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Universit degli Studi di Firenze

Facolt di Scienze Politiche Cesare Alfieri


Corso di laurea in Comunicazione Strategica

Tesi di Laurea Magistrale in Storia Sociale della Comunicazione

SAN SALVI, DA ISTITUZIONE TOTALE A DIROMPENTE LINGUAGGIO DI COMUNICAZIONE SOCIALE

Relatore: Marco Sagrestani

Candidata: Ginevra Freni

Anno accademico 2011/2012

Alla mia famiglia

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Una realt non ci fu data e non c', ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sar mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.

Luigi Pirandello Uno, nessuno e centomila, 1925

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Indice
Introduzione ....................................................................................................................7

Capitolo 1- Storia di San Salvi, manicomio di Firenze ................................................9 E follia fu.......................................................................................................................9 La Road Map che porta ai tetti rossi ........................................................................12 Alla riscoperta dellanima........................................................................................32

Capitolo 2- Il ricordo dello spazio della follia attraverso le persone che lo hanno vissuto .............................................................................................................................43 La puntualit del destino .............................................................................................43 Luogo che diventa palcoscenico, il luogo, soggetto che comunica: Cera una volta il manicomio ................................................................................................................49 Testimonianze .............................................................................................................56 Follia in diretta ............................................................................................................74 Lettere e poesie ritrovate nelle cartelle cliniche del manicomio di San Salvi: i pensieri e i racconti di due internati ..........................................................................................77

Capitolo 3 - Opinioni a confronto ...............................................................................93 Considerazioni sullesclusione sociale: identit, devianza e stigma........................93 Il cinema interpreta il problema ..................................................................................99 Lopinione pubblica nei confronti della questione manicomiale...........................102 Interventi legislativi successivi alla n.180.................................................................111 Inchiesta su La Repubblica Dove finita la follia? .............................................113 Articolo 19 maggio 2012 da Il Giornale Che follia, in Italia si usa lelettroshock ...................................................................................................................................119

Conclusioni ..................................................................................................................121

Appendice ....................................................................................................................125

Bibliografia ..................................................................................................................143

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Ringrazio il Professor Marco Sagrestani e il Dottor Massimo Nardini per i preziosi insegnamenti, per lattenzione, per la disponibilit e per il tempo dedicato al mio lavoro.

Ringrazio, inoltre, i Chille de la Balanza, Claudio Ascoli e Sissi Abbondanza, che sono stati sempre presenti durante la stesura della mia tesi con suggerimenti, fornendomi materiale e coinvolgendomi nella loro attivit teatrale.

Un pensiero riconoscente alla signora Concetta Pellican, al signor Renato Bartolozzi, al dottor Pino Pini, alla dottoressa Anna Maria Uncini e alla signora Dana Simionescu che hanno collaborato e sono presenti nel testo con testimonianze di vita vissuta. Sottolineo la particolare disponibilit del dottor Giuseppe Fioravante Giannoni per avermi fornito testi inediti, indispensabili alla realizzazione della tesi.

Desidero ringraziare i miei genitori, Norma e Vincenzo, mia sorella Veronica, i miei nonni e Clara per il sostegno ed il grande aiuto che mi hanno sempre dato.

Ringrazio in particolare Tommaso per essermi stato vicino, avermi ascoltata e supportata in questo lungo periodo di studio.

Inoltre vorrei esprimere la mia sincera gratitudine a Sandra per i preziosi consigli che mi ha dato.

Infine ringrazio affettuosamente le care amiche: Vanessa, Valentina, Elena, Francesca e Clara sempre presenti nel mio percorso di studio e di crescita.

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Prefazione

Il lavoro svolto nasce dal legame tra San Salvi, ex-manicomio di Firenze, e i laboratori della compagnia teatrale Chille de la Balanza a cui ho partecipato. Nel 2002, quasi per caso, arrivai a San Salvi, padiglione B, con mia sorella Veronica, che era a conoscenza del progetto teatrale che sarebbe stato realizzato in occasione della giornata mondiale contro lAids. Attraversato il cancello rimasi da subito affascinata da questo luogo di cui sino ad allora non avevo mai sentito parlare. Mentre camminavo verso il padiglione, ricordo, rimasi colpita da un gruppo di persone, direi pittoresche, che incrociai nel vialetto. In quel momento non avevo ancora ben chiaro di trovarmi dentro una struttura manicomiale che fino a pochissimi anni prima era stata un contenitore di tante storie di vita. Non potevo immaginare che quelle persone stravaganti altro non fossero che exinternati. Mi impression la vastit di questo ambiente ed i suoi enormi padiglioni immersi nel verde; per non smarrire la strada seguimmo la segnaletica gialla che portava, e porta ancora adesso, alla sede della compagnia Chille de la Balanza. Osservavo i vialetti, i padiglioni e i disegni sui muri che raccontavano un passato che in quel primo momento non comprendevo completamente. Una volta arrivati al padiglione, dedicato alla sperimentazione teatrale, ebbi come primo impatto la sensazione che il modo di lavorare del regista Claudio e della sua compagna di vita, Sissi, fosse straordinariamente diverso, nuovo rispetto alle mie esperienze precedenti. Parole, gesti, musiche si intrecciavano con il luogo, un teatro di emozioni in cui tutto, persone e oggetti, partecipavano. Successivamente, attraverso le tante iniziative della compagnia teatrale, impegnate anche a mantenere e diffondere la memoria del luogo, sono rimasta affascinata dalla storia del manicomio e di chi aveva abitato quei luoghi. cos, semplicemente, che nato linteresse di approfondire la tematica con questa ricerca.

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Introduzione
Questo elaborato ripercorre un aspetto poco conosciuto e anche dimenticato della storia della citt di Firenze: la nascita, levoluzione e la fine del manicomio di San Salvi. Una storia che non solo si sviluppa allinterno della struttura manicomiale, ma che ha avuto effetti anche allesterno. Ancora oggi, che la struttura non assolve pi la funzione per la quale era stata creata, le ripercussioni non mancano. Il dibattito, anche acceso, persiste sul futuro di questo enorme patrimonio edilizio che conserva la memoria storica dellistituzione manicomiale. Non verr fatto riferimento agli aspetti tecnici della disciplina psichiatrica, ma allimpatto comunicazionale esercitato dal manicomio. questa una realt che fino al 1998 rimasta sconosciuta alla maggior parte dei fiorentini, eccetto quelli direttamente interessati. Da questo momento gli eventi, le performance della compagnia teatrale Chille de la Balanza e, successivamente, gli spettatori coinvolti e la stampa locale hanno fatto da megafono, diffondendo la memoria del luogo.

Il primo capitolo dedicato ad un excursus storico dellistituzione manicomiale fiorentina, dalla nascita al suo smantellamento. Dopo una descrizione delle varie strutture utilizzate prima di San Salvi per ospitare i malati di mente, si passa a raccontare il nuovo complesso dedicato espressamente allo scopo, sia dal punto di vista architettonico che dal punto di vista funzionale. Una parte di rilievo dedicata alla percezione che si aveva della malattia (o meglio delle diverse patologie) e allaggregazione tipologico-funzionale nei diversi padiglioni. Cambia nel tempo il rapporto paziente/medico-infermiere. Unevoluzione della comunicazione interpersonale a due vie che sfocer poi in un vero e proprio abbattimento delle mura che separavano il malato dalloperatore sanitario. Il personale infermieristico in questa fase si pone allascolto del paziente consentendogli di esprimersi in tutte le modalit a lui pi congeniali: pittura, poesia, musica, graffiti al fine di capire come e dove intervenire.

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La seconda parte della tesi prosegue con lincontro della compagnia teatrale Chille de la Balanza, alla ricerca di un spazio dove svolgere uno spettacolo, e il manicomio ormai in fase di smantellamento. Da questo momento in poi i Chille de la Balanza si stabiliscono nellarea e il forte contatto con lambiente manicomiale, colmo di memoria, crea lesigenza di comunicare questa realt alla citt promuovendo in quei luoghi alcuni eventi. in questo momento che lambiente scenico si fonde con la rappresentazione, cattura il cittadino in uno spettacolo-affabulazione consegnandogli una parte della storia locale, che deve essere ricordata. Nel secondo capitolo la storia del manicomio continua ad essere approfondita da pi punti di vista, sia attraverso i racconti di professionisti che a vari livelli hanno lavorato ricoprendo ruoli attivi nella struttura, sia attraverso le testimonianze epistolari dei ricoverati. Utilizzando la tecnica dellintervista vengono riportate esperienze di vita vissuta che si intrecciano, si sovrappongono e arricchiscono questo lavoro di emozioni, umanit e conoscenza.

Il terzo capitolo affronta il tema del diverso nella societ. Film, articoli di giornale, testi, documenti, riviste permettono un excursus attraverso i media che consente di capire la sensibilizzazione socio-politica della societ contemporanea verso il problema della diversit e dellemarginazione. Nello stesso capitolo si trovano non solo la legislazione relativa alla riforma di Basaglia, ma anche quelle proposte recenti di cambiamento che hanno seguito negli anni la legge 180. Si conclude la ricerca con uninchiesta recente che fotografa la situazione della riconversione delle strutture manicomiali dismesse in Italia. Questa indagine dimostra che tali strutture non hanno ancora trovato un utilizzo che permetta di mantenere la memoria storica, architettonica, urbanistica di realt che, se ben riconvertite, offrirebbero notevoli potenzialit.

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Capitolo 1- Storia di San Salvi, manicomio di Firenze


E follia fu

Attraverso i secoli, nel corso della storia, il malato di mente ha sempre ricevuto trattamenti, comportamenti estremamente condizionati e determinati dalle

considerazioni, peraltro sempre mutevoli, che lopinione pubblica si era costruita riguardo allo stereotipo di chi era ritenuto diverso. Il destino del folle fin dallinizio del XV secolo stato legato a doppio filo con quello della gente afflitta dalla miseria, infatti non vi era nessuna distinzione tra il vagabondo e il folle, in quanto accomunati dai loro comportamenti. Erano simili le condizioni economiche e la pericolosit sociale, dalle quali dipendeva lintervento pubblico per lallontanamento del folle dalla societ civile.1 Lo squilibrio mentale derivato dalla follia era causato dallinvasione del corpo da parte di un demone e talvolta, era addirittura identificato con leffetto di una maledizione. Infatti nelle societ dellantica Grecia, nel 500 a.C., il trattamento per la cura dellindemoniato era praticato dai sacerdoti del tempio, i quali, tramite alcuni rituali e preghiere, cercavano di calmare e interpretare i sintomi della malattia mentale come se fossero stati inoculati da una divinit. 2 La percezione della follia, che si era sviluppata durante il Medioevo, era di origine mistica e religiosa. Essa veniva considerata un peccato morale e comportamentale che distruggeva lanima e si contrapponeva alle virt umane 3 ed infatti, nella cultura e nelliconografia popolare, faceva parte dei cosiddetti sette vizi capitali. 4 Ai folli e quindi agli indemoniati, cos venivano classificati, era vietato lingresso nelle chiese, erano valutati talmente pericolosi per la societ, che, quando si trattava di donne indemoniate, si parlava di stregoneria, con conseguenti accuse di eresia e morte sul rogo. Durante il XV secolo, malgrado lesclusione della follia dalle sedi delle istituzioni cittadine, allindividuo alienato non era necessariamente precluso un ruolo sociale. 5 Durante il Rinascimento i folli venivano generalmente identificati con

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Donatella Lippi, San Salvi storia di un manicomio, Firenze, Leo S. Olschki, 1996, p. 15 Dattiloscritto di Giuseppe Fioravante Giannoni, Nel dentro di dentro, Lettere da un manicomio e dalla follia, Firenze, 1980, p. 4 3 Prudenza, giustizia,fortezza,temperanza 4 Superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia. 5 Michel Foucault, Storia della follia nellet classica, BUR Rizzoli, Milano, 2011, cap. I, p. 16

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lappellativo di viandanti e vagabondi, fino a quando, a partire dalla scomparsa della lebbra dal mondo occidentale, il loro posto venne ereditato dalla follia. I pazzi furono rinchiusi e segregati nelle stesse strutture che un tempo ospitavano i lebbrosi.6 Fu nel Seicento che in Europa la polizia cominci ad esercitare i primi provvedimenti di sicurezza nei confronti dei malati di mente; da quel momento in poi, la follia venne considerata non una malattia, ma un reato, al pari di altri reati, cos ebbe inizio la storia del suo internamento, dellisolamento, fino alla sua emarginazione dalla societ.7 Il 27 aprile 1656 Luigi XVI, riconoscendo la presenza dei malati di mente come un problema sociale, fond a Parigi lHpital Gnral, considerato una delle prime strutture manicomiali. Si trattava appunto di uno dei primi ospedali destinati ad accogliere gli alienati. Il re eman un editto, in cui ordinava che in ogni citt del suo regno fosse edificato un Hpital Gnral, facendo riferimento allesempio parigino. da questo momento che inizi sia la pratica di rinchiudere il folle in una struttura di sicurezza ad opera del reparto di polizia, che di riconoscere lorigine patologica della malattia.8 Il medico francese Philippe Pinel, direttore di uno di questi ospizi, fu colui che oper una distinzione scientifica dei malati mentali dagli indigenti e dai criminali, riconoscendo la follia come una malattia, oggetto, pertanto, della scienza medica. A partire da tale mutamento, nella pratica della reclusione degli alienati, si cominci a comprendere lesigenza di osservare e studiare il comportamento del folle al fine di guarirlo.9 Grazie allinflusso del nuovo spirito e dei valori dellIlluminismo, in rapida diffusione in tutta Europa, le malattie mentali iniziarono ad essere analizzate e trattate con criteri pi scientifici ed umani. Pinel defin la pazzia come una patologia e si spinse sino ad individuare e definire cinque possibili categorie di malattie mentali: la malinconia, la mania senza delirio, la mania con delirio, la demenza e l'idiotismo.10 Il medico francese inoltre elabor un innovativo manifesto sul cosiddetto trattamento morale dei malati di mente fondato sul principio in base al quale il folle non dovesse essere inteso come insensato, bens quale soggetto puramente alienato.11

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Ibidem D. Lippi, Op. cit., pp. 13-15 8 G. F. Giannoni, Op. cit., p. 4 9 Ibidem 10 Philippe Pinel, Trait mdico-philosiphique sur lalination mentale, Paris, 1809, dal Fondo antico del Centro di documentazione di Storia della psichiatria San Lazzaro <http://www.ausl.re.it/biblioteca/html/3120.html> p.1/28

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Secondo Pinel, nei soggetti affetti da malattia mentale una residua parte di ragione funzionante e, tramite essa, si sarebbe dovuta stabilire una relazione terapeutica.12 Per questo motivo Pinel riteneva che per la cura del folle, oltre che per motivi di sicurezza, fosse necessario un luogo strutturato e ben organizzato. Tale struttura doveva essere necessariamente sottratta ad eventuali influenze esterne ed in essa si sarebbe provveduto a svolgere un monitoraggio continuo della malattia e della sua evoluzione. Il nuovo metodo, fondato sul rigore dellosservazione scientifica, sarebbe stato possibile grazie alla presenza permanente di un medico.13 Il processo di specializzazione di questi medici fin per dare luogo in breve tempo ad un sistema in cui ad essi fu possibile acquisire progressivamente sempre maggior potere discrezionale. Spettava loro, infatti, in via esclusiva, la definizione di trattamenti e metodi per affrontare la malattia lungo lintero corso della cura. In questi ricoveri per la malattia mentale si assistette ad un progressivo cambiamento nel trattamento degli alienati. 14 Nel tempo infatti, agli strumenti estremamente coercitivi e repressivi utilizzati inizialmente (come le catene, tipiche della detenzione in cella) si sostituirono alcuni nuovi mezzi di costrizione pi consoni al processo terapeutico. Alcuni esempi: sedie di contenzione, cinture di cuoio, manette, collari, camicie di forza, pareti imbottite.15 I metodi di cura impiegati in queste strutture erano prevalentemente di tipo violento. Era infatti diffusa la convinzione che per riequilibrare la mente dei folli fosse necessario sottoporre questi ad interventi che svilivano la condizione umana. Per questo motivo venivano utilizzate regolarmente docce ghiacciate, diete sbilanciate, isolamento e contenzione fisica, purghe, salassi ed oppiacei.16 Ad avviso del Pinel lalienato era un individuo incapace di padroneggiare i propri istinti che pertanto potevano essere normalizzati e contenuti solamente attraverso luso di strumenti terapeutici di questo tipo.17 Il cambiamento strutturale avvenuto e la diffusione di questi nuovi metodi di cura, come afferma Foucault, ebbero impatto molto significativo sulla storia. La pratica

11

Dal latino alienus, trad. altro; con il termine alienato si fa riferimento a colui che altro, fuori da se stesso, straniero e si abbandona invece la considerazione che il folle sia un essere privo di ragione. 12 Ibidem 13 Ibidem 14 Ibidem 15 Giuseppe Riefolo, Istituto Ricci per la Formazione in Psichiatria, Roma, Uno spazio per la follia, <www.istitutoricci.it/uno_spazio_per_la_follia.htm> , agg. 2009 [ultima consultazione 2012- 06 -06] 16 D. Lippi, Op. cit., p.19 17 P. Pinel, Op. cit., p. 1/28

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estremamente

frequente

dellinternamento

rappresenta

levento

principale

testimonianza di un primo riconoscimento della follia, come malattia che necessita di un contesto di cura adatto e specifico. Questo sar un luogo che, dedicato alla rigida impostazione di scansioni temporali, porter il malato a svolgere determinate operazioni in base a cicli di ripetizione predefiniti e regolati.18 La Road Map che porta ai tetti rossi Nel XVIII secolo lEuropa era attraversata dalle idee dellIlluminismo, forte spirito riformatore. In questa situazione si fecero strada due concetti fondamentali per levoluzione scientifica: losservazione e la sperimentazione galileiana. Nella seconda met del Seicento in Toscana, a Firenze, nasceva il primo istituto definito manicomio. Grazie alla documentazione raccolta nel Regolamento dei Regi Spedali di Santa Maria Nuova e di Bonifazio, stampato nel 1789, durante la riforma del Granduca Pietro Leopoldo, oggi possibile ricostruire la storia sanitaria fiorentina attraverso i secoli, con particolare attenzione allordinamento che essa ricevette alla fine del 700. Nel trattato si trovano notizie sullevoluzione degli studi medici, sullorganizzazione assistenziale dellepoca e sulle relazioni che intercorrevano tra il potere della Chiesa e quello del Granducato.19 Fino al 1640 ai pazzi fiorentini erano destinate sorti distinte in base alla classe sociale di appartenenza. I benestanti venivano destinati alla reclusione nella Fortezza da Basso. Per lo pi nel loro caso si trattava di un internamento che avveniva occasionalmente. Diversamente, poveri ed asociali venivano destinati al carcere delle Stinche, che negli ultimi tre secoli era stato utilizzato come contenitore dei cosiddetti scarti della societ, ovvero delinquenti, criminali, prostitute, alcolizzati e folli.20 Nel 1642 in seguito alla donazione di duemilacinquecento scudi da parte di un frate dellordine dei Carmelitani le cose cambiarono. Tale notevole somma di denaro contribu alla realizzazione del primo ospizio destinato al ricovero dei malati di mente a Firenze. Si trattava di una casa di relativamente piccole dimensioni soprannominata la Santa Dorotea dei pazzerelli, al Canto della Mela, vicino a Via Ghibellina. Essa pu

18 19 20

M. Foucault, Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino, 1993, cap. II , pp.186-187 G. F. Giannoni, Op. cit., p. 4 D. Lippi, Op. cit., pp. 45- 48

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essere considerata il secondo manicomio istituito in Italia, dopo quello di S. Maria della Piet a Roma risalente al 1518. 21 Questo piccolo manicomio veniva gestito ed amministrato da una congrega di uomini appartenenti alla nobilt e solo i malati di mente, che potevano permettersi di pagare la retta per le cure necessarie, potevano essere ammessi a ricovero al suo interno.22 Il resto della popolazione, ovvero gli appartenenti alle classi pi povere e bisognose, nel XIII secolo, furono trasferiti dal carcere delle Stinche alla cosiddetta Pazzeria, uno spedaletto destinato unicamente al ricovero dei malati di mente, che fu realizzato allinterno dellospedale di Santa Maria Nuova.23 II numero dei mentecatti bisognosi crebbe velocemente fino a che, a met del secolo XVIII non fu pi sufficiente lo spazio rappresentato dal manicomio del Santa Dorotea e dalla Pazzeria. Fu per questo motivo che i ricoverati del Santa Dorotea furono trasferiti in un nuovo istituto presso il Conservatorio delle Fanciulle di S. Maria e S. Niccol al Ceppo in Via Torricelle, con lantico nome di Santa Dorotea.24 Nel 1754 nacque cos il nuovo manicomio di Santa Dorotea, il cosiddetto Spedale dei dementi, chiamato in questo modo per volere del Granduca di Toscana in quanto posto direttamente sotto la sua tutela amministrativa. Nel corso del tempo il Santa Dorotea divenne lospedale ufficiale per gli affetti da malattia mentale e presto vi furono trasferiti anche i malati di mente dell'ospedale di S. Maria Nuova. In seguito, nel 1785, la gestione dei due ospedali fu unificata.25 Le procedure per lammissione dei malati adottate nello Spedale dei dementi erano in gran parte differenti alle precedenti utilizzate nella casa dei Pazzerelli in via Ghibellina e nella Pazzeria. Precedentemente la malattia veniva denunciata in quanto tale dalle rispettive famiglie, le quali peraltro, quando non povere e disagiate, avevano il compito di provvedere esse stesse alle spese del malato. 26 Nel caso del Santa Dorotea, le modalit necessarie per accedere al ricovero erano in gran parte diverse. Lo status di malato mentale doveva infatti essere dichiarato da parte dellautorit amministrativa. Leventuale consegna del certificato avveniva ad opera del giudice ed

21 22 23 24 25 26

Ibidem Ibidem Ibidem Ibidem Id., p. 17 Ibidem

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erano inoltre indispensabili una dichiarazione rilasciata dal medico ed il consenso accordato dal parroco locale. Tale sistema di controlli successivi ed approvazioni era studiato nella logica di ammettere alle cure dellospedale soprattutto persone che avrebbero potuto permettersi il pagamento del ricovero.27 Per volont del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo, nel maggio del 1788, il manicomio fu trasferito nell' Ospedale della carit per Dementi in via San Gallo.28 Fondato nel 1377 da Bonifazio Lupi, esso era stato impiegato in precedenza come asilo per i poveri ed era situato dove oggi collocata la sede della Questura. La struttura di questo ricovero si estendeva tra Via San Gallo, via delle Ruote, via Santa Caterina, via Lungo le Mura, lattuale Viale Lavagnini, e il Conservatorio delle Mantellate. Occupava il circondario dei Monasteri di San Miniato del Ceppo e di Santa Maria di Querceto, delloriginale Spedale di Bonifazio, dello Spedale dei Broccardi, del Monastero di San Luca e dello Spedale della Santissima Trinit degli Incurabili, ovvero questa era la zona riservata alla cura dei malati di mente.29 Fra il 1785 ed il 1788 il complesso del Bonifazio fu ristrutturato dagli architetti Lorenzo Martelli e Giuseppe Salvietti. Il manicomio era sviluppato su due piani ed era costituito da 200 camere. Oltre la struttura delledificio, furono rimodernate anche le attrezzature interne dellospedale, in modo tale da poter accogliere un numero pi elevato di malati e bisognosi.30 Il 19 maggio del 1788 avvenne un primo trasferimento di pazienti in cura dallospedale di Santa Dorotea alledificio del Bonifazio. In questultimo successivamente, oltre ai pazienti affetti da patologie mentali e sociali gravi, saranno trasferiti anche malati affetti da malattie cutanee, invalidi e incurabili. Questo fa capire che lospedale era concepito come luogo di asilo e segregazione della socialit, pi che luogo di cura clinica per la guarigione.31 Nella societ della fine del XVIII secolo, infatti, come abbiamo visto, non veniva applicata alcuna differenziazione di status tra malati mentali, delinquenti e disagiati. Le decisioni sul ricovero dei pazienti venivano prese generalmente dalla classe medica, la quale utilizzava una politica di pulizia-polizia-controllo della societ.

26 28

Ibidem G. Riefolo, Op. cit., <www.istitutoricci.it/uno_spazio_per_la_follia.htm > 29 D. Lippi, Op. cit, p. 48 30 Ibidem 31 Id., p. 18

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Lo scopo era quello di emarginare, rinchiudere ed eliminare dalla societ sia quella parte di popolazione alienata e bisognosa di cure mediche per motivi di salute mentale, sia quella parte di popolazione che viveva nella pi totale miseria, ovvero composta da vagabondi, delinquenti, mendicanti ed alcolizzati.32 La volont di depurare la societ dai soggetti dissociati fu uno tra i motivi principali che indussero lamministrazione pubblica alla decisione di rendere legale

linternamento del malato di mente. Il pazzo deve essere rinchiuso perch pericoloso per s e per gli altri33 e quindi i motivi di ordine e sicurezza pubblica devono essere adottati dal giudice in quanto unica autorit istituzionale che ha il potere di giustificare la perdita della libert di un individuo.34 Lonere di dirigere il nuovo manicomio di Firenze, nel 1785, con il titolo di Primo Infermiere-Direttore, fu dato a Vincenzo Chiarugi, il quale riusc a distinguersi subito per le sue idee innovative, sia nellambiente medico, che nel panorama culturale fiorentino. 35 Tra il Dottor Chiarugi e il Granduca di Toscana, sovrano illuminato, si instaur fin da subito unottima intesa e una collaborazione armoniosa. Il medico riusc ad interpretare il suo incarico soprattutto per quello che riguardava lassistenza ospedaliera, in conformit ai progetti e alle idee del granduca, che per primo al mondo aveva abolito la pena di morte nel Granducato di Toscana. 36 Chiarugi si dedic ad osservare e a studiare la malattia mentale, trascrivendo e annotando i suoi studi nel famoso Trattato37, un progetto sulla cura specifica della follia basato sullosservazione, sullo studio, sul controllo e sulla tutela del paziente.38 La sua caratteristica distintiva risiedeva in un approccio diverso e innovativo, estremamente influenzato dalla corrente della scienza illuministica, soprattutto nei riguardi della cura dei malati di mente.39 Con Chiarugi ebbe inizio una nuova epoca per la cura della follia. Il nuovo atteggiamento di assistenza ai malati di mente era improntato allutilizzo di cure che

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Ibidem Lespressione pericoloso per s e per gli altri era contenuta nella legge promulgata n.36 nel 1904 da Giolitti e completata nel 1909 da un regolamento di esecuzione che rester in vigore fino al 1978. Si trattava pi di una legge di ordine pubblico che non di una legge sanitaria, riguardava , infatti, pi la protezione della societ che non la cura del malato, la cura era subordinata alla custodia. 34 Id., p. 15 35 G. Riefolo, Op. cit., <www.istitutoricci.it/uno_spazio_per_la_follia.htm > 36 Ibidem 37 Il Regolamento dei regi spedali di Santa Maria nuova e di Bonifazio (1789) 38 Ibidem 39 Costanza Lanzara, Teatro Comunque, Firenze, Morgana Editore, 2007, pp. 39- 40

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ripudiavano i classici mezzi di contenzione, estremamente crudeli e basati sulla violenza fisica.40 I trattamenti utilizzati da Chiarugi erano invece prevalentemente di tipo sedativo. Venivano utilizzate terapie alternative, come bagni caldi e docce alla nuca, la canfora, i salassi e cure di tipo stimolante come esercizi muscolari, oppure, in alcuni casi, anche punizioni morali come l'isolamento.41 Tra le innovazioni pi importanti di Chiarugi si ebbe lintroduzione della cartella clinica, sulla quale venivano registrate le diagnosi, le terapie e levoluzione del caso in base alla correlazione con gli interventi clinici.42 La cura della malattia mentale veniva adesso messa in stretta connessione con la serenit che il luogo di cura doveva trasmettere e con il rispetto delle regole istituzionali allinterno della struttura. Lalienato, nella visione del Chiarugi tipicamente improntata a valori di umanit e di razionalit, restava pur sempre un individuo, seppur infelice, non certo un criminale, un peccatore o un disadattato. Anche il malato di mente doveva risultare parte del contesto sociale. Lobiettivo che il medico si proponeva era di porre il malato in relazione con altre situazioni sociali e con altri individui. Dopo il Chiarugi, a partire dal 31 gennaio del 1844, la gestione dellospedale pass al nuovo Direttore Francesco Bini. Egli individu fin da subito lesigenza di separare lOspedale di Santa Maria Nuova dal manicomio del Bonifazio, ritenendo non molto adeguata la localizzazione del primo edificio .43 Il nuovo direttore riconobbe limportanza di separare gli uomini dalle donne, di adottare una divisione funzionale dei reparti a seconda delle categorie comportamentali delle relative malattie, cio raggruppare i malati secondo categorie di comportamento. I pazienti in cura venivano distinti in tranquilli, furiosi, sudici e in folli considerati allultimo stadio. In tal modo veniva sottolineata la diversit a livello nosologico44 tra malati di mente innocui e pericolosi. 45

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Prima del Chiarugi per immobilizzare i pazzi durante gli stati di agitazione estrema venivano lutilizzate catene, cinghie di cuoio, i caschi del silenzio (che servivano ad isolare il malato), anelli di forza.. 41 D. Lippi, Op. cit, p.19 42 G. Riefolo, Op. cit., <www.istitutoricci.it/uno_spazio_per_la_follia.htm > 43 D. Lippi, Op. cit., p. 50 44 Nosologia: termine medico che si riferisce alla scienza che si occupa della classificazione sistematica delle malattie.

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Il Bini attribu importanza anche agli orari dei pasti 46 , alla qualit del cibo e del vestiario; questultimo secondo il direttore doveva essere fornito in quantit soddisfacente, in quanto utilizzato da malati costretti a lunghi periodi di degenza a letto. Questo inoltre, ad avviso del medico, non doveva assomigliare alla divisa dei detenuti penitenziari.47 La politica adottata dal Bini fu poi dedicata in gran misura al miglioramento degli aspetti amministrativi, allindividuazione delle carenze organizzative ed al

miglioramento dellaspetto estetico del manicomio, in base al tentativo di attenuare le somiglianze con una struttura carceraria.48

Nel corso dellOttocento vari fattori storico-sociali sinergicamente determinarono alcuni mutamenti socio-culturali profondi. Questi si riflettevano in importanti cambiamenti sociali che sortirono effetti diretti anche nel campo del trattamento clinico della malattia mentale e della cura dei disturbi psicologici. In primo luogo, con lavvento delle prime manifatture di tipo industriale, la popolazione rurale prese a trasferirsi in massa dalle campagne ai centri urbani, determinando, in prossimit dei centri storici, la crescita di vaste zone residenziali e periferiche. Questi quartieri iniziarono, per lappunto, ad essere popolati dal nuovo sottoproletariato che si era trasferito in citt alla ricerca di lavoro nelle fabbriche cittadine. Presto sorsero aree malfamate, in cui spesso le condizioni di vita erano al limite della dignit. In tal modo, progressivamente, allinterno delle sfere familiari, si svilupparono anche certe dinamiche che potevano favorire la nascita di nuovi disturbi psichico evoluti. 49 Al cambiamento in atto si aggiunse un altro fattore di rilievo: la diffusione della sindrome pellagrosa e della cosiddetta frenesia alcolica, ovvero lintossicazione causata dalle esalazioni di piombo.50 La sindrome cronica era peraltro suscettibile di causare alterazioni e disturbi nervosi.51

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Id., p. 20 Il pranzo era alle 10 di mattina e la cena alle 3 del pomeriggio (in estate alle 5). 47 Ibidem 48 D. Lippi, Op. cit, p. 21 49 Id., p. 51 50 Ad esempio a Santa Croce sullArno cerano molte industrie delle pelli, la cui lavorazione prevedeva limpiego del piombo. 51 C. Lanzara, Op. cit, p. 40

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In questo contesto sociale il malato poteva facilmente essere considerato come un peso allinterno della famiglia e la soluzione migliore era spesso rappresentata proprio dal ricovero in manicomio.52 A quel tempo, erano molteplici le cause pi comuni che potevano portare alla

reclusione in manicomio. Oltre a quelle dovute alla malattia vera e propria, esse, per gli uomini potevano collegarsi a situazioni di indigenza economica o di eccesso di gioco dazzardo. Anche i dissidenti politici spesso potevano essere costretti alla reclusione. Per quanto riguarda le donne invece, le cause di reclusione potevano anche essere ricondotte a questioni amorose, ad un tradimento, al dissenso religioso o a comportamenti non contemplati dalla morale comune.53 Tenendo presente leterogeneit estrema delle categorie ospitate nellistituto, possibile ipotizzare il sopraggiungere di difficolt nellapprovvigionamento di spazi adeguati al gran numero di internati. Presto infatti, per questioni di sovraffollamento, si verific lesigenza di trasferire almeno parte dei ricoverati in un altro complesso. Fu per questo motivo che, nel 1864, i malati cronici e cosiddetti meno bisognosi di cure furono trasferiti a Castel-Pulci, la Villa-Colonia nel comune di Scandicci, altro complesso ospedaliero che fu messo in collegamento amministrativo con il manicomio del Bonifazio. 54 Nel 1863 malgrado il manicomio del Bonifazio avesse potuto accogliere fino a 450 ricoverati, ne conteneva ben 905, di questi 553 peraltro provenivano dalla sola Provincia di Firenze. Dal 1865 al 1866 ebbe luogo la separazione del manicomio del Bonifazio dallArcispedale di Santa Maria Nova. Fu infatti riconosciuta lopportunit di separare lamministrazione, i beni, i locali ed ogni relazione di interessi tra i due ospedali. In tal modo al manicomio fu consentita una ben maggiore autonomia sia dal punto di vista funzionale dellorganizzazione e del reperimento di attrezzature specifiche per le cure mediche, sia dal punto di vista dei rapporti economici con la Provincia.55 Con tale separazione si provvedeva anche alla cessione al manicomio da parte del Santa Maria Nova di tutto ci che allora era considerato indispensabile per lassistenza dei

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D. Lippi, Op. cit., p. 51 Id., p. 24 54 Lepidemia di colera che stermin parte della popolazione manicomiale fu il fattore decisivo per avviare tra il 1861 e il 1864 il trasferimento di circa 200 malati. (C. Lanzara,Op. cit., p. 40) 55 Con la nuova legge comunale del 1865 la Provincia era chiamata a rispondere delle spese per il mantenimento dei dementi di classi sociali povere, che precedentemente erano spese di competenza delle Comunit. (Lippi, Op. cit, p. 29)

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malati di mente. I locali, i mobili, i letti, la biancheria, il vestiario, gli utensili, gli attrezzi, i vasi ed altre strumentazioni passarono dunque sotto la giurisdizione del ricovero destinato alla cura dei malati di mente.56 Nonostante i trasferimenti effettuati, intorno al 1880, il problema della mancanza di spazio non era stato ancora risolto. Oltre alla necessit di ulteriori locali destinati al ricovero si present anche lopportunit di rendere pi funzionale anche la gestione degli spazi. Il problema riguardava in particolare leventualit di creare una struttura pi compatta e centralizzata. Questo fece s che venisse presa in considerazione la necessit di operare un nuovo trasferimento del Bonifazio in unarea pi adatta che il sovraffollamento urbano suggeriva di individuare fuori dal centro storico. Fu allora che venne presa in considerazione per la prima volta la zona di San Salvi, periferica rispetto al centro storico della citt di Firenze, come postazione dove trasferire il manicomio. Il progetto del nuovo manicomio fu affidato ai professori Tamburini, Grilli e Pellizzari, i quali, insieme allingegnere Giacomo Roster, ebbero inizialmente lincarico di scegliere il terreno pi adatto per progettare il luogo sul quale sarebbe sorto il nuovo edificio.57 La realizzazione del progetto, secondo alcuni calcoli iniziali, sarebbe stata resa possibile tramite il ricavato derivante della vendita del Bonifazio e dellintervento della Provincia.58 La costruzione ebbe inizio l8 agosto del 1887 e tuttavia ben presto fu evidente che la spesa da affrontare sarebbe stata superiore al preventivo iniziale. Ben presto infatti, fu necessario richiedere un intervento economico di supporto alla Provincia.59 Nel 1890 lOspedale psichiatrico del Bonifazio fu trasferito da San Gallo alla zona di San Salvi. La zona, tradizionalmente a carattere popolare, oltre che essere lontana dal centro storico era tendenzialmente povera.60

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Annuario dellopera Pia di Firenze, Ospedali psichiatrici 1960/1961,editrice Caparrini, Empoli, maggio 1961, p. 24 57 D. Lippi, Op. cit., p. 57 58 LOpera Pia cedeva cos alla Provincia tutte le sue propriet di San Salvi e diventava compito di questultima la costruzione dellOspedale. (Annuario dellopera Pia di Firenze, Op. cit., p. 26) 59 Ibidem 60 Giuliana Occupati, Campo di Marte da sempre, Testimonianze di vita quotidiana negli anni 1944-1945 a Firenze, Firenze, Morgana edizioni, 2006, p.39

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Lospedale fu inaugurato lanno successivo e fu chiamato Vincenzo Chiarugi, in memoria delleminente medico che anni prima aveva dato origine alla nuova sperimentazione psichiatrica. Nel settembre del 1890 il Dr. Algeri present levento con queste parole: 61 Anche la colta e gentile Toscana ha un nuovo e grandioso manicomio, che venne inaugurato il giorno 9 del settembre u.s., e che, in omaggio alla memoria del grande alienista empolese, porta il nome di Manicomio Chiarugi. Il vecchio Ospitale di Bonifazio che, se un tempo pot essere considerato come modello pel ricovero di malati di mente, ora col numero straordinariamente accresciuto dei malati, e colle cresciute esigenze della tecnica manicomiale, non rispondeva pi al suo scopo, era divenuto ognor pi di disadattato o, diciamolo pure, non conveniente ad una citt o ad una provincia come quella di Firenze, che ha cos profonde il culto del bello e del buono, ed ha il vanto di tante e belle istituzioni di beneficienza. Ma se il bisogno si faceva sentire da lungo tempo, fu solo 5 anni or sono che lidea, promossa da alcuni benemeriti, prese corpo ed entr nel campo dellattuazione pratica. E col concorso della Provincia, nello spazio di poco pi che 3 anni, lavorando con febbrile attivit, stato eretto San Salvi il nuovo Asilo per gli alienati, che destinato per 600 malati, abbraccia una estensione di circa 20 ettari di terreno. La costruzione fu affidata allingegner Giacomo Roster, il quale, sotto la direzione del Prof. Tamburini, seppe giustamente soddisfare le esigenze della scienza e della tecnica manicomiale in armonia con le tecniche delle vedute architettoniche. Il manicomio stato in amena posizione, a breve distanza dalla citt, quasi a ridosso delle ridenti colline fiesolane. Esso costruito sul sistema di padiglioni riuniti e consta di tre grandi corpi di fabbrica centrali, il primo dei quali destinato agli uffici di amministrazione, di direzione e agli alloggi del direttore e dei medici; il secondo ai servizi generali; ed il terzo alla lavanderia. Ai lati sono disposti, in modo simmetrico, i diversi padiglioni per i malati a destra per le donne, a sinistra per gli uomini. Ogni comparto consta di sei padiglioni, dei quali due per i tranquilli, due per semiagitati, uno per agitati e furiosi e uno per infermeria; questi due ultimi sono situati nella parte pi eccentrica dello Stabilimento. Tutti questi corpi di fabbrica sono riuniti fra loro mediante ampie e lunghe gallerie, che permettono il disimpegno di tutti i servizi, nonch la comunicazione di un padiglione allaltro, comunicazione che ha luogo

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Da Archivio Italiano per le malattie e pi particolarmente per le alienazioni mentali

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pure allaperto, per mezzo di terrazzi che sovrastano alle rispettive gallerie. Tutto quanto la scienza e larte reclamano, stato messo in opera per conciliare le importanti e spesso pi difficili esigenze di una perfetta igiene manicomiale, colla eleganza ed una certa severit di linee. Quindi soggiorni ampi, areati; sale di soggiorno gaie, allegre, ogni ambiente munito di bocche di riscaldamento e ventilazione, celle separate spaziose pareti stuccate a lucido e inverniciate con vernice Zonca; pavimenti e mattonelle di cemento od in asfalto; le finestre delle celle per agitati munite di vetri grossi che il pugno del malato non pu spezzare; grandi passaggi accomodati ed eleganti giardini, ed una bella innovazione per la separazione delle Sezioni fra loro, che cio, invece che da muri, sono divisi da alte reti metalliche, munite da un lato e dallaltro di una fitta siepe di juta. Non mancano anche i comparti per i pensionati, completamente separati dal resto dello Stabilimento, costituenti ville eleganti, distinte per due sessi, munite di quanto pu convenire ai malati di tal classe. Fra le cose pi importanti del nuovo stabilimento la diramazione dei servizi di illuminazione, riscaldamento degli ambienti e dei bagni, ventilazione, distribuzione dellacqua e servizio di cucina tratti da un centro unico, cio da quattro grandi generatori di vapore centrali, per i quali si ha la luce elettrica disseminata per tutti i padiglioni, un servizio completo di lavanderia a vapore, il riscaldamento dei singoli ambienti, la distribuzione dellacqua a tutti i fabbricati, il riscaldamento dellacqua dei bagni in ogni Sezione e anche il calore per le grandi caldaie della cucina. Questo grande impianto costituisce unopera ardita e forse unica in Italia per stabilimenti di tale grandezza. Certo, va data grande lode alla Provincia di Firenze e alla Commissione amministrativa del Manicomio, per avere avuto il coraggio di deliberare e condurre a termine ed in breve tempo unopera cos grandiosa che era tanto reclamata dellumanit e dalla scienza.62 Nel progetto architettonico, innovativo e funzionale, il Roster ebbe il merito di sviluppare gli spazi interni funzionalmente rispetto alle pratiche mediche

specificatamente impiegate allora per la cura quotidiana della malattia mentale. Lo spirito dei trattamenti partiva dal presupposto che la soluzione pi valida per affrontare

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A. Caneschi, M. Ferrara, G. Germano, C. Pellican, R. Pisa, Per non dimenticare dagli atti del Convegno Manicomio: chiuso!Firenze, 10/13 dicembre 1998, Comune di Firenze, Assessorato alla Sicurezza Sociale ed Igiene Pubblica, pp.15-16

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la cura delle patologie mentali si articolasse in un processo di controllo, osservazione e rigore delle regole.63 Lo spazio del nuovo manicomio infatti non a caso fu organizzato in modo tale da poter garantire lisolamento e la reclusione dei malati. Dalla descrizione iniziale del nuovo progetto dellospedale psichiatrico riemerge la constatazione gi accennata in precedenza secondo cui il manicomio da una parte era concepito come strumento di cura, dallaltra costituiva un mezzo di difesa e tutela della societ e dunque di esclusione sociale delle persone affette da disturbi mentali.64 Larea di San Salvi era composta da trentadue ettari di terreno. Questi erano delimitati da mura di cinta allinterno delle quali si collocava un complesso manicomiale a forma ellittica. Sullasse minore, con andamento nord-sud, erano collocati gli uffici sanitari e amministrativi (ovvero la direzione), i servizi generali, la cucina e la chiesa. Lungo tale asse si sviluppava un corridoio centrale nel quale a pettine si collegavano i padiglioni.65 Larea del manicomio usufruiva di una gestione completamente autonoma rispetto al resto della citt. Lintera zona era provvista di una distribuzione idrica localizzata, di una centrale termica, di una ciminiera e di una piccola chiesa. Larea su cui sorgeva, definita una citt nella citt, ospitava luoghi di riunione, laboratori, il calzolaio, una farmacia, il mulino, il panificio, la lavanderia, la falegnameria. Ai margini dellarea manicomiale si trovava una colonia agricola con delle stalle, anche di suini, utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti organici provenienti dai vari reparti e in seguito venduti ai macelli. Il complesso manicomiale presentava una suddivisione dei reparti che rifletteva la classificazione nosografica e comportamentale dei pazienti con relativa dislocazione in base al sesso e alla pericolosit sociale. Si crearono i reparti dei tranquilli, degli infermi, dei paralitici, dei semi-agitati, dei sudici, degli epilettici, degli agitati, dei pericolosi ed infine dei cosiddetti furiosi. Nelle varie divisioni vi erano alcune stanze dedicate alluso dei cosiddetti strumenti manicomiali: camicie di forza, macchinari per lelettroshock, vasche, celle disolamento e letti di contenzione.66

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V. P. Babini, M. Cotti, F. Minuz, A. Tagliavini, Tra sapere e potere. La Psichiatria Italiana nella seconda met dellottocento, Bologna, il Mulino, 1982, p.108 64 C. Lanzara C., Op. cit., p. 43 65 Ibidem 66 Silno Pomanti, San Salvi anno zero ovvero Roba da matti, Firenze, S.n.,1996, p. 75

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Allinterno del complesso manicomiale si trovava anche la Clinica per malattie nervose e mentali dell Universit di Firenze, dove, si effettuava un periodo preliminare di osservazione dei pazienti oltre che le pratiche burocratiche riguardanti laccettazione dei malati-detenuti. Allarrivo in ospedale i pazienti erano sottoposti alla consegna degli effetti personali, alla sostituzione di abiti, ai primi accertamenti diagnostici. Questa prima fase aveva la durata di trenta giorni, al termine dei quali, il direttore del manicomio doveva trasmettere al procuratore una relazione scritta sul paziente. La persona dopo questo periodo poteva essere dismessa, oppure veniva internata in modo stabile; da quel momento perdeva i propri diritti civili e gli veniva nominato un tutore. In seguito i parenti potevano intervenire con lautorizzazione del direttore al ritiro del familiare oppure il ricovero definitivo poteva essere revocato con un certificato di guarigione, sotto diretta responsabilit del direttore.67

Figura 1: Gaele Covelli, Fra le pazze di San Salvi, 1919, dipinto a olio situato nella Biblioteca V. Chiarugi a San Salvi, foto di Renato Bartolozzi

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Id., pp.62-64

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Il documento che segue, desunto dallarchivio dellOpera Pia di Firenze, riporta la planimetria generale del manicomio di San Salvi:

Figura 2: Planimetria generale di San Salvi, Annuario dellopera Pia di Firenze, Ospedali psichiatrici 1960/1961, Empoli, Caparrini, 1961

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Davanti alla ciminiera, nel cortile, vi era il reparto che ospitava i bambini dai 4 ai 15 anni. Era soprannominato il reparto dei figli di San Salvi, e poteva spesso ospitare anche bambini nati allinterno del manicomio da giovani ragazze madri. Nel viale principale, vicino allentrata, era situata la quattrocentesca Villa Fabbri, chiamata Palazzo del Guarlone, riservata al ricovero privato (a pagamento) dei pazienti maschi. In questa struttura privata i malati godevano di una sorta di privilegio: potevano indossare un comune pigiama che li contraddistingueva da tutti gli altri ricoverati, che, erano costretti ad indossare divise tipicamente ospedaliere. 68 Unaltra importante innovazione adottata dallingegner Roster, sul progetto architettonico di sorveglianza di Jeremy Bentham69, era rappresentata allinterno del complesso dai cosiddetti camminamenti, che collegavano i vari padiglioni con uno sviluppo su tre diversi livelli. Oltre al piano terra vi era sia un sistema di gallerie sotterranee che alcuni percorsi terrazzati sopraelevati.70 In queste aree era sempre presente il personale preposto alla sorveglianza: durante la notte presiedeva laddetto alla vigilanza, mentre in orari diurni erano presenti medici e ed infermieri. 71 Uno dei requisiti principali richiesti per lassunzione di un infermiere non a caso era una sufficiente forza fisica, tale da permettergli di contenere i malati anche nei momenti di maggiore irrequietezza. Gli infermieri avevano le cosiddette armi del potere e del controllo: le chiavi simbolo del potere di reclusione, che servivano allapertura delle celle dei reparti.72 Lispettore, il capo degli infermieri, aveva una chiave speciale che apriva tutte le porte del manicomio.73 Durante i primi anni del 900, gli infermieri avevano un ruolo fondamentale allinterno della struttura manicomiale.

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S. Pomanti,Op. cit., p. 57 Il Panopticon di Bentham del 1791, un progetto architettonico relativo all'organizzazione di una prigione. Questo progetto, attraverso una specifica disposizione degli spazi, assicura un efficace controllo dellintera struttura, che in questo caso deve essere circolare. La sorveglianza resa possibile collocando il guardiano al centro di tale edificio. Questa posizione permette al sorvegliante di vedere tutti i prigionieri nelle celle, mentre la particolare disposizione di questultime, non avrebbe permesso ai prigionieri di vederlo. Per i detenuti in questo caso sufficiente sapere di essere continuamente osservati per comportarsi come sorvegliati, non potendo avere la possibilit e la certezza di sapere quando il guardiano non li sta guardando. 70 C. Lanzara, Op. cit., pp. 42- 43 71 Ibidem 72 Cerano tre tipi di chiavi a San Salvi in rapporto al grado di pericolosit del reparto. 73 A. Caneschi, M. Ferrara, G. Germano, C. Pellican, R. Pisa,Op. cit., p.38

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La maggior parte degli infermieri e degli addetti ai lavori interni, per un 90% uomini, provenivano dal settore dellagricoltura, il cui esercizio richiedeva necessariamente forza fisica. San Salvi in questi anni contava 400 dipendenti e rappresentava una delle pi grandi imprese fiorentine.74 Tramite la cura istituzionale rappresentata dal manicomio, il malato veniva inserito in un ambiente artificiale, sano e organizzato secondo principi scientifici per cui ogni provvedimento clinico aveva necessariamente una sua funzione terapeutica

standardizzata. La struttura delledificio, larredamento, il rapporto gerarchico tra medico e paziente, la scansione del tempo, del lavoro e della disciplina erano tutte componenti che andavano a costituire il valore curativo del contesto manicomiale.75 Nel manicomio ai ricoverati non era concesso scrivere n ricevere corrispondenza, che nelleventualit veniva controllata e se necessario sequestrata. Quando intercettata, se utile per il medico, essa poteva anche essere utilizzata ed inserita nella cartella clinica, costituendo in tal modo una dimostrazione del relativo stato di avanzamento della malattia del paziente. 76 Era permesso fumare, anche in abbondanza, perch era ritenuto un comportamento riconducibile alla fase di suzione del neonato e pertanto tranquillizzante, mentre era assolutamente proibito bere sostanze alcoliche. Esse avrebbero alterato gravemente latteggiamento del malato.77 Determinate cure potevano funzionare solo nel quadro di una organizzazione centralizzata e continuamente sorvegliata quale quella appena descritta. I trattamenti e le terapie tranquillizzanti pi diffuse erano: lidroterapia, la contenzione, luso di sostanze calmanti e convulsivanti, la terapia del sonno, la malarioterapia e la terapia insulinica.78 Si trattava in ogni caso di unazione terapeutica che agiva sulle manifestazioni esteriori della malattia non sulle sue cause e mirava a ridurre gli effetti maggiormente visibili. Il malato di mente era individuo che andava custodito e sedato pi che curato, non essendo a conoscenza delle molteplici ragioni che portavano alla pazzia. Gli interventi sui riscontri comportamentali dei pazienti erano i soli rimedi ritenuti efficaci per controllare la loro pericolosit e ridurre i loro stati di agitazione. 79

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G. Occupati, Op. cit., p. 39 V.P. Babini, M. Cotti , F. Minuz, A. Tagliavini, Op. cit., p. 108 S. Pomanti, Op. cit., p.73 Ibidem V.P. Babini, M. Cotti , F. Minuz, A. Tagliavini, Op. cit., p. 108-111 Ibidem

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Le terapie usate erano le seguenti. Lidroterapia, intervento che si basava sullutilizzo di bagni caldi alternati a improvvise docce fredde, rappresentava una forma di sedazione. Nella cura degli alcoolisti, ad esempio, si faceva frequente ricorso allimmersione in un bagno tiepido, la cui azione era ritenuta particolarmente efficace come tranquillante.80 Altro esempio costituito dalla clinoterapia. Intervento frequente in casi di agitazione acuta, essa era basata su un programma di prescrizione e somministrazione di oppiacei, per via orale (o di iniezioni di morfina) durante periodi prolungati di riposo a letto. In momenti di forte delirio si provvedeva ad inserire il paziente in alcune piccole stanze per la segregazione, detti camerini di isolamento, senza letto, n comodino o sedie, ma dotate di un solo materasso al centro. Qui il malato, completamente privo di vestiti, in preda agli effetti prolungati delliniezione, poteva rotolarsi e dimenarsi anche per due o tre giorni di seguito, senza essere sottoposto ad altri mezzi di contenzione.81 Le terapie da shock 82 erano rappresentate dalla cardiazolterapia e dallinsulinoterapia. La prima rappresentava un intervento convulsivante a base di cardiazolo e consisteva nelliniettare due volte a settimana per via endovenosa un farmaco in grado di provocare crisi epilettiche per un ciclo complessivo di 10 iniezioni. La seconda invece, basata sulliniezione quotidiana di dosi progressivamente crescenti di insulina, provocava un coma glicemico profondo. Lo stato comatoso veniva successivamente interrotto con una ulteriore somministrazione di glucosio, o zucchero.83 Queste due terapie erano molto utilizzate e risultavano efficaci per effetto di una presunta ripulitura tossica dellorganismo.84 Negli anni 60, al quarto reparto maschile (detto anche delle terapie attive), giungevano i malati resistenti alle cure effettuate nel reparto di osservazione in Clinica e in quello di accettazione dellospedale. Costoro erano immediatamente sottoposti alla pratica dello shock causato da insulinoterapia. 85

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D. Lippi, Op. Cit., p. 109 S. Pomanti, Op. Cit., p.72 82 (Dallinglese to shock, scuotere). Le terapie di shock indicano metodi di cura, che scuotono che provocano improvvise e violente modifiche nellequilibrio dellorganismo. 83 Nel 1939 per ogni cura completa erano necessarie circa 6200 unit di insulina per un costo medio di circa 310 lire per un totale di 60 coma. (D. Lippi, Op. Cit., p. 112) 84 Id., p. 113 85 Annuario dellopera Pia di Firenze, Op. cit., pp. 55-58

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Ogni malato veniva tenuto qualche giorno a letto per un periodo di osservazione della malattia e nel contempo veniva sottoposto ad indagini cliniche, biologiche e psicologiche. La maggior parte di questi pazienti finivano per essere classificati come schizofrenici. Tra il 1958 ed il 1960 furono trattati con questa terapia circa trenta malati, per un totale di quasi mille stati di coma indotto.86 Nei reparti femminili venivano invece utilizzate le terapie di shock e quelle con psicolettici87. La sala per linsulino-shock-terapia, era ritenuta in molti casi efficace, era composta da 10 posti letto che venivano occupati da sempre nuove pazienti a ciclo continuo. Ciascun paziente vi veniva sottoposto a cicli di trenta/quaranta/cinquanta stati comatosi causati da ipoglicemia. Lelettroshock88 era impiegato nei casi di depressione grave con sintomi psicotici e di rallentamento psicomotorio. Esso veniva somministrato nei reparti femminili terzo e quarto di San Salvi. In questo caso si tenevano sedute su base plurisettimanale ed in genere venivano effettuate cinque/sei applicazioni per ciascuna seduta.89 Grazie allutilizzo di tecniche ritenute molto moderne San Salvi era considerato uno degli ospedali pi allavanguardia dItalia. 90 Nella Clinica fiorentina e nellOspedale Psichiatrico, lacquisto di macchinari per lelettroshock risale gi agli anni Quaranta. 91 La malarioterapia era un trattamento di shock che portava artificialmente ad un aumento della temperatura corporea. Al paziente veniva praticata una puntura di zanzara infetta o inoculato sangue malarico in modo da provocare stati febbrili molto alti (per tale scopo a San Salvi venivano allevate migliaia di zanzare). In seguito alla malattia indotta, i pazienti risultavano pi lucidi e pi tranquilli.92

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Ibidem Farmaci ad azione rilassante, deprimente e sedativa sulle attivit mentali. 88 Lelettroshock, terapia sviluppata da Cerletti e Bini negli anni 30, una tecnica terapeutica che si basa sull'induzione di convulsioni nel paziente . Si mette in pratica applicando alle tempie, mediante due elettrodi, una corrente elettrica attraverso il cranio di 100-130 Volt, della durata di 2, 6 decimi di secondo provocando una alterazione dello stato di coscienza (coma) e perdita della memoria. (vedi Appendice) 89 Id., pp. 61-62 90 Ibidem (Lapplicazione dello shock generale elettrico veniva eseguito in anestesia indotta con barbiturici e sotto farmaci miorilassanti, mentre la fase transitoria di apnea veniva controllata mediante respirazione indotta.) 91 Ibidem 92 Annuario dellopera Pia di Firenze, Op. cit., pp. 61-62

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Negli anni Cinquanta la ricerca farmacologica fece un primo passo avanti rappresentato dalla introduzione (1951) di una nuova molecola: la cloropromazina, un principio attivo con potenti propriet ansiolitiche. Questa novit giunse a mettere in crisi la stessa immagine della struttura manicomiale, la quale da istituto di prevenzione criminale si trasform in luogo di cura clinica per effetto della sua capacit di tranquillizzare i malati sedandone attivit motoria, furia ed irrequietezze.93 Negli anni 50 cominciarono ad essere applicate le psicoterapie ed anche a San Salvi furono introdotti nuovi trattamenti di cura, meno invasivi. La psicoterapia si basava prima di tutto sul rapporto clinico ed umano tra il malato e il medico. Si presumeva infatti che questo rapporto fosse in grado di modificare levoluzione psichica e somatica della malattia permettendo di individuare i motivi e i traumi che lavevano scatenata a monte. 94 I metodi di applicazione erano molteplici: si andava dalla psicoterapia

dellincoraggiamento, quella pi semplice e comune, alla psicoterapia della suggestione, costituita da vari gradi di condizionamento, alla psicoterapia della profondit, basata sulla capacit del team di operatori di portare a galla nella sfera della coscienza gli elementi inconsci negativi e mostrare la relazione tra questi e la malattia.95 Fu introdotta anche lergoterapia, terapia delloccupazione, una terapia rieducativa che tendeva a ristabilire lordine comportamentale attraverso limpegno nel lavoro. A questo si affiancava anche unattivit ludica (svaghi, sport, pittura, musica) per impegnare il malato anche in attivit nelle quali potesse esprimere e raccontare la sua interiorit. Non pochi furono in casi di malati che in questo modo furono riconosciuti come veri e propri artisti e eccezionalmente bravi nellattivit svolta. Lergoterapia permetteva al malato di considerarsi ancora socialmente utile e apprezzato per le sue qualit. 96 Per alcuni lergoterapia era una forma di sfruttamento del lavoro, in quanto i pazienti aiutavano al mantenimento dellospedale senza essere pagati, se non con un pacchetto di sigarette o semplicemente con il privilegio di uscire dal reparto, dove il tempo scorreva lento.

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D. Lippi, Op. cit., p.114 Annuario dellopera Pia di Firenze,Op. cit., pp. 67-74 Ibidem Ibidem

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Negli anni 60, a San Salvi, un campione di 39 ricoverati su un totale di 2110 malati di mente era parte di uno studio sullefficacia dellergoterapia. I reparti maschili specializzati in questa terapia erano il secondo e il settimo. La terapia occupazionale per le donne era rivolta sia a terapie ricreative come la lettura, il disegno, la pittura, lo svago, sia a lavori veri e propri quali la sartoria, le pulizie, il giardinaggio e laiuto nei servizi ospedalieri. Nella sala lettura le malate avevano a disposizione settimanali, alcuni romanzi e inoltre potevano dedicarsi al gioco della dama, del domino o allascolto della musica.97 La caratteristica comune a tutte le terapie occupazionali e ricreative era la costanza e la sistematicit, regole a cui i malati dovevano attenersi. Compiere lo stesso lavoro metodicamente, avere gli stessi orari per lunghi periodi era un sistema di rieducazione del malato nei confronti delle relazioni umane, sia tra malati che tra malati e personale di sorveglianza.98 Nel 1957 la terapia occupazionale pi praticata a San Salvi era quella della pittura e del disegno. La pratica di questa cura si svilupp grazie al Professor Mario Nistri e alla collaborazione dei professori Barucci, Mori, Margheri e i dottori Agresti, Germano e Longhi. 99 Limportanza della pittura e del disegno erano legate alle possibilit che queste manifestazioni della personalit offrivano per la diagnosi e per il relativo trattamento del paziente. Queste espressioni artistiche, infatti, anche nella loro semplicit mostravano, attraverso una lettura psicoanalitica, la gravit della malattia e leventuale miglioramento a livello clinico.100 Uno dei metodi utilizzati nella arte terapia, per consentire di disegnare e dipingere con la massima facilit, era quello di mettere i fogli da disegno attaccati ai muri per creare una superficie di lavoro larga e verticale, consentendo al paziente di esprimersi come se dipingesse su un muro. Su questi fogli era comune trovare scritte di evvivao richieste di varia natura. Il paziente parlava e narrava la propria condizione creando una sorta di giornale murale.101

97
98 99 100 101

Ibidem Id., pp. 108-109 Ibidem Ibidem Ibidem

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In questo contesto il ruolo degli infermieri era molto importante, essi capirono e apprezzarono la tecnica di libera espressione offrendo al malato incoraggiamento e comprensione. Durante gli anni Sessanta si stavano dunque verificando molti cambiamenti. Lulteriore avanzamento della ricerca nellindustria farmaceutica port progressivamente alla sostituzione dei farmaci naturali con i principi attivi dei prodotti di sintesi. Vennero cos introdotti nelle terapie gli antidepressivi e poi, con la scoperta delle benzodiazepine, nuovi prodotti che rivoluzionarono totalmente i trattamenti degli stati della malattia mentale, gli psicofarmaci.

Figura 3: San Salvi , 1970 foto di Renato Bartolozzi

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Alla riscoperta dellanima I manicomi progressivamente persero la loro funzione primaria di costrizione fisica, e finalmente le dimissioni cominciavano ad aumentare e le ammissioni a diminuire.102 Negli anni Sessanta infatti lItalia era attraversata da forti tensioni di cambiamento; questi anni rappresentano un periodo di grande fermento e contestazione nei confronti delle Istituzioni autoritarie e gerarchiche e delle cosiddette Istituzioni Totali. 103 Per lungo tempo il sistema manicomiale era stato basato sulle procedure di internamento della legge Giolitti n.36 del 1904, che si intitolava Disposizioni e regolamenti sui manicomi e sugli alienati. Con questa legge essere ricoverati nel manicomio era facile, ma esserne dimessi era praticamente impossibile. Losservanza della 36/1904 verr superata solo a partire dal 1968, quando fu approvata dal Parlamento la legge n.431 Provvidenze sullassistenza psichiatrica, nota come Legge Mariotti. Lallora Ministro della Sanit, oltre ad istituire il ricovero volontario, introdusse la possibilit di trasformare il ricovero coatto in ricovero intenzionale 104 , assecondando la volont del paziente.105 Grazie a questa legge fu introdotta anche la figura dello psicologo che, insieme agli psichiatri e agli infermieri, entrava a far parte dellquipe cui venivano affidati i malati. La gerarchia, quindi, che sino ad allora aveva dominato lambiente manicomiale, lasciava spazio ad una complementariet di ruoli. Lquipe e la sua costruzione furono un momento fondamentale che contribu a creare una nuova cultura dei servizi. Attraverso una modalit operativa che tendeva alla realizzazione di un lavoro integrato ed interdisciplinare, non solo i medici e gli psichiatri, ma pi operatori con formazioni diverse, si trovavano a discutere del proprio lavoro istituzionale.

102 103

Id., p.110 Con Istituzioni Totali si intendono tutti i sistemi chiusi, soggetti ad un potere, caratterizzati dallimpedimento allo scambio sociale e all'uscita verso il mondo esterno. Questo sistema pu essere il manicomio, ma anche una prigione, un collegio, un monastero; negli anni 70 le analogie tra questi istituti e le scuole erano evidenti. (E. Bucaccio, K. Colja, A. Sermoneta, M.Turco, Cera una volta la citt dei matti, dal film di Marco Turco, Merano, Edizioni Alpha Beta, 2011, p. 133) 104 Lart. 4/1965 della Legge Mariotti equipara in parte il ricoverato in manicomio a quello di un qualsiasi altro ospedale, quindi significava che se un paziente del manicomio aveva subito inizialmente un ricovero coatto su ordine del questore poteva fare richiesta per rivedere la sua posizione e trasformare il ricovero coatto in ricovero volontario,con le conseguenze che poteva ottenere permessi pi facilmente e/o essere dimesso definitivamente con il parere degli psichiatri curanti. 105 Dipartimento di Teoria e Storia del Diritto dell'Universit di Firenze, L'altro diritto Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalit <www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/devianza/sbordoni/cap2.htm >

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Si trattava infatti di una formazione professionale, sia individuale per lacquisizione di nuove competenze e capacit, sia di gruppo per imparare a lavorare insieme. Le assemblee di reparto con i pazienti, le riunioni del personale facevano parte di quelle iniziative che attivavano e ricercavano il coinvolgimento e la collaborazione della collettivit, rappresentando un nuovo percorso terapeutico basato sulla riappropriazione della dignit e della competenza del decidere intorno al proprio s ritrovato. 106 Inoltre nacquero i centri di igiene mentale, una sorta di day-hospital che alleggeriva il carico di lavoro della struttura manicomiale, che riconoscevano ai malati i fondamentali diritti civili dai quali fino ad allora erano esclusi: la carta didentit, il diritto di voto e quello di sposarsi.107 Questi nuovi servizi territoriali nacquero allinsegna della multidisciplinarit, intesa come valorizzazione ed integrazione operativa di diverse culture operative. Nel corso di questo decennio le nuove generazioni di psichiatri sono state investite da una presa di coscienza che li ha portati ad una critica profonda verso il sistema manicomiale, considerato ormai solo uno strumento di oppressione e di controllo sociale.108 Il manicomio, che fino ad allora aveva rappresentato il luogo e la realt pi distante dalla quotidianit, si ritrov cos ad essere sempre pi oggetto di discussione. Assemblee, occupazioni universitarie, movimenti studenteschi, sindacati e associazioni cittadine discutevano sullo stato e sul ruolo dellistituzione manicomiale e sulla cura della malattia mentale, ricercando nuove strade nell'analisi e nella cura del disturbo psichico. Vennero messe in discussione tutte le terapie shock e le certezze assolute di metodo di cura, che le avevano sostenute fino a quel momento. Il loro superamento da attribuire soprattutto allammissione del rischio degli effetti collaterali e dei tantissimi decessi avvenuti nel corso del loro utilizzo. Questi trattamenti provocavano irrimediabili danni cerebrali e un progressivo impoverimento intellettuale con riflessi sul comportamento affettivo. Certi

atteggiamenti tipici, mimica e posture, attribuiti alla malattia mentale altro non erano che le conseguenze di queste cure violente.109

106 107

A. Caneschi, M. Ferrara,G. Germano, C. Pellican, R. Pisa, Op. cit., pp. 19, 72 Dipartimento di Teoria e Storia del Diritto dell'Universit di Firenze, Op. cit., Cap. II, Il contesto normativo del trattamento sanitario obbligatorio, par. 2 108 Id., par. 3 109 E. Bucaccio, K.. Colja, A. Sermoneta, M.Turco, Op. cit., pp. 47- 48

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In questa fase di cambiamento venne introdotta lAssemblea come opportunit terapeutica e di recupero umano e affettivo. Gli internati erano invitati a discutere della loro situazione con lquipe degli operatori, manifestavano in questo modo anche ai medici la consapevolezza che avevano dellistituzione, delle cure a cui erano sottoposti e dei loro bisogni fisici ed affettivi. Cominci cos un movimento di apertura dell Ospedale Psichiatrico da Istituzione Totale, 110 segregante e alienante, a comunit terapeutica basata sul dialogo, sul gruppo e sul confronto. Sempre nellottica di questa rivalutazione umana nel 1964 a San Salvi si svilupp la cura tramite lespressione della pittura e del disegno. La Tinaia, una casa colonica allinterno dellarea di San Salvi utilizzata come deposito dei tini, fu considerata adatta come luogo di terapia espressiva dove poter esercitare questo tipo di attivit riabilitative. 111 Liniziativa de La Tinaia permetteva ai malati di uscire dai propri reparti, per andare ad incontrarsi in una zona comune. Qui potevano trascorrere il proprio tempo anche lavorando la creta, considerata una forma di attivit espressiva per le persone meno abili e pi problematiche.112 La condizione del malato allinterno del manicomio era di isolamento, aveva perso i rapporti con la famiglia, con chi lo circondava e con se stesso. Tramite il disegno, la pittura, e in seguito anche la poesia, riacquisiva ordine dentro se stesso e ripristinava relazioni con lquipe di operatori. I malati in questo contesto espressivo ritrovavano un mezzo di comunicazione in grado di farli emergere dalla loro condizione di distacco. Inizialmente non erano molti i malati che frequentavano La Tinaia, perch non vi era sufficiente personale che li potesse seguire e controllare fuori dai rispettivi reparti. Inoltre la partecipazione era condizionata dai diversi primari di reparto: non tutti erano favorevoli e vedevano di buon occhio questa novit, che cambiava il rapporto pazientemedico-infermiere, riducendone lautorit, ma cambiava anche il rapporto malato mentale e societ.113

110

Il concetto viene da E. Goffman , Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dellesclusione e della violenza, trad. ita, Torino, Einaudi, 1974 111 Massimo Mensi, V. Paperini, G. Arcori, Unesperienza comunitariain Colori dal buio, larte come strumento di liberazione dallistituzione psichiatrica, Catalogo della mostra al Chiostro Grande di Santa Croce in Firenze, 23 maggio-21 giugno 1981, Firenze, Vallecchi, 1981, pp. 25-26 112 Ibidem 113 Ibidem

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Figura 4: La Tinaia, 1970 foto di Renato Bartolozzi

Intanto negli anni 70 in Italia, continuava il clima di contestazione e la critica sulla gestione dei manicomi si inaspr. La rivoluzione in difesa dei diritti del malato di mente fu guidata dal Dottor Franco Basaglia114 direttore del manicomio di Trieste. Il principio cardine dellidea di Basaglia era, infatti, quello di restituire lidentit alle persone che allinterno del manicomio erano semplici numeri. La riflessione del dottore porta ad un processo di rinnovamento e di sperimentazione in altri ospedali psichiatrici, in particolare in quelli di Perugia, di Gorizia, di Arezzo, di Parma e di Trieste. Il primo passo fu quello di non intendere pi il manicomio come luogo di contenimento stabile, ma piuttosto di utilizzarlo il pi possibile in senso terapeutico, sviluppando un clima di solidariet e chiarezza fra medici, infermieri e pazienti, restituendo ad essi i diritti elementari, e creando condizioni di vita finalmente umane. 115 I manicomi stavano modificando il loro assetto, le terapie stavano cambiando, si lavorava in quipe e vi era un utilizzo sempre pi diffuso delle psicoterapie.

114

Franco Basaglia (1924-1980) psichiatra e neurologo, fu il riformatore della psichiatria in Italia e introdusse la legge 180, che riconosceva i malati mentali come persone a pieno titolo. Con questa legge si tutelano i diritti dei malati di mente al pari di tutti gli altri esseri umani. Nel 1962 Basaglia, a Gorizia, avvia la prima esperienza anti-istituzionale nell'ambito della cura dei malati di mente cercando di trasferire il modello della comunit terapeutica all'interno dell'ospedale. Nel 1971 divent il direttore del manicomio San Giovanni di Trieste e nel 1978 venne promulgata la legge 180 "Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori".
115

E. Bucaccio,K. Colja, A. Sermoneta, M. Turco, Op. cit., pp. 155-162

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Cresceva l'opposizione all'uso degli ospedali psichiatrici e si faceva strada il tentativo di riportare le persone con problematiche psichiatriche nella comunit sociale, attraverso gruppi di comunit terapeutiche, basati su principi psicosociali.116 Lospedale da grande istituzione, in alcuni casi, si parcellizz in strutture di tipo familiare di minori dimensioni, restituendo dignit e personalit ai pazienti che potevano cos ricostruirsi un ambiente di vita in cui riconoscersi.117 Si svilupp il concetto dellAntipsichiatria,118 secondo il quale molti comportamenti e atteggiamenti che erano classificati come malattie mentali altro non erano che il riflesso di situazioni sociali che prescindevano dalla situazione individuale. Venivano pertanto imputate alle Istituzioni la maggior parte delle devianze conseguenza delle ingiustizie sociali. Lantipsichiatria voleva tutelare i diritti di queste persone che non avevano colpa del loro stato e lasciarle libere di esprimersi e reinserirsi nel tessuto sociale.119 In Italia lazione contro il sistema manicomiale cominci con leliminazione di tutti i tipi di contenzione fisica e delle terapie elettroconvulsivanti; si aprirono i cancelli dei reparti e si demolirono le reti di separazione tra i reparti femminili e quelli maschili. Furono eliminate progressivamente le casacche manicomiali che etichettavano ulteriormente la condizione di malattia sia allo stesso degente che ai presenti nella struttura. Si restituirono ai malati gli abiti civili e inoltre fu introdotta, allinterno della struttura ospedaliera, la possibilit di servirsi di una parrucchiera per rendere le donne pi curate, fino alla possibilit di utilizzo degli anticoncezionali. Si promuoveva cos il ritorno ad una vita normale dove lapparire pi piacevoli e curati diventava la condizione del vivere insieme, con tutto ci che questo comporta anche la riscoperta delle emozioni e della sessualit. Fu garantita la libert di movimento allinterno dellistituto e i malati dovevano essere chiamati per nome e non in modo anonimo con il numero di classificazione. Si riconobbe limportanza che il

116 117

G. Magherini, G. Zeloni, R. Gottuso, Op, Cit,. pp. XIII-XV E. Bucaccio,K. Colja, A. Sermoneta, M.Turco, Op. cit., p. 163 118 LAntipsichiatria un orientamento che si svilupp a met degli anni 60 in contrapposizione alle pratiche e alle metodologie utilizzate nella psichiatria tradizionale. Il termine antipsichiatria, coniato dal medico anglosassone David Cooper nel 1967, raggruppa due posizioni critiche. Una rappresentata da chi riconosce lesistenza della malattia mentale ed utilizza una prassi terapeutica alternativa alla psichiatria tradizionale, laltra da chi non riconosce la scienza medica psichiatrica e la malattia psichica, in quanto la considera soltanto unespressione diversa di concepire la realt. Il movimento antipsichiatrico, a partire dagli anni 50, si oppone elle pratiche di terapia shock e alluso di psicofarmaci. 119 Giuliana Proietti, Antispichiatria e legge 180, 19 ottobre 2002, <psicolinea.it> p. 1

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personale potesse salutare, parlare con i degenti e sollecitare le visite dei parenti e degli amici.120 Lo scopo di Basaglia era quello di trasformare il manicomio in comunit terapeutica, al fine di riabilitare il malato. Lidea finale che accompagn il medico fino alla sua morte fu che il manicomio andava chiuso ed al suo posto istituita una rete di servizi esterni, nel territorio, per provvedere all'assistenza delle persone affette da disturbi mentali. Secondo Basaglia la psichiatria, che non aveva compreso i sintomi della malattia mentale, doveva cessare di praticare una esclusione del "malato di mente", voluta da un sistema ideologico convinto di poter negare e annullare le proprie contraddizioni, allontanandole da s ed emarginandole.121 In parallelo alle conquiste basagliane nel 1975 122 La Tinaia prese il nome di Centro e attivit espressive la Tinaia. Qui trovava accoglienza qualunque tipo di ricoverato; era questo il luogo dove riprendere ad essere attivi e quindi essere presenti per se stessi e per gli altri. Due anni dopo il Centro cominci ad accettare tirocinanti psicologi, i quali contribuivano a creare uno scambio continuo tra il dentro e il fuori. 123 Il malato di mente, che sino ad allora era stato isolato nella sua angoscia e nel suo dolore, senza riuscire ad esprimerli, da questo momento, attraverso la pittura, impar a manifestare le proprie emozioni.124 Come esempio qui di seguito vengono riportati i disegni eseguiti in diverse fasi della cura da un paziente di 24 anni affetto da schizofrenia. Risulta cos evidente, anche a un non esperto, la correlazione tra levoluzione in positivo del disturbo psichiatrico e la precisione della rappresentazione artistica, secondo il progetto proposto da La Tinaia. Il primo disegno fu eseguito in un momento di maggiore gravit, dove era forte la componente autistica; il disegno infatti frammentario e incoerente e la mancanza di profondit indica anche il tipo di rapporto esistenziale con la realt. Nel secondo e nel terzo disegno appare il miglioramento. Gli oggetti sono sempre pi delineati fino ad appoggiarsi alla linea orizzontale, che serviva da guida alla composizione.125

120 121

E. Bucaccio,K. Colja, A. Sermoneta, M.Turco, Op. cit., p. 163 Dipartimento di Teoria e Storia del Diritto dell'Universit di Firenze, Op. cit., Capitolo II, Il contesto normativo del trattamento sanitario obbligatorio, par. 3 122 La Tinaia dal 1972- 1975 fu chiusa per 3 anni 123 M. Mensi, V. Paperini, G. Arcori, Op. cit., pp. 25-26 124 G. Magherini, G. Zeloni, R. Gottuso, Op. cit., p. XVIII 125 Annuario dellopera Pia di Firenze, Op, cit,. p. 109 (idem immagini)

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Figura 5: primo disegno disegno,aaaaann

Figura 3: secondo disegno

Figura 3: terzo disegno

Lesempio qui riportato dimostra come lo squilibrato, comunicando agli altri le proprie sofferenze e i propri pensieri, si avvii ad un reinserimento nel mondo circostante. 126 Il Centro di attivit espressive la Tinaia prevedeva un programma settimanale, con tutti i giorni la possibilit di lavorare la ceramica o disegnare. Il programma settimanale era il seguente: nellassemblea del luned si discutevano i casi dei malati, uno a uno, tra gli operatori e il medico; il marted era dedicato a varie attivit di gruppo basate sullutilizzo della tecnica del disegno, della poesia e del canto 127; il venerd era destinato ad unattivit di gruppo sullanalisi critica dei disegni realizzati nella settimana; il sabato, grazie ad alcuni esperti del teatro, venivano insegnati ai ricoverati alcune facili tecniche per costruire le marionette.

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Ibidem M. Mensi, V. Paperini, G. Arcori, Op. cit., pp. 25-26

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La Tinaia si stava trasformando sempre di pi in un laboratorio di idee, di ceramica, di disegno e di pittura, diventando cos un ausilio determinante nella cura della malattia mentale. Dal Centro partirono molte iniziative verso lesterno. La natura comunicazionale fece diventare La Tinaia il ponte tra listituzione ospedaliera e la societ civile. Non era pi un laboratorio interno dellOspedale Psichiatrico, ma un centro culturale, con un preciso orientamento nellattivit artistica ed espressiva. Si organizzavano dibattiti, incontri, interviste con la televisione nazionale ed internazionale,128 mostre ed esposizioni.129 La Tinaia rappresentava linterfaccia tra listituzione manicomiale, il cittadino, e il fermento culturale del movimento di socializzazione e libert dalla follia. 130 Il malato mentale era diventato lartista e il disegno, non era pi solo il prodotto di una terapia, ma rappresentava unopera darte, aspetto di una forma artistica ben definita: lArt brut, un'arte spontanea, senza pretese culturali.131 I dipinti de La Tinaia erano molto apprezzati e giravano il mondo: Losanna, Chicago, Parigi, Milano, Palermo, Fiesole, Amburgo. Nel 1978 per opera di Basaglia entr in vigore la legge 180132 che imponeva la chiusura dei manicomi, cosa che avverr definitivamente nel ventennio successivo.

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La televisione di Amburgo, in un programma sulla nuova psichiatria italiana, dedic ben 45 minuti della trasmissione ad esibire le attivit che si svolgevano alla Tinaia; inoltre gli artisti del Centro furono invitati ad esporre la propria produzione artistica allUniversit di Berlino. 129 Si ricorda la mostra del 1981 presso il chiostro Grande di Santa Croce di Firenze. 130 Ibidem 131 Il concetto di Art brut (in italiano, letteralmente, Arte grezza) stato inventato nel 1945 dal pittore francese Jean Dubuffet per indicare le produzioni artistiche realizzate da non professionisti o pensionanti dell'ospedale psichiatrico che operano al di fuori delle norme estetiche convenzionali (autodidatti, psicotici, prigionieri, persone completamente digiune di cultura artistica). 132 Alcuni estratti delle legge 180 (vedi Appendice): Articolo1: Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari. Possono essere disposti dallautorit sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignit della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura. Articolo 6: Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai servizi e presidi psichiatrici extraospedalieri. Articolo 7: in ogni caso vietato costruire nuovi ospedali psichiatrici utilizzare quelli attualmente esistenti come divisioni specialistiche psichiatriche di ospedali generali o sezioni psichiatriche e utilizzare come tale divisioni neurologiche o neuropsichiatriche. Articolo 10: il codice civile e stato modificato come segue: Nella rubrica del libro III, titolo I, capo I, sezione III, paragrafo 6 del Codice Penale sono soppresse le parole: di alienati di mente; Nella rubrica dellarticolo 716 del Codice Penale sono soppresse le parole: di infermi di mente.

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Anche nel linguaggio istituzionale vennero soppresse tutte quelle parole che si riferivano con senso dispregiativo alla malattia mentale, sottolineandone atteggiamento criminale o antisociale.133 Il compito di chiudere lOspedale Psichiatrico di San Salvi fu affidato dalla Regione Toscana al Dottor Carmelo Pellican, che nel 1975 aveva gi maturato lesperienza di chiusura del manicomio di Volterra. Nel 1984 arriv a Firenze e trov da parte di tutto il personale ospedaliero una grande disponibilit derivata dal fatto che ormai la legge Basaglia era diventata una realt accettata e consolidata. Dopo le dismissioni dei pazienti, il manicomio era diventato un luogo abbandonato, carico della sua immagine del passato, aveva preso il nome di residuo manicomiale. Sulla scia della n.180 il Dott. Pellican si dedic alla riorganizzazione degli spazi allinterno del manicomio per gestire la collocazione di tutte quelle persone autosufficienti senza famiglia.

La battaglia etica per i diritti civili dei malati di mente ancora viva cos inizia la trascrizione degli interventi del Dott. Pellican avvenuti durante la giornata mondiale per la salute mentale del 1994: Ci siamo accorti che un progetto di superamento di manicomio non pu che passare attraverso una cultura accettante le problematiche psichiatriche e non viceversa, supportata da unorganizzazione territoriale adeguata [] necessario affrontare immediatamente lincontro con laltro, con il cittadino [] lambiente cittadino deve accogliere queste persone. Se questo incontro non si realizza, io credo non sar mai realizzato un reale superamento del manicomio [] Si deve entrare in una logica di responsabilizzazione nei confronti del paziente, che tenga conto di tutti i fattori, e non di uno solo: n solo sociale, n solo biologico, ne solo psicologico, ma tutti e tre insieme. [...] Questo uno dei primi motivi che ci hanno spinto dopo tanto tempo ad andare ad un incontro con la citt. Fin dallinizio abbiamo sempre sperato che la citt si riappropriasse di questo territorio, non soltanto in termini geografici, non soltanto in termini assistenziali, ma che coniugasse un buon incontro, unintersecazione reale con la sofferenza che era rinchiusa dentro il manicomio, con tutti i problemi, ovviamente che questo comportava.

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Vedi art.10 legge n. 180

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[] Quindi il reinvestimento. Questo un altro punto che volevo discutere con voi [] I familiari da anni erano perduti; non sapevamo dove fossero, noi li abbiamo rintracciati quasi tutti, e stanno venendo. Hanno cominciato a frequentare, finalmente, e non era colpa loro se non venivano: non ricevevano pi notizie dei loro parenti [] Nei primi anni Ottanta, la situazione di San Salvi era di totale abbandono, con tutte le conseguenze che ne derivavano. Allora prima di accettare io personalmente questa responsabilit, ho preferito agire cos: ho bloccato intanto tutte le dismissioni da San Salvi se prima non cera la garanzia di una collocazione dei dismessi. [] Sono rimasti comunque a San Salvi diversi pazienti. Noi abbiamo deciso che era tempo di finire il frazionamento, visto che ormai erano persone che non potevano rientrare nei loro territori: o perch non cerano i familiari o perch non cerano le strutture [] Attualmente abbiamo ancora cento persone ricoverate effettivamente, mentre altre sono sistemate in altri tipi di strutture, create allinterno dellOspedale Psichiatrico [] da un reparto ristrutturato abbiamo fatto degli appartamenti; si sono inserite cinquanta persone [] sono dei piccoli appartamenti di 2-3 posti letto, con lautonomia, per quanto possibile, di gestione da parte del paziente, con il sostegno personale infermieristico-ausiliari. [] Questi appartamenti erano stati progettati per i pazienti che ritenevamo in grado di poter vivere fuori, ma che fuori non potevano tornare perch non avevano pi famiglia, perch non cerano possibilit strutturali, non cerano case. Nessuno offriva appartamenti per loro anzi come qualcuno ricorda, noi abbiamo dovuto prendere persone sfrattate in difficolt o che venivano allontanate da alcuni alberghi popolari. Voglio dire che si era realizzato un processo inverso: invece di essere la citt che accoglieva, dovevamo essere noi a raccoglierli [] Si sono fatti questi appartamenti che hanno assunto in seguito caratteristiche anche terapeutico - riabilitative. Nel senso che questi appartamenti dovevano servire a ridare ai pazienti quelle capacit che in quaranta anni le istituzioni avevano completamente distrutte, per poi poterli preparare alla vita. [] Per questo abbiamo creato un piccolo centro protetto, di 25 posti, dove ci sono appunto questi pazienti pi gravi [] quindi non si tratta di persone abbandonate, ma di gente a cui viene riconosciuta la malattia e lassistenza necessaria []134 Il Dott. Pellican abilit dunque, un centro diurno per anziani e riusc a trasformare alcuni padiglioni dismessi in miniappartamenti.

134

Dalla giornata mondiale per la salute mentale del 1994 trascrizione dellintervento del Dottor Pellican da Tavola rotonda: Ospedale Psichiatrico e Citt organizzata da : Unit operativa Psichiatrica USL 10/E Istituto A. Devoto

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Si costitu in questo modo la una cosiddetta Residenza Sociale Assistita, che riusciva ad ospitare 41 persone, che ottenevano cos la possibilit di vivere in appartamenti con una, due, tre camere da letto, in un contesto che evocava fortemente lesperienza della casa. Si trattava di inserire dei malati quasi autosufficienti in una dimensione abitativa a basso livello assistenziale. 135 Fece realizzare inoltre la Residenza Protetta, una struttura invece che ospitava e assisteva circa 25 persone con pesanti bisogni assistenziali e con grave deterioramento psichico e fisico. Furono attivate due case famiglia nella citt, nei quartieri 1 e 2, per 14 ex degenti che avevano iniziato un percorso riabilitativo allinterno dellospedale con la costituzione di due gruppi di appartamento. Una delle due case famiglia, ospitava sei artisti de La Tinaia.136

Figura 6: Testimonianze fotografiche di Carla Cerati

135 136

A. Caneschi, M. Ferrara, G. Germano, C. Pellican, R. Pisa, Op. cit. pp. 49-51 Ibidem

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Capitolo 2- Il ricordo dello spazio della follia attraverso le persone che lo hanno vissuto
La puntualit del destino Nel 1997 la compagnia teatrale Chille de la balanza, allora impegnata al Teatro Tenda con lo spettacolo I costruttori di imperi di Boris Vian, arriv a San Salvi, su consiglio di conoscenze comuni, che erano al corrente del loro tipo di teatro, alla ricerca di un luogo dove esibirsi con il nuovo spettacolo Van Gogh il suicidato dalla societ di Antonin Artaud.137
Claudio Ascoli regista e fondatore della compagnia Chille de la balanza, nata a Napoli nel 1973 e ormai trapiantata nel capoluogo toscano. Ascoli nasce da una famiglia di attori e teatranti napoletani da tre generazioni. Gli Ascoli, insieme ai Maggio, agli Scarpetta e naturalmente ai De Filippo formano un po lossatura storica del Teatro napoletano a cavallo tra l800 e il 900. Il gruppo Chille de la balanza vede i suoi primi passi al Teatro, comunque, nella Via dei librai: Port Alba, nel quartiere universitario della citt di Napoli. Ascoli inizia il suo lavoro partendo da un recupero, molto rigoroso, delle tradizioni popolari locali.138

Il significato del nome napoletano della compagnia teatrale Chille de la balanza, quelli della bilancia, deriva dagli antichi venditori di frutta e ortaggi del Seicento. Questi giravano tutti i giorni per i mercati del centro storico muniti delle loro bilance, appunto, catturando i racconti del popolo e gli aneddoti pi stravaganti e li riproponevano la sera nelle osterie davanti ad un bicchiere di vino.139 Il concetto espresso dal nome anticipa il tipo di teatro proposto dalla compagnia che presenta sia un indirizzo di Avanguardia, che riporta in vita testi di poeti futuristi, dad e surrealisti, sia un teatro che recupera le tradizioni della cultura popolare e la letteratura del secondo dopoguerra. La tipicit della compagnia lo stretto contatto con il luogo, reso evidente nelle performance di Teatro in strada, e linteresse nei confronti del rapporto individuosociet. Infatti i movimenti futurista e dad, nel rifiutare il tradizionale rapporto plateapalcoscenico, avevano concesso in questo tipo di teatro uno spazio sempre crescente

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C. Lanzara, Op. cit., pp. 49-50 Id., pp. 25-26 139 Ibidem

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alla partecipazione fisica dellattore, che fin con il prendere il sopravvento sulla parola assumendo il valore di un vero linguaggio.140 Ascoli e i Chille con questo nuovo teatro in strada viaggiarono in tutta lEuropa, come moderni commedianti dellArte. Raccolsero significativi successi in Germania, Spagna e soprattutto Francia. A met degli anni Ottanta Ascoli e i Chille si trasferirono in Toscana e precisamente a Pontassieve fino ad approdare al manicomio di San Salvi. In questo luogo di memoria
esplode sia larte teatrale dei Chille indirizzata a scardinare le antiche concezioni di spazio che la spontanea volont di coinvolgimento del pubblico.

La grande innovazione del Novecento si articol infatti nel passaggio dallo spazio della drammaturgia alla drammaturgia dello spazio, restituisce cos alla scena la sua necessit estetica e rafforza il sodalizio fra dramma e spazio.141 Era intenzione della compagnia dei Chille ottenere unintesa diversa tra attore e spettatore, tra attore e oggetti scenici, per raggiungere nuovi equilibri, provocare unemozione profonda nellosservatore e superare quegli elementi ritenuti propri dellattivit teatrale: la recitazione come imitazione o finzione, lillusione scenica, lo spazio diviso tra scena e platea. Come dice Peter Brook infatti: il teatro pu e deve essere una pratica di comunicazione viva e profonda in grado di parlare al maggior numero di persone e di attivare una coscienza critica sul presente e sul mondo che ci circonda.142 Tale principio configura anche la linea dazione seguita da Artaud 143 che sostiene la necessit di recuperare e sviluppare un genere artistico autonomo e indipendente. Lo spettacolo deve essere separato dal testo poetico e dalla letteratura: il dialogo nella forma scritta e parlata, non appartiene specificamente alla scena, appartiene al libro.144 Secondo Artaud la parola perde il predominio, per essere considerata al pari del segno, del gesto e del movimento. In questo modo il corpo umano e le emozioni dei sensi entrano prepotentemente nel lavoro teatrale. Lo spettacolo deve essere mobile, dissolvere la barriera che fino a quel momento aveva separato i due mondi chiusi della scena e della platea, creando un luogo unico dellazione e della fruizione.

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C. Lanzara, Op. cit., p. 29 Id., p.37 142 Peter Brook, Lo spazio vuoto, Roma, Bulzoni Editore, 1998 143 Antonin Artaud (1896 1948) fu commediografo, attore teatrale, scrittore e regista teatrale francese. 144 Antonin Artaud, Il teatro e il suo doppio, Torino, Einaudi, 2000, p.155.

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In tal modo si arriva cos a sommergere e coinvolgere il pubblico sotto ogni aspetto sensoriale e renderlo parte fondamentale dello spettacolo stesso.145 Tutto questo non richiede necessariamente un teatro tradizionale, ma quasi opportuna la realizzazione in luoghi inconsueti, come ad esempio un capannone, un granaio, o altro in base alla disponibilit. Le intenzioni dei Chille trovano uno spazio adatto nellarea di San Salvi. Qui incontrano la signora Dana Simionescu, moglie di Massimo Mensi; erano entrambi operatori della struttura, dediti al progetto della Tinaia. Sar di Dana, dopo la morte del marito, il compito di continuare a combattere per la conservazione di quel magico luogo di incontro e punto di riferimento per i pazienti.146 Il direttore intu che la compagnia teatrale sarebbe stata il mezzo ideale per far conoscere larea manicomiale ai cittadini, che attraverso lo spettacolo sarebbero entrati in contatto con un luogo dove si erano perpetuate ingiustizie e violenze su molti sofferenti.147 Fu reciprocamente fondamentale lincontro tra Dana e i Chille, che erano alla ricerca del luogo che si prestasse allo spettacolo di Artaud, mentre Dana cercava unoccasione per attirare visitatori nellarea e per far conoscere lattivit svolta nella Tinaia. Il primo spettacolo fu presentato nel padiglione B, ovvero il terzo reparto, che era appena stato inaugurato come casa-famiglia che ospitava 6 pazienti-artisti de La Tinaia. La coincidenza ha voluto che i Chille, che gi avevano scelto lopera Van Gogh il suicidato dalla societ, trovassero nellarea, di cui stiamo parlando, lambiente adatto per il loro spettacolo. Si vede qui come lambiente scenico si fonda con il tema dello spettacolo che rappresenta la categoria dei folli e degli emarginati dalla societ. Van Gogh alienato raccontato tra alienati. Una societ responsabile di tanta alienazione perch non riconosce il diverso. Ad esempio Van Gogh, Poe, Baudelaire sono stati emarginati, considerati folli per impedire che rivelassero "verit scomode", come sostiene Artaud. Lautore infatti rivaluta la figura dellalienato schiacciato dalla societ che non comprende la sua sensibilit, le sue diverse potenzialit. La societ non decodifica il suo linguaggio, non instaura una comunicazione biunivoca.

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Ibidem C. Lanzara, Op. cit., pp. 49-52 147 Ibidem

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Il teatro e la pittura, proiezioni, luno sullaltro, si incontrano nello spettacolo e nella vita.148 Infatti la rappresentazione del Van Gogh sarebbe stata affiancata da una mostra dei lavori svolti dagli artisti di cui ormai abbiamo gi parlato. Era uniniziativa scambievole in quanto il pubblico non solo avrebbe seguito lo spettacolo, ma anche avrebbe potuto visitare la mostra che avveniva nello stesso padiglione e forse anche portarne allesterno la conoscenza. Il regista Claudio Ascoli andava personalmente allingresso dellarea a ricevere gli ospiti. Da l con una passeggiata fino al Padiglione B, essi chiedevano informazioni sugli spazi: vialetti, edifici, strutture pi o meno grandi e notizie su ci che la struttura rappresenta. Gli spettatori si dimostravano curiosi, interessati e meravigliati vedendo da vicino quello di cui per tanto tempo avevano solo sentito parlare. Questo tragitto sar il tema dello spettacolo del 1999 Passeggiata nella notte di San Salvi che verr rappresentato lanno dopo la chiusura definitiva del complesso manicomiale.149 Il manicomio fiorentino infatti fu chiuso definitivamente nel 1998; per celebrarne la definitiva chiusura furono organizzate nellarea quattro giornate di festa, durante le quali ci fu anche un convegno.

Figura 7: La Nazione 10 dicembre 1998

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C. Lanzara, Op. cit., pp. 59-52 Ibidem

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A suggellare questo inizio stato inaugurato il Centro Culturale Paolo Paoli 150 tra la compagnia teatrale Chille de la Balanza e il laboratorio artistico La Tinaia. Le dolorose esperienze del passato avevano gettato le fondamenta per una rinascita.151 Manicomio Chiuso!, titolo del convegno, era strutturato sulle riflessioni degli psichiatri, psicologi e operatori che avevano lavorato allinterno dellOspedale. Riferivano sulle proprie esperienze e sui processi di cambiamento che si erano innescati, in linea con la legge n.180, confermando limportanza del lavoro di quipe e ricordando le atrocit del passato. Tutto questo per non dimenticare. 152 La prima esperienza teatrale ha avuto successo e seguito. I degenti avevano stretto un legame di amicizia con gli attori tanto da sensibilizzare il direttore Pellican a dare unaltra possibilit da cui nato lo spettacolo I fiori del male ispirato a Baudelaire.153 I Chille utilizzarono uno spazio disabitato e in pessime condizioni; lo ripulirono e risistemarono. Le repliche dovevano essere tre, in realt durarono tre mesi.

Da questo deriv la curiosit di parlare di questo spettacolo con Sissi Abbondanza, compagna di Claudio Ascoli, scenografa della compagnia teatrale e prima persona intervistata nellambito di questa indagine su San Salvi: Dopo il Van Gogh ci siamo rivolti al direttore Pellican per ottenere uno spazio da adibire a laboratorio che prevedeva uno spettacolo finale. C stato assegnato un padiglione veramente orribile: sporco, abbandonato, forse usato per pernottamenti di fortuna, probabilmente da tempo liberato dai degenti spostati nelle case-famiglia. Ci siamo rimboccati le maniche, sistemandolo a dovere. Lo spettacolo finale portato in scena da attori professionisti, lavorava sullarchitettura del luogo, utilizzando il piano di sotto, il piano di sopra, le scale e il terrazzo. Era molto intrigante per lo spettatore muoversi in questi spazi, entrando e uscendo da una situazione di caldo soffocante a un freddo estremoe passare dall800 al 900. Lo spettatore veniva guidato tra sofferenza, volutt, solitudine, bisogno damore. Tra male di vivere e attaccamento alla vita.

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Paolo Paoli fu un pittore de La Tinaia dal 1976 al 1986. morto nel 1995. Negli ultimi nove anni lasciata Firenze, non ha pi avuto la possibilit di dipingere. (C. Lanzara, Op. cit., p. 95) 151 Ibidem 152 A. Caneschi, M. Ferrara, G. Germano, C. Pellican, Pisa R., Per non dimenticare, dagli atti del Convegno Manicomio Chiuso!, Firenze 10-13 dicembre 1998 153 Ibidem

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Mi ricordo che le attrici nella parte superiore venivano guidate dallattore-protagonista, in questo spettacolo itinerante, attraverso un percorso articolato tra diverse stanze. Qui viene sottolineato laspetto rivoluzionario di Baudelaire, espresso attraverso lanalisi della condizione interiore dell'individuo, troppo spesso negata per condizionamenti sociali. Questa esperienza nel padiglione A durata un anno, poi lo spostamento definitivo, dove siamo attualmente, al padiglione B, occupato precedentemente da una casafamiglia. Il direttore Pellican, nella fase di smantellamento manicomiale, ha seguito molto il nostro progetto reputandolo utile e importante per la zona e per la citt e si prodigato per farci avere una convenzione e una risonanza attraverso i canali di informazione. Allinizio tutto ci suscit curiosit ed interesse, soprattutto nelle fasce giovani, che entravano a conoscenza di realt diverse. Non fu difficile per il Dott. Pellican accogliere la nostra richiesta di lavorare stabilmente nellarea e aprire un laboratorio per varie fasce di et: gli adulti iniziano subito lattivit, i giovanissimi invece dovranno aspettare la sensibilizzazione della citt verso lambiente per potersi avvicinare alliniziativa. Un atteggiamento pi aperto era quello assunto dalla scuola elementare Andrea Del Sarto: i ragazzi con gli insegnanti frequentavano La Tinaia per la lavorazione della creta.

Altra richiesta rivolta a Sissi riguardava le previsioni per il futuro della compagnia teatrale nellambito dellarea manicomiale: Non facile per noi fare progetti a lungo termine. Il futuro lo viviamo quotidianamente. Quando siamo arrivati era pi facile avere una progettualit, mentre adesso vediamo che larea assorbita in maniera sostanziale da uffici della Asl. Il nostro sogno nel cassetto, comune anche ai Pellican, vedere in questa area pi situazioni artistiche, aprire il luogo a pi comunit culturali: da musicisti, a pittori, scrittori, artisti in genere. Il luogo potrebbe aprirsi allorganizzazione di eventi occasionali o ad attivit permanenti; quello che adesso gi stiamo vedendo allexcarcere delle Murate. Indubbiamente larea in parte occupata anche se con il classico orario di ufficio; unarea molto vasta che non ha bisogno, come diceva Pellican, di barriere alle finestre, ma necessita di vita. C bisogno che sia uno spazio vissuto con regolarit e con

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partecipazione costante nellarco della giornata, per non diventare come alcune piazze di Firenze, che diventano luogo di spaccio, e come dice Claudio, e questo mi fa sempre ridere, luogo dello stupro in pattini a rotelle, un modo ironico per dire che la societ quando non interviene su certe situazioni come se autorizzasse le persone a fare quello che vogliono, senza rendersi conto che in tal modo legalizza comportamenti illeciti. Luogo che diventa palcoscenico, il luogo, soggetto che comunica: Cera una volta il manicomio Da allora la compagnia teatrale una presenza costante nel panorama cittadino. nato e vive il progetto denominato prima San Salvi la citt negata, perch era effettivamente una parte di citt negata ai cittadini, poi San Salvi la citt ri-nata e ora San Salvi CittAperta, luogo delle differenze. Allinterno di questa idea vengono proposti regolarmente i programmi: Agosto a San Salvi, punto di riferimento per la citt, tra spettacoli, manifestazioni, eventi, la Festa del Salvino, ovvero la Libera Repubblica delle arti e delle culture, il Contro-Anniversario, per festeggiare San Salvi da citt negata a citt aperta e la rappresentazione costante della Passeggiata nella notte di San Salvi, che fino a oggi ha superato le cinquecento repliche.154 Questi sono gli spettacoli che hanno pi risonanza nella vita cittadina, ma oltre a questi ci sono varie attivit in collaborazione con compagnie esterne, gruppi di lavoro e di formazione teatrale aperti a varie fasce di et. Oltre tutto questo Claudio Ascoli propone, con una certa regolarit, una rivisitazione di figure importanti della nostra realt territoriale come Padre Balducci e Don Milani.

Figura 8: San Salvi Citt- Aperta. Abitare i Confini 20112012

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C. Lanzara, Op. cit., pp. 51-52

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Come riferisce Claudio Ascoli durante unintervista: Questa passeggiata sempre cambiata sera dopo sera e molti sono gli spettatori che hanno partecipato a pi edizioni, se non altro per accompagnare amici e conoscenti: lo spettatore record vanta ormai sette presenze [] La cosa che nel tempo mi ha pi colpito lestrema eterogeneit del pubblico: sono gi passati con me nella notte di San Salvi tanti giovani e casalinghe, intellettuali, lavoratori, anziani, studenti, persone con evidenti disagi etc.155 I Chille sono presenti ormai da anni nellarea grazie a un comodato con lAzienda Sanitaria. La loro perci una condizione provvisoria che non risponde alle aspettative del Dottor Pellican, che avrebbe desiderato per tutta larea un utilizzo stabile e rivolto ad attivit culturali e sociali, come risulta dallintervista a Sissi Abbondanza. Adesso molti padiglioni sono abbandonati e fatiscenti, altri sono occupati da uffici e alcuni ambulatori della Asl, un centro sociale nella zona est dellarea, una cooperativa, La Tinaia ancora funzionante, un centro diurno. Il tutto ben riscaldato con notevole spreco di denaro pubblico.

Cera una volta il manicomio racconta per la prima volta Claudio Ascoli. Il manicomio stato aperto nel 1999 al pubblico che pot visitarlo la prima volta con un giro turistico usufruendo di piccoli pullman elettrici. Claudio e Dana furono gli ideatori di questo progetto nel ferragosto di tanti anni fa. Il pubblico fu numeroso, interessato e curioso, e da quel giorno lesperienza si ripete ormai regolarmente pi volte durante lanno, la sera, quando gli uffici della Asl sono chiusi.156 Prima che lo spettacolo inizi Ascoli saluta gli spettatori, invitandoli ad accomodarsi nello spazio riservato allo spettacolo che pu essere o allinterno, nel padiglione B, o nel giardino dove viene montato il palco estivo. Si spengono le luci e comincia la proiezione di foto-documento di vari ospedali psichiatrici italiani, tra cui viene dato risalto allOspedale Psichiatrico di Collegno, in Piemonte e di testimonianze di ricoverati. La guida-attore racconta dellimportanza di Collegno, sia perch stato uno dei pochi ad essere fotografato dopo la chiusura e labbandono, creando una memoria storica, sia perch qui si verificata una significativa forma di protesta e di rivolta dei ricoverati contro lo staff ospedaliero che stato sequestrato.

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Id., pp. 72-79 Ibidem

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Questo dimostra che i ricoverati, del reparto, che si chiamava non a caso degli anarchici, avevano una capacit organizzativa e di reazione normale. Altro documento fotografico di rilievo, significativa testimonianza di comunicazione, la storia di Nannetti Oreste Fernando (che si firmava NOF4) e del suo libro di muro. Scrive un libro lungo 180 metri sui muri del cortile del manicomio di Volterra servendosi della fibbia del panciotto-divisa. Dimostra il piacere di giocare con la scrittura e con lespressione grafica componendo poesie, frasi e disegni che dimostrano linteresse alla comunicazione che per tanto tempo gli era stata negata e di cui d ulteriore prova spiegando i suoi graffiti ad un infermiere che aveva incontrato durante uno dei suoi ricoveri precedenti. Con lesperienza di NOF4 si riconosce limportanza della comunicazione, in tutte le sue sfaccettature, come ponte tra lisolamento della malattia mentale e la vita vissuta.157

Figura 9: Libro di muro di NOF4 nellex-manicomio di Volterra

Questa proiezione fotografica seguita poi da un vecchio video del 1978 con la colonna sonora I grandi successi di Paolo Conte, girato da un giovane psichiatra Cesare Micheli durante la festa del 25 aprile e del primo maggio, quando lOspedale inizi ad aprirsi alla citt. Si colgono in questo video le reazioni extemporanee di tanti ricoverati che finalmente possono fare cose diverse, semplici e normali: mangiare un cornetto, applaudire, ridere e muoversi in libert.

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Da appunti autobiografici di Concetta Pellican, A Memo, Firenze, s.d

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Durante lo spettacolo c diretta interazione tra attore e spettatori con lobiettivo di far vivere a chi entra nella struttura momenti e pratiche che sono stati la quotidianit per molti ricoverati. Vengono riproposte e messe in atto pratiche tipiche dellOspedale per sensibilizzare il pubblico verso il problema. Ad esempio il pubblico affrontava delle prove che erano le stesse alle quali erano sottoposti i ricoverati per diagnosticare la malattia: esecuzione del test di valutazione culturale, e non psicoattitudinale, appello per numero, che si ripeteva fino a quattordici volte nella giornata tipica del manicomio, e non per nome, a dimostrazione del poco rispetto per lidentit umana. immedesimazione nella condizione dei ricoverati: due spettatori vengono legati con strisce di stoffa alla sedia e obbligati a mangiare un piatto di spaghetti servendosi del cucchiaio; il pubblico aveva cos modo di vivere la stessa difficolt dei malati, che si sporcavano come si vede a volte in molte fotografie.

Dopo questa prima parte inizia la passeggiata nel manicomio. Il gruppo degli spettatori esce dal padiglione-teatro per immettersi nei viali che circondano e dividono le varie strutture. Seguendo il regista-attore si cammina nel buio alla luce di alcune torce. Latmosfera suggestiva e quei luoghi prendono vita dai racconti di Claudio Ascoli. Si passa davanti a quello che era il cinema, ascoltando i rumori del riscaldamento ancora attivo, alla centrale termica, al parco adesso riservato a Vigilandia, che ha privato parte del patrimonio verde della zona, perch asfaltato. Si entra a questo punto in un corridoio riservato al personale, proprio davanti alla stanza dei minori. Sui muri del corridoio si notano delle scritte che testimoniano i pensieri e i disagi di chi passato di l. Arrivati davanti alla piccola chiesa Claudio ne racconta la storia. Non era prevista nel progetto originario, nessuno aveva fatto attenzione a questo fino al momento dellinaugurazione. Dovendo invitare le autorit, tra cui anche larcivescovo fu chiaro che mancava un locale religioso. Quindi fu per necessit che fu sacrificata a tale scopo parte della lavanderia: ne deriv una cappella frequentata prevalentemente dalle suore, e utilizzata per le funzioni funebri.

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Ascoli ha saputo sfruttare la dimensione misteriosa del luogo, il buio, i luoghi sconosciuti, passaggi tra porte che si aprono e si chiudono, giocando

sullimmaginazione che ognuno mette in moto nella visione e nellascolto di quei frammenti di memoria. La scenografia, il luogo reale e lo spettatore si fondono; il cicerone-cantastorie aiuta i partecipanti a immergersi nel passato che si imprime e diventa esperienza indelebile. Ogni singolo spettatore rimane colpito da tanti particolari legati a questi muri alti, invalicabili e tutti uguali: le finestre murate, le scritte, le recinzioni, i segni dei cerini impressi sul muro per accendere le tante sigarette e le colonne nei padiglioni consumate dallo strusciamento continuo dei ricoverati che cos passavano la loro esistenza. Questi dettagli sono quelli che pi colpiscono e che rimangono nella memoria: sono le piccole cose, infatti, che fanno rivivere e rimanere in maniera permanente il ricordo di avvenimenti del passato delluomo.158 la strategia che viene utilizzata anche nei musei e negli ambienti culturali: creare dei percorsi ai quali partecipare attivamente, cogliere sfumature, prestare attenzione ai dettagli al fine di capire, memorizzare e ricordare. Questi luoghi sono luoghi di memoria intorno a cui si costruisce una conoscenza commemorativa che la storia e il vissuto di ciascuno di noi aiuta a ricomporre e trasformare.159 I processi della memoria permettono di conseguire e produrre sequenze narrative dotate di significato e non di ricordare soltanto avvenimenti isolati. un processo in continua evoluzione, che si arricchisce sempre e che suscita cambiamenti, sia in meglio che in peggio, in un continuo divenire. Spesso durante lo spettacolo Ascoli citando Mejerchold, regista russo del Novecento, dice: Il teatro sta alla vita come il vino sta alluva, con la consapevolezza per che il vino non uva e il teatro non vita. Certo sarei pazzo a credere di poter cambiare il mondo con il teatro, ma sono convinto che si possono suscitare cambiamenti, sia in meglio che in peggio, attraverso il contatto con ognuno, che inevitabilmente inducono movimento.160 Secondo il regista nella societ contemporanea esiste un individualismo sfrenato che pu essere combattuto con linterazione e con la compartecipazione tra individui, la comunit appunto. La comunicazione segno di progresso e di evoluzione.
158 159

C. Lanzara, Op. cit., p.75 Ibidem 160 Vsevolod Mejerchol'd, Rivoluzione teatrale, a cura di Donatella Gavrilovich, Roma Editori Riuniti, 2001

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Per Ascoli non importante soltanto cosa dire in teatro, ma soprattutto come lo si dice, poich lintento finale la trasmissione del sapere. Come sostiene Sissi Abbondanza, la Passeggiata condotta con il metodo delle stazioni, utilizzato anche nella commemorazione della Via Crucis. un procedere, un fermarsi, un riflettere e un ricordare proprio per mantenere viva la memoria in modo che in ciascuno si crei una coscienza critica. La Passeggiata che ormai si ripete da anni, in continua trasformazione per il pubblico sempre diverso e per il contesto storico che cambia, un mezzo per tenere viva la memoria del luogo.

Claudio Ascoli nel corso di unintervista spiega limportanza della comunicazione partendo dal suo significato etimologico, dal latino commnis, composto da cum, insieme, e munus, inteso come un dono che obbliga a uno scambio. La comunicazione un'espressione sociale, un mettere un valore al servizio di qualcuno; avviene quando compresa e diventa patrimonio comune: 161 Il mio obiettivo trasformare questo luogo di segregazione in luogo dincontro, dove si comunica. cos che lattore prende il suo corpo e lo mette in gioco. Questo avviene anche nella comunicazione. Nella mia attivit teatrale la persona sempre il soggetto principale. Cerco di coinvolgere il pubblico perch acquisisca conoscenza di s e si renda disponibile agli altri. Noi, compagnia teatrale, con il nostro il progetto come se dessimo voce agli indignados della cultura, dando la possibilit alle persone del pubblico di partecipare a vari livelli, sia durante lo spettacolo, sia dietro le quinte, con impressioni a caldo, consigli, suggerimenti. Per esempio durante lultima Passeggiata eravamo in settantasei, dei quali trenta erano nuovi spettatori, in particolare di questi ventuno si sono preoccupati e attivati a iscriversi autonomamente alla lista e-mail per essere informati sulle nostre attivit. Questo comportamento abbastanza atipico, soprattutto perch utilizzano la mail non tanto per essere informati, ma per partecipare in modo personale e critico. Questa collaborazione il nostro fare comunit, un modo diverso di concepire lesistenza, dove linteresse comune il punto dincontro.

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Dizionario etimologico essenziale della lingua Italiana, Milano, Garzanti, 1970, p. 37

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Fare comunit per noi significa creare relazioni, mettere in gioco energia, forza comune, e comunicazione. La comunit, in qualsiasi modo la si voglia fare, significa: essere parte di un tutto e assumersi ciascuno le proprie responsabilit. San Salvi una microcomunit. Questo concetto si pu anche espandere nella macrocomunit, coinvolgendo addirittura il pianeta Terra. Tutta la nostra attivit teatrale si sviluppa intorno allidea di comunit. La Passeggiata ne una prova. Si ripete regolarmente in un luogo che sta perdendo sempre di pi la sua fisionomia originaria e si sta sempre pi chiudendo in se stesso. Nonostante questo la Passeggiata sempre un momento d incontro, di partecipazione, quasi a ricordare i riti religiosi dellItalia del Sud, dove si incontrano tutti per festeggiare un santo patrono o una festa collettiva. In societ avanzate come la Germania e la Danimarca, come tu ben sai, tutto funziona apparentemente molto bene. Ti dico apparentemente perch in queste societ viene distrutto il soggetto, e il diverso si va a chiudere perch gli viene negata ogni iniziativa personale, in quanto la societ provvede a tutti i bisogni, costringendolo a rifugiarsi in un luogo marginale, forse abbandonato, dove c una sorta di libert, che la societ ben organizzata nega. Questa ricerca di rifugio o segregazione crea dei diversi, perch disadattati in quanto fuori dagli schemi sociali. La diversit fa paura alla societ. Perch il diverso non teme di mettere a nudo le proprie idee, questo lo rende un emarginato, perch considerato pericoloso e quindi da escludere. Si tende sempre a scartare chi esce dagli schemi e chi crea condizioni conflittuali. Non ti sembra che questo sia il ruolo riservato allartista? Lartista un diverso, perch fa uno pi uno uguale cinque, cio crea un mondo non convenzionale, che quello che, come dico io, mette in gioco il nero, che raffigura i turbamenti personali, i lati nascosti del carattere che sono quelli per esempio che possono emergere con il teatro. San Salvi ormai una comunit, punto di incontro di diversit, cresciuta in questi dodici anni di mia permanenza qui e, non considerarmi presuntuoso, ma penso di aver segnato un percorso che anche senza di me, pu continuare ad essere frequentato. La Passeggiata con il suo numero di partecipanti che si allarga sempre di pi la dimostrazione di quanto ho detto. Il tutto dipende ovviamente dalle amministrazioni pubbliche e da quello che hanno in serbo per San Salvi.

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Testimonianze Sono riportati di seguito i risultati di interviste condotte a persone che hanno vissuto direttamente lesperienza professionale a San Salvi, soprattutto nellultimo decennio della struttura: professionisti e dipendenti che hanno riferito la loro testimonianza diretta.

Il signor Renato Bartolozzi, conosciuto questanno durante una mostra fotografica nel padiglione B apre il ciclo di interviste. Le fotografie fatte da lui ritraggono San Salvi negli anni Settanta. Le sue foto pulite rappresentano la realt dellospedale tralasciando le atrocit, esaltando momenti di quiete dei ricoverati. Lincontro avvenuto successivamente in modo informale e ha permesso di esaminare da vicino tutto il materiale fotografico con commenti e spiegazioni precise, oltre al racconto del suo periodo lavorativo dentro San Salvi. Il signor Bartolozzi entrato a San Salvi nel 1963; ha lavorato per 29 anni, trentasei ore settimanali da luned al sabato dalle sette alle una, per il pranzo. Ha messo a disposizione la raccolta fotografica della mostra allestita a Santa Croce nel 1969: foto di pazienti, di lavori svolti alla Tinaia, disegni e sculture in creta. Da qui comincia il suo racconto: Lavoravo come operaio in una fabbrica di scarpe; eravamo un numero piuttosto rilevante, ma le esalazioni di benzolo allo stato puro mietevano vittime tutti gli anni; io ho retto bene, non so come ho fatto, ma a un certo punto mi sono licenziato. Feci domanda a San Salvi, si erano liberati dei posti in cucina, accettai. Dopo un periodo passai in portineria a Castel Pulci, poi per pensionamenti entrai in calzoleria e poi da l al guardaroba, infine come coordinatore ai magazzini generali. Avevo fatto anche un corso di infermiere di due anni, ma non mi mai piaciuta questa attivit. Ricordo come se fosse adesso quando entrai nel guardaroba: lo sporco era indescrivibile tanto che presi un aspiratore di quelli professionali e cominciai a pulire, poi riorganizzai il guardaroba sistemando i camici, le scarpe ecc Terminato lorario di lavoro, andavo a La Tinaia e l mi dilettavo a fotografare i lavori dei pazienti. A proposito de La Tinaia, Massimo Mensi, marito di Dana, era sempre in battaglia per portare allesterno i lavori della Centro e cercare finanziamenti. Io fotografavo tutto perch avevo il libero accesso ai reparti e per questo i malati si fidavano di me e si facevano tranquillamente fotografare. Come lei mi chiede dalle mie

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foto traspare tranquillit, ordine; in effetti quello che vede il manicomio, che a volte sembrava un dormitorio, anche perch i ricoverati erano calmati farmacologicamente. Questo il manicomio dellultimo periodo, con una certa apertura; allinizio invece, mi ricordo, i reparti erano chiusi ed io vedevo poco i malati. Nel tempo mi abituai velocemente, mi divent quasi normale vedere i malati a giro per i reparti, nei corridoi, nei cortili. Mi viene in mente un amico entrato a lavorare; dopo il primo giorno abbandon tutto, in quanto rimase scioccato dallo spettacolo di tanti ricoverati incontinenti. Io ho un buon ricordo di quegli anni: i malati li ho sempre trattati bene, da me si facevano fotografare volentieri, addirittura sono stato io a fare le loro prime foto-tessera utilizzando le lenzuola dellospedale come sfondo. chiaro che non era tutto sereno ed edulcorato: ricordo chi scappava e doveva essere legato con i sistemi di contenzione o chi prendeva delle fissazioni; ma non erano mai violenti nei confronti del personale. A un ricoverato che camminava in maniera strana consumando le punte delle scarpe avevo trovato un sistema di rinforzo metallico per potersi muovere pi liberamente. Quando lavoravo in cucina preparavo regolarmente il minestrone: pentolone di rame da 200 litri, trentasette manciate di sale per novecento litri di minestrone, sughi avanzati da altri tegami, di solito cinquanta chili di riso.

Figura 10: Foto di Renato Bartolozzi - cucina di San Salvi 1980

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Tutto quello che avanzava dalla cucina e dalla tavola, stiamo parlando di duemila ricoverati e mille dipendenti, diventava nutrimento per i duecento maiali che stavano nelle colonie agricole che rimasero pesantemente coinvolte durante lalluvione. A conclusione del suo racconto, ricorda di una gita fatta a Quercianella, in pullman con i ricoverati, che anche in quella occasione furono fotografati da Bartolozzi con uno sguardo affettuoso.

Lintervista che segue ha avuto luogo nel Palazzo Asl 10, situato nel Lungarno Santa Rosa, al Centro Salute Mentale. Alle ore undici di un sabato mattina ha inizio lintervista con la signora Dana Simionescu. Persona molto disponibile, ha individuato un ambiente libero allinterno del reparto, adatto alla chiacchierata. Con una sola domanda le vengono chieste pi informazioni in modo che lei poi parli liberamente riguardo alla durata del periodo lavorativo a San Salvi, al ruolo svolto nella struttura: Mi chiede di ripercorrere gli anni importanti sia della mia vita che della struttura manicomiale fino al suo smantellamento. Era il 1975, avevo ventitr anni, frequentavo la facolt di pedagogia e cominciai a partecipare a San Salvi ad un corso per infermieri psichiatrici, vedendone uno sbocco professionale. In quello stesso periodo mio marito Massimo era gi inserito nellorganico di San Salvi, ma, in quanto Maestro dArte e quindi sensibile alle varie forme di espressione artistica, pensava di trasferirsi allIstituto Medico Pedagogico, gi esistente e allavanguardia per lapplicazione del metodo Staineriano 162 che gi conosceva dai suoi studi. Questo trasferimento non avr mai luogo per la chiusura dellIstituto. Massimo rimarr comunque infermiere di San Salvi. Dal collega Giuliano Buccioni sar informato dellesistenza dentro lospedale di una casa colonica, chiamata La Tinaia, perch utilizzata per contenere i tini dellAzienda Agricola, dove era rimasto, da esperienze precedenti negli anni 60, un forno per la ceramica. Questa prima esperienza fu interrotta e spostata sul territorio costituendo il centro sociale diurno Dino Campana, nella zona di Firenze Centro. Questi sono i presupposti per la realizzazione dellobiettivo di Massimo. La Tinaia nasce con cinque pazienti: quattro ceramisti e un pittore; poi il numero dei partecipanti

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Rudolf Steiner (1861 1925) stato un filosofo e pedagogista austriaco, fondatore di una particolare corrente pedagogica. La pedagogia Waldorf mira a sviluppare individualit libere, con il binomio L'agile mobilit delle dita il presupposto della parola.

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si allarga, interessando anche gli operatori di stampo antipsichiatrico163: sia psichiatri, che assistenti sociali, che assistenti sanitari. Questa era una realt aperta a tutti, non erano richieste competenze artistiche, non si effettuava nessun tipo di selezione. Questo stato il motivo per cui sono entrate a far parte di questambiente persone che mai si erano avvicinate alla creativit e alla manualit, ma che nel tempo dimostrano di avere una grande ricchezza interiore. Ricordo a questo proposito un paziente, catatonico164 grave, tuttora vivente, indifeso e sottoposto a angherie di ogni genere, che si apr al disegno rompendo il suo silenzio patologico dopo un anno di presenza ne La Tinaia. Un giorno come un altro mentre gli operatori erano assenti, realizz un disegno, meravigliando tutti. La prima uscita de La Tinaia nel territorio risale al settembre del 1975. A Prato ad una fiera sono stati venduti i primi oggetti realizzati. Lesperienza cresciuta fino al 1987 tra mostre, come quella in Santa Croce, e partecipazione allesposizione alla Mostra dellArtigianato. Questi interventi erano un momento gratificante a conclusione di quel percorso che aveva migliorato le loro condizioni di vita. Favoriva infatti il reinserimento sociale e familiare dei ricoverati che si sentivano cos utili e considerati; per alcuni addirittura si potuto procedere a un reinserimento lavorativo. Lapprezzamento del loro operato si manifestava attraverso le vendite. La domanda che viene spontanea era indirizzata alla gestione del guadagno derivante dalle vendite dei lavori dei pazienti: Per tanti anni stata una vendita alla buona: met del guadagno andava nella cassa comune e laltra met allartista-autore. Dalla cassa comune venivano prelevate le quote di partecipazione, da distribuire ai partecipanti che non vendevano, mentre il rimanente, aumentato dal contributo della Asl, costituiva il nostro fondo per acquisti collettivi: il materiale necessario, un pulmino e viaggi per partecipare a mostre allestero in Francia, in Germania, in Svizzera, addirittura fino in America.

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Lantipsichiatria si contrappone con le teorie e le pratiche della psichiatria tradizionale. La sindrome catatonica un aspetto della schizofrenia, caratterizzata da mutismo, rifiuto, blocco, ripetizione dei gesti. Il significato di catatonia deriva dal greco kat gi e teinein tendere che significa ridurre ai limiti estremi la propria attivit di relazione, le attivit motorie e la volont. La catatonia stata osservata prevalentemente negli Ospedali Psichiatrici e si manifestava con un arresto delle attivit motorie, che poteva durare minuti, settimane o mesi. Questa condizione era legata ad uno stato di angoscia intensa che portava allimmobilit e alla mancata risposta a qualsiasi stimolo. Con lapertura dei cancelli degli istituti psichiatrici e il conseguente cambiamento di vita dei pazienti, le manifestazioni catatoniche sono diminuite fino ad estinguersi del tutto. possibile dunque affermare che in buona misura la sindrome catatonica sia la conseguenza della privazione e delle restrizioni istituzionali. (E. Bucaccio, K. Colja, A. Sermoneta, M. Turco, Op. cit., p. 58)

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Cambiando argomento viene chiesto a Dana in quali reparti abbia lavorato: Ho iniziato nellOttavo reparto Tbc, sinceramente con poca soddisfazione in quanto mancava unquipe allavanguardia. Poi sono stata trasferita al Sesto reparto-donne, che era quello del Firenze Centro, successivamente per alcuni anni a Prato, come altri colleghi giovani spostati nelle zone periferiche del Mugello, o Sesto o comunque nella provincia di Firenze. Ricapitolando 1987-89 ho lavorato nel territorio; nel 1989 sono rientrata a San Salvi dopo la morte di Massimo e l sono rimasta dodici anni. Questi trasferimenti sono la conseguenza della nuova organizzazione della struttura nellambito del territorio. I reparti anticamente ospitavano malati con comportamenti affini: tranquilli con tranquilli, agitati con agitati, anziani con anziani, sudici con sudici etc Poi lentamente siamo passati alla suddivisione territoriale in base alla quale venivano riuniti nello stesso reparto pazienti e medici che provenivano dalla stesso quartiere o dal territorio della provincia, prima separati per sesso poi gruppi misti. San Salvi in quegli anni era una situazione a macchia di leopardo. Finch c stato come direttore il Professor Nistri i vari reparti erano gestiti con una certa libert di manovra da parte dei medici primari, per cui si notavano differenze di terapie e metodi di approccio pi o meno orientati a un recupero sociale. Con lincarico al Direttore Pellican si cominci a vedere progressivamente un cambiamento nellorganizzazione dei reparti orientati ormai verso la chiusura. A questo punto del racconto nellambito della trasformazione ormai in atto avviene lincontro con i Chille de la balanza: Noi eravamo predestinati! Lincontro avvenuto in questo momento di crescita e apertura guidato dal Pellican, sensibilizzato al potenziamento di forme culturali ed espressive. Un giorno ci siamo incontrati per caso a La Tinaia, loro cercavano uno spazio per recitare Artaud. Tranne un breve cambio di sede in un padiglione abbandonato dal 1980, quindi immagina le condizioni, sono sempre stati dove adesso, nellambiente che era stato preparato per accogliere la casa-famiglia di sei pazienti molto gravi, frequentatori de La Tinaia. Siamo nel 1998 e erano rimasti gli ultimi tre reparti da chiudere; le persone furono distribuite nei miniappartamenti dentro San Salvi tra i Girasoli e le Civette, e la

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casa-famiglia. Era questo il momento giusto per cercare di realizzare un centro culturale aperto a nuove esperienze legato al movimento del centro artistico La Tinaia. I sei della casa famiglia erano: Guido Boni, grande artista, Umberto Gelli, Angela, Margherita, Franca e Giuseppina, detta Giusi, che non avevano la possibilit di essere reinseriti in famiglia. Nella casa-famiglia da poco inaugurata si svolgono le prove dellArtaud; i sei ricoverati hanno modo cos di assistere ad un qualcosa di diverso: si relazionano con Claudio e Sissi, danno anche un qualche semplice contributo che li fa sentire utili e meno emarginati. Claudio ricorda quando chiese a Giusi chi fosse lautore di un quadro l esposto, sapendo comunque che era fatto da lei, ma non firmato: Non importante firmare le cose, ma farle! questa fu la risposta di Giusi a Claudio, molto sensata, attuale, fuori dalla logica del commercio, purtroppo non applicata nel mondo di oggi. La memoria della presenza di queste sei persone puoi notarla tra le stanze della casafamiglia: ogni stanza caratterizzata da un colore diverso: giallo, rosso, verde, blu come hanno voluto gli ospiti-pazienti; nella zona regia cera la cucina e cerano anche delle scale che portavano al piano superiore, utilizzato per le mostre. La casa-famiglia stata trasferita in Viale dei Mille per poco tempo, perch i sei abitanti sono o deceduti o ricoverati in Rsa 165 o ritornati nei miniappartamenti a San Salvi. Questi spostamenti quasi come valigie sono stati per me un finale molto triste e uno dei motivi per cui poi ho chiesto nel 2002 il trasferimento dove mi vedi adesso. Io mi ero affezionata a loro, li consideravo come parte della mia famiglia; il mio obiettivo era quello di dar loro un recupero di vita sotto tutti i punti di vista; per un periodo ci sono riuscita, ma vederli rientrare o separarsi definitivamente per me stato un quasi fallimento, accompagnato dal grande dispiacere per lisolamento che ne conseguito.

Dopo queste interviste ho reputato curioso andare a sentire lopinione e il vissuto della signora Concetta Pellican, moglie del direttore Dottor Carmelo Pellican, che ha guidato la chiusura di San Salvi. Entusiasta al telefono mi ha fissato un appuntamento a casa sua e, una volta incontrate, ha con piacere ed emozione accettato di parlare di quel suo periodo.

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Residenza Sanitaria Assistita

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stato un piacere ascoltare la signora Concetta perch con semplicit, entusiasmo e coinvolgimento mi ha guidata dentro i manicomi di Volterra e di San Salvi. Mi ha colpita e appassionata perch le sue parole piene di emozione mi hanno trasmesso il grande amore che prova ancora per il compagno di una vita e i valori che li hanno guidati in cinquantanove anni di lavoro insieme. Inizia cos il racconto della signora Pellican, tratto da un suo libro di memorie A Memo. Ho preferito riferire direttamente da questa fonte biografica per non alterare in alcun modo il pensiero di colei che ha vissuto questo momento storico. Racconto la storia professionale di mio marito evidenziando per prima cosa la sua umilt e modestia, caratteristiche che rendevano prezioso tutto quello che faceva. Ora sento quasi il diritto-dovere, non di riscattare la sua modestia, ma appunto di evidenziarla con orgoglio e tenerezza attraverso tutte le tappe, scelte, fatiche, lotte e soddisfazioni della sua vita. Ci siamo conosciuti a Messina, mia citt natale, io frequentavo il quinto ginnasio, lui da Catanzaro era matricola alla facolt di Medicina. Si laure entro il sesto anno, subito dopo gli venne offerto un posto di assistente in una casa di cura privata per malattie nervose e mentali dove impar a praticare l'elettroshock e l'insulino-terapia, ovvero le cure praticate a quell'epoca. Si iscrisse a Modena alla scuola di specializzazione e nonostante le offerte dei proprietari della clinica di coinvolgerlo nella loro societ, prefer entrare volontario nell'ospedale psichiatrico di Catanzaro situato a Girifalco, uno dei peggiori e pi affollati d'Italia. Non potr mai dimenticare una mia visita al manicomio di Girifalco: c' da dire che frequentavo sempre i luoghi dove lavorava mio marito ed anche i nostri figli crescevano a latte e follia. Tanto vero che ho passato interi pomeriggi con loro in carrozzina, prima nel giardino della clinica privata, poi in quello di un istituto medico psicopedagogico che lui dirigeva, perch intanto si era specializzato anche in neuropsichiatria infantile. l che cominci a far confrontare i nostri figli con bambini pi svantaggiati di loro.

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Pellican cominci a frequentare il professar Basaglia e si fece mandare a Milano per seguire il seminario di Maxwell-Jones 166 che aveva creato in Inghilterra la prima comunit terapeutica. Mio marito vinse il concorso di primario allOspedale Psichiatrico di Volterra il 17 Gennaio del 1972; noi potemmo raggiungerlo solo in settembre. Subito dopo arrivati a Volterra i rispettivi presidenti del Rotary e del Lions Club invitarono il Dott. Pellican ad associarsi. Il gentile rifiuto evidenzi subito lo nostra collocazione politica. Il reparto che fu assegnato al primario Pellican si chiamava "Verga", giusto per ricordarci il nostro sud. Cos apr il reparto-donne, primo atto rivoluzionario e rischioso; convinse le malate ad uscire in giardino, a vestirsi decentemente e guardarsi allo specchio, cosa impossibile fino ad allora poich gli specchi erano stati rimossi da tutti i reparti a mangiare a tavola con le posate e non con le mani. Quante volte ho mangiato con loro sia per compagnia che per insegnare luso delle posate! Le pazienti cominciarono ad uscire anche in citt, prima accompagnate dalle infermiere, poi da sole ed anche la citt fu costretta a distogliere lo sguardo dall'immenso manicomio immobile e senza speranza (le guide turistiche di Volterra lo menzionavano con vanto come uno degli ospedali pi grandi d'Italia con ben cinquemila ricoverati) e confrontarsi con degli esseri umani disperati ma innocui che da anni vivevano come carcerati. La maggior parte dei ricoverati nei manicomi erano i poveri, le prostitute, gli alcoolisti ed i "politicamente scomodi"; insomma i veri matti con patologie, forse, erano una minoranza. Ricordo una donna che io e Carmelo chiamavamo "la sindachessa" perch era unistituzione, l ricoverata da ben cinquanta anni: in giovent aveva avuto una delusione d'amore e per rabbia aveva dato fuoco ad un capanno per gli attrezzi dei contadini. Quella colpa le cost il manicomio a vita! Naturalmente l'esperienza del Verga suscit l'interesse dei giovani assistenti ed anche di qualche primario di altri reparti.

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Lo psichiatra Maxwell Jones cre nel 1952 la prima comunit terapeutica in Inghilterra, con l'obiettivo di far partecipare i pazienti, e quindi responsabilizzarli. L'idea era quella di trasformare l organizzazione gerarchica, in una organizzazione basata su un rapporto paritario fra gli utenti e gli operatori sanitari.

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Il direttore di Volterra vinse il concorso per la direzione dell'Ospedale Psichiatrico di S. Maria della Piet di Roma ed il presidente dell'amministrazione affid ad interim (in attesa del concorso) l'incarico di direttore al dottor Pellican, incarico divenuto effettivo dal 1 gennaio 1975. Inizia subito l'immane e rischioso lavoro di deistituzionalizzazione da sempre sognato, prima ancora che la legge Basaglia diventasse operativa. L'ospedale psichiatrico di Volterra era la fabbrica della citt. Si pu immaginare, quindi, quanto e come sia stato arduo ed impopolare per il Pellican il compito assunto con gli ottocento infermieri, che si trovarono alla perdita del posto di lavoro, costretti ad accettare un trasferimento sulla provincia e oltre: Cecina, Cascina, Pontedera, Pisa, Livorno fino all'isola d'Elba. Nella riorganizzazione manicomiale Pellican fu costretto ad affrontare il problema della mistizzazione. Con questo criterio si formarono naturalmente dei reparti misti, divisi solo per piani, mentre prima erano organizzati solo per sesso. Questa iniziativa scaten una vera e propria guerra moralistica e la gelosia irrefrenabile dei mariti delle infermiere che con i reparti misti si trovavano a contatto con i matti uomini. La rivolta si concretizz in numerose lettere e telefonate anonime, con minacce vergognose. Altre forme di protesta saranno assemblee e scioperi degli infermieri fino ad accogliere il direttore e il presidente con solenni fischi e striscioni con scritto: "Pellican e Verdianelli (il presidente) levatevi dai corbelli" mentre a giorni alterni sostavano davanti al cancello di casa con lo striscione "Pellican Carmelo sei salvo per un pelo". Altra forma di protesta degli operatori sar legata alla sospensione degli stipendi per un paio di mesi perch lo Cassa di Risparmio di Volterra, tesoriera dell'amministrazione dell'ospedale, temeva limminente mancanza di rette dei ricoverati. In tutto questo si crearono fratture politiche sempre pi marcate tra gli schieramenti dellepoca. Il Pellican apr il cancello d'entrata dell'ospedale per renderlo tutt'uno con il quartiere e facendo entrare l'autobus di citt fin dentro i viali con le relative fermate. L'ospedale ridiventava cos territorio cittadino. Il comune di Volterra concesse delle case popolari per l'inserimento di alcuni ricoverati autosufficienti.

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Alcuni reparti diventarono case-famiglia, altri centri di riabilitazione, mentre la maggior parte sono stati riconvertiti in un ospedale civile moderno ed efficiente. C' da ricordare la collaborazione continua con il teatro di Pontedera e l'Odin Theatre di Eugenio Barba che organizzavano meravigliosi spettacoli coinvolgendo i malati e tutta la citt. Fu in questa occasione che sono venuta a conoscenza del libro di muro di Nannetti di cui ho precedentemente parlato e della raccolta di lettere ritrovate nellarchivio dell'Ospedale Psichiatrico di Volterra da Pellican e pubblicate con il titolo Corrispondenza negata. Epistolario della nave dei folli (1883-1974). Questo libro ha appassionato tanti, tra cui la poetessa Alda Merini e il cantautore Simone Cristicchi, che da una di queste lettere ha tratto lispirazione della sua canzone Ti regaler una rosa vincitrice del Festival di Sanremo del 2007. Da questo momento in poi il racconto della signora Concetta si spostato su Firenze. Nel 1984 Pellican arriv a Firenze. Cominci l'ultima immane fatica: chiudere anche il manicomio San Salvi. Trov collaborazione in tanti colleghi ed operatori, anche perch ormai la legge Basaglia era realt consolidata. Le difficolt non mancarono. A Firenze il confronto amministrativo era con Regione, Provincia, Comune, Universit e questo voleva dire anche rapporto con tutte le forze politiche e pubblicazione i sui giornali cittadini, di destra e di sinistra, per ogni iniziativa che facesse. Si impegn seriamente per ottenere una convenzione con lUniversit affinch i neuropsichiatri risultassero sostenuti non solo da una preparazione teorica, ma anche pratica. In una sua pubblicazione su Neuropsichiatria, che poi mio marito, tra laltro direttore della rivista, ha cambiato in Neo-psichiatria, dal titolo Una progettualit tecnicopolitica sull'agire dell'uomo sull'uomo insieme al collaboratore Raimondi diceva: "La trasfusione dei saperi parcellizzati rende la pratica leggibile e storificante. Sperimentare acquista cos un senso di compiutezza efficace sull'uomo per l'uomo. Ricordiamo che solo attraverso un ampliamento delle conoscenze stata possibile una diversa visione dell'uomo sequestrato nei campi di concentramento dei manicomi la ricerca debba essere il supporto dell'assistenza intesa questa non come spazio per letti su cui si poggiano "i casi" da studiare, ma incontro con il reale, con l'uomo e i suoi problemi. "

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Per quanto riguarda lambito della comunicazione, - continua la signora Concetta sarebbe molto importante dar voce al manicomio, a ci che stato. Non c mai stata una comunicazione tra il manicomio e la citt, e la citt non ha mai comunicato con il manicomio. Noi abbiamo il dovere di far sapere cosa erano i manicomi, affinch queste crudelt non si ripetano mai pi nella storia delluomo. Il rischio di ricadere in un errore c sempre, il tempo passa, mutano le situazioni, ma il problema di persone che possono nascere con delle malattie mentali ci sar sempre, no? Chi ha detto che non potrebbe capitare a noi a un conoscente? Ci sono tuttoggi delle cliniche convenzionate che sono tanti piccoli manicomi che nessuno controlla. Il manicomio un pezzo di storia e di vita di tutti, abbiamo il dovere di raccontare. Custodire la memoria diverso da fare museo, perch il museo una memoria che stata e non c pi, statica. Mantenere viva la memoria invece una cosa diversa, ed per questo che lanno scorso con i Chille abbiamo creato unAssociazione per la memoria viva di San Salvi, intestata a mio marito di cui sono presidente. dal 1983 che combatto con le forze politiche locali e con le Istituzioni a proposito della riconversione dellarea; le proposte fatte sono state folli! Chi voleva utilizzare larea per fare degli appartamenti, chi, invece, la caserma dei carabinieri Io credo che lascer purtroppo il testimone ai miei figli, perch in trenta anni ancora non si deciso niente. Si pu comunicare con tante cose e in tanti modi, no? Non questa mancanza di comunicazione? La conoscenza del fenomeno manicomiale e degli alienati una cosa che deve passare alle nuove generazioni. So quanto ci teneva mio marito e quanto ci tengo io personalmente come cittadina, non possibile tralasciare un problema per trenta anni, prometto che fino a che avr forza di gridare e di interessarmi non mi fermer!

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Le parole della signora Concetta Pellican mi ricordano molto quelle lette in un libro di Sociologia La conversione dello sguardo. Verso nuovi orizzonti epistemologici negli studi di comunicazione, che analizza limportanza della comunicazione e della conoscenza, ovvero lapprendimento alla base della trasformazione sociale. Lautore auspica una nuova cultura della comunicazione. La buona comunicazione, che si contrappone alla cattiva comunicazione o lincomunicazione, che diventa una risorsa fondamentale per acquisire consapevolezza, risvegliare attenzione e responsabilit, soprattutto nei riguardi della vita di tutti i giorni e quindi della societ. 167 La buona comunicazione e le pratiche educative sono le basi di una societ che vuole funzionare. Socrate ha cercato di insegnare come sia possibile comunicare a tutti, anche con luomo della strada usando un linguaggio semplice, ed insegnare a diventare cittadini. Luomo un essere sociale e larte del saper vivere si concretizza nellarte del saper vivere con gli altri, senza utilizzare una forma di dominio delluomo sulluomo.168 Lutilizzo del dialogo e della comunicazione pu diventare un antidoto alla violenza, il processo di civilizzazione prevede una riduzione della violenza conseguita attraverso lenti e contraddittori processi di apprendimento che consentono agli esseri umani di imparare sempre meglio a controllare e a gestire le loro pulsioni distruttive: imparando cos a distaccarsi da se stessi e a coinvolgersi nelle situazioni e nei contesti sociali nei quali vivono.169 La comunicazione infatti il tessuto connettivo e nervoso della societ, per mezzo del quale si costruisce lidentit dellindividuo e della collettivit. Attraverso il dialogo si creano significati condivisi: la cultura, le tradizioni, la vita di relazione. Comunicare, nel suo significato etimologico, comporta un flusso di informazione che va nelle due direzioni cio dallemittente al ricevente e viceversa, attraverso un codice comune.170 Nel passato, fino al secondo dopoguerra, non si poteva parlare di comunicazione: i rapporti erano gerarchici, dallalto al basso, era unaccettazione passiva delle indicazioni a vario livello, tutto veniva subito senza che venisse messo in discussione.

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G. Bechelloni, La conversione dello sguardo. Verso nuovi orizzonti epistemologici negli studi di comunicazione, Ipermedium, Cesena, 2009, pp. 78-85 168 Id., p.13 169 G. Bechelloni, Op. Cit., p.78 170 Giovanni Bechelloni, Enrico Cheli, Comunicazione e non violenza. Dai problemi di comunicazione alla comunicazione come risorsa, Mediascape Edizioni, Firenze 2003, pp. 23-24

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Sar con il secondo dopoguerra che la societ si aprir alla comunicazione. La diffusione dei nuovi strumenti di comunicazione di massa, le riforme scolastiche che aprono la scuola ad un utenza sempre pi vasta permettono di diffondere la conoscenza, di creare cultura e di promuovere lo spirito critico individuale. 171 Con gli anni le cose matureranno fino ad arrivare ai grossi cambiamenti degli anni Sessanta e Settanta. Da questo momento in poi diminuir lesclusione di tanti dalla conoscenza e dallapprendimento favorendo cos la consapevolezza e la capacit di operare scelte consapevoli dettate dalla sicurezza nei propri mezzi. Questi risultati consentono di superare la violenza distruttiva che sta alla base dellignoranza. 172 Quanto detto fin qui si riflette anche nella realt manicomiale, gerarchia e comunicazione unidirezionale, allontanamento sociale, tipizzazione di luoghi comuni legati allassoluta mancanza di sola informazione. I cittadini erano completamente alloscuro della realt di vita sotto i tetti rossi, anzi cera lomert popolare di tenere nascosto qualsiasi collegamento con le problematiche l dentro trattate. Questo succedeva perch la vita di relazione andava secondo regole e schemi ferrei. Tutti si dovevano uniformare alle consuetudini consolidate, importava molto pi cosa eri che chi eri, movente spesso per la segregazione dalla societ nei manicomi dove lautorit gestiva la libert, la spontaneit e la creativit. Il cambiamento a San Salvi infatti parte proprio dalla libert di espressione, rappresentato dalla Tinaia. I cambiamenti degli ultimi decenni sono stati senza dubbio positivi: sono modificati i rapporti umani, la societ diventata democratica e libera grazie allautodeterminazione e alla comunicazione che hanno portato a riforme e riorganizzazioni sociali di cui siamo a conoscenza. In questo quadro si inseriscono i cambiamenti che la struttura manicomiale da Istituzione Totale passata allattuazione della legge n.180. Fondamentale lanalisi del punto di vista anche di coloro che si sono trovati, giovani e grintosi, a contatto con la realt di San Salvi durante il periodo universitario degli anni Settanta.

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Ibidem Ibidem

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Gli anni Settanta rappresentano, infatti, il periodo del fermento, di sfiducia nei confronti delle Istituzioni Totali, della modernizzazione, dellapertura, delle assemblee, dei dibattiti, di un utilizzo violento della comunicazione per manifestare le proprie idee, in misura sempre pi accentuata: sentimenti negativi di alienazione, cinismo, apatia, disillusione, con una conseguente trasformazione della societ e dei modelli di vita.

a questo periodo che appartengono i ricordi di Pino Pini, psichiatra, che si laureava nel 1970 con una tesi sullOspedale Psichiatrico di San Salvi e sulla costituenda Asl. Sorridendo Pino comincia il suo racconto, che lo fa tornare indietro di qualche anno, in un periodo, quello di Basaglia, quando le persone che lo hanno vissuto lo ricordano come unera di storico cambiamento. Ho cominciato a frequentare San Salvi proprio nel 1970, ero studente al quinto anno di medicina e stavo studiando per lesame obbligatorio di Neuropsichiatria.173 La Clinica Universitaria Psichiatrica era dentro San Salvi, nel primo padiglione dove ora c una scuola, mentre la Clinica Neurologica era situata a Villa Fabbri. Era una realt nuova per me e ne rimasi molto colpito. Durante le lezioni allUniversit del Professor Maleci, neurologo, professore anche di Basaglia durante il suo periodo di insegnamento a Padova, mi impressionai molto durante una dimostrazione in classe nella quale era presente un paziente psichiatrico: era un ragazzo, che avr avuto la mia et, imbarazzato, classificato come pazzo. Si svilupp ben presto in me una matrice sociale molto forte, chiesi la tesi al professore e la possibilit di entrare a San Salvi in Clinica. L avveniva losservazione e passavano tutti i malati nuovi, restavano necessariamente non pi di un mese, dopo di che o diventavano associati allospedale psichiatrico, socio a vita, oppure venivano dimessi. Avevo la possibilit di entrare nei reparti, non potr mai scordarmi la quantit di chiavi che possedevano gli infermieri. Luniversit e lospedale erano due realt completamente staccate, ed stato frequentare lambiente ospedaliero che mi ha spinto a decidere per la strada psichiatrica. Cominciai a lavorare a San Salvi, allinizio ero nel reparto agitati quello della Dottoressa Magherini, poi sono passato al terzo misto, dove ho lavorato per diverso tempo.

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Nel 1972, con le normative europee lesame di Neuropsichiatria stato cambiato con lesame di Neuropsichiatria Infantile

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Quando iniziai a lavorare nellOspedale Psichiatrico i reparti erano ancora divisi per patologie e per sesso; era stato appena avviato il cambiamento con la divisione dei reparti in base alla zona di provenienza, la mistizzazione uomini e donne e la nascita delle prime quipe. NellOspedale si cominciava a sentire il desiderio di cambiare il sistema. Mi arriv la proposta di lavorare nellUniversit, ma ho preferito continuare ad operare nellospedale; li che si fatta la storia! Adesso si pone attenzione sui rapporti umani tra pazienti e personale medico e infermieristico. Proprio di questo parla il Dottor Pini: Quando arrivai, nel periodo di stesura della tesi, era iniziato lutilizzo in alcuni reparti delle assemblee. Lidea era partita da La Tinaia, frequentata da alcuni medici, per esempio il Dott. Mori, che sono stati i pionieri di queste sperimentazioni. Creavano dei gruppi psicoanalitici allinterno dei reparti e nella Tinaia, costruendo dei momenti alternativi alla vita di reparto. Cominciai a collaborare in Tinaia, con la signora Dana e Massimo, tra laltro a quel tempo abitavano davanti a casa mia in Santo Spirito,. Queste riunioni in gruppo erano molto importanti anche per noi perch si imparava ad avere un approccio diverso con il malato: non pi quello del medico col camice bianco. Si stava tutti insieme a fare la creta, in modo informale, lavoravamo insieme ai pazienti, qualcuno era un vero artista. In questo modo si cambiavano le dinamiche del rapporto. Poi a questi momenti ne seguivano altri dove si analizzavano i lavori, i comportamenti, le evoluzioni dei rapporti; noi non esaminavamo solo i lavori dei pazienti, ma tutto il contesto, soprattutto il rapporto fra noi e i pazienti. Era nel nostro interesse capire come stare con i pazienti, fuori dal reparto. Si cercava di rompere il vecchio modello medico-paziente e impegnarci

nellintegrazione del paziente nei rapporti umani. Cominciai a lavorare a La Tinaia portando le persone dal mio reparto, e poi una volta a settimana si faceva entrare la Tinaia nel reparto. Si mangiava tutti insieme, si faceva pittura allinterno del reparto pazienti, medici ed infermieri. A La Tinaia si lavorava molto con gli psicologi tirocinanti, erano molto importanti, portavano aria nuova. Questo and avanti per mesi, forse un anno, poi labbiamo continuata nel territorio fino al 1978.

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Aperto un ambulatorio a Firenze, in San Jacopino, abbiamo pensato di ricreare dei momenti in cui si facevano attivit di gruppo che andavano ad affiancare la terapia, a volte, farmacologica. Nella sala di attesa dellambulatorio si facevano le attivit di gruppo con Dana e Massimo. Parametri previsti per il ricovero ospedaliero. Prima e dopo la legge n.180. Il primo era la pericolosit e poi il fatto che una persona fosse affetta o no da una patologia. Cerano due medici, come tuttora, che analizzavano il caso e confermavano il ricovero se necessario. Uno poteva essere anche un medico di famiglia. Diciamo che cera un concorso di opinioni tra medici dove si presumeva una patologia; la dichiarazione in caso di ricovero era sempre anticipata dalla frase pericoloso a s e agli altri. Questa comunicazione andava in questura da dove partiva lordine di procedere al ricovero, dal momento che entrando in manicomio si sporcava la fedina penale. Il ricovero volontario avvenne dal 1969; si cre allinterno di San Salvi un reparto di volontari: era pieno. Questo significava che questo bisogno cera, che il problema della salute mentale era un problema sociale rilevante, un bisogno al quale si doveva rispondere, ma non con lospedale e la contenzione, bens con altre soluzioni. Il concetto di pericolosit poi fu tolto dalla sanit, non si scrive pi che una persona pericolosa a s e agli altri, ma che ha bisogno di cure che possono essere somministrate territorialmente o che necessita di un ricovero ospedaliero. Adesso una parte delle persone che ha bisogno di cure va negli ambulatori, oppure per situazioni particolari si pu ricorrere al TSPDC il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, previsto della legge n. 180. La legge Basaglia si era preoccupata di ricavare allinterno degli ospedali generici delle aree dove ricoverare queste persone, a volte in maniera forzosa; in questo caso si parla di TSO, ovvero il Trattamento Sanitario Obbligatorio. Il TSPDC riservato ai ricoveri volontari per un 90%, mentre per il 10% ai trattamenti obbligatori autorizzati dal sindaco che ha in quel caso la prerogativa di autorit sanitaria.

con la testimonianza di Anna Maria Uncini, in quegli anni giovane psicologa tirocinante, diciottenne curiosa e piena di vita, che si conclude questo ciclo di interviste di vita vissuta nel manicomio di San Salvi.

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Era da tanto tempo che non ripensavo a San Salvi. La mia esperienza l dentro stata da tirocinante durante il periodo dellUniversit, contemporaneamente alla riforma di Basaglia. A Firenze nel 1967 non cera una facolt di Psicologia, per al magistero di Pedagogia cera un nucleo storico dellIstituto di Psicologia. Tra il 67 e il 69 nasce il primo vero e proprio corso di Laurea in Psicologia, ma in attesa del riconoscimento ministeriale, seguivo intanto lindirizzo di psicologia sperimentale a Firenze. Ero molto appassionata allargomento, perci mi fu consigliato di fare esperienza sul campo a San Salvi. stata un esperienza bellissima! Ero nel terzo reparto-donne, il reparto della Dottoressa Magherini, di cui si sente parlare molto anche ora per gli studi sulla Sindrome di Stendhal 174 , e per limpegno verso lapertura dei reparti, pur continuando la pratica dellelettroshock. Il primario aveva accettato cos un gruppo di ragazzi dellIstituto di Psicologia. Non potr mai scordare la prima cosa che ci ha detto: Non leggete niente, n di psichiatria, n di psicologia. Prima si impara con la propria testa poi ci si confronta con il pensiero degli altri. Questo insegnamento per me stato molto formativo. Il nostro compito era stare con le persone ricoverate, trasformate completamente dalle terapie che le facevano sembrare delle larve. Anna risponde sui disturbi presentati dalle donne nel reparto cui era assegnata: Di tutti i tipi. Il manicomio una volta era un posto dove entrava di tutto: dallisterica alla schizofrenica175 I medici conoscevano molto bene le persone che ci consegnavano; accanto al reparto che frequentavo, il terzo-donne, mi ricordo che cera il decimo reparto, chiuso a chiave. Le chiavi degli infermieri erano enormi! La paziente che mi era stata assegnata si chiamava Mariellina, aveva 55 anni, era dolcissima, ma completamente rimbambita dagli elettroshock che aveva subito. I farmaci erano molto pesanti, le persone camminavano come zombie.

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Chiamata anche Sindrome di Firenze, una affezione psicosomatica caratterizzata da tachicardia, capogiro, vertigini, confusione in soggetti messi di fronte ad opere d'arte di straordinaria bellezza, soprattutto in spazi limitati. 175 La Schizofrenia uno dei pi gravi e comuni disturbi psicotici; il suo nome deriva dal greco con il significato di "mente divisa". La Schizofrenia rende progressivamente frammentata la personalit e le modalit di scambio interpersonale; il malato risulta infatti del tutto estraneo all'ambiente circostante e agli accadimenti personali ed interpersonali esterni, ritirandosi in un mondo tutto.

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stata unesperienza tremenda, molto forte, ma allo stesso tempo bellissima, formativa. Era una prova con noi stessi tutti i giorni e lo scopo principale era quello di riuscire ad entrare in contatto con queste persone spaventose e non avere paura. Il nostro ruolo era stare insieme a loro e trattarli umanamente. Si cercava di stabilire un rapporto affettivo e di sfumare, se non addirittura eliminare, quella divisione derivata dal ruolo professionale. Mi ricordo che ci fu dato il permesso di portarli fuori da San Salvi; io con la Mariellina ci trascorrevo molto tempo, mi ricordo che andavamo in centro con lautobus. Abitando in piazza Oberdan, molto vicina alla zona di San Salvi, la signora Anna parla della realt del manicomio nellimmaginario collettivo: Andare ai tetti rossi era un marchio; si sapeva che era un lager. Cera paura e disgusto per la malattia mentale. La cosa pi incredibile che la gente pensava che fosse il posto giusto dove dovevano stare queste persone; secondo lopinione pubblica loro stavano bene nei lager, come sta bene un cane arrabbiato in una gabbia nel canile. Era pesante letichetta che veniva data alla malattia mentale. Non solo il paziente non riusciva ad uscire dal manicomio, ma i figli, i parenti di questi, erano visti male e per non essere bollati dovevano mantenerlo nascosto mi vengono in mente delle immagini Per esempio cera un salone allinterno del sesto reparto dove i parenti andavano a trovare i degenti, non entravano nemmeno nelle loro camere, era tremendo. Mi ricordo vedevo queste persone che, nonostante, suppongo, volessero bene ai loro familiari rinchiusi, non riuscivano a dimostrarglielo. Lunica cosa che facevano per loro era portagli da mangiare. Lunico modo per veicolare laffetto era il cibo, non cera altra possibilit per

scambiarsi amore e ricordi. Solo questo. E questo mi addolorava.

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Follia in diretta

In questo paragrafo vengono riportate testimonianze autobiografiche: lettere e pagine di diario di chi stato ricoverato e ha subito violenza psicologica solo per il fatto di essere l dentro o trattamenti terapeutici, che ne hanno modificato le capacit fisiche e psichiche. I testi sono originali e non hanno subito alterazioni sul piano dei contenuti, della forma espressiva e della competenza lessicale.

Lettera ai direttori dei manicomi scritta da Antonin Artaud e pubblicata nella rivista La Rvolution surraliste n.3 intitolata Lettre aux Medecins-chief des asiles de fous (Lettera ai direttori dei manicomi) rappresenta uno dei primi documenti antipsichiatrici e di denuncia contro la situazione manicomiale:

Signori, le leggi e il costume vi concedono il diritto di valutare lo spirito umano. Questa giurisdizione sovrana e indiscutibile voi lesercitate a vostra descrizione. Lasciate che ne ridiamo. La credulit dei popoli civili, dei sapienti, dei governanti dota la psichiatria di non si sa quali lumi sovrannaturali. Il processo alla vostra professione ottiene il verdetto anzitempo. Noi non intendiamo qui discutere il valore della vostra scienza, n la dubbia esistenza delle malattie mentali. Ma per ogni cento classificazioni, le pi vaghe delle quali sono ancora le sole ad essere utilizzabili, quanti nobili tentativi sono stati compiuti per accostare il mondo cerebrale in cui vivono tanti dei vostri prigionieri? Per quanti di voi, ad esempio, il sogno del demente precoce, le immagini delle quali preda, sono uninsalata di parole? Noi non ci meravigliamo di trovarvi inferiori rispetto ad un compito per il quale non ci sono che pochi predestinati. Ma ci leviamo, invece, contro il diritto attribuito a uomini di vedute pi o meno ristrette di sanzionare mediante lincarcerazione a vita le loro ricerche nel campo dello spirito umano. E che incarcerazione! Si sa- e ancora non lo si sa abbastanza che gli ospedali, lungi dallessere degli ospedali, sono delle spaventevoli prigioni, nelle quali i detenuti forniscono la loro manodopera gratuita e utile, nelle quali le sevizie sono la regola, e

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questo voi lo tollerate. Listituto per alienati, sotto la copertura della scienza e della giustizia, paragonabile alla caserma, alla prigione, al bagno penale. Non staremo qui a sollevare la questione degli internamenti arbitrari, per evitarvi il penoso compito di facili negazioni. Noi affermiamo che un gran numero dei vostri ricoverati, perfettamente folli secondo la definizione ufficiale, sono, anchessi, internati arbitrariamente. Non ammettiamo che si interferisca con il libero sviluppo di un delirio, altrettanto legittimo, altrettanto logico che qualsiasi altra successione di idee o di azioni umane. La repressione delle reazioni antisociali per principio tanto chimerica quanto inaccettabile. Tutti gli atti individuali sono antisociali. I pazzi sono le vittime individuali per eccellenza della dittatura sociale; in nome di questa individualit, che propria delluomo, noi reclamiamo la liberazione di questi prigionieri forzati della sensibilit, perch pur vero che non nel potere delle leggi di rinchiudere tutti gli uomini che pensano e agiscono. Senza stare ad insistere sul carattere di perfetta genialit delle manifestazioni di certi pazzi, nella misura in cui siamo in grado di apprezzarle, affermiamo la assoluta legittimit della loro concezione della realt, e di tutte le azioni che da essa derivano. Possiate ricordarvene domattina, allora in cui visitate, quando tenterete, senza conoscerne il lessico, di discorrere con questi uomini sui quali, dovete riconoscerlo, non avete altro vantaggio che quello della forza. Antonin Artaud

Figura 11: "San Salvi 1970", foto di Renato Bartolozzi

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Leggere i diari e le lettere di Artaud significa restituire la parola ad un uomo che stato internato per 9 anni in diversi ospedali psichiatrici e ha subito ben 51 elettroshock. Artaud con la scrittura e il pensiero ha percorso durante tutta la vita il crinale sottile che divide la normalit dalla follia. Una dimensione che il genio dellartista trasforma in una costruzione umana e poetica di sentimenti damore, di politica, di sogni, di speranze. 176 La scrittura dei quaderni rappresentano il tentativo dellautore di opporsi allo shock elettrico con lo shock della parola. la scrittura che gli ha permesso di rigenerarsi. Lelettroshock provoca sempre un cancellazione di tutto ci che pu risiedere nella mente e questo sforzarsi a scrivere riporta in vita i pensieri e gli ideali di chi lha subito.177 Artaud alterna il codice verbale con il codice grafico per esprimere i suoi sentimenti, gli atteggiamenti, la costrizione a cui sottoposto e la sua personale opposizione allIstituzione. nella parola scritta o disegnata che si rafforzava e cos risorgeva la sua capacit di reazione. La morte, sempre presente nei suoi scritti, lesperienza dei coma da elettroshock perch ogni coma mi ha ucciso ed io non voglio pi essere assassinato. 178 Ogni applicazione di elettroshock mi ha gettato in un terrore che durava ogni volta parecchie ore.179 La sopravvivenza era rappresentata dalla scrittura che faceva entrare il corpo nel testo, diventando cos una scrittura fisica, a volte una creazione artistica. La cura dellelettroshock aveva alterato la calligrafia e il ritmo della scrittura. 180 I diari in questa situazione rappresentano la continua rigenerazione dellessere umano, ucciso pi volte dalla terapia shock, ricreandone il mezzo di espressione: il linguaggio. Nei diari infatti Artaud scrive: Il mio cuore crede che qualunque soddisfazione stia nel pensiero e nellanima, e che basti nominare i suoi stati interiori e le sue trance, farne un poema riuscito e un dramma, per farle vivere e dar loro diritto di cittadinanza tra le cose con lo stesso valore e la stessa ricettivit di una casa edificata pietra su pietra e cementata, o dei vagiti di un nuovo nato.

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Ida Savarino, Artaud Antonin, Nel vortice dellelettrochoc, Tivoli, Sensibili alle foglie, 1998, p.9 Ibidem 178 Id., p. 23 179 Id., p. 25 180 Id., p. 27

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Voglio dire che un poeta e pensatore pu creare degli stati danimo, e appoggiarsi sulle sue lotte interiori per far nascere un conflitto e un dramma che contenga in s alla stato di trama, di tessuto o di corteccia, tutti i problemi della vita.181 Lettere e poesie ritrovate nelle cartelle cliniche del manicomio di San Salvi: i pensieri e i racconti di due internati

La pratica della scrittura, di cui siamo venuti a conoscenza soprattutto dopo lentrata in vigore della legge n.180/78, che ha permesso di aprire gli archivi di tanti anni di reclusione, diffusa a San Salvi come in tutti i manicomi. I ricoverati scrivevano lettere e pagine di diari, anche se era proibito, anche se nessuno avrebbe mai risposto. Sono state raccolte tra il 1978 e 1979 molte lettere ritrovate nelle cartelle cliniche del manicomio di Firenze. Lo psichiatra Giuseppe Fioravanti Giannoni ne ha trovate 150, le ha trascritte e commentate per ritrovare le verit nascoste che si celavano sotto le parole di queste persone ricoverate. Parole e frasi che a prima vista possono sembrare assurde, ma non per chi, come lui, ha conosciuto e frequentato quella realt. Per intervistare il dottor Giuseppe Fioravanti Giannoni sono andata a Greve, nella sua casa, era una serata molto fredda di gennaio. un uomo molto colto, piacevole, che spazia in vari campi, esemplificando con collegamenti storici, letterari, filosofici, artistici, rendendo la conversazione coinvolgente. Abbiamo cominciato dal suo incontro con la psichiatria che lo ha portato a esercitare la professione dentro San Salvi: Ho fatto per diversi anni il medico di famiglia, nel tempo mi sono reso conto che la parte psicologica nello sviluppo della malattia era preponderante. Era il 1966, avevo quasi quaranta anni, per lesattezza trentotto e mi iscrissi alla scuola di specializzazione per approfondire il problema sulla psicopatologia Quello che segue sono esempi delle atrocit praticate allinterno del manicomio e riferite dal dottore: Al manicomio di Firenze, nei primi anni settanta, al Quarto reparto uomini, quello dei sudici, la pastasciutta non veniva servita nei piatti ma versata in terra nel mezzo del

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salone e quei sudici la mangiavano come se fossero maiali ed al Terzo donne al mattino le ricoverate che, legate al letto, nella notte si erano sporcate defecando, venivano messe nella vasca del bagno, uninfermiera con una sistola le innaffiava, mentre unaltra portava via il sudicio con una granata di saggina. Questa dichiarazione ci fa capire immediatamente il punto di vista dello psichiatra nei confronti del manicomio; parlando infatti rende nota la sua antipsichiatria 182: per la comunicazione, per le relazioni interpersonali e soprattutto per la guarigione che permetta un inserimento attivo nella societ, ovviamente quando possibile. Il dottor Giannoni avvalora quanto affermato dandomi un libro da lui scritto Nel dentro di dentro. una raccolta di documenti, la maggior parte lettere, di tre ricoverati che si rivolgono ai familiari, ai medici, alle autorit per essere ascoltati nelle loro necessit. Tanti, in quellinferno, scrivevano; scrivevano lettere affidandole agli infermieri perch fossero spedite agli indirizzi, i pi vari, e che regolarmente erano cestinate se non finivano nella cartella clinica. L le ho trovate; i colleghi medici mi hanno passato quelle che avevano conservato. Lo psichiatra mi disse che non ha posto molta attenzione alla data delle lettere perch: [] nel manicomio il tempo era senza tempo; il delirio, le allucinazioni , si avvitorcolavano su di s senza fine; lambiente, cristallizzato e cristallizzante , reificava anche lanima, la mente; le rendeva immote, inutili, pur nel loro vorticare di verit che non trovava ascolto e passava come priva di senso. Ho raccolto cos tante lettere che mi sono sembrate interessantissime sia per forma che per contenuto, testimonianze eloquenti di una vita travagliata e terribile, sfoghi, aneliti, denunzie, facezie, evasioni, speranze, reazioni, confessioni, scritte in un linguaggio particolare, a prima vista incomprensibile e ridicolo, ma certamente estroso quanto stravagante. Mi stato chiarito durante lincontro che il linguaggio degli schizofrenici conseguenza non di una malattia inguaribile, ma di un modo particolare di vivere in relazione e in reazione a tutto ci che li circonda. Nella cosiddetta schizofrenia c lesperienza di vivere la realt come in sogno e tutto diventa simbolico come nel sogno, anche il linguaggio e la comunicazione.

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Allinizio il Dottor Giannoni ader alla nuova societ italiana Psichiatria Democratica, fondata da Franco Basaglia nel 1973, che promuoveva la liberazione del malato dalla segregazione manicomiale. Dal momento che la societ praticava anche lutilizzo degli psicofarmaci nella cura della malattia mentale il Dottor Giannoni si distacc dal movimento fino ad assumere un atteggiamento del tutto contrario allutilizzo degli psicofarmaci, abbracciando terapie alternative basate sulla relazione e il contatto umano.

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un modo mentale tipicamente umano di reagire a situazioni insopportabili perch paradossali, un nascondersi, un mascherarsi, una risposta pragmatica ad una realt di messaggi paradossali. Anche le allucinazioni sono comunicazione e nel delirio c tanta verit. Il linguaggio del folle ed il suo comportamento devono essere interpretati per essere capiti, perci il commento a queste lettere serve per arrivare al nocciolo, al dentro. Al dentro del dentro. Di seguito sono riportate integralmente una scelta di scritti tratti dal libro Nel dentro di dentro che descrivono con un linguaggio molto colorito e lucido la realt del manicomio: sei lettere del paziente Giacomo Tarantini e quattro di Supremo Conti.

Giacomo Tarantini nasce nel 1931, figlio unico, la madre muore di parto, turbe psichiche sono presenti sia nella famiglia paterna che in quella materna. Il padre si risposa, avr una figlia, per Giacomo sar linizio dellisolamento. Ben presto manifesta turbe maniacali sottovalutate, studia con fatica, avverte disagio in famiglia. Il primo ricovero in una clinica psichiatrica avviene a diciotto anni, quando subisce il primo elettroshock, e da li in poi le turbe maniacali si accentuano e i ricoveri si fanno pi prolungati fino allinternamento definitivo. Dalle sue lettere, come spiegato dal dottor Giannoni, emergono informazioni reali sulla vita allinterno del manicomio che levoluzione di un crescendo di emarginazione e di allontanamento dalla realt. La sua ossessione di non essere compreso e considerato, la sua sensazione di esclusione in famiglia gli provoca un delirio di grandezza enorme, sogni di potenza impensabili, che si espandono a dismisura nel tempo. Ultimo romantico, sogna vendette inimmaginabili, con armi di sterminio totale.

Scrive lettere come questa del 1970: A sua Eccellenza il Ministro delle Finanze attualmente in carica in tale dicastero. (questa lettera diretta a S.E. il Ministro di qualsiasi ideale politico esso sia, ma non della Democrazia Cristiana, partito nettamente avverso.) Chiedo che questa lettera non venga respinta per nessun motivo al mittente n nella direzione del luogo in cui io sono chiuso, ma conservata nel Ministero; e non vada in mano n a medici n a donne. Rivolgo allEccellenza vostra questa lettera per spiegare la difficilissima situazione nella quale io sono chiuso da circa diciotto anni di tempo, situazione davvero terribile di

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reclusione, di mancanza di denaro, di impossibilit di combattere perch privo di armi e di denaro per comprarle. Tale situazione si verifica pur essendo io un nobile, pur non appartenendo a razze inferiori, pur non facendo parte n del clero, n della chiesa, n della razza ebraica, n di correnti sovversive, n di altre situazioni che possono portare in questo luogo, dove mi trovo chiuso contro mia volont, anzi internato ininterrottamente, da undici anni di tempo. Descriver nelle righe seguenti la mia situazione. Io che scrivo questa lettera sono il recluso stesso, ossia il Sig., (anzi Eccellenza io stesso nei secoli precedenti) Giachomho Taranthini, nel luogo dove sono chiuso fui internato col nome semplificato senza le h intermedie, ossia come se fossi il Sig. (anzi leccellenza, ma qui ignorato) Giacomo Tarantini; mi rinchiusero senza tener presente n la razza, n la nobilt, n gli ideali politici, n le cariche che io occupai nella storia dello Stato. Se io chiedo di essere messo in libert la libert mi viene negata assolutamente; dai regolamenti politici, Voi Eccellenza, sapete che per passare attraverso la porta di questi luoghi necessario pagare una certa somma, io vengo tenuto senza denaro dagli agenti che sono vestiti in abiti civili (detti psichiatri) che impediscono, o quasi, che mi venga dato; e vengo tenuto con cifre esigue che vanno dalle 10.000 alle 20.000 mila lire al mese, cosicch io da undici anni consecutivi sono chiuso in un luogo che non precisamente un carcere, n un campo di concentramento, ma assai peggio tale luogo di reclusione assoluta detto dal pubblico: Manicomio Provinciale di San Salvi situato allestrema periferia di Firenze; luogo che allinterno ipocritamente chiamato o detto: Ospedale Psichiatrico Vincienzio Chiarugi, il cui canciello principale situato in via San Salvi N. 12 che di estensione grandissima (vari chilometri quadrati) composto tra reparti e servizi di oltre venti edifici, in questo luogo io mi trovo chiuso nel sesto reparto uomini, e, complessivamente, da undici anni di tempo in tutti i reparti come ricoverato, come recluso, come prigioniero. Non chiedo di venire trasferito in altri reparti di questo stesso Manicomio; ma di venire liberato. Posso aggiungere affinch Voi lo comunichiate al Tribunale supremo come pervenni in questi luoghi. Fui portato in clinica chiusa nellanno 1951 e nel 1952 in Roma, luoghi terribili nei quali le terapie erano torture in forma di terapie, come il veleno insulino. trattamento atroce e le torture elettriche alla testa. Abitai in Roma da quando fui generato (nei pressi di Montefiascone) il 14 novembre 1931, fino allanno 1968, poi fui condotto nel Manicomio di Firenze dove sono chiuso tuttora da circa dodici anni di tempo, attualmente ho circa trentotto anni di et, sono celibe e quindi al sicuro di congiure familiari. Nel periodo precedente alla mia

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reclusione in Manicomio, ossia ventidue anni prima di ora, frequentai il liceo classico parificato G. Carducci situato in Via del Corso Trieste N. 99 Roma, allora (ora mi pare che tale istituto sia altrove); circa venti anni fa tentai in Roma studi di Fisica, Chimica, Mineralogia, poi, molto tempo dopo, mi iscrissi alla Facolt di Scienze Politiche C. Alfieri di Firenze (N. 2128 di scheda), non frequentai mai tale facolt perch fui portato a forza in manicomio dai nemici che mi trovarono privo di armi. Sono in questo manicomio, nei vari reparti come recluso ininterrottamente da anni undici di tempo, sono assolutamente senza denaro, senza abiti civili n divisa militare, ma vestito con i soliti vestiti tipo Manicomio; poich temo di morire nella congiura interna (cosiddetta della medicina a tortura) ossia sotto iniezioni, pasticche, gocce, e rimedi vari (elettrici), (mortali), uno pi nocivo dellaltro, e poich luscire da questo luogo cosa ultra-ultra-ultra difficile perch la porta a mia richiesta non viene aperta (negazione dellapertura della porta), per uscire io chiedo allEccellenza Vostra di farmi estrarre dal luogo dove io sono chiuso dai Vostri Ufficiali e dai Vostri soldati ai quali Voi, Eccellenza, dovete ordinare di invadere il Manicomio dove sono chiuso e di portarmi almeno parte del denaro che lo Stato mi deve e una rivoltella composta, una divisa, incaricandoli di accompagniarmi in una abitazione che Voi mi farete assegnare affinch io ci possa abitare da solo o in compagnia di guardie del corpo per non essere pi prelevato e portato in questi luoghi. Potresti provare a farmi spedire, in una lettera di formato non maggiore di questa che io indirizzo allEccellenza Vostra, tre biglietti di 10.000 lire (diecimila) detraibili dagli assegni nobiliari ed individuali mensili (perch penso che maggiore somma verrebbe fermata dal nemico, ossia da chi mi tiene prigioniero) e in una busta successiva della stessa dimensione una banconota di lire 1.000.000.000; e una successiva con la stessa cifra col segno di fattoriale vicino (angolo o punto ! esclamativo). Eccellenza poich questa pagliacciata del nemico deve finire, Vi chiedo, essendo Voi un abile generale, di armare una squadriglia di aeroplani da bombardamento pesante e di lanciare bombe ad altissimo potenziale sul luogo dove io sono chiuso, ossia nel Manicomio di Firenze o di San Salvi o V.Chiarugi dove io mi trovo chiuso cos da distruggerlo completamente e mettendo nella cientrale-ordini degli aerei (a onde elettromagnietiche di guerra) lordine di lasciarmi vivo e armato e di distruggere tutti gli edifici del manicomio, anche tutti gli altri reparti diversi da quello dove io sono chiuso che forse meno peggiore di essi. Quello che io chiedo che venga fatto un imponente bombardamento dagli aeroplani che mi liberi dalla prigionia del Manicomio. Questa lettera ha significato letterale,

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scritta in fretta e di stile italiano approssimato, ma descrive bene la situazione nella quale io sono chiuso. Il reparto dove sono internato ha un cortile caratterizzato da panche metalliche verniciate a colori strani, giallo, verde, azzurro, rosso, bleu; dovete domandare, Eccellenza, alle centrali ad onde elettromagnetiche da guerra o dartiglieria che significato hanno quei colori e quale il progetto per farmi uscire dal Manicomio e attuarlo, estrarmi, effettuare liscrizione alla scuola di Guerra Aerea per Generali

dArmata e per Comandanti di Squadre di Bombardamento Pesante e Membri del Governo che dovrebbe essere laterale al Ministero dellAereonautica Militare da

Guerra, mi pare in Viale dell Universit degli Studi N.4 Roma (in Italia). Seguiter la presente lettera raccontando, affinch voi lo riferiate al Tribunale Supremo, che negli undici anni di degenza in questo Manicomio Civile sono venute diverse persone a trovarmi, ma tutte hanno rifiutato di farmi uscire; una donna, una certa Maria Rosa Tarantini (nella parentela detta sorellastra ma clericale e nemica atroce, sparatele) venuta dieci o quindici volte deformata in modo caratteristico, tale donna si rifiutata di farmi uscire ed certo che ha adoperato armi insidiose invisibili del tipo esploditori per eliminazione ritardata con torture mediche (elettriche o veleno insulino) torture che sono riuscito fino ad ora a evitare (questo dovete raccontarlo al Comandante della Polizia Segreta del Capo dello Stato e di S.M. il Re incaricandoli di fare indagini profonde sul perch io vengo tenuto chiuso, trovare i colpevoli e le colpevoli ed eliminarli con la fucilazione e con larsione dei forni per torture; essi ed esse sono colpevoli di associazione a delinquere anti -Stato, di sequestro di persona, ed infine del reato di eliminazione di persona con metodi insidiosi, si pensa che le persone (uomini) chiusi in questi luoghi siano infiniti e che in questi luoghi ogni giorno vengano uccisi un numero enorme di uomini; potete considerare Eccellenza che ogni clinica chiusa sia un luogo di orribili torture non autorizzate dalla giustizia; in questa istanza chiedo allEccellenza Vostra che tali centri vengano distrutti con azioni di lancio di bombe ad alto esplosivo dagli aereoplani, e azioni di fanteria e che voi facciate eseguire questo dallEsercito e dai Servizi Segreti SS; io non posso partecipare perch chiuso in Manicomio perch assolutamente privo di denaro e di armi. Chiedo allEccellenza Vostra di venire liberato ed estratto assolutamente dal Manicomio dalle Forze armate, riarmato e condotto in una abitazione che voglio Voi mi facciate assegnare, bene inteso, con il denaro che lo Stato mi deve come assegni personali individuali mensili e nobiliari; la mia carica nei secoli precedenti era di Generale di Armata, di Primo

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Console, di Capo di Stato, ho diritto dunque agli assegni nobiliari (da nobile) e agli assegni personali mensili (come se fossi considerato un uomo non nobile, questi ultimi, perch se mal vestito e se scambiato per persona diversa non possono venire rivolte accuse n a me n agli Uffici Finanziari dello Stato.) Mi sono rivolto a Voi Signor Ministro delle Finanze analogamente a come feci in situazioni disastrose in epoche molto antiche (secoli prima dora). Prima di chiudere questa lettera io Vi consiglio di liberarmi da qui e di far sparare sui colpevoli che a Voi risulteranno dalle indagini che Voi farete con le macchine da guerra a radioonde da indagine e preparazione dei piani di guerra. Questa mia reclusione in diversi luoghi, comunemente detti Manicomi che dura quasi da venti anni, chiedo che abbia fine e di venire liberato dallEsercito e che mi venga assegnato una abitazione. Salutandovi sommamente Vi ossequio e sono Giachomho Taranthinhi ossia qui Giacomo Tarantini attualmente recluso nel luogo che detto nelle righe precedenti, ma nei secoli della Storia Antica Primo Console e Condottiero e Generale Nobile e sommo nella politica e nella guerra e nellindustria pesantissima di guerra. Data della presente lettera: La data del timbro postale; data locale interna settembre 1969 (oppure 1970 in citt). La lettera che segue significativa. Chiede ad un ingegnere di farlo uscire dal lager, agendo con astuzia come un avvocato che libera il suo cliente. Pregiatissimo Ingegniere, io vi scrivo da uno strano luogo di reclusione, strano lagher situato a sud della citt di Firenze. Questo Manicomio, Dove sono prigioniero, il Manicomio Provinciale di Firenze, io sono chiuso nel Sesto Reparto Uomini, il cancello complessivo del lagher in via San Salvi 12 Firenze, 50135 il numero di codice di avviamento postale) con questa lettera io vi chiedo di espugnare il Sesto Reparto uomini e di condurmi in citt lasciandomi libero. Io sono prigioniero nel Sesto Reparto uomini e non ho la chiave che apra il portone di uscita, inoltre se chiedo di aprirmi mi rispondono di no. quindi occorre forzare il portone e lasciarmi uscire, chiedo pertanto che voi, agendo come un avvocato che libera il suo cliente dalle prigioni, mi facciate uscire.

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Dopo, potremo sorvolare il Manicomio a grande altezza con un aereoplano e lanciare sul manicomio centinaia di bombe esplosive incendiarie di guerra chimico-atomica al nitrum cos da rendere incandescente la citt ed arrostendo tutti gli uomini del Manicomio e anche tutte le donne che saranno fatte esplodere con la bomba atomica allhuranio acqua pesante idrogeno. Io sono generale degli Arditi Imperiali della Germania. Questa impresa dovete progettarla e liberarmi e farli saltare in aria nel modo precedentemente suddetto e metterli nelle macchine per torture fisse per millenni. Questi uomini sembrano selvaggi ed il luogo (topos ) deriva dal libro elettromagnietico I Fantasmi di Mombasa. Venitemi a trovare. Di salute sto bene. E ora di fare la guerra! Saluti. Mi firmo e sono Giacomo Tarantini Giachomho Taranthini, Feld Maresciallo e Capo di Stato nella Storia Antica

Lessere sottoposto allelettroshock deve essere atroce, Giacomo lo indica come la scarica elettrica alle tempie nella breve lettera che segue del gennaio 1971. Una lettera, quella che segue, non ha bisogno di commenti e di spiegazioni. Al Direttore del Sesto Reparto Uomini Sono chiuso in questo Manicomio da anni, di salute sto bene. Chiedo che in primavera finito linverno, mi venga concessa la libera uscita, ossia il permesso di recarmi in citt e nei viali. Evitate qualsiasi trasferimento nel Terzo Reparto dove c il pericolo di venire sottoposti per forza alla scarica elettrica alle tempie ossia al micidiale elettrosciok che tremendo come nelle cliniche chiuse, che mortale, che da evitarsi assolutamente. Ossequiandovi sono il recluso da anni Giacomo Tarantini figlio di Francesco, io di 49 anni di et e questa lettera riguarda me stesso. Questa lettera conferma la paura dellapplicazione dellelettroshock, paura del resto fondata perch da queste righe emerge mancanza di pensiero logico, paura crescente per la pratica subita. Il manicomio un insieme di stupidi completi, essi delirano su argomenti come lelettrosciok che vero sia nefando, vero sia mortale, ma stavano minacciando di

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volermelo applicare a forza, per respingerlo indietro c voluto pacchetti di sigarette Philippe Morris. Direttore, disponete in modo che lelettrosciok (che pessima cosa) non avvenga mai, dico assolutamente mai. Dovete pensare che tutte le derrate alimentari che acquisto al bar interno del reparto le pago con i denari che provengono dalla mia abitazione. Prof. Nistri, volete liberarmi o no da questa prigionia? Telefonate, io vi prego, alla abitazione della mia sorellastra di portarmi denaro per acquistare in Firenze un abito. Sono Giacomo Tarantini.

Gli anni passano, le terapie subite aumentano, linternamento ormai senza via di uscita. Il risultato delle cure fra il 1971 ed il 1978 devastante, le acca utilizzate nella firma aumentano fino a diventare undici. La vita avvilente cui costretto lo spinge a sognare flotte impossibili, a vaneggiare infiniti palazzi e case, a presumere di essere creditore di cifre enormi da tutti gli Stati del mondo. Essendo nella Storia Antica Ingegniere Supremo, dovrebbero appartenermi molte Centrali Termoelettriche situate in Estremo Oriente del Continente Asia, ricostruitele e passatemele in propriet a me stesso, portandomi la chiave del Portone dIngresso e il Libro che le descrive e dandomelo qui stesso a me stesso. Per questa opera di ricostruzione industriale e per procurarmi e farmi ottenere in propriet molti Palazzi di Abitazione che mi occorre abitare io stesso da solo, essendo attualmente privo di Palazzo, (che fu demolito in Roma nellanno 1953 e che era di altre persone) occorre far venire dal Ministero delle Finanze dello Stato del Giappone (situato nella Citt Capitale Tokio) la valuta esponenziale anche a 10(dieci) o 12(dodici) righe di numeri per pagare Voi o i Vostri Impresari il costo di ci che ho chiesto, e che mi portiate qui a me stesso la chiave di alcuni Palazzi da abitare io stesso da solo. Mia firma in Lingua Tedesco e in Lingua Sanscrita Io stesso mi firmo e sono Giachomho Taranthinhi Hunhnhoh del Giappone e degli Stati di Manciuria e dello Stato di Mongolia io stesso detto nella Cartella Clinica Giacomo Tarantini n. anno 1831 Firenze, Data: Giugno dellAnno 1978, data attuale. Questo scritto sempre valido per infinito tempo. La lettera alla sorellastra: Data: Firenze, 6-8 luglio dellanno 1978, Data Attuale.

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Pregiatissima Sorella, ti scrivo dallOspedale Psichiatrico di Firenze, dove sono ricoverato da venti anni di tempo. Di salute sto benissimo, ma sono privo di Appartamento di Abitazione fino dallepoca della guerra. Vieni a farmi visita. Vieni a portarmi un piatto di paste dolci alla crema, e un paio di scarpe da uomo n45 o 45 e 1/2 che le indosser io stesso. Sono al Sesto Reparto Uomini. Speravo che gli accordi presi per telefono bastassero, mentre invece non sono bastati, vieni a trovarmi, ci vedremo volentieri. Portami la chiave di una Dimora da abitare io stesso da solo. Portami anche le sigarette e un accendino per accenderle. Augurandovi molte belle cose concludo queste mie righe. Sono Giacomo Tarantini degli Unni (del Nippon) Attendo la vostra venuta allora dei Colloqui, ossia allora del Parlatorio. Sono Giacomo, figlio di Francesco Tarantini, io nato il 14 novembre dellanno 1931 in Montefiascone. Chiede poche ed esaudibili cose, piccoli desideri ma che per diventano enormi ed impossibili ad essere soddisfatti per Giacomo. Da notare che quando scrive al Primario si firma senza le h nobiliari, per fa notare al primario che lui stesso chiuso. Lettera del 1970 che urla la sua ossessione di libert. Lettera al primario del reparto: Al Direttore del Sesto Reparto Uomini del Manicomio dove sono chiuso (riguarda me stesso, leggierla.) Argomento di questo scritto: Darmi la libert, mandarmi al Decimo o al Quarto Reparto che sono aperti, e uscire.

Dopo aver ricordato per lennesima volta le sue condizioni, scrive: Vi chiedo di venire inscritto nelle liste di libera uscita del pomeriggio; non frequentando uffici la situazione finanziaria non pu variare. Voglio assolutamente sopravvivere a questa situazione di povert e tornare a casa, si astenga dal sottopormi, ossia mi eviti qualsiasi provvedimento medico che tolga le forze o che diano la morte, poich voglio assolutamente sopravvivere.

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Supremo Conti ventunenne al momento del ricovero. Figlio unico, nato con forcipe, primo sviluppo regolare, scuole tecniche, amante della filosofia. Il primo approccio con San Salvi conseguente ad unaggressione contro il padre, che peraltro dar queste informazione inserite nella cartelle clinica: Capiva, ma si applicava poco, sempre mesto, isolatissimo, appartato. Vari traumi nel corso della fanciullezza-adolescenza, sembra non cranici. A 14 anni tossicosi con stato confusionale. Dal dicembre 64 i parenti si accorsero di inquietudine e di incongruenze psicomotorie del paziente; interrompeva a met gli atti; non voleva vedere i quadri dipinti da lui e li rompeva; era del tutto taciturno; voleva stare al buio. Aiutami disse alla madre, sono un uomo finito. Gli ultimi tempi non si lavava n si pettinava, tendeva a stare a letto. Spesso si guardava di continuo allo specchio. Nel febbraio fu ricoverato a Poggio Sereno per pochi giorni. A casa ebbe aggressivit contro il padre; era ansiosissimo.

Iniziano cos i primi scritti di Supremo Conti raccolti fin dal primo ricovero: 18.2.1965. Ore 1,30. Aspetto mio padre in preda ad una crisi depressiva collo scopo di ucciderlo. Ore 2. Appena tornato, subito preso da raptus omicida tento di aggredirlo, senza peraltro essere privo o totalmente privo di coscienza, la tragedia si svolge in pochi minuti, subito avvertita lautoambulanza vengono a prendermi due infermieri vestiti di bianco. Ore 2,30. Mi trovo allospedale di S. Maria Nova per essere portato nel reparto osservazione, per esservi trattenuto, in attesa di decidere della situazione, mi rendo conto della gravit del caso, ed in un momento di drammatica lucidit penso dentro al mio pensiero, gi consapevole del destino che mi attende. Lunione fra lanima ed il corpo e la verit, come se intuissi improvvisamente la ragione della mia follia. 19.2.1965. Ore 10. Vengo trasferito ancora mezzo intontito alla clinica dellospedale psichiatrico di S. Salvi di Firenze. Ore 11. Dopo aver ripreso parzialmente conoscenza mi trovo allimprovviso nella clinica, dentro il manicomio, i miei genitori dopo avermi accompagnato, scoraggiato io li guardo e mi salutano, e rimango solo e mi attengo a studiare la situazione, e mi viene da pensare cosa fossero i matti credendo in buona fede che quello fosse tutto il manicomio, ,perch per me lo era, e che l ci fossero tutti i pazzi del mondo, e che fossero riuniti in quellambiente fatto come una casa, senza mobili, scambiandolo in

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apparenza per un padiglione in cui fossero rinchiuse delle persone, come si chiude dei cani in gabbia, era questo che mi opprimeva. Il giorno dopo, dopo aver dormito nel primo letto che mi avevano dato, cominciai ad essere pervaso da un senso di intollerabile oppressione, data la persecuzione degli infermieri, che per renderti il soggiorno pi piacevole ti inzuppano di medicinali, allo scopo di disfarti lequilibrio psichico ed umano di sopportabilit, anzi oltre la condizione psichica in cui mi trovavo e lambiente stesso mi causavano questa oppressione, finirono per degenerare, io che ero assolutamente sano di mente, in una vera psicosi, con mania di persecuzione, era linizio della schizofrenia, che dai sintomi, di agitazione psicomotoria, preannunziavano il crollo, la completa rottura della mente, anche in relazione al fatto chio non ero molto influenzabile, e anche in relazione allinsopportabile senso di claustrofobia, peggiorato dalla situazione di lager nazista od anche peggio, almeno essi avevano il diritto a morire, che mi opprimevano inesorabilmente, da quel momento mi resi conto di cosa voleva dire il manicomio e la repressione organizzata per fare perdere lequilibrio e la rispettiva coscienza e dei limiti delle inibizioni che tu conosci, da quel momento ero diventato soltanto un pazzo, e forse anche peggio trattandosi della mia persona presa di mira dallodio di tutti che vedevano in me il capro espiatorio e si organizzavano come belve per trarne vantaggio essi stessi, colla mia vita. Io mi ero creato in me, oltre il senso di colpa, della vigliaccheria umana, che non ha confini, in questo mondo di merde, al fatto di essere rinchiuso io unanima tanto libera, unindicibile forza manicomiale di mania di persecuzione.

Annota come un bravo giornalista la vita nel manicomio puntualizzata con riferimenti personali. Precisa la testimonianza delleffetto degli psicofarmaci, acute le osservazioni del modo di fare degli infermieri, penetrante il ricordo dei locali, commovente il distacco dal padre. Si nota negli scritti seguenti, nonostante le cure, o meglio a causa della cure e della permanenza in quellambiente, che la sua salute psichica peggiora. Infatti in principio le annotazioni sono coerenti, mentre scorrendo il diario il suo disagio aumenta. Dal 20.2. al 17.3 65. I giorni che seguirono furono tutti a questa maniera, non potevo vedere nessuno, e in preda a forti disturbi psichici e nel dramma profondo ed interiore non facevo niente per darmi pace anzi soffrivo il mio dramma con profonda coscienza, perch io intuivo che non cera altra speranza, o in quanto io non tolleravo assolutamente gli altri malati, e

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spesso quando la mattina dovevamo alzarci, alle 5 ancora nel sonno e ne eravamo costretti e ancora congestionati dagli psicofarmaci che spezzavano la mente privandone il pi breve attimo di suspense emotiva, fatto di cui non ho saputo il perch, mi esento di fare credere alla bestia braccata, per motivi umani, e religiosi, mi fermavo alla finestra a guardare nel buio della notte, mentre unaria gelida mi soffiava sul volto infreddolito e stanco, una nausea forte mi cresceva dal di dentro, io sapevo di non essere pazzo, ma non lo potevo dire a nessuno di questo mondo che mi aveva condannato senza piet, mettendomi in mano a carnefici senza piet e giustizia e che voleva la mia vita in riscatto della loro. Come per Ges Cristo nostro Signore che a causa di ci che non abbiamo finito dopo secoli di odiarlo, io lo posso dire giacch grazie a Dio sono ancora vivo. Non possiamo dire male di nostro Signore se non a cagione dei nostri peccati. A metter fine alla religione ci penso io perch c il fatto che io sono lAnticristo. Eppoi arrivato al centrale, vengo destinato al terzo reparto uomini in cui subitamente vengo rinchiuso dentro, senza peraltro essere o non essere, messo al corrente degli sviluppi della situazione. La notte stessa, per una crisi nervosa, dopo aver richiesto di essere trasferito nel luogo peggiore del manicomio, come facessi a sapere questo non lo so, e come fossi arrivato a conoscerlo non so, so per che era un appuntamento col destino, io non conoscevo ancora lambiente e le strutture interne, ma come fossi arrivato a conoscerlo questo fatto mi meraviglia ancor oggi, nella vita ci sono fatti del genere di cui ignoro la vera natura, vengo preso quindi dopo la mia vocale richiesta e trasportato da due infermieri nella piena notte al sesto reparto uomini, come sapessi queste cose nella loro vera natura un fatto inspiegabile, forse era soltanto intuizione o forse qualcosa di pi. Allora il sesto reparto era considerato il reparto peggiore, dove vi erano i pazzi incurabili e furiosi, come erano ritenuti, ma a me non sembr, forse chiss perch quello era il mio ambiente naturale, congeniale alla mia natura, avventurosa e senza scrupoli di sorta e senza moralismi, a dire il vero lambiente era poco rassicurante, ma gli stessi internati quando mi videro mi fecero una calda accoglienza, sapevo chi fossero ma subito si familiarizz affettuosamente. A causa della mia forte cultura intuitiva , io seppi subito intuire il rapporto che esisteva fra me e loro. Ci che in seguito hanno capito anche gli psichiatri, loro malgrado, e a causa della mia disonest morale, che ha finito di coinvolgere anchessi, nei miei panni, togliendo loro forse la giusta obbiettivit che in questi casi necessaria sopra qualsiasi altra cosa, che perfino gli internati dopo la prima infatuazione ne avranno trovato del

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danno, fra le loro cose intime a loro e alla loro particolare natura. Perch nei casi della follia bisogna essere necessariamente anzitutto obbiettivi, come un orologio elettrico, e lasciare che la pazzia abbia il suo sviluppo, come anche io penso, e come essi stessi onestamente hanno ammesso e messo in pratica, questo devo dirlo, in tutta onest, nelle mie piene facolt mentali ed intellettive. Dunque appena mi videro subito mi corsero incontro, affettuosi e comprensivi. Poi il resto noto a tutti nellospedale chi io fossi, ma questo lo devo dire in onore ai medici che sono stati sempre molto buoni e tolleranti, specialmente nel manicomio di Firenze, che io penso si distingua fra tutti i manicomi dItalia per innovazioni che vi sono state apportate a vantaggio dei ricoverati, che larte medica in questi casi pietosa e umana deve ottemperare, in favore di chi non si pu difendere dalla vita, e in questo senso io forse li ho traditi, ma sento che mio preciso dovere dire questo, anche se non verr creduto sulla parola, E in onore dei medici va tutto il merito perch a parer mio, hanno saputo capire a fondo queste anime sciagurate. Dio onnipossente abbia misericordia di noi tutti. Distintamente la saluto. Conti Supremo P.S. Per una cosa certa in tutto questo discorso, nel mio caso non furono capiti i misteri segreti di Dio. Dato che oggi larte a scopo politico, le opere darte le terr per me. Per beneficenza e per amore del prossimo non si fa nulla, aggiornatevi, oggi tutto fatto in due.

Da unaltra lettera emergono acute osservazioni sul manicomio, unico luogo dove paradossalmente i folli possono vivere ed i veri e unici folli sono quelli che per paura si adattano a vivere l dentro. Lettera inviata al Direttore del manicomio, dura ed aspra nei confronti degli psichiatri i quali, se in qualche modo si interessano dei pazienti fra le mura manicomiali, se ne disinteressano quando li hanno dimessi: Illustrissimo Professore, Lei manda fuori gente clinicamente guarita ma dopo aver subito il martirio nel manicomio ne subiscono un altro assai peggiore fuori nel mondo esterno alle mura manicomiali. Le dir in buona fede, Lei mi conosce, e sa, io credo che io sia, o sia sempre stato, una persona integerrima moralmente, e ne conosce le ragioni, quindi in tutta coscienza,

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comprende le motivazioni che mi hanno fatto passare anche giorni piacevoli in cui in qualche modo ero ben visto, perch non deve essere pi a quel modo. Non mi sono spiegato ma fa lo stesso. Un caso come un altro, ma quanti sono questi casi, Lei uno psichiatra e se ne sta comodamente nascosto dentro le sue mura e la sua omert, anche se in buona fede ed in armonia, ma pur sempre carnefice della societ che le mette in mano i mezzi della repressione e gli strumenti di tortura per gli errori commessi e per la merda che va tenuta sotto banco perch se no se ne sente il fetore. No, non patologico tutto questo, Lei mi comprende. Lei in tutta coscienza accetta questa societ che si serve dei manicomi per imporre la paura e come strumenti di repressione organizzata come un esorcista al tempo delle streghe. Io credo di NO! Ammetto per che ne permetta la sussistenza e la sopravvivenza ed anche appagato per questo servizio, per tenere in piedi i manicomi che sono nel complesso uno stato di membra umane distorte dai sofismi di molti, fatti pagare da pochi che la scontano per tutti. Io capisco che si viva in un sistema di cose, in cui anche lei personalmente, io penso, non possiate fare fronte alla mania di persecuzione della societ. Ne convengo un giro chiuso. Gente che viene mandata fuori dopo essere servita da cavia a farsi mangiare vivo sotto il nome di pazzo, nonostante che sia stato riabilitato una vergogna ancora peggiore di coloro che ne sono gli esecutori. Ma i pi, i pi furbi sono come i lupi braccati, stanno chiusi in manicomio a vegetare ed a subire ogni umiliazione alla loro dignit, pur di non sortire allaperto, accettando il loro destino passivamente e rinunziando alla vita come ultima speranza di sopravvivere a s ed agli altri, trattati con vari sistemi e vari metodi che sono pagliativi e buffonate per non far scoprire la truffa come una caramella ad un bambino; che rispetto alla vera libert i manicomi non dovrebbero esistere o per lo meno dovrebbero andarci chi manda gli altri per dare il buon esempio perch questa pazzia, di coloro che dicono di non fare agli altri ci che non vuoi che sia fatto a te stesso, e predicano bene e razzolano peggio, la vera libert che dovrebbe essere uguale per tutti gli uomini, e non cogito cartesiano della masturbazione cerebrale. Lei ora conosce il mio pensiero si tenga bene in mente che glielo ho detto.

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In fede Conti Supremo P.S. Ammesso che non manchi lacqua alla fontana. Se no leterna giovinezza andrebbe a farsi fottere, come la pietra filosofale e tutta quanta la filosofia. Uomo avvisato mezzo salvato. Questo vale per me. Comunque il presagio di questa natura. Conti Supremo, Anticristo. Lettera umanissima e malinconica. . Ma da quale parte sta la ragione. Io non ci voglio pensare, pensare troppo fa male alla salute, e come diceva il filosofo meglio prendere il nutrimento a filo donda e pensare pi a s stesso. Distinti saluti Conti Supremo

Supremo Conti anche spiritoso, la follia pu servire per sfidare gli addetti al lavoro, ed anche ironico; e manda un biglietto al Direttore del manicomio dal titolo: Lagonia del filosofo Cera una volta un pazzo furioso che in preda a convulsioni girava velocemente sui piedi intorno a se stesso. Un infermiere guardandolo stupito gli domanda come mai girasse cos velocemente. A qual modo tutto preso comera dal turbine delle sue evoluzioni risponde il pazzo: vedi, dice, voglio vedere chi ha pi paura. Conti Supremo

Il ciclo di lettere di Supremo Conti si conclude con un inno alla vita; maturato attraverso le esperienze indirette scaturite dallo studio, dalla lettura, dalla vita dei filosofi da cui era particolarmente affascinato. La lettura e la scrittura sono state la sua ancora di salvezza. La vita delluomo come la verit, un rincorrere la verit, un rincorrere s stesso nel tempo di ci che si e di ci che si fu? Luomo mosso da un forte vento che si chiama esistenza. La vita delluomo non che un buffo giuoco fatto in societ per sopportare luomo con laltro e perdonare con le lacrime agli altri le altrui debolezze nella realt della finzione da cui ognuno cambia la ragione del proprio essere, ma quando allorizzonte della vita il cavallo nero della morte appare allorizzonte col suo maestoso cavaliere nessuno ride pi. Perch luomo pensa pi alla vita che alla verit.

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Capitolo 3 - Opinioni a confronto

Considerazioni sullesclusione sociale: identit, devianza e stigma

Un'istituzione totale pu essere definita come il luogo di residenza e di lavoro di gruppi di persone che - tagliate fuori dalla societ per un considerevole periodo di tempo - si trovano a dividere una situazione comune, trascorrendo parte della loro vita in un regime chiuso e formalmente amministrato.183 Cos Goffman definisce le Istituzioni Totali, nel suo libro Asylums, che divide in cinque macrocategorie: 1. istituzioni nate a tutela di incapaci non pericolosi (istituti per ciechi, vecchi, orfani o indigenti); 2. luoghi istituiti a tutela di coloro che, incapaci di badare a se stessi, rappresentano un pericolo per la comunit (sanatori per tubercolotici, ospedali psichiatrici e lebbrosari); 3. istituzioni totali per proteggere la societ da ci che ritenuto come un pericolo intenzionale nei suoi confronti (prigioni, penitenziari, campi per prigionieri di guerra, campi di concentramento); 4. istituzioni create allo scopo di svolgervi una certa attivit lavorativa (furerie militari, navi, collegi, campi di lavoro, piantagioni coloniali e grandi fattorie, queste ultime analizzate naturalmente dalla parte della manodopera); 5. organizzazioni definite come staccate dal mondo che per hanno anche la funzione di servire come luoghi di preparazione religiosa (abbazie, monasteri, conventi ed altri tipi di chiostri).184

La caratteristica che accumuna gli Istituti Totali rappresentata dal fatto che chi entra a farne parte viene snaturato: si trova costretto a cambiare stile di vita, accettare imposizioni e regole che si discostano dalla vita che ha condotto fino a quel momento.

183

E. Goffman, Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dellesclusione e della violenza, Torino, Einaudi, 1968, pp. 9-30 184 Id., p. 34- 42

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Lospite di queste strutture escluso, in genere, dalla possibilit di conoscere le decisioni prese nei riguardi del suo destino, non pu n condividere, n scambiare informazioni.

Nelle istituzioni totali c una distinzione fondamentale tra le persone controllate e quelli che controllano. Tra questi due gruppi, con una notevole distanza sociale, si creano immagini luno dellaltro secondo stereotipi, caratterizzate da un atteggiamento di superiorit da parte dello staff e di inferiorit da parte degli internati.185 La possibilit di comunicare fra un livello e l'altro ridotta al minimo, questa limitazione nel rapporto contribuisce a mantenere i due gruppi distanti e antagonisti.186 Linternato in Istituti del secondo e terzo gruppo era sottoposto ad umiliazioni, degradazioni e profanazioni del s che veniva sistematicamente mortificato. Questi comportamenti influivano direttamente sulla sua "carriera morale" 187, trasformata dal progressivo mutare del tipo di considerazioni che l'individuo ha su di s e su coloro che gli sono vicini. 188 La strategia di manipolazione utilizzata sulla persona internata si basa sul cambiamento del s che avviene immediatamente per effetto della barriera che le Istituzioni Totali erigono fra l'internato e il mondo esterno. Il s qualcosa che non esiste alla nascita, ma si sviluppa nel tempo; un processo che prende forma dallesperienza personale e dallattivit sociale; il risultato delle relazioni che lindividuo ha con il suo Universo sociale.189 Come analizzato da George H. Mead tramite il linguaggio e il rapporto con il contesto sociale, che circonda lindividuo, che si formano e acquisiscono significato la coscienza, il s e il gesto, verbale e non. La formazione del s legata alla capacit di comunicare il proprio gesto e trovare in se stesso quella risposta che il gesto, verbale o non, evoca negli altri, per il controllo della propria condotta ulteriore. in questo modo che i gesti diventano significativi ed soltanto in questo modo che si entra in comunicazione con laltro. 190

185 186

Ibidem Ibidem 187 Con la definizione carriera morale Goffman indica le fasi che attraversa il malato dal momento che viene ricoverato in un istituto: perdita della propria identit, degradazione morale, sostituzione della propria identit con quella imposta dalla stessa Istituzione che lo con tiene 188 Ibidem 189 George H. Mead, Mente, s e societ, Firenze, Giunti, 1966, p. 192 190 Id., pp. 19-22

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Levocazione della medesima risposta tanto del s che nellaltro fornisce il contenuto comune necessario per garantire la comunit del significato.191 Quando un individuo completamente impegnato in unazione, in quel momento non ha alcuna coscienza, il s resta escluso, lesperienza pu esaurirsi negli oggetti che lo circondano, lindividuo si pone irrazionalmente fuori da s e cos diviene oggetto a se stesso.192 Lindividuo pertanto ha esperienza di se stesso in modo indiretto in base alle opinioni degli altri, che fanno parte della totalit a cui appartiene.193 Il ruolo di questi ultimi dunque fondamentale nella costruzione del s, tramite lassunzione del ruolo degli altri che riusciamo a guardare dentro noi stessi. Questo processo personale con lesclusione sociale e linternamento avviene in maniera distorta, quindi provoca la trasformazione del s. Lindividuo allinterno delle Istituzioni si trova a perdere alcuni ruoli a causa della barriera che lo separa dal mondo esterno.194 Avviene in questo modo la rottura della relazione abituale fra lindividuo che agisce e i suoi atti. Le azioni dellindividuo, anche quelle legate ai bisogni personali, sono soggette a regole e a giudizi del gruppo supervisore, che coglie loccasione di punire anche le piccole infrazioni, per ribadire la distanza sociale.195 Come si fa con i bambini e gli animali a un buon o cattivo comportamento segue una punizione o un premio, che assume un significato diverso da quello che poteva avere nel mondo esterno.196 Machiavelli, infatti, sostiene nel Principe che luomo per raggiungere il potere sia guidato dalle passioni e si serva della forza e della frode. Per controllare si deve assumere un codice di comportamento adeguato al contesto al fine di creare forti tensioni interne che diventino uno strumento per imporre le regole.197 Si verifica in questo modo la disculturazione dell internato, che nella nuova realt opera su di s una conversione conseguente al bisogno di sopravvivere nella nuova istituzione. Vive la realt proposta come se si trattasse di quella vera e assume su di s il giudizio che gli viene dato dallo staff nel tentativo di recitare il ruolo del perfetto

191 192

Ibidem Id., p. 195 193 Ibidem 194 E. Goffman, Op. cit., cap. I , pp. 43-101 195 Ibidem 196 Ibidem 197 Francesco Sidoti, Introduzione alla Sociologia della devianza, Roma, Edizioni Seam, 1999, p.39

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internato. Il cambiamento culturale legato sia all impossibilit di decidere il proprio comportamento sia allisolamento dai mutamenti sociali del mondo esterno.198 La trasformazione del s nelle istituzioni avviene sia a livello psicologico che fisico.199 Parlando della realt manicomiale siamo venuti a conoscenza degli strumenti adottati per determinare questo cambiamento fisico: Anche i piedi e le mani fanno parte del s.200 Lindividuo viene privato di qualsiasi incarico, arriva alla cosiddetta morte civile, perde il proprio nome sostituito da un numero, cambia le abitudini, abbandona lautodeterminazione e non ha pi la volont, cambia anche laspetto fisico per effetto o delle terapie farmacologiche o per effetto di pratiche di contenzione o per modificazioni significative del proprio aspetto esteriore (taglio dei capelli e abbigliamento anonimizzante). La mutilazione personale, che deriva dall'essere privati del corredo per la propria identit, spesso era seguita dalla deturpazione fisica dovuta ad una mutilazione reale del corpo: punizioni, terapia shock, test farmacologici.201 Nelle istituzioni mancano sia i mezzi dinformazione che la possibilit di operare scelte a qualsiasi livello, annientando cos progressivamente il bagaglio culturale, emotivo, affettivo dellindividuo internato. Tutto questo conduce ad una violenta ridefinizione dellessere nel mondo che diventa priva di punti di riferimento spazio-temporale e di certezze sul futuro nel breve e lungo termine. Lindividuo sottoposto a tale pressione psicologica rafforza giorno dopo giorno linsicurezza e perde ogni forma di stima verso se stesso e quindi perde la voglia di resistere e lottare per sopravvivere con dignit. Basaglia nella postfazione di Asylum scrive infatti: Listituzione nata per curare [] si trovata cos a fabbricare un malato a sua immagine, tale da giustificare e garantire insieme i metodi su cui fonda la sua azione terapeutica. La malattia venuta a trasformarsi gradualmente in ci che lIstituzione Totale [], ovvero gli internati dal momento che entrano nel manicomio perdono lidentit per entrare a far parte dellidentit dellistituzione stessa.202

198 199

Ibidem Ibidem 200 George H. Mead, Op. cit., p. 19 201 E. Goffman, Op. cit., cap. I, pp. 43-101 202 Id., pp. 401-415

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La sociologia in primis, analizzando il comportamento del malato mentale, ritiene che sia la conseguenza di un disordine nella comunicazione fra individuo e societ.203 La modalit di interazione tra il disadattato e la societ caratterizzata da una decodifica diversa degli impulsi; di conseguenza il diverso reagir in un modo insolito e inaspettato rispetto a quello previsto dalla societ che reagir confronti in maniera differente. Nella societ si crea quella che si chiama esclusione sociale che induce lindividuo disturbato a ridurre progressivamente il rapporto fino a rompere definitivamente la comunicazione.204 La societ con i suoi continui mutamenti di norme, di valori, di trend influenza in maniera profonda gli individui a tutti i livelli, ma chi ne subir pesantemente le conseguenze sar chi ha gi latente un disturbo che si manifester in una reazione paranoide205. Buona parte dei profughi, per esempio, che furono sottoposti a un alto grado di stress durante la guerra e/o la prigionia, avevano sviluppato reazioni paranoidi dal momento che si trovavano isolati in ambienti stranieri.206 Lesclusione del diverso (per lingua, religione, classe sociale, razza, moda), la xenofobia, porta un individuo a credere che laltro sia inferiore e quindi ostile e pericoloso. Chiunque non si conformi alla norma deviante. 207 La devianza e il controllo della societ sono due concetti intrecciati e relativi, infatti sono il risultato della costruzione sociale che definisce le azioni come devianti rispetto ai valori condivisi. La natura del pregiudizio, letichetta sociale, non un atteggiamento psicologico individuale, bens fa parte dei valori condivisi dalla societ in cui inserito. nella seconda met dellOttocento che i sociologi hanno iniziato a parlare di devianza e normalit. Il termine devianza raccoglieva fenomeni qualitativamente e nei suoi

quantitativamente differenti: la malattia mentale, la tossicomania, la cleptomania, criminalit, molestia sessuale, anticonformismo, omosessualit, terrorismo, razzismo e

203

Franco Basaglia, Franca Ongaro Basaglia, La maggioranza deviante. Lideologia del controllo sociale, Milano, B. C. Dalai, 2010, p. 36 204 Id., pp.38-39 205 Il paranoide caratterizzato dalla tendenza ad interpretare i comportamenti degli altri come pericolosi mantenendo continuamente un atteggiamento sospettoso. Gli individui che presentano questa patologia vivono in un continuo stato di pericolo e si sentono vittime di complotti immaginari. 206 Ibidem 207 Ibidem

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gioco dazzardo. Il termine includeva, cio, unampia gamma di comportamenti anormali e illegali e serve egregiamente ad abbracciare in modo unitario i diversi problemi del disagio sociale e di non-integrazione.208 Goffman mette la devianza in relazione ai processi di costruzione dellidentit sociale attraverso il rapporto del ruolo e dellidentit influenzato da tre variabili: laspetto normativo, gli attributi della persona che adotta il ruolo, il contesto nel quale si opera. 209 Ci sar sempre unaspettativa da parte degli altri ed un contesto in continua evoluzione dove svolgere il ruolo. Nellantica Grecia era molto diffuso lutilizzo dei mezzi di comunicazione visiva. Fu inventata la parola stigma per indicare quei segni fisici che caratterizzavano una certa condizione sociale e morale.210 Questi segni venivano impressi nel corpo degli schiavi, dei traditori, dei criminali o a fuoco o con un coltello manifestando a tutti lidentit sociale. Lo stigma permetteva alle persone di non entrare in contatto con queste categorie. Anche oggi di fronte a sconosciuti, capita spesso che il loro aspetto consenta di stabilire in anticipo la loro identit sociale, riconoscere quindi la categoria di appartenenza e da qualche speciale attributo riuscire anche a giudicarli. Lattributo ci permette di valutare ed addirittura declassare una persona, connesso al tentativo di emarginare, neutralizzare, espellere il deviante dal corpo sociale. Lattributo lo stigma ed ha un significato dispregiativo tanto da essere chiamato: mancanza, handicap, limitazione. Lo stigma un genere speciale di rapporto tra lo stereotipo e lattributo211 relativo al tipo di rapporto sociale in cui il soggetto coinvolto. Ci sono tre tipi di stigma: deformazione fisica, aspetti criticabili del carattere che vengono percepiti come mancanza di volont, passioni, credenze malefiche, disonest e gli stigmi tribali della razza, della nazione, della religione, che possono essere trasmessi di generazione in generazione. 212 Si possono distinguere due macrosistemi della devianza: devianza primaria e devianza secondaria, in quanto la qualit fisica che viene etichettata dallo stigma pu essere volontaria o indesiderabile.

208 209

ibidem E. Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, Bologna, Il Mulino, 1969 210 E. Goffman, Stigma. Lidentit negata, Laterza, Bari, 1970, pp. 15-20 211 Ibidem 212 Ibidem

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Nella devianza primaria lazione dellindividuo considerata impulsiva e non viene considerata un atto stigmatizzabile, nella devianza secondaria il deviante viene socialmente etichettato ed escluso.213 A partire dagli anni Sessanta si creata una sensibilizzazione intorno al problema della devianza, perci nellambito della criminologia, del diritto e della psichiatria c stata una mobilitazione atta a modificare atteggiamenti, comportamenti credenze nei confronti della diversit. Tutto questo ha portato negli anni a una revisione, denuncia, valutazione e approccio diverso nei confronti dei problemi delluomo e della societ. Ne derivata la chiusura, nel nostro caso, degli Ospedali Psichiatrici e un nuovo atteggiamento nei confronti del diverso.

Il cinema interpreta il problema

Molti sono gli esempi di cinema impegnato che hanno affrontato la tematica del manicomio e del diverso con modalit documentaristiche. One Flew over the Cuckoo's Nest (Qualcuno vol nel nido del cuculo), un film del 1975 diretto da Milo Forman. Il film denuncia il comportamento disumano cui erano sottoposti i ricoverati nelle strutture psichiatriche americane. Il protagonista, passato da una struttura carceraria e entrato nellospedale per una valutazione psichiatrica, attraverso varie situazione evidenzia il carattere repressivo e totalitario

dellIstituzione. Tutte le sue reazioni, legate allautonomia e al contatto con il mondo esterno, l dentro sono valutate come rivoluzionarie e da reprimere tanto che la risposta a tutto questo data dalla lobotomia a cui viene sottoposto e che lo riduce una larva umana. Matti da slegare film-documentario di Marco Bellocchio. Attraverso interviste e immagini possibile seguire il percorso di internati: sfruttati nel lavoro, quando potevano svolgere una qualche attivit, trascurati nellassistenza e legati ad un regime che annientava la loro identit. Cera una volta la citt dei matti di Marco Turco. Una miniserie Rai che da una narrazione appassionata di vicende individuali guida lo spettatore alla difficile, e al

213

Francesco Sidoti, Op. cit., cap. 1

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tempo impensabile, riforma basagliana incentrata sullapertura dei manicomi di Gorizia e di Trieste. Basaglia protagonista sensibilizza la societ verso un atteggiamento nuovo nei confronti della malattia mentale, percorso ancora in atto. Si pu fare di Giulio Manfredonia. La vicenda ambientata negli anni Ottanta, quando la legge Basaglia era ormai operativa. Un sindacalista allontanato dal sindacato perch troppo rivoluzionario, si trova a impegnare le proprie forze nel recupero di pazienti liberati dalla nuova legge. Da un lavoro ripetitivo cui erano costretti con lapprovazione dello psichiatra, i pazienti vengono coinvolti nel lavoro in modo consapevole con tutte le difficolt e dinamiche personali che si creano negli ambienti di lavoro e nella vita dei cosiddetti normali. The Elephant Man film storico di David Lynch del 1980. John Merrick un uomo che dalla nascita si porta dietro una malformazione al corpo, causata da una grave forma di neurofibromatosi; per questo lo chiamano l'uomo elefante. Inizialmente viene trattato come fenomeno da baraccone e poi viene curato da una quipe medica che gli

restituisce la dignit umana. La difficolt emerge sempre quando il diverso si trova a contatto con la societ. Io non sono un elefante... Io non sono un animale! Sono un essere umano! Un uomo... Un uomo. la frase detta dal protagonista al momento in cui non pi protetto da quegli ambienti che lo hanno considerato diverso, ma si trova a contatto con il mondo esterno, che ha paura di affrontare la sua diversit. Zelig di Woody Allen. Il regista usa lironia e la comicit per affrontare il tema della devianza e dellintegrazione sociale.

Figura 12: Woody Allen, Zelig, Usa, 1983

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Il mockumentary214 analizza tramite il caso di Leonard Zelig il rapporto tra individuo diverso, societ e media. Leonard un ebreo americano povero che vive nella New York degli anni 20. La famiglia di Leonard, fin da piccolo, ha un atteggiamento che crea in lui un profondo senso di colpa, rimproverandolo di tutto senza mai prendere le sue difese. Questo complicato rapporto familiare crea in Leonard uninsicurezza che sfocia in una ricerca ossessiva di essere accettato e amato; viene colpito da una strana sindrome di mimetismo camaleontico, che lo rende capace di assumere le caratteristiche somatiche, psichiche e lessicali di chiunque incontri. Il suo disagio e comportamento eccentrico lo portano ad essere arrestato e finire sui giornali per le stranezze che compie. I media lo spettacolarizzano, creando un pubblico curioso e critico, catturato dal dramma umano. Il malessere di Leonard si concretizza nella moltiplicazione del s e nel parlare un linguaggio che si adatta ad ogni situazione, ma mai il suo. La sfiducia totale in se stesso sopprime la sua identit e la societ amplifica la sua situazione etichettandolo come malato: vittima predestinata della ricerca scientifica, destinato allesclusione sociale e alla depressione affettiva. Tra i tanti medici psichiatri solo la dottoressa Eudora Fletcher si prende cura di Leonard cercando, non solo di capire la malattia, ma anche di guarirla con la terapia analitica. Anche in questo film la sorella e il cognato approfittano del problema comportamentale di Leonard esibendolo come un fenomeno da baraccone. Diventa cos un oggetto in balia della volont degli altri. Solo la dottoressa Eudora tenta di proteggerlo, perch lunica che con lascolto e la terapia riuscita a scoprire la sua identit. Leffetto del disagio e la pressione da parte del societ portano Leonard a scappare vanificando i progressi raggiunti dalla dottoressa Eudora che lo ritrova a Berlino ad unadunata nazista. Lo trae in salvo e insieme tornano su un piccolo aereo a New York. Il film racconta la storia di Leonard Zelig costruendola tramite la riflessione sul rapporto tra societ e mezzi di comunicazione. Si vede infatti come nella realt sociale l'opinione individuale condizionata dalla massa e lintegrazione del diverso molto complicata e dipende dalle relazioni che si instaurano con gli altri.

214

Mockumentary: ( mock, fare il verso e documentary, documentario) genere cinematografico, raro e difficile, che significa falso documentario

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questo un film precursore, infatti del 1983, dellimportanza della comunicazione e delle relazioni umane. Lopinione pubblica nei confronti della questione manicomiale Negli anni Settanta la stampa permette di constatare il cambiamento di valutazione del trattamento della malattia mentale. Fino ad allora la follia e la devianza criminale erano accomunate in ununica categoria e ricevevano ununica risposta di controllo sociale. Una delle prime riflessioni che si contrapponevano a questo pensiero e andavano in parallelo e supportavano le idee basagliane furono diffuse da Magistratura democratica215, un gruppo di magistrati di sinistra che cos interpretavano la questione: Linternamento manicomiale e linternamento carcerario sono risposta univoca ed aspecifica ad esperienze umane che esistono e che hanno origini e risposte diverse: la malattia e la delinquenza. Queste esperienze umane, tuttavia nel nostro sistema sociale, non possono essere affrontate come tali, perch esse sono annullate in una gestione repressiva che, forzandole in ununica modalit di organizzazione istituzionale, ne uniforma il destino sociale. Lunivocit della risposta espressione dellunivocit di giudizio che definisce sia lo stato di malattia che quello di delinquenza solo in rapporto allorganizzazione sociale: cio come trasmissione dei limiti di norma definiti []216 In contrapposizione a questa lettura del problema troviamo la stampa conservatrice, qualificata come di destra, per esempio Il Tempo di Roma e Il Resto del Carlino di Bologna. Queste due testate in particolare mantenevano unaria conservatrice e restia ad una visione evolutiva delle realt manicomiali e del trattamento dei malati e si opponevano alle nuove teorie del trattamento psichiatrico della antipsichiatria. La stampa di destra si mostrava per pi moderata nei suoi giudizi nei confronti della questione dei manicomi e con una posizione pi decisa verso i criminali e il trattamento carcerario. In questo caso le prese di posizione erano decisamente pi rigide.217 La stampa di centro-destra, con un maggiore equilibrio, quella rappresentata dal Corriere della Sera, raccoglieva invece pareri opposti: alcuni psichiatri di

215

Magistratura democratica una delle associazioni di magistrati con un orientamento politico a sinistra. 216 Oreste Pivetta, Gianfranco Basaglia. Il dottore dei matti. La biografia, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2012, p. 249 217 Romano Canosa, Storia del manicomio in Italia dallUnit a oggi, Milano, Feltrinelli, 1979, pp.179180

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orientamento diverso (moderati e pi rivoluzionari) ritenevano indispensabile un cambiamento, in quanto La degenza deve essere un episodio, e non il pi importante, nelliter terapeutico di un malato.218 Nel contempo il quotidiano riportava anche le parole dello psichiatra, Dott. Ancona: Ci che non ritengo giustificabile, n efficiente terapeuticamente, lindirizzo tendente allabolizione delle strutture istituzionali, sotto lo specioso pretesto che il cambiamento dellambiente sociale, che comincia con labolizione del manicomio, riassume in s tutta la cura del malato []219 Queste dichiarazioni, collocabili in un atteggiamento politico di centro, evidenziavano unambiguit, ma anche un equilibrio nella valutazione della questione. Le affermazioni non risultavano omogeneamente contrarie allattuazione della legge n.180 e auspicavano lesigenza di individuare altre tecniche per affrontare la malattia mentale. Latteggiamento della sinistra sempre stato di sostegno allo schieramento progressista e innovatore. In un articolo della rivista Fogli di Informazione, dedicato allargomento (n. 6, dellaprile 1973), si legge: [] noi accettiamo anche la specificit delle problematiche psicologiche interne allindividuo, al rapporto interindividuale, alla famiglia, pur se non concepibile che tali problematiche non siano avulse dal contesto storico-sociale in cui viviamo.220 In questo periodo, per far prendere coscienza sociale anche a quella parte della popolazione ignara del problema, si cominciava a rendere pubblica con documenti e testimonianze la spaventosa realt manicomiale. questo un decennio di grandi cambiamenti sociali che rivelano il nuovo volto del paese, ben diverso da quello prospettato dai mezzi di comunicazione di massa e da quello percepito dal palazzo: a met maggio del 1974 si vot per la legge sul divorzio promossa dai radicali con un esito positivo, per molti inaspettato, ma anche da molti altri auspicato.221 Nel 1977 fu approvato dalla commissione parlamentare il disegno di legge che riguardava lassistenza psichiatrica. In questo disegno veniva data molta importanza alla fase di prevenzione della malattia e venivano dettate le condizioni per il trattamento sanitario obbligatorio. I servizi psichiatrici avrebbero dovuto essere inseriti nei servizi

218 219

R. Canosa, Op. cit., p. 180, (Gli alienati e la societ, Corriere della sera, 196) Ibidem 220 Id., p.181 221 O. Pivetta, Op. cit., p. 250

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sanitari generali, in modo da eliminare ogni forma di discriminazione tra le malattie fisiche e quelle mentali. Il dottor Basaglia e i suoi sostenitori, pur dichiarandosi critici contro il trattamento obbligatorio, evitarono di ostacolare la legge per non affrontare il pericolo che anche questi parziali miglioramenti venissero bocciati. Era questo un periodo particolarmente turbolento della storia nazionale. Nel 1978 il governo democristiano, il Presidente del Consiglio Andreotti e alla sanit siede lex partigiana Tina Anselmi.222 Quattro giorni prima il 13 maggio 1978, del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, leader democristiano, sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse, organizzazione dellestrema sinistra rivoluzionaria, venne approvata velocemente la nuova legge stralcio n.180. Di l a poco, il 22 maggio 1978 venne approvata un ulteriore legge progressista, la n.194, intitolata Norme per la tutela sociale della maternit e sull'interruzione volontaria della gravidanza, legge poi confermata dal referendum popolare abrogativo del 1981. La legge 180 e la legge 194 chiudono un decennio di riforme che si apre nel 1970 con le leggi sul divorzio, sulle norme dei referendum, sullo Statuto dei lavoratori, sui termini massimi di carcerazione preventiva. A esse seguono le leggi sul diritto del difensore di assistere allinterrogatorio dellimputato, sulle lavoratrici-madri e sugli asili nido (1971); sullobiezione di coscienza al servizio militare e sullampliamento dei casi in cui possibile la concessione della libert provvisoria, la cosiddetta legge Valpreda (1972); sul lavoro e sulla protezione delle lavoratrici-madri e disincentivazione del lavoro a domicilio (1973); sulla tutela della segretezza e della libert delle comunicazioni e sulla delega al governo per lemanazione del nuovo codice di procedura penale (1974); sul nuovo ordinamento penitenziario, sulla riforma del diritto di famiglia e sulla fissazione a 18 anni della maggiore et, con immediati effetti anche sulla composizione del corpo elettorale (1975); sulla parit tra uomo e donna in materia di lavoro e sulla disciplina dei ruoli (1977).La legge n.180, quella sul trattamento sanitario dei malati di mente, confluir successivamente nella legge n.833 del 23 dicembre del 1978 che istituisce il sistema sanitario nazionale. Senza scendere nello specifico della legge, i quattro principi fondamentali relativi alla nuova impostazione del problema psichiatrico sono i seguenti:

222

O. Pivetta, Op. cit., p. 39

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il rispetto della dignit e dei diritti della persona con disturbi psichiatrici; la chiusura dei manicomi; la centralit territoriale dei servizi ospedalieri; la volontariet del trattamento. Alla persona con disturbi psichiatrici viene finalmente riconosciuto il diritto di cittadinanza, dando piena attuazione allarticolo n.32 della Costituzione: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettivit, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno pu essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non pu in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. La legge n.833, riguardo allargomento di cui si sta parlando, prevede comunque ancora una possibilit di trattamento coatto: Art. 33: Norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari e obbligatori. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi obbligato. L'unit sanitaria locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando le iniziative di prevenzione e di educazione sanitaria ed i rapporti organici tra servizi e comunit. Nel corso del trattamento sanitario obbligatorio, l'infermo ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno. Chiunque pu rivolgere al sindaco richiesta di revoca o di modifica del provvedimento con il quale stato disposto o prolungato il trattamento sanitario obbligatorio. Sulle richieste di revoca o di modifica il sindaco decide entro dieci giorni. I provvedimenti di revoca o di modifica sono adottati con lo stesso procedimento del provvedimento revocato o modificato. Art. 34: Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori per malattia mentale. Il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale pu prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall'infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere. Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve

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essere preceduto dalla convalida della proposta di cui al terzo comma dell'articolo n.33 da parte di un medico della unit sanitaria locale e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel presente comma. Nei casi di cui al precedente comma il ricovero deve essere attuato presso gli ospedali generali, in specifici servizi psichiatrici di diagnosi e cura all'interno delle strutture dipartimentali per la salute mentale comprendenti anche i presidi e i servizi extraospedalieri, al fine di garantire la continuit terapeutica. I servizi ospedalieri di cui al presente comma sono dotati di posti letto nel numero fissato dal piano sanitario regionale. Pochi mesi dopo lapprovazione della legge le cronache dei giornali hanno dato notizia di tutta una serie di ostacoli riguardo allattuazione della legge stessa: mancanza di personale psichiatrico (medico e paramedico) negli ospedali generali;223 resistenze da parte del personale degli Ospedali Psichiatrici a spostarsi e operare nel territorio; differenze tra Nord e Sud: al Nord si era gi verificata una preparazione al cambiamento, mentre al Sud esistevano notevoli difficolt; pericolo che il grande lager si sbricioli in prigioni mignon, isolate dai reparti, dove si possano creare tanti piccoli ghetti224; chiusura dei manicomi accelerata dal bisogno di risparmio di spesa pubblica; disagi creati dai pazienti usciti temporaneamente o definitivamente

dallOspedale Psichiatrico; rifiuto da parte delle persone di affittare appartamenti agli ex-ricoverati anche se gli affitti sono garantiti dai medici stessi dellospedale. 225

223 224

D. Pasti, Metti il matto in ospedale e abbandonalo a se stesso, La Repubblica, 8 giugno 1978 M. Chierici, Viaggio nelle isole dove i matti sono liberi, Corriere della Sera, 18 settembre 1978 225 M. Chierici, Eri in manicomio?Non ti do la casa, Corriere della Sera, 7 ottobre 1978

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Figura 13: Corriere della sera 26 maggio 1978

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Figura 14: Corriere della Sera, 7 ottobre 1978 Ginevra Freni San Salvi, da Istituzione Totale a dirompente linguaggio di comunicazione sociale p.108/147

Figura 15: Corriere della Sera, 18 settembre 1978

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Nonostante tutto questo, per, la legge ha comunque iniziato unepoca, un rinnovamento, una modifica della risposta istituzionale alla follia. Diceva Basaglia: Il manicomio ha la sua ragione dessere nel fatto che fa diventare razionale lirrazionale. Infatti quando qualcuno entra in manicomio smette di essere folle, per trasformarsi in malato, e cos diventa razionale in quanto malato [] La follia una condizione umana. In noi la follia esiste ed presente come lo la ragione. Il problema che la societ, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragione dessere. La legge ha il merito di aver determinato il passaggio dal prevalente interesse di custodia del malato mentale ad un approccio terapeutico. Continuano le riflessioni di Basaglia: La novit della legge si incentra sulla scomparsa del concetto giuridico di pericolosit del malato mentale, da cui si deduceva la necessit di custodirlo e quindi di violentarlo e reprimerlo; sullopposizione che da questa scomparsa deriva alla creazione di nuove strutture segreganti; sul capovolgimento dellottica tradizionale della psichiatria che si trova per la prima volta in condizione di affrontare colui che soffre di disturbi psichici senza lo schermo della pericolosit e della custodia. 226 Le idee di Basaglia continuano ad avere attualit, anche se la legge n.180 non perfettamente applicata ed sicuramente migliorabile; fu lui il primo a sostenere infatti Il senso di una riforma sta anche nella possibilit di rimetterla in discussione [] Ci che deve mutare per poter trasformare praticamente le istituzioni e i servizi psichiatrici (come del resto tutte le istituzioni sociali) il rapporto tra cittadino e societ, nel quale si inserisce il rapporto fra salute e malattia. Cio riconoscere come primo atto che la strategia, la finalit prima di ogni azione luomo (non luomo astratto ma tutti gli uomini), i suoi bisogni, allinterno di una collettivit che si trasforma per raggiungere la soddisfazione di questi bisogni e la realizzazione di questa vita per tutti. Ci significa capire che il valore delluomo, sano o malato, va oltre il valore della salute e della malattia [].227

226 227

O. Pivetta, Op. cit., pp. 267-268 Ibidem

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Interventi legislativi successivi alla n.180

Una riforma uno strumento che dovrebbe servire a migliorare la condizione umana; non sono imputabili ad una legge le ingiustizie di un sistema. La politica si rinnova giorno dopo giorno davanti ai problemi ed lecito misurare, valutare e ponderare la necessit di rinnovare o arretrare una legge. Nella storia non sono mancati infatti alcuni episodi di violenza, seppur scarsi, che hanno riacceso il dibattito dei contro-riformatori alla n.180. Dal 1978 fino al 1999 non ci sono stati significativi interventi e prese di posizione sulla legge di cui si parla. Nel periodo 1996-2000 il Ministro della Salute Rosy Bindi interviene sul problema stabilendo: listituzione del Dipartimento di Salute Mentale (Dsm) finanziato dalla Regione con il compito di assistenza e di intervento a 360, coinvolgendo medicina di base, medicina scolastica, guardia medica, consultorio, neuropsichiatria infantile. Il Dsm comprende il Centro di salute mentale (Csm), il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura, il Day-hospital, il Centro Diurno e la Residenza Assistita, con un bacino di utenza massimo di 150mila abitanti. I principali obiettivi sono, anche in questo caso, la prevenzione, la cura e la riabilitazione dei disturbi gravi tramite una fitta rete di collaborazione tra servizi sanitari, associazioni familiari e volontariato, con la possibilit di reperire strutture residenziali extra-ospedaliere per un recupero socio-terapeutico-riabilitativo. Rosy Bindi parlava chiaro I beni mobili e immobili degli ospedali psichiatrici dismessi sono destinati alla produzione di reddito, attraverso la vendita o l'affitto, e i soldi destinati all'attuazione del progetto obiettivo Tutela della salute mentale. 228 Le Regioni hanno due anni di tempo per chiudere i manicomi e realizzare centri diurni e case alloggio. Per quelle che non rispetteranno la legge sono previste le sanzioni: una riduzione dello 0.5 % del fondo sanitario regionale. A partire dal 1998 il taglio salir al 2 %. 229

228

Mario Reggio, Chiusi, venduti, ancora inutilizzati. La strana fine degli ex-manicomi, La Repubblica, 6 luglio 2012 229 Ibidem

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Il ministro della Salute ha preso posizione su questo [] perch nel 1996, avevano scoperto che gli internati erano ancora 17.068: 11.882 rinchiusi in 63 ospedali psichiatrici pubblici e 5.186 in 13 strutture private. 230Niente a che vedere con i 102.300 ricoverati nel 1956 ed i 78.538 matti da slegare nel 1978, anno in cui venne approvata la legge Basaglia. Oggi, in base ai dati di cui sopra, i manicomi non esistono pi e i circa 60 mila pazienti psichiatrici sono gestiti, appunto, attraverso le strutture residenziali e semiresidenziali pubbliche e private.231 Per realizzare questi programmi il Progetto Bindi prevedeva lo stanziamento del 5% del Fondo sanitario nazionale. Al 30 maggio 2001 risale la proposta di legge n.174 dellon. Burani Procaccini Norme per la prevenzione e la cura delle malattie mentali, co-firmata da tre parlamentari appartenenti alla Casa delle Libert. Questa Legge, ancora ferma nella XII Commissione Affari Sociali, tratta il problema psichiatrico alla luce delle nuove competenze, privilegiando la difesa sociale ed il controllo, rilanciando il concetto di pericolosit. Le legge prevede di nuovo l'inserimento coatto in una struttura protetta e la nomina da parte del Sindaco del Garante del Paziente Psichiatrico (GPP), una figura che supporta la famiglia e la comunicazione con il paziente, con le istituzioni e con la societ. Senza scendere nello specifico della normativa prevista dalla legge, i cambiamenti pi significativi sono: il Trattamento Intensivo Prolungato in strutture sia specializzate per fasi acute sia infermieristiche per stabilizzazione delle fasi post-acute, sia residenziali destinate al ricovero volontario o obbligatorio con caratteristiche di alta protezione. Il Trattamento Sanitario Obbligatorio applicabile ai soggetti con disturbi rilevanti, urgenti e che rifiutano le cure. Leventuale condizione di intossicazione da sostanze non limita lapplicabilit del provvedimento

230 231

Ibidem Ibidem

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Il Trattamento Sanitario Obbligatorio pu essere prolungato fino ad un massimo di sessanta giorni, prorogabili dal sindaco in strutture ospedaliere e extraospedaliere accreditate. La normativa ha ricevuto numerose critiche in quanto non sembra salvaguardare e tutelare i diritti delle persone (con disagio psichico). Concluso lexcursus legislativo si nota come a partire del 1978, quando tanto fu detto sulla riforma Basaglia, non ci sia stata una continuit sul cambiamento che ne conseguito. La societ cambiata: ha evidenziato problemi nuovi, orientamenti diversi. Saltuariamente, forse a seguito di qualche fatto di cronaca clamoroso, ci sono state inchieste giornalistiche che hanno sensibilizzato e ricordato il dopo-basaglia. Il giornalista Mario Reggio nel 2011 indaga sulla situazione attuale.

Inchiesta su La Repubblica Dove finita la follia?

Mario Reggio il 6 luglio 2012 scrive larticolo Chiusi, venduti, ancora inutilizzati. La strana fine degli ex-manicomi.232 Nel 1996, a quasi vent'anni dalla riforma psichiatrica, si scopr che c'erano ancora 63 strutture aperte con 17mila internati. Un decreto dell'allora ministro Bindi stabil che andavano chiuse e riutilizzate o, se vendute, i soldi ricavati dovevano andare al Progetto Obiettivo sulla salute mentale. Oggi, la Commissione d'Inchiesta del Senato presieduta da Ignazio Marino ha mandato i carabinieri in 82 strutture e ha scoperto che molte sono inutilizzate. E il ricavato di quelle vendute ha preso altre strade. Sempre dallinchiesta della Repubblica: [] Che fine hanno fatto i soldi dopo la vendita o l'affitto dell'immenso patrimonio edilizio costituito dagli ex ospedali psichiatrici? [] I carabinieri hanno visitato 82 strutture. Ecco il risultato. Primo dato, i vecchi manicomi non esistono pi. A distanza di 34 anni dall'approvazione della legge Basaglia gi qualcosa. Ma ci sono molte situazioni poco chiare.[] Gli ambienti sono stati per lo pi ristrutturati e riutilizzati dalle Asl anche per l'assistenza e cura dei malati psichiatrici. In altri casi sono stati dati in comodato d'uso gratuito o dismessi e non utilizzati o venduti o locati in tutto o in

232

Ibidem

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parte a Comuni, Universit o privati e il relativo ricavo utilizzato anche per la creazione di strutture destinate ai malati psichiatrici. Secondo linchiesta per: Le somme derivate dalle vendite o locazioni, a volte, sono state versate direttamente nelle casse regionali, rendendo difficile una ricostruzione dettagliata del loro successivo utilizzo.[] Alcuni numeri: 1.679 strutture, 19.299 posti, 30.375 utenti. L'attivit semiresidenziale gestita dai centri diurni dove il paziente va la mattina e la sera torna a casa. I numeri: 763 strutture, 12.835 posti, 32.030 assistiti. L'assistenza residenziale, quella dove il malato vive, nasconde spesso nelle strutture private convenzionate una riproduzione del vecchio manicomio. Non sempre le Asl sono in grado di effettuare controlli continui e stringenti. In molte strutture private convenzionate, guarda il Don Uva di Bisceglie, il manicomio chiuso, ma la comunit di recupero usa gli stessi metodi del passato. [] proviamo a vedere se e in che misura la normativa stata rispettata: se, cio, le strutture chiuse sono utilizzate per "produrre reddito" a favore del "Progetto obiettivo Tutela della salute mentale". [] Reggio Calabria [] ha ceduto a titolo gratuito ai Carabinieri l'ospedale psichiatrico del Rione Modena. L'Arma ha ringraziato per il regalo e ha trasformato la struttura nella Scuola Allievi. A Napoli l'ex ospedale psichiatrico di via Liveri chiuso e inutilizzato, stessa sorte per quello [] di Capodichino [] Toscana. A Pistoia l'ospedale psichiatrico Ville Sbertoli ha chiuso i battenti nel 1996 e non li ha pi riaperti. Stessa fine [] Parma. In Liguria [] la Regione ha venduto l'ex di Cogoleto alla Fintecna Immobiliare e alla Valcomp per 13 milioni e 648 mila euro. [] Quarto. Genova. [] Nella struttura vivono ancora 80 cronici, la Regione ha gi cartolarizzato l'immobile, valore 16 milioni e 206 mila euro, ma [] con i malati dentro nessuno si sogna di sborsare i soldi. Ovviamente, se la situazione si dovesse sbloccare i soldi andrebbero a coprire il buco del disavanzo sanitario. [] Puglia, a Bisceglie. L campeggia l'ex ospedale psichiatrico Don Uva, gestito dalle Ancelle della Divina Provvidenza. Un mostro fronte-mare che negli anni '90 accoglieva pi di 2 mila ospiti.

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Nel '98 si erano ridotti a poco pi di mille, ma l'atmosfera non era proprio salubre: malati che si genuflettevano al passaggio del direttore, mentre i pi audaci gli baciavano la mano: personale scarso, terapie immaginarie, molti decessi sospetti. Oggi la struttura si rinnovata, ma il tempo delle "vacche grasse" finito, cos le ancelle hanno deciso di chiedere la cassa integrazione a zero ore per i dipendenti.233 Mario Reggio, nella sua inchiesta, intervista il Senatore Ignazio Marino, il titolo del servizio: La nostra inchiesta finir ai magistrati. Dallintervista emerge che le strutture dismesse non hanno seguito liter della legge che prevedeva il riutilizzo nello stesso settore o la vendita e il conseguente ricavato impiegato per la salute mentale. Viene puntualizzato questo: i luoghi dismessi sono stati venduti per altra destinazione (il ricavo non stato reinvestito nella cura della malattia mentale, ma utilizzato per ripianare il bilancio regionale); oppure abbandonati e impoveriti, a volte si trattava di strutture di pregio; o, e nel migliore dei casi affittati, ad Istituti o Associazioni culturali. Continua il servizio di Mario Reggio. Dell'Acqua234, il 7 luglio 2012 rilascia questa intervista, Il sogno, adesso realt. Ma ci vorrebbe un'altra rivoluzione: Il miracolo essere riusciti a chiudere i manicomi. Ed un cambiamento gigantesco. Lo scandalo che certi spazi tornino ad essere usati come contenitori di persone condannate alle pi disperate classificazioni psichiatriche. Mario Reggio chiede cosa pensa DellAcqua della situazione a macchia di leopardo dei manicomi in Italia. Leggendo il rapporto e le tabelle puntuali dei Nas, si coglie prima di tutto il senso di un gigantesco cambiamento avvenuto nel nostro Paese, che facciamo fatica a ricordare al di fuori dalla piattezza dei luoghi comuni. [] La chiusura avviene per la quasi totalit intorno al 1998 a ridosso di quel Decreto Bindi, allora coraggiosa ministra della sanit che, rompendo gli indugi, ingiunge a tutte

233

Mario Reggio, Dell'Acqua: "Il sogno, adesso realt. Ma ci vorrebbe un'altra rivoluzione", La Repubblica, 7 luglio 2012 234 Beppe DellAcqua, salernitano, classe 1947, si laureato in Medicina a Napoli, ha collaborato con Franco Basaglia nell'ospedale psichiatrico di Colorno a Parma. Nel '71, con il gruppo Basaglia, si trasferito a Trieste partecipando all'esperienza di trasformazione e chiusura dell'0spedale psichiatrico. In 40 anni di lavoro si dedicato alla programmazione e gestione dei Servizi di Salute Mentale nel territorio e svolgendo nel contempo consulenze scientifiche in Italia ed all'estero. Collabora con l'Organizzazione Mondiale della Sanit. Insegna Psichiatria sociale presso la facolt di Psicologia dell'universit di Trieste. E' autore di numerose pubblicazioni scientifiche. E' tra i promotori del Forun Salute Mentale, avamposto per la tutela della legge 180 e la promozione delle buone pratiche in salute mentale. (Mario Reggio, DellAcqua: Il sogno adesso realt, ma ci vorrebbe unaltra rivoluzione, Repubblica, 7 luglio 2012)

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le Regioni, 20 anni dopo la legge n.180, di uscire da una distratta e paludosa gestione della salute mentale. Continua DellAcqua: La legge, una legge quadro, come si sa, per la prima volta e giustamente, riconosceva alle Regioni competenza e autonomia sulle materie sanitarie. accaduto che, distorcendo il senso dell'autonomia, si sono affermate [] l'arretratezza culturale, la prepotenza "scientifica", l'inconsistenza etica delle psichiatrie locali. Improntate a modelli medico/biologici, farmacologici, istituzionali pesantemente riduttivi negavano (e negano) la stessa ragione del cambiamento. Hanno avuto spazio le lobby economiche, un intreccio di interessi di potentati locali, di psichiatri servizievoli, di misericordiosi sguardi confessionali, di universit impegnate a difendere la scienza psichiatrica al servizio di industrie farmaceutiche potenti e generose. [] Cliniche dai nomi suggestivi continuano a essere sostenute da scellerate e dispendiose politiche regionali. Non tanto mi stupisce l'uso distorto delle risorse quando destinate a ripianare disastrosi bilanci regionali o ad accontentare capricciosi primari per attivare una sala operatoria o un reparto di raffinata specializzazione. Neanche tanto l'abbandono di terreni, di edifici, di parchi di rara bellezza nel cuore delle citt, di specialissima ricchezza architettonica e storica. Mi stupisce, ma questo gi lo sapevamo, il riuso di molti di questi spazi per permettere politiche immobiliari delle stesse aziende sanitarie, trovando luogo per archivi, uffici, direzioni, ambulatori, servizi territoriali senza che questo abbia prodotto un pari investimento, fuori dal manicomio, per la costruzione di Centri di salute mentale (CSM) aperti 24 ore, dignitosi Servizi ospedalieri per l'emergenza e non nei posti peggiori degli ospedali civili. Il giornalista Mario Reggio chiede allo psichiatra se in qualche manicomio ci siano ancora dentro i malati di mente. Il problema non tanto il luogo. Fare qualcosa di bello nell'ex manicomio non credo sia un peccato. Vede, per fare un esempio, l'ospedale psichiatrico di Cagliari stato sede di uno dei pi bei CSM 24h (che ora la scelleratezza del governo regionale attuale intende chiudere) o le tante e belle attivit laboratoriali, culturali, di ricerca, di teatro, di cinema e altro. Il problema scandaloso la persistenza oggi di quelle unit di 20 posti. Contenitori per cronici []. Il giornalista evidenzia laspetto della non-comunicazione e non diffusione del problema Chiusi, formalmente, i manicomi, pochi hanno continuato a guardarci dentro.

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Tenere viva l'interrogazione. Questo era il sogno di Basaglia, io credo. [] Trovo infatti scandaloso che i media si siano occupati poco e male dei Servizi di Diagnosi e Cura ospedalieri chiusi, dove si opera la contenzione, dei CSM cadenti e vuoti, ma soprattutto del fatto che le persone possano ancora morire a causa di psichiatrie stupide, arroganze scientifiche, insensate pratiche farmacologiche. Si conclude lintervista con una domanda proiettata nel futuro che pone lattenzione a quali siano gli strumenti che potrebbero migliorare le reti di assistenza nel territorio. Oggi tutto chiaro. Basterebbe solo voler vedere. Esperienze eccellenti esistono in tutto il territorio nazionale, per fortuna, e non solo a Trieste. Tante cose bisognerebbe dire. Mi limito: rendere certe e finalizzate le risorse e destinarle veramente alla cura e alla guarigione sempre possibile delle persone con disturbo mentale, costruire bilanci che sostengano servizi capaci di progettare e governare percorsi singolari orientati alla ripresa e ai bisogni delle persone. Il recente convegno conclusosi a Trieste, Impazzire si pu, che ha visto la presenza di oltre 500 persone, la maggior parte con l'esperienza del disturbo mentale, ha prodotto una Carta dei Servizi. Le cose che le persone vedono e chiedono sono semplici: CSM aperti 24 ore, risorse e intelligenze capaci di trattenere le persone nel contratto sociale e quindi abitare, lavorare, essere garantiti nel proprio diritto, porte aperte, abolizione della contenzione dovunque, sostegno attivo e sempre comprensivo ai familiari e ai contesti circostanti. E tuttavia, al convegno, i matti hanno capito e detto che una seconda rivoluzione basagliana quanto mai necessaria. 235 Si conclude questa inchiesta di Mario Reggio con la pubblicazione di questi dati:236 L'assistenza residenziale, quella dove il malato vive, nasconde spesso nelle strutture private convenzionate una riproduzione del vecchio manicomio. Secondo gli ultimi dati a disposizione del Ministero della Salute che si riferiscono al 2009 il sistema di assistenza diviso in due settori. L'attivit residenziale, vale a dire comunit terapeutiche e case famiglia, dove i ricoverati vengono seguiti da uno staff di psichiatri e di personale infermieristico. Il ricovero in comunit terapeutica non pu superare i 2 anni ed il numero massimo degli assistiti di 20 persone. Alcuni numeri: 1.679 strutture, 19.299 posti, 30.375 utenti. L'attivit semiresidenziale gestita dai centri

235 236

Ibidem Mario Reggio, Posti letto e assistenza cos le Regioni gestiscono i folli, La Repubblica, 9 luglio 2012

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diurni dove il paziente va la mattina e la sera torna a casa. I numeri: 763 strutture, 12.835 posti, 32.030 assistiti.

Intanto a San Salvi la situazione attuale questa [] larea appartiene per il 70% allAsl, per il resto al Comune e alla Provincia. Con la chiusura dei manicomi conseguente alla legge n.180 del 1978, i padiglioni vengono progressivamente liberati e adibiti dallAsl secondo le contingenze, senza nessun progetto complessivo di recupero dellarea, n in funzione dei pazienti ancora ospitati nelle strutture protette n del quartiere. La scarsa manutenzione sia degli edifici che del parco ha permesso il deterioramento dellinsieme, aggravato dalluso a parcheggio di tutti gli spazi interstiziali, con pregiudizio del patrimonio arboreo. 237 Lex manicomio di San Salvi un bene culturale e uno dei luoghi simbolo della memoria cittadina, di altissimo pregio ambientale e di notevole valore; un complesso con grandi potenzialit di recupero sociale e ambientale, strategico per migliorare lassetto urbanistico e le condizioni di vita dei cittadini. 238 Queste sono testimonianze che scaturiscono direttamente dal blog San Salvi chi pu. Dal 2004 attivo un comitato di cittadini che si interrogano sul futuro di San Salvi cercando di proporre un utilizzo di tutta larea. Le proposte sono svariate e vanno dallistituzione del Parco di San Salvi, al consolidamento di attivit agricole nella zona con relativa fermata ferroviaria, allutilizzo come risorsa per usi sociali. Recentemente il quotidiano La Nazione ha riportato le novit sullutilizzo dellarea: sembra che la Asl, proprietaria di maggioranza, possa procedere alla vendita degli immobili per fare cassa favorendo in questo modo la nascita di una struttura residenziale di pregio; [] via libera di Regione e Comune sulla vendita degli immobili [] in poche parole stop ai padiglioni sanitari e culturali, avanti con negozi e complessi residenziali. E la memoria? [.]239 Queste sono le ultime notizie riportate su una diatriba che va avanti dalla dismissione dellarea manicomiale. Dal momento che sono state fatte negli anni diverse proposte auspicabile che la conclusione di tutta la ristrutturazione, quando avverr, sia quella pi consona e pi adatta.

237 238

Comitato San Salvi chi pu <firenzecomitatosansalvi.blogspot.it/> Ibidem 239 Claudio Capanni, I Chille e il ricordo dei tetti rossi: No al museo degli orrori , La Nazione, 7 settembre 2012

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A tale proposito Claudio Ascoli rilascia unintervista per il giornale La Nazione: [] No al museo degli orrori in San Salvi [] Ci stato detto del progetto di istituire un luogo a presidio della memoria di San Salvi. Ben venga, basta non si tratti di un museo con una macchina per lelettroshock e qualche foto. Il ricordo di questa citt nascosta deve rivivere con attivit culturali che rendano partecipe la cittadinanza. 240 Ci Auguriamo commenta Ascoli di non dovere lottare noi stessi contro il mulino a vento dellamministrazione. Chiediamo solo di essere interpellati e tenuti di conto quando si parla del futuro di San Salvi visto che conclude con la Fondazione per la memoria viva di San Salvi Carmelo Pellican e alcuni comitati cittadini, siamo gli ultimi custodi della memoria di questo luogo.241

Articolo 19 maggio 2012 da Il Giornale Che follia, in Italia si usa lelettroshock

Dal 2008 al 2010 sono stati 1406 in Italia i pazienti trattati con la scossa. In maggioranza donne - scrive Francesca Angeli - aumenta in Italia luso dellelettroshock per i pazienti psichiatrici. Le linee guida in materia risalgono al 96 e prevedono lutilizzo della Tec 242 soltanto dopo il fallimento dei trattamenti con i farmaci [] Terapia che comunque nella circolare del Ministero della Salute del 96 venne definita un presidio terapeutico di provata efficacia e dunque assolutamente legittima. Le strutture ospedaliere coinvolte, cio quelle che hanno eseguito almeno una Tec in un anno, sono circa 90. La maggioranza dei trattamenti riguarda le donne, 821 contro i 585 uomini, e la fascia det 40-47 anni. Colpiscono i dati relativi agli Spedali Civili di Montichiari in provincia di Brescia: 108 trattamenti nel 2008, 155 nel 2009, 158 nel 2010. Anche quelli dellAzienda ospedaliera universitaria di Pisa: 106 nel 2008, 89 nel 2009, 68 nel 2010. [] Negli Usa per la Tec viene regolarmente applicata su circa 100.000 pazienti allanno. Difficile reperire dati a livello mondiale e confrontarli anche perch sono disaggregati. La tecnica elettroconvulsiva viene eseguita una volta allanno per ogni milione di abitanti su 500 persone negli Usa; 470 in Belgio; 330 in Scozia; 184 nel Regno Unito. Percentuale che cala drasticamente in Spagna, soltanto 61 su un milione, e in Germania, 26. In Italia nel 2008 un gruppo di psichiatri convinti sostenitori dei benefici della Tec rivolse una petizione al ministero della Salute affinch si aprisse

240 241

Ibidem Ibidem 242 TEC: terapia elettroconvulsivante, nota come elettroshock

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almeno un servizio dei Tec ogni milione di abitanti. Ora visto che le strutture che eseguono la Tec sono novanta vuol dire che ne abbiamo quasi una e mezza per ogni milione di abitanti. Proprio mentre si riapre la polemica sulluso della Tec la Commissione Affari sociali della Camera approva un testo di riforma della legge Basaglia che prevede lallungamento del periodo di trattamento sanitario obbligatorio e la possibilit di ricoverare il malato anche senza il suo assenso, fino a un massimo di un anno. Il testo voluto da Pdl e Lega ha gi scatenato la rivolta di Pd e Radicali che accusano il centrodestra di voler riaprire i manicomi.243

Figura 16: Ospedale Psichiatrico Provinciale di Parma 1968, foto di Carla cerati

243

Francesa Angeli, Che follia, in Italia si usa lelettroshock, Il Giornale, 19 maggio 2012

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Conclusioni
La storia del passato ha unimportanza fondamentale per la comprensione degli avvenimenti di oggi; il rapporto tra memoria e storia irrinunciabile. Sarebbe limitato fare solo riferimento ai fatti accaduti nel passato, senza indagare sulle possibili cause che li hanno determinati. Altrettanto importante la memoria legata al territorio, allo spazio dove i fatti sono avvenuti e sono diventati luogo della memoria.244 Lo sono diventati i campi di battaglia, le trincee, i lager nazisti, ma anche i manicomi e prima di loro gli ospitali, dove sono stati ricoverati i malati di ogni tipo. In molti casi questi luoghi della memoria sono diventati musei se non mete quasi turistiche. Questo non avvenuto per i manicomi, che potrebbero essere conservati come spazio della memoria e nel contempo convertiti per creare situazioni socialmente utili, anche per la vastit dello spazio occupato. Evidentemente un problema di carenza di comunicazione. Non si saputo comunicare a suo tempo alla popolazione la rivoluzione del trattamento psichiatrico che passata quasi del tutto inosservata e trattata dai giornali dellepoca solo per un breve periodo. Successivamente non se ne quasi pi parlato. Il discorso rimasto confinato tra gli addetti ai lavori. La n.180 passata come legge, ma non stata assorbita socialmente dalla popolazione non direttamente coinvolta dal trattamento della malattia. Chi aveva in casa il malato di mente non ne faceva parola con gli altri, allo stesso modo linformazione (quotidiani e televisione) si vergognata di affrontare il tema con vigore, cos come doveva essere affrontato un tema tanto importante. In verit sono stati prodotti e diffusi film, documentari e pice teatrali, anche di pregio professionale, ma indirizzati solo ad un pubblico elitario e socialmente impegnato, politicamente collocato a sinistra.

244

Il concetto di luogo della memoria stato elaborato per la prima volta a met degli anni Ottanta dallo storico Pierre Nora: uno spazio fisico e mentale che si caratterizza per essere costituito da elementi materiali o puramente simbolici, dove un gruppo, una comunit o unintera societ riconosce se stessa e la propria storia mediante un forte aggancio con la storia collettiva. Pu essere un museo, un archivio, un monumento, un anniversario, certi territori o localit segnati da eventi significativi, ma anche miti, pagine letterarie, personaggi, date. (Paolo Sorcinelli, Viaggio nella storia sociale, Bruno Mondadori, 2009, in Storia e memoria <www.osservatoriomq.eu/testi/Storia%20e%20memoria.pdf>)

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La massa popolare non stata sensibilizzata adeguatamente verso questo problema e al contempo stata tenuta fuori da questo tipo di informazione perseguendo lobiettivo di evitare largomento. Di fatto la tematica non ha attraversato lintera societ e forse questo uno dei motivi per i quali anche la notizia di rilievo sulla chiusura dei manicomi non sempre stata trattata dalla stampa. La Nazione nel dicembre del 1998 ha dedicato solo un articolo di cronaca alla chiusura del manicomio fiorentino. Non c da meravigliarsi che buona parte della popolazione oggigiorno non sappia cosa sia stato nel passato San Salvi. L ospedale psichiatrico stato smantellato ed il padiglione, occupato dalla compagnia teatrale Chille de la balanza, lunico spazio che mantiene in vita, con una serie di attivit, la memoria di un riforma sociale che ha cambiato la cultura del nostro paese e che, coscientemente o meno, appartiene ad ognuno di noi. Il problema della non normalit un problema di larga parte della popolazione. Oltre che dal collegio europeo di Neuropsichiatria, anche dallOMS 245 le notizie sono allarmanti; per il 2020 si prevede che la depressione salga al secondo posto in graduatoria dopo le malattie gravi di natura cardiaca. I dati ufficiali indicano che il 38% della popolazione europea soffre di un disturbo mentale: ansia, depressione grave, dipendenza da alcool e droghe, iperattivit, schizofrenia, demenza. Ne consegue soprattutto un problema per le nuove generazioni in quanto circa il 3% dei bambini e degli adolescenti cresce con un genitore psicologicamente labile. 246 Non un problema che riguarda il passato, ma un problema che potrebbe investire chiunque, in qualunque momento del ciclo di vita. La societ in cui viviamo , e sar, sempre pi competitiva, stressante e tendente ad escludere i pi deboli. Si parla ormai diffusamente di societ dellincertezza, innanzitutto del lavoro e del mantenimento del proprio standard di vita. Negli anni Settanta lItalia attraversava un momento socialmente pieno di notizie e, lapertura dei manicomi, nonostante fosse un argomento importante, veniva oscurato dalle tante notizie di sommovimenti sociali. Di sicuro era molto pi notiziabile un articolo sul sequestro di Aldo Moro piuttosto che sulla chiusura delle strutture manicomiali.

245 246

OMS: Organizzazione Mondiale della Sanit, equivalente a WHO, World Health Organization Anna Oliviero Ferraris, I figli dei pazienti psichiatrici, Psicologia Contemporanea, Firenze, Giunti, maggio-giugno 2012, n.231, cap. Salute Mentale

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Si consideri che questo era inoltre un argomento meno rilevante dal punto di vista commerciale, con unaudience limitata e segmentata e veicolato spesso su riviste specialistiche e non certo di massa. Il problema della malattia mentale, prima della legge n.180, doveva restare circoscritto allambito individuale e familiare del malato, senza il coinvolgimento di una societ che appariva indifferente, se non di ostacolo, ai mutamenti. Franco Basaglia ha avuto il merito di coagulare intorno alla sua figura le nuove teorie sul trattamento della malattia mentale e di applicarle nella pratica. Questo avvenuto con tutti i difetti del caso dovuti anche allimpreparazione delle strutture, ma ormai il medico avvertiva come improrogabile la necessit di rivoluzionare il rapporto medicopaziente e di assimilare la malattia mentale a quella fisica, senza discriminazioni. Basaglia riuscito a comunicare ad un vasto pubblico che la malattia mentale una malattia come le altre e che deve essere affrontata con strumenti diversi: comunicando innanzitutto con il malato. Cos facendo il malato diventava consapevole della sua patologia, partecipando attivamente al processo di cura. La riforma basagliana fu ispirata non solo ai principi di umanit, ma soprattutto al riconoscimento dei diritti del malato, della sua identit, della sua appartenenza alla societ civile contro lannientamento della sua personalit, contro lemarginazione. Basaglia, investito dallo spirito ribelle del tempo, usa con determinazione gli strumenti della democrazia: la parola e la comunicazione. Tramite i mezzi ha parlato di norma, di devianza, di pregiudizi, promuovendo una delle esperienze culturali pi importanti degli ultimi anni. Il dottore riformista tramite la comunicazione e la diffusione di documenti, filmati, libri ed eventi ha portato allattenzione della societ le sorti di quelle persone e di quei luoghi che, per anni, erano stati dimenticati da tutti. La conoscenza servita a cambiare latteggiamento e il giudizio verso la malattia e gli internati. Il problema continua ad esistere, ma cambia il paradigma del trattamento: il paziente cosciente della sua malattia ed integrato in quella societ che poco prima lo emarginava.

Permane ancora oggi il dilemma sulla destinazione di questi spazi, legato anche alla persistente carenza di fondi da destinare ai progetti di recupero. Il rischio di avere un ulteriore grande contenitore allinterno della citt senza uneffettiva funzione, che si trasformi irrimediabilmente in un luogo del degrado o del sottoutilizzo.

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Chiunque abbia visitato San Salvi consapevole che un patrimonio urbanistico e di memoria come questo non possa essere abbandonato a se stesso. Questo elaborato ha voluto indagare sulle radici storiche della nascita dellistituzione manicomiale, sul ruolo assunto nella societ e sulla sua evoluzione nellottica della comunicazione sociale tra medico e paziente e tra istituzione manicomiale e societ: da una comunicazione negata e gerarchica, tra malato-societ e malato-medico, ad una comunicazione a due vie. un mutamento concettuale che grazie a Basaglia ha penetrato in modo irruento la societ dellepoca. Purtroppo i problemi relativi alla malattia mentale non trovano una collocazione adeguata nella graduatoria dellagenda setting dei telegiornali ed dei notiziari di oggi, se non quando accade un fatto criminoso, una storia accattivante o morbosa che innalzi laudience Tv o la readership della carta stampata.

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Appendice

Figura 17: Localizzazione e superfici degli ospedali psichiatrici, Atlante ospedali psichiatrici italiani/ Fondazione Benetton Studi Ricerche

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Figura 18: Firenze, San Salvi, Vincenzio Chiarugi, IGM Firenze 1955, Atalnte ospedali psichiatrici italiani/Fondazione Benetton Ricerche

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Figura 19: Carta tecnica regionale, Firenze Sud Est-Bagno a Ripoli, 1994, Atlante Ospedali psichiatrici italiani, Fondazione Benetton Studi Ricerche

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La rimessa a zero (da Antonin Artaud. Nel vortice dellelettrochoc di Ida Savarino pp. 15-18)

Il Dottor Ferdire mi ha imposto cinquanta volte in tre anni i tormenti dellelettroshock al fine di farmi perdere la memoria del mio io. Antonin Artaud

La tecnica dellelettrochoc, a cui Artaud venne forzatamente sottoposto ben 51 volte, stata messa appunto in Italia da Ugo Cerletti, professore di neuropsichiatria allUniversit di Roma. Questa terapia si inseriva nell insieme di tecniche di choc e terapie convulsivanti che si erano massicciamente sviluppate negli anni 1930-1940. Il modello preso in considerazione era lepilessia: alcuni medici avevano constatato che dopo una crisi cos forte da scatenare il coma convulsivo, i disturbi dellepilettico risultavano come sospesi; mentre un lungo periodo di crisi causava complicazioni a catena. Queste osservazioni suggerirono lidea di provocare nel malato crisi artificiali di coma epilettico. Nel 1935 il dottor Ladislaus von Meduna, di Budapest, rese noto che tali crisi, indotte con iniezioni di cardiazol, potevano influenzare favorevolmente anche il decorso di psicosi depressive. Si decide cos di provocare anche su pazienti non epilettici il coma convulsivo. In questo filone si inserirono le ricerche condotte da Cerletti, il quale considerava con preoccupazione gli inconvenienti legati allimpiego del cardiazol, e parallelamente cercava di verificare se le lesioni riscontrate sul cervello degli epilettici fossero causa o conseguenza delle crisi. Cerletti voleva sperimentare sugli animali i risultati di crisi epilettiche provocate artificialmente per mezzo di scariche elettriche. Egli era inizialmente convinto dellimpossibilit di somministrare alluomo tali scariche. Ma una visita al macello di Roma gli fece cambiare idea. Vide che i maiali da uccidere venivano storditi da una scossa elettrica. Lanimale cadeva a terra, folgorato, in preda a convulsioni. Cerletti si accorse che lelettricit non uccideva lanimale, ma lo rendeva incosciente momentaneamente. La bestia, dopo aver ricevuto la corrente alternata a 70-80 volt, stramazzava al suolo, irrigidita, e poco dopo veniva presa da convulsioni. Non appena il maiale era sdraiato, un inserviente lo colpiva pesantemente sulla nuca, e lanimale moriva senza aver ripreso conoscenza.

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Ma i maiali che non venivano uccisi dopo la scarica, si rialzavano: su di loro lelettricit aveva provocato soltanto un coma epilettico. Osservando che la crisi convulsivante provocata elettricamente assimilabile a quella ottenuta col cardiazol, Cerletti ritenne possibile applicare lelettrochoc sulluomo nella cura della psicosi. Insieme al collega Bini, cominci la sperimentazione delle scariche di corrente sui cani e nel 1938 pass alla prima cavia umana: un alcolizzato di quarantanni affetto da schizofrenia. Su ciascuna tempia del paziente, coricato e legato nel tentativo di evitare fratture e lussazioni, veniva applicato un elettrodo; dal momento in cui il passaggio di corrente veniva aperto, e per tutto il tempo della scarica, il tronco, le membra e i muscoli della faccia entravano in contrazione spasmodica. Lapparecchio comunemente utilizzato forniva una corrente a circa cento volt per 0.5 secondi. Il paziente doveva essere tenuto a digiuno per almeno tre ore prima dellapplicazione, avendo cura che avesse la vescica vuota. Occorreva anche assicurarsi che fossero state rimosse eventuali protesi dentarie. Durante la Seconda Guerra mondiale, la pratica dellelettrochoc si diffuse in tutto il mondo. I grandi ospedali psichiatrici pubblici cominciarono ad utilizzarlo

massicciamente, non tanto allo scopo di curare, quanto per rendere pi docili i pazienti indisciplinati o poco collaborativi. Nel 1943, il professor Delay mise a punto una nuova tecnica: lelettrochoc sotto narcosi. Lo scopo era quello di evitare al malato la vista dei preparativi di contenzione, eludere leventuale opposizione del paziente, e diminuire lagitazione post-elettrochoc. La tecnica cos modificata viene oggi praticata in anestesia generale, e sotto il controllo respiratorio, dal momento che lapnea provocata dalla scarica elettrica ulteriormente rinforzata dalleffetto anestetico. Lelettrochoc, accolto allinizio con entusiasmo suscit ben presto preoccupazione ed allarme. Gi nel 1941 Jessner e Ryan ( Shock Treatment in Psichiatry) dimostrarono lazione distruttrice sul cervello causata dal trattamento. E lanno successivo Roy Grinker, eminente psichiatra americano, segnal i rischi di deterioramento mentale causato dalla somministrazione ripetuta di elettrochoc. A

queste prime denunce seguirono moltissime pubblicazioni che elencavano le gravi conseguenze dellelettrochoc, tra cui anche casi, segnalati dagli psichiatri Lapipe e Rodenpierre, di morte immediata a seguito di elettrochoc. La cura dellelettrochoc riporta momentaneamente a zero lo psichismo di un malato provocandogli il coma, realizzando una dissoluzione delle funzioni mentali che si pu paragonare al crollo di una casa che la ridurr a mattoni sparsi. Quando cessa il coma, sopraggiunge una ricostruzione delledificio mentale.

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Legge 14 febbraio 1904, n. 36. Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati (pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 43 del 22 febbraio 1904)

Art. 1. Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a s o agli altri e riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorch nei manicomi. Sono compresi sotto questa denominazione, agli effetti della presente legge, tutti quegli istituti, comunque denominati, nei quali vengono ricoverati alienati di qualunque genere. Pu essere consentita dal Tribunale, sulla richiesta del procuratore del re, la cura in una casa privata, e in tal caso la persona che le riceve e il medico che le cura assumono tutti gli obblighi imposti dal regolamento. Il direttore di un manicomio pu sotto la sua responsabilit autorizzare la cura di un alienato in una casa privata, ma deve darne immediatamente notizia al procuratore del re e all'autorit di pubblica sicurezza.

Art. 2. L'ammissione degli alienati nei manicomi deve essere chiesta dai parenti, tutori o protutori, e pu esserlo da chiunque altro nell'interesse degli infermi e della societ. Essa autorizzata, in via provvisoria, dal pretore sulla presentazione di un certificato medico e di un atto di notoriet, redatti in conformit delle norme stabilite dal regolamento, ed in via definitiva dal tribunale in camera di consiglio sull'istanza del pubblico ministero in base alla relazione del direttore del manicomio e dopo un periodo di osservazione che non potr eccedere in complesso un mese. Ogni manicomio dovr avere un locale distinto e separato per accogliere i ricoverati in via provvisoria. L'autorit locale di pubblica sicurezza pu, in caso di urgenza, ordinare il ricovero, in via provvisoria, in base a certificato medico, ma obbligata a riferirne entro tre giorni al procuratore del re, trasmettendogli il cennato documento. Tanto il pretore quanto l'autorit locale di pubblica sicurezza, nei casi suindicati, debbono provvedere alla custodia provvisoria dei beni dell'alienato. Con la stessa deliberazione dell'ammissione definitiva il tribunale, ove ne sia il caso, nomina un amministratore provvisorio che abbia la rappresentanza legale degli alienati,

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secondo le norme dell'art. 330 del codice civile, sino a che l'autorit giudiziaria abbia pronunziato sull'interdizione. E loro applicabile l'art. 2120 del codice civile. Il procuratore del re deve proporre al tribunale, per ciascun alienato, di cui sia autorizzata l'ammissione in un manicomio o la cura in una casa privata, i provvedimenti che convenisse adottare in conformit delle disposizioni contenute nel titolo X, libro I, del codice civile.

Art. 3. Il licenziamento dal manicomio degli alienati guariti, autorizzato. Con decreto del presidente del tribunale sulla richiesta o del direttore del manicomio, o delle persone menzionate nel primo comma dell'articolo precedente o della Deputazione provinciale. Negli ultimi due casi dovr essere sentito il direttore. Sul reclamo degli interessati il presidente potr ordinare una perizia. In ogni caso contro il decreto del presidente ammesso il reclamo al tribunale. Il direttore del manicomio pu ordinare il licenziamento, in via di prova, dell'alienato che abbia raggiunto un notevole grado di miglioramento e ne dar immediatamente comunicazione al procuratore del re e all'autorit di pubblica sicurezza. Art. 4. Il direttore ha piena autorit sul servizio interno sanitario e l'alta sorveglianza su quello economico per tutto ci che concerne il trattamento dei malati, ed responsabile dell'andamento del manicomio e della esecuzione della presente legge nei limiti delle sue attribuzioni. esercita pure il potere disciplinare nei limiti del seguente articolo. Alle sedute della Deputazione provinciale o delle commissioni e consigli amministrativi, nelle quali debbansi trattare materie tecnico-sanitarie, il direttore del manicomio interverr con voto consultivo.

Art. 5. I regolamenti speciali di ciascun manicomio dovranno contenere le disposizioni di indole mista sanitaria ed amministrativa, come quelle relative alle nomine del personale tecnico-sanitario, al numero degli infermieri in proporzione degli infermi, agli orari di servizio e di libert, ai provvedimenti disciplinari da attribuirsi secondo i casi, alla competenza dell'amministrazione o del direttore, e ad altri provvedimenti dell'indole suindicata. Detti regolamenti dovranno essere deliberati, sentito il direttore del

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manicomio, dell'Amministrazione provinciale dalla commissione amministrativa, se trattisi di opera pia, e saranno approvati dal consiglio superiore di sanit con le forme e modi stabiliti dall'art. 198 della legge comunale e provinciale.

Art. 6 Nulla innovato alle disposizioni vigenti circa l'obbligo delle provincie di provvedere alle spese pel mantenimento degli alienati poveri. La spesa pel trasporto di questi al manicomio a carico dei comuni nei quali essi si trovano nel momento in cui l'alienazione mentale viene constatata; quella per ricondurli in famiglia a carico della provincia a cui incombeva l'obbligo del mantenimento; quella pel trasferimento da un manicomio all'altro a carico della provincia che l'ha ordinato. Le spese di qualunque genere per gli alienati esteri sono a carico dello Stato, salvo gli effetti delle relative convenzioni internazionali. Le spese per gli alienati condannati o giudicabili, ricoverati sia in manicomi giudiziari, sia in sezioni speciali di quelli comuni, sono a carico dello Stato per i condannati fino al termine di espiazione della pena e pei giudicabili fino al giorno in cui l'autorit giudiziaria dichiari non farsi luogo a procedimento a carico di essi. Negli altri casi, compreso quello contemplato dall'art. 46 del codice penale, la competenza della spesa regolata dalle norme comuni.

Art. 8 La vigilanza sui manicomi pubblici e privati e sugli alienati curati in casa privata affidata al ministro dell'interno ed ai prefetti. Essa esercitata in ogni provincia da una commissione composta dal prefetto, che la presiede, del medico provinciale e di un medico alienista nominato dal ministro dell'interno. Il ministro deve disporre ispezioni periodiche. E applicabile ai manicomi pubblici e privati la disposizione dell'art. 35 della legge 22 dicembre 1888 sulla tutela dell'igiene e della sanit pubblica. Le spese per le ispezioni ordinarie e straordinarie sono impostate nel bilancio del Ministero dell'interno, salvo rimborso dalle amministrazioni interessate, secondo le norme fissate dal regolamento, nel caso che siano constatate trasgressioni delle disposizioni contenute nella presente legge e nel regolamento. Alle dette amministrazioni fatto salvo il regresso contro gli amministratori e gli impiegati responsabili delle trasgressioni. Le controversie relative alla competenza di tali spese, sono decise, anche nel merito, dalla IV sezione del Consiglio di Stato, in camera di consiglio.

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Art. 9 Nel caso di gravi trasgressioni della presente legge e del relativo regolamento il prefetto, senza pregiudizio delle sanzioni penali che fossero applicabili, pu sentito il consiglio provinciale di sanit, al quale per l'oggetto aggregato il medico alienista, di cui all'articolo precedente, sospendere o revocare l'autorizzazione di apertura e di esercizio pei manicomi privati. Contro tale provvedimento ammesso il ricorso al ministro dell'Interno, il quale provvede, sentito il Consiglio di Stato o il Consiglio superiore di sanit, a seconda dell'indole della controversia. Pei manicomi pubblici si provvede in conformit della legge che regola l'ente, al quale appartengono.

Art. 10 Le disposizioni degli articoli 98 della legge 17 luglio 1890, n.6972, e 124 del regolamento amministrativo 5 febbraio 1891, n.99, sono applicabili a tutti i manicomi pubblici e privati

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Legge 13 maggio 1978, n. 180 Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 133 del 16 maggio 1978)

Art. 1 Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari. Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall'autorit sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignit della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori a carico dello Stato e di enti o istituzioni pubbliche sono attuati dai presidi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate. Nel corso del trattamento sanitario obbligatorio chi vi sottoposto ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi obbligato. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del sindaco, nella sua qualit di autorit sanitaria locale, su proposta motivata di un medico.

Art. 2 Accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori per malattia mentale. Le misure di cui al secondo comma del precedente articolo possono essere disposte nei confronti delle persone affette da malattie mentali. Nei casi di cui al precedente comma la proposta di trattamento sanitario obbligatorio pu prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall'infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra ospedaliere. Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui

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all'ultimo comma dell'articolo 1 da parte di un medico della struttura sanitaria pubblica e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel precedente comma.

Art. 3 Procedimento relativo agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale. Il provvedimento di cui all'articolo 2 con il quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, corredato dalla proposta medica motivata di cui all'ultimo comma dell'articolo 1 e dalla convalida di cui all'ultimo comma dell'articolo 2, deve essere notificato, entro 48 ore dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune. Il giudice tutelare, entro le successive 48 ore, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e ne d comunicazione al sindaco. In caso di mancata convalida il sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera. Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo disposto dal sindaco di un comune diverso da quello di residenza dell'infermo, ne va data comunicazione al sindaco di questo ultimo comune. Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo adottato nei confronti di cittadini stranieri o di apolidi, ne va data comunicazione al Ministero dell'interno e al consolato competente, tramite il prefetto. Nei casi in cui il trattamento sanitario obbligatorio debba protrarsi oltre il settimo giorno, ed in quelli di ulteriore prolungamento, il sanitario responsabile del servizio psichiatrico di cui all'articolo 6 tenuto a formulare, in tempo utile, una proposta motivata al sindaco che ha disposto il ricovero, il quale ne d comunicazione al giudice tutelare, con le modalit e per gli adempimenti di cui al primo e secondo comma del presente articolo, indicando la ulteriore durata presumibile del trattamento stesso. Il sanitario di cui al comma precedente tenuto a comunicare al sindaco, sia in caso di dimissione del ricoverato che in continuit di degenza, la cessazione delle condizioni che richiedono l'obbligo del trattamento sanitario; comunica altres la eventuale sopravvenuta impossibilit a proseguire il trattamento stesso. Il sindaco, entro 48 ore dal ricevimento della comunicazione del sanitario, ne d notizia al giudice tutelare. Qualora ne sussista la necessit il giudice tutelare adotta i provvedimenti urgenti che possono occorrere per conservare e per amministrare il patrimonio dell'infermo.

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La omissione delle comunicazioni di cui al primo, quarto e quinto comma del presente articolo determina la cessazione di ogni effetto del provvedimento e configura, salvo che non sussistano gli estremi di un delitto pi grave, il reato di omissione di atti di ufficio.

Art. 4 Revoca e modifica del provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio. Chiunque pu rivolgere al sindaco richiesta di revoca o di modifica del provvedimento con il quale stato disposto o prolungato il trattamento sanitario obbligatorio. Sulla richiesta di revoca o di modifica il sindaco decide entro dieci giorni. I provvedimenti di revoca o di modifica sono adottati con lo stesso procedimento del provvedimento revocato o modificato.

Art. 5 Tutela giurisdizionale. Chi sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, e chiunque vi abbia interesse, pu proporre al tribunale competente per territorio ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare. Entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla scadenza del termine di cui al secondo comma dell'articolo 3, il sindaco pu proporre analogo ricorso avverso la mancata convalida del provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio. Nel processo davanti al tribunale le parti possono stare in giudizio senza ministero di difensore e farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce al ricorso o in atto separato. Il ricorso pu essere presentato al tribunale mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Il presidente del tribunale fissa l'udienza di comparizione delle parti con decreto in calce al ricorso che, a cura del cancelliere, notificato alle parti nonch al pubblico ministero. Il presidente del tribunale, acquisito il provvedimento che ha disposto il trattamento sanitario obbligatorio e sentito il pubblico ministero, pu sospendere il trattamento medesimo anche prima che sia tenuta l'udienza di comparizione. Sulla richiesta di sospensiva il presidente del tribunale provvede entro dieci giorni. Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, dopo aver assunto informazioni e raccolte le prove disposte di ufficio o richieste dalle parti. I ricorsi ed i successivi procedimenti sono esenti da imposta di bollo. La decisione del processo non soggetta a registrazione.

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Art. 6 Modalit relative agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale. Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai servizi e presidi psichiatrici extra ospedalieri. A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge i trattamenti sanitari per malattie mentali che comportino la necessit di degenza ospedaliera e che siano a carico dello Stato o di enti e istituzioni pubbliche sono effettuati, salvo quanto disposto dal successivo articolo 8, nei servizi psichiatrici di cui ai successivi commi. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche con riferimento agli ambiti territoriali previsti dal secondo e terzo comma dell'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, individuano gli ospedali generali nei quali, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, devono essere istituiti specifici servizi psichiatrici di diagnosi e cura. I servizi di cui al secondo e terzo comma del presente articolo - che sono ordinati secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128, per i servizi speciali obbligatori negli ospedali generali e che non devono essere dotati di un numero di posti letto superiore a 15 - al fine di garantire la continuit dell'intervento sanitario a tutela della salute mentale sono organicamente e funzionalmente collegati, in forma dipartimentale con gli altri servizi e presdi psichiatrici esistenti nel territorio. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano individuano le istituzioni private di ricovero e cura, in possesso dei requisiti prescritti, nelle quali possono essere attuati trattamenti sanitari obbligatori e volontari in regime di ricovero. In relazione alle esigenze assistenziali, le province possono stipulare con le istituzioni di cui al precedente comma convenzioni ai sensi del successivo articolo 7.

Art. 7 Trasferimento alle regioni delle funzioni in materia di assistenza ospedaliera psichiatrica. A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge le funzioni amministrative concernenti la assistenza psichiatrica in condizioni di degenza ospedaliera, gi esercitate dalle province, sono trasferite, per i territori di loro competenza, alle regioni ordinarie e

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a statuto speciale. Resta ferma l'attuale competenza delle province autonome di Trento e di Bolzano. L'assistenza ospedaliera disciplinata dagli articoli 12 e 13 del decreto-legge 8 luglio 1974, numero 264, convertito con modificazioni nella legge 17 agosto 1974, n. 386, comprende i ricoveri ospedalieri per alterazioni psichiche. Restano ferme fino al 31 dicembre 1978 le disposizioni vigenti in ordine alla competenza della spesa. A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge le regioni esercitano anche nei confronti degli ospedali psichiatrici le funzioni che svolgono nei confronti degli altri ospedali. Sino alla data di entrata in vigore della riforma sanitaria, e comunque non oltre il 1 gennaio 1979, le province continuano ad esercitare le funzioni amministrative relative alla gestione degli ospedali psichiatrici e ogni altra funzione riguardante i servizi psichiatrici e di igiene mentale. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano programmano e coordinano l'organizzazione dei presidi e dei servizi psichiatrici e di igiene mentale con le altre strutture sanitarie operanti nel territorio e attuano il graduale superamento degli ospedali psichiatrici e la diversa utilizzazione delle strutture esistenti e di quelle in via di completamento. Tali iniziative non possono comportare maggiori oneri per i bilanci delle amministrazioni provinciali. E' in ogni caso vietato costruire nuovi ospedali psichiatrici, utilizzare quelli attualmente esistenti come divisioni specialistiche psichiatriche di ospedali generali, istituire negli ospedali generali divisioni o sezioni psichiatriche e utilizzare come tali divisioni o sezioni neurologiche o neuropsichiatriche. Agli ospedali psichiatrici dipendenti dalle amministrazioni provinciali o da altri enti pubblici o dalle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza si applicano i divieti di cui all'articolo 6 del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito con modificazioni nella legge 27 febbraio 1978, n. 43. Ai servizi psichiatrici di diagnosi e cura degli ospedali generali, di cui all'articolo 6, addetto personale degli ospedali psichiatrici e dei servizi e presidi psichiatrici pubblici extra ospedalieri. I rapporti tra le province, gli enti ospedalieri e le altre strutture di ricovero e cura sono regolati da apposite convenzioni, conformi ad uno schema tipo, da approvare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della sanit di intesa con le regioni e l'Unione delle province di Italia e sentite, per

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quanto riguarda i problemi del personale, le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative. Lo schema tipo di convenzione dovr disciplinare tra l'altro il collegamento organico e funzionale di cui al quarto comma dell'articolo 6, i rapporti finanziari tra le province e gli istituti di ricovero e l'impiego, anche mediante comando, del personale di cui all'ottavo comma, del presente articolo. Con decorrenza dal 1 gennaio 1979 in sede di rinnovo contrattuale saranno stabilite norme per la graduale omogeneizzazione tra il trattamento economico e gli istituti normativi di carattere economico del personale degli ospedali psichiatrici pubblici e dei presidi e servizi psichiatrici e di igiene mentale pubblici e il trattamento economico e gli istituti normativi di carattere economico delle corrispondenti categorie del personale degli enti ospedalieri.

Art. 8 Infermi gi ricoverati negli ospedali psichiatrici. Le norme di cui alla presente legge si applicano anche agli infermi ricoverati negli ospedali psichiatrici al momento dell'entrata in vigore della legge stessa. Il primario responsabile della divisione, entro novanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge, con singole relazioni motivate, comunica al sindaco dei rispettivi comuni di residenza, i nominativi dei degenti per i quali ritiene necessario il proseguimento del trattamento sanitario obbligatorio presso la stessa struttura di ricovero, indicando la durata presumibile del trattamento stesso. Il primario responsabile della divisione altres tenuto agli adempimenti di cui al quinto comma dell'articolo 3. Il sindaco dispone il provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera secondo le norme di cui all'ultimo comma dell'articolo 2 e ne d comunicazione al giudice tutelare con le modalit e per gli adempimenti di cui all'articolo 3. L'omissione delle comunicazioni di cui ai commi precedenti determina la cessazione di ogni effetto del provvedimento e configura, salvo che non sussistano gli estremi di un delitto pi grave, il reato di omissione di atti di ufficio. Tenuto conto di quanto previsto al quinto comma dell'articolo 7 e in temporanea deroga a quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 6, negli attuali ospedali psichiatrici possono essere ricoverati, sempre che ne facciano richiesta, esclusivamente coloro che

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vi sono stati ricoverati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge e che necessitano di trattamento psichiatrico in condizioni di degenza ospedaliera.

Art. 9 Attribuzioni del personale medico degli ospedali psichiatrici. Le attribuzioni in materia sanitaria del direttore, dei primari, degli aiuti e degli assistenti degli ospedali psichiatrici sono quelle stabilite, rispettivamente, dagli articoli 4 e 5 e dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128.

Art. 10 Modifiche al codice penale. Nella rubrica del libro III, titolo I, capo I, sezione III, paragrafo 6 del codice penale sono soppresse le parole: "di alienati di mente". Nella rubrica dell'articolo 716 del codice penale sono soppresse le parole: "di infermi di mente o". Nello stesso articolo sono soppresse le parole: "a uno stabilimento di cura o".

Art. 11 Norme finali. Sono abrogati gli articoli 1, 2, 3 e 3-bis della legge 14 febbraio 1904, n. 36, concernente Disposizioni sui manicomi e sugli alienati e successive modificazioni, l'articolo 420 del codice civile, gli articoli 714, 715 e 717 del codice penale, il n. 1 dell'articolo 2 e l'articolo 3 del testo unico delle leggi recanti norme per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, nonch ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge. Le disposizioni contenute negli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 della presente legge restano in vigore fino alla data di entrata in vigore della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale. Fino a quando non si provveder a modificare, coordinare e riunire in un testo unico le disposizioni vigenti in materia di profilassi internazionale e di malattie infettive e diffusive, ivi comprese le vaccinazioni obbligatorie, sono fatte salve in materia di trattamenti sanitari obbligatori le competenze delle autorit militari, dei medici di porto, di aeroporto e di frontiera e dei comandanti di navi o di aeromobili.

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Simone Cristicchi Ti regaler una rosa La canzone fa parte dell'album Dall'altra parte del cancello pubblicato nel 2007 e vincitrice del 57 Festival di Sanremo. Cristicchi rielabora in questa poesia le emozioni e le storie che ha ascoltato durante una visita al manicomio di Girifalco: Ti regaler una rosa, una rosa rossa per dipingere ogni cosa, una rosa per ogni tua lacrima da consolare, e una rosa per poterti amare. Ti regaler una rosa, una rosa bianca come fossi la mia sposa, una rosa bianca che ti serva per dimenticare ogni piccolo dolore. Mi chiamo Antonio e sono matto, sono nato nel '54 e vivo qui da quando ero bambino, credevo di parlare col demonio cos mi hanno chiuso quarant'anni dentro a un manicomio. Ti scrivo questa lettera perch non so parlare, perdona la calligrafia da prima elementare, e mi stupisco se provo ancora un'emozione ma la colpa della mano che non smette di tremare. Io sono come un pianoforte con un tasto rotto, l'accordo dissonante di un'orchestra di ubriachi, e giorno e notte si assomigliano nella poca luce che trafigge i vetri opachi. Me la faccio ancora sotto perch ho paura, per la societ dei sani siamo sempre stati spazzatura, puzza di piscio e segatura, questa malattia mentale e non esiste cura. Ti regaler una rosa, una rosa rossa per dipingere ogni cosa, una rosa per ogni tua lacrima da consolare, e una rosa per poterti amare. Ti regaler una rosa, una rosa bianca come fossi la mia sposa, una rosa bianca che ti serva per dimenticare

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ogni piccolo dolore. I matti sono punti di domanda senza frase, migliaia di astronavi che non tornano alla base, sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole, i matti sono apostoli di un Dio che non li vuole. Mi fabbrico la neve col polistirolo, la mia patologia che son rimasto solo, ora prendete un telescopio, misurate le distanze e guardate tra me e voi, chi pi pericoloso? Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto ritagliando un angolo che fosse solo il nostro, ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi non come le cartelle cliniche stipate negli archivi. Dei miei ricordi sarai l'ultimo a sfumare, eri come un angelo legato ad un termosifone, nonostante tutto io ti aspetto ancora e se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora. Ti regaler una rosa, una rosa rossa per dipingere ogni cosa, una rosa per ogni tua lacrima da consolare, e una rosa per poterti amare. Ti regaler una rosa, una rosa bianca come fossi la mia sposa, una rosa bianca che ti serva per dimenticare ogni piccolo dolore. Mi chiamo Antonio e sto sul tetto, cara Margherita sono vent'anni che ti aspetto. I matti siamo noi quando nessuno ci capisce, quando pure il tuo migliore amico ti tradisce. Ti lascio questa lettera, adesso devo andare, perdona la calligrafia da prima elementare. E ti stupisci che io provi ancora un'emozione? Sorprenditi di nuovo perch Antonio sa volare.

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