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2009 Fandango Libri s.r.l.

Viale Gorizia 19 00198 Roma Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-6044-122-5 Copertina: disegno di Gianluigi Toccafondo progetto grafico Studio Jellici www.fandango.it
Stampato su Editor 2, carta ecologica riciclata naturale, prodotta con il 100% di maceri e senza luso di cloro o imbiancanti ottici.

Giuliano Foschini Quindici passi

Secondo lInventario nazionale delle emissioni in atmosfera di Ispra, lIstituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, nel 2006 in Italia lindustria ha emesso il 95% del totale dellarsenico scaricato in atmosfera da tutte le fonti, il 90% del cromo, l87% dei Pcb, l83% del piombo, il 75% del mercurio, il 72% di diossine e furani, il 61% di cadmio. Sono state emesse in atmosfera poco pi di 173mila tonnellate di polveri sottili (PM10); per il 28% del totale dalle attivit industriali e per il 27 dai trasporti stradali e oltre 1 milione di tonnellate di ossidi di azoto (NOx), il 44% dei quali derivanti dal traffico stradale, mentre il 25 dovuto allindustria. Nelle classifiche di emissioni per questo tipo di elementi tossici, Taranto nettamente al primo posto.

Il Vulcano

Crateri di cemento, magma e cassa integrazione, Taranto un vulcano. Attivo. Erano le 8.35 dell11 dicembre 2008. Il momento era anonimo, eppure mi veniva da ripetere a bassa voce quella data e quellorario, lo fissavo nella mente come servisse alla storia. Per la prima volta nella mia vita pensai intensamente agli acronimi, le parole formate con le lettere o le sillabe iniziali di altre parole. A Taranto quel giorno cera un bel sole dinverno, di quelli che conosce soltanto chi ha la fortuna di essere nato nel sud del Mediterraneo. Dalla mia sedia si riusciva persino a vedere il mare. Ero allospedale Testa, ma non ero malato. Ero in quella stanza per ascoltare una conferenza organizzata dallArpa. Parlavano di veleni e malattie, parlavano di industria e quindi parlavano anche della gente. Parlavano con termini difficili, astrusi, a tratti odiosi, spesso in inglese. Non parlavano tanto di questa citt, Taranto, e nemmeno di questa regione. Discutevano di malati e di morti e per farlo usavano gli acronimi. Arpa, per esempio, un acronimo. Sta per Agenzia regionale per la protezione ambientale: Arpa, come lo strumento musicale che segno di eleganza, di musica dolce. Ma questo centra poco. Anzi nulla. Arpa

un acronimo gentile. Forse lunico. Gli altri che mi vengono in mente, forse perch sono quelli che sentii ripetere per una giornata intera in quella dannata stanza, sono Pcb, Bat, Bot, Nox, Cox, Aia, Ipa, Pm10 e non sono gentili per niente. Prima di andare a Taranto quella mattina avevo studiato. Sapevo gi che questo miscuglio disordinato di lettere che intimoriscono come una lezione di chimica, a Taranto, significano tante cose ma spesso una cosa soltanto. E non buona per nessuno. Perch gli acronimi non stanno soltanto nelle parole degli scienziati o dei politici. Non sono sui giornali e nelle riviste tecniche. Gli acronimi si trovano anche nellaria e per questo colpiscono tutti senza distinzione di sesso, razza, religione e ceto. Gli acronimi sono democratici. A volte credo che gli acronimi non abbiano una funzione grammaticale n tantomeno sintattica. Piuttosto hanno una funzione sociale: sono stati inventati per non far capire il reale significato di quello che rappresentano. Per non far spaventare, allarmare, intimorire la gente. Per permettere loro di andare a lavorare e poi gustarsi la televisione, un libro, una canna senza troppi pensieri per la testa. Si vive pi tranquilli senza sapere cosa lIpa.

La massiccia presenza di Idrocarburi Policiclici Aromatici nellaria rappresentano la vera, grande emergenza sanitaria di Taranto. Giorgio Assennato, Arpa Puglia

Non sono di Taranto, ma Taranto una bella citt. Ha uno dei pi affascinanti ma sgarrupati, fatiscenti, centri storici che io conosca. Ha un lungomare elegante, panoramico. Lunico che ricordi pi bello, forse perch ancora pi inatteso, quello di Reggio Calabria. Poi certo c il

ponte girevole e da un anno ha riaperto il Museo Nazionale Archeologico, una meraviglia anche per i profani. C poi una Taranto che tre volte Taranto. Si chiama Ilva, ma fino a 15 anni fa, quando era pubblica, si chiamava Italsider. Si tratta dellacciaieria pi grande dEuropa, una fabbrica che contiene al suo interno 250 chilometri di ferrovia, altiforni di decine di metri, una produzione in tempi di crisi di 24.200 tonnellate di ghisa liquida al giorno e 16.700 di acciaio liquido. LIlva produce tanto, pi di ogni altra fabbrica nel continente. Sostengono gli acronimi che inquini anche molto. Il proprietario di questa fabbrica Emilio Riva, un distinto ed elegante signore ormai ottantenne che nel 1957 apr un forno elettrico per la produzione dellacciaio a Milano. Nel 1995 con una firma soltanto compr dallIri tutte le acciaierie pubbliche, compresa quella di Taranto, diventando cos il massimo imprenditore siderurgico europeo. Cera il governo Dini, allepoca, e questo distinto signore bresciano stacc per lo stabilimento tarantino un assegno da 1.460 miliardi di lire. Troppo poco, ha poi detto qualcuno. Ma questo non conta. Certo linvestimento ha poi dato i suoi frutti. Negli ultimi quattro anni il gruppo ha prodotto utili per 2,5 miliardi (non milioni) di euro. Riva quindi un uomo ricco, molto ricco, ricchissimo. Cos tanto da essere entrato nella cordata di imprenditori che ha salvato Alitalia, mantenendo litalianit della compagnia di bandiera. Per questo tutta lItalia deve dirgli grazie.

Dovremo sempre essere grati a questi capitani coraggiosi. Silvio Berlusconi, 18 agosto 2008

Nella sala conferenze si discuteva di Ilva e di Taranto. Si parlava di aria. In realt non si parlava soltanto di Ilva ma anche della raffineria Agip e di tutte le aziende dellindotto, perch a Taranto non si fanno mancare nulla: c la raffineria Agip del gruppo Eni, il cementificio Cementir del gruppo Caltagirone, le due centrali elettriche della societ Edison Spa, le cave della societ Italcave, gli impianti della societ Italcave, gli impianti della societ Enel, un importante conglomerato di parecchie decine di piccole e medie imprese collocate nellarea del consorzio industriale Sisri, due inceneritori e un impianto pubblico di smaltimento, nonch larsenale e il porto militare, i cantieri navali ex Tosi e lex industria Belleli. A Taranto c tutta questa roba, tutta quanta insieme. Una roba che fatta di fumo, di polvere, di fiamme. Attorno alla citt rimesta un gigantesco polo industriale, per molti aspetti il pi impressionante del Mediterraneo. Quella mattina la sala dellospedale era piena, la gente silenziosa e ordinata. In platea cera qualche cittadino ma soprattutto cerano molti tecnici e tanti politici. Era facile distinguerli: i politici parlavano senza le slide alle loro spalle, per lo pi a braccio, qualcuno, i pi noiosi a dire la verit, leggendo un foglietto che qualcuno aveva messo loro tra le mani. I tecnici, invece, formavano una sorta di ologramma con il Power Point, il corpo mischiato con le slide, tanto che i pi raffinati avevano persino scelto la cravatta in tinta con il colore delle diapositive. Finezze.

In questo momento la vera emergenza ambientale italiana si chiama Taranto. la citt pi inquinata dItalia, probabilmente dEuropa. Giorgio Assennato, Arpa Puglia

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Giorgio Assennato il direttore generale dellArpa, un uomo canuto con laria da studioso. Durante il suo intervento la platea ascolta in silenzio e non perde una parola. un professore universitario, un medico del lavoro, anzi un epidemiologo occupazionale come mi disse una volta, con la passione per la storia locale: barese e di Bari colleziona antiche mappe e vecchie cartoline. Giorgio Assennato un uomo di battaglie, nella sua vita ne ha fatte tante: quando era al Policlinico di Bari ha combattuto (senza troppa fortuna) con i baroni universitari, quelli che scambiano i reparti per cosa loro, non per cosa nostra. Da medico del lavoro stato invece uno dei primi a occuparsi dei dipendenti della Fibronit di Bari, la fabbrica dellamianto: decine, centinaia di operai si sono prima ammalati e poi sono morti. La stessa fine toccata ai molti inquilini delle abitazioni che confinavano con la fabbrica. Anche grazie al lavoro e agli studi del professor Assennato stata provata la correlazione tra quelle malattie e lindustria: oggi il sito stato messo in sicurezza, non pi pericoloso per nessuno, ed entro i prossimi quattro anni diventer un parco. Un parco vero, al posto dei capannoni di amianto ci saranno le siepi, gli alberi e magari qualche monumento in memoria dei caduti dellaria. A tutti coloro che nella loro vita sono stati colpevoli soltanto di lavorare. O di respirare, potrebbero scrivere sulla targa. A pensarci bene prima o poi Taranto potrebbe diventare un enorme monumento.

Gli effetti sanitari del disastro ambientale cominciano negli anni scorsi e continuano ancora oggi ma noi dobbiamo ancora conoscerli. Soltanto nei prossimi anni gli studi epidemiologici potranno dirci esattamente cosa hanno significato per la salute della gente

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tutte queste emissioni dannose. Oggi i dati ci segnalano la presenza anomala, rispetto al resto della provincia e della regione, di una serie di malattie neoplastiche riconducibili allinquinamento ambientale. Ma ancora troppo presto per tirare le somme. Per capire a cosa andiamo incontro bisogner ancora aspettare del tempo. Serviranno anni per capire quanti morti, quanti ammalati ha fatto questa guerra. Giorgio Assennato, Arpa Puglia

Taranto una bella citt. Me lo ripeto sempre. Forse cerco di convincermene, ma il suo fascino innato, sotterraneo. Non piace solamente a me. Piace molto anche a Vittorio; nemmeno lui tarantino e fa lavvocato. Sembra un ragazzo, ma non lo , ha passato i quaranta, segaligno, alto con la barba rossiccia e gli occhi azzurri. un tecnico, uno che conosce le leggi, sa interpretarle, le scrive anche. Tempo fa mi parl del progetto di una legge regionale per mettere un limite alle emissioni di diossina. un pazzo, quindi, ma dal primo giorno che lho conosciuto mi ha sempre dato informazioni preziose. Vittorio parla soltanto delle cose che conosce. Potrebbe sembrare una banalit, invece una rarit. Vittorio ha la passione dei panorami e delle foto scattate con il telefonino: Non un discorso di qualit ma di istanti, momenti, attimi. Sostiene che quando si fotografano con il telefonino le persone e anche i panorami, non hanno il tempo o la voglia di mettersi in posa, come invece fanno con le macchine fotografiche tradizionali. Al piccolo obiettivo di un cellulare si offrono naturali. Quindi sono pi belli. Sinceramente mi sembra una stronzata, affascinante, ma pur sempre una stronzata. Vittorio ama per ripeterlo sempre, per vezzo. Devo ammettere per che le sue foto non sono mai in posa.

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Sono sempre molto belle, leggere, come fossero ritoccate con i colori a matita pi che con il Photoshop. In una pausa della conferenza, anzi in un coffee break cos come da brochure della giornata, Vittorio mi tir per il maglione, a momenti mi faceva precipitare il pasticcino che avevo in mano, per portarmi sul terrazzo dellospedale Testa. Mi disse che aveva voglia di fotografare le strutture portuali dellarea industriale: Dal lastrico si riescono a dominare come forse in nessun altro posto di Taranto. Incantevole, il terrazzo dellospedale Testa. In realt bello anche lospedale, squadrato come sanno essere soltanto gli uffici pubblici ma comunque pulito, ben tenuto, ordinato. Rassicurante. In realt lospedale non un ospedale, ristrutturato come nuovo, la costruzione da qualche anno disabitata su disposizione dellAutorit sanitaria. Troppo vicina alle raffinerie che rendono impossibile ogni attivit, assistenziale e non, mi spieg Vittorio come un fonogramma, mentre salivamo le scale. In sostanza ero di fronte a un paradosso: il luogo della cura che diventa il luogo del rischio. Devono essere questo tipo di cortocircuiti ad azionare i vulcani. A Taranto quella mattina cera il cielo a macchie. Nel porto era fermo un mercantile e lungo la linea dellorizzonte si intersecavano molte altre cose ancora. Giganti, Mostri ripeteva Vittorio. A me, invece, per uno strano gioco geometrico di prospettiva, quelle gru e quei container in mezzo a un groviglio di ciminiere erano sembrati quasi dei mulini a vento. Era proprio cos. Oggi ci sono le foto che mi danno ragione e poi forse quellimmagine anche qualcosa in pi. Una metafora. Sar che ho sempre sognato di chiamarmi de Cervantes Saavedra. Vittorio aveva finito di fotografare, nel frattempo la conferenza era ripresa. Al mio posto mi aspettava un fogliettino di Legambiente, un pezzo di carta che distri-

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buivano allingresso e con il quale avevo giocato per tutta la mattinata. Ma come diavolo si fanno le barchette?
Lo stabilimento siderurgico Ilva vince su tutte le altre aziende italiane per aver emesso in atmosfera 32 tonnellate di Ipa (pari al 95% del totale nazionale delle emissioni industriali censite dallInes), 92 grammi di diossine e furani (pari al 92% del totale), 74 tonnellate di piombo (78%), 1,4 tonnellate di mercurio (57%), 231 tonnellate di benzene (42%), 366 kg di cadmio (42%), 4 tonnellate di cromo (31%). Tre classifiche invece riguardano i macroinquinanti: le emissioni da primato nazionale dellIlva sono le 540mila tonnellate di monossido di carbonio (pari all80% del totale nazionale delle emissioni industriali censite dallInes), le 43mila tonnellate di SOx (15%) e le 30mila tonnellate di NOx (11%). Legambiente

Ero dentro il vulcano pi grande dItalia. Un vulcano senza magma ma ribollente di acronimi.

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Scusi mi fa accendere

Vittorio me laveva domandato con il sorriso, quando eravamo in cima al terrazzo: Hai da accendere?. E quel sorriso non lavevo capito: io non fumo, Vittorio nemmeno. Avevo per intuito che si trattava di unallusione, che l dietro cera qualcosa e che quel qualcosa fosse in qualche maniera legato alla citt, al colore del cielo, al porto, alle ciminiere. In sostanza al Vulcano. Cosa volesse dire Vittorio lo capii dopo, qualche ora pi tardi. Era unironia amara la sua, lavrei compresa grazie a un ragazzino bizzarro, ma simpatico; le scarpe bianche e verdi che portava ai piedi, bianche con i quadrifogli verdi, sembravano un gadget della Prealpi. La sala delle conferenze era piena zeppa, e non soltanto di studiosi. Accanto a quelli con la cartellina e con il Power Point, insieme a giornalisti e medici, politici e portaborse vestiti tutti uguali modello Blues Brothers, cera anche gente normale. Era la gente del Vulcano. Il ragazzino per esempio si chiamava Luca e aveva 14 anni. Non era la prima volta che lo vedevo al Testa. In realt lo avevo gi incontrato qualche giorno prima in una sala di ospedale. Un ospedale vero. Luca un tipo strano e alla definizione non contribuisce n il colore delle scarpe n quella giungla di capelli neri e ricci perennemente sporchi.

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Luca una specie di scugnizzo con i congiuntivi al posto giusto, un talento con il pallone e sui banchi di scuola. La mattina stessa che ci incontrammo, Luca mi raccont la sua storia, quella di un tarantino doc cresciuto con due grandi passioni: la geometria e Andrea De Florio. Luca sosteneva che tra le due cose, in fondo, non ci fossero grandi differenze. Entrambe sono composte da linee perfette, le prime tracciate su un foglio di carta in pi dimensioni (li sai fare i parallepipedi, tu? Io ne disegno in continuazione), le altre attraversano un campo di pallone. A lungo, e in pi occasioni, ha provato a spiegarmi una teoria geometrica da lui recentemente scoperta, ma ho fatto sinceramente molta fatica a comprenderla. Pi agevole, grazie anche a un gol contro la Juve Stabia visibile su Youtube, comprendere la storia di Andrea De Florio, un centravanti passato per Taranto fatto di velocit e tecnica applicata alla serie C, uno di quelli che se il pallone non gli arriva preferiscono andarselo a prendere a centrocampo, e poi lanciare il terzino per far vedere a tutta quanta la squadra come si fa. Una delle prime cose che mi ha raccontato Luca, quando eravamo ancora nello studio del medico nellospedale, che lui ha un poster di De Florio in camera e che un giorno gli piacerebbe essere come lui: Menare e segnare, mi disse proprio cos tracciando due infiniti calcistici che sono una meraviglia. La seconda cosa che Luca mi raccont, appena conosciuti, era che lui si trovava in ospedale non per caso. Non passava di l n tantomeno era andato a trovare un parente. Luca mi raccont che era l perch portava nelle tasche sempre un accendino. Eppure non fumava. A Luca, cos come a un altro ragazzino che poi era finito anche sui giornali, avevano diagnosticato due anni prima un carcinoma della rinofaringe. Il cancro caratteristico del fumatore incallito.

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Un bambino che vive a ridosso dellarea industriale inala in media 2 sigarette al giorno cio 780 allanno. Comunicato stampa dellAssociazione italiana contro le leucemie, PeaceLink

Non sar un acronimo, ma accendino una parola molto importante a Taranto. Forse la pi importante. Laccendino infatti loggetto pi diffuso in citt, un simbolo senza distinzioni di et, classe o sesso. Ce lhanno in tasca anche i vecchi, quelli che bevono la Birra Raffo, la birra che viene venduta solo in questa citt e che una sorta di simbolo, anzi qualcuno dice che la Duff di Springfield nei Simpson sia ispirata alla birra tarantina. Ma che Duff, quella a Raff. E poi un vero tarantino apre i tappi delle bottiglie di birra con laccendino, un gesto simbolico che unisce le due passioni di questa citt. Laccendino ce laveva in tasca anche Maria che ho incontrato quasi per caso la prima volta che sono stato a Taranto. Stamattina sarei andato volentieri a trovarla. Ma non posso: Maria, che aveva un delizioso negozio di profumi gi in centro, tre mesi fa morta. Aveva 49 anni, due figli, e un cancro al pancreas. I bene informati assicurano che anche il marito di Maria continui a portare laccendino. Luca nei suoi primi quattordici anni di vita, suo malgrado, non si mai disfatto di quellaccendino. Ci affezionato come fosse la sua coperta di Linus, lo porta con s ovunque, persino quando corre sul campo di calcio accanto alle panchine, su tutte le fasce destre di terra battuta dei campi di provincia che abitualmente frequenta insieme con la squadra giovanile della quale capitano e numero 7. Gli accendini sono ovunque a Taranto, uno in ogni tasca, uno in ogni borsa, se ne stanno nascosti nelle giacche di visone

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e in quelle di acrilico, anche solo come portafortuna. Deve esserci qualcosa di strano, in questa citt. Qualcosa tipo linchiostro magico, non puoi vedere nulla finch non avvicini al foglio bianco la luce.
A Taranto i pacchetti da dieci non si vendono. Tabaccaio del centro storico

La cosa di difficile comprensione. Per questo forse meglio abbandonare i racconti geometrici di Luca e affidarsi a un professore di liceo, una persona seria e appuntita, di quelli preparati, pignoli e per questo infastiditi dalla cialtroneria giornalistica. Il professore si chiama Alessandro Marescotti. Alessandro tarantino. Non uno scienziato, ma lo diventato. professore di italiano, storia e geografia ed il presidente di unassociazione ambientalista che si chiama PeaceLink quella che, forse, meglio di tutti pu raccontare e spiegare lo strano caso del vulcano Taranto. Forte dellesperienza accumulata in questi anni, Alessandro in grado di dare corpo alla freddezza degli acronimi. I dati, mi aveva raccontato una volta, sia quelli dellArpa, sia quelli dellIspra, ci dicono senza dubbio che Taranto la citt pi inquinata dItalia e probabilmente dEuropa. Per questo motivo la gente si ammala e si continuer ad ammalare. Riconosco per che difficile comprendere dati espressi con terminologia specialistica e unit di misura che esulano dallesperienza quotidiana: in sostanza noi parliamo di nanogrammi (miliardesimi di grammo) e la gente cosa capisce? Poco, ci capisce poco. Per questo lassociazione di Alessandro, con la collaborazione del direttore del servizio di Chimica ambientale dellIstituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova

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(la lunghezza delle cariche scientifiche ne determina spesso limportanza), il dottor Franco Valerio, ha cercato di trasformare le informazioni scientifiche in conoscenze divulgabili e facilmente comprensibili. In sostanza hanno provato a sciogliere gli acronimi e a raccontarci la strana storia degli accendini di Taranto. Uno dei problemi principali di Taranto, diceva Alessandro, sono gli Ipa, ossia gli Idrocarburi Policiclici Aromatici. Fra i pi pericolosi per luomo, perch assai cancerogeno, il benzoapirene, sostanza contenuta anche nelle sigarette. In sostanza nellaria di Taranto ci sono le sigarette. Il sillogismo in questo caso non soltanto un gioco di logica. Ha sicuramente una tendenza alla semplificazione, ma fa tossire lo stesso. Luca pare tossisca anche in campo, di questo lallenatore non affatto contento. Per fare la proporzione, raccontava Marescotti sempre con lo stesso tono, come stesse spiegando le guerre puniche, abbiamo valutato la quantit di aria respirata da ciascuna persona, a seconda dellattivit che svolge e a seconda dellet che ha, e poi abbiamo quantificato il benzoapirene che c in una sigaretta. A questo punto abbiamo individuato la quantit di benzoapirene presente giornalmente in un metro cubo daria in alcuni quartieri di Taranto e abbiamo calcolato i metri cubi respirati giornalmente da un bambino, a seconda del suo tipico stile di vita, tenendo presente le ore di sonno, quelle di gioco, pi una serie di altri fattori. Una volta ottenuto il totale dei nanogrammi di benzoapirene inalati in un giorno, abbiamo diviso tale valore per il benzoapirene mediamente contenuto nel fumo di una sigaretta, lo stesso fumo che inala il fumatore. In questo modo stato ottenuto lequivalente in sigarette. Io non ci avevo capito niente. Per questo, come mi ha insegnato la maestra Annunziata Pisa alle scuole ele-

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mentari, ogni volta che penso alle parole di Alessandro ripeto sempre la pappardella, a bassa voce per non sembrare troppo cretino: hanno calcolato la quantit di veleno che c nellaria di Taranto, hanno calcolato quanto veleno misto ad aria, in media, uno respira in una giornata e poi alla fine lo hanno paragonato al veleno contenuto nelle sigarette. Dovrebbe essere pi o meno cos. Pi o meno.

Il benzo[a]pirene una delle prime sostanze di cui si accertata la cancerogenicit. Voci correlate: cancro. Wikipedia

Nessun tarantino potr mai dire, quindi, di non aver fumato una sigaretta in vita sua. Nessuno potr mai dire di non aver conosciuto il vizio. Questo mi aveva raccontato Alessandro: Dalle nostre analisi venuto fuori che quando i venti soffiano dallarea industriale verso la citt, tutta la gente, bambini compresi, come se fumasse due, tre sigarette al giorno. In condizioni di assenza di vento le sigarette inalate sono una, due. Alessandro snocciola i numeri come fossero la roba pi normale al mondo, senza un minimo di rabbia o stupore. Non penso sia rassegnazione. Con quello stesso tono, in unaltra delle nostre chiacchierate, mi raccont, quei tre giorni dinferno, quando (e non era un film di Almodovar) il vento era tanto e soffiava forte e allora a Taranto fumarono tanto e tutti. Era il 2 marzo del 2004 e i venti provenivano da nord-ovest e cos i quartieri pi vicini alla zona industriale, quelli dove vivono gli operai, si trovavano ancora pi a

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ridosso della zona industriale, pi esposti ai veleni dellaria. Come hanno dimostrato alcune rilevazioni dellepoca tenute secretate fino a settembre del 2008, in quei giorni nellaria di Taranto erano presenti quasi 67 nanogrammi per metro cubo di diossina. Significa che quel giorno tutti, bambini compresi, hanno fumato 128 sigarette. Sei pacchetti e spiccioli in tre giorni, due al giorno.

A Seveso fuoriuscirono circa 3 kg di diossine in un giorno mentre a Taranto il doppio in 40 anni. Maurizio Portaluri, oncologo

Luca, cos come racconta la sua cartella medica, ha la sindrome del fumatore incallito. Significa che ha un accendino sempre in tasca eppure non sa come si aspira. Anzi a lui le sigarette fanno proprio schifo: gli fa schifo il sapore in bocca, come metallico, che ha sentito per la prima volta lestate scorsa a Ginosa quando ha baciato una ragazzina. Gli fa impressione quel giallino che rimane sulla porcellana del lavandino e del gabinetto quando sua madre appoggia le sigarette. E poi esce, ma quello schifo rimane l. Luca ha scoperto di essere malato quattro anni fa. Quando il medico, Patrizio Mazza, ha visto quegli esami, ha controllato e ricontrollato quei vetrini, si messo le mani nei capelli, ricci anche i suoi come quelli di Luca. Come poteva essere fumatore un bambino? Come era possibile che una giovane ala destra fosse diventata un tabagista? Come un ragazzino delle scuole medie si era trasformato in un operaio della cokeria? A proposito, la cokeria. Limpianto serve alla produzione di coke metallurgico, indispensabile per lalimentazione degli altiforni. Nellindu-

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stria siderurgica dagli operai considerato una sorta di girone privilegiato dellinferno. Ogni tanto, come fosse un qualsiasi rubinetto di casa, una delle cockerie perde. Non acqua, ma veleno. Per questo dai tecnici, dai giudici e dagli ambientalisti considerata una delle cause principi dellinquinamento atmosferico. Non a caso, mi aveva spiegato sempre Marescotti, lesposizione al benzoapirene da parte di un lavoratore della cokeria particolarmente alta. Oggi va molto meglio, perch la tecnologia si sta evolvendo. Ma quando lIlva era ancora Italsider gli operai della cokeria hanno inalato tra le 6500 alle 65.000 sigarette. Luca della cokeria sa poco e non sa niente. Sa tutto invece della sua malattia, ormai sconfitta. Glielhanno diagnosticata che aveva dieci anni. Gli hanno detto subito che sarebbe stata lunga ma sicuramente ce lavrebbe fatta. Luca non ha mai avuto alcun dubbio: Io ho il destino segnato, tracciato, per me non ci sono grandi scelte: o faccio il matematico e divento famoso con il mio teorema oppure faccio De Florio. E sono cazzi.

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Quindici passi

Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, dodici, tredici, quattordici, quindici. Uno, due, tre non avrei mai smesso di contare. Di contare e di passeggiare, a passi piccoli un po come fanno i vecchi nei supermercati non per colpa degli scaffali pieni zeppi di roba ma dellAlzheimer. Piccoli passi come quelli dei tennisti quando corrono la linea di fondo campo, in quellistante prima di colpire una pallina, in quel movimento che una fotografia. Uno, due, tre, quattro, un conto minuscolo e veloce fino a quindici. tutta qui che si svolta la vita di un uomo, in questo minuscolo spazio che il vulcano ha mirato, ha colpito e ha affondato. Quindici passi sono la distanza dalle prime case del quartiere a ridosso dellIlva, quindici passi dura il tragitto tra lIlva e le cappelle del cimitero di San Brunone.

LIlva la cosa pi bella del mondo. Operaio Ilva ad Alessandro Sortino, Rosso Malpelo, La7

I cazzotti pi dolorosi arrivano per caso. Ti prendono alle

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spalle, sono vigliacchi e infami, anche per questo fanno pi male. Eravamo al secondo coffe break della mattinata e mi frullava ancora per la mente il doppio passo che mi aveva raccontato Luca, lala-fumatore-geometra, il ragazzino con le scarpe Prealpi. Mimavo con i piedi come fossi un ballerino di tip tap, probabilmente sorridevo quando ho notato quella ragazza che si avvicinava a Vittorio e al professor Assennato. Si chiamava Marina, aveva i capelli ricci, gonfi, le orbite scavate. Parl cos, per cinque minuti senza un sospiro o uninterruzione sola. Un monologo da teatro, lacerante. Lo registrai nel cuore.

Piacere dottori, sono Marina L. Chiedo scusa se vi importuno, ma mi piacerebbe avere cinque minuti soltanto del vostro tempo. Io non sono una tecnica, non sono un chimico n tantomeno un politico, ho deciso di venire qui oggi soltanto per ascoltare. Ho 27 anni e nella vita faccio lostetrica. Anzi la far: ho preso la laurea da sei mesi, ho fatto la pratica qui a Taranto, ma purtroppo non c una prospettiva di lavoro per me. Non ho voglia di avere un lavoro precario, mi sto per trasferire a Rimini dove mi danno il posto fisso. L c la cultura del parto, hanno bisogno di noi. Dottori io vi disturbo perch vorrei avere il piacere di raccontarvi la mia storia, vi rubo soltanto qualche minuto ma penso che possa essere importante: per me che non lho mai raccontata a nessuno, e poi spero anche per voi. Quando si fanno le cose, probabilmente uno non ha ben presente quanto siano importanti. Pensa che certe azioni si fanno per le idee, per i principi, forse per lorgoglio dei vostri figli e dei vostri nipoti. Invece no. Voi queste cose le fate per le persone. Gli studi, il tempo che lei professor Assennato ha speso per studiare le cose che oggi ci ha raccontato, quel tempo lei lo ha dedicato a me. Io Marina L. vivo dal primo giorno in cui sono nata al quartiere Tamburi di Taranto. Sono figlia unica, i miei genitori non hanno

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niente a che fare con lIlva n tantomeno con le aziende dellindotto. Io non sono una figlia dellacciaio e non sono nemmeno una figlia della fabbrica. Mia madre segretaria in una scuola elementare, mio padre lavora come tuttofare nello studio di un notaio qui a Taranto. Sono una borghese di secondo livello, nella vita non mi mai mancato niente n grazie n per colpa dellIlva o delle altre industrie. Da cinque anni nella mia vita mancata soltanto una cosa. Mio zio Vincenzo. Ed per lui che ora voi state spendendo il vostro tempo. Mio zio Vincenzo stato mio padre, anzi stato pi di mio padre. stato mio padre e mia madre messi insieme, anche se ripeto io li ho avuti tutte e due, e sono felicissima, ci mancherebbe. Mio zio Vincenzo stato mio fratello e mia sorella, stato mio zio chiaramente, non mai stato mio amico perch la differenza di et era troppa. Mio zio Vincenzo era nato nel 1939 e non si mai sposato. Non ha mai avuto figli e che io sapessi mai nemmeno una fidanzata. In realt non lho mai chiesto n a lui n ai miei genitori. Per una questione di pudore e forse di appartenenza, perch zio Vincenzo era il mio. Punta e basta. Da quando io sono nata, lui ha vissuto con noi. Appartamento accanto, stesso pianerottolo. Tutto quello che io sono, non me ne vogliano i miei genitori, lo devo a lui. Mi spiego meglio: tutto quello che ho imparato, dalle targhe delle macchine a come si fanno i lacci alle scarpe, che in realt non sono ancora capace, perch un giorno zio Vincenzo si messo al tavolino e me lha spiegato. Io non gli ho mai detto che gli volevo bene, e sono una stronza. Lui me lha detto pi volte, un sacco di volte. Zio Vincenzo lavorava da sempre allo stabilimento dellIlva, non mi chiedete in quale reparto, in quale struttura, di cosa si occupasse perch proprio non me lo ricordo. So soltanto che era un operaio semplice e guadagnava un milione e mezzo al mese. La casa era di propriet, per lui spendeva poco e niente. Il resto era tutto quanto per me. Lunica cosa che so dellIlva che in quello stabilimento non c niente di piccolo. Zio Vincenzo lo ripeteva sempre: L dentro tutto enorme, un cavo elet-

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trico, una vite, tutto grandissimo. DellIlva io so soltanto questo. Niente di pi. Anzi so anche che non ci lavorano le donne, o forse non vero, ma questa lidea che mi sono fatto sin da quando era bambina perch zio aveva soltanto colleghi maschi. Solo uomini. Daccordo, questo non importa. Cos come voi sicuramente vi starete chiedendo il perch io vi stia raccontando queste cose, mi avrete presa per matta ma vi posso assicurare che non sono matta. O almeno cos credo. Vi voglio raccontare questa cosa semplicemente per spiegarvi perch parlare, lavorare, battere il caso Taranto importante. Non per i giornali, ma per la vita e le storie della gente. Io per colpa di Taranto sono arrabbiata con la vita: io mi sono appena sposata, non ve lho detto, e mio zio Vincenzo non potuto essere il testimone delle mie nozze. E questo ingiusto. Da quando sono nata, uno dei due testimoni doveva essere zio Vincenzo, anzi, mi sono sempre scervellata per immaginare come potevo farmi accompagnare da zio e da mio padre allaltare. Uno da una parte e uno dallaltro. Come avrete capito, zio Vincenzo morto, nemmeno due mesi dopo essere andato in pensione. Aveva fatto una festa per il suo addio, a casa perch lui una persona discreta. Ha invitato i suoi colleghi di lavoro, qualche amico del Cral dove lui andava a giocare a tennis, io anche gioco a tennis e sono stata da quando avevo sette anni, pi forte di lui, ma questo non centra dicevamo della festa e lui era contento e io anche, perch ero diventata grande e lui vecchio. Toccava a me prendermi cura di lui. Zio Vincenzo, che io ricordassi, non era mai stato male nella sua vita, mai un raffreddore, mai uninfluenza. Io invece s che ero stata male, soffrivo di tonsilliti frequenti e allora il medico mi prescriveva le iniezioni di antibiotico per fare abbassare la febbre, e allora le iniezioni le faceva zio Vincenzo. Lui e soltanto lui. Senonch dopo quella festa cominci a lamentarsi in silenzio, perch era diventato fotofobico, mai che qualcuno potesse accendere una luce su di lui. Fuggiva. Evidentemente per il fastidio doveva essere serio perch per tre giorni consecutivi continuava a parlarmi di

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questo mal di pancia, di un senso di nausea perenne, un po di febbre. Insomma uninfluenza ma per uno che nella vita stato sempre bene, insomma potete immaginare. Io non ero preoccupata. In realt ci fu soltanto un piccolo allarme, una mattina mi chiese di andargli a comprare gi il giornale, mio zio leggeva Il Tempo pur non essendo un democristiano ma nemmeno un comunista, gli dicevo sempre che era un cristiano sociale e lui abbozzava per accontentarmi, ma in realt glielo dicevo soltanto perch mi piaceva il nome del vecchio leader, Donat Cattin. S, insomma, quel giorno mi chiese di scendere al giornalaio e non era mai successo in 20 anni, cos pensai che forse qualcosa di serio cera. Lui se ne accorse, ero spaventata, tanto che per tutta la giornata non fece altro che chiedermi cosa avessi, mi propose persino una partita di Burraco che non facevamo da quando io avevo 12 anni: giochi interrotti per manifesta superiorit, la mia, anche perch contavo puntualmente a doppio le pinelle. Secondo me non se nera mai accorto, non era esattamente un furbacchione. Dicevo, tanto si accorse che io insomma che il giorno dopo scese lui al giornalaio. Non so perch per sentivo qualcosa nello stomaco, non so se vi capitato mai, non era un presentimento, no, era forse la paura che faceva a pugni con la razionalit, io non lo so che cosera ma qualcosa cera. Era il 23 dicembre e decisi, da sola, che doveva fare degli esami. Unecografia, una Tac, qualcosa. Per fortuna ho un amico che lavora allospedale nord, quello vicino al Tamburi: un tecnico, era di turno il 24 pomeriggio. Prendemmo un appuntamento, alle 17 se non sbaglio. Uscimmo senza dire niente a mamma mentre gli amici che solitamente vengono a casa per le feste erano gi arrivati a casa. Erano giorni di panzerotti. Quel giorno guidai io ed era una sorpresa: zio non voleva, io sono una donna. La mia Yaris, un suo regalo, camminava da sola, quel viaggio, chiss perch, stato il pi strano della mia vita. Era come se sapessi tutto, era come se partendo da casa con uninfluenza, forse con delle coliche intestinali, in realt fossi completamente coscien-

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te di quello che da l a poco mi avrebbero detto. La faccia di Luca, lamico tecnico della radiologia: un cancro al polmone. Purtroppo per ci sono metastasi ovunque, non ha pi il fegato. Mio zio non aveva mai fumato nella sua vita, beveva soltanto lAmaro Lucano. Non si suicidato, qualcuno lha ucciso. Zio Vincenzo morto nemmeno tre settimane dopo. Non ha sofferto. Lui no. Non ero mai andata a trovarlo al cimitero, una strana cosa la morte. Lho fatto qualche giorno fa, quando mi hanno detto di Rimini. Non so perch la Yaris si fermata da sola. Ho pensato che quella era la pi grande ingiustizia, che chiunque sia stato non ha fatto del male a lui, ma a me. Che sono andata allaltare accompagnata a un braccio solo, che mi sono laureata senza di lui in mezzo alla gente, che i miei figli non lo sapranno mai chi era, come parlava, come stava zitto, come metteva prima i tris e non le scale per terra, al Burraco. Io spero che qualcuno, non so se voi, se la gente, i politici, io non lo so chi faccia tutto il possibile perch questa citt non uccida pi le centinaia di zio Vincenzo, non privi pi la sua gente non di supereroi ma di normali storie damore. Io voglio e spero che nessuno pi debba vivere da casa alla fabbrica e dalla fabbrica al cimitero, tanto tutto vicino, tutto nel quartiere. Nessuno deve pi vivere come zio Vincenzo la sua vita in quindici passi. Gli unici che possono fare qualcosa siete voi. Avete la forza e il coraggio. Io invece sono codarda, ho paura che possa succedere di nuovo e per questo me ne vado. Scusate tanto se vi ho annoiato, buon lavoro.

Per un po non ebbi il coraggio di parlare. E nemmeno il coraggio di ascoltare. Con tutto il rispetto per la signorina che in quel momento era sul palco, una brava ricercatrice delluniversit La Sapienza di Roma che si concentrava sugli Ipa, in quel momento ebbi soltanto il coraggio del silenzio. Non era il pancreas di zio Vincenzo e nemmeno

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la rinofaringe di Luca. Non erano gli acronimi e nemmeno tutti quei numeri. Non stavo capendo nulla di tutta quanta quella roba. E quando non capisco, comincio ad avere paura. C da avere paura del Vulcano?

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Sognando nuvole bianche

I bambini sono incoscienti e hanno il baricentro basso. Basta vederli sulle piste di neve come scappano, dribblano, cadono e si rialzano senza avere paura. Basta vederli come ridono quando tu, che sei molto pi grosso di loro, inciampi nello spazzaneve e lentamente, mentre stai per dire addio allequilibro, maledici chi ha inventato gli attacchi degli sci, lo scarpone e anche le montagne. I bambini hanno paure diverse. Paure pi vere. Non hanno paura di se stessi.

Ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino. Pablo Picasso

Nella sala cerano molti bambini. Erano accalcati nelle ultime file, portavano magliette colorate per distinguere tra loro le scuole e le classi, un adesivo sulla t-shirt come nelle crociere e per tutto il tempo non hanno fiatato. Hanno dimostrato di non essere sedati, come si fa con i leoni negli zoo, soltanto quando alla prima pausa si sono messi in fila al buffet e hanno ritirato il succo darancia e due biscotti con il cioccolato a testa. Poi si sono rimessi a sedere. Non erano in quella stanza per rappresentanza o

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per buon costume. Non erano in rappresentanza dei buoni propositi e nemmeno per appagare lesibizionismo delle loro maestre. Si trovavano al Testa per fare sentire la loro voce, mi spieg educatamente Matteo della quarta A, indicandomi un pannello l in fondo dove sono appesi una serie di disegni. Poi mi mise un libro bianco per le mani, Puoi tenerlo, gratis. Il libro si chiama Sognando nuvole bianche, il sottotitolo I bambini di Taranto contro linquinamento della citt. una magnifica dimostrazione di orrore e speranza. un melting pot di colori e parole, metafore e ha senza acca. il Vulcano. Con il passare del tempo, alcune maestre hanno notato che i bambini tarantini avevano un tratto comune nei loro disegni. Facevano un cielo sempre pieno di nuvole, e queste nuvole erano sempre nere. Da questa storia nata la mostra e il libro che raccoglie alcuni di questi disegni e qualche testimonianza.

Sono una bambina di 8 anni e mi chiamo Alessia e mi piace molto la mia citt. Per, signor governatore, ti faccio una richiesta. Per favore toglici gli scarichi industriali dai mari affinch siano puliti, togli lIlva che ci sta uccidendo con il suo gas. Onorevole governatore aiuta la mia citt a ricrescere!! Saluti cordiali. Alessia

In quel volume ci sono un centinaio di lettere. E altrettanti disegni. Lidea di Nichi Vendola, il presidente della Regione Puglia, il presidente con la testa tra le nuvole (bianche, nere e rosse) che le ha raccolte e le ha stampate. I mittenti sono i bambini, il destinatario il governatore ma soprattutto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. a lui che hanno scritto, e per lui che hanno

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colorato i bambini di Taranto.

Potrebbe essere che la mia citt lanticamera dellinferno? Anonimo

Marta una di quelle con le idee pi chiare. Ha sette anni, un jeans e un giubbotto rosso in similpelle. Io non voglio morire. La mamma di Chiara morta, due anni fa. Dietro di lei c un disegno con una barca e quattro ciminiere. I colori sono grigio, blu scuro per il mare, rosso, nero, matita sullo sfondo per il colore del cielo. Lo ha fatto Pasquale e sotto ci ha scritto: Visione di questo problema.

Caro presidente, il mio pap mi ha detto che lIlva inquina laria e noi bambini ci ammaliamo. Io non voglio ammalarmi. Ti prego devi dire allIlva di non inquinare laria di Taranto. Rebecca

Questi bambini sono tutti colpevoli, nessuno escluso. Hanno gi tutti commesso un reato, tutti, e uno su cinque ne pagher le conseguenze. Hanno commesso il reato di cittadinanza, di essere nati in questi quartieri, davanti a questo mare. Cos per lo meno mi spieg Patrizio Mazza, primario ematologo del secondo ospedale di Taranto. Rispetto a quelli che dovrebbero essere i valori normali registriamo un incremento delle leucemie e di tutte le malattie tumorali del 20, 30% superiore alla media. Nei bambini soprattutto. Patrizio un omone bolognese, un

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medico che da quindici anni vive, lavora e lotta a Taranto. Lavora allultimo piano dellospedale, vista ciminiere, in una stanza grande come una cella, incasinata come le scrivanie dei giornalisti. Anche lui era alla conferenza, in fondo a un angolo. Ascoltava, a volte sorrideva, sarcastico. Patrizio Mazza lo conoscevo da un po. La prima volta lho incontrato nella sua stanza, in quel settimo piano, e anche quella era una giornata di sole. Lappuntamento era alle 15,15. Per colpa di un cameriere troppo celere, alle 15 ero gi l. La sua stanza era ancora chiusa, il corridoio di fronte inibito al pubblico come da cartello ben esposto aveva la porta socchiusa. Mi affacciai. Nella prima stanza di sinistra cera un signore girato di spalle, feci attenzione perch non mi vedesse. Non aveva i capelli, portava un camice bianco e la voce era sottile, come effeminata, ottima dizione. Aveva vetrini in mano e vetrini sulla scrivania, ogni tre minuti ripeteva pedissequamente la stessa operazione, cos preciso da poter rimetterci lorologio: afferrava il vetrino con la punta delle dita ma non prestai attenzione se portasse i guanti. Alzava poi il vetrino verso lalto, mettendolo in controluce, come fosse una radiografia. Rimaneva in quella posa plastica per qualche secondo, osservando il vetro con locchio sinistro chiuso quasi volesse bloccare limmagine e scattare in quel momento una bella Polaroid con il suo cervello. Dopodich prendeva quel vetrino e lo posizionava sotto la lente del microscopio. Sollevava il sedere dalla sedia e saliva sulla macchina, come per possederla. Ne vidi una ventina di quelle operazioni e al massimo rimase al microscopio per trenta secondi. Dopodich prendeva il registratore che teneva poggiato sulla scrivania e raccontava quello che vedeva: Situazione cellulare anomala, anomalia destra e cose del genere. Per quanto mi riguardava avrebbe potuto in

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quel momento ordinare il sushi, il tono era come quello che si usa al supermercato per un etto di crudo nazionale, la sensazione per che in quelle frasi apparentemente senza senso si nascondessero in realt delle condanne a morte. Dallaltra parte del corridoio sentii linconfondibile accento bolognese di Mazza. Scappai verso la voce. Mai avrei dato un volto a quel registratore, mai avrei conosciuto la faccia del dottor Vetrino.

Io mi chiamo Stefano e abito a Taranto da quando sono nato e mi raccontano i miei nonni che Taranto era un gioiello; per un mostro la sta facendo diventare inquinata, sporca e brutta. Onorevoli saluti. Stefano

Il dottor Mazza sembra un uomo burbero, forse non lo . Piuttosto ha il disincanto di chi conosce la malattia, di chi la abita, la governa, uno di quelli capace nella vita di vincere e di perdere. Su quella sedia di plastica davanti alla sua scrivania, in mezzo alle biro lasciate dagli informatori delle case farmaceutiche, centinaia di persone hanno partecipato loro malgrado alla roulette russa della leucemia, alla disgraziata conta dei globuli bianchi. Ne vedo, ne ho visti e purtroppo ne vedr sempre tanti. I dati in possesso del reparto parlano di un incremento costante di malati di questo tipo del 15-20%, un dato assolutamente anomalo rispetto a quello che invece dovrebbe essere questo territorio. Quando io sono arrivato in questa citt, quindici anni fa e pi, questo reparto era sempre pieno. Venivano persone da tutta la provincia, ma anche da Brindisi, Lecce, questo era lunico reparto di tutto il Salento. Ora qui intorno

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hanno aperto tre ematologie, siamo praticamente un reparto cittadino, io cerco di tenere i pazienti il minor tempo possibile qui in ospedale. Abbiamo venti posti letto, e sono tutti quanti pieni. Prima di lei mi disse un giorno su quella sedia era seduto un farmacista. Un signore di 40 anni. Aveva la leucemia e probabilmente gli restavano pochi mesi di vita. Non fumava, non beveva, e nonostante il mestiere, nella sua vita non era mai stato esposto a fonti particolarmente pericolose o cancerogene. Era una persona sana e invece si ammalato per colpa di qualcosa, forse per colpa di qualcuno, e come lui centinaia, migliaia di persone di questo posto. Di chi la colpa dovrebbero dircelo i giudici, ma fino a oggi mai nessuna sentenza, nessuna indagine ha accusato qualcuno delle malattie, della disperazione delle persone. Come uscire da questa merda dovrebbero dircelo i politici che hanno il compito di mediare tra le varie posizioni e poi decidere, prendere una posizione, scegliere una strada. Io faccio solamente il medico. Io devo curare gli ammalati.

Caro presidente, noi vorremmo che la nostra citt sia pi pulita, perch cos sporca e il cielo pieno di fumi: infatti Dio vorrebbe aiutarci ma non pu perch se si affaccia sta male anche lui. Luam

Quella mattina avrei voluto salutare il dottor Mazza. Pi volte lo cercai con lo sguardo ma non rispose. Forse non mi vide. Forse non aveva voglia di convenevoli. Ascoltava con attenzione maniacale un giovane epidemiologo, prendeva appunti, a volte parlava tra s. Chiss che fine ha fatto il suo amico farmacista. E chiss dove sta quella

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ragazza, cazzo quella ragazza!, lavevo dimenticata. Quel pomeriggio entr da Mazza subito dopo di me e mi sorrise forse per compassione, cos da ricambiare le attenzioni silenziose che le avevo prestato prima in sala daspetto. Lavevo fissata ai limiti della molestia, per fortuna che il mio turno non arriv poi cos tardi. Non era bella, era diversamente bella. Spigolosa nel viso come un uomo, truccata come una parrucchiera, era fasciata in un jeans nero attillatissimo, stretto ancora di pi alle caviglie da uno scarponcino dal tacco alto, con una maglietta verde militare che sfiorava morbida una cinta con le borchie, lasciandole la pancia scoperta. Chi era quella ragazza? Che lavoro faceva? Quanti anni aveva? L in sala, per ingannare lattesa ascoltava musica con un telefonino. Aveva le unghie delle mani laccate di fucsia, lo smalto mangiato alle punte. Un orecchino soltanto che scendeva lungo sulla spalla sinistra, i capelli neri, pochi e sottili. Feci scivolare per terra la penna che avevo in tasca, le diedi un calcio, mi serviva una scusa per avvicinarmi a lei. Mi interessava raccogliere pi informazioni possibili nel minor tempo possibile, volevo sentire lodore, guardarle meglio la faccia per capire cosa nascondesse quel trucco. Volevo scoprire cosa stesse ascoltando in quelle cuffie. Non sentii quasi nulla. Ma erano i Depeche Mode. A pain that Im used to. Cantai il ritornello, scendendo gi nellascensore. Di certo in quel momento anche lei stava facendo lo stesso, seduta sulla sedia dello studio di Mazza, un referto medico in mano e i globuli bianchi come una pistola, puntati alla testa.

Non so perch quando guardo il cielo vedo le nuvole scure e chiedo a mio padre come mai le nostre nuvole sono cos dense e scure? E

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mio padre mi risponde, caro figlio sono ricche di una sostanza dannosa e velenosa Io chiedo a mio padre come si chiama questa sostanza e lui mi risponde figlio non il caso che io ti risponda cosa da adulti. Ed io adesso mi chiedo come mai questi adulti non sono ancora riusciti a risolvere questo problema? E come mai siamo stati chiamati noi bambini che di queste cose non dovremmo saperne niente? Francesco

Vittorio continuava a scattare fotografie con il telefonino, una fissazione. Nel momento in cui posai gli occhi su di lui era concentrato sulla moquette rossa e su uno di quei fogli che distribuivano allingresso. Era caduto per terra, e dalla sua posizione si leggeva soltanto la parola leucemia e la parola Taranto. una questione di prospettive, un caso, o forse no. I bambini continuavano a non fiatare. Sembravano telecomandati, nemmeno un bisbiglio, a tratti qualcuno annuiva, eppure difficilmente sapr mai qualcosa sulle capacit inibitorie dei policiclici, qualcosa raccontata nella slide proiettata sul muro. Non capivano eppure conoscevano e riconoscevano perfettamente la sacralit del momento. Stavano zitti e composti come si fa in chiesa. Anche l daltronde capiscono molto poco e anche questo, in fondo, un funerale.

Per incominciare vorrei parlarle dellinquinamento, che provoca lindustria siderurgica nella mia citt a Taranto. Questa causa morte con i loro gas tossici. Noi cerchiamo di eliminare questo grande difetto per vivere una vita tranquilla e senza inquinamento. Quando da quellindustria esce il fumo, noi respiriamo anidride carbonica ma per fortuna ci sono alcuni alberi che ci restituiscono ossigeno.

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Per finire questa lettera vorrei ricordarle che se non provvediamo subito moriranno molti bambini, piante e animali Valeria Saponaro

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I bambini mai nati

I bambini di Taranto non disegnano soltanto. I bambini di Taranto si ammalano anche. E spesso muoiono. Pino Merico un pediatra che prima ha visto ammalarsi e morire decine di suoi pazienti e poi ha deciso di fondare unassociazione, si chiama Bambini contro linquinamento. Non unassociazione qualsiasi, per i bambini una via di mezzo tra il catechismo e il boy-scout: imparano e poi provano a reagire. Cercano di capire il Vulcano e poi di sovvertirlo, magari un giorno riusciranno anche a spegnerlo. Questa non una scommessa sul futuro, ma piuttosto una scommessa con il futuro, mi disse quando lo incontrai, quasi un ghigno, un solco amaro, dopo aver visto tanti pazienti ammalarsi, dopo aver visto tanti amici piangere per i loro bambini, ho deciso che non era pi soltanto il momento di curare. Ma anche quello di combattere. La guerra che pi d fastidio quella dellinformazione. La gente deve essere consapevole. Tutti a Taranto devono sapere che rischi ci sono, tutti a partire da loro. Il dottor Merico mosse un dito di una mano magra, affilata. Indicava le file ordinate delle scolaresche, a pochi passi attaccati sui muri cerano i disegni e i pensierini. Quei lavori non sono nati per caso: abbiamo cercato di spiegare ai bambini, possibilmente con parole

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semplici, possibilmente evitando le sovrastrutture solite del linguaggio degli adulti, perch il cielo di Taranto spesso grigio. E quali sono i rischi per loro del rischio di quel cielo. Pino Merico mi sembr subito un tipo particolare. Ne ebbi conferma in quella chiacchierata breve, cinque minuti nemmeno. Era un medico, ma parlava pi come un militante. Si affidava alla scienza, ma credeva anche alla coscienza civile. Ecco, la coscienza civile: attorno a tutti gli scienziati o agli addetti ai lavori, la stanza era piena di gente qualunque, di persone che per stare l avevano magari preso un giorno di ferie al lavoro, che avevano rinviato impegni, perso appuntamenti, forse anche rinunciato a del denaro. Era la societ civile, che non un acronimo ma un luogo comune. Eppure quel luogo comune era lunico strumento per cambiare le cose sul Vulcano, mi assicur il dottor Merico. La gente comincia ad avere paura perch sa. La conoscenza permette di fare rivoluzioni, lunica cosa in grado di far cambiare davvero idea alle persone, di portare loro a fare rinunce. La gente di Taranto comincia a conoscere e secondo me qualcosa pu cambiare.

Le industrie ci stanno dando la possibilit di vivere. E morire. Operaio dellIlva, ammalato di tumore, Rosso Malpelo, La7

La diossina non era soltanto nellaria. O magari nella carne delle pecore o nei formaggi. La diossina era arrivata sin dentro le tette delle tarantine. S, le tette. Abbiamo riscontrato, mi spieg Merico, alte concentrazioni di diossina anche nel latte materno. I nostri bambini appena nati gi cominciano a bere latte e veleno. Spes-

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so, in realt, lo fanno anche prima di nascere. Perch a Taranto i bambini disegnano. Muoiono. Ma spesso non nascono neanche. Sono tante le malformazioni fetali riscontrate, tante da spingere donne anche giovanissime ad abortire. Tante da far gridare qualcuno dalla paura. La verit, mi spieg per Merico, che in questo la letteratura scientifica ancora debole, debolissima. Non possiamo dire nemmeno quante sono esattamente le malformazioni fetali. Possiamo dire sicuramente, per, che sono una delle conseguenze sanitarie provocate dallinalazione delle diossine. I bambini muoiono a Taranto. Lassociazione di Pino Merico, Bambini contro linquinamento, dedicata a tre pazienti, morti in anni ed et diverse a Taranto. Questa la storia del pi piccolo di loro, aveva 8 mesi: per caso, per puro caso, i genitori avevano cominciato a raccontarla sul maxi schermo montato in fondo alla sala. Erano due signori distinti, parlavano un italiano perfetto, avevano soltanto la faccia scavata. In sala trasmettevano la puntata di Rosso Malpelo, un programma andato in onda su La7 a cura di Alessandro Sortino, un ragazzone dai capelli rossi, un bravissimo giornalista noto per le sue inchieste nella trasmissione le Iene.

Il nostro bimbo aveva 7 mesi, un bel giorno si addormentato e dopo diverse ore ancora non si svegliava. Non capimmo cosa fosse successo. Lo portammo subito in ospedale, la diagnosi lasci poco spazio ai dubbi: tumore esteso al cervello, lo operarono durgenza. La malignit di questo tumore labbiamo capita solo a distanza di due mesi dal primo intervento, quello pi importante: dalla risonanza magnetica si sono accorti purtroppo che il tumore era cresciuto il doppio. Non era normale per un bambino un tumore cos

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esteso e cos attivo. Sono stati tre mesi di sofferenze e chemio, si tentato di tutto per poterlo salvare. Finalmente, poi, volato in cielo e ha smesso di soffrire. Mamma e pap

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Agnello di dio (ssina)

Angelo Fornaro un allevatore, vecchio, ma forse dimostra pi anni di quelli che ha, ha laria di un uomo per bene. Feci fatica a riconoscerlo al Testa con la cravatta stretta sotto una giacca di vellutino marrone, le bretelle. Non sembrava affatto lo stesso uomo della mattina in cui lo conobbi. Era il 16 gennaio 2008, lalba, faceva freddo, Angelo portava gli scarponi da lavoro sotto una tuta di acetato verde acqua. Sopra aveva una giacca a vento azzurra. Cera un bel cielo, ma non fu il giorno dei colori. Piuttosto, quello degli odori. La terra umida, la merda di pecora, e poi lalito di Angelo quando mi ha urlato forte in faccia che facevamo tutti schifo noi giornalisti mentre attorno tutte le telecamere lo assediavano come alluscita della casa del Grande Fratello. Ad ogni passo che faceva Angelo era seguito da un enorme microfono con lasta, modello cinematografo, appena aggraziato da un piumino come quelli che si usano per spolverare, montato sulla punta. Lo portava un ragazzo di Roma alto due metri che mi assicur che mi avrebbe spaccato il culo, una volta fuori di l. Gli avevo chiesto di lasciare un po in pace quel poveraccio e lui mi ordin di farmi i cazzi miei altrimenti ci saremmo dovuti vedere dopo. Le avrei prese di brutto, forse anche per quello non fiatai. In realt il ragazzo non

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centrava niente, per. A dettare i suoi spostamenti era un giovane giornalista di un rotocalco Rai che aveva preso evidentemente quella mattinata di lavoro come una partita di calcio a sette, lui difensore e Angelo centravanti di furbizia, alla Inzaghi. Non lo lasciava un attimo, mai una di-strazione, sempre l appiccicato, ad aspettare, attendere la debolezza. Come va?, attaccava, e poi, certo che questo un bel posto, (certo, a parte il fumo nero e quelle fiammate che escono l in fondo dalle fabbriche), Ma buono il formaggio che producete?, (sa un po di diossina ma buonissimo), ancora: Certo che si vive bene qui al Sud, (gi, una meraviglia). Dunque, laffondo, telecamera accesa, microfono e piumino posizionati a rigore di inquadratura: Signor Angelo, cosa prova in questo momento? Lei ha lavorato una vita per vedere uccise le sue bestie, ci racconti e non trattenga le sue emozioni. Piangi Angelo, gli voleva dire la merda. Piangi in favore di telecamera perch cos mi sale lo share. Angelo Fornaro, lo stronzo che ha risolto tutti i problemi di Taranto, quel giorno pianse. Ma non per le telecamere. Dimenticavo: di quel giorno non dimenticher mai una cosa soltanto. La puzza cruda del sangue.

Taranto, abbattute settecento pecore alla diossina. la Repubblica, 17 gennaio 2008

Angelo Fornaro un pastore vero. Nel senso che un pastore perch vive in campagna e campa grazie al bestiame: il latte delle pecore, i formaggi, gli agnelli quando Pasqua. Non glielho chiesto, ma secondo me in casa non ha la televisione. Insieme con i figli Vincenzo e Vittorio, e

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aiutati da due pastori albanesi, gestisce lazienda agricola di famiglia. Quella masseria cos da cento anni. Un giorno, tanti anni fa, gli hanno costruito davanti lazienda siderurgica pi grande dEuropa. Larea agricola diventata zona industriale, hanno acceso gli altiforni e il cielo diventato nero. Nonostante tutto, per, Fornaro e le sue pecore sono rimasti l. L sono cresciuti i suoi figli, l sono nati i suoi nipoti. Fino a quando arrivato un giorno di settembre ed cambiato tutto. Sasha, il pastore albanese che non apre bocca nemmeno se glielo chiedi per favore, quel giorno si era spinto un po oltre i normali confini del pascolo. Aveva preso una strada diversa ed era finito sotto il Vulcano. Probabilmente, anzi sicuramente, non era la prima volta che accadeva. Quel giorno per successe qualcosa. Da quelle parti passava ardita sarebbe la ricostruzione di un appostamento voluto un signore con una spiccata coscienza ambientalista e un telefonino dotato di una buona macchina fotografica. Non era Vittorio. Immortal quellistante, le pecore e le ciminiere, il fumo e la lana, il bianco e il grigio forse semplicemente per raccontare e raccontarsi un pezzo della sua citt. Una volta trasferita sul computer quella fotografia, una volta vista in grande quella immagine, sal per una domanda: Ma non che in questa foto si nasconde qualcosa di pericoloso? Questi sono animali da allevamento: vivono per produrre latte, per essere macellati e per essere mangiati. Il latte di queste pecore, il formaggio, la loro carne non saranno mica contaminati da qualche veleno?. La domanda, apparentemente catastrofista, era comunque legittima, forse doverosa. per questo che il fotografo-ambientalista ha sentito il dovere di girarla alla redazione di un giornale locale, Taranto Sera, la bibbia della cronaca cittadina un piccolo quotidiano fatto di notizie, fatti e foto segnaletiche di spacciatori, rapinatori e aspiran-

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ti killer. Un giornale tanto arrembante da potersi permettere ai tempi di Internet una distribuzione con gli strilloni, un giornale che dice la verit e per questo non ha paura dei colossi dellindustria. A Taranto Sera lavorano un gruppo di giornalisti, alcuni molto bravi, tutti agguerriti. Tra loro spicca Mario Diliberto, un mio amico, un giornalista raro perch raro un giornalista senza enfasi. Mario quando parla dellIlva ha in mente le parole di suo padre che ha passato una vita nellacciaieria ma non si fa mai prendere dallenfasi n dalla retorica. Racconta secco, quasi cinico. un cecchino infallibile, implacabile davanti a una notizia. E le fotografie di quelle pecore al pascolo per lui, e per tutti i suoi colleghi, erano il migliore degli assist: le foto arrivarono in tarda mattinata, ledizione che va per strada alle 17 aveva in prima pagina le sequenze del bestiame sotto le ciminiere e un pezzo daccompagnamento che pi di denuncia suonava di paura. C da stare tranquilli?, si chiedeva Taranto Sera. Letto il giornale si pose la stessa domanda anche lallora procuratore aggiunto del tribunale di Taranto, Franco Sebastio, oggi capo della Procura, che sulla base di quellarticolo apr un fascicolo. Quella che si chiama unindagine conoscitiva. Angelo Fornaro probabilmente non lha mai saputo, ma esattamente in quel momento che cominciato a essere quello stronzo che con le sue pecore ha risolto tutti i problemi di Taranto.

Da settimane sento parlare di diossina e dei danni che fa sulle persone. Vorrei sentire un giorno al telegiornale che c un sistema per farla sparire cos non avr pi paura di vivere nella mia citt e potr tornare a bere il latte senza paura di avvelenarmi. Luca

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Ci volle poco tempo per le analisi. Abbastanza per perch la gente si fosse dimenticata di quella strana storia delle pecore sotto le ciminiere. Non se ne ricordava quasi nessuno quando arriv, nelle redazioni dei giornali, un pomeriggio, era il 20 marzo del 2008, una telefonata del professor Giorgio Assennato, lo scienziato, il direttore dellArpa. Disse che sul suo tavolo erano arrivati i risultati del latte e del formaggio prelevati in alcuni degli allevamenti attorno alla zona industriale di Taranto, compreso quello dei Fornaro. E che le analisi parlavano chiaro: erano stati riscontrati valori anche dieci volte maggiori rispetto a quelli consentiti dalla legge di diossina e Pcb, ancora una volta il solito acronimo. Significava che quella roba era portatrice sana di cancro. Per ammalarsi non serviva soltanto respirare. Bastava anche mangiare. Questo significava che il germe era entrato nella catena alimentare e dunque non soltanto laria, ma anche il cibo, il latte che sarebbe potuto finire sui banchi frigo non soltanto di Taranto e provincia, ma anche di tutto il mezzogiorno e chiss, di tutta Italia.
Io so che tanta gente si sta ammalando e sono preoccupato non solo per me, ma anche per la mia famiglia. Ci dicono sempre che i bambini sono la felicit, che amano giocare spensierati, ma forse stiamo diventando tristi come le nuvole grigie della mia citt. Mirko

In vicende come queste la linea dombra tra lallarme sanitario e la psicosi, tra la verit e il verosimile, assai labile. E i giornali lungo quella linea di confine ci sguazzano. Allarmare fa vendere copie, la gente ha bisogno di spaventarsi, ha una necessit quasi carnale di conoscere una cosa per la quale temere, per cui arrabbiarsi, per poter dimen-

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ticare le proprie miserie, i guai personali. Come successo per linfluenza aviaria, cos accadde anche il 21 marzo e come al solito a pagare la psicosi furono i pi deboli: i proprietari dei caseifici della zona videro crollare le vendite. Persino le multinazionali del latte che hanno dei depositi vicino Taranto, per qualche giorno furono costretti a controllare il prodotto goccia per goccia. La Regione e la Asl corsero ai ripari, avviarono in tutta fretta i protocolli durgenza, applicarono immediatamente tavoli tecnici e mappature, organizzarono riunioni su riunioni, misero insieme esperti su esperti, prepararono relazioni su relazioni. Ogni emergenza ha i suoi riti mediatici, anche quella della diossina nel latte di Taranto ebbe la sua. Complessivamente furono controllati circa 200 allevamenti, fu un inferno per funzionari e veterinari, batterono a tappeto stalle e alberi di ulivo perch qualcuno fece notare che la diossina poteva esserci anche nei grassi degli oli, e quindi via con le verifiche. Insomma fu un lavoraccio. Non dur a lungo. Due giorni, e dellemergenza diossina non gliene freg pi niente a nessuno. Il caseificio riprese a vendere, la multinazionale a imbottigliare, i rischi sulla tavola degli italiani dei quali parlavano tutti i giornali, in quei giorni scomparvero e a occuparsi della vicenda rimasero i soliti ambientalisti volenterosi, qualche sito Internet e poi i tecnici, questi ultimi per conto dei vari enti. Della vicenda fu per costretto a occuparsi il signor Angelo Fornaro, suo malgrado.
Il primo alimento che ho conosciuto stato il latte, prima quello della mamma e poi quello della mucca. Ma adesso mi proibiscono di berlo perch adesso c la diossina. Rebecca

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Il 7 aprile, infatti, lufficiale della Asl buss alla porta della sua masseria e a quella di altre quattro nella zona per notificare loro una carta giudiziaria. Non era una multa e nemmeno un avviso di garanzia. Era un divieto. Un divieto di pascolo. Da quel momento in poi Sasha non avrebbe pi potuto portare a spasso il bestiame, niente pi pecore, niente pi passeggiate sotto i camini delle fabbriche. Nella carta cera scritto infatti che non si poteva pi pascolare a otto chilometri da Statte, un piccolo centro alle porte di Taranto, la citt pi vicina agli allevamenti: complessivamente erano inibiti centosessanta ettari di campagna, compresi tra la strada provinciale 48 e larea industriale. Non era per finito. Dietro quel foglio ce nera un altro e poi un altro ancora. A firmarlo era la Asl di Taranto e, se possibile, era ancora peggio. Cera scritto in un incomprensibile italiano, burocratese, che cento anni e pi di storia di quella masseria erano stati cancellati. E che tutte le pecore e gli agnellini della tenuta Fornaro erano in fermo sanitario. Significa cio che non avrebbero potuto e dovuto n produrre latte n men che mai essere destinate alla macellazione. Non cera scritto ma Enzo Fornaro lo cap immediatamente: quella carta era una condanna a morte. Qualcuno e qualcosa aveva avvelenato i suoi animali. Le bestie erano tutte infette, dentro la loro carne era nascosta la diossina e i soliti Pcb, nei muscoli covavano tumori da esportazione pronti a finire sulle tavole dei tarantini, dei pugliesi, degli italiani. Le capre erano untrici. Il Vulcano, la bestia degli acronimi, non aveva risparmiato nemmeno gli agnelli. Si era detto fosse democratico questo Vulcano, in realt sembra un bastardo.

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Oggi labbattimento delle pecore contaminate. la Repubblica, 10 dicembre 2008

Dalla notifica al giorno della mattanza pass qualche settimana. Come Angelo aveva immaginato, pochi giorni dopo lufficiale giudiziario, buss alla porta della masseria lufficiale sanitario per comunicare che tutti gli animali, cinquecento allincirca, sarebbero dovuto essere ammazza ti. Dovevano morire anche gli agnellini appena nati, infatti si attese fino allultimo parto. Assicur il dirigente sanitario che le spese dellabbattimento, ci mancherebbe, erano tutte a carico della Regione, gli allevatori avrebbero avuto diritto a un rimborso per gli animali morti, ma doveva essere chiaro a tutti sin dallinizio che quel rimborso sarebbe stato soltanto simbolico, per la precisione 133,3 euro lordi a capo abbattuto. Inutile farsi illusioni. Una volta tornato in ufficio il medico dellAsl raccont, con stupore, come Fornaro non avesse battuto ciglio a quella notizia. Aveva chiesto soltanto: Dov che devo firmare?. Angelo se lo aspettava e quella notizia non lo sconvolse. Perch non poteva sconvolgerlo. Le pecore erano arrivate seconde. Prima di loro, per colpa dellaria e con la notifica di un certificato medico, da questa masseria se n andata mia madre e io, a trentanni, ci ho rimesso un rene, mi disse quella mattina della mattanza Vincenzo, uno dei figli di Angelo, con un sussurro e senza una lacrima come fosse la cosa pi naturale del mondo. Sono gente fiera i Fornaro, gente per bene, gente senza nemmeno una macchia. Per questo quella mattina andarono fuori di testa. Era il 10 dicembre, appunto, e la sera prima le associazioni di animalisti erano andati a piazzare qualche striscione attorno alla fattoria. Leoni per agnelli cera

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scritto in uno e poi qualcosa del genere. Angelo mi confid che nemmeno li aveva letti quei cartelli, Cos che vogliono?. La procedura, come da protocollo burocratico, prevedeva che in masseria arrivassero dei camion inviati dalla ditta che gestisce il mattatoio di Conversano, la societ che si era aggiudicata la gara per labbattimento dei capi di bestiame bandita dalla Regione. I camion avrebbero dovuto caricare le bestie per poi trasportarle nel centro di macellazione. La procedura era assai complessa: lazienda vincitrice dellappalto doveva assicurare che la carne infetta mai e poi mai sarebbe stata messa in commercio e che le carcasse degli animali sarebbero state poi smaltite in discarica con le procedure previste dalla legge. Trattate cio come rifiuti speciali pericolosi. La procedura prevedeva poi al carico delle bestie la presenza dei veterinari della Asl e dei proprietari degli animali per verificare che tutto fosse fatto in regola, che i conteggi fossero giusti in modo tale da garantirsi per lo meno i 133,3 euro lordi di rimborso. Nel protocollo i lampeggianti per non erano previsti. Eppure quella mattina cerano e per i Fornaro furono troppi. Prima dei camion nella masseria arrivarono forze di polizia in tenuta da sommossa. Erano state mandate dalla Questura per tenere a bada possibili manifestazioni di forza di associazioni animaliste che nei giorni precedenti sui giornali avevano denunciato linutile strage e altri annunci di questo genere. Di attivisti nello spiazzo ce nerano tre, con i loro striscioni. Non erano di pi. Cerano invece una cinquantina di giornalisti, fotografi di quotidiani, troupe di programmi di approfondimento e pure quelli di Uno Mattina. Le camionette, i lampeggianti forse erano stati mandati anche per quello. Angelo per non cap e allora si arrabbi, disse che lo stavano trattando da

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delinquente lui che era un galantuomo, ricord che io a voi vi ho sempre trattato come ospiti di lusso, il commissario qualche giorno prima per esempio aveva assaggiato durante un sopralluogo una fetta di formaggio. Angelo disse che non era arrivato a 70 anni di vita di lavoratore per vedersi trattare come un delinquente. Insomma disse che non era giusto. E poi si mise a piangere.

Eccoli, i criminali, gli assassini siamo noi, arrestatelo questo stronzo che ha cresciuto le pecore. Angelo Fornaro

Dieci minuti dopo arrivarono i camion. Erano due, molto grandi, entrambi a due piani, tutti rossi ma nonostante questo non assomigliavano per niente agli autobus inglesi. Gli operai del mattatoio erano persone gentili, si presentarono appena scesi dai mezzi e poi si misero una lunga mantella rossa, che era labito da lavoro, pensare che i boia me li ero sempre immaginati vestiti di nero, come i becchini. Non erano in grado per di fare tutto da soli, cinquecento animali da caricare non sono pochi. Stavano per chiamare Conversano per chiedere rinforzi ma non fu necessario. Aiutarono i Fornaro e i loro pastori, Voi siete qui per lavorare come noi, qui abbiamo lavorato per una vita. Siamo tutti lavoratori, vi aiutiamo, disse Angelo. Le pecore parlavano albanese, o almeno penso che albanese dovesse essere la lingua nella quale Sasha si rivolgeva loro nelle stalle. Ero a un metro di distanza, i piedi nella merda. Lodore per lo sentivo appena, mi affascinava la fila ordinata con la quale quelle bestie uscivano dalle stalle, poi si

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fermavano sotto un porticato e poi a una a una salivano sul camion rosso che intanto aveva parcheggiato accanto al cancello dingresso. Cera come un ordine funebre, un rituale da campo di concentramento in quelle linee tracciate dal gregge e in quegli ordini impartiti in albanese. Eppure quelli non erano uomini, in fila cerano bestie nate con il destino gi scritto: dovevano finire in un macello, dovevano essere ammazzate e poi mangiate. Non sono mai stato un animalista, ho paura dei cani, adoro la carne, eppure in quella fila puzzolente di pecore lessi per la prima volta chiaramente il senso del vocabolo tristezza, avvertii netta la sensazione dellingiustizia. Perch Angelo doveva assistere a tutto questo? Lui assisteva e a favore di telecamere gli venne unespressione sarcastica, come se quel sarcasmo fosse un gradino oltre il dolore personale.

Taranto salva, grazie al sacrificio di queste pecore. Lhanno detto i potenti. Daltre parole, lho salvata io Taranto. Angelo Fornaro

Finirono in fretta, i camion furono caricati in meno di due ore. E in fretta uno dei boia con la mantella bianca ci spieg cosa sarebbe successo dopo: Una volta arrivate al macello, mettiamo due sensori alle tempie delle bestie e viene data una scossa elettrica per stordirle. Dopodich vengono messe in fila una dopo laltra e una macchina, dallalto, infila con un uncino la carotide. Rimangono appese in aria per un po in modo tale che il sangue scoli e poi le carcasse vengono smaltite. Avrei dovuto assistere, ma non ce la feci. Seguimmo io, Antonella ed Enzo due

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amici che avrebbero dovuto raccontare la giornata con le immagini in un documentario per il sito di Repubblica il camion fino a Conversano. Vedemmo il primo agnellino scendere e uno degli operai prenderlo, tirarlo per le due zampe e, come un gioco, farlo camminare per qualche metro in modo tale che gli altri animali scendessero senza troppi problemi dal camion. Scesero. Dallalto cominciarono a girare gli uncini. Ce ne andammo. Erano le 12.10 del mattino quando il telefono squill per la prima volta. Dalla redazione mi chiedevano cosa stesse accadendo, come fosse andata la giornata, se cerano state novit, imprevisti, insomma qual era la notizia: lunica cosa che mi venne in mente fu il belato degli agnellini, identico al pianto di un bambino. Non dissi niente e attaccai il telefono come fosse caduta la linea. Rimasi in silenzio anche quella mattina, nella sala. Scansai lo sguardo di Angelo Fornaro, facendo finta di non averlo riconosciuto. Niente strette di mano, tanto sicuramente non si ricordava di me. Poi scesi gi, per una passeggiata. Sar perch si era a Taranto, ma certe volte mi piacerebbe avere il vizio del fumo. Per accendermi una sigaretta.

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Il lampadario e le scope

Mi alzai e dietro di me si alz anche Vittorio. Il professor Assennato ci segu ma fui subito sicuro che si tratt soltanto di un caso. Come per caso ci fermammo nellandrone delle scale, e speravo che cos avrebbe fatto Assennato. Non lo avrei bloccato, ma non ce ne fu bisogno. Si ferm anche lui. Per fortuna ebbi lopportunit di parlare, chiedere. Sentivo il bisogno di sapere, conoscere. La giornata era stata lunga, confusionaria, troppe informazioni, troppe emozioni, troppe facce e soprattutto troppe storie. Il Vulcano cominciava a spaventarmi, ma avevo capito ancora troppo poco per comprendere lesatta dimensione della paura. Professore, quanto pu far male? Assennato si strinse nelle braccia, lui era uomo di numeri e non di giudizi. Ma era abituato a spiegare, e allora fece anche con me. Per un quarto dora pi o meno, ininterrottamente. Da bravo giornalista, presi appunti. O almeno ci provai. Come avevo gi pi o meno intuito, e come era riportato in quel fogliettino di Legambiente che mi avevano dato allingresso allinizio della giornata, esiste un registro, il registro Ines, che certifica le emissioni nellaria e nellacqua di inquinanti specifici. Sulla base di questi dati viene chiaramente fuori che Taranto la citt pi inquinata dI-

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talia, probabilmente anche dEuropa. Prendiamo per esempio i famosi Ipa, gli Idrocarburi policiclici aromatici. Nel 2006, in tutta Italia, le industrie hanno emesso nellaria 33.707 chilogrammi di Ipa. Soltanto a Taranto lIlva ne ha prodotte 32.240, cio il 96%. Nellacqua lazienda siderurgica ha scaricato invece 3241 chili di Ipa, contro i 3562 italiani. Sono il 91%. La questione non cambia se si analizzano le diossine e i furani: in Italia sono stati cacciati 95,2 grammi in un anno. A Taranto 91,5, il 96%. Oppure il cianuro, che solo a ripeterlo mi fa paura: il 72 % di quelli scaricati nelle acque italiane, arrivano dallIlva. I tarantini non lo sanno. Ma hanno la pi grande societ di export di Europa. Si muovono nel campo della chimica. In ogni caso, fin qui tutto chiaro. Oppure forse no. LIlva sostiene infatti che non colpa loro tutto quel disastro, e nemmeno di tutte le altre aziende della zona. Come lEni, ad esempio, che recentemente ha chiesto di aumentare del 40% lemissione di alcuni veleni: Nox (ossidi di azoto), Sox (ossidi di zolfo) e schifezze simili. Secondo lIlva in fondo colpa dei tarantini che sono degli sporcaccioni. Non un modo di dire, ma hanno scritto proprio cos su un documento ufficiale, una difesa depositata dai loro legali al Tar di Lecce in un giudizio amministrativo contro la Regione.

La societ Ilva proprietaria dello stabilimento industriale di Taranto nel quale esercita attivit siderurgica. Lo stabilimento si estende su di unarea di oltre 15 milioni di metri quadrati a destinazione urbanistica industriale e occupa direttamente oltre 13.630 dipendenti. Gran parte delle aree del complesso produttivo (circa 10 milioni e 200 mila metri quadrati) sono inserite nel sito

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di interesse nazionale di Taranto che, come delimitato con decreti del ministro dellAmbiente 10 gennaio del 2000, si estende per 114,9 km quadrati e ricomprende aree dei comuni di Taranto, Statte, Montemesola, Crispiano e San Giorgio Jonico. Il complesso produttivo di Ilva si colloca nellambito di unancor pi vasta area produttiva in cui, oltre allinsediamento, operano altre importanti realt produttive. Nellarea del sito ambientale di interesse nazionale di Taranto numerose cave dismesse in discariche abusive di rifiuti urbani porzioni del Mar Piccolo e del Mar Grande inquinate per decenni dagli insediamenti portuali e dallarsenale, oltre che decine di pozzi a perdere e di collettori a mare provenienti dai limitrofi insediamenti umani, la Salina Grande e le numerose aree in cui da decenni sono presenti siti di discarica di rifiuti urbani non adeguatamente conterminati e numerosi siti di smaltimento abusivo di rifiuti di varia provenienza e fenomeni di degrado e di dissesto. La situazione ambientale presenta, quindi, elementi di criticit riconducibili a un pregresso e generale stato di degrado e dissesto del territorio provocato, per lo pi, dalla tolleranza di discariche abusive, da scarichi incontrollati nei corsi dacqua superficiali, dalla mancanza di un moderno ed efficiente sistema fognario per gli insediamenti urbani, dallassenza di impianti pubblici effettivamente in grado di assicurare lo smaltimento dei rifiuti e la depurazione dei reflui prodotti sul territorio. Difesa Ilva davanti al Tar di Lecce, 18 dicembre 2008

Le discariche. LIlva dice che tutta colpa delle discariche abusive. Quando citai la posizione dellazienda al professor Assennato, egli sorrise. Non comment. Poi si mise di nuovo a raccontare.

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Tutta quella roba che le fabbriche di Taranto, e lIlva in particolare, buttano per aria poi finisce da qualche altra parte. E cio dentro i nostri corpi. Dei tarantini, e non solo. Una parte degli inquinanti viene assorbita per inalazione diretta. Ma parliamo di una piccola parte. Tutto il resto viene assunto, invece, tramite lalimentazione. Le diossine emesse dalla combustione dei processi industriali finiscono infatti per contaminare il suolo e lacqua e quindi per contaminare gli alimenti. La carne, ma anche i derivati del latte, i pesci e i crostacei marini. Quando ci sediamo a tavola, insomma, come se fossimo a una lezione di chimica. Ma gli effetti della presenza di tutta quanta quella roba non sono soltanto didattici. Ci sono anche quelli medici. Gli acronimi non passano inosservati. Qualcuno si accorge della loro presenza. A Taranto purtroppo in tanti se ne sono accorti, tanti altri ancora per molto tempo se ne accorgeranno ancora. La maggior parte di quegli inquinanti hanno infatti effetti sulla salute delluomo. Parlava di effetti, il professor Assennato, ma in realt avrebbe potuto benissimo utilizzare il singolare. Effetto, perch leffetto alla fine soltanto uno ed sempre lo stesso: il cancro. Per esempio, prendiamo sempre i soliti Ipa. Si detto che lIlva produce il 96% degli Idrocarburi Policiclici Aromatici immessi in Italia nellaria e il 91 nellacqua. Per la letteratura scientifica gli Ipa sono un inquinante cancerogeno al 100%. E guarda caso a Taranto citt ci si ammala di tumore il 31% in pi che nel resto della provincia. Di tumori e non di tumori qualsiasi, ma di quelle tipologie di cancro che hanno una relazione specifica con linquinamento ambientale. Per esempio: i maschi tarantini hanno il 35% in pi di tumori al polmone, e mentre prendevo appunti mi vennero in mente gli accendini di Luca e addirittura il 55% di tumori alla vescica, figli que-

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sti ultimi molto probabilmente proprio dei famigerati Ipa. Ma non solo: Vittorio mi aveva raccontato di un suo collega che allimprovviso si era ammalato di prostata. Capitano, pensai, i tumori alla prostata. Ma a Taranto capitano ancora di pi: il 44% in pi che nel resto della provincia, e la causa molto probabilmente il cadmio, un metallo che chiaramente da queste parti di casa. La met di tutto quello prodotto dalle fabbriche italiane arriva dallIlva. Il linfoma non-Hodgkin una malattia che io avevo gi sentito qualche volta. Il male che aveva avuto Nanni Moretti e che poi aveva raccontato in Caro Diario, il mio film preferito, il film che mi ha cambiato la vita. Moretti guarisce e, raccontano i medici, guariscono la maggior parte dei pazienti che si ammalano di quella malattia. Il problema che a Taranto si ammalano in troppi e la colpa delle diossine e dei furani. La stessa terribile coppia di inquinanti che causa pi del 43% di sarcomi dei tessuti molli, mentre dei policorobifenili la colpa dei 44 punti in pi di ammalati a Taranto rispetto al resto della provincia di tumori epatobiliari. Dietro ognuno di questi numeri c una malattia, una sofferenza, una storia, milioni di lacrime, lutti e gioie, quando si guarisce. Mi venne in mente zio Vincenzo, subito. A Taranto ci si ammala di geografia, basta essere nati a Manduria, trenta chilometri pi l, per essere un fortunato. A Taranto ci si ammala e non si sa per colpa di chi. Ma soltanto per colpa di cosa. Al momento, mi spieg sempre il professor Assennato insieme con Vittorio, da un punto di vista medico-scientifico e quindi anche legale impossibile fare una correlazione esatta tra le malattie dei tarantini. impossibile dire che sia tutta quanta colpa del

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Vulcano. impossibile fare uno studio epidemiologico, cos che si dice, che metta in correlazione certa le emissioni industriali con le malattie dei tarantini. C sempre la possibilit delle discariche abusive o magari del traffico cittadino. Per poter essere certi che sia tutta colpa delle fabbriche bisogner aspettare ancora, studiare e poi correlare. Bisogner ancora ammalarsi e forse anche morire per avere giustizia.

Sono un ragazzo di 10 anni e mi chiamo Renato. Sono orfano di padre e per colpa di un tumore ho perso da poco il nonno. Qui a Taranto, dove vivo, per colpa dellIlva ogni anno muoiono di tumore moltissime persone, sugli oggetti c una polvere argentea e il mare inquinato e si sente puzza di smog: so anche che molte famiglie sono alimentate dallIlva, ma rimango fermo sulle mie idee, perch immondo che siamo la citt con il pi alto tasso di tumori! Perci chiedo aiuto. Renato Ninfale

Scesi dalle scale del retro, in modo tale da ripassare di nuovo davanti alla mostra dei bambini. Questa volta ci persi pi tempo. La guardai a lungo, lessi e rilessi uno a uno quelle centinaia di pensierini scritti al Presidente della Repubblica dai bambini della citt. Quelle righe semi sgrammaticate dovrebbero leggerle tutti i cittadini italiani, sono unopera darte, un atto di accusa alla politica e allindustria, ai giornali, sono un bisturi senza anestesia, non si potrebbe raccontare niente e poi niente meglio di come lo fanno loro, i bambini. Senza retorica, senza contaminazioni politiche, senza filtri. Solo puzza, timore, ingenuit e cartoni animati per raccontare la vita nel Vulcano. Per

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esempio: ma Holly potrebbe mai scattare sulla fascia e poi bloccarsi per uno spasmo causato dai Pcb che si trovano nellaria? Hello Spank avrebbe il pelo bianco se fosse nato a Taranto o anche quello, come le lenzuola stese, sarebbe diventato grigio? Insomma normale che i sogni dei bambini cambino colore?

Il verde non verde, il blu malato, gli animali sono pochi, luomo sta morendo a causa di tante malattie legate allinquinamento. Noi bambini vogliamo un futuro pi bello e pi colorato. un nostro diritto. Domenico Basile

Ho ammirato il profilo delle maestre, vorrei stringere le mani una ad una, a tutte, perch hanno fatto benissimo il loro mestiere, sono rimaste dietro le quinte, arginando quel protagonismo solito dal quale sono affette molte insegnanti. Sarebbe stata loccasione perfetta, la mostra, il pubblico; sarebbero sicuramente salite su quel palco con la messa in piega appena fatta per raccogliere applausi, sentirsi dire quanto sono state brave, fare una decina di ringraziamenti alla dirigente scolastica, la vicaria, a tutte le insegnanti del progetto e poi stringere la mano al sindaco e magari anche al presidente della regione. Hanno fatto il loro lavoro, hanno spiegato, motivato, lanciato linput e poi sono state a guardare. nato cos il libro. Tra tutti, i miei preferiti sono Stefano e Fabiola, ho letto i loro pensierini e non ho resistito alla tentazione di riscriverli su un foglio di carta e conservarli per sempre con me.

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Anche io voglio nella mia citt nuvole bianche come quelle dei cartoni animati. Tanto sono certo che prima o poi sar cos. La prego di fare che accada. Stefano

Io sono una bambina di nove anni che vive in una delle citt pi inquinate dItalia, Taranto. Il cielo della nostra citt quasi sempre grigio mi sembra di vedere un lampadario spento. Ti prego, se puoi accendi la luce sulla nostra citt. Fabiola

Alla fine scesi. Per poi per fermarmi dopo nemmeno una rampa di scale. Era bagnato per terra, era ormai pomeriggio e nel vecchio ospedale avevano cominciato a fare le pulizie. Tutto splendeva, lo avevo gi notato, non cera un filo di polvere allinterno delle finestre. Chi si occupava della cosa, evidentemente, doveva essere una persona attenta. Quella persona mi spunt allimprovviso l davanti, una signora di 60 anni allincirca con i capelli ramati e ordinati, accucciata con le ginocchia a terra per battere al meglio il battiscopa del secondo piano. Sollev lo sguardo, mi vide l impalato sulla rampa, e mi fece segno di scendere con la mano. Affrontai i quattro scalini che rimanevano con lesterno dei piedi, sperando di lasciare meno impronte possibili. Non si preoccupi, venga pure, tanto dopo devo ripassare lo straccio. Saltai gli ultimi due con un balzo, a momenti cadevo allindietro. La signora mi guard e sorrise, poi afferr al volo loccasione, Scusi signore, un attimo, soltanto una parola, disse e in un baleno scatt in piedi e si mise tra me e laltra rampa, impedendomi di scendere. Per fortuna. Tina aveva 51 anni

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solamente e viveva al quartiere Tamburi di Taranto, quello pi vicino allIlva. Era una bidella, da qualche anno lavorava come interinale in una societ che assicurava il servizio di pulizia e sorveglianza nella maggior parte degli ospedali e delle strutture pubbliche della Puglia. Ma in realt anche del Lazio, della Lombardia, insomma vincevano sempre loro. Tina viveva al Tamburi e aveva un problema. In realt ne aveva pi di uno, ma di quello nello specifico aveva bisogno di parlarmi. Giovane, sei un giornalista, vero?, mi chiese toccandomi con una mano il pass che portavo al collo da inizio giornata. Lavori al Corriere del Giorno? La Gazzetta? Senti, limportante che scrivi questa cosa perch io tengo un problema. Ero pronto ad ascoltare la storia della sua mancata stabilizzazione nella societ oppure della classifica per le case popolari taroccata o in alternativa c sempre un marciapiede rotto sotto casa di qualcuno e un giornalista che deve denunciare la cosa nella speranza che lo aggiustino, visto che le decine di telefonate al centralino dei vigili urbani non sono servite a nulla. Tina, invece, non disse nulla di tutto questo. Ma mi parl delle sue scope, di suo figlio pittore e della sabbia del Vulcano. Tina era una delle signore del Tamburi, appunto. Viveva in una di quelle case con la vista sulle ciminiere, a pochi passi dai famosi parchi minerali dellIlva. Mi raccont che tutti i giorni, da quando abita l dentro, lei costretta a scopare il balcone almeno tre volte e quando c il vento non ne parliamo, deve stare sempre l fuori a scopare, chinarsi, raccogliere e buttare. Il ballo del minerale, stavo per dirle, ridendo. Per fortuna rimasi zitto. Non pensare che sia una cosa cos, guarda che una schiavit, una cosa brutta assai non riuscire a tenere una casa pulita, essere costretta a stendere sempre le robe dentro casa perch

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altrimenti diventano tutte quante nere oppure come una specie di rosa. Qua a Tamburi tutto rosa. Pure le cappelle del cimitero. Il cimitero quello di Brunone, quindici passi dalla fabbrica e quindici dalle case. Ora le cappelle le pittano gi di rosa, perch tanto diventano di quel colore dopo qualche giorno e a questo punto meglio farlo subito, si risparmia tempo e una brutta figura: almeno i nostri morti, almeno loro, non sembrano sporchi. Avrei voluto interromperla un attimo. Taranto, il paese del cimitero rosa, era una figura retorica, un ossimoro s, ma forse anche una metafora. Avrei voluto interromperla un attimo Tina, per sdrammatizzare e sono sicuro che lei avrebbe capito, era una donna di spirito. Le avrei voluto citare una delle migliaia di cose che mi aveva detto qualche minuto prima il professor Giorgio Assennato e che mi aveva colpito particolarmente. Tina doveva essere orgogliosa della sua Taranto, meglio ancora doveva essere orgogliosissima del suo quartiere, il Tamburi. In una speciale classifica superava Padova, Firenze, Venezia, Milano, Roma, Bologna. E poi ancora di pi: meglio di Taiwan, Chicago, Hong Kong, Santiago, San Paolo, Houston, Brisbane, Atene. Taranto meglio di tutte queste citt e di altre mille ancora. Ecco, in realt la classifica lusinghiera non veniva da uno di quegli elementi che graduatoria del Sole 24 Ore sulla vivibilit delle citt definirebbe qualificante. Il confronto era contenuto in uno studio su I microinquinanti della facolt di Chimica dellUniversit di Bari alla quale avevano lavorato cinque professori universitari (Amodio, Caselli, De Gennaro, Placentino e Tutino). Dopo aver analizzato migliaia e migliaia di tabelle, gli scienziati avevano preso a campione una serie di giornate che andavano dal 2 aprile 2003 al 27 febbraio

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2006, per poi fare il confronto tra la qualit dellaria che si respira al Tamburi e quella delle pi grandi citt italiane, europee e addirittura mondiali. La centralina che registra i valori del benzoapirene proprio a due passi da casa di Tina, in via Orsini. Per esempio: Tina si ricorda dovera il 4 aprile 2003? Spero di s, perch quello stato un giorno davvero speciale. Il benzoapirene, uno degli inquinanti cancerogeni pi tremendi che possano esistere, quello che viene fuori dai tubi di scappamento delle automobili ma anche dai camini delle industrie, era presente dieci volte di pi rispetto alla norma, sette volte di pi che a Chicago e San Paolo, quasi il doppio che a Los Angeles. Oppure il 16 gennaio 2005: quel giorno laria che ha respirato Tina al Tamburi era identica a quella di Harrison Ford a Los Angeles. Stessa quantit di benzoapirene, disse la scienza. Sostenne il professor Assennato, tradito da un sorriso, che evidentemente in via Orsini devono circolare lo stesso numero di automobili che sulla Hollywood Boulevard. O forse no. Avrei voluto interromperla Tina, ma non ci riuscii. Con addosso quel grembiule azzurro che le scendeva informe sui fianchi, le ciabatte con un poco di tacco, continuava a parlare come una macchinetta, senza respirare per un secondo. Continuava a ripetere di quella sabbia, voleva giustizia su quella dannata polvere, lavversario della sua vita, lattentato alla sua pulizia, della sua ontologia di casalinga. Tina era una donna determinata, lo capisci da come si muove, dalla fermezza dellespressione, dal modo in cui gesticola. Mi raccont che qualche anno fa, esasperata, cominci a raccogliere quella polvere e portarla alla Asl, ai Carabinieri, alla Polizia, e che poi aveva anche cominciato a mandare quei sacchetti alla magistratura, che allepoca si

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chiamava Pretura, e allora e soltanto allora qualcosa era successo. Tina mi raccont una storia meravigliosa. Mi parl della giustizia, ai tempi del Vulcano.

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La polvere

LIlva produce acciaio. Lacciaio non un elemento naturale ma si realizza mettendo insieme il ferro e la polvere di carbone. Anche la polvere di carbone per non esiste. Si realizza cuocendo il carbone in stabilimenti che si chiamano cokerie. Le cokerie altro non sono che dei forni. Per realizzare lacciaio necessario avere materie prime. E queste materie prime a Taranto non esistono. LIlva le compra da altri paesi stranieri e arrivano a Taranto via mare. Dal porto vengono poi trasportate in azienda attraverso dei nastri trasportatori. Tina, mi disse, di essere molto arrabbiata con questi nastri trasportatori. Sostiene che la polvere che trova sul balcone sia colpa proprio di questi nastri. Tina vive al Tamburi, il quartiere che si trova a pochi passi dallIlva. Quando fu costruita lItalsider, quel quartiere gi esisteva. Ma perch allora fu costruita comunque lazienda siderurgica? Perch non la realizzarono in unaltra zona di Taranto? Nessuno immagin che saloni, camere da pranzo e altiforni non potessero stare troppo vicini? Quella fabbrica, mi disse Tina brandendo il dito come fosse una bacchetta, lhanno costruita alla rovescia. La zona dellIlva che non d fastidio lhanno fatta lontanissima mentre quella pi pericolosa lhanno fatta qui, accanto ai palazzi. Non che non ci hanno pensato. Lo hanno fatto apposta:

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da questa parte pi vicino al porto e cos hanno risparmiato sui nastri trasportatori. Hai capito che casino questi nastri? Non avevo capito. E soprattutto non avevo capito questa roba della polvere. Da dove arrivava? Perch arrivava? Che cosera? Provai timidamente a farglielo notare. Tu sei scemo, mi disse. E poi mi mise in mano un malloppo di carte. Leggi, disse. Cos forse capisci. Quelle carte che Tina conservava in un cassetto di una vecchia cattedra, uguale a quelle dei bidelli a scuola, erano le motivazioni di alcune sentenze penali. Qualche centinaio di pagine ciascuna. Le sfogliai, l seduto sul gradino delle scale.

Sulla base di tale considerazione di fondo, il principale colpevole Emilio Riva. Martino Rosati, giudice, pag.24 sentenza n.408/07

La lettura fu utile. Per esempio, scoprii che il Vulcano ha anche i suoi parchi. Senza ironia, li chiamano proprio cos, parchi. Non sono verdi e non sono fatti di erba. Sono grigi, neri, a volte rossastri. E sono fatti di minerali. La definizione non era mia. Ma di Lucia De Palo. La signora un giudice, e cos scriveva in una sua sentenza di primo grado, depositata il 15 luglio del 2002. Larea dei parchi minerali si estende per circa 660mila metri quadrati ed destinata a deposito di materiale di vario tipo, () si tratta sostanzialmente di minerali e fossili. Hanno dimensioni notevoli: una lunghezza di centinaia di metri e unaltezza di circa dieci. Cento per dieci, pi che di parco si tratta di colline. Vengono infatti accumulate piccole montagne di minerali, enormi cunette di pol-

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veri, pronte per essere trasformate in acciaio. In quasi tutti gli altri stabilimenti siderurgici del mondo, persino a Taiwan, queste colline sono coperte. Ma a Taranto no. In realt quando lIlva ha acquistato il bene aveva promesso una serie di interventi per mettere in sicurezza quellarea, ma a credere al panorama e ai giudici penali stato fatto ben poco. Unabile opera di maquillage, definita in una sentenza di corte dAppello, verosimilmente dettata dallintento di lanciare un segnale per allentare la pressione sociale e della autorit locale e ambientale: gli interventi fatti non possono essere considerati per il massimo che si poteva fare. Il parco si trova al di l del muro di cinta dellazienda a poche decine di metri dalle case del Tamburi. Basta salire su un qualsiasi balcone del quartiere per vederlo, in lontananza. Ma perch i minerali si muovono? Il materiale accumulato allo stato grezzo, scriveva sempre il giudice, una volta movimentato, a causa della stessa attivit produttiva ma anche a seconda delle condizioni meteoclimatiche, si sgretola con conseguente formarsi di polvere di colore nero, rossastra e lucente. Che bello, che deve essere: la notte, magari, e quella polvere nera, rossastra e pure lucente. Come la polverina di Trilli campanellino.

Le polveri sono rossastre... visto da dove lavoro io, io lavoro al San Giuseppe Moscati, lazienda Ospedale Santissima Annunziata, dal settimo piano, vedo quasi sempre sopra la zona del rione Tamburi, quindi di lato dellOspedale Nord, vedo proprio dal settimo piano una cappa di colore rossastra, ma non rosso fuoco, un rosso che sicuramente legato a cause credo... Senta io siccome stavo lavorando, non che mi sono messo a guardare, io le posso dire di quei brevi momenti che alzavamo la testa perch insieme ad altri colleghi,

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loro erano di un paese della provincia, e dicevano: Ma come fate a vivere, guarda l. Infesta Gianfranco, teste

In prossimit di casa per tanti anni ho giocato in un campo di calcio che il comunale vecchio, dove c un cumulo di polvere, guardate, impressionante, io non so come diano ancora lautorizzazione a giocare su questo campetto, dove la scarpetta di calcio va al di sotto, cio veniva coperta del tutto dallo strato di polvere... Lo dico a prova di quello che la verit, io ho dei parenti che vanno settimanalmente, quelle persone che vanno col secchio, lacqua e lo scopettino tutte le domeniche e tutte le domeniche se ne ritornano con le pezze nere. Cio ormai si sono talmente attrezzati che vanno direttamente anzich con i secchi di acqua riempiti con le fontane che sono distanti, vanno con i bidoncini personali. Intini Pietro, teste

Lucia De Palo, il giudice, parlava chiaro. Altro che Tina e i suoi racconti. stato accertato, scriveva nella sentenza, che nei forti giorni di tramontana il fenomeno assume dimensioni insopportabili e si vedono chiaramente dai parchi minerali alzarsi delle nuvole di polvere che raggiungono dimensioni enormi, con conseguenti grossissimi disagi alla popolazione. Il vento che governa un quartiere, Almodovar forse ci farebbe un film.

Leffetto sulle cose che va a sporcare tutto questo minerale dove si va a depositare, perch basta vedere i nostri stabili sono di colore scuro, marronastro, luccicanti a volte. Sulle macchine lo stesso problema sui marciapedi questa polverina che vedi dappertutto e que-

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sto un problema che si accentua specialmente se c vento che una dannazione per il quartiere Tamburi... Beh! Le persone naturalmente... poi questa polvere che vola nellaria a mio avviso, non sono un tecnico, per respiro questa polvere ti entra dentro casa... Quando c vento, siccome io abito vicino allIlva, dai parchi si vede che si alza questa polvere. Guarino Domenico, teste

S, qui diventa proprio mostruoso, una situazione invivibile. Nelle giornate di vento. Crocco Danilo, teste

La polvere doveva essere davvero tanta. Si alzava a tutte le ore del giorno, era in grado di arrivare ovunque, nei negozi e nelle scuole. Si fermava sui balconi, si aggrappava ai muri, si fermava per terra, il campo sportivo dove si affonda nei minerali, per esempio. La polvere si appiccicava sul corpo. In tanti al quartiere Tamburi raccontavano di non lavarsi con il bagnoschiuma. Ma con lo spirito. E poi la polvere non dava fastidio soltanto a Tina.

Mi devo girare cos, perch ti va in faccia, ti d fastidio agli occhi... Ferulli Francesco, teste Si avverte un bruciore agli occhi sicuramente e altri danni in maniera evidente al momento non si notano, per io vi posso dire che purtroppo linteressamento a polveri determina dei danni che non sono rapidi, ma sono nel tempo. Infesta Gianfranco, teste

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Personalmente a me producono un fastidio agli occhi, un rossastro sugli occhi e anche sulla parte respiratoria... Quando uno si pulisce il naso si vede un po di polvere sul fazzoletto. Gentile Armando, teste

Tina aveva ripreso a pulire, non riuscivo pi a vederla. Avrei voluto parlarle, forse chiederle scusa, o forse no perch altrimenti avrebbe ripreso a strillare. Squillava il telefono, mi cercava Vittorio. Non risposi, volevo continuare a leggere. Nelle carte tornava spesso il nome di Franco Sebastio. Anche lui era un magistrato. Doveva essere la dannazione dellIlva, magari nellufficio di qualche dirigente dellazienda cera un poster con la sua faccia, gli occhiali, i baffi folti, e sopra qualche decina di freccette. Era Franco Sebastio che aveva istruito in qualit di pretore prima, poi di sostituto procuratore, poi di procuratore aggiunto tutti i procedimenti penali contro lIlva di Taranto. Sebastio lavevo intravisto prima in sala ma anche conosciuto una volta, tempo fa, per un altro procedimento che riguardava lIlva ma non centrava nulla con il Vulcano: lazienda aveva preso una vecchia palazzina, tutta sporca, con i vetri rotti, e ci aveva deportato un po di dipendenti scomodi, che avevano rifiutato un accordo con lazienda. Li aveva presi e messi l a fare niente, come punizione. A Taranto la gente diceva in giro beati loro, vengono pagati e non lavorano. Loro invece, i dipendenti deportati, andarono via di testa. Depressi, mobbizzati. Del caso se ne discusse sui giornali, i sindacati denunciarono. Intervenne la magistratura, arriv Sebastio, la palazzina chiuse, i dipendenti tornarono al lavoro e i vertici dellIlva furono condannati. Quella era la storia della palazzina Laf.

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Questa invece la storia di una polverina magica fluorescente, colorata. E anche un poco molesta. Ma non solo: pare sia anche pericolosa.

Giudice, voglio premettere che molestare significa recare molestia, dar noia, fastidio ma anche procurare una sensazione incresciosa di irritazione provocata da tutto ci che produce un turbamento del benessere fisico e che offendere qualcosa di pi e sta per urtare contro, rendere ranno, danneggiare, produrre una lesione () Ora fatta questa premessa, voglio dire che il particolato (una miscela di particelle solide e liquide sospese nellaria i cui costituenti variano per dimensione, composizione e origine) anche quello pi grossolano, pu non solo molestare ma anche offendere sia la mucosa degli occhi, determinando irritazioni oculari, sia le prime vie aeree del naso, determinando fastidi, starnuti e prurito, sia le primissime vie aeree, determinando anche tosse secca e stizzosa. E questi sono i sintomi pi banali, pi immediati che si possono avere () Dobbiamo per fare una piccola considerazione, cio purtroppo il nostro apparato respiratorio il pi esposto al mondo esterno di tutti gli altri organi che noi abbiamo, persino pi del mantello cutaneo che si espone per 4,5 metri quadrati. Il mantello alveolare si espone per 60, 100 metri quadrati, cio signor Giudice se noi dovessimo dispiegare gli alveoli dei nostri polmoni su un pavimento, noteremo con grande sorpresa che dispiegando tutti questi alveoli, occuperemmo la superficie di un campo da tennis. Allora lei capisce che inalando dai 10 ai 20mila litri al giorno di aria, perch questo quello che inaliamo, ovvio che in questo immenso filtro vanno a depositarsi uninnumerevole quantit diciamo di sostanze nocive per il nostro apparato respiratorio () Il problema che il particolato tende a legarsi con in pollini nellaria (), cos i soggetti predisposti a questo tipo di patologia hanno molto pi frequentemente crisi asmatiche, stato visto che

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laumento del particolato si correla con laumento dei ricoveri ospedalieri, con laumento delluso di farmaci antiasmatici e quindi diciamo, evidenziano questa azione negativa. Dottor Corbo, specialista in pneumologia, consulente del Pubblico ministero

A lamentarsi non erano poi soltanto i cittadini. Ma anche le istituzioni, i politici, chi rappresenta i cittadini. Nel corso del dibattimento, annotava sempre il giudice, sono stati sentiti testi che hanno, per ruolo istituzionale, quello della salvaguardia del territorio, e hanno tutti descritto la situazione con toni estremamente gravi. Nonostante questo, per, il Comune di Taranto e la Provincia di Taranto, dopo aver siglato un protocollo dintesa con lazienda, decisero di ritirare la costituzione di parte civile nel procedimento penale. Se non lo avessero fatto, la citt e i centri della provincia avrebbero avuto diritto a un risarcimento economico, magari anche soltanto simbolico, per risarcire il danno subito. Gli unici a non ritirare la costituzione di parte civile furono la Uil e Legambiente. Lavvocato dellassociazione ambientalista, Eligio Curci, segu tutte le udienze.

Era una lamentela continua, tant che si sono gi organizzati dei comitati cittadini () Noi abbiamo fatto anche un corteo, proprio per manifestare tutto questo. Personalmente ho visitato non soltanto il campo sportivo che credo sia stato uno degli elementi pi eclatanti per il cumulo che noi abbiamo registrato di polveri provenienti dal parco minerale. Ma anche in alcune abitazioni dove i cittadini ci hanno dimostrato come quotidianamente sui balconi, sui davanzali, eccetera, c la presenza di queste polveri. Quindi

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un dato scontato, ma daltra parte un dato anche visibile. Ci sono alcune zone e alcune strade e dei guard-rail che ormai sono diventati tutti rossi. Cio basta andare in quelle zone dove facilmente visibile che c una deposizione di polveri. () Molte strade e molti guard-rail, sono per esempio tutti rossi, quel materiale si deposita un po dappertutto, specificamente nel quartiere Tamburi. Rossana Di Bello, ex sindaco di Taranto

La colpa della polvere non era soltanto del vento, raccontava sempre il giudice. La nube si alzava anche nei giorni di calma piatta. Anche in condizioni di assoluta normalit climatica e in assenza di vento lo spolverio emerso e sembra idoneo a imbrattare cose e persone per una vastissima area e a creare problemi alla respirazione e alla vista. La situazione (...) permanente. Lunica soluzione per risolvere il problema, dicevano sempre i giudici nelle loro sentenze, era spendere tanti soldi, oppure spostare i parchi. Non un caso che nei primi due gradi di giudizio fosse stata decisa anche la confisca dellarea, poi annullata dalla Cassazione. Ma a proposito di chi la colpa?

Il primo responsabile del rispetto delle norme dovr identificarsi, indiscutibilmente, nel legale rappresentante della societ dotata di personalit giuridica, e cio Emilio Riva () Tutti i dati probatori sopra analizzati dimostrano che, nella conclamata inidoneit dei rimedi-tampone apprestati negli anni per eliminare o contenere il fenomeno dello spolverio, la soluzione di un problema avente cos gravi ricadute sulla salute dei cittadini non poteva passare se non attraverso radicali mutamenti del processo produttivo () In definitiva si trattava di operare scelte di ampio respiro strategico volte a ripensare struttura, articolazione e ubicazione delle aree

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produttive dellenorme insediamento siderurgico cos da prevenire, eventualmente, anche alla dismissione dei parchi minerali e dunque alla decisione di eliminare alloccorrenza determinate aree e fasi del ciclo produttivo () Non vi chi non veda come limportanza e la portata di scelte industriali volte a eliminare la fonte di pericolo ovvero a mantenere la fonte di emissione, rendendola compatibile con la salute delluomo e dellambiente al prezzo di ingentissimi esborsi di denaro, non potevano che competere al minimo allamministratore delegato, Emilio Riva () Non si era in presenza di fenomeni occasionalmente cagionati dallattivit produttiva ma di caratteristica costante e connaturata alla peculiare strutturazione del ciclo produttivo integrale e alla specifica dislocazione dellarea parchi nellambito dello stabilimento Ilva () Sarebbe legittimo pretendere in ragione delle enormi dimensioni dello stabilimento tarantino (il pi grande dEuropa) e delle altrettanto imponenti ricadute pregiudizievoli per il territorio e la salute dei cittadini (): non si pu parlare di inesigibilit tecnica o economica quando in gioco la tutela di beni fondamentali di rilevanza costituzionale, come ad esempio il diritto alla salute. Dino Maria Semeraro Cesarina Tronfio Giovanna Semeraro Consiglio Corte dAppello di Lecce, 10 giugno 2004

Emilio Riva un pregiudicato. Cos era scritto nelle pagine che mi aveva dato Tina. Limprenditore, il proprietario dellIlva, il grande capitano dimpresa italiano, stato condannato due volte, in due procedimenti diversi, sempre per lo stesso reato: aver inquinato Taranto. Il 25 ottobre 2005 la Cassazione lo ha condannato a sei mesi di reclusione sostituiti con lammenda di 7980 euro per gettito pericoloso di cose. Laddove per cose si intende polveri

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e inquinanti lanciati nellaria. Il 10 ottobre 2008, invece, la sezione distaccata della Corte di Appello di Lecce (si attende ora lultima pronuncia della Cassazione) lo ha condannato a due anni per gettito pericoloso di cose, danneggiamento aggravato, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro nel reparto cokerie. In entrambi i procedimenti insieme con Riva stato condannato anche il direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso. Non vero quindi che sul Vulcano non mai colpa di nessuno.

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Il Vulcano (II)

Fu quando pensavo che fosse tutto in quelle cinquecento pagine di sentenze, in quel migliaio di cartelle scritte da cinque giudici diversi a distanza di parecchi anni gli uni dagli altri, fu quando avevo pensato di aver capito il Vulcano che invece mi accorsi di non aver capito nulla. Assolutamente nulla. Bast mettersi le scarpe da ginnastica e scendere gi allHotel Delfino per fare colazione alle nove della mattina. Mi bast aprire il giornale.

LIlva ha comunicato alle organizzazioni sindacali dei metalmeccanici che dal 10 maggio prossimo sar fermato laltoforno 2 dello stabilimento siderurgico di Taranto. Una decisione che comporter laumento del numero di cassintegrati dagli attuali 4.100 a 6.700 circa, ovvero la met dei lavoratori dello stabilimento. La produzione di ghisa, ridotta gi a partire dallottobre scorso, caler ulteriormente da 26.000 tonnellate al giorno a 7.000 circa, mentre rester operativo solo laltoforno 5 su un totale di cinque altoforni. la Repubblica

Il lavoro laltra faccia del Vulcano, quella che non puzza, che non fa fumo. Non colora di grigio le nuvole, ma fa

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bene e fa anche male uguale. Se possibile, ancora di pi. Laltra faccia del Vulcano si materializza 24 ore su 24, a ciclo continuo, ma poi c una giornata in particolare in cui si materializza pi precisa del solito, il 27 di ogni mese. da questa parte del Vulcano che nasce il magma, da qui che comincia la vita. Taranto una delle citt pi indispensabili al sistema industriale italiano, necessaria allautosufficienza di questa nazione e di questo continente. Senza Taranto, sentii tempo fa in televisione, saremmo tutti ancora pi dipendenti dalla Russia e dalla Cina. Ciascuno a Taranto ha in casa un padre operaio, un cugino macchinista, un genero capo turno, la gran parte della citt riesce a mangiare grazie alle grandi aziende, siano esse lEni, lAgip, lIlva, oppure lindotto, che non il nome di una fabbrica ma tutto quello che gira intorno e quindi, comunque, arriva il 27 di ogni mese. Raccontava lIlva nel suo bilancio di sostenibilit presentato nel 2005 che ha 13.346 dipendenti diretti, pi i 3136 dellindotto. Negli anni molti di loro si sono fatti male in fabbrica, tanti, troppi, sono morti mentre lavoravano lacciaio. Nellultimo anno poi lazienda ha aumentato gli investimenti in tema di sicurezza (due miliardi di euro) e ad aprile del 2009 ha annunciato trionfale in una conferenza stampa che nello stabilimento si registrato un calo del 50% di tutti gli infortuni. Ogni tanto, per, qualcuno continua a farsi male. Gli operai di Taranto sono ragazzi giovani e sono uomini, anche vecchi. Lo 0,6 per cento degli operai Ilva ha meno di 20 anni, il 18,7 ne ha da 21 a 25, il 38 compreso in una fascia di et che va dai 26 ai 30, il 20,1 dai 31 ai 40, il 17,1 dai 41 ai cinquantanni. C poi un 5% che ultracinquantenne. Non certo il massimo nella storia delle acciaierie. Quando si chiamava ancora Italsider, dentro il mostro hanno

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lavorato anche 21.785 persone per poi crollare nel 1995 quando arriv il gruppo Riva a 11.796. In un libro stampato dalla Regione Puglia sulla storia di Taranto c un appunto interessante. Scriveva un vecchio sindaco di Taranto, era il 1959, si parlava dellacciaieria che stava per nascere e della banda che girava per la citt. Si parlava dellaltra faccia del Vulcano. A me venne in mente un paese che si chiamava Macondo, e la storia di come la gente del luogo conobbe il ghiaccio.

Alla notizia la citt esult. Fu scomodato persino un complesso bandistico che port in ogni rione lannuncio tanto atteso. La citt cominciava finalmente a guardare al suo futuro con maggiore serenit. Chi alz un dito allora per dire che il IV centro siderurgico stava per nascere proprio alle porte della citt? (...). Nessuno poteva farlo. Perch, allora, cera fame di buste paga, di posti di lavoro, di tranquillit economica, di serenit. Se ce lo avessero chiesto, avremmo costruito lo stabilimento anche in pieno centro cittadino, in piazza della Vittoria, nella Villa Peripato, al lungomare. Angelo Monfredi, sindaco di Taranto, 1959

Nel corso di un incontro al Quirinale proprio rispondendo a una domanda di alcuni studenti di Taranto dissi che bisogna rendersi conto che per tanto tempo il problema numero uno stato il problema del lavoro, di creare posti di lavoro, specialmente nel Mezzogiorno dItalia e sembrava che la strada maestra fosse quella di costruire fabbriche. In questo senso ho peccato anch io: mi ricordo che mi diedi molto da fare e partecipai a delle battaglie perch si costruisse il grande impianto siderurgico a Taranto. Abbiamo imparato, dopo, che bisognava essere pi prudenti, e che bisognava

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mettere nel conto anche tutte le conseguenze negative dellindustrializzazione. Ma si dovuti passare per quellesperienza, per capirlo. Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica, 2008

A colazione servivano, tra le altre cose, quella frutta seccata e glassata che la prova evidente dellesistenza del trascendente. Le banane, soprattutto. I cornetti alla crema facevano abbastanza schifo, ledizione di Bari di Repubblica in prima pagina parlava del Petruzzelli, il teatro bruciato, ricostruito ma ancora chiuso per un dispetto della politica (il governo nazionale di destra a quello locale di centrosinistra). A pagina 9 raccontava invece della crisi. Il mondo va a rotoli, leconomia ha inchiodato con il freno a mano, si messa su un lato, rischia di cappottarsi. Le aziende chiudono, i dipendenti arrivano la mattina in fabbrica e non trovano pi nulla, via le scrivanie, via i computer, c soltanto una lettera di licenziamento. I sindacati contrattano, le istituzioni continuano a stanziare soldi su soldi, i precari non si lamentano pi di essere precari. Ora sono disoccupati. Ora c la crisi e quindi anche lIlva in crisi. La nostra produzione calata del 70% in conseguenza a una drastica riduzione degli ordinativi, spiegava il responsabile dei rapporti internazionali del gruppo Riva, uno dei manager pi importanti dellacciaieria, Giancarlo Quaranta. 6700 lavoratori in cassa integrazione. Paghiamo la crisi di settori trainanti come quello delle auto, degli elettrodomestici e delle costruzioni diceva Quaranta a Repubblica registriamo un calo degli ordinativi del 60%.

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Il fatturato del gruppo Riva ha sfondato il tetto dei dieci miliardi di euro. Lacciaio, dicono, subir una contrazione dei consumi e quindi Riva ha deciso di mandare in cassa integrazione 2500 operai. Ma a leggere le analisi di Federacciai non vero che si consumer di meno. Il portafoglio ordini delle aziende siderurgiche subir, nella peggiore delle ipotesi, un decremento del 2%, ma mercati come Africa del Nord e la stessa Scandinavia continueranno a comprare acciaio perch non ne producono. LItalia, invece, leader europeo del settore. Che cos cambiato? Sono mutati i margini di guadagno. I prezzi delle materie prime sono cambiati bruscamente e cos anche i prezzi dellacciaio. Quindi Ilva teme non di andare in crisi, ma di guadagnare di meno. Unazienda ha il dovere di guardarsi dagli imprevisti del futuro, ma non ha il diritto di giocare sulla pelle di una citt. Francesco Boccia, deputato, economista, gi liquidatore del comune di Taranto

La pagina 9 del giornale mi colp. Tanto. In fondo al pezzo cera anche una piccola tabella, colorata, piena di numeri. Fonte: Dati ufficiali dellInps, era scritto grande come i foglietti illustrativi dei medicinali. I numeri erano scritti in grande. Nonostante questo li lessi pi volte perch temevo di non aver capito bene. La tabella diceva che a Taranto, nel mese di marzo del 2009, le ore di cassa integrazione ordinaria sono aumentate rispetto allanno precedente del 1495,71%, mentre a livello regionale lincremento del 118,22. Millequattrocentonovantacinque, 1495, mille-quattrocento-novanta-cinque ore in pi di cassa integrazione in un mese soltanto. Era scritto proprio cos, non mi ero sbagliato.

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Se dicessi che in questo momento non sono preoccupato, direi proprio una stronzata. Certo che sono preoccupato, anzi sono proprio cacato sotto, non dormo da quindici giorni, io sono terrorizzato. Io lavoro dal 1987, senza pausa, tutti i giorni tranne al mese di agosto e ai compleanni di mia moglie e dei miei figli. Mi sono preso un giorno anche quando lInter ha vinto lo scudetto lo scorso anno. Lunico mestiere che so fare quello della fabbrica ma non questo. Io sono uno che si adegua, mi butto a fare tutto, in campagna mi sono praticamente costruito una casa da solo. Il problema non sono io ma sono gli altri: a 50 anni chi che mi deve prendere a lavorare? Avanti, chi che mi deve prendere? Io per del lavoro ho bisogno, per questo ringrazier a vita il signor Riva che ci ha dato questa grandissima possibilit e che mi permette di fare una vita tranquilla, che mi permette di non fare mancare niente ai due miei figli. Ora per tutta questa cosa a me mi sta toccando il sistema nervoso, mia moglie mi dice di stare calmo ma io sono quindici giorni che non riesco a dormire, mi sento una cosa che mi sale dallo stomaco, mi manca il respiro, mi sento di morire, il cuore batte forte, davvero brutto assai, mi sento morire. E se continua cos io davvero muoio: non so se mi ammazzer la fabbrica, questa paura oppure la depressione. Ma qualcosa mi ammazzer. Io ho due figli e un affitto, io, non so se mi spiego, io quando parlo non devo pensare solamente a me ma devo pensare a loro, ho la foto sul telefonino, vedi come sono belli, il grande ha 14 anni, quello deve studiare non posso mica dirgli, senti vai a lavorare perch pap ha perso il lavoro e allora non sappiamo come dobbiamo fare a mangiare. Io a quello gli devo dire quanto ti serve per i libri questanno?, e certo non posso andare a rubare perch io sono una persona onesta e tra un padre povero e un padre ladro, allora meglio povero. Magari se proprio non ce la faccio mi impicco. No, scusa, forse ora sto esagerando, e che davvero un periodo complicato, io non so come e cosa fare, qua tutto un casino, tutto difficile. Certo che sento questa cosa dellinquinamento, certo che la situa-

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zione tremenda, delicata, lo so i tumori, questo cielo sempre grigio, tutta quella polvere per strada delle montagne dei minerali, ma io se chiude lIlva e tutte le altre fabbriche qui attorno, cosa devo fare, avanti, dimmi tu cosa devo fare? Chi me li deve dare i soldi per campare? Questo non un referendum, non che le merde dei politici dopo che per anni e anni non hanno fatto niente e se ne sono fregati del problema di Taranto ora si svegliano, vengono qua e dicono chiudiamo tutto cos lambiente respira. A parte che non vero perch tutta questa cosa qua ce la porteremo ancora avanti e avanti per anni, una volta ho sentito dire a un medico che noi e le generazioni dei miei figli siamo gi condannati, dobbiamo solamente sperare che la ruota non giri dalla parte nostra. Comunque come si pu dire, chiudiamo tutto cos laria diventa pi pulita? E gli operai poi come fanno? Chi d da mangiare a Taranto? Perch mi mettono davanti alla scelta se poter dare i soldi a mia moglie per fare la spesa oppure alzare la possibilit che possa morire tra qualche anno? un atteggiamento da infami, da merde vere. Anche perch la mia risposta obbligata, non posso fare altro. Io devo portare il pane a casa. Punto. Non ci possono essere altre parole. A questo punto vuol dire che faremo come se fossimo nellesercito, cio noi siamo come i soldati che vanno in guerra, uno mette anche in conto di poter morire. Soltanto che noi non combattiamo per la patria ma per laffitto di casa. Nino, operaio

Diritto alla vita. O diritto al lavoro. Mai avevo conosciuto una dicotomia pi odiosa.

Ho trentanni e lavoro allIlva dal 2001. Avevo 22 anni e mezzo quando mi hanno assunto, praticamente un ragazzino, non potr mai dimenticare quel giorno, quando mi arrivata la lettera di

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assunzione stato uno dei giorni pi belli della mia vita. A Taranto in fondo non difficile trovare un lavoro, io non avevo nessuna raccomandazione, allIlva non lavorava nessuno di casa. Per avere quel posto ho semplicemente inviato una lettera e poi quelli mi hanno chiamato, tutto qua. stato facilissimo. Io lavoro alla Colata continua 5, uno di quei reparti che ha il ciclo continuo, 24 ore su 24, non si ferma mai. O meglio io pensavo non si fermasse mai. Io sono addetto alle piattaforme, seguo il colaggio dellacciaio liquido. Noi trasformiamo lacciaio liquido trattato in precedenza e lo trasformiamo in lingotti. Coliamo questo acciaio, cio lacciaio viene colato allinterno della macchina, poi si raffredda lungo il percorso e viene tagliato da dei cannelli meccanici con lossigeno e gas. Le temperature? Beh, diciamo che si sta caldi. Lacciaio ha una temperatura intorno ai 1.650 gradi. Noi nel reparto siamo 44, lavoriamo 8 ore a testa al giorno. Cio in realt lavoravamo. Il reparto stato fermato, non ci sono commesse, quindi ora forse per la prima volta da quando quel reparto stato realizzato tutto quanto fermo. Oggi sono a casa, sono in ferie ancora per un po, ma tra qualche giorno non torner al lavoro. Andr in cassa integrazione. Io di solito guadagno 1.300 euro, ora mi pare che dovrei andare a guadagnare intorno agli 800, 850 euro al mese. Certo per me non esattamente una tragedia come per molti miei colleghi che hanno famiglia: io vivo ancora con i miei, sono single, non ho tantissime spese. Certo per anche io dovr fare le mie belle rinunce, che magari sembrer anche poco ma sono importanti per un ragazzo di 30 anni. Io non ho molti vizi, ma adoro ballare. Io ballo la salsa ma poi il sabato mi piace anche andare in discoteca. Ecco in discoteca non potr andarci pi, pazienza, cos come ogni volta che accendo la macchina per andare a fare un giro ci devo pensare due volte. E che dobbiamo fare, la vita cos. Per io voglio dire una cosa: se ci sono ora questi problemi la colpa non certo di chi ha fatto le battaglie per lambiente, di chi ha cercato di difendere i nostri interessi. La colpa di questo mondo industrializzato

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di merda, la colpa della mia cassa integrazione della non curanza dei banchieri o dei bancari, come cazzo si chiamano loro che hanno in questi anni soltanto pensato ai fatti loro senza pensare al disastro che stavano procurando a noi poveri cristi. Se ti dicessi che in questo momento non ho paura di perdere lo stipendio ti direi una cavolata. Anche perch poi dopo difficile trovare qualcosaltro, qui a Taranto o lavori allIlva oppure fai il marinaio. Ma in questo momento il problema di Taranto non pu essere soltanto il nostro stipendio. Io ho paura non soltanto di perdere il lavoro, io ho anche paura di ammalarmi e il discorso della malattia non un discorso prettamente egoistico, ma si rispecchia in un passato e in un futuro oltre che nel presente. Comunque tieni conto che il peso di queste aziende cos inquinanti lo ha patito chi cera prima di noi, lo patir quelli che arriveranno dopo di noi. Queste aziende, il nostro lavoro hanno un peso gravoso sulla salute e sullambiente. Io non ho figli ma penso sia giusto pensare a chi arriva dopo di noi. Mario, operaio Colata 5

Lasciai il cornetto a met. Vidi allaltro tavolo il professor Assennato che chiacchierava con unaltra persona. Era di spalle, non riuscii a capire chi fosse. Il professore incroci la mia curiosit, afferr lo sguardo e mi fece segno, per invitarmi al suo tavolo.

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La storia

Mi alzai di scatto, ero imbarazzato. Non avevo un abbigliamento esattamente professionale. Scarpe da ginnastica senza calze sotto un paio di pantaloncini corti, una maglietta di allenamento del Milan a maniche lunghe. Classica tenuta da prima colazione in albergo, quando scendi in tutta fretta perch altrimenti passa lorario in cui aperto il buffet. La sera precedente con Vittorio avevamo tirato fino a tardi, in un vecchio ristorante del centro storico: spazzol tutto quello che avrebbe potuto crescere su uno scoglio lungo qualche decina di metri, io che odio i frutti di mare mi ero buttato invece su scampi buttati nellacqua bollente e poi serviti su un letto di ghiaccio. Spaghetti alle cozze, naturalmente, e una spigola allacqua pazza. Poi vino, bianco e ghiacciato, tanto che una volta tornato in albergo non avevo avuto nemmeno la forza di togliere le lenti a contatto. Mi ero addormentato cos, la mattina avevo gli occhi tanto appiccicati da doverli scollare con le mani. Ero sceso a colazione senza nemmeno essermi lavato la faccia, facevo schifo, non volevo e non potevo incontrare nessuno. L in fondo cera per Assennato che continuava a sorridere e a fare segno con le mani di avvicinarmi. Ero gi in piedi, strinsi le spalle e feci due passi per andargli incontro. Il professore sussurr qualco-

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sa che non potevo sentire, si gir la seconda persona che era al tavolo con lui. Non feci fatica a riconoscerlo, Nichi Vendola sorrideva. E come al solito brillava dal lobo destro.

Caro signor Vendola, sono un bambino che vive in provincia di Taranto. Io ho capito che lIlva fa mangiare le famiglie per non giusto che per mangiare si deve rischiare di morire. Voi avete la possibilit di aiutarci e richiamare quelle persone che devono togliere il problema, e non lo hanno ancora fatto. Gianni

Quando lonorevole comunista Nichi Vendola vinse le primarie del centrosinistra per le elezioni regionali pugliesi contro ogni pronostico nei confronti del candidato del partito democratico Francesco Boccia, ero a Londra in un alberghetto di Covent Garden. Non votai, probabilmente non avrei votato. Erano le otto del mattino, dormivo, mi diede uno scossone sulla spalla il mio amico Teddy che aveva appena acceso il televisore ed era riuscito a sintonizzarsi sulla Rai Oh svegliati, svegliati, ha vinto Vendola! Ha vinto Vendola!. Qualche mese dopo, poi, Vendola vinse anche le elezioni da presidente regionale contro luscente Raffaele Fitto, il delfino migliore di Berlusconi gi al Sud, un ragazzo di nemmeno 40 anni, figlio darte, che era sempre vissuto tra politica, governo e pallone (i suoi piedi da centrocampista raffinato erano forse la cosa di cui andava pi fiero) e in tutte e tre le cose era riuscito sempre molto bene. Era sicuro di vincere Fitto, e tutti erano sicuri che lui vincesse. Forse per questo vinse Vendola. Come si dice da queste

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parti fece strano: un comunista, cattolico, omosessuale che diventava governatore; quel signore che da bambino andavo a vedere in piazza Caduti a Barletta sbraitare contro i sindaci democristiani, quello che li chiamava mafiosi e soprattutto li chiamava per nome e cognome, che passava dallaltra parte del palco. Comunque la si pensi, da qualsiasi parte la si guardi, la Puglia una terra meravigliosa. Tre passi dopo gli strinsi la mano, vestito tutto di nero. Il professore Assennato mi salut con una pacca sulla spalla, dandomi come al solito del lei. Mi sedetti al tavolo, ordinai un altro caff per sonno e per paura che lalito puzzasse troppo. Poi, preso da un impeto di maleducazione, indicai il titolo di Repubblica, quello sugli operai e la cassa integrazione, che era aperto sul loro tavolo. Mi venne da fare una domanda soltanto: Perch?.

Caro presidente Vendola, le scriviamo perch speriamo che Lei sia uno di quei pochi adulti che ascoltano i bambini. Siamo molto preoccupati per la nostra salute perch abbiamo letto sui giornali che ci sono tarantini di 8 anni che hanno polmoni malati come persone di 70 anni che hanno fumato tre pacchetti al giorno da quando erano ragazzini. Fra di noi ci sono compagni che soffrono di allergia, asma e di altri problemi respiratori. () Il cielo di Taranto di notte non splendente, perch i fumi delle fabbriche lo ricoprono con tanto fumo che nascondono le stelle. I nostri nonni ci raccontano che quando andavano al mare a piedi facevano i bagni nel mar Piccolo e dei cieli stellati della loro infanzia. Noi facciamo fatica perfino a immaginarli. Sappiamo che uno dei maggiori responsabili dellinquinamento di Taranto lIlva. Ma noi non desideriamo che la fabbrica chiuda perch molti nostri pap vi lavorano per mantenere le famiglia. Le chiediamo per: cosa dobbiamo sceglie-

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re tra salute e lavoro? Non sono tutti e due garantiti dalla nostra Costituzione? Perch le fabbriche non possono utilizzare impianti di depurazione per offrire lavoro e salute? Vorremmo mangiare le nostre cozze crude, ma senza correre il rischio di ammalarci come facevano i nostri nonni. Gli alunni della 5 D, Scuola elementare Rodari, Taranto

Prima di arrivare a Taranto mi ero preparato puntigliosamente sullargomento Vulcano. Mi ero documentato, informato, per quanto possibile. Sapevo per esempio che lIlva in qualsiasi altro posto dEuropa avrebbe gi dovuto chiudere. Cos mi avevano raccontato, e cos era. In tutti gli altri paesi esisteva infatti una rigida normativa in materia di emissioni di sostanze tossiche, in particolare di diossine. Non a caso si parla di diossine: sono tra le sostanze pi pericolose, perch tra le pi cancerogene. In Austria il limite massimo di emissioni di 0,4 nanogrammi al metro cubo. In Belgio 0,5. In Germania e in Olanda 0,4. In Giappone 1. In Canada 1,35. In Italia invece puoi emettere quello che vuoi. Non c alcuna norma specifica che regolamenti la materia. O meglio esiste una vecchia normativa che per nel computo delle emissioni teneva conto dellintera gamma di diossine e non soltanto di quelle nocive, come invece accadeva in tutti gli altri paesi del mondo. Il risultato italiano che, nel computo globale, le particelle nocive annegavano in quelle buone e cos mai e poi mai sarebbe stato possibile superare quei limiti. Tutto a posto, tutto nella legge. Aveva lavorato per anni lIlva a Taranto, cos per anni avevano lavorato tutte quelle aziende che emettevano nellaria inquinanti tossici e pericolosi per la nostra salute. In realt, mi aveva spiegato una

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volta, Vittorio, esiste il Protocollo di Aarhus, un documento sugli inquinanti organici approvato nel 2004 dallUnione Europea che pone come limite nellindustria metallurgica unemissione massima di 0,2-0,4 nanogrammi per metro cubo. Non sono numeri a caso ma quello che riuscita a ottenere a Linz, in Austria, lo stabilimento di Airfine. Questa direttiva stata recepita in Italia nel 2006, ma poi non ne ha mai tenuto conto. Com possibile? Tecnicamente, unincongruenza, rispose Vittorio, stringendosi nelle spalle. In Italia, quindi, era tutto possibile. Anche perch, nel caso dellIlva, nessuno sapeva esattamente cosa fosse. Prima del 2008 nessuno, nemmeno lArpa, aveva mai misurato esattamente quanta diossina emettessero i camini dellIlva. Nessuno sapeva cosa sputasse il Vulcano. Ci si basava unicamente sulle indicazioni che la stessa azienda dava al registro nazionale delle emissioni. E gi sulla base di quei dati non cera da stare tranquilli. Poi le cose si chiarirono. I tecnici dellAgenzia regionale per la protezione ambientale non gente comune. Ne conoscevo quattro ed erano tutti uguali. Parlavano per acronimi e in mezzo ci buttavano battute taglienti, figure retoriche geniali, ironizzavano sulla chimica. Il dottor Giua, per esempio, un signore toscano, un chimico se non sbaglio, era tremendo. E come lui Bottinelli, io lo chiamavo il re dellamianto, una via di mezzo tra un pescatore di Posillipo e il dottor House. I tecnici dellArpa, dopo un accordo con lazienda, cominciarono a controllare lIlva per la prima volta nellestate del 2007. Il 12 e il 16 giugno 2007. Entrarono grazie a un protocollo dintesa che coinvolse lIlva, le parti sociali, il ministero dellAmbiente e la Regione. Sembrava il grande accordo, la risoluzione di tutti i problemi. In

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ballo cera infatti una partita molto grossa: lAia, non a caso un acronimo. Aia sta per Autorizzazione integrata ambientale. Si tratta di un certificato che ogni tot di anni deve rilasciare il ministero dellAmbiente ai grandi gruppi industriali perch possano continuare la propria attivit. LIlva aveva lAia in scadenza, doveva rinnovarla. Vittorio diceva che quella era una grande occasione. In sede di Aia, mi spieg una volta, il ministero pu mettere dei paletti, pu dare delle prescrizioni. In sostanza pu fare quello che la legge dovrebbe prevedere e che invece non prevede. Cos era successo per esempio in Friuli Venezia Giulia, dove un limite cera, ed era di 0,4. Ecco, se lIlva fosse stata anche in Friuli Venezia Giulia avrebbe dovuto chiudere. In ogni caso, dopo il grande accordo lArpa entr allIlva. I risultati di quelle prime analisi furono cos cos: la diossina emessa dallo stabilimento in quei giorni variava dai 4,9 ai 2,4 nanogrammi per metro cubo. La mazzata arriv qualche mese dopo, nella seconda campagna di campionamenti effettuata il 26 e il 27 febbraio del 2008: i numeri schizzarono da 8,3 a 4,4 nanogrammi per metro cubo. Significa dalle venti alle 11 volte in pi rispetto a quello che sarebbe il limite in tutte le altre parti del mondo. In tutte le altre, appunto, ma in Italia no. Lazienda si disse per pronta a cambiare il registro, a investire tanti soldi per migliorare le attrezzature, per produrre lo stesso lacciaio, dare lavoro ai tarantini ma nello stesso tempo diminuire le emissioni inquinanti. Promisero investimenti per 400 milioni di euro, misero anche mano al portafoglio. E qualcosa accadde: 23 e 26 giugno del 2008, lArpa torna allIlva. Rimisura la diossina e puff, i valori sono caduti, quasi dimezzati: le diossine emesse scendono in una a 1,9 massimo 3,4. Miracolo? No urea, mi rispo-

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se tempo fa il professor Assennato. Si tratta di un additivo chimico mi spieg che se inserito nel ciclo industriale riesce a diminuire drasticamente le emissioni inquinanti. Tutto a posto, quindi. Tutto risolto, basta buttare due gocce di urea e tutto risolto. Niente affatto. Il principio dellannaffiatoio non sempre funziona. Questo uno di quei casi. Inserire lurea nel processo della catena di montaggio non semplice. Per dire la verit, lazienda ci ha anche provato, ma gli sono stati piantati davanti decine di paletti burocratici: manca la concessione a costruire, il comune di Taranto non la vuole rilasciare senza il via libera del ministero dellAmbiente, parte un ricorso al Tar. Insomma si perde tempo. Nel frattempo per, nel cronoprogramma che lIlva invia al ministero per ottenere lAia, indica un livello massimo di emissioni di diossina molto maggiore rispetto a quelli gi raggiunti. A giugno hanno gi ottenuto 1,9 nanogrammi per metro cubo ma dicono che non possono scendere sotto i 3,5. Perch?

La fabbrica dei veleni non esiste. Chiunque afferma il contrario fa dichiarazioni da procurato allarme, delle quali dovrebbe interessarsi la procura della Repubblica. LIlva sta riducendo le emissioni con tre anni di anticipo rispetto a quanto stabilito nel cronoprogramma concordato con la Regione. E siamo pronti addirittura a dimezzarle se ci concedono in fretta lautorizzazione per la realizzazione dellimpianto di urea. Girolamo Archin, responsabile delle relazioni istituzionali Ilva Taranto

Pi o meno la stessa domanda se la fece il presidente Nichi Vendola che il 30 luglio del 2008 invi una lettera al presidente del consiglio, Silvio Berlusconi. Lettera alla quale

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alleg anche i disegni dei bambini, quelli della mostra. Vendola ama parlare per metafore, il pezzo forte dei suoi comizi. La pi bella secondo me, era quella sui quartieri popolari, quelli pi lontani, quelli pi disgraziati: una volta disse che si chiamavano tutti con il nome dei santi, San Pio a Bari, San Paolo a Enziteto, per esempio, e disse che la scelta toponomastica non poteva essere casuale, era piuttosto una maniera come per chiedere scusa della sciagura urbanistica, quasi una preghiera perch i casermoni non potessero diventare ghetto. Comunque il presidente della Regione il 30 luglio scrisse al premier, Silvio Berlusconi: Taranto una citt splendida ma sofferente. La fabbrica la grande fabbrica che doveva essere il suo polmone produttivo, simbolo e vita della citt sembra essersi rovesciata contro le attese e le speranze di unintera comunit. Inquinamento, malattie tumorali, distruzione del territorio, lo sfregio di interi quartieri condannati a vivere senza poter aprire le finestre. La poesia, fin qui. Poi: Dopo laccordo scriveva il governatore pugliese alcuni obiettivi sono stati raggiunti: 72 progetti di risanamento ambientale in Ilva sono gi stati realizzati, unaltra sessantina sono in corso o programmati, stato rimosso lamianto, dismesse le apparecchiature al Pcb, applicata una sperimentazione sulle diossine per ridurne la carica distruttiva, migliorate le emissioni in atmosfera, ma tutto questo non basta. Altre citt, come Genova, si sono semplicemente liberate della fabbrica e hanno visto repentinamente cambiare la loro vita e riscoperto il colore del cielo. A Taranto questo non possibile ma non possibile neanche continuare cos, con piccoli miglioramenti segnati su un calendario troppo lungo. La citt non ne pu pi. Il management dellIlva sa che

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abbiamo perseguito con realismo e rispetto lobiettivo di una radicale ambientalizzazione delle strutture produttive del colosso siderurgico. E quel management non pu replicare alle spasmodiche attese della citt minacciando, sia pure velatamente, il ricorso al ricatto occupazionale. Occorre fare scelte coraggiose, scelte non pi procrastinabili, scelte di vita. Ecco perch la Regione intende chiedere e ottenere da Ilva interventi efficaci, ecco perch non possiamo accontentarci di spalmare in cinque anni una riduzione significativa delle diossine, ecco perch Le chiedo di aiutarci cambiando quella norma che stabilisce un limite cos alto a questo veleno che vi rientra tutto. Berlusconi non rispose. La legge non cambi. Vendola attacc ancora lIlva dicendo che la maggior parte degli interventi promessi non erano stati realizzati. LIlva rispose che no, non era vero, che la colpa era tutta loro, delle istituzioni, che non rilasciavano le autorizzazioni necessarie. Avevano in parte ragione tutti e due, intanto il Vulcano continuava a lavorare.

Taranto, evidentemente, deve essere in Sicilia. Sebastiano Venneri, Legambiente

Era la fine di ottobre del 2008, e attorno allIlva scoppi un nuovo caso. Il ministro dellAmbiente, Stefania Prestigiacomo, rimosse con un decreto scritto in burocratese e lungo poco pi di una paginetta i tecnici che facevano parte della commissione Aia. Coloro i quali, cio, che avrebbero dovuto dire s o no allautorizzazione necessaria allIlva per proseguire lattivit. Coloro i quali, per dirla

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con Vittorio, avevano tra le mani lopportunit di cambiare qualcosa. La Prestigiacomo sostitu i tecnici che aveva nominato il suo predecessore, Alfonso Pecoraro Scanio: si trattava di tecnici, s, ma anche con coscienze politiche visto che, per puro caso, molti erano vicini ai Verdi, il movimento dellallora ministro. Ci nonostante, dopo la decisione della Prestigiacomo successe per un finimondo. Decapitazione del sapere tecnico-scientifico tuon il presidente della Regione, Vendola. Seguito a ruota da tutte le associazioni ambientaliste. La storia pi interessante me la raccont per un altro collega, Emanuele Lauria, cronista politico della redazione di Repubblica Palermo. uno di quelli che quando chiama, il politico trema, perch sa gi che ha combinato qualche casino. Ecco, Emanuele mi raccont che nella commissione nominata dalla Prestigiacomo cerano tecnici. Ma soprattutto cerano siciliani, e soprattutto ancora cerano siracusani, il paese natale del ministro dellAmbiente. Siciliano, disse Emanuele, il presidente della commissione, Dario Ticali. un ingegnere palermitano, 32 anni, si laureato sei anni fa. Attualmente ricercatore alluniversit Kore di Enna, lateneo caro al rettore Salvo And, ex ministro, e al senatore del Pd Vladimiro Crisafulli. Ticali uno scienziato, tra le sue pubblicazioni spiccano quelle sulla potenzialit del ravaneto nella tecnica delle costruzioni stradali e sulla gestione dei rifiuti urbani in Sicilia. Ecco, il ravaneto. Ma nella commissione, disse sempre Emanuele, non difficile rintracciare i nomi di professionisti esponenti di famiglie molto note nel Siracusano e non solo. C il commercialista Massimo Conigliaro, docente della scuola superiore delleconomia e delle finanze ma anche figlio della compagna dellex presidente della commissione antimafia Roberto Cen-

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taro. Ci sono, fra i giuristi, stretti congiunti di due magistrati: Valeria Polto figlia di Salvatore Polto, presidente della sezione penale del tribunale aretuseo. Elena Tamburini figlia di Giuseppe Tamburini, da settembre a capo del tribunale di Modica. C poi lingegnere Antonio Voza, figlio di colui che stato per anni unistituzione nella citt siciliana, ovvero lex soprintendente ai beni culturali Giuseppe Voza. E dellorganismo fa parte anche lavvocato ragusano Mariagrazia Gerratana, che ha uno studio legale a Pozzallo. Insomma, il futuro dei grandi insediamenti industriali italiani e in particolare dellIlva passa per la Sicilia e soprattutto per i siciliani. Il vero scandalo nacque per attorno al presidente di quella commissione, tale Bonaventura Lamacchia. A farlo scoppiare anche in questo caso era stato un giornale, LEspresso, in un articoletto di Sandra Amurri. Lamacchia ha un curriculum giudiziario di tutto rispetto scriveva la giornalista Calabrese, deputato nella XII legislatura per la lista Dini, poi Upr con Cossiga e infine Udeur, stato condannato a 2 anni e 5 mesi, pena patteggiata, come amministratore delegato e presidente del Cosenza calcio. I reati? False fatturazioni, costi inesistenti riferiti a documenti contabili mai esistiti, ricettazione, falso in bilancio, falso ideologico, evasione fiscale quantificata dalla Guardia di Finanza in oltre 30 miliardi di lire. Inoltre la Procura federale della Federcalcio lo ha interdetto per cinque anni da qualsiasi incarico di natura sportiva, a causa dellirregolare iscrizione del Cosenza Calcio ai campionati 1990-91 e 1994-95. Lamacchia, quando era sindaco del suo paese, incass anche un anno di reclusione per turbativa dasta. Nel 2002, dopo un anno di latitanza trascorsa tra Bratislava, Bari e Milano, venne arrestato. Fu condannato nel 2004, pena patteggiata, a 2 anni e mezzo per bancarotta fraudo-

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lenta e tentata estorsione: aveva distratto, destinandoli ad altre societ, circa 2 miliardi di lire dalla Edicom e dalla Edilrestauri. Nella veste di procacciatore daffari della canadese Warner Lambert, produttrice di caramelle alla liquirizia, aveva tentato di costringere produttori calabresi a cedere le radici di liquirizia a un prezzo inferiore rispetto al dovuto. Per finire, la settimana scorsa la Procura di Cosenza lo ha rinviato a giudizio per calunnia dopo che aveva denunciato il furto di assegni, risultati scoperti, per 12 mila euro. Il 7 novembre, il ministero annunci tramite agenzia Ansa, la sospensione di Lamacchia dalla commissione. Qualche giorno prima il ministro era andato per su tutte le furie, scrivendo una lettera al direttore di Repubblica, Ezio Mauro.

Gentile direttore, ho letto con grandissimo stupore quanto apparso sul suo giornale sulla vicenda dellIlva. E credo di avere il diritto di dire come stanno le cose. 1) davvero singolare che il caso Ilva scoppi adesso, quando, grazie alle sperimentazioni avviate, stato rilevato un abbassamento significativo delle emissioni. Un dato che stato confermato dallArpa Regionale, al di l della querelle normativa che lagenzia ha avviato col ministero. A leggere articoli e annesse dichiarazioni sembrerebbe, invece, che le emissioni dellIlva siano cominciate nella primavera scorsa, pi o meno allepoca del cambio di governo. Non si comprenderebbe altrimenti perch tutto ci che cera da fare non stato fatto nei due anni del governo Prodi (e della presidenza Vendola) visto che tali emissioni cerano gi, e a livelli anche maggiori di quelli attuali. Ma forse linquinamento fa male quando governa Berlusconi, mentre quando governa Prodi i camini emettono delicati effluvi alla lavanda. 2) I componenti della commissione Aia sono stati sostituiti perch una legge dello

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stato ha modificato la composizione dellorganismo che non avrebbe dovuto occuparsi solo dellIlva ma dei 200 maggiori impianti industriali italiani. Il condizionale in questo caso dobbligo visto che i componenti di quellorganismo si sono dimostrati inefficienti. Infatti la barricadera commissione nominata dal governo Prodi, rimasta in carica dallottobre 2007 allagosto 2008, ha emesso in totale ben 4 pareri, e tutti e quattro lultimo giorno in cui stata in carica, due mesi fa, a scioglimento gi annunciato, lasciando un arretrato di 160 richieste. Nei 10 mesi di intensa attivit la commissione Aia non ha bocciato lIlva, non ha difeso lambiente, non era anti o pro diossina. Semplicemente non ha deciso. Ha perpetuato insomma un metodo invalso nel recente passato secondo cui il pubblico che doveva dire s o no semplicemente non rispondeva, paralizzava. Vendola, appreso della decapitazione dellAia (per usare la sua terminologia) avrebbe dovuto rallegrarsi per la sostituzione di una commissione inefficiente e non in grado di tutelare lambiente. Invece si inquietato. Verrebbe da pensare che per qualche ragione il presidente della Puglia preferisse avere lIlva con la pistola dellAia alla tempia, piuttosto che un quadro di certezze e prescrizioni precise. 3) Non risulta inoltre che alla riunione svoltasi al ministero il 16 ottobre (e non il 15) fossero presenti rappresentanti dellazienda, come sostiene il direttore dellArpa regionale. Anche questo dato facilmente verificabile consultando il foglio delle presenze a quella riunione. 4) Sullarea di Taranto inoltre stato firmato allinizio del 2008 (quindi da Vendola e da Pecoraro Scanio, oltre che da imprese ed enti locali) un accordo di programma proprio su questi temi con prescrizioni che lIlva sta rispettando. Quellintesa prevede fra laltro che lIlva realizzi un impianto in grado, intanto, di dimezzare le emissioni. Ma il comune non ha rilasciato lautorizzazione a realizzarlo perch ricade su un sito inquinato. Ci voleva un via libera del ministero dellAmbiente che, nella precedente gestione, non arrivato. Ora noi labbiamo dato. Il Comune dar finalmente lautorizzazione?

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O anche in questo caso si preferisce tenere tutto fermo, facendo nel frattempo allarmate denunce? (...) Caro direttore, siamo un paese strano. Con un presidente della Regione che da pi di tre anni e mezzo governa la Puglia e per tre anni, supponiamo, ha avuto sentimenti anti-diossina gelosamente custoditi nel cuore. E dire che aveva il potere e per due anni un ministro dellAmbiente in piena sintonia politica. Avrebbe potuto fare leggi e sfracelli. Invece niente. Caro direttore, noi siamo consapevoli della complessit dei problemi e stiamo intervenendo con impegno e responsabilit per ridurre radicalmente le emissioni nocive senza, possibilmente, costringere alla chiusura unimpresa che d lavoro a mezza Taranto. Ma io sono arrivata 6 mesi fa. I veleni e Vendola cerano gi. Da anni.

Queste erano le premesse. Le cose per non sempre vanno come uno immagina che andranno. Per lo meno sui vulcani.

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La legge

Ero ancora seduto al tavolo. Io, Vendola, Assennato, tre tazze di caff, due fette di pane con la nutella. Feci quella domanda sui veleni e la cassa integrazione: Perch?, domandai. Vendola sorrise, sinceramente non capii per cosa diavolo ridesse. A me non veniva neanche da sorridere, forse perch avevo sonno. Disse il governatore che da quel momento in poi a Taranto e in tutte le altre Taranto di Puglia qualcosa sarebbe cambiato, o meglio ancora sarebbe potuto cambiare. Cera la possibilit, una strada da percorrere, e questa era la pi grande vittoria. Vendola e Assennato non erano l per caso. Quella mattina sarebbero dovuti tornare allospedale Testa per presentare agli addetti ai lavori, ai tarantini, a quellaccrocchio di scienziati e cittadini, medici e potenziali ammalati, la nuova legge regionale sulle emissioni di diossina che la giunta aveva gi approvato e che da l a poche ore sarebbe finita in consiglio regionale per lapprovazione finale. Mentre parlava, Vendola sfogliava quattro paginette scritte a corpo 12, da l a poco capii che si trattava della legge. In attuazione di quanto previsto dal Protocollo di Aarhus, ratificato e reso esecutivo dalla legge 6 marzo 2006, tutti gli impianti di cui allarticolo 1 di nuova realizzazione devo-

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no adeguarsi ai valori limite ottenibili con lapplicazione delle migliori tecnologie disponibili. In particolare, non devono essere superati, poi cerano i due punti, e si andava a capo. A partire dal primo aprile del 2009 la somma di 2,5 nanogrammi al metrocubo di diossine e a partire dal 31 dicembre del 2010 di 0,4. In sostanza in quelle tre paginette era scritto che il Vulcano sarebbe dovuto sbarcare in Europa, che si sarebbero dovuti adeguare alle leggi, che tutto stava andando verso la normalit. Una legge, sulle diossine. Tutta pugliese. Unassurdit, pensai tra me e me. Non dissi nulla, ascoltai Vendola e Assennato rincorrersi tra la chimica e la letteratura. In caso di superamento dei limiti, che verranno controllati dallArpa, spiegava il professore, la Regione diffider il gestore dellimpianto colpevole di tale superamento a rientrare, entro sessanta giorni nei limiti previsti. Se il gestore non adempie, sar costretto a bloccare limpianto. I bambini di Taranto ci hanno raccontato la paura e la bruttezza, diceva Vendola, hanno evocato la scena di unassenza solente: assenza di bellezza. Ovvero povert di qualit ambientale. Ma anche malattia e morte. I bambini di Taranto ci hanno chiesto di far sul serio, di afferrare per le corna un veleno cattivo come la diossina. Ci hanno chiesto di respirare il profumo della speranza. Una legge regionale, pugliese, sulle diossine. Questi sono pazzi, pensai. Sorrisi, rimasi ad ascoltare per un po, poi finalmente riuscii ad andare a farmi una doccia. Decisi che non sarei pi tornato allospedale Testa, quella mattina. Il Vulcano era sempre il Vulcano. E io avevo paura.

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Una notte il suo messaggio fu ricevuto in un istante stato trasportato senza dolore su di un pianeta sconosciuto cera un po pi viola del normale un po pi caldo il sole ma nellaria un buon sapore terre da esplorare e dopo la terra il mare un pianeta intero con cui giocare e lentamente la consapevolezza mista a una dolce sicurezza luniverso la mia fortezza extraterrestre portami via voglio una stella che sia tutta mia extraterrestre vienimi a pigliare voglio un pianeta su cui ricominciare. Eugenio Finardi, Extraterrestre

Sbagliai quel giorno. Una legge, regionale, delle diossine fu approvata il 16 dicembre 2008 dal Consiglio regionale della Puglia. La vot tutta la maggioranza di centrosinitra insieme con tre consiglieri di opposizione. La minoranza di centrodestra si astenne senza opporsi, contestando non il merito del provvedimento. Ma il metodo. Furono tutti daccordo, in sostanza, che quella legge si doveva fare. Che dei limiti bisognava imporli. Erano tutti daccordo che sul Vulcano era necessaria la rivoluzione. Ora vedrai che il ministero impugner la legge regionale, decadr e non cambier nulla, mi disse un amico saggio, una mattina. Su queste materie la Regione non pu legiferare. E poi Vendola e la Prestigiacomo si odiano.

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Non ne parliamo poi con Fitto: lui il ministro degli Affari regionali, tocca a lui impugnarla. Il ministro Raffaele Fitto non impugn la legge pugliese sulle diossine.

Laccordo siglato questa sera a Palazzo Chigi tra Governo, Regione Puglia e Ilva alla presenza delle parti sociali rappresenta un grande esempio di responsabilit istituzionale di tutte le parti in causa. Il difficile contemperamento delle esigenze di tutela ambientale e di difesa del lavoro giunto al termine di una mediazione articolata svolta sotto il coordinamento del sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta. Con laccordo raggiunto si pongono le basi per la modifica di alcune parti della legge regionale che avevano destato particolari preoccupazioni per la salvaguardia delloccupazione. In definitiva un buon esempio di cooperazione tra le istituzioni. Raffaele Fitto, ministro per gli Affari regionali

Ora vedrai che lIlva annuncer che chiude tutto, licenzier gli operai e allora per la paura, con le elezioni alle porte, saranno costretti a tornare indietro, mi disse un altro amico, ancora pi saggio. LIlva ha minacciato, ma loro non sono tornati indietro. Il passo lha fatto lazienda. Il 19 febbraio del 2009 si sono seduti intorno a un tavolo e hanno sottoscritto un accordo: ministero dellAmbiente, dellInterno, del Lavoro, dei Rapporti con le Regioni, dello Sviluppo Economico, e poi regione Puglia, provincia e comune di Taranto, Arpa, Ilva, Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Tutti daccordo. Entro il 21 dicembre del 2010 e non pi del 2009 lIlva dovr raggiungere, tramite le migliori tecnologie disponibili, il limite di 0,4. 2010 invece che 2009. Dodici mesi possono essere anche nulla.

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Abbiamo gi completato le fondamenta dellimpianto di urea e nei prossimi giorni prenderanno il via i lavori di montaggio meccanico ed elettrico. Entro il 30 giugno sar tutto pronto. Adesso lIlva elaborer uno studio per ridurre ulteriormente lemissione di diossine. E questo entro il 31 dicembre 2009. Ci auguriamo che lo spirito rimanga di collaborazione e pragmatismo al fine di non ricadere negli stessi errori del passato. Luigi Capogrosso, direttore stabilimento Ilva di Taranto

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La passeggiata

Quella mattina della colazione andai via subito da Taranto, senza passare pi dal Testa, senza nemmeno salutare Vittorio che infatti si arrabbi. In automobile cercai di non guardare il cielo, di non fare caso al colore delle nuvole, di non pensare n ai mulini a vento n tantomeno alle fiammate che si vedono sempre, in lontananza nellorizzonte tarantino. Cercai di tenere gli occhi bassi, la musica alta, senza pensare a nulla che non fossero le parole delle canzoni. In quei giorni l metto su Elio e Le storie Tese, possibilmente Uomini con il borsello. A Taranto ci tornai che era estate, per caso perch in realt dovevo andare a Castellaneta Marina a guardare il tennis. Era luglio, e cera il sole. Qualche giorno prima mi avevano mandato via email uninaspettata fotografia, documentava il risultato di un primo accordo tra le istituzioni. Era il primo luglio 2009: il presidente della Regione applaudiva, il ministro Stefania Prestigiacomo applaudiva, Fabio Riva (il figlio del patron) applaudiva, davanti a loro appariva un nastro da tagliare per uninaugurazione, alle spalle la nuova grande macchina dellUrea, il depuratore dei fumi, la lavatrice delle paure. Quella era una domenica e pensai che forse Luca stava giocando da qualche parte a pal-

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lone, mi chiesi se Maria si fosse mai laureata, mi domandai della polvere di Tina e della legge di Vendola. Mi dissero che in fondo era cambiato poco, se non che il magma della cassa integrazione stava diventando ancora pi pericoloso. Mi dissero che qualcuno aveva gi posto dubbi sulla bont della legge regionale, basta aggiungere ossigeno nei camini, diluendo con laria le diossine, per sfalsare tutte le analisi, sostenendo una tesi non supportata per dai tecnici. Mi dissero che cera ancora bisogno di aspettare e che comunque la vita continuava. Cos mi dissero, un paio di amici, per telefono. Appena chiusi, mi vennero in mente le parole di Franco Sebastio, il procuratore capo del tribunale di Taranto. Un giorno a Taranto la gente decise di scendere in piazza e di organizzare una manifestazione di protesta, come non mai. Cerano le scuole, i medici, gli operai, le casalinghe, i genitori. Fu una bella giornata. Quel giorno sentii il procuratore Sebastio per telefono e mi disse che un poco gli aveva fatto strano vedere tutta quanta quella gente in piazza. Sa, quando ci sono state le condanne contro Riva le aule di tribunale erano vuote. Vuote. Pensai a Sebastio quella mattina di aprile, e che comunque questa volta sarei dovuto passarci, alle pendici del Vulcano. Parcheggiai la macchina davanti a un marciapiede sbreccato, l al Tamburi. Accanto c una chiesa dove un dipinto di Cristo, alle spalle, ha le ciminiere dellIlva. Era tutto chiuso, il Taranto giocava in casa. Entrai in un bar, lunico aperto, cera una signora minuta dietro il bancone e un televisore a tutto volume. Si litigava su Canale 5 cos forte che la signora nemmeno mi sent entrare. Chiesi una Coca Cola, feci caso alle macchine parcheggiate con due dita di polvere sopra e ai muri scrostati e colorati. Signora, ma lei vive qui? S, qui accanto.

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Ma come si vive in questo quartiere? Non ha paura di vivere qui al Tamburi? Beh, effettivamente un poco s. Ci sono gli spacciatori. E poi la lampadina qui di fronte un mese che rotta, e nessuno laggiusta. Quando mi ritiro a casa la sera, dopo la chiusura, ci sono un sacco di brutte facce e un poco mi viene la paura.

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Una cronologia*

1957

[Italsider] Prime voci circa la localizzazione di uno stabilimento siderurgico nella zona di Taranto. [Stato] Necessit di un nuovi investimenti in siderurgia nel Mezzogiorno. Attivit di lobbing parlamentare per convogliare nellarea di Taranto gli investimenti pubblici. [Comune di Taranto] Dopo un lungo susseguirsi di giunte di sinistra (Taranto rossa) inizia un lungo periodo di giunte democristiane. Il sindaco, Raffaele Leone, convoca una riunione per la costituzione di un consorzio per larea industriale. [Sindacati] Atteggiamento favorevole alla localizzazione a Taranto del centro siderurgico. [Associazioni] Non vi sono opposizioni rispetto alla localizzazione dellimpianto a Taranto.
1959

[Stato] A giugno il comitato dei ministri per le partecipazioni statali delibera la costruzione a Taranto del IV centro siderurgico. [Italsider] Costruzione a Taranto del IV centro Siderurgico [Comune di Taranto] La citt esulta.

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1960

[Italsider] Italsider rappresenta una speranza per la popolazione: viene percepita come una opportunit di miglioramento delle condizioni di vita. Preparazione del sito per accogliere limpianto. [Stato] Dagli studi commissionati dalla Finsider vengono individuate tre zone comunali che presentavano caratteristiche idonee. [Comune di Taranto] Si decide la localizzazione dello stabilimento con superficie di 528 ettari, separato dalle abitazioni cittadine solo da una strada statale senza tener conto delle prescrizioni del piano regolatore. La camera di commercio in un documento di qualche anno prima ribadiva la necessit dellubicazione della nuova area industriale in prossimit delle grandi linee stradali, ferroviarie e marittime. Si costituisce il consorzio per larea di sviluppo industriale (Consorzio ASI) che cerca di regolamentare linsediamento della grande fabbrica.
1961

[Italsider] Iniziano i primi lavori per la costruzione dello stabilimento. I bulldozer sradicano ventimila alberi di ulivo tra lindifferenza generale, anche di quei proprietari terrieri che vengono comunque risarciti con buoni indennizzi. [Comune di Taranto] Boom economico tarantino: la popolazione aumenta di oltre 32.000 unit. [Associazioni] Si segnalano mancanza di infrastrutture ed eccessivo sfruttamento delle risorse naturali.
1964

[Italsider] A ottobre viene avviato il primo altoforno.

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[Associazioni] Il circolo universitario popolare jonico (CUPJ) che nel 1964 si trasforma in universit popolare jonica (UPJ) funge da spazio di elaborazione culturale. Proprio nei locali dellUPJ, siti nella centralissima via DAquino, per la prima volta la direzione dellItalsider si confronta con la cittadinanza: il direttore dello stabilimento Arnaldo Mancinelli presenzia dei confronti sulle grandi questioni ecologiche. Italia Nostra, attraverso il suo presidente Antonio Rizzo, esprime perplessit nei confronti di unindustrializzazione incontrollata.
1968

[Italsider] Progetto di ampliamento dello stabilimento da 528 a 1500 ettari (due volte la superficie urbana della citt di Taranto). [Stato] comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) delibera i lavori di ampliamento. [Comune di Taranto] Il consiglio comunale chiamato a esprimersi rispetto allipotesi di ampliamento. [Sindacati] Si afferma con decisione la questione ambientale. Dibattito tra forze politiche e sindacali.
1970

[Stato] A marzo il comitato tecnico esecutivo dellIRI relaziona sulla opportunit dellampliamento dellItalsider di Taranto. Il 26 novembre la relazione viene approvata dal CIPE. [Comune di Taranto] A novembre viene istituita una conferenza dei servizi per la discussione dei lavori dampliamento di stabilimento e porto industriale e per la variante al piano ASI necessaria. [Regione Puglia] A dicembre viene istituita la regione Puglia con lapprovazione del suo statuto.

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[Sindacati] Le forze politiche e sindacali, seppur con accenti diversi, giudicano con favore lulteriore sviluppo industriale ma rivendicano limportanza nelle decisioni finali della volont locale espressa in consiglio comunale.
1971

[Italsider] I lavori di ampliamento porteranno lItalsider sul mare, concedendole tre dei cinque sporgenti per lattracco delle navi che trasportano materie prime, con gravi conseguenze per lecosistema della rada di Mar Grande, gi fortemente compromesso con la prima fase insediativa e con la conseguente distruzione dellisola di San Nicolicchio, piccolissima isola disabitata utilizzata dai pescatori come appoggio per le loro attivit. A settembre viene avviato laltoforno 4. [Comune di Taranto] A gennaio la Giunta Comunale nega la licenza edilizia per lampliamento. [Stato] A marzo il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno invita il Comune alla concessione della licenza in precario allItalsider per i lavori dampliamento [Comune di Taranto] Dopo le pressioni del Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, ad ottobre, viene concessa la licenza in precario. [Associazioni] Lassociazionismo ambientalista locale muove i primi passi convocando manifestazioni pubbliche nelle vie del centro cittadino e momenti di sensibilizzazione e riflessione soprattutto nel quartiere Tamburi, il pi colpito dallattivit industriale. ll 31 gennaio (in pieno dibattito sulla variante al piano ASI) durante la manifestazione Taranto per unindustrializzazione umana organizzata nel centro cittadino da Italia Nostra, furono esposti in Piazza della Vittoria panni simbolicamente anneriti dal fumo, sugli alberi della stessa

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piazza furono appesi cartelli che riportavano la scritta reliquia, furono esposte altre reliquie contenenti aria non inquinata, acqua dello Jonio non inquinata e terreno agrario purissimo. Il Circolo Culturale La Routine, con sede nel quartiere Tamburi, riesce a raccogliere 700 firme per una sottoscrizione finalizzata a sensibilizzare le istituzioni competenti sul problema ambientale. [Regione Puglia] Viene istituito il Comitato Regionale per LInquinamento Atmosferico (CRIA) ma sin dal suo insediamento il comitato non interverr nellarea di Taranto. [Provincia di Taranto] La tematica ambientale acquista legittimazione a livello istituzionale. LAmministrazione Provinciale organizza un convegno dal titolo Inquinamento ambientale e salute pubblica a Taranto, durante il quale per la prima volta si confrontano tutti gli attori interessati alla salvaguardia ambientale: amministratori locali, studiosi, sindacalisti, ambientalisti e rappresentanti dellindustria. Sullonda lunga del convegno, per la prima volta a Taranto, si decide di condurre uno studio sullinquinamento atmosferico che viene commissionato dal Comune. I primi risultati indicano abbastanza chiaramente che nella zona occidentale della citt esiste un processo di crisi ambientale. [Italsider] La direzione dello stabilimento, nel corso del dibattito sullampliamento, annuncia investimenti per 50 miliardi di lire per il perfezionamento e potenziamento di impianti di depurazione e abbattimento dei fumi, e la collaborazione con una societ statunitense, la Ecological Science Corporation, per la revisione del processo produttivo. Per i lavori di ampliamento si annunciano ulteriori investimenti in eco-compatibilit per 75 miliardi di lire.

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1972

[Sindacati] CGIL CISL e UIL organizzano la prima piattaforma rivendicativa della lunga Vertenza Taranto. Il sindacato e la classe operaia tarantina con le loro lotte e la loro cultura, nate dalla fusione dei caratteri innovativi delle conquiste e delle posizioni della classe operaia del Nord con le migliori tradizioni del bracciantato pugliese riaffermeranno nel corso dei decenni la propria presenza, difendendo e migliorando le condizioni di vita e di lavoro nellarea industriale, contribuendo a modificare i rapporti sociali, politici, economico-produttivi della citt e, in gran parte, della provincia. Il Movimento operaio tarantino storicamente fra i pi forti nel Mezzogiorno sapr superare anche lambito provinciale per diventare un punto di riferimento valido per lintero Movimento sindacale italiano.
1974

[Italsider-Sindacati] A seguito della Vertenza Taranto viene firmato laccordo tra sindacati ed Italsider. Nellaccordo viene inserito il problema delleco-compatibilit e dellammodernamento impiantistico. Gli impegni assunti dallItalsider, in tutti i suoi stabilimenti, ammontano a 90 miliardi di lire da spendere per la maggior parte a Taranto. Vengono riviste lorganizzazione del lavoro in fabbrica e gli investimenti in campo ecologico. [Comune di Taranto] Creazione del Servizio Sicurezza Lavoro e del Servizio per lIgiene del Lavoro e Ambientale.
1975

[Italsider] Crollo del consumo mondiale di acciaio (-8%). Solo nei Paesi della Comunit Europea la diminuzione fu addirittura del 18%. Il costo del lavoro allItalsider si collocava ad un livello nettamente superiore alla media nazio-

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nale. In effetti la forza-lavoro Italsider era ben organizzata, dotata di un elevato potere contrattuale, grazie alla presenza di un sindacato forte di una percentuale di adesioni del 75%. Nel complesso, la caduta della produttivit era legata principalmente alla diminuzione dellattivit produttiva che, a sua volta, si inquadrava nella crisi strutturale dellazienda.
1976

[Stato] Viene varata la Legge Merli, che detta la disciplina per gli scarichi degli insediamenti industriali. Rimarr inapplicata fino alla met degli anni Ottanta, per i ritardi del governo nellemanare i decreti esecutivi. [Regione Puglia] Stenta ad assumere quel ruolo di indirizzo e programmazione conferitole dalla legge Merli a causa della mancanza di adeguate risorse finanziarie.
1978

[Stato] Viene istituito il Servizio sanitario nazionale (SSN) con la legge 833, la legge della riforma sanitaria. La riforma prevede la creazione di apparati tecnico-burocratici, le Unit sanitarie locali (USL), alle quali vengono assegnati anche compiti di prevenzione e tutela dellambiente.
1979

[Stato] Lattivit svolta dallIstituto Nazionale per gli infortuni sul lavoro (INAIL) sin dallinsediamento del Siderurgico inizia a far emergere i primi preoccupanti dati relativi allincidenza delle malattie professionali derivanti dallesposizione a gas, fumi e polveri altamente nocive. [Provincia di Taranto] A settembre del 1979, vengono installate 5 stazioni fisse di rilevamento posizionate in punti strategici del territorio provinciale. Dallanalisi dei

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dati emerge un primo rapporto sullo stato dellambiente nellarea jonica.


1980

[Italsider] Si acuisce la crisi del settore siderurgico, infatti negli anni 1980, 1981, 1982, si registrer un calo costante della domanda mondiale. Nel 1983 la domanda scende fino a raggiungere i 300 milioni di tonnellate nei paesi industrializzati. [Magistratura] Prime azioni della Magistratura nei confronti di una serie di impianti industriali tarantini, tra i quali la Cementir, lIP e anche lItalsider.
1981

[Italsider] Leffetto della crisi della siderurgia vede Italsider in grave crisi di liquidit e incapace di fronteggiare la situazione con mezzi propri, lazienda viene ceduta alla Nuova Italsider e sottoposta a una ricapitalizzazione. Viene avviato un programma, denominato TARAPMRO, di ristrutturazione degli impianti e dei processi produttivi su consulenza della Nippon Steel. Lo scopo era quello di migliorare lefficienza degli impianti e di razionalizzare i costi assai elevati. Attraverso questo piano si cercava, con laiuto della siderurgia leader nel mondo, quella giapponese, di porre rimedio alle diseconomie di scala generatesi dopo il raddoppio, a causa della crisi siderurgica, agli errori gestionali e soprattutto alla bassa produttivit degli impianti.
1982

[Magistratura] La Pretura di Taranto indaga per getto di polveri e inquinamento da gas, fumi e vapori, i vertici dellItalsider.

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Il processo si svolge nel 1982, vede la partecipazione di numerosi testimoni provenienti dai quartieri pi a rischio dinquinamento industriale (Tamburi, Citt Vecchia, Paolo VI) e, almeno in una prima fase, la costituzione di parte civile non solo di associazioni ambientaliste ma anche del Comune. [Comune di Taranto] Dopo una prima fase in cui si era costituito parte civile nel processo contro lItalsider, nel corso dellanno per lorientamento dellAmministrazione Comunale cambia: quasi alla vigilia della sentenza il sindaco dellepoca, Giuseppe Cannata, annuncia la revoca della costituzione di parte civile del Comune per motivi di opportunit politica. [Magistratura] Il processo si conclude con la condanna del direttore dello stabilimento Italsider a 15 giorni di arresto con laccusa di getto di polveri ma non di inquinamento da fumi, gas e vapori
1984

[Italsider] Dopo la sentenza la direzione dellItalsider si adopera per migliorare la percezione dellattivit dello stabilimento, soprattutto attraverso la carta stampata. In questo senso gli interventi dei dirigenti evidenziano gli investimenti che dalla met degli anni Settanta si sono realizzati e quelli in fase di realizzazione che riguardano sempre gli impianti ecologicamente pi critici. [Comune di Taranto] Costituzione del Fondo dImpatto Ambientale. Il comitato direttivo del Fondo comprende 13 membri, 7 rappresentanti degli Enti Locali, 3 dei sindacati e 3 delle industrie. Il Fondo alimentato dallo 0,85% del monte salari delle industrie stesse e rimane in vita fino alla durata in carica del sindaco di sinistra Mario Guadagnalo, presidente dal Fondo. La portata innovativa

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in termini di finalit annunciate del Fondo viene smentita allatto pratico: le azioni intraprese sono di natura prettamente ordinaria, non incidono in maniera strutturale sul problema delle polveri e pi in generale dellinquinamento.
1986

[Stato] Con la Legge n. 349 viene istituito il Ministero dellAmbiente.


1988

[Stato] Viene approvato dallIRI un piano di ristrutturazione discusso sia dal Parlamento che in sede comunitaria. Esso prevede aiuti per un ammontare di 5.170 miliardi di lire. Nel contempo a maggio inizia il processo di liquidazione volontaria della Finsider, dellItalsider, della Nuova Deltasider e della Terni Acciai Speciali, che si concluder nel 1989 con la costituzione di una nuova societ, lIlva spa.
1991

[Stato] Il Ministero dellAmbiente dichiara larea di Taranto area ad elevato rischio ambientale. Larea interessata, oltre al comune di Taranto, comprende altri 4 comuni della provincia jonica (Crispiano, Massafra, Montemesola, Statte) per un totale di 564 kmC e 263.614 abitanti. [Associazioni] Nasce PeaceLink, associazione ambientalista che, per prima, utilizza strumenti telematici per la diffusione delle informazioni sulle tematiche della pace ma anche sulle problematiche ambientali, soprattutto a Taranto.

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1994

[Stato] LENEA avvia il Piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Taranto che verr pubblicato nel 1998 seguito da una nuova dichiarazione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M. 30/07/97). La dichiarazione di area ad elevato rischio di crisi ambientale ha validit massima per un periodo massimo di 5 anni (art. 7, comma 1 L. 349/86). La dichiarazione reiterata avvenuta perci con un ritardo di 2 anni rispetto ai tempi previsti dalla legge. La dichiarazione di area ad elevato rischio ambientale del 1990 e le successive reiterazioni, segnano gli ultimi significativi avvenimenti della storia ambientale che lega il territorio tarantino alla gestione pubblica dello stabilimento siderurgico. Infatti, nella prima met degli anni Novanta, si esaurisce lintervento pubblico nel settore dellacciaio.
1995

[Stato-Ilva] In aprile giunge al termine la trattativa tra lIRI e il Gruppo Riva per lacquisizione dello stabilimento di Taranto. Il prezzo di cessione concordato di 1460 miliardi. Il Gruppo Riva si presenta come una vera e propria multinazionale (non quotata in Borsa) che ha per mantenuti intatti gli equilibri di gestione e controllo di tipo familiare, infatti uno dei due fondatori ancora il presidente del Gruppo, Emilio Riva, che gestisce le attivit affiancato nelle posizioni dirigenziali chiave dai figli e dai nipoti. [Comune di Taranto-Provincia di Taranto] Le istituzioni locali sono tenute fuori dal tavolo di negoziazione tra IRI e Gruppo Riva. Gli esponenti politici si limitano ad intervenire seguendo la scia delle rivendicazioni sindacali, non

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ponendo la questione ambientale tra le priorit nellagenda istituzionale. [Associazioni] Lassociazione Caretta Caretta denuncia il versamento in Mar Grande di sostanze non trattate da un canale di scarico dellIlva.
1996

[Regione Puglia] La Regione viene investita di competenze speciali in materia ambientale ed quindi costretta a dedicare una parte del suo apparato tecnico-amministrativo a queste tematiche. Il ruolo della Regione acquista rilievo nella questione ambientali per la collaborazione con il Ministero dellAmbiente alla realizzazione del Piano di Risanamento. Nel maggio si crea lUfficio del commissario delegato per lemergenza ambientale, una carica per un certo periodo condivisa dal prefetto di Bari e dal presidente della Regione con competenze differenziate per ambiti dintervento e in seguito (agosto 2000) assegnato al solo presidente regionale.
1997

[Regione Puglia-Ilva] Viene siglato il Primo Atto dintesa tra Regione e Ilva. LAtto non prevede n limiti di tempo pi stringenti in fatto di risanamento n il ricorso a sanzioni in caso di inadempienze. Viene presentato dal Gruppo Riva il primo piano industriale di investimenti per 539 miliardi di lire per rifacimenti di nuovi impianti e per leco-compatibilit e la sicurezza sul lavoro. Inizia nello stesso periodo lintervento per la rimozione dellamianto dagli impianti produttivi. [Comune di Taranto-Provincia di Taranto] Le istituzioni locali svolgono un ruolo marginale, non delineando una

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strategia dintervento da seguire. Comune e Provincia si limitano a intervenire nella fase di attuazione e coordinamento degli interventi previsti nel Piano, a livello comunale tentano di portare avanti il progetto del Fondo di Impatto Ambientale. [Sindacati] Il fronte sindacale non partecipa ai tavoli di concertazione tenuti a livello regionale e i malumori iniziano a serpeggiare soprattutto negli ambienti della UIL. Si denuncia la mancanza di impegno su una serie di problematiche ambientali presenti allinterno dello stabilimento, ci si scaglia contro la logica dellaccordo che di fatto concede una proroga di due anni e mezzo allimpresa per adeguarsi agli impegni. La UIL inizia a distinguersi rispetto alla CGIL e alla CISL, mantenendosi pi rigida rispetto allapproccio collaborativo che diventa predominante in campo politico e sindacale.
1998

[Stato-Ilva] Dopo otto anni di attesa dalla prima dichiarazione di Area a elevato rischio di crisi ambientale arriva in primavera il piano di risanamento ambientale messo a punto dallENEA per conto del ministero dellAmbiente. Il Piano prevede interventi, in termini di finanziamento, a titolarit privata e pubblica, con diversi livelli di priorit.Tra gli interventi a titolarit privata ben 14 su 25 si concentrano sugli impianti Ilva, per una spesa complessiva di 208 miliardi, quelli a titolarit pubblica (48 miliardi) riguardano azioni per porre rimedio a decenni di mancanza di controlli rispetto al rapporto salute-industria. Il rispetto delle fasi di attuazione si riveler completamente disatteso. I tempi stringenti fissati nellAtto dIntesa Regione-Ilva, gli stessi interventi ribaditi nel Piano ed altri interventi previsti in sede di trattativa IRI-Riva non ver-

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ranno rispettati. Deterioramento delle relazioni tra il management Ilva e operai. Scoppia il grave caso di mobbing delle palazzine Laf a danno di 70 operai successivamente costretti alle dimissioni.
2000

[Stato-Regione Puglia] Visto il ritardo nellattuazione del Piano di risanamento, ad agosto, il ministero dellInterno, affida la titolarit esclusiva dello stesso al presidente della regione nella sua veste di commissario delegato per lemergenza ambientale in Puglia. [Comune di Taranto-Provincia di Taranto] Comune e Provincia vengono privati delle loro prerogative nei meccanismi di controllo e di attuazione del Piano. [Comune di Taranto] Nel corso della primavera con le elezioni amministrative si conclude definitivamente lesperienza del citismo (Giancarlo Cito era stato eletto sindaco nel 1993). Le elezioni le vince il centrodestra con il sindaco Rossana Di Bello. Creazione della commissione consiliare Ambiente ed Ecologia che svolge unindagine conoscitiva sullo stato dellambiente e della salute dei cittadini. [Stato] Relazioni allarmanti del Presidio Multizonale di Prevenzione PMP (uffici tecnici delle ASL) circa linquinamento prodotto dalla produzione del coke e richiesta del fermo delle batterie 3 e 6. [Magistratura] In base alle ipotesi di reato segnalate dalla relazione del PMP sullinquinamento industriale dellIlva viene realizzata una perizia a seguito della quale si invitano gli organi istituzionalmente competenti ad intervenire.
2001

[Comune di Taranto] A seguito della perizia e della lette-

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ra della Magistratura con la quale si invitava, chi di dovere, a prendere provvedimenti circa linquinamento industriale prodotto dagli stabilimenti Ilva, lAmministrazione comunale, con una storica ordinanza sindacale (6 febbraio) ordina, entro 15 giorni (poi passati a 90) dalla notifica dellordinanza, di realizzare interventi migliorativi relativamente ai forni delle batterie 3 e 6, di ridurre la produzione di coke con il fermo delle batterie 3 e 6 o alternativamente di procedere alla sostituzione delle stesse. Scoppia la vertenza ambiente. [Ilva] Il Gruppo Riva che fino a quel momento si era dichiarato disposto al dialogo solo con linterlocutore regionale, si dimostra conciliante. Intanto viene formulato un ricorso al TAR mentre le azioni messe in atto per scongiurare il fermo delle batterie oggetto dellordinanza risultano insufficienti. La direzione dello stabilimento sembra reagire come nel 1997, mostrandosi da un lato favorevole al dialogo e dallaltro non rispettando gli impegni pattuiti per ritardi o imperfezioni nelle fasi di attuazione. [Magistratura] Avvisi di garanzia inviati al presidente del gruppo Riva e ad altri due dirigenti dello stabilimento, legati alle risultanze della maxiperizia realizzata per conto della procura nei mesi precedenti. [Sindacati] Le confederazioni sindacali si dichiarano esplicitamente contrari e a una vertenza ambiente condotta attraverso le ordinanze, esprimono preoccupazione nei confronti di un crescente antindustrialismo che si diffonde in citt, denunciano eccessiva strumentalizzazione politica della vicenda e ripropongono lo strumento del Piano di risanamento, seppur rivisto nei meccanismi di attuazione, come strada da seguire. [Associazioni] Lassociazionismo ambientalista si mostra

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compatto nellappoggiare lordinanza comunale. Viene praticata una forte azione di denuncia per favorire un coinvolgimento della cittadinanza nei processi decisionali territoriali e diffusione dellinformazione attraverso gli strumenti telematici. Per la prima volta viene posta la questione delleffettiva attivazione dellAgenzia regionale per la protezione dellambiente (Arpa) che, a distanza di due anni dalla legge regionale di istituzione, non entrata ancora nella fase operativa. [Comune di Taranto] Il 31 ottobre il sindaco Di Bello invia una lettera pubblica al presidente delle Regione Fitto nella quale afferma di avvertire la limitatezza dei suoi poteri di sindaco e quel che peggio [] una sorta di sottomissione istituzionale ormai conclamata verso i responsabili dellinquinamento . [Ilva] In risposta alla pressione proveniente da Comune e Magistratura, la direzione dello stabilimento per la prima volta decide di rivolgersi direttamente alla cittadinanza rivendicando il ruolo di fonte di occupazione e reddito per la citt, evidenziando gli investimenti fatti sin dal 1995 per migliorare limpatto ambientale e rendendosi disponibile a continuare in questa direzione che lunica a garantire rispetto della salute dei cittadini e una posizione di primo piano per lazienda nel panorama mondiale. Sono le idee principali espresse in una lettera firmata da Emilio Riva e inviata in ottobre alle famiglie tarantine.
2002

[Comune di Taranto] Il sindaco non riesce a persuadere il Gruppo Riva ed costretto a cambiare atteggiamento, richiedendo lintervento del Governo centrale e della Regione Puglia. Lopposizione di centrosinistra, dopo aver appoggiato le

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azioni del sindaco, rivede la sua posizione e lo invita a perseguire, insieme a Provincia e Regione, gli interventi previsti nel Piano di risanamento del 1998 che attendono ancora attuazione. [Magistratura] A luglio, in un clima pi favorevole a un approccio consensuale, arriva la condanna di primo grado per il procedimento iniziato nel 1999. Qualche giorno dopo la sentenza, lIlva comunica la decisione di spegnere le batterie oggetto delle ordinanze comunali e di ridurre gli investimenti per lo stabilimento tarantino. [Associazioni] Lassociazionismo continua ad appoggiare lAmministrazione Comunale e lazione della Magistratura che in questa fase sembrano operare in maniera sinergica. Dopo una fase iniziale di reciproca diffidenza, gli ambientalisti cercano il confronto con i sindacati per condividere una piattaforma di rivendicazione della tutela occupazionale e del rispetto dellambiente. [Stato-Regione Puglia-Provincia di Taranto-Comune di Taranto-Ilva] Inizia la cosiddetta stagione delle intese. Il ministero dellIndustria, a settembre, istituisce un tavolo, da attivare a livello regionale, con il compito di definire un accordo per il risanamento complessivo dello stabilimento siderurgico che definisca in maniera puntuale gli investimenti che il Gruppo Riva deve realizzare. Al livello regionale anche affidata la realizzazione di un Accordo di Programma che interessi tutta larea ionica da risanare. Viene siglato il primo Atto di intesa, ne seguiranno altri 3, nel quale vengono concordati interventi precisi con altrettante scadenze temporali vincolanti finalizzate alladeguamento delle migliori tecniche disponibili (BAT Best Available Techniques) necessarie per il rilascio dellAutorizzazione Integrata Ambientale (AIA) prevista dalle direttive europee.

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2003

[Stato-Regione Puglia-Provincia di Taranto-Comune di Taranto-Ilva] L8 gennaio viene siglato il secondo Atto dintesa che prevede il potenziamento del barrieramento tra lo stabilimento e le aree urbane contigue ad esso, tramite lampliamento delle colline artificiali esistenti. Si accert poi che lopera oltre che non comportare miglioramenti riguardo alla dispersione di inquinanti in atmosfera, avrebbe provocato il peggioramento della qualit della vita dei residenti, alterando la morfologia dei luoghi, accentuando lattuale chiusura del quartiere e la sua separazione dal contesto territoriale, riducendo luce e aria agli edifici residenziali e scolastici adiacenti.
2004

[Stato-Regione Puglia-Provincia di Taranto-Comune di Taranto-Ilva] Il 27 febbraio viene siglato il terzo Atto dintesa e il 15 dicembre il quarto Atto dintesa. Uno degli aspetti positivi di innovazione degli Atti dIntesa sta nella volont di racchiudere finalmente in un quadro organico e di concreta realizzazione la miriade di interventi programmati fino a quel momento. I risultati, per, sono limitati in quanto ad interventi di natura prettamente tecnica e a breve termine si alternano interventi e atti programmatori a lungo termine. Molti problemi di natura strettamente tecnica vengono affrontati in maniera poco convincente. [Comune di Taranto-Provincia di Taranto] Solo dopo la sottoscrizione del 3 Atto dintesa, Comune e Provincia ritirano la costituzione di parte civile nel processo che aveva visto la condanna in primo grado dei vertici dello stabilimento per le polveri del parco minerali che ricadevano sul quartiere Tamburi.

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[Stato-Comune di Taranto-Regione Puglia] Lintervento di barrieramento a ridosso dei parchi minerari sostituito da un nuovo progetto per il risanamento del quartiere Tamburi. Si tratta, per, di un Programma che mai avrebbe potuto essere approvato dal Ministero per palese incompatibilit dei contenuti con i regolamenti della delibera CIPE 2004.
2005

[Regione Puglia] Nelle elezioni di aprile viene eletto presidente della regione Puglia Nichi Vendola.
2006

[Comune di Taranto] Il 17 ottobre viene dichiarato ufficialmente lo stato di dissesto finanziario del Comune di Taranto. [Stato-Regione Puglia-Comune di Taranto] La struttura commisariale del Comune di Taranto e la Regione Puglia rimodulano il Programma di risanamento di Tamburi per renderlo coerente con il regolamento CIPE.
2007

[Comune di Taranto] Il 14 giugno Ippazio Stefano viene proclamato sindaco di Taranto.[Regione Puglia] Viene riorganizzata LArpa (Agenzia regionale per lambiente) che inizia una campagna di rilevamento dei dati dellinquinamento prodotto dallIlva. Emergono dati preoccupanti soprattutto per quanto riguarda le emissioni di diossine e di Idrocarburi Policiclici Aromatici. [Associazioni] A maggio, PeaceLink, Uil Taranto e il Comitato contro il rigassificatore, presentano un dossier allarmante sullinquinamento. [Ilva] A giugno lIlva querela i relatori del dossier sullin-

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quinamento per procurato allarme ambientale. [Associazioni] Comincia nuovamente a diffondersi un diffuso senso di preoccupazione tra la popolazione.
2008

[Regione Puglia] LArpa continua la campagna di rilevamento delle emissioni inquinanti e i dati resi pubblici sono sempre pi allarmanti. Attraverso una rimodulazione delloriginario progetto di riqualificazione del quartiere Tamburi, vengono stanziati e resi utilizzabili per la costruzione del mercato rionale, la realizzazione di urbanizzazioni e spazi verdi e la bonifica dei suoli inquinati, 10 milioni di euro in attuazione della delibera CIPE n. 3 del 22 marzo 2006 con limpegno a stanziare ulteriori 68 milioni di euro includendoli nel nuovo ciclo di programmazione dei fondi FAS (Fondo Aree Sottoutilizzate). Ad agosto viene siglato latto integrativo dintesa che rende utilizzabili i 10 milioni di euro. [Associazioni] Anche le associazioni si attivano creando una propria rete di informazione e divulgazione dei dati. Si crea un vero e proprio allarme inquinamento e riemerge un diffuso atteggiamento antindustriale. Inizia un dibattito circa lopportunit di indire un referendum cittadino sullopportunit di chiudere lo stabilimento Ilva, seppur con varie sfumature (chiusura totale o del solo ciclo di lavorazione a caldo). [Regione Puglia] Il 30 luglio il presidente Vendola in una lettera aperta al presidente del consiglio Berlusconi sottolinea tutta la gravit del caso Taranto e lo invita a collaborare per la soluzione del problema. [Stato] Ad agosto la risposta arriva attraverso il ministro dellambiente Prestigiacomo che a fronte di generiche dichiarazioni di interessamento sul caso Taranto (annun-

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cia anche un Consiglio dei Ministri a Taranto per settembre che non avr mai luogo) di fatto si schiera a fianco del Gruppo Riva sostenendo di non ritenere opportuna la revisione delle limitazioni legislative alle emissioni inquinanti (quelle italiane sono scandalosamente alte) sottolineando invece positivamente gli sforzi tecnici e di investimento dellIlva per la riduzione delle emissioni.Viene addirittura messa in discussione lattendibilit dei dati prodotti dallArpa. Sullo sfondo sembra esserci liter per ladeguamento alle migliori tecniche disponibili (BATBest Available Tchniques) da parte dellIlva e il conseguente rilascio dellAutorizzazione Integrata Ambientale (AIA) prevista dalle direttive europee. Contestualmente, in sede europea, il governo pone la questione dellinsostenibilit per lItalia delle limitazioni alle emissioni di Co2. [Associazioni] Le associazioni, e pi in generale la comunit tarantina, assistono a quello che sembra essere uno scontro istituzionale senza precedenti e si preparano a sostenere lazione della Regione Puglia. [Regione Puglia] La stagione delle intese sembra definitivamente terminata. Il 20 novembre, allospedale Testa di Taranto, viene presentata la nuova legge regionale sulle emissioni di diossina. La Legge impone, a tutti gli impianti che producono diossine, di rispettare i limiti alle emissioni di 0,4 nanogrammi allora, in linea con quelli indicati dal Protocollo di Aarhus. [Ilva] La dirigenza dello stabilimento dichiara limpossibilit a rispettare i tempi previsti dalla Legge. [Associazioni] Il 29 novembre il comitato cittadino Altamarea, che riunisce 18 fra associazioni e movimenti ambientalisti, indice una grande manifestazione contro linquinamento. Con lo slogan Vogliamo Aria Pulita! pi di 20.000 persone scendono in piazza.

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[Regione Puglia] Il 16 dicembre viene approvata dal consiglio regionale della Puglia la Legge regionale anti-diossine, con lastensione dellopposizione di centro-destra ad eccezione di tre consiglieri che sostengono la maggioranza per lapprovazione del provvedimento. Un solo consigliere di opposizione abbandona laula al momento del voto.
2009

In seguito allapprovazione della Legge regionale antidiossinae in vista della prima fase della sua applicazione (1 aprile 2009) si apre un forte dibattito circa la sua effettiva applicabilit. [Ilva] La direzione dello stabilimento, oltre a ribadire le sue valutazioni negative delle prescrizioni previste dalla Legge regionale, annuncia ripercussioni sul piano occupazionale. [Stato] Agli inizi di febbraio, il ministero dellAmbiente, recependo le sole preoccupazioni della dirigenza Ilva, convoca un tavolo di concertazione tra Ministero, Regione Puglia, Ilva e sindacati per evitare la paventata chiusura degli impianti e arriva a minacciare il ricorso contro la Legge regionale per incostituzionalit. [Sindacati-Associazioni] Forte dibattito nella comunit tarantina con posizioni sostanzialmente convergenti nel ritenere necessario un punto di mediazione tra le ragioni ambientali e le problematiche occupazionali. Il 17 gennaio Legambiente avvia a Taranto la campagna nazionale Malaria e presenta il libro bianco sullinquinamento atmosferico da attivit produttive in Italia. [Regione Puglia] La Regione Puglia ribadisce lassoluta sostenibilt della riduzione delle emissioni di diossina prevista dalla prima fase della Legge regionale, peraltro gi ottenuta in una precedente sperimentazione (giugno

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2007) mediante limpiego del trattamento con urea. [Stato-Regione Puglia-Provincia di Taranto-Comune di Taranto-Ilva-Sindacati] Dopo una fitta serie di incontri contrassegnati da toni accesi, il 19 febbraio viene siglato a Roma un Protocollo dintesa tra tutti i soggetti coinvolti che rinvia di tre mesi (30 giugno 2009) lentrata in vigore della prima fase della Legge regionale antidiossina lasciandone, di fatto, inalterati i principi di fondo.Vengono stabiliti, nella prima fase, precisi criteri e modalit di monitoraggio delle emissioni e riaffermata la sostenibilit del limite di 0,4 ng I-TEQ/Nmcubo come obiettivo da raggiungere entro il 2010 mediante ladozione delle migliori tecniche disponibili indicate da uno studio di fattibilit proposto dal gestore (entro il 30 dicembre 2009) supportato da ISPRA e Arpa Puglia.

*La cronologia tratta dal libro Vivere con la fabbrica, edito dalla Regione Puglia.

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Bibliografia di riferimento

Patrizia Consiglio, Francesco Lacava, Il caso Taranto. Sviluppo economico lotte sociali democrazia in fabbrica, Ediesse, Roma 1985; Mauro del Monaco (tesi di laurea specialistica), Processo di policy ambientale: il caso Ilva di Taranto, Facolt di Economia, Universit Bocconi di Milano, 2006; Riccardo Mongelli (tesi di laurea), Ilva (ex Italsider) di Taranto. L'italsiderino e il metalmezzadro. Da braccianti e pescatori a metalmeccanici, Facolt di Scienze Politiche, Universit di Siena, 2006; Giacinto Nasole (tesi di laurea), L'operaio di Taranto, una situazione difficile. Il caso Ilva, Facolt di Economia, Universit Bocconi di Milano, 2006; Federico Pirro, Angelo Guarini, Grande industria e Mezzogiorno 1996-2007, Cacucci editore, Bari 2008.

www.comune.taranto.it (Comune di Taranto); www.fiomtaranto.it (sindacato CGIL-Metalmeccanici di Taranto); www.legambientetaranto.eu (Legambiente Taranto); www.peacelink.it (Associazione PeaceLink di Taranto); http://www.rassegnastampacrp.com/rassegna.aspx (Rassegna stampa del sito ufficiale del consiglio regionale della Puglia) www.regione.puglia.it (Regione Puglia); www.rivagroup.com (Gruppo Riva); www.uilmtaranto.org (sindacato UIL-Metalmeccanici di Taranto).

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Ringraziamenti

La colpa di questo libro principalmente di cinque persone. Di Mario Desiati, innanzitutto, che ha detto s e poi ha fatto tutto quanto il resto. Di Antonella Gaeta, che mi vuole bene, forse pure troppo. Di mia madre, Lucia, e mio padre, Costantino, che mi hanno fatto crescere in quella casa. E di Micaela, chiaramente, perch sempre colpa sua. La colpa di questo libro dei miei colleghi di Repubblica, a Bari, che mi sopportano e mi fanno divertire: Stefano, Mimmo, Roberto, Michele, Gianni, Lello, Davide e tutti quanti gli altri. La colpa di questo libro dei miei amici, perch ci sono sempre e ci sono stati anche questa volta: Francesca, Anna, Gabriella, Lorenza, Paolo, Ila, grazie. Un grazie speciale deve andare al professor Giorgio Assennato, perch mi ha insegnato che le cose si possono cambiare. Ma soltanto se hai studiato. Grazie a Vittorio Triggiani, alle sue leggi e alle sue fotografie. E grazie infinite a Mario Diliberto, nonostante la maglia. Grazie a Nico e Vito, per la disponibilit, e a tutti i professionisti della Regione che hanno lavorato ai due volumi su Taranto. Grazie poi a tutti quelli che mi hanno risposto al telefono, o che me lhanno sbattuto in faccia. Che mi hanno dato un appuntamento, o mi hanno fatto un bidone. Grazie a Federica, zio Enio e zia Iride, per tutto. Grazie a Sebastiano Venneri, Alessandro Marescotti, Eligio Curci e a tutti quelli che non ci stanno.

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Indice

Il Vulcano Scusi mi fa accendere Quindici passi Sognando nuvole bianche I bambini mai nati Agnello di dio (ssina) Il lampadario e le scope La polvere Il Vulcano (II) La storia La legge La passeggiata Una cronologia Bibliografia di riferimento Ringraziamenti

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Finito di stampare per conto di Fandango Libri s.r.l. nel mese di luglio 2009 presso Grafiche del Liri 03036 Isola del Liri (FR) Redazione Fandango Libri

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