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Andrea Cappellano De Amore.

versione romana Codice Barberiniano Latino 4086 Edizione di riferimento Codice Barberiniano Latino 4086 Dellautore del De Amore, attestato nei manoscritti col nome di Andrea, cappellano del re di Francia, non si conosce con sicurezza nulla. Non certo che il Gualtieri, a cui lopera dedicata, sia Gautier il giovane, ciambellano del re Filippo Augusto. N definibile con sicurezza la relazione esistente fra lautore e Maria di Champagne, che pure ha tanta parte nel trattato. Lopera fu scritta in latino, forse a Parigi, negli anni a cavallo tra il XII e il XIII secolo. Si tratta del testo fondamentale dellerotismo medievale. Movendo dall Ars amandi di Ovidio, ma con lapporto di altri autori antichi e medievali, Andrea mette a punto una vera e propria summadellamor cortese, riferimento imprescindibile per tutti i successivi poeti e prosatori romanzi che si cimentarono nella materia amorosa. Il De Amore(conosciuto anche col titolo di Gualtieri, dal nome del suo dedicatario) fu condannato pubblicamente dal vescovo di Parigi nel 1277, ma ebbe nonostante ci una fortuna straordinaria in Europa fino a tutto il Trecento. In Italia ne furono fatte almeno due traduzioni in volgare. Una di queste (la cosiddetta "traduzione romana", perch tramandata unicamente dal ms. Barberiniano-Latino 4086 della Biblioteca Apostolica Vaticana) a fondamento del testo qui riprodotto.

Dedica. Cominciasi il libro fatto per Andrea Cappellano, lo quale si chiama lo Gualtieri. LIBRO I 1. O Gualtieri, amico a cui si fae tutto honore, la molta sovrestanza del tuo amore mi stringe tanto chio ti debia manifestare con mie parole e amaestrare con scritture di mia mano come lamore si possa mantenere in istato, e come quelli che no amaestrato possa partire da ss le fedite damore le quale e al cuore. E di che se nuovo cavalero nellamore, e fedito di nuovo di sua saetta, e che non sai aconciamente direggiere li freni di quello cavallo, e non puoi a cci trovare alcuno rimedio. La quale cosa come me gravi e quanto lo mio animo molesti lievemente no l ti potrei dire: imperci so e conosco ch manifesta pruova che quelli ch sopposto a la servitude della luxuria, lo suo animo pi studiosamente non pu pensare altra cosa, se non che possa adoperare con fatti alcuna cosa, acci che magiormente se possa legare delle catene dellamore, e non si crede avere pi cara cosa se non quella che piaccia a colui lo quale ama. [...] di sovrastare a queste cose, n ad alcuno savio se convegno dusare di queste cacciagione, ma perci che io ti porto molto amore, non posso contrastare alla tua domandagione e anche perci che conosco apertamente che pi savia via ti sar dellamore, amaestrato te dellamore, alla tua domandagione i mi pener di sodisfare al megl io che potr. 2. Che cos amore. Che cosa sia lamore. dunque prima da vedere che cosa sia lamore, onde lamore sia detto, che sia lo suo effetto, entra quali possa esere, come lamor saquisti e se ritegna, acresca, menomi e finisca; e di conosciere lamore cambiato, e quello che lluno degli amanti debia fare quando laltro lo nganna.

3.Amore passione. Per certo amore pena. Amore si una passione naturale, la quale si muove per veduta o per grandissimo pensiero di persona chabia altra natura, per la quale cosa alcuno desidera daverla sovre ogne altra cosa: ci che llamore demanda per lo volere dambendui. 4.La passione damore viene da natura. Amore si pena che viene da natura. Che lamore sia passione, lieve cosa da vedere: imperci che anzi che llamore tocchi ambendue le parti, niuna magiore angoscia, perci che lamante sempre teme che lamore suo non vegna a compimento e che non lavori invano. Anche teme lo romore della gente, anche teme ognaltra cosa che nuocere li potess e per alcuno modo, perci che lle cose che non sono compiute, per poca cosa vegnono meno. Que che teme lo povero amante, che lla femina nollabia per ci in dispregio, e se sozzo, che per ci non labia in dispregio, overo che nolasci per un altro pi bello di s; se ricco, dubbia che forse sua scarsit chabia avuta nolli noccia. E vuoli chio ti dica il vero, niun che potesse dire la speziale paura ch lamante. dunque quello amore, il qual pur da luna parte passione, il quale si pu chiamare lamore speziale. Ma poscia che lamore se compie per ambendue le parti, si anno magiore paura, perci che ciascheduno teme che quello chnno acattato per lor fatica, che per un altro non sia lasciato. La quale cosa serebbe pi grave che selli avesse avuta speranza ed ella nolli avesse portato niuno frutto, perci ch magiore dolore perdere le cose chegli e, che quelle in cui e avuta speranza. Anche teme che non faccia dispiacere al suo amore; anche sono tante le sue paure, che tropo sarebe grave cosa a dire. 5.Perch viene da natura. Qui si mostra come la pena vegna da natura. Ma che quella passione sia da natura, apertamente lo ti mostro, perci che quella angoscia per niuno fatto non viene, se noi vogliamo bene guardare la veritade, ma solo per lo pensiero dellanimo, per quello che vede, nascie quella passione. Imperci che quando altri veda alcuno che possa amare e che piaccia a llui, incontinente la comincia a volere un poco bene in suo cuore, poscia, quanto pi ne pensa, pi se aprende nel suo amore infino che vegno a pi pieno pensiero, perch poscia comincia a pensare le sue fattezze e a distinguere le sue membre e a imaginare li suoi portamenti, e di cercare le secrete cose di suoi secreti membri, e di farne di ciascuno membro al suo volere. Ma poi ch avuto questo pieno pensiero, lamore non sa retenere li suoi freni, ma tosto viene a fatto, imperci comincia a domandare aiuto e trovare misso fra lloro, e comincia a demandare tempo e luogo convenevole di parlare, e la piccola ora li pare uno anno, perci che lanimo desideroso tosto non gli sodisfa, e monte cose gli avegnono in questo modo. E dunque quella passione da natura per veduta o pensiero. Non ogne pensiero basta allamore, ma quelo ch sanza misura, perci che misurato pensiero non riede a la mente, per di quello non pu nasciere amore. 6. Il fine del desiderio dellamante. A che fine vegna tutta la voglia dellamante. Questo spezialmente si da notare, che lamore non pu essere se non tra maschio e femina. Perci che tra dui maschi e tra due femmine lamor nonn luogo, perch non sono aconcie di sodisfare luno a laltro secondo che lamore comanda naturalmente, perci che quello che natura non vuole, lamore se vergogna di farlo. Altro pensiero n altro desiderio no e lamante, se non davere la persona la quale ama, anche desidera di compiere collei tutti li comandamenti dellamore. Dunque, a lamante ognaltra cosa li pare niente apo lamore, perci che quelli ch diritto vorrebe anzi perdere tutte ricchezze e ogne altra c osa sanza la quale homo non potrebe vivere, che lamore chelli o che spera davere. Adunque, che cosa vorebe luomo avere in questa vita, per la quale volesse stare a tanti rischi, s come fanno li amanti per lor volere ogne die? Noi vegiamo dispregiare loro la morte, non temono minaccie, guastare il loro avere e divenire poveri. Ma il savio amante no struga il suo come fanno assai, ma de pore modo a la prima a le sue spese, perci che quelli che diventa povero si comincia a cambiare lo viso e a pensare molto e no si pu raregrare, e

per ci diviene melanconico, cos si cambia da lamante suo e mostratisi strano. In cotale guisa si viene meno lamore, il quale sempre crescie o menoma. Dunque manofesta cosa: quando diviene povero, s viene meno lamore, perci che povert nonn onde il notrichi. Questo non ti dico io, Gualtieri amico, perch tu seguiti lavarizia, la quale ciascheduno sappia che niuna cosa non pu stare con lamore, ma dicolti perci che ttu non sia distrugitore del tuo, ma debbi essere largo con ambendue le mani. Sappie anche che lamante tutto ci che vuole non pu avere da laltro, se non suo volere. 7. Origine della parola "amore". Onde se derivi in questa parola Amore. Amore detto da amo verbo, il quale significa pigliare o essere preso, per che quelli chama si preso di catene damore e altrui vuole prendere col suo amo. Come il pescadore che con sua esca e con suo amo singegna di prendere i pesci, e cos quelli ch preso damore: con sue arti si pena di trarre a ss altrui, e mette tutta sua possa di ffare di dui cuori uno, o, fatti, di mantenere in uno volere. 8. Effetto damore. Delleffetto dellamore. Questo lefetto dellamore, che quelli ch diritto amante non pu essere avaro, e quelli ch aspro e no adorno e quelli ch di vil gente, s l fa ben costumato; e superbi fa umili e lamoroso molti servigi fae con umilitade ad altrui. Molto gran cosa lamore, che fa luomo cos vertudioso e ben costumato. Anche ne lamar una cosa molto da laudare, che fa lamante quasi casto, perci che quelli ch inamorato a pena potrebe pensarse a unaltra, e a pena pu sofferire lo suo animo di guatare unaltra. E questo voglio che tti sia a mente, Gualtieri amico, che se lamore fosse s iguale, che li suoi nochieri dopo la molta tempesta menase a buon porto, io sempre starei legato di sue catene. Ma perch non fa iguaglianza, s sospetto in lui e rifiuto piatire sotto lui, perci che spesse volte lascia i suoi nocchieri in tempestate. Ma perch ci adivegna, forse altrove il ti mostrer. 9. Chi pu amare. Qua persone siano aconcie a potere amare. 1 Or da vedere chi possa amare. E sappi che quelli ch suo senno e pu compiere sua volont, puote amare, se letade o la ciechezza e essere troppo luxurioso non li impedimento. Letade impedimentiscie luomo dopo LX anni, la femina dopo L; avegna che luomo possa fare il fatto, non puote amare, per che llo naturale caldo viene meno e la frigidit li abonda, che fa luomo pieno di molti dolori e di molte infertadi , e in questo mondo non li pare altro sollazzo se nno lo manicare e l bere. Anche la femina anzi XII anni, e il maschio anzi XIV, non pu amare; anche per fermo lo ti dico, canzi XVIII anni il maschio non puote essere diritto amante, perci che poca cosa infino allora il fa vergognare, la qual cosa nuoce ad aquistare lamore e laquistato spegne. Ma questa migliore ragione: che no in lui stabilitade, ma vano in ogni cosa, n non potrebbe pensare le secrete cose dellamore. Perch la femina possa pi tosto amare che luomo, forse altrove lo te dir. 2 Lo cieco non p amare, perci che non pu vedere ci onde abia grande pensiero, per non pu amare, s come detto . Ma questo vero in volere amare, ma sinanzi che fosse cieco lavesse aquistato, puotelo ritenere. Essere troppo luxurioso fa impedimento a lamore, per che quelli ch di troppo volere non si pu legare damore, anzi, quante ne vede, tutte le vuole, poscia chelli sintenda in alcuna, overo chelli labbia avuta, e l servigio che n avuto lo dimentica e nolli ne sa grado. Lamore di questo cotale come di cane, ma noi glaguagliamo a lasino, per che se muove per natura de le be[stie], ma non per quella natura che sceveri gli uomini dalle bestie. De cotali amanti altrove se ne dir. 10. Come sacquista amore. In che modo saquisti lamore.

Aliquanti dicono che in cinque modi saquista lamore, cio per bellezza, per belli costumi e per savere bene parlare e per ricchezza e se la femina si d tosto a luomo. Ma mia sentenzia di tre primi modi che lamore saquisti, e non per li due ultimi, s come t mostrato en su luogo. La bellezza con poca fatica aquista lamore, spezialmente della semplice, per che lla non savia non crede che sia altro bisogno se nno essere bello e ben fatto e andare bene aconcio. Lamore di questi cotali nolodo e no l biasimo, perci che llamore ch tra semplici e poco savi non pu durare lungo tempo, e non sanno come lamore sacresca, per che lamore ch palese non cela la vergogna dellamante, anzi la d rea nominanza e falane pentere spesse volte. E dura quello amore rade volte, ma se deviene forse che duri, non possono avere lor sollazzo come soleano, perci chella si guarda pi per lo detto della gente e non si lascia cos favellare lievemente e fa pi soliciti i regimenti suoi, anche ne nascie nimistade. Infra questi cotali lamore non pu cresciere come dee, anzi nnno magiore pena, per chandiamo ove ci vietato e volemo le cose negate. Lo savio dee aquistare tale amore che sia savio e ben costumato, non quello che si porti e lisci come femina, per che non saviene a uomo lisciarsi come femina o porese mente sopra. E l buono Ovidio, reprendendo, disse che cotali giovani adorni come femina si partissero da noi, percha luomo si conviene daconciarsi poco. Ma se vedi la femina che sia molto lisciata, no lamare, se ttu nolla vedi prima un altro die quando no festa, per che quella cotale non suole essere bene costumata. Come t detto nelluomo, cos ti dico nella femina, che solo non guardi a la bellezza, ma a buoni costumi. Guardati dunque, Gualtieri, che femina vana non tenganni, per che tant la sua malizia e l suo ingegno, che legieremente non ti potresti partire dal suo amore, da poi che fossi usato collei. Li buoni costumi aquistan lamore. Dunque il savio e la savia no lasci perch l suo amore sia sezzo, selli buon costumi, per che quelli ch savio e cortese lievemente non falla nellamore e, per offesa che facesse, non partir da ss il suo amante e sempre lo potr mantenere celato legiermente. Il savio, se eleggie savia amanza, con sua dotrina la fa pi savia, e la poco savia la fa savia, per amerai davere savio amore. Similemente, la femina non guardi a bellezza n ad adornezza n onde sia nato, per cha neuno piace luomo che nno e senno. Dunque, il senno quello che fa luomo gentile e bello, per cha la prima, quando noi fummo tutti dun uomo, n bellezza n bene adornarsi n ricchezza non ci fe gentili, ma solo li buoni costumi. E molti, che prima fuoro gentili, son devenuti de vil gente per lo non senno, e per contrario, de vil gente, gentili. Dunque, solo il senno degno di corona damore. Il savere parlare s fa muovere ad amare + ma no amare +, pr che llo ben parlare e composto s muove altri allamore, e d tenuto savio. La qual cosa come se faccia, in poche parole lo te mostrerr. 2. A cci in prima ti d questa dotrina, che delle femmine altre sono di popolo, altre gentile, altre pi gentili. Quella ch di popolo tu lo ti sai, la gentile quella ch nata di valvassore o di barone, overo quelle che sono lor moglie, per chnno la gentileza per lo marito; la pi gentile da barone in s. Similemente diciamo de maschi, se non che non muta suo stato se per moglie gentile femina o non gentile, ma ne maschi si un grado pi che nelle femine, cio gentilissimo s come il chierico. 11. Se il plebeo deve parlare a plebea. Come debbia parlare lomo del popolo alla donna del popolo. 1. Quando vai a parlare, in prima la d salutare secondo usanza. Ma questo abi per regola e tutti li amanti, che dopo la salutagione non cominci a dire incontanente "i tamo", perch cotal cominciare si fa a femina di poco affare. Anzi di tacere per spazio convenevole, s che sella vuole parlare prima, che parli. Per, sella comincia, siane lieto, se ttue non sai ben dire tue parole, ch te mostra via di parlare, perci che sono molti che quello chnno bene pensato dinanzi da lloro perdono, s che non sanno dire quello che deono. La matteza de quali molto da riprendere, per che non saviene a niuno, se no ben parlante e savio, andare a parlare coloro. Ma se lla femina stesse troppo a parlare, comincia saviamente a dire e ad aventare da lunga cota parole da ridere, o a lodare suo paese o sua gente o lei, per che lle pi delle femine amano dessere lodate e credono che sia tutto vero ci che si dice di loro, spezialmente quelle del popolo e le forese. 2. Dopo quello, s dirai cos: "Quando Dio ti fece non avea altro a ffare: alla tua bellezza e al tuo savere no mi pare chabia alcuno difetto, e non i in te cosa che non sia da lodare, se non che non dai lo tuo amore a chicchessia. Maravigliomi molto che se s bella e s savia femina e lamore cos longiamente lasci stare in pace. E beato quelluomo che tu amasse, se cominciasse a volere amare! Per che se per mio merito io fosse degno di tanto onore, niuno crederrei che ssi potesse essere in pare". 3. Responde la donna: "Le tue parole paiono che portino bugie, per chio non sono bella, e di chio sono quasi pi bella chaltra, e con ci sia cosa chio non sia savia, s di chio sia savia, per la femina che sia

nata come sono io non se rechiede gi senno, perci che quella ch nata de vil gente non si d accattare per savia". 4. Responde luomo: "Usanza di savi di non lodarse in alcuna cosa, e di ci sono tenuti savi. Ma perci ch loro costume di parlare s saviamente, no luogo illoro lo proverbio che dice: "Sozza cosa a lodarsi se medesimo". E tu, volendo schifare quello, s tti lasci lodare altrui, per che tanti sono che tti lodano, che sarebe impossibile a dire, volendo usare veritade. Anche pi, ch udito portarti pregio a coloro chnno diritto di volere male a tte e a tua gente. Ma se ttu credi per mio dire che non si bella, di ci d conos ciere chio te vo bene, per che tutte laltre mi paiono neente apo tte, perci che lamore a questo in s: che lla rustica fa parere bella. Anche dicesti cheri nata di vil gente: tanto maggioremente se da lodare e pi gentile, con ci sia cosa che solo il senno, e no altro, faccia altrui gentile e di buono essere. E i buoni costumi chi, ti fanno gentile pi cha nulaltra per natura, perci che Dio da cominciamento ci fece tutti iguali, e saremmo ancora, se non fosse il senno e l bel portamento, che fece luno pi gentile che laltro".5. Responde la femmina: "Si sono s gentile, come tu die, e tu sie di popolo, brigati damare una tua pare, e io che sono gentile, amer uno de gentili, per che i gentili e popoleschi, chabiano diversa natura, non si fanno insieme". 6. Responde il plebeo: "Assai sarebe buona la tua risposta, se lli buoni costumi facessero gentili pur le femine, ma anche negli uomini si truova ci, per forse a torto mi caccieresti datuo amore, con ci sia cosa che lli miei costumi forse mi fanno gentile. Adunque sappi prima se sono in me, e se truovi chio gli abbia, non mi dei torre la speranza del mio amore, per che magioremente saviene a quella ch gentile per costumi amare una simile a s, che unaltra che sia gentile e no abia senno. 7. Anche pi che se lli fosse di natura e per senno, per che questi le da se medesimo e non da altrui e per sua bontade, ma quelli ch per antichitade e da suo ascendente quasi come si fosse lasciata. Dunque, magiormente la colui gentilezza pi che lla costui da laudare, perci chio veggio che quello n pi degno donore, ch aquistato sovra quello che lli fue lasciato assai terra per suo senno, che quelli ch mantenuto in istato che gli fu lasciato. Dunque, se truovi in me buoni costumi, s ttaumilia in verso di me, e almeno mi d la speme di tuo amore acci che viva, per che non curo di mia vita, sio nollavesse". 8. Responde la plebea: "Avegna che ttu sie per lo senno da laudare, io che sono giovane, non voglio amare vecchi". 9. Responde il plebeo: "La vechieza no da biasimare, per che tutti dovemo a cci venire, dach Dio vuole, a cui non si pu contrastare. Dunque, che nne potti fare, dach ordinato era per lui, se non mindugi a nascere? Per nonn mia colpa, s i sono di tanto tempo, anzi, se fossi savia, ci mi dovrebe giovare e non nuocere, per che in cotanto tempo feci cose onde son da lodare, e cortesia e servigio feci a cui potti e anche altro tanto bene, che niuno in poco tempo lo porrebbe fare. E per ci so no pi degno di gran servigio che s io avesse poco tempo, per che in poco tempo poco bene si pu fare. Ma quando pi serve e servigi fae, dessere servito pi degno, che colui che poco serve. Dunque manifesto si , e ragione il vuole: chi pi serve, abia magiori servigi appo Dio e appo i segnori terreni. Ma ci dico non perch io sia vecchio, ma perch sia certa e no erri, che quelli che no XVIII anni no damare perch a pena da credere che non sia vano in tutte cose. N per canutezza non si conoscie bene la vecchiezza, perch ogne die vedemo lo ben giovane essere canuto e l molto vecchio no essere. Dunque, mei si conoscie al cuore chal pelo". 10. Parla lo fattore del libro: "Ma poni chuno sia molto giovane, forse cos dir la femina: Tu non se di quelletade che ttu sie savio per amare, onde se molto da blasmare a domandare quello di che non sie degno, per che molto d essere savio e aver fatti prima assai beni, che domandi amore di savia donna. Ma che senno sia in te, o fama di tua bontade, non posso vedere n udire, per che s arditamente adomandi s gran cosa. E perci che s io volessi amare, molti lo vorebbeno che sono di grandessere e di molto senno, de quali potrei avere uno. Dunque, anzi che tu ladomandi, fa quello per che ne sie degno". 11. Responde luomo: "Sio non credessi che ttu il dicessi per gabbi e per farmi vergognare, direi che in ci che tu erassi molto. Ma io confesso che quelli ch ben fatto pi degno dessere servito, ma questo certo, che niuno bene n cortesia si fa se non viene dallamore, per che llamore fonte e cagione del buono scolaio. Dunque, cessato ci, conviene che non sia buono, perci qual bene che si faccia se non per forza damore? Dunque, quello chio ti domando mi dei dare, acci che da tte abia cagione di ben fare e dessere ben costumato e non vano, per che magiore onore ti sar se mi dai il tuo amore per grazia, overo speranza daverlo, che per servigio che tti faccia in prima, perch allora il dovreste fare, ma ora il fa di sola gr azia. Anche, no pi da lodare il maestro che lo rozzo disciepolo fa savio, che se l savio fa pi savio? Dunque, io che sono nuovo e rozzo nellamore, adomando che ttu mamaestri della tua dottrina, per che grande onore ti sar se ttu mamaestri, perci che se conviene a rozzi e non savi di servire a tale amore onde possano essere savi".

12. Responde la donna: "O giovane, tu di contro ragione dellamore, perch lamore comanda: chi pi serve degno di magiore onore e di magior servigio. Ma pognamo che fosse vero quello che ttu die, nocerebbe a coloro chnno fatto bene e gioverebbe a coloro che nollnno fatto. Di anche che vuoli essere amaestrato da me, questa fatica s lla rifiuto, per che mme bisogna daverlo savio, e non chio lamaestri. Dunqu e, se vuoli aparare, va a Parigi e no alle femine, per che troppo matto, quelli ch rozzo nellamore, a volere amare femina che sia savia". 13. A ci responde lo plebeo: "Molto me maraviglio che s sottilmente ti sforzi di riprendere mie parole, po che non intendi bene quello chio dissi, ch iera magiore tuo onore se per grazia mi dessi lamore, che per servigio chio tavesse fatto. Cos lo dei intendere, perci che se dui sono chabiano uno tempo, e luno abia fatto bene e laltro non possendoli fare, questi non damare, ma quelli che fece il bene. Ma ttu metti in quella regola il giovane, forse cha pena potuto fare bene; dunque, in questo caso questi anzi da volere amare, che colui ch servito, non chio dica che ne sia pi degno, ma perch magior bene si seguita al mondo. S come si truova di Dio che si ralegra pi quando uno peccatore si converte, che se LXXXXVIIII iusti megliorano, e questo per lo bene che se ne seguita, cos fa meglio la femina salcuno meno che buono faccia bono, che se l buono fa migliore, cio com a Dio magior guadagno dun peccatore convertito, che di LXXXXVIIII iusti megliorati, cos al mondo che se alcuno men che buono diventa buono, che se l savio diventi migliore. Ma quello chio dissi, che piutosto era damare quello che non fece niuno bene, che quelli cavea servito, ci no vero nel quarto dellamore, ma ne III che sono inanzi a quello grado. Ma se ttu non puoi ci bene intendere, io il ti far intendere. Anticamente sono IIII gradi nellamore: il pri mo in dare speranza, il secondo in basciare, il terzo dabracciare, il quarto in darsi tutta la persona. Dunque, quello che dissi, se dui sono e luno fece molto bene e laltro no, chabia poca etade, che questi che non fece alcuno bene in questo caso anzi damare no nel quarto grado, cio in darsi tutta la persona, ma nel primo, cio in dare speranza. Per che se lla femina volesse amare incontinente in quarto grado, anzi de amare colui ch servito, che quelli che no fatto alcuno bene, perci che di colui sicura e di costui no, ed mattezza lasciare la via vecchia per la nuova. Ma lle savie cos tosto non si deono dare, che di dietro mettano lo freno, anzi andare a grado, per che prima deono dare intendimento, e sella vede che di ci sia degno, non dubi dandare al secondo, e cos, a grado a grado, al quarto, se di ci il truova degno in tutto. Se mi domandi perch in questo modo il giovane che non fece alcuno bene sia damare nel primo grado, e quelli ch servito nel quarto, s l ti mostro apertamente, per che no biasimo alla femina sanza niuna cagione insino al terzo grado partirse dellamore, ma non si pu partire sanza iusta cagione quando ella nel quarto grado dellamore, e questo non solo perch confermato lamore, ma perch dato cos gran cosa della sua persona. Per, che cosa non pu dare magiore, che lla sua persona sopporre ad altrui? Certo niuna. Ma quello che dicesti, che volevi anzi amare un savio che llo rozzo per ischifare fatica, non mi pare buono detto, perci che pi dolce frutto pare ad altrui de lalbero ch piantato, che quello dellaltrui, e pi caro la cosa ove dura fatica grande, ch quella ove dura piccola, e sanza gran fatica non snno le grande cose". 14. Responde la plebea: "Se sanza grande fatica non snno le gran cose, dunque, per che quello chadomandi si una delle grandi, molto ti conviene a faticare, anzi che ttu labbie". 15. Responde lo plebeo: "Molte grazie ti faccio di ci, che s saviamente mi promesso il tuo amore dopo la molta fatica. E non voglia Dio che n io n altri possa avere lamore di s savia, se prima no l merita, per che non se somiglia che s savia femina dea il suo amore altrui cos di lieve, e che de servigi che riceve, che no gli meriti". 16. Responde la donna: "Non sarebe ragione che quelli che fa bene nonn ne receva merito". 12. Come il plebeo deve parlare a gentil donna. Come parli lo plebeo alla gentile donna. Se vuoli rechiedere damore la gentile donna, se lla truovi semplice, n pi n meno puoi dire a llei come a quella di popolo, salvo che puoi sovrastare a le lodi di sua gentilezza. Ma sella savia e acorta, guarda di poco sovrastare a sue lodi, perch se ttu sovrastai a lodarla pi che si convegna, si crede che non sappi dir ben tue parole, o che lla voglie ingannare, o che lla tenghi matta. Dunque, dopo lo cominciamento, cos dei dire: "Se potessi costrignere lo mio volere, assai cose tacerei, le quali io dir, per che llo mio cuore tanto mi stringe dandare oltre che mia natura porti, e adomandare quello ondio non sono degno. Ma se lamore mi fa dire cosa che non debia o non sappia, priego voi che me degnate intendere e perdonare, per che son certo che llamore costringe damare altress luno come laltro, non faciendo differenzia se bello o sozzo, o onde

sia nato, o se maschio o no, o se sia pi gentile dellaltro, ma solo se puote amare, perci che llamore seguita la natura. Dunque lamante non de altremente guardare, se non come fa lamore; per, s come lamore saprende in ciascheduno, cos gli amanti non debono guardare altro, se non che sia fedito damore. Dunque, per questa ragione posso amare quella che m in volere, se in me no difetto di buoni costumi. Ma se mi volete intendere umilmente, solo ci domander che per ragione non mi potrete vietare. Ma se lle mie parole vi movessero a rispondere agramente, s me far troppo grave male e nuovo dolore, perci che per li tempi passati la saetta devostro amore m fedito, e che tutta mia forza v missa per celarla, non perchio creda essere reo cavaliere a cci, ma perch io ridottava la vostra grandezza. E lo vostro viso mi turba s lo mio ingegno, che non mi ricordo di ci che dire vi dovea. Degnamente, dunque, celava il mio dolore, ma quanto pi il celava, tanto pi crescieva. E tanto il mio dolore tenni ascoso infino che non mi vinse per sua potenzia, s me costrinse a domandare gran cosa e medicina al mio dolore. Voi siete quella che mi fate dolere, che me potete sanare, e voi tenete imano la mia vita insieme colla morte. Per che se me date quello ch domandato, mi rendete vita e molti sollazzi, e se no, la vita mi sar pena e dolore, la quale cosa pi grave che di subito morire, perci ch meglio a morire di subito, che vivere in tante pene. Ma tutto ci che l mio animo volea dire no l vi scuopro, ma solo Idio sa quello che muto vuole". 2. Responde la donna: "Grande meraviglia mi do, che a volere cotale cosa fare, come il cielo e lla terra si sostegno e l mondo non pericola. Ma s io non lasciasse per mio onore, io ti darei a divedere che ttu avessi mal detto. Ma per che sarebe mio disinore dusare villane parole, s me ne soffero a tanto e responder alle tue parole. 3. Chi se tu dunque, che mi domandi questo servigio, ben lo veggio e onde tu se nato. Ma ove si truova magiore ardire di volere disporre ci chanticamente fu ordinato per li savi, se quello amore che tutta la settimana intende al guadagno delle merce, la domenica adomandi damare e dusurpare? Per no indarno e sanza cagione alla prima fu ordinato ci, ma perch ciascheduno istea in suo stato e contento a quello che lli si fae, e non sia ardito di volere laltrui cose, che per natura non sono sue. Dunque, perch tti sforzi come malizioso di volere rompere ci che per li antichi sordin, e li comandamenti dellamore, e di stenderti pi che non se lungo? Ma pognamo chio fossi s fuor del senno ch i tasentisse, non saresti di tanto cuore. Per che llucciello laniero per suo ardire non pu prendere fagiano n pernice; dunque, a falconi e agli astori di natura si fa cotal preda, e nonn a nibbi. Per ci mi pare chabi poco senno quando tu domandi il mio amore, n non ti puo difendere a ragione di quel che dicesti, che llamore non fa forza chi altri sia, ma solo se pu portare larme dellamore e possa amare, e che gli amanti altres non deono fare forza, se non s fedito damore quelli che domanda dessere amato. Ma io ti confesso bene che lamore costrigne ogni uomo ad amare, ma laltro che seguita, che non sia da dar forza se non sama collui chadomanda essere am ato, non per, ch non vero; perch, fosse vero, non avrebbe luogo la parola che dice che lamore non fa iguaglianza, la qual cosa pi vero; per ci, dunque, il tuo dire non luogo, ma l misi. Ma se ttu volessi dire ci chasai linguagi si sforzano che lamore non de essere chiamato giudice perch non fae diritto, ma neente meno d essere chiamato giusto giudice, per che llamore non fa torto sanza giusta cagione. Per ci quando lamore vidde che per natura luno potea amar laltro, troppo sozzo asempro li parea di porre i suoi padiglioni dirimpetto a cci che faccia amare colei il cui amore si domanda. E se questo fosse, micidio, e un lavoratore di terra e quelli che va per lo pane vorebe amare una reina. Ma questo non potrebe essere n divenire, perci lamore dato a tutti questo arbitr[i]o, che quelli ch amato possa amare, se vuole, colui che lama, o no. Ma pognamo che fosse vera la regola tua, cio che sempre quelli chama fosse amato, al natural corso dunaltra regola sarebe contraria, per che ogni uomo amerebe pi volentieri una gran donna, che lla minore di s o pare; e la femina, altress, un magiore uomo di lei o su pare, pi volentieri chun piccolo, secondo la natura di quella regola. Dunque vedi che nvano lavorato e perderesti tua fatica". 4. A ci cos risponde lo plebeo: "In ci si mostra vostro senno, che s bene e s piano mavete risposto, per che fate ritratto l onde voi siete. E non si pu meglio conosciere la savia e la gentil donna, chavere in s dolci parole, e niuna cosa pi contraria a cci, che laspre e le villane parole. Ma quello che dite, che sapete chi sono e onde, molto mi maraviglio, perci che veggio che molto in ci errate e che vogliate tenere la via di coloro che nno amano quelli che sono savi e non gentili, e amano i belli e gentili e non savi. La qual cosa come sia sconcia assai grave da dire, per che certa ragione lo vi mostra, di non potere negare che [per] buon costumi e per senno e cortesia fu, da la prima, gentilezza. Dunque, se li uomini son gentili solo per buon costumi, to via questo errore ch in te, e solo ci ti faccia amare. Ma quello che mi dicesti delle merci e non proverando, se voi intendeste bene, per niuna ragione no mi dee nuocere, perci che guadagnando delle mie merce senza disinore, s servo a quello che debbo, per che vo fare cosa che ssi dica a mia natura, e di ci toglio via il biasimo delle genti, per ch lloro usanza de dire chaltri de far quello che porta sua natura e su arte. Ma perchio il guadagno che faccio malamente non raguno per lo tempo che d

venire, ma s spendo come debbo, quand tempo e luogo, in ci si conoscie mi senno e mia gentilezza. Anche, sio non guadagnasse con lealt e con onore, la scura povert mi terebbe, imperci non potrei adoperare la gentilezza, e cos sarei gentile in detto e no in fatto, la quale gentilezza e cortesia altri non pu credere che ssia. Anzi, se l povero usa parole di cortesia o di larghezza, luomo ne fa beffe dicendo: "Questi vuole essere largo e no neente". Ma s ricco, s pu servire secondo che porta sua natura e sua possa, per che non viene da senno di dare il suo ad altrui s tosto come li escie la parola di bocca. Ma se ttu moponi: "Perch se solicito al guadagno, dach tti puoi stare?", per quanto pi so n ricco, meglio posso donare. Anche quello che dicesti, che ciascheduno d stare contento a quello che lli si fa e no amare pi alto, no l posso negare. Ma s i son ben costumato, credo veramente essere de gentili e aver gentilezza, e cos il senno mi fa stare infra llordine de gentili, e per ci non mi dovete riprendere si vamo, perch me se mostra la gentilezza per lo senno che per natura. Diceste anche, se voi mi credeste a ffare quel ch i volessi, che l mi cuore non potrebe comportare s gran cosa. Ma molto matto quelli che piglia larme che nolle pu portare, e niun comperi tal cavallo che per sua forza no l possa direggiere, perch gli uomini ne fanno beffe. Confesso bene che troppo gran cosa quello chio vadomando, ma se credete ch e non sia suficente a cci, priego voi che quel mi diate per grazia che senza biasimo della gente mi potete dare; e se voi credete chio non ne sia degno, e fatene beffe e voi e chi voi volete! Ma i gran fidanza che il franco cuore mi fa domandare cos gran cosa com i domando, se lla vostra grazia mi fa cci, s lavr molto caro. Ma quel che voi diceste del nibbio e dellucciello laniero, a ragione non mi nuoce, perci che lardire solo que che [fa] buono il falcone e gli astori e li sparvieri. E talora s vedemo il falcone laniero pigliare i gran fagiani e le pernice per sua possa, per che spesso aviene che piccolo cane prende gran porco e, per contrario, molti gentili falconi vedemo avere paura delle passere e essere cacciati dallucciello laniero. Dunque, se l nibbio e lucciello laniero si truova prode ed ardito oltre sua natura, degno davere pertica dastore e di falcone e dessere portato per li cavalieri. Dunque, s i sono migliore che mie parenti, nommi si fa dessere chiamato nibio, anzi mi si fa il nome del falcone. N non dispregiate qualunque chabia senno, con ci sia cosa che de pruni nascono le rose, e che lloro che si truova in un vil vasetto non perde per sua bont. Ma quello che dissi, che niuno dovea porre mente ad altro, se non se fosse fedito damore quelli che domandava dessere amato, per le tue parole stesse so che nollo intendi bene, per che lla generalit delle parole no l ti danno a intendere. Perci quel chio dissi, che lamante non dovea distinguere, e cos lo ntendi: che non d dare altra forza quelli ch amato, se quelli che llama gentile o no, ma solo s savio o molto costumato. Dunque, bene luogo la parola che lamore talor non fa iguaglianza, ma, avegna che talor non faccia iguaglianza, nonn per ci da riprendere. Dunque, basta se llamore d a luno degli amanti del su odore e faccialo cominciare, e a laltro arbitrio damare colui ch fedito damore, se fa quello che piaccia a lamore, e se no l fa, d avere lo contrario. Per, dunque, lamore dato larbitrio che quel ch amato ami, se vuole, e non ami, se non vuole, per ch pi degno donore quelli che l fa per grazia, che quelli che l d fare. E questo si a similitudine di Dio, che mostra la via del bene e del male a luomo e lli dato arbitrio di fare quel che vuole, promettendo, se fa bene, che navr buon cambio e, se fa male, daverne pena eternale. Per de la femina ben savere se quelli che lama degno del suo amore e, se vede che nne sia degno, s l dee amare, sella no legata daltrui. Dunque, se no tenuta ad altrui, per niuna ragione si pu difendere che nollami". 5. Cos risponde la femmina al detto del plebeo: "Con tante parole tingegni di dofendere il tuo errore, che troppo mi sarebe grave rispondere a tutte, ma s tti risponder ad aliquante. Tu dicesti che solo il senno era degno damare e che fae luomo gentile, dunque indarno per antico fue trovato la gentilezza con cos aperta ragione, comella fu, se quelli dovea essere gentile chavesse senno e buon costumi. E mestieri che no diciamo che llavorassero invano coloro che lla trovaro la gentilezza, la qual cosa come sia gran bugia, no mestiere di farne pruova. E per ci dico per fermo che non dee adomandare pi che lli si dica, ma secondo chegli dee adomandare sua pare o quasi, e cos lo stato di ciascheduno si manterr e ricever servigio secondo la sua fatica. Ma perch non si convegna della tua arte di guadagnare, ci non riprendo, ma perch ttu vuoli amare gentil femina, la qual cosa molto sconcia e piena di gran dolore. Ma perch tu spenda largamente e bene, ci s tti fa degno damore di tua pare. Avegna anche che l falcone talora intra falconi sia cacciato da lucciello laniero, neente meno detto falcone e lucciello laniero, laniero. E cos tu o senno non ti lascia stare infra tuo ordine, ma s ti facesse buon plebeio e degno damore di buona plebeia. Per si manifesto: poich non sia legata daltrui amore, tu non ne se degno, s come cosa che sia altrui". 6. Risponde lo plebeo: "Avegna chio non voglia contrastare alle vostre parole, non vegio per niuna ragione che, se l plebeio per senno meglio che l gentile, perch non sia degno damore pi che l gentile, con ci sia cosa che no siamo nati tutti dAdam".

7. Risponde la gentile donna al plebeo: "Meglio se fa a la mensa di re cope doro, che in quella del povero o del villano, e pi se conviene di cavalcare un cavallo magro e trottante, chun asino molto grasso e soave e bene andante. Dunque, di ci s tti rimani ch non ti si apartiene". 8. Responde lo plebeo: "Avegna che ttu da tte mi cacci, mentre chio viver non mi partir del vostro amore, per che s io mai del mio pensiero non debbia avere niuno frutto, non rimarr che lla mia speranza non mi dea gioia e sollazzo in tutta mia vita e, forse, che per aventura Dio ti mover a pietade del mio dolore". 9. Responde la gentile donna: "Dio al tuo servigio te ne renda degno merito". 10. Responde lo plebeo: "Solo questa parola mi d buona speranza, e io priego Iddio che sempre vi debia ricordare di me e le mie parole in voi truovino buon porto". 13. Come il plebeo deve parlare a donna gentilissima. In che modo parli il plebeo alla gentilissima donna. 1. Se quelli del popolo vuole amare una gentilissima donna, acci che ne sia degno, bisogno che sia molto savio e pieno di buon costumi e chabbia molta buona fama dalla gente. Per che gran disinore e gran vergognia alla gentil donna amare pi basso di s e non suo pare o magiore, se il senno con tropo magior peso non ristori la gentileza. Per che non pare verisimile, apo i savi, che sia tanta bont nel picolo uomo che passi, di senno e di valore, magior di s e l gentile + acci che sia pi degno dessere amato e no il gentile + E questo mostra il detto de laici, che tal cosa se mostra di fuori che no dentro e tal s men che di paruto. Dunque, luomo del popolo di molto senno de passare il gentile o l pi gentile, acci che dalla gentilissima donna sia pi degno dessere amato. Perch, quantunque il plebeio si truovi buono, pare troppa sozza cosa e, spezialmente intra lla minuta gente, che sia tropo gran caduta e sciesa se lla contessa o marchesa, o una lor pare o magiore, ami uno di popolo, per cha la prima si da dar fede chella il faccia per troppa luxuria chabbia in s, la quale in tutto, s come ti mostrer, da dispregiare, se la molta buona fama del plebeio none togliesse quel biasimo. Dunque, perch non d amare la gentilissima donna il plebeo, se in ogne cosa lo truova savio e valente? Rispondo chanzi d amare il gentile o l pi, se se truova altres savio o pi, ma se nonn cos savio, d amare anzi il plebeio, ma imolti modi in prima lo dee esaminare, anzi che sia degno davere suo intendimento, per che quello che viene oltre natura, dalcuno picciolo vento li nuoce e poco dura. E perci che talor nascie ducello laniero, secondo che ssi dice, che per suo ardire piglia la perdice; ma questo, perch oltre sua natura, lo suo ardire non basta pi duno anno, compitandolo dal d che nascie. Dunque, dopo la molta pruova, se l truova degno nellamore, la pi gentile lo pu amare e possono usare le parole tra lloro, secondo ch detto di sopra tra l plebeio e la gentil donna. 2. Pu anche in questo modo il plebeio usare di parlare: "Di sovrastare alle lode di vostra persona non si conviene, per che gran parte del mondo sono manifeste, anche lodare altrui dinanzi, pare che l faccia per lusinghe. dunque ora il mio proponimento, per lo quale io son venuto, di proferere a voi li miei servigi e di pregare quanto posso che lli ricieviate, e priego Idio per sua grazia che mi de[a] a ffare quello che sia vostro volere. Per ch i son di questa volont di servire non cha voi, ma ad ognaltra persona per voi con buon cuore; per ch i ferma speranza che della mia fatica non abia da voi buon frutto. Ma se lla mia speranza fosse sanza frutto, dopo la molta pena e ancostia mi converebe morire, se lla speranza forse no matasse, avegna che vana, per che lla speranza sola, avegna che possa ingannare, quella che mantiene luomo". 3. Parla la donna: "Mio proponimento no di rifiutare n tuo servigi n gli altrui, n chio nonn ne renda cambio del servigio chi l mi far, per che tropo fa vergognare colui che profera il servigio e d a vedere che sia tropo avaro. Dunque, quelli che serve volentieri altrui, non senza ragione riceve il servigio. Ma se ttu se inviato in altro luogo e pare adomandare quello di che non saresti degno, per che s come mostri di tue [parole], pari adomandare il mio amore. E io non voglio amare, spezialmente uomo che mi fosse disinore, avegna che altrimente tu sie assai buono. Ma di che sola la speranza ch i ti desse, ti scamperebbe da morte; ma io a cci cos ti rispondo: dico che sol per quello che di, chiuso inganno e non ver itade, s mostri che cci sia in te, che una cosa i in cuore e unaltra di cola lingua. Dunque, a diritto se da cacciare dallamore, per che quelli ch vano e bugiardo non d entrare dentro da la porta dellamore, anzi, se per aventura vi fosse intrato, s come indegno se ne d cacciare. Anche mi mostri via di lusinghe, acci chio faccia quello che mi fosse biasimo, la quale tropo disconcia, per che niuno maggior disinore alla gentil donna, di non servare quello che promette e di dare indugio a cci e dingannare la gente, perci che questo si fa a coloro

che ssi portano a guisa di puttane e che per pecunia rivendono lamore, e l su pregio, fatto spezie di guadagno, lo sozzano. Dunque, il tuo consiglio nonn buono, dach tanti pericoli si ne seguitano". 4. Responde luomo a cci: "Io confesso bene che vorrei essere amato, perch pi dolce no vita, in questo mondo, di vivere in amore. Ma, secondo che mostrate, per certo non mi volete amare perch i sono di popolo, avegna che sia di molto senno. Onde, cos rispondo; per che fu volere di Dio, la mia generazione non pott stare contenta a suoi confini. Avegna che Dio mi desse certi confini e termini, non mi volle chiudere le porte delli gentili ordini, a cci non contradiasse i rei costumi, onde voi mi volete dare certi termini e chio nolli passi oltre, secondo che fu ordinato per li antichi. Ma cci vero in coloro de quel ordine chnno non ne sono degni, o che stanno contenti a su ordine, che non son degni di magior ordine. E questo dico per esemplo, secondo che se leggie nella teolica che lla leggie nonn fatta per lo buono, ma per colui che vuole peccare. Dunque, quel che fu ordinato per gli antichi, non nuoce a me ch i non possa esser detto di gentili o amare gentil donna, e questo si vero, se in me non fosse difetto di senno. Anche ci chio dissi, che se me dessi speranza, avegna che vana, che mi mantenea vita, no l dissi perci chio volesse detrarre alcuna cosa a vostro onore, o chio abbia niuna rea speranza in voi, ma acci chio vi mostrasse quanto amore io vi portava, e come mi sarebe caro se mi deste vostro pieno amore, aci che per lo grandissimo amore voi pi tosto vi moveste". 5. Parla la femina: "Avegna che per lo senno sia gentile lo plebeio, per ci non pu divenire valvassore o procero, se lo mperadore no l facesse, il quale al savio e valente pu dare gentilezza. Anche la speranza della contessa tinganna troppo, quando tu non ti vergognasti inanzi di dire tanta falsit, per che di che se come cavaliere, ed i in te molte cose che tti togliono ci, per che cavalieri per natura nno sottil gambe e diritte e picciolo piede e tutto fatto, e lo stato risponde luno a laltro quasi fatto per mano di maestro, ed io vegio che tu i grosse gambe e torte e corte, e ampi i piedi, e che tutto lo stato non risponde s come dovrebbe". 6. Responde luomo: "Salcuno di bassa mano lo mperadore fa gentile per senno o per franchezza che ssia in lui, perch non sia degno damar gentil donna, no l vegio, con ci sia cosa che so lo il senno sia degno di gentilezza e sola la gentilezza sia degna di gentil amore, per ragione solo il senno si degno di corona di gentile amore. Ma quello che moponeste, chavea grosse gambe e corte e ampi piedi, non viene molto da ragione. Per che si dice che nelle parti dItalia che uno, chavea molto sottil gambe e tutte altre bellezze e era nato di conte, il quale era stato di consiglieri dello mperadore, anche era troppo ricco, ma non avea niuno senno ed era fuori di tutti buoni costumi e pieno di tutti li rii. E, per contrario, un re era in Ungheria, chavea gambe grosse e torte, piedi iguali ed ampi e non aveva in s nulla bellezza, ma perchera di troppo gran senno, s fu fatto re e quasi per tutto l mondo si dice di su senno. Dunque, non dovete guardare a miei piedi e a le gambe, ma s i senno e buon costumi, per nonn da guardare quantaltri si bello in ricevere servigio, ma la sua bont e l su senno. Dunque non riprendete la persona, ma l senno, per che biasimando la persona, dispregiate Dio". 7. Responde la femmina: "Tu si pare chabie ragione, ma qua fatti ti portino pregio e qual senno ti faccia degno di ci chadomandi, no lo ntesi anche da niuno. Per che quelli chadomanda lamore, spezialmente di donna che sia cos gentile, di molta gran nominanza d essere e molto cortese, ma di te tutta buona nominanza si tace. Dunque, fa prima quel che di, acci di quel chadomandi sie degno e che non ne sie ripreso". 8. Responde luomo: "Molta cortesia nelle vostre parole, per le quali mi dite chio faccia quello onde io sia lodato. E per che veggio che siete savia nellarte dellamore, s adomando la vostra dottrina, aci che per vostra grazia m insegnate quel che faccia degno luomo nellamore, per che quando il sapr, no n mi potr difendere perch io errassi e, se facesse fallo, scusarmi. Per dunque che tutta cortesia procede dallamore, e d cominciamento e fine a tutto bene, e finora i sia stato nuovo nellamore, no da dare maraviglia s i era strano dallamore e sio adomando lo suo amaestramento, per che quello chaltri distorr di savere, s molto importuno di domandare e di saverlo volentieri". 9. Responde la femmina: "Tu vuoli mettere il carro dinanzi a buoi, chadimandi prima essere amato, e tu medesimo ti di incontro, chadomandi la desciplina de lamore, s come non sapessi niente. Ma per che pare troppo sozzo asemplo o che vegno di grande avarizia, se savi non vogliono insegnare [...]. E se diligentemente ritieni le parole mie, cos avrai quello ch adomandi. 10. Dunque, quelli che vuole essere amato non d essere n mica avaro, ma molto largo e fare larghezza a tutti coloro chnno bisogno, spezialmente a gentili ed a savi e dove vede che ssia da dare no l d fare molto chiedere, per che lla cosa ch[i]esta che ssi d, molto cara comperata. Ma se non ti puoi difendere da colui che tti chiede la cosa che gli bisogno, avegna che non ne sia degno, anzi che lla ritegni, dlla s allegramente che gli paia bene avere da amico e che tte ne sappia grado e abialo per bene. Anche, se fai bene

a poveri di Dio e dai lor mangiare, gran cortesia e gran larghezza; e se i segnore, portali quella reverenza che di. E Dio n suoi santi iniuno modo bestemiare, e di essere umile e servir volentieri a tutti. E non biasimare alcuno, per che ma parlanti non capiono nella porta de cortesi. Li rei non di lodare, ma gastigarli tra te e s, se puoi, e se non si gastigano, s non usar colloro, acci che ttu ne prenda e che non sia tenuto lor compagno. E non far beffe di niuno, spezialmente delle misere persone. Non di essere litigioso e pronto a cominciare briga, ma per comportare al mei che puoi e pacificare quelli chno briga insieme. Ridere poco inanzi alle femine, ch, secondo il detto di Salamone, il tropo riso mostra che sia mattezza, e tutti i matti e i poco savi le savie donne sogliono partire da ss e bellamente farne beffe, per che in mantenere amore si richiede gran senno e grande scalterimento. Di usare con grandi e nelle gran corte. Moderatamente di usare il giuoco de dadi. Volentieri ricordare e dire i gran fatti degli antichi. Visto di essere in battaglia e ardito contro li nimici, savio scalterito, ingegnoso. Non di amare insieme pi chuna femina, e per lo suo amore servire volentieri a tutte laltre ed essere subgetto. Moderatamente adornare, e mostrarti savio e umile a tutti e abi buono ragionare, avegna chaliquanti matti credono piacere alle femine se usino parole di mattezza e villane e con suoi portamenti si mostrano a le genti sbadati. Anche, non usare bugie, ma guardati di tropo parlare e di tropo tacere. Anche, non di essere gran vantatore e far gran promesse, per che se quel cotale fa indugio a cci, poca fede vi dar poscia altre a su dire. O se alcuno ti serve, ricevilo con alegro volto e nollo rifiutare, se non forse quel che lla dava credeva che fosse mestieri e non ti era, per allora cos la puoi rifiutare: "Questa cosa nommi fa ora mistiere, io l per ricevuta, lasciolavi, che quando a mme piacer, voi la mi serbiate". E villane parole nonn usare, e guardati di fare gran peccato, spezialmente in palese. Nonn i[m]promettere a inganno quello che non atendi, per che di promesse ognuomo puote essere ricco. Salcuno inganna laltro di falsa promessa, overo li sia poco cortese, no l d per ci ingannare con sue parole, anzi gli d far bene e profererse di servirlo: in questo modo torre a ss il biasimo e darlo a llui. A tutti d dare volentieri albergo. Contro i chierici di Dio e monaci, overo contra le religiose, overo contra ognaltra persona non di dire ingiuriose e villane o schernevole parole, ma rendere a lloro quello onore che si conviene con tutta tua forza, per amor di colui a cui servono. E spesso visitare la chiesa e udire volentieri loficio e le parole di Dio, avegna chaliquanti matti credano piacere alle femmine, se in tutto dispregiano le chiese. Usar di la veritade in tutte tue parole, non di essere invidioso. Ma se ttu ai bene inteso quello che t detto in somma, e mettilo in opera, s sarai degno dessere amato". 11. Parla luomo: "A voi son tenuto di rendere tutte grazie, che s bene e saviamente mavete mostrato e fatto conosciere tutti gli articoli dellamore. Ma per, neente meno non cesso dadomandare che mi degnate di dare speranza, la qual vadimando in cotal modo, si faccio ci che mavete insegnato, per che la speranza davere amore mi sar principio di tutto ben fare. N non mi pu nuocere quello che diceste, chio mettea il carro inanzi a buoi, con ci sia cosa che llamore sia principio di tutti beni che si fanno, per ragione, s come radice di tutti beni dadomandare". 12. Responde la femmina: "Sconcia cosa e villana serebe di dare speranza a patti, ma overo la d dare puramente, o negarla sanza timore, perch se lla femmina la d sanza temore, s se pu pentere o dare indugio. Dunque, ti pena di fare tutto bene, acci che lla nostra dotrina si mostri che ti sia giovato". 13. Parla luomo: "A ragione mi fece Dio cos gentile, che s saviamente per guiderdone rispondete, e n me pi avete dato che non sapea adomandare, ed io priego Idio che sempre acresca la mia voglia in voi servire, e voi metta in cuore e in mente di rendere cambio a miei servigi". 14. Come il gentil uomo deve parlare a plebea. Come parli lo gentil huomo a la plebea. 1. In prima la saluti secondo sua usanza, poscia, se vuole, sanza sua parola le seggia a llato, per che lli si fa per la gentilezza. E questo abbi per regola, Gualtieri: qualunque ora luomo pi gentile che lla femina, sanza licenzia le si pu porre a llato, se vuole. Ma se fosse sua pare, puote, sella gli d la parola, sederse a llato, altrementi no. Ma se fosse minore della femina, non adomandi parola, se non di sedere pi basso di lei, e sella gli d parola di sedere, ma con temenza d fare suo volere. E poscia cos di cominciare: "Certo io son messo che vegno dalla corte dellamore, il quale mi manda a voi, che gli solviate questa quistione: cio il cui senno sia pi da llodare, overo quello della gentil donna per natura, o quello di colei che nonn gentile". 2. Parla la donna: "A me non si fa di difinire cotal quistione, perch mi tocca, e niuno pu giudicare nel suo fatto; ma per che non posso rifiutare quel che m comesso da mio magiore, s la solver secondo cha me parr che sia da solvere. Ma sopra le tue parole in prima alcuna cosa voglio examinare, acci chio non potesse errare di dare buona sentenzia. E n prima pare che l senno della gentile sia pi da lodare, per che lle cose che procedono dalla natura delluomo magiormente da volere e da lodare, che quelle che vengono

dal maestro e altronde. Per chio vegio nelle femine che, l colore chno per natura pi da llodare che quello che si pongono, e meglio favella luomo che non fa la gazza, e pi bel colore di scarlatto si d nella lana dInghilterra, che in quella di Campagna o dItalia. E cos, forse pi si dice il senno alla gentile, cha quella di popolo". 3. Responde luomo: "Maravigliomi, se ai quello in cuore che di colla lingua, per che quello che di non si mostra bene per gli asempli cha dati, con ci sia cosa che quelli uomini dInghilterra sapiano meglio fare larte e per natura sia megliore lana. E per se mostra e bene, per quel cha detto, che senno di quella di popolo sia da natura. Dunque, i vostri asempli non nno luogo, per la qual cosa per ragione credo che sia pi da llodare il senno di quella di popolo che della gentile, per che pi caro da tenere il fagiano ch preso per lo sparviere che per lastore, e di magiore servigio degno que che serve pi che fosse t enuto, che quelli che fa ci ond tenuto. Anche pi da llodare il maestro che delli sconci legni fa nave che ssi possa navicare, che quegli che degli aconci fa meglior nave. Anche nonn pi da lodare quelli che fa larte bene per suo ingegno, che quelli che ll da maestro? certo s, se vuoli dire il vero. Dunque per ragione, in questo caso, la gentile dee avere la sentenzia incontro". 4. Risponde la donna: "Molto mi do maraviglia di quel che ttu di, che s palese contro a te medesimo ti detto. Per quando tu che se gentile ti peni di piatire incontra o di dettare alle ragioni della gentilezza; ma perch difendi a ragione il tuo detto, s torno a questa sentenzia: che pi da lodare il senno della plebea che della gentile, per che de la cosa ch poco pi tenuta cara". 5. Risponde luomo: Io dico e confesso che lla tua sentenzia giusta e buona, e per ci mistieri ch i confessi che anzi damare la plebeia che sia m[o]lto savia, che lla gentile che sia di troppo gran senno. Per dunque, per lo molto senno ch in te, s se degna dessere exaltata, non sanza ragione per te sola m posto in cuore di far tutto bene. E per priego Idio tuttavia che tti dea volere sempre di gradire li miei servigi, acci che in ben fare io possa acresciere e venire a quello chio disidero". 6. Risponde la donna: "Non ti si dice molto damare e di volere amare femmina di cotal essere com i sono, e non fai ritratto di gentile, quando per tuoi meriti non se amato da gentil donna; e chi nel suo fatto non s i porta bene, non da credere che ne laltrui faccia bene. Dunque, adomanda amor di tuo ordine e lascia stare laltrui, che per cotal presuntione abia cagione di caciarti". 7. Responde luomo: "Me pare che non ti ricordi bene de larte de lamore, quando t infigni di [non] sapere quello che siano tutti. Per che quelli che non vede bene e li barbieri sanno che n lla gentilezza n lla molta bellezza fa amare luomo, ma solo lamore quello che constrigne luomo ad amare e spesse volte sanza modo costrigne a amare le femine strane, cio che non d forza se bella o gentile o no, apo lamante. Per lamore molto spesso la vile e la sozza a lamante fa parere bella e gentile sovra tutte laltre. Per ci sempre la femina chaltri ama col cuore e gli piace troppo, avegna chella sia sozza e di vil gente, anche pi, ch tutte laltre gli paiono niente apo lei. Dunque, non ti maravigliare s io tamo con tutto mio cuore, avegna che non sie gentile, ma piena di tutto senno e pregio, perch non adomando tal cosa quasi perch sia rifiutato dalla gentile, ma perch amor mi stringe cos, e perch il tu senno e la tua gentilezza mi piacque sovra tutte laltre. Per le qua ragioni assai d essere ben certa che nommi di cacciar dal tuo amore, se llo senno risponde alla mia natura". 8. Responde la donna: "Avegna che quel ch detto sia vero, ma s tti posso rifiutare bene per altra via, la qual si mostra per le tue parole, per che s come mostra la sentenzia ch i data e tu confermasti bene, ch pi da lodare il senno della plebeia che della gentile, per le qua parole s dicesti in somma chaltri d piutosto amare la savia del popolo che lla gentil di molto senno. Per, dunque, non debbo piutosto amare un di popolo che sia savio, che llo gentile che sia di molto senno? Adomando che mmi rispondi". 9. Responde luomo: "Avegna che semplicemente dicesse che piutosto dovea amare quella cotal plebeia che lla gentile e la savia, ma non di per ci intendere che llamor della gentile non sia da volere e da lodare, anzi piutosto damar la gentile che la plebeia, sell di magior senno. Dunque, a cotale intenzione il dissi, che se lla plebeia fosse pi savia che lla gentile, piutosto damare la plebeia; ma selle fossero dun savere, altress da elegiere luna come laltra, secondo lopenione dAlinoria reina dAngla. Ma io dico, in questo caso, che la plebeia anzi da amare che lla gentile. Ma se ttu intendesti questa parola anzi, se nno comio t spianato, grande asordit e grande iniquit vadiverebbe, per che lla gentilezza farebe tropo grave danno alla gente e non bene niuno, se lla savia plebeia dovesse anzi amare il plebeio che fosse savio, che l gentile che fosse pi savio. Dunque, se truovi plebeio che sia pi savio di me, e tu gli dai il tuo amore, s me ne rimarr a tanto, con ci sia cosa che ttu il possi fare per ragione. Dunque, sapi in prima bene chi pi sia savio e colui amerai". 10. Responde la donna: "Nelle tue parole pari che torni a dietro come gambero, per che ora nieghi quello che per fermo avei detto. Ma non si conf bene a senno duomo a parola di femina, quantunque sia savia, di

venire contra qualunque sua sentenzia cos svergognatamente e di negare cos tosto quello chavea confermato. Ma perch licita cosa partirse dallerrore e damendare quello che non stesse bene, se lla tua semplice e men che non savia parola studi dame[n]dare, s ne sarai pi da llodare e spezialmente da savi. Dunque, quel che dicesti, chi dovesse diliberare chi fosse piutosto da amare, molto mi piace, per ci che quella porta damor guardo, la qual non rifiuta niuno che ventri que che vi vuole intrare, ma sol colui vi lascia intrare, il qual si truova che sia savio. Dunque, quandio avr diliberato chi nne sia pi degno, colui amer". 11. Responde luomo: "Se qui la serpe no stesse tra languille, e non ti valesse diliberare per iscaltrimento, soave mi sarebbe e graziosa cotal diliberazione. Ma perch sempre temo che vegno per indugiare, non masicuro bene dasentirvi. Per cha me molto travaglia o d me via da morte, se anzi chio mi parta non mi dai speranza daver lo tuo amore, per che dare indugio mostra via damore che ssi muore, e piccolo termine fa mutare quel che sarebe. Dunque, se mi lasci partire sanza speranza, al postutto mi dai morte, a la qual poscia non mi potrai dare medicina e cos sarai chiamata omicida". 12. Responde la donna: "I nunn voglia di far micidio, ma consiglio per n[i]una ragione no mi si pu negare, per, secondo il detto del savio, ci che ssi fa per consiglio si buono e non si ne pente". 13. Responde luomo: "Io non ti posso negare consiglio, ma sempre priego Idio che tti dea ad amare colui che di". 14. Responde la donna: "Syo volesse amare, sopre per fermo che tutta mia forza matterei ad amare lo migliore". 15. Responde luomo: "Nyun dubiti che ttu non possi amare colui che tu vuoli; ma ttutavia non cesser di servire a tte e a ciascheduno per tuo amore". 16. Responde la donna: "Se le parole che di mettessi in opera, non potrebe rimanere di lieve che da me o daltrui non fossi meritato". 17. Responde luomo: "Dyo il voglia che sia cos come tu di e avegna che l corpo si parta da tte, il mio cuore rimane a la tua pregione". 15. Come il gentil uomo deve parlare a gentil donna. Come parli lo gentile huomo alla gentile donna. 1. Dopo le parole, le quale d[]i dire, in prima cos cominci: "Tant la gentilezza e la cortesia chavete in voi, che tutto ci che l mio cuore disidera mi credo poter dire a grande sicurt dinanzi da voi. Per che se li amanti lecita cosa non fosse di dire ilor volere, cos lamor perirebe in tutto, il quale di tutti beni fonte e principio, e niuno saprebe servire a laltro e non sarebbe conosciuta lor cortesia". 2. Responde la femmina: "Tu sai ben dire, e molto mi piace dudire". 3. Responde luomo: "Avegna che rado mapresenti dinanzi da voi, ma il mi cuore e lanima non si ne parte, per chemolto e il continuo pensiero ch i di voi tutavia mi fa stare dinanzi da voi e quel tesauro, il qual tutto mio intendimento, guardo sempre cogli occhi del cuore e s mi d pena e tmi tutto bene, per che ove altri tutto suo desiderio, sempre teme che no l perda. Dunque, quanto vi sia fedele, quanto amore vi porti, in poche parole no l vi potrei dire. Per, s come m aviso, se tutta la fede quanta n al mondo si potesse mettere inn uno, non sarebbe tanta quant la fede ch i a voi servire, e niuna cosa cos ferma in cuore, come la voglia di vo servire; e teneami daver fatto gran vinta, s i potesse far cosa che vv i piacesse, o che voi laveste per bene. Dunque, quand io vi vegio, non potrei aver pena n travaglio, anzi, quandio guardo laria verso le parti ove credo che siate, si mantiene la mia vita e mi d molto sollazzo. Ma quando io non veggio voi corporalmente, n laere il quale sta sopra voi, dogni parte si lievano contra di me gli alimenti e dnomi tutte pene e non mi posso ralegrare di niun sollazzo, se non quanto maduce il sonno per falsa mostra. Ma avegna che talora il sonno minganni, ma neente meno li rendo grazie di s gentile e dolce inganno. Per che cotal sonno mi d via e modo di vivere e cessa me da morte, il quale m grande e spezialissimo servigio, per cha luomo morto medicina non vale. Ma mentre che non vi vedr, avegna che viva in pene, piccol vento mi pu dare aqua da guarire e rugiada di gran soavit. E per ci credo ed piena fidanza che donna di s gran savere e s gentile, molto non sofferr chio stea in tante pene, anzi mi torr da esse". 4. Responde la donna: "Certo il tuo senno risponde alla gentilezza e lle parole truovano buono albergo, ch s bene e saviamente detto tua ragione. Dunque, di quel che tti piace in mi asentia pensar di me e del buon volere chi di me servire, s tti faccio grazie come debbo, ed io altress penser di te e tuoi servigi recever quando sar tempo e luogo, per che se tale e di tanto senno, che non tornerebe onore a niuna di rifiutare il

tuo servigio. Anche non voglio che sie contento pur di guarda laere, anzi vegni per nostra parola e spes se volte e guardimi viso a viso, per che voglio penarmi di darti anzi vita che morte o far micidio". 5. Responde luomo: "Avegna che picciola piova la state potesse prolungare in vita la biada, ma lo pericolo del secco non potrebe schifare, se lla rugiada non fosse. Dunque, in questo modo mi potete prolungare vita ma non guardarmi di pericolo di morte, per che pegiore e pi grave morte d il male l ovaltri ricade, che l primaio; e pi duro a perdere quel chaltri tiene per isperanza che lli sia data, che l ov solo il volere. Dunque, prima vorei morire al cominciamento, che dopo le molte pene. Diliberi, dunque, e sapia bene il vostro savere e che vvi torni pi ad onore: overo di darmi speranza e guardarmi da morte e darmi via di tutto ben fare, overo di non darlami e di tormi via di ben fare e darmi morte". 6. Parla la donna: "Quello chio ti posso dare, io l t dato, cio che per mia parola possa venire a mme vedere. Per, in quello chadomandi nonn luogo n priego n servire, per che son ferma di non volere amare n di soferire le pene chnno gli amanti. Ma le lor pene niuno le pu sapere, se non le pruova, per che tante sono le pene e langoscie, che non si potrebbero dire, se non per maestro. Ma avegnia chio nonn abia talento damare, no lascier che a tte e agli altri che faranno bene, chio non dea consiglio e atorio di ben fare". 7. Parla luomo: "Non piacci a Dio, madonna, che voi stiate in questo errore, per che sole quelle donne chamano son degne di lode e la lor nominanza si spande in ogne parte. Per che bene niuno se pu fare in questo mondo, se non viene da amore, no l veggio rogla. Dunque, tanta bellezza e tanto savere amare di cercare la sua natura, per che, sia o quale, non si pu ben savere se no l pruova. Dunque poi, dopo tanta pruova, se puote partire, se vuole". 8. Parla la donna: "Molt lieve cosa di volere amore, ma molt grave a perseverare nelle pene che truova, e per si molto impossibile a volerse partire, e duro. Perci che quelli chama veramente non pu altro volere, o no volere, se non quello che llamore gli aparechia e che possa piacere a laltramante. Dunque, nonn da volere amare, po ch lentrata di quel luogo da spaventare, la qual asomigliata alla corte del diavolo. E ben si somiglia a ragione a quella corte, perch sempre sta aperta la porta chi vi vuole intrare, ma poscia non escie. Adunque, voglio anzi star contenta a poco e avere arbitrio dandare l ovi voglio, che avere assai e essere soposta ad altrui, per che quello assai nulla. Dunque, a ragione in odio la corte de lamore, per la qual cosa, frate, conviene adomandare altro amore". 9. Responde luomo: "A niuno pu essere pi libero arbitrio di non potersi partire da quello che desidera con tutto suo cuore. [...] se quello che desidera non pu volere altro, s cosa chaver possa. Ma in questo mondo nonn cosa che piutosto si debia volere che llamore, per che da llui viene tutto bene e sanza lui niuno ben si faccia. Dunque, con ambendue le braccia da volere, e per vi piaccia di no odiarlo". 10. Responde la donna: "A cui che paia buono lamore, e adomandilo, a me non par buono, anzi lo vo fuggire. Dunque indarno lavori, ch tutto il mondo nommi farebbe volere altro". 11. Responde luomo: "Se volete andare per questa via, voi ne porterete gran pena, a la quale non si truova pare, la quale sarebe tropo grieve [a dire]". 12. Responde la donna: "Priegoti, dunque, che mi dichi le pene le quali potrebono avenire, per, acci che meno mi possano nuocere, si le so dinanzi, per che quelli chaltri vede dinanzi, sogliono fare men male". 13. Responde luomo: "Neente meno potrete schifare queste fedite, sapiendole dinanzi cos da la lo[n]ga, se prima voi non lasciate quello errore. Ma se vi piace, le pene potete udire, ma prima vi priego che mi degnate dire iluogo che dovete avere nel palagio dellamore. Per che ssi dice che nel miluogo del mondo il palagio dellamore, il quale quattro faccie molto belle e in ciascheuna faccia si una porta molto bella, e solo in quello palazzo abita lAmore e gran compagn[i]e di donne. E la porta ch verso oriente, solo Dio damore la tiene per s, laltre tre sono asegnate a ccerti ordini di donne. E la porta delle donne ch verso meriggie sempre sta aperta e sempre le reggie stanno fuori nella via; e altres la porta delle femine ch verso occidente, sempre luscia stanno aperte e sempre di fuori stanno le reggie, or qui or l. Ma quelle che stanno a la guardia della porta ch verso setantrione, sempre tengono luscia serrate e non si vegono niunora di fuor dalla porta. In cui compagnia di costoro volete essere?". 14. Responde la donna: "Queste parole paiono a mme troppo oscure, se tu non le spiani altremente". 15. Responde luomo: "Le porte che sempre stanno aperte e luscia sempre stanno nella via, son quelle donne che danno iloro amore quandalcuno il domanda, levando in primasagio se nn degno, o per servigi chabia fatti o per servire che ssia in lui; ma se nonn degno, s l caccia. Ma quelle che stanno a la guardia verso occidente, son quelle femmine che danno i.loro amore a tutti sanza timore e niuno ne rifiutano. E quelle che sono a la porta da setentrione, la qual sempre sta serrata, son quelle femine che tutti rifiutano igualmente e niuno vogliono amare. Quelle da meriggie sono quelle, le quali vogliono amare e non rifiutano coloro che nne son degni, e a ragione, perch grande onore anno da dio dellamore, il quale abita in oriente,

con ci sia cosa che il loro albergo sia da merige. Ma quelle da occidente sono le puttane, cha pena amano altrui e non si truova che niuna buona persona lami, e a ragione, perci che l fuoco dellamore, il quale viene da oriente, non apresso loro, con ci sia cosa chabitino da occidente. Ma quelle da setentrione son quelle femine, le quali non vogliono amare, avegna che da molti siano amate, e a ragione dio dellamore nolle riceve, perci chelle stanno dal lato manco e sono maledette. Dunque, per quel ch detto, sapete com fatto il palagio dellamore". 16. Responde la donna: "Confesso bene ch i sono di quelle della porta da setantrione, ma non maladetta". 17. Responde luomo: "Odi, dunque, le pene eternali che d avere. Con ci fosse cosa ch i cavalcasse per la selva dere di Francia, un die chera grandissimo [caldo], esendo me gonfaloniere dun mi segnore gentil, messer Ruberto, con lui insieme e con altra gran cavalleria s capitammo in uno molto bel luogo e deletevole. E quello luogo era erboso e chiuso intorno dalberi di selva, nel quale quando noi discen demmo, s lasciammo andare li cavalli a pasciere e noi, sazi un poco del sonno, s cci levammo e andamoci sollazando un poco e poscia cominciamo a sellare i cavalli in gran fretta. Ma perch l mio era dilungato dagli altri dalla pastura, s penai tanto a riaverlo, chio rimasi solo in quel prato e tutti li altri si partirono. Ed io, ritornandoci dietro per le prata, s falli la via, e cos cominciai a porre mente per la via qual fosse essa, e vidi molto da la lunga una grandissima cavalleria e una aconcia cavalcare per le prata. Ma quand io credetti che l mio signore fosse tra lloro, s mmi maravigliai molto e sforzavami di venire a quella cavalleria il pi tosto che potea. E guardando tra lloro per lo mio segnore, no l vidi, perch non vi era, e quando io vi fu pi presso, guardando comera bella ed adorna, s vidi un uomo dinanzi a tutti, che cavalcava sovra un cavallo di molto grande affare e molto ben fatto, e in capo avea una corona doro. E dopo lui, in prima vena una grande compagnia di donne molto belle, delle quali ciascheduna avea sotto uno palafreno bello e ben ambiante ed era vestita di preziose vestimenta e divisate e amantata di drappi indorati e acompagnata da dui cavalieri, un da lun lato e laltro da laltro, e uno cavaliere andava a pie che ladestrava; e cotale era la prima compagnia delle donne e cos andava aconcia. Poi, dopo costoro, venia una bella e una grande compagnia di cavalieri, i quali difendeano loro da ogni lesione e calca di coloro che veniano di dietro. Nel secondo luogo venia gran moltitudine di femmine, al servigio delle quali varie generazioni di cavalieri e di pedoni erano; ma ttanto era la calca e la moltitudine di coloro che voleano servire, che quelle non poteano ricevere il servigio n coloro servire bonamente, e cos labondanza del servire tornava loro in povert e in dolore e per gran sollazzo si l[av]rebbono, selle sole si potessero servire. Poi, nel terzo luogo, venia una vile e despettevole compagnia di femmine; ma per ci erano molte belle, ma erano vestite di sozzissimi drappi e per contrario, perch, quandiera cos forte state, si andavano vestite di vestimenta di volpe. Anche cavalcavano cavalli sozzi troppo e sconci, e isconciamente, cio cavalli cherano molto magrissimi e con grave trotto, n non aveano n sella n freno e anche zoppicavano. Al costoro servigio nonn era persona e anche era tanto il polverio di cavalieri e di pedoni candavano inanzi, cha pena poteva vedere s medesimo, perci che gli occhi e la bocca avean pieni di polvere. Ed io guardando bene tutte queste cose, e pensando che fosse, una molto bella donna, la qual venia dietro di tutte in sun uno cavallo molto magro e sozzo e zoppo di tre piedi, s mi chiam per nome chio andasse a llei. E quand io fu ita a llei, vegiendo ch iera s bella e chavea sotto s sozzo cavallo, incontinente le profersi il mio. Ma quandella lebbe rifiutato, s mi cominci cos a dire: "Tu domandi il tuo signore, qui no l potresti trovare, perci che se molto dilungato dalla sua via". Ed io rispuosi: "Se vi piace, priegovi che minsegnate la via". Ed ella mi rispuose: "Se prima non venissi l ove noi andiamo, no lo ti potre insegnare". A la qual risposi: "Priegovi dunque, se vi piace, di dire che cavalleria questa e perch vo cavalchiate cos sozzo cavallo e portate cotali vestimenta". Ed ela mi rispose: "Questa cavalleria che ttu vedi, si di morti". Quandio ludi, oltremodo ebbi paura e cambimi tutto e lossa mi cominciaro tutte a smuovere. Ed io cos volentieri mi volea partire, ma ella mincominci incontanente a confortare e promisemi chio non avrei niun male. E disemi ch i era pi sicuro e meglio stava ivi, che s io fosse a casa mia o di mio padre. Quand io udi questo, s cominciai a tornare tutto imme e s le mapressai pi, e comincia a domandarla per ordine dogne cosa. Ed ella mincominci a dire per ordine in questo modo: "Il cavaliere che va a tutti dinanzi cola corona doro in capo, si dio damore, il quale un di dogne settimana s cavalca come tu vedi e a ciascheduno rende guiderdone del bene e del male che fece nella misera vita. E le donne che tu vedi, che vanno dopo lui cos anconcie e con tanto onore, son quelle beate e gloriose che in lor vita saviamente diedero iloro amore a cavalieri e che diedero aiuto e for za agli amanti e che risposero s come si convena a coloro che diceano damare a inganno, per la qual cosa ne ricevono ora cambio e molti guiderdoni. Ma quelle che vanno dopo loro e sono aflitte di cotanti servidori, son quelle che, in lor vita, che senza timore si diedero a tutti igualmente. E per ci cotal cambio nno in questa corte, che per la troppa larghezza di s e perch non fecer forza chi fosse senza misura, ricevono servigio delle persone senza novero e cotal servi[gi]o s nuoce loro e torna a gran povert. Ma quelle che vanno di dietro s

sconciamente disposte e malvestite e che nno nno niuno aiutorio e chnno tutta pena, s come puoi vedere, tra lle quali i sono, son quelle pi misere di tutte, che in lor vita a tutti chiusero la porta dell amore e non diedero via di ben fare ad alcuno per loro e non render[o] cambio a coloro che l fecero, ma tutti igualmente li cacciavan via non ricordandosi di loro, anzi gl inodiavano, i quali voleano essere de cavalieri di dio dellamore, per lo quale si reggie tutto l mondo e senza lui niun bene si pu fare. Anche avemo altre tante pene, le quale niuno potrebe sapere, se non per pruova, e che a me di dire e a tte dintendere sarebe tropo impossibile. Dunque si guardino quelle che sono in vita, che non ci accompagnino in queste pene, perch dopo la morte non varebe loro il pentere". 18. A la qual cosa cos rispuosi: "A quel chio veggio e conosco, chi fa piacere allamore a cento doppi n meritato, e chi lofende non pu campare che non ne sia punito, ma s come m aviso, yo son degno, per lo mio peccato, di ricevere pena a mmille doppi. Dunque, chi ofende cotal segnore non pu stare sicuro, ma chi lli serve, s, perci che s altamente meritato, e chi llofende punito di s dure pene. Priegovi du nque, quant io posso, madonna mia, che mi diate licenzia di partire, aci che possa dire quel ch veduto alle donne". 19. Ma ella mi rispose in questo modo: "Non puoi aver licenza da me, se prima non vedi le nostre magior pene e pi dure e come quelle altre nno magiore allegrezza e magior secolo". 20. Dunque, cos ragionando, quando fummo molto iti, s capitammo in uno molto dilettevole luogo overa bellissimi prati e me disposti che unque vedesse alcuno vivente, perci che quello luogo era chiuso dalbori dogni frutto e dogne odore, de quali catuno menava frutto secondo chera. Anche s era tondo come fosse fatto a sexta e partito in tre parti. E la prima parte era dentro nel miluogo, chiusa intorno da la parte di mezzo e la terza parte era per s di fuori, intorno a la mezana e alla prima. Nella prima parte, dunque, e quel dentro nel miluogo, era uno albero maravigliosamente alto e menava assai dogne generazione di frutto, i rami del quale si stendeano insino alle confini deluogo e chera dentro, e dalle barbe di quello alboro si usciva una fonte meravigliosa dacqua molto chiarissima, la quale era molto dolce e soave a bere e nella quale si vedea dogne maniera pescie. A llato di quella fonte, in un sedio, il quale era doro e di pietre prezios e, sedea la reina dellamore ed era coronata duna bellissima corona e vestita di preziose vestimenta, con una verga doro in mano; e dal lato diritto era unaltra sedia molto preziosa e bella, nella qual niuno sedeva. E questa prima parte ch iera dentro si chiamava la Delettanza, per che vi si trovava ogne dilettosa cosa e dolce. E in questa parte dentro erano molti letti, i quali erano tropo bene adorni e coperti dogne parte di paili di seta e di porpore ornati. Ma della detta fonte molti rivizzuoli dogne parte si uscivano, i quali si rigavano il luogo della Delettanza e ciascheduno di letti si avea il fiumicciuolo. Ma la seconda parte si chiamava Umidit ed era cos disposta, che rivicciuoli, l[i] quali bagnavano la Dilettanza come doveano, in questa seconda parte spandeano s forte lacqua, ch a pena si vedea lerba di sovra lacqua, come suole nella primavera aparire ne prati che sono acquazzosi, quando piove. E questa acqua, da poi chera in questa parte, divena s fredda, cha pena potea sofferire uomo a toccarlo; e di sopra venia s lo sole, che non potea luomo patire, perci che non vera niuno albero. E questacqua non si stendea pi oltre. La terza parte e lultima si chiamava Secheza, e a ragione, perch nonn era fiore umida, anzi e era molto arida, e lo sole vi si feda s forte, che nonn fuoco che s ardesse come facea e la crosta di quella terra era calda come spazzo di fornace. E in questo luogo avea fasci legati di spine sanza novero per ogne parte, e in ciascheduno di que fasci per lo miluogo avea un legno che parea dogni parte del fascio ben due braccia e dogne capo di quel legno stava un uomo molto forte, il quale tenea in mano luno de capi di quel legno. E tra lla Secchezza e lUmidezza era una via molto bella, la quale andava alla Diletanza, nella quale niuno senta alcuna ingiuria. Ma quando fummo a questi luoghi, lo re dAmore in prima intr in questa via e ricevuto fu dalla reina a braccia aperte ed ella medesima lo puose a sedere nella sedia sua, e tenea imano una verga di cristallo. E dopo lui, s and tutta la compagnia delle donne del primo ordine ed i cavalieri e a ciascheduna delle donne fu aparechiato uno molto bel sedio di letto, ma cavalieri prendeano sedio a lor arbitrio. Ma quanta buona ventura e groria questi aveano, lingua umana non l potrebe dire, perch tutto iluogo della Dilettanza era disposto a volere di costoro. E giullari dogni maniera giu[o]cavano e saltavano dinanzi a costoro e sonavano istrumenti dogni generazione tropo bene. E dopo costoro, per quella medesima via, s and tutto laltro ordine delle femmine e la compagnia degli uomini che voleano servire e andaro insino al cerchio Delettanza, ma perch non poteno andare pi oltre, s fu bisogno chandassero nellUmidit e quel sollazzo che poteano prendere si prendeano, perci che quel luogo era loro asignato per lo dio dAmore. Quanto stridore e pianto era, tropo sarebe grave a dire, e la gloria che vedeano avere a quele della Dilettanza, era loro acrescimento di pena. E dopo costoro, per quella via medesima, entra lultima compagnia delle donne, le quali non volero dare lamore a cavalieri, e vennero insino al cerchio de lUmidit; ma perch non potero ire oltre, s fu mestiere chandassero nel luogo della Secchezza, perci che quel luogo fu loro aprestato infin dal principio. E ivi fu aparechiato a ciascheduna

sedia di spine e per gluomini cherano sopra ci, com detto, erano dimenate acci che pi pugnessero: a pied iscalzo istavano in sulla terra, la quale era calda come fuoco. E tanto dolore e tanta pena vavea, cha pena potrei credere che tanta ne fosse in inferno. Ma quando tutto ci ebi veduto, adomandai parola di partirmi ed ella mi disse: "Non ti posso dar parola, ma lascia qui lo tuo cavallo e va tosto per quella via onde and lo re e da llui, s come da signore, adomanda licenzia e quel che ti comanda, s lo serverai bene, e non tesca di mente di pregarlo per me". E s come disse, per la detta via, s andai a llui e dissi: "Re potente e glorioso, rendo a tte tutte grazie, perch i degnato ch i sapia bene le tue gran cose e le secrete del tuo regno. Dunque, a la tua grandezza non cesso di pregare che degni di comandare al tuo servo quel che tti piace e che veramente mi mostrate qua sono i principali comandamenti dellamore e d l iberare santa dimora di quelle pene, per mio priego, quella femmina per cui sono a tanta grazia e pi, misericordia di lasciarla stare in questo luogo con queste donne ove nno tanto donore comio veggio; ma poscia mi darete comiato, se vi piace". Ma elli cos mi rispuose: "Le nostre gran cose ti son concedute di vedere, acci che la nostra gloria tu lla dichi a coloro [c]he nolla sanno e perch quel chi veduto sia salute a molte dame. Dunque, s comandiamo strettamente e diciamo che dove troverrai donna di pregio che sia fuori di nostra via recusando amore, questa visione ti pena di dire per ordine e di revocarla dellerrore, acci chella possa schifare le grave pene e aver la nostra gloria. E sappie che sono XIII i principali comandamenti de lamore: 21. I Fugire come tempesta lavarizia ed eser largo. II III IV V VI VII VIII IX X XI XII XIII Schifare al postutto di dire bugia. Non dir mal daltrui. Non mettere in boce gli amanti. Non manifestare il tuo amore a pi duno. ervare castitade al tuo amante. Non turbare con tua saputa lamore altrui ch compiuto. Non volere amar femina che sia tua parente. Ubidire in tutto li comandamenti delle donne. Sempre ti pena di volere amare. Sie cortese e gentile in tutte cose. Non ti storre di fare sollazzi damore secondo che vuole lo tuo amante. E non ti vergognare di dare e di ricevere sollazzi damore.

22. Sono altri minuti, i quali ti serebono grieve a udire, i quali troverai scritti apo Gualtieri. 23. La femmina per la qual pregasti, non pu essere che stea in questo luogo, perci che lle sue opere le contradiano di stare in s pretioso luogo. Ma per tua grazia le concediamo chabia cavallo grasso e soave cun sella e freno, e che no abia ministri a fasci delle spine e per nostra licenzia abbia sotto i piedi una pietra fredda. E torrai questa verga di cristallo e partiti con nostra gratia e nel primaio fiume che truovi s lla gitta". Ma quand io fu tornato a la donna la qual mavea menato, s lla trovai sedere in sul fascio delle spine sanza ministri e che tenea i piedi sovra a una fredda pietra e assai poca pena avea, la qual mi fece molte grazie e disse: "Amico, va colla gratia di Dio, per che de facti de sua corte non puo pi vedere. Ma sapie che lla lor gloria due cotanti che non vedesti, e la nostra pena magior, la qual non pot vedere anche niuno che viva". 24. Poscia montai in sul mi cavallo e in un batter dochio fu menato lungo il fiume cocente e, ivi lasciando la verga del cristallo, sano e salvo tornai a casa mia. Dunque guarda, madonna, quant la pena di coloro che non vogliono amare e quanto tormento, e quanto onore e gloria anno coloro chamano, acci che depogniate lerrore e abiate gloria e schifiate le pene, perci che sarebe troppo disperato male e sconcia cosa se s savia e s bella donna portasse tante pene e pericoli. Dunque, quante a la vostra persona, sono scansato da dio dellAmore; ma voi s ve penarete di servare le sue comandamenta, s che posiate intrare ne la sua groria". 25 Responde la donna: "S vero comi detto, glorioso da servirlo e pericoloso da storsi da suoi comandamenti. Dunque, o vero o nno che sia quel cha detto, molto mi spavento delle pene ch udite e per ci non voglio stare da volere amare, anzi desidero damare e di trovare albergo nella porta di meriggio. Dunque mi conviene conservare lusanza delle donne di quella porta, acci che niun cacci e niun riceva. Dunque mestier chi sappia chi n degno e colui amer, saputa e isaminata prima la veritade". 26. Responde luomo: "I fatte grazie al potente re dellAmore, ch degnato di revocare vostro proponimento derrore. Ma quel che dite di voler deliberare chi ne sia degno, mi pare cosa tropo amara e parola tropo acerba, per che se del mi senno se certa, no a luogo di voler terminare a pensare. Ma perch ogne ben che si fa non pu essere saputo da tutti, pu essere che non sapete i miei fatti e per ci forse,

secondo la vostra coscienzia, ragione a volere pensare. Ma io mi fido tanto delle mie opere e del peso della vostra gentilezza, chavegna quel chadomando si prolunghi, non credo che lungo tempo i miei servigi steano sanza guiderdone. Voglia Dio, dunque, che lla mia speranza vegno ad efetto e s come a me sar sempre pensiero di voi, dopo la mia partenza, cos piaccia a la potenzia divina altres vi facia ricordare di me". 16. Come deve parlare luomo nobilissimo a plebea. In questo modo d parlare luomo pi gentile a la donna che sia di popolo. 1. Se l pi gentile vuol parlare alla plebeia, in quel modo pu dire secondo ch detto da gentile a llei. E anche pu dire in questo modo: "Molt desiderato di vedere questo die e dire a voi pienamente tutto il mio cuore e la mia intenzione e quanto pensiero di voi tuttavia; ma per lo tempo che m suto contrario, mi son tanto indugiato a voi parlare. Sapiate, dunque, che tutto mio pensiero messo in voi e in questo mondo non potrei aver pi cara cosa che l tesoro di vostra persona, perci che sio noll, neente mi pare avere e tutto lavere delle cose mi pare povert. Solo il vostro amore mi pu dare corona di re e, in povert di tutte cose, mi pu dare ricchezza dogni bene. E mantenermi vita solo la speranza del vostro amore, la qua l, se nollavesse, mi dar morte. Dunque, a suoi servigi mi degnate tenere la vostra gratia e non rifiuti lamor di conte, per che di tanto amore ne dee essere degno solo conte o pi alto di conte. A Dio non piaccia che tanta bellezza e savere ami huomo di popolo. Pensi, dunque, il vostro senno a la fede e divozione del conte e di meritare i suoi servigi". 2. Responde la donna: "Certo quella plebea ben sarebe beata, la qual fosse degna damor di conte; ma pensate che onore sarebbe a conte o a marchese damare femina di popolo, e che astore d essere tenuto quello che lascia la perdice e fagiani e grui e piglia le passere e lli pulcine. Rallegromi s i son degna damor di conte e temo perch s alto uomo si muove ad amare s picciola femmina. Perci che pare che vegno da povert di cuore, perch sol quelli di gran cuore son degni di sapere che sia amore e daver amor di donna. Dunque, sio vi desse il mio amore e in voi si trovasse defetto, perch no mi si richiede per mia natura, lo vostro amore per inanzi non potrebe durare. Per ci l meglio che dalla prima mi ratenga, ch poscia il pentere non vale". 3. Responde luomo: "Quivi d altri amare ov distretto. Quellamore dunque da volere, chebbe in principio in qualunque ordine di persone per piacere o per diletto, non solo perch sia gentile. Dunque, le comandamenta dellamore non tolgo via, anzi le servo, s i amo persona minor di me. Perci che lamore comanda che saltri ama, non si ne d storre da quel volere, n guardare a ordini nellamore, il qual non fa forza chi altri sia, ch dogne nazione vuole mettere nel suo palagio. Dunque, la plebeia nella corte dellamore si eguale ordine col conte e colla contessa. Perci che in voi tutto mio volere, sanza riprensione vi posso amare, n per ci adomandare picciola cosa, ma grande, perch siete degna donore di grande amore e al vostro amore mi stringe il volere. Dunque, il vostro senno mi d tenere di gran cuore e nommi dovete cacciare, se in me non fosse difetto di senno e di ben fare, ma perch non , s debbo essere vincitore in questo piato. Anche pi bella a vedere pigliare la ngegnosa lodola a lo sparviere, che lla pigra quaglia che vola diritto". 4 Responde la donna: "Pognamo che asentisse al vostro volere per quel ch detto e c he tutto ci che ssi richiede nellamore fosse in noi, s me ne stolgo per una ragione: perci che se questo sapesse il popolo, s mmi porterebbe ria fama, dicendo chio fosse stesa pi chio non fosse lunga. Anche, uomo di grande affare non suol portare leale amore a piccola femmina, ma se lama, tosto si ne sazia e per lieve cosa labandona, la qual cosa contra lamore, nella qual corte non si d forza chi sieno gli amanti, ma ciascheduno si iguale luno come laltro, avegna che luno sia gentile e di magiore affare. Dunque, per giusta ragione mi difendo da voi, acci che non possa impedire il vostro proponimento la mia nazione". 5. Responde luomo: "Molto mi maraviglio del vostro savere, ch sanza ragione vi volete difendere. Ma che amore sarebbe quello che per testimonio di popolo si compiesse e che popolo si menasse per boca? Non comanda lamore chaltri non manifesti lamore a pi duno? Anche, donna che sia di pregio o di senno non dee amare a questa intenzione, che per ci torni a dietro quel che comincia per lusate vene boce del popolo e per coloro che portano invidia altrui, acci che non vegna ad efecto ilor volere. Perci che sapete bene che sempre volere e intenzione di rei dimpedire i buoni e disturbare gli amanti. Dunque, non date fede a ma parlanti e dispregiate il loro reo dire, acci che non possano nuocere a buoni; perci che magior servigio non si potrebbe fare a rei, che se fanno, che il lor dire viene ad effetto. Ma della mia fede e lealt, n io n altri non vi ne potrebe fare piena fede, perci che solo Idio testimonio e sa il cuore delluomo, ed elli solo conoscie luomo. Dunque, la savia femmina per detti o per fatti d conosciere lo su pensiero. Dunque, se i miei detti o fatti mi fanno indegno del vostro amore o vi danno giusta sospeccione, s vi priego che niuna

misericordia abiate di me. E se vo dite chio ne sia degno, priegovi a gran fidanza che per vostro arbitrio non mi facciate ingiuria, perci quando altri della sua fede non pu fare piena pruova, per quella ragione ogne femmina potrebe cacciare ogne amante. Dunque, guardi il tuo gran savere e pensi prima bene che si convegna rispondere a quel ch detto, perci che s come voi avete detto e bene, quantunque luno degli amanti sia pi gentile de laltro, dach cominciato lamore, ad egual passi deono andare per la corte dellamore". 6. Responde la donna: "Avegna che llo rio di rei non debia nuocere a buoni, per ci non si seguita che sempre lncora di buoni si debia fiaccare. Perch in arbitrio dogne femmina che saltri lama, chella il possa rifiutare, se lle piace, n per ci fa ingiuria, s come pare che diceste. Che dunque ingiuria , saltri non d la cosa che gli domandata?". 7. Responde luomo: "Ben confesso ch in arbitrio delle femine di dare il suo amore, se vuole, a chi l domanda; e se no l d, non fa niuna ingiuria, ma sanza [dubbio] allor fa ingiuria, se per li rei parlanti il buono amante nonn meritato, e che per vana sospecione non viene a quel che desidera. Per ci la femina, quando altri adomanda il suo amore, o d liele promettere o negare al postutto, o se sospetto di suo senno, dica: "Fa prima bene, che nadomandi guiderdone". Perci che sospete di rei nonn da recusare il fedele amante, perch assai gran male, salcun porti laltrui pecata". 8. Responde la donna: "Dach vi piace chio risponda anzi al certo che al forse, s l far come dite: io vi rifiuto damare!". 9. Responde luomo: "N leggie damore n usanza damanti mi stringiti chi vi dica il mio volere, pe rci cha me di dire e a voi di domandare si conf, sio voglio amare alcuno". 10. Luomo: "Dunque, in questo fatto no mi ci vale altro consiglio, se non di conoscere e disputare con voi pienamente se voi mi dovete dare il vostro amore, o no, a ragione (Priegovi che me facciate certo se vi ponete in cuore damare altrui), se voi no lavete dato ad altrui. Pruovo, dunque, cha ragione non mi potete privare dal vostro amore, per che lamare, o de buono o de rio che sia, nonn da dire, perci che tutti il sanno ed certo, e la dottrina dellamore lo mostra, che femina n maschio non buono n cortese, in questa vita, n alcun bene pu fare, se non viene dallamore. Onde per fermo vi dico che llamore buono e da volere. Dunque, il maschio e la femina, se vuole essere tenuto buono e donore in questo mondo, bisogna chami. Ma dach ne siete tenuta, o amerete i rei o buoni: i rei no, perch amore il comanda. Dunque, seguita che amiate pur li buoni, per la qual cosa, si son savio, a torto mi rifiutate". 11. Responde la donna: "Confesso che buono lamore, e solo a buoni da dare; ma larbitrio che lamore d agli amanti mi volete torre, perci ch licito di negare lamore a colui che lladomanda. Dunque, ed io per questa ragione vi poso rifiutare e darlo altrui". 12. Responde luomo: "Larbitrio damare cui volete, non vi si pu torre, ma d essere buono, acci chamiate quel che dovete. Non per ci lamore diede a voi arbitrio, solo che lusaste a mala parte, ma perch servendo a llui naveste magior merito, abiendo licenzia di far bene e male; onde, se tenete altra via, non nabiate credenza di farli picciola offensione. E non vi potete difendere perch diciate: "Io il dar a un altro che l madomander", perci ch male a non darlo al primo che lladomanda degnamente, e men che bene a darlo a quel di poscia, perch lamor non vuole che alcuno de suoi cavalieri senta prode dellaltrui danno. Cos vi priego io che non vi piaccia di darlo a un altro quel che per ragione daltrui". 13. Responde la femmina: "Quel che dite, assai in s ragione, se l cuore asentisse al mio volere. La mia volont sarebbe di fare quel che dite, ma l cuore dice al postutto di no e sconfortami di fare in tutto, ond i voglia. Dunque, se l cuore mi contradice damare, priegovi che mmi diciate a ccui mategna: o al cuore od alla voglia". 14. Risponde luomo: "Questo nommi ricordo chi udisse anche, che l cuore volesse uno e l volere un altro. Ma s come dite, quello anzi da volere ch in s veritade e giustizia". 15. Risponde la femmina: "Quel che dite non pu essere, perci che l servigio che si d fare nonn da meritare n tenere per servigio. Dunque, perch servirei a lamore, se da llui non dovesse aver merito? Anche: contra il voler del cuore, che amor sarebbe? Perci che solo quello da meritare per lamore, il quale nella prima il cuore e il volere adomando; quel che prima il mi cuore non vuole, come posso amare, no l vegio. Diceste anche che a diritto non potea dare il mio amore altrui, salcuno il m prima domandato. Ma la bestia ch fedita per lo primo cacciatore, nonn di colui che prima la prende? Certo s. Dunque, lamante di poscia piutosto da meritare de lamore che l primaio". 16. Responde luomo: "Avegna che l servigio chaltri tenuto da fare al re non ne sia da meritare, ma ofensione a lui non dovemo fare, perci che lofende solo se non fa il servigio che dee, molto pi se lofende. Ma lamor sofende, sa niun de suoi cavalieri non si d lonore ond degno. Dunque, se pr ima domandai il vostro amore, avegna che non mi vogliate, non vi si fa di darlo a un altro per cos tosto, perch forse cosa

apare in unora, che non si crede. Perci in picciol tempo lo re dAmore vi potrebe far muovere a pietade e che avrei il disperato frutto di vostro amore, il quale, se laveste dato ad alcuno, no l potrei avere. N non mi pu nuocere quel che diceste del cacciatore, perci che quella speziale usanza assai rea. Ma la generale usanza vuole che salcuno lieva la bestia del suo luogo e seguitala cacciando, avegna chun altro la prenda, neente meno di colui che lla lieva. Dunque, non mi potete torre il vostro amore a ragione, se n prima ladomando". 17. Responde la donna: "Cosa villana e fuor di buon costumi assai, se l bene ch altri non pu avere, di volerlo torre al postutto a un altro che lladomandi. Dunque, dach l mio amor non potete avere perch l mi cuore non vuole, non dovete torre via ad un altro; quando lamor nomm voluto infiamare di voi amare, ma dun altro, per ci s posso amare sanza riprensione. Ma perch inulla mi possiate riprendere, per vostra grazia io nonn amer niuno e vedr se lla pecatrice vergine ingravider, o lumile gallina parturir drago!". 18. Responde luomo: "Avegna le parole che dite paiano molto lieve a intendere, ma cercando la verit del fatto, son parole di filosofo. Ma per ci che scusa avr il peccatore, se Dio non gli d della sua grazia? Certo niuna, anzi avr pene eternale. Dunque, se volete fugire lire di dio dellAmore e aver la sua grazia, fa mistiere chamiate, acci che siate degna di sua gloria". 19. Responde la donna: "Facci altri quanto ben pu e vuole, non gli vale quanto a averne cambio buono, se no l fa con buon cuore. Dunque, per questa ragione, non mi vale ad averne merito da dio dellAmore, avegna che in detto e in fatto mi penasse damare, se non mi vien dal cuore e non persevero. Dunque, dach lamor non minvita chio ami, da me no avrete alcuna speranza". 20. Responde luomo: "Sempre pregher Idio in ginochione che voi faccia amare quel che dovete e che si convegna a la vostra grandezza". 17. Come deve parlare uomo nobilissimo a donna nobile. Come il pi gentile parli alla gentile donna. 1. In quel modo ch detto il gentile o l pi gentile a quella del popolo, s pu dicere il pi gentile a la gentil donna, salvo che non dee lodare sua gente e che non dee sovrastare molto in lodarla. Anche pu dire in questo modo: "Yo posso fare pi grazie a Dio che niun che viva, perci che ma dato a vedere quello chi o disiderava pi che niunaltra cosa di vedere e questo dono credo che m fatto per la gran voglia chio navea e per lo molto priego chio gli faceva, perci chunora intera di die n di notte non passava, chio non pregasse Dio che mmi desse grazia di vedervi da presso, viso a viso. Ma non era maraviglia s io navea s gran voglia, n se l volere mi stringe a tanto, perci che tutto l mondo non dice altro che del vostro senno e della vostra belt e le gran corte quasi per tutto il mondo si pasceno come fosse cibo del vostro senno. E io conosco per certo ora che lingua duomo dire non potrebbe, n cuore pensare vostra belt n vostro senno. E per ci la gran voglia chavea di voi vedere e servire s mi crescea e crescer magiormente per inanzi, perch vegio, ed vero, che servire a voi solo vita a tutti e sanza ci niun potrebbe far quello che a onor gli tornasse. Dunque, priego Dio del cielo che solo, per sua grazia, mi dea a fare quel che vi piaccia, perci che niun male n aversit che mavenisse, non mi [potr] turbare. E io quanto bene far, voglio che in tutto sia al vostro nome e al vostro onore, perci che tutto sar compiuto solo per voi". 2. Responde la femmina: "Io son tenuta di farvi molte grazie, che s mi lodate e che vi piace dagrand irmi per vostro dire. E sapiate che la vostra venuta mi d allegrezza e assai mi sodisfa di ci che dite che v gran conforto che voi mi potete vedere. Anche mi rallegro se Dio mi d tanta grazia che a voi e agli altri sia principio e cagione di ben fare. Ma s vi voglio pregare duna cosa chabbiate in voi, che non lodiate tanto la persona che poscia vi sia vergogna a lodarla. Anche di non lodare niuna, s che al savere dunaltra torni a menomanza, per che di quel che dite, che vita colui che mi pu servire, pare che facciate ingiuria a tutte laltre donne, alle quali altres come a mme, o forse pi, il servigio che si fa loro a dispregiare. Ma certo li vostri servigi non sono da rifiutare per niuna donna, perci, s come pare a me, uomo siete di molto senno e di molta cortesia e di molta gentilezza, e per ci fate bene che mettete in opera quello che risponda al vostro savere e a vostra nazione. Perch li pi gentili debono avere pi gentili costumi che gli altri: pi si sozzano di fare una picciola cosa villana e di non far cortesia, cha non gentili di fare gran pecato. E molto malegro si sono a voi fonte e cagione di ben fare e in ci che potr di ben fare a voi in tutto dar forza". 3. Responde luomo: "Per certo conosco ora ch vero ci che si dice di voi per lo mondo, perci ke per vostra risposta per fermo si conosce quanto senno in voi e quanto buono amaestramento. Dunque, perch mamoneste che ilodare e il biasimare altrui dovesse avere misura, si conosce il molto senno chavete in voi. Ma Dio mi guardi ch i stea in s aperto inganno, ch i taccia quello che tutti li uomini lodano, con ci sia cosa che in niun modo quanto apo savi la fama di niuno si ladisca, salcuno si truovi che per suo dire ditraga

a la fama, o buono uomo o rio che sia, anzi per ci si nacrescie suo pregio. Tutto ci, dunque, che volete dire o fare a me, s l potete ben fare sanza niuna riprensione che vegno da mme. Ma in questo fatto molto da guardarvi, perch se farete bene ognuomo il loder, e se male, avegna chio non vi ne riprenda, perci che non si fa a savio uomo, ma s mi guarder di lodarvi. E anche li ma parlanti, i quali in mal dire non nno regola, anzi, quando possono dire male daltrui, il lor mangiare e il lor bere, non si rimaranno che non n e dicano male, perch loro usanza. Ma quel chio dissi, che servire a voi era solo ad altrui vita, non mi credo che sia ingiuria a laltre donne, perci che sio facesse dispiacere a laltre, a voi non potrei fare a piacere, e servendo a laltre, s ve ne credo fare a piacere, spezialmente ove io il facesse per vostro amore. Anche la dolce e la piana vostra dottrina mi conforta chio dovesse far quello che mia natura e a mia nazione si convenisse, la quale io recevo con molta larghezza ed essere aparechiato dubbidirvi. Perci che non si fa a niuno, sia gentile quanto vuole, di torresi di far bene con sue opere, come voi medesima assai bene avete detto. E cos, dunque, altress si fa al vostro savere, che a la natura di vostro sangue, da la quale voi siete nata, per certo si fa dadoperare quello che le responda. Ma alla vostra gentilezza niuna cosa pi si conviene che di metere in opera quello e fare ci che il proponimento di ben fare sempre possa crescere di bene in meglio. E so bene che se alcuno vivente per la pura fede e per la molta voglia ch in voi servire, fosse degno per suoi meriti davere vostra grazia e vostro disolvere, io ne sarei degno Sovra tutti davere gran servigi da voi. Dunque, voi detta in mia donna intra tutte laltre per potenzia di Dio, a servigi del quale sempre voglio essere e a lode del quale tutti beni che far vo rendere. Ma priego con tutto mio cuore la vostra grandezza che mi degnate di tenere per vostro uomo, s come io son tutto dato a voi servire, e che lle mie opere truovino cambio dinanzi da voi di ci che disidero". 4. Responde la donna: "Nyuna cosa in questo mondo ch i tanto desideri di far quello che mi tornasse a onore. E che in Dio padre piena fidanza che, insino a tanto che mi manterr il senno che m dato, non far quello chaltri mi ne possa riprendere. E di contrastare a ma parlanti mi pare troppo impossevole e di gran fatica, perci chassai mi parebbe pi agevole che l fiume che corre in gi, per quel medesimo corso di ritornarlo piutosto a la fonte laonde nascie, che tenere le bocche de ma parlanti. E per ci credo che sia anzi il lor volere arbitrio, che sovrastare al lor mendamento, perch Dio non vuol che samendino. Dunque, i buoni ilor dire debono spregiare e loro usanza, perci che se l buono facesse bene quanto vuole, sempre ilor dire i rei lo fanno che sia male. E per ci, basti ad ogni buono uomo a sua difensione la buona coscentia ed essere difesi per li buoni. E confesso bene che servendo a laltre donne, s m servigio; ma che og ni ben che si faccia sia a mia cagione, pare che non si convegna e chabbia in s grande ingiuria, perch son molte forse da[l]tretal senno o di magiore e che son degne di magiore onore. E la mia gentilezza credo in tal modo governare, che voi e gli altri che faranno bene per me, sempre possiate acresciere e stare in quel volere di ben fare. Ma dite che voi siete tutto al mio servigio, e che siete pi degno chaltri daver merito da me per lo grande desiderio chavete in me servire e perch dite che mavete per vostra donna; ma non piaccia a Dio cha vostri servigi n agli altrui io stea di non rendere cambio, con sapiendolo io. Ma quello che pregate, chio vi tenga per mio uomo, sicome mi siete pi degno dato tutto in me servire, e ch i ve ne dea il guiderdone che desiderate, no l vegio com io il possa fare. Perci che cotale spezialit forse potrebe nuocere altrui, a la qual forse altress o pi cha voi mi piace di servire. Anche il dono che domandate, qual sia no l so bene, se prima per voi non ne sono certa". 5. Responde luomo: "Quel ch i dissi di ma parlanti, no l dissi perch io vi volesse dar carico di costrignere i ma parlanti, ma perch ne vostri fatti che faceste per inanzi, vi mostraste tale che rei montassero in magiore invidia e che di loro mal dire foste difesa per li buoni, come per voi s detto saviamente: per ci basta a catuno se da buoni buono nome. Ma ci che diceste, chera ingiuria a laltre [s]e tutto il bene chio faccio dico che sia pur a vostre lode, niuna ingiuria e offesa par che contegna. Avegna che ogne bene che altri fa, dogne femina si debbia lodare, ma lo buono uomo tutto il bene che fa alle lode duna donna lo dee apropriare e a ciascheduna delle savie donne, avegna chogne bene le debia piacere, ma s pu lo bene duno apropiarlo a s e recarlo che sia fatto pur a suo onore. Dunque, a niuno ingiuria, se tutto ci chio fo di bene dico e reco al vostro servigio co [o]nore, e voi tenga per mia spezial donna. Basti, dunque, a laltre, se son servite per tutti li altri. Perci che uttulitade non pare che torni a lloro e voi, se vafaticate, con ci sia cosa che lla mia volont sia congiu[n]ta in tutto a vostri servigi, a la quale non si pu comandare, s come mostra la dottrina del savio Donato: perci che la volontade delluomo s libera che forza di niuno, da quel che pensato per fermo di fare, no l potrebe distorre. Dunque, laltre donne a nulla ragione il mi possono adomandare, se non domandassero chio le servisse per vostro amore e non per altro servigio chio sia lor tenuto di fare; ma tanto a voi son tenuto di fare cosa che vi torni ad onore e di guardarvi da disinore in tutte cose. Ma da voi questo mi pare che mabiate a ffare, s come in vostro dire voleste acertare, che i servigi che si facessero per voi, molto non stareste di rendere guiderdone. Anche diceste che

se vedeste ad essere spetial donna, che sarebbe ingiuria agli altri, a quali forse altres o magior, vostro volere era di servire. Ma se voi avete volere di servire alcuno altrettale come ad me o magio, s priego chapo voi non mi vaglia n ragione n altra cosa. Anche diceste che l guiderdone chio vadomandava nollo intendevate bene, a la qual cosa tutta mia intenzione. Ma s voglio fervine certa che vadomando tal dono, per la quale ne perda pena da non poter patire, e che ciascheduno a cui fosse dato serebbe tutta ricchezza, e cha voi sarebbe assai leggier di dare, se l vostro volere non fosse contrario a ci. Dunque, il vostro amore quello chadomanda per medicina di mia vita, e quello chio vo caciando". 6. Responde la donna: "Molto sareste fuori della diritta via dellamore e della buona usanza degli amanti, che s tosto adomandate amore. Perch il savio e lo scalterito amante, quando parla prima volta a una donna, la qual non sia prima suta sua conta e non conosca, non dee la prima volta domandare dono damore, ma in vera pruova si dee prima scontare a llei e in tutto suo dire mostrarlise piano e soave, e poscia si dee penare di far s che gli amanti in sua asentia ne dicano bene e lodino quel che fa, e poscia securamente adomandi amore. Ma e voi questo ordine avete passato, la qual cosa penso chabiate fatta perch credeste chio fosse molto corrente a darvi quel chadomandate, o perch non siete savio nellarte damore. Onde a ragione il vostro amore daver sospetto". 7. Responde luomo: "S vero che non servasse lordine damore, pare che ci mi concedeste, perch potavate ben savere il mio volere per le parole che dicea coperte e oscure, e voi, mostrandovi di non intendere le parole, adomandaste chio il vi desse a intendere. Ed io, non guardandomi da voi e credendo che voi non foste corente a darmivi, s mmi mossi a domandarvi amore e dimostrarvi il mio volere, dach lladomandaste. Avegna che llordine che dite si debbia servare, per giusta cagione si pu rompere, perch se llo molto volere mi stringe e sia fedito dentro damore, la necessit giusta mi difende da cci, perci che lla molta necessit nonn leggie. Ma s io sono poco savio nellamore, a ragione mi conviene adomandare amore di gran senno e di valore, acci chio diventi savio nellamore. Perch se l non savio ami la non savia, non potrebe cotale amore cresciere n mantenersi lungo tempo. Perci che la nave che in tempestade nel mare sogiogata da londe dellacqua, avegna chellabbia buon vento, sella nonn ben governata e atata entra quel buon vento, picciolino vento lafonda e va sotto. Dunque, a luna e allaltra ragione chasegnaste s ben risposto, e niuno mio detto possono contrariare". 8. Responde la donna: "Avegna che per tutte cose siete damare, ma la molta ampia e grande via s nuoce a potere avere agio di dare sollazzo luno a laltro, perci che gli amanti che sono presso a le pene che nascono dellamore possono dar medicina e atar luno a laltro e l loro amore nutricare; ma quelli da lunga non pu atare lun laltro, ma ciascheduno le conviene comportare e medicarsi elli medesimo. E per ci non pare che sia da compiere il nostro amore, perch la regola damore mostra quando lamante vede spesso laltro fa cresciere lamore, anche, a contrario, vegio che menova lamore di coloro da lunga e per ci ciascuno si peni davere amore che lli sia apresso". 9. Responde luomo: "Voi dite quello ch contra ogne ragione, perci chognuomo sa che saltri la cosa che disidera l legiermente, s l a vile e in dispregio, a la qual, prima, tutto suo volere avea; e, a contrario, ogne bene che si pena a dare, s llo riceviamo comagior voglia e comagior studio la serviamo. Dunque, la rada usanza chnno gli amanti insieme e la malagevole, s fa legare gli amanti di pi ardente amore e pi pensano a cci; perci che lla fermezza si compie ne londa del suo turbamento e l perseverare si conosce per certo nellaversit. Perci che pi dolce riposo pare a luomo molto faticato, che a quello ch stato tuttavia in riposo e magior prode par che faccia lombra del rezzo a quel ch gran caldo, che a colui ch stato a laere temperato. Nonn dunque regola damore quella che diceste, perci ch falsa e non veritiera, che quando li amanti si vedeno rade volte faccia menomare lamore. Onde, perchio stea in luogo lontano, a ragione nommi potete cacciare dal vostro amore, anzi piutosto mi dovete amare chuno che fosse pi presso, perch lamore si cela piutosto fra lontani, che fra coloro che sono vicini". 10. Responde la donna: "Per celare lamore non credo che sia da volere amare o sia da longa o da presso, perch s savio e scaltrito lamante, o lontano o da presso che ssia, in tanto il suo volere e l suo fatto atempra, che niuno se potr acorgere delle secrete cose del suo amore; ma selli nonn savio, o da presso o da longa che sia, non potr celare il suo amore. Dunque, no luogo la vostra ragione, per questo che dico. Anche unaltra cosa non piccola mi contradice damare, perch marito di molta gentilezza e cortesia e senno, il quale sarebbe tropo gran male a farli fallo, perch io so che mama di molto grande amore e io son tenuta damare lui. Dunque, se mama cos, per ragione non posso amare altrui". 11. Responde luomo: "Confesso ed vero, che vostro marito cos come dite e da farli onore sovra ognaltro che viva, il quale fu degno davere voi al suo volere. Ma molto mi maraviglio, che lamore ch tra

moglie e marito e sonne tenuti, volete dire che quel cotale sia amore, con ci sia cosa che per certo tra moglie e marito lamore non possa avere luogo, avegna chami luno laltro e troppo, ma per ci quello non pu essere detto amore, perch veramente non si pu comprendere sotto la regola damore. Che altra cosa lamore, se non la tropa gran voglia dusare e davere sollazzo col suo amore furtivamente? Ma domandovi come tra marito e moglie potrebbe essere furto di ci, con ci sia cosa che ssi dica che lluno possiede laltro e sia tenuto di fare senza contradetto tutto ci che vuole luno dallaltro. E anche perci che lla leggie dello mperadore l dice, che niuno nella sua cosa pu comettere furto n usarla come furtiva. E non vi paia bugia di quel chio vi dico, che non si pu chiamare amare quel tra moglie e marito, avegna che samino di grande amore, s come ne lamist. Avegna perch tra l padre e figliuolo in tutte cose sia grande amore, per ci fra lloro nonn vera amistade, perci, secondo che dice Ceciro, solo il parentado del sangue gli fa cos amare. Dunque, altretal diferenza tra lamore ch tra l marito e moglie e lamore degli amanti, chente tra lamore del padre e del figliuolo e la buona amist di due huomini, perci come quivi no amore, cos qui no amistade. Adunque vedete per certo ch amore no detto tra marito e moglie. Anche per unaltra ragione non si pu dire amore, perci che lla gelosia da dispregiare tra moglie e marito e davere in odio come tempesta, senza la quale altri non pu essere diritto amante, anzi la dee tenere per sua madre e balia. Onde sapete per certo tra marito e moglie kamore nonn luogo. Dunque, perch a ciascheduna savia donna si bisogni damare, senza ingiuria di vostro marito potete udire colui che vadomanda vostro amore e dalglile". 12. Responde la donna: "Voi vi sforzate di difendere quello che per antico da tutti molto da biasimare e davere in odio. Dunque, a ragione chi lla potrebbe lodare o difendere in sua parola, perch la gelosia no altra cosa che ria sospeccione della femmina? Dunque, guardi Dio che alcuno savio non sia preso dalcuna gelosia, perci ch inimica a tutti i savi e a tutti i buoni odiosa. Anche, sotto spezie di spianare che cosa sia lamore, dite che marito e moglie non possono dar sollazzo di furto damore, il quale senza paura luno collaltro possono compiere lor voglia. Ma sa diritto intendete e spianate, per ci neente meno tra marito e moglie detto amore. Perci che quello che dice la regola, chamore d essere di furto, se voi no n mi volete ingannare, s sentende generalmente dellamore, non dicendo di quale amore. E per niuna ragione par che mostri che marito e moglie non possano dare e usare tra loro sollazzo di furto, e non pu nuocere perchabbiarlo libert dusare lamore fra loro senza alcuna paura. E per ci quello amore da tutti da prendere, il quale luomo pu usare e mantenere senza alcuna paura. Dunque, cotale amore voglio prendere e usare, il quale sia in luogo di marito e damante, perci, qualunque cosa dica la regola, non pare che sia altro lamore se nno lo gran disiderio che ssi compie di carnal diletto, il qual niuna cosa contradice che non si debbia usare tra marito e moglie". 13. Responde luomo: "Se voi sape[s]te bene la dottrina dellamore e per niuno tempo ne foste tocca, s direste per certo che veragie amore non potrebe essere senza gelosia, perch, come dite pienamente, che gelosia che se lodo da ogne savio intra gli amanti, , tra marito e moglie, dispregiata per tutto l mondo; perch avegna, intesa la regola della gelosia, s ne sarete certa. dunque la gelosia veragie pena dellanimo, per la quale sanza modo temiamo che lla sustanzia dellamore non menomi per non potere sodisfare al volere dellamante, e temere che llamore non sia iguale e avere sospecione dellamante sanza reo pensiero. Onde per certo apare che lla gelosia tre parte in s. Perci che l vero geloso sempre teme che suoi servigi non siano soficenti a mantenere il suo amore e chaltres non sia amato comegli ama e pensa quanto dolore avrebbe se perdesse il suo amante, avegna che non possa credere chavenisse. Ma questo ultimo detto non potrebe aver luogo tra marito e moglie. Assai aperta cosa che l marito non pu aver sospetto da moglie se nno in male parte. Per ci, quando il marito ben geloso, incontanente non sono quel cherano per la ria sospecione ch di lei, ed nne gran pena, perch lacqua che sia ben chiara corre per luogo [arenoso], s diventa torbida e perde la chiarezza ch per natura, s come adiviene della limosina che per sua natura ne riceve merito da Dio, ma se llepocrita o l vanaglorioso la d al povero, s non n merito da Dio e cos perde la cosa col guadagno. Dunque, assai ben provato che lla gelosia nonn luogo tra marito e moglie e per ci si seguita chamore non puote essere tra moglie e marito, perch queste due cose seguita luna laltra igualmente. Ma tra li amanti la gelosia damor d essere: le tre parti della detta gelosia, ch detta di sopra, mestiere chabbia in s lamante; dunque, la gelosia tra gli amanti non si danna. E molti sono ingannati, i quali dicono che lla gelosia in s ria sospecione, s come aliquanti bisognosi spesse volte credono che llo stagno sia argento. Onde assai sono che non sapiendo onde nasca la gelosia e che sia a dire, assai volte s verrano fortemente e sono ingannati. Perch e tra coloro che non sono marito e moglie s v la non diritta gelosia, i quali non sono amanti, ma chiamansi amico e amica. Ma quello che voleste dire ed afermare, che cotale amore da volere e no altro, il quale si pu fare senza peccato, non pare che possa stare, perci che l sollazzo che ssi fa tra l marito e lla moglie se non per aver figliuoli e per sodisfare luno a laltro, in altro modo non pu essere senza peccato, anzi ne sono puniti pi duramente se usino la cosa ch santa come non

debono, che se lla cosa ch usata, susi malamente. Perci che pi grave avolterio si truova nella moglie, che inn unaltra, perch lo veragio amadore, s come dice lapostolo, nella sua moglie si giudica avolterio. Ma lo vostro spianamento che faceste dellamore, da niuno pare che sapruovi, perci chavemo da magiori autori che no da spianare altram[en]te le parole, se non come sono scritte. Onde a tutti si certo che l vostro spianare non in s ragione, perci che pare che sia contra la sententia della regola. Ma neanche lo spianare che faceste dellamore non pu stare per ragione, perci che si intenderebbe in quel detto per fermo il cieco e tutti li altri, i quali non possono amare, s come mostra la dotrina dAndrea capellano del papa. Con ci sia cosa che per buona ragione alle mie ragioni non possiate cont[r]astare e se mi fate languire per lo vostro amore, niuno uomo vi l torner a onore e anche s io ne venisse alla morte". 14. Responde la donna: "Non pare chabiate mostrata ragione niuna, la qual possa torre via la mia sentenzia, overo che consenta al vostro volere. Ma perch pare che dogne parte sia proposta ragione e acci chio nonn abia via di contendere con voi, si lla cometto imano di qualunque savio uomo e savia femina voi volete, sovra questi due capitoli, cio; se llamore luogo tra marito e moglie e se fia gelosia sia da domandare infra gli amanti a ragione. E questa quistione nommi pare che potesse aver fine e essere difinita per noi bene". 15. Responde luomo: "In questo fatto non voglio altra persona se non voi, se volete ben porre mente alle parole chavete dette". 16. Responde la donna: "Questo non sudo anche, chaltrui nel suo fatto fosse giudice, e per ci non voglio difinirla io, anzi lascio ad altrui sentenzia". 17. Responde luomo: "Abiate licenzia di cometterla in cui volete, ma in donna solamente". 18. Responde la donna: "Se vi piace, a me pare di dare questo honore alla contessa di Campagna in questo fatto". 19. Responde luomo: "Ed io prometto sempre di servare e davere per fermo tutto ci chella dir, perci che niuno pu aver sospetto di suo senno e che non dea buona sentenzia. Onde mandiamo una lettera da nostra parte, la qual dica come ci compromettiamo in lei e sopra che fatto". 17a Lettera a Maria di Champagne Lettera a la contessa di Campagna. 1. A la grande e a la savia M. Contessa di Campagna, G. gentil donna e N. conte, salute e molte allegrezze. Come lantica usanza mostra apertamente e lordine degli antichi vuole, che quando sadomandi giustizia ove per certo il senno trovato albergo e piutosto dadomandare la verit della ragione della piena fonte, chadomandare cercando aiuto della tenuit de piccioli rivicciuoli. Perci ch e lla gran povert delle cose a pena potr dare altrui copia per alcun tempo e, fame, abondanza. Per ci sar impossevole che l segnore ch di gran povert faccia ricco il suo vassallo. 2. Dunque, un die, quando noi sedavamo sotto unombra dun pino di grandaltura e molto ampio e diciavamo sovra lamore e studiavamo di trovare le sue comandamenta, con suave e con dura battaglia di contenzione, fortemente s cominciammo a cadere in dubbio di due cose e molto ci afaticammo sovra: cio se tra moglie e marito lamore possa avere luogo e se tra gli amanti molta gelosia sia da laudare. Con ci sia cosa che noi disputassemo molto sovra quelli dubbi, e ciascheduno di noi si difendesse a ragione, niun di noi volle consentire al voler dellaltro, overo a suo detti. Domandiamo dunque sovra ci il vostro arbitrio e mandianvi scritte le nostre ragioni come noi disputavamo, acci che da voi, sottilmente saputa la veritade, la nostra lite si possa a ragione sentenziare e difinire. Perci per certo e per manifesta veri tade sapiamo che n voi gran senno e che niuno volete ingannare di sua ragione, la qual cosa noi crediamo per certo. A la vostra grandezza adomandiamo ragione e con piena voglia desideriamo che sovra questo fatto voi siate sollicita, pregandovine caramente per queste lettere e togliendo via ogne dimoranza, Dio vi dea a dare giusto arbitrio. 17b Risposta di Maria di Champagne La risponsione di quella lettera: 1. A la savia e alla gentil donna G. e al gentilissimo uomo N. conte, M. contessa di Campagna, salute. 2. Perci che non domandate indegna cosa ma da lodare da tutti di sua natura, e a niuno chadomandi degna cosa non si fa a noi di negare il nostro atore, spetialmente que cherrano nellamore e adomandano che noi revochiamo il loro errore, s come per vostra lettera ci mandaste, dicendo apertamente che sanza niuna dimoranza ci apiacesse di dire sovra ci il nostro volere. Anche intendemmo per vostra lettera che cadeste in

cotal dubbio: overo samore potesse essere tra moglie e marito o se tra li amanti si pruovi la gelosia. In ambendue dubbi ciascheduno di voi stette fermo a quel che dicea ed era contrario a laltro, e volavate chio dicesse per mia sentenzia chi avesse ragione di voi. E per ci, letto quel che diceste diligentemente e traendone la veritade, in cotal modo voglio difinire questa lite. Diciamo dunque, e per fermo fermiamo che llamore non pu essere tra moglie e marito, perci che gli amanti luno a laltro fa per grazia tutto ci che sa, ma no perch ne sia tenuto per ragione. 3. Ma marito e moglie son tenuti dubidire luno a laltro e da cci non si possono partire. Anche, che onore crescie a la moglie se usi in modo damante col suo marito, con ci sia cosa che niuno ne possa per ci acresciere in senno e neente pi par chabia senno quello cha ragione aveano in prima? Anche e per unaltra ragione dician questo, perci che llamor comanda che niuna, pognamo che ssia moglie di re, pu montare in pregio damore, sella non ama altro uomo che l marito. Anche per unaltra regola s se mostra che niuno non pu servire a due signori e per ci, dunque, tra marito e moglie a ragione non pu essere [amore]. Anche unaltra ragione contrasta al marito e moglie, perci che lla diritta gelosia non si pu trovare tra loro, sanza la quale non pu essere lo diritto amore, s come la regola dice: chi nonn geloso non pu amare. Dunque, questa nostra sentenzia con gran descrezione data e fermata per consiglio di molte altre donne, sanza niuno dubbio labbiate per ferma. 4. Data sotto gli anni domini mille cento settantaquattro, il die di magio, duodecima indizione. 18 Come uomo nobilissimo deve parlare a donna nobilissima Come il pi gentile parli a la pi gentile. 1. Se l pi gentile domanda essere amato dalla pi gentile, questo dee avere in s: che in sue parole dee essere dolce e soave e guardarsi molto che n suo dire non possa esser ripreso a ragione. Perci che lla pi gentil femina si truova molto savia e ardisce a riprendere i fatti e detti del pi gentile e molto si rallegra se cortesemente il pu fare. E in questo fatto possono aver luogo molte cose che son dette da quinci indietro, le quali il buono lettore assai lievemente li puote trovare. E anche in questo modo pu dire: "Credo ed vero che buoni huomini per ci son fatti in questa vita: per sodisfare a volere di voi e di tutte laltre, e parmi per chiara ragione che gli uomini non possono essere neente e niun ben fare n avere, se no l fanno per amor di donna. Ma avegna che paia che vegno ogne bene da femina e Dio abbia dato loro gran privilegio e che si dica che siano fonte e cagione di tutto bene, s fa mestiere chelle sian tale, in render cambio a coloro che fanno bene, che quel che fanno sia asemplo agli altri di ben fare. Perci che se non dessono buono asemplo agli altri, sarebbe come la candela charde sotto lo staio, la quale non rende niuno lume di fuori. 2. Dunque apare che ciascheduno si dee sforzare di servire alle donne in tutte cose, acci che possa avere la lor grazia. Ma elle molto debbono essere sollicite davere in memoria i buoni servigi e di renderne cambio a catuno secondo il servigio, perci chogni bene che ssi fa e che ssi dice, tutto gli uomini il sogliono apropiare al servigio delle femmine e compierlo per loro, acci che nne ricevano merito da lloro, sanza il quale niuno in questa vita potrebbe avere onore o agrandire. E conosco molti, i quali nno avuto iloro volere dellamore, e altri chnno avuto solo speranza; e io, che nonn n lluno n llaltro, s mmi mantegno in vita solo del pensiero ch i di voi e sovra tutti gli altri n grande allegrezza. Dunque, la vostra piet guardi di darmi alcuno acrescimento al mio pensiero. E priego strettamente che non vi guardiate damore, perci che quelle che no amano, vivono a llor medesimo e della lor vita niuno ne sente bene; ma quelli che non serve altrui, in questo secolo come morto e nonn da ricordare tra le genti, n meno ne pi se non come fosse morto. Ma quelle chamano, s danno a ss medesme grandezza e servono ad altrui, onde a ragione son degne di molto onore ed ognuomo ne dice bene. 3. Ma non vo che crediate che dica ci che per mi dire vi si muova a far bene, perci che so bene e son certo che per niuna cagione vi storeste da ben fare; ma per ci l detto e ricordato a voi: perch l le cose che ssi dicono assai, la verit si ferma meglio e tiensi a memor[i]a". 4. Responde la donna: "Avegna che l vostro dire sia molto alto e profondo e sottile quanto allamore, a cci s risponder s come io potr il meglio. Dunque, s risponder a lultime parole chavete dette, secondo che mostra Tulio, chaltri comanda meglio a memoria le cose chode recentemente. Perci che quello donde mavete amonita chi faccia cosa che sia prode a me e altrui, mi piace molto e sammi assai buono, perch l mio volere nera sanza niuno amonimento. E so bene che lle femine, s come diceste, a tutti debbono essere cagione e principio di ben fare, cio che con alegro volto e con cortesia riceviamo i servigi di catuno e catuno, secondo la qualit della persona, risponda come si conviene e amonisca di fare opere di cortesia, tuttavia che ssi guardi di mal fare e che non possa esser ripreso dessere troppo tenace. Ma dare amore

grieve offensione a Dio e seguitasi indi molti pericoli di morte. E anche gli amanti medesimi nnno molte pene e molti tormenti ognendie. Che bene dunque in quel fatto, nel quale sofende Dio e l prossimo ed eglino, che sono autori dellamore, per ci ne portano gran pena ognendie? Avegna, dunque, chamore faccia uomo cortese e guardalo di fare villania, ma perch troppe sconcie cose che se ne seguitano e per le gran pene che nne potrebbe portare, s cosa daver gran paura e di schifarla per colui ch savio e spezialmente per li cavalieri davere inn odio. Perci che molto si debono penare di non fare offesa la quale Dio abbia per male, coloro i quali ognendie stanno a morire, spezialmente in battaglia. E dunque a voi si fa di non volere amare e di schifare le pene chnno gli amanti, perci che gli amanti anno molte pene e in assai modi non pur quando vegghiano, ma quando dormono: cos dicono coloro che sono inamorati e che llnno provato. Per ci non vi potrei dire al postutto la natura dellamore, se nno quanto per udita, se nno al forse, perch io non so che sia amare" . 5. Responde luomo: "Voi dite quello che dicono coloro che pascieno gli amici suoi di parole e non anno in cuore di fare il servigio. Recevere altrui, quando l vede, con chiaro viso e darli buone parole e, quande lli bisogno, non darli aiuto n conforto, anzi fare gran parole per essere tenuto cortese, nonn altra cosa che quelli, il quale lamico ch fidanza in lui inganna con dolce parole di lusinghe e che s medesimo vuole vanagloriare. dunque asimigliato allo rio prete, il quale si danna colla sua bocca, mostrando che sia buono e amonendo altrui di ben fare e mostrandoli quanto buon cambio navr da Dio. E non mi pu nuocere perch diciate che nellamore soffende Dio, perci chognuomo lo sa che servire a Dio gran bene e suo tesauro. Ma chi a Dio vuole ben servire, tutto si dee dare a llui servire e, secondo il detto di san Paolo, in niuna cosa secolare si dee intromettere. Dunque, se volete servire a Dio, si conviene che llasciate le cose mondane e stare solo al suo servigio, per ch Dio non volle chaltri tenesse il piede diritto in cielo e l manco in terra, perci chaltri non pu servire a due signori. Onde, con ci sia cosa ch certo che voi tenete lun piede in terra, perch quelli che vengono a voi gli riceviate con allegro volto e volentieri, e volentieri insieme usiate parole di cortesia, e confortiate altrui di fare opere damore, credo che fosse il meglio di noi di no amare, che mentire a Dio in qualunque modo sia. Ma credo che nellamore non soffenda a Dio, perci quello che si compie per la natura che l costringe, tosto e di lieve si pu amendare. Anche non sarebbe bene a dire che fosse peccato quello dal quale ogne bene cominciamento in questa vita, e sanza il quale non puote avere degnamente honore. E di ci il prosimo non sente niuna ingiuria, cio, non dee sentire, perci quello chaltri adomando daltrui, cio, dee adomandare, saltri ladomando lui, s d dare volentieri. Ma molti lo sprecano ad ingiuria, il quale non pare che sia ingiuria. N non vi maravigliate sio spuosi: adomando, cio: d adomandare, perci ch una parola de legie di Guagnelio, della quale pare che penda tutta la leggie e profeti insegnano sporre in quel medesimo modo, per che diciamo cos: quello che non vuoli che tti sia fatto, cio non dei volere, no l farai altrui. Dice[ste] anche chaltri dovea schifare lamore, perch se ne seguitano pene e gran pericoli. Ma quello siamo tenuti di volere pi sollicitamente, lo quale non ci si d per lo gran pericolo che nn e che sanza gran fatica non possiamo avere, perch dopo un gran male pi dolce il bene. Dunque, per niuna ragione vi potete difendere che lamare non sia bene da volere, il quale siamo tenuti tutti di mettere nostra possa. Ma cui debiate amare, credo che no l sapiate ancora, perci che colui vi dee parere damare, il quale in voi tutto suo disiderio e tutto ci che fa di bene il reca a vostro honore. Ma se lla fama per tema dinvidia non mi si togliesse, niun pi degno di me sarebbe del vostro amore, perci che per voi a tutti sono umile e fedele e a tutti sono largo delle mie cose e ogne bene che pensar si possa per niuno che viva, s vi metto tutta mia forza di farlo. Imprenda dunque il vostro savere di rendere cambio a catuno che serve, perci che non solo quello ch ben parlante, ma an che il muto degno di ricevere merito del suo servigio". 6. Responde la donna: "Io non voglio la vanagloria del mondo, n sanza lo mperch i voglio di parole li miei amici pagare, ma sforzava voi di recare a servigi di miglior vita, non quasi vogliend o dannare lopere dellamore, ma mostrare che lle cose celestiale sono anzi da volere che lle mondane. Ma vo lasciare stare ora di dire delle cose divine, s voglio che diciamo sovra lamore. Molto mallegrerei, s io vedesse che lle vostre opere vi desseno alcuno pregio, poscia che no l diceste, perci chie si loda, s nn tenuto pi a vile. Anche, che aspetta la vostra gran larghezza che tant tardato di donare queste vestimenta, le quale io veggio cos rase e ripezate? Non son dunque tutti li cavalieri ricchi e niuno povero?". 7. Responde luomo: "Voi volete imporre rabbia al fattore del proverbio, perch nonn licito detto al savio huomo di lodarsi inanzi compagnia di gente e in palese. Ma se alcuno una donna per la quale confessi che tutto il bene ch fatto abbia fatto per lei, che l voglia dire in privato, questo nonn vietato per niuna ragione. Sanza lo mperch non adiviene, perci che tutti gli uomini nel fatto dellamore sadastiano ed tra loro grande invidia, cha pena si truova chaltri abbia s caro amico o che lami tanto, che inanzi a una donna il volesse pregiare o racordare volentieri le sue buone opere. E quest quel generale vitio che sozza tutti gli

uomini e ch cagione per la quale uomo si potesse lodare in privato contra il detto proverbio, perci che se lla ragione al giudice non son dette delluna parte, a ragione d la sentenzia incontro. Per ci queste vestimenta, rase come vedete, portate: per poter ben conosciere se l savio uomo potesse ricevere servigio da voi o, per le vestimenta overo per lo senno. E parmi a vedere per certo che vi piaccia pi lornamento del vestire che quello del senno, la qual cosa abassa molto la vostra gentilezza, perci che lle femmine di villa tutta sua speme nno nelle vestimenta; ma lle gentili e le savie dispregiano lornamento delle vestimenta sanza quello del senno e solo rendon honore a luomo ch senno. Anche credo bene che mi basti si sono largo verso altrui, perci che se alcuno fa grande spese nella sua persona, non servendo altrui, non acrescie neente in onore. Dunque, salcuno di quello che spende in sua persona non dovesse aver cambio buono, sapiamo assai de quali non niuno ricordo, li quali sempre in questo mondo si ricorderebbono. Ma coloro spezialmente sono da pregiare, i quali la loro uttulitade lasciano misuratamente, acci che laltrui necessitade possano comportare e servire quand bisogno. Dunque, lasciate questa povert di parole a le forese, com detto, e usate altre parole, acci che ssi mostri vostra gentilezza e vostro senno non solo per mostra e portamento, ma anche per le parole. Ma lascio per voi di ridire li proverbi o l van parlare, perch suole spesso fare [...] quelli che llode, e per ci non si ne acrescie il savere; ma tuttavia vi priego che mi diat e lamore il quale v domandato". 8. Responde la donna: "Gran temp ch udito dire a la gente che lli proverbi che paiono toccare la veritade, anzi muovono lanimo delluomo ad ira, che a ciance che si dicano da non aver piato e per ci s me ne pento di ci ch i dissi, perch conosco che ve ne turbaste troppo. Onde darne a voi, lasciando li proverbi, cos vi rispondo. Dico bene che in questa vita niuna cosa pi da lodare che amare saviamente, cha niuno pu far pienamente quello onde possa avere onore, se non fa per forza damore. E per ci fate bene se volete tale amore, per la qual sempre possiate acresciere in ben fare. Ma lo frutto del mio amore non potete avere, perch aliquanti dolori nascosi non mi lasciano amare. Ma sio potesse pur amare, s v unaltra cosa, per la qual non vi potrei amare: perch siete dato ad altrui servigi e chaltri m domandato prima il mio amore e per ci a ragione lo debbo dare anzi a llui". 9. Responde luomo: "Qua siano i dolori ascosi chavete e che non vi lasciano amare, no l mavete ancora ben mostrato. Perci che lli sollazzi damore sono medicina di cacciare ogni dolore e ristora di tutta letizia, se non forse per la morte del vostro amante, per lo quale, secondo che comanda lamore, ne dovete portare corotto due anni. Ma come pare a me, non credo che portiate trestizia per amante, perch non foste anche inamorata di niuno. Ma perch diciate ch[i] vo bene altrui e chaltri vamasse prima di me, non pare che possa nuocere a mia ragione, perch in vostro arbitrio di darlo anzi a colui che ne fosse pi degno e se laltro avesse avuta la speranza del vostro amore. Perci che quelli nonn da avere anzi lamore, il quale prima ladomanda e prima serve, che colui che ne sia pi degno. Anche men che ben si dice chaltri mi sia inanzi solo perch ladomandi prima, ma solo colui, il quale, per servigi che fece, fu prima degno daverne il frutto. Perci che se lla domandagione dalcuno savio fosse anzi admessa perch l pi savio tardasse, sarebe cosa di mal asempro e grande iniquit se ne seguiterebbe. Perch nonn da guardare quando altri lo domanda, se non fosse fatta gi la promessione e compiuto. E questo quello che saviamente detto di sopra, che ciascheduna donna e anche poi chel data speranza e lo basciare e il lasciare abracciare, se non dato pi innanzi, sanza biasimo lo pu negare al primo e darlo un altro. Dunque, avegna che ladomandi di poscia, non mi d nuocere, sio ne sono pi degno". 10. Responde la donna: "Che ci che credete chio no amasse ancora altrui? Tenetemi cos vile e di cos poco valore chi non sia degna di potere essere amata e chi non ami altrui? A cci mostrano le vostre parole che siano contrarie a leggie dellamore e a ogne ragione. Perci che basta a catuno, se mos tra che sia degno dessere amato, avegna che pi degno di lui poscia ladomandi, perch non dee nuocere a la bont delluno la meglior bont dellaltro. Onde, salcuno buono e che sia degno adimandi prima di voi essere amato, avegna che voi ne foste pi degno, la colui petitione prima da mettere, perch se n di me diceste altro, s vi sforzereste di frodare il savere sanza ragione da suoi guiderdoni". 11. Responde luomo: "Non piacci a Dio, madonna mia, che credere possa per alcun tempo che voi non siate ben degnissima dessere amata; ma per ci lo dissi: cha pena mi pare chalcuno sia degno del vostro amore, e se nn degno, a pena niun s ardito nel mondo, che non dubitasse di dire sua ragione dinanzi da voi e domandarvi amore. Ma quel che diceste, che la magior bont non dee nuocere alla minore, per ragione no l potete difendere, perci che lla tostana domandagione dalcuno savio, per ragione non d nuocere a quella del migliore. Avegna dunque che catuna delle tre donne che mangiavano assai fosse degna daver lo pome, ma lo diritto giudice di [Pr]iamo, ci fu Alexandro, le due, avegna che ne fossero degne, no lo di[], e la pi degna, ci fu Venere, e chadomand il pome prin da sezzo, volle chavesse il pome. Dunque, che sia pi degno, prima lo dovete conosciere e mantenerli sua ragione".

12. Responde la donna: "Se lla falsa volont non vingannasse, nonn andreste cercando amore daltra donna che della vostra moglie ch cos bella". 13. Responde luomo: "Confesso bene chi bella moglie e chi lamo troppo, secondo che ssi richiede a marito. Imperch so che tra marito e sua moglie non pu essere amore, e s come disse e ferm la sentenzia della contessa di Campagna, e che in questa vita non si pu far bene niuno, se nonn principio e fine dallamore, non sanza ragione son costretto damare altra femina che mia moglie. Ma il defecto come debie rispondere in questo articolo, s l troverai scritto molto bene nel parlare del pi gentile alla gentile". 14. Responde la donna: "Anche che llamore sia cosa molto utile e da volere per giovani e per coloro li quali dilettano la gloria del mondo, a me e che sono quasi detade compiuta, non mi pare util cosa, anzi da spregiare; anche pi, se tutte altre cose mi comandassero damare, ma lo vedovatico e la tristitia ch di mio marito ch morto, ogne sollazzo a ragione mi toglie". 15. Responde luomo: "Assai ne labito di vostra persona vi mostrate giovene, se l vostro cuore non fosse vecchio, onde apare per certo che in vostro cuore sia gioventude, perci che labito assai mostra di fuori quel chavete dentro. N llo dolore del vostro marito ch morto a ragione mi pu nuocere, perch vi conforto di quello chiera data continua letitia e manterralla, perci che lamore quello che toglie dolore e in s uo luoco d molta allegrezza e gran sollazzi. Dunque, lamore cosa da volere da tutti e damare, il quale toglie ogne trestitia altrui e d stato dallegrezza. Onde, secondo chadomanda la legge, passato il tempo di piangere il marito, si puote di licentia porre gi ogne dolore ed amare, perci che portare dolore pi che l tempo che lla lege comandi, s contra la leggie e contrastare al volere di Dio e pensare contra i suoi fatti mattamente. Anche tenere corrotto pi che ssi debia, nulla pare che giovi al morto, e la vostra persona ne porta gran danno". 16. Responde la donna: "Con molto ardire pare che diciate contra la leggie, quando dite chaltri fa male salcuno fa pi oltre che lla leggie comanda e ordina per misericordia per la fragilit ch nel le persone, con ci sia cosa che llo Vangelio lo dica a colui chalberga luomo fedito: "Te questi dinari, e se pi vi spenderai, io gli ti render". Onde, se lla leggie mordin poco tempo a far corrotto, volendo provedere a la mia fragilit, ed io alcuna cosa il faccia piue per adempiere meglio la legie, son degna davere maggiore merito e cambio". 17. Responde luomo: "Non per provedere alla fragilit delle femmine la leggie, quanto tempo dovesse stare, fu trovata, ma per provedere a lutulit degli uomini, cio acci che l sangue di due uomini non si potesse turbare o mescolarsi insieme. Per ci s tosto come il sangue non si pu turbare, secondo che comanda lapostolo, morto il marito, si pu maritare a un altro. Molto magiormente, dunque, passato q uel tempo, voi potete amare". 18. Responde la donna: "Avegna che llamore ogni persona lo debbia volere, ma la vergine no l pu volere, perch sapete bene che lla vergine per piccolo biasimo e boce s perde lonore di questa vita e la buona fama. Anche pi che non sono di tale etade chio potesse comportare lamore comune come si dee, perci che ssi dice che anzi che siano XVIII non si pu mantenere lamore. Onde non pare che io possa bene amare". 19. Responde luomo: "Salcuna vorr amare saviamente, infine porr pentere a ragione e anche non avr disinore, perci che se lla femmina amer un savio huomo e scaltrito, lo suo amore star celato e non si potr spiare per niuno e disinore niuno non vi potr avere. Ma quello che dite delletade, pu aver luo go nel maschio, perci che luomo anzi li XVIII anni a pena pu essere fermo amante. Ma lla femmina s, perch llaiuta la natura, perch lla femmina da XII anni inanzi si ferma nellamore e puote amare. Ma perch avegna naturalmente pi tosto nella femmina che nelluomo, s l potete ben vedere. 20. Perci che lla femmina, incontinente che passa li XII anni, s compie la sua fermezza e nonn vana nelle cose e pi tosto, perch l d la natura, pu compier amore che l maschio. E questo adiviene perci che segnoreggia la f[r]igidit nelle femine e nelluomo, per natura, la calidezza. Ma colla frigidit della femmina alcuna cosa di calidit e la cosa ch fredda, pi tosto si scalda di poco caldo chabia, che se al caldo si giunga caldo. La quale cosa vi mostro per asemplo: perci che se in vasello dargento, o daltro metallo, alcuna cosa si metta che sia calda, di magior calore e pi tosto si scalda che l vasello del legno, nel quale si mettesse cosa molto caldissima. Anche, pi tosto le femmine di vechiezza si guastano che maschi, chnno fortezza in compier lor volont. E per ci nonn meraviglia se lle femmine sono pi tosto ferme, perch vediamo tutte le cose di questo mondo, le quali nno vita e spirito, che quanto pi tosto per natura viene a compimento, tanto pi tosto viene a fine per quella natura medesima, e, per contrario, quanto pi pena a venire, pi basta". 21. Responde la donna: "A questo che mi dite per ragione di fisica, s lascio a voi cos impendente, chio non vi rispondo in alcuna cosa, perci chaltri non domanda medicina, se nno quando male. Dunque, fa mistiere chio la taccia, se voi mi consigliate per vostro conforto chio ami saviamente: comio lo debia fare,

nommi ne avete dato pieno consiglio. Perch niuno truovi s grande infignitore nellamore, o amare s ad inganno, che lla sua fede non paie a tutti aprovata, ed un uomo novitio quando viene che ssia innamorato e che non si peni di coprire a tutti le sue tecce. Pognamo dunque per fermo che lamante sinfinga e con su arte voglia ingannare lamore, ma nel tempo che lla volont lo stringe, in tutto in suo portamenti mostra che leale amante sia e con bugie si sforza dingannare la femmina che gli crede. Per ci, il cui savere si potrebbe guardare da tanta imagine di veritade e conosciere le frode coperte? A pena il senno di Salamone si ne potrebbe guardare, o dottrina di Cato dirlo dinanzi. Avegna che talora si truovi femmina che si guarda di queste frode, la qual sia di picciol tempo convenevole e chabia gi sentito altra volta lamore; ma in questo caso non maiuta letade e non provai anche lamore". 22. Responde luomo: "Meravigliose parole dite molto. Che dunque falsit pu essere nellariento che si frega al paragone o che ssi purghi nel fuoco? Come, dunque, per lo fuoco e al paragone si truova la verit delloro e de largento, e cos la fede e la verit dogne huomo si mostrer per molta pruova. Perci che nonn alcuna donna od ancella di s poco senno in questo mondo, se quello nome che ssi fa, a la qual non sia legier cosa di conosciere la fede dellamante, o s vero quello che dice, sella lo pruova saviamente. Son molte, solo perch sono di gentilissimo sangue o maritate a gentilissimi huomini, credono essere donne e donzelle, a le quale non si fa loro quel nome di donna o di donzella, perch solo il senno e li buon costumi fa lor degne di quel nome. Onde a ragione la gioventude spesse volte si truova non savia e ingannata, la fantilit della quale apropia a s quello che apartiene a senno e scaltrim[en]to. Dunque, la femmina non dee darsi al volere di colui che lla domanda, ma prima li d fare molte promesse e indugiare quel che promette convenevole termine e conosca di che fede sia; talora si d mostrare cambiata al postutto da quel che promette e di non volere farne nulla. Perci che niuno si s scaltrito e s ingegnoso, se per lungo tempo pena aver lo frutto dellamore e che spesse volte sia inganato di promesse, il quale talora nonn afini di ci o che palese non si mostri la sua malvagia. Onde, sella vede che per ci se ne rimagna, o che le porti rea nominanza indosso, o chabia fidanza daverla per danari, dsi dare che non sia leale amante. Ma se conoscie che perseveri lungamente, non d molto tardare la promessa, acci che non abbia lavorato indarno. Ma aver in s arte di fisica e ogne altra scienzia, per ci non menoma suo senno, anzi e si ne monta in magior pregio e sempre inde nacrescie il suo senno. E palese vamaestra lamore damare il savio e di schifare il non savio". 23. [Responde la donna]: "Quello onde altri gran voglia daverlo che vegna a compimento, inn ogne modo si sforza di farlo volere e di fare a colui che gli crede. Ma quelli nonn diritto amico che guarda che si faccia pur la sua uttulitade, non curando di quella dellamico suo, non dee voler credere a quel cotale amico. Amare, dunque, a le maritate licita cosa, e alle vergine par che sia cosa daverne paura e da disinore, perci che quando la femmina si marita, se l marito, credendo che sia vergine, la truova corotta, sempre la nodia ed lla in dispetto, per la qual cosa spesse si parte luno da laltro e non si raunano mai insieme e cos sanza modo le crescie adosso la ria fama ed ogne persona l in dispetto". 24. [Responde luomo]: "Grandissimo errore pare che seguiti de la vostra dottrina, quando dannate lamore nelle vergini, perci che molte vergini chaveano ogne bontade, si truova scritto chamaro, s come fu Ampelice, Isotta, Blanciflore, Fenice e molte altre vergini. Perch se lla vergine per forza damare non si peni di farsi portar pregio, non sar degna daver marito di valore, n venire a niuna gran cosa pienamente. N per ci sar inn odio al buon marito, perch il buon marito penser sempre che non potrebe per alcun tempo aver trovata moglie di s gran valore, sella non fosse insegnata damore e che non avesse amato. Ma sella data a cattivo marito, meglio le viene che l marito le voglia male che bene, n per ci la savia femmina lungamente suo pregio ne perde, anzi si scuoprono le retadi del cattivo mari to. Ma i volere di manifestare a voi una cosa chi in cuore, la qual cosa [so] che molti nolla sanno; ma non credo che voi no l sapiate: amore tal puro e tal mescolato. Ma il puro amore quello, il quale con tutto desiderio damore giunge i cuori insieme di duoi amanti. Ma questo amore viene da desiderio de lamante e del cuore e va infino al basciare e labracciare e toccare le vergognose membra de lamante a gnudo e alla fine non usare insieme, perch nonn licita cosa di far quello a coloro chamano puro. E quest quello amore, il quale catuno ch proponimento damore d volere con tutta sua forza. Perci che questo amore sanza modo crescie tuttavia, e non si fa che niuno anche se ne potesse saziare; e quanto catuno ne prende pi, tanto pi ne vorebbe avere. E questo amore di tanta vertude, che da llui viene principio di tutto savere e niuna ingiuria n il proximo e piccola offesa si ne fa a Dio. Certo, di cotale amore, n vergine n corrotta, n vedova n maritata ne pu sentire alcun danno o al suo pregio averne menomanza. Io questo amor voglio, questo seguito e questo sempre adoro, e non fino dadomandare a voi che l mi diate. Ma quell detto amore mescolato, il quale d efetto a ogne desiderio della carne e alla fine si compie per luxuria. Che amor questo sia, assai di lieve il potete vedere per quel ch detto di sopra. Questo amore tosto vien meno e poco tempo

dura, e spesso se ne pente altri daverlo fatto; il proximo ne diserve e anche Idio di sopra e molti gran pericoli si ne seguitano. Ma questo non dico perch io il danni, ma per mostrare qual sia prima da volere, perci che llamore mescolato vero amore e da llodare ed detto principio a tutti dogne bene, avegna chabia in s gran pericoli. Dunque, altress aprovato luno amore come laltro, ma lusata del puro amore mi piace pi. E per ci, lasciata ogne vanit di paura, s vi si dice di prender luno". 25. [Responde la donna]: "Voi dite parole le quali non fuoro anche dette n udite n che si potessero a pena credere per niuno. Perci che mmi meraviglio se in niuno si potesse trovare tanta astinenza di carne, che esendo nellopere e commosso nel diletto dellamore, che sse ne possa ritenere e contrastare al movimento del corpo, perch da tutti tenuta grande maraviglia salcuno fosse messo nel fuoco e no ardesse. Ma salcuno avesse questa fede nel puro amore come dite, e fosse di quella astinenza della carne, lo costui proponimento lodo bene e confermo e giudico ch degno dogne onore, non donando per ci inulla lamor mescolato, per lo qual si dereggie quasi tutto il mondo. Avegna, dunque, che luno amore e laltro sia provato, voi a niuno vi dovete apoggiare, perch l cherico dee solamente sovrastare a loficio di Dio e schifare tutti li carnali disiderii. Anche si dee guardare da tutte dilettazioni di questo mondo e l su corpo guardare da ogne macola verso Idio, al quale Dio diede privileggio di tanta dignitade e di tanto onore, s come di consegrare colle sue mani la sua carne e l suo sangue e di poter perdonar e le pecata degli uomini. Ma pognamo che vedeste chio fosse in volere doperare li diletti della carne, s mmi dovreste, per loficio che v comesso da Dio, revocare da quel proponimento ed errore e chio mantenesse castitade e dar di voi asempro che apertamente potesse coregere laltrui peccato. Perci, secondo che l Vangelio comanda, quelli che porta la trave nellocchio prima la se ne dee trarre, che si sforzi di trarre la pagl[i]uga de locchio del suo fratello. Perci cognuomo ne farebe beffe, sun che fosse legato altress come il su compagno, dicesse di volerlo sciogliere. Dunque, le femine tropo farebono grande offesa a dDio di contaminare coloro i quali posti a suo servigi e vollero che fossero puri e casti in tutti suo servigi". 26. [Responde luomo]: "Avegna chio sia cherico, ma io sono uomo nato di pecato e pronto di sodisfare naturalmente al desiderio della carne, come tutti gli altri uomini. Anche che Dio volesse che lli cherici fossero in suo luogo ed avessero carico di tutti li suoi fatti e danunziare la sua parola, ma in ci non volle che fossero di migliore condizione che gli altri, di non poter peccare e di nonn avere lo compugnimento della carne. Onde non credo che Dio volesse che fossero di magiore astinenzia de la carne e di portare doppia soma. Dunque, perch il cherico pi chun altro laico tenuto di mantenere castitade del suo corpo? E non credere che pur al cherico sia vietato il diletto della carne, con ci sia cosa che a ciascheduno altro cristiano sia comandato da Dio di guardare il suo corpo da ogne inmondizia e di schifare al postutto i diletti della carne. Dunque, altres bene ilaico come il cherico potreste cacciare, perci che non solo a cherici dato podest damunire e di revocare il proximo da li suoi errori, ma anche a ciascheduno cristiano imposta questa necessit, s come ci amaestra lo Vangelio, il qual dice: "Se peccher in te lo tuo fratello, gastigalo selo tra tte e lui", e non disse: "Se peccher nel cherico lo su fratello", ma generalmente disse, vogliendo dare general comandamento altress a luno come a laltro. Dunque, ben far l cherico e bene lo laico se se ne tiene da ogne secolar diletto e se in buone opere confermi il cuor del proximo. Ma confesso, e no l posso negare, che lo cherico tenuto in certe cose, come di mostrare la via della veritade nella divina casa, overo l ove sia il popolo e di confortare il suo popolo, in su dire, nella vera fede e cattolica, la qual cosa, se per neghienza no l fanno, non potranno cessare le pene eternali, se non forse amendino il pecato con frutto di penitenzia. Ma se in opera e in detto fa bene il suo oficio, della comesione che gli fatta, per certo ne sar prosciolto, perci che di tutti gli altri peccati che fa, il cherico da Dio non sie pi puni to chun altro laico, con ci sia cosa che tutti naturalm[en]te si muovano a cci per lo movimento della carne, s come tutti li altri mortali. E questo dice il Vangelio: vegiendo dunque Idio li suoi cherici, secondo la nfert de lumana natura, cadere in isvariati peccati, s disse nel Vangelio: "Sovra la sedia di Mois sedranno li scribi e farisei, ogne cosa che diranno a voi che faciate, uditele e fatele, ma secondo le loro opere non fate", quasi come dicesse: "Credete alle parole de cherici come a messi di Dio, ma perch son disposti a desiderii della carne come tutti li altri uomini, non guardate alle loro opere, se non fanno quello che debbono". Dunque, mi basta, che quando sono a laltare, danunziare la parola di Dio al mio popolo. Onde, sadomando dessere amato da alcuna donna, perch io sia cherico no mi pu cacciare, anzi prover a voi che per necessitade duomo, che piutosto il cherico che laico anzi damare, perci che l cherico in tutte cose si truova pi savio e sca[l]trito che laico, e con magior misura ordina s e lle sue cose e con misurato modo suol disporre ogne cosa e perch l cherico scienzia di tutte [cose], ch ll per iscrittura. Onde, migliore amore da giudicare il suo che quel delaico, perci che in questo mondo a niun fa s gran bisogno challamante dessere savio in ogne cosa. Onde, se in altro modo mi trovate degno del vostro amore, per questa cagione nommi potete cacciare perch io sia cherico".

27. [Responde la donna]: "Molto sono maravigliose le parole vostre, per le quali dite che l cherico non sia pi da punire, de peccati del mondo, che laico, con ci sia cosa che lla santa Scrittura dica che quanto luomo magior dignitade e magiore ordine, cotanto fa magior caduta peccando. Ma pognamo che non sia magiore il peccato del cherico che laico, unaltra cosa v per che lle femine non possono amare li cherici: perch lamore di sua natura richiede piacevole e bello ornamento e che luomo secondo che porta il tempo vada bene aconcio e che sia ardito contra i nemici e allegro molto in battaglia, e sempre stare in arme. Ma l cherico va vestito a guisa di femmina e col capo raso villanamente e non pu donare ad altrui, se non vuol comettere furto, e anche sta sempre in riposo e pensa pur di mangiare e di ben bere. E per ci, se l cherico tanto ardire di richiedere lamore di savia donna, infino nella prima, quando la richiede, saviamente lo ne d riprendere e darli comiato villano e brutto, che non solo elli se ne rimagna di domandare queste cotal cose per la vergogna, ma perch per ci gli altri nabiano paura di domandare simigliante cosa. Perci che molto si rimangono di far male o pecato pi per la vergogna del mondo, che per le pene che debbian ricevere a laltro mondo". 28. [Responde luomo]: "Ben vero che quanto altri magior dignitade, tant magior la caduta in peccare, non quanto a Dio ma quanto a le rie boci del popolo, perch magiormente il popolo si muove a dir male dun molto piccolo peccato che faccia un uomo di Dio e di menarlosi per bocca e di riprendere la sua vita, che se mille di popolo facessero grandissimi pecati. Ma perch ci adivegna, io no l vi dir ora di presente. Ma perch li cherici vadano vestiti a guisa di femmine non mi nuoce, perch fu comandamento de santi padri infin del cominciamento, che lli cherici in abito e in andatura si paresseno dagli altri. Onde, se per ragione a s piccioli comandamenti di santi padri facesse contra ci o che fosse neghittoso in non servargli, non dovreste credere chio per ci vi facesse megliori e magior servigi, anzi mi potreste a ragione dire: "Apostata va via, e falsatore del tuo ordine". Ma quello che diceste, chio dovea essere largo, viene da grande errore, con ci sia cosa che ssi predichi per lo dottore della veritade a tutti gli uomini larghezza e che al postutto nonn abiano in s avaritia, non so con qual fronte possiate dire che lli cherici non possano esser larghi, se non forse volete intendere di quelli cherici, i quali anno rinu[n]tiato al mondo e a tutte loltre cose mondane. Anche n loro non potrebe nuocere, chi guardasse bene a la veritade. Ma che noi usiamo battaglie, Dio il vieta perch le nostre mani fossero pure e nette da spargere sangue, per la qual cosa non potessimo essere cacciati dal servigio di Dio, perci che quelli che sparge sangue non pu essere al servigio di Dio. Onde, perch l santissimo re David fece micidio, non pott edificare el tempio di Dio, con ci sia cosa che Idio medesimo li disse: "Non farai il mio tempio perchi sparto sangue". Per ci, se questo non mi nocesse, di niuna cosa magior desiderio in questo mondo, che di mostrare mia prodezza e di fare e andare a battaglia. Ma quello che diceste, chio serva volentieri al corpo, per ragione non mi pu nuocere, perch non si truova n cherico n laico, maschio n femmina, piccolo n grande, che volentieri non serva al fatto del corpo. Ma se questo fa pi che non debia, dinanzi da Dio e tutti gli uomini del mondo, altress li cherici come i laici fanno gran peccato e cosa da molto riprendere. N per lo molto riposo chabiano i cherici da credere che mangino e beano troppo, ch se per lo riposo chaltri abia si credesse ci sovra tutti che vivano, chnno ragione, le femmine son quelle che llnno, contro le quali da presumere che mangino troppo. Anche magiormente contro le femmine che contro li cherici o gli altri uomini da presumere, in questo caso, chi guarda bene alla veritade, perci ch scritto che prima la femmina che l maschio sodisfece al corpo e contro il comandamento di Dio e per la gola lo ruppe. Anche pi, che luomo mai non avrebbe mangiato, se, per le molte lusinghe che lla femmina li fece, non fosse, onde ne fu, ingannato". 29. [Responde la donna]: "Se per lo mio dire lanimo vostro si turb, sol me ne dovete riprendere e rimbrocciare e non ispregiare tutte loltre per una offesa; perci che quello che lla femmina fece per la gola, s l fece per lo nganno del domonio, non perchella volesse refrenare lapetito del ventre, perchera neente, ma come matta, credendo a le parole del domonio e per savere che cosa fosse il male, perch Dio lavea vietato". 30. [Responde luomo]: "Perch, dunque, fu prima tentata nel porne la femmina che l maschio, con ci sia cosa che magior vettoria vavrebe inde avuto lo domonio, se nno perch l domonio vidde che lla femmina, piutosto che l maschio, apetiva il cibo?". 31. [Responde la donna]: "Questo per ci divenne, perch lle femmine credono pi tosto ogne cosa che maschi, perch sono semplici e di niuna possa, per ci credono a ogne parola. Onde, vedendo il domonio che l maschio non credea cos tosto, perch pi scaltrito in tutte cose, volle cominciare in prima a tentare la femina, tentando che non lavorasse invano, perci che segli avesse tentato prima luomo e non ne fosse venuto a capo di ci, lasemplo delluomo avrebe confermato lanimo della femmina".

32. [Responde luomo]: "Sopra questo articolo tosto ci verebe meno il disputare e per ci, lasciando stare queste cose, domando che rispondiate alla principale proposta che vadomandai, perch quelo che mavete aposto, a ragione non mostra che mmi noccia". 33. [Responde la donna]: "Avegna forse che vostri servigi vi faccian degno di cotale amore, unaltra cosa perchi non vi posso amare: perci ch un altro altres gentile e savio come voi e non minore volere di servire di voi, il quale per li servigi madomanda il mio amore e no l vuol dire colla bocca, il quale anche per molte ragioni inanzi a voi nellamore. Perci che quelli lascia tutta la sua speranza nella mia fede e non mi fa importunit di domandare, ma crede venire a suo intendimento solo per mia grazia, pi mi pare che sia degno davere quello che da me desidera, che colui che con suoi detti mi rende certa di quel che vuole e tutto sua speranza pone in sue parole, cio che pi si confida in sapere ben dire e favellare coperto, che della puritade del mio volere. E pi tenuto il giudice di dire la ragione di colui che nonn legato avogato niuno, inanzi la lascia in suo arbitrio, che di colui che sa ben piatire e che n amaestrato per molti avogadi, quando va inanzi a lui a piatire". 34. [Responde luomo]: "In questo caso lopinione vostra mi pare molto da riprendere. Qual, dunque, savio dir mai che l muto sia pi degno dadomandare e davere quello che disidera , lo quale si sforza di mostrarlo con cenni corporali, che colui che si pena di parlare con savia parola e con aconcia? Perci che si dice in proverbio di popolo: "Non portare muto in niuna nave". Anche, adomando quel che vuoli e spesse volte ladomanda, questo permette ogne ragione, anche Idio namaestra, il qual dice: "Adomandate e seravi dato, picchiate e seravi aperto". Perch lusanza del mondo tale, che a pena potemo avere onde siamo degni o che desideriamo davere, non che per tacere, ma anche per adomandare spesse volte. Anche vi mostro per magiori asempri chi son pi degno davere quel chadomando, che colui che nolladomanda; perci chio ne son degno non solo per li miei servigi, ma anche perch molto l domandato. Perch, sia chi vuole, la cosa chadomanda una volta, s la d avere, perch comperata molto cara. Adunque, pi dovete essere favorabele a la mia domandagione che lla sua, perch di quel chadomando son degno per doppia ragione ed egli per una. Anche non si vide mai femmina, com io credo, che cotal cosa profer di grazia a coloro che nolladomandano, per lusata vergogna delle femine ch contradia a ci". 35. Responde la donna: "Li nocchieri per ci schifano di portare lo muto nella nave, perch quando sono in tempestade, quel che per gli compagni fosse detto a llui di fare nollode, n non pu dire agli altri luttulitade della nave. Anche il muto non d perdere la sua fatica, avegna che non possa dire il fatto suo. Anche non pu nuocere lasemplo del detto Vangelio, perci che quel sintende che non fini dadomandare e di picchiare alla porta quante ad avere lo regno di Dio, al quale respondono le sue buone opere e la buona fede. Ma se voi volete restringere quel che porta la parola e solverla cos semplicemente, per viva ragione vi conviene dire che niuno muto vada in paradiso, con ci sia cosa che quello chadomandano col cuore non possano mostrare con voce, per lo difetto chnno da natura di non poter parlare. Ma ci che dite, che dovete domandare quel che volete perch ne sare[s]te degno per doppia ragione, non si difende per giusta ragione, perci che allora vero, quando altri adomanda cosa che sia disposta a merceria delluomo. Ma guardi Dio chalcuno possa comperare lamore per prezzo, perch lamore cosa di grazia e che sol viene dalla nobilt del cuore e da pura libert della mente e per ci si dee dare a tutti solo per grazia, non per prezzo niuno, avegna che sia licita cosa agli amanti di dare e di torre gioie luno a laltro. Ma se solo per ci usassero lamore, da indi innanzi non diritto amore ma falsato. Anche per la vostra domandagione, la mia libert non dee perdere il suo dono, la qual cosa sarebbe se lla vostra domandagione vi ne facesse degno, perci che la grazia perde il suo oficio l ovaltri adomanda quello onde n degno. Ma ove dite che lla cosa domandata che per fermo comperata, ver quanto a colui che lladomanda, ma non quanto a chi lla tiene, perch se dovesse essere lor dato solo per la domandagione, le ricchezze di molti tosto verrebono a fine e ne rimarrebero in molta povert e in grande inopia. Dunque, bellamente lo fattore del proverbio volle dare dui intendimenti: perch catuno la cosa che vuole, od lla per molti danari che spenda, o per molta gran fatica; e cos questo cotale si suole schernire per la gente: "Questo uomo e comperata molto cara quella cosa, ma non gli si fa per niuna guisa". N anche quello che dite, ch vergogna alla donna sella di grazia profera il suo amore a colui che nollo adomanda, nommi nuoce, per che non si truova che ssia vietato in niuno modo di dare di grazia il suo amore. Dunque pu la femina, salcuno la nvita damare, invitarlo al suo amore con belle e con cortesi parole, sella savede che luomo non sia ardito di domandarlo per qua[l]che cagione. E in questo fatto la figliuola del buono re Carlo il magno ne d uno buono asempro, la quale adomand spressamente il su amore da Milione dAnghiante, ma elli, perchiera legato dellamore de laltra figliuola di quel medesimo re Carlo, s lla rifiut al postutto damare, non volendo a sua scientia cadere nel peccato de lo ncesto. Dunque, per niuna ragione mi si toglie chio non possa amare colui ch detto, che no l madomando".

36. Responde luomo: "Molto malegrerei, se in questo caso la vostra ope nione fosse aprovata da ogne femmina, perch sarebe pi lieve fatica agli uomini ad amare, e di meglior condizione quel che desiderano. Ma pur in questo non vi posso consentire, che quelli che tace il su afare sia degno di magiore honore che quelli che l dice con savie e belle parole; ma n di ci la vostra libert ne perde il suo dono, ch quello chio dissi della ragione della compera e del debito dellamore, no l dissi quasi perchio ne credesse essere degno e perch l volesse per prezzo, ma perch forte pensava che foste graziosa a darlo a me che l vadomandava, che a colui che stava fermo in non domandarlo". 37. Responde la donna: "Troppo mi parete importuno, che pur volete chio vi dea ora il mio amore. Pognamo, dunque, che voi ne foste dignissimo daverlo per vostri servigi, non dovete adomandare chio il vi desse cos tosto, perch non si dice alla femmina dalcun valore, di consentire troppo tosto al volere dellamante; perci che la tropo larghezza e la tostana s viene in dispetto a lamante e l disiderato amore s l vile e se l pena molto ad avere, lo non ben leale amore si divien puro e sanza niuna rugine; dunque, in molti modi d provare la femmina prima il savere dellamante e conosciere per certo la sua fede, anzi che li dea speranza del suo amore". 38. Responde luomo: "A lo nfermo, lo qual pare che vegno al giuoco da sezzo, non si dee dar cibo da dieta n medicina di ragione, ma tutto quello che llapetito suo disidera, avegna che regolarmente sia contrario a la nfert sua, e questo suol fare lo buon medico per sodisfare a llui. Le pene, dunque, e continui dolori, i quali per vostro amore mi fanno languire a morte sanza tinore, mi constringono sanza tinore a domandarvi aiuto a questa morte che nommi d posa. N non vi potete difendere per quella ragione chavete detta, per la qual diceste che si disdicea alle femmine molto di dare il loro amore altrui cos tosto, perch cotali risposte dovete lasciare alle foresi, le qual sempre anno in bocca di dire cha una fedito non cade lalbero. Ma lla savia e la discreta donna, a quel chaltri ladomando d dare spazio convenevole, perch se men che bene o male a lamante si d indugio e lamore lo stringa bene, non si potr tener lamante che spesso non passi per la sua via e che non [..] molto volentieri. Onde adiviene spesso perch quel cotal fatto [...], che son messi in boce malamente e talora quello cha pena cominciato, si dice che sia compiuto e l buon proponimento si rompe. D dunque la femmina, il cui amor si domanda, con senno prolungare il tempo a lamante, se volont damarlo". 39. Responde la donna: "La gran pena e la grieve angoscia che dite che avete, con umilt la dovete comportare, per la quale adomandate cos gran cosa; perchaltri non pu sapere che sia il bene, se prima non pruova il male. Ma quel che dite, che lla femmina dee dare termini con misura a colui che lladomanda, ver quando la femmina talento di lui amare; ma sella nonn voglia niuna, s dee con belle parole e con aconcie e cortesi partirlo da s e l suo amico non turbare in niuna cosa o darli promessa dindugio. Dunque, con ci sia cosa che sia di fermo proponimento di voi non amare, non vi d essere molesto si vi ricuso con falsa promessa di termine. Ma perch il vostro animo ci non si recasse a ingiuria, non vi dicea la cagione per ch i non vamava, cio perchi sono tenuta ad altrui e legata di catene da non disciogliere". 40. Responde luomo: "Molto mi sarebe dolce langoscia di qualunque pena, si vedesse via dalcun bene. Ma credo fermamente che voi diciate per fuga quel che dite, che siete legata daltrui e per chiudermi via di non parlare a voi e lamor s vi mostra via chaltri non dee a suo scentre impedire lamore ch congiunto a ragione. Ma perch di ci non vegio alcuna presunzione, s ne sono mal credente a ragione e per ci non faccio contro lamore. Ma se per certo sapesse che voi amaste altrui e credesse anche che non ne fosse degno e io vi potesse con mie parole torre dal colui amore, non crederei offendere lamore, ma f are le sue comandamenta; perci che quel comandamento, del quale noi siamo in disputare, favela di quelle che saviamente son date ad amare e questo pruova la parola saviamente, la qual nel comandamento. Ma men che bene ama [a]lor la femmina, quando il senno del suo amante non risponde al suo, overo se fra lloro nonn iguale amore. Ma se io sapesse che voi degnamente amaste, avegna che l comandamento lo vieti, chio non vi possa domandare amore, neente meno credo che mmi fosse licito dadomandarlo, acci che per vostra concessione mi sia licito davere buon volere per voi e che gli miei servigi, recandoli a voi, gli lodiate, e se men che bene in alcuna cosa deviasse, in privato mi dobiate amunire. Dunque, se dalcuno amore siete legata, la qual cosa non posso credere, acorto cerchi lo vostro savere se cotale amore vi si fa". 41. Responde la donna: "Fede che ci sia vero non vi poso fare, se nnon per mio dire, perchalcuno non d dire le secrete cose del suo amore a molti, secondo che lla dotrina dellamor comanda. Onde credo per fermo che fosse gran villania in questo caso di dire che non fosse da dar fede alle mie parole o daltra donna, perch ci viene solo da vostro arbitrio. Ma li fatti che farete da llodare, prometto di lodarli volentieri, ma l oficio damaestrarvi no l prendo, perch quel servigio si d fare solo agli amanti. Ma se lla femmina sia data a

idonio amore, non lieve cosa da conosciere, n molto par che ssi dica di sovrastare a questa inquisitione, dach lamore compiuto per ambe le parte, acci che tra lle dette cose non sia manifesta disguaglianza, e che llamonire della femmina in ci non possa sentire alcun prode. Dio, dunque, s vi dea quello che sodisfaccia al vostro volere e che da ci alcun di pregio non senta danno. Ma perch conosco, in quel chavete parlato meco, che voi siete molto aprovato nella dottrina dellamore, sovra un fatto damore voglio vostro consiglio. Una donna di pregio per suo ingegno si vuole partire da s luno de dui chadomandavano il suo amore, in questo modo: partendo in s li sollazzi dellamore e dicendo che luno avesse qual parte e volesse, o dalla cintola in gi, e laltro da inde in s. Ciascheduno di quelli sanza niuno indugio prese la sua parte e ciascheduno dicea chavea tolta la migliore e ciascheduno dicea chera pi degno in ricevere lamore perchavea la miglior parte. Ma lla detta donna, non vogliendo gittare lo suo arbitrio sanza consiglio, per volontade della parte, adomanda chio difinisca per mia sentenzia qual di costoro sia, in q uel chadomandano, da giudicare pi degno. Adomando voi qual vi pare pi da lodare ne la sua parte". 42. [Responde luomo]: "Con ci sia cosa chio adomandi da voi lo vostro amore e voi mi diate cagione di no amare, non d essere villania si mi peni in ogne modo di torre da dosso la briga che nonn mia e di partire da me la mia propria con parole. Anche se voi mamendaste de miei rei costumi, non pare che sia difetto alla ragione di niuno amante. Dunque, fate quel che dovete, perci che non mi posso partire dal proponimento di voi amare. Di ci domandate chio vi dea il mio consiglio, sovra l quale non si conviene che alcuno savio dubiti. Chi dunque dubita che quelli che abesse la pi nobile parte non sia anzi da amare che quelli chadomand la parte di sotto? Perch quanto apartiene a sollazzi della parte di sotto, non diferenza da bruti animali a noi, ma in questo caso per natura simiglianti a lloro. Dunque, lo prenditore della parte di sotto come cane si cacci da lamore e sia emesso quelli che prese la parte di sopra. Ma l diletto della parte di sopra non sazia luomo, ma l diletto della parte di sotto tosto sazia que che lusa e quando l usato si ne pente". 43. [Responde la donna]: "Molto pare cheriate in questo caso e che siate fuor del la via della veritade. Faccia luomo sollazzi qua vuole, sempre anno lor cominciamento da quello ch nascoso dalla parte di sotto e inde anno tutto lor principio, perci che se lla femmina, sia bella e piacevole quanto vuole, sella si truova innutile a lopera della luxuria, niuno vorebe prendere li suoi sollazzi, ma tutti la caccierebbono. E l diletto della parte di sopra per certo non sarebe nulla, se non susasse e desse per amore della parte di sotto. E se voi volete cont[r]astare che non sia vero, per forza di ragione vi conviene confessare che duoi maschi se possano dare sollazzi damore, la qual cosa sarebe assai male grande a ricordare e pecato a fare. Anche se luomo friggido, overo altremente non possendo fare opera di luxuria, non disidera davere alcun diletto carnale, perci ch in s defetto di non potere fare per certo quello che regna nella parte di sotto. Tolta, dunque, la cagione di compiere lamore, a ragione cessa il suo effetto. N non contrasta come dite, perch la nostra natura sia comune con quella delle bestie, perci ch da giudicare quello che ssia naturale e principale in tutte cose, nel quale alcuna cosa sacorda a le cose della natura e truovasi congiunto per natura di s e perch l daltrui. Anche nostra sententia non si toglie, perch diciate che gli uomini non si sazieno di sollazzi della parte di sopra e di quelli della parte di sotto tosto divengano schifi. Perci che quel cibo da tutti si giudica reo, il quale, poi ch preso, toglie lapetito del mangiare, ma truovase che il corpo caccia fuori virtude di nudrimento e direggie molto male lume che son dentro; e per contrario quel cibo d altri volere, il quale, poi ch preso, riempie lo corpo, repieno lo satia e dach consumato, anche li d voglia di mangiare. Anche a niuno d venire in dubbio che sempre le parte di sotto sono aprovate pi degne che quelle di sopra, perci che questo vedemo adivenire ne edifici secolari, perci che diciamo e chiamamo le parte delle fondamenta pi degna. Anche quel medesimo adiviene in quelle cose chnno la lor vita della terra, ch secondo le parti di sotto si giudicano li uomini. Anche dico pi: che ci che fanno gli amanti solo la loro intenzione, acci che possano usare lo sollazzo della parte di sotto, perch vi si compie tut to leffetto dellamore, a la quale si muovono tutti gli amanti principalmente, e sanza ci non si giudica chabiano nulla, se non aliquante ciance damore. Dunque, que che prese la parte di sotto pi degno nel suo amore per la sua presa, quasi comegli avesse presa ad usare la pi degna parte, che colui che vuole adomandare le ciance della parte di sopra". 44. [Responde luomo]: "Per certo serebe fuori della buona via quelli, se quello che dite volesse dire con buon cuore. Avegna chogne amante principalmente si muova per aver li sollazzi della parte di sotto, e ivi sia leternal cagione dellamore, ma sozza troppo e disconcia pare lopera del corpo e di gran vergogna alla femmina dusare i sollazi di sotto senza que di sopra. Anche pare che non si possa fare dusare li diletti della parte di sotto sanza que di sopra, se non se ne seguita tropa sconcia dispositione e vergognosa di corpi. Ma sollazzi della parte di sopra che si fanno per ambe le parti, meglio si ricevono e pi cortesemente salva la vergogna, avegna che non usino la parte di sotto. Anche lordine della ragione dellamore questo adomanda:

chaltri abia prima i sollazzi di sopra per la sovrastanza del domandare, e poscia que di sotto a grado a grado, perci che solo le femmine le quali vogliono guadagnare del loro corpo, e quelle che stanno a lor collo, danno solo i sollazzi della parte di sotto e non vogliono dare quelli della parte di sopra. Dunque, il predetto ordine da seguire quasi per natura, aci che non ci tocchi il proverbio antico: "Guarda di non mettere al cavallo lo freno dalla coda". Ma quello che moponeste del cibo, non in s ragione, perch il cibo si prende acci che l corpo si sazi, ma quelli sollazzi si fanno acci che sempre cresca il diletto della carne e si conservi il volere dellamore. Anche voleste dire che fosse pi degna cosa la parte di sotto generalmente che quella di sopra, ma niuno savio dubita che lle cose di sopra non siano pi degne che quelle di sotto, perci che l cielo della terra, il paradiso del ninferno, gli angioli degli uomini pi degna cosa. Anche la parte di sopra delluomo, cio il capo, giudicata pi degna, perci che quante al volto si dice che luomo formato a lemagine di Dio, e quivi si giudica che lluomo sia sopellito ove il capo si truova. Anche, qua[n]do luomo senza il capo, non si conoscie cui fosse il corpo, e chi guarda al capo, s conoscie chi fu lo mozzicato per fermo. Ma quello che diceste delli difici del mondo, pi si lodo per la bellezza della parte di sopra che li fondamenti e gli albori si lodano per menare frutto e sono bene ordinati nelle ramora, e anche li sollazzi della parte di sotto son degni daver lor guiderdone degli uomini secondo che debono. Tolta via, dunque, in questo caso la vostra sentenzia, anzi [] da elegiere nellamore quel che prese nella parte di sopra". 45. [Responde la donna]: "Avegna che lla vostra openione paia che contrasti a molte ragione, ma perch pare chabbia in s molta giustitia e che sia da confermare per dritta ragione, in questo caso si daprovare e da lodare, perch pare che seguita la verit. Ma ed ancora mi bisogna sovra un altro fatto il vostro buon consiglio: una donna si avea un su amante, il quale and nelloste del re, e stando ivi si cominci a dire pienamente chera morto; intendendo ci la donna, e saputane la veritade e fatto il corrotto come dovea e tutto ci che si richiede a lamante ch morto, s si congiunse con un altro amante. E passato molto piccolo tempo, si torn poscia il primo amante e adomand quel chera usato dalla donna, ma il secondo amante non lascia, perci che dice che l suo amore compiuto e abilanciato dambe le parte e a ragione n luno n laltro degli amanti ne d perdere il suo amore. Pognamo che l primaio fosse presente e la donna per forza damore desse il suo amore ad un altro, avegna che ci fosse ingiuria al primaio, la donna si avrebe in ci qualche iscusa, cio chella il fece perchella non pott far altro, perci che niuno pu andare altrove, se non ove l trae lo spirito dellamore e la volont il costringe damare, onde a ragione e questo secondo amante d stare in sua fermezza". 46. [Responde luomo]: "Lo solvimento di questa quistione pende pi ne lalbitrio e nel voler della donna, che in quel che dica la regola dellamore o in su spezial comandamento. Ma credo che quella donna onde ragioniamo ora, farebe meglio sella se renda in tutto al primaio amante, se in qualunque legame damore si muova contra di lui. Ma sella nonn niun buon volere dellamore contra di lui, over o niente, s dico ancora che si d sforzare di volere quello, il quale usato in prima con gran voglia e confermato il cuore. Anche di molto savere si di distorre il su animo da quello in cui consentito per erro. N a ragione il secondo amante questo si d recare ad ingiuria, perch di sua ragione neente si menoma se quel ch tenuto dellaltrui per erro di fatto, saputane la veritade, il lasci. Ma sella vede che lla sua volont non vesenta per niuna cagione, o che lo primo amante sia disperato di non potere ritornare in sullo istato chera in prima dellamore, si pu retenere al secondo amante, sella non fa perchamor la stringa a cci, e sozza cosa frodare le comandamenta dellamore. Non mi nuoce la regola per la qual diceste che niuno dovea per der il suo amore senza colpa, perci che l primo amante lalega per s, il quale sanza sua colpa si truova privato dellamore. Dunque, a la detta regola so che per savi dellarte dellamore vi sagiunse: l ove dice "sanza colpa", sintende "overo sanza giusta cagione". Dunque a ragione non pu stare quel che diceste, che lla donna pu lasciare lamore delluno ed amare un altro, se llamore la stringa a cci; anzi, salcuno le domanda il suo amore, cortesemente lo d partire da ss; ma selli pur persever a in domandarlo, alla fine [d] dire chella sia tenuta ad altrui, n non d porre il suo cuore alle sue parole, n ricordarle, n imaginare i suoi portamenti, n averne molto pensiero, ch per ci si potesse storre dal suo amore e da suo pensiero. Perci che se lamor ne la femina non suo cominciamento per lo molto pensare e continuo daltrui e per tenere a memoria le fattezze dalcuno, mai non avr cura davere niuno amore". 47. [Responde la donna]: "Vostra risposta mi piace in ambendue le quistioni, perch pare portare tutta giustizia ma, aci che si tolga via ogne sospeccione di tanto stare in parlare, s mi piace chabia fine lo nostro tencionare". 48. [Responde luomo]: "Pjaceme molto quel che dite, dach sodisfa a voi, ma s vi priego che voi s rispondiate a un mio dubio [e] mi siate benigna: cio salcuno amante vada a una donna non ad intenzione damarla, n per lasciarle il suo amore, se per ci debia essere privato de lamore di sua donna. Ma pare che

qualunque cosa faccia luno degli amanti, se per quello fatto non si menova leffetto dellamore, chella lo debbia comportare umilmente, ma gastigarlo di ci con rampogne". 49. [Responde la donna]: "N io altress in questo caso vi sar avara di rispondere. Ma s mmi meraviglio come voi vi dubiate, perch la regola damore palese ci amaestra che luno amante d servare kastit a laltro. Onde, per ragione in questo caso lamante d essere privato dal suo amore, perch fa contra la regola dellamore, chi la ntende come dee e credo che assai basti, se questo si truovi vietato nella regola dellamore. E non vego che non sia licito di perdonare a falli del su amante, se vuole". 50. [Responde luomo]: "Molto mi pare dura la vostra interpretagione, ma temo di contrastare a ta[n]ta grandezza. Ma ancora dubito duna cotal cosa: sun amante d perdere lo suo amore, pognamo che vada a una donna non ad intenzione damare, e se l suo volere non sia venuto a compimento, pare che per cos poco fallo non debia sostenere s gran danno, con ci sia cosa che l suo amante non abia sentita alcuna ingiuria". 51. [Responde la donna]: "Anche questi degno dessere condannato della sententia ch detta di sopra, se non forse egli si chiami pentuto di quel fallo e se l suo amante saumigli verso lui perch l vede cos tornato alla sua fede. Perci che non pare che quelli servi castitade al suo amante, secondo che vuole amore, lo svergognato proponimento del quale scuopre la pura mente". 19. Lamore dei chierici [Dellamore de cherici.] Perci, dunque, chavemo trattato di sopra di tre generazione duomini, cio di plebei, di gentili, di gentilissimi, e tra l principio di quel trattato del grado de gentilissimi, cio de cherici, abiamo fatta menzione, brievemente trattiamo del loro amore e veghiamo onde viene la nobilt del quarto grado agli uomini. Lo cherico, dunque, apellato gentilissimo per lo privileggio del sagro ordine, la qual gentilezza si truova che venne da Dio e per sua volont fue data loro, provando ci e medesimo, el qual disse: "Chi tocca voi, s tocca me" e "chi voi tocca, s tocca la luce del mio occhio". Ma quante per questa gentilezza il cherico non pu amare, perci che, guardando questa gentilezza, lo cherico non si dee imbrigare nellamore, ma d lasciare tutto il diletto della carne e da ogne sozzura del corpo d essere puro verso Idio, per ch suo cavaliere. Dunque, a cherico il sangue non d gentilezza, n lle segnorie secolare no l gliel possono torre, ma solo da Dio ch data per sua gratia e confermata per suo volere, e solo per lo volere di Dio perde il suo privilegio, per lo suo peccato solamente. Onde per certo si conoscie quantapartiene alla gentilezza ch per suo ordine, che l cherico non pu amare. E per ci assai parebe sconcia cosa, se, secondo la dignit del suo grado e la gentilezza de lordine, del suo amore trattassemo. Dunque, guardisi lo cherico dellamore in ogne modo, acci che non abia magagna niuna il suo corpo, altremente sappia che perderebbe a ragione la gentilezza ch da Dio e la sua. Ma perch a pena alcuno s buono che viva sanza peccato, e la vita de cherici naturalmente sia disposta alla tentazione del corpo per lo molto riposo e per la grande abbondanza de cibi chnno sovrognaltra persona, salcuno cherico vuole amare secondo lordine di suo sangue e di suo grado, s come mostra la dottrina ch detta de gradi degli uomini, cos usi sue parole e cominci ad amare. 20. Lamore delle monache [Dellamore delle monache.] Tu che vuoli imprendere, potresti domandare che diremo dellamore delle monache. Diremo che loro amore da fuggire come pestilenzia dellanima, perch Dio di ci n grandissima ira + e da ragione piuvica sinarma fortemente ed en altri portar morte +, e anche la buona fama chaltr della gente si muore per la ria che crescie. Anche s comanda lamore che nnoi non amiamo quella femmina, colla quale non possiamo fare matrimonio. Ma se alcuno amer la monaca, s dispregia s medesimo e se anche e altrui, e la sua vita s d essere dispregiata da tutti per ragione, ed da schifare come bestia che non in s ragione. Perci che non dubbio che questi abbia in s fede, il quale, per diletti che passano inn uno momento, non teme di peccare onde potrebbe portar pena di morte, e che non si vergogna di fare scandalo a Dio ed agli uomini. Dunque, al postutto danniamo lamore delle monache lor sollazzi. Ma questo non diciamo quasi che la monaca non possa amare, ma perch se ne seguita luna morte e laltra, e per ci non vogliamo che ttu sapie le parole per le quali la potresti trarre ad amare. Perci chun tempo, quandio ebbi agio di parlare con una monaca, s fece s chella saprende al mio volere, perci che sapea bene la dottrina dellamore, la quale insegna damare; ed io, quasi come cieco de la mente e che nommi ricordava di nulla chio dovesse fare, perci che niuno amante [vede] quel che ssi conviene e che non si conviene, anche perch lamore non vede bene, cio

perch cieco dogne lume, incontanente fu preso della sua gran bellezza e del suo dolce parlare. Anche pensando alla mattezza la qual mi menava, s mi destai con gran fatica dal detto sonno della morte. Avegna che fosse tenuto molto savio nellarte dellamore e chi sapea dare medicina a lamore, a pena mi seppi guardare de suoi lacciuoli e partire sanza macula della carne. Guardati dunque, Gualtieri, da parlare cole monache o di stare colloro in luogo ove non sia persona, perci che sella vedr luogo dusar que giuochi, non si ne induger in domane di dare quello che desiderasse e daparechiare sollazzi di fuoco, e tu a pena mai ti potrai guardare di fare la maladetta opera della luxuria e commetteresti peccati maladetti. Per che quando la lor pianezza constrinse me di vacillare, chera scaltrito dogne ingegno e che sapea tutta la dottrina dellamore, come tu che se giovane e non savio, ti potrai guardare da loro? Dunque, o amico, sempre ti guarda da cotale amore. 21. Lamore comprato. [Se per pecunia o per altro prezzo lamore si possa aquistare.] Or vegiamo se per pecunia o per altro prezzo lamore si possa aquistare. Dunque il veragio amore nascie del puro amore del cuore e si concede per pura gratia e per pura libert, perci che l pretiosissimo dono dellamore per niuno estimo di prezzo si potrebe estimare, non comprare per oro n per argento. Ma se abb i una femina e di tanta avaritia che per prezzo si dea ad amare, questa niuno la d tenere che llami, ma ingannatrice dellamore, e dsi tenere simigliante alle mondane. Anche pi son queste da dispregiare, che quelle che stanno piuvicamente a cci, perci che quelle fanno larte loro e niuno ingannano, con ci sia cosa che ciascheduno sappia il loro affare. Ma queste fanno languire gli uomini per loro amore, quando si mostrano caste donne e cortese in tutte cose, e sotto spetie di falso amore sallegrano di spogliare coloro che llamano di tutte ricchezze. Dunque, quelli che sono ingannati di falsa speranza e di falsa mostra, e che tolto il loro avere cotale ingegno e ingannare, s sapevano di dar pi che non possono, e sa loro pi dolce quel che danno, che quel che rimane loro. E elle nno illoro ogne modo di torre sapere, e tanto quanto elle vegono chabia da poter dare, si mostrano damarlo, e tuttavia atingono e rodono infino al vivo. Ma poscia che sanno che nonn pi nulla e che non possono pi atignere, s llo inodia ed llo in dispetto pi chaltra cosa, e rifiutano come fosse una pecchia da non far frutto, e incontanente si mostrano quel chelle erano. Quelli che si sforza di cotale amore dee essere asimigliato a cani che sono sanza vergogna, e no gli d fare altrui niuna prospera. Dunque, ognuomo d sapere, quando lamore domanda prezzo, che quello non si dee chiamare amore, ma sozzo scorpione e avaro fuoco di luxuria, la quale niuno la potrebe satiare, e che non si chiamer pagato di niuno avere. Ciascheduno de maschi, dunque, con grande scaltrimento si d guardare e sapere schifare le lor frode e iloro inganno. Perci che lla femmina chama sempre innodia e guardasi dadomandar prezzo, e penasi dacresciere il suo avere, acci che sempre ne possa acresciere sua fama in far cortesia, e niun altra cosa domanda da llui che lle dea, che soave sollazzi della carne, e che lla sua fama acresca sovra tutti gli altri. Perci chella ne crede acresciere il suo avere quandella sa che l suo amante dea altrui per suo amore e per aquistar pregio. Anche pi sella sia in grandissima necessitade, se llama di buon cuore, s le pare molto dura cosa di torre al suo amante. Ma lamante non d patire chella stea sanza la cosa che lle bisogna, se per niun modo egli l pu fare, perci che gran vergogna e allamante, segli ricco, se lascia aver necessitade dalcuna cosa al suo amante. N non torna vergogna niuna alla femmina sella riceve i1 servigio del suo amante e che l pu fare quande n tempo che lli bi sogna. Basti dunque alla femmina ch ricca, quel che si d altrui per suo amore, secondo che dee, per lo suo amante. Dunque, se conosci che lla femmina sotto spetie damore adomandi prezzo, sati a mente di no amarla e guardati da llei come da serpente velenoso che colla lingua lecca e colla coda invelena. Ma se ttu i n te tanta luxuria che tti bisogni aver femmine per prezzo, meglio t chabi a fare colle mondane che vendono il loro corpo per prezzo, che dare tutto il tuo, secondo che si d alle mondane, a coloro che sotto spetie di guadagno damore si chiamano donne, perch di cotal mercato, quelli meglio comperato che meno vi spende. Perci che men si compera la cosa ch posta a vedere, che se l comperatore priega chaltri gliel venda. E va che ci dolemo che vedemo vendere il gentile nome delle donne per opera di mondana! Armi[n]si, dunque, le gentilissime donne e facciano vendetta di s gran pecato, quando veggono le lor ragioni sorprendere a coloro che non son degne, acci che cos reissimo asempro non si spanda molto per lo mondo. Guarda, dunque, che non tinganni la coperta vista che vedi della femina e lo principio della femmina che sse spergiura, le parole delle quali nella prima son pi dolci che m[i]ele, perci che lle parole di dietro saranno pi amare che fiele. Per ci, quando vedi la femina che racordi le buone opere dalcuno perchabia fatti molti servigi al suo amante, e che lodi molto li drapi e le gioie daltra femmina, e dire chabbia [a] pegno le sue cose, e dire chabbia meno qualc he gioia con parole aventaticcie, s tti conviene molto guardare, perch questa disidera dattignere pecunia e non

amare. Avegna chaltra cosa in questo caso non ti potesse far fede, ma lla dottrina dellamore mostra lamore e avarizia insieme non possono in uno albergo stare. Dunque, se llamore nascie solo da gratia, non sar amore, ma fallace infignim[en]to e maledetto damore, se non si d di grazia ad altrui. Avegna, dunque, che rado si truovi lamor grazioso, perch lavaro fuoco ne sozza molte, s tti penerai damare tal femmina la cui fede, per grande necessit che llavegna n perch lla sospenda alcuna ria ventura, ver di te si cambi. Ma se tu amerai femmina che sia malvagia e chadomandi prezzo, ella giamai non tamer, anzi tinganner in modo di vo[l]pe, perci chella ti pagher di vento in modo damore per poter torre il tuo, mostrandoti via come tu le possi dare. E anche la cosa che ttu avrai pi cara, s tti parr poco a dare, per lo gran carico del fallace amore. E in questo modo cadrai in povert per ingegno di femmina e in dispetto ad ogne persona, perci che niuna cosa nno tanto in dispetto gluomini, quanto di guastare il loro avere per fatto di corpo e per luxuria. Dunque, per quel che tt detto, puo conoscier per certo qual sia lamo r che si d per prezzo, in qualunque modo si dea. Onde, s tti do questo comandamento: qualunque ora tu vedi, per alcuna presuntione, che lla femina intenda a voler prezzo, incontanente s lla lascia e non tinviluppare in nulla collei. Avegna che ttu volessi sodisfare a le sue parole e conosciere a pieno la sua fede, s tti troveresti ingannato nel pensiero, perci che non potresti conosciere la sua fede e l suo volere in niuno modo, se non quando fosse piena la mignatta del sangue e ti lascier mezzo vi vo e atinto del sangue dellavere. Dunque, amico, a pena alcun savio potrebbe conosciere che pensi il pensiero dello ngannatore, perci che con tante arti sa dar colore alle sue frode e ingegne, cha pena mai se potesse conosciere per ingegno di fedele amante, perci ch magiore lo nganno della femmina avara, che non fu quello del nimico che ingann il nostro primo parente Adam. Onde, in ogne modo ti conviene guardare che ttu non sie sorpreso da linganni di cotal femmina, perch cotal femmina non vuole amare, ma torre il tuo. Ma se noi a lor mendagione volessemo intendere e mentovare i lor fatti e lor detti, prima passerebbe bene il tempo della nostra vita, che venisse meno a noi la molta materia dello scrivere. Ma questo non diciamo per dare menovanza a la vita delle gentilissime a cui si fa onore, ma per riprendere la vita di coloro, le quali non si vergognano con lor sozze opere di vituperare laredo delle donne di pregio e di sozzare sotto spetie damore. Guardi Dio che giamai noi possiamo e vogliamo dir cosa che porti menovanza alle gentili donne, o per questo libricciuolo sentano alcuno danno, perci che per loro tutto l mondo disposto in ben fare e a ricchi crescie il loro avere e provedese pienamente a coloro che son bisognosi, e gli avari tornano a la via di veritade e conoscano la via di larghezza. Anche, la donna ch in s pregio e cortesia, ci d via di fare via dogne bene che si fa in questo mondo. O Gualtieri, se questo chavemo detto con gran brevit spesso leggierai, di legiere non sar ai ingannato per arte di malvagie femine. 22. Il concedersi facilmente. [Il concedersi facilmente.] Dopo questo, vegiamo se lla tostana concessione della cosa che ssadomanda possa pertenere allamore. Ma prima vegiamo che sia la tostana concessione della cosa che sadomanda. Allora detto che si fae quando la femmina, perch la gran volont della carne la strigne, s d medesima di ligiere a que che lladomanda, questo medesimo di lieve dandolo a un altro che lladomandi, non remagnendo illei, compiuto il fatto, niuna cosa damore, e che l no l fa per prezzo. Certo, a legami di cotal femmina non ti legare, perci che per niuno ingegno potresti acattare lamore di cotal femmina, perci che non si possono legare dalcuno amore per la molta abondanza della luxuria, ma domandano esser [fatte] satie da molti. Indarno, dunque, adomandi il loro amore, se ttu non ti senti in quellopera s potente che ttu possa satiare la sua luxuria, per la qual cosa a te sarebe pi legiere diseccare tutte lacque di mare; onde a ragione credemo che tti debie cessare dal loro amore. Avegna, dunque, pienamente abie da llei tutto il tuo volere quando ladomandi, ma solo per la sua cagione e anche di molti, s vavreste gran pena e gran dolore da non poter comportare. Perci che quando volesse trarre sollazzi collei solo a solo, sekondo ch usanza, ed e ti ricordi di quello che fa con altrui e che tu i a cci compagno, quanto dolore tu navrai, no l potresti sapere, se no l provassi. Dunque, per quel che ttavemo detto, s d essere per certo che ove femmina si d cos di lieve, che ivi non pu essere amore, ma desidera molto dusare con uno e con un altro per sodisfare alla sua luxuria. Ma lo diritto amore tanto rauna duoi cuori in un volere, che non possono pensare davere altrui sollazzo, anzi lnno inn odio come una ria cosa e pensano pur come si possano servire insieme. E una cos[a] la tostana concessione della cosa che ssi domanda nella femmina, com nelluomo per la troppa luxur[i]a ch illui, la qual luxuria caccia lamor della sua corte. Dunque, quelli ch di tanta volontade che non si possa legare damore duna, ma quante ne vede tutte le vuole, non [ amadore] ma avoltero dellamore e ingannatore ed peggio dun cane che non vergogna, anzi, quel cotale d essere chiamato asino, il qual di tanta volontade che non si pu legare a

lamore duna femmina. Dunque, apertamente vedi che non dei esser di tanta volontade e non dei porre il tuo cuore alla femmina che si d altrui leggiermente. 23. Lamore dei contadini. [Dellamore de lavoratori della terra.] Ma perch non creda quel chavem detto dellamore de plebei, chapertenga a quello delavoratore della terra, in poche parole del loro amore s tti diciamo. Dician dunque cha pena si pu dire che lavoratori d ella terra possano amare, ma naturalmente si muovano a lopera della luxuria, quando la pazzia della natura lo mostra, s come fa il mulo e l cavallo. Basti, dunque, a lloro la continua fatica del lavorare e continui sollazzi del bomero e della marra sanza riposo alcuno. Ma se avegna che siano punti talora, avegna che rado, del pungetto dellamore pi che porti lor natura, non si conviene di dare loro dottrina nellamore, acci che non steano le terre in difetto di menar frutto, ch sogliono fruttificare per lor fatica, quando intendesseno a fatti chapertengono altrui naturalmente. Ma forse lamor ti trae a dare alle femmine de lavoratori della terra; sate a mente di lodarle molto, o, se ttu vedi il luogo da cci, + non prenti + di prendere quel che desideri e come per forza, perci cha pena le potresti tanto aumiliare, che di piano ti si dessero, o che que sollazzi ti lasciasse avere in pace, se non vi fosse un poco di forza a farle star contente. Ma questo diciamo non perch tti diamo conforto damare le femmine forese, ma per mostrare in poche parole che via debie tenere se per disaventura tu lamassi.

24. Lamore delle puttane. [Dellamore delle puttane.] Potrebe altri domandare dellamore delle puttane che d essere. Diciamo al postutto che non sono da amare, perci che usare colloro tropp puzolente cosa, e sempre quasi si comette colloro sozzo peccato, e rado si suole dare ad altrui la puttana, se prima non danari dal suo lato. Anche pi, pognamo chami altrui, quel cotale amore nno gluomini molto in dispetto, perci che lusanza chaltri fa colle puttane ogne savio uomo la danna e perdesene la buona fama delluomo. E non ci cale di dare dottrina per acquistare loro amore, perch in qualunque modo elle si danno agli uomini, s ssi danno sanza priego niuno; dunque, a cci non d domandare doctrina.

LIBRO II

25. Come si mantiene lamore. [In che modo lamore aquistato si mantegna.] Imperci che pienamente di sopra detto per noi come lamor saquisti, si conviene che diciamo in che modo lamore aquistato si mantegna. Dunque, chi vuole il loro amore mantenere inn istato, si d molto guardare che l suo amore non manifesti a pi che debbia, anzi lo d tenere celato a tutti, perci s tosto come lamore si sa per molti, incontanente menoma, s come decresciere e ritornasi nello stato di prima, anzi che si cominciasse. Anche, lamante si d mostrare in tutte cose al suo amante savio, mis urato e ben costumato e fare e dir s e che llanimo del suo amante non si muova contra di lui ad ira niuna. Anche la d soccorrere nelle sue necessitade e atarla nelle sue brighe e obedire a le sue volontade che siano giuste. Ma se aviene che talora sappie la sua giusta volontade men che bene, tuttavia si d essere aparecchiato di servirla, ma prima le d revocare a cci. Anche se meno s[a]viene che faccia cosa che ssia sozza, onde lanimo del suo amante se ne turbi, incontanente confessa chabia mal fatto con vergogna, acci che saumigli e rendale cagione che paia che s somigli perch labia fatto. Anche, dunque, lamante, quand tra lle persone, si la d poco lodare, n nolla d avere molto in bocca; n molte volte ricordarla, anche rade volte andare per la sua contrada. Anche pi sell con altrui, ed e vede la sua amanza con persone, nolle d fare niuno cenno, anzi

si dee infignere di non conoscierla, aci che niuna ria persona ne potesse aver via di dir male, perci che gli amanti luno a laltro non d far cenno, se non sanno bene che non vi sia persona. Anche, lamante d avere in s ta portamenti che piacciano al suo amante, e con misura di sua persona aconciarsi, perci che tropo lisciare e tener mente sopra ne viene altrui gran fastidio ed nlo altri meno a conto. Val anche a mantener lamore essere molto largo lamante, perci che tutti li amanti debono avere quasi per niente tutte le cose del mondo, e sovenire a coloro chnno necessitade. Perci che inulla si truova lamante pi degno daver pregio che per essere largo, perci che tutta la ricchezza sabatte per lavaritia, e in molte cose rie si comporta luomo per gli uomini, segli largo. Ma se llama[n]te tale a cui si faccia di portare arme, s ssi d portare che della sua valentra si dica per tutti pienamente, perci che gran menomanza torna daltrui, segli paventoso in battaglia. D anche lamante essere servente alle donne in tutto quello che lli comandano e far loro onore. Molto d essere anche verso altrui di tale aparen zia, chaltri non si tema di lodarlo volentieri e di racordare le sue buone opere, e che niuno a ragione ne possa dire male. Anche ti do questo generalmente: che ci che vuole e comanda lordine e la dotrina di cortesia, che quello non si debiano gittar dietro gli amanti, anzi debono mettere tutta lor forza in farla. Retiensi anche lamore facciendo sollazzi della carne soavi e dilettevoli, tali e tanti che non rincrescano a lamante. Ma ogne fatto e portamento di corpo che creda che piaccia al suo amante, s l d fare e dire saviamente e arditamente. Ma l cherico non dee andare a modo di laico n fare quelo chapertiene a laico, perci che saltri va vestito come non dee o fa quello che non risponda a suo ordine, malagevolemente potrebe piacere a su savi o amante. Anche si d penare dusare sempre con buoni e di rifiutare la ria usanza, perci che lusanza delle rie e delle vili persone sempre il suo amante il d pi vile. E tutto ci chaven detto che vale a mantenere amore, sapie ch luogo nella femina e nel maschio. 26. Come lamore saccresce. [Come lamore si possa acresciere.] Come lamore si possa acresciere, in poche parole il ti diremo. E lamore sacrescie in prima se rado e con briga luno amante vede laltro, perci che quanta magior briga in dare e in ricevere sollazzi, tant magior disiderio ed efetto damare. Anche crescie allora lamore, se luno degli amanti si mostra irato a laltro, perci che incontanente teme lun degli amanti che quella ira non basti sempre. E anche crescie lamor e, quando luno degli amanti vero geloso, la qual gelosia balia dellamore. Anche pi, se llamante nonn vero geloso, anzi abia pur ria sospeccione, neente meno ne crescie lamore, anzi pi. Ma che cosa sia la vera gelosia e la ria sospeccione, nel trattato del pi gentile e della gentile lo potrai trovare apertamente. Crescie ancora lamore sell palesato e aviene che duri, perch llamore palesato non suol durare, anche viene meno. Anche se llamante sogna il suo amante, si ne nascie amore e, nato, si nacrescie. Anche, se sai chalcuno si peni di frascorre il tuo amore, incontanente s nacrescie e cominciale a volere magiore bene. Anche ti dico pi: che se ttu saprai per certo chaltri abia tutto ci che vuole della tu amanza, incontanente avrai magiore voglia dusare collei, se non rimane per lo gran cuore e per lo gentile chabie in te. Anche suol cresciere lamore se si muta e dsi mutare ad altro luogo; anche il gastigare e lle parole che gli amanti ricevono dal padre e dalla madre, perci che l gastigare delle parole e delle battiture, non solo lamor compiuto fa cresciere, ma il non cominciato d via di cominciare e di compiere. Val anche a cresciere lamore lo molto pensiero del suo amante con disiderio di compierlo, e guardare con paura lo suo amante secretamente cogli ochi, e usar colla femina con gran voglia. Anche il fa cresciere quando a lamante par che sia piano e soave e chabia in s belle parole e dolce, e anche quando ode lodare i1 suo amante. Ma anche sono forse cose per le quali lamor crescie, le quali per tuo ingegno medesimo le potrai sapere, e si bene a memoria quel che ttavemo detto. Perci che qualunque altra cosa sia che paia pertenere a questo fatto, de quel chavemo detto, par che prenda e chabbiano cominciamento di questo ch detto. 27. Come lamore scema. [In che modo lamore menomi.] Vegiamo dunque in che modo lamore menomi. Menoma lamore per la molta copia dusare colla femmina e per lo molto vedere e per lo molto parlare luno con laltro, anche il sozzo liscio e l sozzo portamento, e quando di sicuro viene povero. Perci che lamante, il qual molta povert, tanto pensa a quel ch a fare della famigliar cosa e come debia fare per inanzi, che non pu sovrastare al fatto dellamore n come il

debbia nutricare, e di ci tutti riprendono la sua vita e suoi costumi, e a ciascheduno in odio e in dispetto, e no niuno amico, perci che quando altri in prosperit si molti amici, e quand tempo nuvolo si rimane solo. Onde, per tutte queste cose, si comincia a cambiare nellabito e nella persona tutta, e lo riposo del sonno labandona e cos a pena pu intervenire che l suo amante nollabia a vile. Anche menoma lamore per la ria nominanza che si node, e lo pregio che si porta davarezza e de mai costumi e della malizia che sia nellamante, anche giacer con altra femmina, avegna che nollami. Anche menoma lamore, sella conoscie che l suo amante sia matto e di niuna descretione, overo se vede che l suo amante voglia usar collei in altro modo che debbia, o di vedere la vergognia della femmina che non si ne rimanga. Perci che l fedele amante prima ne d portare grandissime pene, che usare in modo di vergogna con su amante, o avere allegrezza di ci che non si vergogni, perci che questi nonn amante ma traditore de lamore, che disidera di sodisfare pur al suo volere, non guardando a luttulitade del suo amante. Anche menoma lamore, se lla femmina savede che l suo amante sia temoroso in battaglia, o sella sa che non sia soffritore o che sia superbio, perci che niuna cosa par che si dica pi a lamante chessere vestito dumilitade e gnudo di superbia. Anche molto menoma lamore le matte e le villane parole che dice lamante. E molti sono che si sforzano di dire isbranate parole inanzi al suo amante, i quali in veritade sono maravigliosamente ingannati, perci che quelli molto fuori del senno, che per mattezza crede piacere al suo amante. Menoma anche lamore per bestemiare Dio e suoi santi, e far beffe de religiosi, e per non lasciare dare limosina a poveri. Anche menoma molto sanza modo essere infedele al suo amico, e se colla bocca a inganno dice una cosa e unaltra in cuore. Anche discrescie lamore, se lamante si pena molto damare pecunia pi che debbia, e molto tosto litigare per piccola cosa. Anche molte cose ti potremmo dire che pertengono a far menomare lamore, le quali al postutto lasciamo a tte che per tuo ingegno potrai sapere, perci che ttanto ti vedemo sovrastare al fatto dellamore, lasciando ognaltra cosa, e che tutto tuo proponimento in ci, che nulla ti potrebe essere ascoso ne larte dellamore, perci che niuna cos[a] che ttu non posse sapere. Ma questo non volemo che non sappie bene, che quando lamore comincia a menomare, che tosto non venga meno, se nuova cosa e no laiuta mantenere. 28. Come conoscere quando lamore scema [Di poter conosciere lamor cambiato.] Agiugniamo, dunque, el trattato di poter conosciere lamor cambiato, a quelli che son detti di sopra e disposti assai brievemente, i quali credemo che sia utile e mestiere a tutti gli amanti. Perci che niuna cosa magior mestiere agli amanti che di conosciere a certo chente sia il proponim[en]to del suo amante, perch se in questo caso per alcuno errore si truovano ingannati, non navrebono grandonore, anzi legiermente ne potrebono portar gran danno. Dunque, in molti modi pu conosciere lamante la fede e l proponimento del suo amante. Dunque, se vedi lamante trovare vane cagioni verso il suo amante e trovare falsi impedimenti, non aver mai buona speranza di quello amore lungiamente. Anche, se vedi che l tuo amante sanza giusta cagione abia paura pi che non soglia di darti sollazzi, sappie che non fermo amante nel tuo amore e che non niun talento per fermo damarti. Anche, se si cela in alcuna cosa al messo che suol portare le parole tra tte e lei, sapie che non tama e non ti vuole amare. Anche, se ttavedi chella si guardi per lo messo di mezzo di venire l ove suole, e che non dica al fedele messo quel che suol dire, anzi si mostra verso lui come fosse una strana persona, sappie che non tama n mica. Anche, se ttu vedi chella ti si mostri strana in darti sollazzi come solea, o che tuoi sollazzi le rincrescano, sapie che l tuo amore venuto meno. Anche, sella ti riprenda pi chella soglia, o che ttadomandi cosa che non ti soglia adoman[da]re, o dare indugio pi che non soglia di darti sollazzi, sapie che poco tempo durer il tuo amore. Anche, se conosci sella teco o con altrui ricordi spessamente lisbrenati fatti dalcuno, o che in qualunque modo a malitia domandi della vita o di costumi dalcuna persona, sappie chella pensa damare altruomo. Anche, se vedi chella si lisci pi che soglia, sapie chella lo fa o per pi piacerti o perchella voglia amare altrui. Ma quando la femmina divien palida inanzi al suo amante, sapie chella ferma nel suo amore. Anche, quelli che vuole conosciere a certo la fede e l proponimento del suo amante, con grande scalterim[en]to, e che paia che sia dadovero, si d mostrare damare altra femmina e passare spesso per la contrada di colei cui si mostra damare, per la qual cosa, se lla sua amanza vede che sse ne turbi, sappia chell ferma nel suo amore sanza niun dubbio. Perci che quando lun degli amanti sospeccione che l suo amante no stea con altra femina o chaltra femina lami, incontanente d in suo cuore gran tribulatione e gran pena da non poter comportare, il dolor del quale ch dentro, tosto il mostra palese il su viso. Anche talora pu luno amante verso laltro mostrarsi indegnato, perci che se lluno degli amanti si mostra irato verso laltro, e dica la cagione ch e sia irato ver di

lei, per certo conoscier la sua fede, perci che l vero amante sempre teme che quel maltalento non duri tuttavia. E per ci si fa talora di mostrarsi indegnato a lamante che si mostra indegnato, perch cotal movimento dira poco tempo dura, se fra lloro veragie amore. Dunque, per cotale indegnatione non credere che si sottigli la sustantia o legame de lamore, ma se v alcuna rugine, s se ne to via. Anche, se lun degli amanti singegna di pur torre le cose del suo amante, se no l fa perch sia in gran necessitade, avegna che ssinfinga damare, ma neente meno da cacciare dallamore, perch si pena di non amare na daricchire dellaltrui cose. Forse ed anche assai altri modi sono, che possono valere a conosciere la fede ch lu no amante inverso laltro, i quali, per que chavemo detto, il continuo leggitore assai legiermente per suo ingegno gli potr conosciere. 29. Come lamore finisce [Come lamore vegna a fine.] Veduto, dunque, in poche parole come lamore menomi, s tti diremo come vegna a fine. E certo lamore finisce se luno degli amanti rompa o vuole rompere la fede a laltro, o se se truovi cherri nella fede cattolica. Ancor finiscie lamore quande gli ben palese e che l sanno li uomini comunalmente. Ma se luno degli amanti, ch pieno e calcato, a laltro ch in gran povert e che non quasi che manicare, non soccorre nella sua necessitade, lamore in questo caso ne suole molto menomare e indegnare e viene a mal fine. Anche finiscie lamore se luno intende in niuno amore, perch niuno si pu legare a lamor di duoi. Anche viene a fine lamore, se llamante a malitia non ami comegli amato, o se una cosa mostra e unaltra in cuore, perci che lamante ingannatore da ogne femina d essere cacciato e niun servigio chabia fatto gli d giovare a cci. Perch sia altri savio e scaltrito quanto vuole, selli sta come uccellatore nellamore, che non sia degno, d [e]ssere cacciato e privato da ogne onore e benificio dellamore, perch lamore vuole in sua corte dui che si congiungano duna fede e dun volere, altrimenti son degni desser privati da ogni beneficio dellamore e di no essere conosciuti. Anche viene a fine se gli amanti fanno matrimonio insieme, s come anche ci namaestra la dottrina daliquanti amanti. Anche, saviene per disaventura che luno degli amanti non possa fare lopera della luxuria, lamor poscia non pu durare. Anche caccia lamore quando luno degli amanti diventa matto, o che siano giunti insieme cos di sicuro. Amico Gualtieri, tu i nteso quel ch detto di sopra in somma e in poche parole, e volemo che per tuo ingegno truovi altri casi i quali pognan fine allamore, perch non volemo che stei troppo in riposo, n tropo caricarti. Ma potresti tu dire se llamore che viene a fine potrebe ritornare in sullo stato di prima. E certe, se per poco senno di fatto viene a fine, sanza dubio pu ritornare in suo stato. Ma se per peccato de lamante, o naturalmente, viene a ffine, non racordiamo che mai tornasse in suo stato, ma nonn cosa che non potesse essere, se non forse quando per natura vien meno. Ma se qualunque ora resus[c]ita questo cotale amore, non potemo credere che ssi fermi di pura fede tra lloro. 30. Quando un amante infedele. [Se luno amante rompe fede allaltro.] 1. Se luno rompa la fede a la sua amanza, e fallo perch sintende inn altra femina, s degno del primaio amore e chella la rompa lui, per che lo spirito del primaio amore venuto meno in lui. Perci che per niuna ragione si pruova che saltri continuo molto pensiero duna femmina, che sarebe impossevole che non lamasse al postutto. Anche comanda lamore generalmente che niuno si pu legare veramente allamor di due. Dunque, se cotale amante ritorna a la primaia e domanda da llei quel che suole a vere, s no l d ricevere, anzi lo d cacciare pi che se fosse uno strano, perci che tutti i servigi suoi no l possono atare di ci, se lla femmina no l si volesse far per grazia. Ma vegiamo se lla femmina sia da llodare, se rende il suo amore a questo cotale. E questo voglio che sapiano tutte le donne, che molto torna in gran dispregio a quella femmina che giamai riceve quello amante, il quale esperment nuovo amore, perch quelli indegno dogni misericordia, che non si ricord di tanto onore comavea ricevuto, e che fece contra ci, e non ebbe vergogna di pensare di nuovo amore. Che dunque potrebe avere luomo cosa che pi sodisfacesse, che quello che disidera dalla femmina? Ma pognamo, s come spesse volte suole advenire, che lla femmina sia sicura davere molte pene anzi che compia suo volere dellamore del detto ingannatore, perch rado diviene che lamante, da ch lasciato lamore, vi torni giamai, percha pena risu[s]cita mai lamore ch morto. Ma non mi posso tenere che non dea il mio consiglio a questa femmina. Dunque, questa cotal femmina, a volere

trarre a ss questo cotale amante, s se peni di celare a llui al postutto il suo volere e l suo proponimento e quand collui si mostri che l suo animo non ne sia turbato in nulla, anzi sinfuga che ci che fa tutto le sia a piacere. E se vede che vada per la contrada sua, non vada a vederlo aluogo che suole, anzi li si celi in tutto. Ma sella vede che in questo modo nolle vaglia nulla, saviamente se racordi comella am gi un altro huomo e sollazzi e diletti chella trasse e fece gi[] collui, e comelli si diliettava in ci, e dica: "De! Che fallo questo che faccio, quandio mi do altrui? Certo, ben vorei volentieri tornare nello stato chera collui". Onde, e se quel cotale amante, per questo cotal detto, non torna, male sarebe sella si peni di dimenticare il suo amore e di non ricordarlo in nulla. Dunque, se per questo ch detto di sopra la femmina vede che lle sue fedite non abiano medicina da megliorare, meglio e pi saviamente sella se ne rimane dessere solicita del amore, che venire in tante pene, e non giovarle niente. Dunque, molto si debono guardare le femine di legarsi a cotali amanti, perch di cotale amore non nno n riposo n allegrezza niuna, anzi nnno molte pene e molti dolori. Dunque, domanda il suo amore, anzi chella il dea, d mettere tutta sua forza e possa di sapere e conosciere la fede e costumi ch in s lamante, e che non lasci nulla a sapere, perci che, dach la cosa fatta men che bene, nonn buono il consiglio da sezzo o pentirsene. Guardisi, dunque, la femmina deglinganni di cotale amante, perci che molti il fanno non per amare, ma per satiare la lor luxuria o per potersi vantare chabbia avuta cotal femmina. I quali anche, anzi chabiano avuto de lla femmina quel che vuole, pare che lladomandino e dicano con tal fede che non partito, ma dach lnno avuto si mostrano molti strani al suo amante e scuopronsi di quel chaveano in cuore, e la misera e la semplice e la troppo credente femmina in cotal modo si truova ingannata per ingegno di cotal amante. Che d essere dunque, se luomo rompa la f a la femmina non per nuovo amore, ma per volont di partirsi da llei, o s in si lontano luogo che non si ne pu ricordare, overo se per sedotta di puttana o daltra persona, nel tempo chera riscaldato di luxuria? A rragione, dunque, per questo contra l fallo non d perdere il suo amore, se non forse o con ass[a]i o spesse volte far questo cotal fallo, per lo quale altri potesse dire che l facesse per tr oppa luxuria che fosse in lui. Ma segli alcuna femmina a sua domandagione, o per sua opera ami alcuna femmina, a ragione d perdere il suo privato amore, il quale per certo si presume che llabia fatto per nuovo amore, spetialmente dove si pena daver femmina gentile o altremente degna davere honore. Ma domanderai tu forse che d fare la femmina, quando il suo amante domanda licentia damare altra femmina. Certo fermamente siamo tenuto di dire chella non d dare licentia al postutto al suo amante dama re altra femmina, anzi lo d vietare con piena bocca che non ami altra femmina. Ma pognamo chella li dea questa licentia, altres degno di perdere il primaio amore come segli non navesse domandata parola. Avegna che palese faccia male questa femmina che d cotal parola, neente meno non si pu scusare la malitia di questo amante n ricoprirsi. Ma se llamante si pena di menare ad efecto questa licentia, ma il su volere non viene a capo, non pu per ci la femmina [negare] il suo amore, con ci sia cosa chella fallasse altres, e che a ragione si pu compensare lun male con laltro. Ancora, toglian via questo errore: se lla femmina rompe la fede al suo amante, che ne debbia essere. E la sententia daliquanti antichi s volle dire che tutto quello si dovesse servare nella femmina che rompe la fede, com detto nelluomo che rompe la fede. Quella sententia nonn da tenere, avegna che sia vecchia, perch cci aducerebbe in grande errore. Non voglia Dio che colei sia da perdonare, che non si vergogn di compagnarsi a la luxuria di due persone. Avegna che questo si comporti ne maschi per usanza e per lo privileggio della natura, per lo quale tutte cose in questo mondo, e spetialmente quelle che si disdicono, si concedono piutosto a ffare a maschi; ma nelle f emmine per la vergogna del vergognoso membro, in tanto si disdice di fare, che, da poi chell usata con molti, detto quasi che sia un sozzo ruffianaggio, e da tutti si giudica che sia da cacciare come femmina che non sia da niuno onore. Onde, se lla femina torna al suo primo amante, assai gli gran vergogna se giamai usa collei, perci che pu conosciere a certo che llamore non stabile in lei. Perch, dunque, pone il suo cuore in lei. Ma puoi dire: perch intanto languisce per lo suo amore, ch non la pu dimenticare n torne la sua mente di costui; dunque, il maestro che l pu guarire gli dea medicina. Ma non abia allegrezza Andrea di quel che l maestro disidera in questo mondo davere, sanza il quale per lungo tempo il corpo non pu avere quel c he gli piaccia, se d il suo consiglio a cos malaventuroso uomo, e se non abandona le sue fedite come se fossero duomo morto, anzich lamaest[r]i di medicina damore. Quegli, dunque, che intanto pi misero che gli altri, che si lascia vincere allamore di cota femmine, al postutto nonn degno davere niuno consiglio, ed peggio duomo morto. Ma che sar, se lla femmina basci huomo strano o abracci, non dandoli altro? E costei volemo a ragione riprendere, e diciamo per certo che troppo fa sozza cosa, sella bascia o abraccia uomo strano, con ci sia cosa che si creda sempre qualche inviamento damore e segno di volersi intendere in altrui. Ma se lla femina, o lamante, possa con licentia amare, no l ti volemo dire in questo libricciuolo; per ci, dunque, se bene o men che bene questo si faccia con licentia, da poi chell fedito di nuovo amore, per niuna forza tenuto di servire quello volere comuomo sottoposto ad altrui volere. Ma s so chunora,

quandio ne domandai consiglio, che mi fu detto che l vero amante mai non pu pensare di niuno amore, se prima per certa o per giusta cagione no certo che l suo amore sia finito. Il qual detto, perch llho provato, conosco ch vero; perch ed io fui tocco di troppo grande amore, avegna ched io no l prendesse ne sperai daver frutto, perci chio sofersi pene per s alto amore, che per niuno modo loserei dire, n in modo chaltri me ne pregasse; e cos, per inanzi son costretto di portarne pena. Ma avegna che i sia soccorso in tanto ardire ed in pene da non aver riposo, non posso per ci pensare di nuovo amore o di stormine inn altro modo. Ma se ttu se bene intento di sapere che cosa sia lamore, non sanza lo mperch puoi domandare saltri pu con una femmina usare il puro amore, e con unaltra il comune. E per fortissima ragione ti mostriamo che niuno pu amare due femmine in questo modo. Avegna che l puro amore e l comunale paiano diversi amori, ma chi ben guarda alla veritade, il puro amore, quanto a la sua sostanza, una medesima cosa col comunale si giudica, e per quello medesimo desiderio del cuore va col comunale, perci chuna medesima la sostanzia di catuno amore, ma diverso modo e rispetto damare, s come potrai vedere apertamente in questo asemplo. Salcuna volont prima di bere vino puro, e poscia pur acqua sola o vino inacquato, avegna cha costui sia variato irispetto del suo bere, mala sostanzia del suo apetito una medesima e non due. E cos se dui amanti nno usato gran tempo lo puro amore, e poscia piaccia loro usare lo comunale, in costoro solo una sostantia damore, avegna che l modo e la forma e laspetto sia variato damare. 2. Ma domanderai forse, Gualtieri, se lla femina d perdere il suo amore quando per forza us con altro huomo. Diciamo dunque cha niuno da riputare per ragione quello ch fatto per forza, e quest vero se poscia non vi consenti per sua voglia. 3. Ma domanda se lla femmina fa contra il comandamento dellamore, quando conforta una donna damare altra persona che l suo amante giusto. E per necessitade di ragione conviene dire cha niuno licito di confortare la femina chama altrui degnamente, chami s od altrui. 4. Anche potresti ora domandare se lla femmina, chami uno che non ne sia degno per erro, possa per ragione amare un altro e lasciare il primaio. E certo, avegna kella per errore amasse tale che non ne fosse degno, s si d penare in ogne modo di farlo savio, quel cotale amante, e ben costumato e torregli tutti li rei. 5. Ma sella vede che no lle vaglia il suo amunire, s l pu lasciare, avegna che con paura di ragione. 6. Ma potres[ti] tu domandarmi, se luno degli amanti si parta dallaltro sotto spetie di volere amare nuovo amante, se rompe la fede al suo amante. E in niuno modo potemo dire che non sia licito a catuno di partirsi dalle dilettanze di questo mondo, che per nostro amaestram[en]to facesseno troppo contra le comandamenta di Dio, e nonn bene a credere chaltri non degie anzi servire a Dio challe dilettanze del mondo. Ma pognamo che poscia si giunga a nuovo amore: diciamo che per consiglio delle donne, e l primo amante ladomanda loro, d essere revocato al primo amore. 7. Ma potres[ti] tu dire: "questo ch detto contrasta alla regola dellamore, la qual dice che lamor nonn da dire a molti". A ci s tti rispondiamo, e diciamo che llamore non si d manifestare a pi chaltre tre persone, cio ch licito a lamante davere un suo compagno a cui dica le sue credenze, come si porta colla sua amanza, e che savenisse che fosse alcun disturbio nel suo amore, a cui se ne dolesse, e simigliantemente a la femina. E sanza questi dui, al messo che porti le parole da luno a laltro, per comunal volont. Dunque, i detti segretarii, per comunale volont degli amanti, debbono ire alle donne nel caso ch detto di sopra e dire il fatto come gli sta e la lite, non scoprendo il nome degli amanti. 8. Anche quinci si potrebe domandare per ragione, con ci sia cosa che llamore si notrichi solo per dare isperanza e per dare il secondo e l terzo grado ne lamore, se lla femmina, quando l dato non voglia andar pi innanzi e rompasi da quello, se per ci pare chabia rotta la fede. E s femmina, crediamo che l debbia tenere quello amante, perci che sella d o speranza del suo amore o secondo e l terzo grado dell amore, sella di ci il suo amante non truova indegno, s fa grande offesa sella pena molto a dare quel che lamante desiderato. Perch non si conviene alla savia sanza giusta cagione di dare indugio a qualunque cosa promette. Ma sella per certo non volont damarlo, no gli dea speranza n altra cosa che si chiede nellamore prima di dare, perch troppo gran fall della femmina di non adimpiere quello onde fa patto. Perci che sozzissima cosa giudicata nella femmina, se non cura di fare aspettare quel ch promesso, perch cota cose la malitia delle puttane suol pensare, le quale son disposte alla falsitade in tutto lor fatto e detto, e quello chnno in cuore di fare si l tengono dentro. 9. Ma una cosa spetialmente sappie delle puttane: qualunque ora adiviene ch niuno, non pu rompere la fede al su miserissimo amante; e questo sapiamo che, sent la contessa di Campagna in su dire, la qual cosa per ci crediamo chabbia detta per mostrare la cattivitade di colui che si puose ad amare puttane, e per punire il suo fatto. Perci che quelli che si giugne a s laido amore, quando ne sente pena, nonn degno

davere niuno atorio dellamore, anzi le d comportare in pace quella che fa la sua arte, con ci sia cosa che al suo scentre sagiunse a lei sapiendo chera puttana. Ma questo chavem detto delle puttane, apertiene non pur a quelle che stanno in bordello, ma a tutte coloro che in qualunque modo si danno altrui per prezzo. 10. E adomandi anche, Gualtieri, se dui amanti lungo tempo in concordia usaro il puro amore, poscia laltro adomandi dusare lo comune, s licito di rifiutare a laltro amante ci. In questo fatto ti volemo bene amaestrare che, avegna che per tutti gli uomini anzi da volere lo puro che l mischiato, overo lo comune amore, ma per ci non pu contrastare a la volont del suo amante, se non forse infino dalla prima fecer patto insieme di mai non usare lamore comune, se non fosse volere delluno e dellaltro. Ma avegna che l ove fu questo patto non possa lamante andar pi inanzi, se per piena concordiano, ma non fa bene la femina se ricusa di fare la volont del suo amante, sella vede che pur perseveri in ci, perch gli amanti son tenuti in catuno amore dubidire luno a laltro in tutte lor volontade. 31. Questioni damore [Diverse questioni damore.] Diciamo dunque di diverse quistioni damore. 1. I. Con ci sia cosa [...] mi possa storre dalle vostre comandamenta". Quando questo fu promesso, incontanente gli comand la donna che giamai non si imbrigasse del suo amore n fosse ardito di lodarla con niuno. Avegna che questo fosse molto grave a lamante, s l comport umilmente. Ma istando il detto amante con altri suoi compagni un die, dinanzi a una compagnia daliquante donne, s ud a questi suoi compagni dire molte villane parole di questa sua donna, e che lla biasimavano contra ragione fortemente. Il quale, quandebbe molto veduto che costoro ne diceano tanto male e che non si finavano di riprenderla, e che assai prima avea comportato, dach non pot pi, s ssi mosse contra di loro fortemente ad ira ed a riprendere loro di quel che diceano e a difendere la sua donna. Quando questo sepe la sua donna, disse chavea perduto il suo amore, perchiera stato a difese di sue lode. Questo piato la contessa di Campagna cos dif in: e disse che questa donna fu troppo crudele nel comandam[en]to, quando non si vergogna dastrignere di s empia sententia colui al quale avea data speranza damore che ssi mise nelle sue braccia, con ci sia cosa che ssi legasse di tal promesse, le quale niuna gentil donna la d vitiare sanza giusta cagione. N per ci fece niun fallo lamante, se riprese con giusta ragione coloro che diceano male della sua donna. Onde, sanza ragione pare che questa donna facesse il comandam[en]to che non si dovesse imbrigare giammai nel suo amore, con ci sia cosa che questi si legasse di questa promessa per poter pi agevolmente aver lo suo amore. 2. II. Anche: un altro, abiendo al su servigio troppo buona donna, adomand licentia da llei di potere amare altra femmina. Il quale, dach gli fu data, si part e stette assai pi che non era usato di domandare i sollazzi della prima donna. Ma dopo un mese passato, s torn a llei questo amante, e disse che poscia non avea avuto sollazzo dalcuna donna, n non volea, anzi lavea fatto per provare la sua fede se fosse ferma. Ma lla donna dice ch perduto il suo amore, imperci che basta a perdere lamore, quandalcuno il domanda, cotal licentia, e siali data. Ma a questa donna par contrastare la sententia della reina Alinoria, la quale ne fu domandata in questo caso, e cos rispuose: "Noi cognosciamo per certo che viene dalla natura dellamore, che, per falsa infi[n]ta dellamante, se pu mostrare damare nuova femmina spesse volte per poter me conosciere la fede e lla fermezza della sua amanza. Dunque, quella ofende la natura dellamore che per ci si tarda di tornare al suo amante, o che no l vogli amare, sella non sa bene prima che gli abia rotta fede". 3. III. La questione si cotale: cui debbia anzi amare la donna di quegli amanti i quali sono iguali, altress luno come laltro, di gentilezza, di tempo e di senno e dogne altra cosa, salvo che luno era ricco e laltro povero. E in questo caso cos disse la contessa di Campagna: che nonn bene a dire che la sconcia ricchezza sia anzi da volere, che ladorna povert. Anzi, la gentil ricchezza da rifiutare e da volere la povert, avegna chella sia men che buona, se lla femmina il cui amor si domanda ricca, perci che magiore onore torna alla femmina ch ricca, damare il povero, che l molto ricco. Niun pi magior carico d essere a catuno buono huomo, che se l savio stea in povert od abia altra necessit. Dunque, a ragione magiore onore torna alla femmina ricca damare prima il povero che l ricco, al quale possa sovenire della sua ricchezza, perci che null che paia tornar tanto donore a luno amante e a laltro, che di comportare come puote la necessit luno dellaltro. Ma se lla femmina povera, meglio damare il ricco, perch se luno e laltr o fosse povero, poco per certo durerebbe il loro amore, perci che lla povert fa vergogna a tutti i savi uomini e tie[n]gli in diverse pene di pensiero e sanza patto to loro il senno, e per ci si caccia lamore.

4. IV. Ecco cherano dui in tutto e per tutti iguali, i quali insieme igualmente al postutto cominciaro a servire, e quali anche catuno a unotta adomandano essere amati: chi di costoro, dunque, pi degno dessere amato, adomando. Anche quella contessa medesima ci namaestra che in cotal caso , chi prima domand sia misso. Ma se pare chadomandassero a unora, a ragione si comette ne larbitrio della femmina damare colui al quale le trae pi il cuore. 5. V. Anche fu domandate quella medesima contessa di cotal quistione: un cavaliere amava sor misura una s sa[via] donna e aveane tutto ci che volea di lei, ma ella nonn amava cos lui. Lo cavaliere se ne vuol partire, e la donna lo vuole ritenere pur in quello amore. In questo fatto, cos rispuose la contessa: "Asai ria la ntentione di quella donna che vuole essere amata e non vuole amare. Perci che quelli matto che quello domanda altrui con reverentia, rifiuta al postutto di darlo altrui". 6. VI. Anche apare un cotal dubbio: un giovane che non avea in s niun senno, e uno cavaliere da quattordici anni in su con molto senno, s domandano lamore duna donna. Dice il giovane che dee essere prima amato, perch se lla donna lama, s nne potr divenire savio, e grandissimo onore ser alla donna, se per lo su senno divenuto savio. E questo la reina Alinoria cos risponde: "Avegna che l non savio giovane, se fosse amato per la savia donna, potesse divenire savio, ma men che bene fa la donna, se prende ad amare il non savio prima, spetialmente quando un savio e ben costumato adomanda il suo amore. Perci che potrebbe essere che il non savio, avegna che lli fosse insegnato, non diventerebbe savio forse per lo suo duro cuore, perci che quello chaltri semina tuttavia non rende frutto". 7. VII. Questa altra quistione fu commessa in quella reina medesima: un uomo si congiunse a lamore duna sua cugina con non sua saputa. Poscia, dach l sa, si vuole partire da llei. La femmina, perch legata del suo amore, non lascia, dicendo che quello nonn peccato quasi, perch nella prima si congiunsero sanza lor colpa. Al qual fatto la reina cos rispuose: "Assai quella femmina par dire contra ragione e buona usanza, che sotto qualunque spezie derro vuole ritenere cotale amore. Perci che sempre sian tenuti davere inn odio cotale amore che ssi danna, al quale la leggie impone gravissime pene". 8. VIII. Anche: una donna, overo una pulcella, si avea dato il suo amore a uno il quale nera assai ben degno, e da poi chella fu maritata assai onorevilemente, s llo rifiuta damare e no gli d sollazzi che suole. La cui niquit riprende madonna Mingarda di Narbona in questo modo: che la femina, avegna che poscia si mariti, a ragione non d lasciare il suo amante, sella non si pone in cuore di non amare giamai pi n lui n altra persona. 9. IX. Perci chuno domand da quella medesima donna che l dovesse far certo ove fosse maggiore amore, o tra gli amanti o tra marito e moglie, cos rispose, considerando il detto del filosofo. E disse che llamore tra marito e moglie e l vero amore ch tra gli amanti, sono al postutto diversi e per diversi movimenti nno lor cominciamento, e per ci lo detto del filosofo to via questa domandagione, quale amore sia magiore o minore, e pone se siano diversi amori. Cessa, dunque, di dire magiore o minore, quando la parola e dui intendimenti, e quelli intendimenti son contrari a quella parola comunale. Altres come non si d dire che l nome che se deriva da laltro che non si deriva, o che l nome che si deriva che ssi deriva. 10. X. Anche, que medesimo domand da quella medesima donna in questo modo: una donna si ebbe un suo marito dal qual si partio, ora si pe[na] di trarlo asuo amore: che nne d essere? Al quale la detta donna ri[s]pose che sa[l]cuno in qualunque modo sian partiti, infra cotali sozzo e vergognoso amore. 11. XI. Uno ch buono e savio adomanda lamor duna donna, poscia viene un altro pi savio di lui e adomanda altress lamore di questa donna. Quale, dunque, anzi da amare? Questa quistione cos difin madonna Mingarda di Nerbona: e disse chiera in arbitrio della donna lo cui priego debbia anzi udire, o del buono o del migliore, o darsi il suo amore. 12. XII. Anche si una cotale quistione: uno iera congiunto nellamore duna donna assai convenevole, ora adomanda lamore dunaltra, quasi come non avesse anche amore daltra donna. Il quale interamente come domandava ebbe da costei, e dach lebbe avuto, si vuole tornare a la primaia e lasciare costei: che vendetta, dunque, ne d essere? In questo fatto la contessa di Fiandra diede cotal sententia: che questi, che tanta frode comessa, degno dessere privato dellamore dambendue, e giammai non dee essere amato da niuna savia donna. Con ci sia cosa che lla sua volont non abia fermezza, la quale si nimica per certo dellamore, s come mostra la dottrina dAndrea cappellano apertamente. Et che questa donna no l si d tenere a vergogna niuna, perch ciascheduna che vuole avere onore in questo [mondo], si tenuta damare, e perch nonn lieve cosa a niuno di sapere la ntentione e la fede e quello che luomo in cuore, et ch molti savi gi sono ingannati per le dolci parole chaltri dice e per le doppie. Anche questa primaia amatrice non si pu a ragione lamentare di questa altra donna, e segli non vuole tornare al suo amore, e se vuole stare pur nellamore di questa altra donna, perchella si difende la sua ragione, e vole chaltri sia prima ingannata di lei.

13. XIII. Anche fu domandata duna cotal quistione: uno cavaliere era, il quale nonn avea bont niuna chuomo dovesse avere, e per ci non era degno che alcuna savia donna lamasse; s fu importuno in domandare lamore duna donna, chella li diede intendimento del suo amore. La qual donna col suo amonire e colla sua dottrina s laferm in buoni costumi, dandoli anche lo basciare e labracciare, ch divenne troppo ben savio e chiera degno davere ogne onore. E dach fu confermato in ogne buon costume ed ebbe meno tutti i rei, unaltra donna s fece s chella gli diede il suo amore e chegli ubid lei in tutte sue volontadi e che si dimentic dellonore chavea ricevuto dalla primaia donna. La qual contessa di Fiandra, in questo fatto, cos rispuose: che da tutti iera da lodare se lla prima donna pu rivocare da lamore dogni altra femmina lo suo amante, al quale avea tolto ogne reo vitio e confermato dogne buon costume e dogne senno. Anche pi, che pare chella vabbia in lui ragione e omaggio, con ci sia cosa che quando fosse fuor dogne buon costume, per suo senno e per sua fatica lo fece savio e ben costumato. 14. XIV. Anche: stando un uomo lungo tempo ad oste nelle parte doltre mare, una sua donna, perch non sperava che lla sua tornata fosse di presente e che quasi ognuomo credea il somigliante, s volea amare un altruomo. Intendendo questo, un compagno di costui chera oltre mare e che sapea tutte le sue credenze, si venne a questa donna e contradissela che nollamasse perch no gli dovea rompere la fede. E quella, perch non volea consentire al suo detto, s ssi difendea in questo modo: "Gi vegio che lla femmina puote amare dach sono passati i due anni dopo la morte del suo amante, dunque, io che sono stata cotanto sanza lui e che nonn avuta letera n messo, con possendolo e fare, magiormente posso amare. E tu di che l no l posso fare? Certo s posso". Dopo la molta contentione che fu tra costoro di questo fatto, s la comisero nella contessa di Campagna, chella ne dovesse dire e sententiare quello che nne dovesse essere. La qual sententi, e disse che questa donna non facea ragione di volere lasciare il suo amante perch fosse stato lungo temporale, se prima non fosse certa che nollamasse o chegli lavesse rotta la fede, spetialmente quando sta [lontano] perch non pu fare altro, o per aquistare pregio. Perci che niuna maggiore allegrezza d avere la femmina nel suo animo, se non dudire lodare il suo amante quando in lontana parte, o che onorevolmente sappia che stea con buona e gran compagnia, l ove sia cos gran gente. Anche perch si dica chegli non abia mandata lettera n messo, per ci nonn da riprendere, anzi ne dee essere tenuto pi savio, perch a niuno licito di manifestare il suo amore. Pognamo chavesse mandata lettera e l messo non avesse saputo chella dicea, e forse per la ret del messo o perch fosse per aventura morto per via , s potrebe essere palesato lamore legieremente. 15. XV. Anche una cotal quistione: uno avea una su amanza, il quale per sua franchezza combatendo perd locchio, overo un altro membro in quella battaglia. Quella sua donna s l vuole privare dal suo amore e no gli vuole dare i sollazzi come solea, quasi come ne fosse indegno per ci, o perch labbia in dispetto. In questo fatto una donna di Nerbona rispose a questa donna riprendendola in questo modo: che lla femmina non dovea giammai avere onore, la quale volesse privare il suo amante del suo amore per ventura di battaglia fosse magagnato in alcun modo, la qual cosa adiviene solo a coloro che sono prodi e arditi in battaglia, con ci sia cosa che solo lardire sia quello che lle femmine spetialmente f accia amare e mantenere in amore. Dunque, questo amante non d essere privato del suo amore a ragione perchabia meno alcuno membro in battaglia, a la qual cosa non si pu contrastare, perch l porta laventura del combattere. 16. XVI. Anche unaltra cotal quistione: un cavaliere, esendo inamorato duna donna, a cagione perch non sapea ben dire sue parole, si trov un uomo, per volontade della donna e della sua, il quale dovesse portare e dire le parole delluno a laltro, e per poter meglio e sanza carico manifestare le lor credenze, e che il loro amore pi lungiamente stesse celato. Il quale secretario sensale, dach fu cos fermo per ambendue, s procacci per s daver la donna, e non per lo cavaliere, in tale modo che lla donna asent il suo volere ed ebe di lei tutto ci che volle. Ma lo cavaliere, dach seppe come quelli lavea ingannato, si nand a la contessa di Campagna dicendole tutto il fallo che gli era incontrato dalla sua donna per lo secretario, e abominandolo molto. E anche domand da llei ke per sua sententia e dellaltre donne fosse giudicato quello che nne dovesse essere. Onde, la detta contessa chiam LX donne e con loro consentimento sententi, in questo fatto, che questo amante ingannatore, il quale per su arte e a malitia avuta questa donna, la qual non si vergogn dasentire a s ria cosa, che lla debia tenere per inanzi, se gli piace, ed ella altres lui. E che luno e laltro in perpetuo non sia ardito di domandare amore dalcuna altra persona, e che giamai non siano arditi d aparire n egli tra compagnia di cavalieri, n quella tra donne. Perci chegli fece contra la fede dellordine de cavalieri ed ella contra lordine delle donne, quando asent cos villanamente a lamore del secretario. 17. XVII. Anche: un cavaliere, essendo preso fortemente dellamore duna donna, la quale avea gi dato in tutto il suo amore a un altro, si procacci s chelli ebbe intendimento di questa donna davere il suo amore in questo modo: che se per alcun tempo avenisse chella si partisse dal suo amante, che allora a quello cavaliere sanza dubbio in tutto li darebbe il suo amore. Passato molto poco tempo, la detta donna si marit al su

amante ch detto, ma l cavaliere, il quale avea ricevuto la mpromessa dalla donna, s adomanda lei che lli dea il suo amore. Ma lla donna li contradice al postutto, dicendo che non s partita da lamore per ci del suo amante. In questo fatto, cos risponde la reina: "Non siamo arditi di contrastare alla sententia della contessa di Campagna, la quale sent[enti] fermamente che amore non pu essere tra marito e moglie. Imperci s sententiamo che lla detta femina dea lamore che promise". 18. XVIII. Un cavaliere molto villanamente le secrete cose dellamore s manifest, il fallo del quale tutti gli amanti non finano di domandare che nne sia vendetta fatta, acci che l rio asempro e malvagio, per innanzi non abia luogo negli altri, se non n fatta vendetta. Onde, raunata la corte delle donne in Gunascania, per asentimento di tutta la corte fue cos ordinato e ferm[at]o per leggie, che da quinci innanzi questi non abia speranza alcuna damore, e che non sia ardito daparire in corte di donne n di cavalieri, anzi sia tenuto in dispetto da tutti. Ma se alcuna donna fosse ardita di rompere la legie di queste donne in questo modo, dando a quello cotal cavaliere il suo amore, debbia portare simigliante pena; e catuna savia donna da inde inanzi la tenga per nemica. 19. XIX. Anche una cota quistione: un cavaliere adomandando lamore duna donna, e quella dicendo che non volea amare, questo cavaliere le mand alequante gioie assai convenevole, e ella le ricevette allegramente e volentieri; ma per ci poscia no l volle amare, anzi lo rifiuta damare al postutto. Lo cavaliere si lamenta di lei in questo modo: dicendo che ricevette le sue gioie, pare che lli desse intendimento del suo amore; lo quale sanza cagione li vuole torre. A queste cose cos rispuose la reina: "O la donna rifiuti le gioie chebbe per ispeme damore, overo lo guiderdoni del suo amore, overo stea contenta dessere della compagnia delle puttane". 20. XX. Anche fu domandata la reina qual debbia anzi amare la donna: o lo giovane o quello ch amezzato. La quale reina molto sottilmente rispuose, e disse che llamore di colui anz[i] da volere, il qua l savio e sca[l]trito ed buoni costumi, e non si d guardare chi ssia giovane o amezzato. Ma chi guarda alla natura bene, li giovani pi volentieri usano con quelle che sono adiate, che con coloro che siano del suo tempo; e quelli che sono amezati, pi volentieri usano colle giovani, che colle lor pare e di lor tempo. E la donna, overo giovane overo adiata che sia, pi volentieri usano con li giovani che con color che siano di tempo. Ma perch adiviene, cosa chapertiene pi a fisica che a me. 21. XXI. Anche fu domandata dalla contessa di Campagna qua cose possa torre luno amante da laltro. A la qual domandagione, cos rispuose la contessa: che lamante puote dallaltro ricevere ornamento da capo, trecci o ghirlanda doro o dargento, fibiagli da petto, specchio, cintola, borsa; cordella da llato, pettine, bossolo, guanti, anello, spetie, cose da liscio, cose da riporre laltre cose, insegna per cagione di ricordarsine, e in somma si tti dico che ogne cosa picciola si pu dare e torre chapertenga a liscio di corpo o che sia bella a vedere, overo cosa che si d per ricordanza luno amante dallaltro; e quest vero, se quello che ssi d non si riceve per avaritia. Ma di questo voglio ogne amante amaestrare: che se alcuno amante riceve da laltro anello per cagione damore; quello anello d portare nella mano manca e nel dito mignolo, e la gemma dellanello dal lato della palma della mano: per ci adiviene, perch lla mano manca si guarda da tocare, pi che lla diritta, ogne brutta cosa; e nel dito mignolo la vita e la morte de luomo e della femmina pi che negli altri, et anche perch ciascheduno amante si tenuto lo suo amor celato. Anche, se luno amante manda lettera a laltro perch si racordi di lui, non d scrivere nella lettera il suo nome n del suo amante. Anche, se per alcuna cosa vanno alle donne gli amanti, che sia data sententia tra loro, non debono dire loro i nomi loro, ma dire: "Cotale quistione iera tra dui amanti". Anche non debono suggiellare la lettera che manda luno a laltro di lor sugiello, se non forse quando nno lor sugelli privati, i quali non sa altra persona se no eglino e lor secretari. E cos, in questo modo si ter sempre celato iloro amore. 32 Le regole damore [Delle regole damore.] 1. Diciamo oramai delle regole damore. Gualtieri, ti mostrer in poche parole, s come si dice ch vero della bocca medesima dere dAmore, e che lle mand scritte a tutti gli amanti. 2. Con ci sia cosa chuno cavaliere cavalcasse, solo, per la selva reale a cagione di vedere l o re Arturo, e quando fu al mezzo della selva, s ssincontr in una giovane di maravigliosa bellezza, e chiera in sun uno adorno cavallo, e con troppa bella legatura di capelli, la qual salut lui ed egli rende molto tosto suo saluto a llei. E la giovane molto cortesemente parl a llui, e disse: "Quello per che ttu se mosso non ne potrai venire a capo, se non per nostra bontade". Quando questo udie lo Brettone, s lla cominci molto a pregare chella li dicesse per qual cagione fiera mosso, e cos crederete poscia quello chella direbbe. "Quando tu domandavi lamore duna donna di Brettagna, ella ti disse che giamai non potresti avere lo suo amore, se ttu prima nolle

recassi lo sparviere, il quale si dice ch nella corte deve Art in sun una stanga do ro, e conquistassilo per battaglia". Le quale tutte cose, confess cherano vere lo Brettone. "Dunque - disse la giovane - lo sparviere che vai caendo non potresti avere, se prima non vinci per battaglia nella corte del re Art che tu ami pi bella donna che niuno di loro il quale sia nella corte. E nel palagio non potresti intrare, se ttu non mostrassi alle guardie del palagio lo guanto dello sparviere. Ma ad avere lo guanto nonn lieve cosa ad avere, se ttu prima in battaglia non vinci due cavalieri molto forti". 3. "Vego bene che di questa impresa non posso venire a capo, se voi nommi date il vostro atoro, e per ci mi voglio soppore a voi, priegandovi umilem[en]te quanto posso che voi mi diate in questo fatto il vostro atoro, e che di vostro asentimento mi conciediate che per amore di vostra segnoria possa dire secretam[en]te che sia amato da pi bella donna". 4. "Se di tanto ardire fosse il tuo cuore, che quello chaven detto non tema di cercare, quello che domandi potresti avere da nnoi". 5. "Se mi concedete quello chio vi domando, tutto ci che disidero verr a buon fine". 6. "Tutto ci chadomandi, s tti largisco per fermo". E cos anche gli porse bascio damore, e lo cavallo sovra il quale ella fiera, s llo diede a llui, e disse: "Questo cavallo s tti mener l ove tu disideri dandare. Ma te conviene andare sanza niuna paura e contrastare arditamente a coloro che combatteranno teco. Ma questo sie a tte bene a mente, che quando avrai avuta la vittoria de due che difendono il guanto, [... ] ma ttu medesimo lo torrai dalla colonna delloro ove pende, perchaltremente non potresti vincere la battaglia che farai nel palagio, n compiere quello che disideri". 7. Ma quandella ebbe compiuto di dire, lo Brettone s ssi mise le sue armi, e dach ebbe preso commiato, s cominci a cavalcare per la selva. E andando elli per molti salvatichi e aspri luoghi, s trov il fiume il qual iera di maravigliosa altezza ed ampiezza, e per la grande altezza delle ripe, niuno potea scendere al fiume. Ma molto and elli lungo le ripe del fiume, s trov uno ponte il quale era cos fatto, che l ponte era doro e le cpita tenea fitte in ambendue le ripe; e l mezzo del ponte stava nellacqua, e spesse volte menandosi parea che fosse afondato per londa che dava il fiume. Ma da quello capo onde il Brettone dovea passare, si stava un cavaliere armato in sun uno cavallo chiera molto fiero a vedere, lo quale il Brettone salut assai cortesemente. Ma egli dispregi di rendere il saluto, ma s disse: "O Brettone armato, che vai tu qui caendo di cos lontana parte?". 8. "Io s vo caendo di passare il fiume per lo ponte". 9. "Anzi cerchi la morte, la quale niuno forestiero potuto schifare. Ma se tu tti vuoli tornare a dietro e lasciare tutte larmi, s perdoner per misericordia a la tua gioventude, la quale t condotto cos disavedutamente in istrani paesi e ne laltrui regione". 10. "Sio lasciasse larme, non ti tornerebbe ad onore la tua vittoria, e se llarmato caccia il disarmato; ma se a me armato potrai contrastare al passo del ponte, allora la tua vettoria sar con onore. Perci che se ttu non mi dai lo passo di queto, io i1 mi far dare per forza della spada". 11. Quando il guardiano del ponte ud questo, si cominci a battere i denti e ad avere troppo grande ira, e disse: "Male te solo ci mand Brettagna, perci che cos solo tuccider a ghiado, n giamai alla tua donna dirai novelle di questo paese. Guai a tte, misero Brettone, che non temesti dandare aluogo della tua morte, per movimento e per conforto di femmina!". E spronando il cavallo contra il Brettone, s gli venne sopra colla lancia e fedillo crudelmente sovra lo scudo, lo quale non sostenne il colpo, che llo ferro non passasse per lo lato fra lla carne, spezzando in doppio lasbergo, s che l sangue cominci a uscire fortemente della piaga. Ma quando lo Brettone sent il duolo, si drizz verso lo cavaliere del ponte la punta della lancia e combattendo fortemente s l pass da laltro lato e abattello in terra del cavallo villanamente. Al qua le vogliendo tagliare il capo, si chiese merc umilemente, e quegli li perdon. Ma da laltra parte del fiume si stava un uomo grandissimo, il quale, quando vide che l cavaliere era vinto dal Brettone e chegli era gi salito nel ponte per passare, con tanta fortezza cominci a menare lo ponte delloro, che spesse volte il ponte sotto lacqua non si potea vedere. Ma l Brettone, confidandosi molto della bont del cavallo, non lascia per ci che non i passasse oltre francamente. Il quale, dopo il molto attuffamento nellacqua, solo per forza del cavallo si venne a laltro capo del ponte, e prese colui che menava il ponte e gittollo nellacqua ove affog, e la fedita che avea si lenz e fascia al meglio che pot. 12. Dopo questi fatti, cominci ad andare per molto be prati, e dopo le diece miglia, si trov un dilettoso prato ove era odore di tutti fiori. E in questo prato iera un palagio a maraviglia ben fatto, e avea in s ogne bellezza, ma da niuna parte del palagio pot vedere la porta o alcuna persona dentro. Ancora in questi prati medesimi si trov mense dargento, e ivi suso dogni mbandigione di mangiare e di bere, e coperta di bianchissime tovaglie. Ancora in questo prato medesimo iera conca dargento purissima, nella quale iera anona e acqua assai da cavallo. E lasciato ire lo cavallo a pasciere, and intorno al palagio, ma quando vide

che per niuno ingegno potea vedere lentrata del palagio e che non vavea persona, vegnendoli la voglia del mangiare, and a la mensa e l cibo che vi trov, con gran voglia comincio a mangiare. E incontanente, poco avendo preso del cibo, la porta del palagio fue aperta, la quale nella sua apertura fece tal suono che ivi apresso parea che fosse tuono, e incontanente usc per quella porta un uomo di grandezza di gigante, chave[a] in mano una mazza di metallo di molto gran peso, la qual mazza menava come fosse una pagliuga. Il quale disse al cavaliere che mangiava: "Chi se ttu, uomo di tanto ardire, che non temesti di venire a questi luoghi reali, e che s arditamente nella mensa del re, e sanza vergogna, la vivanda de cavalieri prendi?". 13. "La mensa reale d essere disposta a tutti igualmente, n bere n mangiare d essere disdetto; e anche io posso ben prendere di cavalieri, perci chio sono cavaliere e nonn al tra arte, e solo quello che cavalleria domanda vo io caendo per questi prati. Per doppia ragione, dunque, villania fa di vietarmi la mensa reale". 14. "Avegna che questa sia mensa di re, per ci non licito a niuno di mangiare a questa tavola, se non quelli che sono a la guardia di questo palagio, i quali anche nonn lasciano passare veruno, se prima non combatte col guardiano del palagio e vincalo, e salcuno perdesse la battaglia, non pu campare che non sia morto. Dunque, lievati dalla tavola e brgati di tornare a casa, o combattendo di passare oltre e di dire la cagione per che se venuto sanza mentire". 15. "Io cerco per avere lo guanto dello sparviere e per ci son venuto, e dach lavr avuto, s voglio andare oltre e conquistare lo sparviere per battaglia nella corte del re Art. Dov, dunque, il guardiano del palagio che per battaglia mi d contradiare lo passaggio ad andare oltre?". 16. "O matto Brettone, quanta pazzia ti mena! Perci che, se fossi morto, prima potresti rivivere diece volte che avere quello che vai caendo. Ed io per certo sono quello guardiano del palagio che tti far venire fallato il tuo pensiero e della tua gioventude portare vedovatico Brettagna. Perci chio sono di tanta fortezza che a pena dugento cavalieri migliori di Brettagna mi potrebbono contrastare". 17. "Avegna che ttu dichi che sie cos forte, neente meno disidero di combattere teco, acci che possi conosciere che cavalieri mena Brettagna, avegna che non sia dicevole di combattere cavaliere con pedone". 18. "Veggo che lla tua disaventura t menato a la morte in questo luogo, ove gi pi che mille la mia mano diritta n morti. Et avegna chio non sia di schiatta di cavaliere, neente meno disidero di combattere teco a cavallo, perch se perdi per forza di pedone, a ragione sarai vinto per qualcardire di cavaliere". 19. "Guardimi Dio che giamai combatta con pedone a cavallo, perch a pedone si dice di combattere con pedone". 20. E prendendo larme, arditamente venne con la spada in mano a fedire lo guardiano sovra lo scudo. Ma poco male vi fece, ma che lo guardiano del palagio fue adirato, abiendo a schifo la picciola persona del Brettone, fedo sopra lo scudo del Brettone colla mazza del metallo s crudelmente, che a pena se ne tenne pezzo insieme per lo gran colpo, e l Brettone usc quasi di s per la paura. Ma lo guardiano, pensando uccidere a laltro colpo lo Brettone, s lev ad alto la mazza, ma anzi che llo potesse compiere, molto tosto e con iscalterito ingegno il Brettone fedo colla spada lo guardiano in sul braccio, e mand in terra la mano con tutta la mazza. E vogliendo uccidere sanza fallo, il guardiano s gli chiam mercede e disse: "Se ttu pur solo villano cavaliere ne la dolce Brettagna, che mi vuoli uccidere dach son vinto? Se ttu mi vuoli perdonare, io tinsegner avere quello che disideri per picciola fatica, e sanza me al postutto non ne veresti a capo". 21. "Io ti perdono la vita, se ttu ma[n]tieni e puoi quello che mi prometti". 22. "Se ttu mi vuoli aspettare un poco, io ti dar lo guanto dello sparviere". 23. "A, ladro inganna[to]re della gente, or conosco per certo che ttu mi vuoli ingannare! Ma se vuoli chio ti perdoni la vita, mostrami solo ov lo luogo ov riposto il guanto". 24. Allora lo guardiano s l men ne secreti luoghi del palagio, oviera una molto bellissima colonna doro, la quale sostenea tutto lo dificio del palazzo, dentro nella quale pendea altress lo guanto che domandava. Lo quale dach llebbe spiccato arditamente e messo nella mano manca, per ogne parte del palagio, non vegiendovi persona, gran grida e pianto cominci a sonare in questo modo: "Guai, guai, che oltre nostro grado il vincitore [nimiko se ne va] [c]olla preda!". 25. E quando fu fuor del palagio, mont in su lo cavallo suo e cominci ad andare, e capit aluogo della dilettanza, overano molti altri belli prati, ne quali era un palazzo doro troppo ben composto, il qual era per lungo secento cubiti e ampio ducento, e lo tetto e tutto lo lato di fuori era dargento, ma tutto quel lo dentro fiera doro e di pietre pretiose lavorato, + nel quale ancra recetri e diversi +. Ma nel pi bello luogo del palagio sedea lo re Art finn uno sedio doro, e lungo lui, dambendue le parti, sedeano le pi belle donne, il numero delle quali non potti sapere; ancora, stavano dinanzi da llui cavalieri assai e molto belli a vedere. Ma nellentrata del palagio si era la stanga delloro molto bella e ben fatta, e ivi suso lo sparviere che volea, e ivi giaceano due bracchi dello sparviere. Ma anzi che potesse venire al detto palagio, s vavea un petturale di muro molto ben fornito dinanzi al palagio per sua guardia, e s verano dodici cavalieri alla guardia molto

fortissimi, li quali non lasciavano passare persona oltre, se non mostrasse lo guanto dello sparviere, o se non vi passasse per forza darme. I quali, quando lo Brettone gli vide, s mostr loro il guanto, i quali dicono, dach gli ebono data la via: "Questa via nonn buona per te, anzi molto ria". Ma l Brettone, quando fu giunto al palazzo, s salut lo re Art, il quale fu domandato per li cavalieri de-re perchegli fosse venuto, ed elli rispose: "Per cagione di portarne lo sparviere". Al quale, uno de cavalieri della corte disse: "Per neuno modo non ne puoi portare lo sparviere". 26. "Perci chio sono amato per pi bella donna che niuno cavaliere che sia in questa corte". 27. "Prima, dunque, ti conviene difendere per battaglia quello che di, anzi che ne possi portar lo sparviere". 28. "Volentieri!". E dak l Brettone sebbe aconcio lo scudo a collo, ambendue armati dentral palagio si diedero campo; e dando delli sproni a cavalli e iscontrarsi molto duram[en]te, s che lli scudi e le lancie si spezzaro adosso, e poi misero mano alle spade, e combattere s che smagliaro molto li usberghi. Ma dopo la molta durata della battaglia, lo cavaliere, sentendosi fedito dal Brettone per suo grande ingegno di due colpi luno dopo laltro nel capo, cominci s a perdere lo vedere, chegli non sapea ove si fosse. Della qual cosa avegiendosene il Brettone, s gli fece uno asalto contra di lui molto tosto e arditamente, e abattello a terra del cavallo, arenduto. Et poi tolse lo sparviere co cani insieme, e guardando, egli s vide una carta scritta apiccata con una catenella doro a quella stanga medesima, della quale domand che carta fosse, s gli fu cos risposto: "Anche questa carta te ne conviene portare e mostrare agli amanti, nella quale sono scritte le regole damore, le quale anche lo re damore medesimo d fatta copia a tutti gli amanti, se ttu vuogli portare lo sparviere in pace". Anche, dachebe tolta questa carta e presa licentia cortesemente del partire, s fu tornato in molto poco tempo sanza contrasto dalcuno alla donna della sella, la quale si trov in quello luogo medesimo della selva dove lavea trovata quandegli and. Et della si fece molto grande allegrezza di lui e della sua vettoria, e acomiat da s il Brettone, e disse: "A Dio tacomando, perci che lla dolce Brettagna tadomandi. Ma di questo priego: che non ti paia grieve lo partire, perci che qualunque ora ti piacesse di tornare a questo luogo, sempre mi troverai presente". 29. Vegiamo dunque le regole che sono scritte nella carta, che lle regole sono queste: I. Nonn giusta scuda damare per cagione di matrimonio. II. Chi nonn geloso, non pu amare. III. Niuno si pu legare allamore di due. IV. Certo si che lamore sempre o menoma o crescie. V. No gli par buono quello che lluno amante prende da laltro oltre sua volont. VI. Lo maschio non pu amare se non da diciotto anni in su. VII. Usanza damare si sempre di non albergare nelle cose davaritia. VIII. Non si conviene amare coloro colle quali li fosse vergogna di fare matrimonio. IX. Lo diritto amante non disidera sollazzi daltro amante con buon cuore, se non del suo amante. X. Due anni luno amante, se laltro si muore, ne d portare vedovatico. XI. Niuno d perdere lo suo amore sanza sua colpa. XII. Niuno pu amare se non quello ov il suo cuore. XIII. Lamore, dach palesato, rade volte suole durare. XIV. Se luno amante si d a laltro agevolemente, si l pi a vile, e se con fatica, s liene vuole meglio. XV. Usanza chogna amante, quando laltro il guarda, dimpalidire. XVI. Quando luno amante vede laltro, di sicuro s gli batte il cuore. XVII. Lo nuovo amore caccia il vecchio. XVIII. Solo lo senno quello che fa degno catuno dessere amato. XIX. Se llamore menoma, tosto viene meno e rado si raccatta. XX. Lamante sempre teme. XXI. Della vera gelosia sempre crescie leffetto dellamore. XXII. Se lamante sospeccione dellaltro, sempre n pi geloso e portali maggiore amore. XXIII. Chi pensiero del suo amore meno dorme e mangia meno, per le qua cose lusare dellamare viene a fine quando giace col suo amante. XXIV. Lo veragie amante non crede che sia cosa niuna s beata, se non di poter pensare quello che piaccia al suo amante. XXV. Lamante lievemente non pu distorre a laltro nulla. XXVI. Lamante non si pu satiare de sollazzi dellaltro. XXVII. Picciola presuntione s stringe lamante davere dellaltro rea sospeccione. XXVIII. Non suole amare ch[i] molto luxurioso.

XXIX. Il diritto amante sempre sanza riposo limagina il suo amante. XXX. Nonn vietata damare dui uomini una femina, e due femmine un uomo. 30. Queste regole lo detto Brettone rec seco, e da parte del re dellAmore a quella donna, per cui amore avea sofferte tante pene, apresent con quello sparviere. La quale, da poi che conobbe la fe di quel cavaliere e l suo senno e la sua valentia, le sue pene merit del suo amore. Et ragunata gran corte di cavalieri e di donne, le dette regole damore s pales loro e comand a tutti li amanti che llaservassero secondo lo comandamento del re e sotto quelle pene che dette sono. Lo quale tutta la gente della corte s lle tolse e promise dosservarle sotto quella pena in perpetuo. E tutti que che fuoro a quella corte, le dette regole ne portarono scritte e s lle palesarono a tutti gli amanti per ogne parte del mondo. LIBRO III 33. Riprovazione di amore. 1. O Gualtieri, amico molto da onorare, se sarai ben solicito di prendere quello chavemo scritto con grande studio, per la molta stantia della tua domandagione, niuno difetto, dunque, sar in te nellarte dellamore. Perci che, disiderando noi al postutto di sodisfare a tuoi prieghi per gran disiderio damore, in questo libro a tte abiamo mostrata utilissima e compiuta dottrina dellamore. La qual cosa sappie che noi avemo fatta non per quello che noi crediamo che si convegna damare a tte o ad altro uomo, ma perc h non possi riprendere luttulitade di colui che spende la sua fatica nellamore. In tal guisa, dunque, leggi questo libro, non quasi che per ci ne voglie prendere la vita degli amanti, ma acci che ttu revochi lo tuo animo dellamore, abiendo in te la sua dottrina e amaestrato delle femmine. Non prendendo dunque cotal vita, s navra[i] merito eternale, e magior gloria navrai di ci da Dio, perci che pi piace a dDio quelli ch possa di pecare e non pecca, che colui che non possa. Ciascheduno savio, dunque, si tenuto di cansare ogne vita damore, n giamai d ubidire alcuno suo comandamento. E in prima per questa ragione, a la quale niuno licito di venire a incontro: perci che alcuno, faccia bene quanto vuole, non pu piacere a Dio mentre che serve allamore, perci che Dio inodia e comand che siano puniti, per la leggie vecchia e nuova, coloro che siano luxuriosi oltre lo matrimonio, o en qualunque altro modo siano luxuriosi. Qual bene, dunque, si pu trovare nellamore ove no alcuna cosa che non sia contra il volere di Dio? Guai! Quanto dolore n, e quanta amaritude di cuore noi molesta, quando noi vedemo ogne die perdere lo regno di cielo agli uomini per li sozzi peccati della luxuria! O come quelli misero e matto pi che bestia, il quale per li diletti carnali, che non bastano un momento, perde lallegrezza del cielo e fa lopera dandare in perpetuale fuoco. E guarda dunque, Gualtieri, e pensa bene nel tuo animo, di quanto onore sia degno quelli che dispregia Dio e non serva le sue comandamenta per lamore duna feminella, e che si lega della servitude dello nemico. Perci che se Dio avesse voluto chaltri usasse la fornicatione, indarno avrebe comandato il matrimonio, con ci sia cosa che per quel modo moltiplicasse pi il popolo di Dio che per lo matrimonio. Dunque, assai in s mattezza catuno, sia chi vuole, chi perde la redit del cielo per cos vil cosa terrena della luxuria, la quale eredit quello Idio celeste ricomper col sangue prop[r]io a tutti li uomini. Anzi, sapiano che torna a gran vergogna della gioventude e ad ingiuria di Dio padre, se unaltra volta torna ne lacci del nimico quelli che seguita la carne e le volontadi del corpo, de qua lacci Dio padre insieme colo spandimento del sangue del suo figliuolo ci salv. 2. Anche contrasta agli amanti la seconda ragione, perci che per lamore si ladiscie lo prossimo villanamente, lo quale, secondo che Dio comanda, catuno d amare secondo se medesimo. Anche pi, sanza alcuno comandam[en]to, chi guarda a luttulit del mondo, catuno tenuto damare il prossimo; anche, niuno potrebe stare sanza il servigio del prossimo molto poco tempo. 3. Anche la terza ragione vieta damare, perci che per lamare si parte luno amico da laltro, e si se ne seguita odio mortale tra gli uomini, anche se ne seguita omicidia e molti altri mali. Perci che niuno non n chami tanto altrui e sia s suo amico, che se sacorge chaltri si peni damare sua moglie e sua figliuola o sua parente, che incontanente non si cambi lamist contra di lui e che nolli voglia male. Ma quelli che per sodisfare a la carne abandona lo servigio dellamico, solo a ss medesimo vive, e per ci s come nemico dellumana generazione da schifare da tutta gente, e da fugirlo come fosse bestia velenosa. Qual cos a, dunque, s mestiere e s utile a luomo, come aver buono amico? Imperci che, e s come ci namaestra

Cicero, non pare che sia cos utile a luomo n lacqua n l fuoco, come lallegrezza degli amici. Perch saltri e pure un buono amico, s gli pi caro chogne altro tesauro che possa avere; perci che nulla in questo mondo che vaglia tanto, che saguagli al buono amico. Ma molti sono che ssi chiamano amici, che l nome non si seguita loro, perci che lla loro amist si parte al tempo del bisogno. Ma llo diritto amico saferma nellaversitade del suo amico, e tant pi fedele, quante pi sono laversitadi. Et in questo fatto luogo lo proverbio antico: "Quando se in istato avrai molti amici, ma quando sarai in tempo nuvolo nonn avrai veruno". Quanto vaglia, dunque, lo buono amico e possa, lo savio Tulio lo mostra nel libro dellamist apertamente. Onde, saputa luttulitade e lla possa dellamico, manifesto ti sar quanto e quale sia da tenere fra gli uomini quegli che per sodisfare alla luxuria si gietta dietro. 4. Anche la quarta ragione contradice allamore, perch quando ogne altro peccato per sua natura abassa lanima solamente, ma solo questo peccato sozza lanima insieme colluomo, dunque, sovrogni altro peccato da schifare. Onde a ragione dice la scrittura di Dio: "Niuno pi grave peccato che lla fornicatione". 5. Anche per la quinta ragione lamore si da fuggire, perch quelli chama si lega duna forte servitude, perci che teme chogni cosa quasi non noccia al suo amore, e l suo animo si turba e l suo cuore li tempella per picciola sospeccione, perci che lamante per gelosia damore teme quando la vede parlare, andare, usare con persona strana che no ne sia usata, perch lamore cosa di molta paura. Anche non ardiscie di fare ne di pensare cosa veruna che pur un poco sia contra il volere del suo amante, perci che sempre teme che lla volont e la fede del suo amante non si muti verso lui, e questo pensiero no gli pu torre n sonno n vegghiare. Perci che quelli che sente bene lo coltello dellamore, sempre sanza alcuno riposo si tribola del pensiero del suo amante, e per niuna ricchezza n per onore n dignitade si potrebbe chiamare apagato, come dusare dirittamente il suo amore e suo senno. Perci che se ancora lamante guadagnassene tutto il mondo ed egli perdesse il suo amore od avesse alcun danno, no gli parebe avere neente, e non si crederebbe che povert li potesse nuocere infino chegli stesse bene in concordia col suo amante. Ed ogne cosa teme lamante di dire e di fare, onde, per qualunque ragione e cagione, li potesse muovere ad ira lanimo dellamante. Chi dunque s matto e di poco senno, che se peni di fare quello che stringe luomo di sottoporre s ad altrui segnoria con s forte servitude, e che ssi met ta in tutte cose ne laltrui arbitrio. Or pognamo che lamico non si nofenda, perci forse che non ama cosa chapertenga al suo amico, ma pertanto non pu servire n rendere cambio al suo amico, infino chegli inamorato. Perci che quelli ch fedito damore non pensa altro e non crede che sia altra sua uttulit, se non di piacere e di servire al suo amore, e quando inamorato, mal serve o rende guiderdone del servigio dellamico. Dunque, questi vive solo a ss ed al suo amante, perci che tutto lo servigio e lamist che d mettere e tenere con altrui, tutto lo mette nellamore duna femmina, e imperci a ragione ogne suo amico lo dee abandonare, ed ogne altro uomo rifiutare. 6. Anche la sexta ragione pare nemica dellamore, perci che dallamore nascie mortal povert ed entra nella sua pregione. Perch lamore costringe luomo a dare quello ch e quello che nonn duna necessit da non potere schifare, la qual cosa non viene da essere largo ma distruggitore, secondo che si dice per li savi antichi, la quale, secondo che namaestra la sancta scrittura, si mortal vitio, a la quale niuna s grande ricchezza che potesse sodisfare, e imperci sanza vergogna conduce catuno a la carcere della povert. E cos si ne seguita che lluomo raguna robba in buono modo ed in reo, onde la povert possa pasciere lo suo amore, e che in questo modo possa mantenere il suo onore in istato. Perci che quelli che pi suole avere ricchezze e diletti della carne e del mondo, ed egli poscia viene a povertade, tutto il mondo gli pare oscuro e nonn avrebe vergogna di fare ogne retade, acci che potesse tornare in suo stato e menare la vita che solea; n non si potrebbe pensare in questo mondo s grande retade, che lamante dubitasse di fare, se per ci potesse reddire in ricchezza, onde potesse mantenere il suo amore. Guardati, dunque, dellamore, acci che possi schifare quello che sse ne seguita. Guarda ancora che uomo tenuto quelli, e con che faccia possa stare fra gli uomini, il quale si sa chabia rubato [per] strada, fatto furto e altre assai rie cose. Ed anche, qual cosa quella che gli uomini abiano pi in dispetto, che colui ch distrutto tutto il suo avere in amore di femmina? 7. Et anche la settima ragione contrasta agli amanti, perci cha tutti gli amanti in questo mondo lamore d pena da non potere comportare, ed assai magior pene fa soffrire alli morti ne laltro mondo. E che maraviglioso e dolce bene d sapere a tutti quello lo quale in questa vita promette pene sanza riposo agli uomini e dopo la morte pene perpetuale! E quella eredit promessa a tutti li amanti, s come mostra la santa

scrittura, ch fatta nelle tenebre di sotto ove si pianto e stridor di denti. Se vorai prendere dunque li miei consigli, Gualtieri, cotal bene lascierai pigliare ad altrui. Ma quale siano le pene chnno gli amanti in questa vita, avegna che molto ne sia detto di sopra, ma non mi pare chaltri ne possa bene essere amaestrato, se noll provato di fatto. 8. Et anche si mostra per lottava ragione che lamore da fugire, perci che lonest e lastinentia della carne si sono computate tra lle vertudi; dunque, il lor contrario, cio la luxuria e l diletto della carne, fa per bisogno che si computi tra vizii. A ragione, dunque, gli d fuggire, perci che niuna cos a in questo mondo che gli uomini pi disiderino che avere buono nome tra lla gente e che lla sua buona fama si spanda per tutto lo mondo. Ma niuno huomo puote avere la sua fama pura e buona, overo buono nome fra lla gente, se nonn vestito delle vestimenta delle vertude, e niuno potrebbe tenere vestimenta di vertude, se quantuno nero dunghia avesse di reo vitio, perch la vertude e l vitio non possono stare insieme iniuno albergo. Ancora pi voglio andare inanzi, che s nel vecchio come nel giovane, s nel cherico come nel laico, s nel pedone come nel cavaliere, s nella femmina come nel maschio la castitade e lonestade e la puritade del corpo si loda e la coruttione della carne si danna. N per ci alcuno potrebbe guadagnare lamore di s gran donn a, che per quello la sua fama non venisse in difetto fra buoni e fra savi in tutte le parte del mondo a ragione. Perch, dunque, adomandi lamore, se apo Iddio e apo i buoni se tenuto rio e bestemmiato? Certo non per altro, se non per poter perdere la buona fama di questo mondo con Dio insieme. Anche la femina, avegna chella sia amata da uomo di schiatta di re, neente le torna a onore, anzi la femmina spetialmente fa gran pecato, e la sua fama di ci ne muore, et da catuno savio tenuta una sozza puttana, e nnola in dispetto, avegna che l peccato della luxuria e de lamore si comporti anzi negli uomini per lo loro ardire. 9. Anche per la nona ragione si danna lamore, perci che quelli che guarda e cerca bene lo fatto, niuna radice di peccato che non vegna dallamore e non ne nasca, perch lomicidio e ladolteri[o] spesse volte se ne seguita. Anche ne nascie lo spergiuro, perci che spessamente per la morte dellamante e per ucciderlo se ne fanno molti saramenti, le quale per certo secondo la scrittura de santi padri non sono saramenta, ma spergiuri. Anche, che furto nasca dellamore, apertamente si mostra nella settima ragione ch detta di sopra. Anche se ne seguita testimonianza falsa: nonn maniera di bugire che gli amanti non bugiscano, quando la necessitade dellamore gli stringe. Anche a tutti assai palese cosa che ne nascie nimist ed ira. Anche spetialmente ne nascie lo peccato dello ncesto; cio che non si truova alcuno che sia s savio nella santa scrittura, se l nemico lo polsa di pungetti damore, il quale sappia ritenere li freni della luxuria contra suo parente dal lato di padre o di madre, o contra femmine che siano al servigio di Dio, e questo vedemo avenire ogne d per opera. Anche certamente se ne seguita di credere ad altro signore che Dio, e ci ne mostra lauttoritade, overo lasemplo del savissimo Salamone, lo quale per amore di femmina non dubit dadorare lidole e sacrificare loro come fosse una bestia. Ma se questo pott adivenire a llui, al quale Idio sovrogne altro uomo diede senno e fermezza, come ci ne potremo noi difendere, che non sapiamo neente a comparitione di lui, e quasi stiamo ad imprendere ogne d? Perci che l ove tu vedi lo verde legno diventare secco, molto pi tosto ivi il secco consuma ed arde. 10. Anche la decima ragione porta invidia allamore, con ci sia cosa che dellamore si seguitino molti mali, non posso vedere challuomo ne vegna niuno bene, perci che l diletto della carne, il quale si prende dallamore con gran disiderio, non viene dal bene, anzi certo ch mortale pecato. Il quale diletto a pena nel matrimonio, dicendone altri sua colpa, si sostiene che non sia peccato, secondo il dire del profeta, il quale dice: "Ecco chi sono fatto di peccato, e in peccato mingener la mia madre" . Dunque, per cotale argomento danniamo lamore: lamore non solamente fa perdere lo regno di cielo agli uomini, ma e lonore di questo mondo fa perdere. Anche il cherico non si truova s gentile n s savio, segli punto damore overo luxurioso, il quale legiermente possa avere li onori eclesiastici, anzi quello chavesse degno di perdere e davere boce di rea fama degli uomini. N l laico non potrebe avere tanta bontade n tanto savere, segli luxurioso, il quale non ne perda lo buono nome chavea, e che non sia meno idonio ad avere oficio dalcuno onore. Anche la femmina, sia gentile quanto vuole, o savia o bella, qualunquora si sa chella sia legata damore, che dagli uomini non ne sia tenuta pi a vile e catuno savio la ricusa daverla per moglie. 11. Lundecima ragione si contra lamante: anche ogne amante si pigro e nighittoso in tutte cose, salvo che in quelle chapertengono nelluso dellamore. Anche, lamante non cura n di suo fatto n dalcuno suo amico, n nonn intento dascoltare: parligli luomo di qual fatto vuole, n salcuno lo pregasse, nollo ntende ben pienamente, se non forse alcuno che lli raporti e dica novelle del suo amore. Perci challora, se

parlasse con lui un mese intero, non ne perderebbe solo una paroluzza di tutta la favola. Con tanto disiderio intende e ascolta quel chaltri dice del suo amante, anche non vorrebe mai altro udire n non si afaticherebbe dudire il suo animo. Anche sappiamo per certo che Dio della castitade e dellastinentia capo e principio , e che l diavolo dellamore e della luxuria sapiamo bene autore, secondo che mostra la Scrittura. Et imperci per cagione dIddio sien tenuti doservare la castitade tuttavia, e cacciare la luxuria de la carne, perci che quello che ssi fa per opera del diavolo non potrebe dare agli uomini alcuna cosa di salute n donore a luomo. Sappiate dunque che quell cieco degli occhi del cuore della mente, il quale abandona di servire a Dio e serve al diavolo. E perci promette il diavolo a suo[i] cavalieri le dolcie cose e le soave, e poscia d loro lo contradio e lamare, perci che dal cominciamento del mondo e fu bugiardo e non ebe in s veritade niuna. Il quale anche suole dare a coloro che l servono misero guiderdone, perci che chi pi li serve, magior pene da llui e magior tormento, e per contrario chi magiore offese gli fa, s vedr che l diavolo gli sar pi soietto. Et ancora lo diavolo si asomigliato al ladro, il quale promette a colui che llacompagnia per la via di darli certa cosa, e dach gli l data, si l mena ne luoghi del guato, e dach l v menato, s l vi lascia e parte poscia la preda e la roba chnno tolta a costui. Et in cotal modo fa lo diavolo a suoi cavalieri e a coloro che tengono la sua via, che d lloro inanzi le dolci cose e le soave e quasi gli rende sicuri di non dar loro tribulatione e di dar loro lunga vita, ma poscia, dachnno avuto lo pregio dacompagnarlo per la via, cio per lo pecato, ed gli ben legati con la pecunia, menagli a luoghi del guato, cio alla morte, ove sono gli aguati de demoni, e lasciali in quelli aguati; poscia parte la preda e la roba con li altri domoni, perci che dach gli menati per suo ingegno ed inganno a luoghi de demoni e in lor signoria, con esso loro insieme li tormenta delle pene che debbono ricevere. Ma Dio non fa cos, che per lo dolce bene e per lo soave [...] perci chegli verit e vita, e cos, dunque, ne d pi che non promette. Ma qualunque si vuole mettere alla sua compagnia con piena fede, non avr dubbio daguato dalcuno nimico, ma sicuramente sar menato a luogo che disidera e in perpetuale gloria. A ragione, dunque, catuno ssi tenuto di schifare lamore e lopera della luxuria e dabracciare la castitade del corpo. 12. La duodecima ragione s contrasta a lamore, perci che llamore fa cominciare mortali guerre e che non nno mai fine, e rompere pace perpetuale. Anche cittade grande e belle, rocche ben fornite, castella molto forte fa disfare, e molte gran ricchezze, oltre larghezza di colui cui sono, mena a grande inopia, e molti comperano quel peccato che no li nno comesso n suoi parenti in alcuna guisa. 13. Anche la terzadecima ragione vieta lamore, perci che fa partire malamente moglie da marito, cio dando morte luno a laltro in qualche modo. Anche gli fa sceverare, i quali, secondo le comandamenta di Dio, non si possono partire, il qual disse: "Niuno parta coloro che Dio ragun insieme". Anzi abiamo gi veduti assai degli amanti per opera chnno pensato, per forza damore, duccidere le lor moglie e che llnno morte di crudel morte, la qual cosa palese a tutti ch mortal peccato, imperci che in questo mondo niuna cosa che lluomo tanto debbia amare come la moglie sua, la quale gli congiunta legittimamente. Perci che Dio giudic la moglie col marito una carne e, lasciate tutte cose, comand che stesse colla moglie luomo, e per ci disse: "Per questa cagione lascier luomo lo padre e la madre e congiugnerassi alla sua moglie, e ambendui saranno una carne". Anche pi, che lla luxuria s se parte del peccato facendola colla moglie, e lo fuoco della luxuria sanza dannare lanima s partiamo. Ancora, della moglie abiamo figliuoli legittimi, i quali ci danno e a la morte e alla vita degne allegrezze, e in loro di noi, Dio vi puote conosciere il suo frutto. Ma avegna che talora della fornicatione ne nascano figliuoli, n per ci il padre non n alcuna allegrezza, quando e della redit del padre sono cacciati. Anche pi, che cotali figliuoli che sono nati di fornicatione, sono chiamati avolteroni del padre, secondo la Scrittura; neanche a Dio cotal natione piace, s come apertamente namaestra la Scrittura santa, la quale dice: "Quellino che nascono davolterio sono abominaboli apo Idio". Con ci sia cosa, dunque, che llamore nasca ogne mor tal pecato e niuno bene chaltri sappia ne nasca, ma d pene a tutti gli uomini sanza novero, perch, giovane matto, adomandi damare e dessere privato della gratia di Dio e del regno del cielo? Aprendi dunque, amico carissimo, di conservare la castitade del corpo e di vincere per vertude danimo li desiderii della carne e lo tuo corpo, puro e casto, renderlo a dDio. Pognamo che ttu abi in te tanto fuoco di luxuria, che tti paia troppo grieve cosa a comportare, se ttu voli stare contento a miei consigli, s tti sar molto lieve la castit e lastinentia della carne, e sanza gran fatica potrai cacciare li desiderii della carne. Giamai, dunque, non ti stropicciare ne luoghi de diletti della carne; ancora, ti sia a mente di schifare sempre i luoghi, lo tempo , la persona che tti potesse ismuovere o dar cagione di menarti a luxuria. Per ci, secondo che ssi dice per un savio, tu medesimo per certo potrai rifrenare lo tuo furore, se ttu fuggi iluogo ove non ti sar dato bere. Se vuoli schifare la luxuria, schifa i luoghi e l tempo, e lo luogo e l tempo si pascie la luxuria: ella ti seguita se ttu la

seguiti, ella fuggie se ttu la fuggi, ella ti d luogo se ttu lle d luogo. Ma pognamo che l fuoco della carne ti stringa a lopera della luxuria, vegentoti la femmina, perch non ti potresti tenere dandare a que luoghi, incontanente te ne dei ristringere e partire da quel luogo. Ma se da te pur briga, guardati al postutto di sodisfarli e di lasciarli vincere a la volont. Perci che se nella battaglia della luxuria poche volte ti troverai fermo e vincitore, poscia molte poche volte, over niuna, tassalir, perch lla luxuria si cotal cosa, che se noi la seguitiamo ella ci vince, e se noi la fugiamo, vinciamo lei. Dunque, se quel ch detto cogli orecchi del cuore vorrai intendere, lieve cosa ti sar di contrastare allopera della luxuria. Guardi Dio, dunque, chuomo che sia vestito di cotanta gentilezza, che si possa sozzare di sozzezza di luxuria, o per fornicatione sozzarsi dusare colla femmina, ed avere macchia della sua brutta luxuria. Perci che in questo mondo non si truova alcuna cosa di magior fastidio o di magior bruttura, come della femina ch molto rimenata. 14. Ma lasciamo stare ora queste cose, acci che iniuno modo possiamo biasimare Dio, e perci cha ciascheduno savio manifesta cosa. Solo la nostra intentione, dunque, ora di storti al postutto dallamore ed amonirti del savere della carne; la qual cosa, se, per la potentia di Dio, per lo nostro volere potremo compiere, sappie che niuna cosa in questa vita ci potrebbe essere pi a grado, ch per la castitade del corpo e lastinenzia della carne si cosa la quale, apo Dio e appo gli uomini, a tutti bisogna daverla e di conservarla con tutta sua possa, perci che se noll in s, niuno bene pu essere compiutamente perfetto nelluomo. E salcuno si truova chabia in s quella, molte virt per lei si cuoprono ne luomo, e diversi peccati si comportano. Perci che se luomo si truova casto e largo, lievemente non potrebe essere fedito di vi tio alcuno od avere rio nome della gente. Savio dunque sarai, se ttafatichi con tutta tua possa di prendere tutto quello chadorna luomo in tutte cose che in lui si truovano, e fa porre i piedi in su molti peccati degli uomini per la potentia di lei. N non ti maravigliare chi dissi ?casto e poscia vagiunsi largo, perci che sanza larghezza ogne vertude che ne luomo sia, giace morta e sanza frutto di lode, secondo lauctorit di sancto Iacopo apostolo che dice chogne fede sanza opera morta, e cos ogne vertude sanza larghezza tenuta nulla. 15. Anche la quarta decima ragione pare riprendere gli amanti, perci che corpi degli uomini menomano della loro possa per lamore e per la luxuria, e sono meno forti gli uomini nella battaglia. Menoma la lor forza per tre cagioni assai convenevoli: perci che per quella opera della luxuria, s come dice la fisica, la potentia de corpi si menoma molto, ma ed anche per lamore lo corpo si nutrica di minor cibo e di men bere, e perci a ragione d essere di minore potentia. Anche lamore toglie lo sonno e ogne altro riposo, ma per perdere il sonno, s sse ne seguita di non poter ben patire lo cibo e indeboliscie molto il corpo; e ci potemo conosciere per la difinizione del nome del sonno secondo li fisichi. dunque il sonno, s come dice Giannino, riposo delle vertudi degli animali con acresciemento delle cose naturali. Dunque, perdere lo sonno non altra cosa se nno lassezza delle vertudi degli animali con menomanza delle cose naturali. 16. Anche per la quarta decima ragione si pu ben dire che lli corpi ne sono pi deboli, perci che Dio menoma tutti li suoi doni nelluomo, anche che nnabrevia la vita delluomo. Con ci sia cosa, dunque, che a luomo sia grande e spetiale dono la potentia del corpo, non fai bene se vuoli prendere cotali cose per le quali questo spetial dono in te possa aver difetto o disottigliare per qualunque ragione o cagione. Ma non solo questo chaven detto di sopra si ne seguita per lamare, ma la nfert del corpo, perci che per la mala digestione si turbano gli omori dentro, e di ci ne nascono le febri e molte infertadi. Anche, perdere sonno, spesse volte fa perdere la memoria e uscir di senno, onde luomo diviene matto e furioso. Ed anche lo molto pensare d e notte, lo qual fanno tutti gli amanti, si aduce difetto di celabro e anche molte infertadi. E anche mi racorda chio trovai gi in aliquanti detti di fisica che lopera della luxuria gli omini non veghiano pi tosto, e per ci s tti vo pregare che tu tti peni damare Dio. 17. Anche per la quinta decima ragione ti dico che non debbie amare, perci che l senno per lamare perde il suo oficio nel savio. Perch, sia savio luomo quanto vuole, se si conmuove a lopera della luxuria, non vi si sa misurare per lo suo senno, n ritenere li freni della luxuria, e costrignere lo mortale uso. Anche veggiamo che savi vamattiscono pi dellamore e sodisfanno pi fortemente alla carne, che coloro chnno poco senno. Ed anche magiormente il savio uomo, dach pecca nellamore, non sa diregere lo freno della luxuria, come colui ch di poco senno. Chi dunque fu di magiore savere che Salamone, il quale sanza misura pecc i lluxuria, e che non dubit, per amore di femina, dadorare lidole? E anche: chi fu di magiore e di pi chiaro senno che Dav profeta, il qual ebbe cotante moglie e amiche, e s am in mal modo la moglie dUria, e s comise avolterio co llei, e l suo marito Oria, come fosse un falso micidiale, uccise? Quale

dunque sar quelli che di ci si sappia ristrignere, se negli uomini di cotanto senno, per amore di femina, il senno non conoscie il suo oficio, n l savere di coloro che sono al d dancoi non polte mantenere il suo oficio in istato? 18. Anche per la sexta decima ragione danniamo gli amanti, perci che malagevolemente ti porter la femmina cotale amore come tu lei. Perch giamai non fu femina chamasse luomo, n non si lega daltretale amore come luomo ver di lei, perch lla femmina si pena daricchire nellamore, non di dare sollazzi a grado a luomo. N quest da maravigliare, con ci sia cosa che sci venga da natura, imperci che tutte le femmine son legate davaritia di lor general natura, e sono intente alla pecunia e a guadagni, e che il loro orecchie non solicito e intento ad altro. Ed i cercato gran parte del mondo e domandato in somma pruova, alcuno non potti trovare n vedere, che mini dicesse che trovasse ancora femmina che quello chaltri le proffera, che incontanente no l tolga, e sella non toglie il dono chaltri le proffera e sel la lo toglie, e poscia per usanza non adonora, che incontanente non dea indugio a lamore ch cominciato. E anche se ttu dessi alla femmina tutto ci chavessi, ed ella sacorga che ttu non vadi a llei come suoli, o chella sappia che ttu sie in povertade, s dir che non ti conosca e che non avesse anche a ffare teco, e in tutte cose tavr a schifo ed a noia. Ed anche non si potrebbe trovare femmina che tanto amore porti o che sia s ferma, se un altro viene e proferale qualunque dono sia, che tenga fede al suo amante. Tant dunque il fuoco dellavaritia ch in loro, che rompe tutte le porte della lor castitade, e vegiendo chabiano gran doni. Perci che se ttu avrai larga mano a comperare, niuna femmina ti lascier partire da ss sanza mercato di quell o chadomandi. E se ttu non fai loro gran promesse, non andare a lloro a domandare alcuna cosa, perch se ttu fossi uno re e tu non porterai teco neente, potrai avere da lloro nulla, anzi ti caccieranno con disinore, perci che lle femmine sono tutte fuie per lavaritia, e ciascheduna si suo ripostiglio. N non si truova femmina che sia s grande di gentilezza o di dignitade o di ricchezza, che lla proferta dellargento nolle tolga lonore e che, se luomo fosse vile o misero quanto vuoli, che non la facesse reversare, se avesse larga la mano a cci, e questo perci che niuna femina si truova ricca, come allebro non pare avere asai bevuti. Perci che se lla terra insieme con lacqua si facesse tuttoro, che potesse ricredere lavaritia della femmina. Anc ora, ogne femmina non solamente avara, ma anche si astiosa e maldicola daltrui, mangia volentieri, vana, parla volentieri, inobediente e fa pur le cose che lle son vietate, ed soperbia, vanagloriosa, bugiarda, ebriosa, molto sfacciate, e non tiene credenza, tropo luxuriosa, pronta a fare ogne male, e niuno uomo ama con dritto cuore. E dunque ogne femmina avara, perci che in questo mondo non si potrebbe cos gran male pensare, chella non facesse per pecunia. Et anche a colui chabbia necessitade non gli darebbe alcuna cosa della sua ricchezza, perci che pi legieremente potresti spiccare collunghia del diamante, che non pu partire, che per ingegno duomo avederti di sua larghezza. E s come lo Picurio non crede che sia altro che potere e impiere il suo ventre, cos la femmina non crede che sia altro bene che di fare avere e di tenerlo. Perci che non si truova femmina che sia s semplice o s matta, che delle sue cose non sia molto tegnente e che non sia ingegnosa a torre laltrui. Anzi pi, chuna femmina semp[l]ice pi savia e scalterita in savere vendere una gallina, chun savissimo giudice inn una vendita dun gran castello. E anche niuna femmina si truova che ssi congiunga con tanto amore alluomo, chella non si peni con tutto suo ingegno d attingere tutta la sua sostanza, u questa regola si truova vera sanza alcuno fallo. Ancora, si truova ogne femina generalmente astiosa, perci che lla femmina sempre nella bellezza dellaltra arde dinvidia, e perdene ogne allegrezza. Anche pi che, sella ode molto lodare le bellezze della sua figliuola, a pena pu essere che lla fiamma della nvidia non larda dentro. E la molta inopia e la disordinata povert dellaltre femmine e delle sue vicine, s lle pare grandissima ricchezza, onde s credemo che l proverbio antico sanza alcuna eccetione per le femmine fosse detto, il quale disse: "Sempre negli altrui campi miglior biada, e la pecora del suo vicino magiore uvero". Ma ed a pena potrebbe incontrare che luna femina lodasse laltra di suo savere o di sua bellezza, ma se aviene chella la lodi laltra inn una cosa, incontanente la biasima inn unaltra. E per ci a ragione s seguita che lla femmina sia maldicola, perci che solo dalla nvidia e dallodio viene lo mal dire daltrui. N giamai vuole partire da ss la femmina questo vitio, anzi lo tiene molto caro. Neanche di lieve si pu trovare femmina che lla sua lingua perdoni giammai, o che ssi rimanga di dire mal daltrui. E di ci crede ogne femmina la sua fama acresciere in tutto e le sue lode, sella sovrasta di portare rea nominanza a laltre, la qual cosa mostra che nelle femmine sia molta poca discretione certamente. Perci cha tutti gli uomini del mondo manifesto, e quasi fermato da tutti per regola generale, che quelli sozza solo la sua fama, che dice male daltrui e a lui vergogna. N per ci le femmine si rimangono di mal dire, di portare ria nominanza a buoni, e per ci crediamo fermamente che sia da dire che niuna femmina per certo abia in s senno. Perch tutte quelle cose che savi sogliono avere illoro, le femmine non nno neente, perci chogne cosa mattamente credono, e sovrastanno a lodar lor medesime e tutti li altri contrari del senno s fanno, la

qual cosa sarebbe a noi grieve per ordine a dire. Anche ogne femmina si in s vitio di rapina, perci cogne femina non solamente agli altri, ma al suo marito che lle porti molto amore, s si sforza per ogne modo di toglierli tutti i suoi beni, e dach gli f tolti, di non farne bene a niuno. Perci che tanta lavaritia che segnoreggia nella femmina, chella non si crede fare contra la legie divina ed umana, sella aricchiscie di torre laltrui, anzi di non darne altrui; s crede la femmina che sia gran virtude che tutto quello ch di buono modo o di reo, di guardano con grande studio, e che ci sia da llodare per gli uomini come un buono fatto, e da questa regola non si ne eccetta niuna reina. 19. Anche, la femmina s mangia volentieri, perci cha niuna cosa si vergognerebbe, sella fosse sicura davere dilicato mangiare, n non potrebe avere tanta abondanza di cibo, se lla voglia del mangiare le tocca, chella si creda poter satiare, o chella voglia compagno alla tavola, e sempre vorrebe mangiare in luoghi remoti e molti ascosi, e molto volentieri suole mangiare non ad ora. Avegna chaltremente per natura la femmina sia molto avara e molto scarsa, ma tutto ci chavesse, in cotali leccardie consuma molto volentieri, n non fu veduta per alcun tempo alcuna femmina, sella fosse tentata di mangiare, chella non si narendesse. E tutto questo chaven detto potemo conosciere nella prima femina, ci fu Eva, la quale, avegna che dalla mano di Dio fosse plasmata sanza fatto duomo, neente meno temette di mangiare lo cibo vietato, per la ghiottorna del ventre s fu degna dessere cacciata del paradiso. Dunque, se quella femmina, la quale sanza pecato da mano di Dio fu fatta, non seppe costringere il vitio della gola, che sar dellaltre le quale lor madre le ngener con peccato e tuttavia stanno in pecato? Sia difinito, dunque, il cibo per generale regola, la qual cosa neente meno, cio il vitio della gola, troverai nella femmina, se starai a vedere lei mangiare inn una gran mensa. 20. Anche generalmente la femmina si truova vana, perci che niuna si truova chabbia promesso dess ere s ferma inn alcuna cosa, la quale per poche lusinghe dalcuno in poco tempo di ci non si muti. Perci che lla femmina si come cera menata, la quale sempr aparechiata di ricevere nuova forma, e che ssi muta per segno chaltri vi ponga suso. Neanche alcuna ti potrebbe sicurare per promessa, la cui volontade e proponimento non si muti in picciolo momento da quel chera promesso. N llanimo dalcuna femmina sta per una ora in istato, onde a ragione Marciano s dice: "Conforti di rompere le demorezze de vani e di coloro che non nno stabilitade". Dunque, giamai non sperare davere allegrezza della promessa della femmina, sia qual vuole, se ttu nolli prima apo te quella cosa. E imperci non si conviene servare quella leggie civile nella promessa della femmina, ma sempre verai aparechiato col sacco quando ti promette, perci che quel proverbio antico tocca alle femmine sanza alcun fallo, cio: "To via lindugi, ch sempre nuoce di dare indugio al fatto". 21. E anche tutte le femmine ci che dicono, s dicono doppio, perci che sempre nno una cosa in cuore e unaltra in parlare. Perci che niuno uomo potrebe essere in tanta dimestichezza colla femmina, o essere amato s da llei, che potesse sapere le sue credenze o conosciere quello chella dice. Perci che lla femmina non si confida in amico niuno e crede che ciascheduno la nganni, e per ci ella sempre sta in ingannare, e di tutto ci chella parla, una tiene in cuore e unaltra dice. Dunque non tatenere mai alla promessa della femmina, anche pi sella l ti giurasse, perci che lla femmina none fede niuna. Anche le tue credenze tienle a te e nolle manifestare giamai alla femmina, aci che llo ngannatore stea a pi dello ngannato e che lli togli via delle sue frode. Perci che Sansone, s come sa tutta gente, della sua fortezza, perci che non seppe celare le sue credenze a la femmina, s si truova scritto che fu preso da suo nimici per lo nganno delle parole delle femmine, e dach lebero preso, s llacecaro della vertude del corpo e degli occhi. Anche daltre femme assai sapiamo che lor mariti e lor amanti, perci che non sepono tenere le lor credenze celate dalle femine, fuor traditi da lloro in mal modo per parole. 22. Anche di ciascheduna femmina vitio di non essere obediente e di fare lo contrario, perci che in questo mondo niuna femmina vive che sia s savia o s acorta, saltri le vieta cosa niuna, chella non faccia lo contrario e che non si peni di farlo, cio: "Andiamo ove ci vietato e volemo le cose che non potemo avere". Anche si truova che fu un savissimo uomo, il quale avea una sua moglie che lla nodiava for misura, e che non vogliendola uccidere con sua mano, e sapiendo che lla femmina facea volentieri lo contrario, s tolse uno molto bel vasello e s vi mise entro vino molto buono e odoroso mescolato insieme con veleno, e disse alla moglie: "Dolcissima moglie, guarda che ttu non toccassi questo vasello, n anche non bere iniuno modo, perci chell cosa di veleno e contraria alla vita delluomo". Ma lla moglie, non curando quel che l marito lavea detto, non essendo egli molto dilungato, s asagi di quello chiera nel vasello e cos mor

incontanente di quel veleno. Ma perch diciamo noi questo, ch noi sapiamo magiore asemplo? Non fu dunque Eva la prima femmina, la quale fu fatta dalla mano di Dio magagnata di vitio di non ubidire. Certo s, ed anche ne perd la gloria da non poter morire, e per la sua cagione tutti quelli che non sono nati, si convengono morire. Se vuo dunque che lla femmina faccia cosa alcuna, comandile il contrario e farallo. 23 Anche, la femina vitio di superbia in s, perci che quando la femmina bene accesa di superbia nonn cosa s ria n s crudele, chella non facesse con sua mano, e non dicesse con la sua lingua legieremente. E salcuno, quandell adirata, la volesse fare stare in pace, indarno si nafatica, perci che saltri la legasse le mani e piedi e battessela duramente, di qualunque batitura fosse, nolla potrebe ritrarre di quello reo proponimento, n adumiliare la sua superbia. Ed anche per unassai picciola parola o cagione, anzi talora per niente, lira di catuna femmina sacende e crescie for misura, e non mi ricorda per niuno tempo chalcuno potesse vedere femina alcuna, la quale si sappia ristrignere dallira. E da queste regole alcuna femina si truova vietata. 24. Anche ogne femmina par chabia in dispetto laltre, la qual cosa si certo che viene da superbia, perci che niuno pu avere a dispetto laltro, se non fosse vitio di superbia. Anche ciascheduna femmina , altress la giovane come la vechia e quella ch di compiuta etade, si mette tutta sua possa di lisciarsi, la qual cosa mostra che vegna da superbia apertam[en]te solo il detto del savio il quale disse: "Lo liscio ch in tutto, viene dalla superbia della forma della femmina". Onde manifestamente s vedi che lle femmine non possono avere pienamente in loro buon costumi, perci che lla superbia, congiunta con buoni costumi, s gli sozza. 25. Anche fortemente catuna femmina vanagloriosa, perci che in questo mondo non si potrebbe trovare femmina veruna che sovrognaltra cosa non si diletti dessere lodata e che non creda ogne parola che ssi dice di s o pertenga a sue lode. La qual cosa si potrebe dire che fosse in Eva, la prima femmina, quandella mangi del cibo vietato, acci chella potesse possedere la scientia del bene e del male. Ed anche non si truova femmina che sia nata di s vil gente, che non dica chabia troppi buoni parenti e grandi, e che non siano nate di gran sangue, e chella non sia gran vantatrice. E queste sono quelle che lla vanagloria adomandano s come le sue cose proprie. 26. Anche ciascheduna femmina si truova bugiarda, perci che femina niuna non si truova chella non pensi dubidire, e chella non si vergogni di dirle. Perci che e per molta picciola cosa mente, fa [a]cendere mille saramenta, anzi pi che tutte le lor bugie singegnano di difendere con loro arte, e con coperte falsitadi usano di levare a laltre adosso ria boce. 27. Neanche luomo potrebe avere s manifeste pruove contra lle femmine, chella confessasse il suo male, saltri non llagiugnesse in quello male. 28. Anche ogne femmina ebra, cio che bee molto volentieri, perci che nonn niuna femmina che cento volte il die in caritade si vergogni di bere il buono vino colle sue comare. N niuna avr tanto bevuto, che saltri le profera bere chella rifiuti; ma l vino cercone e laceto, si l tiene per suo nimico, e bere lacqua s lle suole molto nuocere. Ma sella truova uno vino che non sia inaquato, vorebe perdere anzi molto del suo avere, chella non ne bevesse quanto il suo corpo vuole, onde nonn femmina veruna che spesse volte non ninebrei. Anche ogne femmina parla molto volentieri, perci che niun che sapia ristrignere la sua lingua da mal dire, e che tutto die non gridasse come cane quando latra, per uno uovo che perdesse, e che tutta la vicinanza non mettesse in ressa. Anzi pi, quandella sta con laltre, non vorebbe chalcun dicesse parola veruna se non pur ella, e che non si ricrederrebbe giamai di parlare la sua lingua o lo suo spirito, e che tutto die durerebbe a parlare. Anche spesse volte vedemo che molte femmine, che per lo molto disiderio chnno di parlare, stando sole, si muovono a parlare e parlano con espressa boce. E anche la femmina arditamente contrasta con parole a tutti, e vuole vincere tutte le sue prove, e giamai non si lascierebbe vincere di parole. 29. Anche niuna femmina sa ritenere alcuna credenza, perci che quantapri le dice che sia pi credenza e celato, cotanto pi si pena volentieri di dirlo a tutti. N non potti trovare infino al d dancoi alcuna femmina che quello che lle fosse posto in credenza il tenesse celato, avegna che quella fosse grandissima credenza, overo che per ci alcuno ne ricevesse morte. Perci che quando alcuno le pone veruna cosa in credenza, per certo par charda tutta dentro insino che noll manifestata a tutti, avegna che mal se ne seguiti. N questo vitio si pu torre della femmina quasi secondo la regola ch detta di sopra, cio : comanda loro le cose

contrarie, perci che ciascheduna femmina si diletta molto in dire nuove cose. Dunque, guardati di non manifestare loro tua credenza da ogne femmina. 30. Anche ogne femmina di questo mondo luxuriosa, perci che catuna femina, sia grande o gentile quanto vuole, se llasci chalcuno sia potente nellopera della luxuria, non rifiuta di giacere con lui, avegna che sia molto vile e misero. N nonn alcuno che sia s potente nellopera della luxuria, il quale anche potesse ricredere la luxuria di qualunque femmina sia. 31. Anche niuna femmina porta tanta fede allo suo amico od ami tanto suo marito, la qual nonn istesse con un altro amante, spetialmente saduce seco pecunia, overo per certo la luxuria della femmina con la molta avaritia si danna. E niuna femmina in questo mondo vive, che sia s ferma o che sia legata s di qualunque amore, se viene un altro amante e prieghila saviamente e spessamente di volere avere a ffare collei, che dopo lo molto priego spetialmente voglia dargli comiato o che nolli si dea in tutto al suo volere. E certo questa regola non si truova fallace in niuna femmina. [...] quella cotale, la qual posta in gran ricchezze o chabia onorevole amico, o chabbia buono marito, che voglia sodisfare alla volontade dun altro. Ma per ci questo vitio in ogne femmina, perch in loro molta luxuria. 32. E anche la femmina pronta a fare ogne male, perci che sia grande il male a suo senno in questo mondo, chella non facesse sanza ragione e per lieve cagione, e lanimo della femmina si muove a fare ogne male legierem[en]te per picciole lusinghe dalcuno. 33. Anche non femmina niuna in questo mondo, nonn imperadrice n reina, la qual non disponga tutta la sua vita in fare male, e che non creda in tutto sua mente mentre chessa vive aglindovini, e che ogne die non commetta molti mali per arte di nigromantia. Anzi pi, chella non fa niuna opera, che quandella la comincia non sapia s buono die o buona ora a cominciare. Anche non si mena moglie n non si fa mistiere di morti, ne non si semina, n non si muta casa, n non si comincia niuna altra cosa di nuovo, che prima non ne faccia fare augurio e che non sapruovi prima per fatta di femmina. Per la qual cosa il savissimo Salamone, cognosciendo tutte le malitie e le ret della femmina, s parl in genere di lor vitii e delle loro retadi, e disse: "Femmina niuna buona". Perch dunque, Gualtieri, i s gran voglia damare quello ch rio? 34. Certo la femmina non ama con buono cuore luomo, perci che niun che servi fede a marito o ad amico, e che lla sua fede non si muti per uno altro uomo. Perci che lla femmina non sa rifiutare oro n ariento overo alcuno altro dono, n non sa disdire quando alcuno le domanda sollazzi di suo corpo. Ma con ci sia cosa che ttu sappie che lla femmina non pu fare pi a spiacere, n tanto agravare lanimo del suo amante, come quando ella si d ad un altro, guarda quantella ama luomo con buon cuore, la quale per lavaritia delloro e dellariento si congiugne a luxuria ad un altro strano o ad un forestiere. N nonn cura di turbare cos lanimo del suo amante e di romperli la fede. Ma niuna femmina si pott anche s legare damore del suo amante, sella nonn proveduta da llui dalcuno dono, che non si mostri pi salvatica in dargli sollazzi, e che tosto non si parta da llui. A niuno savio, dunque, pare che ssi convegna dobrigarsi ad amore di femmina, perchella non ama s altrui come altri lei, ed provato come le femmina si danna per cos buone e per cotante ragioni, come avemo detto di sopra. 35. Anche per la settima decima ragione d altri inodiare lamore, perci che porta seco spessamente peso non iguale, e fa talora amare tal femmina che per niuno ingegno duomo la potrebe avere, perchella non sente in s altrettale amore, con ci sia cosa che llamore nolla punga. Nonn dunque di stare [al volere] di colui, lo quale ti costrigne dadomandare con gran disiderio quello che medesimo al postutto il ti fa vietare. Ma se llamore volesse essere iguale, costringerebbe gli amanti solo ad amare quello che incontanente, o dach nne fosse degno per servigio, ne serebbono amati daltrettale amore, ma certo, dach no l fae, la sua malitia da schifare. No dunque damare la compagnia di colui che tti mena a la battaglia e, dach cominciata, va dal lato de nimici e amaestra loro come si difendano. Non dunque, amico mio caro, ti conviene spendere li tuoi d nellamore, al quale avemo riprovato di sopra per cos aperte ragioni. Perci che s tti fa perdere la gratia di Dio e perdere ogne buono amico, e anche per ci non aquistarne puoi onore alcuno in questo mondo, e tti altress la buona nominanza, e per la sua rapina divora tutte le tue ricchezze, e da llui, com detto, si muove ogne male. Perch, matto, vuoli amare? O che bene dallamore potreste avere, che di tanti mali potesse ristorare? Anche quello che spetialmente speri davere lamore, cio chaltri ami s te come tu lui, s com detto di sopra, in niuno modo ne veresti ad effetto, perch iniuna fe mmina rende

simile amore. Dunque, se ci che nellamore ti porrai a studio di cercare diligentemente, s conoscierai apertamente che ciascheduno si tenuto con tutta sua possa di schifare lamore per ragione da non potere causare. 36. Isaminata dunque questa nostra dottrina sottilmente e con fede, la quale ti mandiamo scritta per ordine composta in questo libro, s tamaestra di due cose. Perci che nella prima parte di questo libro, volendo sodisfare alla tua semplice e fanciullesca domandagione, e perch non ci potessi di ci riprendere, ti mandiamo per ordine pienamente larte degli amanti, s come il tuo gran priego adomand, la quale, se secondo la sua dottrina vorrami usare e s come lo studio di questo libro ti mostrer, tutti li disideri del corpo avrai pienam[en]te, ma sarai fuori della gratia di Dio e della compagnia e dellamist de buoni uomini per giusta ragione, e la tua fama se nabasser molto, n lievemente potrai avere onore in questo mondo. Ma nellultima parte di questo libro, volendo anzi provedere a la tua uttulitade, s nagiugnemmo per la nostra propria voglia il trattato da riprovare lamore, e pienamente per ordine lo ti mandiamo scritto, aci che per aventura sopiri bene in questa vita, avegna che per niuno modo ladomandassi. Lo qual nostro trattato, se diligentemente vorrai cercare e porre a cci bene la tua mente, e la sua dottrina mettere in opera, conoscierai per aperta ragione che niuno dee ispendere male i suoi d nellamore, e di ci Dio nostro signore ser sempre teco in tutti tuoi fatti, e in questo mondo tandr ogne cosa a diritto, e tutti i tuoi onori e li giusti desideri ti veranno ad effetto e ne laltro mondo navrai gloria e vita eternale. 37. Prendi dunque, Gualtieri, la dottrina della tua salute che ttavemo apropiata, e lascia le vanitadi di questo mondo al postutto, aci, quando verr lo sposo a ffare le sue magior nozze e lo romore si lever la notte, che sia aparechiato allui con lampane ben fornite, e che possi entrare collui insieme alle nozze celestiale, n che non ti convegna nel tempo del bisogno andare caendo quello che tt mistiere quando non ti giovasse, e che non truovi le porte serrate quando andrai alla casa dello sposo, e che non possi udire in quel tempo la vergognosa boce. 38. Penati dunque, Gualtieri, davere sempre teco le lampane aparecchiate, cio davere le vestimenta della caritade e le buone opere. Stati anche a mente di veghiare tuttavia, acci che l subitano avenimento dello sposo non ti truovi morto in peccato. Anche ti guarda, Gualtieri, dosservare le comandamenta dellamore e s tte nafatica in vera pruova, ch quando verr lo sposo, s tti truovi vegghiare, n che fidandoti nella tua gioventude, il diletto di questo mondo ti faccia giacere nel sonno del peccato, e che non ti rendi sicuro del tardo advenimento dello sposo, perci, si come namaestra la parola medesima di quello sposo, non sapiamo n l die n llora. Qui finiscie il libro dellAmore, il quale si chiama lo Gualtieri, fatto da Andrea Cappellano. Dio gratia amen.

INDICE Dedica. Cominciasi il libro fatto per Andrea Cappellano, lo quale si chiama lo Gualtieri. 1. 2. Che cos amore. Che cosa sia lamore. 3. Amore passione. Per certo amore pena. 4. La passione damore viene da natura. Amore si pena che viene da natura. 5. Perch viene da natura. Qui si mostra come la pena vegna da natura. 6. Il fine del desiderio dellamante. A che fine vegna tutta la voglia dellamante. 7. Origine della parola "amore". Onde se derivi in questa parola Amore. 8. Effetto damore. Delleffetto dellamore.

9. Chi pu amare. Qua persone siano aconcie a potere amare. 10. Come sacquista amore. In che modo saquisti lamore. 11. Se il plebeo deve parlare a plebea. Come debbia parlare lomo del popolo alla donna del popolo. 12. Come il plebeo deve parlare a gentil donna. Come parli lo plebeo alla gentile donna. 13. Come il plebeo deve parlare a donna gentilissima. In che modo parli il plebeo alla gentilissima donna. 14. Come il gentil uomo deve parlare a plebea. Come parli lo gentil huomo a la plebea. 15. Come il gentil uomo deve parlare a gentil donna. Come parli lo gentile huomo alla gentile donna. 16. Come deve parlare luomo nobilissimo a plebea. In questo modo d parlare luomo pi gentile a la donna che sia di popolo. 17. Come deve parlare uomo nobilissimo a donna nobile. Come il pi gentile parli alla gentile donna. 17a Lettera a Maria di Champagne Lettera a la contessa di Campagna. 17b Risposta di Maria di Champagne La risponsione di quella lettera. 18 Come uomo nobilissimo deve parlare a donna nobilissima Come il pi gentile parli a la pi gentile. 19.Lamore dei chierici [Dellamore de cherici.] 20. Lamore delle monache [Dellamore delle monache.] 21. Lamore comprato. [Se per pecunia o per altro prezzo lamore si possa aquistare.] 22. Il concedersi facilmente. [Il concedersi facilmente.] 23. Lamore dei contadini. [Dellamore de lavoratori della terra.] 24. Lamore delle puttane. [Dellamore delle puttane.] LIBRO II 25. Come si mantiene lamore. [In che modo lamore aquistato si mantegna.] 26. Come lamore saccresce. [Come lamore si possa acresciere.] 27. Come lamore scema. [In che modo lamore menomi.] 28. Come conoscere quando lamore scema. [Di poter conosciere lamor cambiato.] 29. Come lamore finisce. [Come lamore vegna a fine.] 30. Quando un amante infedele. [Se luno amante rompe fede allaltro.] 31. Questioni damore. [Diverse questioni damore.] 32 Le regole damore. [Delle regole damore.] LIBRO III 33. Riprovazione di amore.

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