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CAMPO DEI FIORI


collana diretta da Vito Mancuso e Elido Fazi

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I edizione: febbraio 2013 1995 Librairie Arthme Fayard 2013 Fazi Editore srl Via Isonzo 42, Roma Tutti i diritti riservati Titolo originale: Giordano Bruno Traduzione dal francese di Manuela Maddamma ISBN: 978-88-6411-295-4 www.fazieditore.it www.campodeifiori.eu

Bertrand Levergeois

GIORDANO BRUNO

traduzione di Manuela Maddamma

Il cammino pi breve da noi a noi stessi lUniverso. MALCOLM DE CHAZAL, Sens magique

Introduzione Inattualit di Giordano Bruno


Era perci davvero un abbandonarsi ai propri desideri, quando mi figuravo che avrei potuto trovare come educatore un vero filosofo, che potesse strappare un uomo allinsoddisfazione dovuta allepoca e gli insegnasse di nuovo ad essere, nel pensiero e nella vita, semplice e schietto , quindi inattuale nel senso pi profondo della parola. FRIEDRICH NIETZSCHE

Galileo, Bruno: due processi, due trattamenti. Il sapiente torna sulle sue posizioni e si ritrova condannato agli arresti domiciliari; il filosofo si rifiuta e muore sul rogo dellInquisizione. Di recente, in occasione della sua apparente riabilitazione, il primo ha meritato la clemenza di Giovanni Paolo II. Doloroso malinteso, queste, alla lettera, le parole del pontefice. Laffaire Galileo, le cui conclusioni non sono state riesaminate, si chiude con la constatazione del ritardo della Chiesa sulla storia della scienza: in loro nome, Roma ammette che alcuni teologi contemporanei non hanno saputo interpretare il significato profondo, non letterale delle Scritture, quando descrivono la struttura delluniverso creato, e questo li ha portati a trasporre indebitamente una questione di osservazione fattuale nel campo della fede1. Bruno, invece, non avr il beneficio di questa confessione. Confrontati a quelli di Galileo, i suoi errori non possono appellarsi ad alcuna misericordia: La condanna per eresia [di Bruno], riaffermano le autorit vaticane, indipendentemente dal giudizio che si voglia rivolgere alla pena di morte che gli fu imposta, si presenta come pienamente motivata2. Ulteriori ricerche hanno dato torto al condannato perch il suo copernicanesimo non si fonda su ragioni scientifiche. Ed chia-

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ro che, seguendo questa argomentazione fatale, lInquisizione non ha avuto torto nel giustiziare lautore di argomentazioni non confermate dalla posterit. A questo punto non bisognerebbe punire anche Newton invocando Einstein? Del resto, non rischieremmo dincatenare la teologia cristiana sottomettendola tirannicamente allevoluzione delle tecnoscienze? Pi di recente, al di l di questo pericoloso ricorso a principi criptoscientifici, Bruno stato oggetto di un anatema in piena regola. In una rivista cattolica italiana, le elucubrazioni pi azzardate e certe interpretazioni riduttive sono state loccasione per una violenta denuncia3: il filosofo stato accusato di essere una spia, un assassino, un panteista confuso praticamente un ateo, un pensatore noioso che negava il libero arbitrio e limmortalit dellanima; in definitiva niente di meno che la prefigurazione delle tesi dei teorici dei campi nazisti e stalinisti Il diluvio di calunnie per un solo scopo: giustificare a tutti i costi la decisione dellInquisizione al fine di ridurre Bruno alla sua eresia. Non forse da tempo che i migliori specialisti sono concordi nel considerare il processo al filosofo perfettamente regolare? E a dire il vero, come avrebbero potuto Roma e i suoi fedeli non considerare eretico un ex religioso apostata che aveva ostinatamente rifiutato di abiurare? Da un punto di vista puramente disciplinare, senza dubbio i processi a Galileo e a Bruno non hanno molto in comune perch il secondo appartiene alla storia della Chiesa. Tuttavia il filosofo non pu essere ridotto alla sua formazione domenicana dei primi anni. La rottura con il suo ordine, il suo itinerario da esule attraverso lEuropa, la ricerca instancabile di una cattedra dalla quale professare liberamente, i suoi numerosi scritti distribuiti nellarco di nemmeno dieci anni, la sua frequentazione degli ambienti intellettuali e delle pi alte sfere politiche, tutto dimostra come egli sfuggisse allobbedienza dorigine. Che si tratti di mnemotecnica, letteratura, cosmologia, morale, matematica, fisica o magia, Bruno innanzitutto un filosofo dichiarato. Durante la seconda met del XVI secolo, chegli attraversa

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come un lampo, il filosofo si colloca in una linea in cui neoplatonismo e aristotelismo si oppongono e si mescolano. alle loro fonti che si abbevera, pur senza ubriacarsi. Peripatetico per la logica delle sue dimostrazioni, rinnega in blocco i settari dAristotele; nel concepire un universo infinito popolato da mondi innumerevoli, appoggiandosi su Copernico che supera, il primo filosofo ad abbandonare la concezione aristotelico-tolemaica di un mondo chiuso, geocentrico. Neoplatonico nel suo aspirare alla divinit, confina tuttavia il suo slancio a un furore eroico che lo porta a riconoscere i propri limiti, rinunciando pertanto alle ambizioni spirituali, per esempio, di un Ficino. N ateo n materialista, Bruno rifiuta di asservirsi a una corrente: rigetta ogni riduzione alla trascendenza o allimmanenza, che invece fa coesistere in virt dellomogeneit della struttura ontologica. Ammette il contraddittorio, non cessa di decentrare il suo punto di vista, affrancandosi da ogni orizzonte del pensiero: non cede mai alla tentazione di elaborare una visione sistematica e se rivendica linaccessibilit dellassoluto solo per impedirsi di avallare il relativismo degli scettici. A dispetto delle caricature cattoliche del nostro tempo, il divino risiede nel cuore delle speculazioni bruniane. E proprio da esso scaturiscono: da qui la sua rilettura di san Tommaso dAquino, che stima, di Lullo, che approfondisce, e di Niccol Cusano, che riorienta nella sua riflessione sullinfinito e la coincidenza degli opposti. Le loro argomentazioni gli danno modo di riflettere sullarte della memoria, strumento decisivo per tentare di definire, per parole e immagini, tutta la conoscenza del reale. Gli danno anche loccasione di mettere in discussione la matematica del suo tempo, in favore di una rivalutazione qualitativa (e non pi quantitativa) della stessa e di un nuovo confronto con i dati dellesperienza. Nel pieno evolversi della Controriforma e nel vivo delle guerre di Religione, le dispute teologiche gli permettono di fare il punto sulla morale; utilizza Erasmo contro Lutero, colpevole di aspirare a una relazione privilegiata con un Dio che, in assenza di

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unopera giustificatrice, non saprebbe testimoniare la sua grandezza. Teocentrico, a dispetto delle apparenze, Bruno vuole tuttavia modellare la teologia cristiana e le sue incarnazioni cabalistiche, aspira a denunciarne lasinit ovvero lincapacit e lincompetenza , assegnando alla Chiesa (Romana, secondo la sua riflessione) un solo compito e una sola missione: preservare gli interessi della comunit umana. Bruno non teme di mettere a repentaglio i teologi, gli umanisti e gli spiriti nuovi del suo tempo, non si serve neppure delle loro esperienze. Riconoscendo il proprio scacco di fronte a Dio, chegli considera necessariamente fuori portata, preferisce mettersi dalla parte della natura, dellinfinitamente finito. Metafisicamente, non si trova pi integrato di quanto non sarebbe lessere sul piano della divinit; ma questultima, legittimando una corrispondenza analogica tra i differenti gradi della struttura ontologica, gli apre laccesso a una certa forma di verit. In questo senso il filosofo fece riferimento alla tradizione magico-ermetica non, come sostenuto fino a poco tempo fa dagli studi della Yates, al fine di una misteriosa ricerca di segreti astrologici, ma piuttosto per illustrare con i fatti ci che lega sapere e debolezza, ignoranza e potere. Solo cos si pu comprendere la sua instancabile ricerca di un trampolino universitario e le sue relazioni privilegiate con le corti di Enrico III, Elisabetta I e Rodolfo II: per lui, nessuna filosofia senza politica, nessuna politica senza filosofia. Scomunicato da cattolici, calvinisti e luterani, Bruno segna i limiti della messa in atto delle sue concezioni, dai suoi ripetuti insuccessi accademici (non si presenta forse, volente o nolente, come accademico di nulla accademia?) fino alla sua tragica fine sul rogo il 17 febbraio 1600. Certo, gli ultimi decenni insanguinati del suo secolo non si sono granch prestati allo sforzo di conciliare le esigenze della verit con quelle dellonest: Enrico III, anche lui, ha pagato con la vita. Senza arrivare a parlare di tolleranza (come dimenticare la violenza degli attacchi di Bruno contro i protestanti?), si deve constatare nel filosofo la preoccupazione di placare le dispute del

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momento facendo la guerra ai loro responsabili teorici. Questa posizione intellettualista non equivale certo a trincerarsi dietro le idee. Bruno se ne assume sempre le conseguenze, anche le pi pesanti. In questa prospettiva dobbiamo ricollocare il suo ultimo faccia a faccia con lInquisizione. Liberare la filosofia dalla sua impotenza senza dubbio uno dei principali obiettivi di Bruno. Ma sia per le sue origini domenicane, sia per levoluzione della Chiesa post-tridentina e forse anche per la specificit stessa dellesperienza filosofica4, la sua impresa fallisce. Nientaffatto eresiarca, Bruno non desidera mai sostituirsi al potere ecclesiastico poich egli insiste sul suo annullamento di filosofo davanti a Dio; ma rifiutando di abiurare che egli raccomanda una insurrezione assoluta davanti allautorit religiosa. Necessaria e volontaria a un tempo, la sua impotenza inaugura una svolta nella filosofia che, a quanto pare, rivive nel confronto con i teologi cattolici: a partire da Bruno, la filosofia rinasce liberandosi dalle pretese della religione cristiana5. L dove non costretta in gerarchie, simpone: in seno alla Chiesa di Roma, chegli abbandona ma che desidererebbe ritrovare; attraverso citt dalle fedi cos discordanti come Ginevra, Tolosa, Londra, Helmstedt o Venezia, cos come allincrocio di discipline cosmologia, magia, matematica Reagendo contro lattualit, Bruno reagisce contro il tempo, e in tal modo, sul tempo, annunciando un tempo venturo6. Inattesa, la prova letteraria chegli conduce diventa immediatamente avvincente: criticando Petrarca e i pedanti umanisti ispirer da subito Joyce. E cos il suo interrogarsi sulla conquista dellAmerica, che disapprova, sulla lingua, le donne, i matematici o linfinito cosmologico: se sembra smarrirsi in fin dei conti per meglio farci da guida, e non da punto di riferimento, poich egli non si preoccupa che di moltiplicare i centri, decentrando senza sosta lapproccio filosofico, avvicinandolo in particolar modo alla poesia e alla pittura. N moderno n arcaico, Bruno inattuale: prima di lui forse Socrate; dopo di lui, Dom Deschamps, Nietzsche e il matrimonio dellarte col pensiero di Pessoa. Inesauribilmen-

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te prodigo, la filosofia insorta in lui, come in tutti coloro che simpegnano nella lotta della verit contro i saccheggiatori della libert e della vita.

La prima biografia francese di Bruno, opera di Christian Bartholmss, risale al 1846 e, fatta eccezione per una breve monografia di mile Namer, niente di paragonabile, da questo versante delle Alpi. In Italia numerosi lavori, molti dei quali insuperabili, hanno tuttavia arricchito la ricerca: nel 1921, Vincenzo Spampanato pubblica la sua voluminosa Vita di Giordano Bruno con documenti editi e inediti, la quale fa gi il punto su aspetti poco conosciuti; cinquantanni dopo Giovanni Aquilecchia, senza dubbio il pi esperto in quel momento per ci che concerne limpianto dei testi bruniani, raccoglie il frutto delle sue scoperte in un opuscolo di rara densit; infine, nel 1990, Michele Ciliberto ci offre una riflessione filosofica che tiene conto della maggior parte dei documenti biografici disponibili. Da una decina danni sono apparse alcune traduzioni francesi che ci hanno permesso di apprezzare testi inaccessibili in questa lingua da pi di quattro secoli: attualmente la filosofia bruniana si manifesta nella sua ampiezza. Alla luce di questa inversione di tendenza, i materiali sono certi e abbastanza ricchi per poter tentare al meglio una presentazione biografica. Certo, il mito di Bruno sussiste, come testimoniano in Francia, Italia e Germania molte versioni romanzate della sua vita. In compenso, sia per la qualit che per labbondanza, gli studi, in particolare italiani, sono sufficienti a controbilanciare dora in poi il fiorire di versioni favolistiche, e invitano anzi a non dissociare mai pi un pensiero da unesistenza che non ha smesso di nutrirsene, di rifletterne gli aspetti, anche i meno compatibili. In Bruno nessuna biografia senza filosofia e nessuna filosofia senza biografia. Del resto, ad eccezione della sua opera filosofica, i documenti relativi alla sua vita non sono numerosi, tanto basti: nessuna corrispondenza come per un Era-

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smo. Al di fuori del contenuto delle sue opere attraverso coloro che lhanno incrociato, sostenitori o detrattori, che abbiamo trovato materiale per poter considerare chi stato plausibilmente, come avrebbe detto Lucien Febvre7. Un metodo biografico simpone? In uno dei suoi ultimi articoli, Alberto Savinio, fratello di Giorgio De Chirico e creatore multiforme, considera il modo migliore per intendere il filosofo: Per comprendere chiaramente (non dico profondamente) un uomo, e soprattutto un uomo come Giordano Bruno, necessario non soltanto mettersi fuori Giordano Bruno, ma mettersi pure fuori da se stessi8. Abbiamo cercato di seguire questa lezione (il pensiero e la vita del filosofo, confessiamolo, vi si prestano a meraviglia) per non sprofondare, trascinando il lettore con noi, in un tema ancora cos propizio a essere ricondotto a luoghi comuni: Bruno martire del libero pensiero, Bruno precursore delle scienze moderne ecc. Abbiamo cercato di rispettare lavvertimento del supremo consigliere: La piccola forza che occorre per spingere una barca nel fiume non deve essere confusa con la forza di questo fiume che da allora in poi la porta: ma ci accade in quasi tutte le biografie9.

Senza i lavori di tutti coloro che hanno studiato da vicino Giordano Bruno, il nostro non avrebbe potuto compiersi. La lista dei collaboratori sarebbe troppo lunga per essere stilata: lorientamento bibliografico che chiude la nostra opera ne fornisce un riassunto. Una menzione speciale merita chi ci ha aiutato in modo pi diretto. I nostri ringraziamenti sono rivolti innanzitutto a Bndicte Leugen de Kergolan per averci riletto, a Tullio Kezich per i riferimenti cinematografici, a Ivanka Stoianova, Thierry de La Croix, Giuliano Zosi e Gaetano delli Santi per le informazioni musicali, ad Amalia Perfetti per le sue indicazioni bibliografiche e a Rita Sturlese per le sue precisazioni sul passaggio di Bruno a Oxford e le sue proposte di rilettura riguardo la funzione della memoria nel filosofo.

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Infine, vorremmo rivolgere un pensiero speciale a un pittore, Fabrizio Clerici. Poco tempo prima della sua scomparsa, evocando il progetto di uno dei suoi quadri (lincontro postumo del filosofo col cardinale Bellarmino!), ci aveva reso partecipi della sua scoperta, alla Biblioteca Vaticana, di un documento la cui pubblicazione avrebbe gettato una luce nuova sulla condanna di Bruno. Non sapremo mai se questo segreto sia o no di Pulcinella, non ci resta che piangere la perdita del suo confidente. Parigi, febbraio 1995 Allangolo di rue Giordano Bruno

PARTE PRIMA

Lapprendistato dellesilio

1. Nola. Lorizzonte dellinfanzia

In verit, a stento oserei affermare ci di cui alcuni storici fanno fede, che siano stati uccisi duemilaottocento nemici e dei Romani non siano caduti pi di cinquecento; ma sia che la vittoria sia stata cos grande, sia che sia stata di minori proporzioni, in quel giorno forse fu compiuta la pi grande impresa di quella guerra: infatti, non essere vinti da Annibale allora fu pi difficile che vincerlo poi1. con queste parole che Tito Livio evoca la prima vittoria sui cartaginesi delle truppe del pretore Claudio Marcello, alle porte di Nola, nel 216 avanti Cristo. Poco pi avanti ne parla di nuovo, esaltandone il coraggio, trionfante: In quel giorno furono uccisi dai Romani pi di cinquemila nemici, seicento furono presi vivi con diciotto insegne militari e due elefanti; quattro di essi erano stati uccisi in combattimento. Dei Romani caddero meno di mille 2. Tralasciando le sue origini ausoniche, questo il pi lontano ricordo che la storia ci ha lasciato di Nola, la citt natale di Giordano Bruno: ricordo al quale egli non rest affatto insensibile poich, nel marzo 1588, don ai suoi ammiratori di Wittenberg una xilografia che glorificava lepisodio3. Un simile slancio di patriottismo, piuttosto controverso4, non pu far dimenticare le vicissitudini di questa piazzaforte, prima etrusca, poi sannita e romana. Citt di pianura, non circondata n da fiume n da mare5, Nola soffr una lunga serie di invasioni, dal sacco dei visigoti fino ai saccheggi dei van-

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dali nel 455. Sar solo con la dominazione angioina, quando Guido di Montfort ne far il suo feudo nel 1269, che una certa serenit comincer a regnare nei dintorni. Ma Nola sar ancora destinata a subire le tensioni provocate dalla lotta tra guelfi e ghibellini, i danni di piogge torrenziali, la peste6, gli sbalzi dumore del Vesuvio cos come lattrazione famelica da parte di Napoli, qualche chilometro a sud-est. Allalba del XVI secolo Nola ha gi acquisito una certa fama. A dispetto della sua scarsa popolazione (meno di quattromila abitanti intra muros), questo cupo bastione della Campania, con la sua sede episcopale, testimonianza delle insigni figure di san Felice e san Paolino7 e della sua antica nobilt, a lungo vassalla degli Orsini8, ha finito per costituire il crogiolo di una rinascita sociale ed economica. Ne sono testimonianza la sua attivit commerciale e il numero crescente di ambiziose carriere, soprattutto sotto le armi (pi del cinquanta per cento di chiamate), dal suo ricongiungimento al vicereame spagnolo nel 1528. Altrettanto onorati la politica, il diritto9, la medicina e le lettere: come dimenticare Ambrogio Leone, ellenista e storico della citt, amicorum omnium suavissimus di Erasmo o Luigi Tansillo, il poeta petrarchista cos stimato dal Tasso e di cui Bruno citer il licenziosissimo Vendemmiatore? Non c da stupirsi dunque che la citt abbia accolto alcuni grandi poeti dellepoca, da Giovan Francesco Caracciolo a Giovanni Pontano. La famiglia di Bruno discendeva da questo vivaio culturale? Certamente no. I registri municipali, soprattutto a uso del fisco, che enumerano i focolari nolani segnalano la presenza dei Bruno a partire almeno dal 1452, ma questo censimento patronimico fa il repertorio di famiglie che vivevano perlopi di umili mestieri, se non nellindigenza. Da qui ad affermare la bassa estrazione sociale del filosofo il passo breve, e alcuni non hanno esitato a farlo10. Ma la condizione del padre, Giovanni Bruno, invita a rivedere una conclusione del genere. Soldato, come suo figlio dichiarer11, faceva parte delle compagnie agli ordini del vicer o dei suoi signori fino al 1571,

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di quella del conte di Caserta, per esempio. Ebbene, secondo Tansillo, anchegli al servizio degli spagnoli, e la cui poesia religiosa ispirer Malherbe, queste erano esclusivamente composte da gentiluomini12; per ragioni di prestigio i loro uomini darmi, stando a quello che dicono le relazioni degli ambasciatori veneziani, erano tutti obbligati a tenere due buoni cavalli13. Cos i pi bei gioielli delle casate locali, persuasi di veder confermata nelloccupazione militare la fondatezza delle loro prerogative, raggiungevano in massa quelle unit. Dobbiamo dedurre dal disprezzo per la plebe spesso mostrato da Bruno nei suoi scritti che suo padre fosse di ceppo aristocratico? A giudicare dalla sua paga, che aument in fretta e in proporzioni eccezionali, probabile che il padre si fosse distinto in combattimento14. A quanto pare15, per, non arriv mai a superare il grado di portabandiera16 e nel 1571 rinunci ai vantaggi che aveva ottenuto raggiungendo unaltra compagnia. Non si hanno notizie dei beni in suo possesso. Cos, non ci resta che considerare il padre di Bruno un gentiluomo senza titolo e dal reddito modesto17. La famiglia di sua moglie, i Savolino, abitava nel territorio della parrocchia di San Paolo, come attestano ancora una volta i registri dei focolari18. Secondo quelli del 1526, sua moglie, Flaulisa o Fraulissa, vi nacque nel 1522. Non ci sfugge questo strano nome di origine tedesca19; quanto ai nomi di suo cugino e sua cugina Mercurio e Morgana , figli del fratello di sua madre, Scipione, ricordano labitudine che avevano i genitori dispirarsi alla mitologia, alla storia o alla cavalleria per battezzare i loro discendenti: una tale usanza non manc di preoccupare la Chiesa20 e forse influenz il filosofo nellassegnare i nomi agli interlocutori dei suoi dialoghi21. Fraulissa era di rango pi elevato rispetto al marito? Certamente molti membri della famiglia di lei svolgevano funzioni riservate ai gentiluomini e non si spos senza dote, visto che Giovanni ricevette per loccasione una piccola propriet agricola nei pressi di Nola e di San Paolo: senza dubbio questo

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contributo rappresent per lui pi il mezzo per unascesa sociale che un consolidamento del suo status22. in questa contrada, nel casale di San Giovanni del Cesco, piccolo borgo di Nola, che il filosofo venne alla luce, alle radici del monte Cicada23 (o delle Cicale), nel gennaio o febbraio del 154824. In onore di Filippo II, futuro erede del trono di Spagna25, fu chiamato Filippo scelta del tutto comprensibile, considerando il ruolo di Giovanni Bruno nellesercito. Non sappiamo nulla di certo sulla prima infanzia di questo figlio, molto probabilmente unico. Ma non difficile immaginare le giornate di un ragazzino spesso abbandonato a se stesso (suo padre sar ancora in carica intorno alla sessantina!). Quarantanni pi tardi, in certe ore di noia, il filosofo non torner forse col pensiero alla sua lotta fin da giovane contro le sorti della fortuna?26. Un aneddoto fa presumere le preoccupazioni economiche della sua famiglia27. Bruno racconta che, ancora in fasce, scorgendo un serpente che si avvicinava alla sua culla, fu capace di chiamare in soccorso suo padre, con voce chiara e distinta28! Il rettile era penetrato attraverso la crepa di un muro, forse segno della decadenza della dimora dei genitori? O forse questa disavventura dal sapore mitologico serve a testimoniare le facolt prodigiose alle quali il filosofo far riferimento per dimostrare di cosa siano capaci alcuni esseri deccezione29?

Le evocazioni di Nola sono frequenti nellopera di Bruno, e spesso affiora luniverso della sua infanzia. A volte sotto forma di personaggi occasionali, ma senzaltro ispirati alla realt. Come quel malato incapace di spiegare al medico dove alberga il suo male30; il farmacista oltraggiosamente opportunista che apre bottega allinsegna del maiale; la vedova avida che cerca, costi quel che costi, di far sposare le figlie e addottorare il figlio; il curato che assolve incondizionatamente31 oppure labate dal presunto sapere enciclopedico32. Altre volte invece sono parenti del ramo materno, come Laodomia e Giu-

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lia Savolino33, il poeta Tansillo34 o ancora Giovanni Bruno in persona35. Bruno attinge dunque alla sorgente della sua infanzia, ma senza una irrefrenabile nostalgia: quando torna sul suo passato, sempre per esaltare meglio la sua sfida alle avversit36. Certo, non possiamo negargli un profondo attaccamento alla sua terra natia. Ma avremmo torto se applicassimo lespressione romantica di un tormento per la lontananza e lesilio 37 in uno spirito che, in modo indefesso, ha voluto sbarazzarsi di ogni preoccupazione accessoria38. Il sentimento dellinfanzia del XVI secolo non ha niente a che fare col nostro: Due o tre figli mi sono morti a balia, non senza rimpianto o cruccio, confessa Montaigne, per il quale la sola societ che vale quella degli adulti39. Lideale allevare i bambini pi con lindifferenza che con le moine. Montaigne si lamenta della troppa attenzione rivolta ai pargoli: Non posso ammettere quella passione con cui si abbracciano i bambini appena nati, che non hanno n impulso nellanima n forma riconoscibile nel corpo per cui possano rendersi amabili. E non ho sopportato di buon grado che fossero allevati vicino a me 40. Pur restituendo valore allumanit del bambino, Bruno non fa che ratificare la posizione esasperata di questo scrittore41. In realt, levocazione della sua infanzia resta indissociabile dalla sua strategia di spostare il centro del mondo e ricentrarlo precisamente a Nola, cio dove non avrebbe nessuna ragione di trovarsi ma dove, in profondit, si trova quanto si trova altrove. Il filosofo esclude, cos, ogni ricentramento esclusivo. Se rifiuta di privilegiare il luogo delle sue origini lo stesso che torner a mettere avanti a scapito di altre prospettive , perch lo rivendica come una fonte necessaria di decentramento: da allora, il centro del mondo dappertutto, compresi Nola e luniverso della sua infanzia. Eccoci lontani da uno sradicamento affettivo, di fronte allennesima espressione della teoria dei climi42. Il villaggio natale di Bruno diventa punto di riferimento obbligato di un de-

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centramento e ricentramento simultaneo del quale bisogna tenere conto per apprezzare lincessante deriva del punto di vista che risiede nel cuore della sua filosofia. Quando Bruno dipinge i dintorni della dimora familiare e i lavoretti degli abitanti della contrada non tanto per dare smalto al testo con piccoli fatti veri commoventi o bizzarri quanto per assegnare alla Provvidenza una nuova funzione43. E cos quando il padre si prende gioco del comportamento di un vicino non solo per il gusto di una battuta, ma con lintenzione di esplicitare, perfino in forma triviale, la portata di uno strumento teorico cos decisivo come quello della coincidenza degli opposti44. In questo senso non ci sono frontiere tra il ricordo di Nola e la filosofia di Bruno: si rispondono a vicenda come se niente potesse dissociarli. Fin dalla prima giovinezza, Bruno, per mezzo del suo paesaggio familiare, ha compreso limpossibilit di limitare ogni prospettiva. Ecco come render conto di questa scoperta primordiale45: Quando ero fanciullo, o dolce monte Cicala, ed il tuo lieto grembo nutriva le mie giovani carni, mi attraeva, ricordo, la tua sacra immagine. Eri avvolto dedera, coperto dai rami dolivo, del cornio, dellalloro, del mirto e del rosmarino, circondato dai castagni, querce, pioppi, olmi, lieti per lunione con le viti feconde; e mentre la ruvida mano alla tenera porgeva luva, con lindice puntato dicesti a me: Guarda a sud, guarda da quella parte il mio fratello Vesuvio. Anche lui, mio fratello, ti vuole bene, lo credi? Ti devo mandare l? Di: vuoi andare? Rimarrai con lui, poi. Figgendo i piccoli occhi vitrei allinforme figura e cogliendo limmagine di un oscuro ammasso, dissi: Quello con il dorso ricurvo, quello che si piega su se stesso con una dentata china, che fende il cielo contiguo? Tanto lontano di qui, cos brutto, coperto di fumo, non produce alcun frutto, n mele, n uva, n dolci fichi. privo di alberi e giardini, oscuro, tetro, triste, truce, spregevole, avaro. E tu, con un sorriso: Eppure mio

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fratello, ama me e vuole bene a te. Guardalo bene, dunque, e non disprezzare le sue attrattive. So che non far niente che ti sia molesto, e, se non vorrai rimanere, ritornerai. Una volta giunto presso il Vesuvio, Bruno si rende conto che le pendici del monte sono ugualmente ricche di molta vegetazione, di uva pendente abbondantemente dai rami e di frutta svariata. I suoi occhi lo hanno ingannato. Accolto a braccia aperte dal vulcano che gli offre corone di fronde e frutti sconosciuti, ascolta la sua lezione: Rimani qui, dunque, disprezza i Lari del tuo Cicala, considera bene come io sia lo scrigno delle ricchezze, rigoglioso di coltivazioni e come labbondanza si riversi su di me dal corno ripieno. Ora distogli di qui il tuo sguardo, osserva il Cicala, quel mio fratello situato allaltro estremo e con una nera vetta tocca il cielo, con una veste del color della pece copre le oscure membra ed umile e pudico avvolge il misero corpo di una oscura caligine. Il bambino spiega allora al Vesuvio: Cos mi appariva anche la tua immagine prima che venissi ai tuoi campi e quello apparir simile a te, se io vado l. La distanza trasforma laspetto delle cose. Soltanto grazie a un avvicinamento svaniscono le illusioni ed emerge la verit. Il centro del mondo si sposta con noi. Pertanto, non c pi alcun riparo, nessun fondamento immutabile, se non questo ritorno a Nola che apre tutte le prospettive. Linfanzia di Bruno pu cos imporsi in ogni istante della sua riflessione filosofica, e da questo confronto tra ieri e oggi nasce una rimessa in discussione di tutta lattualit. Da allora, la storia dellinfanzia scaturisce in quanto infanzia della storia46. A parte levocare la sua famiglia e i luoghi privilegiati della sua giovinezza, Bruno non mancher di farsi conoscere e riconoscere nella sua qualit di Nolano: con questo nome firmer i suoi scritti, cos lo chiameranno gli interlocutori dei suoi dialoghi e con esso si presenter in terza persona; nelle universit, nelle accademie o a corte, sar sempre il Nolano

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a essere ascoltato, criticato, espulso. Il filosofo definir il suo stesso pensiero nolano47: sorprendente punto di fuga iscritto nel passato, la sua infanzia investir linsieme della sua filosofia per identificarsi ed essere un tuttuno con essa48. Non bisogner dimenticarlo nel corso delle pagine che seguono: non c frattura nel Nolano tra lesperienza della sua vita e quella del suo pensiero, perch considera entrambe come decentramento dal resto e da loro stesse. La rappresentazione delle origini (linfanzia bruniana un teatro della memoria, un palcoscenico in favore del quale il ricordo serve la verit) sar il perno, in perpetuo movimento, attorno al quale la filosofia nolana prende forma, senza tuttavia essere limitata a questo. Questa nolanizzazione assumer una funzione eminentemente direttrice verso tutte le cose, o meglio verso tutto ci che devessere superato: proprio come, diremmo, lorizzonte.

2. Napoli. I primi maestri

Fu un prete, don Gian Domenico Iannello, a insegnare a leggere e a scrivere al giovane Bruno1. Tuttavia, a Nola, leducazione non dipendeva dagli istituti religiosi (soltanto i gesuiti riuscirono a fondarvi un collegio nel 1559), di conseguenza il bambino fin per seguire un insegnamento non assoggettato, o almeno non direttamente, alle prescrizioni della Chiesa2. Molto probabilmente egli segu i corsi della scuola pi vicina, fondata da Bartolo di Aloia delle Castelle sullesempio di quella che il grammatico Lucio Giovanni Scoppa3 aveva istituito a Napoli e la cui reputazione ne fece col tempo il pi storico istituto pubblico del vicereame4. Il contenuto dei programmi dellistituto di Scoppa pu darci unidea di cosa trov Bruno quando raggiunse quello di Bartolo di Aloia. Destinato a istruire i giovani nelle lettere e in tutte le arti liberali5, tale insegnamento metteva laccento, in linea con la corrente umanista, sulla lettura degli autori classici e sullo studio della lingua e della grammatica latine. Una tale impostazione ripugn il Nolano al punto che non smise di fustigarla in tutte le sue opere6. Del resto la sua condanna non fu la sola, dato che la si ritrova gi in Sannazaro, autore dellArcadia7. Tuttavia questa pedagogia lasci in lui tracce tanto profonde quanto amare, se si giudica il ritratto al vetriolo del grammatico che il filosofo si divertir ad abbozzare: Solo lui felice, lui solo vive vita celeste, quando contem-

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pla la sua divinit nel specchio dun Spicilegio, un Dizionario, un Calepino, un Lessico, un Cornucopia, un Nizzolio8. Con questa sufficienza dotato, mentre ciascuno uno, lui solo tutto. Se avvien che rida si chiama Democrito, savvien che si dolga si chiama Eraclito, se disputa si chiama Crisippo, se discorre si noma Aristotele, se fa chimere si appella Platone, se mugge un sermoncello se intitola Demostene, se construisce Virgilio lui il Marone. Qua correge Achille, approva Enea, riprende Ettore, esclama contro Pirro, si condole di Priamo, arguisce Turno, iscusa Didone, comenda Acate; e in fine, mentre verbum verbo reddit e infilza salvatiche sinonimie, nihil divinum a se alienum putat. E coss borioso smontando da la sua cattedra, come colui cha disposti i cieli, regolati i senati, domati eserciti, riformati i mondi, certo che, se non fusse lingiuria del tempo, farebbe con gli effetti quello che fa con lopinione. O tempora, o mores! Quanti son rari quei che intendeno la natura de partecipi, degli adverbii, delle coniunctioni! Quanto tempo scorso, che non s trovata la raggione e vera causa, per cui ladiectivo deve concordare col sostantivo, il relativo con lantecedente deve coire, e con che regola ora si pone avanti, ora addietro de lorazione; e con che misure e quali ordini vi sintermesceno quelle interiezione dolentis, gaudentis, heu, oh, ahi, hem, ohe, hui, ed altri condimenti, senza i quali tutto il discorso insipidissimo?9. Fin dai tempi di Nola e dei banchi di Bartolo di Aloia, il giovane Bruno si confront con i grammatici umanisti. Questi primi scontri dovettero segnarlo per sempre. La sua critica al pedantismo, prima di svilupparsi in altre direzioni, attinger alla sorgente di questi Trissotin dallo spirito ottuso e dal sapere ripiegato su se stesso. Basta una simile delusione a spiegare la sua partenza da Nola allet di quattordici anni? Probabilmente no. A dispetto del suo prestigioso passato e delle sue bellezze naturali, la piccola citt campana non offriva grandi speranze a un semplice figlio di soldato; se il giovane Bruno voleva tentare di sfuggire alla propria condizione sociale doveva prendere il largo10.

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Estremamente fiorente grazie agli spagnoli, Napoli, vera e propria capitale del vicereame, si presentava come destinazione obbligata11. Sotto la tutela di Pietro da Toledo, vicer dal 1532 al 155312, si era ingrandita di oltre un terzo e addirittura arricchita di una cinta muraria; verso la met del secolo, con i suoi duecentomila abitanti (la popolazione era raddoppiata grazie a una costante emigrazione dalle terre circostanti), era diventata una delle citt pi popolose dItalia. Questo sviluppo era avvenuto a scapito di dolorose concessioni: la sottomissione delle baronie, continuamente costrette, nonostante qualche sussulto, ad abbassare la guardia di fronte al nuovo ordine politico13, la soppressione della maggior parte delle libert (espulsione degli ebrei emigrati dalla Spagna14, divieto di stampare e far circolare testi teologici) o il controllo economico. Il governo vicereale aveva tuttavia reso questa metropoli una specie di terra promessa. I cittadini beneficiavano di privilegi fiscali e godevano di una relativa sicurezza, a seguito dellaccanita repressione esercitata contro i capeadores o ladri di cappa, antenati dei camorristi15, al punto che Napoli, malgrado il suo clima politico oppressivo e le incertezze internazionali16, attirava chi cercava di sottrarsi al torpore di una provincia ancora impregnata di feudalesimo. A Nola, come in tutto il vicereame, vigeva ormai labitudine di abbandonare i propri penati per sbarcare il lunario, arricchirsi o, semplicemente, istruirsi17. Oltre a queste circostanze, la predisposizione intellettuale che il giovane Bruno aveva forse gi manifestato18 e il suo modesto stato sociale certamente contribuirono a farne uno dei numerosi nolani candidati allesodo.

Grazie ai frequenti spostamenti, suo padre Giovanni aveva senzaltro avuto il sentore delle opportunit offerte dalla metropoli. Fu lui a consigliare il figlio? In ogni caso, sappiamo che gli fu impossibile accompagnarlo quando nel 1562 Bruno raggiunse luniversit pubblica di Napoli19. Situata al pianoterra e sui due lati di un cortile che serviva

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da accesso al convento dei frati predicatori di San Domenico Maggiore, questa universit o studium era in contatto permanente con la comunit religiosa. Ledificio comprendeva tre sale col soffitto a volta (due davano sul convento, la cui infermeria era al piano superiore): la prima accoglieva gli allievi di diritto canonico e di grammatica greca, la seconda quelli di diritto civile e la terza quelli delle arti liberali20. Su insistenza dei napoletani, che andavano fieri di questa istituzione risalente a Federico II21, le lezioni ripresero nel 1506, tre anni dopo linstaurazione del vicereame, e in seguito furono interrotte solo per brevi intervalli22. LUniversit di Napoli si distingueva dagli altri istituti italiani perch ormai dipendeva solo dal potere spagnolo che ne aveva assunto lamministrazione e la nomina dei professori. Non disponeva di alcuna autonomia, non era nientaltro che uno strumento pedagogico al servizio della Spagna. La sua missione era quella di limitarsi a diffondere una sorta di cultura ufficiale formando unlite, principalmente di medici e avvocati, destinata a rispondere esattamente ai bisogni della regione. Cos, come in ogni altra scala della societ, vi si combinavano assolutismo politico e mercantilismo economico23, tanto che la creazione di qualsiasi altra istituzione analoga era strettamente vietata sul territorio del vicereame. Se a qualche intrepido fosse per caso venuto in mente di ottenere un diploma altrove, questo diploma era dichiarato nullo e il suo detentore minacciato di pesanti pene. LUniversit di Napoli rifletteva gli aspetti paradossali del regime; puro prodotto del centralismo protezionista, ne subiva il contraccolpo: quello che da un lato guadagnava in autorit per la sua posizione privilegiata nel vicereame, dallaltro perdeva in libert e influenza. Vetrina culturale del potere, lo studium ha sempre beneficiato di forti sovvenzioni24. Ma il suo insegnamento non aveva nessuna possibilit di rinnovarsi poich ci si accontentava di riprendere i programmi dispensati dalle altre universit. Certo, per ragioni di prestigio, venivano invitati i migliori professori25. Peccato per che questi ultimi non riuscissero a com-

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petere, in filosofia e teologia, con i corsi privati che i domenicani e i gesuiti prodigavano e che gli alunni dello studium, ben coscienti di questa carenza, seguivano pi volentieri. Quanto alla medicina, non potevano nemmeno competere con Salerno, dove contrariamente allorganizzazione napoletana, il conseguimento dei diplomi non dipendeva dalla volont vicereale 26. A dispetto delle sue ambizioni, dunque, lUniversit di Napoli perdeva a poco a poco terreno, soprattutto rispetto ai liberi docenti, spesso pi aperti, che venivano da fuori; non essendo mai uscite dal loro ambiente, le universit tendevano ormai a non insegnare nientaltro che teorie datate27. Cos, quelle aule che, conformemente alle istruzioni spagnole, avrebbero dovuto rigurgitare di allievi disciplinati conobbero disordini e violenze (la detenzione di armi era perfino stata proibita, senza dubbio invano, da due decreti vicereali del 1556 e 155828!), quando non erano addirittura disertate Quando il giovane Bruno entra alluniversit nellottobre del 156229, legemonia del potere diventa ancora pi tangibile. Bench il corpo insegnante fosse di un livello rispettabile, ci si formava sempre meno. Tuttavia, lo studium non arriv a far dimenticare let delloro delle accademie napoletane, grazie alle quali aveva regnato una certa libert intellettuale, in particolare durante la dominazione aragonese: le accademie di Pontano, dei Sereni, degli Ardenti, degli Incogniti erano tutte state soppresse, una dopo laltra, dal giogo vicereale col pretesto di aver sostenuto dottrine eretiche in realt, nella loro essenza, troppo davanguardia. Forte della sua reputazione (che ne far ugualmente la pi notevole istituzione scolastica di Napoli), luniversit cercava senza successo di rispondere sia alla sparizione delle accademie sia allinfluenza crescente degli insegnamenti venuti da fuori. Ma come dar credito a una simile istituzione? Qualche anno pi tardi i suoi professori titolari non avrebbero forse dovuto giurare la loro fede cattolica conformemente alla bolla di Pio IV del 156430? Preoccupate di affidare bench a loro spese leducazione dei loro ragazzi a professori privati pi libe-

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rali e aggiornati, le famiglie agiate trascurarono a poco a poco listituto. Oppressa dal suo clima conformista, luniversit veniva cos asservita anche alla moneta sonante. Incapace di reagire stava diventando suo malgrado la scuola dei poveri 31.

In quel periodo Napoli era sottoposta a dure prove: nel 1561, per due volte, un terremoto scosse la citt; dal novembre 1562 al gennaio 1563 unepidemia falci pi di ventimila napoletani32. Il nuovo orizzonte di Bruno appariva molto cupo. Lontano dai suoi e sottomesso allautorit di una accademia di Stato, essa stessa alla merc di un potere poco incline alle lettere 33, il Nolano si rassegn allasprezza di un ordine politico senza ambizioni intellettuali. La disillusione, ecco il sentimento che travolgeva il suo animo oltre al fatto che gli insegnanti delluniversit, come confesser pi tardi, non gli trasmettevano granch34. Occorre per dire che questi maestri, tutto sommato mal pagati, erano poco rispettati dalla societ napoletana (i pi competenti sarricchivano con le lezioni private) e che i diplomi ottenuti grazie allo studium, cio grazie ai collegi che li rilasciavano non senza negligenza35, attiravano paradossalmente solo quelli che volevano sfuggire alla carriera accademica. I pi accorti preferivano quelle da avvocato o da medico, molto pi redditizie. Tutto fa pensare che nei primi anni napoletani Bruno si nutr di lezioni private36. Scelse di seguire linsegnamento di un certo Teofilo da Vairano, il principale maestro di filosofia che abbia mai avuto37, disse. Allievo nel 1558 del convento napoletano di SantAgostino, dove divenne lettore e maestro il 23 aprile 1562, ottenne il diploma e poi, divenuto professore di teologia sacra a partire dal 1565, lanno successivo gli furono assegnate cariche temporanee allUniversit di Firenze; questo padre agostiniano termin la sua carriera a Roma, allUniversit La Sapienza, prima di spegnersi a Palermo al servizio del principe Marco Antonio Colonna in qualit di maestro di filosofia38. Questo pressap-

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poco ci che sappiamo di lui. Ma c da scommettere che il suo agostinismo lasci sul giovane Nolano unimpronta indelebile39, che potrebbe averlo portato a criticare laristotelismo in nome di una versione cristianizzata del platonismo. Influenzando con la loro presenza la vita culturale di Napoli, illustri rappresentanti di questa corrente platonizzante, come Egidio da Viterbo, non esitarono ad avvicinarsi allaverroismo di un Nifo oppure, seguendo lesempio di Girolamo Seripando, il pi gran pensatore ebreo dellepoca 40, ad aprirsi alla mistica cabalistica per difendere al Concilio di Trento la teologia della doppia predestinazione41. Da qui deriva, probabilmente, in Bruno, una tendenza a trovare Dio non soltanto allinterno dellanima credente e amante e nella perfezione esemplare del mondo intellegibile, ma ugualmente in tutta la natura42. Da qui, inoltre, il desiderio dinterrogarsi su una teologia negativa (cfr. il sermone 17 di Agostino: Si comprehendis, non est Deus [Se comprendi, non Dio]), appoggiandosi nel contempo sulla rivelazione dellimmanenza divina, essa stessa accessibile alla ragione umana (Intellige ut credas, diceva ancora il vescovo di Ippona [Capisci, per credere])43.

Se questa prima influenza si esercit al di fuori di un quadro scolastico, non possiamo dire altrettanto per la seconda, che si riallaccia a teorie opposte, cio al ritorno allautentico Aristotele. Questa tendenza aveva gi arricchito le dispute teologiche del XIII secolo, ma una sua pi larga diffusione, a partire dal 1530-154044 grazie allesegesi di Alessandro di Afrodisia, di Giovanni Filopono, di Ammonio e Simplicio , aveva stimolato numerose ricerche sullo Stagirita, mirando sia a purificarne il testo con Simone Porzio, sia a riempire le crepe con Marco Antonio Zimara, Bernardino Tomitano e soprattutto Girolamo Balduino, il celebre logico della scuola padovana45. Giunto a insegnare allUniversit di Napoli, questi aveva fatto della diffidenza che provava nei confronti delle interpretazioni filologiche il suo principale cavallo di battaglia.

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Uno dei suoi discepoli, Vincenzo Colle da Sarno, seguiva la stessa tesi46 e fu il secondo maestro del giovane Bruno47. Secondo questo aristotelico, poco importava che questo o quel giudizio risalisse o no ad Averro, ci che contava in definitiva era pi la sostanza che la forma del testo pi le cose che le parole. E se il filosofo arabo aveva compreso il pensiero di Aristotele, poco importava che la lingua nella quale si era espresso fosse impura e le sue traduzioni approssimative. Mal tradotto in latino, Averro restava tuttavia intellegibile e, quandanche non fosse stato lautore dei commenti che gli erano attribuiti, questi ultimi non risultavano meno utili o necessari e, di conseguenza, peripatetici: insomma, Vincenzo Colle da Sarno proponeva un approccio aristotelico ma antifilologico e dunque antiumanista, e questo non poteva che rafforzare le reticenze del Nolano nei confronti dei grammatici. Le lezioni pubbliche tenute allUniversit di Napoli da Vincenzo Colle segnarono risolutamente Bruno poich, a suo dire, nella dottrina dello Stagirita che fu allevato48. Al tempo stesso ladolescente doveva confrontarsi con i temi filosofici di allora: da una parte scopriva le difficolt del platonismo agostiniano in piena restaurazione cattolica (il Concilio di Trento aveva rifiutato la tesi della doppia predestinazione proposta da Seripando49); dallaltra, in nome della sua avversione per i grammatici e per la corrente umanista, rinunciava al sostegno degli aristotelici di stretta osservanza. Daltronde, sincamminava verso ci che aveva le sembianze di un dilemma inevitabile: da un lato, con gli eredi del Liceo, si faceva partigiano di una soluzione universale, propizia nei riguardi di una Chiesa minacciata dalle divisioni; dallaltro, con quelli dellAccademia, optava per una speculazione individuale rivolta a una relazione personale e privilegiata con la verit divina50.

Parallelamente, la lettura del Phoenix sive artificiosa memoria (Venezia, 1491) di Pietro Tommai, detto Pietro da Ravenna, inizi il Nolano a unaltra tradizione di pensiero, vivacis-

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sima nel XVI secolo, larte della memoria 51: Fu una piccola scintilla che, progredendo in una ininterrotta meditazione, fece propagare un incendio su vaste alture. Da quei fiammeggianti fuochi sprizzarono numerose scintille52. Di che si trattava? Per farcene unidea bisogna far riferimento alla corrente mnemotecnica cui Pietro da Ravenna sispir, quella che risaliva a Cicerone. Nella sua teoria sulleloquenza53, loratore latino ricorda lepisodio del poeta Simonide di Ceo che aveva identificato i corpi dei partecipanti a un banchetto sfigurati dal crollo del soffitto ricordandosi il posto che essi avevano occupato per mettere laccento sulla necessit di sviluppare la memoria scegliendo prima di tutto dei luoghi, poi formando immagini corrispondenti ai fatti o concetti che si vogliono ricordare al fine di legare immagini e luoghi. Poich lordine secondo il quale queste immagini sono disposte permette di facilitare la memorizzazione, larte ciceroniana della memoria poteva essere paragonata a un sistema di scrittura: i luoghi corrispondevano alle collocazioni disponibili su una tavoletta di cera, le immagini alle lettere dellalfabeto. A partire da questo modello Pietro da Ravenna aveva stabilito, stando a quello che diceva, pi di centomila luoghi, e questo gli permetteva di trionfare su chiunque nella conoscenza delle Sacre Scritture e del diritto: appena ventenne e grazie alla determinazione di questi luoghi, era capace di citare a memoria le lezioni del suo maestro allUniversit di Pavia! In realt, al di l di queste prodezze, spesso rivendicate dal suo autore54 ma anche attestate in tutta Europa55, Pietro da Ravenna non si accontent di proporre un procedimento di memoria artificiale in puro stile ciceroniano altrimenti come spiegare lentusiasmo del giovane Bruno per una tecnica semplicemente oratoria, quandegli era il primo a denunciare limperizia dei grammatici? Ci su cui Pietro da Ravenna aveva insistito era innanzitutto la potenza delle immagini: Solitamente colloco nei luoghi alcune fanciulle formosissime che eccitano molto la mia memoria e credimi: se mi sono servito come immagini di fanciulle bellissime, pi facilmen-

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te e regolarmente posso ripetere le nozioni che avevo affidato ai luoghi. Possiedi ora un segreto utilissimo alla memoria artificiale. A lungo ne ho taciuto per pudore. Ma se desideri ricordare presto colloca nei luoghi vergini bellissime. La memoria infatti mirabilmente eccitata dalla collocazione delle fanciulle [...]. Questo precetto non potr servire a chi detesta e disprezza le donne e costoro raccoglieranno con pi difficolt i frutti di questarte. Vogliano perdonarmi gli uomini casti e religiosi: avevo il dovere di non tacere una regola che, in questarte, mi ha procurato lodi ed onori, e desidero acquisire, con tutte le mie forze, eccellenti successori56. Particolarmente stimolante agli occhi di un adolescente, questo metodo, a differenza dei suoi antecedenti medievali, presentava anche il vantaggio di non essere pi legato alla morale cristiana: Pietro da Ravenna laicizzava larte della memoria. Inoltre, ricorrendo alle immagini per supplire le carenze delle parole, entrava apertamente in contrasto con grandi menti che, da Cornelio Agrippa a Erasmo, avevano una pessima considerazione della mnemotecnica in nome del rispetto delle facolt naturali57. Conciliare la scoperta di Pietro da Ravenna, gi arcaica per gli umanisti, col suo doppio orientamento filosofico, nel cuore stesso dei dibattiti tra platonici e aristotelici: questa la difficolt che si presentava allora al giovane Bruno e che non manc di nutrire tutte le sue riflessioni successive.

Dal 1562 al 1565, ladolescente di Nola si ritrov sotto il giogo delle prescrizioni accademiche del potere vicereale. Ma, gi scottato dalla sua prima esperienza scolastica, egli continu a rigettare il brusio dei grammatici per cercare qualche via duscita, proprio confrontando approcci a priori incompatibili. Cos, platonismo agostiniano, averroismo e mnemotecnica divennero un ventaglio di possibilit per decentrare la sua formazione e respingerne sempre i limiti senza mai risolversi a adottare una prospettiva che escludesse un approccio multiforme.

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