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Osservazioni sulle differenze nelluso del linguaggio in Joyce e Beckett

Elena Zanibellato Letteratura inglese 1 LS, LLEA, Modulo A (5 CFU) Universit di Tor Vergata Facolt di Lettere e Filosofia A. A. 2009-2010

2 INDICE

1.Premessa...............................................................................................................................3 2.Introduzione ........................................................................................................................3 3.Alcune osservazioni sulluso del linguaggio in James Joyce..........................................3 4.Alcune osservazioni sulluso del linguaggio in Samuel Beckett.....................................6 5.Conclusione..........................................................................................................................9 6.Bibliografia........................................................................................................................10

3 1. Premessa Il presente lavoro prende forma da alcune riflessioni sulle differenti scelte operate nellutilizzo del linguaggio da parte di James Joyce e Samuel Beckett. Quello che viene definito di seguito un percorso utile ad illustrare lanalisi di un processo culturale che pu aver in parte determinato le diverse scelte dei due autori. Tale processo viene ricostruito partendo dalla descrizione delle caratteristiche principali del contesto storico-culturale in cui i due autori hanno maturato le loro esperienze per arrivare a definire con pi chiarezza le differenze nelluso del linguaggio fra le poetiche di Joyce ed il Teatro dellAssurdo prodotto da Beckett. Per individuare e sviluppare i punti salienti di questanalisi sono state utilizzate due principali fonti critiche: Le poetiche di Joyce di Umberto Eco (1962) e The Theatre of the Absurd di Martin Esslin (1961). I contenuti proposti dai due critici sono stati rielaborati ed integrati con ulteriori ricerche nellintento di completare il quadro che si intendeva presentare. 2. Introduzione Il contesto storico nel quale si muovono i due autori indubbiamente determinante per compredere la loro produzione. Laffermarsi della societ di massa, gli studi sulla psicoanalisi, il declino del senso di fede religiosa, in parte sostituito dallaffermarsi dei nazionalismi poi andati frantumandosi dopo la Seconda Guerra Mondiale, producono un senso di generale insucurezza nellindividuo. Molta della produzione artistica del novecento sottolinea questo senso di straniamento sofferto dalluomo contemporaneo. Anche la letteratura si fa testimone di questo stato dei fatti e propone delle opere che fanno da specchio al senso di smarrimento e straniamento comune. Il secolo breve vede diversi autori procedere alla costruzione di risposte volte a reagire a questa mancanza di punti fermi, anche con scelte stilistiche particolarmente forti, come ad esempio quelle operate dai futuristi, o dalla produzione esistenzialista con lintroduzione di nuovi temi pi adatti a descrivere la societ contemporanea, o anche con nuovi modi di utilizzare il linguaggio, come in Joyce e Beckett. 3. Alcune osservazioni sulluso del linguaggio in James Joyce. Per comprendere le scelte compiute da James Joyce (Dublino, 1882 Zurigo, 1941) rispetto alluso del linguaggio nelle sue opere, pu essere particolarmente utile rifarsi ad alcune osservazioni di Umberto Eco presenti sul saggio Le Poetiche di Joyce (1962).

4 Il critico propone un percorso di analisi che parte dallidentificazione delle principali caratteristiche della formazione dello scrittore e delle principali influenze culturali cui egli stato sottoposto, per poi concentrarsi sulle poetiche espresse dallautore. Innanzi tutto Eco descrive la formazione primaria di Joyce, individuando nella citt di Dublino, nella quale lautore cresciuto, il primo elemento della costruzione di una ben delineata identit intellettuale. In questa citt Joyce frequenta il collegio di Conglowes Wood e poi il Belvedere College, entrambi retti da gesuiti: di qui la formazione primaria del letterato, intrisa di elementi controriformistici e ascesi loyoliana. Nelladolescenza Joyce si apre dunque alla filosofia di San Tommaso, filtrata comunque dalla scolastica post-tridentina. In un momento successivo, presso lUniversity College, lo scrittore viene a contatto pi direttamente con la filosofia Giordano Bruno, che mette in crisi ma non distrugge linfluenza dellAquinate. Successivamente la scoperta di Ibsen porta Joyce a riconoscere la necessit di un rapporto pi stretto fra arte ed impegno morale, mentre linfluenza del simbolismo e di tutto il fascino del decadentismo lo colgono a partire dal 1903, quando si trasferisce a Parigi. Joyce si confronta solo pi tardi, dopo i quarantanni, con la Scienza Nuova di Vico, che fornisce comunque uno scheletro ottimale per lopera Finnigans Wake. Dopo aver ricomposto brevemente le fasi della formazione dellautore, Eco propone una chiave di lettura per comprendere la produzione dello scrittore irlandese che indubbiamente interessante: sottolinea infatti come nelle opere di Joyce sia possibile individuare lo scontro profondo e radicale tra luomo medievale, nostalgico di un mondo definito, in cui poteva abitare trovando chiari segnali di direzione, e luomo contemporaneo che avverte lesigenza di fondare un nuovo habitat, ma non ne trova ancora le regole statuarie [...] ed bruciato continuamente dalla nostalgia di una infanzia perduta1. Il critico sostiene inoltre che in Joyce non possibile riscontrare una scelta definita fra queste due realt opposte e si genera quindi una tensione tra il vecchio ed il nuovo, il medioevo e let contemporanea che fotografa lo stato di un momento di transizione della cultura contemporanea. La chiave di lettura proposta per interpretare unopera come A Portrait of the Artist as a Young Man (1933) appunto quella di un romanzo costruito imitando i ritmi e talvolta il linguaggio proprio di una narrazione liturgica, come la formazione gesuitica ha in qualche modo imposto allautore, con una tendenza evidente al gusto per lintrospezione morale e
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Eco U. Le poetiche di Joyce, Milano, Bompiani, 1962 (Ed. 2007), p. 11.

5 loratoria. Si possono inoltre individuare nel romanzo delle aperte assonanze col linguaggio religioso, utilizzate a volte con intenzione parodistica. Luso di sovrastrutture simboliche ricoscibile nello Ulysses (pubblicato nel 1922), dove il triangolo Stephen-Bloom-Molly pu essere interpretato come il Triangolo della Trinit e in Finnegans Wake (pubblicato nel 1939), dove H. C. Earwicker sopporta su di s il valore simbolico del capro espiatorio, sacrificato per lintera umanit. Se da una lato Joyce rifiuta la sua stessa formazione cattolica, egli appare tuttavia fortemente attratto dalla coerenza di quel pensiero e resta interessato allorganizzazione formale, riproducendola nella sue opere utilizzando la forma mentis acquisita grazie agli insegnamenti gesuitici. Il tentativo dello scrittore appare quindi volto alla ricerca di unopera darte che si ponesse come equivalente del mondo2, in modo tale da elaborare un linguaggio adatto a descrivere let contemporanea e quindi un mondo non pi ordinato e retto da leggi incontrastabili come quello medievale, ma in aperta espansione ed in continua proliferazione, pieno di contraddizioni e privo di regole. Regole che invece Joyce vuole individuare al fine di ricavare un ordine, una forma adatta a descriverlo. Lindagine sulla forma diviene quindi sostanziale e la forma, nellintento di Joyce, deve rapprensentare la verit, cos come imposto dalleredit di Ibsen. Il percorso che lo scrittore affronta porta ad un esito che non ha precedenti: infatti nellUlysses possibile riscontrare come questa volont di descrivere il mondo contemporaneo determini ladozione di una soluzione formale del tutto nuova, originale. In questo romanzo Joyce porta allo stremo le possibilit del linguaggio, estremizzando i diversi registri linguistici adottati ed ottiene unopera che insieme unesplosione delle possibilit espressive e forse il punto di non ritorno del linguaggio, perch in un certo senso sembra che a tale opera possa seguire o limpossibilit comunicativa delle esperienze vissute dalluomo contemporaneo, o la riorganizzazione del mondo culturale secondo la disposizione di nuove leggi formali, pi adatte a descriverlo. Joyce distrugge i canoni tradizionali precedentemente validi per il genere letterario che affronta, ma un atto che compie dopo averli profondamente assorbiti e propone, in sostanza, una ricostruzione radicale. Come osserva Eco (1962: 61):
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Ib., p. 19.

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Ulysses si presenta [...] come linquietante crogiolo in cui si sta verificando qualcosa di inedito: la distruzione dei rapporti oggettivi sanciti da una tradizione millenaria. Badiamo: non si tratta pi della distruzione dei rapporti che legano un evento singolo al suo contesto originario, per rifonderlo in un nuovo contesto attraverso la visione lirico-soggettiva del giovane artista. Qui loggetto della distruzione pi vasto, luniverso della cultura e atttraverso di esso luniverso tout court. Ma questa operazione non viene attuata sulle cose: si attua nel linguaggio, col linguaggio e sul linguaggio.

Questa modalit di intervento sul linguaggio comprende indubbiamente ladozione del flusso di coscienza, ma anche di virtuosismi linguistici, talvolta applicati al potenziale musicale delle parole, come nel capitolo Sirene. inoltre possibile tornare alle osservazioni che Eco propone riguardo il capitolo Proteo per ottenere unulteriore interessante analisi (1962: 6465):
La forma dei pensieri di Stephen segna il passaggio dal cosmo ordinato a un cosmo fluido e acquoreo, in cui morte e rinascita, e i contorni degli oggetti, il destino umano, tutto si fa impreciso, gravido di possibilit [...] Proteo [...] pone le basi di un mondo dominato dalla metamorfosi che produce continuamente nuovi centri di relazione. [...] Il capitolo attua le sue dichiarazioni programmatiche non attraverso i contenuti espliciti ma nella forma del discorso: qui dunque si fonda la possibilt di un libro la cui forma sia il principale e pi esplicito dei messaggi.

NellUlysses la forma ostenta lesperienza che luomo vive in un mondo come quello contemporaneo, unesperienza che non pu essere ricondotta sulla pagina utilizzando i canoni tradizionali, ma che necessario esprimere proprio attraverso la forma, perch non riconducibile a leggi o canoni descrittivi ritenuti ormai superati ed insufficienti.

4. Alcune osservazioni sulluso del linguaggio in Samuel Beckett Nellintroduzione del volume The Theatre of the Absurd, Martin Esslin propone alcuni spunti di riflessione ancora validi per meglio comprendere le caratteristiche principali delle opere di Samuel Beckett e degli altri scrittori coinvolti nella realizzazione di drammi che possono essere ricondotti al genere suddetto. Innanzi tutto lo studioso individua le difficolt percepite dai critici e dal pubblico nellapproccio al teatro proposto da Beckett in unopera come En attendant Godot: la mancanza di una trama tradizionale e di uno sviluppo dei caratteri ben

7 definito, nonch lassenza di una morale capace di emergere chiaramente dalla rappresentazione, riescono a spiazzare lo spettatore medio, lasciandolo spesso interdetto. In questo dramma non c una storia da raccontare, non possibile riconoscere un preciso punto di inizio e, dal punto di vista di un canone tradizionale, non si giunge ad una conclusione accettabile. Non viene proposta una rappresentazione della natura cos come il pubblico se laspetta, ma piuttosto una riflessione tradotta in materia teatrale che prende spunto dal materiale offerto da un sogno o da un incubo. I caratteri di queste scelte espressive determinano un particolare uso del linguaggio, lo rendono ancor pi essenziale e povero di abbellimenti stilistici. Ci ancora pi evidente nei dialoghi che consistono spesso di affermazioni incoerenti, talvolta balbettanti. Di particolare interesse poi riconoscere come pure il senso di inadeguatezza e straniamento proprio del secolo breve viene espresso da letterati diversi in maniera originale. Lo stesso critico individua alcune fra le principali differenze di approccio alla scrittura fra Camus (che scrive tra laltro un saggio sullassurdo, Le Mythe de Sysiphe) e le produzioni afferenti al teatro dellassurdo (Esslin, 1961: 24-25):
If Camus argued that in our disillusioned age the world has ceased to make sense, he did so in the elegantly rationalistic and discursive style of an eighteenth-century moralist, in well-constructed and polished plays. [] The Theatre of the Absurd has renounced arguing about the absurdity of the human condition; it merely presents it in being. [] It is this striving for an integration between the subject-matter and the form in which it is expressed that separates the Theatre of the Absurd from the Existentialist theatre.

Il teatro dellassurdo si distingue nelluso del linguaggio anche dalle avanguardie poetiche, come di nuovo argomentato da Esslin (1961: 25-26):
The poetic avant-guard relies to a far greater extent on consciously poetic speech; it aspires to plays that are in effect poems, images composed of a rich web of verbal associations. The Theatre of the Absurd, on the other hand, tends toward a radical devaluation of language, toward a poetry that is to emerge from the concrete and objectified images of the stage itself. [] What happens on the stage transcends, and often contradicts, the words spoken by characters.

Per quanto riguarda Samuel Beckett (Dublino, 1906 Parigi, 1989) e la sua produzione teatrale, possibile osservare come alcune scelte sulluso del linguaggio siano state maturate

8 nel tempo sulla base di preciso intento. Nel 1929, infatti, egli afferma rivolgendosi ai lettori If you dont understand it [] it is because you are too decadent to receive it. You are not satisfied unless form is so strictly divorced from content that you can comprehend the one almost without bothering to read the other3. Nel percorso intrapreso dallautore si pu effettivamente notare come la forma abbia unimportanza sempre determinante, tanto da portare lo scrittore a ricorrere ad alcune scelte stilistiche anche molto forti sia nella produzione narrativa che in quella teatrale. Nella prima la ricerca sfocia in un testo che pone al suo centro la riflessione sulla natura del linguaggio e sulla possibilit del narrare (LInnomable, 1953, al quale pu essere applicata la chiave di lettura del metaromanzo), mentre nella seconda lautore arriva a ricorrere ad esempio ad una seconda lingua per produrre unopera letteraria senza stile. Opere teatrali come En attendant Godot (composto tra il 1948 ed il 1949, pubblicato nel 1952) e Fin de Partie (1957) vengono cos prodotte in lingua francese. Quando allautore viene domandato il motivo di tale scelta, egli risponde: Parce quen franais cest plus facile dcrire san style4. Dopo aver rinunciato ai canoni teatrali universalmente riconosciuti, quindi, lautore tenta di raggiungere il suo scopo espressivo adottando la via della chiarezza ed delleconomia dellespressione, che comportano la rinuncia allo stile visto come artificio adatto quasi esclusivamente ad imbellire la pagina, non essenziale per il messaggio che si intende trasmettere. Pi tardi, sempre proseguendo su questo percorso di riflessione sul linguaggio e sulla possibilit di comunicare e di narrare, ma tornando alla sua lingua madre, lo scrittore d vita ad unaltra opera teatrale interessante, Happy Days (1961): la protagonista dellopera, Winnie, dapprima sepolta fino alla vita e poi fino al collo, e parla ricordando assurdamente i suoi giorni felici mentre il marito si muove carponi sul palcoscenico, incapace di pronunciare pi di un qualche balbettio confuso. Lautore rinuncia al corpo della protagonista, esprimendo in questo modo nuovamente un senso di incomunicabilit soverchiante.

Beckett S., Dante... Bruno. Vico... Joyce, in Our Exagmination round his Factification for Incamination of Work in Progress, Parigi, Shakespeare & Co., 1929, p. 13, cit. in Esslin M., cit. in Esslin M., The Theatre of the Absurd, Harmondsworth, Penguin Books Ltd, 1961, p. 30-31. 4 Niklaus Gessner, Die Unzulnglichkeit der Sprache, Zrich: Juris Verlag, 1957, p. 32, cit. in Esslin M., The Theatre of the Absurd, Harmondsworth, Penguin Books Ltd, 1961, p. 38.

9 Nelle ultime opere di Beckett, come ad esempio That time (1976), la rinuncia al corpo ancora pi totale e si accompagna ad una pi drastica rinuncia allo spazio scenico: il protagonista, il vecchio Ascoltatore, inserito al centro della scena, ma immerso in inombra imperante ed inquietante, dalla quale emerge solo il suo viso. Beckett in effetti sembra ripiegare progressivamente verso lespressione di unassoluta incomunicabilit che si accompagna cos alla forma rinunciando progressivamente prima ai canoni teatrali tradizionali, poi alla sua lingua madre, in modo da non incorrere nella tentazione di utilizzare uno stile, quindi rinuncia al corpo degli attori, poi ancora alladozione una scena. I personaggi delle ultime opere teatrali sembrano voler sparire dalla scena senza mai riuscirci ed il silenzio sembra il fine ultimo della ricerca dellautore. Non difficile a questo punto comprendere laffermazione di Carlo Fruttero, traduttore di Beckett: Negli ultimi anni, quando il suo editore o il suo agente annunciavano l'arrivo di un nuovo testo di Beckett, era lecito aspettarsi una busta con un foglio bianco, se non vuota5. 5. Conclusione Il presente lavoro stato concepito nellintento di ricostruire un percorso capace di rappresentare i punti salienti delle scelte effettuate da James Joyce e Samuel Beckett sulluso del linguaggio. Il contesto storico-culturale ha inevitabilmente influenzato i due scrittori, che incontrandosi hanno saputo arricchire vicendevolmente le proprie esperienze. Il punto comune di maggior rilievo fra le scelte operate dai due autori rispetto alluso del linguaggio, rimane una sostanziale rinuncia alle regole dei canoni tradizionali, che nel primo conduce allesplosione degli stili compositivi dellUlysses, volta alla ricerca di una forma pi adatta ad esprimere il mondo contemporaneo e nel secondo conduce invece al silenzio, alla pagina bianca, vista come unica via di espressione di uninteriorit che resta intraducibile ed incomunicabile.

Fruttero C., Nel silenzio di Beckett, in Sistema Musica, 2001 (http://www.sistemamusica.it/2001/settembre/18.htm)

10 6. Bibliografia Bertinetti Paolo, a cura di, Storia della letteratura inglese Dal Romanticismo Umberto Eco , Le poetiche di Joyce, Milano, Bompiani, 2007. Martin Esslin, The Theatre of the Absurd, Harmondsworth, Penguin Books Ltd, 1961. Carlo Fruttero, Nel silenzio di Beckett, in Sistema Musica, 2001 Ilaria Natali, The Ur-Portrait Stephen Hero ed il processo di creazione artistica in

allet contemporanea. Le letterature in inglese, Torino, Einaudi, 2000.

(http://www.sistemamusica.it/2001/settembre/18.htm) A Portrait of the Artist as a Young Man, Firenze, Firenze University Press, 2008.

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