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Adalberto Coltelluccio, La controriforma della dialettica hegeliana. In risposta a La riforma della dialettica hegeliana di Giovanni Gentile (Dialegesthai)
Adalberto Coltelluccio
La controriforma della dialettica hegeliana. In risposta a La riforma della dialettica hegeliana di Giovanni Gentile
1. La trascendenza della categoria logica in Hegel 2. Inoggettivabilit dell'Atto puro del pensiero in Gentile 3. Molteplicit delle categorie e Wirklichkeit dello Spirito 4. Fonti bibliografiche
Questo breve saggio intende esaminare alcuni aspetti della nota critica gentiliana alla dialettica hegeliana, e del suo progetto di riforma della stessa. Tenta, inoltre, di ripensare criticamente i concetti hegeliani presi di mira da Gentile cercando di discuterne la validit e fecondit, che sembrerebbero ancora resistere malgrado la messa in questione del filosofo siciliano. Questo anche il motivo per cui, con un po'di ironia, ci permettiamo di dare questo titolo al nostro lavoro. Il testo di Gentile a cui faremo riferimento , infatti, La riforma della dialettica hegeliana.
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rigida e infeconda nella sua oggettivit. La categoria diverrebbe, in tal modo, in Hegel una relazione astratta. Questo farebbe di Hegel un pensatore non pi innovatore di Kant e, anzi, lo ridurrebbe a sterile ripetitore dell'idea di sistema gi sufficientemente elaborata, a giudizio di Gentile, da Platone e Aristotele.[3] In questa critica ad Hegel, riassunta brevissimamente, da parte del filosofo italiano, ci pare di poter scorgere una profonda avversione per il Concetto inteso come ci che puramente pensato, ridotto cio a quella forma cosificata che , per Gentile, la verit nella sua forma esclusivamente oggettiva, senza connessione immanente col pensiero in quanto pensante. Questa avversione, paradossalmente, sembra avere una strana analogia con una delle figure della coscienza esposte nella Fenomenologia dello spirito di Hegel. Infatti, riteniamo che si possa sostenere che essa ripeta in una versione pi moderna e teorica, ma sostanzialmente immutata, le struggenti lamentele del soggettivismo pio dell'anima bella, cos ferocemente attaccata nell'opera del filosofo di Stoccarda. Quest'avversione per l'oggettivit pu essere paragonata a quel rifiuto pertinace della coscienza pia a pensare se stessa come qualcosa che possa riuscire a porsi fuori di s, pur rimanendo se stessa, ossia che possa oggettivarsi senza perdere la propria uguaglianza con s. il rifiuto infecondo ad esteriorizzarsi per appropriarsi della sua stessa sostanzialit, per usare il linguaggio hegeliano, riflettendo se stessa in ci che pone e superando cos il proprio esser-altro. Rifiutando di riflettersi nell'alterit, la coscienza non fa che impedirsi, in fondo, di trovare se stessa, poich sapere s come se stessa o come pensante (ma anche come agente, nello spirito pratico), implica al tempo stesso e necessariamente il sapersi come pensata, come determinata ad agire e come sostanziale, ossia effettuale, realizzata nelle proprie istituzioni ecc. pur vero che con quest'atto di alienazione la coscienza compie insieme una riflessione sulla sua stessa riflessione, grazie alla quale essa trova e pensa nel pensato nient'altro che il pensante stesso, l'Io. L'atto con cui l'Io pensa se stesso come pensato coincide, in lui, con l'atto pensante stesso: ci che pensato, insomma, chi pensa stesso. Senonch, senza quell'atto di auto-alienazione l'Io non pu nemmeno cogliere e vedere se stesso in quanto soggetto e in quanto atto. L'Io attua se stesso, in un unico atto assoluto, ma nell'attuarsi non pu che farsi al tempo stesso attuante e attuato: non potrebbe, infatti, essere attuante nei confronti di stesso se non fosse insieme attuato da se stesso.
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un inafferrabile introiettarsi del soggetto ponente che sprofonda in un auto-annullamento dello stesso atto che pone, perch un atto senza esito (privo, cio, di quello che gli Scolastici medievali denominavano atto elicito), senza la forza di porre effettivamente il posto, e di riprenderlo in s dopo averlo posto. Laddove, invece, la verace relazione del sapere solo quella in cui, per stare alle parole di Hegel, l'alienazione dell'autocoscienza, proprio lei pone la cosalit, onde l'alienazione ha significato non solo negativo, ma anche positivo, in quanto l'autocoscienza sa la nullit dell'oggetto, proprio perch lei stessa vi si posta e cos resta presso di s nel suo esser altro.[4] Sulla base di questa ricognizione del testo hegeliano, in cui mettiamo in rilievo aspetti che insistono, da un lato, sulla necessit per lo spirito di auto-alienarsi per divenire realmente essente, e, dall'altro, sul fatto che comunque l'autocoscienza pone s come oggetto o, che lo stesso, l'oggetto come se stessa,[5] in modo anche da togliere e riprendere in s tale alienazione nell'oggettivit, ci sembra di poter affermare che la pretesa contrapposizione della dialettica del pensato alla dialettica del pensante, di cui parla Gentile, possa valere soltanto per quell'intelletto astratto (Verstand) di cui lo stesso Hegel denunciava la fissit e la mancanza di speculativit. La dialettica del pensato, se autenticamente dialettica, e dunque in cui si concepisce il pensato essenzialmente come momento che toglie se stesso (essendo negativo in s), supera la fissit intellettualistica e media se stessa nella dialettica del pensante.[6] Il pensato , cos, essenzialmente momento gi nello stesso sistema hegeliano, quel momento in cui lo stesso pensante, in quanto posto, viene rinviato a se stesso, in quanto ponente, dalla propria riflessione nell'esser-altro. Quella drastica dicotomia tra l'atto puro dello spirito e il porsi nell'oggetto, come in un'alterit radicalmente trascendente, che Gentile lesse nella dialettica hegeliana, alla luce delle precedenti considerazioni apparirebbe meno sostenibile.
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concetto della molteplicit delle stesse, che inficierebbe l'auto-attualit immanente e immoltiplicabile del Conceptus. Ma, intanto, per esplicita ammissione di Gentile, dobbiamo constatare che il pensante lascia sussistere necessariamente fuori di s un molteplice empirico che non immanente alla spiritualit del puro pensare, bens un alter non mediato e irriducibile all'unit (perch nell'unit assoluta del pensante impossibile introdurre qualsiasi molteplicit); alter che quello del punto di vista empirico e storico. Vi sarebbe, quindi, nella stessa filosofia dello Spirito gentiliana, qualcosa di eterogeneo alla omogeneit assoluta del pensante, un pensato che sfuggirebbe alla immoltiplicabilit e inoggettivabilit dell'Atto puro del pensiero: un actum, insomma, che non riesce ad essere actus. Se questa molteplicit empirica tacitamente ammessa dall'Attualismo (come lo , del resto, da parte di tutti gli idealismi della storia della filosofia), quest'ammissione inevitabile, perch l'esito necessario cui va incontro ogni Idealismo puro che rifiuti l'auto-realizzazione del pensiero nella realt gi attuata, seppure questa realt restituisca sempre qualcosa di non razionalizzabile. L'effettualit del pensato , invece, necessaria; e lo talvolta, malgrado e contro la ragione. Certo, Hegel cerca di riportare alla razionalit tutti gli eventi storici che possono essere giustificati in base ad una ragion d'essere o fondamento (Grund). Tuttavia, noto argomento della critica antihegeliana (ci riferiamo soprattutto alla critica ottocentesca, per es., di Trendelenburg, ma anche a quella di Schopenhauer, o di Kierkegaard, di Marx, di Nietzsche) che la razionalit non riesca a giustificare proprio tutto, e che sia costretta a lasciare in preda alla pi arbitraria casualit molte delle cosiddette effettualit o realt in atto (Wirklichkeit) del processo dialettico del Concetto. Ma ci non un argomento sufficiente a scongiurare la necessit che lo spirito si cerchi e tenti di trovarsi anche nelle infime regioni dell'essere sia naturale che storico-sociale; anzi sembrerebbe una ragione in pi per sostenerne l'esigenza. Ad ogni modo, comunque, l'effettualit dell'autocoscienza in s un momento razionale ed essenziale alla vita dell'Idea. Ci non significa che il processo dialettico muti irreversibilmente il pensante in pensato, o che lo ponga come qualcosa di sostanzialmente trascendente rispetto al soggetto come atto puro, oppure come qualcosa di refrattario al lavoro del negativo. Significa, per, che la Totalit, nella quale soltanto pu cogliersi per Hegel la verit, si costituisce sempre come un processo di auto-attuazione del Concetto, ove sono compresi al tempo stesso sia il pensante sia il pensato, come momenti assolutamente inscindibili che non possono sussistere nel loro isolamento l'uno rispetto all'altro, pena il ritorno ad una visione intellettualistica e astratta. A rigore, non sarebbe da accettare come valida nemmeno l'accusa gentiliana che nella dialettica hegeliana sia presente una dicotomia tra pensante e pensato, in quanto la dialettica del Concetto ha gi risolto e superate tutte le opposizioni proprie del sapere fenomenologico. Quando si considera il pensiero nella sua assolutezza, e in questo senso mostra sempre di parlarne Gentile, il processo dialettico non divide mai in un modo astratto, quale potrebbe essere quello che vede nell'articolarsi dell'unit e nell'auto-distinguersi del Concetto, soltanto un fissarsi nella contrapposizione delle categorie del Begriff, o delle figure del Geist. Tale fissarsi intellettualistico considera sempre i distinti come assolutamente uno fuori dell'altro e incapaci di auto-invertirsi in loro stessi. Ma effettivamente nella dialettica hegeliana in opera tale auto-inversione: il pensante sempre in s- pensato, e il pensato sempre in s- pensante. Il pensiero assoluto si auto-distingue eternamente da se stesso proprio per auto-attuarsi, e dunque resta gi sempre in una relazione di auto-eguaglianza con se stesso, ogni volta che si pone nei distinti. Il che equivale a dire che il pensiero, anche come Actus, mentre pensante se stesso sempre anche pensato da se stesso, in modo da non restare irrimediabilmente separato da se stesso, proprio perch ci che esso pensa
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coincide inscindibilmente con chi lo pensa. Nonostante gli inevitabili giri di parole, il senso complessivo crediamo che rimanga chiaro. Ci piace ricordare, a questo proposito, l'eloquente citazione che Hegel fa, alla fine della sua Enciclopedia, relativa alla nozione aristotelica del pensiero di pensiero[14] (nesis noseos): Epper l'Intelletto pensa se stesso, se vero che esso il bene supremo, e il suo pensiero pensiero-di-pensiero. L'inscindibile atto auto-riflessivo dell'Idea assoluta corrisponde proprio al pensiero-dipensiero, in cui superata ogni possibile separazione ed esclusione dell'oggettivit che, nella sua verit, non altro che il Concetto pensante stesso in quanto si attuato (Wirklichkeit). Il nocciolo speculativo proprio della dialettica hegeliana ci sembra, a questo punto, pi vicino alla dialettica dell'Atto puro di quanto, forse, non pensasse lo stesso Gentile.
4. Fonti bibliografiche
G. Gentile, La riforma della dialettica hegeliana, in Opere filosofiche, a cura di E. Garin, Garzanti, Milano 1991. G. Gentile, Teoria generale dello spirito come atto puro, in Opere filosofiche, cit. . G. Gentile, Sistema di logica come teoria del conoscere, 2 voll., Sansoni, Firenze 1940-42. G. W. F. Hegel, La scienza della logica, vol. I e II, trad. it Arturo Moni, rev. Claudio Cesa, Editori Laterza, Roma-Bari 1981. G. W. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, trad. it. Benedetto Croce, Universale Laterza, Roma-Bari 1980. G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, testo originale a fronte, trad. it. Vincenzo Cicero, Bompiani, Milano 2000. Bernini S., La nozione hegeliana di contraddizione da correlazione. Un'analisi logica, Epistemologia, 1-2, 1982. Don M., Sull'Assoluto. Per una reinterpretazione dell'idealismo hegeliano, Einaudi, Torino 1992. Don M., Sulla negazione, Bompiani, Milano 2004. Gadamer H. G., Hegels Dialektik , Mohr, Tubingen, 1971, trad. it. La dialettica di Hegel, Casa Editrice Marietti, Genova 1996. Hosle V., Hegel e la fondazione dell'idealismo oggettivo, Guerini, Milano 1991. Hyppolite J., Gense et structure de la Phnomnologie de l'esprit de Hegel, Aubier, Paris 1946, trad. it. Genesi e struttura della Fenomenologia dello spirito, La Nuova Italia editrice, Firenze 1972. Kojve A., La dialettica e l'idea della morte in Hegel, Einaudi, Torino 1982. Lo Schiavo A., Introduzione a Gentile, Laterza, Roma-Bari 2005. Merker N., Le origini della logica hegeliana (Hegel a Jena), Feltrinelli, Milano 1961. Negri A., L'inquietudine del divenire: Giovanni Gentile, Le Lettere, Firenze 1992. Sasso G., La potenza e l'atto. Due saggi su Giovanni Gentile, La Nuova Italia, Firenze 1998. Varnier G., Ragione Negativit Autocoscienza, Guida Editori, Napoli 1990. Verra V., Letture hegeliane (Idea, Natura e Storia), Societ Editrice Il Mulino, Bologna 1992.
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Adalberto Coltelluccio. La controriforma della dialettica hegeliana. In risposta a La riforma della dialettica hegeliana di Giovanni Gentile. Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia [in
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Adalberto Coltelluccio, La controriforma della dialettica hegeliana. In risposta a La riforma della dialettica hegeliana di Giovanni Gentile (Dialegesthai)
linea], anno 12 (2010) [inserito il 12 agosto 2010], disponibile su World Wide Web: <http://mondodomani.org/dialegesthai/>, [25 KB], ISSN 1128-5478.
Note
1. G. Gentile, La riforma della dialettica hegeliana, Sansoni, Firenze, 1913, p. 3. 2. Ibid. 3. Perch gi nella dialettica quale la concepisce Platone le idee sono concepite come costituenti essenzialmente un sistema [...]. E tutta la logica formale, svoltasi dall'Analitica aristotelica, [...] non poteva muoversi e in realt non si mossa mai fuori di questo concetto (ivi, pp. 3-4), che quello dell'assoluta oggettivit della verit (ibid.). 4. G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, traduz. it. E. De Negri, La Nuova Italia editrice, Firenze, 1979, vol. II, p. 287. 5. Ivi, p. 288. 6. Non ci sembra avere altra funzione che questa di mediare la contrapposizione tra pensato e pensante, la celebre articolazione nei tre momenti del processo logico-ontologico, descritti da Hegel come: a) l'astratto o intellettuale; b) il dialettico, o negativo-razionale; c) lo speculativo o positivo-razionale (Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, traduz. it. B. Croce, Roma-Bari, 1980, vol.I, p. 95). Proprio l'ultimo momento ci pare decisivo per l'atto dello spirito che riprende in s ogni opposizione, togliendo ogni alterit e ogni estraneit rispetto al Concetto assoluto, attraverso il secondo momento dialettico-negativo. 7. Gentile, op. cit., p. 8. 8. Ibid. 9. Ibid. 10. Ivi, p. 9. 11. Ibid. 12. Ivi, p. 10. 13. Ivi, p. 9. 14. Aristotele, Metafisica, 1074 b 35-37.
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