole latine

deg

Apostoli, brani latini

deg evangeli
mio ihu xpo
(e.

ORAZIONI LATINE E voLGARL Le Orazioni volgari sono tre:


1.

Una

oration bella e dcuota .

Com.:
mane

Signor

fjolo

de dio uiao
2.

&

aero prego la uostra pietade

&

misericordia
si

29^).

Questa oratione de la uer^ene maria e


.

bona quando el se leua

< la matina de leto


(e. 30).

Com.

le

nostre gloriosa uer^ene maria

336
3.

L.

BIADENE
maria
.

L'altra oratione de la uergene

Gom.
(e.

Pregoue dol?e

uergene maria madre

del fijolo de dio eterno

SI"").

t
Membran.,
le sec.

= 275.
Carte 111 non numerate; bianche
tergo della prima carta leggesi:
u'

XV, m. 0,230X0^160.
di Strocci e
i

due prime

e le tre ultime. Soltanto a

Libro de Messer Tito

172 e 22, e a tergo della seconda


linee.
si

carta, in alto, Visto et conceso .


iniziale del testo miniata, ed
il

Ogni pagina contiene 25

La prima
distende

nucleo di un fregio che

lungo tutto

il

margine interno e met del superiore. Nel margine inferiore

della prima carta scritta lo


I.

stemma

dei duchi d'Orleans.

Legat. in
i

pelle.

Il
(e.

Trattato della compunzione del cuore


3''

di S.

Giovanni Grisolibri. 11

stomo

-45*).

Precede
29'":

l'indice dei capitoli di tutti


il

due

primo

libro termina a e.

Finisce

tractato della compunitione (sic) del dol-

cissimo doctore.

Messer sancto giouanni grisostimo. Scripto ad demetrio

ueschouo

Deo

gratias .

In fine del libro secondo:


(sic) del

Qui

finisce

il

libro
lo-

secondo della compunitione

dolcissimo dottore

messer sancto
.

hanni grisostimo mandato ad Stheleoco suo amico carissimo


II.

Tractato anche

di

sancto giouanni grisostimo. Gome reuoca

et

inuita ad penitentia uno suo amico che aueua

nome

dimofilo che era dis-

uiato et che soleua essere molto perfecto. Et distincto per gli infrascripti

capitoli
III.

(e.

46'"

90').

Lo sPECHio della monditia del cuore


Lo
rimane sospeso

et della

pura confessione

la quale pienamente insegna a confessare . Precede l'indice dei capitoli


(e.
(i

90' -98').

scritto

alle parole

Onde quantunque

... .

puntolini sono nel ms.).

ZZ
Membran.,
sec.

= 189.
Carte 90.
riuniti

XV, m.

0,160

11<^-

scritto tutto

da una sola

mano,

ma

nel

volume sembrano essere


le

due

codici.

Di

fatti le

prime
in-

76 carte non sono numerate, e

rimanenti invece hanno una numeraz.

dipendente all'estremit esterna del

margine

inferiore.

Bianche

le e.

75 e 76.
esterna

Ogni pagina conta 20

linee.

Legat. in pergamena. Sulla


il

faccia

della coperta anteriore, in alto,


I.

n" 21.
l"" -

Confessionale volgare
salute

(c.

73'). Incipit confessio satis proficua


.

pr

animarum

In fine: finita la confessione


di titolo:

II.

Scrittura con queste parole a modo

Quatro sono
(e.

gli

consigli de christo alli quali sono tenute le persone perfette

73').

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON


Scrittura con questo
titolo:

337
quali

III.

Octo sono le promissioni


74*).
77'" -90*).

le

fa dio alle iuste persone


IV. Confessionale

(e.

73'
(c.

volgare

Com.: Questo

si

lo

modo

a che se uole bene confessare .

3
Membran.,
quaderni
di sec.

= 303.
Carte 64

XV, m.

0,215

X 0,150.
60

innumerate, divise in 7

10 carte ciascuno, tranne l'ultimo che di 4;


ai precedenti.
:

ma

forse
e.

origi-

nariamente anche questo era uguale


e.

Certo tra la

60 e

la

61 ora

c'

una lacuna. La

e.

fin.

Onde

elio

auea e sotto nel mar-

gine apichato ,
la

ma

questa parola non la prima della pagina seguente,


.

quale com.: a bianco cognosciuto


linee.

Bianche

le

due ultime
il

carte.

Ogni

pagina contiene 26

Legat. in cartone. Sul dorso

n 35, e sulla

faccia esterna della coperta anteriore


<

un

cartellino col n 123.


la quale

La Epistola del Beato Eusebio,

mand
la

al

beato uescouo

de portuense. e a theodonio senatore di


yeronimo doctore (e. l'^-62'").

Roma, de

morte de meser sancto

4 = 284.
Membran.
le

e cartac, sec.

XV, m.

0,210

cinque ultime carte.

X 0,140.

Grosso volume. Bianche

Legat. in pelle.

Omelie
signore

di S.

Gregorio.

Com.: Laudato
le

sia

ihesu christo

nostro

Amen.

Incominciano

rubriche delle infrascripte

humilie di

sancto Gregorio papa sopra duerse euangelij infra l'anno occurrenti posti secondo l'ordine del messale cio secondo la le pone

romana chiesa ordinatamente

&

usa in speciali tempi de l'anno et soUemnitadi. Notando ch'al-

cune humilie sono messe pi uolte perch cos acade . nito

In fine: Fi-

&

compiuto
.

il

libro de l'umilie di sancto Gregorio papa.

Nel 1454.

Deo gratias

tu =
time.
I.

141.
le e.

Cartac, sec.jXV. Carte 84 innumerate. Bianche

48 e 49 e

le

due

ul-

Legat. in assi e pelle.

DO -MENICO CAVALCA,
detto

Disciplina
dissiplina

degli spirituali
li

(c.

1'^-47').

Qui comincia el tratado

de

spirituali,

compilata

per

frate dominicho chauacha (sic) de vicho pisano de Tordene de predichatori .

e.

47':

Qui finischono

el libro detto disciplina di spiritualj

a honr
.

de meser yhesu e
II.

utilit nostra.

Pregoue pregati per

me che amen

Como
DI

li

esempli de rei inducono l'uomo a paciencia et a grande

(C.

KERU0RE

BEM FARE

50'

82).

338

L.

BIADENE

G
Gartac, sec.

400.

XV, m.

0,290

contiene 35 linee.
di Berlino.
I.

X 049B-

Carte 135 innumerate. Ogni

pagina

Legat. in mezza pelle dopo entrato nella R. Biblioteca

DOMENICO CAVALCA, Trattato


Incomincia
el libro

delle virt e dei

vizi.

Adesp.
li

(e.

l'"-118').

de le virtude el qual corabate


'1

contro

uicij. prologo

Lo

principio e

mego
li

e la fine di questo tratado sia a

laude de dio dal quale descende tuti

beni

&

dal quale viene ogni dado

optimo et ogni dono perfecto

A
.

e.

118': Explicit tractatus de vicijs.

et virtutibus.
II.

Deo gratias

Amen

Tractato del glorioso sancto bernardino molto inductiuo a


la uia de la uerit (e. 119''-35*).

ridure l'anima smarita a

S
Cartac, sec.

348.
ant., pi

XV, m.

0,210

X 0,150.
in fine

Carte 179 num.

4 carte non

numerate in principio e una


le e.

numerata anch'essa

in origine.
altre

Mancano
due carte
pelle.

40 e 107, e originariamente dovevano esserci almeno

in fine. Scritto a due colonne, tranne in poche carte.

Legat. in

Appartenne

al

Convento dei Minori Osservanti

di S.

Francesco della Vigna

in Venezia, ed

menzionato dall'Agostini nelle Memorie istorico-critiche


1,

intomo

la vita e le opere degli Scrittori veneziani, Pref., pp. xvi e voi.

pp. 166, e dal

Cicogna nelle Iscrizioni veneziane,

II,

147 e nella

illustran. 126).

zione della Leandreide

{Memorie

dell'I.

R. Istituto veneto, VI, 485,


si

Una

particolareggiata notizia di questo codice

pu vedere

in questo Gior-

nale, IX, 186 e sgg., dove ne anche pubblicata la tavola.

Rime
74 poesie

spirituali. Ci sono
attribuite

147 poesie attribuite a Jacopone da Todi,


di

a Leonardo Giustiniani, 18 tra sonetti e frammenti

sonetti del Petrarca, 2 canzoni e 2 sonetti di Jacopo


tolo di

Sanguinazo, un capilatini
attri-

Jacopo Valaresso, uno dicto di frate Januzo, 12 carmi

buiti a S. Bernardo,

29 poesie adespote, 10

delle quali

latine, e

2 orazioni

latine in prosa.

8 = 514.
Membran.,
e.

sec.

XV, m. 0,249X04 '70.

Carte 76 innumerate; bianche

le

e 2, 4 e le due ultime. Ogni pagina contiene

30

linee.

Legat.

in

assi e pelle.

La prima

e l'ultima carta, che ora sono incollate sulle guardie,

portano

segni delle borchie di una legatura pi antica.


Il

PIETRO SPANO,

Tesoro

de'

Poveri

(c.

5'--74').

Adesp.

e.

3>--t

trovasi l'indice dei 57 capitoli.

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON

339

Z9 = 265.
Gartac, tranne la prima e l'ultima carta del secondo quaderno che sono

membranacee,
quaderni,
il

sec.

XV, m. 0337X0,240.
di

Carte 166 innumerate, divise in 18


il

primo e l'ultimo

carte,

secondo di 8, gli
il

altri di

10

ciascuno. Bianche le prime 4 carte (sul recto della prima


ultime.

n 108) e le 3

Ogni pagina contiene 38

linee.

Nel

margine inferiore della prima

carta scritta

un bollo

colle

parole:

lo. And. Karotti. Ferrarien .

Legat. in pergamena.

FEDERIGO FREZZl,

Il

Quadriregio

(c.

S'-

163'-)

con questa didascalia

Incomincia el libro di regni al magifico (sic) et excelso di Trinci de Fuligno diviso in quatro libri, el Gupido, e
1

Signore Ugolino
di regni

primo tracta

di

secondo

di

Sathan

el in di vitij el

mi

di regni

de virtute .

30 = 294.
Gartac,
sec.

XVI, m. 0,310

X 0,195.
un

Garte 178, delle


linee. I

quali

soltanto

le

prime 3 sono numerate. Ogni pagina contiene 34

margini della

e. l'

sono rabescati, la prima iniziale del testo miniata, e alla met del margine esterno dipinto un capriolo;
le e. 273-77, e

bollo nel margine inferiore. Bianche


dello scrit-

a ter^o dell'ultima
il

una mano diversa da quella


Notta

tore del codice lasci

seguente ricordo:

che

lo

IH Ipolito da

este Cardinale di

Roma morse

a di 20 de setenbre l'ano de la incarnatione

del nostro Signore lesu Cristo 1520,

Homo

Justo e benigno, e

molto dal

populo di ferrara amato per la morte dil quale rest fonso fratel suo pieno de molti
affani

Lo

IH.*

Duca Alfe-

e fu sepulto nel Episcopato di

rara; posto nauti lo altare grande. Morse la seguente nocte del sopradicto

giorno tra
<

le

septe et 8 bore fu
el

sepulto la

seguente note a bore una,


.

acompagnato da tuto

populo coperto di bruna


il

Legat. in

pelle.

Sulla faccia interna della coperta posteriore, sotto

n 21004 cancellato,

n 80.

MATTEO MARIA BOIARDO,


d'Erodoto
(e.

Volgarizzame.xto

delle

Storib

l''-272'').

Precede

il

< Prologo de la traductione de Hero-

doto Halicarnaseo patre de la historia per Mattheo Maria de Scandiano. Allo 111"

Boiardo Conte
.

&
:

Excell Principe Hercule Duca de ferrara

In fine del codice: < Herodoti Halicamasei historio expliciunt: transcripte

* per

me Dominicum gazam

a septimo calendas Decembris usque ad quartum

calendas Martias anno a parta virginia

MDV

340

L.

BIADENE

31
Cartac, sec.
ultime.

= 367.
Carte 119 innumerate. Bianche
pagina, e
le tre

XV, m. 0,325X0,225.
i

Rabescati

margini della
fine:

prima

miniate

le

capitali.

Linee 31 per pagina. In

Ego Ludovicus

Ferraresius a S'" Felice emi

hunc librum ferrarie solidis


destra
:

odo

et ideo iuste posideo

ipsum

e sotto a

Ego Lud

ferr. .

Legat. in pelle.

Appartenne
il

alla Biblioteca di S.
cit.,

Michele

di

Murano, ed

in essa portava

no 53. Cfr. Mittarelli, Op.

col. 554.

Volgarizzamento delle
Nel catalogo inglese

Storie

di

Giustino. Adesp.

(c. 1''-116'').

attribuito,

come

dai pi, a Girolamo Squarciafico, del

quale per altro sembra non possa essere. Cfr.

Le
p.

istorie di Giustino, pubbl.

da L. Calori, Bologna, Romagnoli, 1880,

voi.

I,

{Scelta di cur., disp. 173).

3
Membran.,
sec.

= 466.
Carte 71 innumerate. Ogni pagina
e. 4""

XV, m. 0,174X0)110-

conta 24 linee. Nel margine inferiore della

uno stemma un leone ram:

pante azzurro in campo d'oro, e sopra una corona con otto palle.

tergo del

primo foglio in
assi e pelle.

alto:

Comes Gullielmus

sancti

Georgi]

Legat. in

CRISOSTOMO COLONNA, Volgarizzamento

del De optimo

I.mpe-

RATORE
2^-3').

di Onessandro

(e.

4'"

71'').

Precede una prefazione del traduttore

(e.

33
Membran.,
sec.

= 404.
Carte 203 innumerate. Scritto a due

XV, m. 0,335X0,243.

colonne di 44 linee l'una.

Legat. in pergamena.

li

Volgarizzamento della
(e.

Prima decade
nomi

di

Tito Livio
et

Adesp.

l*-203'").

Sono premessi
(e.
l"" - *).

delli uficialj

delle dignitadi degli

antichi romani

Le

iniziali di

ogni libro sono miniate e racchiu-

dono

figure.

Anche
primo

le iniziali dei capitoli

sono rabescate. Nel centro della


libro aperto nella

iniziale del

libro

un busto d'uomo, con un


destra. Sar

mano

sinistra e

una penna nella


il

Tito

Livio.

In

testa

al

proemio:

Incomincia nato in
il

prolago dello eccellente oratore Tito livio cittadino di


giudice di legge raccontatore delle storie
il

Roma
Dopo
dele

padoua

Romane

proemio:

Incomincia

libro

dello
il

eccellentissimo

raccontatore

storie del popolo di

Roma
il

Tito livio,
di

quale

fiorie al
.

tempo d'actaviano
fine del

Agusto secondo Imperatore


Qui filicemente
finisce

Roma,

libro

primo

In

volume:

decimo

libro dela

prima decha dello

excellentis-

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON


Romana
per natione padouano

341

simo Tito livio di schiatta

sommo

racchon-

tatore di grandissimi facfi di ualorosi

Romani

34 = 67.
Membran.,
sec.

XV, m.

0,440

X 0;295. Gomponevasi in origine di 160 carte


1 carte 1, 8, 84-86, 111-18. Scritto

con numeraz. romana. Acefalo. Mancano


a due colonne.

La prima

carta al recto tanto macchiata, specialmente nella

parte inferiore, e l'inchiostro cos sbiadito che parecchie parole delle ul-

time linee non

si

possono leggere.

Legat. in pelle.
di

Volgarizzamento delle Opere


I.

Sallustio.
(c.

Frammenti della Storia Romana

2^

48*).

Gom.:

che Ro-

molvs che molto diziava di cresciere suo

nome
e.

et

sua singnioria fecie nv:

mitor suo avolo


servieno e

Re

Manca

la e. 8.

La
e.

fin.
:

li

quali
si

idio

no

no

li

rendieno grazie e la

9 com.

anzi

maravigliala

vano molto et debono maravigliare quelli


< volea vivi inghiottire .
II.

che sono ora, che

terra

li

L.\

Guerra Giugurtina

(c.

49^-83*).

Gom.: Qui chomincia

il

* proemio del salustio Giughvrtino nel quale intende dimostrare


via di studio e di vert d'animo s'aqvista onore e
gloria, e

come per
princi-

come

palemente utile lo studio dele veraci istorie . Fin.:

Sicome

lo re

mi-

tridates rvppe la pacie la qvale auea giurata,


della
e.

e.

92

La seconda colonna

83' bianca.

II.

La Gongiur.a

di

Gatilina

(c. 87""

160').

Gom. Qui incommincieremo


:

il

prolagho del libro che salvstio fecie di chatelina e de la sua congivracpiesto

< zione, chonpilato insieme di salvstio et di luchano:

primo este

di

giulio ciesar e di che

vfici iera

ghovernata roma et chi


di sopra, le e. 111-18.

la

cominci a
e.

fare
4 io vi

Mancano, come avvertimmo


il

La

HO*

fin.

racommando

mio piccolo

figlivolo. al

quale

per cierto sar assai


1

ad aivto no solamente a salvte, suoi


fratelli.

ma
II

altresii e la e.
si

19^ com.

e dire
li

Alora quando aristobolo fue fatto Re.

mise in pregioae
li

tre minori de' suoi fratelli .

ms.

fin.:

* perci fecie che


.

romani

no ricievettero ciesare a svo trionfio in roma, ezetera

35
Membran.,
sec.

= 591.
Garte 61 innumerate. Ogni pagina

XV, m. 0,236 X 0440.


La
scrittura

contiene 26 linee.

piccola,

ma

singolarmente accurata. Bel

codicetto con iniziali dipinte e miniate.

Legat. in

pergamena (da

G. Lewis)

elegantemente, con fregi impressi in oro.

342

L.

BIADENE
S.

Segnato del n 656 faceva parte della Biblioteca di


Cfr. Mittarelli,

Michele

di

Murano.

Op.

cit.,

col. 1042.
(c.
2'-

JACOPO SANNAZARO, Le Egloghe


Poetae lacobi Sanazari Parthenopei

-60'). Titolo:

alarissimi

Aeglogarum Liber Arcadius Inscriptus.


dello
scrittore
|

e. 61'

una mano diversa da quella

del codice

scrisse la

seguente ottava:
trouiamo pari.
|

Ambi

gioueni siamo, e di bellezza

che facilmente non


|

Qual feraina sar che


?
|

n'usi asprezza

Se contra
|

brutti
al

ancor non han ripari

Se belt non uarr, n gioueuezza,


|

Varrane
|

men

l'hauer con noi danari.

Non uo che

torni

che non abbia prima

Di mille

mogli altrui la spoglia opima .

36 = 476.
Gartac, sec. XIX, m. 0,305

X 0,212.

Due volumi

scritti

da una sola mano


di

con singolare accuratezza e nitidezza.


merate 662, e
l'altro di

Un volume
xvi-788.
le

si

compone

pagine nu-

pagine numerate

Sono bianche nel primo


le

volume

le

prime 10 pagine, e nel secondo

pagine xiv-xvi e

ultime

cinque, oltre qua e l qualche pagina nell'interno, senza che per paia che
ci sieno
I.

lacune nel

testo.

Legat. in cartone.

MATTEO PALMIERI,
LEONARDO
DATI,
.

La Citt

di

Vita. Copia eseguita, secondo

indicato in principio del volume, sul cod. Magliabechiano, Palch. 2, n 41.


II.

Expositiones

in

lxbros

Civitatis

Vitae
in-

Matthaei Palmerii

Copia dal cod. Laurenziano 53, Plut. 40, come

dicato in principio del volume.

3
Gartac, m. 0,213

= 424.
di

X 0,143.

Si

compone

due parti ben

distinte,

che

sa-

ranno descritte qui sotto


il

separatamente. Legat.

in pergamena. Sul dorso

no 726. Sulla faccia interna della coperta anteriore attaccato uno stemma

stampato col motto: La vertue est la seule noblesse e dalla ghirlanda

che circonda

lo

stemma pende una medaglia

colla leggenda:

Auspicium

melioris aevi . Quanto alla provenienza del ms. vedi in fine della descri-

zione di tutte due le parti.


I.

Viaggi

di

Marco Polo
le

in lingua italiana venezianeggiante. Sec.


il

XV,

carte 145, delle quali soltanto l'ultima scritta numerata e porta

n" 139.

Bianche

la

prima e

4 ultime; soltanto al recto dell'ultima sono due righi


scritta

di difficile lettura.
di

Nel marcine inferiore della prima carta


c:.;l

leggesi,
il

mano

diversa da quella

testo:

Di Paulo

Conto

sinistra

n" 161.

Ogni pagina contitiie 27 linee in carattere

piccolo.

Mancano

le

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON


,

343

iniziali dei capitoli

per le quali lasciato


i

bianco lo spazio che dovreb-

bero occupare.

Lungo

margini

di

alcune pagine tirata una linea in inin

chiostro, e alcune parole del testo sono sottolineate e corrette

margine.

tergo dell'ultima carta scritta stanno sei righi,

difficili

a leggersi. Gom.:
:

Ad
il

xxvj dilujo arriuai


l'alta colonna e

.
'1

Sotto,

tre primi versi del sonetto del Petrarca


. 11 testo

Rota

uerde lauro

com.:
del

Qui

chomenza

prologo del libro chiamado della instizione

(sic)

mondo

Vui

signori imperadori duchi marchesi chonti e chaualieri et tuta zente qualle uolete intender e chonosser le diuerse gienerazione de
uersitade de diuerse gienerazione del
li

omeni e dele

di-

mondo

lezete questo libro in lo qual


:

trouerete de grandinissimi mircholi . <

Fin.

Sono

de gran ualore

come

io

u dito

et

ano armelini

et uari e uolpe

negre e molte altre


del
testo

chare pelle et sono tuti cha...

(cfr. il

cap.

GGXVll

francese

pubblicato da A. Bartoli, / Viaggi di


p.

Marco Polo,
Res

Firenze, Barbera, 1863,

412, Un. 19-20).


11.

Raccolta

di iscrizioni col titolo:

Prisca, Variaque Antiqui.

< tatis

Monumenta

undic[ue

ex omni orbe conlecta

del

sec.

XVI,

di

carte 245 num., alle (juali furono

premesse altre due carte contenenti

l'in-

dice dei luoghi dove le iscrizioni furono ritrovate.

Questo codice dei Viaggi di Marco Polo certamente


era posseduto dal senatore veneziano Jacopo Soranzo,

il

medesimo che
per-

come ognuno pu

suadersi confrontando la nostra descrizione con quella che di esso ci lasci


il

P. Ab. Placido Zurla nella Dissertazione dei

Viaggi di Marco Polo (Di


I,

Marco Polo

e degli altri Viaggiatori veneziani pi illustri, voi.

Venezia,
segni di

Fuchs, 1818, pp. 30-32 e 379-81). Probabilmente sono dello Zurla


richiamo e
le correzioni

che

si

trovano qua e l nel codice.

Il

pezzo riportato

dallo Zurla a p. 380 leggesi nel cod. a e.

43^ Un.

8-19, e l'altro

brano stamdel

pato a pp. 380-81 trovasi a

e.

16', lin. 7-15.

Le due prime pagine

ms.

furono riprodotte tutte intere dallo Zeno, Annotazioni al Fontanini, ediz. di


Venezia, 1753,
11,

271

di l le ricopi
p.

il

Marsden, Travels of Marco Polo,

Londra, 1818, Introduzione,

lx.

38 =
Cartac, sec. XVII, m. 0,310

105.

X 0,2(6. Carte
il
il

143 innumerate.

Legat.

roz-

zamente in pei^amena. Sul dorso


faccia

n" 11 e sur

un

cartellino incollato sulla

estema della coperta anteriore


il

n 146, e sulla faccia intema della

coperta posteriore di nuovo

n* 11.
di

GUID'UBALDO BONARELLI, Filu

Seme

tragicomedia pastorale.

344

L.

BIADENE

3 = 477.
Gartac,
sec.

e.

63^ furono aggiunte alcune

XVI, m. 0,290X0,210. Carte 63 innuraerate; Bianca la e. ricette, norme alchimistiche ed altro.

10.

Legat. in pergamena.

GUIDO PANCIROLLO,
dedicato al Serenissimo

Discorso

delle cose antiche e moderne


Savoia per rEcc.
sig.""

Sig.*"

Duca

di

Dottore

Guido Pancirollo Lettore


la tavola dei capitoli (e.

in Torino dell'anno
3') e !'
9').

1592

(e.

11' -62'). Precede


distinto per

2'' 4'" -

Indice delle cose notabili


stesso

ordine d'alfabeto
(sec.

(e.

Lo

Discorso anche nel

cod. 1476

XVII)

della Nazionale di Parigi. Gfr. Mazzatinti, Inventario


I,

dei mss.

italiani delle Biblioteche di Francia, voi.

p.

238.

40 = 410.
Gartac, sec. XVII, m. 0,20

X 0>14.

Garte 217 innumerate,


di

alle

quali

la

premesso un quadernetto per cosi dire indipendente


carta prima del quadernetto e l'ultima del volume.

carte.

Bianca

Legat. in
Lucrezio
(c.

pergamena.
2'--216t). Il

ALESSANDRO MARGHETTl,
quadernetto contiene
1.
:

Traduzione

di

Protesta del traduttore

(e.

2'').

2.

Versi latini firmati Petri Adriani

Van den Broke Belge


Lucretii

Publici EloIllustr.mim

quentie Professoris Pisis .

Sono

intitolati:

Manes ad

Glarissque

Virum Alex. Marchetti Philosophiae


(e.

ac Matheseos in alma Pi2').

sana Universitate Professorem Ordinarium


3.

Ali

111. Big.""

Alessandro Marchetti

Ganzone

di
(e.

M*

Selvaggia

Borghini.

Gom.: Gome ad eccelso inusitato lume

3'^-5'").

[41
Gartac, sec. XVllI, m. 0,311

= 640].
interessante e veramente cu-

X 0,228.
Volume molto

Trattati seri e
rioso,

satirici.

contenente Lettere della Repubblica veneta a Glemente XIII e


Sonetti;
tra

XIV

colle risposte; Garte relative a vari ordini monastici;

Pianto d'un

povero frate; Satire sulla soppressione dei Gesuiti; Dialogo

Pasquino e

Marforio; Sonetti su Papi e Re; Testamento della Compagnia di Ges; Parodie e molte Satire dilettevoli.

[4
Gartac, sec.

= 641].
simile
collezione

XVIIL m.

0,330

X 0,228.
Altra

Trattati seri e

satirici.

contenente

Votum

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON

345
Bel-

Cardnalis Azolini pr Cardinale Bellarmini; Bolla di Sisto

contro

larmini: Riflessioni d'un Svizzero contro la casa d'Austria: Descrizione del

Re

di Prussia;

Parodia del Te Deutn


il

contro

Carolum Federicum Prussiata-

norum Regem: Terzine sopra

merito del matrimonio; Sopra l'uso del

bacco: Sopra un marito impotente; e molti sonetti e molte satire.

[43
Gartac, sec. XVIII, m.

= 419].
XIV Re
di

0^3 X 0,190.
Francia

Politici Arcani del Gabinetto pi secretto di Luigi

con la Inteligenza che tiene con tutti gli altri Prencipi dell'Europa. Rela zione
.

Pregevole ms. storico contenente l'informazione fornita

al Se-

nato dall'ambasciatore veneziano.

[44
Cartac, sec. XVIll, m. 0,266

=^ 467].

X 0,200.
.

A. A., Opinioni fondate sull'esperienza

Di argomento militare.

[45
Membran.,
sec.

= 5S9].
Legat. in marrocchino. Sulla

XVll, m. 0.158

X 0,101.
Haym.
Salomone
ali

coperta impressa l'arme del conte

ISACCO CALORNINUTU,

figlio
.

di

David

Re

di

Israele.

< Clavicola tradotta dall'Ebraicho

Volgare

46 = 65.
Cartac,
sec.

XVIII, m. 0,266

X 190.
Libro
III.
il

iMARCO BARBARO,

Cronac-\.

Contien l'Aggregazion di

molte famiglie della nobilt veneta doppo


sin all'anno 1406 . Cosi sul recto
della

serrare del

Maggior Conseglio

prima guardia, coll'indicazione

per altro che


Dir in

il

libro sia

il

quarto della
di

Cronaca;
quali

ma

il

testo

comincia:
quali
fo-

(juesto

3" libro

famiglie,

cittadini

Veneti,

rastieri .

4-
Cartac, sec XVIII, m. 0,325

= 135.
quinterno 24. Bianche le cinque ul-

X 0,230. Carte 330 num. per quinterni scritto


fino al

da due mani;
time carte.
Berlino.

la

prima giunge

Legat. in mezza

pelle

dopo entrato

nella

R. Biblioteca di

GIOVANNI GIACOMO CAROLDO,


citt fino all'anno

Historia veneta dal principio della

MCCCLXXXII

scrtta

dal Mag.> Sig.' Gio.

Giacomo
23

fiiornalt ttorieo, X, fase. 30.

346

L.

BIADENE
X. Con due
tavole.

Garoldo Secretarlo deirill." Gonseglio di cose Notabili e l'altra de'


l'anno

Una

delle

Nomi

Proprij contenuti

nell'Historie

aggiunte

MDLXXXV

nel fine di questo

Volume

48
Cartac, sec. XVIU, m. 0,337

= 278.
Carte 58 num. pi
le e.

X 0,234.
Memorie
Republica
di

una carta non


Legat. in pelle.
spettanti ad

numer. in principio e una in

fine.

Bianche

33 e

34.

PIETRO GRADENIGO,
ambasciadori
tefici
et

istorico
di

cronologiche
a"

della

sereniss.

Venezia spediti

sommi Pon-

romani raccolte da Pietro


al

Giacomo Gradenigo Patrizio Veneziano,


nel punto di intra-

da Esso presentate

Kavalier Giovanni da Lezze

prendere l'Ambasciata di

Roma

Benedetto
(e.

XIV
Due
(e.

l'Anno 1743.
parti: 1*
l"" -

Tra-

scritte da Michel Angelo Schena

l'"-58'").

Ambascia-

dori Straordinarj a'


sciadori Ordinarij a'

Sommi

Pontefici Pontefici

Romani

32')
-

2"

Amba-

Sommi

Romani

(e. 35'"

58'').

49 = 558.
Cartac, sec. XVII,
ra.

0,293X0494.

Si

compone

di

due

parti;
;

la

prima

comprende 221 carte num., ed una carta non num. in principio


290 carte num.
alle quali

la

seconda

seguono due carte

non num. Le cinque ultime

carte sono bianche.


teca di Berlino.

Legat. in mezza pelle, dopo entrato nella R. Biblio-

GIOVANNI QUERINI,

Historia
.

Venetiana

rescritta

dal Signor

Zuanne Querini del MDCVVII. 1612

50 = 454.
Cartac, sec XVIII, m. 0,313X0,212. Carte 160
quaderni. Bianche le 6 ultime carte. Tre mani.

non num.,

divise

in

Legat. in pergamena.
l"":

GIOVANNI BATTISTA NICOLOSI, Memorie. A c


dall'Originale scritto di

Copia tratta

mano
con

del
i

q Magnifico
Caualieri

Cau''

Grande Gio. Batta


et

Nicolosi essistente (sic) appresso


suoi Nipoti e trascritte

Giouanni

Aug." Nicolosi
2"":

la parte l'anno 1731 .

e.

Memoria
Senato d

di quanto occorso a

me

Gio. Batta

Nicolosi

Segretario

del
il

Ven.^: nella mia expedit.^ e per occasione d'essa appresso

Cau"" Carlo

Ruzini Amb.*" Veneto in Viena, destinato Plenipotenziario per la Republ.

al Congresso della Pace, da trattarsi e stabilirsi tra CoUegiati e l'Ottomano


neU'Ungaria .

51
Membran.,
sec.

= 196.
Carte 42, num. ant. In alto della

XIV, m.

0,27

X 0,212.

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON


via l'inferiore met, leggesi
:

'847
<

prima

carta, della quale fu strappata

Adi

XVI

setembre

MDXXXII.

Questo libro de mi

hier.

Donado del
e l alcune

mag.co messer vicenzo .

Ogni pagina contiene 33

linee.

Qua

linee sono sottolineate, e sono abbastanza frequenti le note marginali di

mano
nostri

moderna.

Legat. in mezza pelle.


di

Cronaca

Venkzlv

(c.

3'-42').

Gom.: Segondo corno per

li

antisi passadi se troua scripto, auanti la hedificacione de


itade de

la presente ci-

ven^a

un'altra venesia fo appellada .


tre

Fin.:

et adesso fo
ser nicol

dado tre galie de corso a

rich omeni

de puouolo, ^ fo
li

zuchuol, ser bratti vido et ser Nicol Nani, and fuora et fese grandissimo danno
di
(e.

quali

arma a

so plaxer et

^enoesi, corando

MGGCLIIIJ, a

X de octobrio

Precede l'elenco delle principali famiglie veneziane

l'--2').

Cartac,

sec.

XV, m.

0,285

X 0,203.
[53

Legat in

pelle.

Cronaca Veneta

sino all'anno 1427.

= 655].
L^^t.
in pelle. Sul

Cartac,
della

sec.

XV, m.
di

0,330

X 0,228.

margine inferiore

prima pagina Tarme della famiglia Tomado.


Venezia. Chronicha de tute Chaxade de
la

Cron.aca

nobel Zitade

< de Veniexia e Vite dei Dogi . Contiene


propri colori.

300 stemmi blasonati nei loro

[*4
Cartac, sec.

= 658].
Guasto nella prima parte.

XV, m.
di

0,311

X 0,228.

Cronaca

Venezia. Cronica della Nobel Citade clamada Venexia ,

con stemmi di dogi.

[55
Membran.,
fin.

= 659].
Frammento. Com.
colla e.

sec.

XV, m.

0,330

X 0,228.

437 e
del-

colla e. 637. Illustrato


il

con schizzi a penna. Sul mainine superiore

l'ultima carta scritto

nome d'un

Morosini.

Cronaca Veneta.

[5 = 660].
Cartac, sec. XVIII, m. 0,250

X 0,177.

Legat

in pelle.

Cronaca Veneta

(1379-1725).

348

L.

BIADENE

[59 -=666].
Membran.,

sec.

XVIII, m. 0,304

X 0,209.
la

Corona delle Croniche concernenti


[58=^661].

Republica

di

Venezia

Cartac,

sec.

XVIII, m. 0,330

X 0,215.
con alcune
.

Cronica dell' Origini delle Famiglie Nobili Venete

delli

Cancellieri Grandi et delli Secretarli deirEcc.^ Cons. di Dieci

[5 = 662].
Cartac,
sec.

XVIIl, m. 0,393

X 0,317.
.

Cronica delle Famiglie nobili greco-venete

[eo
Cartac, sec. XVII, m.

0,

254

X 0,203.

Scritto nel 1670.

Origine delle Famiglie


.

fatte nobili dall'anno

1646 sino tutto l'anno

1669

[1
Cartac,
sec.

= 663].
l'Anime che

XVIII, m. 0,355

X 0,247.

Notizie Venete. Ci sono: un compendio di cronaca dei dogi; un elenco


di Famiglie veneziane;
si

descritione fatta l'anno 1586 di tutte

trovano nella Citt di Venetia ecc. ecc.

[6=656].
Membran.,
sec.

XVI-XVII, m. 0,330

X 0,228.

Procuratorum Electiones

(816-1612).

[3
Cartac.
,

= 654].
Sette volumi.

sec.

XV

m. 0,317

X 0,215.

Legat. in marroc-

chino rosso.

Collezione

di copie di

documenti originali riguardanti

la

Repubblica

di Venezia, molti di grande importanza e di alto interesse.

[64 =

665].

Cartac, sec XVIII, m. 0,279X0,203.

Legat. in pergamena.

Collezione di 22 opere relative alla Repubblica di Venezia, trascritte


dagli originali.

Una

descrizione del contenuto del

volume trovasi su un

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON


Mauroceni Apologia cuna
J.

349

foglio volante: P.

Ck)melii Additione; Z. Tri-

visani Orationes [ad Gregorium XII;

Gregorius Corrarius de Gommodis


,

Vitae regularis et ejusdem Soliloquium; Laus Nicolai Throni Ducis


posizione del

De-

Doge Foscari; Dominii de Veneziani che erano

del Stato di

* Milano; Itinerario di Germania dell'Ambasciatori Veneti; Memorie di Bianca

Capello; Martirio di Girolamo Mazza; Notizie della Famiglia Giera; No tizie di

Tommaso

Filologo ecc. ecc. .

[5
Cartac,
sec.

= 6e4].

XVIII, m. 0,327X0,^8.

Serie de Giustiziati in Venezia (706-1791). Ms. molto importante, contenente curiose informazioni su delinquenti e la loro esecuzione.

[6
Cartac,

= 583].
sopra la

sec. XVI (1551), m. 0,419 X0r279. Legat. in pelle. CRISTOFORO SABBADINO E ALOISE CORNARO, Discorsi

laguna di Venezia.

[CI
Cartac, sec XVII, m. 0,292
F.

= 670].

X 0,209.
Venezia.

VERDIZOTTI, Leggi

di

Membran.,

sec.

XVI, m.

= 22i]. 0,231 X 0,165. Legat.


[C8
1543.

in velluto rosso.
capi-

Ducale

del

Doge Francesco Donato nominante Giovanni Capello


Contiene
il

tano di Padova per 16 mesi. Data

ritratto

del

Capello

pregante

la

Vergine e

il

Bambino, e una pittura della Fama elegantemente

incorniciata,

due

santi, lo

stemma

dei Capello.

[Ctl

= 222].
Scritto accuratamente

Membran.,
fregi e lo

sec.

XV, m.

0,240

X 0,i77.

con iniziale

stemma
di

dei .Marcello miniato.

Legat. in marrocchino verde.

Ducale

Giovanni Mocenigo, nominante Jacopo Marcello capitano di


seti.

Padova per un anno (25

1480).

[0 = 224].
Membran.,
sec.

XVI, m. 0,243

Capello finamente miniato.

X 0,177.

Iniziali e bordo. Collo

stemma

dei

Legat. in antico marrocchino dorato.

Ducale

di

Leonardo Lauredano nominante Pietro Capello podest di

Brescia (1501).

350

L^ BIADENE

[1
Membran.,
sec.

= 225]-

XV, m.

0,240

X 0,158.
J = 652.

DucALK

di

Pasquale Malipiero nominante Andrea Venier conte di Spoleto.

Membran.,
numerate

sec.

XV, m.

0,285

X 0,195.
la

Carte 95 num. ant. pi 4 carte non


e la
e.

in principio.
il

Bianca

prima carta non numerata

94.

e. 95* leggesi

seguente quadernario: S'io potessi uoler quel ch'io dourei


|

[,

tu uolessi quel che deui et puoi

D'ogni contesa ch'Amor tien fra noi

Tu

uinceresti et io

non perderei

Segue
|

la traduzione in francese:.

Si

ie

pouoys vouloir cela que je devuroye


|

Et tu vulsisses ce que tu de-

vuroye et pourroye

De

tout le difFerent qu entre nous tient

Amour

Tu

vainqueroys
G. Lewis.

et

riens ne perdroye en ce

tour

Legat. in pelle da

LUDOVICO VARTHEMA,

Itinerario de lo Egipto,. ne la Surria, ne


(e.
l'"-93*).
:

la Arabia, ne la Persia, ne la India et ne la Ethijpia

Pre-

cede la tavola dei capitoli nelle carte


de parte dello Egypto el quale molti
altri

24 non

numerate.

Gom.

Tractato
11

Capitulo primo de Alexandria.


la

desiderio

ha speronato a ueder

diuersit

delle

Monarchie
tutti

mundane similmente alla medesima impresa

me

incit.

Et perch

altri paesi dalli nostri poi son stati dilucidati. Per questo nel

mio animo

io deliberai

uedere paesi

dalli nostri

meno

frequentati.

Donde da Venetia

noi con lo fauore delli uenti spandendo le uele a quelli inuocato el diuino

aiuto al

Mare ce fidammo

(Cfr.

Alberto Bacchi della Lega

Itinerario

di Lodovico Varthema nuovamente posto in luce, Bologna, Romagnoli, 1885,


Scelta di cur., n 207).

[93
Membran.,
sec.

= 446].
Colla data del 1586.

XVI, m. 0,508

X 0,393.

ANTONIO MISSO, Geografu

moderna.

[94 -=528].
Membran.,

sec.

XVI, m. 0,222X0,165.

Legat. in marrocchino rosso.


Collezione di li carte molto
indicati

PoRTVLANO ovERO Carte Nauticale


mare

antiche, finamente disegnate, nelle quali sono molto distintamente


tutti
i

pOTti di

allora conosciuti, e preziosissimo

per

nomi dei

porti

americani.

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON

351

Membran.,
veneziano.

sec.

XVI, m.

= 529]. 0,431 X 0,298.


[15
di 16 carte

Legat. in antico marrocchino

PoRTULANO. Collezione

egr^amente

disegnate e dipinte in

oro e colori da un geogi'afo italiano, con iscrizioni in italiano.

Con

bussole,

navigli, rose dei venti, rappresentazioni di so\Tani sui loro troni, cittadelle,
funi, tende ecc.

Specialmente prezioso perch fornisce un' idea della costa


sec.

d'America nell'ultima parte del

XVI

(certamente non prima del 1587,


il

poich Sigismondo nominato come re di Polonia, ed egli a.scese


in quell'anno). Precedono due pitture:

trono

un instrumento zodiacale ed una carta

celeste circondata dai segni dello zodiaco alluminati in oro, allento e colori.

[9 = 692].
Gartac, sec. X\l, m. 0,330

X 0,165.

Legat. in pelle.

ZORDANO PHILOSOPHO,
Modi d'insegnare abaco

Libro facto per .u^undare lo ixtellecto .


geometria ecc.

et aritmetica, algebra,

[71
Cartac, sec.

= 433].
X 0,196.
Legat. in marrocchino.
di

XVI
di

(1544),

m. 0,292

Scritture

medicina.

Regole del Collegio dei Medici

Parigi:

Tractatus de dolore capitis compositum per magnificum militem Artiumque et Medicinse doctorem D. Magistrum

Johannem Martinum ex

Ferrariis de

Parma; Liber de sintomatibus de passionibus mulierum qui

dicitur trocula

mulierum,

quam

duse

meretrices mater et

filia

sua ediderunt:

Liber de

secretis mulierum ; Experimenta probatissima contra diversas Infirmitates;

TavoUa

dello sallazare et flebotamia. Piastra, unguenta, pullulae ecc.


(sic)

In-

firmitade dello < versale ecc.

verga. Recetti per el

mal

francoso. Restaurativo uni-

[18=292].
Membran.,
sec.

XVII, m. 0,292
di

X 0,209.
piante di

Collo
fiori

stemma

dei Sagredo.

Erbario. Collezione

191

dipinte in vividi colori da

un

artista italiano.

[13=17].
Alchemia, L'<x:culta Pietra dalli Filosofi descritta.

APPENDICE
ALTRI MANOSCRITTI ITALIANI NELLA R. BIBLIOTECA DI BERLINO

Prima che
Di

vi entrassero

codici Hamilton la R. Biblioteca di

Berlino non doveva certo la sua


liani.

rinomanza

ai

manoscritti
soli

ita-

questi

crederei anzi di poter dire che due


:

sieno

noti alla generalit degli studiosi

il

codice messo a profitto dal

Witte per

la

sua edizione critica della Divina Commedia, del

quale trovasi una

breve

descrizione
(II,

anche nella Bibliografa


codice delle poesie di Bon-

dantesca del De Batines

272), e

il

vesin da Riva pubblicato tutto intero dal Bekker nei Rendiconti


della

R. Accad.

delle scienze di

Berlino (anni 1850 e


manoscritti

1851).

In tale scarsezza di notizie intorno ai

italiani in

Berlino del fondo che

potremo dire pre-Hamiltoniano, non


la descrizione,

do-

vrebbe tornare sgradita


fra
i

che qui

si offre,

di

cinque

pi antichi di essi, quantunque non molto importanti.

Ms.
Cartac, sec.

ital. fol.

140 (Acc. 3790).


Carte 101 num. ant.
in
Il

XV, m.
in pelle.

0,288

X 0.210.
Il

numero

nel

mezzo del margine superiore, molto


vede.
I.

in alto, e

alcune

carte pi non si

Legat.

GIOVANNI BOGGAGGIO,

Filostrato

(c.

1'-89').

Precede

il

proemio: Filostrato alla sua pi chaltra piacieuole philomena salute


'<

.
a

Molte

fiate gi nobilissima

dona

in alto: Asit

p'ncipio

virgho

meo

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON


e. 4'

353

Il

poema comincia a

e finisce

e.

89^:

Finito tutto
scritto

il

filostrato

< compilato p mess Giouanj di bocchaccio da

ciertaldo

p mano dointera-

nofro di Giouanni coss da Yaldimarina (le ultime parole quasi

mente

cancellate). Sotto, d'altra

mano:

Questo
(?;

libro edi

Bartolomeo di

tomaso

faschaio

<k

chonfalon

chian

qartier
il

sangiouanj ppo santo

ambruogio di firenze e a
altri della

90*, Ql"" e 91'


il

medesimo Bartolomeo ed
11

sua famiglia notarono che

libro era di loro propriet.

caratdella

tere irr^olarissimo di queste note accusa

mani inesperte

del

maneggio

penna.

Una

nota pu e.ssere relativamente interessante per la data che con(e. 91*):

tiene, la

seguente

Questo libro et didi (sic)


si

et

ditomaso dugemo
adi 30

fiaschi et defrategli < {sic) 1500 >.


II.

sua et che

chiama e

filostrato

nouebre

Canzon morale

di

dante
leggesi

(e.

89'

90').

Gom.

< Cruda seluaggia

fugitiva

&

fera >. Altrove

adespota

oppure attribuita a Franco

Sacchetti o a Fazio degli L'berti o a Bartolomeo da Castel de la Pieve, a


cui veramente appartiene. Vedi Renier, Liriche
edite e

inedite di Fazio

degli liberti,
III.

p.

cccxxx.

Due

ballate di
:

una

stanza. Adesp. e anepigr.

(e. 91'").

1*

La
I

ripresa

Mentre che giouine^a done


il

fiorisele in noi

nel
>.

uagho

tpo.

de non pdete

tempo.

che non ritorna pi nuoua belle^a

2 La ripresa :

giouin donne
il

cheltempo pdete pulita della mente


.

ben pensate che uecchie?a


nieri. Cfr.

ben n sente

L'autore

Niccol

Solda-

Carducci, Cantilene e ballate ecc., n" cclxxix.


in

IV.
anepigr.

Poema sulla Passione


^c.

ottava

rima,

mutilo

in

fine.

Adesp. e
:

92' -101*).
i

Ben

noto.

Com.:

increata maest diddio . Fin.


resto

e lascio tutti
il

discepoli in pace . Differentemente dal

del

codice

poema

scritto su due colonne, cinque ottave per colonna.

Ms.

ital.

quart. 16 (Acc. 844).

Cartac,

sec.

XV, m.
ii)

0,217

X 0,140. Carte 189 innumerate.


margine
lettere V. N.

Sembra che

principio sieno state strappate alcune carte. Nel

inferiore del recto della

prima carta un piccolo bollo colle

il

L^at.
I.

in pelle.

GIOVANNI BOCCACCIO,
il

Il

Filostrato

(c.

l'-llO').

Manca
La nona

proemio,

quale forse sar stato contenuto nelle carte, che,


:

come sopra

si

detto, sembrano mancare in principio. In fine


ultima parte del filostrato composto p
ne

Qui

finiscie

&

m* Giouni bocchaccio da Firenze

MCCCLX .

354
II.

L.

BIADENE
Il

GIOVANNI BOCCACCIO,
del libro

Filocolo
nelle
ediz.

(c.

lll-'-lTOt).

Frammento.

una parte

IV compresa

pp. 31-119 del

voi. Vili delle


:

Opere volgari di Giovanni Boccaccio,

Moutier. Gom.
.

[E |Ra gi

appello col carro della luce salito al meridiano cerchio


III.

LEON BATTISTA ALBERTI,


II,

Frottola, adesp. e anepigr.


. Gfr.

(e. ITI"-

l??"").

Com.: [VJenite in danza o gente amorosa


335 e sgg.
-

Trucchi, Poesie

italiane inedite,

IV. Poesie (c.U77'


in

189').

Sul margine superiore della

e.

177' scritto

carattere

piccolo:

di

Ant" da Firenze

e nel catalogo della bi-

blioteca sono attribuite di Antonio degli Alberti.


1.

[N]EI uerde tempo della nostra uita


[L].\sso che faro io
poi

(e.

177
(e.

- 179').

Tetrastici.

2.

che quel sole

180'"-181').

Canzone

di

stanze.
3.

[B]Ene e

felice questa nostra etade

(e. 182'"

-183').

Canzone

di

6 stanze

e commiato.
4.

citta

magne

floride et

ciuili

(e.

183'

185').

Canzone

di 7

stanze

commiato.
5.
6.

Gloriosa et triunfante dina

(e.

185'

188"").

Ternari.

[PjErche lope mie mostran

gial fiore

(e. 188'"- 189').

Canzone

di

5 stanze

e commiato.

di

Simone Forestani.

Cfr. la tavola delle poesie di costui pubp. 103,

blicata dall'Appel,

Bie Berliner Hss. der Rime Petrarca' s,

n"

xxvm.

Ms.

ital. fol.

149 (Acc. 11209).


pelle.

Membran.,
Si

sec.

XIV, m. 0,295

X 0,215. Legai, in mezza


di

componeva originariamente

92

carte, e fu poi

aggiunta una carta


delle carte in lapis

in fine contenente l'indice dei capitoli.

La numerazione

tale

sono numerate tutte

le

prime cinque e

le tre ultime, e quelle

fram-

mezzo, dalla decima in avanti, di dieci in


segnato sulla carta 61, e quindi anche
feriori al vero.
II
i

dieci.

Erroneamente

il

n 60
di 1 in-

numeri che seguono sono

codice

scritto su

due colonne, in carattere piuttosto


rubrica ora non
si

grande, 25 linee per colonna.

La prima
i

legge pi.

La

prima grande
della

iniziale miniata e

margini interno e superiore del recto


aggiunto
in
fine in

prima carta sono adorni

di arabeschi. L'indice

carattere molto pi piccolo e diverso di quello del testo. In fine del


e

quale

si

legge

(e.

92^): Millo

lu

octuagesimo

p'o. Indie' iiu die xj

decembz
in-

Expletus

fiat iste liber


e.
2'"

pme

pb'r3 Galla d' gali', d'


:

bon

Nel margine

feriore della

uno stemma

un'aquila ad ali spiegate su

campo

rosso.

MANOSCRITTI ITALIANI DELLA COLLEZIONE HAMILTON


stemma che
si

355

Un

altro

trovava sullo stesso margine


i

stato

abraso, e di

esso non rimangono che


di Berlino certo

fregi all'ingiro.

11

ms. entr nella R. Biblioteca


dalla seguente anno-

non prima del 1883, come appreudesi

tazione sul recto della carta di guardia in principio: Gekaufl


hndler D. G. Rossi in

von Buch-

Rom

25. 8.

1883

nach dessen Angabe aus San

* Gregorio in

Rom

staramend

FRONTINO,

Gli Stratagjemmi

tradotti.

Ms.

ital.

quart.

27 (Acc. 3624).
scritti
i

Due

fogli di

pergamena, del

sec.

XIV,

su due colonne. Sers'ivano

di coperta a

un

libro di Cardano, e portano

n'
:

20 e

21.

Frammento

delle

Vite dei Santi

Padri. Com.

dauano a poueri monie .

steri di donne et incarcerati >. Fin.: Et in questa


nei Rendiconti della R.
pp.

Fu

pubblicato
1852,

Accademia

delle

scienze di Berlino, anno


l'opera

65^,

dal Bekker,

il

quale non riconobbe

a cui

il

frammento
u. engl.

appartiene. L'opera fu indicata dal Mussafia nel

Jahrbuch fr rom.

Literatur,

III,

409 e sgg. Egli not che

nell'edizione
il

Milanese, Silvestri,
la fine

1838 e Triestina, 1858 delle Vite de' SS. Padri


del cap. 14, l'intero cap. 15 e
il

frammento forma

principio del 16 della parte seconda.

Ms.

ital.

quart. 33 (Acc. 4727).

Membran.,

sec.

XIV, m. 0,212

X 0,243.
prime numerate
gran
lo scritto in
il

un frammento

di codice, e consta di 16 carte, le tre

a penna, le altre a lapis. Al recto della seconda carta


parte svanito, e in generale tutto
testo

frammento

in cattive condizioni. Nel


pelle.

sono intercalati 41 disegni.

Legat. in mezza

QUALICHINO D'AREZZO,
MORTK
DI

Libro del nascimento della vita e della


di

Alessandro Magno. Frammento. Com.: fue


li

xw anni era

amaestrato ala pugna &. tutti

trapassaua nell'iurme . Fin. : < Et anch/e

ueniano fauile di fuocbo.

deleq'li

era

tutta loste

di

tubatio

afflitta.

9i

mormorauaoo

V^^RIETA.
NOTIZIE BIOGRAFICHE
DI

RIMATORI ITALIANI

dei secoli 3CIII e ZSLT^.

III.

ONESTO DA BOLOGNA.
Poche
notizie
ci

restano

del
i

poeta bolognese

Onesto degli

Onesti, annoverato da

Dante tra
(1),

dottori illustri e di piena in-

telligenza nelle cose volgari


silieri

insieme col Guinicelli, col GhiIl

e con Fabruzzo Lambertazzi.


Odofredi,

Fantuzzi (2),
lo vollero

dopo aver
nato della

dimostrata erronea l'opinione di coloro che


famiglia

ovvero fratello e, secondo altri, nipote del celebre giureconsulto Odofredo; propose come cosa non inverosimile che il celebre rimatore bolognese si dovesse riconoscere nella persona di Onesto di Bonacosa di Pietro degli Onesti, che per vincolo prossimo di affinit era congiunto colla nobilissima
famiglia de' Tebaldi;

non trovandosi
si

altri nelle

copiose

memorie
Onesto.
in-

che
forse

ci

restano de' contratti, che


di ignobile le

fecero in que' tempi, se non


il

uno

progenie, che portasse

nome
di

di

Continuando
cominciate dal
di

ricerche nell'Archivio di Stato

Bologna

dott.

Gaetano Monti per l'opera del Fantuzzi,


si

qualche nuova notizia


ser Onesto.

potrebbe spigolare intorno alla persona


il

Ne

sia

prova anzi tutto


alla

processo
Fantuzzi,

di

cui

ora

terr parola, sfuggito

diligenza

del

che faceva

parte anticamente dell'Archivio


Stato

criminale, ed

ora trovasi nella

copiosa serie di atti e processi dal 1226 al 1512 presso l'Archivio


di
(3).

L'importanza principale

di

cotesto

documento

consiste

nelle

(1)
(2)
(3)

De
I

vulg. eloquio,

lib.

I,

cap. 15.

Notizie degli scrittori bolognesi, VI, 181.

due volumi dei

libri

Malleficiorum, che contengono questo processo,

VARIET

357

nuove notizie che ci fornisce delle relazioni di ser Onesto con una delle pi faziose e potenti famiglie bolognesi, quale fu quella de' Garbonesi. Le zuffe tra le due famiglie, de' Galluzzi e de' Carbonesi, furono tanto frequenti nel secolo XIII che l'autorit pubblica, dopo aver confinati cinquanta de' pi rivoltosi di ciascuna
fazione, mult, fra le altre, le case e le
lire seicento di bolognini.

torri

de' Garbonesi

in

Alcuni fra
fazione

cacciati ottennero poi di

ripatriare, ripudiando la
pe'

fin'allora

seguita

e giurando

Geremei
rissa

di

guisa che nella pace generale del

1279 v'oran

de' Garbonesi in

ambedue
il

le fazioni

(1).

27 agosto 1296, nella quale ser Onesto ebbe parte principalissima, fu probabilmente una conseguenza

La

che avvenne

dell'odio

incessante fra

Galluzzi

Garbonesi.

Troveremo

persone nominate nel processo Michele e Bulgarino de' Garbonesi e Bonifazio Galluzzi, e la zuffa ebbe luogo innanzi alla casa di Pietro e Guido figli del maestro Daniele, attigua a
infatti tra le

quella di ser

Onesto e situata presso


fatta

la

chiesa

di

s.

Iacopo

de' Garbonesi, ch'era di juspadronato di detta famiglia.

La denunzia

il

27 agosto 1296 da ser Onesto


(2)
:

di

Bonacosa

era in questi termini


Dominus Honestus,
filius

domini Bonacose, cappelle sancti Jacobi de Carsocietate quarte(3) et

bonensibus, de societatibus populi Bononiensis, scilicet de

riorum, juravit coram dicto potestate

sua curia dicere veritatem de ea

que interfuerunt. Qui suo juraraento


die, post

dixit et denuntiavit

quod suprascripta
filius

nonam,

ipse sedendo ante

hostiura

sue domus, Majus


est

Bar-

tolomei de Garbonensibus, cappelle sancti Proculi, qui


nobilibus et potentibus, ad instanQam et preces, ac

de

magnatibus
et

pretio Pieri

Guidi

fratrum et filiorum condam domini Danielli cappelle sancti Jacobi predicti.

hanno esternamente la seguente indicazione: Atti, processi ecc., i296, luglio a dicembre. Vecchio registro, n"* 1653. Nuovo reg., n 268. L'altro volume:
Atti, processi ecc., 1296,

settembre a dicembre; 1297, gennaio e febbraio.


reg.
,

Vecchio
lettera
(1)

reg.,

Nuovo
con B.

n" 274.

Indicher

il

primo volume colla

A,

l'altro

, Bologna 1880, p. 189. 20 r). In margine a detta denunzia notato: Reperitur in matricida societatis quarteriorum infrascriptum, nomen et cognomen inter cetera in hxnc modum: d honestus d bonacose petri
,

GozzADiNi, Delle torri gentilizie di Bologna

(2)

Trovasi nel voi.

(e.

honesti.
(3)

Era podest in questo tempo Jacopo del Cassero, che dovendo recarsi Azzo Vili,
figlio di

a Milano, chiamatovi da Maffeo Visconti, fu proditoriamente ucciso nel 1298


dagli sgherri di

Obizzo

II

da Este. La sua morte fu mi-

rabilmente narrata da

Dante

nel Purg., V, 64-84.

358
fecerunt insultum in
niello Lanberti

L.

FRATI

eum una

simul

cum
sancii

dictis

miniatoris

cappelle

Proculi, et

Petri cappelle sancii Jacopi seu sancii Proculi,


libus et defensibilibus
;

cum Dacum Gherarduccio omnes cum armis offensibiPiero, Guido et

et

idem Gherarduccius

et Daniellus

ad instantiam et
spatis, raagis,

preces et pretio dictorum Guidi et Petri, percutiendo


persone. Et idem Majus
scilicet in spalla destra

eum cum

cultellis et stocchis in renibus, capite, brachiis et aliis pluribus partibus sue

nudo percussit eum in umeris, et vulnere multus sanguis exivit et ipse est in periculo mortis. Et post predicta, predicti Majus et Gherarduccius et Daniellus una simul aufugerunt in domo dictorum Guidi et Petri, posila in dieta cappella sancii Jacobi. Quare eos et ipsorum quemlibet punientur et condemnentur secundum ordinem slalutorum comunis et populi Bononie et Bononiensis regiminis et albitrium domini Potestatis.
stoccho
;

cum uno

ex qua percussione

Piero e Guido di Daniele a di 30 d'agosto


iimanzi al giudice, negarono
stato denunziato, tutto ci

citati a comparire che da ser Onesto era

affermando di esser stati pi volte da Ini inmentre uscivano di casa. Indicarono quindi i nomi dei testimoni che adducevano in loro difesa, contrapponendo la seguente denunzia a quella di ser Onesto (1):
sultati e .percossi
Notificatur et denunliatur vobis
testati civitalis

domino Jacobo de Gassare honorabili

po-

Bononie quod de proximo elapso mense augusti, die lune vigesimo septimo dicti mensis, dominus Honestus condam domini Bonacose et dominus Jacopus de Riva, precibus et instantia dicti domini Honesti, tractare et ordinare fecerunt insultum in personis Petri et Guidonis fratrum
et filiorum

condam magistri

Daniellis ante

domum

ipsorum Petri

et

Gui-

donis, positam in cappella sancii Jacobi de Carbonensibus,


et

cum

armis

velitis

non

velitis, scilicet pangeriis,

coUarectis et cerbellcriis; et quilibet eorum

cum uno

stoccho in manu, venientes centra eos

cum

dictis stocchis, volentes

dominus Jacobus percutiendo dominum Guidonem in tabulaccio cum dicto stoccho, ita quod pertransivit ab alia parte tabulaceli, fugando eos et currende post eos cum dictis stocchis usque ad casamentum domini Castellani de Andalo (2), positam juxta vias publicas ambobus lateribus; ubi cecidit in terram dictus Petrus et lune dictus dominus Honestus percussit dictum Petrum super bracchio destro cum dicto stoccho, gridantes post eos: moriantur, moriantur isti latrones. Et postea incontinenti dum predicti Petrus et Guido reddirent ad domum suam, preipsos vulnerare et interficere. Et dictus
dicti

dominus Honestus

et

Jacobus iterum fecerunt insultum in eos

cum

(1)
(2)

Nel

voi.

(car.

37

r).
s.

Le case

degli

Andal estendevansi dalla via

Mammolo

per quella

de' Libri, ora Farini, fino all'attuale piazza del Pavaglione; ed erano distinte

nuove e case vecchie. In queste case teneva ragione Loderingo con si commisero i Bolognesi, come mostrano alcune paci giurate in curia d. Andalo et d. Castellani. Arse e rovinate nel 1274,
in case

Catalano, allorch in loro

VARIET
dictis armis, araenantes centra eos, percutientes eos in

359
spatuls,

genibus et

super brachiis, dicendo

clamando dictus dominus Honestus centra dictum Petrum: oportet quod incidam tuum nasum et oportet quod te interficiam,
et

vel fatiam te interfici; volentes predictos vulnerare et

interficere,

nec per

eos

stetit

quin eos interficerent. Et de predictis omnibus est

publica

fama

et notoria per

contratam predictam

et per

totam civitatem Bononie. Quare

suplicatur quod ex predictis inquiratur et procedatur


veriit

secundum quod con-

honori domini Potestatis et comunis Bononie.

Infrascripti sunt qui sciunt verit tem de predictis:


d.
d. d.
d.

Michael de Garbonensibus.
Bulgarinus eius
filius.

Francischus quondam Guillelmi Marchi.


Bertolinus magistri Vandini.

d.

Bonifacius de Galluciis

(1).

Magister Johannes quondam Morandi. Magister Ambrogirms.


d.

Rolentia quondam Albertinelli.

Imeldina ejus famula.

L'interrogazione di questi testimoni incominci e


si

alli

11 d'ottobre

protrasse fino al 7 dicembre

rebbe riferirla per intero,

ma

Troppo lungo e tedioso sa necessario compendiarla breve(2).

mente per conoscere

in

modo chiaro

preciso

come segui

la

zuffa che porse occasione al processo.

Stava ser Onesto con Michele di Maio Garbonesi seduto sur una panca presso la casa di Uguccione di Alberto Garbonesi, allorch vedendo Pietro, figlio del maestro Daniello, che passava
innanzi alla sua casa, ser Onesto rizzossi e
si venies

disse:

Gloitoncelle,

huc, ego solvaw. Ubi (3), e, sguainato lo spuntone, mosse contro di lui. Piero alla sua volta difendevasi, allorch

sopraggiunse Jacopo da Riva in aiuto di ser Onesto e misero in


vennero dette
bolognese
cit.,
,

il

guasto degli Andal. Poscia risorte, vi


nell'

si

accentr lo studio
,

che nel 1563 fu trasportato

archiginnasio (Gozzadini
rogito in data
s.
,

Op.

p. 87).

(1)

Di Bonifacio di Gerardo

Galluzzi esiste un

7 maggio
Francesco,
dottore di

12.58

per alcune vendite di beni nell'Archivio della chiesa di

ora presso l'Archivio di stato.


leggi nel 1304
fatte nel
8.
,

Bonifacio di Bianco Galluzzi


storie di

spesso

nominato nelle

Bologna per ambascerie

1308 e 1320. Mori T il ottobre 1316 e fu sepolto nella chiesa di Domenico.


Trovasi nel voi. B.

(2)

Secondo la te3timonian7a di Bulgarino , figlio di Michele Garbonesi ser Onesto avrebbe detto a Piero latroncelle, oportet te mori pr manibus
(3)
:

meii.

360
fuga Piero fino alle case

L.

FRATI
Castellano
degli Andal, presso
di
il

di

Trebbo

de' Garbonesi.

Guido usc fuori armato

mannaia a

di-

fendere il fratello, che, caduto in terra era fieramente percosso da ser Onesto. Al rumore della lite accorse molta gente e Michele de' Garbonesi s'interpose a ci che Piero non fosse grave-

mente

ferito.
:

Ser Onesto gridava a .Jacopo da Riva da, perente eum, Jacbe ; ma i due fratelli intanto si allontanavano ritornando alle case loro, e ser Onesto con Jacopo, separandosi da Piero, escla-

mava:

latre,

ego incidam Ubi

nasum a

vultu.

Ugolino
riferiva di

di Jacopo, testimonio piuttosto

favorevole a ser Onesto,

aver visto oltre a Piero e Guido anche il padre DaMaio de' Garbonesi, i quali tutti, armati di spade e stocchi, erano rivolti contro ser Onesto; che fu ferito al capo e rientr in casa mentre Jacopo da Riva, armato di stocco e tavolaccio,
niele e

accorreva in suo soccorso e feriva Guido, ritornando


casa di ser Onesto.
Allora Guido e Piero
si

poscia in

allontanarono,

camminando verso

la

chiesa di

s.

Procolo, Daniello e

via che incomincia fra la

Maio verso s. Domenico per casa di Bonaccorso de' Garbonesi e


s.

la
la

casa accanto alla chiesa di

Procolo.

Michele di Maio Garbonesi, che trovavasi in compagnia di ser Onesto allorch avvenne la rissa, chiamato dal giudice a deporre la propria testimonianza, racconta un po' diversamente dagli
altri

come incominci

la lite. Egli

dice

che ser Onesto stava


di

seduto innanzi alla porta di sua casa, allorch Guido, armato

spada e tavolaccio, con cervelliera in capo e collaretto di ferro, fermatosi sulla soglia di sua abitazione, cominci a gridare ad
alta voce
:

o quid est hoc ?

Ego non possum evadere domwn


contro di
lui

meam ?
Allora ser Onesto
si

rizz e mosse

collo

stocco

sguainato gridando: ruffiano, ladro ed altre simili parole disoneste. Mentre Michele Garbonesi tentava d'interporsi fra i due
Maio, che stavano Trebbo de' Garbonesi innanzi alle case di Bonaccorso Garbonesi e Gherardo Marescotti, corsero armati di stocco e spada in soccorso di Guido e tutti assalirono ser Onesto, che sarebbe certo perito, se non giungeva in suo aiuto Jacopo da Riva, gridando agli assalitori: latrones, ros estis nortui.
contendenti, Piero e Daniele di Lamberto e
il

presso

Tale l'esposizione del fatto quale raccogliesi dalle deposizioni


dei testimoni dell'una parte, contro de' quali stava per difensore

VARIET
di ser
tesi

361
(1),

Onesto un ser Picciolo de Segatori


fosse

nel quale (se

l'ipo-

non

un

po' ardita) potrebbe riconoscersi quel Picciol da


di

Bologna, che ebbe corrispondenza

rime con Gino da Pistoia


per
il

(2).

Quale fosse
si

la difesa ch'egli fece

poeta bolognese non

manca tutto ci che si riferisce che furono: d. Fredus de Tolomeis de Senis, d. Benvenulus Stefani de Tudinis scholares cappelle sancii Proculi, dominus Guillelmus de Piano-rio cappelle saticU Johannis in monte , Ugolinus Guidali cappelle sancii Augustini. Chi ebbe la peggio in questa lite fu certamente ser Onesto, che, ferito sotto la spalla destra, fu visitato l'il di settembre da due medici Primirano de' Cristiani (3) e Guinicello de' Placiti (4),
raccoglie dal processo, poich
ai testimoni di ser Onesto,
:

quali dichiararono

non essere

ferita

mortale e potersi guarire

in pochi giorni.

l'ultimo di agosto del 1296 (5) Bartolomeo Carbonesi, Piero, Guido, Daniello di Lamberto e Gherarduccio di Pietro furono banditi pr gravissimo maliefido; e doveano essere atterrate le loro case, in quibus praefati maliefactores, m.allefcio perpetrato, se receptaverunt. I nomi di Piero e Guido furono poscia cancellati per essersi

Nella sentenza pronunziata


di

Majo

presentati

il giorno stabilito innanzi al podest a difendersi dalle accuse che contro di loro erano state mosse nella denunzia di ser Onesto e Jacopo da Riva (6).

Nel processo chiamato: Dominus Picciolus de Sagatariis , il qual fu da me corretto in Segatori, per aver trovato che il Ghirardacci fa menzione dei figliuoli di Picciolo de' Segatori ali' a. 1306 (Hist. di Bo(1)

nome

logna,
(2)

I,

488).

Un

suo Sonetto responsivo a M. Gino


,

che

qual pi po' via


del sec.
(3)

fu pubbl. dal prof. Casini (Le

ine. Pigro d' amore in rime dei poeti bolognesi


:

XIli, Bologna, l&SO, p. 420). Nel documento originale chiamato: Magister Primeranus Christianis. E ricordato all'anno 1286: Primeranus Peregrini olim Martini di Chri stianis medicus et philosophus studiosissimus. Fuit de numero DD. Antia norum 1291 septembris et 1295 octobris. Obiit anno domini i20S * (Catal.
omnium Doctorum
medica ab
(4)
.

collegiatorum

in

arlibus
1664,

liberalibus et in facultate
p. 7).

a.

Domini 1156, Bononiae,

in-8',

Nel processo chiamato: Miigister Guiniqellus de Placetis. Di menzione il Ghirardacci (I, 005), chiamandolo Guinicello de' Placiti.
(5)

lui fa

Sententiae ab a. 1295
In

ad

a.

1296, presso

1'

Archivio di Stato di Bo-

logna.
(6)

margine

alla sentenza a di 31 agosto 1290, si legge:

Dominus Po^i

<!iomuU

ilorieo, X. tue. 80.

362
Il

L.

FRATI

nome

di

Onesto ricorre ancora in alcuni documenti poste-

riori. Cosi dagli Spogli dell'Archivio

zoni-Toselli, noi

Criminale, dovuti ad 0. Mazapprendiamo che il 22 ottobre 1300 dominus Onestus quondam domini Bonacose comparuit coram domino

Vicario et articulum exhibuit infrascriptum :


Intendit probare d. Onestus

quondam

d.

Bonacose coram

d.

Semente ad
olim

faciendam fidem quod Gerarduccius Petri, qui


rarduccius qui bannitus
est

est in carceribus, est ille G-

ex actis domini Taurelli notarli

domini
dictum

Jacobi de Gassaro Potestatis Bononie propter offensiones factas per

Gherarduccium centra dictum dominum Honestum.

L'ultimo documento

ove

egli

si

presenti,

che noi possiamo

adesso metter in luce, appartiene all'anno seguente, ed tratto


dai Memoriali del notaio
stenti presso l'Archivio di Stato di
di

Bartholomeo di Jacopo di Lago, esiBologna (1). Esso un atto

vendita e dice cos


die XXIV septembris

MGGGI.
Jacobo condam
Hugolini speciario ementi

dominus Honestus condam domini Bonacose Petri Honesti cappelle sancti


Gervasii jure proprio
vendidit

petiam unam terre vineate duarum tomaturarum, positam in guardia civitatis Bononie, in loco qui dicitur genestreto, juxta viam, juxta possessiones
Ecclesie sancti Gristhofari de Saragogia et juxta heredem

condam Dominici
le-

de Gamurana, pr pretio in

summa

quinqueginta librarum bononinorum, ad


convencionibus
promisionibus

rationem vigintiquinque librarum bon. quolibet tornatura; et promisit de


gitima defensione

cum

pacto

libeli et aliis

et

et obligationibus in

instrumento

insertis
in

ex

instrumento Michaelis Petri


habitationis magistri Bartho-

specialis notarii hodie facto

Bononie

domo

lomey de Varegnana et magistro Gileofaxio magistri Dominici et magistro Bartholomeo de Varegnana, qui dixit cognoscere contraentes testibus et sic dicti contraentes una cum dicto notarlo venerunt, dixerunt et scribi fecerunt
predicta.

Ludovico Frati.
{Continua).

testas prorogavit per

terminum dicti bampni suprascriptis Petro et Guido hodie totam diem ante tergiam ad comparendum personaliter coram eo, ad se

bito appresso: Gancellata sunt

E suexcusandos et defendendos a dieta denuntiatione et processu etc. nomina dictorum Petri et Guidi, quia compa ruerunt in terminum eis assignatum et prorogatum per dictum Potestatem, ex vigore et arbitrio d. Tederici de Salutare judicis ad malleficia depu tati, et
etiam
(1)

comparuerunt die veneris xxx mensis augusti, ut in comparuerunt ante exemplationem bampni . 1301, f. 24 1.

actis patet, et

,,

SU&LI STUDI VOLGARI


DI

LEONARDO GIUSTINIANI

Vedo che Leonardo


prediletto

Giustiniani divenuto da qualche


di coloro

tempo

argomento
illustri

che

si

occupano con cura spe-

ciale della letteratura volgare, della quale egli fu nel secolo

XV
e

uno dei pi

rappresentanti. Io sono estraneo a quest'or-

dine di ricerche,

ma

studiando

il

Giustiniani
,

come umanista
di cui fu scolaro

pi che altro nei suoi rapporti col Guarino

ho raccolto alcune notizie, che non credo inutile di riportar qui, perch riguardano, se non erro, i primi studi del Giustiniani
nel

campo volgare

e fissano qualche data.

comincio con una lettera inedita del Giustiniani al Guarino,

che reco integralmente.


Leonardus lustnianus Guarino
Binas his diebus abs
te litteras habui,

Sai.

(1).

quarum superioribus Jacobum Veriet singulariter

tatem non tantum mihi commendas, verum etiam ut egregie

amem

cogis.

Nam
et

cura virtutera eius et

summum

in

me

studium ac amorem
nihil

tuamque denique benevolentiam


amicitiam eius
peris, illum

expressisses,

omisisti
sicut

cpiod

me

in

caritatem allicere posset.

Verum

ex eo forte accere-

nec benigne salutare aut amice congredi datum fuit: adeo


tuli,

pente Gabrielis patris Consilio, hominis integerrimi et mihi familiarissimi


hinc disceasit, quod etsi mihi permolestum fuerit, minus tamen aegre
salutis potius

quia

quam

salutationis ratio

habenda

fuit.

Tua tamen

interest,

mi

(1)

Cod. del Seminario di Padova, 692,

f.

193''.

364

P.

SABBADINI
(1)

Guarine, qui has mihi delicias sive potius divitias

comparasti, ut ita diintelli-

xerim, pari studio curare ut eas quoque

me

tua diligentia continere

gam, ne immortalium tuorum


montibus alquid quotidie

in
(2).

me

beneficiorum non dicam cumulo, seU

Venio nunc ad secundas


declarasti.

litteras tuas, in

quibus sicut et saepissime alias


perfacile

tuum erga me maximum ardorem curam ac vehemens studium


Video enim

quam anxius
tam
diligenter

quam

sollicitus sis

de

mea

salute

quam

(3) te

mea

pericula perurgeant, qui

beris, qui

tam

dulciter

temporum difficultate turtam ex animo litteras de mea incoin hac


fore iocundam. itaque,

lumitate non dicam expetas,


sine

sed

extorqueas, ut piane mihi videre videar

mea tuam

tibi

salutem haud
tui

admodum

mi Gua-

rine, leni, quaeso,

hunc animi
peto ut

angorem, excute hanc tantam de


erga

me

sol-

licitudinem.

Non

immensum tuum
verum
id

me amorem,

e quo

haec

ipsa proficiscuntur, diminuas;

tantum

peto, ut tibi suadeas nostrae

valitudini satis tuto consultum esse;

Murranum
certe

recep,

me namque ipsum omnemque familiam munieipium egregie amoenum et in bis periculis, quae
quem gerebam magistratu me abdicavi quod omnia penitus vincala dirupta sint, quibus quotidie
;

non magna

sunt, satis apte locatum. Bimestri insuper exilio a Venetiis

multatus

sum

perinde quia eo
ut

eo libentius feci,

Venetias pertrahebar.
Dies vero meos, quos nunc

primum meos

appellari

licet,

ita

distribuo.

Quotidie lego aliquid et varia potius ac iocunda,

quam

certa et utili lectione

otii mei partem mihi vendico; paulatim me ipsum colligo et ex quotidianis maximisque forensium occupationum laboribus in antiqua suavissimaque studia nostra confugi. Mirum est, mi Guarine, quanta in legendo delectatione aflBciar; nihil magis cupio, nulla relassatus animus amplius retici potuit. Quid ergo? semper ne (4) lego? minime certe; me ipsum namque acriter reluctantem e libris divello et ratio valitudinis, quae mihi plurimum habenda quod persaepe est, non satietatem sed lectionis gustum interrumpit mihi
,

venit in

mentem

et

ad

meam rem accommodo


sine
vita

illam ignorantiae (5) riden-

dam apologiam
sine litteris.

litteras

nulli usui cedere posse,

plurimum vitam

Itaque e libris ereptus ad nobilissimorum hominum, quibus hoc munieipium paene refertum est, sermones usus atque consuetudines me confero. Gum his quandoque horum temporum acerbitatem cura seriis tum et iocis

demulceo; hic de reipublicae

statu, hic

de rei familiaris gubernatione, hic


feli-

de antiquis casibus atque fortunis civitatis civiumque nostrorum, hic de


ceterisque rebus
tatur
et

citatibus superioris saeculi, de calamitate huius aetatis, de gloria, de virtute

quae

tot

humanis semper aut utiliter aut festive quippiam dispuingenia de unaquaque re omni sua aetate collegerunt
tenet.

brevi ego

momento cognosco. Nec tamen id me perpetuo

Geterum

quod

(6)

ad institutionera

(1) cod. deiicias. (2)

(4) cod.

om. semper e lascia lacun.


lac.

Lac. nel cod.

(5)

om. cod. lascia

(3) cod.

quia

(6) cod.

quidem.

VARIET
vitae moresque effingendos

365
raonasteria plerumque reviso,

plurimum

vai et,

patres

quosdam

(sive
,

ut veteri vocabolo verius eos appellem

philosophos
aut

christianos) habeo

cum

quibus aliquid aut de sacris

litteris

optimo

vivendi genere disserara. Et

dum mores
id

ac instituta sua diligenti observatione

considero diflScillimum est ne quid quod in

me ipso reprehendam intelligam. semper facio, XX ut animo requiem, corpori aliquid voluptatis et emolumenti afferam, vicina litora nostra quandoque perlustro. Hic etiam aliquid invenio quod meam deambulationem mihi suaviorem reddat. Video enim in tanta undique salsedinis circumfusione
Nec iterum, mi Guarine,
et

dulcissimos

inexiccabiles

puteos

nulla

bumana

industria sed

naturali

tantum (1) opera servatos. Video praeterea in sterili et infecunda arena tot paucorum frugumque genera, tantam olerum herbanimque omnium varietatem et copiam, quanta in eiusmodi locis generar! vix credi potest.
nisi

me

iuvarent antiqua iUa et nobilissima adulescentia

Quod mea ad naturalem

pbilosopbiam rudimenta, vulgi more ad miracula plerumque transferrem, quod secreta naturae vis edidisset. Hac itaque tandem deambulatione fessus scapbam conscendo, piscor aliquando, aucupor nonnumquam et, quod haec omnia longe meliora facit, inter eundem ego sum convectus (2) sub umbella resideo, aliquis semper aut latinus aut graecus comes mecum confabulatur, disserit, loquitur interim umbella secundum solis aestum excludit, suaves auras accipit. Excogita, mi
;

Guarine

melius quicquam,

si

potes ; nihil

me

hercule arbitror esse

quod

lectionem tam sapide tam dulciter condire possit, nec ullum in omni genere
vehiculi genus esse suavius aut his nostris studiis accommodatius.

Haec ergo sunt

in otio

meo

negotia, hac medicina adversus crudelitatem

aeris (juotidie utor.

Omnem

vitam

meam

tibi

nunc

explicavi, nisi

quod

me

praeter erat quandoque fortassis ad musicae oblectamenta diverto, ad


ipsa Ci) quasi duce

quam

anima prorsus musicae genera tam

facile

sum com-

plexus: non

me

voluntas impellit.

Tandem

itaque, suavissime

mi Guarine,
enim

si

pr temporum diflBcultate hanc

meam

institutionem cursumque vitae probas, reliquum est ut


nolis. Si

iam de Leonobis

nardo tam trepidus esse

Consilio

cum

bisce

periculis

pretermissum video, quod ad tuendam valitudinem vitamque servandam conducat. Sed de his satis. Aliud nara mihi superest, quod me male afficit et te moleste auditurum arbitror. Christophorus Parmensis noster, quem semper omni amicitiae studio colui, a Vicentinis quibusdam civibus ad erudiendos liberos suos conductus
est,

agendum

nihil

est.

Hac

in re ipsa

consuluit. quos

sunime peccavit, tum quia neminem amicorum suorum tamen et plurimos et optimos in hac civitate nactus est, tum
longe utilius

etiam quia

rei

suae familiari

consultum
mirifce,

esset, si ipse

ad

me

animum suum

ac sententiam detulisset.

Angor

iacturam nostram,

cum

ipsum,

ut

video,

mi Guarine, et quia perpetuo amisimus, non sine lahis viris seu potius lumi-

crimis certe memoria revoco,

dum urbem nostram

(1) cod.

tamen.

(2) cod. convictus.

(3) cod.

ipsam.

366

R.

SABBADINI

nibus caecari video; et quia Bernardum nostrum, unicam spem famiiiae nostrae,

iam omni carissimo praesidio destitutum


sic

sentio.

Tentabo itaque

litteris,
si

nam

Christophorus

mecum

convenit,

cum

promissionibus liberarem:

minime

proficiam,
liceat

egomet Vincentiam
sui

proficiscar, ut

etiam Bernardo nostro gloriari


suscepisse.

me

commodi causa profectionem aliquam


litteris

Quid inde

evenerit, te

meis

certiorem reddam.

me commenda.

Vale et domino Ant. praefecto tuae urbis, qui te summe, ut debet, diligit, Reliquos nostros mei nomine salver iubeto. Barbarus noster propediem iudicio medicorum liber erit et ita liber, ut numquam, ut spero,
sit.

amplius in eiusce aegritudinis potestatem venturus

Vale, suavitas mea.

figliuoli,

Quel Gabriele Verit (della Verit) era Veronese; due suoi Giacomo, qui nominato, e Bartolommeo, frequentavano
persona ricordata in questa
il

a Verona la scuola del Guarino.

Un'altra

lettera Cristoforo di
insti-

Parma,

di

cognome Scarpa. Fu valente grammatico e buon

tutore. Insegn verso

1410 a Venezia, nel 1418 a Verona, di dove pass a Venezia; fu anche a Padova nel 1426, e qualche tempo a Vicenza, come ci apprende la lettera. Era in intime relazioni con Guarino e Gasparino Barzizza.
Pi importante per noi vedere chi fosse quelV Antonio, capitano di Verona. Dico di Verona, perch in quella citt pre-

il Guarino dalla lettera del Giustiniani. La dimora del Guarino in Verona compresa tra la met del 1417 e il primo quarto del 1429. In questo decennio nessun capitano di nome Antonio si incontra in Verona e si che si deve trattare proprio di un capitano (praefectus), giacch non ammissibile nel Giustiniani, pubbhco magistrato, un'inesattezza nel linguaggio tecnico. Si potrebbe supporre piuttosto, che qui si parlasse di Andreasio

supposto

Giustiniani,

il

quale fu capitano di Verona dal

luglio 1420.
Il

Ma

allora

come

si

spiegherebbe

il

nome Antonio ?

manoscritto d

Ani.; probabile che


in Ant.

l'archetipo avesse And., letto

male dal

copista per Ant., oppure la sola iniziale A., sciolta erroneamente

Se la congettura vera. Tanno della lettera il 1420. credo vera. Infatti qui il Giustiniani parla di un congedo di due mesi, del quale approfittava per godersi un po' di riposo a Murano. Di qual magistratura si tratti, non so dire; posso per aggiungere che di un congedo, quantunque di un solo mese, il Giustiniani parla anche in una lettera a Pietro Tommasi, scritta parimenti da Murano: Ex Murano XVI hai. septembris 1420 (1). Oltre dell'anno coinciderebbe anche il mese,

io la

(1)

CoNTARiM, Anecdota,

Venetiis, 1757,

I,

p. 74.

VARIET
perch qui siamo
alla

367

met

di agosto; e della lettera a

Gua-

rino risulta ch'era nel forte dell'estate.

Siccome la lettera importante, e l'importanza viene a crescere con questa data, voglio recare un'altra prova che l'anno a cui spetta il 1420. Nella lettera al Tommasi, in sulla fine scritto: Barbaru-s noster hetie valet. Nell'altra a Guarino si parla di una malattia del Barbaro e della sua imminente guarigione. Coinciderebbero le due notizie ? Mi par di s. Ma su questo punto chiamo in aiuto tre lettere di Ambrogio Traversari al Barbaro: l'una, A. con la data: Florentiae XIIJI hai. novernbrs 1420 (1); l'altra B. con
la

data: Florentiae
di

hai. nov.
(3).

(manca
data
di

l'anno) (2); la terza G.

mancante

ogni data

Con

la

A. fissiamo quella di B.

Il principio di queste due lettere quasi identico, persino nelle frasi in tutte e due si nomina il Benini, porgitore della lettera, il quale va a Venezia: e in tutte due il Traversari si scusa quasi con le medesime parole, di non poter mandare al Barbaro una traduzione di Grisostomo, per la pigrizia del copista. Non vi dubbio dunque che B. del medesimo anno di A., cio del 1420. Con B. alla sua volta si fissa la data di G. In G. il Traversari manda al Barbaro a Venezia per mezzo del teologo Antonio de Massa una sua traduzione di Glimaco. In B. il teologo Antonio tornato da Venezia e il Traversari ringrazia il Barbaro del favorevole giudizio sul suo Glimaco. Evidentemente G. del medesimo anno di B. e anteriore di pochi giorni o tutt' al pi di un mese; G. dunque cade nella seconda met del 1420. Ora
;
,

(1)

A. Traversari, Epist., ed. Mehus, VI, 18.


VI, 22.
VI, 21. Questa lettera, per la quale qui
si fissa

(2) Ih., (3) Ib.,

incontrastabilmente

l'anno 1420, parla delle ostilit di

un Francesco P.

col Niccoli. In quel fa-

quanto ne abbia cercato, il QcmiM, Rosmini (Vita di Fr. Filelfo, I, pp. 40-42; 49-51), e il Voigt (Wiederb. d. class. Alter tfi., I, pp. 356-357) vogliono vedere Francesco Filelfo. Ma il Filelfo venne a Firenze solo del 1429
A.,
io

moso

che

non so

dir chi sia, per

(Diatriba in Epist. F. Barbari,

p. 44), il

e nella lettera

si

parla dell'arcivescovo Cretese [Pietro Donato], che divent


lett.

vescovo di Padova nel 1427 (R. Sabbadim, Centotrenta


baro, p. 17): siamo dunque per lo
risulta

ined. di F.

Bar-

meno prima

del 1457.

Del resto da esse

vivo ancora

il

padre

Demetrio, che mor nel 24 settembre 1426

(A. Traversi, Epist., Vili, 31); saranno dunque prima del 1-126. Ci valga a dimostrare falsa una volta per sempre l'opinione che in qucH'ostilith vuol

vedere impegnato

il

Filelfo.

368
in G.

R.

SABBADINI

sua

il Traversari ha inteso della malattia del Barbaro e della imminente guarigione, pi del sospetto della peste. Queste due notizie combinano esattamente con la lettera a Guarino. Non mi pare perci da dubitare che la lettera del Giustiniano a Gua-

rino sia dell'estate del 1420.

Ho

detto che questa lettera importante.

E invero essa
i

ci

un bellissimo ritratto del Murano tra le passeggiate

Giustiniani, che divide

suoi ozii di

e le letture dei classici latini e greci,

tra le conversazioni storiche e sociali coi nobili di quell'isola e


le visite ai monasteri, tra la caccia e la pesca e l'intelligente contemplazione della natura; giacch il Giustiniani ci fa sapere che si era applicato anche alle scienze naturali. Ma quello che

pi richiama la nostra attenzione vedere che

il

Giustiniani co-

mincia ad occuparsi
adotter alle laudi.

di

musica, di quella musica, ch'egli pi tardi

Se a compor laudi abbia dato subito mano, non saprei dire;


certo che la sua attivit in questo
spiegata largamente verso
egli ci apparisce
il

campo doveva

essersi gi

1428, poich sin dal principio del 1429


testi

in

cerca di

sacri volgari e gi inteso a

musicare canzoni. Questo risulta dalla sua corrispondenza epistolare col Traversari, il quale si occupava parimenti di laudi
e di canto.

Ecco due
Giustiniani.

passi

importanti di una

lettera del

Traversari al

Mariottus

(1) ipse

noster aperuit mihi de libris sacris nostralis idio-

matis quid cupias, quid


ut
votis
tuis

velis. Erit
fiat

curae meae, Leonarde carissime, facere


satis,

cumulatissime

idque quamprimura. Animadverto

quippe

magnum

te moliri pietatis opus, dura simplieioiibus et


ulti

sulere hoc officio instituis eisque

solatio

et

quibusque conadiumento ad aeternam saerit,

lutem capessendam. Ncque vero


stissimaeque voluntati, qui

magis consultum

quam

tibi

hone-

dum

aliorum curas saluter tuam in primis non

negligis. Libentissime itaque voluntati tuae

morem geram ncque

de bis

modo
tibi

quac mands, verum


votisque tuis
si

si

qua huiuscemodi

tibi

mittenda notavcris, sunt autem

penes nos volumina plurima, nihil


fiat satis.

omissurus sum diligentiae,

dum

lam

bibliothccas

omnes

et

bibliopolas requisivi,

ut

que veniant ad manus, mihi

significent

(1)

Questi Mariotto Nori, fiorentino, che andava spesso a Venezia quale


es.,

incaricato di affari, p.
fiorentina.

di Gallo Strozzi, o qual segretario dell'ambasciata

Presentemente era a Firenze.

VARIET

369

Didici iamdudum ingenium illud tuam agile ac profecto aureum ea quoque consecutum quae vulgo contra veterum consuetudinem notiora
, ,

sunt

quam

eruditis, ut est peritiam cuna

sono canendi sua\-issimos modos

Me

certe, etsi

suavitas modulationis,

verum

in bis

parum vocalem minusve canorum, multum delectat huiusce non modo in his canticis, quae frequentai ecclesia, quoque volgaribus hjinnis ac laudibus, quae ad honorem
Huiusce generis laudes
tibi esse

dei cantantur.

familiarissimas ex pluribus

nostris amicissimis
rausicis

sum

factus certior,

ita

ut illas et voce et instruraentis

magna cum

suavitate pronunties, partim tuo marte, adiecto eis et


si

abs

te

melo, partim aliorum. Gratissimum mihi feceris,

ex bisce aliquas

miseris

una cum melodiis suis, quas ipse parare censueris. Sunt enim apud nos quibus haec non secus ac mihi solatio saturae sint, quisque illas commoFlorentiae
IIll kal. febr.

dissima suavitate pronuntient

[1429]

(1).

La
si

lettera

annunzia imminente

fu dell'aprile

non ha l'anno; ma siamo del 1429, perch in essa la venuta del Filelfo in Firenze, la quale 1429. Ecco qui le parole che vi alludono:

Philelfus publice ad erudiendam iuventutem nostram conductus est neque

tamen adhuc Bononia

se extricavit.

Da

quello poi che dice

il

Traversari,

Giustiniani, musicate da esso stesso,

si rileva che le Laudi del erano gi diffuse da qualche

tempo {iam dudurn).


In un'altra lettera (2)
stiniani
il

Traversari parla di mandare al Giu-

un elenco

di testi sacri volgari e gli

ridomanda qualche

lauda musicata.

Sum factus certior magnum vulgarium librorum numerum tum sacronun tum etiam profanorum venire. Eorum tibi indicem proxime mittam.... Petii abs te si quas vel ipse fecisses ad honorem Sanctae Mariae Virginis vel Salvatoris nostri Laudes vel ab aJiis commode factae essent apud te cum melo suo, eas mitteres ad me, nam bisce studiis et ipse me interdum
dedo
Florentiae

febr. [429J.

Anche
La
se

qui

manca

l'anno,

ma

la stretta attinenza

che ha con

l'antecedente la mostra del 1429.


lettera

che conteneva
il

ne deduce

l'indice accennato si perduta, ma contenuto dalla seguente (3), dove il Traversari

(1)

A. Traversari, Epist., VI, 31.


VI, 32.

(2) Ih.,

(3) Ih., VI, 33.

370
parla del testo volgare di

R. SABBADINI

dicina cordis, di una Mystica Theologia, di

un Vetus Testamentum, di una Meun Teoctus sententutti libri

tiarum,

di

una
:

Summa
per
il

confessorum,

che

il

Traver-

sari contrattava

G-iustiniani.

La data
per
il

nesso

Florentiae Vili maii; l'anno certamente il 1429, con le precedenti e per quello che si detto del

Pilelfo: Philelfus sese

ad nos
il

contulit.

vi parla di un Vetus un Textus sententiarum, di una Summa de casibus conscientiae, che sono gli stessi nominati di sopra; pi della Vitae SS. Patrum. Egli fa tutti gli sforzi per avere una

In un'altra

lettera (1)
di

Traversari

Testamentum,

riduzione di prezzi,
latini:

ma

questi libri costano molto; pi dei libri

Piget preiii nimis m.agni; venerunt ecce iam, carius vulgariter quam latine sctnpta. Data: Florentiae m.aii [1429].

XX

Chiudo con una


senza volerlo, che

lettera inedita del Giustiniani al suo

amico e

collega in magistratura
le

Andrea

Giuliani, nella quale ci fa sapere,

sue Laudi godeano molta popolarit.

Leonardus lustinianus Andreae luliano viro primario s. (2j. Redeunti mihi e Man tua, quo me reipublicae contuleram causa, redditae sunt ornatissimae litterae tuae, quibus non tam mea in me honestando merita,

quae aut nulla aut certe perexigua sunt

quam doctrinam tuam

et

veterem in

me eximiamque

benivolentiam declarasti. Habuit me, fateor, non


admirabili tuo

sine voluptate,

pudor quidam, ut puto ingenuus, cum usque adeo perfuse

diffluentem te in laudes legebam meas. Delectabar quidem


ilio

ingenio et suavitate dicendi, qua te praestare in primis

nemo unquam

doctus affirmare dubitavit.

Sed carmina

illa

nostra

quae tu pr tua in nos incomparabili caritate

tantopere laudas, quid habent,

mi

luliane, praeter

summi

dei ac matris eius


et

nomen

et

maiestatem? Levia profecto sunt genera ipsa dicendi

a nobis

non tam exercendi aut illustrandi, quam ingenii laxandi causa incondite iactata. At ut illis inesse pondus aliquod et dignitas videa tur facit splendor eius et amplitudo, cuius gratia a nobis illa sunt decantata. Fit enim plerumque ut materia nobilis opificem extollat indoctum et gratius in ebore Phidias quam in glute (3) artificium expressit suum. Nostrique ideo fortasse psalmi pias et sanctissimas tuas aures mulcere potuerunt et eo amplius quod a Carolo (4) nostro, hoc est ab homine non insulso aut illepido, recitabantur. Scis enim quantum roboris ac
inter graviores occupationes et studia nostra
,

(1) Ibid.,

VI, 34.
f.

(2)

God. Marciano di Venezia, XIV, 221,

96^

(3) cod. glite.

(4)

Non

so dire chi fosse questo Carlo.

VARIET
nervorum habeat
in

371
eius qui dicit linguae lepos et

omni ornando sermone


sint, cepi

modulatio vocis concinna, quae in Carolo esse certa non diffitemur.

Qualiacumque tamen haec nostra


mei,
si

iocundissiraum fructura laboris


doctrina exculto, non dico

abs te viro

omnium clarissimarum artium

cum

gratia, sed

sine

molestia et fastidio audita sunt; ut plus te uno pro-

bante voluptatis percipiam,

quam quod

ea populus ferme omnis in

te meque etiam ad se vocent: nam posteaquam utrumque nostrum respublica amplissimis ornavit muneribus, studia nostra privata cum publicis action ibus convenire par est, ut rationem

ore verset quotidie. Ceterum niaiora sunt, mi Andrea, quae

dignitatis nostrae

non minus in

otio

quam

in

negotio habuisse videamur.

Hoc

tu iampridem, scio, consecutus es; ego, si

nondum sum

consecutus, at

certe consequi et volo

Venetiis ad

XVI

vehementer et cupio. Vale, decus urbis nostrae. Ex Kalendas febr. 143.5.

Remigio Sabbadini.

miOENO AD ALCUNE KIME

JL.X01srJ^:EilD0

OrXTJ&'TTlSTXJ^lSTX

In questi ultimi tempi le rime di Lionardo Giustiniani hanno avuto un po'di fortuna, e un editore, il signor Bertoldo Wiese, che ha consacrate ad esse le sue cure. Abbiamo a stampa le poesie di Lionardo Giustiniani (1), quali stanno nel cod. Pai. E. 5. 7. 47; una ristampa di diciannove componimenti secondo la lezione della

stampa

veneziana

del

1485 (2);
ci.

per ultimo una


it.,

stampa

di

quattro canzoni del Marc. GV.

IX

l'ultima delle quali, per


(3).

vero, appartiene certamente al Sanguinacci

Del Giustiniani
il

ancora

si

sono occupati, come

critici, il

Wiese e

Ferrari, cosi

che

il

patrizio veneto

pu esser contento d'aver risvegliato un


gli studiosi (4).

po' di

movimento tra

(1)
(2)

Poesie edite ed inedite, a cura di B. Wikse, Bologna, Romagnoli, 1883.

Neunzehn Lieder

L.

G's

nach den alien Drucken


di queste

(Estratto dal Vier-

zehenter Bericht

vom Schuljahre 1884-1885, ber das


li,

Grossherzogl.

nasium zu Ludvoigslut). L'indice


legge in Rivista critica,
(3)
4.

rime pubblicate dal

GymWiese si

Miscellanea di filologia e linguistica in memoria di Napoleone Caiae e Ugo Angelo Canello, pp. 191-197 (Einige Dichtungen Lionardo Giustiniani's). Sulla canz. del

Sanguinacci vedi
pp. 496-498,
in

la

in questo Giornale, Vili,

e la pi vasta

Comunicazione del Prcopo e compiuta biblio-

grafia del

BiADENE
cfr. il

pure

questo Giornale,
le

IX {Un manoscritto di

rime

spirituali), 186-214.

Per
II.

Univ. 1739,

nostro scritto:
voi.

rime date al Giustiniani dal cod. Bolog. Di alcuni rimatori del secolo XV, in
li,

Propugnatore, 1887,
(4)

WiESE, Giorn. di filologia romanza, di lett. popol., Anno II, 9 e sgg.

144 e sgg.; Ferrari, Bibliot.

VARIET

373

Un

codice bolognese, in questi ultimi tempi esaminato da paGiustiniani, alcune delle quali

rime del non sono comprese nelle stampe


recchi, contiene alcune

a noi note.

il

cod. 1739 della

R. Universitaria bolognese contenente una ricca raccolta di petrarchisti del secolo XV, importantissimo per gli studi, se si con-

pochi testi che servirono per VIsto/Ha e volgar poesia del Crescimbeni. Che sia il codice Isoldiano io non dubito affatto basta studiarlo per convincersi, e confrontarlo cogli indizi dati dal Crescimbeni e dagli
sidera che fu
i

uno

dei

Commentai

della

altri,

onde sbaglia

il

Frati quando lo ritiene copia di quello

(1).

Del Giustiniani contiene:


l*

2
3">

e.
e.

79h^i>. S'io cognosesse hauer fallo commesso; Serventese.


125t-127i>.

Tacer non posso e temo meschinello: Serventese.

e. e. e.

226^-229*. Io vedo ben chel


229^-2301). Io 293*-294i).

buon servir el vano; Capitolo. mio tempo felice; Serventese. Maria Vergine bella; Landa.
vo piangendo
el

Contiene anche

il

nostro cod.

la

Ruffianella attribuita al Boc-

caccio, la canzone.

Venuta

l'ora el dispieto.to

punto

col

nome

del Sanguinacci, cui pare doversi attribuire, ed altre di cui

faremo

parola, occupandoci, per ora, esclusivamente delle rime


il

che hanno
dati
al

nome

del Giustiniani.

Dei cinque componimenti che


patrizio veneto,
l'ultimo

sono

dal nostro

testo

stamp il Crescimbeni (2), avvertendo d'averlo preso a carte 293 del codice Isoldiano, essere una traduzione di un'elegia latina di Battista marchese Paolaccino vescovo di Reggio (3). La didascalia del nostro cod. infatti, reca: Baptiste marchionis paulacini Episcopi regini oro in MaHam Vergene bella: ex Maria virgine bella Leonardi lustiniani morali cantilena iraditcia (4). Contiene, intercalato alla versione,
il

testo scritto in rosso e spropositato parecchio.

(1) Vedi la Comunicazione in Rivista critica, IV, 3, del dott. Ldd. Frati, Panfilo Sasso e una raccolta di rime amorose del sec. XVI. Erra l'amico nostro quando ritiene il Boi. 1739 forse una copia dell' Isoldiano. Se le indicazioni del Crescimbeni non combinano sempre col nostro cod., non pos-

siamo credere ad un facile error tipografico? Aggiungo poi che i sette sonetti che vanno da e. 206b a 248* non sono del Lapacini cui non attribuito altro che la canz. Uexcelsa fama tua pel mondo sparsa.
:

(2)
(3)

(4)

Crescimbeni, Comm., Roma, 1771, pp. 189-160. Commentari, II, ii. 137 e 433. Resta anche, colla stessa didascalia, co' versi alternati

in

rosso e in

374
Il

E.

LAMMA
buon servir
388-389,
il

capitolo: Io vedo ben chel

vano, dato dal


imperfetto, e

Pai. E. 5. 7. 47 e dal Riccard. 1091 al Giustiniani, fu stampato

dal

Wiese mancante

nella sua raccolta a pag.


di

ma

parecchi versi. Nel Wiese

componimento consta

di 121 versi; nel Boi. Univ.

me

assai migliore

1739 di 160, e la lezione pare a che non quella del palatino. I versi (Wiese,

p. 387, vv. 52-54): Zuraie donno "per lo eterno dio Che in breve tempo tu harissi veduto Con fionesta contento el voler ^nio,

sono, parmi, pi corretti ed eleganti nel cod. Bolognese (227^).

Giurote rosa per leterno dio

chin breve tempo havresti chiar veduto

cum
I

honesta contento

el

mio

disio.

versi 94-97 del

Wiese dicono
te

cosi (p. 388):

Mostrato

haveria l'amor e

'1

focco
sia

ch'io t'ho portato e porto,

bench

rimasto privo d'allegre/za e zocco.

Questa sarebbe stata quella via

ecc.

il

cod. Bolognese invece

ha questa

lezione, assai migliore (e. 228*):

94

Io thavrei ragionato
el

de quel foco
struge e disface

qual dognhora

me

97

vame consumando a poco a poco. Mostrato thaveria el mio amor verace


et

chio tho portato et porto bench sa


privato de conforto et d'ogni pace ecc.

Il si

verso 108 del Wiese


al sorte

dio e al

mondo ne vegna peccato,


morte,

legge nel bolognese cosi: Credo chen fascia io fosse biastedel verso 119
il

miato;

nostro cod. sostituisce


:

pi giusto e in relazione col verso che segue

essendo putto in cuna e perch


sarebbe,

l'uscita

che non m'uccise del verso 121 (Ed. Wiese)


senza tener conto delle
i

come

nel precedente, sorte.


il

Ma
:

varianti minori che presenta

nostro codice, ecco

versi

che

mancano

al Palatino

ed

al

Riccardiano

nero, nel cod. Boi. Univ. 2617, che


di cui
il

non

altro se

non

il

codice TrombelU,

Qu.^DRio lasci

l'in lice

degli autori (VII, 100), e nel 157 della Bibl.

stessa.

VARIET
124
Io maledico la
el

375

giorno

el

mia dura sorte puncto e Ihora chio te vitte


a toe

(sic)

mi che

critti
i

maynere acchorte.

127

Io

maledico
le

miei pensier traditi

lacrime che spante tanto amare

tutte sian biastemate e maledette.

130

Io maledico tutto el
le

mio parlare

133

rime tante e le mie canzonette e quei suspir che gi me fien seccare. Sian tutte le mie membre maledecte,
sian maledecti
i

miei perduti passi

e gli occhij mei che riguardar te stette.

136

Sian maledecti
la nocte

sti

mei pedi
"1

lassi,

senza somno e
s

e la

mia lingua ch'or


sii

tempo perso muta stassi.

139

Sia maledecto tutto l'universo


e tu, giudia,

sempre maledecta,
io vivir disperso.

per cui nel

mondo

142

145

148

Tra me fa parlar, cara angioletta; non posso la mia lingua rafrenare n trovo cosa pi che me dilecta, se non la mia fortuna biastemare e chiamar morte che pur me soccorra poi che tradito son per bene amare. Piangeti, genti, et cum voi piangha anchora le pietre et saxi et piangha ogni animale la mortai doglia o '1 fuoco che m'achora.

151

Hoym

ch'io piango e

'1

pianger non
male.

me

vale,

ma
154

piangi un pocho
sei

tu, fior

mio gentile

che stato

cason

di tanto

Ma

s'io

vivesse pi de gli anni mille


io

sempre
...aro...

t'amer dove sarai


(1).

reverente e humile
sij

157

\(oglio?) che sapi et che

certa assai

che sola cruda morte sera quella


che potr poner fine a
160
li

miei guai:
stella.

hor son disposto de seguir mia

329-333),

non posso e temo meschinello (Wiese, non ha diversit gravi o sostanziali colla lezione del nostro codice. Alcune varianti si riscontrano, ma di poco momento: eccone alcune, per sola e semplice curiosit (2); v. 4:
serventese Tacer
(1)

La

carta alquanto guasta: supplisco secondo

il

senso le parole inin-

telligibili.

(2)

Seguo

il

cod. Boi. 1739 e

Wla

stampa del Wibse, Romagtoli, 1883.

376

E.

LAMMA

a quella

'per cui sola si favello;


5.

W: a

quella per

cui sol

pur lasso che quello ochio hello; W: temo, meschino, che quel nome hello; 8. B: tante me parotanto favello;

B: temo

lette

indarno sparse;
:

W: fatto

ho

me pargolette indarno sparse (!);


di scriuer
fatti

10.

di scriver

rime e lacrimare in uersi; W:


sai far

rime

e lachrimosi uersi; 11. B: tanti novi e d.;

W:

novi
in

e diversi; 22.

B ad un punto
:

qvando

tu uoi;

W:

punto say fare, quando tu uoy, ecc. ecc. (1). Mi pare che da queste poche varianti si possa avere un'idea della imsol

un

portanza della lezione del cod. Bolognese.


Il quale attribuisce al Giustiniani altri due componimenti che non ho trovati nelle edizioni di quel poeta, n, per quanto a mia notizia, in altre raccolte: sono i due serventesi: Se io cognoscessi haver fallo comrnesso e Io vo' piangendo el mio tempo felice, che dalle forme metriche, dal concetto e dallo stile mi sembrano simili ad altre rime del Giustiniani. A lui tuttavia non li posso attribuire con certezza, non avendoli trovati, con tal nome, in altri codici, e non posso nemmeno assicurare che sieno inediti. Li stampo nella lezione del cod. Bolognese che come abbiam visto, diversifica quasi sempre da quella del Wiese: se questi due serventesi fossero gi noti, cosa che a me affatto non pare, la ristampa non sar inutile del tutto. E giacch sono col Giustiniani, ci sto, anche per un poco, poich il codice che ho sotto occhio me ne porge occasione.
, ,

Descrivendo
trizio

il

Palat. E. 5.
il

7.

47

il

Bartoli

(2)

avverti

che

il

cod, contenente

canzoniere del

Giustiniani, attribuiva al

pa-

veneto rime che appartenevano ad altri. Il Wiese invece condusse la sua edizione sul Pai. E. 5. 7. 47, il Rice. 1091 e le due stampe di Venezia e di Roma. Se abbia fatto bene, non so secondo me ha fatto male. Da ci derivato che parecchie
:

delle

rime che

egli

al

Giustiniani

non siano

sue. Cerchia-

mone alcune che stanno pure


diverso.
1

nel nostro codice,

ma

sotto

nome
al

Venite pulzellette e belle donne. Male

si

attribuisce

(1) 11

confronto tra la lezione del

Wiese

e vari codici, Bolognesi, Estensi

e della Palatina di

Parma
il

sar fatto da noi in collaborazione col dott. G. Bar-

der. Tralascio perci


(2)

confronto.
I.

Indici e Cataloghi. 1 Codici Palatini,

Pai.

213

(E. 5. 7. 47).

Vedi anche Palermo, Mss. Pai,

Fase. IV, pp. 267 e sgg.; cod. l, 389-392.

VARIET
Boccaccio, peggio poi al Giustiniani,
la contiene (141*
Il

377
cod. Boi. Univ. 1739,

che

-144^) ha la didascalia:
felicter.

Cuiusdam cantilena

facetissima incipit lege


2*

Venuta Ihora el despietato puncto, sta nel cod. Boi. dietro una canz. del Sanguinacci (189^ - 160^) cui la d anche il Marciano GV ci. IX it., da cui il Wiese la trasse (1) e che a quel rimatore padovano sia da attribuirsi lo ha dimocanz.
strato a sufficienza
3
il

La

Biadene

(2).

La

canz.

Qual nyrnpha in fonte o qual in del mai dea,

sta nel codice nostro senza


riore,

nome

d'autore;

ma

di

mano

poste-

che crederei del Crescimbeni (3), scritto EiusdeTU, cio del Sanguinacci che precede. Che sia del Sanguinacci non crederei; anzitutto perch il Biadene non la trov, con quel nome, in nessun codice; secondariamente perch al Giustiniani la diedero le antiche stampe del sec. XY (Wiese, 369-370). 4 Il capit. Io te priego per quel vivo sole, dato dal Wiese (409 e seg.) al Giustiniani, certamente di Carlo Cavalcab da Cremona. Il cod. Boi. Univ. 1739 lo reca (177* - 179*) con questa didascalia III"** principis ac Magistri dnj d. caroli cavalcalmj cremoie marchionis cantilena elegantissima ad excelsam, et magnificam d. d. Bariholomeam de Metulgliano. Noi ricor:

(1)

Cod. Boi. Univ. 1739.

Da

carte 157*-159, la canz.

Non

perchio sia ba-

stante a dechiararti,

212

.,

diretta

come avvert il Budene in questo Giom. gi cit., a Borsium ferrarae del Sanguinacci, data a lui da sette
Cantilena elegantissima incipit
serventese:

codici: segue e. 159"- i60l>, colla didascalia:

Tenuta Ihora el despietalo punto che il Bldene non vide in questo cod.: ha di mano posteriore scritto: Eiusdem, cio del Sanguinacci; infine, a e. 160b-i61b, si legge il serventese: Qual nyrnpha in fonte e quale in del mai dea, colla didascalia eguale alla precedente, e di mano posteriore Eiusdem, cio sempre del Sanguinacci. Ma che sia del Giustiniani a me par certo, essendo a lui data da codici e stampe della seconda met del secolo XV.
lege felicter,
il

(2) Cfr. (3)

questo Giornale, voi. IX, pp. 210-214.

Questa una mia supposizione, che ha per un fondamento. Che questo


II,

cod. sia risoldiano, chiunque ne abbia vista la tavola da noi data (Propug.,
sec. XV), pu accertai-sene. Che fosse che su questo cod. fonda tutta la sua storia letteraria del sec. XV, certissimo. Ora accade che le varianti marginali del cod. Bolognese 1739 stanno anche ne' Commentari , in quegli esempi che il Crescimbeni disse d'aver tratto dall'Isoldiano. Veda il lettore

1887, voi.

Di alcuni rimatori del


dal

studiato a lungo

Crescimbeni

se questo sospetto meriti qualche considerazione.

f-iomaU

ttorico, X, fwc. 30.

25

378

E.

LAMMA

diamo due
cab,

altri codici

un Riccardiano e un Laurenziano

che ascrivono questo capitolo al Gavalma se anche mancas;

sero testi a penna per provarlo suo, basterebbe la didascalia del


capitolo col

nome

della Mattugliani, riprodotto dal Grescimbeni,


(1).

e conservato in parecchi manoscritti nostro cod. contiene sotto

Queste

le

rime che
il

il
il

nome

diverso da quello sotto

quale

Wiese

le

pubblic.

Finisco col Griustiniani non senza lamentare che di questo im-

portante rimatore

il

Wiese non
esigenze
i

ci

abbia dato una edizione che

studiosi. Come appendice a due serventesi attribuiti dal cod. Bolognese al Giustiniani. Aggiungo a questi il componimento QucU nympha tn fonte o qual in del mai dea, perch la lezione del cod. nostro assai diversa da quella data dal Wiese (365-367). Le rime riproduco, per quanto possibile, esattissimamente: sciolgo i nessi e metto, per miglior intelligenza, qualche segno ortografico: scrivendo il nostro cod. tanto Vu che il v, dove il v occorra, avverto che io accettai sempre la seconda forma.

possa soddisfare le

degli

questa Variet pubblico

Ernesto Lamma.

I.

Domini Leonardi Justiniani Veneti cantilena


S'io

incipit.

cognoscesse haver fallo comesso

seria ardito a dimandar mercede, Pensando quanta fede, Comio tuo servo, tho portato e porto. Non me volere a torto per ti morto

Non

Non
8

chiol volglia fugir, sa te pur piace:

Amor, rendime pace:


Poi che tu in signoria tien
la

mia

vita.

die notizie del Cavalcab notando che menibranis

MDCCII, che, pp. 209-219, commissa leguntur in veterum rhytmorum vernaculorum codice rime di lui; L. Givitelli, Annali di Cremona pp. 147 e sgg.: A. Campo, Cremona illustrata, Lib. Ili,
(1) Gfr.

F. Arisi,

CVemona

Literata, Parmae,

pp. 108 e sgg.

11

dall'ARisi tanto

Grescimbkni, quindi, per confessione sua, riprodusse soltanto il cap. del Cavalcab che quello della Mattugliani. Indic
si

nondimeno il cod. Isoldiano e la carta dove questi componimenti che corrisponde esattamente con quella del cod. Boi. 1739.

ledono,

VARIET
Chiamo lanima mia da te partita Che star solea dinanzi al suo (1. tao?)
Maravelgliome molto
12

9W
bel rolto:

Gomio

te sia del

cor vilmente uscito.


el

Dovei mio paradiso

tempo

gito

Quando da
Io

voi

me

sentia essere

amato?

me

tenea beato

16

20

Pi che giovene amante in questo mondo. Pocho dur el mio viver jocondo, Casone e colpa mia ben poi sapere: Lo nostro bon volere Venne per tua merc non per mio merto. S'io thagio offeso, amor, famene certo,

E
24

lasami pUgliar la penetentia


inanzi a tua presentia
seria ardito dapparir giamai.

Che

Non
S'el

ne cossi perche torto

me

fai?

Piet te mova, io

me

taricomando

E
28

iustitia

adimando

Se dicto e facto ho cosa non devuta. Ma se lamore e la rasou magliuta (sic, 1. m'aiuta)

Non esser sola tu che me condamni; De pensa a li dulci anni


32

De
"Vivo

la toa giovenezza e

de

la miai

morendo e non
Cirio
io

so qual follia

Dicendo; a me, se pur la cognoscesse:

Non
36

viver volesse,

Ma Ma

dimandaria

Io seria presto a
io

la morte in dono. dimandar perdono, non so di che, ne di che fallo

Sen'o te so e vasallo

40

Et cossi sempre

fia

perfin chio vivo.

De, cara donna mia, comio te scrivo.

Tu
44

acTvi a

me

qual colpa e qual casone


natnendi.

De turbata intentione Famene certo acio chio me-

Tu

sola sei colei

che ben mentendi:


te sola

El mio secreto a

palese
se strugge.

De
48

fiamma che accese El misero mio cor chanchor


la

Perche da gliocchij mei dinanzi fugge El dolce aspecto tuo che me inamonra?

Ma
52

se

pur voi chio mora

Siane la volgila toa: chio son contento.

Non

te maravelgliar sto

me

tamento,

Chal mio parere

offso esser

me

veggio:

Una

grati te chieggio

880
56

E.

LAMMA

De parlarle una volta a solo a solo. Dove le pene mie langhostia, el dolo Manifesti (te) serian chaltro non volglio,

E
60

sha(i) rason

me

dolglio

Indice sei tu sola, altro non chiamo.

Certa ne sei chio thagio amata e

amo

E
64

se voi dal tuo servo alchuna prova,


ti

Nulla piet

mova

Se non de comandar cosa chio possa. Par che te mostri disdegnosa e grossa

A
68

torta parte contra el servo to

Che

pi to che so

Ed

hallo tracio de soa libertade.

Miserere de mi ben mille fiade

dio seria

condegno questo priegho:

Servo te son, noi niegho;


Pilglia

73

Morte ho

merc de mi, dolce mio amore (1. hai) piet de chi vivendo more.

II.

Eiusdem domini Leonardi Justiniani


Io

veneti cantilena.

vo piangendo el mio tempo felice che gi per ben servir trovai mercede
et

hor come se vede


s' volto in

ogni mio ben

pianto amaro.

Amor, amor,

se

mai m" ha vesti caro


i

dov' la fede, dove

dolci giorni?

Com' che non


8

retorni

el tuo fidele al suo tranquillo stato?

Non

sa' tu

ben che

s'io

vivea beato

per la virt de l'amoroso strale


e de ciaschun mio male

12

esser solevi dolce

mio

ristoro?

gentil dea, la qual io

sempre adoro,

volgli dar pace al tuo fidel servente

che
16
il

pietosamente

tuo bel

nome chiama

nocte e dia.

sol conforto de la vita

mia

se sei gentil

non essere crudele


poco a poco.

vedi che

'1

tuo fedele

20

consuma

la sua vita a

tanto pi m'encrescie el mortai foco

quanto pi penso

al

tempo ch' passato


la toa gratia?

et dico: o sventurato

24

perch fo cason fuor de

VARIET

381

da tutt'hora anchor mai non se satia


gli occhij

mei de gettar lacrime amau-e

cum
28

tanto suspirare

eh'un cor de saxo volger doveria.

32

tu non hai piet de l'alma mia n non te curi de toa gentilezza vedi che toa bellezza non po' sempre durar sul nobil fiore. De pensa come el tempo traditore

chi

(sic)

giorni fuge e l'hore son


el sole al

pronte

che non

monte

36

che vedi resvegliar l'ardente aurora.


[E] questo quel dolor che voi ch'io mora

che a cotal modo passi


per dio, rosa
fiorita,

la toa vita

40

piet piet discaccia ogni durezza.

Non

aspectar la morte ho la vecchiezza

la qual

ne priva d'ogni bel piacere:

de, volglij antivedere

44

cum
Fa che

tuo intellecto quel che po' avvenire.

tu segui

amore e non

fallire

siche del tutto t'habi proveduta,

che se serai canuta

48

tu

non renoverai come phenice.


sa' tu

Non

quel che per ciascun se dice

che chi ha tempo noi debia aspectare, che se tu


lassi

andare

58

quanto anchor tu ne serai pentuta?

Tu

piangerai non haver cognosuta

la toa

summa

belleccia el gentil viso

che altro paradiso

56

che solo quel non bramo de vedere. De non volerti per dio condolere che giammai tardi non se po' pentire
chi vede el suo fallire e centra ogni ragion sosten soa prova.

60

Non

sa' tu

ben che pi non se renova


el bel

ma presto se tramuta et cum molto dolore


64

colore

dapoi se piange el bel tempo perduto?

quanto anchor voresti haver creduto a ciascheduna de ste mie ragione


e la mia opinione

68

von-esti haver havuto essendo anticha.

Tu
e

tenerai la vita per nemica


'1

viver te sar de tanta nolglia

ch'ancbor

cum grave

dolglia

E.

LAMMA
i

72

chiamarai morte per uscir d'afianni.

De non
cosi

voler passare

toi dulci

anni

miseramente senza amore


el gentil tuo intellecto

tu hai gentile el core

76 Et

perh demostra
io

come

fedele e

buon suggetto

qui fazzo fine e vogliote pregare

80

che non debia tardare acci non perdi ogni tuo bel
Io .prego

dilecto.

amor

li

sacrati dei

'1

dolce fonte dove nacque


'1

amore

che
se

tuo benigno core

^va

per piet de preghi mei


sei.

85

poich de mi sola regina

Cantilena -elegantissima incepit: lege foeliciter.

Qual njmpha
io

in fonte o quale in ciel

mai dea

fu simil di belt quanto tu sei?

credo ben chi

{sic) dei

4
Io

unicti fosse in sieme a fabricarti.

non potrei giamai tanto laudarti che pi non fosse il tuo pollito viso; ben par ch'en paradiso
stata sia

sempre nella eterna


ri

gloria.

triuraphal bellecia alta

memoria
!

per cui

novo

miei caldi sospiiy

12

haime quando .me mirj parmi esser giunto su nel nono cielo. immense gentilegge, o eacro velo,
dea diana, o nymphe sacre e belle
sol lucente e stelle

16

sciese de l'alto segio qui fra noi,

volgi ver noi qui sacri lumi toi

20

che posto m'ha d'amor in tal affanno haym, che presto vanno i gionti piacer nostri, se ben pensi. Perh al bel piacer poni compensi e non fugire il dolce tempo il quale ch'anchor ti far male
Godi per

24

ne l'ultima et di tua vechiezza. fin che hai toa giovencQga che se noi fai anchor serai pentuta
tu sa' ch'ogn'hom refiuta
ste

28

vane vechie piene de heresia.

VARIET
Per te priegho cara signora mia che gusti el bel piacere e segui amore da poi che sei sul fiore sulla pi frescha et del tuo bel tempo.

383

32

Tu

sai che tardi vai dire: io me pento che questo ben trapassa senza giolglia

ma
36

sempre aCd) eterna dolglia va biastimando il tempo e fortuna amara.

40

Dunque procura el piacer, o stella chiara e prendi il buon conselglio ch'io t'ho dato: amor m'ha servo facto ad te, mio bene, o sacrata angioletta.

Tu

savia

sei,

honesta giovinetta,

discesa di gran sangue alto e gentile;

per

dio,

non

esser vile

44

a dar soccorso a chi con fede t'ama.

Se ci farai una perpetua fama


gir scrivendo in te in versi e in rima

ma
48

veder voglio prima

se verso

mi puncto
il

serai pietosa.

Mostrami

volto tuo, candida rosa,

quel sacro aspecto reverente e humile


ch'ai cuor mille faville

52

m'ha posto amor,


sola

di te sola
ti

pensando

Merce, per dio, merce a

dimando,

56

60

mia dea, unico tesoro; haym, tapin, ch'io moro se non soccorri alla mia accesa guerra. Vedi che ingenocchiato a capo in terra mi son gi posto con 1* brazze in croce chiamando ad alta voce non pi crudele, miserere mei. lo priegho amore e li sacrati dei e '1 dolce fruto dove nacque amore che lo tuo nobil core
se volga per pietade a' prieghi mei,

05

poich di

me

sola regina sei (1).

1)

Nota che

versi 61-6^ .sono uguali ai vv. 81-88 del serventese preceal

dente.

Mancano per

Wiese, che

di quest'ultima cantilena

d una lezione

afiatto diversa.

MAECO ANTOMO FLAMINIO


E
IL

CARDINALE

ALESSANDRO FARNESE

Documenti

inediti.

Ne' carmi di Marco Antonio Flaminio sono notevoli


affettuosa e

sensi di

devota ammirazione per

il
il

cardinale

Alessandro
Serravalle

Farnese, alla cui principesca liberalit

poeta di

doveva

gran parte l'agiatezza e la tranquillit della sua vita. Roma, lo aveva colmato di onori, poi, con Il cardinale, in larghezza tutta farnese, gli aveva donato multa jugera agri fertilis (1) ed una villa deliziosa, nella quale il leggiadro poeta
in

andava tessendo tranquillamente le gaie favole de' suoi Lusus Pastorales ed esaltando la magnanimit del suo Mecenate.
Farnesi,

vatum

decus, et spes unica nostri

Solus principium et finis tu carminis esto.

Utque optata mihi dexter facis otia, sic te Mansuro liceat cantu celebrare, meisque Floreat aeternum tua virtus inclyta chartis

(2).

interessante notare che


il

il

favore del Farnese pel Flaminio

non cess dopo

1536,

anno

in cui par certo

che

il

poeta ade-

risse alle idee dei novatori. Importanti uffici gli affid

Alessandro

anche dopo quell'anno, e continu a colmarlo

di benefici.

noto infatti

come

nel 1540 lo incaricasse di

accompagnare

(1)
(2)

M. A. Flaminii.
Carm.
Il,

Chrmina,

lib.

VI,

1, 6, 7, 8, 9.

4.

VARIET
il

385

cardinal Gontarini al colloquio di Vormazia.

queirincarico

si riferisce il primo dei documenti che seguono; i due successivi portano un contributo prezioso di notizie prima sconosciute sui rapporti del Flaminio col cardinale fra il 1542 e il 1543. n quarto documento illustra un punto assai dubbio della vita del

poeta.

Nel 1545, affidategli l'ufficio di segretario del concilio di Trento, com' noto, rinunci, adducendo per causa la sua salute malferma. Non si tenne buona dai pi quella scusa, e il Pallavicino scrive ch'egli aveva rifiutato forse perch gi covava nella mente l'affezione a quelle dottrine, in condennazione delle quali gli sarebbe convenuto d'esercitar quivi la penna (1).
egli,
Il

Tiraboschi giudic infondata la supposizione dello storico del


il

concilio tridentino (2), e

documento che
cardinale
scrive
rifiuto

io

pubblico

gli

d
il

perfettamente ragione.
ricevuta l'elegia in cui

Il

al

Flaminio d'aver
il

si

scusa del

e l'assicura che

Farnese avesse dubitato, anche lontanamente, della ragione che induceva il Flaminio, al rifiuto, certo non avrebbe risposto a lui con parole
pontefice l'ha accolta, e l'ha tenuta buona. Se
cosi piene di benevolenza.

Le dottrine

della riforma

l'animo troppo debole e ingenuo del poeta;


lo

non attecchirono che per poco neln esse v'attecchi-

rono mai tanto, da indurlo ad esser ribelle a coloro, a cui troppo legavano i vincoli di affezione e di riconoscenza.

Emilio Costa.

1(3).

// cardinal

Farnese a Hieronimo Dandino.


13 settembre 1540.

M.

Hier. cariss.

N.
le

S.""*

ha inteso per

la V.''' 1." de'

quanto occorre
si

alli tre

R.^ circa

persone da mandare al colloquio et credo

risoluer

di scriuere al uesc.o di

Verona

et rimetter in

sua

S.*^*

il

uenire

Roma

(1)

Storia del concilio di Trento, voi.

II,

lib.

VI,

e.

(2)

Storia della

lett.

ital^ voi. VII, lib.

III.

(3) Dali".\rch. di

Parma. Gart. Pam., M.

2, 1540.

386

E.

COSTA

personalm.* o aspettare le comm.ni secondo che ricorder loro S. S. R.,

ma

caso et con ogni sorta di prelato

m. Marcant." Flaminio pare che sia nec."" in ogni che hauesse ad andare ui rimando la lett/* de Gontarino indiretta a lui acci che la indirizziate quanto prima et con quella pi celerit se si pu cio che la non sia mandata per l'ord."^
perch la persona
di
, , ,

perch la breuit del tempo non lo comporta.

11(1).

M. A. Flaminio al cardinal Farnese.


HI." et R.">o
S.""

et

patron mio colendiss..

Ho

inteso che nostra S."^* 111." et


S. S.*^

R. per

la sua singular cortesia si

degnata de operare che

concedesse la unione della mia Badia con la

Congregazione di Monte Oliueto, di che baso humilmente la mano a uostra g^ria 111 ma gt R.". Et perch non piaciuto a N. S."" Dio che il mio disiderio riesca et io mi son risoluto che si faccia la espeditione di detta Badia
per me, supplico humilmente uostra S."* R. che in questa espeditione
si

degni usar meco quella benignit, la quale per

non mancato di usare nella unione, et facendo bene a me, far bene a un suo deuotissimo seruitore, il quale si conosce obbliga tissimo a quella per le gratie ch'ella gli ha fatto nelle decime di Verona. Et perch il S."" MafFei et M.*" Carlo da Fano sono informati del bisogno mio non dar pi molestia col mio scriuere a uostra S." 111.^ et R.% alla quale humilmente baso la mano.
lei
,

In Viterbo

alli viii di

febraro del

XLIL
humillimo seruitor

Di V. m.^^ et R.'"^ S.">

Marcantonio Flaminio.

Ili (2).

Il cardinal Farnese al Governatore di Bologna.

2 novembre 1543.
R.^o Mons.
et

M.

Marc Antonio Flaminio persona rara per


Et perch
S. S.t

la litteratura

bont sua par che venghi

molestato dalli Datieri di Bologna

per conto

della abbatia de Valdelavino.

vuole che alle cose sue sia

havuto ogni debito


oltre all'esseguir la

rispetto, piacer a V. S. per la


li

causa sudetta come anco


,

per amor mio ordinar a detti Datieri che non

dieno altra molestia

che
S.

mente

di S. B.ne io

ne ricever molto piacere de V.

alla quale

mi

ofFero sempre.

(1) (2)

Arch. di Parma. Race. Ep. Arch.


di

Parma.

Gart. Farn.,

M.

2.

1543.

VARIET

387

IV.

Il cardinal Farnese al Flaminio

(1).

30 gennaio 1546.
Rever. m. Marcant."

Recevei altimamente la elegia che mi havete


non potere accettare
il

scritta

in escusatione del uostro


cilio,

carico del secret.' del con-

et

che era piaciuto a S. 8.*^ di darvi, la quale stata ammessa da S. S.* ne potete stare con l'animo riposato, hauendo S. B. rimesso alli legati il

trouare un

homo proportionato per quello essercitio. ben vero che a S. S.t* piaceria chel Mag.co Prinuli pigliasse in loco uostro questa fatica, parendoli
che
et per lettere et per
il

modo

eh' egli

ha d'intendere ogni

particolarit

del concilio da

Mons. Rev."
li

et 111. d'Inghilterra fusse

molto atto a questa

impresa, et cos

potrete fare intendere per parte di S. B. conforme a quel


alli

che

s' scritto

ultimamente

R.i Legati e che Dio ui conserui.

(1)

Arch. di Panna. Cart. Farn., M.

1.

1546.

UM LETTERA

DANTESCA

DI GIO. IACOPO DIONISI

Tra

il

lettera, e

marchese Cesare Lucchesini, a cui indirizzata questa il canonico Gio. Jacopo Dionisi non vi fu buon sangue.

Con ingenua schiettezza lo confessa il Lucchesini stesso nel Diario del suo viaggio a Vienna; curiosa scrittura che ho dato di recente alle stampe. Dopo avere esso raccontato che il 15 dicembre
del 1792 arriv a Verona, cos discorre dell'operoso e benemerito
dantista.

Andai dal marchese Gio. Jacopo

Dionisi,

canonico della

poco innanzi io era entrato in commercio di lettere, avendo gi da alcuni mesi ricevuto in dono da lui i suoi Aneddoti, in due volumi. Egli prepara una nuova edizione di Dante, con nuova illustrazione, per la quale
cattedrale,
letterato, col quale

uomo

fatica in

modo

incredibile da 30 anni

fatica
fatti

riore all'utilit

che ne dee

ritrarre.

Ha

certamente supeparecchi viaggi

per consultare codici della

dici ne ha trascritti
ci
il

molti intieramente. Egli

Divina Commedia, e di questi comi mostr tutto

che aveva raccolto per questo oggetto; e quindi parlammo lungamente di altri argomenti d'erudizione . Rivide di nuovo
dotto veronese
,

Dionisi

il

giorno

appresso.
il

Andammo

cosi

prosegue

Lucchesini,

dal canonico.

che mi mostr

un frammento
;

d'antico papiro,

che

egli illustr negli anni suoi

giovanili

partire dalla Libreria feci onorevole

Nel menzione del Maffei, che aveva scoperto un tesoro cosi grande. Il canonico Dionisi m' interruppe, mostrando quasi di dubitare che egli ne avesse trafugati alcuni, e quindi parl con disprezzo di un uomo cos grande in ogni maniera di letteratura, e tanto benemerito della sua patria. Un discorso cos pazzo e strano mi accese la bile per modo, che giudicai espediente di non risponder nulla, per evie dopo ci condusse alla Libreria del Capitolo

VARIET
tare
il

389
uffici di

rischio di

mancare a quegli

convenienza, che

la

societ esige, e che certo non meritava quello, non so


invidioso,
insensato. Io attribuisco

s'io dica,

un

simile linguaggio a diver-

sita d'opinioni teologiche. Dal cardinal Noris e dai fratelli Bal-

una parte del Verona un giansenismo palliato, del quale forse in fetto il Dionisi. Tale almeno mi parve egli in alcuno de' suoi discorsi. Il Maffei, al contrario, sebbene da prima si mostrasse un poco dubbioso, segu poi le opinioni de' Gesuiti onde ebbe
lerini, scendendo fino a questi giorni, sparso in clero di
,

tanti e

si fieri

contrasti co' principali Rigoristi de' suoi giorni,


altrettali.

come come

co'

PP. Concina, Migliavacca e


il

Nell'opere sue

sopra l'impiego del denaro e sopra

teatro trionf di questi,

nella Storia teologica della

pi altri.

Chiunque ha conversato
fatto io
(1).

come ho
Il

Grazia rimase vincitore di moderni giansenisti, sicnel Collegio Nazzareno, non trover strana
co'

questa mia spiegazione

per mezzo delBagni di Lucca, appassionatissimo raccoglitore di libri, che ebbe una vita assai avventurosa, meritevole di venire illustrata. Il primo a scrivere fu il Dionisi. Eccone qui la lettera, molto complimentosa, come voleva l'usanza de' tempi e soprattutto l'officiosa natura di quel valentuomo. Eccellenza , cosi il Dionisi. Nel consegnare al Sig." Abb. Della Lena i due tomi de' miei Aneddoti, pregailo di rassegnarle la mia venere razione e '1 mio ossequio, giacch mi suppose che V. E. sarebbe di gi partito per Berlino, onde non ho creduto bene di accom pagnarlo con lettera. Ora che V. E. abbonda di gentilezza nel
Lucchesini entr in carteggio col Dionisi
Della
l'ab.

Lena

de'

significarmi

il

ricapito, gi tutt'ora in Lucca, e le piace di cols

<

marmi

di

troppo sue generose espressioni per


i

picciolo dono,

non posso che renderle

pi affettuosi ringraziamenti, e rima-

nere a mille doppi vincolato alla pi perfetta riconoscenza. Se nel suo passaggio si degner di farmi annunziare il suo ricade

pito a

Verona, mi far un

sommo

pregio nel farle tutta


,

la

mia

corte, e di profittare delle

Dantesche eh' Ella pos siede, tanto da me ricercate, per la mia promessa edizione di tutte l'Opere del divino Poeta. Intanto non ho che attendere un si prezioso momento, e contestarle quella si alta stima, che
belle cose

(1) Gio.

nella

Sforza, Il marchese Cesare Lucchesini viaggiatore e diplomatico, Rassegna Nazionale, anno Vili, voi. XXVII, pp. 608-9.

390
da molto

G.

SFORZA
dicendomi colla maggiore divozione

tempo

le professo,

ed ossequio devotissimo ed obbligatissimo servitor vero

Gian Jacopo Dionisi, can.

Il

19 marzo del '95


la

il

Dionisi torn a scrivere al Lucchesini;

ed essendo

sua lettera
inedita, a

l'altra affatto

d'argomento dantesco, e al pari delpuro e semplice titolo di curiosit qui

la trascrivo (1).

Giovanni Sforza.

(1)

Lettere erudite al marchese Cesare Lucchesini


di

tom. 5 , codice della

R. Biblioteca pubblica

Lucca, contrasegnato col n" 1364, lettere n 58 e 59.

Eccellenza,
In

tempo mi giugne

la pregiatissima sua, che, lode a Dio, posso leggerla

a mio bell'agio e gustarla, da poi che

pi

di

quaranta giorni sono stato

inchiodato in letto
Ne' piedi e nelle

man

legato e preso,

come quei
e fo
li

penitenti

del

nostro Dante;

solo

da pochi giorni in qua mi

sento libero e sciolto, se non perfettamente, in


fatti

modo per che


usando

esco di casa

miei a sufficienza (sebben ancora


il

dell'altrui

mano); e
il

troppo mi sarebbe incresciuto

dovermela far leggere da

altrui, e

non

poterne dar riscontro a V. E., e renderle quelle grazie che devo, per tanta

sua gentilezza, non solo in compatire

il

mio opuscolo
io

(1),

ma

in

adomarlo
di

ancora colla sua erudizione. Della lingua nostra


so niente affatto, perch
tutto ci,

ne so molto meno
dell'ebraica poi

quello ch'Ella mostra, per sua urbanit, giudicare;

non ne

mi piace

assai, per le ragioni

pi che all'ineffabile

nascer due volte: con da Lei allegate, che al nome lah, e ignoto, alla prima gente alluder volesse il nostro
la fortuna di

non ho avuto

Poeta nella sua finzione. Che Eli poi significhi Dio mio, cos pur dispiega
quella voce
il

volgato interpreta

veda V. E. quanto per bella occasione m'ha ricreato e giovato il foglio suo, che l'idee risvegliandomi su di tale materia e ripensar facen-

Ma

domi

alla correzione

da

me

proposta ne' Blandimenti

(p.

18),

sono andato

investigando d'onde mai la massima e miglior parte de' codici leggano:


El

chiam poi:

e ci

conviene;

(1) De' bandimenU

funebri o

m deM CKelamaaiaU
\rni-156.

sepolcrali erittiane. In Padova, nella atom-

peria del Seminano, 1794, in-4o, pp.

VARIET
quando
il

391
sillaba.

verso, per tal lettura,

ha

di

meno una
che

Quindi dalle cose


per uso, non
allorch

provate nel detto opuscolo

(p. 85), cio

gli antichi copisti,

per errore, scrissero


pel

Adam, Gerusalem, Almeon, Ector, Michel, metro conveniva pur legger Adamo, Gerusalemme, Almeone,
e dir

Fetore,

Michele, ho finalmente meco stesso concbiuso, che anche qui de' allungarsi
il

nome El

Eie (non gi Elle, come voleva

il

Gelli),

con unico E,
si

siccome

l'istesso

nome
i

si

allunga e distende in Israele, Michele, Samuele

e simili, che ne sono

composti. Per la detta consuetudine antica,


fr.

legge
fio-

nel cod. di S. )^ e in quello scritto da


rentino, e in

Stefano,

uomo

assai dotto e
71):

un prezioso ms., da me posseduto {Par., XXII,


lacoh porger la superna parte;

dove s'ha da legger lacobe porger, non gi lacob isporger, come imperitamente fu scritto, poich una scala, che isporge la cima sua, non pu salirsi,
n tenersi sicch all'indietro non cada.

Non
regola
Par.,

solo ne'
di

nomi

propri,

ma

eziandio

negli appellativi, trovo usata la


nella
prosa.
Fr.

scriver

nel

verso

come

usavasi

Stefano

XXXII,

61:
Lo re per ati questo rtpto pausa;

dove Ognun vede aversi a legger Lo rege per cui, ecc. Alcune voci, al contrario (com' ne' Blandimenti, 1. e), che ne' codici sono scritte distese, secondo l'uso della prosa, bisogna, per adattarle al verso, accorciarle. P. e.
nella

Giunta

alle

cor, v. 161, in tutte le


dini, si legge:

Nenie del Petr. [arcai, in quel cap. che comincia: Nel stampe, anche nell'ultima di Firenze di Luigi BanOr TocKuio
tentata e poteta farlo.

Questo verso, cos

scritto,

cora'EUa vede, cresce d'una sillaba, oltre Taver


il

viziato l'accento: sicch io sar

primo a far che


tentata.

il

Bodoni, nella sua nuova

promessa edizione, stampi:


Or Foctv
Ella dir ch' stanca di tante ciarle.

La ringrazio di nuovo dell'erudito suo domi con la pi alta stima


Di V. E. Verona, 19 Marzo 1795.

scritto, e

Or bene, mi metto in zitto, sol che me Le raccomando, dicen-

Um.o

Dev.o

ed Obbl,'^ servitore

Gio. Iacopo Dionisi Can.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

ITALO PALMARINI.
detto V

Epicuro Napolitano.

drammi pastorali di Antonio Marsi Voi. I. La Mirzia favola


,

joschereccia inedita e sconosciuta

con

le

notizie biografiche

dell'autore

alcune sue rime (Disp. 221 della Scelta di

curios.

letter.).

Bologna,

Romagnoli, 1887 (8% pp. 196).

Antonio Epicuro occupa un posto notevole nella storia letteraria napoletana della prima met del secolo XVI. Nato intorno al 1475, egli pot vedere la fioritura letteraria, di cui
gonese,
notizie,
si

alliet

il

tramonto della dinastia


s,

arale

ma
che

pare che solo nel secolo seguente levasse fama di


di lui

perch

abbiamo, spettano tutte


ricevimento
(1),

ai

tempi della dominazione spaimprese da


lui

gnuola. Dell'Epicuro erano note finora, oltre alle

fatte in

occasione delle feste per


servate da
storici
la

il

di

Carlo

in

Napoli (1535), coned una


il

contemporanei
Palmarini trae

poche

liriche

petrarchesche

tragicommedia,

Cecaria, alla quale


dal

specialmente

raccomandato
vaticano

suo

nome. Ora

il

sig.

codice 1.6.9 dell'Alessandrina


(2)

una

favola boschereccia dell'Epicuro, la

Mirzia

dal

Reg. 1591

(1)

SuMMONTE, Historia della

citt e
si

regno di Napoli, Napoli, Bulifon, 1675, pp. 91-133. Queste


innanzi dal Sannazaro (De
2), de-

imprese, nelle quali l'Epicuro


Blasiis, Fabrizio

serv di alcuni concetti trovati

Marramaldo

e i

suoi antenati, nell' Arch. star, napolet., HI, 790, n.


storico,

vono essere

riferite

anche dal Castaldo,

che non potemmo vedere. Altre imprese dell'Epinella Riv. critica d.


,

curo sono descritte in un dialogo dell'Ammirato, che citiamo pi innanzi. recensione del libro del P., inserita (2) Il sig. F. Flamini in una buona
lett.

ital.,

anno IV, n" 5 ed uscita quando


del codice

il

nostro articolo era gi pronto per la stampa

pose

innanzi qualche dubbio su questa attribuzione.

Pur non volendo giurare


giustificati
,

sulla

parola del tardo

amanuense

questi dubbi

non

ci

sembrano

tanto pi che lo stesso recen-

sionista trova qualche

buon indizio in favore


Mirzia

di quell'attribuzione (cfr. col. 132, w. 2 e col. 146,

n. 2). L'ipotesi che autore del

sia state

un poeta della corte urbinate

(col.

139) non regge,

perch questi, anche avendo innanzi un modello napoletano, come la Cecaria, difficilmente si sarebbe indotto a porre la scena in vista del golfo partenopeo (Atto I, se. Ili) ed a lodare i giardini del vicer Toledo. I dubbi sorgono nel sig. Flamini specialmente per la complessit e perfezione della nuova pastorale, complessit e perfezione che, a suo avviso, non troverebbero riscontro in nessun'altra anteriore ilVEgle e al Sacrificio. Si veda pi innanzi quale sia la nostra opinione

in proposito.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
alcune nuove liriche, riservandosi di ristampare la Cecaria
nel

393
secondo

volume.
All'edizione della Mirzia va innanzi

una lunga Introduzione,


si

nella quale

accanto ad alcune notizie pregevoli sono idee, che non

possono in alcun

modo

il

restino, inutile

crediamo di dover subito confutare , affinch non ingombro, nella storia letteraria. I due gravi errori, dice P., ne' quali sono incorsi quasi tutti gli storici, che ne fanno menzione
sostenere e che
il

(dell' Epicuro),

crederlo nato in Abruzzo e

il

lasciare quasi vero co-

^). In altre parole, sostituendo cio alla frase negativa la affermativa: il poeta nacque a Napoli ed il suo vero cognome Marsi. Non v'ha dubbio che nella mente del critico le due idee siano sorte in ordine inverso a quello, con cui egli le enuncia, che cio ad abbracciare la prima sia stato indotto dal desiderio di seguir la seconda. Appunto perch esse sono cos collegate, noi, combattendo la prima, ci troveremo, giunti in fine del ragionamento, ad aver confutato anche la seconda. Fonte capitale per la vita del poeta il Ritratto, che ne lasci Scipione Ammirato; questi cos comincia a parlarne: Antonio, il quale nella sua giovinezza pi per esser lieto et sollazzevole, che per non credere, fu cocastello d'Abruzzi, et venuto giovane in gnominato Epicuro nacque in Napoli, insegn ecc. (1). Quale valore dobbiamo attribuire a questa fonte?

l'appellativo di Epicuro (p.

gnome

noto

come un'amicizia viva

e continua abbia legato lo storico


la

leccese a
(2).

Bernardino Rota, delle cui poesie cur replicatamente


parte
il

stampa

D'altra
affe-

Rota, discepolo in giovent dell'Epicuro, gli rimase poi sempre

zionato e ne pianse in versi italiani e latini la morte. Ecco


dizio in favore dell'attendibilit

un primo indell'Ammirato. Non basta: questi and a

Napoli nel 1547, otto anni prima che l'Epicuro morisse, e vi frequent la
casa del Rota e quella del Costanzo
ivi si (3). Un'eco delle riunioni, che dovevano tenere, possiamo trovare in alcuni dei dialoghi dell'Ammirato, anzi da uno di questi risulta evidente quanta parte avesse in quelle lo stesso Epicuro. Il dialogo delle Imprese si finge bens tenuto quando questi era gi morto, ma ad ogni passo ci imbattiamo nel suo nome accompagnato dalle espres-

sioni dell'affetto e del rimpianto pi vivi

(4).

Probabilissimo quindi

crederemmo
tudine.

di errare
il

sciuto di persona

che l'Ammirato abbia cononostro poeta ed abbia avuto con lui una lunga consue-

anche dicendo certo

e non

evidente dunque, che quanto egli dice sul conto dell'Epicuro

me-

rita tutta la nostra fiducia, tanto pi

che

la

sua narrazione non

cade mai
(5).

in contraddizione con le altre fonti, delle quali possiamo disporre


(1)
(2)

N a

AiooKATO, Oputeoi, Firenze, 1640,

II, 280.
,

De xeKUB, La

vita de' letterati talentini

Firenze, 1710, pp. 87, 107;


voi. ITI, P. II, p. 427.

ett.

Taturi,

Jit.

d. scritt. nati nel


(3)

Rtgno di Sap., Napoli, 1144-55,

(4)
(5)

Di Avoelis, Op. eit., pp. 68-9. AxxnuTO, OpiUcoU, I, 366, 380, 382-3 Una notizia circa il matrimonio dell' E.
il

ecc. ecc.
,

che a prima giunta potrebbe apparire inesatta,

cbiarita dallo stesso P. (p. 27 n.),

quale per ritiene che l'A. commetta


il

un

errore
vita

quando

aa-

serisce che l'ufSco di doganiere gli diede (all'.) per tutto

tmpo della sua

commoda-

mente da vivere (p. 44 n.).

vero che un documento prova che l'. non tenne quell 'ufficio

Ano

alla

morte

ma

altreei vero che la fraM deU'

Amminto

senza stiracchiatare, capace di

un'interpretazione, che

non contraddice punto a questa tcstBoniaiua.


SS

Oiomali

ttoriet,

X, tue. SO.

394
noi sembra,

RASSEGNA BIBLIOaRAFlCA
come
al P. (p. 29),

che

sia

argomento
sul

di

dubbio

l'ignoranza
nascita,

dell'Ammirato sul vero cognome del poeta e

paese della sua

che anzi, a nostro avviso,


care un enorme granchio

puntolini collocati in luogo di questo sono una


ci,
il

prova della sua coscienziosit. Malgrado tutto


l'affermazione
s

P. non esita a qualifi(p. 23).


?

dell'Ammirato

Ma

quali
altro

sono gli argomenti, che lo conducono a


se

grave conchiusione
fatto,

Nessun

non

il

fatto

che l'Epicuro
tale (p. 31).
la

si

faceva chiamare napolitano

(p.

24) ed era
sussi-

conosciuto
stesse in

come
tutta

Ammettiamo che questo

qualora

sua integrit, avrebbe

un qualche valore: valore per


il

sempre
nanzi.

relativo, poich

probabilmente basterebbe a spiegarlo


fatto,

lungo sogd'in-

giorno in Napoli.

Ma

il

esaminato un po' davvicino, sfuma quasi


della Cecaria,

La massima
di

parte dei contemporanei, che ebbero occasione di ricorl'autore

dare nelle opere loro

non

lo

designarono che col


al

nome
Rota
cosi

Epicuro od Antonio Epicuro, senza aggiungere nessuna determiil

nazione di patria: cosi fece


(1),
il

siciliano Pietro

Gravina in una lettera


(3), cos il

cos

il

beneventano Nicol Franco nelle Pistole e nei Dialoghi


cos

(2),

salentino Lenio Antonino neVOronte Gigante


(4)
,

napolitano

Bernardino Rota nelle Poesie


logo delle im.prese (5) , cosi vico Dolce nella sua grande
L' Epicuro
il

il

comasco Paolo Giovio nel Dia,

leccese

Ammirato

cos

il

veneziano Lodocinquecentisti
delle
(6).

raccolta di

Rime

di autori

non chiamato napoletano che


queste sono molte
,

sul

frontispizio

edizioni

della Cecaria;
nelle

ma

chiunque abbia un po'


le

di pratica

stampe del cinquecento comprende agevolmente che


edizioni
si

testimonianze

di tutte queste
della prima.

riducono in fine ad una sola, la testimonianza

Ora questa

fu,

secondo

il

Gamba,
tutte le

fatta in

Venezia nel 1522


successive
(8).

(7)

ed in Venezia furono pur

fatte quasi

edizioni

Non

volendo aflfermar nulla, che non ci sia attestato dai fatti, dobbiamo dunque conchiudere che, per quanto sappiamo, l'Epicuro era detto napoletano nell'Alta Italia.

Ancor

oggi, dopo

il

compimento
n pu certo

dell'unit nazionale, nel Pie-

monte, nella Lombardia,


parola

ma

pi specialmente nel
far

Veneto,

si

d a quella
nel se-

un amplissimo

significato,

meraviglia che

(1)

Pbtki Gbavinae, Epistolae atque orationes, Napoli, 1689,


i

p. 181.

Non abbiamo
ec.

potuto aver

a mano
(2)

Poemi

del Gravina dove pure deve esser nominato l'.

Le Pistole volgari di M. Nicol Franco, Venezia, Cardane, 1539,


e.

LXXXVI

XCVI

v;

Dialoghi piacevoli, Venezia, Giolito, 1539,


(3) Citato dal Palmarini a p. 15 n.
(4) Poesie, Napoli,
(5)
(6)

46

r.

1726,

I,

72, 291

II,

115, 131-2, 195.

Venezia, Ziletti, 1556, p. 76.

Vedi pi innanzi

la citazione esatta di questa raccolta.

(7) Serie dei testi di lingua^, p. 409.

Importa poco por la nostra questione che questa prima


, ,

stampa rechi

cognome Caracciolo o meno perch anche le edizioni che commettono quest'errore (cfr. Ammirato, Op. cit., II, 261), danno all'autore 1' epiteto di napoletano nella didascala premessa alla commedia cosi almeno le due, delle quali potemmo avere cognisul frontispizio
il
:

zione diretta (Venezia,


(8)

Da

Sabbio, 1528 e Venezia, Zoppino, 1530).


il

Evidentemente proviene dalle edizioni venete anteriori


si troverai si

titolo di

napoletano

che proba-

bilmente
quivi

dato all'Epicuro anche nell' edizione fatta a Napoli nel 1532 (p. 38), poich

non

poteva certo pensare a contraddistinguere un individuo con quella designazione.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
colo
in

395

XVI

si

un paese

chiamasse napoletano chi era nato in un villaggio degli Abruzzi, cio del regno di Napoli. Ed ecco che a conferma di queste

nostre osservazioni contrapponiamo all'attestazione

d^li

editori

veneti

la

testimonianza di scrittori

meridionali
di

quali

nati essi stessi nel regno

una designazione vaga, ma indicarono pi chiamandolo Marso, abruzzese. Infatti il siciliano Pietro Gravina indirizza una lettera Joanni Fundano et Antonio Epicuro Marso (1) ed il medico napoletano Paolo Tucca, ponendo in capo ad un suo opuscolo un epigramma dell'Epicuro ed uno di un Dionisio nipote di lui, li intitola rispettivamente Antonii Epicuri Marsii > e Dionysii Marsii Epicuri Nipos (2). Queste due didascalie appunto indussero prima il Melzi a mettere innanzi dubitativamente l'ipotesi che l'Epicuro fosse cognominato Marso o di Marso o pi probabilmente Marzo o di Marzo, il P. ad afiFermare recisamente che egli appartenne ad una famiglia Marsi. La loro non potevano accontentarsi
esattamente
la patria dell'Epicuro,

opinione specialmente fondata sulla seconda didascalia, nella


il

quale, dice

componimento, che il luogo di nascita (p. 3<)). Invero non comprendiamo tale necessit; perch dunque non si poteva dire che l'epigramma era di Dionisio abruzP., era necessario pi
il

cognome

dell'autore del piccolo

zese nipote dell'Epicuro

Tutt'al pi questa didascalia poteva essere recata

per confermare l'asserzione dell'Ammirato non essere questo che

un sopran-

nome. Non vogliamo insistere pi su tale questione, poich , ormai non faremmo che sfondare un uscio aperto. Le osservazioni che il P. fa poi (pp. 32-5)
quasi per puntellare la sua opinione

non meritano

di essere discusse.

Gli
,

faremo solo notare


quali, secondo lui,

a proposito di ci che dice a


il

p.

33

che

letterati

hanno

cognome Marsi, sono precisamente


Si
tratta

nelle stesse

condizioni

dell'

Epicuro

(3).

proprio di abruzzesi dei quali igno-

riamo
rare

il

casato, a quella

rimaste,

come

guisa che dopo le ricerche del Luzio (4), pare, ignote al P. (pp. 34, 39), dobbiamo rassegnarci ad ignostessa

almeno per ora il nome di famiglia dell'Aretino, a quella stessa guisa che non possiamo dire con sicurezza quale fosse il casato di Serafino Aquilano
(5).

Le

notizie sulla vita dell'Epicuro sono piuttosto scarse

probabilmente poar-

trebbe accrescerle chi avesse agio di frugare

nelle

biblioteche e negli

chivi napolitani,

il

che

il

P. non fece che in piccola

nalmente. Alieno in generale dalla vita pubblica, 1' a nessuno di quei fatti, di cui tien conto la storia

non persoEpicuro non partecip ed appunto forse per


parte
e

lU

'-';'.

cil., p.

181.
,

(2) 3IKI.ZI,

Disionario di opere anonime e pteutUm.

358

8.

Epicuro. Anche

il

cod. rat.

Reg. 1591, probabilmente perch scrtto da on meridionale, chiama l'Epicuro Morto.


(3) Il

P. cita Pietro Marso e Paolo Marso: del primo

il

Toppi

Bibliotca

napoUt
il

Napoli,

1678, p. 248, asserisce che nacqne appunto negli Abmzzi, del secondo cosi scrve
cit., t. II
,

T&pw,

Op.

P. II

p. 253:

< Btsi la soa rrt a farlo noto per tatti

secoli a venire col solo

< nome di Paolo, essendosi affatto perdalo quello del sao casato, e tatto che nato in Peseta volle portare la denominazione della regione de' Mara, ove sitaata detta sua patria .
(4) (5)

La famiglia di P. Aretino,
Anche
il

in questo Giornale, IV, 880.

FI. (coU. 148-9) fo airone obbiezioni alla

conchinmone del P. sol casato del poeta,

ma

certo troppo timidamente.

396

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
doganiere della provincia di Terra
risulta

questo siamo cosi a corto di sue notizie. Insegnante dapprima, egli ebbe pi
tardi, nel 1528, l'ufficio di
di

Lavoro e

del contado di Molise,

come

da documenti

citati dal

Toppi e dal

Tafuri (1), che il P. non riusc a scovare nell'Archivio di Napoli (p. 51). Egli vi trov bens un documento, che pubblica a pp. 45-6, dal quale risulta come nel '38 l'Epicuro abbia ceduto quell'ufficio ad Alfonso Rota, fratello di

Bernardino

(2).

Dalla moglie Giulia di Dato ebbe, oltre ad alcune figliuole,


Scipione,
il

un

figlio di

nome

quale mori giovanissimo nel 1555.

Il

padre

gi ottuagenario rimase cos accasciato da questa sventura, che poco segu


il

dopo

tomba. Nelle pp. 55-64 l'A. procura di tratteggiare il carattere dell'Epicuro, deducendolo dalle attestazioni degli storici e dalle
figliuolo nella

opere sue. Qui


delle cose

avremmo

desiderato

una maggior concisione, perch molte

che si dicono sono generalit di nessun conto , che mal si convengono ad una critica seria. Piuttosto il P. avrebbe potuto toccare delle relazioni dell'Epicuro co' suoi contemporanei, specialmente col Rota,
il

quale

mostra nelle poesie volgari e latine una tenerezza grande per


maestro
(3).

il

vecchio suo

N avremmo

voluto che l'amore per

il

soggetto
:

preso a trat-

tare conducesse l'A. ad apprezzamenti del tutto insostenibili

alludiamo spe-

cialmente a ci che egli dice sulla castigatezza e sulla idealit delle poesie
di

Antonio contrapponendola

alle lascivie del Beccari

e del Tasso

(p.

59).

una descrizione di donna che si legge a pp. 138-41 del presente volume, descrizione minuta e sensuale quant'altra mai (4). Siamo ben lontani di fare carico di ci all'Epicuro, ma ci pare riEgli doveva pur rammentarsi di
dicolo
il

proporlo quasi a modello di moralit.


sbriga con brevi parole e noi ne seguiremo l'esempio per ve-

Delle liriche, che vedono ora per la prima volta la luce, poche e di scarso
valore,
il

P.

si

nire a discorrere delle opere drammatiche dell'Epicuro, sulle quali ci cadono

in acconcio alcune osservazioni

(5).

Il

poeta abruzzese ha,

come autore

della

(1) Toppi,

Op. cit, p. 26; Tafcbi, Op. cit,

i.

UI, P.
il

II, p. 60.

Vi per una piccola


Esecutoriale 39
,

diffe-

renza tra
cita
il

le indicazioni dei

due autori

che mentre

primo

cita

1'

il

secondo

29.

(2)

Avremmo

desiderato che
il

il

documento

fosse pnhhlicato pi correttamente; tuttavia la


si

pub-

blicazione

non merita

titolo i'

informe, che

permise di darle

il

proto della tipografia, leg-

gendo male un conforme del manoscritto.


(3) Cfr.
(4) Si
i

luoghi citati nella nota 4 di p. 394.

legga specialmente la pornografica

stanza di p. 140

della quale

il

P. credette

perfino

opportuno di nascondere un verso.


(5)

proposito delle liriche dobbiamo fare per un'osservazione.


1.

11

P. (p. 64) dice che


dell'

il

Cre-

scimbeni

e.

(cio 1. 7,

P. IV, non V, 34) parla

una Raccolta di rime

E. stampata a
s

Napoli senz'anno.

noi non venne fatto di trovare nel Crescimbenit una tale asserzione,

bene

quest'altra, che cio poesie dell'E. sono nel libro settimo delle

Rime di

diversi eccellenti autori

napolitani

e d''altri .

la citazione esattissima,

dacch appunto nella raccolta, curata, come

noto, dal Dolce,

Rime
E.

di diversi signori napoliiani e d'altri nuovamente raccolta et ingresse.


e fratelli,

Libro Settimo, In Vinegia, Appresso Gabriel Giolito de' Ferrari


Bono tre sonetti
dell'

MDLYI,
in

a pp. 257-8,
della

Un

altro sonetto di lui diretto a Ferrante

Carrata

occasione

morte

di Girolamo, fratello di questo, si legge nel Libro


e d' altri nobilissimi

Quinto

delle

rime di diversi

illustri si-

gnori napoletani

ingegni nuovamente raccolto e con nova additione ristam-

pato. In Vinegia, Appresso Grabriel Giolito ecc.,

MDLV,

pp. 97-8.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Cecaria,
in cui

si
il

397

merito di aver tolto l'egloga drammatica dalla rude semplicit

arrovellava ancora e di aver cosi gettato la prima pietra di


edificio,

un nuovo
il

mentre

altri

anteriormente non avevano fatto che sca-

vare

terreno, prepararlo quasi per gettare questa

prima pietra

(pp. 81-2).

Questo giudizio del P. , a creder nostro, eccessivo, poich, se la Cecaria ha pure qualche importanza nella storia del dramma pastorale, sarebbe erroneo attribuirle il merito di una grande innovazione. L'argomento e la
struttura scenica vi sono semplicissime:
tre ciechi,

disperati

per

amore e

deliberati di por fine ai loro giorni, sono trattenuti dal porre in esecuzione
il

loro triste proposito

da un sacerdote, che
il

li

colo; questo risponde che la causa dei loro dolori

conduce a consultare l'orasar anche causa della


i

loro gioia;

il

sacerdote interpreta

responso ed

tre

ciechi, ritornati alle


i

loro donne, riacquistano l'amore e la vista (1).

Quantunque

pei-sonaggi

non

siano pastori ed all'autore sia piaciuto chiamare l'opera sua tragicommedia,

questa tuttavia

si

riconnette strettamente e per


(2)

l'argomento in

generale e

per alcuni motivi particolari in essa svolti


del secolo

ad un genere
rappresentativa
di

letterario,

che

per molto tempo ebbe una singolare fortuna. Infatti negli

ultimi

decennii

form la demoda, qualche cosa di simile al proverbio dei giorni nostri, un divertimento che rallegrava ogni solennit e senza del quale una festa non sarebbe sembrata compiuta (3)
e nei primi del

XV

XVI

l'egloga

lizia della societ colta italiana; essa

era

il

genere

Si giunse a tal punto da qualificare col

nome

di

egloga (jualunque breve com^


il

ponimento adatto
tenuto
i

alla rappresentazione, sia

che esso rasentasse per

con
(4)

confini della tragedia, sia

che ridesse gioviale come una farsa


lui e

Gi sullo scorcio del quattrocento Serafino Aquilano aveva composto egloghe


di

una certa complessit ed insieme a

dopo

di lui altri molti si

erano

provati nello stesso genere.

La

Cecaria,

confrontata con queste egloghe

drammatiche
lirico (5).

anteriori,

di versi, la quale in

non se ne differenzia, che per una maggiore quantit gran parte dovuta alla preponderanza dell'elemento maggior novit essa presenta dal punto di vista della metrica.

(1)

Questo

, si noti, l'arg^omento della

Ctcaria nella sua forma completa,

ma

nella prima edi-

zione (1522) ed in alcone altre le


(2)

manca
i

tatta la seconda parte, rfi/MOiinactoii^ dei ciechi.

Citiamo l'idea di far ricorrere

pastori all'oracolo, che, secondo nota


;

P. (p. 80),
il

rimonta

probabilmente alla prosa IX ielV Arcadia

il

modo con

coi Fileno svela a Tenalia


il

sao amore,

che forse imitato dalla prosa Vili, come fece rilevare


(3) Si confronti

Flamini

(col.
il

143).

a questo proposito

il

nostr ) libro B. Quarini td

pp. 164-75.

Ma

a quelli col citati moltissimi altri


le

Pattar fido, Torino , 188A, esempi potremmo ora aggiungere : afBnch si


ci

Teda

la parte

che nelle feste del 500 avevano

egloghe,

limitiamo per ora a rinviare a Lezio,


pp. 16, 17, 21, 38, 39, 56, 58

Federigo Gontaga ottaggio atta corte di Giulio II.


(Estratto dall'^rcA. d. societ rom. di
(4)
tt.

Boma, 1887,

patria, IX).

Olimpo da Sassoferrato, ad esempio, intitola egloghe dna saoi componimenti drammatici, che

nulla

hanno

di pastorale

all'

ano porge argomento

la nota novella boccaccesca di Guiscardo


figlio,

Oismonda {Deeam., IT,


incontravano ad ogni

I), all'altro la favola del

padre e del

che andavano eoU'asino ed

primo

trova nel Libro

BruHtttiHa del
voi.

vianianti che biasimavano il loro modo di aervind di questo. Il d'amore chiamato Oloria, il secondo nel Liiiffuaeeio: cfr. Lmio, La PoUtiano e Baldastare Olimpo da Sotto/errato, nella Xuoea Antal. iwra II,
tratto
.

XXin

(1880), pp. 53, n. 2 e 82.

(5)

Tale preponderanza riconoedata anche dal P. (p. 74).

398
sia

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
che
si

considerino singolarmente le varie

forme usate,
la

sideri la loro giustapposizione. Infatti

non certo per


i

sia che si conprima volta nella


gli

Cecaria, l'ottava, la terzina, gli endecasillabi


sillabi alternati

con rimalmezzo,

endeca-

a settenari

si

prestavano a rivestire
favore
(2);

concetti di un'egloga,

n per

la

prima volta appariva in questo genere


dell'Epicuro incontr
si
il

la polimetria (1).

La tragicommedia
mente per
la imit,
il

il

del

pubblico probabil-

genere stesso cui

connetteva
Tansillo

anzi trov ben presto chi


i

poich noto averne

tratto

suoi

Due
il

Pellegrini,

quali,

come ha con buone ragioni dimostrato recentemente


scritti

Gaspary

(3),

furono

prima dei 1528. Ma l'Epicuro stesso volle svolgere la tela nacque cos la Mirzia (4). Due pastori Trebazio e Pilerie sono innamorati di due ninfe, Mirzia e Venalia, le quali non corrispondono al loro amore, anzi la seconda alla dichiarazione di Filerio si
della Cecaria e ne

offende e fugge. Ottimio, mentre procura di confortare l'amico Filerio e se

ne sta con

lui

ad osservare di sur un albero alcuni giuochi delle ninfe,


le ninfe,
i

si

invaghisce della stessa Diana. Partite

tre

pastori

si

trovano in-

(1) Cfr. (2) Il

il

nostro libro citato, Ice.

cit.
1'

Flamini spiega qnesta fortuna con la parodia che


ci fa

Epicuro (certo

senza proporselo
(col. 142).

come obietto determinato)


In questo giudizio non
tuale dell'egloga
,

in essa

delle egloghe
lui
,

drammatiche del tempo suo


il

ci

possiamo accordare con

poich a noi sembra che


il

carattere

abi-

genere scipito e spesso grottesco, ed

secentismo precoce

che

lo stesso Fi.

rileva e di cui l'Epicuro aveva modelli assai vicini (cfr.

D'Akcoka, StudJ sulla

lett. ii.

dei primi

sec, Ancona, 1884, pp. 181 sgg.


ci

siano

elementi sufficienti a far parere

ai nostri

occhi parodia
al-

che non poteva in nessun modo apparire tale n


questo OiornaU, IX, 461-2.
(coli.

ai lettori o spettatori del

cinquecento n

l'autore.
(3) Cfr.
(4) Il

Flamini

143 sgg.) ha egregiamente rilevato quali

altri elementi, oltre

a quelli de-

sunti dalla Cecaria, entrino nella Mirzia, facendo risaltare le affinit che intercedono fra questa
e l'egloga Albania di Garcilaso de la Vega.

quasi fuori di dubbio per le ragioni interne non

Ammessa la relazione meno che per


il

diretta fra
le

due componimenti,

cronologiche addotte dal Fla-

mini stesso

(col.

146, n. 2), che l'Epicuro sarebbe stato l'imitatore.


si

quelle ragioni cronologiche


dell'

saranno anche rafforzate quando


determinato con una grande

sappia, che

tempo

di

composizione

Albania pu essere

approssimazione.

Infatti la famiglia che Garcilaso

prende a lodare
alle

sulla fine della sua egloga quella dei duchi di Alva de

Tormes

ivi egli

accenna

eroiche

gesta di
il

Garda
d'

di Toledo, per venir poi ad esaltare in


,

buon numero

di versi

Fernando Alvarez,
,

duca

Alba

resosi poi
il

famoso nelle guerre fiamminghe.


,

Egli parla della sua infanzia


,

della

sua educazione sotto


Francia,
il

Boscan

delle sue nozze

ne narra la partenza di Spagna

il

viaggio in

suo arrivo a Batisbona, mentre quivi era adunato intorno a Carlo Cesare
el

magisterio de la terra
la

Convocado a

guerra ch'esperavan.

Fernando prende quindi parte ad una spedizione contro

Turchi, a combattere

quali accorso

un

esercito composto di gente di ogni paese

Vieras un campo junto de naciones

Diversas y razones,

mas d'un

zelo.

Compiutasi vittoriosamente la spedizione,


falmente dai vassalli e dalla
famiglia.

il

giovane duca ritorna in Ispagna, dove accolto trionv'

Non

ha dubbio che qui


,

alluda alla dieta tenuta in


di

Katisbona

nell' aprile del

1532 ed alla spedizione

splendida per preparativi,

Carlo

contro

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA.
sieme e Trebazio riceve dai

399

compagni un
le

velo,

che

Mima
lei.

ha perduto e
ninfa infatti

coU'aiuto del quale spera di conquistare

grazie di

La

ritoma in traccia del velo, Trebazio le parla del suo amore e quando crede d'averla piegata, si vede gettato da lei con una gherminella in una fonte vicina. I tre amanti desolati ricorrono allora ad un oracolo, il quale predice a Filerio, che Imeneo lo trarr di pene, ad Ottimi che potr godere la dea
solo perdendo la sua

forma umana, a Trebazio, che placher


;

la

sua ninfa

fuggendola.

pastori discutono su questi oscuri responsi

indi,

rimasto solo
quegli la rein mirto.

Trebazio, Mirzia sopraggiunge, pentita della sua crudelt,

ma

spinge sdegnosamente.
viene a confortarlo,
sponso, perde
il

La
il

ninfa, oppressa dal

dolore, si tramuta
alti

D'altronde Ottimio va errando per le selve, levando

lamenti; un satiro
dell'oscuro
re-

ma

pastore, tormentato

dal pensiero

tramuta in fontana: cos egli godr Diana, che verr a bagnarsi in quell'onde. Trebazio stacca un ramo dal mirto, che gi fu Mirzia e ne esce la voce lamentevole di questa , che prega compas-

senno e

si

sione.

Il

pastore allora ed
i

il

satiro invocano Venere, affinch

ridoni

forma

umana
rale
della

alla ninfa ed

loro preghi sono esauditi. Cosi alla fine della pastoi

Imeneo congiunge

due giovani, e

le

nozze

sono allietate dal suono

zampogna

del satiro.
il

Ad

apprezzare rettamente

valore di questa pastorale necessario anzi

tutto vedere in qual

tempo

sia stata

composta

secondo

il

Palmarini prima

del 1535, poich in quest'anno essa sarebbe stata

rappresentata in Napoli,
il

presente Carlo V. Ecco


19 dicembre di

come

egli ragiona

Gregorio Rosso narra che

quell'anno fu rappresentata

d'innanzi all'imperatore

una
fatti

Egloga o forza

pastorale... molto redicola (pp. 89-90). D'altra parte

l'Am-

mirato dice: <

N poco

acquist d'Epicuro) con


.
il

l'invenzioni

et versi

negli archi nell'entrata ecc.

Per

il

P. queste invenzioni accennano alla

rappresentazione di cui parla

Rosso, per noi invece questa interpretazione

Solinuno

Garcilaso stesso

ha cnia

di assicanrci dell'esattezza di qnesta interpretazione


il

ponendo

in bocca al vecchio, che annunziava all'incantatore Severo

fatare, qnesti versi:

porqne' spantes

todos,

quando cantes

!oe

famoMs

Hechos tan gloriosos tan

illnstrs,

Sahe qa'en cnco lostres de sns a&oe

Hera tantos engaQos a

la

mnerte

Qae cnm animo

fiierte

havra passado
visto.

Por quanto aqoi pintado della


Infetti
i

il

daca d'Alba aveva nel

15.32 venticinque anni.

Se ora pensiamo che la spedizione contro

Turchi non fa compiuta prima dell'ottobre, che Garcilaso rimase per qualche tempo prigione di

Carlo
II,

in un castello sul Danubio (Tickkok, tittoir* de la lUiirature tpagnok


il

Paris

1870,

24) e che egli narra anche

ritorno in patria di Fernando, possiamo con sicurezza conchu-

dere che

V Albania

non

fu certo

composto prima del 1533. D'altra parte certo che se Garcilaso


di far parola

lo avesse scritto

dopo la spedizione di Tunisi, non avrebbe mancato

anche

di questa,

poich Fernando vi ebbe gran parte. L'egloga spagnaola fu dunque indabbiament* composta nel
*33 o nel '34, cio dopo che
il

poeta era stato a Napoli nel '32, prima che vi tornasse nel 'S5.
,

tnmt conofnza della Mirtia, quand' anehe non ammettinao, essa toam stata scritta gi in qnegU anni.
quindi estrenianMnt difBdle che egli

cosa elw

400

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

assolutamente da escludersi, essendo troppo chiaro che l'Ammirato, il quale parlava di imprese, alludeva a quelle figure simboliche che erano in queste

compimento necessario dei versi. La congettura sulla rappresentazione della Mirzia resta dunque campata in aria, che non certo buon argomento a sostenerla il sapere che l'Epicuro abbia fatto le imprese. Non mancano piuttosto gli indizi contro di essa: anzi tutto pare difficile che la Mirzia potesse essere designata col nome di farsa molto ridicola, n le sottigliezze
del P. (pp. 90-91) sono sufficienti a
togliere

questa obbiezione. In secondo


si

luogo noto come per una inveterata tradizione


reale e

solesse introdurre nelle

egloghe pastorali sotto un velo allegorico qualche elemento tratto dal mondo come, specialmente in quelle rappresentate
lo

feste
si

di corte, sia

sempre palese

scopo adulatorio. Ora come mai l'Epicuro


suo

sarebbe aste-

nuto dall'introdurre nel

componimento una scena, un monologo, una

frase in lode del potente monarca, che sarebbe stato fra gli spettatori?

La
che

rappresentazione della Mirzia d'innanzi a Carlo

dunque
di

tutt'altro

provata, anzi per parte nostra dichiariamo di non crederci affatto.

Ma

a determinare
ci di aiuto

approssimativamente la data

composizione della

Mirzia,

atto Ottimio, salito

un accenno trascurato dal P. Nella scena 11 del primo sopra un olmo, vede Pozzuoli, Guma, Ischia e ancor
Ov' del gran Toledo
il

Miseno
bel giardino,
tolto
il

Che a quel d'Alcina ha

nome

'1

preggio.

Don Pedro Alvarez de Toledo


al febbraio del '53, sicch la

fu vicer di Napoli dal settembre del 1532

composizione della Mirzia cade necessaria-

mente
Ora

tra questi due limiti


si

(1):

maggiore esattezza
a qual

di determinazione

non

crediamo
si

possa, nello stato attuale delle cose, ottenere.

presenta naturale la domanda:

punto di svolgimento era

giunta in quegli anni la favola pastorale? Gi nel 1528 era uscita m\ Egloga jmstorale di Flavia (2), la quale sebbene non abbia pi di tre personaggi

mostra gi colla sua ampiezza un certo avanzamento del genere; ma nel '38 l'infaticabile Zoppino pubblicava V Amaranta, comedia nuova pastorale di Giambattista Gasalio (3), in cui abbiamo, se non un argomento assai complesso ed intrecciato,
otto interlocutori ed
il

uno svolgimento scenico degno di nota. Vi agiscono dramma diviso in ben cinque atti troviamo anche
:

qui la solita variet di metri, l'ottava accanto alla terzina sdrucciola o piana.

Pochi anni dopo, nel "46, vedevano la luce in Venezia due egloghe di Agostino Gaccia, l'una, YErbusto, in tre atti con cinque personaggi, l'altra, la

(1) II

Flamini

(col. 139, n. 2) ritiene


il

ogni dubbio poich

giardino

Azio molto naturale di


(2)

che il termine ad quem cos fissato non sia superiore ad doveva esistere anche pi tardi e qui pu trattarsi di un artiimitatore . Questo argomento ci paro una sottigliezza non verosimile.
di Flavia
\

Egloga

Pastorale

Interlocutori

Siberia

Phtleno

et Flavia.

In fine

Stam-

pata in Vinegia per Girolamo

da Lecco ad instantia di Christoforo da Milano detto Stampone e suoi compagni Ne l'anno MDXX YIU Adi JllJ di feb. Zopino, del Mese di Agosto MDXXXYIII. Secondo (3) In Vinegia, per Nicolo d'Aristotele detto
Pentio

il

Quadrio,

St. e rag.,

V, 398,

questa pastorale sarebbe stata composta prima del 1500:

cfr. il

nostro libro citato, p. 174.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Filena, in quattro atti

401

con
di

sei

personaggi
le

(1).

notevolmente complesse
pure stampate solo

sono pure

le

egloghe

Andrea Calmo,
esser

quali, se

nel 1552, dovettero certo

composte qualche tempo prima, anch'esse divise in atti e abbastanza ricche di personaggi (2;. La Mirzia non ha n un argomento pi involuto, n uno svolgimento scenico maggiore che le pastorali ora enumerate. L'argomento infatti si complica alquanto solo per
analisi
Il

la triplicit dell'azione, la quale nelle sue singole parti in ultima

semplicissima
della sorte

(3).

dramma

resta poi
il

monco

sulla fine perch nulla si sa

di Filerio, che, ottenuto

responso dell'oracolo,
in
atti

scompare del
e sovrim-

tutto dalla scena. D'altro canto la divisione

artificiale

posta forse per necessit di rappresentazione, n scaturisce in


dall'azione
(4;.

modo alcuno

L'importanza storica della favola scoperta dal P. pu dunque,

finch non se ne stabilisca con maggior sicurezza la data di composizione,


essere varia secolo
fatta

piccola se questa data ci conduca assai presso alla met del XVI, essa andrebbe aumentando, quanto pi la composizione fosse retrocedere nel tempo in ogni caso non la crederemmo mai tale da non
:
:

temere
Il

rivali.
i

P. chiude Y Introduzione col porsi la questione se


la

contemporanei
si

del-

VEpicuro abbiano conosciuto

Mirzia
Tasso

(p. 101).

Egli opina che

e pare

voglia trovare le prove del fatto nell'influenza che questa avrebbe esercitato
sulle pastorali del Beccari e del
(p. 104).

via la dimostrazione

riuscir:

intanto
il

noi

Non sappiamo se per questa crediamo bene far rilevare un


fido di Giampietro

passo delle Considerazioni sopra

Pastor

Malacreta,

passo che potrebbe forse mettere sulle traccie di un'imitazione della pastorale del poeta abruzzese. Ivi infatti a proposito di

un episodio

del

dramma

guariniano (A.

Ili,

se. II;

si

dice:

Non
il

par verisimile (tuttoch questo


il

giuoco sia stato introdotto ancora avanti Mirzia^ stampata gi in

Parma

simile, dico, che andassero (le

Pastor fido dall'autore della Marzia), non par verininfe) a giuocare alla cieca in luoghi pubsotto
titolo di
eli

blici

(5).

Non abbiamo avuto modo

vedere la pastorale, cui allude

il

critico vicentino e
scritta in

che l'Allacci attribuisce a Selvaggio Selvaggi, dicendola prosa (6): ma sarebbe interessante l'esaminarla, perch anche nella
le ninfe

Mirzia dell'Epicuro

giuocano alla cieca (A.


(1).

II,

se.

1),

n forse questa

concordanza e l'identit nel nome sono casuali

(i;
{'!)

Vallaow,

Storia dtUa poesia in PitmonU, Torino, 1841.


,

Cfr. la noeti

role nna
(3) 11

Introdutm alle Lettere del Calmo, Tonno 1-^^S, i>p. bxxxii-nu. notcrU rasBomiglianza di motiri tra le egloghe del poeta veneziano e la Mirtia. Flamini (col. 140) d nna qualche importanza per dimostrare il grado di svolgimento
certi artiflzit (l'oso del velo, l'apparizione del satiro)

della

Mirzia a
,

che

ci

ricordano altre no-

tissime favole
nella Cecaria
:

non esclosa

l'

Aminta

>.

Quanto

al velo

noteremo che

di esso si parla

anche

quanto

al satiro della

Mirtia oeserrereroo che esso, amico e confortatore degli inpastorali


,

namorati, non ha nulla a che fare col satiro delle pi tarde


quasi
il

nelle

quali

rappresenta

genio del male ed sempre animato dalla sensualit pi sguaiata.

(4) Si

veda come la divi&ione tra

il

secondo ed

il

terzo atto riesca del tutto inopportuna.

(5) (6)

OciKisi, Opere, Verona, 1737-8. IV, 81.

Drammaturgia, Venezia, 1755, col. 513. rammenti che U pastorale del Selvaggi deve eaere in prosa e non pu quindi cadere in mente di &me nna cosa sola con quella attribuita dal codice all'Epicnro.
(7) Si

402
Esaminato
cos
il

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
contenuto di questa Introduzione
ci

rimane a

dir qualche

cosa della sua forma esteriore e del metodo con cui coadotta. Disordinata

specialmente nella prima parte, essa manca di quella connessione e perspi-

che sono pregi essenziali dei lavori di erudizione. 1 fatti e le testimonianze sono esposti alla rinfusa, senza che apparisca punto lo studio di farne risaltare l'importanza relativa: cosi, per citare un esempio, il P. spende due pagine (pp. 40-41) per parlare di un qui pr quo del Brunet, che poteva tutt'al pi dar luogo ad una nota, mentre poi confina in nota un documento importante e finora ignorato (pp. 44-6). Ma il difetto capitale del lavoro , a nostro avviso, la grande deficienza di retto criterio nell'apprezzamento delle fonti, tale che alle attestazioni dell'Ammirato si d suppergi lo stesso valore che a quelle del Crescimbeni e si mette accanto alla testimonianza di un documento sincrono quella del Quadrio (p. 52). In questa parte procuri il P. di essere in avvenire pi circospetto, ma procuri anche di evitare certe uscite comiche inopportune (pp. 56-7), certe volate liriche uggiose (pp. 94-6), certe costruzioni, che se a taluno potranno parere arditi anacoluti, sono per noi sgrammaticature bell'e buone (1). Gonchiudiamo la pastorale posta in luce dal P. se non ha l'importanza, che egli vorrebbe attribuirle, tuttavia degna di molta considerazione ed Introbene che sia stata richiamata su di essa l'attenzione degli studiosi. duzione, se pure non risponde interamente alle esigenze della critica mocuit,
:

derna, ha delle parti

buone e noi abbiamo creduto opportuno discuterla minutamente e ampiamente, aftinch FA. possa nel secondo volume accettare in tutto od in parte le nostre opinioni o recare contro di
esse

quegli

argomenti, che gli sembreranno adatti a infirmarle. Dalla discussione, checch


il

P. ne pensi (cfr. pp. 8-9), suole scaturire la verit

quattro occhi vedono

sempre, anche in questioni critiche, meglio che due.

Vittorio Rossi.

A.

AD EMOLLO.
1887
(8,

Corilla Olimpica.
fig.).

Firenze, Ademollo o C,

pp. xxvi-5-iO,

La gran fama che circond

la

improvvisatrice pistoiese nel secolo passato,


disprezzo e quasi l'oblio ne' tempi nostri,

ebbe per ragionevole riscontro


tratto alla luce

il

e se qualche segugio di curiosit recondite e appetitose


il

non avesse

di

nuovo

nome

di lei, divenuto

ludibrio di

romanzieri

e di poeti

drammatici,

gli errori

sarebbero perdurati intorno alla sua vita, che rispecle condizioni della societ di que' tempi.

chia assai esattamente

Perci non

(1)

Citiamo, per satrgio, questo periodo:


i

La Cecaria, qualche

cosa come ad esempio di sueio

cesso,

Postuma

del Guerrini

appena
(p.

recitata, se

ne fecero numerosissime edizioni,

ne do

ventitr, n credo che siano tutte


lirica

20), e quest'altro: Il suo valore tutto riposto sulla


lo

ahbondant
lo si

fluida e originale

quanto

pu

essere in

un poeta

di tal'

epoca

(p. 72),

dove quel

sottrae proprio ad ogni regola.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
a stimarsi inutile un'opera, che
direi, col colore locale e

403
ci

restaurando

la

verit,

mostri, quasi

per mezzo della

viva parola di contemporanei le

vicende di questa donna, la quale fu motrice e pretesto di tante e cos sva-

pu di primo tratto dubitare se tutta la congerie di paronde s'accresce mole al nuovo libro, sia pari alla importanza dell'argomento, ma ove si pensi che appunto da questi ben spesso ricevono
riate passioni. Si
ticolari,

lume i fatti e le pei-sone, non staremo a sottilizzare se ve n'ha di troppo. Tanto pi quando si consideri che noi non abbiamo dinanzi un libro scritto con intendimenti artistici, s bene una ricchissima serie di documenti, i
quali disposti in ordine cronologico, e a seconda di certe partizioni stabilite

un largo signinon infrequenti ripetizioni che qua e col si riscontrano, allorquando pi d'uno chiamato sulla scena a narrarci la stessa cosa, quantunque in generale l'autore abbia avuto l'accortezza di scegliere que' tratti che o aggiungono particolari di qualche momento, o ci porgono diversit di giudizi e di apprezzamenti. Ma ci che conferisce moltissimo a rendere meno grave la lettura del volume si la buona ed opportuna disposizione della materia, la quale, nella congerie delle molteplici testimonianze, si svolge ordinata, seguendo il concetto che si proposto l'A. e che si manifesta sempre assai chiaro e distinto in tutto il
dall'autore,

assumono valore

di vera e propria biografia in


le

ficato.

Ci in qualche guisa giustifica eziandio

lavoro.

Quattro sono

le parti

onde

si

divide quest'opera.

La prima

ci

rappresenta

le condizioni della

Toscana, e specialmente di Firenze nella met del secolo


parecchi
caduti
nell'oblio,

passato. Quivi siamo introdotti alla conoscenza degli uomini pi reputati di

quei

d,

ed anco

di

che ebbero allora

il

loro

buon momento
siamo perci

di effimera gloria.

Assistiamo agli

intrighi di corte e d'al-

cova, alle feste pubbliche e private, ai divertimenti d'ogni


farci

maniera, e postutti
i

un concetto

assai esatto della societ

con

suoi vizi

e le sue virt, inerenti all'ambiente che s'era venuto


in quella citt che vide spegnersi d'inaaizione

man mano formando


fa-

una possente e celebrata

miglia, e dovette alla merc altrui

rimpannucciare una dinastia straniera

che s'accomod agevolmente in quella sede regale, testimonio continuo della passata grandezza. Quivi mosse certamente i primi passi la improvvisatrice, la quale dee aver destato intomo a s quel sentimento di benevola curiosit, che si cambi poi in cos gran fama. Ma noi entriamo guidati dall'autore nella sua vita letteraria solamente l'anno 1750, quando condotta a Roma in et di 23 anni venne acclamata
pastorella

d'Arcadia col

nome

di

Gorilla, onore

che

si

stimava assai a

que' giorni, quantunque concesso a qualsivoglia scannato versaiuolo.

La

se-

guiamo quindi a Napoli, dove contrae


dal quale
si

matrimonio col Fernandez, divise dopo pochi anni, ed eccola di nuovo a Roma frequenl'infausto

tatrice assidua d'Arcadia, centro di letterari ritrovi gi vittima di satire, e

a quanto pare d'uno sfratto misterioso promosso dal partito gesuitico. In questa guisa passiamo alla seconda parte del lavoro, che ci narra le vicende della poetessa ne' venticinque anni che corsero dal 1750 al 1775.
Tratto di tempo fecondissimo di avvenimenti,
i

quali

preparano
ci

il

pi cladi-

moroso

fatto

che vedesse

Roma

nel

secolo passato. Intanto

passano

404

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
i

nanzi, e noi possiamo osservarli a nstro agio,

principali attori di quella

gran commedia che fu l'incoronazione, ed entriamo


corteccia di fastosit e d'apoteosi
serie e pi gravi rivalit.

man mano
come
ben

nello spirito,
sotto
altre

nelle passioni ond'ebbe vita e svolgimento, riconoscendo


letteraria

quella
ire,

s'agitassero

pi

Ed
la

eccoci alla terza parte ed al punto pi culminante della vita di Gorilla,


ci si

quale

manifesta cacciata in mezzo a quel vortice romano quasi


;

in-

consciente e per forza altrui

noi infatti vediamo sempre

lei

in prima linea,

ma
il

all'occhio scrutatore

non sfugge che ove mancassero


si

gli abili bui-attinai,

fantoccio resterebbe affatto inerte e nella oscurit. Tutti coloro che

hanno
di

discorso fino a qui della incoronazione

sono fermati all'esterno, e l'hanno

condannata siccome una grande pazzia e una fenomenale vanit, paghi


rilevare tutta la parte piccante e aneddotica.

Ma

l'A.

mettendoci sotto gli


il

occhi chiari e lampanti gli intendimenti della schiera che formava


scena, ci chiarisce

retro-

come

Gorilla

non

fosse se

non una bandiera


accanita

tolta in

mano

arditamente dagli avversari dei gesuiti per rinfocolare quella battaglia che

accennava a
mente. Tutta
popolo, tutti

quietarsi.
la societ

fu in vero

battaglia

combattuta asprascintilla,

romana fu quasi tocca da una misteriosa


principi,

eccitata, invasata;
;

Pontefice, cardinali, prelati,

nobili, borghesia,

a seconda de' gusti o delle molle toccate furono sospinti alla


pontificia divisa in

tenzone.
tenti;

La Corte

Pio VII tratto or dagli uni or dagli

due campi cozzanti per interessi poaltri, annuente e negante in un


I

tempo, mistificato alla fine in un modo puerile.


daci,

capitani del conflitto au-

ma

quasi sempre nell'ombra, giuocano

mirabilmente d'astuzia, colpis'accaneggiano,


si

scono a tempo, parano con


rano. Pasquino ha

abilit, s'accalorano,

vitupe-

un gran da

fare, sferza alti e bassi, e ride

con sarcasmo

feroce. Persino nel limacioso fondo

dWrcadia entr un
gran giorno,
e,

soffio di vita, si de-

termin
fibre

la lotta, e gli

slombati belatori d'un tempo trovarono nelle rilassate

una nuova

.scintilla.

Venne
i

il

malgrado
si

le opposizioni
il

coperte e palesi, le ostilit d'ogni maniera, l'incoronazione ebbe

suo com-

pimento.

Ma

quantunque

fautori e

partigiani di Gorilla

studiassero di

rendere lo spettacolo pi grandioso che fosse possibile, riusci poco

meno

di

un

fiasco, e quel

che peggio

le

conseguenze non
per
ordine

furono punto

piacevoli

per la poetessa, la quale

dovette

pontifcio pi presto
le

che in

fretta prendere la via di Firenze.


le

Non mancarono

grida piazzaiuole, non

imprudenze, e neppure le violenze; le satire poi dilagarono addirittura. Entriamo ora in un periodo di calma relativa, l'ultimo della vita di Gorilla. Era nel suo anno cinquantesimo, e si doveva sentire stanca dopo le tante e si varie emozioni romane n mancava un po' d'abbattimento, assai naturale dopo quelle onoranze che parvero un insulto. Due de' suoi pi in;

timi,

il

Gonzaga e

il

Ginori, l'abbandonavano, e

gli

acciacchi

incomincia-

vano a
e degli

farsi sentire.

Le

fu non piccolo balsamo la pubblicazione degli Atti


pe' torchi

Applausi poetici

insigni del
l'accett.

Bodoni,

si

compiacque del
dieci

nuovo

invito a Pietroburgo,

ma non

Rimase per

anni nella
colti stra-

mite Firenze, centro


corte toccando

di geniali ritrovi, festeggiata

da principi, da
li

nieri e paesani; poi, accettando l'invito de' reali di Napoli,

segui a quella
gli

Roma appena

di passata.

Non

le

mancarono col

onori.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
ond'ebbe a far gran lodi di furono prodigate a
tatti.

405
le

Ma

le

buone accoglienze che nel ritorno

Roma

e la cortese e benevola udienza ottenuta da Pio VI,

che l'aveva cacciata nel


lare
i

"76, finirono

con vendicare

gli insulti passati, e cancel-

ricordi delle vecchie amarezze. Di qui restituitasi a Firenze, trascorse

quietamente la vita pur sempre onorata dai contemporanei, mentre vedeva con dolore diradarsi la schiera de' suoi amici (1,). Colpita d'apoplessia nel "97 visse quasi impotente fino airs novembre 1800. E fu fortuna; poich un
generale francese letterato, e non italofobo,
il

Miollis,

volle vederla in ex-

tremis, e poi le decret dopo la morte onoranze

superbe letterario-militari,
si

con relativo accompagnamento guerriero


fra gli strumenti bellici
,

dove
.

alternavano

le sinfonie

e l'artiglieria

Postuma apoteosi che

de-

terminava un singolare contrasto, nel vedere la rivoluzione, la quale onorava l'ultima rappresentante d'un passato che essa stessa aveva cooperato a distruggere. Se non che tutto quell'apparato fastoso fu spontaneo da parte del
Miollis, o

per

lo

scacco ricevuto dall'Alfieri

non piuttosto consigliato da un segreto sentimento di vendetta ? A questa domanda nepppure l'A. pu

dare una risposta adeguata,

ma

considerando la condizione de'tempi e degli


sincrona, e

uomini consentito il sospettarlo. Qui si chiude questa narrazione che pu ben chiamarsi
seguendo
le diverse

che

vicende della improvvisatrice

ci

conduce in mezzo agli

uomini d'ogni stato e condizione, ci fa assistere agli intrighi, agli avvolgimenti di corte e di salotto, ci introduce nello spirito dei tempi. Fra i molti che lasciarono bella fama vediamo campeggiare in questo lavoro e per diversi aspetti
il

Cancellieri,

Bandini,
,

il
il

Pagnini, l'Amaduzzi, quest'ultimo


cui
il

in ispecie antiloiolista per eccellenza

carteggio

con

il

celebre An,

giolo Maria Bandini costituisce

quasi

direi

fondo del lavoro

ed dei
al

pi importanti siccome

altres

piacevole
i

e gustoso. Crescono

curiosit

volume
tazioni
,

e meglio illustrano e confortano

singoli fatti le ricchissime annoco-

dove tu trovi molte notizie diligentemente raccolte n prima


ivi

nosciute; cos dicasi della appendice che contiene parecchie illustrazioni al


testo,

vuoi rispetto alla biografia d'alcuno


trovarsi o
In fine
afi'atto

nominato, vuoi a certe scritture


lettere, relazioni, satire, po-

non agevoli a
lemiche,

inedite,

come

non tralascer di notare come l'opera s'adorni di alcune zincotipie, (juantunque non possano dirsi riuscite molto felici. Del metodo e dell'economia del lavoro non possiamo discutere, poich ce lo vieta l'A., il quale con la dichiarazione posta sul principio ci d conto
libelli.

con molta chiarezza de' suoi intendimenti,


nuto: anzi voglio dire a sua lode che
riunire
i

a'

quali
gli

si

rigorosamente attemostrarsi,
fra di

quando

necessario

brani e

documenti, mettendo

le parti in

buona relazione
vi sia

loro, lo fa

a far

sempre a tempo e bene e garbatamente. N mi pare rilievi salvo che di minuzie. Alcuni pochi voglio tuttavia

luogo

notarli.

Af>

(I) Dlle altime

donsela

nthutrtima Signora
S.

naturo di
nelli, del

pocda un sonetto per moDicm BUmpato tiM'Omagfio pottieo alla mobik Ama Maria da rioni che Mtb rabih rtUgio iwITAkM maCeeiUa dtUa citt detta 9ptMa, M.DCC.XCI. Ti tana pocria del Censi, del Betti-

ne

Muu,

del Fantoni.

40G

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

ferma TA. che fra quelli che celebrarono Gorilla incoronata negli Applausi editi dal Bodoni l'anno 1779 vi Buonafede Vitali il celebre avventu riero (p. 352): il che non pu essere perch egli era morto il 2 ottobre 1745, e
il

nome
lui,

arcadico di
e noto

Egisto

Mantide risponde

all'altro

Buocol

nafede cugino di

oltrech

per altre

poesie, per l'amicizia

P. Aff. Quanto poi del conte Gastone della Torre di Rezzonico comasco
(p. 349; pu vedersi il Litta e meglio il Pezzana nelle giunte agli Scrittori parmigiani dell'Aff e per le sue relazioni con Gorilla, di che toccato in una lettera di questa al Pagnini (p. 360), sarebbe riuscito utile consultare la Corrispondenza epistolare di Gastone stesso edita a Como nel 1830, dove sono altres due lettere della poetessa le quali appunto si riferiscono alle cose
;

scritte al

Pagnini nella lettera qui sopra


di

citata.

Discorrendo finalmente della

Napoli poteva toccarsi un tratto di Labindo che compose allora appunto cinque odi oraziane, e segu poi a Napoli la

venuta in Firenze de' Reali

corte

tanto pi che Gorilla stessa accenna in una


il

sua lettera

al

conte

Fantoni ,

quale ben meritava una breve nota.

Achille Nerl

GIUSEPPE MAZZATINTI.
delle
cini,

hMoteche
1886-1887

Inventario dei manoscritti italioni di Francia. due. Roma, BenVoli.


tip.
I,

(8:

pp. glxxxii-2o6;

II,

pp. viii-662).

In questi due primi volumi dell'opera coraggiosamente iniziata dal prof.


zatinti e

Maztro-

lodevolmente stampata dal Ministero della pubblica istruzione,


introduzione e seguito da gran copia
di

vasi l'inventario dei codici italiani della biblioteca Nazionale di Parigi pre-

ceduto da una larghissima


di estratti, di tavole.

saggi,
al

Quindi noi, che sino ad ora dovevamo restar paghi

poco esatto e incompiuto Marsand ed allo scheletrico supplemento del Raynaud, possiamo anzitutto rallegrarci di quest'opera, che ci mette in grado
di

ben conoscere ed apprezzare


S'apre,

il

ricco materiale nostro che passato nella

principale biblioteca di Francia.

come ho detto, il primo volume con una estesa introduzione. Essa come doveva essere, di natura tutta bibliografica e riguarda la costitudella

zione del fondo italiano

Nazionale.

Questo

fondo risulta da diverse


diverse
sottrazioni

biblioteche nostre,
piutesi a

o,

a dirla pi chiaramente, da
celebri

comalla

danno

di

alcune nostre

biblioteche.

Due particolarmente
di

sono

le biblioteche

che diedero

il

maggior contingente

mss. prima
i

biblioteca di Blois e poi alla reale o imperiale o nazionale (secondo

tempi)

di Parigi: la Aragonese e la Visconteo-Sforzesca.

d queste

La biblioteca occupa per l'appunto il M. col massimo amore. Aragonese, fondata in Napoli da Alfonso I, crebbe particolarmente sotto Ferdinando I, il quale usavn confiscare i codici dei baroni congiurati. Sotto
preziose
si

due raccolte

di lui la biblioteca tocc l'apice del suo splendore,

giacch Alfonso
di

II

il

cardinale Giovanni d'Aragona non la aumentarono

molto

(I,

xxix-xlv).

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

407

Carlo Vili, nella sua venuta in Napoli, sottrasse molti dei codici aragonesi; Luigi XII ne comper altri da Isabella vedova di Federico III. A pi di 260

ammontano

m^.

latini,

greci e spagnuoli che per questo


(I,

modo passarono

da Napoli alla Nazionale


dici italiani. Questi
il

xlv), cui debbonsi


i

M. distingue secondo
o,

aggiungere moltissimi coloro diversi tipi, vale a dire


xlvii-i.iv).

secondo
i

gli stenmii

che recano,

(juando trattisi di codici baronali, secondo


vi

nomi

dei primitivi possessori, che

sono indicati

(I,

Solo

codici aragonesi di Ferdinando duca di Calabria

passarono in Ispagna, ove


si

andarono poi soggetti ad una generale dispersione, tranne alcuni che


lo si

cu-

stodiscono nella Universitaria di Valenza. Quali peraltro quei codici fodero,

pu vedere dallo inventario

di essi conservato in

un cod. di Madrid e

pubblicato nella Revista de archivos, hibliotecas y museos del 1874. 11 M. L'altra ne ristampa la parte comprendente i mss. italiani (1, Lix-Lxra) (1).

a pr' della parigina, la Viscontea-Sforzesca di Pavia, derubata da Luigi Xll. Questa splendida biblioteca, di cui notissima la illustrazione del D'Adda, fu fondata da Gabiblioteca italiana che

fu largamente sfinittata

leazzo

11

Visconti per le esortazioni del Petrarca,


il

il

quale le regal parecchi

suoi codici. Fatto cos

primo nucleo,

la libreria si

and

di

mano

in

mano

accrescendo per opera dei successi\T signori di Milano.


sconti ne faceva nel 1426 redigere
di

Filippo

su

un inventario, che il una copia passatane alla Braidense. Allora i codici erano 951 (I, lxxxi). Ma sembra che la liberalit dei duchi facilmente permettesse (come d'altronde era costume dei signori del tempo) che i codici si estraessero dalla biblioteca, e che ne nascessero parecchi inconvenienti, giacch il 28 nov. 1453
Bolognino degli Attendoli riferiva a Francesco
< tratti et manchati de molti libri
et di
Sfoi-za

Maria ViD'Adda pubblic

che erano

stati

ex-

pyu

belli

che sono imprestati a


il

quello et a quello altro >

(2).

fu questa forse la ragione per cui

duca,

riconosciuta la insufficienza del primo inventario, affidava al suo cancelliere

Facino da Fabriano
ritirare tutti
i

la

cura di compilarne
e
riporli

un secondo, ingiungendogli
loro
scaffali.

di del

codici prestati

uei

L'inventario

Fabrianese trovasi tuttora a Parigi e fu pubblicato dal Mazzatinti in questo

Giornale (3). I manoscritti Pavesi furono in seguito aumentati da Galeazzo Maria Sforza e segnatamente da Ludovico il Moro: ma il periodo di vero
splendore di quella libreria era gi passato.

Con

quella passione che

U Mazzatinti

suol porre in tutte le sue ricerche,


i

cerc egli distinguere (e non era cosa facilissima)

mss. ora

parigini pro-

venienti dalla libreria Pavese. Dagli stemmi, dalle insegne e dai motti posti

su ciascun codice egli ne stabil le varie appartenenze e cos distinse


dici del conte
(I,

co-

di Virt

(1,

lxx-lixiv), quelli

di

Giovanni Maria Visconti


(I,

Lxxiv-Lxiv), quelli di Filippo Maria Visconti

lxxv-lxxxviii), quelli di

(1) Ti

aono parecchi codici

di

Dmat*, Petrarca Boccaccio


,

tndazioiii Tolgar di claanci

Orhm
della
(2)

/urio$o, no Corttgiano

una raccolta

delle opere di Luigi

Alamanni ed una

delle ibm

Barekeaa di Peacara (Vittoria Colonna)

ecc. ecc.

D'AoDA, Indagini tuOa libreria ViscontmhS/orgnea, MUano, 1875, I, M. cke mot aociunMti illMfaraafU U Uknria favese fuono reewtoMnte tti (3) I, 83. dal Mona nel BMh/Ua, VII, ni -10 e 12.

IMU

408
Francesco Sforza
quelli di
(I,

RASSEGNA BIBLEOGRAFICA
lxxxviii-xci), quelli di Galeazzo
il

Maria Sforza

^I,

xcii-xcvi),

Ludovico

Moro

(I,

xcvii). In tale disamina, gli occorsero talvolta

dei codici visconteo-sforzeschi

non

esistenti a Parigi,

ma

in

qualche

altra

biblioteca italiana o straniera; e allora

non manc di darne notizia, sicch il suo studio pu servire egregiamente non solo ad illustrare il fondo italiano della Nazionale, ma anche a porre un solido fondamento alla ricostru,

zione critica della antica e celebre biblioteca del castello di Pavia.

Con

lo studio dei codici

aragonesi e pavesi occupata la parte maggiore


i

della dotta introduzione, essendo quelli sicuramente

pi ragguardevoli
il

ci-

meli di cui
i

si

onori

il

fondo italiano di Parigi. Nel seguito,


pi

M. esamina
sono

mss. di altra provenienza, e in questa parte


i

che
da

nell'altra gli

scorta sicura

lavori pregiati del Delisle. Qui tratta dei


1
(I,

mss. italiani pos-

seduti da Francesco
(1,

cii-cviii), di quelli portati


il

Caterina de' Medici

cxn-cxvni), dei minori fondi privati, di cui

pi ragguardevole quello
(I,

donato nel 1662 a Luigi


testi

XIV

da Filippo Bthune

cxix-cxxx), degli altri

a penna
nel

acquistati da Luigi

XIV
(I,

(I,

cxxx-cxxxiv), dei mss.


dei

Colbert

acquistati
(I,

1732

da

Luigi

XV
in

cxxxv-cxlv),

mss. Mazzarino

cxLvii-cLiv), di quelli portati

Francia

dall'Italia nel
(I,

tempo

delle vit-

torie napoleoniche e poi in

gran parte

restituiti

clxxv-clxxx).
utile di essa

Quale appendice a questa bella introduzione e complemento


da considerarsi una dissertazione intorno alla Biblioteca di

S.
II.
i

Giustina

di Padova, scritta da L. A. Ferrai e inserita in fine del voi.


tazione alquanto pi larga di quello che forse richiedessero
di
al

La

disser-

pochi codici

provenienza certa padovana esistenti a Parigi;

ma
Il

nessuno ne far torto

M.

d'averla inserita, poich essa

notizie

precise ed ordinate di

una

antica biblioteca famosa sinora non troppo

nota.

Feirai

in

questo suo

egregio lavoro ne rifa

la storia

presente alla sua ultima dispersione e ne scrisse un

con la guida del Federici, che nel 1815 fu opuscolo. Il primo indi S.

cremento

alla biblioteca

monastica del convento benedettino


se

Giustina

vuoisi dovuto all'abate Gualpertino Mussato, fratello di Albertino;

ma

poi

non nel principio del sec. XV. Il maggior splendore le venne da Palla di Noferi Strozzi, che morendo a Padova le lasci per testamento gran parte dei suoi mss. greci. Essendo a questo sucdecadde per non risorgere
ceduto un altro dono di codici, dal padre Placido Pavanello,
al
si

pens nel 1461

Questo primo ordinamento dur per tutto il secolo XVI; ma nella disposizione dei codici non tard ad entrare grande confusione, perch non venivano sempre messi al loro posto, talora erano prestati e non restituiti, tal'altra trafugati dai monaci cassinesi che

primo ordinamento della

libreria.

fermavansi in Padova qualche tempo. Solo alla fine del sec. XVII l'abate Giovanni Barpo pens ad un nuovo ordinamento, che fu compiuto nel 1704. Durante il sec. XVIII la biblioteca acquist grande riputazione e si and

sempre pi aumentando
stiani
il

sotto la sorveglianza di
la seconda libreria di

ed

il

Liruti;

ma

valore della prima. Sopravvenuta la commissario francese Monge priv la biblioteca di 17 mss. e 31 incunabuli, che andarono a finire nella Nazionale di Parigi. Ma come sempre suole avvenire, i monaci non diedero al demanio il buono ed il meglio della loro

uomini dotti come il PeriSanta Giustina non ebbe mai abolizione dei monasteri del 1797, il

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
raccolta.
istituti
1

409
qua e
l,

codici pi pregevoli fbrono da essi venduti


privati.
il

a pubblici

od a

Quindi un altro piccolo numero dei loro mss. entr in1797, nella maggior biblioteca parigina
;

direttamente, dopo

altri arricchi-

rono

il

fondo Libri e poi

passarono
e
i

ad Ashburnham
significanti

pochi e non buoni


in

furono trasportati in
(U, 549560).

Brera

meno

rimasero

Padova
il

Questa in breve la storia delle due raccolte

di codiai

che decorarono

monastero padovano

di

Santa Giustina. Di esse

certamente la pi preziosa
cui

era la prima, arricchita dal lascito di quel Palla Strozzi, discepolo del Crisolora, raccoglitore passionato di codici greci in oriente,
il

nome

in-

dissolubilmente congiunto al risorgere dell'ellenismo in


i

Italia.

Ma

pur troppo

dispersi nel 1599 Gio. Vincenzo non aver potuto riconoscere nella biblioteca di Santa Giustina alcuno dei libri lasciati da Palla (1). E tuttavia qualche cosa il poter conoscere quali precisamente fossero i mss. della prima biblioteca, giacch forse per questo mezzo si potr in seguito venire a qualche

codici suoi andarono

prima degli

altri

Pinelli scriveva a Gio. Batt. Strozzi di

identificazione.
(II,

Il

modo

ce ne viene ora porto dal Ferrai, che pubblica qui

579-667) l'inventario dei mss. di Santa Giustina, redatto dal 1453 al 1484,
lui

da

rinvenuto in un cod. della

biblioteca del

Museo Civico

di

Padova.

Comprende 1337 numeri


diritto

e vi figurano principalmente opere di teologia e di


latini, lavori

canonico ed imperiale, classici greci e

grammaticali e

retorici di umanisti.

Di mss.

storici

volgari v'

scarsit

grande: della
contro
del Pe-

Commedia

infatti si

trovano bens due

esemplari,

ma

per

trarca non tutte le opere e del Boccaccio nessuna.

L'inventario dei codici della Nazionale di Parigi, che

empie

la

parte del primo volume, abbraccia 1697 numeri, ai quali sono

maggior da aggiun-

gere alcuni pochi registrati in una appendice posta in testa al


secolo del codice, la provenienza (quando fu possibile

volume
il

seil

condo. Difficilmente tale inventario potrebbe essere pi cpnciso. Esso d


il

constatarla),

con-

tali indicazioni non pu giudicare senza il confronto coi testi descritti. Dir tuttavia francamente che questo indice cos'i sommario non mi sembra possa rispondere del

tenuto in poche parole. Naturalmente della esattezza di


si

tutto alle esigenze degli studiosi, la cui curiosit ne resta

il

pi delle volte

stuzzicata meglio che saziata. Poich

il

lavoro doveva farsi, era consigliabile


al

che fosse fatto in maniera definitiva. Manca poi in fondo


tavola alfabetica dei

primo
Il

voi.

una

nomi

propri, indispensabile per la ricerca.

M., sap-

piamo, la riserba ad opera compiuta: ma noi la avremmo preferita subito dopo l'inventario, o per lo meno in calce al voi. secondo, giacch da essa resterebbe grandemente semplificata la ricerca ora difficile e fastidiosa.

La

scarsezza delle notizie date nell'inventario in parte colmata dal seestratti

condo volume, che contiene


osservazioni,

tavole di

una cinquantina

di

mss.

Intorno alla scelta di questi mss. illustrati potrebbero essere fatte parecchie

ma

io

giudico meglio tenerle

di pedante, visto e considerato che,

nella penna, per non aver aria segnatamente in opere bibliografiche, il

(1)

Tedi lettera trorata nell'Areh. di Stato in Firenze e pnbblie. dal FnsAi, in


ttorico, X, fase. 30.

li,

569.

fliomaU

27

410

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
difficile,
il

fare e far bene cosa faticosa e

muovere degli appunti cosa

troppo facile e allegra.


di fronte a

di 50;

ma

sarebbe pur questa, che 2000 codici pur misera cosa la descrizione particolareggiata non potendo fare altrimenti prendiamo quello che il M. ci d, e

Una

osservazione capitale

siamogliene grati.
Io

dal

non mi estender molto nel discorrere dei codici largamente descritti M. Ogni studioso si far premura di esaminare il volume da s, e senza
comperarlo,

grave incomodo potr anche

giacch con ottimo

pensiero

il

Ministero dell'Istruzione ha voluto che a tutte queste sue


indici e cataloghi fosse assegnato

pubblicazioni

di

nel secondo

portano, io

un prezzo mitissimo. Siccome i mss. sono volume disposti secondo l'ordine progressivo del numero che non far altro che darne breve notizia, raggruppandoli per cro-

nologia e per materia.

Mss. DEL SEC. XIV.


coli
(l,

77. Div.

alla fine del trecento su quello di

Cotnm. con un commento raffazzonato Benvenuto da Imola. Il M. ne offre pic-

saggi,

fra
(1).

cui

40-43)

(li,

uno nel quale sono dati cenni biografici dell'Alighieri N' 6t7. Volgarizzamento della Storia Trojana di Guido
211-217).

giudice. Saggi

N" 91.

Miscellanea prosaica sacra in volgare,

cio

dieci

comandamenti, I
S.

fioretti di S.

Francesco,

La

leggenda delle

stimmate di

Francesco. Saggi di

tutti tre (li, 51-56).


(II,

N
(2).

112. Omelie

ed orazioni. Tavola e descrizione delle miniature

84-88)

Mss. DEL SEC.


lombardo. Saggi
e

XV.
(II,

N" 1647.
543-548)
(II,

Libro di Fioravante in prosa, testo veneto-

().

859. Libro di Fioravante in prosa,

N" 1094. Romanzo di Paris rispetti popolari, che il M. pubblica (II, 279-85). N' 395 e 567. Spagna in rima. Qui riprodotto il N 1042. Poema in ottave G. IV secondo i due codici (II, 106-124) (6).
testo meridionale.

Saggio

217-226)

(4).

Vienna, in prosa. Saggio

(5).

Seguono alcuni

del Delfino di Francia, di dieci canti, scritto

dova

(7).

Saggio del primo canto


giudice.

(li,

250-254).

da Antonio Olivieri in PaN 6. La Fiorita di Ar-

mannino

di santi. Riferito

97,
i

N 96. Leggende Il M. ne riferisce tre brani (II, 11-33). un brano della leggenda di S. Tommaso apostolo (II, 57-63). Leggende di santi. Il M. d gli argomenti della Vita di S. Gititoli delle altre scritture,

rolamo e

fra le quali

sceglie per la pubblica-

(1)
(2)

Questo cod. illustr

I'Ive,

nella Provincia dell' Istria ie 16 agosto 1879.


voi.

In gran parte pubblio. dall'IvE nel

Vili

ieW Archivio
,

glottologico,
il

M. poteva avvertire che di questo testo pubblic un lungo saggio FloovanU vetustiore gallico, Paris, 1877, pp. 174-190. Il Eajka Origini
(3)
,

Dakmebtbtee
132
,

De

p.

lo

richiama

insieme col lesto toscano da lui pubblicato, alla forma pi antica della leggenda di Floovent. Basile, (4) 11 Eajna lo dice {l. cit.) propriamente campano . Cfr. Ive, in Giambattista

anno
(5)

I,

no

2.
le
,

Testo toscano. Per

stampe del celebre romanzo, numerosissime in


1865
,

Italia, vedi

Melzi-Tosi,

Bill. rom. cavali:, Milano

pp. 219-21 e per le elaborazioni

poetiche di Piero del Nero,

Angelo Albani e Mario Teluccini


tizia

cfr. Melzi, Bibl. rom. cavali., Milano, 18.38, p. 303. Una no1886, pure in Chabaseau, Notes sur quelqites mss. proven^aux perdus ou gars , Paris
,

p.

58

n.

(6) I
(7)

dna mss. furono


si

illustrati dal

Thomas, nella Bomania, XIV, 207 sgg.

Lo

ricava dalla seguente stanza, che in fine del poema:

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
zione
il

411

viaggio

De

tre

varonce dentro Enoch et Helia

monachi che andavo alo paradiso terrestro e troN 88. Dialogo di San (II, 63-75) (1).

Gregorio volgarizzato da anonimo. Saggio


della divina dottrina di S. Caterina e la
del

(II,

Leggenda di
(II,

primo

titoli

dei capitoli della seconda


di Cristo.

in prosa della passione

Saggi
557.

(II, Il

N Ili. U Libro Paolo. Estratti N^ 597. Esposizione 204-210). N to9, 606, 607,
44-51).

S.

75-84).

1037, 1537. Laudi di Jacopone e d'altri.

comparativa
la

(II,

171-179)
(3).

(2).

M. ne d una La prima pai'te

utilissima tavola
di

rime antiche,

Le rime, di cui qui data la tavola (li, 166-171) sono di Bindo Bonichi, Lapo Gianni, Guido Cavalcanti. Questo codice rimase ignoto all'Amone ed all'Ercole (4). N" 1035. Rimatori napoletani. Tavola (II, 2134-246) (5). N* 561 e 1036. Raccolte adespote di rime d'amore. La prima
seconda di prose

deriva probabilmente dalla biblioteca pavese. Tavole

(II,

192-204 e 246-50).

N< 518. Lettere di

Parmenione, alla

un Teotlo ad Eleonora e a Federico d'Aragona, a donna amata, con risposta. 11 cod. sembra provenire dalla
di

biblioteca aragonese e meriterebbe

essere studiato. Tavola


95-106).
(li,

(II,

124-129).

N"

301. Storia di Napoli. Saggio

(li,

riche di Napoli scritte nel 1452.'' Saggio

N" 913. Memorie sto-^6-234). N 1583-1596. Im-

portante raccolta di

cai-te sforzesche, lettere politiche, decreti, trattati, istru-

zioni ad ambasciatori e relazioni di essi

ecc.

Il

M. ne diede gi
qui

la tavola

nell'Arca, storico lombardo ed ora la ristampa


letterario

pi correttamente. Di

ben poco. Parecchie lettere del Barzizza e del Merula, una di Filelfo, 22 epigrammi latini proposti per celebrare la statua equestre di Francesco Sforza nel 1482 (11,285-509). Mss. DEL. SEC. XVI. N" 526. Il credo cosiddetto di Dante e 36 laudi
Francesco

adespote. Tavola (W. 120-130;.

N"

554. Copia della

cosiddetta Raccolta

Nello fiunato studio fiorente

de Padua

ali milli

e qnatrooento

sisanta dai ancora ta stadente


fa fornito el tao

comandamento

et dede fine all'opera presente

dopo grande fatighe et longo stento


Antonio de Oliverio
ti

manda

l'opera complita et molto s'accomanda.

(1) Cfr.

Leggende del

tee.

XIV,

Firenze, 1863, II, 480 e Okap, Leggenda delparad. Urrettre,

Torino, 1878, pp. 27 sgg.


(2) Cfr.
I,

33 sgg. e Codici franeeteani dMa


(3)

HazzATncn, Alcuni eodici dell rime di JaeopoKe da Todi, in Misetllana frameeteami, MI. naMmale di Parigi, nella medes. Miscellanea, l, 76 agg.
il

Di questa

H. non

&

motto nel

toI. II

ne d isTeoe

i titoli

in

109-10. Si sarebbe

desiderato di

aTeme maggiori

notizie. .Specialmente intarewinti sarebbero le Regole

d'amor iati
la redaaione
(sec.

per una donna a


italiana di

un

brettone secondo guaUieri, eh

non so se abbiano relazione con


pi.

Andrea Cappellano, che trorasi anonima nel cod. Laarenziano


Libro dell'amore
,

XLI, 36

XIY)

col titolo di

diretto al *nirabUe

amico Gualtieri. Questa renioiie

italiana

nella sna totalit ancora inedita,


di

ma

le

Regol d'eumor Airono tratte dal eod. Sorentino per cara

Ketro Ferrato e pubblicate a 100 esemplari in Padora nel 1871. (4) Se ne oocnp inrece A. Oassielli nel soo lavoretto sa Lapo Gianni, Berna Qiom., X, 263.
(5)

1887.

Cfr.

il

cod. pabblicato a Caserta dal MAXsATiirn e dall'lTS con pre&z. e note di

M. Ma*-

LABi nel 1885. Cfr. Oiom.,

VH, 418

e Vili. 818.

412
aragonese^ cio
della

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
raccolta
(II,

di

rime mandata da Lorenzo de' Medici a


(1).

Federigo d'Aragona. Tavola


quasi tutte adespote,

130-166)
sec.

N 560.
ex. o
(II,

Miscellanea di rime
in.

ma

auliche del

XV

XVI

Ve

n' qual-

cuna

coi

nomi

del Serafino e del Calmela. Tavola

179-192).

N" 1069.
set-

Importantissime poesie popolari e popolareggianti raccolte e scritte nel


tentrione d'Italia.
Il

M. ne d

la tavola e diversi estratti. Notinsi strambotti

assai belli, la Istoria de sancto Justo, in ottave,


sestine, la

quella di

S.

Giorgio, in

Lamentela da mandar a una zovene che fosse am,ante sua, la Novella de un povero sarto, la storia di Florio e Biancofiore e quella di Piramo e Tisbe (II, 265-279) (2). N 1544. Miscellanea di rime religiose. Tavola (II, 541-42). Nota particolarmente tre poemetti, uno sulla Passione, l'altro sulla Vendetta di Cristo (3), il terzo sul finimondo, N" 1047. Orfeo del Poliziano e una serie di poesie auliche, probabilmente della fine del quattrocento. Sono ecloghe in isdruccioli, sonetti, barzellette, stanze. Tavola (II, 254-265). N" 1543. Miscellanea di rime italiane e latine di poeti del secolo XV cadente, per la massima parte sforzeschi. Tavola

(li,

509-541)

(4).

(1) Il
pi.

M. afferma

in

I,

109 e ripete in

II,

130, che la raccolta aragonese trovasi nel Lanrenz.

XC

inf. 37, nel

Palatino 204 (ch'ei continua a chiamare con l'antica e complicata segnatura

E. 5. 5. 43) e nel Mgl. VII. 7. 1208. Quanto ai due primi codici, egregiamente; quanto all'ul-

timo un errore. E in questo errore

il

M. cadde,

io

penso, ingannato da un trascorso di stampa


il il

sfuggito al Casini nei Poeti Bolognesi

p. xiv. Quivi infatti

richiamo

ai

ni 9 e 10 della clasil

sificazione dei codici va corretto in 10 e 11,

con cui appunto

Casini designa

Laurenz. ed

il

Palatino.
al

Il

Mgl. VII.

7.

1208 non ha a che fare con

la raccolta aragonese. Facile

sarebbe stato

M.

l'accorgersene se avesse gittate l'occhio sulla lista dei poeti che vi figurano e avesse conil

siderato la data che

Casini assegna al ms.

(cfr.

Carddcci

Poesie di Lorenzo de' Medici


,

Fi-

renze, 1859, pp. xiii-xiv).


dissi del tutto

v.

Nelle mie Liriche di Fazio degli liberti (p. cccxlviii


il

n. 5),

non

bene affermando che


e.

cod. Parig. corrisponde alle raccolte aragonesi del Laur.


si

e del Palat. sino a

240

mentre nelle ultime 15 carte


il

scosta da esse .

Tale nota

va bene per

il

Laur.,

ma non
I,

per

Palatino. Oggi ho

minutamente raffrontato

la tavola del

M.

con quella del Palatino 204 data nel recente catalogo dei Codici Palatini della Bibl. Nazion. di
Firenze, Roma, 1886,

219 sgg., e ho trovato che

la

corrispondenza quasi perfetta. Solo nel


,

principio del Palat. vi la lettera di Lorenzo a Federigo

la Vita di D. del Boccaccio

la Vita

nuova, che nel Parig. mancano


di

e per contro

il

Parig. ha invece in pi dapprincipio 17 canzoni


il

Dante, tra cui quella contestata Patria degna. Del Cavalcanti


(e.

Parig. avrebbe in pi la bal-

lata Posso degli occhi miei novella dire

46

e) e il

sonetto Voi che per gli occhi


dal
e

mi passaste

al

core

(e.

53

1>).

Ma

la

prima deve essere stata solo dimenticata

compilatore del catalogo


1'

fio-

rentino, giacch la registrano

come

esistente nel Palat.

I'Arnone

Ercole.

Il

sonetto invece
lo

pare proprio non vi


al Palatino.

sia,

giacch n I'Ercole a p. 275, n I'Arnone nella sua tavola

assegnano

invece nel Laurenziano.


ci che

Del notaio Jacopo da Lentino


(cfr.
il

il

Parig. (II, 164) ha


i

una

canzone in pi. Memorando


spondono.

amore

C'odd.

paUit,

I,

231).

In fine

due mss. corrila corrispon-

Soltanto nel Parig. vi in pi


il

privilegio latino al Petrarca.

Dunque

denza

fra

Parig. e

il

Palat.

si

estende anche alle ultime carte, ove trovansi

le poesie di

Lorenzo

de' Medici, nel


(cfr.

medesimo ordine, poesie che mancano nel cod. Laur., che il pi antico dei tre Caix, Origini, Firenze, 1880, p. 14). Rispetto dunque al cod. Parig. raffrontato col Laur.
giusta e invece

la

mia asserzione

non giusta quella del Casini (Op.


II,

cit.,

pp. xiu-xiv) seguita

dal

M.

(I,

109).

(2) Il

ms. fu descritto dall'IvE in questo Giornale,

149 sgg., che ne

rifer e illustr

alcune

poesie.
(3) Altri testi

(4)

a penna ne cita il Gbaf, Roma, I, 408. La corrispondenza di questo cod. col Mgl. II. II. 75

fu

da

me

rilevata in questo

Oiorna,

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

413

N 293. Documenti genovesi del 1747. < Con Mss. DEI SEC. XVIIl E XIX. tiene una raccolta di lettere al governo francese, la maggior parte delle quali del doge di Genova, relative all'intervento della Francia nella
< guerra genovese di quell'anno
lettere autografe del

Canova

al
il

N 65. Centodieci . Tavola (II, 89-98). Quatremre de Quincy. Tavola (II, 3340) (1).
M.
ci

Questo
vedasi,

il

materiale che

offre nel

suo secondo volume.


tutti

Come

non poco, n

di piccol

valore. Gli

studiosi

grati e accelerare coi loro incoraggiamenti la


dell'opera, cio degli inventari

devono essergli pubblicazione del rimanente


in

delle

altre

biblioteche di Francia, cos


(2).

completamente conosciute per mezzo del Catalogo dei dipartimenti

Rodolfo Renier.

A.

GOLD MANN.
s.

Drei italienische Handschriftenhataloge


CeniraWlatt
filr

XJJI-XV.

(Estr. dal

Bibliothekwesen

anno IV,
Il

fase. 4, aprile

1887 (pp. 137-155).

dottor A.

Goldmann, che

si

di letteratura medievale, ci fa

occupa con molta erudizione e competenza dono in questo suo lavoro di tre cataloghi di
il

antiche biblioteche italiane, diversi per


ragguardevoli.
Il

contenuto e la mole,

ma
xiii,

tutti assai

primo, tratto da un cod. vallicelliano del sec.


libri

racchiude

una ricca
nica
:

suppellettile di

liturgici,

di

opere ascetiche, di trattati dei

SS. Padri, la quale presenta codesta designazione, per verit troppo lacoIsti

sunt libri Sancii Andree. Qual sia questo

S.

Andrea

il

Goldmann

scrive di
si

non erro, mente alla postilla che 1* autore del catalogo aggiunse all' indicazione d'un volume che conteneva certa Omelia quam iabet presbyter Sancte marie Rotonde. Ora noi sappiamo
stabilire in

non saperlo
,

modo

pi concludente;

ma,

se

potrebbe tentarlo

quando

si

ponesse

V, 238. Ora ho potuto eonfirontanie le due tarole, essendo qnelU del Mgl. a stampa gi da parecchi anni in

Baxtou, M$*. Mgl.,


di

II,

127

sg^g.

La

inferiorit del cod. florentiao,

da me ar-

vertita pabblicando certe rime di Galeotto del Carretto

(Oiom., VI, 231


il

ancor pi manifesta. Oltrech


di tntte le poese

^ran lunga pi scorretto,


i

cod.

mi appare adeaao Mgl. acehlo e manca alla fine


sgg.),

che nel cod. Parigino vengono dopo

canti

carnascialeschi (redi II, 538-41).

La corrigpondenxa

nel rimanente abbastanza precisa e forse delie piccole dirergenze che ho no-

tate da dare an po' di

olpa

all'ano o all'altro dei cataloghisti. Infatti le stanze del Bellincioni

nel Parg. sono 3, nel Mgl. 2 e per contro nel Mgl. ri sarebbe una poesia di pia del Sannazaro
(cfr.

Bakt.,

II,

142 e Mazzar.,

Il

524) e un sonetto di pia di Jacopo Corso (Baar.,

144 e

Mzzat.,

II, 525). Il

M.

(II,

509) nega che dei dae codici l'ano derri dall'altro. Terrei sapere

con quali ragioni, k


Parigi.
(1)

me sembra

invece imitMtaia la dipendenza del cod. fiorentino da qoello di

Sono in grandissima parte

inedite.

H
,

A%.

Attilio SaHhtti

mi manifast,

mtA

aoao, l'iatoB-

zione di pabblicarle.
(2) Il Tol. 3
,

che in corso di stampa

oonterr pradaanente

gli

inventari delle biblioteche

minori di Parigi e delle altre francesi; nel 4* ed altiino vi


rezioni .

sannao

gli indici, le

gionte e

hi cor-

414
come
nel

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
col nome di S. Maria Rotonda si fosse soliti e in Roma, designare il Pantheon. Se si riflette poi che il calegge in un codice romano, crescer, o m'inganno, la probabilit ci enumeri i libri di una chiesa che esisteva in Roma. Ma in S. Andrea sono adesso dedicate quattro chiese; S. Andrea della Andrea delle Fratte, S. Andrea a Monte Cavallo e S. Andrea fuori

medio evo

Roma
talogo

e fuori di
si

che esso

Roma

Valle, S.

la porta del

Popolo.

Su quale

di

queste quattro faremo cadere la nostra


le

scelta

Messe

in disparte,

perch troppo recenti,


vero dando

due ultime,
alla

la
si

gara

si

restringer fra S. Andrea della Valle e S. Andrea delle Fratte; n


pericolo di

correr tanto

allontanarci

dal

la preferenza

prima,

antica e tanto importante.


11

catalogo che

il

dottor

Goldmann

fa seguire a quello di S.

Andrea

si

legge

nel primo foglio

del cod. vatic. 2868, di

mano

trecentista, e ci fa conoscere

un'altra libreria,

non monastica, ma, a giudicarne dalla natura delle opere di un privato studioso, il quale se l'era in parte formata con le proprie fatiche (1). Essa ci offre adunque un'idea abbastanza precisa delle cognizioni e dei gusti di un uomo colto nel sec. XIV. Accanto ai poeti ed agli scrittori pi noti dell'antichit, Virgilio, Orazio, Ovidio, Lucano, Persio, Giovenale, Sallustio, Valerio Massimo, Cassiodoro, vi figurano molti
che conteneva, propriet
scritti

grammaticali, e parecchie

di

quelle opere che


i

servirono per tanto


:

tempo, sebbene prive d'ogni valore, ad ammaestrare


Prospero, Catone, l'Esopo,
semi-latina lues
d'arte notarile
!

giovanetti nelle scuole

lo

Schiavo

di Bari,

il

Faceto, l'Aviano, la Chartida..,


trattati

Insieme a codesti libercoli appaiono poi alquanti


al ragionevole sospetto
il

che danno adito

loro possessore

non

fosse per avventura

un notaio che accoppiasse, come avveniva


il

di frequente,

all'amore per gli studi giuridici


infatti,

culto delle discipline letterarie. Egli aveva


i

oltrech l'opera capitale di Rolandino Passeggeri, anche

commen-

tari

che costui
;

Flore simul

ne aveva dettato: sumrna notarie glosata cum Aurora et ed inoltre anche gli scritti del noto commentatore di Rolan-

dino, Pietro de Boatter. Di Pietro anzi troviamo qui registrata un' Ursulina,

della quale a nessuno fra quanti

hanno

fin qui discorso delle

opere del notaio

bolognese era pervenuta notizia

(2).

Altri scritti di epistolografia e di diritto sono

sommariamente rammentati
libri

dal

catalogo, nel quale trovano luogo anche


cos"i,

certi

che della raccolta


quelli

rappresenterebbero, per dir


di

la parte

pi moderna,

come sarebbero

Flos amoris di Andrea il Cappellano. Ma degno di nota sopra tutti mi sembra un codice, il contenuto del quale significato in questo modo alquanto enimmatico Epistole Dantis et mngistri Johannis de Virgilio et diaffanus eius (3). Che lo scrittore abbia chiamato epistole le ecloghe che formano la poetica corrispondenza dell'Alighieri
Alano,
di Nigello,

ed

il

(1)

Lo

scrittore
:

annovera, fra
similiter

altri codici,

firgilius

non

liqatus

manu me a

scriptus;

lisatus et scriptus si Hill Imo. Sar da leggere simili modo. trad. (2) Vedi Fautuzzi, Scritt. Sol., t. II, p. 201; Saviont, Star, del Dir. Rom. nel M. E., Bollati, Torino, 1854, voi. II, p. .518; Bethmann-Hollweo , Der Civil-Prozess in Mittelaller.

poco dopo

Lucanus

non

P.

Ili, p.
(3)

194.

Pag. 143.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
col professore bolognese s'intende assai bene.

415
altrettanto

Ma

non

bene

s'inri-

tendono invece
ferirsi

le

parole che seguono et diaffanus eius. Eius non pu

che a Giovanni del Virgilio; diaffanus quindi dovrebbe essere il titolo, forse corrottamente riferito, di un'opera di Giovanni a noi non per\'enuta. Di mole assai maggiore, ed anche di maggiore importanza che non siano
i

precedenti,

il

terzo elenco edito dal

Goldmann. Fra

mss. Ashburnhamiani

ne ha uno, ora contrassegnato col n. 1897, il quale deve originariamente aver fatto parte di un codice molto pi voluminoso, e del quale non restano adesso che gli ultimi 30 fogli (1). Questo frammento
di provenienza Libri ve
di codice contiene l'inventario

della

biblioteca del
in

Convento

di S. Spirito,

compilato negli anni 1450-51, ed diviso


l'elenco dei codici depositati nella libreria

tre parti.

La prima contiene
fio-

claustrale
dell'

dal celebre frate

rentino Guglielmo Becchi

prima Generale

ordine di S. Agostino, poi

essi ammontano a cento ed un volumi (2). La seconda comprende un gruppo pi considerevole di manoscritti, trecentosessautanove, de' quali non indicata la provenienza, e questi formavano la libreria pro-

vescovo di Fiesole

priamente
parva).

detta.

La

terza offre infine

la

descrizione
la

di

centosette codici,
(libreria

distribuiti in otto

banchi, che

componevano

libreria piccola

Delle tre parti quest'ultima soltanto che

il

Goldmann ha dato
che se

alla luce.
li-

la ragione sta,

come

egli

scrive

(3),

in ci,

gli elenchi della

breria del Becchi e della libreria grande di S. Spirito possono essere reputati

non
il

privi di

un certo

interesse storico e bibliografico, essi

non posseggono

per quel particolare valore che proprio del terzo. In questo invero, dice

Goldmann, si pu sperare di ritrovare le tracce della biblioteca lasciata ai monaci di S. Spirito dal Boccaccio tracce che si ricercherebbero vanamente
;

negli altri due. Considerevole infatti

il

numero

di

opere classiche, di

scritti

grammaticali, retorici, scientifici che la libreria parva racchiude, mentre


quella del Becchi e la maggiore ne sono quasi interamente sprovviste
(4).

Di

pi essa

presenta

la

collezione

pressoch

completa delle opere latine del

Petrarca e del Boccaccio; fatto degno di nota. Nella libreria parva > adunque,
e

non altrove, saranno da ricercare i codici gi posseduti dall'autore del Decamerone. Il ragionamento del Goldmann cogMe esso nel segno? Possiamo noi veramente considerare come provenienti da Certaldo i manoscritti che ci appariscono raggruppati negli otto banchi della libreria

parva

Prima

di

rispondere a codesta interrogazione sar utile rivolgere colla scorta dell'in-

(1)

Ci

si

rilera

da un'antica paginazione che ra da 216 a 246. tempo pi recente


(secc.

qneet' antica paginazione

stata poi sostituita nel ma. Ashbnrn. in

qoale rivela come

il
:

ms., da cni

il

XTII-XVIII) una seconda, 1* frammento nostro proviene, avesse allora gi perduto buon nofa

mer

di quinterni

ema non

indicherebbe inatti che la deficienza d cinquantotto carte.

(2) Della libreria

donata dal Becchi a S. Spirito

cenno Vespasiano da Bisticci


p. 203),

mini tOustri del


ri tare.

e.

XY,

ed.

Bibtou, Firenze, 1859,

che

il

( YiU d* uoOoldmann avrebbe potuto

I libri

del Becchi son tutti teologici ed ascetici.

(3)

Pag. 139.

(4)

De' pochi codici che

si

riferiscono a lettere profiuie

ha dato conto l'Editore, pp. 143-44.

416

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Ne ricaveremo
certamente dei dati
di

ventarlo un'occhiata ai manoscritti stessi.

per pronunciare un pi fondato giudizio.


Sui tredici codici che
il

primo banco contiene, nove racchiudono opere


;

santi padri o di altri antichi scrittori ecclesiastici

soli

quattro sono di autori

profani: due classici, la Politica \ Aristotile, le Epistole di Seneca a Lucilio:

due medievali,
tenuto

la

Poetria novella di Goffredo di Vinsauf, ed un altro poema

adespoto, intitolato: Bella

come
S.

l'autore

(1).

romana versificata, del quale Non impossibile che e questo


Ambrogio,
S.

ignoro cosi

il

con-

e gli altri mss. di

opere di

Agostino,

S.

Gregorio,

S.

Giovanni Damasceno

abbiano appartenuto al Boccaccio;


nulla a che fare con
i

ma

certo per che non ha avuto mai

suoi quel libro che troviamo indicato

come

il

primo

Jeronimi presbyteri conpletus, cum tabula ante. Et dyalogorum eiusdem quem conventui Sancti Spiritus dominus Laurentitis de Redulfis dono dedit. ligatus et copertus corio rubeo cum suis fiulcimentis, cuius principiuwi est. Gredimus in Deum patrem
Epistola
beati

del banco e cosi descritto:

Deum

Finis vero penultime carte


fa

Ille

hereticum
1'

interficit .
il

questo

invero

(e

mi

meraviglia che

il

Goldmann

abbia taciuto)

celebre co-

dice di tutte le epistole di S. Girolamo, raccolte con tanta amorosa diligenza


dal Ridolfi, intorno al quale ci
Bisticci (2).
Il

ha

serbati parecchi ragguagli Vespasiano

da

secondo banco, che contiene

dodici libri, ci trasporta fuori della teo-

mezzo alle antichit; e qui troviamo molti degli autori che il Boccaccio aveva certo posseduto Orazio, Ovidio, Terenzio, Giovenale, Lucano, Stazio, Tullio, Seneca, Fulgenzio, Macrobio. Anche il Timeo platonico ci si presenta nella vecchia ed oscura versione che ne correva nel trecento perch non si dovrebbe adunque credere che il Boccaccio lo avesse letto realmente, e non gi citato di seconda mano, come inclinava a sospettare l'Hortis? (3). De' codici riuniti nel terzo banco alcuni non hanno certamente mai formato
logia, in
:

parte dell'antica libreria boccaccesca. Tale

il

caso del secondo, intitolato


il

De

insulis et

eorum proprietatibus

(4),

del quale

descrittore

non ha

sa-

si scordato di indicarci l'autore, ma che dVincipit riferitone noi possiamo con certezza identificare con l'opera che scrisse dopo la morte del Boccaccio Domenico Silvestri , notaio e poeta fiorentino. Di questo libro

puto

(1)
(2)

Comincia:
Infra

Conditor alme potens, e term.


saa devozioni ch'egli
[il

orribiUs

(sic)

luclus vertens tristia pisis.


si

l'altre

Eidolfl] aveva, era in santo Girolamo, del quale

vede che diligentissimamente ragun tutte l'epistole sua, e avevane pi

numero

lui,

che se ne

trovasse in Italia e fuori. Vi sono alcune epistole della interpretazione del Saltero, e altre dif ferenze di traslazioni, dove sono molti testi greci ed ebrei, i quali vi ha fatti mettere di mano
d'ebrei e di

mano

di greci

accuratissimamente

ci

che denota la sua grande


bello volume, volle che

diligenza ...
si

Il

libro delle epistole di santo Girolamo, ridotto in libraria di Santo Spirito


,

uno

mettesse nella

per utilit di chi

lo volesse

vedere

e donoUo alla sua fine a quelli

frati

{Op. cit, pp. 381-82).

Anche

il

Poggio, come risulta dalle sue lettere, aveva atteso ad

una collezione
(3)
(4)

delle epistole di S.
lat.

Gerolamo.

Studi sulle op.

di G. B., p. 374.

Eorum

una

svista dell'Editore;
s

scorretta del ms. ha fatto

La grafia alquanto difficile e molto il cod. dice earum. che nella stampa siano incorse parecchie inesattezze; ma esse sono
pena
di rilevarle.

in generale troppo lievi perch valga la

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
al presente

417

blioteche, e

non esiste, che io sappia, se non un sol manoscritto nelle nostre binon gi a Firenze, come si jotrebbe credere, ma a Torino (1).
giunto,
il

Niun esemplare invece


Silvestri,

sembui, fino a noi dell'altra opera del


il

che conteneva

secondo codice di questo banco:

B>'colicon,
questi

del quale

ha

fatto onorato ricordo

anche Filippo Villani

(2).

E come
il

due, cos deve essere entrato posteriormente nella libreria di S. Spirito


codice, designato nell'Inventario

quarto

come contenente plura opuscula Leonardi


difficolt
i

Aretini.

Non
i

ha invece alcuna

a credere che fossero venuti da


:

Gertaldo

rimanenti undici codici,


(sic) et

quali sono
il

una Sumnia anonima de

Elementalims
gerarchia

animalibus;

Dionisius de ecclesiastica et angelica

et mistica theologia ; lo Scriptum, esso pure anonimo, super librum de causis Aristotelis; il Brito de vocabulis rerum, il Tobias versificatus (il noto poema di Matteo de Vendme), la Cronica Eusebii Jeronimi cum super additis, alla quale erano allegate alcune operette del Petrarca, le Istorie Pauli Dyaconi, l'Orosio, il Prisciano minore e l'Ovidio, De Ponto. Non son sicuro che debba unirsi a questi il Liber Victorii Forchetti de Jania (sic) ad Judaycam perfidiam, che piuttosto parrebbe dover esser stato esemplato da penna claustrale. Anche nel quarto banco ci si aficciano libri che niuno avr difficolt ad ammettere possano esser stati o copiati o acquistati da messer Giovanni. Tali sono le Divine Institutiones di Lattanzio Firmiano, e soprat-

tutto parecchie opere ciceroniane;

il

De

finibus

bonorum

et

malorum,

il

due opere retoriche tanto studiate nel medio evo l'autentico De inventione e l'apocrifa Rethorica ad Herennium. ggiungansi un Boezio, un Giustino, un Prisciano e alquanti trattati gramofjtciis (in
;

De

doppio esemplare), e

le

maticali e retorici di origine medievale,

come un adespoto Com^ntum,

artis

nove magistri

(sic)

Tulii

Cceronis, un' Ortographia Magistri Parisii de

Altedo, e delle anonime Distinctiones Poetarum. Accanto a qualche altro


libro di niun interesse son

da notare anche

il

Tractatus spere

iaterialis di

Giovanni di Sacrobosco, un altro Tractatus in astrologia plurium philoso-

phorum, un Compendiloquium de vita et dictis illustrium philosophorum, ed infine il poema di Gualtiero de Chtillon sulle gesta di Alessandro Magno,
che
di
il

Boccaccio probabilmente conobbe


poi,

(3).

Notevole

Goldmann, il quinto banco per la copia codici petrarcheschi e boccacceschi che vi sono raccolti. Di messer Franil

come avverte

(1)

Le

parole

eon

dal descrittore:

Cum

le qiuli il Dt Ituu eomineiTa nel cod. d S. Spirito , sono cos riferite plur* meeum reuo. Ora il ms. I. III. 12 della Universitaria di Torino, car,

taceo di

mano
et

degli ultimi del trecento o dei primi del seguente

e comprato in Firenze

dor

fn probabilmente scritto, nel

1422 da nn Giovanni da Rieti, contiene un'opera intitolata: Liber

d in*uU$

enrktm proprlatibiu eoinpositu per Dommieiun


,

oUm

SiUettri de Flortntia mo-

tarium, la qoale preceduta da im proMBo

cbe per

l'appunto comincia eoa:

Cum

pluritt

meeum rmokurem quot JokammM


lodi Filippo

Bceeatiut de Certaldo eonciuU notter


.

et poeta

preelarut
fttto

m<mtt$ et promunioria pcrrigentia te h mare detcripterit ete.

Di questo libro ha

gnadMfane
Op.

Villaki nella breve Mografla eke

Kam

del Silrastri (redi Liber de Cii.

Fior, famoti* cieibu* (ed. Salurti), p. 20).


(2)
Ltt.,
1.

e.
eit.,

(3)

Vedi HoBiu, Op.

p 42S.

418

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
il

Cesco vi hanno luogo cinque opere:

Be remediis utriusque

fortune,

il

medicum, le Epistole poetiche ed il Bucolicon. Del Boccaccio, oltrech un altro esemplare delle Genealogie Deorum (il primo forma il numero primo del terzo banco), due del De claris mulieribus e delle Bucoliche, uno del De casibus virorum illustriurn. E se qualcuno mostrasse di meravigliarsi per questo numero assai rilevante di
vita solitaria, e VInvectiva contra

De

esemplari, anche duplicati, di opere del Petrarca e del Boccaccio, noi

gli

potremmo ricordare che e quest'ultimo era

solito raccogliere
(1),

con affettuosa

sollecitudine gli scritti del suo illustre amico

e che alle copie di opere


i

proprie da lui lasciate insieme agli altri libri a fra Martino,


S. Spirito si

monaci

di

erano piaciuti aggiungerne

altre,

onde

visitatori potessero ap-

prezzare in tutta la sua pienezza l'alacrit veramente mirabile del grande


scrittore (2).

Completano

il

quinto banco due codici, de' quali l'uno conteneva quod de

Cornelio Tacito reperitur, e l'altro la Cosmografia ponponi et plures stoi-

crum
classici

(sic) et
i

alia

multa

(3).

E come

questi, cosi son quasi tutti di autori

codici contenuti nei tre ultimi banchi, tantoch

non

si

pu aver

ripugnanza a crederli pur

essi boccacceschi. Sallustio, Tito Livio, Svetonio,

Quinto Curzio, Anneo Floro, Giulio Celso (cio Cesare) sono infatti gli storici de' quali il Boccaccio fece larghissimo uso; Apuleio, Seneca come Aristotele
gli

somministrarono spesso

utili notizie

Marziale, Ovidio, Seneca

(il

tragico)

Ausonio vanno fra qua' poeti che formarono le sue delizie. N v' diflScolt a ritenere che dalla sua biblioteca derivassero anche i due codici di Quintiliano, il De institutione oratoria, inconpletus, che era primo del banco settimo, ed il De causis (questo completo), che era sesto dell'ottavo. E pur suoi posson esser stati il Valerio Massimo dell'ottavo banco, come pure lo Scriptum
Stazio,

magistri Dionisii de hurgo super Valerio maxima, VExpositio fratris Nicholai Tranht (sic) super tregediis (sic) senece, il Servius super Enei/dos Vergila, che ci appaiono in questo stesso pluteo insieme ad un trattato

un anonimo poema De rebus naturalibus. Siamo cos pervenuti al termine del nostro esame. Ed ora quali conclusioni ne trarremo? Risulta certo che la libreria parva si debba identificare, come il Goldmann crede, con la biblioteca legata dal Boccaccio ai
astrologico e ad
frati di S. Spirito?

Non mi sfugge che

a qualche lettore un po' troppo scrupoloso potrebbero proposta, ove


si

nascere de' dubbi sulla validit dell'identificazione

conti-

nuasse ad affermarla senza conforto di prove. Noi sappiamo, egli potrebbe dire, che la libreria del Boccaccio, rimasta dopo la morte di fra Martino da Signa (10 luglio 13S7) chiusa a lungo dentro certe casse ed armari , ne

(1)

(2)

Vedi HoRTis, Op. cit., pp. 512 e sgg. Tanto attesta Giannozzo Manetti in quel luogo

cos spesso citato

della sua biografia del

Boccaccio, dove parla della libreria di S. Spirito,

una cum operibus

posteti omnes Poetae libros, ab eo latine editis, eg r eq ie condiderunt ut per-

*ubi

petuum qiwddam maximae ac pene incredibilis in transcribendis Codicibtis * monium posferis extaret. Vedi Makki, Ist. del Decamerone, Firenze, 1742, P. I,
(.3)

dilifientiae

tesii-

cap.

XXVI.

p. 82.

Codesto doveva
gli

quanto

essere uno di que' zibaldoni nei quali il Boccaccio era solito appuntre pareva degno di esser ricordato nel corso delle sue letture.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
fu cavata, quando precisamente non
si sa,

419
il

dal Niccoli;

quale la allog a

sue spese (cosi narra Vespasiano da Bisticci) in una stanza appositamente


costruita al di l della libreria dei frati
;

lora in poi la libreria del Boccaccio (1).

la quale stanza si chiam d'alOra per qual ragione codesta

biblioteca

non designata con

il

nome che

la distingueva,
?

ma

porta nell'In-

ventario del 1451 quello di libreria parva

che la libreria di S. Spirito fosse distribuita, una grande ed una piccola e che quindi nel convento esistessero nel sec. XV non due, ma tre librerie; la grande e la piccola, ambedue monastiche, pi una terza, la boccaccesca?
sale,
:

Non si potr forse sospettare come avA'eniva di altre, in due

La
i

cosa, lo dico subito,


frati di

non mi pare ammissibile. Se


si

il

fondo legato dal


s,

Boccaccio ai

Santo Spirito avesse formato nel 1451 un tutto a


sarebbero certamente astenuti dal
cos fecero infatti per la libreria

compilatori dell'Inventario non

dame

una particolare descrizione;


il

donata

al con-

vento da Guglielmo Becchi, libreria rimasta indipendente dalla claustrale.


vaso fatto erigere dal Niccoli per ospitarvi
la
i

Ma

codici

del

Boccaccio, che

comunicava con

grande

libreria, si

pendice di questa, e ben presto invero ai


parti nelle loro mani.

doveva considerare tosto quasi un'aplibri venuti da Certaldo i frati


la libreria

diedero per compagni altri manoscritti, giunti in progresso di tempo da altre

Talch era naturale che nel convento


la piccola libreria .
le

boc-

caccesca

si

chiamasse solitamente
realmente andate

Che

cosi siano

cose

mi par

del resto provato in

modo

da ci che ora vengo ad esporre. Narra il Da Bisticci nella vita di papa Nicol V, che costui, quando non era ancora se non maestro Tommaso da Sarzana, trascrisse di suo pugno, di lettera tra l'antica e la moderna,
assai perspicuo

nella quale riusciva eccellente,

il

trattato di S. Agostino
frati di S. Spirito,

Contra Julianum

pelagianistam, e ne fece dono ai


libreria del

che

lo collocarono nella

Boccaccio (2). Questo cod. nell'Inventario della libreria parva non


se noi

notato

ma

esaminiamo invece quello della


:

libreria grande, ci imbat-

teremo

banco F in un' opera cosi descntta Item in eodem bancho < liber mediocris, Augustinus co[ntra\ Julianum hereticunv eiusdem cc[ntra\ epistolam pelagianorum completus cum suis requisitis copertus cum corto
al

niffro cuius principium in

prima carta

contumelias tuas ; finis Bo.

clementer exaudit : et est quartus liber

temporanea,

ma
i

diversa, aggiunto:

(3). Ed in margine di mano conPropter periculum latronum po-

libreria . Senza dubbio questo codice, della conservamonaci si mostravano cosi gelosi, doveva avere gran pregio. Chi negher adunque che esso sia quello scritto e postillato da Tommaso di Sarzana? Collocato dapprima nella libreria grande, il prezioso dono del dotto pontefice venne poi trasferito, onde fosse pi al sicuro, nella piccola.
situs est in

pania

zione del quale

(1)
(2)

TU
Op.

ecc., pp. 26, 479.


eit., p.

26.
f.

(3) Cod.

Ahsborn. 1897,

grande

al

banco

(f.

36

1),

Mtterlo nella piccola; e ce braria parua.

21 r. Anrbe nn altro cod. dw erm collocato dapprima nella libreria nn Papia in dtritatiom'bm Meabutorum ne Tenne poi lerato per ne aTrert* na noterella aggiunta in margine: PotitHt ut fm d,

420

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

nella libreria del Boccaccio, ed in questa ebbe ai suoi giorni opportunit di

ammirarlo il buon cartolaio fiorentino. Noi possiamo adunque senza tanti scrupoli accordarci col Goldmann nel ritenere che l'inventario del 1451 ci offra un fedele ritratto della libreria
boccaccesca di
la raccolta del
S.

Spirito, quale essa era ridotta a


,

mezzo

il

secolo

XV. E

dico quale era ridotta

perch non credo che alcuno voglia sostenere che


si

Boccaccio

conservasse a quel tempo ancora intatta come

egli l'aveva legata a fra Martino da Signa.

che

frati

v'erano andati via via aggiungendo

Tenuto calcolo anche dei volami (1), i banchi della libreria

parva non ci offrono che un centinaio di codici. Il numero veramente esiguo e non sarebbe possibile pensare che cosi povera fosse stata la biblioteca del Boccaccio, anche se mancassero prove del contrario.

Ma

le

prove
era
(2).

non mancano. Ci

attestato
;

da pi parti che l'autore delle

Genealogiae
librera

possedeva de' codici greci

e qui

non ve

n'

traccia.

La sua
di

certo ricca anche di manoscritti volgali, e qui non se ne rinviene alcuno

E
il

fra gli stessi autori latini,

che pur sembrano essersi

preferenza con-

servati, forza avvertire

non poche lacune. Come supporre, ad esempio, che


o,

Boccaccio non avesse Lucrezio

peggio ancora, Virgilio?


fra Martino, che
(3),

La

biblioteca del Boccaccio, conservata gelosamente da

viveva in mezzo ad essa e la mostrava con orgoglio agli amici

dopo

la

morte del buon frate deve adunque aver

sofferte

gravi iatture. Rinchiusa,

come

ci attesta Vespasiano, dentro casse ed armari per lungo tempo e probabilmente mal custodita, essa non pot non eccitare molte cupidigie, che

pur troppo non dovettero rimanere


Niccoli volle impedire
(4),

inappagate.

il

saccheggio

che

il

dandole una decorosa collocazione, sembra che

cessasse interamente nel secolo

XV. Gi

nell'Inventario del 1451 noi


(5); e

vediamo

che il periculum latronum, al quale si era voluto sottrarre il codice donato da Nicol V, fosse reale e gravissimo, ce lo attesta anche il fatto che nel 1466
apposta alla descrizione di certi codici la nota fuit furatus

Guglielmo Becchi chiedeva ed otteneva da Paolo II una bolla che scomunicava coloro i quali fossero tanto audaci da involare i manoscritti spettanti
a
S. Spirito (6;.

Della sorte che dopo

il

1451 tocc alla libreria boccaccesca


si

il

Goldmann

non

fa parola,
il

perch egli pure

lasciato indurre nell'erronea credenza che

l'incendio,

quale distrusse nella notte dal 22 al 23 marzo 1471 la chiesa

(1)

Dall'Inventario risulterebbero soltanto cinque;


al

ma dovevano
cod. 10 del

essere pi assai.
II,

Come

credere,

ad esempio, che avesse appartenuto

Boccaccio

il

Banco

Alanus de arte predi-

cando E
(2) (3)

cosi dicasi d'altri.


cit.,

Vedi HoRTis, Op.

p.

360, e la nota del Ciak in questo Giorn., X, 299.


fra Martino, si

Alcune curiose notizie sulla libreria del Boccaccio, quando era ancora vivo deducono da un documento contemporaneo del quale mi occuper altrove.
(4)

Vespasiano dice che


si

il

Niccoli f' metter


,

libri

del Boccaccio

nella nuova biblioteca ac-

ciocch non
(5)
(6)

perdessino

p. p.

26

cfr.

anche

p. 480.

Vedi GoLDMAMN, Op.

cit.,

144.
t.

Q. RicHA, Notizie istor. delle Chiese fiorentine divise ne' suoi Quartieri,

IX

(del Quart.

di S. Spirito), P. I, p. 58.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
di S. Spirito (1), avesse

421
il

insieme con essa annientato

convento ed, in con-

seguenza, le due librerie.

Ma

l'erroneit di questo supposto, dimostrata lu-

minosamente da Enrico Narducci in un suo scritto che sembra aver avuto minor notoriet di quella che meritava (2), permette a noi di spingere alquanto pi in l del 1451 le nostre investigazioni. I codici boccacceschi, il da Bisticci, Naldo Naldi ed Angelo Poliziano ne fanno fede (3), si conservavano
ancora in
S. Spirito alla fine del quattrocento.
si; egli

Ma

vi

rimasero a lungo?
S. Spirito,

11

Nar-

ducci crede che

afferma anzi che la libreria di

ed in consealla

guenza quella pure del Boccaccio, non and dispersa se non in seguito
si

soppressione del convento a tempo dell'invasione francese; e di quest'avviso


manifestato test anche
il

mio carissimo amico Vittorio Gian,


non

il

quale

esprime di pi la speranza che indagini


libri appartenenti al Boccaccio

accurate nelle biblioteche fiorentutti,


i

tine possano ancora condurre alla identificazione di molti, se


(4).

Per mio conto


i

io

son ben lontano dal dividere queste speranze; nutro


altri codici

al

contrario la certezza che sia impossibile ormai di rinvenire in Firenze, oltre

gi riconosciuti o sospettati
si

tali,

boccacceschi.

la

mia

cer-

tezza
Il

fonda sopra due


insieme agli

fatti

che ora esporr.


tutti
i

primo

fatto questo.

Sommati insieme,

manoscritti passati da

S. Spirito

altri fondi dei

conventi soppressi, nella Laurenziana


'

e nella Magliabechiana, sorpassano appena la cinquantina


alcuni pochi sono codici greci o ebraici,
i

5).

di

questi

quali

non hanno nulla a che ve-

ci) Si ripete

da tutti che

le

fiamme scoppiarono nella notte dal 22

al

23 marzo

ma
i

in

un Rjcordo

dell'incendio, scritto da

nn contemporanoo

sulla coverta d'un libro che conteneva


stabiliti
e

Capitoli della

Compagnia
ract. da
223),
si

de' Bianchi in S. Spirito di Firenze

nel 1467 (Capitoli e Bicordo sono tradelia citt e diocesi di Firentt

scritti nel t. I, pp.

75 e sgg. delle Memorie di Chiese

Luoghi Pii

Gaetano Hasiki, Saeerd.


nota che
il

Cittnd. Fior, e Proton. Apost. l'anno J7S7,


il

ms. Panciatich.
ricordo: 1430

disastro avvenne nella notte dal 21 al 22. Ecco del resto

(te;

1.

1470). Ricordo
si

come gioved notte a


il

di 21

di

marzo veniente
,

il

venerd a ore quattro

cinque di notte

appntse
Spirito

fuoco nella Chiesa di S. Spirito


Ill.mo

et arse tutta perch

avevano
,

fatta la festa
< cosi arse
il

dello

Santo essendo in Firenze lo

duca

di

Milano Ghateazzo
ci aiuti.

et

nostro deiroto CrocBsso della Compagnia de' Bianchi. Iddio

Viva in etemo

Iddio .

(Il crocifisso
il

scampato solo e miracolosamente


Fastozzi
,

alle

fiamme non era dunque quello dei


Si noter

Bianchi, come afferma


scrittore
il

Firenze disfgn. descr., p. 53).


il

come l'anonimo

non

faccia parola del convento; ed

suo silenzio imitato da un altro contemporaneo

quale in un codice in foglio grosso, in quarto, che contiene la Guerra l'unica scrtta da Leo-

nardo Aretino, et coperto d'asse , aveva di carattere antico e di qne' tempi >
rato ei pure
il

commemo-

fiero

avvenimento ed

fatti

che l'avevano prodotto. Del suo racconto conservatoci

d Fero. Leop
<
si fi

riferisco qui l'ultima parte


...

Del Miouoke in uno de' suoi Zibaldoni storici (Magliab. XXT, 4, 400, p. 477) come nuova conferma che la chiesa sola and distrutta dalle fiamme:
Santo in
S. Spirito e di poi la notte arse tutta di
si

la festa dello Spirito


le

modo, che non


la r^g-

d
A

rimase nulla se non

mura, che non

vide mai la pi terribile cosa e pia spaventevole.


si

ddio piaccia mettere cuore a chi pu di fare


di

rifu:cia

come l' principiata acci


conten.
il

giamo a nostri
(2) E.

fornita per l'onore di Dio e di S. Agostino .

Nabdocci, Intorno all'autenticit di

un

eod.

YaUc,
in

trattato di Boesio

<

De

M Cons. Phil. scritto di

mano

di Oiot. Boccaccio,

Atti della

R. Accademia dei Lincei, a


voi. VIII, 1883, pp.

CCLXXX,
(3)
(4)

serie III,

Mem.

delia CI. di Scinze

Mor., Star. Ftlos.,

248 e in.

Tedi Oiorn., voi. IX, p. 457. Vedi Giom., voi. X, p. 299.

(5;

son distribuiti cosi: ondici nella Laurenziana, quarantatre nella Magliabechiana.

422
aere con
le

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
collezioni
descritte

negli

Inventari del 1451 (1);

rimanenti,

vuoi latini vuoi volgari, o hanno provenienze diverse, o appartengono, e sono

maggior numero, ad et molto pi tarda. adunque non possibile rinvenire alcun nuovo codice boccaccesco fra i pochissimi che rimangono di quella collezione di S. Spirito, andata dispersa al tempo della rivoluzione, la quale si componeva di pi che un migliaio di volumi (2). Ma a formare questo numero cospicuo entravano allora pur sempre i codici boccacceschi? Il Narducci crede di s; io credo
il

In Firenze

invece di no.

Ed

ecco

il

perch.
:

Scrive nella citata sua

oltre

la di

come

memoria il Narducci 11 P. Giuseppe Richa poco prima met del secolo scorso, parla della libreria di S. Spirito una buona libreria, e dice che vi erano tutti i libri di Giovanni
L'architetto

Boccaccio e di frate Luigi Marsili agostiniano

Federigo

Fantozzi dice che in S. Spirito, innanzi alla soppressione degli ordini

mo-

governo francese, era una preziosa libreria, ricca di molti volumi a stampa e di non pochi codici fra' quali stettero un tempo, e poi andarono dispersi quelli lasciati per testamento da Giovanni Boccaccio.... Ora, se verso il 1750 erano ancora in S. Spirito scritture del
nastici avvenuta sotto
il
,

Marsili, e poscia

andarono dispersi
altri fossero

codici del Boccaccio,


distrutti,

non vuol dire


piuttosto,

gi che le une e gli


avverte
il

interamente

ma

come

Richa, doversene attribuire la perdita alla ingiuria de' tempi e


.
il

alla negligenza degli uomini (3)

Lasciamo

in disparte

il

Fantozzi,

quale non pu nella presente discusfatto altro

sione, avere alcuna autorit, perch

non ha

che ripetere

le

af-

fermazioni del Richa

(4),

e rivolgiamoci a costui.

Le parole che

egli dedica

alla libreria di S. Spirito son queste:

La

libreria viene nel secondo chio-

stro dalla banda che guarda

Ponente; n da niuno si contende che essa sia una delle buone librerie della citt ; non solamente per i rari e molti
il

libri

donati dalla Serenissima

Madama

Cristina

ma

per molti
i

altri,

e per

quei del soprallodato P. Goqueo.

Vi erano ancora tutti

libri di

Gio.

vanni Boccaccio, come

dicemmo

al tomo VI, e di fra Luigi Marsili (5)

Se andiamo ora a vedere nel tomo VI, non troveremo altro che il ricordo d'una deliberazione dell'Opera del Duomo, in cui si loda il Boccaccio d'aver
lasciati

morendo

suoi libri a S. Spirito

(6).

(1)

Son quattro in tutto: Lanr.


(ol.

S. Spir. 12 (ol. 780); S. Spir.

(ol.

784); S. Spir. 38 (ol. 799);

S. Spir. 108
(2)

792).

Tanto
i

risulta dalle vecchie segnature dei codici passati alla Magliabechiana.

Tre

fra di essi

portano
(3) (4)
1

ni

1232-1234.
249.

Op.

cit., p.

Neppur

egli del resto dice ci

che

gli fa dire

il

Narducci. Ecco infatti le sue parole: Bravi


il

pure (in

S. Spirito),

innanzi alla soppressione degli Ordini Monastici, avvenuta sotto


libreria ricca di molti

governo

francese,

una preziosa
,

volumi a stampa e di non pochi codici, fra' quali


,

stettero

un tempo

poi andarono dispersi

qtiflli

che gli furono lasciati per testamento da


lib.

Giovanni Boccaccio (Firenr-e disegnata e descritta,


il

secondo, fase.

1,

p. 41,

Ducei, 1846),

Anche

Fantozzi, come

si

vede, fa allusione a tmpo assai anteriore a quello in cui la soppres-

sione ebbe luogo.


(5) Not. Istor., p. 57.
(6)

Op.

cit.

t.

VI

p.

79.

Anche

rispetto ai codici legati

dal

Marsili al convento

il

Rich*

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Non
ricavare

423

dunque lecito dedurre dalle parole del Richa quel che ne vuole
il

Narducci, cio a dire una prova che


S. Spirito

codici del

Boccaccio

si

trovavano sempre in
rito esistevano
stito.

verso

il

1750.

Il

compilatore delle Notizie


ai suoi giorni in S. Spi;

istoriche delle Chiese fiorentine


i

non dice gi che


, egli

libri del

Boccaccio e del Marsili

ma

che vi avevano

esi-

Scrivendo vi erano ancora

allude ad una condizione di cose

non gi presente; altrimenti avrebbe scritto vi sono . E del resto Richa non fa che parafrasare, e in qualche luogo riferire alla lettera, ci che prima di lui, nel 1652, avea scritto della libreria di S. Spirito il Rosselli. E costui, mentre afferma ripetutamente che la libreria conventuale (rifabbricata nel cinquecento come tutto il Monastero sulle ro\ine dell'antico edificio (1)), era stata quasi di sana pianta messa insieme dal francese fra Leopassata,
il

nardo Goqueo, confessore e consigliere


di

di Cristina di

Toscana

(2),

non dice parola

di quello

Lorena, granduchessa che pur ne dovrebbe essere stato

non afferma gi che


succitato
il

ai
,

suoi tempi essi vi si eonaerrassero

ancora

come
alle

gli fa dire nel

luogo

Xardncci

ma

soltanto che rimanera nella libreria di S. Spirito

rer sopra la Bibbia e alcune lettere a Guido del Palagio


i.

che sono

una sna opera in stampe > (Op. eit,


le varie pro-

TI, p. 126).

I libri

del Karsili

del

resto

alla

saa morte

vennero

incorporati nella libreria

claustrale. Ci

apprendiamo

dall 'Inventario del 1451, nel qnale


I

sono spesso indicate

venienze de* codici descritti.

codici
i

deUa

libreria

grande
f.

che portano
1.

non sono per che cinqae; eccone


ffntagine
i.

titoli:

Cod. Ashb.,
(sic)

22

lUm

in

^uartusdteinnu magiitri odouici MariiUi

Exaneron beati batHii.


quiititt

nome del riarsili todem bameo 0. Uber Ittm gregonu (sic) d


il

Aommw

e<mdicttoiu.

Item in eodem banco G. Uber


f.

dteimtu copertus corto

mbeo Arabamtu
dedmus Ungo
(1)

(ae) de aude crueit magistri martilH.


t.

23

ltm in toitm bancko

H Uber 4

iettimoniorum gregorH magistri odouici marsili}.


(sic)

de saeramentit m. odouici
(sic) et

m *odtm btmeho E Uber texitu martilH. Item m eodem banco E Uber dacwmu
23
1
:

Ittm

septimus didascalieon Ungonis

Alexandreus m. odouici martxUi.

convento assai grande, e bellissimo e ridotto di presente in grado, che molto proSepoltuario, S. Spirito, Y.

< porzionato alla grandezza e bellezza della Chiesa, havendo dae bellissimi Chiostri, l'ano de'qoali
<

non

finito >.

I,

p.

IO (Magi.

II. i.

125).

poco prima
ci

il

mede-

simo scrittore aveva notato che < se noi rgoardiaifl? < convento, come quella parte del Chiostro grande in sa la piazza appi delle scalee
,

le reliquie

che ancora

restano dell'antico

che ancora tetto

(et quello
,

che qne-

< sfanno 1657 stato rovinato per rifarlo di nuovo alla moderna) e lo stanzone
,

che risponde
persuasi a
p. 10.
il

che ancora sono in piedi e

si

vedono , saremo
>

credere eh'
Faxtozzi, Op.

ella (la antica chiesa) ftisse proporzionata al


eit., p.

convento ecc.
il

Op.

eit.,

Cfr.

41. I due (Thioetri erano stati eretti,

primo da Alfonso Parigi,

secondo

da Bartol. Ammannati dal 1564 al 1569 : cfr. Ricaa. Op. eit., t. IX, pp. 56 e sg. (2) K ...Fra l'uno e l'altro di essi (chiostri) una bella Libreria messa inema, o almeno gra demente accresciuta per opera del Padre Haestro Fra Lionardo Coqneo Fraaceae e Oonfigeson
< della Serenissima

Madama
il

Cristina di Loreno Granduchessa di Toscana


,

>

SepolL, p. 13.
fh

poco

dopo ripete

< Fra

primo e secondo chiostro la libreria

la qoal libreria

mewa

insieme

per opra et industria del Padre Maestro Fra Leonardo Coqoeo frate dell'Ordine di S. Agostino

e Confessore
Librera
.

di

Madama
eit., p.

Cristina

. . .

come
(J.

si

vede dall' Iscrizione che sopra alla porta della

Op.

39.

A met
il

del secolo seguente la biblioteca era per stata trasportata

altrove di noovo,

come avverte

Bicaa

e). Intorno

al

Coqueo da vedersi

J.

F.

Ossaon,

BibUotkeca Auguttin. Autor, erit et ehron. (Ingolstadii, 1768), p. 259. Era nato ad Orlans, e sciiaee pareechie opere teologiche e polemiche. A Firenxe insegn il greco e l'ebraico; e alla bibUoteea di 8. Spirito don non solo
i

suoi libri a stampa,

ma

anche parecchi

codici. In&tti proil

vengono da

lui

alcuni de 'ma. eh ti

oomamao
,

aaeoim nella TiaarBniisni. come

Salterio graeo,

segn. S. Sp. S4 (ol. 799) del

sec

XT

msa. della Maglia bechiana. S. Spir. 50, 1232, 1233,

12S4, ricopiati da Ini stesM.

424
il

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
N avrebbe
potuto farlo
delle cose

pi prezioso ornamento: la libreria del Boccaccio.

davvero.

L'ab. Melus infatti

componendo

nel 1754

un Ristretto

notabili di Firenze ed in particolare delle i^rincipali Librerie, affermava,


a proposito di S. Spirito,

che la biblioteca del Boccaccio tutta era dispersa

non se ne trovava pi vestigio (1). La libreria boccaccesca, adunque che aveva gi sofferto perdite non lievi prima di essere collocata nei banchi fatti costruire dal Niccoli, deve averne e nella seconda met del sec. decimoquinto e nel decimosesto sopportate altre che ne procurarono lentamente la dispersione. E buon argomento a convalidare questa mia sentenza porge, se
e che

non m'inganno,

la storia di
la

un cod. famoso,
(2).

il

Terenzio laur.
noto

(PI. xxxviii, 17),

che porta in calce

firma del Boccaccio


del

come

il

Ciampi,
lui

il

quale,

per dimostrare l'autografia

zibaldone magliabechiano da

scoperto,

cerc a dritto o a torto di far apparire apocrifi tutti gli altri


creduti di
ticit di

manoscritti

mano

del Boccaccio,

non abbia osato attaccare


di

di fronte l'auten-

questo bellissimo manoscritto, e siasi appagato


(3).

esprimere alcuni
dissipati

dubbi che sono senza valore

Ma
i

anche questi dubbi verranno

dalla prova luminosa che in favore del Terenzio ci ora fornita dall'Inventario del 1451. In esso infatti fra

codici del banco secondo noi ne rinveniamo


(4)

uno

cosi descritto

Terrentius culleus

comicus conpletits

et

cohopertus

corio albo, cuius principium est natus in ecelsis etc. Finis vero [penul(1) Cod.

Landau 972,

f.

118

e sgg., autografo del Mehus, Questo brano era gi stato prodotto


\.

contro

il

Narducci in Catalogo della Libreria Pandolfini (Firenze, 1884), p.

Anche

il

Manni
non

che pubblicava nel 1742 la sua Istoria del Decamerone, trattando in uno speciale capitolo 0Vodici che G. B. trascrisse, confessava riuscirgli malagevole indovinare quali fossero giacch

sappiamo a parte a parte la distribuzione


(cap.

di si fatti

volumi

che originali non

si

trovano

XXVI,

p. 82).

(2) Il facsimile delle

prime linee e della sottoscrizione dato dal Narducci in una tavola an-

nessa alla
(3)

cit.

memoria.
ms. autogr. di mess. 6. B. da Certaldo, Firenze, 1827, pp. 21 e sg. L'Hobus,

Monum. d'un

non

si

pronunzia in proposito,

ma

agli

argomenti in favore dell'autenticit addotti gi dal Mehus


(p.

e fatti propri dal Bandini,

ne aggiunge per nei suoi St*di

340; un altro, osservando che

il

Boccaccio racconta nel suo


di indovinare

Commento

Dante quello

stsso aneddoto intorno ad

Omero, incapace
maggior valore

l'enimma propostogli da

certi pescatori d'Arcadia,

che

si

trova registrato nell'ultimo

foglio del Terenzio laurenziano. L'acuta osservazione dell'Hortis verr ad acquistare

tenga presente un'altra circostanza: che nel Terenzio sono raccontati due aneddoti relativi ad Omero, e riferiti non uno, ma due epigrammi greci. Il primo quello che spetta alla morte del greco poeta il secondo alla sua nascita, ed espresso cosi JJe predicto homero unde

quando

si

fuerit non habetur aput presentes et idcirco plures grecie ciuitates illum ex se ortum fuiase contendunt, iit in seq*entibus duobus carminibus continetur :
s.

septem

Uiigant

civitates

de

radice
rison
ci.

homeris.

Epta
d.
chimi

erimennsi
ci.

polis
ci
ci.

dya

homiru
ci.
ci.

smirni

chios

colophon

pylos

argos

athyne.

di lib. XIV, e. 19 delle Oenealogiae Deorum il Boccaccio, dopo aver citata la testimonianza e Quod Cicerone {Pro Archia, 25) sul fatto che argomento dell'epigramma riferito, soggiunge etiam testari a uetustissimo graeco Carmine satis inier eruditos vulgato legiss memini sic

Ora nel

aiente: Septem litigant ciuitates de radice

Homeri: Samo, Smirnae, Chios, Colophon, Pylos,


f.

Argos, Athenae (Qeneal. Deor., Parrhisiis, Horken, 1517,


(4)

CX).

Non

tulleus

come ha stampato
ms. laur.
offre

il

Goldmahn

(p.

146).

L'inesattezza vai la pena d'esser

tolta qui, giacch

il

per l'appunto la forma cui/MS nella prima linea: Epytaphium

Terrentij cullei Cartaginensis.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Urne carie]
tare
i

425
si

dum
si

uiuat ad

aurem

etc.

Se adesso alcuno
il

provi a confron-

dati

che

ricavano dalla antica descrizione con

cod. laurenziano si

avvedr subito come tornino intieramente.

Non

solo

il

codice laurenziano coil

mincia col verso Natus in excelsis


:

tectis

cartaginis alte (che

primo del

noto epigramma intorno al comico latino), ma, ci che pi monta, la penul-

tima carta termina per l'appunto con


dall'Inventario
ci

le

parole

dum

uiuat in aurem, indicate

come
il

explicit del codice di S. Spirito (Ij. Chi potr dopo di

dubitare che

Terenzio laurenziano non sia quello stesso che esisteva


il

a met del

XV

secolo in S. Spirito, quello che

Boccaccio aveva scritto?

Ma

il

codice nostro nel cinquecento formava gi parte della Laurenziana;


codici medicei innanzi

ce lo manifesta la sua veste, giacch esso porta la legatura della quale furono
coperti
i

il

1570, data dell'apertura della biblioteca

(2).

Esso aveva dunque abbandonata prima di quell'anno l'aula eretta in


rito dalla piet del Niccoli,

S. Spi-

caduta del resto essa stessa da

qualche tempo
suoi

sotto

il

piccone demolitore.

Ed

probabile che molti fra

compagni
Cos
di-

gi l'avessero preceduto, ed

altri

ne seguissero poscia l'esempio

(3).

non voglio per aflFermare recisamente che nella nuova libreria, della quale per la munificenza di Cristina di Lorena e del suo confessore e consigliere si adom S. Spirito nel seicento, non avesse pi luogo alcuno de' codici che avevan formato parte delle antiche collezioni; qualcheduno ve ne era ancora fuor di dubbio (4). Ma i pi avevano gi preso il volo e le
cendo
io

reliquie della libreria boccaccesca chi sa oggi

dove sono andate a

finire!

F. NOVATI.
k'eiqd' d iiiuatad tmrem | oganmat. (1) Cod. Lanr. PI. 38. 17, f. 83t-84r: st&mpa: dum utu . . . ad aurem; mm uiuat legge assai bene nel cod. Ashbamh.

Il

6ou>Kuni

(2) Deponendo l' antica ]egatan in corto albo, il Terenzio ha natoralmenie perduto anche i fogli di guardia sui quali dovera essere indicata la provenienza ed il loogo che occupava nella < libreria parva >. Le guardie, che oggi esso possiede , non sono certo pi antiche del XYl sec. L'anteriore offre le tracde d'nna segnatura che mi stato impossibile decifrare.

(3) Io inclino fortemente a riporre ira i primi il Boezio vaticano, snirantenticit del quale mi sembra difficile conservar o^i de 'dubbi, dopoch 1' unica obbiezione veramento grave si sollevasse dagli oppositori, anche a giudizio del'.'Hortis {Op. cit., p. S41). quella cio che si fondav sull'ignoranza in cui s era intorno alla venuta di Bernardo Bembo a Firenze prima del 1478, stai* distrutta con d<>camenti irrefragabili dal Xardncci. Del resto anche per il Boezio l' Inventario ci porge un ottimo mezzo di comprovarne l'orgine ; vi ha in&tti nel banco quarto un Boexio , del quale dato Vineipit e Vexplieit. La penultima carta termina : quod etenturum deus uUL Ora &rebbe meetier che qoalcnno verificasse se con realmente finisca anche la penultima carte del cod. vaticano, e vedesse pure di ripescare l'altro codice vaticano, il Boezio De Arithuuttea che si dice portar la sottoscrizione del Boccaccio (Nakoucci, Op. eit., p. 246, n. 4). Noto intaate che an codice contenente V AriiMntetiea di Boezio si trovava nella libreria parva > (B. II, cod. 14, GoLoaixx, Op. cit., p. 147).

^w

(SenttoW

Becchi cosi, che per la loro natura non potevano eccitare troppi! desider, pare conservassero ancora in S. Spirito sul cader del cinquecento ; lo afferma almeno il Mazzochklu d'Italia, t. 1, P. II. p. d7) sulla fede di P. Man {Disc, della .Voi. di Fir. e de' fior., Firenze. 1593. p. 90 1, al quale si pu aggiuogere il Poociaim (Colai. Strip. Fior, owmit gtm., Florentiae, HDLIXXIX, p. 78), suo probabile fonte. Anche i due manoscritti del De JnsuUt e del Bueolicon di Domenico Silvestri aveva veduti in S. Spirito il Poccianti che scnsse nella seeond met del sec. XVI il suo Catahgus Script. Fior. Il Nbobi pure li ricorda; ma, per infiorare notizia delle sue consuete amenit, attrbniace le lodi del De Imulit al Boccaccio! voinmen aetrice (<*e) eeaaeriptui, cui titnins De Inaalis et eamm proprietatiboi, qaad Johannes Bo> eaccias ammitmti et aasanrari in Bibliotheea saoeti Spirita ordinis S. ayastini Florentiae, < aiBrmat (I) >. Storia degli Seritt. Ftor., p. 155.
(4) I codici del
ai

BiomaU

ttorieo, X, fa:. 80.

88

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

ANTONIO FIAMMAZZO.
Commedia.
pp. civ-112).

1 codici Friulani
tip.

della
,

Divina
(8

Gividale

Fulvio Giovanni

1887

Come
niano.

noto ai cultori del divino poema, l'abate Quirico Viviani pubbli-

cava in Udine nel 1823 la Div. Com. giusta la lezione del codice BartoliIntorno a questa edizione
,

si

fece molto chiasso


Il

a parlare pi
il

esattamente
dettato dal

fece molto chiasso

il

suo editore.
fosse

Viviani sosteneva che


scritto

codice di antica patriarcal pertinenza

nientemeno che

medesimo
nostri,

Alighieri, durante la sua dimora nel Friuli.

tografi

Ai giorni non

per quanto la razza degli scopritori a ogni costo di au-

sia

peranco venuta meno, questa novelletta farebbe ridere. Ora-

presso

mai, dopo gli studi del Bianchi e del Bartoli, alla dimora di D. in Udine Pagano della Torre non ci si crede pi, e molto meno si crede che il cod. Bartolini possa essere un autografo. Esso fu scritto verso la met del trecento, probabilmente nel Veneto, e acquistato in Roma da mons. della Torre circa il 1700 (pp. xv-xvi). Le sue pagine non sono del tutto nette; in esse compaiono correzioni di mano antica, sec. XIV, e correzioni e raschiature modernissime. Chi ha deturpato il testo venerando con queste ultime? Gi nel 1826 il Besenghi degli Ughi sollevava la questione delle alterazioni del testo Bartoliniano

incolpandone
il

il

Viviani.

Questi la soffoc con

una pioggia

di improperi.

medesimo
Witte
,

fece due anni dopo, quando G. A-

squini os criticare due note del Dante bartoliniano. Pi tardi,

allorch se
sospetti
,

ne occuparono
su questo testo
paura.

il

Foscolo ed

il

dicendo

tutti

fondati

che
per

Ma

la

dovevano avere , il Viviani tacque senz' questione non meritava di terminare cos, e il
si

altro
prof.

forse

Fiammazzo

ha

fatto

bene a tornarvi sopra per dirne, crediamo, l'ultima parola.


parte infatti del presente libretto, tratta del cod. Bartoliniano

La maggior
Il

e di quella che pu ora securamente


F.

chiamarsi falsificazione del Yiviani.

pone in sodo che

le

raschiature e correzioni moderne del codice Bar-

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
toliniano provengano dal Viviani
sul cod. Florio
il
,

427

(1), il

quale tent tale deturpazione anche

cercando renderlo simile nella lezione al Bartoliniano.


il

Ma
Ol-

conte Florio gli proib di pi consultare


gli tenesse in certo
il

ms.,

mentre

il

comm.

Bartolini
4).

sembra
tracci

modo

il

sacco

(cfr. pp.

xxi . e lxxv, n.

Yiviani introdusse arbitrariamente nella sua edizione molte varianti


si

che nel cod. non


plice

trovano, ed altre molte ne trascur,


il

come da un semxxviii).

esame
notare
il

superficiale ebbe ad accorgersi

Witte

(p.

Curioso

poi

il

come per

quella stampa
il

che doveva essere condotta sul cod.


di varianti dal cod. Florio.

Bartolini,
Infatti
il

Viviani attingesse

maggior numero

F. osserva che sulle 517 lezioni nuove


,

della

ediz.

udinese da lui
(p. lxxi).
:

esaminate

216 sono del cod. Florio


i

e solo 71 del cod. Bartolini


i

Ecco pertanto

capi d' accusa

sotto

quali cade la ediz. Viviani

falsit

ed ommissioni nella descrizione dei codici che gli (al V.) dovevano essere

meglio noti; lezione assolutamente arbitraria del manoscritto che


di pubblicare e

s'

era

proposto

che giur sempre

d'

aver offerto nella sua inte-

grit: ampio, illimitato saccheggio di all'onest dell'uomo

testi

tacitamente assunti a fonda-

mento della edizione; abbominevole alterazione dei preziosissimi documenti


aflBdati; infine

turpe invereconda inserzione di fantastici


(p.

elementi nel te^to del divino


forse in
tutta

poema
il
i

lxxv).

Non

poco davvero, e
essere

questa parte

polemica

F. avrebbe

potuto

meno

lungo e talvolta meno ampolloso;


scerli veri e quindi
lati dantisti

ma

fatti

da

lui addotti

bisogna riconogli ocu-

anche

la requisitoria resta giustificata.

Se finora

consultavano l'edizione udinese con molta circospezione, ora non


affatto.

possono pi tenerne conto


friulani raccolse qui

Serviranno invece a loro assai meglio


quattro

le

varianti che del cod. Bartolini e degli altri

manoscritti

danteschi

Gli altri codici, cui


bibl.

con accurata e pertinace pazienza il F. accennammo, sono: 1" cod. Fontanini esistente nella
Daniele del Friuli: ha un commento italiano che non

comunale
i

di S.

va

oltre

primi tre canti

deWInfemo

e^'serabra desunto dal

Lana

e dall'Ot-

timo; ha pure note latine; queste ultime sono del sec.


(pp. XLiii-XLvii); 2 cod. Torriani,
sec.

XV,

il

resto del

XIV

che reca solo tre frammenti del Paradiso,

XIV

(pp. xLix-Lii): 3 cod. Florio (pp. uii-lvi); 4' cod. Claricini, sec.

(pp. Lvii-i,ix).

XV
il

Di

tutti questi

mss. ebbe ad occuparsi incompletamente

Viviani. Varianti di essi

appaiono nella Rivista delle varie lezioni della


raccolte dal conte

D.

C. pubbl.

a Padova nel 1832 da A. Sicca. Quelle del cod. Claricini in


Viviani furono

confronto

dell' ediz.

nel 1831 e pubblicate nel 1839 a Padova, per nozze,

Raimondo de Puppi da A. Sette (p. lxi).


e

Ora
del

il

presente volume

rettifica e

completa

la ricerca sui codici friulani

porta quindi un'altra pietra al tanto desiderato edificio della edizione critica

poema.

(1)
si

Questa sembra anche opinione degli addetti alla

bibl. srcirescoTile

d'Udine, ore ora

il

cod.

trova. Vedi p. xx.

428

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

COSIMO BERTACCHI.

Torino, medioevale.

Bante geometra. Note


Istit.

di

geografia
(8,

Fornaris-Marocco, 1887

pp.64).

Nel 1881 comparve uno studio topocronografico intorno alla Commedia maggiore Vaccheri e dal prof. Bertacchi. In questo studio si proponeva una nuova costruzione delV Inferno; si sosteneva che la
di Dante, scritto dal

selva selvaggia fosse da riporsi

e che il monte del primo canto deVInferno. Tuttoci era svolto con larga dottrina, con precisione di metodo, con novit di

nell'emisfero australe
colle del

Purgatorio non
criteri.
Il

fosse altro che

il

libro, indiscutibilmente rilevante, fu preso in


il

considerazione dai pi re(1)

centi e autorevoli storici delle lettere nostre,

Gaspary

ed

il

Bartoli (2).

Ma ambedue
respingerne
Il
i

si

accordarono, pur reputandone coscienziosa la trattazione, a

risultati.

B. nel presente opuscolo ritorna sull'argomento. Dato


le obiezioni

sua teoria, cerca ribattere


e da qualche altro
;

mossegli dal Renier


i

un riassunto della (3), dal Gaspary


infine

quindi sciorina gli argomenti,

quali, secondo lui, ren-

dono

impossibile la forma

conica

proposta dal Manetti;

discute le

cognizioni di geografia matematica che Dante aveva, poggiando particolar-

Farad. (I, 37 sgg.) e su vari passi del Convivio. ha torto quando si lamenta della critica e giudica che il suo libro non abbia trovato lettori abbastanza pazienti (pp. 20 e 29); ha torto quando crede che al suo volume pieno di calcoli e di citazioni e riscontri si debba contrapporre un'altra dimostrazione negativa ugualmente ana litica per metterne in chiaro la falsit (p. 10). Appunto perch Dante non ha dichiarato apertamente il suo disegno , appunto perch noi dobbiamo arguirlo da cento piccoli dati, quasi sempre di dubbia o equivoca interpretazione, possibile proporre, non una, ma pi teorie, che rispondano
terzine del
il

mente su alcune

nostro avviso,

B.

alle parole del poeta e

pur non corrispondano


si

ai suoi intendimenti.

La

co-

struzione manettiana, che

fa forte dei pi antichi

commentatori, che ha

dalla sua l'autorit grande degli stessi figliuoli di


parti essere erronea (4),
bilit.

Dante, potr in alcune


signori V. e B.,

ma

in fondo ci presenta dei seri elementi di attendiai

essa che

si

contrappone pur sempre


da capo
il

calcoli dei

nel cui libro la parte negativa la pi debole.


di rifare sostanzialmente
;

La

critica

non ha bisogno

essa non ha che da proporre obiezioni. Gaspary accumul nella sua nota trovano davvero magra risposta in questo opuscolo. Nonostante l'armeggio del B., resta pur sempre un fatto che D., uscendo dall'inferno, si fa esplicitamente dire da Virgilio che ha cangiato emisfero (Inf., XXXI V, 112 sgg.) e quelle parole

le obiezioni serrate

che

sono cos nette, come se fossero poste a suggel eh' ogni

uomo

sganni.

(1) torta, trad. ital., I, 465.


(2) (3)

Storia, VI,

I,

pp. 40-41, 45 e cap.


1.

VI passim.

Preludio, VI,

(4) Cfr.

Giorn., IX, 313.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
resta pur sempre
isoletta

429

tale

il monte del Purgatorio tutto circondato dalle acque (Questa INTORNO ad imo ad imo... Porta dei giunchi; Purg., 1, 100), in modo che noa si saprebbe ove riporre la selva (1), per quanto il B. la voglia

E resta pur sempre la difficolt grandissima (non retorica, n pedantesca, come un sig. Brambilla la qualific, non sapendo quel che si dicesse) dell'essere, secondo la nuova interpretazione, chiamato colle un monte dirupato ed altissimo, giacch se un colle pu essere chiamato col nome generico di monte, non mai, non diremo da D., ma da nessuno, pu essere designato un monte coll'appellativo specifico di colle (2).
nell'interno dell'isola (pp. 18-19).

restano le giuste osservazioni mosse dal Michelangeli contro la divisione


(3),

dell'inferno in due cavit

osservazioni che

il

B. non conobbe, pare, quan-

tunque

citi

quell'opuscolo

(p.

31

n.)-

Tuttoci rimane e tuttoci va spiegato,

non come il B. in parte fa, ma con acconcia e larga dimostrazione. Noi gli vogliamo accordare non una ma cento volte che il disegno suo potesse essere architettato dalla scienza di D., anzi, diremo pi, esso sar persino d'assai migliore di quello di D. medesimo; ma giacch vi sono le esplicite parole in contrario del poeta, nessuno riterr che proprio in quel modo D. ideasse il suo inferno. Per rispettare la legge fisica della gravitazione non c" bisogno di quel disegno il Michelangeli lo ha mostrato. Cade quindi la maggiore fra le difficolt presentate dal B. e dal V. (4). Una estesa disamina, fatta da chi unisca cognizioni di scienze naturali e della loro storia nel medio evo (5) alla necessaria preparazione filologica, scioglier anche le
:

secondarie.

VITTORIO LAZZARINI.

Rimatori Veneziani del secolo XIV.


(S,

Padova, Stab.

tip.

veneto, 1887

pp. 101).

Quale sia stato V intendimento


alla sua trattazione

dell'

A.

e quali

termini da lui
I

segnati

non appare troppo chiaramente.

poeti di cui egli di-

scorre di proposito sono venticinque, diciotto de' quali ricordati nella Leandreide. Questi diciotto sono: Andreolo Alemanno, Bonaventura Baffo, Gabriele
di Bernardo, Antonio dalle Binde, Giovanni e Nicol Boccassi, Marino Dandolo, Giovanni e Bernardo Foscarini, Giacomo Gradenigo, Marino, Marco e

(1) Cfr. Babtoli, vi,

I,

40.

(2) Cfr. SQ ci
(3)

anche Wittb, nel Magaiin fiir d Lit. de* Autandst, 2 ott. 1880. MiCHELseBLi, Sul dUegno deU'infemo dantesco, Bologna, 1885, pp. 45-47.
B. qni rammenta l'altra difBcolU della luna tonda
119).

redoU da Forese e da Dante {Purg., passo non dice punto, ci sembra, quanto il B. gli rorrebbe fkr dire. Non c* alcun bisogno di supporre che arnhtu Todessero la Urna tonda. And $i , non ei ti motlr.

(4) Il

XXm,

Ha

il

nosM

(5) Cfr. per questo specialmente

Schuidt
il

Debtr DanU'i

SUUung

in dtr Oetckieht* dtr Kot-

mograph, Jratz, 1878. Le opere che


su un

B. menziona a p. 14 n.. dicendo di non

trovare alcune, sono quasi tutte abbastanza comuni. Oli Accenni dell' Antonelli, eh' catal. Hoepli, sono nella notisainM raccolta Dante e il tuo tecolo.

areme potuto ciU di

430

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

Pietro Grioni, Marino Michele, Lorenzo de' Monaci, Maffeo da Pesaro, Pietro Polani, Giovanni Querini. I sette rimanenti sono Filippo Barbarigo, Antonio
:

Cocco, Belletto Gradenigo, Piero de' Natali, Leonardo Pisani, Nicol Querini, Jacopo Valaresso. Ora , sono questi tutti i poeti veneziani del secolo XIV ?

quanto, pi che di volo, accennato a p.

7,

sembra che

l'A.

ponga

tutta

nel secolo XIII la copiosa produzione poetica franco-veneta;

che taluno

di quei poemi appartiene probabilmente al de Spagne; Prise de Pampelune) e che talaltro appartiene a quel secolo di sicuro (Passion du Christ edita dal Boucherie; frammenti di Oxford e di Udine del Rainardo e Lesengrino ; Buovo d' Antona della Laurenziana e frammenti udinesi dello stesso poema). Perch passarli sotto silenzio? Un'altra osservazione. Fra i poeti di cui l'A. discorre, sono, come s' visto, Antonio dalle Binde, padovano, Giovanni e Nicol Beccassi, trevisani. Se l'A. non voleva attenersi ai soli poeti veneziani perch discorrere di questi e
, ,

ma gli noto secolo XIV {Entre

non anche di altri veneti, come Antonio da Tempo, Bontempo de Conciaco, Antonio Scolari? Della Leandreide che pur gli fornisce i nomi della pi parte dei poeti di cui ragiona, egli dice ben poco (pp. 11-17), e non si studia nemmeno di accertare il tempo in cui fu scritta punto che avrebbe dovuto essere per
,
,

lui di capitale

importanza.
,

La opinione
la

del Foscarini e dei Grion, alla quale

egli

sembra accostarsi
(1),

che cio

1375

al tutto insostenibile.

Leandreide sia stata composta circa il In fatti, per non recar pi che un argomento,

Andreolo Alemanno, che nel poema ricordato come morto, mori nel 1382. Con ci non vogliam gi dire che il libro manchi di pregio e di utilit. Per molti dei poeti ricordati l'A. seppe raccoglier notizie che, se non sempre
sono di gran
blic
,

rilievo,

non sono per neanche da


,

disprezzare, e di alcuni pub-

ripubblic le rime che egli

o altri
,

poterono rinvenire.
,

Abbiamo
tratti dal

cosi dieci sonetti di Filippo Barbarigo

tutti inediti

meno uno
tratti

cod. 1739 della Universitaria di Bologna; ne

abbiamo due

di Belletto

Gra-

denigo con

le risposte di

Francesco Vannoccio veronese,

da un codice
tutte le

della biblioteca del Seminario di Padova, anch'essi inediti;

abbiamo

rime di Giovanni Querini, pubblicate gi da S. Morpurgo neWArch. storico per Trieste e V Istria (I, 142 sgg.); quelle di Nicol Querini, pubblicate da
L. Biadene e da 0. Zenatti in opuscoli per nozze, e altre.

Non mancher
lume

forse chi nelle notizie, o nelle rime raccolte in questo vo,

trovi occasione di aggiunte

o di emendazioni

noi una sola osserva-

zione faremo ancora: parlando di Bartolomeo Zorzi l'A. poteva citare libri

pi recenti dello Choix des posies des troubadours del Raynouard.

(1)

Questa opinione espresse anche


I,

il

Morelli

Della cultura deUa poesia presso


sig.

li

Vetieeiani,

Operette, Venezia, 1820,

181. Questo scritto

non fu dal

L. mai citato.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

431

ARTHUR PAKSCHER.
trarcas.

Die Chronologie der Gedchte Pe(S,

Berlin,

Weidmann, 1887

pp. vi-140).

La

classificazione cronologica delle


,

rime del Petrarca, tentata malamente

dagli antichi commentatori

fu ripresa con miglior fortuna dal

De Sade e

condotta innanzi dal Carducci, e in qualche punto anche dall'Appel.

La

novit del presente volume risulta dalla recente identificazione del cod.

Vatic. 3195 con l'autografo posseduto dal

Bembo. Tutti

infatti

vedono quanto

vantaggio pu ritrarre
si

la

cognizione della cronologia del Canzoniere (juando

riesca a provare che le rime vi furono ordinate

cronol(^camente dal loro


P. nei primi due capitoli

medesimo

autore.

questa dimostrazione mira

il

dell'opera sua.
i dubbi re<;enti dell' Appel inframmento di abbozzo che forma il Vatic. 3196. L' Appel non ebbe sott'occhio che la pubblicazione dell'Ubaldini molte delle sue ragioni cadono di per s quando si veda direttamente 1* aut(^afo (1). Provata l'autografia del franmiento, il P. si propone il quesito in qual modo i fogli del Vatic. 3196 capitassero in mano del Bembo e lo risolve con una nota del Pinelli, veduta dal Rajna nelle carte di lui esistenti all'Ambrosiana, ove si dice che quei fogli furono trovati in mano d'uno pizzicaruolo > (2).

Anzitutto egli rintuzza con buone ragioni


alla autografia del

torno

La

autografia

dell'

nologica, giacch,

come

abbozzo di non lieve importanza per la questione cro noto, in esso il Petrarca soleva notare il tempo

e spesso anche il luogo in cui ognuno dei componimenti era stato composto, con una abitudine simile a quella poi tanto cara all'Alfieri.

Sgombratosi per
lui,

tal
il

sarebbe stato

modo il terreno, il P. mette in chiaro quale, secondo procedimento del Petr. Prima egli avrebbe scritto le sineseguite le prime correzioni,
le

gole poesie su fogli volanti; poi,


copiate in fogli in4<'
i
,

avrebbe
l

di cui alcuni

sono conser>'ati nel Vatic. 3196. Di

componimenti venivano
1*

trascritti definitivamente nel Vatic. 3195,


il

che nella

sua parte autografa


la trascrizione

A. ritiene composto tra


,

1368 e

il

'74.

Se non che
cod. Chig.

non fu diretta

poich

il

Petr. menziona spesso un' alia pa-.

pirus. Di qaest'alia papirtts


L. V. 176
Il

il

P. vorrebbe ravvisare

una copia nel


il

(3).

principio su cui

si

basa l'ordinamento del Canzoniere

principio cro-

nologico, secondo r.\. Alla successione cronologica delle rime nel Vat. 3195

sono conferma

le

date del Vatic. 3196, non solo,

ma anche

gli

argomenti

(1)

Alla confatezione dell'Arm. mi sembrano troppe le dieci pagine (pp. &-18) consMrmte dal P.
egli steaso

Dopo qoanto
del cod.

3196 poteva
p. 22,

dirsi

areva scritto nella Ztitter. fiir rom. PkOologi* del 1886, T aatognSa pienamente dimostrata. Cod credette anche il Di Kotaac, FaetimOA,

Bonu, 1887,
(2)

il

quale pare nella

Rnu4

crii, del

27

aatt.

"SS * ara propoeto di eonftitare

I'Appsl con delle raisons d'ordre palographiqoe .

compiotamente che
(3)

La annotazione pineUiana era gi l'A. non fwxia.


il

stata pubblicata dal Ciax in qaaato

Oiom., IX, 444, pi

Vedi ci che

P. ne daae in qneeto Oiom.,

Vm,

364 sfg.

432
interni che
si

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

possono desumere da alcune poesie, segnatamente da quelle A queste consacra il P. il capitolo pi lungo e pi importante del suo libro. Tra queste poesie gli d in ispecie da fare la tanto discussa canzone Spirto gentil. Combatte tutte le ragioni addotte a pr' di
di soggetto storico.

Cola

di Rienzo.

11

posto che la canzone ha nel cod. Vatic. 3195 rende imla

possibile la data 1347: se questa infatti fosse verace,

canzone avrebbe

un posto almeno di cento numeri pi avanzato. E da riporre invece nel 1337, poich i componimenti Perch'io ti abbia guardato di menzogna e Nella stagion che 7 del rapido inchina, che di poco la precedono, sono senza dubbio del primo semestre 1337. Con ci cade anche l'ipotesi che vi si tratti di Stefanuccio Colonna o di Stefano Colonna il vecchio. Tenendo fermo, 1' che la canzone diretta ad un senatore di Roma, 2 che la sua data 1337, la scelta non difficile perch il 15 ott. 1337 il papa creava senatori Jacopo de' Gabrielli e Bosone da Gubbio. Varie ragioni oppongonsi al Gabrielli (1); pi d'un argomento storico invece corrobora efficacemente la candidatura di Bosone. E oltracci per Bosone stanno i codici. Mentre uno solo, il Laur. XLI. 14, reca la dedica al famoso tribuno, tre mss. sinora furono avvertiti che fanno la canzone diretta a Bosone l'Ashburnamiano notato dal Bartoli, il Laur. XLI. 16 e il Rice. 1100 segnalati dal Papa (2). Per Bosone sta adunque il P., che confuta l'unico argomento serio addotto
ottenuto
,

i meriti della persona e la esaltazione veramente nuovo non v' certo molto ma gli argomenti sono bene disposti e la conferma cronologica di innegabile gravit. Meno lungamente si trattiene l'A. sulla canz. Italia mia, che ritiene

dagli avversari, la inadeguatezza fra

della poesia (pp. 40-75). Di

scritta col

De Sade

e col Carducci nel 1344, non col


(pp. 75-82).
le

D'Ancona nel 1370, n


l'A. cerca dare la

con

lo

Zumbini nel 1356

Nel quarto capitolo sono trattate


riprova della sua tesi che
il

rime d'amore. Qui

Canzoniere vaticano

sia stato disposto cronolo-

gicamente dal Petr.


Vatic. 3196.

stesso.

A
i

questo scopo mette insieme gli scarsi dati crodalle

nologici interni delle rime d'amore e trae profitto

date che sono nel

Delinea quindi

vari periodi dell'

che la divisione delle poesie in vita ed in


poeta.

amore del Petr. e stabilisce morte di Laura non muove dal

Nell'ultimo capitolo

si

esaminano

le

rime che vanno d'ordinario col nome


amici e quelle di soggetto
morale.

di varie, vale a dire quelle

dirette ad

Qui campeggia particolarmente 1' amicizia del Petrarca per i Colonnesi e viene in prima linea Giacomo Colonna. A lui e non al Boccaccio ritiene il P. diretto il son. La gola e 'l sonno e le oziose piume (3), a lui i sonetti Gloriosa colonna, in cui s'appoggia. Amor piangeva ed io con lui talvolta,
, ,

(1)

Che trov nn

sostenitore nel Labrdzzi,

il

qnale, visto sfumare

11

suo Annibaldi,

si

appigli

a lui nella Scuola


(2) Cfr.
(3)

romana

del 1885.

Dom. del Fracassa, genn. 1885 e Fanf. della dom., maggio 1886. Questa ipotesi era gi stata accennata dallo Stesoel nella Zeitschr. filr rem. Phil.
P. ritiene che l'amico cui
al
il

III

in.

Il

son.

si

dirige

non possa essere

il

Boccaccio

perch

il

comBoc-

ponimento certo anteriore


caccio

1334 e quindi rimonta ad un tempo nel qnale U Petr. ed

il

non

si

conoscevano neppure.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Pi
di

433

me

lieto

non

si

vede a terra

S'

amore
le

morte non d qualche


luci asciutte (pp. 107-

strappo e la canzone
119). Parla quindi
1'

aspettata in del: dopo la sua morte, avvenuta nel

1341, da riporsi la canz.

Mai non vedranno

mie

A. delle poesie dirette a Giovanni Colonna, fratello di

Giacomo (pp. 119-120), ad Agapito Colonna (pp. 120-121), a Sennuccio del Bene (pp. 122-123:, a Ciao da Pistoia (pp. 123-124) (1) e tennina discorrendo
delle rime di soggetto morale.

L'A. chiude il volume dando una tavola del Canzoniere secondo il Vatic. 3195, e notando le rime che si trovano nel 3196 e le date certe o approssimative che loro devono essere assegnate. Certamente questa tavola potr essere meglio perfezionata con 1" andare del tempo; ma il lavoro del P. ri-

marr sempre encomiabile come primo e ingegnoso tentativo


zione cronologica.

di classifica-

ALFREDO SAVIOTTI. Una polemica secolo XV. Saggio di uno Studio

tra due umanisti del


intorno alla vita e agli

scritti di

Pandolfo Collenuccio da Pesaro.

Salerno

Mi-

gliaccio,

1887

(16, pp. 20).

In quel secolo
fra
i

XV
,

cos pieno di lotte d' ogni

maniera

si

fecero anche
d'

dotti incruenti

ma

pur

terribili

contese

per V accusa o difesa


11

un

sacro

monumento
Il

dell'antichit, greca o latina.

S. fa la storia esterna di

quella sorta tra Pandolfo Collenuccio e Niccol Leoniceno, che aveva sparlato di Plinio.

Leoniceno, trattando pi particolarmente della ignoranza

dei medici intorno alle erbe, aveva notato

anche alcuni errori

di Plinio.
il

11

Collenuccio ne fu preso d'indignazione e riprendendo con crudezza

medico vicentino scrisse la Defensio Pliniana. Nel tempo che questa girava manoscritta, Ermolao Barbaro pubblic le sue Castigationes plinianae, delle quali prese il Leoniceno argomento a ritornare sul suo tema, dimostrando l'aiuto che gli veniva a dare il Barbaro colla sua opera e toccando indirettamente il Collenuccio. 11 quale, d'altra parte, aggiunse un altro ai suoi sette libri di
il

difesa per provare precisamente

contrario e rincrudire la contesa


lettera

e scrisse

contemporaneamente sullo stesso argomento una


pubblica in parte
rispose,
,

che
Il

il

S.

per primo

estraendola

dall'

Archivio di Firenze.
quale

Leoniceno non
le
si

ma

un

altro

umanista, Pontico Verunio Bellunese, prese poscia


contro
il

sue difese inveendo

Collenuccio

il

per altro non pare

(1)

Nel son. celebre in inort

di

Cine PiamgU domu, con foi pianga amort, VA. tror niw

difficolt.

Esso infatti collocato

fn doe

poesie

che sono d ucrTenti


'.17.

al
il

1340 e

*4I

Cino

si

ritiene
i'

morto alU

fine del
Il

1336 o nel principio del

Eppure

Petr. dic

mentre Notklla,

Mnn
la

da noi partito.

P. portato a dubitare della esattezza della data ritennta rora par


i

morte del Pistoiese.

Ma

a dir rero

docamenti sa coi tale asserzione

si

fonda (Tedili in Cabforti

DOoa, Saggio,

p. 62), accettati

anche dal CHiArPEU.i, e dal OasrET.soBO abbastanza

e la

4MtioB0 andrebbe approfondita.

434
degnasse rispondervi;

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

ma

continu

ad attaccare

il

Leoniceno nel suo


e
forse

De

anche nell'operetta, di cui sappiamo appena il titolo, De morbo gallico, che pu aver riscontro con un Libellus de epidemia, quara vulgo morbum galliciim voscritto contro asserzioni di quello,

Vipera libellus,

cant, scritto dal Leoniceno stesso.


11

S.

con argomenti di vario genere

vuol provare che la questione

che

forse pi di ogni altro fatto mostra l'indole del


studi, avvenisse fra
il

CoUenuccio e

suoi svariati

1492 e

il

'93.

ci

pare provato.

EMILIO MOTTA.
voi.

Musici alla corte degli Sforza. Ricerche

e documenti milanesi (Estratto dall'are/?, storico lombardOy

XIV).

Milano,

tip.

Bortolotti,

1887

(8,

pp. 150).

Chiunque voglia studiare

in

tissime corti del rinascimento,

modo compiuto le lettere nostre nelle fiorennon potr disgiungere sicuramente dalla storia
,

politica e letteraria quella delle arti tutte

e tra queste specialmente della

musica, siccome quella che alla poesia and congiunta come sorella, prima
di diventarne

padrona dispotica. Questo

bi.sogno, sentito dagli studiosi, diede


il

luogo ormai a parecchie ricerche coscienziose: cos


lustrarono la musica in Mantova,
la
il

Canal e

il

Davari

il-

Valdrighi, nelle molte sue monografie,


storia dei musi-

cisti

musica presso fiamminghi

gii Estensi,

il

Vander Straeten tent una

in Italia.

Come
non dire

contributo alla storia della nostra musica nel rinascimento, cui, per
dell'inesattissimo Ftis,

mal vale a porre in qualche luce neppure memoiia dell'ing. Motta. Essa condotta tutta quanta su documenti ed divisa in due parti. La prima riguarda pi specialmente i suonatori milanesi come i trombetti della corte ducale e del comune (pp. 11-18), i pifferi tedeschi e italiani, da cui quei signori solevano farsi accompagnare nelle grandi solennit (pp. 18-25), i suol'opera egregia dell'Ambros, rilevante la
,

natori di tamburini e di trombe, di cetra, di viola, di liuto, di arpa (pp. 26-35),


i

suonatori e fabbricatori di organi

fra cui celebri

specialmente

Gaspare

dall'Organo, Isacco Argiropulo, Enrico Isaac detto Arrigo Tedesco, Jacopo

Teybler, Giorgio di Gherardo (pp. 46-55),


in

costruttori di strumenti musicali

Milano

(pp. 55-57;. In questa sezione del lavoro leggesi

una interessante

digressione sul ballo (pp. 39-40), con una lettera di un Ambrogio da Pesaro, ballerino, in cui si attesta la valentia nel ballo di Ippolito Sforza, che ave
facto

duy

balli novj

supra duy canzuni francese de sua fantasia


i

(1).

Un'altra

digressione (pp. 4145) riguarda

buffoni ed

nani (pp. 4143)

(2),

non che

(1)

Intorno alla diffusione delle

canzonette francesi in Italia

cfr.

Bbnisb, in MisceiaiMa

filo-

lofica Caix-Canello, Firenze, 1886, pp. 275 sgg.


(2)

Accennando, come l'A. fa a

p. 42, ai buffoni della corte dei


il

Gonzaga, celeberrimi special-

mente
di

nei tempi di Isabella, sarebbe .stato bene avesse citato

Pistoia e l'importante articoletto

A. Lozio, La morte d'un buffone, nella Gaeeetta di Mantova del 16 nov. 1885.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
i

435
una
spe-

ciechi suonatori e cantori (pp. 43-45), di cui

il

M.

fa con ragione
corti.

ciale categoria di gente

da sollazzo aggregata a quelle

La

seconda

parte del lavoro consacrata alla cappella ducale degli Sforza, costituitasi

formalmente nel 1471 quasi contemporanea alla Estense. Galeazzo Maria avea speciale passione per la sua cappella: egli faceva venire i cantori da oltralpe, ricercava per loro benefici dal papa, gli induceva talvolta con arti
,

subdole a disertare dalle corti vicine per venire nella sua (pp. 5Q-TI). Questi musici accompagnavano il duca nelle grandi occasioni e nei viaggi uflBciali
e inter\'enivano alle funzioni di chiesa.

Aveano una

speciale divisa ed erano

lautamente
di

pagati;

tanto vero che nel preventivo delle spese pel ducato


,

Milano nel 1476 erano stanziati 5000 ducati per cantori

grossa

somma

a que tempi. Nel 1474 la cappella sforzesca annoverava 40 individui, 18 dei quali erano della cappella dei cantori di camera, gli altri 22 della cappella
di chiesa.

L' A. produce gli elenchi dei loro nomi; quindi gli passa singo,

larmente in rassegna
(pp. 87-103),

dando su

di essi notizie pi o

meno
i

copiose.

Erano

in gran parte olandesi ; Gaspard

van Weerbek dirigeva

cantanti di camera

Antonio Gumati quelli di chiesa

(pp. 103-121).

Dopo aver com1475


di

pletate queste liste con altri sei


130),
il

nomi
,

di cantori sforzeschi del

(pp. 122,

M. passa

ai

tempi posteriori

meno

favorevoli alla musica

finch

anche quest'arte non ebbe nuovo incremento nella corte geniale

Ludovico

U Moro (pp. 134-40). La monografia una


che
di

serie di notizie
di

di date

di

nomi.

un non so
bisogna

frammentario e
il

dinoccolato in tutta la trattazione,

ma

riconoscere che
e tanto basta.
di illustrarli
di

fare diversamente era


il

ben

difficile.

Il

materiale buono

N
,

convenientemente

M. ha trascurato di dar risalto ai documenti cercando giacch nulla sappiamo ed ha fatto bene
, .

pi disutile

melenso e bambinescamente presuntuoso che

l'

infilzare

documenti staccati senza ordinarli, chiosarli, metterli in relazione col materiale stampato. In quest' ultima parte forse V A. avrebbe potuto fare anche di pi. Perch non ha studiato qualche poco i libretti musicali antichi, ove
quasi sempre indicato l'autore della musica?

Le

tavole delle celebri raccolte

del Petrucci e dell'Antico sono facilmente accessibili e l'A. vi avrebbe trovati diversi dei

nomi

ch'egli registra.

Per chiudere vogliamo segnalare un bel documento pubblicato dal M., 'he nel presente risveglio di studi sul Giustiniani non sar discaro. E un pro-memoria autografo di Cicco Simonetta, in cui egli si propone di ricordare allo ambasciatore milanese in Venezia la preghiera gi direttagli che
gli facesse scrivere in

uno

libretto tucte le

canzone de domino Leonardo

Justiniano et tucte le altre che se trovino in Venetia che siano belle et che siano in uso in Yenexia
tre

e di raccomandargli di far fare < in doe

canzone ...

le

note del canto per intendere l'aere venetiano , non


,

che

de di inviargli qualche garzone de xij fino in xv anni et non pi bona persona et bono inzegno, non de molta bellezza , che gliele cantasse accompagnandole col liuto.

436

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

GAETANO CAPASSO.
Un

Un

abate massone del secolo XVIII.

ministro della Repubblica Partenopea.

letterato e patriota. Ricerche biografiche.

Un canonico Parma tipo,

grafa Ferrari e Pellegrini, 1887

(8,

pp. 76).

L'abate massone Antonio Jerocades, di Pargalia , in Calabria, poeta di qualche pregio, autore di un Saggio dell" umano sapere, diffonditore delle dottrine massoniche, caldo fautore della rivoluzione francese e uno dei campioni della Repubblica Partenopea pi e pi volte per le sue opinioni , e per la propaganda che ne faceva, perseguitato, processato, confinato in chio,

stri,

gettato in prigione, esigliato.

Ebbe amicissimo

il

Genovesi.

11

C. d di

lui,

della sua vita, della sua copiosa opera letteraria, notizie curiose e imri-

portanti per la storia dello spirito pubblico e per quella dei tentativi di

forma nel secolo XVllI. Il ministro Vincenzo de Filippis, impiccato a Napoli il 28 novembre 1799. Fu matematico e filsofo; ma il suo nome rimane estraneo alla storia letteraria.
11

canonico Gregorio Aracri

nativo di Staletti
di certi

presso Squillace

noto

pi particolarmente

come autore

Elementi di

diritto naturale,
egli, e,

che

pubblicati nel 1787, levarono grande rumore,


il

ma

poeta ancor
11

come

Jerocades. del quale fu amico, liberale e perseguitato.

pi notabile dei
dialetto della

suoi componimenti poetici

una parafrasi
assai

in ottava

rima e in
11

novella 208 del Sacchetti

di

sconcio argomento.

G.,

che ne reca

alcune stanze, avrebbe fatto bene, crediamo, a pubblicarla per intero. Dell'Aracri parecchi scrissero,
grafi
si

ma
,

il

G. ne d molte notizie che negli altri bio-

cercherebbero invano
Jerocades e
nell'

e che

non sono
altri

di

pura curiosit. Abbiamo


li-

infatti nel

Aracri due

rappresentanti di quel clero


si

berale e rivoluzionario che sul finire del secolo scorso

mostra cos numeroso.

LODOVICO ARIOSTO.
edizione.

Lettere con
di

prefazione storico-critica,

documenti e note per cura

Antonio Cappelli.

Terza
tenevasi

Milano, Hoepli, 1887 (16, pp. glxxxiv-364).

Buona
nel 1862,

parte delle lettere di

L. A., per la segretezza con cui

l'Archivio Estense, era poco conosciuta, e solo di seconda mano, prima che,
il compianto Gappelli ne desse una edizione. Quella peraltro era una pubblicazione parziale, cui solo quattro anni dopo, nel 1866, doveva seguirne una generale (Bologna, Romagnoli). Se non che tale idea non venne al G. che a stampa inoltrata del volume, e per egli non pot seguire l'ordine cronologico, che V unico buono in siffatte pubblicazioni sconcio cui
,

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
^li cerc rimediare con
la loro cronologia.
l'indice, nel

437

quale le lettere sono distribuite secondo

La nuova edizione che


rechi documenti nuovi
centi e
seriti,
i
,

1'

egregio

avvantaggia di molto sulla seconda.

ritocchi

uomo procur poco prima di morire si La lunga prefazione, quantunque non


degli
interi

tutta ritoccata col suflFragio

studi pi re-

giungono talora ad essere paragrafi


es-, il

come, per

racconto dell'avvelenamento di
i

novamente inFederico Gonzaga il

seniore, tentato da Niccol Ariosti (pp. xi-xii) e

dati intorno alla protezione

accordata alle lettere da Ercole d'Este (pp. xxxv-vi) ecc. Le lettere poi hanno qui una disposizione rigorosamente cronologica , all' infuori di tre aggiunte
in fine.

Cinque sono

inedite, cio: 1
1-2); 2>

Ad

Aldo Manuzio, gen. 1498, cavata

Niccol Tassane, 19 giugno 1531, dall'Archivio di Stato in Milano (pp. 282-83); 3 A Niccol de Conti, 4 agosto 1520, dalla Trivulziana (pp. 341-42); 4* Agli Amiani di Lucca, 25 sett. 1522, dall'Arch. di Stato in

dall'Ambrosiana (pp.

Lucca

(pp. 343-44); 5
,

Ai Medesimi, 13

ott.

1524, dallo

stesso Archivio (pp. 264-65). Altre lettere

sparsamente pubblicate dopo la

seconda edizione, sono qui raccolte e messe al loro luogo. In fondo vi sono,

come neir

ediz. del

1866

le

gride che V A. fece pubblicare in Garfagnana


i

(pp. 309-17), e,

con ottimo pensiero qui aggiunti,

privilegi per le edizioni

del 1516 e 1532, rilasciati dalla Signoria di Firenze, da

Leone X, da Fran-

cesco Gonzaga, dalla Signoria di Venezia, da Federico Gonzaga, da Francesco


Visconti, da Carlo V, da Clemente VII (pp. 349 sgg.).

volume utilissimo, adunque, per ogni riguardo e gli studiosi dell' Ado\Tanno procurarselo, anche possedendo la edizione anteriore. solo a deplorarsi che in queste lettere appaia molto pi l'Ariosto nomo d'affari,
II

riosto

ufSciale pubblico, di quello che

il

privato ed

il

letterato.

KARL

V.

REINHARDSTOTTNER.
Litteratur

Ueber die Beziehungen der


Bayrischen

italienischen

zum
nel

Hof und

ihre

Pflege

an demselben
I.

Jahrbuch fr Munchener

Geschichte, anno

KARL TRAUTMANN.
schen Hofe

Miinchen, Lindauer, 1887, pp. 92-172. Italienische Schauspieler am Bayrimedesimo Jahrbuch,


I,

nel

193-312.

cenza

devono salutare con molta compiacomparsa del nuovo Annuario storico Monacense. Ambedue i direttori di esso inaugurano i loro lavori, nel primo bel volume che ne comparso, con due monografie assai importanti, che riguardano le relazioni
Gli studiosi di cose letterarie italiane
la
Il

letterarie fra l'Italia e la Baviera.

complesso

di tali relazioni,
Il

voro del Reinhardstttner.


Trojano, stampato a

che furono molteplici, abbracciato dal laprimo libro qui registrato quello di Massimo
V.>nir./:ia^

Monaco

nel 1568 e l'anno dopo ristnnM'^t'^ in

438

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

intorno alle feste fattesi in occasione delle nozze di Guglielmo

di

Baviera
cu-

con Renata

di

Lorena.

Il

libro in dialoghi ed pieno di particolari


artisti

riosi sulla corte

bavarese e sugli

che
i

a questo movimento di simpatia fra

frequentarono (pp. 97-100). due popoli , che pure attestato


la

dagli Arbori genealogici di Cesare


del tutto estranei
i

Campana

(1592; pp. 101-105), rimasero

a Massimiliano di BaTorquato Tasso (1). Ma la vera fioritura della poesia italiana alla corte di Baviera si ha nel secolo XVII, dopoch Adelaide Enrichetta, figlia di Vittorio Amedeo I di Savoia, fu andata sposa,
scrittori. Infatti

maggiori nostri

viera

si

ha un

sonetto, del 1593, di

nel giugno 1652, a Ferdinando Maria di Baviera. Quella giovinetta di sedici


anni, grande cultrice di arti, seppe trapiantare in

Monaco quanto aveva


,

co-

nosciuto ed amato in Italia.

wunderbar osserva il R. welchen geistigen Einfluss Adelheid auf den Mnchener Hof gewann, und wie es ihr gelang ihre neue Heimat thatschlich zu einer italienischen Kolonie anzugestalten (2). Essa era 1" anima di tutte le feste il centro di ogni attrattiva artistica e poetica di Monaco. Cos per le giostre come per le rappresentazioni allegoriche, come per le prediche l'Italia era messa a con

Es

ist

tribuzione; ad Adelaide deve la biblioteca di

fatto a libri ed a codici italiani di quel tempo.

Monaco le sue ricchezze in La geniale principessa scri-

veva madrigali, strambotti, drammi.

solo cose profane,

ma anche
il

sacre.

Ella descrisse in ottave la vita di Chiara degli Agolanti e

suo poemetto
I

comparve nel 1661 nella


artisti italiani

vita di questa santa da

Stefano Pepe.

poeti

che rallegrarono la corte di Ferdinando Maria e di Adelaide


cura dal R.
accessibili fuori di

sono passati in rassegna con


libri

spesso

poco

che d la bibliografia dei loro Monaco. Dal fecondissimo Domenico


,

(1) Il

R. lo d tradotto

(p.

105). Esso fu pnbWicato dal Freibero e dall'ARETiN di su


ediz. Rosiki

un

cod.

del K. Archivio di
le

Monaco. Non compare nella


in cui
si

n in verun' altra parziale.


,

Essendo

opere tedesche

trova

abbastanza rare qui da noi

crediamo utile

riprodurlo sulla

trascrizione che

il

medesimo R.
Al

ci favor.

serenis's. Sig.

Duca Massimiliano Prencipe

di Baviera.

Alto Signor, di cui pi saggio e degno

non

quanto d'intorno
il

il

mare inonda,
vi circonda

l'honor che segue

merto e

gi d'inchinarsi a Voi

non prende a sdegno.

se fra noi scettro, corona o regno

pari alla stirpe, a nuU'altra seconda,

Roma non

ha, che de thesori abonda

celesti solo,

minor pregio indegno.


gli stellanti chiostri

Dunque convien ch'a


l 've inalzar voi

per agguagliarvi homai la Gloria ascenda,

p virtute ardente.
'1

Ma

quel che p l'Italia e


a' suoi figli

Ciel consente

com'

Augusti a voi risplenda


il

e nel fratello esalti


(2) Cfr.

bisso e gli ostri.

Claretta
ni

Adelaide di Savoia, Torino, 1877; GtisT. Heide


,

Kurfrstin Adelhtid

v.

Bayern
riosi,

in Zlschr. fiir allgemeine Geschichte


I,

1886, pp. 313-335;

Giornale degU eruditi e

ci-

anno

25-26.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Gisberti
si
,

439

che scrisse pi di cento opere con singolare attivit di poligrafo, va a Ventura Terzago, autore di melodrammi (pp. 113-i;^). I melodrammi

italiani peraltro, cosi di

moda

in quel secolo,

continuarono sotto Massimi-

liano Emanuele, finch non fu portata


la

un

po' di tregua dai duri tempi che


le

Baviera ebbe a passare nel primo decennio del sec. XVIII. Quetatesi
,

non tornarono per pi gli antichi splendori, giacch ai tempi di Massimiliano Emanuele la poesia italiana non era pi sola in Monaco essa aveva a combattere un'aspra lotta con la francese, che prendeva sempre pi piede (pp. 141-147). Tale condizione non si alter sotto Carlo Alberto quantunque 1' avere egli preso in moglie la fi:

cose dopo la pace di Rastatt (1714)

gliuola di Giuseppe
Il

I d'

Austria lo mettesse in nuovi

melodramma

solo visse allora di vita potente pel


si

rapporti con l' Italia. nuovo impulso datogli


(pp. 148-158). Alla fiiie

dal Metastasio, che

fece sentire anche

Monaco

del secolo era perduto ogni interesse per le letterature straniere, giacch la

tedesca era cresciuta troppo robusta. Solo la influenza della musica italiana
fecesi ancora sentire per

mezzo

secolo.

Tale, nelle linee principalissime, lo scritto del R.

lui forse

avrebbe gio-

vato la conoscenza del volume magnifico che per ordine di S.


talia

M.

il

Re

d'I-

pubblicava Vincenzo Promis nel 1883, per solennizzare le nozze del principe Tommaso di Savoia, duca di Genova, con Maria Isabella duchessa
di Baviera (1).
Ivi si

danno molti documenti sul matrimonio

di

Adelaide e

sulle feste che lo precedettero e seguirono.


Il Trautmann tratta invece particolarmente dei comici italiani e delle commedie italiane a Monaco. E non solo di Monaco, ma di tutta la Germania si occupa questo interessante lavoretto, pieno di notizie tratte da fonti

edite ed inedite, le

prime

quasi quanto le seconde


il

poco accessibili a

noi.

E un

saggio di pi ampio lavoro, che

T. promette: la storia, cio, delle

peregrinazioni dei comici italiani, francesi e inglesi nel sud della Germania.

Quindi, dopo aver toccato dei primi

drammi

rappresentatisi in
,

Monaco

dal

1510 al 1530 (pp. 196-203), della Poetenschule

drammatiche

sotto la direzione successiva di

che diede rappresentazioni Geronimo Ziegler, Martino Bal,

Gastner (pp. 204-207), dei Gesuiti che costituirono la prima compagnia stabile presso la corte di Ba\'iera (pp. 207-210) e finalmente della commedia improvvisa rappresentata in Monaco nel 1568 da dilettanti italiani, fra cui

tico e Gabriele

quattro appartenevano alla cappella di corte ed erano capitail

nati dal celebre Orlando di Lasso (2) ,

T. prende

il

volo per una grande

(1) II Tol. s' intitola eoli

Le aagutU atUanu fra

le

cast sovrane U Satoia * di Batitra m*i $

XV,

X VI, X VII,

Torino, Bona, 1883. I nwtrmonl qai illostimti sono dnqne,

d Savoia-Acaia e Lndorico III (1417); 2 Margherita di Savoia e Ladorico


di .SaToia e

do IT (1444);

1* Mmtilde

Sa Adelaide

Ferdinando Maria (1651); i Cario Emanoele principe

di

Luisa di BaTiera Snltzbacb (1722); 5


italiane
(2)

Tommam

di Saroia e Isabella. I

Piemonte e Anna Cratna matrimoni di altn caaa

con quelle

Intorno a
di

cumenti

XTV sono rammentati invece nel Jakrbttck a p. 268. T. pabblica documenti tratti dall'ArehiTio Oonzaga (pp. 286-88). Altri doquesto archTio , comunicatigli dal Davari , produce nelle note al suo lavoro. La
di

BaTiera nel ec.

Ini

il

relazione della

italiano conosciuto, tolta dall'opera di


di

commedia rappresentatasi nel 1568, che un vero aeeaaiio, aaii il prw> nenaiio MasaSao Trojano, che abbiano nniioiiiti aal priaeipio
Il

questo cenno.

T. la di tradotta in tedeaeo (pp. 212-17) e, in nota. Del taeto ttaliano (fp. 279-

440
digressione
,

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
nella

quale
Il

tratta dei comici

italiani prezzolati di cui trov

primo documento egli ne trova nel 1549 a Nrdlingen (1). Poi segue i comici a Nrnberg Dusseldorf, Dresda, Vienna, Regensburg, Neuburg, Innsbruck e dappertutto trova nei conti delle ammi,

vestigie in Germania.

nistrazioni pubbliche

nelle

descrizioni di feste ecc. ecc. traccie manifeste

dei loro passaggi (pp. 225-233).

La prima compagnia comica

italiana andata

a Monaco fu quella diretta da Jacopo da Venezia, che vuoisi abbia rappresentato anche la Calandra, nel 1569 (pp. 222-24).

E quantunque
seguirli

sin dall'ul-

timo decennio del

sec.

XVI

dovessero
,

comici

nostri

sostenere la concornei

renza dei francesi e degli inglesi

il

T. ha potuto

documenti

bavaresi sino alla fine del sec. XVIII (pp. 240-266). Come intermezzo, l'A. accompagna Ferdinando di Baviera nel suo viaggio in Italia del 1565, se-

condo una descrizione contemporanea

(2),

togliendone tutte le indicazioni di

rappresentazioni vedute dal principe nelle citt italiane (pp. 234-35). Anche questa memoria del T. adunque interessantissima. Per gli studi
del Baschet e d'altri noi

questo del T.
in

il

conoscevamo i destini dei nostri comici in Francia; primo contributo veramente serio intorno alle loro vicende

Germania.

ALESSANDRO YESME. Torquato

Tasso e

il II,

Piemonte

(Estr.
45).

dalla Miscellanea di storia italiana, serie

XII (XXVII),

Torino, Paravia, 1887

(8, pp. 88).

Torquato Tasso

eletti spiriti

consacrarono studi parziali, riguardanti


del

le

relazioni ch'egli ebbe colle varie citt italiane e coi personaggi

tempo

pi insigni. Ricorderemo fuggevolmente anzitutto


particolar

il

Serassi che studiava in

modo

le relazioni del

poeta colla patria sua,

Bergamo
il

il

Capasse
il

ricercava la vita e le relazioni della famiglia con Sorrento;


;

Marini e

Malmignati la sua vita di studente a Padova il Mazzoni-Toselli, e poi, in miglior modo, il Gualandi pubblicavano il processo ch'egli ebbe in Bologna; il Malmusi, il Sola, il Masanelli illustravano la sua dimora a Castelvetro;

83).

lui

peraltro rimase ignoto

come

il

primo atto ne

sia stato pubblicato dal

Camerimi,

fin

dal

1868,

nella Rivista di libri vecchi e nuovi

e poi da lui ristampato,

nel '72, nei Precursori del

Goldoni, e nel ^H, nn Nv^vi profili letterari. Lo scenaiio intero poi venne prodotto da L. Stoppato nel suo libro La commediti popolare in Italia, Padova, 1887, pp. 132-139. 1 due testi differiscono

alquanto nella forma, giacch

lo

Stoppato segu la edizione Monacense del 1568,

il

Trautmann

la

veneziana rifatta del 1569.


(1)

Ben pi

in su dovrebbesi
di

portare la comparsa della commedia italiana in Germania, se fosse


(

vera la notizia

F. Vettori

Viafjqio

Allemapna, Parigi, 1837, p. 173), che narra

di

una com-

media italiana rappresentata nel 1507 in Augsburg (cfr. D'Ancona in questo Giornale, VI, 23 n). Se del Vettale notizia possa essere confermata con documenti di autorit meno sospetta che le parole
tori,

veda

il

T.

(2)

Tale relazione fu pubblicata dal Febibkro,

Sammlung

htst. Sckriften

und Urkunden,

voi.

IV,

Stuttgart, 1834, pp. 277 sgg.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
il

441
le relazioni

Malmusi
napolitani;

di

nuovo
il

il

Cavedoni quella in Modena e


le varie gite e le

con

Tarquinia Molza:
i

Modestino

sue relazioni con Napoli e

Mantova: Achille Neri quelle con Gelavori sulla sua dimora in Ferrara (1). Cos pure intorno a sant'Onofrio e alla sua morte abbiamo una serie numerosa di lavori parziali. In queste monografie biografiche raccolto un materiale copiosissimo,
il

Portioli quelle con

nova, senza contare gl'infiniti

contradditori

quale difficilmente avrebbe potuto ricercare lo studioso della vita intera di

Torquato, e per chi tesser questa vita tanto controversa, utilissimo.


Nella sua

seconda fuga

da Ferrara, dopo vario peregrinare, Torquato

Tasso

si

dirigeva verso Torino; e

un

episodio

di

questo viaggio egli eter-

nava nel dialogo II Padre di famiglia. Il Piemonte non aveva mancato invero di consacrare studi intomo a questo punto della vita del poeta: l'il -marzo 1844 per iniziativa di P. A. Paravia, si celebrava solennemente in Torino il terzo centenario della nascita di
Torquato.

ricordo di tale festa

si

coniava una medaglia e

si

pubblicava
(2).

un volume contenente

versi e prose in quella occasione declamati


:

Due

anni dopo Osvaldo Berrini pubblicava pure un discorso

Dell'arrivo e della
dice ora
il

dimora di Torquato Tasso in Torino


Vesme, ricorrendo
pagine
,

C3',

lavoro

come

Vesme,
fonti. Il

pi tosto ricco di rettorica che di notizie storiche attinte a buone


nelle quali
inoltre

all'incontro a coteste fonti, ci d ora queste pregevolissime

dimostra una profonda conoscenza delle opere


del

del poeta.

Tenendo

alla

mano
il

il

passo

Padre di famiglia,

portatosi sulla riva

sinistra della Sesia, presso Vercelli, egli riconobbe alla descrizione la casa

che

doveva aver veduta


il

Tasso dallo stesso luogo. La casa situata a Borgo-

Vercelli, e corrisponde ancora oggi alla particolare descrizione

che ne diede

Tasso; tranne che dinanzi non vi sono pi alberi,

ma
il

paracarri: cosa di
del

assai poco

momento.
gli

Il

Tasso non aveva fatto noto


cos'i

nome
:

Padre di
il

famiglia che
possessore.

aveva accordata

cortese
difficile

ospitalit

ma, riconosciuta
ritrovarne

senza dubbi la casa, non doveva essere

negli Archivi

Cosi appunto

ricercando
il

nell'Archivio

Civico

di Vercelli, in

quello

di

Stato di Torino venne

Vesme
il

a stabilire che ai tempi del Tasso la casa

apparteneva

alla famiglia patrizia vercellese degli Aiazza.

Di questa famiglia
docu-

fortunatamente rinvenne

privato Archivio propriet oggi del cav. Alberto

Filippi dei conti di Baldissero. In seguito all'esame diligente di quei

menti

il

Vesme crede

di poter accertare

che

il

Padre

di famiglia fu Nicol

Aiazza, dottor di leggi e senator ducale; e continua a chiarire la storia di detta famiglia secondo i vari accenni, perfettamente corrispondenti, che sono
nel dialogo.

Prosegue dipoi

il

Vesme, a

illustrare l'arrivo a

Torino e

le

sue relazioni

(1) Cfr.

(2)

per tatti questi Uror i sunti che ne di il FKBBAtxi, T. Tatto, Banuto, 1880. Fitta itrolar itila natcita di T. T. eeltbrata i Torino ecc., Torino, ttuip. Beale, 1884. (3) Torino, Fontana. 1846.

GiornaU

ttorico, X, fase. 30.

29

-142
col

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
d'Este,

marchese Filippo

che

lo

ospit

present a Carlo

Emanuele

principe di Piemonte, allora sedicenne, e col duca

Emanuele
altri

Filiberto: chiaparziali avveni-

rendo molte delle rime dettate in quell'occasione, ed


menti. Tra l'altro riconosce per primo, che
Carlo che pasci in
s

il

sonetto:
mensa,
at-

felice

fu scritto nell'occasione che S. Carlo

Borromeo mosse in pellegrinaggio


il

traverso gli Stati di Savoia per venire a venerare

sacro lenzuolo.

Inoltre

molte persone e
riori ricordi

altri

fatti ricordati

nei vari

dialoghi

sono riconosciute e
i

chiariti nelle pagine seguenti, ove si studiano pure

diligentemente
di

poste-

che

il

Tasso fece nelle sue opere della casa

Savoia.

Un

apposito capitolo dedicato alla questione della casa abitata dal Tasso,

in Torino, cio alla ricerca del luogo ove sorgessero le

case del marchese

Filippo d'Este.
rer,

questo proposito

il

V. riporta una lettera del d^ A. D. Fer-

perch pubblicata nel

poco

noto

giornale II conte di
il

Cavour

del

14 dicembre 1868, ove contradetto quanto sostenne


citato, e si

Berrini, nell'opuscolo

prova che

il

palazzo del marchese d'Este

doveva sorgere verso


del

la

met
di

dell'ora Piazza Reale, dentro ai cancelli che la separano da Piazza


al

Castello, alla distanza di circa 10 metri

pi

dal palazzo che ora

duca
Il

Genova.
sulla
la

V. inoltre ritorna

questione, gi
lettera

sciolta

dal

Gampori
tolto

(1),

e con
la

nuove prove mostra


quale
si

falsit della

del

Tasso al

Boter, per
il

veniva a sapere dal poeta

stesso,

che egli aveva


falsi

pensiero

del suo giardino d'Armida, giardino all'inglese, dal parco del duca Emanuele.
Il

V. per ultimo dimostra inoppugnabilmente


si

due

sonetti al

Gri-

maldi, creduti autografi, che del T.

conservano nella Bibl. Reale e pub-

Marenco; come false dubita essere anche credute autografe, che sono in un esemplare della Historia de principi di Este di G.B. Pigna, Vinegia, Valgrisi, MDLXXII: che si conserva nella stessa biblioteca e che noi crediamo siano tali indubbiamente. Cosi pure tenta di mostrare che il sonetto dedicato a Carlo Emablicati per nozze, nel 1877, dall'avv. P.

alcune

postille,

nuele

Pianta regal che

;^i

tant'anni e lustri,

non pu essere del Tasso;


dubbi, insolubili finch non

ma
si

intorno a questo punto

possono restare dei


diligenza chiaall'illustra-

abbia un'edizione critica delle rime del poeta.

Cosi in questo volumetto moltissime cose sono con


rite

somma

ed esso porta un non piccolo contributo alla vita del poeta,

zione delle sue opere.


ci viene alle

Ed ogniqualvolta qualcuna
il

di simili

buone monografie
fatto

mani, sentiamo pi vivo

desiderio

che molti a cosi


che
lo

genere di lavoi vogliano indirizzare le forze e l'ingegno. Intanto facciamo


voti perch
il

Vesme,

col

buon volere e

la

capacit

distinguono,

continui, con questi studi letterari, quelli di storia

dell'arte, di cui

ha dato

ottimi saggi.

(1)

Di utM

lettera

apocrifa di T. T., in Nuova Ant., serie

II,

anno XIV,

voi. XIII, pp.

488 sgg.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

443

BARTOLOMEO CORSINI.
eroicomico
storiche e
,

Il
coli'

Torracchi(me desolato, poema


autografo e illustrato
di

riscontrato
filologiche

note
Fi-

a cura di
(8,

Giuseppe Baccixi.
pp. xxxii-699).

renze,

tip.

Cooperativa, 1887

Non vorremo

qui discutere se

si

riteneva

proprio

necessaria

una nuova

edizione di questo

poema

giocoso, che all'infuori del facile verso, della na-

buona lingua, ond'ebbe l'onore di essere accolto fra non ci pare presenti pel suo contenuto quella importanza tipica che porga argomento di studio. Ma considerato che il testo ci dato qui secondo la vera ed ultima intenzione del poeta e che s' intende dall' editore rinfrescare la fama di un compaesano, lascieremo da parte ogni considerazione su questo argomento. Il B., che davvero un benemerito barberinese mugellano ha premesso al poema una prefazione nella quale, dati sobri
turale festivit, e della
testi,
i
,

cenni biografici del poeta


quel ruinato castello, che
dei manoscritti di questo

tocca del titolo, riferendo le notizie storiche di

Corsini denomin Torracchione ; quindi discorre poema, rilevando come due siano gli autografi ora conosciuti, l'uno conservato nella Moreniana e 1' altro nella libreria del Seminario di Firenze, e come in questo si debba riconoscere l'ultima compila zione voluta dall'autore. Assegnata alla composizione del poema la data
il

del 1660 circa, e ci pare con suflBcienti ragioni, dice in qual guisa vedesse

primamente
non
lievi.
11

la luce a Parigi nel 1768, e ricorda le altre cinque edizioni fatte

posteriormente;

edizioni che peccano pi o

meno

di inesattezze e di errori

nostro editore tenne

come fondamento
le

della sua ristampa l'au-

tografo del Seminario, non trascurando quello della Moreniana e neppure le

stampe; in

fine
ci

ad ogni canto pose


contentano in
tutto.

varianti e le note.

Ma

queste note

Mentre non troviamo a ridire su quelle che riferiscono notizie storiche, quantunqpie qualche volta appariscano un po' tirate per forza e neppure sulla spiegazione di certi modi proverbiali singolari, non possiamo approvare le non poche, che rilevano il significato di vocaboli ovvii e comunissimi, i quali non possono essere ignorati da chicchessia. Perch poi farci correre alla fine del canto per leggere: Verit santa Pur troppo vero e simili ? L' editore si forse accorto del
appunto non
,

difetto

che noi rileviamo, ed ha voluto farne un' anticipata difesa nella pre-

fazione (p. xxxi),

ma

questa

invece lo conferma e l'aggrava. Avvertiremo


,

poi che la spiegazione dell' ultimo verso dell' ottava 48


ricercarla,

canto
si

III

anzich

pu trovare pi agevolmente nelle commedie, specie in quelle dell' arte comunissime al tempo del Corsini nelle quali il tipo del medico non andava mai scompagnato da quel certo esame, che ha fatto arricciare pi d' un naso nella recente esumazione della Mandragola.
dice
il
,

come

B., nella novella 15S del Sacchetti,

444

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Z AZZERI.

RAIMONDO

Sui codici

e libri

a stampa della

hf-

Nioteca Malatestiana di Cesena, ricerche ed osservazioni.

Cesena,
bollettino per fare

tip.

G. Vignuzzi, 1887 (16, pp. xxxii-586).


(1)

La Nuova Antologia
ritava
?

ruppe

il

tono mellifluo del suo inconcludentissimo


libro.

una carica a fondo contro questo povero


sia

Lo me-

Certamente noi non diremo che questo


pellettile di

un modello

di catalogo.

La

sup-

cognizioni con cui

il

sig. Z. si

accinto a farlo alquanto

scarsa, parecchio rancida,


scrittive,

non

di

poco inadeguata al lavoro. Le notizie de,

che sono le pi desiderate in opere di simil genere scarseggiano e invece v' un rimpinzamento smisurato di notizie laterali, accessorie, spesso talvolta nella ingenuit loro umoristiche. A noi inoltre non dato inutili
,

constatare se lo Z. sia stato esatto nei suoi riferimenti:

in opere di simil
si

genere bisogna credere

al cataloghista sulla parola

quando non

abbia

opportunit di far ricerche nella biblioteca da lui illustrata. In ogni

modo

questo catalogo presenta un vantaggio in confronto a quello antico del Muccioli (1780-84);
il

vantaggio di essere facilmente accessibile agli studiosi.


tutti
i

La Malatestiana ha
sul vecchio tronco di

caratteri di

una

biblioteca monastica.
il

vello

che nel

sec.

XV

accrebbe

una biblioteca umanistica innestata E infatti fu Malatesta Nopiccolo fondo di una libreria francescana
possiede.

di quasi

met

dei codici che oggi la biblioteca del

In seguito

si

au-

'

medico Giovanni Marco da Rimini, di Sigismondo Pandolfo Malatesta, di papa Niccol li, e per lasciti diversi (pp. ix-xiv). A non parlare neppure delle stampe fra le quali ne troviamo qui illudel seicento (2) i 340 codici della Malatestiana strato alcune tardissime

ment per doni

presentano ben poco interesse per


codici in volgare
si

il

cultore di storia letteraria italiana.


la

possono contare sulle dita;


filosofici.

grandissima maggioranza
i

di trattati teologici, ascetici,

Spesseggiano
di filosofia

dottori della chiesa


,

ed

filosofi scolastici

vi

sono pure opere

pagana

specialmente

di Aristotele e Averro,

non che

classici greci e latini. Scritti di medicina,

igiene, giurisprudenza sono frequenti.

Di opere latine di umanisti meritano d'essere citate queste poche


11, Epistolae di

pi. I sin.,

Leonardo Aretino
di

(pp. 258-59): pi.


pi.

XVI

sin., 5,

De
5,

latinis

scriptorihus di Secco Polentone (pp. 390-91);


et seriis e

XXIII

sin.,

4 e

Dejocis

Carmina

Francesco Filelfo (pp.

44.5-46); pi.

XXIX

sin.,

20,

opere di Francesco Barbaro (pp. 529-30); pi. XXIX sin., 26, Epistolae et Orationes del Panormita (p. 535). V' anche un bel codice del De re militari di

Roberto Valturio
(3).

(pp. 427-28),

il

famoso consigliere

di

Sigismondo

Malatesta

(1)
(2)

ICVI, 359.
II

Z. ne trae occasione per inserire nell'opera mezze dissertazioni, che non saranno giudi-

cate troppo opportune,

ma nondimeno

possono riuscir

utili.

Vedi, p. es., quanto dice del Cesenate

Jacopo Mazzoni, n. 1548 (pp. 12-21). (3) strano che di questo trattato l'A. non menzioni

le celebri

stampe. Cfr. G'orn.,Vl, 290.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Strana cosa
!

445
,

Non

v'

un

solo testo a

penna della Divina Commedia

un'opera del Petrarca.

Invece del Boccaccio vi sono diversi codici latini:

due del suo


(pp.

trattato geografico (pp. 260 e 397), uno della Genealogia Deorum 3K-53) (IX uno del De casibus illustrium virorum (p. 388;. Di codici volgari uno solo ne notammo poetico, il Dittamondo di Fazio degli Uberti
(2).

(pp. 472-73)
l'

Gli altri sono in prosa,

cio:

pi.
,

IV

sin., 5,

Capitoli del(pp. 285-88)


;

arte della lana nella citt e contado di Cesena

sec.

XV

pi.

XXIX
(p.

sin., 10, il

Trattato della divina grazia e la


sin., 16,

Leggenda di

S. Cri-

rolamo
pi.

510);

pi.

XXIX

XXIX

sin., 7,

Spina e roxa,

trattato

Specchio di croce del Cavalca (pp. 518-19); morale composto secondo le regole
:

di S. Bonaventura (pp. c04-6). Nel principio del prologo detto roxa ha

Spina e
.

nome

questo libro, perch lui tratta del peccato e de la virt

Precedeva questo un altro trattato intitolato Fior novello a honore e laude de mess. Jesu Christo, ma ne fu strappato. Ne era autore, o trascrittore, un
Zulian de' Bajocchi fido che fo de maistro Francescho Barbero citadino

de Verona

UGO FOSCOLO.
critica a

Ultime lettere di Jacopo Ortis.


A.

Edizione

cura

di G.

Martinetti e

G.

Antona-Tra versi.

Saluzzo,

lip. fratelli

Lobetti-Bodoni, 1887 (8, pp. ccxciv-458).

Tra
nicale

pochissimi non inutili soggetti, di cui


ne' suoi ultimi tempi, fu
la

si

occup

la

stampa domeil

romana

questione

abbastanza intricata
pensiero di
forse
la

dell'Ortis foscoliano. In quella occasione a pi d'uno venne

dare una edizione critica del celebre romanzo epistolare;

ma

noi

avremmo ad
buon
libro.

attendere ancora per un pe?zo, se non

fosse stata

la solerzia

del Martinetti, che, sovvenuto dall'Antona-Traversi,

ha ora pubblicato questo

Buono

noi Io diciamo, nonostante qualche difetto di forma e qualche lun-

gaggine, buono perch coscienzioso, ricco di materiale, pensato. Noi abbiamo qui riprodotta la Vera storia di due amanti infelici, primo abbozzo del

romanzo, secondo
di
J.

la edizione rarissima del 1799, e quindi le

Ultime lettere

O. secondo la edizione di Lrondra del 1817, con le varianti delle altre

stampe curate dal F., vale a dire la milanese con la data Italia 1802, l'altra milanese del 1803 e quella di Zurigo del 1816, che ha la data Londra 1814.

Da

quest'ultima edizione sono riprodotte le

Notizie

bibliografiche intorno

(1)

Lo

Z.

enandm con

ttt le riaerre

il

dabbio
1'

t8tAni di opere latine del B.

non bb notiti*

dw m atognfo. Di tatti qoMti codd. sul. Hobtu per U raa bibliografia in Optri laUm
aeie di rarilnti rispetto alla edixioB

dtl B., Trieste, 1879, pp. 911 agg.


(2)

L'A. dice

il

cod. worrettisamo,

ma
di

ne prodnce ona
qaesto ms.
ai

SiUestri fpp. 374-80). Gli sfoggi

come

sia gi occupato

F. Bocchi in
*,

ona pubcol. 169.

blicazione Daziale stampata in Bologna nel 1881. Cfr. Zhsboii, Op. woig. a it

Append.,

446

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
un saggio
bibliografico dell'Ortis.

alle Ult. Leti, e in fine dato

In questo

trovansi registrate 46 edizioni del testo e numerose versioni in francese, in


tedesco, in inglese, in greco, in spagnuolo.

Ottimo

sotto

ogni

rispetto

ci
il

sembr

il

lavoro

di

prefazione intorno
ai
testi.

all'Ondarne delle Ult. Leu.., che

Martinetti

mand

innanzi

Noi

non staremo qui a riassumerlo, perch va

letto

da chiunque abbia qualche

interesse per l'argomento. Oltre a determinare chi sia la Teresa della

^era

Storia e chi la Teresa delle Ult. Leti., a stabilire come

l'Or^'s si
dell'

svilup-

passe dal suo primo abbozzo, a mettere in chiaro le relazioni

Ortis col

Warther, a spiegare
cui
il

la

ragione dell'elemento politico introdotto nella storia

psicologica foscoliana, oltre alla trattazione, insomma, di tutte le questioni


libro die luogo,
il

M.

entra, di proposito o di transenna, in cento pic-

cole questioncelle storiche, e in tutte dice la sua

opinione
e che

positiva, acuta,
lo

meditata. Si

vede chiaro ch'egli


risultati gli

nel

campo suo

percorre da

maestro.

11
i

suo scritto in parte una ricostruzione, in parte una battaglia.


suoi

Per dare

d'uopo sbarazzarsi

dallo

ingombro dannoso

di supposizioni infondate e di errori,

che furono accumulati dal dilettantismo


garbata e

foscoliano;

ed egli lo fa con

austerit

con sicurezza mirabile.

Noi desideriamo

alla critica del

Foscolo e degli

altri nostri

sommi moderni

molti studiosi simili a questo

(1).

(1)

Per

il

raifronto

tra

la

Vera storia e

il

Werther vedi osservazioni

di

M. Landau

nella

Beilage

zur AUgemeinen Zeitung, 1887, n 250.

COMUNICAZIONI ED APPUNTI

Un
E

passo della Parafrasi lomharda > (Arch. gottol.

ital.,

Il dist (si CUTHl OVO. pCT STRASBURGO . dreit son fradra saluar dist) dei Giuramenii di Strasburgo ha dato luogo, come ognuno sa, a forti controversie (1); n ancora se n'ha una dichiarazione

IL dist DEI

GiCKAMENTI

DI

VII, 23, 9),

alla quale ciascuno volontieri s'acconci.

Il

contesto e la traduzions germanica

per
'

'

scal
'.

'

ci

avvertono con ogni evidenza, che, pel senso, esso risponde a


si

debet

Ma

provato che da debet non

che, anche per l'etimo, non vogliono

staccarsi da

pu venire a dist. Onde coloro, debet, addossano la re-

sponsabilit della forma al copista, che avrebbe scritto dist per dift.

qual

non una spiegazione soddisfacente bisognava quindi tentare altre vie, e lo Storm, con cui pare consentire G. Paris (Romania, 111, pp. 289-90, 289 n., XV, 445 n.), sugger decet come base etimologica di dist. Certo che la fonetica dei Giuramenti, se addirittura decet, in nessun modo l'esclude e quanto all'evoluzione non richiede dist ideologica decere debere, mi basti di ricordare l'a. fr. contjenir, l'it. convenire. Solo la sintassi, s' detto, non se n'accomodava. Infatti P. Meyer (Romania, III, 'STO), rispondendo allo Storm, oppone che se dist fosse decet, i Giuramenti dovrebbero costrurlo alla latina. Ora siccome in latino si direbbe: HOMINEM DECET SALVARE e Ron HOMO DECET SALVARE, COS nei Giuramenti, tenuto calcolo che in a. fr. s'ha om per il caso retto e ome per l'obliquo,
dift poi, alla sua volta, presenta delle difficolt fonetiche assai gravi e

ancora rimosse. Per giungere ad

= =

si

richiederebbe
tale

ome
la

dist saluar

invece di

om

dist saluar. L'obiezione,

competenza altissima ed indiscussa, non venne infirmata, ch'io mi sappia, da nessuno (2), e anzi per il Koschwitz essa talmente poderosa da far s ch'egli ntenga definitivamente scartata la congetcui

movente da

tura dello Storm. Eppure

malgrado
il

tali

affermazioni,
si

che assolute,

io

credo che

dist

= decet

non meno autorevoli


si

possa e

debba salvare.

Il

Meyer

si

spinge troppo oltre, parmi, nell'aspettare che

fa,

nel volgare del

(1) Cfr.

KoMHWiTX, Commttmtar mu itm lUtttn franM. Sproehd*ukwtUrm (HeilbiOBB,


nnlUdimeno. Bochholz, Htrigt Arckit. LX.
.'^53.

1886), e

Oast, Let Sermenti de Strotbourf (T<mn, 1887).


(2) Cfr.,

448
sec.

COMUNICAZIONI ED APPUNTI
IX, un costrutto cos latino qual'
'

deget hominem salvare

'.

Tanto
i

il

verbo decere, in quei dialetti che ancora lo posseggono, quanto


gittimi eredi (convenire, seoir)

suoi le-

che latinamente s'esprimerebbe per


dosi, per le lingue

romanze,

la

ammettono altra costruzione di quella decet homixi salvare non escludenpreposizione che pu stare davanti all'infinito.
non
'

',

Questa
a ritenere

la

vera costruzione neo-latina opposta alla latina, e nulla

ci invita

un documento cosi interamente romanzo, l'avrebbero disdegnata. L'obiezione del Meyer avrebbe quindi mosso da una ispirazione pi felice, ove, invece di contrapporre o'm disi ad hominem deget, l'avesse contrapposto ad homini deget. Ma om come non pu rispondere ad hominem, cosi nemmeno ad homini, e giover per ricercare se le lingue neolatine non conoscano un costrutto per cui il nominativo om risulti giustificato. Ora il costrutto si trova, ed quello per cui il verbo impersonale si fa perche
i

Giuramenti,

sonale; cio, a dirla per esempi, quel costrutto per cui

hominem decet

sal-

vare

si

converte in

homo decet salvare. Di

questi verba necessitatis che,

dapprima, finiscono per assumere una costruzione personale, abbiamo un esempio nel romancio stoer (Arch. glottol. it., VII, 5.50), abbiamo numerosi esemp nei dialetti italiani (l; e, nel toscano stesso, pu occorrere che il costrutto venga applicato al verbo convenire io convengo uscire, ecc. La Parafrasi lombarda, alla quale finalmente arriviamo, ha anch'essa pi volte convenire in costrutto personale chi couegniuan usar che dovevano usare 38. 3, couerrauan morir dovrebbero morire 42. 30, el couerraue far egli dovrebbe fare 48. 6 V inferno couegne obedir ' l'inferno dovette ubbidire 65. 24 e questi esempi della Par. riescono di non lieve conforto al dixeua che m'ha mosso a dettare questa nota. Poich giova sapere che in quel testo, alla cui illustrazione io sto ora attendendo occorre lo stesso decere (2) in costruzione personale. E detto quivi (23. 9-10) che appena uscito dalla casa del padrone del debitore della parabola el trono un d" i so debitor da chi el dizena hauer misericordioso forsse cento danar da dexe. Ora qui non v' ha altra interpretazione pos trov uno dei suoi debitori da cui egli doveva (= ille sibile che questa
impersonali
: '
' :

'

'

'

'

'

'

'

decebat)

(3)

avere forse cento danari da dieci


il

e ogni tentativo di altri-

menti interpretare
trebbe non riuscire

passo o di altrimenti dichiarare dixeua


artificioso.

non poil

sommamente

letto del nostro testo la verit del tipo

Riman cos stabilita per homo decet salvare

dia-

homo
il

debet salvare
risulti

e questa verit implica senz'altro la possibilit che


'

tipo

vero
dist

per

il

dialetto

d' altri testi

romanzi.

Ma

gli

appunto
'

per
',

om

dei

poich

solo

Giuramenti che va tenuto conto di questa possibilit nella coir aver ricorso ad essa si ottiene una dichiarazione
,

quale consentono la tradizione del

testo, le

regole fonetiche e la sintassi.

(1) Cfr.

MnssAFU,

Beitray,
'
,

99-100, 101 n.
'

ed

io
',

aggiunger

i
'

seguenti esempi lombardi: a

ichi

fa

'

mi tocoa fare

a tcum fa

ci

tocca fare

a torti fa

mi convien

fare

'

(cfr.

questo

Giornale, Vili, p. 411,


(2)

s.

'arte'), bisgnum fa 'dobbiamo fare'.


,

Occorre anche in costruzione impersonale

cfr. 23.27, 54.32.

Lo

stesso dicasi di

'

convenire

'.

(S) Il
*

MossAFiA (Romania,
'

II,

117), nota: in dialetti rustici veneti (Euzzante, ecc.)

dtxua

doveva

, e

pare come una conforma del nostro dixeM.

COMUNICAZIONI ED APPUNTI

449
,

vero che nei documenti

seriori

dell*

idioma di Francia

pi

non ritorna
cerche-

nessuna forma del verbo decere, e che, per quanto


detto or ora;

io sappia, vi si

rebbero pure invano degli esemp per quelle costruzioni pei'sonali di cui s'

ma

una

tale obiezione, la quale, d'altronde, suol

sempre avere
intorno ad

un valore assai un documento


alle

relativo, perde

molto del suo peso pel


cos'i

fatto, che,

assolutamente isolato nello spazio e nel tempo, legittima ogni congettura, la quale non ripugni al buon senso e
cosi

scarno e

supreme

rairioni

della scienza

e della

storia.

Di dira: \ef\ieva (e

il

nostro sai'ebbe, in quanto francese,


la storia delle

un SiraE Xe-f|jevov lessicale e sintattico) singole lingue ne ammette tanti, e di parole, forme, costrutti,

ssuti e spentisi sotto gli occhi della storia, se ne conoscono troppi, perch debba parere illecito il supporne anche l dove manca l'evidenza meridiana.

Carlo

S.vlvioni.

QUISQUILIE GoRiLLiANE.
Morelli Fernandez, noto

Quando

nel 1776 ebbe

luogo in Campidoglio

quella solenne e lacrimevole pulcinellata che fu la coronazione di Maddalena

come d'ogni intorno

pullulassero gli

epigrammi
quei

le satire.

Fu

quasi una tempesta di ciottoli lanciati sul capo della povera

improvvisatrice, la quale,

come l'AdemoUo ha

dimostrato, divenne in
,

ben maggiori quelle dei lojolisti e degli antilojolisti. Si scrissero satire, non solo contro la poetessa, ma contro i suoi protettori e contro il medesimo pontefice; si fece correre una Vita di lei, piena di improperi (1); si compil un dramma satirico, che occasion imprigionamenti, nel quale Corilla era presentata come ganza del papa (2); quattrocento e pi persone portarono una meretrice sotto le finestre del conservatore Cardelli e la incoronarono (3); uomini seri come l'Albergati non
pretesto allo sfogo di ire

momenti un

rifuggirono dallo scrivere

libelli

contro la troppa esaltata Pistoiese

(4).

fa-

ben naturale che di queste


ceva in

satire si compilassero delle raccolte.

Una ne

Roma

l'abate Cancellieri e
(5).

aveva in animo

di

mandarla

al

Tiraboschi

per farlo ridere

Una

ricchissima, intitolata
(6)

Pizsi-Corilleide, nella

collezione del marchese

Campori
il

e fu particolarmente messa a profitto


di no-

dall'AdemoUo. Molte satire spicciolate vidi in quel prezioso arsenale


tizie

del sec.

XVIll che

Museo Correr

di Venezia e

segnatamente nel

ms. Cicogna 1940.


notizia.

Ma

di

una raccolta

in ispecie credo
bibl.

Essa trovasi nel ms. n" IV. CB. 2 della

~^4

non inutile il dar Comunale di Fermo.

(1)
(2) (3)

Ademollo, CoriUa Olimpica. Firenze, 1887, p. 275.


Ademollo, Op. cit, pp. 320-22. Ademollo, Op. eit, Ademollo, Op.
p. 278.

(4)
(5)

Ademollo, Op. cit, pp. 250-51.


cit..

p.

248.

(6)

Ha

il

no 1525 ed an toI. in-4 di carte 291.

Vedi Lodi-Vaisdiki Op.


eit., p.
il

Cntal. d*i nus.

Cam-

pori, Parte IV-V,

Hodena, 1884,

p.

523 e anche

Aduouo,

827.

Non

so se con

qutU

raccolta aia da identificarsi

qnella che afferma di arar redola

marcb. Ferrajoli

! OionuiU

degli rrud. * curiati. III, 42.

450
Questo cod.,
di

COMUNICAZIONI ED APPUNTI
239 carte, contiene una miscellanea
di

rime e fu nel 1740

legato da Nicola Marcelli alla Gasa fermana della Missione,


nel 1863 nella

d'onde pass

Comunale. Le

satire anticorilliane furono aggiunte, alla fine

del sec. XVIII, di

mano

dell'abate Giambattista Cosimi.

Di questa raccolta, ch'io sappia, non diede notizia se non il Vicchi, che ne estrasse alcuni componimenti (1). Io posseggo una copia diligentissima della
raccolta intera, favoritami
bibliotecario,
il

30 settembre 1883 da quel gentilissimo e dotto


RafFaelli.
sonetti,

che

il

march. Filippo

Leggonsi in questo codice 31


tine,

20 epigrammi latini, 2 epigrafi la9 epigrammi volgari, 2 sequenze ed una scena fra Gorilla, Nivildo, il

principe

Gonzaga

sotto

nome

di Pulcinella e

Pasquino. All'infuori di quest'ulle altre poesie satiriche trovansi


(2).

tima scena, che davvero una scipitaggine,


inedite,

ora quasi tutte stampate qua e l nel libro dell'Ademollo

Solo, fra le

non mi sembrano
il

Gorilla e

due sequenze, in cui sono interlocutori custode d'Arcadia Giovacchino Pizzi. L'Ademollo (p. 324n.) le
sprezzabili le
via,

conobbe per altra

ma non

le pubblic.

Eccole:

GORILLA
Dies
ire,

A PIZZI

Seguenza.
dies illa

Di vergogna con tal soma

L'afflittissima Gorilla

Or tu vuoi che
strilla.

la

gran

Roma

Che

si

lagna piange e

Incoroni la mia chioma!

Quali giorni mai son questi

Questa
Si

Roma ad un
die

tal atto

Al mio cuor tanto molesti


Lagrimevoli e funesti?
Pizzi iniquo, maledetto,

vedr dopo

lo sfratto

Che mi
S

non

di soppiatto?

Con suo grande disonore


daramnii un tanto onore,
per scorno mio peggiore.
le genti

Taa merc

gi m'affretto

Al fatale cataletto.

Ma
!

Ah

crudele

Ah
il

scelerato

Ridon gi tutte

M'ha

ridotta a questo stato

E ne fanno
Con pi

alti

lamenti

D'avarizia

tuo peccato.

satire pungenti.

Tu

sol fosti

che inventasti

Gi Marforio, gi Pasquino,

Nohilt, Corona e Fasti,

E
I

la notte e al
al

matutino
tavolino.

Tu, che mi
I

sacrificasti.

Sudan ambo
Escon
tutti e

miei

vizi,

miei difetti
di Sonetti gli oggetti.

miei fatti dalla tomba

Di Canzoni e
Oggi son solo

ne rimbomba
tromba.

La sonora

orribil

Che

Lisetta, che Selne

Un volume

impresso scuopre

Fui gi d'Adria sulle scene

Di mia vita tutte l'opre,


Carit nulla ricopre.

Fra ingannevoli Sirene.

Che

il

fedele

mo marito
ho tradito
primo invito.
ho abbandonato

In cui sono in scena tutti


I

Ho

lasciato ed
al

miei fatti laidi e brutti

Di pi drudi

In capitoli ridutti.

Che anche

il

figlio

In cui sono tutti quanti

Come

se

da me non nato.
!

Nominati
!

li

miei amanti

Me

infelice

ahi gran peccato

sien Nobili, o birbanti.

(1) Vicchi,
(2)

Vincenzo Monti. Triennio 1778-1780, Fusignano, 1885, pp. Ul-42.


ri sono.

Insieme ad altre, che nel cod. Fermano non

Vedi pp. 229

247-48

252-58, 258,

262-64, 266-67, 272, 281. 283-84, 287, 289, 290-92, 298-98, 312-13, 315, 328-32, 493-96.

COMUNICAZIONI ED APPUNTI
In coi SOD...

451

ma oh

Dei qaal sento

Per saziar tae Toglie arare


Soffro io pene

Che mi uccide rio tonnento, K mi giora il pentimento!


Pizzi barbaro spietato
Sei tn sol l'Antere stato.

co^ amare

Che non

so pi sopportare.

Yanne
Fato.

pare, ranno indegno

Kello scoro basso Regno

Non

il

Caso, non

il

A
avemo alto e snpemo

so&ir

di

Pioto

il

sdegno.

Colaggio nel cnpo

Per decreto

Penar possi in sempitrno.

Amen.

PIZZI A

GORILLA
Ah
Corilla! odi
i

Seguenza.
Die^
ire, dies illa

miei detti

.Sento

ohim

che

la Corilla
strilla;

Folle sei nei Teri aspetti.

Piange forte ed alto

Deh! rimira

tuoi difetti.
fni

Che con flebil coroamnsa Hi rampogna la soa musa

Vedrai ben ch'Io sol non


L'aotor reo de'mali tui

d'ardir piena m'accasa.

E
Toa

dell'ira, e

sdegno

altrui.

dolore, che l'affanna,

soverchia ambizione
di onori e di corone

E
Io,

la sorte sua tiranna

Fanno, ch'essa mi condanna


che mai seppi arrosre.
or voglio dire,

Di tant'odio fu cagione.
SoUeTOssi oltre misura

La mia colpa
Iia dir

Contro te tanta congiara

senza mentire.

Per la tua grand'impostura.

Si

fii

Ter, per avarizia

Che

sol sei Terseggiatrice


felice,

Procurai feria Patrizia,

Di fecondo estro
Tatta

Non
Io
ti

per stima ed amicizia.

Roma

ora lo dice;

Per avara sete d'oro


detti

Ed unanime
Che non

conclude

anche

l'alloro.

T' in te Tirtode,

Non
Io

gi mai per tao decoro.


fai di

Ma

parole Taghe, e nude.

mai Ora

coor sincero,
fai

Della strana tua condotta


Cosi lubrica e corrotta

Sempre mai
s

menzognero,
il

che dico

vero.

L'idoI mio l'adulazione

Ognun Dunqoe i

duolsi,
tuoi,

ognun ne
no
i

fiotta.

mei difetti,
detti

Foron sempre e

la finzione

Son cagion d'arguti

E
La

la cieca presonzione.

d'insulti e di dispetti.

superbia, l'ignoranza.

L'alterigia, l'arroganza

Yanne dunque a coronarle. Con fischiate nlutarte


Sentirai per ogni parie.

Far miei pregi e l'incostanza. Sempre mai mi ponse


il

cuore

l'inTidia,

ed

il

liTore,

Yanne dunque, sdagnrata. La corona STergognata


Renderatti, e incoronata.

Inimico

fui d'onore.

Colla cabala e raggiro

Yanne,

corri al tuo destino.

Giunsi al

fin

d'ogni desiro.

Foggi poi dal suol latino


Per incognito camino. Di Gonzaga or ch'ebbe
il

D'ogni strano mio deliro.

Non mi tiro mai N cangiare di La rergogna e

orrore
colore
il

crollo

L'oro, ed io ne fai satollo,

disonore.

Yanne por,

rotta di collo.

Donqne a torto mi condanni. Che mai sempre ad altrui danni

Anea.

Fu

pienissimo d'inganni.

452
11

OMUNIGAZIONI ED APPUNTI
recente e dotto biografo di Gorilla

opina

distruggesse ogni vestigio della sua vita galante

che essa, prima di morire, (1). Nulla di pi verosimile,


suo bigliettino assai

giacch in

lei si

osserva spesso un alternarsi di dissipazione e di risipiscenze,


testimonio un

di libertinaggio e di rimorso. Di ci

curioso, che rinvenni fra gli autografi del

Di Cossilla nel Museo civico di


tutti

Torino
i

(2).

scritto orribilmente,

con grosso ed inelegante carattere, in


all'et

sensi del foglio e ritengo sia

da ascriversi

avanzata della verseg-

giatrice.

Al Padre Predicatore Fusconi in

S. Croce.

Non
il

vorrei usurparvi dei


di voi,

momenti

preziosi, et che gli impiegaste con

me

ma

io

non posso

oc-

cuparmi che
cielo acci

nel tempo che mi resta per l'innocente mio trattenimento. Lahisco, pregate
tutto, giacch nella bont del cuore io credo di somigliarvi,

mi faccia somigliarvi in
la quale

ma

solo

non ho
,

la vostra costanza e valore per

combattere

le passioni.

vero

che non ne ho
questa
il

che una sola

non
vi

fa che accusare

il

mio cuore

di troppo tenero

ma
il

mio

tormento e l'ostacolo della mia perfezione. Caro Labsco, voi dovete risanare
per voi l'ho ammalato, e
e divenir se

mio

spirito, giacch

prometto che amandovi tanto, sapr fare uso dei vostri insegnamenti
!

non insensibile almeno contenta


afflizione.

Addio.

In margine: sono nell'ultima

E a proposito di amori della Gorilla, non mi sembra che l'Ademollo abbia rammentato quello che essa nutr per Aurelio Bertola. Il carteggio della Morelli con lui trovasi tuttora inedito presso un privato signore di Rimini (3).
R. Renier.

(1)
(2)

Abemollo, Op.

cit.,

p, 413.
ligustico,

Di questa collezione parlai nel Giornale La coltura


lett.

X, 273-75.
voi. II,

(3) Cfr. C. Tonini,

e scienti/, in

Rimini,

Rimini, 1884, p. 412 .

R O N A. O ^

che tenendo conto del nuovo pesi propone di registrare tutti gli articoli e libri riguardanti Y et di mezzo che usciranno in Europa, non che della amplissima relazione dei giornali che usa dare la Rirista sto^ica italiana, noi abbiamo deciso di sopprimere la rubrica Spoglio delle pubblicazioni periodiche, la quale costituirebbe ormai quasi un duplicato sottraendoci uno spazio che possiamo impiegare pi vantaggiosamente. In luogo della rubrica speciale, la nostra Cronaca avr d'ora innanzi una sottorubrica Periodici, in cui verranno notati, e talora anche rias-

Avvertiamo

nostri lettori
il

riodico

Le moyen dge ,

quale

sunti

esaminati,

gli articoli

pi ragguardevoli concernenti la

storia nostra letteraria.

La Direzione.

PERIODICI.
Nel
di
voi.

VII degli Atti dell'Accademia Petrarca di Arezzo vi un lavoro


sul Redi.
il

Eugenio Ajazzi
Ya'

Archivio storico per Trieste, l'Istria ed


,

Trentino ha ripreso
13-4,
il

le

sue

pubblicazioni interrotte
studi

completando

col fase.

voi. III.

Per

nostri

hanno interesse speciale in questa puntata: A. Zenatti, .^Mori ip/)Mnft' su Andrea Antico da Montona; A. Solerti, Autobiografia di Francesco
Patricio, tratta dalle
filze

Rinuccini della
la

bibl.

Nazion. di Firenze; L. Frati,


11

Lamento di un
fonso
111

Istriano

per

caduta di Costantinopoli.

lamento iu

terzine e devesi a Michele della

Vedova da Fola, che

lo indirizzava
il

ad Al-

d'Aragona

esortandolo a prender le anni contro

Turco.

qui

pubblicato di sul cod. .^78 della Universitaria di Padova completato col 263

Canoniciano della Bodlciana. Si noti pure G. Papaleoni,


versi della rivolta di Trento nel 1435.

Una narratione

in

454

CRONACA
importante saggio di una Bibliografia paremiologica italiana pubblica
nell'

Un

Giuseppe Fumagalli
(V, 3 e 4; VI, 1-2).

Archivio per
di

lo

studio delle tradizioni popolari

di proverbi. Nella grande produzione folklorica moderna, questi studi bibliografici sono quasi indispensabili.

D conto

335 raccolte

Nella medesima rivista (V, 4) T. Casini pubblica una lettera intitolata Scongiuro e poesia, che riguarda gli scongiuri contenuti nel Decameron e reca ad essi vari riscontri tolti dalla poesia antica italiana. In V, 1, Stanislao

Prato pubblica

Una

novellina popolare italiana nello Straparola e nel Des

Periers, con numerosi riscontri.

Nel Giornale ligustico (XIII, 11-12) notiamo: F. Novati

Le querele

di

Genova a Gian Galeazzo


G. 141
inf. della

Visconti, sogno esposto in prosa latina, dal cod.

Ambrosiana; A. Neri,
5-6);

Il duca di Richelieu accademico

della Crusca (XIV,


Il
il

A. Neri, Angelo

Mazza

e Vincenzo

Monti (XIV,

9-10).

pi interessante fra gli articoli ultimamente pubblicati nel Bibliofilo

Diario della Stamperia Ripoli, messo in luce da F. Roediger. Gfr. an. VIII,

ni 3, 4, 5, 6, 7-8, 9-10.

Nella Miscellanea francescana


coponici Riccardiani
,

Annibale Tenneroni

illustra

codAci Jai

cio quelli che nella Riccardiana portano

n'

2762,

1049, 1126, 1155, 1251, 1278, 1304, 1582, 1724, 1731, 2627, 2355, 2841, 2860,

2870, 2894, 2896, 2929, 2957, 2959, 2971, 2895, 2958

(I, 4).

Nel

fase. seg. si

aggiunge
(I,

il

n" 1700.

Lo

stesso

Tenneroni inserisce nella Miscellanea

6)

un Saggio

bibliografico dei cantici del beato Jacopone.

Una pro1)

fezia attribuita al B.
zatinti.

Tomassuccio da Foligno

vi pubblica

(II,
,

G. Maz-

quella che comincia

Ave Ges

figliuol di

Maria

la quale

non

certo di Tommasuccio, perch scritta nel 1380, tre anni dopo la sua morte.

Nel medesimo

fase,

notiamo

di Fr. Ehrle, Notizie sui mss. della biblioteca

di S. Francesco in Assisi.

M. Faloci-Pulignani
Francesco
(li,

illustra II

pi antico do-

cumento per
Segnaliamo
d

la storia di S.

2).

neW Archivio
i

storico

lombardo

(S. II, 13),

Pio Rajna, Il teatro

Milano

canti intorno

ad Orlando

e Olivieri. L'A. dimostra falsa la

tradizionale

asserzione che fin dal sec. XIII esistesse in Milano un teatro

sul quale si cantava d'Orlando e d'Olivieri.

G. B. Intra, Il palazzo del

// teEnrico Casanova Te presso Mantova e le sue vicende storiche. stamento di un letterato del sec. XVII. E' questi l'economista Carlo GeroLa pompa della (II, 14), Cesare Gant lamo Gavazzo della Somaglia. solenne entrata fatta nella citt di Milano dalla serenissima Maria Anna
,

austriaca.
D. Largajolli ha inserito nell'Archivio Trentino (V, 2)

un notevole studio

su di

Una danza

dei morti del sec.

XVI

nell'Alto

Trentino.
di essere qui segna(voi.

Fra. gli articoli comparsi nel


lati:

Propugnatore, meritano

A. Borgognoni, Davanti alle porte della citt di Dite


1-2); F. FofFano,

XX,

di-

spense

La

RJM

di Roncisvalle nella letteratura roman1-2, 3, 4-5);

zesca italiana del cinquecento

(XX,

L. Frati,

Di alcune poco

note composizioni dei Rozzi di Siena (XX, 3); E. Prcopo,

La

giostra delle

CRONACA
,

455
oc-

virt e dei vizi, poemetto marchigiano del sec. XI Y (XX 4-5. Ce ne cuperemo prossimamente); E. Lamma, Di alcuni Petrarchisti del sec. (XX, 4-5. Tavola del cod. 1739 della Universitaria di Bologna, che il L.
tiene essere certamente
l'

XY
ri-

Isoldiano.

11

seguito del lavoro conterr altre tre


sec.

parti, cio la considerazione delle

rime politiche del

XV,

dei petrarchisti

inediti del sec.

XV e

del secentismo nelle rime inedite del quattrocento).

3 e 4-5 trovasi principiata la stampa della Biv. Comm. col commento, tradotto in italiano, di Giovanni di Sassonia, Filalete.

Nei

fase.

XX,

Nel n 4 della Scuola

Romana

troviamo quattro

lettere inedite di Pietro

Giordani, indirizzate, tre ad A. Cesari, e una a F. Villardi, pi un frammento


di lettera pure indirizzata al Cesari. Nei

numeri seguenti, sino alTll, dove


Ippolito

non finisce ancora, un articolo sua poesia.


:ie\\'

di G. Morici:

Pindemonte nella
1-2):

Archivio della R. Societ

Romana

di storia patria (X,

E. Teza,

Il sacco di

Roma

(versi spagnuoli). Pubblica,

aggiungendo alcune notizie,


intitolato

un poemetto spagnuolo posseduto dalla bibl. Nazionale di Firenze, A. Gabrielli, Elenco delle Romance sobre el saco de Roma.

lettere di
i

Cola di Rienzo.

Il

G. pubblica quest'elenco collo scopo, che gli studiosi,

quali conoscano altre lettere, gliene diano notizie.

Bell'Archivio Yeneto (XXXIIl, 65): C.


tentato suicidio di

Gaspare Gozzi.

Magno, Angelo Dalmistro ed


:

il

(66)

B. Cecchetfi

Nicol Jenson e di altri tipografi in Venezia.


patori in Venezia nel sec.
sec.

(67)

Testamento di A. Tessier Stam,


:

XV;

C.

Magno, Di Niccol Querini rimatore dsl


Diritto (Vili, 1-2)
F. Gasparolo, Cosotto il pontificato

XIV.
Documenti di Storia e
,
:

In Studi e

stituzione dell'Archivio Vaticano

suo primo indice

di Paolo V. Manoscritto inedito di Michele Lonigo.

Neir Archivio

storico

per

le

Marche
;

per V Umbria

(III,

9 e

10)

Pic-

colomini Adami, Rappresentanza scenico, eseguita in Orvieto in occasione


della festa del SS. Corporale nel 1627

A. Vernarecci, Di alcune rappre-

sentazioni

drammatiche alla
per

corte d^ Urbino nel 1513.

'HelY Archivio storico

le

Provincie Napoletane (XII,

3):

E. Nunziante,

Un nuovo documento
Castriota.

sul matrimonio di Cassandra Marchese con Alfonso

Nei Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere (S. II, volume XX, 2-3): C. Fabris, Osservazioni sull'opera di Alessandro Manzoni intitolata : Del romanzo storico e in genere dei componimenti misti di
,

storia e d'invenzione.

(11-12):

M.

E. Benedetto Prina,

Sopra un lavoro

postumo di Giulio Corcano. Manzoni e del Rosmini.

(13): A. Graziani,

Le

idee economiche del

'Bell'Archivio glottologico italiano (voi.

X) E. G. Parodi pubblica Rime

genovesi della fine del


fu,

sec.

XIII

e del principio del

XIV. E

la

seconda

parte del cod. Molfino, ora nelI'Arch. civico di Genova, la cui prima parte,

del

come noto, posta in luce dal Lagomaggiore. volume medesimo Adolfo Tobler stampa col

Nella seconda puntata

testo latino

a fronte

il

456
Panfilo in antico veneziano.
contenuti nel
cod.

CRONACA

questo rultinio nella serie dei


ora
testi

volgari

Saibante-Hamilton

berlinese, pubblicati

con tanta

cura e dottrina dal professore tedesco, cio Catone, Uguccione da Lodi, Proverbi sulla natura delle femmine, Patecchio. L'interesse letterario del Panfilo

di gran lunga inferiore a quello degli altri


le

testi.

Negli Atti e memorie per


sentazioni ivi avvenute, e G.

provinole di

Romagna

(voi.

V) troviamo

G. Ricci, Il teatro Formagliari in

Bologna, con la distinta delle rappreMalagola, Documenti inediti relativi all'ufficio

del rettorato nelle universit dello Studio bolognese.

Nel Filotecnico

(II, 1-2)

Fr. Amaretti parla di

Un

artista e scrittore dram.-

inatico italiano del sec.

XVII, Pier Maria Gecchini da Ferrara;


,

nel fase.

34

della stessa annata D. Ferrer

Il

principe italiano in Carlo Emanuele I

di Savoia.

Nel Buonarroti

(II,

9) sono gli Indici alfabetici

per autori

per

soggetti

dei codd. mss. della collezione Libri- Ashburnham. Possono essere utili finch

non

sia

compiuta

la
li.

stampa del Catalogo dei codd. Ashb.


Istituto

ora principiata.

Negli Atti del


Il

veneto (V, 3) B. Morsolin

pubblica e illustra

Sarca poemetto latino di Pietro Bem,bo.


Negli Atti e Memorie
delle

RR. Deputazioni

di

st.

patria per

le

pr-

vineie

Modenesi

Parmensi

(S. Ili, voi.

IV) G. Sola riferisce delle Curio-

sit storico-artistiche-letterarie tratte

dal carteggio dell'inviato estense Giu-

seppe Riva con Lud. Ant. Muratori.


Nella Rivista

Emiliana

di

Reggio

(I,

1)

merita

speciale

considerazione
inediti.

uno

scritto di

A. Balletti su Ugo Foscolo a Bologna, con documenti

Troviamo annunciato come comparso nel Museo storico-artistico Valsesiano (III, 8) uno studio di G. E. Merlino su Clemente V e fra Dolcino saggio di un pi ampio lavoro su fra Dolcino.
,

seguenti articoli della

Nuova

Antologia vogliamo specialmente notare:


(voi. 92); E.

F. Nunziante, Il cav.

Carlo Goldoni e

Marino alla corte di Luigi XIII Pietro Longhi (voi. 92); I. Del Lungo,
(voi. 93);

Masi,

Una famiglia

di

Guelfi pisani de' tempi di Dante

G. Zanella, Paralleli letterari.


(voi. 94);

Apuleio e Firenzuola (voi. 93); G. Ghiarini, Romeo e Giulietta I. Del Lungo, Dante e gli Estensi (voi. 95).

La Cronaca minima (anno


di critica letteraria. P.

1)

di

Livorno reca alcuni

articoli osservabili

Vigo

vi discorre della

leggenda della Novalesa e di


vaillustra le novelle boccac-

quella di Adelchi (n' 16 e 46);


rianti ariostesche (n' 24, 25, 26);

G. Picciola e G. Targioni-Tozzetti di
L. Gappelletti

cesche di Gerbino, di
A. Saviotti
si

Cisti

fornaio, di

Madonna

Beritola

(n

32, 34, 43);


41).

occupa di Muzio Manfredi e Battista Chiarini {n"

Nota nella Gazzetta letteraria (XI, 23): k. TomaseW, Delle poesie latine del conte Baldassar Castiglione; (26), A. Solerti, Una lettera inedita di Torquato Tasso intorno alla revisione della Gerusalemme, e (il). La morte
di T. Tasso narrata dai contemporanei, con documenti inediti:
(40),

A. Neri,

L'ultima supplica di

C.

Goldoni.

CRONACA
La
Letteratura
(li,
'

457

e sgg.): F. Gabotto, Fr.


,

d'Ambra
allegorica

e le sue comedie

(8) E. Zerbini,

La

donna

del

Leopardi

(Risposta al

Co-

lagrosso

vedi

Giorn., IX, 327): (10), F. Golagrosso,

La

'

donna

del Leo-

pardi non allegorica; (15), A. Badini-Confalonieri, Giorgio Merula e Demetrio Calcondila; (16, 19, 20), Vitt. Gian, Galanterie italiane del secolo

XYL

(IH, 1-2): Heinrich Denifle,


,

Neir Archin fur Litteratur- und Kircfien-Geschichie des Mittelalters IHe Statuten der Juristen- Universitdt Bologna vom J. 1317-1347 l'.nd deren Verhdltniss zu jenen Paduas Perugias , Florenz ; a questo studio segue in appendice un documento, edito dallo stesso D., ed intitolato De Origine et Progress iuris scolastici Padttani; nelle Comunicazioni viene pubblicato im articolo del Denifle , Savigny und sein
,

Vertheidger G. Kaufmann , ed uno di Franz Ehrle , Angelus de Clarino in der muthmassliche Verfasser der historia tribolationiim ord. min. , risposta ad un articolo di F. Tocco (Arch. si. it., S. 4, t. XVIII, pp. 296-306).
' "

(3-4)

F. Ehrle,

Petrus Johannis

Olivi, sein

Leben und seine Schriften,

con due appendici: a) Olivis Schreiben an die Shne Karls II von Neapel aus dem J. 1295; b) Olivi und der spiritualistische Excurs der Sachsen-

Hauser Apellation Ludwigs des Bayem; F. Ehrle, Die Spiritualen Yerhdltntss zum Franciscanerorden und zu den Fraticellen.
Nella Revue des deux mx)ndes Une ducation d'artiste au XY^ Nella
(voi. 83)

ihr

notevole

sicle;

la jeunesse

un articolo di G. Muntz, de Lionard de Yinci.


,

Revue iniemationale (XIV, 2-3): Auguste Baluffe Les m^nus royaux Turin au X VII^ sicle. Sono studiati particolarmente gli (XV, 1-2): L. de Laigue, Constantin-Le- Grand et sa spettacoli teatrali. mre Hlne. Traduction d'un roman-lgende de la dcadence latine. S. Joszvarj', Dante en Hongrie. L' A. rileva alcuni punti della traduzione
plaisirs

della Div.

Comm.

fatta dallo Szsz e


,

ne d giudizi.
A. Morel-Fatio
pubblica
e
studia un

Nella

Romania (XV

fase. 58-59)

Libro delle cortesie catalano, che una versione romanza del Facetus pubblicato in doppia redazione latina dal Haurau. La parte pi importante delTopKra

una specie
pubblicato.

di ars

amandi,
,

in cui sono manifeste le influenze ovidi

diane.

Il

testo latino in distici

che servi
(IV, 3)

modello

al

poeta

catalano

pure qui
del

Varianti del cod. Mgl. VII. 11. ill8


leti.

diede

C. Frati

nella Riv. crit. della

ital.

riscontri curiosi
,

con poesie latine


5.

Per correzioni A. Thomas, Lettres latines indites de Francesco Barberino. Trovate nel ms. lat. 3590 della bibl. Imperiale di Vienna. Le lettere sono dirette: 1, a Enrico di Lussemburgo in nome della corona imperiale romana; 2' e 3', al doge di Venezia Giovanni Soranzo; 4*, frammentaria, agli amici; 5', frammentaria, a Giovanni di Frogolino. Dalla prima delle lettere al doge di Venezia si rileva che il Barberino era agente della rcpubb. di Venezia presso la Santa Sede
offre lo stesso Frati nella Riv. crit.
,

medio evo

IV

suggerite dal Mussafia e dal

Levy

vedi

Rom.

XVI

,61.

fUnmnh

ntnrirn, X, fMO. 30.

30

458
quindi
si

CRONACA
spiega

il suo soggiorno in Francia. La lettera ad Enrico VII il Th. un puro esercizio retorico. Opinione diversa espresse poco prima, confortandola con un documento sinora inosservato, il Novati nellVl rc/(. st.

ritiene sia

ital.,

XIX,

3.

Mons. Saverio Barbier de Montault ha tradotto in francese la visione di Tommasuccio da Foligno, che era stata inserita dal Jacobilli nella vita del santo e poi riprodotta nel 1877 dall'Amoni. Il Barbier ha pubblicato la sua
versione nella
di note

Revue de

l'art chrtien, 2 dispensa del 1887, corredandola

comparative assai magre.

noto come in questa visione paresse a


il

Tommasuccio
egli trova
tutti

di venir trasportato in paradiso

giorno di

tutti

santi e di

assistervi alla gloria celeste.

Ed

da avvertirsi che fra quelle beate schiere


,

Garlomagno e tutti i suoi paladini fra i quali splendeva pi di E un fatto da aggiungersi a quelli raccolti da A. D' Ancona ed E. Monaci intorno al perseverare della tradizione carolingia in Italia e
Orlando.

segnatamente nell'Umbria. Gfr. Morandi, Antologia


1885, pp. 103-107.

critica, Citt di Castello,

E. Wackernell ha pubblicato
in Tirol, che pu offrire
della Passione.

Nei Wiener Beitrdge zur deutscheti und englischen Philologie (II) J. un esteso lavoro su Bie dltesten Passionsspiele
curiosi
riscontri

con

le

nostre

rappresentazioni

Nelle ultime

puntate 1886 del BulLetin

du

bibliophile

un

sig. B.

E. di-

scorre di Veronica

Franco e

di

Un prcurseur de
perch fa

Dante, Valafredo Strabene.

Vogliamo notare
serito nel

l'articolo di

Th. Stangl Bie Bihliothek


cosi ragguardevole.

Ashburnham
,

in-

Philologus (XLV,

2)

la storia di quella biblioteca

di

cui possediamo ora in Italia

una parte

Nella Zeitschrift fur bildende Kunst (XXII, 4) G. Buchholz ha un articolo,

Bie Trionfi des Petrarca zu Bresden und Wien, in cui parla


l'uno nel 1468, l'altro nel 1470.

di

due

mss. dei Trionfi, esistenti nelle citt menzionate, entrambi scritti da un Gia-

como Veronese,
Nella Revue
terminato
le

des

langues romanes
(Gfr.

(S. Ili

voi.

XVI)

Ferd. Gastets ha

sue Recherches sur les rapports des chansons de geste et de


Giorn., V, 495 e Vili, 477).

Vpope chevaleresque italienne

Renaissance
blicazioni,

Nel fascicolo della Vierteljahrsschrift fr Kultur und Litteratur der (li, 24) , con cui questo periodico pone termine alle sue pub-

leggesi uno scritto interessante di Augusto Schmarsow su Giovanni Santi, der Vaier Raphaels. Egli vi considerato come poeta e si consacra uno studio speciale al poema di lui, che conservasi inedito in Vaticana, del quale pubblicansi alcuni brani.

Nella Beilage zur Allgemeinen Zeitung notiamo: M. Landau, Goethe" Werther und Foscolo' s Jacopo Ortis (1887, n* 250); W. Lbke, Ming fletti'

Rafael

(n''

263); J. v. Pflugk-Harttung,

bliothek (n 315).
di J. V. Dllinger,

Bie Cataloge der Vaticanischen Bi-

Assai importante nei num. 335, 336, 338 uno scritto


als Prophet, che fu letto dal suo autore nell'Ac-

Bante

CRONACA
cademia
di

459
Dante seguace delle teorie
vegnente ch'egli asim-

Monaco,

il

17 nov. 1887. Vi

si ritiene

?Joachimite, e su questa base si

esamina

la qualit di

sume

nella

Commedia,

si

studiano le sue idee rispetto ai papi ed agli

novit e acutezza di il veltro. Tuttoci fatto con vedute e con curiosi riscontri. Nessuno studioso di Dante far bene a traperatori, si interpreta

scurare questo articolo.

Neir Archiv fr das Studium der neueren Sprachen und Litteraturen 2-3) si legge un articolo di Th. Vatke intitolato Die Courtoisie in ihrer kulturhistorischen Entwicklung. un'abborracciatura di una ventina di pagine, dove, quanto scarsa la cognizione del tema, tanto grande

(LXXIX,

il

disordine.

Baldassar Castiglione e

il

Fontano son

fatti del secolo

XV,

senz'altro.

Nella Bibliothqxie de Vcole des hautes tudes (fase. 72)


ripubblica
tina,
Il
il

J.

Derenbourg
la-

Directorium vite hicmane di Giovanni da Gapua, versione com' noto, del Kalilah e Dimnah.

voi.

della Zeitschrift

fr romanische Philologie contiene


:

seguenti

articoli,

concernenti gli studi nostri

V. Grescini, Idalagos (vedi Giorn., X,

P. Scheffer-Boichorst,

270 sgg.); L. Kirsch, Laut- und Formenlehre des Dialekts von Siena; Noch enimal Dino Compagni (L'A. confronta alcuni
Dante: conclude riconoscendo in quella

luoghi della Gronaca con luoghi corrispondenti dell' anonimo

commento a un nocciolo primitivo autentico);

M. Kuhfuss, Ueber das Bocbaccio ziigeschriebcne Danteleben (Nuovi argomenti in appoggio della opinione che la Vita II non sia del Boccaccio); H. Pakscher, Aus einem Katalog des F. Ursinus (L'A. pubblica parte di un catalogo che F. Orsini compil de' propri libri e propriamente quella che interessa la filologia romanza: alcuno dei codici fa argomento di studio); A.Osterhage, Ueber Ganelon und die Verrdter in der Karlssage; A. Pakscher, Randglossen von Dantes Hand (vedi Giorn., IX, 238); U. Marchesini Di un codice poco noto di antiche rime italiane (E il cod. DCGGXXIV della Capitolare di Verona); \V. Meyer, Franko-italienische Stxdien (Saggi e\VAspremont, tratti dai codd. 25529 e 1598 della Nazionale di Parigi saggi del Rom/in d" Heclor con indicazione dei codici e postille grammaticali). Nel voi. XI, fase. 1, leggiamo un articolo di B. Wiese, Zu Jacopo Sanguinacci und Lionardo Giustiniani, e uno di A. Feist Paolo und Francesca; nel fase. 2 uno ne troviamo di P. Rajna, Frammenti di redazioni italiane del Buovo d'Antona, I. Frammento di poema franco-italiano, tratto da un fascicoletto che si conserva nell' Archivio capitolare di Udine: di quella medesima redazione che il R. pubblic gi di su un cod. Laurenziano
, , ;
,

in appendice alle sue Ricerche sui Reali di Francia.

*
utili

Non immune

certo da amplificazioni retoriche,

ma

pure abbondante di
1887).

notizie, l'opuscolo del prof.

Enrico Casti su Anton Ludovico Antinori


,

e le

sue molteplici opere edite ed inedite (Aquila

Grossi

Nacque

460
r Antinori

CRONACA

in Aquila nel 1704 e vi mor nel 1778. Quando nel 1731 Lud. Antonio Muratori, per aver copia pei suoi Scriptores delle antiche cronache

conservate in Aquila,

si

rivolse al IMagistrato aquilano, questo, a sua volta,


,

ricorse al giovane Antinori


ficuo, si

il

quale onorato dell'incarico faticoso


il

ma

pro-

dava a tatt'uomo a quelle ricerche e

frutto di esse

comparve nel
il

VI

voi. delle Antiquitates muratoriane.

Si stabil

quindi fra

Muratori e
L' An-

l'Antinori

un carteggio,
di

di cui sono dati dei saggi in quest'opuscolo.

tinori dipoi, fattosi sacerdote, divenne arcivescovo di

Acerenza e

Matera.

Se non che

gli

prima di Lanciano e poscia impegni dell' alto ufficio mal si

convenivano
di bel

alle sue abitudini

modeste

di studioso, sicch l'Antinori ritirossi

nuovo a vita privata, e

in tale stato mori, occupandosi sino all'ultimo

delle sue ricerche erudite.

Alla biografia
Casti

dell'

Antinori
di

che noi qui ab-

biamo riassunta,
lano.

fa seguire

il

buona messe

documenti, che servono

ad illustrarla e quindi l'indice delle opere inedite ed edite dell'erudito aquiLe inedite sovratutto fanno stupire per la loro vastit e moltiplicit. Esse si conservano nella biblioteca di Aquila e comprendono 24 volumi di annali abruzzesi, 18 volumi di corografia storica degli Abruzzi, disposta per
danti

ordine d'alfabeto, 4 volumi di iscrizioni lapidarie abruzzesi, 5 volumi riguarmonumenti patrii, uomini illustri e materie diverse. Sono in tutto pi
di cinquanta tomi,

che fanno testimonianza dell'attivit mirabile


tutti

di questo

uomo
che
il

benemerito. Di

dato

un

indice

sommario
inediti

in questo

opuscolo

si

chiude con parecchi saggi degli


illustratori

scritti

menzionati.

Noi

vorremmo che
nel prof. Casti.

tutti gli eruditi di cose locali, di cui fu

particolarmente ricco
1'

secolo passato, trovassero

amorosi come ha avuto

Antinori

11

dr.

Augusto Corradi

si

proposto di raccogliere le notizie

riguar-

danti le varie scuole di latino che sorsero citt, principiando da quella di Bologna
v>.

volta per

volta nelle nostre

Egli ha inserito la prima parte

delle sue Notizie sui professori di latinit nello studio di tutto


il

Bologna (fino a Documenti e studi puhhl. per cura della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna. Ce ne ocsec.

XV)

nel voi.

II

dei

cuperemo.
*

Abbiamo

ricevuto

le

dispense 4 e 5* della Bibliotechina grassoccia

da F. Orlando e G. Baccini. La dispensa 4 contiene la vita di Tre principesse di casa Medici, cio Violante, Anna Maria Luisa elettrice palatina, Eleonora. Per impinguare il volumetto gli editori aggiunsero tre facezie oscene del Piovano Arlotto tratte dal cod. Laur. pi. XLII , 27 , delle
diretta

quali

forse

nel 1884, e

sarebbe bastata la stampa a 12 copie che ne diede il Baccini una sciocchissima poesia di Agostino Coltellini (n. 1613, f 1693),

Il vecchio preferito.

Ben pi importante

la disp. 5*

che contiene

la

parentado fra la principessa Eleonora de' Medici e il principe don Vincenzio Gonzaga. E noto come, sciolto volesse nel 1583 il matrimonio fra questo principe e Margherita Farnese Vincenzo sposare Eleonora di Toscana e come, per contrarre questo secondo
prima parte dei documenti riguardanti II
,

maritaggio, gli fosse imposto di provare in tre cimenti la sua potenza gedi Finerativa. Dei documenti curiosissimi, esistenti nell' Archivio di Stato

CRONACA
renze
luce

461
in

che concernono lo strano e caratteristico avvenimento , esce qui una parte. Gli altri compariranno nelle dispense successive.
opuscolo nuziale assai rilevante
ci

Un

pervenuto dal prof. L. Padrin.


tip.

E' pubblicato per nozze Giusti-Giustiniani (Padova,

del Seminario, 1887),

de Lupatis, Bovetini de Bovetinis, Alberimi Mussati necnon Jamboni Andreae de Favafuschis carmina quaedam ex codice veneto nunc primum edita. Speriamo potercene occupare con la dovuta
ed ha per
titolo Litpati

estensione.

* D. Michele Faloci-Pulignani ha estratto dalla Miscellanea francescana

un elegantissimo volumetto di soli 150 esemplari Le profezie del beato Tommasuccio da Foligno. La edizione condotta secondo tutte le regole suggerite dalla buona critica ed corredata di quella erudizione larga e precisa che non manca mai ale pubblicato a parte in

(Foligno, Campitelli, 1887)

l'egr. F.

da codici diversi. In questa parte l'A. ha aggiunto nuove informazioni e documenti a i^anto scrissero i due pi recenti biografi dei beato, l'Amoni (Assisi, 1877)
di

P. quando Tommasuccio ed

si

occupa di cose umbre. Nella prefazione fatta

la ^^ta

data notizia di varie rime a lui attribuite

ed

il

Mazzatinti (Propugnatore, 1882). Segue quindi la bibliografia dei coil

dici e delle stampe, e qui

F. P. rifuse, ampliandola,

grafica, sin da allora assai diligente, da lui pubblicata nel 1881.

una memoria biblioLe edizioni,


,

dalla Vicentina del 1510 alla Assisana del 1877, sono sei: le antiche raris-

sime. I codici sono diversi , ma i tre pi antichi , citati dal Jacobilli dal Quadrio e dal De Angelis, non furono peranco potuti rintracciare. Il F. P. mette a base della sua edizione cinque mss. della biblioteca del Seminario
di Foligno,

uno della Magliabechiana, uno della Comunale


varianti

di

Siena,

uno

della Universitaria di Bologna, due della Nazionale di Parigi, due della Na-

zionale di Napoli: di tutti questi mss. d le

nella

sua pregevole

Comunale di Perugia, menzionato dal Verraiglioli, l'A. non pot rintracciare un altro, pure citato dal Vermiglioli, della Laurenziana, indica solo di sfuggita; di un terzo, esistente nella raccolta Campori e descritto dal Vandini, ebbe notizia quando la prericostruzione dell'antico testo.
cod. della
;

Un

sente edizione era gi in corso di stampa.

Del voi. VI della Storia della Ietterai, italiana di Ad. Bartoli discorreremo quando sar uscito intero e comprender quindi completa la trattazione della Divina Commedia. Per ora ne comparsa soltanto la P. I, che ha i seguenti capitoli: 1 Concepimento fondamentale della D. C; 2* Costruzione morale dei tre Regni; 3" La pena, l'espiazione ed il premio; 4" I Demoni, gli Angeli, le Persone divine; o Il custode del Purgatorio; 6" Il
viaggio per
i

tre

Regni.
3

La
1

P.

II,

della quale annunciata prossima la

pubblicazione, comprender:
religione nella D. C.
;

scienza nella D.

e la politica nella D. C; 2 La La natura nella D. C. 4 L'arte nella D. C. 5< La C; 6 Del tempo della composizione e divulgazione del
storia
; ;

La

poema.
*
Il

sig.

bileo del

Giovanni Travaglini ha pensato di festeggiare egli pure il giupapa con un opuscolo in cui illustra / papi cultori della poesia

462

CRONACA

(Lanciano, Carabba). Questo opuscolo, inadeguato al soggetto e tutto animato da spirito clericalmente partigiano, discorre brevemente di S. Damaso, S. Gregorio

Magno, Innocenzo Leone XIII.


*
II

111,

Bonifazio Vili, Pio

li.

Urbano

Vili, Alessandro VII,

prof.

la 2^ edizione dei suoi appunti

Giuseppe Castelli ha pubblicato (Ascoli Piceno, Cesari, 1887) Sulla vita e sulle opere di Cecco d'Ascoli.

In fondo a questo opuscoletto trovasi

una appendice,
Stabili.

nella quale

il

G. rende

conto dello zibaldone di Angelo Colocci che costituisce l'attuale codice Vaticano 4817 e ne estrae una notizia dello
la data della nascita di

Secondo questa notizia

Cecco viene

fissata nel 1269.


titolo

Abbiamo

Roma
mento

ricevuto uno scritto di Domenico Cimato col (Roma, Loescher, 1887). Vi si parla particolarmente

Dante rn
poli-

delle idee

tiche, sociali e religiose di D.,

confutando

le

opinioni

espresse

nel

Parla-

italiano, a proposito della istituzione di

una cattedra dantesca.


quelli

* Tre studi danteschi molto

osservabili

sono

che

il

prof.

Alberto

Bonis, 1887). Si intitolano: 1

De Anselmo; 2 Cunizza da Romano; 3 La verit sulle colpe di Cunizza. Nuoce loro per vero la forma accademica non che la mancanza di citazioni esatte; ma gli argomenti, in ispecie l'ultimo, furono studiati con amore e profitto.
Agresti ha raccolto or non molto in un volumetto (Napoli, tipografia

Dante a

S.

* Pittore Piazza ha pubblicato (Foligno, Campitelli) un buono studio

sul

Tipo dell'avaro in Plauto e ne' principali suoi imitatori. L'A.


dei tipi classici e di quelli italiani
letterature;

si

occupa
altre
il

francesi, senza

estendersi alle

ma

per quanto manchevole possa essere in

questo riguardo

lavoro, bisogna convenire che la parte trattata fatta con garbo.


*

Per nozze Martuzzi-Menotti Ripandelli

il

prof. G. S. Scipioni

ha pubriguarlet-

blicato (Faenza, Conti) Dite lettere dell'illustre filologo Vincenzo

Nannucci

al

comm. Francesco Zambrini. Sono ambedue


la questione dell'autore del
il

dell'ottobre 1856 e

dano
del

Governo della famiglia. Nella prima

tera notiamo

seguente singolare periodo:


tali

Anche per esempio

il

libro

Volgare eloquio ho
;

argomenti da dimostrare manifestamente non

poter essere di Dante

e con tutto ci io

mi sono

astenuto finora dal trat-

tare questo soggetto, che poco

mi

interessa .

La Strenna
di

della Gazzetta Piemontese


letteraria:
Vitt. Banzatti
,

per Vanno 1888 ha

seguenti

articoli

storia

Un umorista
,

del sec.

XVII.

Un' attrice del Saggio di frascherie stampate nel 1680; G. C. Molineri sec. XVI. Isabella Andreini; V. Malamani, Giovanni Prati e la censura
austriaca.

un documento

* Mario Mandalari ha pubblicato un opuscolo intitolato Pietro Vitali e inedito riguardante la storia di Roma (Roma, Bocca). Il
al

documento, che del 1444, riguarda una ferriera sottostante


di Grotta Ferrata, dal cui archivio fu estratto.

monastero
prof.

Dallo

stesso

dalari

ricevemmo un volume

di

Saggi di storia

critica

Man(Roma, Bocca},

CRONACA
che una raccolta di
meridionale.
* E. Narducci ha presentato alla
biblioteca Angelica di
*

463

articoli sparsi.

teresse pei nostri studi: Montecassino e

Due di essi possono avere qualche inUna colonia provenzale neW Italia
Catalogo della

Accademia dei Lincei

il

Roma.
di

un nuovo periodico mensile il titolo (gi portato da un foglio settimanale che usciva alla luce nella stessa citt a mezzo il secolo scorso) di Raccolta Milanese di Storia, Geografia ed Arte. Esso si propone appunto di dare luogo nelle sue colonne a scritti non di gran mole, che ab-

Annunziamo con piacere V apparizione


il

illustrato,

quale

si

pubblica a Milano sotto

biano rapporto con la storia

civile, letteraria

ed artistica di Milano e della

campagna milanese
suoi confini storici.

ma

questa intesa, non gi nei presenti limiti, bens ne i

quale estensione questi abbiano avuto, lo addita una bella

carta corografica, disegnata dal solerte prof. G. Pagani, archivista storico e bibliotecario del municipio di Milano, e direttore della Raccolta,
al

che annessa

numero di saggio test uscito in luce (Milano, libreria Levino Robecchi). In questo numero troviamo parecchi scritti assai importanti, come uno del Beltrami sopra un disegno del duomo di Milano, eseguito nel 1390 all'incirca da Antonio de Vincenti, l'architetto del s. Petronio da Bologna: un altro del Casati sul restauro delle pitture che adomano la cappella di Teodolinda nel duomo di Monza; un copioso notiziario storico, geografico ed artistico, variet, recensioni
,

questionario ecc.

Nei prossimi numeri

si

intraprender anche la
,

pubblicazione eU" Inventario dell' Archivio comunale di Milano

che verr
ai valorosi

impresso in guisa da formar poi un volume a


iniziatori

s.

Auguriamo

uno splendido succedo.

Registriamo, secondo

il

nostro costume, le seguenti dissertazioni


:

acca-

demiche tedesche riguardanti la storia d'Italia B. Gebhardt, Adrian v. Corneto. Ein Beilrag sur Geschichte der Curie und der Renaissance (Breslau,
Preuss e Jnger;; Wilh.
St.

Rottebohm, Montecuccoli und die Legende von Gotthard (programma, ginn. Fed. Werder di Berlino); Cari Strasser, Antonio Canova (progr. scuola reale Vienna); Edm. Schmidt, Veber die
wissenschaftliche Bildung des h. Benedict, des Gesetsgebers der

Mnche

im Abendlande

(progr. collegio Benedettini di Metten): Giov. Sante Felici,

Die religionsphilosophischen Grundanschauungen des Thomas Campanella (laurea, Halle-Wittenbei^); Franz Buttner, Adam und Eva in der bildenden Kunst bis Michelangelo (laurea, Jena); Heinr. Wieck, Die Tettfel auf der mittelalterlichen Mysterienbhne Frankreichs (laurea, Marburg); Alfr. Raphael, Die Sprache der Proverbia quae dicuntur super natura femi narum > (laurea, Berlino); Heinr. Suter, Die Mathemntik auf den Universitdten des Mittelalters (pn^r. scuola cantonale di Zurigo).

* H. Castonnet des Fasses ha pubblicato Le


sicle (Angers, Lachse).

Camaval de

Venise

au

XVI Il

464

CRONACA
uscita

* Della nota Histoire de l'imagerie populaire del Ghanipfleury una nuova edizione riveduta e aumentata (Paris, Dentu).

* Alcide Bonneau ha pubblicato sotto il titolo di Curiosa (Paris, Liseux) una serie di saggi intorno alla nostra novellistica antica. Riguardano il Decamerone, le Novelle del Sacchetti, quelle del Firenzuola, del Randello,

del Batacchi, del Casti, le Facezie del Poggio,

Ragionamenti

dell'Aretino.

Il

secondo volume della

Geschichte der italienischen

Litteratur del

Gaspary comparir nei primi mesi del 1888.


*
Il dr.

Federigo

v.

Breidenbach ha pubblicato

la

prima parte
ci

di

una

Geschichte der italienischen Litteratur (Berlin, Siegismund, 1888). Tratta


la letteratura dalle origini sino a

Dante compreso. Questo lavoro


dire che le
fonti pi

sembra

inferiore ad ogni critica. Basti

il

spesso

menzionate
scritto su

sono

il

Giudici ed

il

Settembrini e che l'A. mostra


in

ad ogni

passo di non
si

avere conoscenza
<3onosca neppure

alcuna di quanto
Bartoli ed

questi

ultimi anni
il

(juell'importante periodo. Cita


il

come una
il

autorit seria

Sauer e pare non

Gaspary!

II marchese Giuseppe Camporf, di cui nel fascic. passato accennammo morte immatura, accaduta in Modena il 19 luglio '87, fu il vero tipo del gentiluomo letterato. In possesso di una ricca raccolta di codici e di una

la

collezione copiosissima di autografi e documenti, egli ne era chiunque intendesse valersene, con esempio piuttosto unico che

liberale

raro. Stu-

dioso infaticabile di cose d'arte, di storia civile

letteraria, illustr parti-

colarmente, con amore costante,


studi la complessione

le glorie della

sua Modena, logorando negli

non troppo
gli fu

forte.

L'elenco delle opere sue, molte delle


si

quali sono sparse in pubblicazioni accademiche,

memoria necrologica che


(XIV, 650).
sicura, e ci

consacrata hgW" Archivio

pu trovare nella bella storico lombardo

Ad essa rimandiamo, siccome a fonte bibliografica copiosa e auguriamo che alcuni fra gli scritti minori pi rilevanti del Campori, inseriti per lo pi nelle Memorie dell'Accademia di Modena e negli Atti e Memorie della R. Deputazione Emiliana, vengano da qualche studioso aggruppati e riimpressi in volumi facilmente accessibili. Uomo integerrimo, benefico, gentilissimo, scienziato serio e mecenate illustre, il Campori volle anche in morte mostrarsi generoso quanto era stato in vita e
lasci all'amata sua citt natale le ricchissime collezioni di cui era padrone.

Possano i ricchi ed i nobili delle nuove generazioni ispirarsi al suo esempio ed imparare da lui come anche fuori dal turbinio della vita pubblica sia dato ad un gentiluomo acquistarsi benemerenze impareggiabili e lustro.

f II 19 agosto '87 mancava in Todi l'ex-Deputato a tre Lorenzo Lenij, nato a di 20 settembre del 1824. Socio
zioni di storia patria e vice-presidente di quella

legislature, conte
di varie

Deputatoscane,

per

le

Provincie

CRONACA
delle

^5
Memorie
storiche di

Marche

e dell'Umbria; autore sin dal 1856 delle

Todi, corredate di

una raccolta

d'iscrizioni

latino-romane, che gli valse la


:

nomina a socio

dell'Istituto

archeologico Prussiano

autore sin dal 1858 della

reputata Vita di Bartolomeo d'Aloiano, e nel '78 d'un

Inventario

della

Comunale di

Todi, assumeva nel '82 l'ufiScio di assistente nella Riccardiana

di Firenze e quindi nella Vittorio

Emanuele

di

Roma:

dove, mentre dava


lenta
pa-

opera indefessa alla schedatura della Crociera, venia colpito da


ralisi.

non meno utili servigi, sia come Direttore del Giornale d'erudizione artistica di Perugia ed ispettore degli scavi e monumenti, sia come membro del consiglio scolastico dal '61 al 16 e presidente di questo, quando i presidenti furono surAll'arte, agli studi primari e secondari rese eziandio

rogati ai Provveditori. D'intelletto acuto e versatile, di cultura singolarissima,


lascia

un vivo desiderio

di se in

quanti

lo
:

conobbero.

Ci caro qui

ri-

cordare due sue opere inedite, importanti

l'una le Vile de' Vescovi di Todi,


l'altra

che stata acquistata dall'editore Franchi di Todi, e deir Archivio segreto del comune di Todi.

l'Inventario

A. T.
4 dicembre '87 spirava

II

il

comm. Lucuno

B.vnchi, dotto studioso di

cose storiche particolarmente senesi. Sua principale pubblicazione letteraria


fu quella dei Fatti di Cesare nella collezione
le altre

grande del Romagnoli. Per


il

opere sue rimandiamo

all'afifettuoso

necrologio che ne dett

Paoli

per VArchicio storico italiano (n* 162).

-{

Nello scorso settembre moriva in una \illa presso Modena

il

cav.

An-

tonio Cappelli. Erudito, modesto, stretto in amicizia coi nostri migliori

uomini di

lettere,

che spesso ricorrevano a


storia

lui

come

a consigliere autorevole
all'Estense, se-

e valente cooperatore: fu per lunghi anni vice-bibliotecario

gretario alla R. Deputazione di

patria

per le
e solo

provincie

Modenesi,

socio di molte accademie scientifiche, letterarie, artistiche.

Nato a Modena

nel 1817, dedic tutta la sua


operosit dovette
il

N'ita

agli studi:

alla

propria indefessa

grado e

le onorificenze.

Diamo qui

sotto

un elenco

bi-

bliografico delle sue opere, alcune delle quali recarono

un

serio ed efficace

contributo alla nostra storia civile e letteraria:

1)

Vita di Cristoforo

Colombo

(nella strenna II

Buonumore). Modena,
siciliano.

Vincenzi e Rossi, 1842.


2)

Anacreontiche di Gtiovanni Meli, versione dal

Modena,

Cappelli, 1859, con prefazione.


3) Lettere inedite di principi di Savoia, pubblicate per l'arrivo del

Re

Vittorio
4)

Emanuele 11, Modena, idem, 1860. Giovanni da Procida e il Vespro

Siciliano, leggenda tratta


id.,

da un
I),

codice Estense, con prefazione storico-critica. Modena,

1862 (vedi JfwccW.


ri-

di opusc. ined. o rari dei sec.

XIV

XV,

Torino, 1861, Prose, Voi.

stampata a Bologna, Romagnoli, 1866.


5) Parnaso Modenese scelto e ordinato Modena, Vincenzi e Rossi, 1863.
in societ

con Antonio Peretti.

466
6)
ital. di

CRONACA
Necrologia di monsignor Celestino Cavedani, tratta sWArch. Firenze, ristampata a Modena, 1866.
Fiore di Filosofi e di molti savi,
attrib.

star,

7)

a Brunetto Latini, testo in

parte ined., citato dalla Crusca e ridotto a miglior lezione. Bologna,


gnoli, 1865.
8)

Roma-

Due

novelle, tratte da

un

cod. del 1437, contenente

il

Decamerone.
.sec.

Bologna, Romagnoli, 1866.


9) Il libro dei sette Savi, tratto

da un cod. dell'Estense del

XIV. Bo-

logna, Romagnoli, 1865.


10)

della R. Accad. di Se. Lett. ed Arti di

Ugo Foscolo arrestato ed esaminato in Modena, Modena, 1867.

nelle

Memorie

Modena, 1862. Idem, ristamp. con aggiunte, in Bologna, 1866. in Milano, Hoepli, 1887. 13) Idem, 14) Le novelle di Gentile Sermini da Siena, per la prima volta rac11) Lettere di Lodovico Ariosto, con prefaz. storico critica. 12)
colte e pubblicate nella loro integrit. Livorno, Vigo, 1874
l'ediz.,
(11

Cappelli cui

ma non

volle che

il

suo

nome

apparisse).

15) Poesie antiche, pubblicate per nozze. 16) Novelle di

Modena, 1865-68-73.

Gentile

Sermini, G. Rafia, Francesco Angeloni. Mo-

dena, 1868-69-70, per nozze.


17) Lettere di Goldoni, Metastasio, Alfieri.
tre pubblicaz. diverse.

Modena, 1864-72, per nozze,

18) Lettere di celebri scrittori italiani dal sec.

XV al

XIX. Modena,

1879, in-fol, per nozze.


19)

Le

sette allegrezze degli Am,anti, di

anonimo. Modena, 1865, per


da Giorgio Robia
di S.

nozze.

niato.

Bernab Visconti, Modena, 1868, per nozze. 21) Ser Meoccio Ghiottone, novella
20) Ghiribizzi di

scritti

Mi-

di G. Sermini.

Modena, 1868, per

nozze.

22) Ballate e rispetti d'amore dei sec.

XIV, XV, XVI. Modena, 1860.

per nozze.

XIV, ined. Modena, 1868, per nozze. Avventura di Bernab Visconti. Modena, 1879, per nozze. 25) Novella di Girolamo Baruffaldi. Modena, 1882, per nozze. 26) Il Vaticinio, novella tratta da una versione ined. del Libro setti Savi. Modena, 1881, per nozze. 27) Ballate del sec. XIV, ined. Modena, 1869, per nozze.
23) Otto sonetti del sec. 24) 28) Poesie musicali dei sec.

dei

XIV,

XV e XVL

Bologna, Romagnoli. 1868.

29) Poesie musicali del sec.

XIV

non prima stampate. Modena, 1871,

per nozze.

Che cosa amore, sonetti tratti da un cod. Estense. Modena, 1873. Epigramm,i inediti di Marc Antonio Parenti. Modena, 1863. 32) Bue lettere inedite di Anton Maria Lergna. Modena, 1879, per
30) 31) laurea.

33)

Geminiano da Modena, novella

di Giov.

Sabbadino. Modena, 1882,

per nozze.

CRONACA
34)

467

La Miniatura

nel

sec.

XV,

con fac-simile, nell'Albo della Societ

d'incoraggiaraento per gli Artisti di


35) Sonetti giocosi di Antonio
tratti la

Modena

(Triennio VI, 1879-80-81).


sonetti
satirici

da Pistoia e

anonimi.
A. Gap-

prima volta da vari codici. Bologna, 1865. 36) Rime di Antonio Cammelli detto il Pistoia, per cura
Livorno, Vigo, 1884.

di

pelli e S. Ferrari.

37) Poesie ined. dei sec.

XIV

XV. Modena,

1886.

Modena, 1883, per nozze. 39; Sul supplemento ai vocabolari italiani proposto da G. Gherardini, nQ\Y Indicatore Modenese, 1852, n 33. 40) Aggiunte alla bibliografia Dantesca del De Batines, neWIndicatore Modenese, 1852. 41) In difesa della diminuzione delle troppe feste di precetto (ined.). risposta di L. A. Muratori, pubbl. pel centenario Muratoriano dall' Accad. di Se. Lett. ed Arti, Modena, 1872. 42) Prefazione agli Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le provincie Modenesi e Parmensi, 1863, Voi. I. 43) Lettere di Lorenzo de" Medici, detto il Magnifico, in Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Prov. Modenesi e Parmensi, 1,231:1863. 44) Pandolfo Malatesta ultimo signore di Rimini. Ibid., I, 421; 1863. 45) Notizie d Ugo Caleffini, notaio ferrarese del sec. XVI, con la sua cronaca in rima di Gasa d'Este. Ibidem, 11, 267; 1864. 46) La congiura dei Pio, signori di Carpi contro Dorso d'Este, scritta nel 1469 da Gario da S. Giorgio. Ibidem, li, 367; 1864. 47) Supplicazione di Gio. Marco Pio di Carpi. Ibidem, II, 493; 1864. 48) Pietro Aretino e una sua lettera inedita a Francesco I, re di
38) Lettere ined. di
illustri italiani.

uomini

Francia. Ibidem,

III,

75; 1865.

49) Consolatoria di Dorso d^Este al


III,

Magn* Lorenzo

de' Medici. Ibid.,

355; 1865.
50)

Vita dt Alfonso

I
III,

d'Este scritta

da Bonaventura

Pistofilo

e no-

tizie dell'autore.

Ibidem,

481

1865.

51)

Fra Girolamo Savonarola


1868.

e notizie

intomo al suo tempo. Ibidem,

IV, 321;

52) Nicol di Lionello d'Este. luidera, V, 413; 1870.

53)

Morte del duca Valentino. Ibidem,


Lettere inedite di Lodovico
(1).

Vili, 183; 1876.

^)

Ariosto.

Ibidem, voi.

I,

103;

II,

199;

IV, 69 e 273; VIII, 263

Annibale Campani.
pubblic per nozxe aiu rtnoi^

(1)

Questo elenco non pretende di eaara eoi^to.

Il

Cappelli

dinaria qaantiU d'oposcoU, di coi

lagaTol*

dmre

bibliografia.

Luigi Morisengo, Gerente responsabile.


Torino

Tip.

Vivcmo

Bona.

INDICE

ALFABETICO

DELLA RASSEGNA E DEL BOLLETTINO

In quesV indice, che abbraccia l'inUra annata (ft'. IX e X) sono registrati i Ticini degli autori e degli editori; i titoli delle opere sono dati per lo pi in forma ablrreviata. Il numero roynano indica il volume, l'araMco la pagina.

Ademollo
lio

a.,

IT

Leone
,

Roma, IX

Alessandro V/, Giunel carnevale di 322. Corilla Olim-

De Nolhac

pica, X, 402.

P., Fac-simils de l'criture de Ptrarque, IX, 441. Di un'edizione delle poesie del Cariteo, X, 267.

Anton a-Tratersi C, IX,


Baccini G.

281; X,445.

G. B. Fagiuoli, IX^ 333. Gente allegra Iddio V aiuta, X, 269. Vedi inoltre X, 443. Bagni (I) di Pozzuoli, ed. E. Prcopo, X. 264. BertacchiC, Dante geometra, X,248. Bianchini D., X, 2S1.

B.,

Fantoni G. Le odi, ed. A. Solerti, X,280. FiAMMAZZO A., Codici friulani della Divina Commedia, X, 426. Foscolo U., Ultime lettere di Iacopo
,

Ortis , ediz. Martinetti e AntonaTraversi, X, 445.

Gapasso G.
sec.

Un

abaie massone del

XVIII; un canonico letterato patriota ; un ministro della Re-

pubblica Partenopea, X, 436. Cappelli A., Lettere di L. Ariosto,


3 ediz., X, 430. Cenni storici circa
il

libertinaggio

in Venezia, IX, 329.

GoLAGROSSO

F.,

Questioni letterarie,

Gabrielli A., Lapo Gianni, X, 263. Gesta di Federico I, ed. E. Monaci, X, 261. Gloria A. , Onorari degli antichi professori di Padova, X, 288. GoLDMAXN A., Drei italienische Bandschriftenkataloge, X, 413. GoTHEiN E. Die Culturenticickelung Sud- Italiens, IX, 314.
,

IX, 326. GoRsiNi B., // Torrachionedesoato,e. Baccini, X,443. Vedi inoltre X, 270.

HuEBSCHER
zu Pulci

J.,

Orlando, die Yorlage Morgante, IX, 316.

GosTA

E.,

X, 285.
Iosa A. M. , Mss. della Bibl. toniana di Padova, IX, 330.

Grescini V., Contributo agli studi


sul Boccaccio, X, 270.

An-

470

INDICE ALFABETICO DELLA RASSEGNA E DEL BOLLETTINO

Lazzarini V., Rimatori veneziani del


sec.

Pakscher a., Die Chronologie der


Gedichte Petrarcas, X, 431. Palmarini I., I drammi pastorali di Antonio Marsi detto V Epicuro Napolitano. I. La Mirzia, X, 392. Pannicei (I) caldi, operetta morale di Epiteto, trad. B. Corsini, X, 270. PRCOPo E., X, 264.

XIY, X,

429.
,

ed. di Paolina Leopardi E. Costa, X, 285. Lettere inedite a Laura Bassi, IX, 334. Lettere inedite della contessa d" Albany , ed. G. Antona-Traversi e D. Bianchini, X, 281. LocHis e, Giiidotto Prestinari, IX, 319. Luzio A., F. Gonzaga ostaggio alla corte di Giulio II, IX, 323.

Lettere

Rajna
del

P.

Un

iscrizione

nepesina

USI, IX, 305. Reinhardstoettner K. V., Beziehunital. Litteratur zuni Bayrischen Ho f, X, 437. Resa (La) di Treviso e la morte di Cangrande, ed. A. Medin, X, 234. Rondoni G. Tradizioni di un comune medioevale, IX, 308. Rossi V., Della libert nella nuova lirica toscana del 1300, IX, 311.
,

gen der

Malamam
Mancini
tizie

V.,

Nuovi appunti
X, 278.

e cue no-

riosit goldoniane,
G.,

Nuovi documenti

su L. B. Alberti, X, 255. Manetti a.. Operette istoriche, ed.


G. Milanesi, X, 266. B. . Il teatro alla moda, ed. A. Tessier, X, 276. Marcucci e., X, 276. Martinetti G. A., X, 445. Mazzatinti G., Manoscritti delle biblioteche di Francia, X, 406. Medin a., X, 234.

Marcello

Sa VIOTTI A., Una polemica tra due umanisti del sec. XV, X, 433. Schwartz R. Die Frottole im 15
,

Jahrh., IX, 298.

Metastasio

P.,

Drammi

scelti,
le

ed.

Solerti Stoppato

A.,
I.,

X, 280. La commedia popolare

Meyer

E. Marcucci, X, 276. P. Alexandre IX, 255.


,

in Italia, IX, 279.

Grand,

Michelangeli

L. A.

Sul disegno

dell'inferno dantesco, IX, 312. Milanesi G., X, 266. Miscellanea in ^memoria di N. Caix e U.A. Canello, IX, 266. Monaci E., X, 261. Motta E., Musici nella corte degli Sforza, X, 434. Muentz e.. La bibliothque du Vasiede, IX, 448. tican au

Tamizey De Larroque Ph., X, 274. Tessier A., X, 276. Tocco F., Un codice sulla questione della Povert, X, 265.

Trautmann
pieler

K., Italienische Schaus-

am Bayrischen IIofe,\,4i31.

Vandini

XVP

Nardo-Cibele a.. Zoologia popolare veneta, X, 289.

R., Appendice I al Catalogo dei mss. del march. Campori, IX, 331. Vesme a., T. Tasso in Piemonte, X, 440. ViLLARi P., La storia di G. Savonarola, nuova ediz., voi. I, X, 238.

Naud
Orsi

G., Lettres indites

ed.

Ph.

Tamizey de Larroque, X, 274.


P.,

Zazzeri R.

Vanno

mille,

X, 258.

Sui codici e libri a stampa della Bibl. Malatestiana, di Cesena, X, 444.


,

INDICE DELLE

MATERIE DEL X VOLUME

MACE-LEONE

F., Il eibadone Boccaccesco della

Magliabechiana

....
4.

Pag.

KJX

P., Intorno
II.

al coiiddelto
2.

< Dialogiu

Creaturaruin ed al tuo autore.


3.

L'autore.

Breve intermesso.

Maestro Bergamino.

Mayno

de'

Mayneri (continuazione)
volgare mei 1211
.
. .
.

42
114
161

SOLERTI A., Torquato Tasso e Lucrezia Bendidio SANTINI P., Frammenti di un libro di banchieri fiorentini scritto m PARODI E. 6. Illustrazioni linguistiche ai suddetti Frammenti
,

>

17S
197

PECOPO BIADENE

E.

Dragonetlo Bonifacio, marchese d'Oria, rimatore del secolo

X VI

L., / manoscritti italiani della collezione

Hamilton nel B. Museo

e netta

S. Biblioteca di Berlino

>

313

VARIET
FRATI
L., Notizie biografiche di rimatori

HuUani dei

secc.

XIII-XIV.

Ili, Onesto

da Bologna

35C
.

SABBADINI

R., Sugli studi volgari di Leonardo Giustiniani

368

LAHMA

E.. Intorno

ad alcune rime di Lionardo Giustiniani


il

372
384

COSTA E., Marco SFORZA G., Dna

Antonio Flaminio e

cardinale Alessandro Farnese

lettera dantesca di Gio. Iacopo Dionigi

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
FERRAI
L. A.

A. MxDor, La resa di Treviso e

la

morte di Cangraude 1 detta

Scala

PELLEGRINI
SCIPIONI G.

F. C.
S.

P.

234
Yilaki, La storia di Girolamo Savonaroa, I
,

238 255

Gol Maxcwi
,

Nuovi documenti

notisi*

iuUa

vita * sugli

scritti

di L. B. Alberti

BOSSI V.

I.

l'ALMAWM
I.

Napolitano.

drammi La Minia
1

pastorali di Antonio

Morsi

detto

V Bpicuro
392
402

NERI A. ItEMER NOTATI

R. F.

A. Adexolu), Corilla Olimpica

G. JLtzzTnn, Manoscritti italiani

delle bibliotteh* di

Francia,
s.

406

A. QotDMAKH. Orti italienischt Handschri/tenkataloge

Xlll-XIT

413

472

INDICE DELLE MATERIE

BOLLETTINO BIBLIOaRAFIGO
P.

ORSI, L'anno
A.

mille, p. 258.

Gesta di Federico I in Italia

ed. E.

Monaci

p. 261.

GABEIELLI, Lapo Gianni e la lirica predantesca, p. 263. 1 bagni di Pozzuoli, ed. E. PRCOPO, p. 264. F. TOCCO, Un cod. della Marciana sulla quest. della povert, p. 26. A. MANETTI, Operette isteriche, ed. G. Milakksi, p. 266. [C. CASTELLANI], Di

un'edizione delle poesie del Cariteo nei primi anni del sec.
Iddio V aiuta, ed. G. Baccini
,

X VI,

p. 267.

Genie allegra
,

p. 269.


G.

/ pannicei
B.

caldi, trad. B. Corsini

p.

270.

V. CRESCINI, Contributo agli studi sul Boccaccio,


ed. Ph.

p. 270.

G. NAIJD, Lettres indites,

Tamisey de Labroque,

p. 274.

MARCELLO,

Il teatro alla

moda,

p. 276.

ap-

P.

METASTASI, Drammi
e

scelti, ed.

C. Marcucci, p. 276,

V.

MALAMANI, Nuovi
p. 280.

punti

curiosit goldoniane, p. 278.

FANTONI, Le

odi, ed.
,

A. Solerti,
ed. C.

Lete
,

tere ined. di Luigia Stolberg contessa

d'Albany a Ugo Foscolo

Antona-Traveksi

D. Bianchini,

p. 281.

Lettere di Paolina Leopardi a


,

Marianna ed Anna

Brighenti, ed.

E. Costa, p. 2^5.
p. 288.

A.

A. GLORIA NARDO-CIBELE
,

I pi lauti onorari degli antichi professori di Padova

Zoologia popolare veneta, p. 289.

A.

FIAMMAZZO,

codd. Friulani della Dio. Commedia, p. 426.

V. LAZZAEINI, Rimatori veneziani del

sec.

C. BERTACCHI, Dante geometra, p. 428. XI Y, p. 429. A. PAKSCHEE, Die Chro-

nologie der Gedichte Petrarca's, p. 431.

A. SAVIOTTI,

Una polemica
ed.

tra due umanisti

del sec.

XT,

p. 433.

E. MOTTA,
p. 436.

Musici
L.

alla corte degli Sforza, p. 434.

G.

CAPASSO,
430.

Ricerche

biografiche,

ARIOSTO,

Lettere,
ital.

A. Cappelli,

p.

ed.

K.
K.

V.

REINHARDSTOETTNER TRAUTMANN, Italienische


e il

Beziehungen der

Litteralur

zum

Bayrischen Eofe e

Schauspieler
p. 440.
,

am
B.

Bayrischen Eofe,

p. 437.

A.

VE3ME,
,

Torquato Tasso
Cesena, p. 444.

Piemonte

CORSINI

Il

Torracchione desolato
bibl.

G. Baccini, p. 443.

U.
p.'

ZAZZERI FOSCOLO, Ultime


B.

Codici e libri a stampa della


lettere di

Malatestiana di

Jacopo Ortis, ed. G. A. Martinetti e C. An-

tona-Tratersi,

445.

COMUNICAZIONI ED APPUNTI
L.

VALMAGGI,

SulLt fonte francese del TralLito di virt morali, p. 292.

L.

BIADENE,

Il codice Berlinese del

Decameron,

p.

269.

V. GIAN,
,

Il

supposto incendio dei libri del

Boccaccio a S. Spirito, p. 298.


C.

L.

BIADENE

Un

codice di rime spirituali, p. 299.


, p.

SALVIONI, Un passo

della

Parafrasi lombarda

447.

R.

RENIER,

Quisquilie

Corilliane, p. 449.

CRONACA
INDICE ALFABETICO DELLA RASSEGNA E DEL BOLLETTINO

Pag.

301, 453

469

BINDING SL

mT a *

PLEASE

DO NOT REMOVE
FROM
THIS

CARDS OR

SLIPS

POCKET

UNIVERSITY

OF TORONTO

LIBRARY

Вам также может понравиться