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XIV SEMINARIO URBINATE Polis e scienza 21-22 settembre 2007

SCIENZA E COSCIENZA TEOLOGICA


Alberto Strumia*

1. Premessa Il titolo Scienza e coscienza teologica, che mi stato assegnato, mi sembra particolarmente adatto a sintetizzare quanto ho in animo di proporre in questo mio contributo. Infatti mi piacerebbe se riuscir in qualche misura a farlo introdurre la questione a partire da due approcci metodologici che considero in certo qual modo complementari, e mostrare la loro possibile convergenza: per primo introdurrei, capovolgendo lordine, quello che nel titolo figura per secondo, cio lapproccio alla coscienza teologica a partire dalla quale leggere poi la vicenda scientifica; e per secondo lapproccio alla scienza, secondo quegli aspetti fondazionali che emergono, pi o meno lucidamente nella riflessione epistemologica degli scienziati, come unistanza interna e sottolineo limportanza di questo essere interna allo stesso metodo scientifico (cio non introdotta surrettiziamente e in qualche modo moralisticamente dallesterno), quando questo metodo viene 5correttamente condotto. Mi sembra esserci un obiettivo comune ai due approcci il cui perseguimento proposto allattenzione intelligente e alla libera ricerca dei soggetti dei diversi campi del sapere (scientifico, sociologico, psicologico, filosofico, teologico, ecc.) e conseguentemente dellagire, come una provocazione ad intellettuali credenti (teologi inclusi) e non credenti, a riconoscere e ad affrontare razionalmente quelle questioni che sono imprescindibili e urgenti per tutti. su queste problematiche, credo, che si possa e si debba lavorare a livello disciplinare e interdisciplinare, andando oltre pregiudizi e schieramenti. Per fissare almeno operativamente i termini del discorso preciso subito che: per coscienza teologica intender non tanto lopinione, o la tesi di uno o di qualche teologo, quanto la consapevolezza che la Chiesa ha di se stessa cos come il suo Magistero la esprime, e la conseguente capacit e volont di impegnarsi nella lettura di alcune questioni fondamentali per la vita degli uomini; e in particolare nel confronto con la scienza, sia come teoria che nelle sue implicazioni pratiche, sia a partire da categorie strettamente teologiche (lettura sapienziale, che richiede la fede) che da categorie filosofiche (lettura culturale, che impegna di per s solo la ragione), purch non siano in contrasto con la Rivelazione e la Tradizione;1 da questa posizione del
Dipartimento di Matematica dellUniversit di Bari Dipartimento di Teologia Sistematica della Facolt Teologica dellEmilia Romagna. Il possibile ampliamento alle religioni comporterebbe un pi ampio affronto della coscienza religiosa, cio della coscienza che esse hanno di se stesse e andrebbe al di l di ci che propriamente si dice teologico, in quanto basato sulla Rivelazione giudaico-cristiana e sulla tradizione della Chiesa. Base comune del dialogo interreligioso deve essere comunque
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Magistero derivano poi necessariamente anche delle richieste/proposte rivolte esplicitamente ai teologi; per scienza intender una forma di conoscenza che procede con metodi dimostrativi dal punto di vista logico e, quando si richieda, documentabili dal punto di vista sperimentale;2 una nozione di scienza entro la quale colloco anche la scienza come oggi la intendiamo, sia nella sua versione di scienza logico-formale (come la matematica) che in quella di scienza osservativa (come le scienze della natura), e anche quella scienza sui generis, per la sua natura di disciplina fondata su un dato rivelato e sulla tradizione, che la teologia. Vorrei ora procedere secondo il seguente ordine: In primo luogo fare alcune osservazioni sullapproccio della coscienza teologica secondo il Magistero recente (2.1); In un secondo momento vedere come il Magistero, in particolare con Giovanni Paolo II, si servito della chiave di lettura che emerge da tale coscienza teologica per accostare la questione intorno alla scienza (2.2); Successivamente accennare al percorso epistemologico e metodologico che si riscontra oggi nellambito delle scienze, con le sue istanze logico-metafisiche (3); Infine accennare alla provocazione epistemologica, che emerge dalla stessa coscienza teologica espressa dal Magistero, nei confronti della teologia (4). 2. Lapproccio della coscienza teologica 2.1. IL MESSAGGIO FILOSOFICO DEL MAGISTERO RECENTE Il recente Magistero della Chiesa, soprattutto quello pontificio di Giovanni Paolo II prima, e di Benedetto XVI ora, non si limita a trattare problematiche che sono di interesse solo per chi credente, in quanto esclusivamente attingibili presupponendo la fede teologale, ma ormai particolarmente impegnato con le grandi questioni filosofiche.3 E questo perch una risposta relativista, in qualche modo agnostica, o scettica a queste ultime non solo finirebbe per rendere impossibile una vera fede, cattolicamente intesa,4 e una vera teologia, in quanto negherebbe la capacit della ragione di conoscere qualcosa di reale e oggettivo (vero), e quindi la stessa filosofia come forma di conoscenza (questa stata sempre una preoccupazione del Magistero in vista di un corretto rapporto tra ragione e fede, tra filosofia e teologia), ma finirebbe per compromettere la stessa vivibilit della societ degli uomini e la loro
la ragione. Sulla questione della ragione e del dialogo interreligioso si veda il celebre discorso di Benedetto XVI a Regensburg (12.9.2006). Alcune delle tematiche riguardanti la natura della religione e le condizioni del dialogo sono state affrontate, da parte mia, nello studio Che cos una religione. La concezione di Tommaso dAquino di fronte alle domande odierne, Cantagalli, Siena 2006. Segnalo per una messa a fuoco filosofica della nozione di religione anche lo studio di P.J. DOUGHERTY, The Logic of Religion, The Catholic University of America Press, Washington D.C. 2003 (tr. it. Cantagalli, Siena 2007). Prendo qui i termini dimostrativo e documentabile nel senso comunemente accettato in ambito scientifico rinviando agli studi epistemologici specifici per un unanalisi approfondita. In effetti il Magistero fin dai primi secoli si occupato di questioni filosofiche, ma lo ha fatto principalmente in relazione al rapporto tra fede e ragione e tra filosofia e teologia. Una lettura della storia di questo rapporto nei suoi nodi fondamentali stata riproposta nei nostri anni in Fides et ratio, cap. IV. Cio concepita come atto-abito dellintelletto mosso dalla volont e dalla Grazia, e non ridotta a semplice salto nel buio volontaristico, emozionale, sentimentale e ultimamente senza ragioni e senza motivi di credibilit (cfr. TOMMASO DAQUINO, De veritate, q. 14 De fide).
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vita individuale (e questa una preoccupazione che si accentuata particolarmente nel Magistero recente5 che si rivolge con determinazione particolare a tutti gli uomini). La vera novit, se cos possiamo chiamarla, del Magistero recente sta nellavere evidenziato con particolare insistenza, rivolgendosi perci a tutti gli uomini, questo secondo aspetto del nesso inevitabile tra alcuni nodi teorici (filosofici: epistemologici ed etici) e la concreta vivibilit o invivibilit della stessa esistenza individuale e sociale nella comunit umana (casa, citt, nazione, mondo globale). In tal modo il riferimento a determinati contenuti di conoscenza e a determinati valori etici non pu essere pi percepito come richiamo esterno, facoltativo e moralistico espresso da unautorit (che pu essere riconosciuta o meno), ma entra a far parte di un giudizio sui fatti della storia presente e sulla natura delle cause di alcune delle sue contraddizioni pi rilevanti. Si tratta di un modo di leggere la storia odierno e credibile che Giovanni Paolo II ha in un certo senso inaugurato, introducendo un modo di proporre il Magistero che lo ha liberato da quello stile un po distante e asettico di un tempo, rendendolo pi afferrabile come significativo per luomo di oggi. E Benedetto XVI sta proseguendo nella stessa strada ponendo la questione della ragione come base per il dialogo a tutti i livelli (interumano, interreligioso, interculturale, politico-internazionale, ecc.). In sintesi il messaggio chiaramente lanciato dal Magistero odierno duplice: 1. da un lato esso si impegna su un giudizio storico che constata la progressiva diminuzione del grado di vivibilit della presente societ degli uomini (secondo le diverse forme in cui essa si attua in Occidente e in Oriente, al Nord e al Sud, in un mondo globalizzato), sia a livello individuale che comunitario;6 2. dallaltro lato esso afferma che questa perdita di vivibilit da riconoscere come effetto di una causa e non n casuale n ineluttabile.7 Lavere rimosso alcuni fondamenti filosofici quindi di ragione e solo per accidens anche di fede alla base della cultura che regge la societ degli uomini, ne ha determinato la progressiva minore vivibilit. Tali fondamenti filosofici sono una condizione necessaria quindi indispensabile, anche se evidentemente non sufficiente: la loro attuazione rimane comunque affidata alla libera scelta delluomo (volont) oltre che alla sua capacit di ri-conoscerli (intelletto, ragione); dalla sola conoscenza non segue socraticamente lautomatica scelta del bene! Tali presupposti filosofici, di ordine logico, metafisico, etico sono stati considerati ingenui (e non senza ragioni al tempo di una scolastica decadente e inefficace) e quindi non accettabili dal pensiero moderno e perci, alla fine respinti: tuttavia oggi si pu constatare esperienzialmente come il loro venir meno sia alla base di una crisi globale della convivenza
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Per recente intendo principalmente il Magistero da Giovanni Paolo II ad oggi.

il giudizio che, sorprendendo il mondo, Giovanni Paolo II ha espresso fino dalla sua prima enciclica, la Redemptor hominis affermando che luomo, pertanto, vive sempre pi nella paura (n. 15) e descrivendo e analizzando fenomenologicamente la condizione delluomo nel mondo odierno, facendo leva sulla comune constatazione esperienziale che di ogni uomo e non sulla precettivit etica della fede che interpella solo il credente. Questo modo di leggere e giudicare la storia proseguito per tutto il suo Magistero e in particolare nelle sue encicliche sociali. Possiamo riconoscere nella sua formazione filosofica fenomenologica, questa inclinazione a leggere lesperienza non fermandosi per ad un livello materialista che fa riferimento alle sole strutture, come fa lanalisi marxista, propria del regime in cui egli ha vissuto la sua giovinezza e prima maturit ma attingendo alla metafisica e allantropologia e alletica aristotelico-tomista per individuare le vere cause dei problemi e indicare le vie necessarie in vista di una loro soluzione. Lindicazione del Magistero immediatamente successiva al giudizio quella dellinterrogarsi sulle cause di questa situazione di invivibilit: Deve nascere, quindi, un interrogativo: per quale ragione questo potere, dato sin dallinizio alluomo, potere per il quale egli doveva dominare la terra si rivolge contro lui stesso, provocando un comprensibile stato dinquietudine, di cosciente o incosciente paura, di minaccia, che in vari modi si comunica a tutta la famiglia umana contemporanea e si manifesta sotto vari aspetti? (ibidem).
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civile tra gli uomini e dello stesso equilibrio esistenziale della persona. Dunque, secondo lindicazione del Magistero, essi vanno opportunamente e adeguatamente ritrovati: in un primo momento almeno assunti come ipotesi provvisoria sulla quale fondare la convivenza umana (per una sorta di necessit di fatto: nelle emergenze si superano le divisioni di qualsiasi natura e si pensa ai soccorsi), in un secondo momento fondati teoreticamente in forma non ingenua, ma rigorosa, diciamo pure scientifica. Aggiungerei che proprio il metodo scientifico oggi ha qualcosa da dirci in proposito. Mi soffermer su questo, in seguito, affrontando lapproccio della scienza (cfr. infra, 3). In particolare le grandi questioni fondazionali evidenziate dal Magistero e proposte urgentemente allattenzione degli intellettuali, come pure dei governanti e dei legislatori, e di tutti gli uomini sono almeno due: 1. quella di una corretta concezione della ragione e con essa della verit (sul piano teoretico);8 2. e quella della legge morale naturale (sul piano pratico), non di rado divenuta desueta anche negli ambienti cattolici, e i loro mutui intrecci.9 Sono temi, evidentemente, troppo importanti per essere considerati solo come oggetto di discorsi alla moda (un vezzo che rappresenta sempre una tentazione per gli intellettuali e perfino per i teologi che vogliano essere politicamente corretti e sempre alla ribalta) e che richiedono, al contrario, di essere accostati molto seriamente, in particolar modo da coloro che lavorano negli ambiti universitari, della ricerca e della trasmissione del sapere.10 Se non si recuperano questi fondamenti il dialogo oggi tanto auspicato tra popoli, religioni, culture, ecc. finisce per bloccarsi, e la stessa democrazia11 diviene di fatto sempre pi formale, apparente, ultimamente inattuabile In particolare la coscienza teologica espressa dal Magistero afferma alcune verit che, pur essendo state anche rivelate, sono raggiungibili pure per via razionale e invita gli uomini di cultura a ritrovarle in certo modo scientificamente oggi.12 Scientificamente
La questione della ragione ricollocata al centro dellinsegnamento filosofico del Magistero dalla Fides et ratio di Giovanni Paolo II divenuta uno dei temi centrali con Benedetto XVI a partire discorso di Regensburg, divenuto famoso quasi pi per le polemiche pretestuose che ha involontariamente suscitato che per il valore dei suoi contenuti. significativo rilevare come questo collegamento tra vivibilit, verit e legge naturale fosse emerso con largo anticipo nel pensiero di alcuni intellettuali dellEst europeo che facevano capo a Charta 77, proprio a partire dalla esperienza di una societ invivibile. Ad esempio, sulla verit: Finch lapparenza non viene messa a confronto con la realt, non sembra unapparenza, finch la vita nella menzogna non viene messa a confronto con la vita nella verit, manca un punto di riferimento che ne riveli la falsit. Ma appena di fronte allapparenza si presenta unalternativa, necessariamente la mette in discussione in quello che , nella sua essenza e integralit. In genere non conta quanto grande lo spazio che lalternativa occupa; la sua forza non sta nel suo lato fisico, ma nella luce che getta sui pilastri del sistema e con cui illumina le sue traballanti fondamenta. Nel sistema post-totalitario, quindi, la vita nella verit non ha solo una dimensione esistenziale (restituisce luomo a se stesso), noetica (rivela la realt com) e morale ( un esempio), ma ha anche una dimensione politica (V. HAVEL, Il potere dei senza potere, ed. CSEO, Bologna 1979, pp. 28-29). Sulla legge naturale: La critica mossa dai dissidenti al potere comunista sidentifica anzitutto con la riscoperta della questione del diritto naturale e della natura umana (V. BELOHRADSKY, Il mondo della vita: un problema politico. Leredit europea nel dissenso e in Charta '77, Jaca Book, Milano 1981, p. 16).
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Si veda ad esempio anche il richiamo contenuto nel discorso di Benedetto XVI allUniversit di Pavia (22.4.2007).

Sul tema delle condizioni culturali della democrazia gi J. Maritain aveva compiuto, a suo tempo, unapprofondita riflessione in numerose delle sue opere. Il tema ritornato a farsi particolarmente presente, in anni recenti, nel Magistero con la riproposizione vigorosa della dottrina sociale della Chiesa da parte di Giovanni Paolo II (cfr. ad es. Centesimus annus, n. 46).
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Si ripresenta qui la distinzione tomistica tra revelatum per se e revelatum per accidens (cfr. ad es. III Sententiarum,

parlando esse possono essere considerate al momento, almeno provvisoriamente, come ipotesi di lavoro irrinunciabili (un tempo si sarebbe detto evidenti), la cui validit potr almeno essere corroborata dallesperienza e, col tempo, meglio giustificata anche teoricamente. Credo che, ai nostri giorni, il punto di incontro tra gli uomini di scienza e di cultura, su questi temi debba esserev oggetto di una riflessione razionale possibile e comune a tutti, indipendentemente dalle convinzioni ideologiche o religiose. Si tratta di compiere un lavoro di risanamento della ragione come ragione.13 Va detto, per inciso, che in questo il patrimonio della tradizione filosofico-teologica cristiana ha, obiettivamente, un contributo unico da dare anche per orientare la ricerca razionale filosofico-scientifica ad identificare/dimostrare alcune ipotesi/tesi irrinunciabili allinterno dello statuto epistemologico proprio di ciascuna disciplina.14 Tuttavia la questione della difesa della ragione, e del suo risanamento, oggi, non pi solo un problema dei teologi, dei filosofi credenti,15 o pi in generale dei fedeli che intendono mantenersi in linea con il Magistero della Chiesa, ma un problema in qualche modo scientifico: la domanda se e come la verit possa tornare ad essere scientifica.16 Dopo la parabola (ascendente e discendente) del rapporto tra fede e ragione (come abito e facolt umani), e quindi tra teologia e filosofia (come discipline), descritto, nei suoi passaggi principali, da Giovanni Paolo II nel IV capitolo della Fides et ratio, la ragione, e con essa la filosofia esce rinunciataria, relativista e nichilista.
Conseguenza di ci stato loffuscamento della vera dignit della ragione, non pi messa nella condizione di conoscere il vero e di ricercare lassoluto.17

E la fede, e con essa la teologia, ne risentono di conseguenza, divenendo inevitabilmente pi fideiste e quindi meno cattoliche. Benedetto XVI, fino dal tempo in cui era cardinale, aveva focalizzato la questione della crisi della ragione e quindi della filosofia e della cultura del nostro tempo, affermando che
Questo relativismo, che oggi, quale sentimento base della persona illuminata, si spinge

d. 24, q. 1, a. 2b, co) ripresa anche dalla costituzione Dei filius del Vaticano I. Una delle funzioni della fede, e non tra le pi irrilevanti, quella di offrire un risanamento alla ragione come ragione, di non usarle violenza, di non rimanerle estranea, ma di ricondurla appunto nuovamente a se stessa (J. RATZINGER, Fede, Verit, Tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena 2003, p. 142). Ho discusso questa affermazione con alcune delle sue conseguenze nel mio articolo La fede e il risanamento della ragione come ragione, Divus Thomas, vol. 40 (2005), p. 155-178.
14 Mi pare sia questo il senso dellaffermazione dellallora card. Ratzinger riportata per esteso nella nota precedente. Vorrei aggiungere che bene tenere presente che questo duplice modo di procedere, che considera un procedimento interno e uno esterno ad un certo ambito cognitivo (fede/ragione) e disciplinare (teologia/filosofia-scienza), non esclusivo del rapporto fede/ragione, teologia/filosofia, quasi fosse una sorta di scappatoia ad hoc per inventare una soluzione artificiosa ad un problema impossibile, ma un metodo del tutto normale anche nellambito scientifico. Nellantichit Archimede testimonia come, attraverso esperimenti di meccanica (cio esterni allambito della matematica che non sperimentale ma logico-formale) fosse riuscito ad intuire alcune propriet geometriche dei corpi, che poi avrebbe dimostrato con il metodo deduttivo proprio della geometria (cio con un procedimento interno a quella disciplina). Molto pi tardi Newton giunse ad inventare il calcolo integrale (interno alla matematica) in quanto gli era suggerito come necessario per risolvere le equazioni del moto dei pianeti (problema di astronomia, esterno alla matematica). La stessa teoria degli insiemi di Cantor rappresenta una sorta di importazione, entro la matematica, di una nozione quella di insieme che ha un carattere ontologico ben pi ampio di quella di numero (ivi, p. 164.). 13

Forse questa era la prospettiva entro la quale una problematica simile si propose nel secolo scorso al tempo in cui si dibatteva sulla possibilit e sullimportanza di quella che allora veniva chiamata filosofia cristiana. La differenza principale tra quellepoca e i nostri giorni sembra risiedere almeno in due aspetti: luno sta nel fatto che oggi alcuni fondamenti si presentano come indispensabili a garantire la stessa vivibilit della societ, e laltro nel fatto che alcune problematiche filosofiche fondazionali stanno emergendo, pi che nellambito della filosofia, in quello delle discipline scientifiche un tempo considerate dure e refrattarie ad ogni problematica di tipo metafisico, ma ora non pi tali.
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J. RATZINGER, Fede, Verit, Tolleranza, cit., p. 201. Fides et ratio, n. 47.

ampiamente fin dentro la teologia, il problema pi grande della nostra epoca.18

Ma questo stato per lungo tempo un problema che veniva considerato principalmente come interno al solo mondo cattolico e che non riguardava pi di tanto n la sfera della cultura civile, n tanto meno il mondo della scienza che potevano procedere senza occuparsene. La sfera civile si poteva reggere senza porre la questione della ragione e della verit oggettiva (dandola in qualche misura per scontata come uneredit comune che si stava per esaurendo progressivamente, ma di questo esaurirsi non ci si preoccupava pi di tanto): o perch lideologia, fosse atea o rivestita di una copertura religiosa, imposta con la forza di un potere coercitivo ne sostitutiva le argomentazioni (nelle aree rette da regimi totalitari atei o teocratici), prendendo il posto della verit; o perch le regole di una democrazia sempre pi basata sulla captatio del consenso sembravano sufficienti a sostituire quelle argomentazioni (nelle aree dei paesi liberi) rimpiazzando la verit con lopinione della maggioranza e con la convenzione sociale.19 In entrambi i casi, comunque, veniva negata esplicitamente o tacitamente la possibilit di una oggettivit della verit attingibile dalla ragione (sul piano della conoscenza), e della natura delluomo (sul piano dellessere). In mancanza di una tale oggettivit, riconoscibile almeno in alcuni aspetti come comune a tutti, questa veniva sostituita con il surrogato della oggettivazione ideologica (nel primo caso) o democraticamente consensuale (nel secondo caso). E questo sembrava poter essere sufficiente a garantire, pi o meno accettabilmente, la vita degli uomini e dei popoli. Certo gli eccessi delle dittature apparivano condannabili; cos come leccessiva sregolatezza delle democrazie troppo permissive non sembravano giovare del tutto alla loro stabilit, ma in qualche modo si andati avanti. E lo si potuto fare, almeno nel mondo occidentale cristianizzato, grazie ad uneredit non ancora del tutto consumata, che era insieme debitrice, alla filosofia greca e alla teologia medioevale, di una consuetudine ad una concezione e ad un uso della ragione penetrata nella cultura e connaturale ai costumi dei popoli; e debitrice al diritto romano che aveva evidenziato, con Cicerone, la legge naturale come fondamento del diritto. Ed proprio la legge naturale il secondo grande pilastro che insieme a quello della verit deve essere recuperato per risanare la ragione sia nella
18 J. RATZINGER, Fede, Verit, Tolleranza, cit., p. 75. Per inciso, vale la pena aggiungere che una conseguenza del relativismo filosofico anche quel relativismo religioso che porta a ritenere che una religione vale laltra (Redemptoris missio, n. 36; Dominus Iesus, n. 22). Sulla questione del relativismo il Magistero di Giovanni Paolo II si soffermato in un centinaio di diverse occasioni. Basti citare per tutte: Pastores gregis, n. 68; Ecclesia in America, n. 53; Fides et ratio, nn. 5 e 80 e specialmente Ecclesia in Europa, nn. 10, 55 e 76. 19 Come chiarisce R.M. Pizzorni, si tratta di un minimum etico condiviso dallintero corpo sociale; ma cos si ha un diritto delle regole, e un diritto dei valori, che pu definirsi diritto debole, da alcuni ritenuto lunico possibile nelle societ dalle molte etiche, proprio perch non farebbe scelte valoriali che si basano sulla legge naturale scritta nella natura delluomo e delle cose. Ma cos le norme delle varie convenzioni non sono compiutamente giuridiche, ma piuttosto dichiarazioni di buone intenzioni (R.M. PIZZORNI, Diritto, morale, religione. Il fondamento etico-religioso del diritto secondo San Tommaso dAquino, Urbaniana University Press, Citt del Vaticano - Roma 2001, p. 301). E gi J. Maritain che pure guardava con speranza a questa via di convergenza pratica che partiva da un accordo minimo tra i popoli osservava, allinizio degli anni cinquanta del XX secolo, che questo senza dubbio molto poco, lultimo rifugio dellaccordo intellettuale fra Uomini (J. MARITAIN, Luomo e lo stato, Vita e pensiero, Milano 1981, p. 91).

sua dimensione teoretica che pratica, secondo lindicazione del Magistero.20 2.2. LAPPROCCIO DEL MAGISTERO RECENTE ALLA SCIENZA Abbiamo gi rilevato come prima del Vaticano II lattenzione del Magistero si dovuta concentrare, per ovvi motivi storici e dogmatici, sui problemi del rapporto fede-ragione piuttosto che sul tema delle scienze.21 Per quanto riguarda il tema della scienza in senso stretto, possiamo osservare che nei testi del Magistero precedenti a Giovanni Paolo II, compresi quelli del Vaticano II,22 si notano almeno tre atteggiamenti: 1. un atteggiamento di meraviglia che attraverso i risultati delle scienze viene destato nel credente: a. di fronte al creato per il suo ordine governato da leggi perfette e belle e quindi alla sapienza ordinatrice di un Creatore al quale esse ragionevolmente rimandano; e b. di fronte alluomo che stato reso capace, dal medesimo Creatore, di scoprirle e utilizzarle ad un livello cos sorprendente; 2. un atteggiamento di attenzione etica, preoccupata dalle conseguenze sulluomo e sul creato dellazione delluomo che si serve della tecnologia che la scienza gli consente di realizzare, sia in ordine alle applicazioni che alla stessa ricerca. In conseguenza di questa preoccupazione emerge 3. un atteggiamento di auspicio che vi sia un cammino concorde di scienza ed etica, e un dialogo maggiormente disteso tra scienza e fede. Con Giovanni Paolo II inizia ad esplicitarsi con sistematicit un lavoro di raccordo tra letica e lepistemologia, tra lantropologia e la metafisica, a partire dalla lettura delle contraddizioni dellesperienza delluomo e della societ. Si tratta di una sistematica applicazione di un metodo, che diviene con lui proprio del Magistero, che parte dalla lettura fenomenologica dellesperienza per interpretarne le contraddizioni come effetti inevitabili di cause concorrenti a produrli, che risiedono nei principi teorici. Egli ha aperto e percorso, in questi anni, una strada che ci consente di leggere adeguatamente il cammino delle scienze odierne e della riflessione epistemologica e

Cfr. BENEDETTO XVI, Messaggio per la giornata mondiale della pace. 1 gennaio 2007, dato l8 dicembre 2006. Inoltre un documento del Pontificio consiglio per i testi legislativi, cos si esprime: Si potrebbe dire che lintero Magistero sociale della Chiesa nel XX secolo stato guidato soprattutto dalla necessit di difendere le coscienze dei cristiani e dellintera umanit contro due grandi utopie ideologiche diventate anche sistemi politici su scala mondiale: lutopia totalitaria della giustizia senza libert e lutopia libertaria della libert senza verit. Ha detto, infatti, il Papa: Totalitarismi di opposto segno e democrazie malate hanno sconvolto la storia del nostro secolo (Giovanni Paolo II, discorso al mondo della cultura nellUniversit di Vilnius, 5 settembre 1993). La prima utopia e con essa i sistemi politici che in varie forme lavevano incarnata in Europa ormai in via di declino e di estinzione, ma non senza aver lasciato dietro di s un immenso ammasso di rovine spirituali e sociali. La seconda utopia, invece, quella della libert senza verit, purtroppo in fase di crescente espansione. Per essa, maturata nellhabitat filosofico dellilluminismo e del relativismo agnostico, non la verit oggettiva che assicura la legalit morale e la razionalit giuridica della norma o delle esperienze biomediche, ma soltanto la verit relativa o convenzionale, frutto pragmatico del compromesso statistico o politico, o addirittura del puro interesse economico (Pontificio consiglio per i testi legislativi, L'umanit al bivio, 15.11.2006, III). Rimane esemplare il testo del cap. 3 della costituzione dogmatica Dei Filius del Concilio Vaticano I gi citata. Si tratta di un tema che tuttora fondamentale (basti ricordare la gi menzionata enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II) e preliminare anche ad ogni discorso sulla scienza. Anche se con il Vaticano II, nella Gaudium et spes, emergono temi pi ampi in ordine alla questione dellautonomia relativa delle realt terrene e quindi delle scienze e anche alle grandi questioni etiche e sociali legate alla scienza.
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sociologica su di esse. Il suo metodo consiste nel tenere presenti contemporaneamente gli aspetti esterni e quelli interni alle scienze e le loro reciproche connessioni. Il suo insegnamento su tali tematiche: dallesterno della scienza a. parte dal dato dellesperienza, al livello sia personale che sociale b. e giunge a rintracciare i nodi teorici delle contraddizioni rilevate nellesperienza. Dallinterno di essa suggerisce di individuare quei problemi di ordine logico e fondazionale che finiscono per bloccare lo stesso svilupparsi delle teorie scientifiche, indicando i limiti intrinseci del modello di razionalit finora considerato valido e ricercando una via costruttiva di una razionalit pi ampia, aperta anche ad una dimensione che possa trascenderla, come quella della fede. E in questa linea sta procedendo anche Benedetto XVI. Se il percorso che parte dallesterno , in certo senso una via negativa, e solo sintomatica di uno stato di disagio che non riesce per a sanare, il percorso che parte dallinterno invece positivo, nel senso che si propone di essere costruttivo di questa nuova razionalit e non appena indicativo di ci che non va. La via esterna, per quanto riguarda la scienza, percorsa soprattutto nel Discorso a scienziati e studenti, pronunciato a Colonia il 15 novembre 1980, che costituisce un punto di riferimento anche per altri discorsi successivi del pontificato di Giovanni Paolo II su questo argomento.23 La via interna comincia ad apparire pi esplicitamente in alcuni testi pi recenti, anche perch di questi ultimi anni una riflessione epistemologica che mostra pi evidenti segni di apertura in tal senso. Sembra che, ultimamente, latteggiamento antimetafisico cominci ad incrinarsi e a cedere (e non come via di fuga irrazionalistica), proprio per le necessit intrinseche allo sviluppo ulteriore dello stesso metodo scientifico. E questo costituisce un elemento di novit di notevole rilievo, anche se per ora interroga da vicino solo i settori pi innovativi della ricerca scientifica e non intacca, almeno apparentemente, i settori pi tradizionali che vivono in qualche modo di rendita secondo unepistemologia riduzionista e chiusa. 2.2.1. Il problema della tecnica in quanto scienza applicata Innanzitutto nel discorso di Colonia viene operata una distinzione di principio tra scienza pura e scienza applicata (tecnica), a differenza di molta epistemologia contemporanea che, sulla scia del relativismo, ha negato alla scienza un valore conoscitivo, riducendo la scienza anche pi astratta ad una tecnica teorica per la manipolazione di dati e numeri che servono solo a fare previsioni e costruire macchine, ma non a conoscere nel senso di spiegare e comprendere luniverso nelle sue reali cause. Il discorso identifica poi due livelli di crisi: uno riguardante la scienza come tecnica e laltro riguardante la scienza come teoria e stabilisce una precisa connessione tra di

Nel seguito far liberamente riferimento anche al capitolo intitolato La sfida della verit nel mio studio Luomo e la scienza nel magistero di Giovanni Paolo II, Piemme, Casale Monferrato, 1987, rielaborato anche nel successivo Le scienze e la pienezza della razionalit, Cantagalli, Siena 2003.

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essi.24 Lattuale crisi di legittimazione della scienza trae la sua origine dallavere identificato lo scopo esauriente della scienza, come tale, con lopera tecnologica. In questa opzione utilitaristica sono contenute implicitamente due prese di posizione: luna etica, laltra epistemologica. Sul piano etico:
Se la scienza intesa essenzialmente come un fatto tecnico, allora la si pu concepire come ricerca di quei processi che conducono ad un successo di tipo tecnico (n. 3)

e, puntando su una logica che identifica il successo tecnico con il valore per luomo, si portati ad identificare il bene con ci che tecnicamente possibile. Sul piano epistemologico si assume che
Come conoscenza ha valore quindi ci che conduce al successo. Il mondo, a livello di dato scientifico, diviene un semplice complesso di fenomeni manipolabili, loggetto della scienza una connessione funzionale, che viene analizzata soltanto in riferimento alla sua funzionalit. Una tale scienza pu concepirsi soltanto come pura funzione. Il concetto di verit diventa quindi superfluo, anzi talvolta viene esplicitamente rifiutato. La stessa ragione appare, in definitiva, come semplice funzione o come strumento di un essere che trova il senso della sua esistenza fuori della conoscenza e della scienza, nel migliore dei casi nella vita soltanto (ibidem)

in una dimensione che viene catalogata come istintiva, sentimentale, comunque irrazionale. E in questa dimensione irrazionale vengono collocate le questioni pi importanti come quella del significato, dello scopo delle cose e della vita e del fondamento della conoscenza e cos via. Di conseguenza si rileva come non solo la scienza, ma tutta
La nostra cultura, in tutti i suoi settori, impregnata di una scienza, che procede in modo largamente funzionalistico (ibidem).

A questo punto del discorso viene stabilito anche il raccordo tra laspetto etico che riguarda lo scopo della scienza e quello epistemologico che riguarda il suo valore conoscitivo e questo il nodo centrale. Si passa in tal modo dal problema della tecnica, in quanto scienza applicata, alla considerazione del problema della scienza come teoria e forma di conoscenza. 2.2.2. Il problema della scienza in quanto teorica La chiave di volta che sta al centro e raccorda lanalisi della scienza come tecnica con la questione dei presupposti epistemologici della scienza come teoria, sta nellinevitabilit del nesso tra la posizione convenzionalitstica e utilitaristica, che nega la nozione classica di verit oggettiva e leitca del successo come scopo ultimo della scienza basata sul principio secondo il quale bene tutto ci che tecnicamente possibile. La prima finisce per negare alla scienza la possibilit di accedere a qualunque forma di conoscenza di verit e di conseguenza anche la sua autonomia e libert rispetto al potere, e la
24 La trasformazione del mondo a livello tecnico apparsa a molti come il senso e lo scopo della scienza. Nel frattempo accaduto che il progredire della civilt non sempre segna il miglioramento delle condizioni di vita. Vi sono conseguenze involontarie ed impreviste, che possono diventare pericolose e nocive. Io richiamo soltanto il problema ecologico, sorto in seguito al progredire dellindustrializzazione tecnico-scientifica. Nascono cos seri dubbi sulla capacit del progresso, nel suo insieme, di servire luomo. Tali dubbi si ripercuotono sulla scienza, intesa in senso tecnico. Il suo senso, il suo obiettivo, il suo significato umano vengono messi in dubbio (n. 3).

seconda, nelle sue conseguenze estreme giunge a calpestare anche la dignit delluomo e a rendere la societ progressivamente invivibile.
Abbiamo finora parlato prevalentemente della scienza che sta a servizio della cultura e conseguentemente delluomo. Sarebbe tuttavia troppo poco limitarsi a questo aspetto. Proprio di fronte alla crisi dobbiamo ricordarci che la scienza non solo servizio per altri fini. La conoscenza della verit ha senso per se stessa. Essa attuazione di carattere umano e personale, un bene umano di primordine. La pura teoria essa stessa una modalit della prassi umana (). Abbiamo parlato di crisi di legittimazione della scienza. Certo, la scienza ha un suo senso e una sua giustificazione quando la si riconosce capace di conoscere la verit e quando la verit riconosciuta come un bene umano. Allora si giustifica anche lesigenza della libert della scienza; in che modo infatti potrebbe realizzarsi un bene umano, se non mediante la libert? La scienza deve essere libera anche nel senso che la sua attuazione non venga determinata da fini immediati, da bisogni sociali o da interessi economici. Questo non significa per che per principio debba essere separata dalla prassi. Soltanto che, per poter influire efficacemente sulla prassi, essa deve ricevere la sua prima determinazione dalla verit, e quindi essere libera per la verit. Una scienza libera e asservita unicamente alla verit non si lascia ridurre al modello del funzionalismo o ad altro del genere, che limiti lambito conoscitivo della razionalit scientifica (n. 5).25

2.2.3. Dalla via esterna alla via interna Attraverso questa via viene riproposta la parola verit: con questo percorso dallesterno della scienza, tuttavia, non si ancora in grado di costruire dimostrativamente unepistemologia (e pi in generale una filosofia) in cui la nozione di verit, in senso classico e pieno, trovi uno spazio e quindi un significato, ma si giunge a suggerire, quasi a costringere a prendere atto, mediante indizi fattuali, della necessit di elaborare una teoria della scienza in cui la parola verit abbia un valore non convenzionalitstico. Il riferimento alla concezione medioevale delle scienze e dellunit del sapere , a questo punto, reso particolarmente significativo (nel discorso di Colonia), dal momento che, in tale sintesi la parola verit ha la sua giusta e piena collocazione. Occorre, per, integrare questo metodo esterno con lattenta analisi interna della metodologia della scienza odierna alla ricerca dei suoi fondamenti logici e ontologici. Merita, a questo punto riportare anche una citazione da un testo pi recente:
Oggi, una grande sfida ci aspetta quella di saper compiere il passaggio, tanto necessario quanto urgente, dal fenomeno al fondamento. Non possibile fermarsi alla sola esperienza; necessario che la riflessione speculativa raggiunga la sostanza spirituale e il fondamento che la sorregge (Enciclica Fides et ratio, n. 81). La ricerca scientifica si basa anchessa sulle capacit della mente umana di scoprire ci che universale. Questa apertura alla conoscenza introduce al significato ultimo e fondamentale della persona umana nel mondo (cfr. Enciclica Fides et ratio, n. 81).26

Ci che interessante e nuovo per la mentalit scientifica il fatto che ormai questa apertura non costituisce pi solo oggetto di unesortazione o di unindicazione proposta dallesterno della scienza, ma comincia a segnalarsi come una necessit interna, indispensabile per la fondazione di un sapere scientifico che non pu dimostrare al proprio
In positivo si fa anche un accenno ad modello organico di unit del sapere e ad una razionalit aperta quale era quella medioevale ai tempi di santAlberto Magno e di san Tommaso dAquino: La scienza deve essere aperta, anzi anche multiforme, senza che perci si debba temere la perdita di un orientamento unitario. Questo dato dal trinomio della ragione personale, della libert e della verit, in cui la molteplicit delle attuazioni concrete viene fondata e confermata. Non esito affatto a collocare anche la scienza della fede nellorizzonte di una razionalit cos intesa. La Chiesa auspica una ricerca teologica autonoma, che non si identifica col Magistero ecclesiastico, ma che si sa impegnata di fronte ad esso nel comune servizio alla verit della fede e al popolo di Dio (n. 5). GIOVANNI PAOLO II, Discorso di in occasione del Giubileo scienziati (25.5.2000). Anche Fides et ratio, n. 106 fa intravedere come il problema dei fondamenti costituisca un punto di raccordo vero e proprio con pi profonde questioni filosofiche e teologiche che hanno piena dignit razionale e non possono essere liquidate come psicologiche o irrazionali.
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interno di essere autosufficiente: n completo, n coerente.27 3. Lapproccio della scienza A questo punto diviene necessario chiedersi se c qualche riscontro di tutto questo nellambito delle scienze. Il mondo della scienza stato guidato dai suoi metodi di oggettivazione, forse sempre meno capaci di fornire una conoscenza oggettivamente vera della realt; ma questo non aveva troppa importanza, in fin dei conti, perch ci che contava era il potere predittivo delle teorie scientifiche e lefficacia delle loro applicazioni tecnologiche: il fatto che la scienza potesse formulare delle teorie vere o almeno verosimili (Popper), o solo strumentalmente utili (Kuhn), rimaneva una questione secondaria (Feyerabend) da lasciare ai filosofi, ma del tutto eludibile per gli scienziati.28 Avanzava quella che Giovanni Paolo II ha chiamato una concezione funzionale della scienza. Oggi ci troviamo di fronte ad un modello di scienza bipolare, dove i due poli sono costituiti dalla matematica con la logica formalizzata da un lato, e dalle scienze sperimentali dallaltro: la matematica/logica fornisce alcuni fondamenti per le scienze fisiche e pi in generale sperimentali, ma essa, a sua volta non viene fondata su una scienza superiore n in grado, da sola, di giungere a fondarsi su dei principi primi irrinunciabili e veri, ma solo su dei principi convenzionali. In questa situazione la scienza non riesce n ad essere un sistema completamente dimostrativo, n a dimostrare non solo la propria verit, ma neppure la propria coerenza interna (Gdel29). Per questo oggi quello che i matematici hanno chiamato il problema dei fondamenti sta acquistando, dal punto di vista epistemologico, sempre pi terreno, perch pone le condizioni per la prosecuzione della stessa impresa scientifica. Al di l dellopzione convenzionalista il mondo scientifico non incline a rinunciare scetticamente allimpresa conoscitiva. 3.1. UNA NUOVA SITUAZIONE Che cosa c di nuovo da qualche tempo? Da qualche tempo stiamo assistendo ad un lavoro di ricerca dei fondamenti che avviene, di per s, indipendentemente da una motivazione religiosa o filosofica e che nasce allinterno del mondo scientifico. Nellambito delle scienze logico-matematiche penso alle questioni che sono sorte intorno al problema dei fondamenti della matematica e che si stanno ampliando verso lontologia. Nellambito delle scienze fisiche, chimiche, biologiche, ecc., penso ai problemi della complessit dei sistemi che esse studiano, e che stanno conducendo, in chiave odierna, ad accostare anche lantica teoria logico-metafisica dellanalogia-partecipazione e

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Due termini che rievocano i teoremi di Gdel.

Basti ricordare per tutti i titoli tra i pi celebri di questi autori quali, K.R. POPPER, Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino 1970; T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino 1969; P.K. FEYERABEND, Contro il metodo, Feltrinelli, Milano 1990. Cfr. K. GDEL, Proposizioni formalmente indecidibili dei Principia mathematica e sistemi affini I (1931), in K. GDEL, Opere, vol. 1 (1929-1936), Bollati Boringhieri, Torino 1999, pp. 111-145.
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anche in certa misura lilemorfismo attraverso la comparsa della nozione di forma come informazione. Nellambito delle scienze cognitive e della teoria dellinformazione con le sue implicazioni cibernetiche, al problema del rapporto mente-cervello, mente-corpo, intelligenza-macchina che pone la questione di un confronto con la antica teoria dellastrazione che richiede un soggetto capace di compiere una operazione immateriale per ottenere luniversale astratto immateriale. Sono nate anche nuove discipline come, ad esempio, lontologia formale30 che si propone di formalizzare simbolicamente la metafisica del senso comune e altre metafisiche, sia per fini ingegneristici che per formulare e comunicare con un linguaggio pi rigoroso alcune delle classiche questioni filosofiche. Nellambito delle scienze vi sono, dunque, diversi segnali interessanti che possono portare ad un incontro con la filosofia della natura, la logica e la metafisica aristotelico-tomista, in particolare. Le scienze si trovano, allora, ad affrontare due ordini di problemi: luno quello dellampliamento del loro oggetto formale, conseguente allesigenza di ampliare lestensione e la comprensione del loro oggetto materiale, laltro quello dei loro fondamenti logici e ontologici.31 3.1.1. Il problema dellampliamento delloggetto Lesigenza di ampliamento imposta alle scienze, sia dai nuovi metodi di approccio al loro oggetto (metodi nuovi sorti a causa dellinsufficienza e dallinadeguatezza dei metodi gi impiegati in passato per affrontare nuovi campi di indagine), sia dallo stesso problema dei fondamenti, per la soluzione del quale occorre una revisione di alcuni aspetti di metodo e di alcuni presupposti che risultano troppo restrittivi. La crisi del vecchio metodo riduzionista, di fronte al nuovo affronto del problema tutto-parti sorto con la teoria della complessit ne un esempio. Un altro esempio offerto dalla teoria dellinformazione che introduce un elemento immateriale (linformazione) nel contesto inizialmente materialista delle scienze fisiche, chimiche e biologiche, suggerendo un confronto con la dottrina aristotelica della forma. Il problema del rapporto mente-corpo apre una serie di interrogativi su quale possa essere un modello cognitivo adeguato a trattarlo, e suggerisce un confronto con la teoria cognitiva aristotelico-tomista dellastrazione, un altro esempio ancora. E cos via.32
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Si pu vedere ad esempio il sito Web www.formalontology.it.

Per una panoramica e una bibliografia su queste problematiche si possono vedere: F. BERTEL, A. OLMI, A. SALUCCI e A. STRUMIA, Scienza, analogia, astrazione. Tommaso dAquino e le scienze della complessit, Il Poligrafo, Padova 1999; G. BASTI, Filosofia della natura e della scienza, Lateran Unviersity Press, Roma-Citt del Vaticano 2002; G. TANZELLANITTI e A. STRUMIA (a cura di), Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, Citt nuova e Urbaniana University Press, Roma 2002. Una breve introduzione si trova in A. STRUMIA, Le scienze e la pienezza della razionalit, Cantagalli, Siena 2003. Sviluppi pi recenti si trovano in A. STRUMIA (a cura di), Fondamenti logici e ontologici delle scienze. Analogia e casualit, Cantagalli, Siena 2006 e in A. STRUMIA (a cura di), Il problema dei fondamenti da Aristotele a Tommaso d'Aquino all'ontologia formale, Cantagalli, Siena 2007. Su questi argomenti, qualora si intenda entrare in maggiori dettagli tecnici che qui non sarebbe possibile esporre, si possono vedere le voci del Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, gi citato. In particolare: J. POLKINGHORNE, voce Riduzionismo, pp. 1231-1236; G. DEL RE, voce Complessit, pp. 259-265; E. SARTI, voce Informazione, pp. 740-754;
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Le risposte a problemi del genere non rimangono, poi, sul piano puramente teorico, ma hanno anche una notevole ricaduta tecnologica nel campo dellinformatica e della cosiddetta intelligenza artificiale, e questo consente una certo grado di verifica pratica della loro adeguatezza e una motivazione concreto a promuovere la ricerca in questa direzione. 3.1.2. Il problema dei fondamenti Fino a qualche decennio fa per problema dei fondamenti si intendeva quasi esclusivamente il problema dei fondamenti della matematica; e questo si riduceva alla ricerca di un fondamento logico-formale della teoria dei numeri nellambito della logica simbolica. Per poter essere affrontato adeguatamente questo problema, per, incominci a richiedere un primo ampliamento della stessa matematica: con Cantor la matematica ampli il suo oggetto, pass dai numeri agli insiemi.33 Ma la nozione di insieme pi ampia e comprensiva di quella di numero, in certo senso pi prossima a quella metafisica di ente. La nozione di insieme gi sufficiente a far insorgere dei paradossi se si pretende di racchiuderla in una sola definizione (univocit). Per rimuovere tali paradossi occorre distinguere diversi tipi di insieme, rispondenti a modi di essere diversificati: in questa direzione si mossa la teoria dei tipi di Russell e, in maniera ancora pi semplice e geniale, la diversificazione tra classi proprie e classi improprie di Gdel.34 Per chi ha qualche conoscenza della logica e della metafisica aristotelico-tomista e della matematica difficile non confrontare queste nozioni con quelle di genere universale e di trascendentale.35 Si direbbe che questo rappresenta un passo significativo di ampliamento della matematica verso una logica che include una teoria dellanalogia e verso unontologia. Non a caso, recentemente, nata quella nuova disciplina che va sotto il nome di ontologia formale. Essa sorta per esigenze legate allinformatica, alla logica e alle scienze cognitive, ma la sua rilevanza filosofica evidente. In questo lavoro di ampliamento delle scienze in vista di una teoria dei fondamenti di tipo ontologico-formale, ci troviamo a dover affrontare tre ordini di problemi: 1. Il primo problema quello di una modellizzazione per quanto possibile fedele delle teorie aristotelico-tomiste dellanalogia,36 della causalit e pi in generale della ontologia del senso comune: si tratta di tradurre in un linguaggio formalizzato simbolico le corrispondenti nozioni e teorie della filosofia greca e medioevale, in modo da consentire il loro impiego e la loro verifica ed eventualmente un loro perfezionamento nellambito scientifico odierno.

G. BASTI, voce Mente-corpo, rapporto, pp. 920-939; e la mia voce Materia, pp. 849-866. Alcune di queste voci sono disponibili anche on-line nel Portale di Documentazione Interdisicplinare di Scienza e Fede (www.disf.org).
33 La rivoluzione cantoriana non trasforma soltanto alcuni settori della matematica, ma cambia il suo stesso oggetto. Per Cantor, che riprende unidea di Bolzano, il vero concetto-base della matematica non il numero, ma linsieme, lunico ente capace di tradurre integralmente, in forma scientificamente utilizzabile, la nozione di molteplicit, G. BINOTTI, voce Cantor, Georg Ferdinand, Dizionario, cit., p. 1637. 34 35

Cfr. K. GDEL, Opere, vol. 2, Bollati Boringhieri, Torino 2002, p. 38.

Cfr. ad es. il mio studio Dalla scienza matematizzata all'ontologia formale. Annotazioni su analogia e causalit, in A. STRUMIA (a cura di), I fondamenti logici e ontologici delle scienze. Analogia e causalit, Cantagalli, Siena 2006, pp. 1048. Una serie di studi recenti sullanalogia e la sua modellizzazione presentato in G. BASTI E C. TESTI (edd.), Analogia e autoreferenza, Marietti 1820, Genova 2004, frutto del lavoro di alcuni studiosi poi confluiti nel gruppo di ricerca sui Fondamenti logici e ontologici delle scienze, che ha operato presso lIstituto Veritatis Splendor di Bologna, in collaborazione con lIstituto Filosofico di Studi Tomsitici di Modena (gruppo, diretto da G. Tanzella-Nitti e da me, grazie a un cofinanaziamento del Servizio Nazionale per il Progetto Culturale della CEI e dello stesso Istituto Veritatis Splendor).
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2. Un secondo problema quello della dimostrazione dellesistenza di un fondamento primo, che consenta di evitare un ricorso allinfinito nella catena dei sistemi assiomatici: questo tipo di risultato richiede inevitabilmente una teoria dellanalogia formalizzata. Infatti non si pu dare una gerarchia dei sistemi formali se questi sono tutti dello stesso genere, perch si ricade nelle limitazioni imposte dai teoremi di Gdel. Il sistema dei principi fondanti deve essere di tipo, esterno alla classe dei sistemi che da esso dipendono, come la classe universale di tipo diverso dagli insiemi che contiene. 3. Un terzo problema quello della fondazione del realismo: il passaggio dal piano logico a quello ontologico deve essere postulato come principio irrinunciabile o pu essere dimostrato, nel senso che lente logico richiede come principio primo fondante lente reale extra-mentale? Queste per ora non sono che domande sono le domande filosofiche di sempre che emergono dalle scienze, come del resto la prima metafisica greca emerse dallinsufficienza della filosofia dei fisici di allora e la ricerca odierna in questo campo potrebbe risultare rilevante oltre che per le scienze anche per la filosofia e quindi anche per la teologia. E come le scienze logico-matematiche, anche le altre discipline possono porsi a lavorare sui loro fondamenti e contribuire alla elaborazione della metafisica con i loro metodi e i loro linguaggi. linvito che possiamo raccogliere dalle indicazioni del Magistero dalle quali siamo partiti, in questa libera e non poco coraggiosa riflessione, e che ci auguriamo possa giungere a dei buoni risultati. Ed anche linvito di quegli uomini di scienza che hanno pi profondamente pensato ai fondamenti, come documenta questa riflessione di Gdel con la quale vorrei concludere questa paragrafo:
Per quel che concerne le conseguenze filosofiche dei risultati che esaminiamo, io non credo che siano mai state discusse adeguatamente o semplicemente notate.

Qui Gdel sta parlando (quasi in un inciso), dellesistenza di


proposizioni matematiche che sono valide in senso assoluto, senza alcuna ipotesi ulteriore. Proposizioni cosiffatte devono esistere, perch altrimenti non esisterebbero neppure i teoremi ipotetici. () Naturalmente il compito di assiomatizzare la matematica in senso stretto differisce dalla concezione ordinaria della assiomatica in quanto gli assiomi non sono arbitrari, ma devono essere proposizioni matematiche corrette, nonch evidenti senza dimostrazione. Non c via di fuga dallobbligo di assumere certi assiomi o certe regole di inferenza come evidenti senza dimostrazione.37

4. Alcune implicazioni per il rapporto teologia-filosofia-scienza giunto, ora, il momento di vedere almeno per accenni in che senso si possa ritenere che la teologia possa intervenire in vista di un risanamento della ragione filosofica e quale sia il tipo di teologia che possa rendersi utile per questo scopo. In effetti la filosofia dovrebbe precedere la teologia, in quanto questultima a servirsi della prima per dedurre dai contenuti della Rivelazione, congiunti alle premesse di ragione, le sue conclusioni teologiche (sillogismo teologico).38 Tuttavia, in un tempo in cui la filosofia attraversa una crisi epistemologica, la teologia pu

K. GDEL, Alcuni teoremi basilari sui fondamenti della matematica e loro implicazioni filosofiche, in Opere, vol.3, Bollati Boringhieri, Torino 2006, pp. 268-269. In questa parte far ampliamento riferimento al mio gi citato articolo La fede e il risanamento della ragione come ragione.
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aiutarla a ritrovare la strada per recuperare alcuni fondamenti. Ma quale teologia pu farsi carico di offrire questo aiuto? Sommariamente mi sembra si possano indicare tre strade che la teologia sembra trovarsi a poter percorrere: 39 quella narrativa, che, pur essendo forse quella oggi pi percorribile, non pare poter offrire un grado di sistematicit tale da dare suggerimenti ad una filosofia-scienza alla ricerca di solidi fondamenti; quella di una teologia che potremmo chiamare autonoma, in quanto cerca di costruire da se stessa, in actu exercito, la filosofia che le serve per elaborarsi sistematicamente; e, infine, quella della teologia tradizionale, che fa riferimento alle basi filosofiche della filosofia agostiniana o tomista, acquisendole come un punto di partenza che non tocca, di per s, al teologo fondare. Si anche rilevato come sia molto difficoltosa, se non quasi del tutto impraticabile, la seconda via, almeno se la si intende come un ripartire da zero; tuttavia, essa risulta in certo modo percorribile, se si incontra con la terza strada e da essa sa trarre le indicazioni per la costruzione della sua filosofia. In tal caso il teologo assume, insieme alla propria funzione teologica, anche una funzione filosofica di supplenza, nei confronti del filosofo che non sa o non intende fornirgli gli strumenti di lavoro. la terza via, allora, a poter dare dei suggerimenti alla seconda, nel senso che la teologia che si colloca in questo atteggiamento, crede nella verit dellimpianto filosofico sul quale si appoggia e, implicitamente invita i ricercatori degli ambiti filosofico-scientifici ad indagare, con i loro metodi, per dare ad essa una sistemazione scientificamente valida al giorno doggi. La teologia tradizionale, allora, pu venire in soccorso della filosofia-scienza nel senso di offrire una elaborazione filosofica, sorta in ambito greco-giudeo-cristiano, che ha una portata tale da potersi validamente confrontare con le domande delle scienze odierne, suggerendo loro degli obiettivi da perseguire, dei risultati da dimostrare, delle leggi da formulare, un po come la meccanica di Archimede fu in grado di suggerire dei risultati di geometria, che egli riusc, poi, a ritrovare dallinterno della geometria stessa, con i metodi formali propri di quella disciplina. Rivolgendo lo sguardo al passato di qualche decennio fa sembra di poter rinvenire un suggerimento simile a questo in alcune pagine di A.D. Setrillanges, dove egli tratta della questione di quella che al suo tempo veniva chiamata la filosofia cristiana.40
Si pu chiamare filosofia cristiana una conoscenza, che deliberatamente, consciamente, pur non valendosi che di principi razionali e di metodi filosofici, si abbandona alle ispirazioni che abbiamo riconosciuto emanare dai dogmi, lavora in contatto con essi, li considera come ipotesi feconde, si serve delle analogie che essi suggeriscono, e pi di tutto, sapendoli veri, immerge la mente del pensatore nel bagno di mistero, da cui essi emergono, questo oceano battesimale, in cui la Rivelazione lha invitato a rinnovellarsi sino a rinascere, e attende da questa vivificazione luci sempre rinnovate, che concernono la natura stessa e il gioco normale della mente e del cuore umano.41

Questo modo di procedere, indubbiamente affascinante, per non fu trovato del tutto

Cfr. A. STRUMIA, Libere riflessioni sulla revisione del metodo nella teologia e nelle scienze, a partire da uno scritto del Card. Giacomo Biffi, Divus Thomas 38, (2004), pp. 137-155. Non intendo, certamente, qui, riaprire la questione della filosofia cristiana che in quegli anni fu allorigine di tante discussioni, a cominciare da quella sul senso della stessa denominazione di cristiana attribuita alla filosofia, ma semplicemente rilevare una qualche consonanza con il problema oggi in questione.
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A.D. SERTILLANGES, Il cristianesimo e le filosofie, Morcelliana, Brescia 1947, vol. I, cap. I, II.

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convincente, negli anni in cui fu proposto, neppure in ambito cattolico, oltre che per il fatto di non demarcare sempre con sufficiente chiarezza il confine tra filosofia e teologia, anche e soprattutto perch non sembr sufficientemente fondativo del realismo gnoseologico e ontologico, alla luce del criticismo kantiano e post-kantiano, dellempirismo di Hume, del soggettivismo e dellunivocismo che ne sono seguiti. Tuttavia, oggi forse, un tale modo di considerare la storia del pensiero filosofico, pur con tutte le necessarie precisazioni, potrebbe ritrovare un nuovo interesse da parte dei teologi (che probabilmente nel tempo in cui fu proposto non poteva suscitare), anche grazie alla sua forte caratterizzazione cristocentrica, proiettata sul piano della storia della cultura.
Senza il cristianesimo nessuna filosofia accettabile esisterebbe. Tutte quelle apparse dopo il Vangelo gli debbono il meglio di s, e quelle che precedettero il Vangelo, per quanto utili abbiano potuto essere, incorporandovisi, non avrebbero servito a nulla da sole per la nostra civilt.42

Di certo il fascino della sapienza cristiana, quando si percorre la strada del sapere a partire dallalto, in senso discendente, anzich dal basso in senso ascendente, e si segue la prospettiva della partecipazione e dellanalogia, partendo dalla semplicit di Dio che si rifrange nella molteplicit dellessere e del nostro conoscere, secondo la logica dei trascendentali, offrendosi a noi come realt, essere, unit, verit e bene; dal mistero trinitario (teologia trinitaria) per comprendere lessere (ontologia), il conoscere (gnoseologia) e il pensiero (logica); dal mistero del Verbo incarnato (cristologia) per cogliere la struttura profonda delluomo (antropologia) che deve essere salvato (soteriologia) dalla creazione e dal governo delle cose (Provvidenza) per spiegare la natura e il mondo (cosmologia) non pu non illuminare il teologo che si scopre anche, insieme, filosofo per poter essere teologo. Si tratta di unopera di redenzione della ragione e della filosofia che si trova ad essere salvata in quanto gi inclusa nella prospettiva teologica. Una visione sapienziale che sa farsi guida alla ricerca anche sul piano epistemologico, suggerendo certamente degli obiettivi e talvolta anche dei metodi. Si deve ammettere, tuttavia, che un filosofo, che parte con lhabitus mentale del teologo, tendenzialmente un teologo per se e un filosofo per accidens e la sua filosofia pu apparire non sempre autonoma e del tutto convincente, soprattutto a chi non credente. Sembra che ad altri rimanga, comunque, il compito di dare una fondazione strettamente scientifica ai suoi risultati filosofici, ma questo non esclude che filosofi-scienziati e teologi possano lavorare parallelamente e confrontarsi, purch dispongano di un linguaggio metascientifico (metafisico) comune. Una sintesi teologica di grande rilievo, che ci sembra possa ricondursi in questa prospettiva della seconda via, giunta allincrocio con la terza, reperibile, ai nostri giorni, nel cospicuo lavoro di un teologo come Hans Urs von Balthasar. Cos egli stesso descrive lintendimento della sua opera.
La risposta cristiana [] contenuta nei due dogmi fondamentali della Trinit e dellIncarnazione. Nel dogma trinitario Dio uno, buono, vero e bello perch essenzialmente Amore, e lAmore suppone lUno, lAltro e la sua Unit. E se in Dio va posto lAltro, il Verbo, il Figlio, allora lalterit della creazione non sar pi una caduta, una perdita, ma unimmagine di Dio, pur non essendo Dio stesso. In vista di ci ho tentato di costruire una filosofia e una teologia sulla base di una analogia non gi di

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Ivi, Prefazione.

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un Essere astratto, ma dellEssere quale lo si incontra concretamente nei suoi attributi (non categoriali, ma trascendentali). E posto che i trascendentali attraversano tutto lEssere devono essere interni luno allaltro. Ci che veramente vero anche veramente buono, bello e uno. Appare un essere, c unepifania: bello. Con lapparire si dona: buono. Donandosi si dice, si svela: vero. Cos si pu cominciare con unestetica teologica: Dio appare. Appare ad Abramo, a Mos, a Isaia, e finalmente in Ges Cristo. Domanda centrale: come distinguere la sua apparizione, la sua epifania tra gli altri mille fenomeni di questo mondo? Come distinguere il vero e unico Dio vivente di Israele da tutti gli idoli? Come percepire lincomparabile gloria di Dio nella vita, nella croce, nella risurrezione di Cristo, gloria ben diversa da tutte quelle di questo mondo? E si pu continuare con una drammatica: come si confrontano la libert assoluta di Dio in Ges Cristo e la libert relativa, e nondimeno reale, delluomo? Vi sar una lotta mortale fra le due nella quale ognuna difender contro laltra ci che ha scelto e concepito come il Bene. Quale sar lo sviluppo della battaglia e la vittoria finale? Per poi finire con una logica (una teo-logica). Come fa Dio a farsi comprendere dalluomo? Come pu una parola infinita tradursi in una parola finita senza perdere il suo senso? il problema delle due nature di Cristo. E come fa lo spirito limitato delluomo a cogliere il senso illimitato del Verbo di Dio? Questo sar il problema dello Spirito Santo. Ecco i contorni della mia trilogia: ho menzionato solo le questioni poste dal metodo, senza accennare alle risposte, perch ci oltrpasserebbe i limiti posti da questa conferenza introduttiva.43

Si tratta di un grande percorso dallalto: dalla teologia alla filosofia che essa include. Alla filosofia-scienza, rimane in ogni caso il compito di ritrovare, dallinterno e con le proprie regole, i contenuti filosofici veri che la teologia include e accidentalmente le offre. Non solo, ma la filosofia-scienza potr/dovr anche entrare in tutti i dettagli filosofico-scientifici che al teologo possono non interessare direttamente, in ordine alla sua disciplina. Vorrei concludere con le parole che Benedetto XVI ha pronunciato nel suo viaggio in Asutria che mi sembrano sintetizzare quanto ho cercato di esporre, documentandoci come il Magistero, quando sia letto con attenzione e non trascurato come qualcosa di gi noto, dimostri di precorrere i tempi della cultura, aprendo una strada per la ricerca che deve essere percorsa per non perdere unoccasione storica di recupero di una unit del sapere.
Fa parte delleredit europea, infine, una tradizione di pensiero, per la quale essenziale una corrispondenza sostanziale tra fede, verit e ragione. Si tratta qui, in definitiva, della questione se la ragione stia al principio di tutte le cose e a loro fondamento o no. Si tratta della questione se la realt abbia alla sua origine il caso e la necessit, se quindi la ragione sia un casuale prodotto secondario dellirrazionale e nelloceano dellirrazionalit, in fin dei conti, sia anche senza un senso, o se invece resti vero ci che costituisce la convinzione di fondo della fede cristiana: In principio erat Verbum In principio era il Verbo allorigine di tutte le cose c la Ragione creatrice di Dio che ha deciso di parteciparsi a noi esseri umani. Permettetemi di citare in questo contesto Jrgen Habermas, un filosofo quindi che non aderisce alla fede cristiana. Egli afferma: Per lautocoscienza normativa del tempo moderno il cristianesimo non stato soltanto un catalizzatore. Luniversalismo ugualitario, dal quale sono scaturite le idee di libert e di convivenza solidale, uneredit immediata della giustizia giudaica e delletica cristiana dellamore. Immutata nella sostanza, questa eredit stata sempre di nuovo fatta propria in modo critico e nuovamente interpretata. A ci fino ad oggi non esiste alternativa.44

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Brani tratti dallarticolo di H.U. VON BALTHASAR, Il mio pensiero, testo pubblicato sul Il Sabato, 2.7.1988. BENEDETTO XVI, Discorso con le autorit e con il corpo diplomatico (7.9.2007).

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