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R IC ER C H E E STUDI

SUI. TERRORISM O E LA V IO LEN ZA PO LITICA

Il piano di pubblicazione del programma di ricerche sul terrorismo e la violenza politica promosso dallistituto Car lo Cattaneo prevede i seguenti volumi: Ideologie, movimenti, terrorismi, a cura di Raimondo Catanzaro La politica della violenza, a cura di Raimondo Catanzaro Il terrorismo di sinistra, di Donatella della Porta Il vissuto e il perduto, voi. I, a cura di Raimondo Catanza ro e Luigi Manconi Il vissuto e il perduto, voi. II, a cura di Raimondo Catanza ro e Luigi Manconi Altri volumi sullo stesso argomento gi editi dal Mulino: Terrorismo e violenza politica. Tre casi a confronto: Stati Uniti, Germania e Giappone, a cura di Donatella della Porta e Gianfranco Pasquino Terrorismi in Italia, a cura di Donatella della Porta La prova delle armi, a cura di Gianfranco Pasquino

Questi volumi sono dedicati a tutti coloro che hanno sofferto per le violenze terroristiche nel nostro paese.

ISTIT U T O DI STU D I E R IC ER C H E C A RLO C A T T A N E O

IL TER R O R ISM O DI SIN ISTR A di Donatella della Porta

SO C IE T E D IT R IC E IL M ULINO

ISBN 88-15-02735-1
Copyright 1990 by Societ editrice il Mulino, Bologna. vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

P R E SE N T A Z IO N E

Giunge a conclusione, con queste pubblicazioni, un lavoro di studio e ricerca iniziato nel giugno 1982, quando la Regione Emilia Romagna, rappresentata dal suo presi dente, in attuazione di una specifica legge regionale del precedente mese di maggio, e previa deliberazione del con siglio regionale, stipulava con listituto Cattaneo una con venzione per lo svolgimento di un programma finalizzato alla definizione concettuale e storica della violenza politica e in particolare del terrorismo, e alla comprensione delle sue caratteristiche e radici. Allorigine del programma vi stato dunque limpegno civile nei confronti di un fenomeno che aveva cos dolo rosamente e gravemente colpito a pi riprese la citt di Bologna e la sua popolazione e di fronte al quale la sensibi lit del consiglio regionale e della giunta presieduta da Lan franco Turci si tradussero nellesigenza di fornire una rispo sta in termini di conoscenza e di comprensione. Tale impe gno venne ribadito dal consiglio regionale e dalla giunta presieduta da Luciano Guerzoni, che succedettero a quelli che avevano promosso liniziativa. dunque grazie al sostegno della Regione Emilia Romagna che questo pro gramma si potuto svolgere dai suoi inizi fino alla pubbli cazione dei risultati della ricerca. Nel trarre, alla fine di un lavoro lungo e impegnativo, un bilancio conclusivo, opportuno distinguere tre direttri ci principali dellattivit svolta, che corrispondono ai prin cipali obiettivi assegnati al programma di studi e ricerche. La prima fase, che si svolta tra il 1982 e il 1983, ser vita a censire e sistematizzare le conoscenze disponibili sia sul piano della descrizione empirica che su quello della defi nizione concettuale. L approfondimento del tema, condotto in stretta collaborazione con i maggiori studiosi italiani e
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stranieri, ha avuto come epicentro due importanti conve gni, dedicati rispettivamente allanalisi delle caratteristiche specifiche che il terrorismo ha assunto nella situazione ita liana e al confronto con lesperienza di altri paesi. Di questo approfondimento si dato conto in tre volu mi pubblicati presso la casa editrice il Mulino: Terrorismo e violenza politica. Tre casi a confronto: Stati Uniti, Germania e Giappone (a cura di Donatella della Porta e Gianfranco Pasquino); Terrorismi in Italia (a cura di Donatella della Porta); La prova delle armi (a cura di Gianfranco Pasquino). Insieme allapprofondimento storico e teorico si pro ceduto ad un inventario degli episodi e dei soggetti coinvol ti in fatti di terrorismo nel periodo 1968-1982, del quale ha dato conto il volume Cifre crudeli. Bilancio dei terrorismi ita liani, pubblicato in Misure/Materiali di ricerca dellistitu to Cattaneo, a cura di Donatella della Porta e Maurizio Rossi. Nello stesso periodo, in connessione con unindagine sullatteggiamento verso la pena di morte promossa dal Comune di Bologna e da Amnesty International, listituto ha poi approfondito il tema dellatteggiamento dellopinio ne pubblica di fronte al terrorismo (Cattaneo, III, n. 2, giugno 1983: Perch pi indulgenza per i terroristi?, di Pier giorgio Corbetta e Arturo Parisi). Tale lavoro preliminare ha consentito lavvio, a partire dal 1984, di una seconda fase, finalizzata alla conduzione di una attivit di ricerca originale e sistematica rivolta in due direzioni. La prima indirizzata alla creazione di un archivio documentario finalizzato alla raccolta e allanalisi di materiale informativo sul terrorismo, sia di fonte giudi ziaria (sentenze definitive e istruttorie, verbali di interroga torio), sia avente origine negli stessi gruppi terroristici (volantini di rivendicazione, documenti programmatici, risoluzioni strategiche, documenti delle aree omogenee sulla dissociazione). L altra direzione di ricerca ha avuto per oggetto unindagine sulle storie di vita dei terroristi, che ha portato alleffettuazione di 53 interviste in profon dit a protagonisti delleversione di destra (23 soggetti) c di sinistra (30 soggetti). Le interviste sono state condottisecondo un piano che garantisse la copertura pi ampia pos
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sibile degli orientamenti e delle posizioni emerse, nellespe rienza italiana, lungo lintero arco del fenomeno terroristico. La terza fase consistita nel lungo, difficile e complesso lavoro di analisi del materiale documentario e delle intervi ste, sottoposte dapprima ad uno screening della registrazio ne su nastro e successivamente trascritte. Contemporaneamente listituto approfondiva la temati ca dei servizi segreti e dei rapporti tra democrazia e segreto in due convegni di studio con la partecipazione di studiosi italiani e stranieri. Di tale approfondimento si dato conto in due volumi, Democrazia e segreto. Riflessioni a partire dal caso americano, e Democrazia e segreto in Italia, pubblicati in Misure/Materiali di ricerca dellistituto Cattaneo, entrambi a cura di Raimondo Catanzaro. L analisi delle trascrizioni delle interviste in profondit, svoltasi durante il 1987, ha consentito una prima presenta zione pubblica dei risultati e un confronto con studiosi stranieri sul problema del terrorismo, della violenza politica e dei movimenti collettivi in Italia nel corso del convegno Il vissuto e il perduto. Percorsi biografici e realt sociale degli anni di piombo, svoltasi a Bologna il 3-4 giugno 1988, e le cui relazioni, rivedute e in parte riscritte dagli autori, vengono pubblicate nei primi due volumi. ' Unattivit di ricerca, in particolare quando occupa un arco di tempo cos esteso e con unquipe di cos ampie proporzioni, non pu svolgersi senza supporti da istituzioni e contatti con una molteplicit di persone che mi impossi bile ricordare tutte. Non posso tuttavia dimenticare che lintero programma non si sarebbe potuto svolgere senza il costante e puntuale coordinamento di un comitato scientifi co presieduto da Luigi Pedrazzi, e del quale hanno fatto parte Augusto Balloni, Luciano Bergonzini, Francesco Ber ti Arnoaldi, Massimo Brutti, Gian Carlo Caselli, Leopoldo Elia, Vittorio Grevi, Ferdinando Imposimato, Federico Mancini, Nicola Matteucci, Arturo Parisi, Gianfranco Pasquino, Stefano Rodot, Giovanni Tamburino, Angelo Ventura, Piero Luigi Vigna e Luciano Violante, la cui espe rienza di magistrati, esperti di diritto, parlamentari e stu diosi stata preziosa per indirizzare lattivit di ricerca.
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Tale attivit non si sarebbe potuta nemmeno avviare senza la comprensione dellallora ministro della Giustizia, on. Mino Martinazzoli, e del dott. Nicol Amato, direttore generale degli Istituti di prevenzione e pena, grazie alla cui collaborazione stato possibile condurre buona parte delle interviste nelle carceri. Le interviste sono state condotte dai componenti il gruppo di ricerca, vale a dire Donatella della Porta, Giusep pe De Lutiis, Maurizio Fiasco, Patrizia Guerra, Luigi Manconi, Domenico Nigro, Claudio Novaro, Bruno Osella, Lui sa Passerini, Enrico Pisetta, e per qualche tempo Sara Bentivegna, insieme ai quali il mio ringraziamento va a tutti gli intervistati che con grande disponibilit hanno acconsentito a ricostruire insieme a noi pezzi, spesso dolorosi e traumati ci, della loro vita. Proprio in considerazione di questo aspetto, e per rispettare la richiesta da parte di alcuni di mantenere lanonimato a garanzia del carattere confiden ziale delle interviste, i loro nomi non vengono citati per esteso in questi volumi. La sbobinatura delle interviste e la loro trascrizione stata effettuata da Claudia Sofritti e da Lucia Trippa; questultima ha curato anche la raccolta del materiale docu mentario e la sua archiviazione. Durante tutto larco di svolgimento del programma ho potuto usufruire del costante e attivo sostegno sia del presi dente dellistituto Cattaneo, Luigi Pedrazzi, sia della dire zione, dapprima nella persona di Arturo Parisi e, nellulti mo anno, di Piergiorgio Corbetta, nonch della collabora zione di Piero Bongiovanni, Giovanni Cocchi e Mirella Marani. Mi sia consentito infine un ringraziamento del tutto personale ad Arturo Parisi; non tanto per aver proposto allistituto la mia candidatura alla direzione del programma di ricerca, quanto per aver testimoniato con il consiglio scientifico e laiuto nei momenti difficili il valore incstima bile dellamicizia.
R aimondo C atanzaro

Bologna, gennaio 1990

IN D IC E

I.

Lo studio delle organizzazioni clandestine 1. Alcune precisazioni sullutilizzazione del con cetto di terrorismo 2. Gli approcci teorici allo studio della violenza politica 3. Le organizzazioni clandestine di sinistra in Italia: le ipotesi della ricerca 4. Metodi e fonti della ricerca

p.

13 15 20 29^*sS 41 51 51 62 74

II.

Cicli di protesta e origini del terrorismo 1. Movimenti collettivi e violenza politica in Italia 2. Ciclo di protesta della fine degli anni sessanta e nascita del terrorismo 3. Movimento del 77 e terrorismo

III.

Processi organizzativi e scelta della clande stinit 1. Le organizzazioni clandestine in Italia 2. La fondazione delle prime organizzazioni clandestine: le Br 3. La fondazione delle organizzazioni clandestine nella seconda met degli anni settanta: PI e Fcc 4. Un modello per lemergere delle organizzazio ni clandestine

91 91 97 -* 106 122

IV.

Il processo di reclutamento: le motivazioni individuali 1. Socializzazione primaria e adesione a gruppi clandestini: una critica
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2. Caratteristiche strutturali degli individui e adesione alle organizzazioni clandestine p 3. Socializzazione politica e reclutamento nei gruppi clandestini V. Mantenimento dellimpegno e incentivi or ganizzativi 1. La partecipazione nelle organizzazioni clande stine 2. Gli incentivi di identit e lintegrazione dei militanti 3. Gli incentivi ideologici e lintegrazione dei militanti 4. Gli incentivi materiali e lintegrazione dei mi litanti Strategie organizzative e mobilitazione delle risorse 1. Le strategie organizzative: una premessa 2. Strutture organizzative e mobilitazione delle risorse 3. Repertori dazione e mobilitazione delle risor se: le tattiche 4. Repertori dazione e mobilitazione delle risor se: i bersagli 5. Produzione ideologica e mobilitazione delle risorse VII. Dinamiche interne ed evoluzione delle orga nizzazioni clandestine 1. Le trasformazioni nella struttura organizza tiva 2. Le trasformazioni nei repertori dazione: le tattiche 3. Le trasformazioni nei repertori dazione: i bersagli 4. Le trasformazioni nella produzione ideologica V ili. La crisi del terrorismo in Italia 1. Struttura delle opportunit e sistema delle re lazioni internazionali

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VI.

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2. Struttura delle opportunit e intervento dello stato p 3. Struttura delle opportunit e sistema dei par titi 4. Struttura delle opportunit e movimenti col lettivi 5. La dissociazione dalla lotta armata e la crisi del terrorismo IX . Alcune osservazioni conclusive sul caso ita liano

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Fonti e ringraziamenti Riferimenti bibliografici

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C A P IT O L O P R IM O

LO STU D IO D E L L E O R G A N IZ Z A Z IO N I C L A N D E ST IN E

Fra i fenomeni che hanno caratterizzato la storia italia na degli anni settanta, il terrorismo certamente quello pi drammaticamente presente nella memoria collettiva. Vari interrogativi sono stati posti nel dibattito di quegli anni sul le cause di una violenza politica di tale intensit e durata. Le condizioni ambientali per il suo emergere sono state in dividuate ora nelle peculiarit della cultura politica, ora nel la gravit che alcuni problemi sociali avevano assunto nel corso della lunga crisi economica. Alcune organizzazioni po litiche sono state accusate di avere offerto strutture o legit timazione alle formazioni clandestine. La percezione delle stensione raggiunta dal fenomeno ha accresciuto il bisogno di capire le motivazioni che hanno spinto tanti individui, appartenenti ad una generazione socializzata alla politica in un regime democratico ormai consolidato, verso comporta menti di un tale livello di violenza. Molte delle domande poste dal dibattito di allora, incal zato dallurgenza dei provvedimenti da prendere, sono ri maste senza risposta. Solo in un periodo pi recente, il mu tare del clima politico, insieme alla disponibilit di fonti di informazione, hanno consentito di affrontare quelle que stioni con maggiori ambizioni di comprensione scientifica. Questo lavoro si propone di contribuire alla riflessione su quegli anni, attraverso una ricerca empirica sulle organizza zioni clandestine di sinistra allora attive. Occorre, innanzitutto, delimitare loggetto di questa ri cerca, in relazione sia al tipo di azioni che al tipo di attori. Non costituiscono oggetto d analisi le organizzazioni politi che clandestine con ideologie differenti, come quelle neofa sciste. Escluse sono quelle organizzazioni che, pur utilizzan do forme d azione illegali e violente, hanno operato per prevalentemente a livello legale. Al di fuori dei confini del
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nostro studio sono inoltre quei fenomeni di criminalit non politica che una certa pubblicistica ha spesso accostato al terrorismo: la mafia o la camorra, ad esempio. Non vengo no, infine, incluse quelle forme di criminalit politica che si. avvicinano in vario modo al terrore di stato 1, cio quelle in cui una violenza illecita viene esercitata da apparati statali oppure in cui gruppi inseriti nella coalizione di potere domi nante cercano di produrre trasformazioni politiche attraver so strumenti illegali, come stato documentato nel caso del la loggia massonica P2. Riferimenti a tutti i fenomeni sopra indicati verranno fatti tuttavia quando le loro storie si in trecciano con quella delle organizzazioni politiche clandesti ne di sinistra, o la somiglianza delle loro dinamiche pu con tribuire a spiegarla. La definizione empirica delloggetto della ricerca richie de, inoltre, che vengano fissati alcuni limiti spaziali e tem porali. Occorre dunque aggiungere che la nostra attenzione si limita alle organizzazioni clandestine di sinistra che han no operato in Italia, mentre solo saltuariamente emergeran no osservazioni comparate sulle attivit di gruppi simili ope ranti in altre democrazie occidentali. Il periodo analizzato quello degli anni settanta e ottanta: anche se la rilevazione dei dati ha una certa completezza solo fino al 1983, le vicen de pi recenti verranno discusse, seppure utilizzando solo le informazioni pubblicate dai giornali. L ondata di violenza politica che si manifestata in Ita lia nel corso degli anni settanta ha avuto caratteristiche tali da suggerire per la sua analisi lapplicazione dei concetti e delle ipotesi elaborate dalle scienze sociali sul terrorismo. Qualitativamente molto eterogenea, la letteratura sullargo mento consiste prevalentemente di materiali di riflessione politica o resoconti giornalistici sugli episodi pi clamorosi, mentre pochi e parziali sono stati sia le indagini empiriche

1 Una delle prime distinzioni nella costruzione di una tipologia dei fenomeni terroristici quella tra il terrorismo contro le istituzioni e quel lo, invece, utilizzato dalle istituzioni contro alcuni gruppi della popola zione. Questo secondo tipo di utilizzazione della violenza stato definito terrorismo di stato o terrorismo repressivo [Bonanate 1979a, 108-112; Wilkinson 1977, 47-64], 14

che i tentativi di interpretazione teorica. L integrazione di categorie d analisi e risultati di ricerca non stata ancora ta le da produrre n teorie generali, n esaurienti spiegazioni di eventi storici. Insufficienti appaiono, infine, le definizio ni del fenomeno fin qui proposte2. Nel corso di questo capitolo, la letteratura sociologica e politologica sul terrorismo verr utilizzata per elaborare una definizione adeguata ai fini della ricerca. La discussione dei principali approcci allo studio della violenza politica costi tuir la premessa per la presentazione delle categorie teori che che hanno guidato la mia indagine empirica. Nella defi nizione dello schema analitico per lo studio delle formazioni clandestine, gli spunti offerti dalle analisi sulla violenza po litica verranno integrati con la letteratura relativa ad altri ti pi di organizzazioni. 1. Alcune precisazioni sullutilizzazione del concetto di terro rismo La categoria terrorismo stata utilizzata nella descrizio ne di fenomeni molto diversi. Episodi di terrorismo sono stati riscontrati in un passato molto remoto. Nellimpero ro mano cos come nei principati rinascimentali congiure di pa lazzo produssero trasformazioni politiche tramite luccisio ne del despota. Nel X IX secolo il terrorismo individuale di venne una tattica diffusa nei regimi autocratici, mentre in misura maggiore o minore i movimenti anticoloniali hanno spesso fatto uso di attentati e forme d azione di guerriglia*.

2 Un giudizio fortemente negativo sullo stato della ricerca sulla vio lenza politica viene espresso anche in una recente rassegna da uno dei pi eminenti studiosi del fenomeno: Con poche eccezioni, c una preoccu pante carenza di buona ricerca empirica sul terrorismo [Gurr 1988, 115]. E ancora: la maggior parte della letteratura consiste di descrizioni ingenue, commenti speculativi, e prescrizioni su come affrontare il ter rorismo che non raggiungerebbero i requisiti minimi della ricerca scien tifica nelle branche pi istituzionali dello studio del conflitto [ibidem, 143], 3 Su questi punti, si vedano, tra gli altri: G ross [1972] e Laqueur [1978], 15

Ma il termine terrorismo stato utilizzato anche con riferi mento a certe forme di violenza politica degli anni pi re centi. In questo caso, esso stato definito come un fenome no peculiare del secondo dopoguerra, la cui stessa esistenza sarebbe impensabile senza la diffusione dei mezzi di comu nicazione di massa4. Le pi diffuse definizioni del terrorismo sono insuffi cienti ad individuare le peculiarit del fenomeno. Presentando il terrorismo come metodo, o teoria che sta dietro il metodo, attraverso cui un gruppo organizzato o partito afferma i suoi obiettivi principalmente per mezzo di un uso sistematico della violenza5, esse giustificano co s la confluenza nella stessa categoria d analisi di tutti quegli eventi storici in cui una certa quantit di violenza stata usata come strumento della competizione fra fazioni avver se. Fenomeni eterogenei dalle attivit delle bande crimi nali organizzate alle contese dinastiche, dalle guerre tra na zioni a gran parte delle interazioni politiche nei regimi auto ritari vengono cos confusi insieme in un medesimo con cetto, privandolo sia di capacit euristiche che di una mera utilit descrittiva. Appare in primo luogo necessario formulare una discri minante teorica tra il genere violenza politica e la sua pi sanguinosa specie. Mentre lazione violenta viene, entro de terminati limiti, accettata come mezzo normale di rinego ziazione dei rapporti di forza nel sistema politico, il terrori smo stato sempre considerato come una forma d azione patologica. E stato, cos, proposto di fissare un livello oltre il quale la violenza assume connotati di terrorismo6. Poi ch in ogni ordinamento politico e sociale una certa quanti t e un certo uso della coercizione sono inerenti al normale
4 Sul ruolo dei mezzi di comunicazione di massa nel terrorismo con temporaneo, si vedano Marletti [1984] e Sandsredlick [1979], 5 Hardman [1937, 375]. 6 In questa direzione va, ad esempio, il contributo di Paul Wilkinson [1977, 30-34], Come strumenti di misurazione dellentit della vio lenza, Wilkinson propone di combinare alcuni indicatori della scala (numero di persone impegnate nellazione, ampiezza del luogo delle ope razioni) con la intensit (durata della campagna violenta, numero dei casi di violenza, potenziale bellico utilizzato). 16

funzionamento del sistema, occorrerebbe individuare per ciascun contesto storico specifico la soglia di tollerabilit varcata la quale la violenza viene considerata eccessiva. La determinazione di una soglia di passaggio presenta, tut tavia, serie difficolt dal punto di vista operazionale. Arbi traria sembra la definizione di un tasso quantitativo calcola to sulla base di percentuale di morti e feriti o entit dei dan ni. Impraticabile la soluzione di assumere come terroristiche tutte le tattiche illegali. In ogni ondata di protesta, in fatti, vengono inventate nuove forme d azione che, nella maggior parte dei casi, non sono legali al momento del loro sorgere e che solo in seguito vengono, prima informalmente e poi formalmente, accettate come legittime. Stimolante ma di non facile applicazione , inoltre, la differenziazione qua litativa tra una violenza a fini negoziali e una violenza che rifiuta ogni possibile accordo. Risultati non migliori vengono dallutilizzazione di quelle definizioni che, a partire dalletimologia del termine, presentano come terroristica quella violenza politica che si pone lobbiettivo o ha leffetto di terrorizzare. Questa concettualizzazione presenta, in primo luogo, imma ginabili problemi di operazionalizzazione derivanti dalla difficolt di misurare gli stati psicologici di alcuni individui o gruppi. Se, per esempio, si ammette che intimidire o spaventare sono obiettivi normalmente perseguiti nel cor so dei conflitti politici, ben difficile appare la individuazio ne di una discriminante tra timore e paura, paura e terrore. Tale definizione sottovaluta, inoltre, alcune rilevanti con notazioni del fenomeno. Non solo, infatti, il messaggio del le organizzazioni terroriste fortemente differenziato ri spetto ai diversi gruppi della popolazione, ma per di pi, nel caso del terrorismo di sinistra, lobiettivo principale di mol te azioni quello di raccogliere consenso, piuttosto che di terrorizzare. Come conseguenza di queste ambiguit defini torie, la qualifica di terrorismo viene spesso capziosamente attribuita ai comportamenti collettivi anomali rispetto alla prassi politica istituzionalizzata. Il dibattito scientifico pi recente ha messo in rilievo le carenze di queste prime elaborazioni concettuali. Si pu in primo luogo sottolineare lopportunit di limi
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tare lapplicazione del concetto di terrorismo ad azioni di violenza rivolte al perseguimento di obiettivi politici. I gruppi clandestini hanno, in generale, perseguito propositi differenti. Attivit terroristiche sono state giustificate a partire da ideologie di destra o di sinistra, e sono state uti lizzate allinterno di progetti di trasformazione sociale o d indipendenza nazionale. L entit del cambiamento che ci si propone di realizzare attraverso luso di strumenti violen ti pu, inoltre, variare molto dal rovesciamento del regi me al mutamento della coalizione politica dominante an che se lesperienza storica insegna che la radicalizzazione degli obiettivi prosegue, in genere, di pari passo con la radi calizzazione delle tattiche d azione. Nonostante la variet delle finalit delle azioni terroristiche, si pu tuttavia con cordare almeno sulla opportunit di limitare lapplicazione del termine terrorismo alla sola utilizzazione della violenza in un conflitto fra attori politici, escludendo cos le contese private per guadagni individuali. Migliori opportunit per stabilire una discriminante tra le diverse forme di violenza vengono offerte dallintrodu zione della variabile relativa allattore che opera attraverso la violenza. Considerando in una categoria specifica i casi di utilizzazione del terrore da parte delle istituzioni statali, lulteriore requisito perch lazione possa essere definita co me terroristica che essa sia utilizzata da gruppi di dimen sioni ridotte e clandestini. La dimensione del gruppo serve a differenziare dal terrorismo rivoluzioni o movimenti di guerriglia, che coinvolgono cospicui gruppi della popolazio ne. La illegalit dellorganizzazione un requisito necessario per distinguere quelle che, pur utilizzando talvolta le stesse forme d azione, hanno tuttavia caratteristiche qualitative differenti. Se, infatti, lutilizzazione di un repertorio preva lentemente violento una peculiarit distintiva delle forma zioni terroriste, per anche vero che omicidi possono esse re commessi da organizzazioni legali senza che esse necessa riamente trasformino la loro struttura o che si producano ef fetti rilevanti sul sistema politico. La clandestinit dellor ganizzazione invece un elemento tale, per le conseguenze che genera, da fornire una fondamentale ragione di discri minazione tra forme di violenza politica qualitativamente
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differenti. Perch un gruppo possa essere definito terroristico occorrer, infine, che esso adotti in misura pressoch esclusiva tattiche violente allinterno del proprio repertorio. Una definizione operativa del fenomeno in esame pu essere proposta attraverso lutilizzazione congiunta delle variabili fin qui esaminate. Il terrorismo sar, allora, l attivi t di quelle organizzazioni clandestine di dimensioni ridotte che, attraverso un uso continuato e quasi esclusivo di forme d azione violenta, mirano a raggiungere scopi di tipo prevalen temente politico. Nonostante questa definizione operativa faccia della ca tegoria terrorismo uno strumento analitico pi efficace, la sua area di applicazione resta tuttavia talmente ampia da co stringere chiunque si voglia cimentare nella ricerca in que sto campo a delimitare rigorosamente il proprio settore d indagine. Anche considerando il terrorismo di stato come soggetto danalisi a s stante, la categoria del terrorismo co me sfida alle istituzioni continua a riunire insieme, allinter no di confini a dir poco sfumati, fenomeni di grande diversi t quali le campagne dei movimenti indipendentisti contro una dominazione considerata come straniera, gli attentati di stampo nichilista contro i sovrani autocratici, i dirottamenti aerei compiuti dal terrorismo internazionale, le stragi indiscriminate dellestrema destra. Il confronto tra eventi cos eterogenei probabilmente utile pi per evidenziare le dif ferenze esistenti che per ricercare improbabili somiglianze. La scelta compiuta in questa ricerca quella di concen trare lattenzione sulle particolari forme che il terrorismo assume in un regime politico democratico. Nonostante molti studiosi concordino nellosservare una tendenziale riduzione delle manifestazioni di violenza nel conflitto politico, la specie di violenza che abbiamo fin qui cercato di definire ha assunto negli anni pi recenti una particolare virulenza. L inquietudine prodotta da questo dato viene accentuata dal fatto che le democrazie occidenta li sono fino ad oggi risultate tuttaltro che risparmiate dalle manifestazioni di questo tipo di criminalit politica7. Se

7 Si vedano i dati presentati in Gurr [1979]. 19

lutilizzazione del terrorismo in quei regimi che rifiutano ogni diritto di espressione al dissenso appare un fatto facil mente spiegabile, pi complessa diviene invece la compren sione delle cause dellemergere del fenomeno in quei sistemi politici in cui a tutti i cittadini formalmente riconosciuto il diritto di esprimere il loro dissenso, di organizzarsi per di fendere i propri interessi, di partecipare alle decisioni ri guardanti la collettivit.

2. Gli approcci teorici allo studio della violenza politica Proprio lemergere del terrorismo nei regimi democrati ci ha stimolato, negli ultimi decenni, una densa letteratura scientifica. Le ricerche empiriche e le riflessioni teoriche sullargomento hanno riguardato tre livelli analitici: il siste ma, il gruppo, lindividuo. Nel primo caso, il principale que sito degli studi macro-sociologici stato relativo ai tipi di sistemi politici in cui il terrorismo si diffuso e il livello del la spiegazione ha riguardato le condizioni strutturali. Nel secondo, le domande pi rilevanti di indagini meso-sociologiche hanno riguardato i tipi di gruppi che utilizzano il ter rorismo, cio il livello dellorganizzazione. Nel terzo, ci si interrogati, in una prospettiva micro-sociologica, princi palmente sugli individui che divengono terroristi e la rispo sta stata cercata nelle caratteristiche personali dei mili tanti. Le ipotesi individuabili nella letteratura sul tema della violenza politica si differenziano notevolmente rispetto a li vello di generalizzabilit cercato, ampiezza della base empi rica di sostegno, esaustivit della spiegazione proposta e, naturalmente, tipo di variabili utilizzate. Esse possono esse re presentate sinteticamente seguendo la suddivisione tra diversi livelli analitici gi individuata. Gli studi che si sono concentrati sulle caratteristiche dei singoli membri di un movimento collettivo possono essere, in genere, ricondotti all 'approccio psicosociologico. Un tema ricorrente nella saggistica sullazione collettiva riguarda lin dividuazione delle motivazioni soggettive di adesione a un movimento.
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Affrontando questo argomento, molti studiosi si sono concentrati sulla ricerca di caratteristiche psicologiche pecu liari ai militanti dei gruppi di protesta. Pi la forma d azio ne collettiva apparsa deviante rispetto alle norme codifica te, pi lindagine si soffermata su presunte psicopatologie individuali. In particolar modo, le teorizzazioni sullesisten za di una personalit terrorista hanno assunto un ruolo cen trale nelle analisi interpretative del terrorismo internaziona le. I militanti delle organizzazioni clandestine sono stati de scritti come persone incapaci di raggiungere let adulta, malati mentali terrorizzati dal mondo esterno, falliti che si difendono dalle conseguenze demoralizzanti delle sconfitte subite vivendo il rifiuto come scelta e trasformandolo in vo lont di potenza\ Attraverso descrizioni caricaturali dei terroristi come individui fanatici e crudeli, o anche soltanto instabili ed utopisti, si spesso tentato di rendere conto del la permanenza della violenza in quelle societ che si vorreb bero pacificate e ordinate. E , cos, listinto aggressivo non incanalato in uno sfogo ritualizzato che, secondo alcune in terpretazioni, produce la criminalit politica9. L ambizione di elevare le caratteristiche psicologiche a variabili causali del terrorismo toglie credibilit scientifica ad un approccio che potrebbe fornire contributi positivi se si limitasse ad analizzare le motivazioni individuali alla mili tanza o le psicodinamiche dei piccoli gruppi in condizioni di clandestinit. Le pi recenti indagini sui dati caratteriali e biografici concordano nellaffermare che la caratteristica pi rilevante dei terroristi la loro normalit10. Un approccio parzialmente diverso caratterizza, invece, quei contributi di derivazione strutturalista che collegano
8 Questo tipo di interpretazioni possono essere ritrovate, ad esem pio, in Servier [1979] e Laqueur [1978, 131-144], Per una rassegna critica si veda Wilkinson [1979]. 9 In schemi pi elaborati, la presenza di personalit con propensione alla violenza viene ritenuta come una delle precondizioni della diffusione del terrorismo, che per agisce solo se combinata con altri fattori quali lindebolimento dei valori democratici condivisi e lesistenza di partiti dotati di ideologie favorevoli alla utilizzazione della lotta armata [Gross 1972], 10 Crenshaw [1981, 390]. 21

lemergere del terrorismo a squilibri di sistema. Diverse ana lisi hanno interpretato il nascere del terrorismo negli stati democratici come indicatore di difficolt nei meccanismi si stemici di adattamento. La ricerca si rivolta in questi casi alla determinazione del sottosistema in cui si verificano gli impedimenti alla integrazione. La letteratura teorica sulla violenza politica ricca di analisi sulle condizioni ambienta li che possono avere contribuito al suo emergere e alla sua crescita. Variabili economiche, sociali, politiche o culturali sono state citate come cause di comportamenti violenti". Alcuni contributi si sono soffermati sulle condizioni di lun go periodo, altri sulle particolari congiunture storiche. Le diverse spiegazioni sono state sintetizzate nella tabella 1.
T ab.

1. Alcune interpretazioni sulle origini della violenza Spiegazioni strutturali Spiegazioni congiunturali fasi intermedie della crescita economica rapida modernizzazione inefficienza apparati repressivi mutamenti nel sistema di valori

Variabili economiche Variabili sociali Variabili politiche Variabili culturali

diseguaglianze di reddito cleavages sociali regimi autoritari tradizione di conflitto violento

Spiegazioni strutturali, frequentemente basate su confronti di dati aggregati riferiti a pi nazioni, hanno ana lizzato ora il livello di sviluppo di una societ, ora la presen za di cleavages etnici o di classe, ora la cultura politica di un paese, ora lo spettro delle diseguaglianze economiche12.

1 1 Per una rassegna della letteratura sulla violenza politica, si rinvia a Eckstein [1980]. 12 Per queste interpretazioni si vedano, rispettivamente, Russet [1964], Barrow [1976]; Bandura [1973]; Sigelman e Simpson [1977]; e I Iuntington [1968]. 22

Spiegazioni pi cicliche, spesso basate sullo studio di singoli casi, hanno invece collegato la violenza politica alle fasi di modernizzazione, alle tappe intermedie dello sviluppo eco nomico, a periodi di inefficienza dei poteri coercitivi dello stato, a rapide trasformazioni nel sistema di valori'}. La ricerca sulle disfunzioni che possono produrre il ter rorismo si indirizzata, oltre che sui ritardi delle strutture normative, anche sulle caratteristiche del sistema economi co e, ovviamente, delle istituzioni politiche. Crisi di svilup po connesse a problemi interni o internazionali, mancanza di coordinamento tra domanda e offerta sul mercato del la voro, insufficiente programmazione della formazione pro fessionale, squilibri di status, adeguamento incompleto del le strutture di socializzazione alle mutate esigenze struttura li, sono spesso citate come cause di devianza individuale o collettiva. Oltre che ai processi di razionalizzazione del sistema produttivo, si anche, pi spesso, guardato allattivit del sistema politico di selezione degli inputs e produzione di outputs. Elementi di disturbo, che possono avere agito come determinanti del terrorismo, sono stati individuati ora in un eccessivo potere acquisito da alcuni gruppi di pressione; ora nella mancanza di alternanza al governo; ora in una trasfor mazione violenta delle regole del gioco da parte degli stessi governanti. Se una certa concordanza esistita nel conside rare le variabili politiche come rilevanti per la spiegazione della violenza terrorista, le interpretazioni specifiche si so no per contraddittoriamente concentrate sulla risposta del lo stato allemergere delle organizzazioni clandestine, rite nuta ora troppo debole, ora eccessivamente repressiva; sulle reazioni delle lites al governo rispetto allaggregarsi di nuo ve domande collettive, talvolta analizzate in termini di as senza di riforme e talaltra in quelli di un mutamento troppo rapido; sul livello di legittimazione delle istituzioni, stimato da alcuni insufficiente e da altri ritenuto talmente elevato da impedire ogni opposizione; sulle condizioni del sistema
Per le interpretazioni cicliche, si vedano rispettivamente: H un tington [1968]; Feierabend e Feierabend [1966]; Tilly [1969]; e Acquavi va [1979], 23

politico, accusato di ostacolare la costituzione di nuovi atto ri collettivi o, viceversa, di istituzionalizzare precocemente i movimenti. Seppure stimolanti nel loro tentativo di individuare al cune cause generalizzabili dellemergere della violenza, le ipotesi strutturali non sembrano riuscire a rendere conto del complesso attivarsi del terrorismo, dei meccanismi di dege nerazione di alcuni attori politici verso la violenza, dellevo luzione delle formazioni in clandestinit. Esse condividono, infatti, una impostazione funzionalista, allinterno di un in teresse prevalentemente sistemico: nella definizione del ter rorismo come indicatore di difficolt del sistema gli attori collettivi non trovano alcuno spazio di intervento autono mo. Essi non sono altro che spie di squilibri sistemici e parti di meccanismi inconsapevoli di riequilibrio14. Questo tipo di approccio ha, dunque, avuto effetti negativi sul procede re della ricerca scientifica sul fenomeno terroristico. Da un lato, la scarsa specificazione dei modelli interpretativi, la mancata individuazione delle variabili intervenienti tra la crisi strutturale e lemergere dei gruppi armati, e la difficile operazionalizzazione delle loro variabili hanno scoraggiato ogni tentativo di verifica nellanalisi comparata. Dallaltro lato, postulando che il terrorismo sia un mero sintomo di di sfunzione, si rinunciato allo studio delle sue origini speci fiche, della sua morfologia, delle sue dinamiche di crescita, delle sue interazioni con lambiente esterno. Se le organiz zazioni clandestine non sono che componenti di un mecca nismo omeostatico di riaggiustamento, non vengono consi derate, allora, come rilevanti le loro caratteristiche ideologi che, organizzative, strategiche. Se il terrorismo , per defi nizione, il prodotto di blocchi e disfunzioni, non serve, allo ra, spiegarne la genesi. Un terzo tipo di spiegazioni della esistenza del terrori smo si concentrato sul livello del gruppo, differenziandosi nellattenzione prestata allideologia di alcune organizzazio ni o alle dinamiche degli interessi collettivi emergenti. Un

14 Come noto, allo stesso modo vengono analizzati i comporta menti collettivi nellapproccio struttural-funzionalista [Smelser 19681. 24

numero considerevole di analisi ha utilizzato variabili che fanno riferimento allideologia. Il terrorismo nelle societ democratiche stato considerato come reazione di piccoli gruppi organizzati, esterni al sistema politico. In societ in cui i canali di accesso alle decisioni formali sono sempre aperti, i processi negoziali si sviluppano lungo linee istitu zionalizzate e le regole appaiono come legittime, il terrori smo diviene una scelta obbligata per quelle frange che mira no al rovesciamento del sistema. Nei sistemi democratici i piccoli gruppi usano il terrorismo come strategia cosciente, coerente con lobiettivo della distruzione fisica del nemico. In linea con questa analisi, lemergere del terrorismo stato ricondotto allazione di sette ideologiche, il cui scopo la soppressione di ogni libert individuale1 . Poich la solu zione pacifica dei conflitti assicura alle societ liberali il consenso della stragrande maggioranza dei cittadini, ogni tentativo di delegittimare il sistema attraverso lo strumento legale della propaganda sarebbe destinato al fallimento. Le azioni terroristiche sarebbero, invece, il solo modo per rag giungere le mete alle quali la popolazione si oppone. Attra verso la propaganda che incita alla violenza, i terroristi cer cano di indebolire le istituzioni democratiche impedendo lo ro di assolvere alla loro principale funzione: assicurare il consenso sociale attraverso la partecipazione alle scelte col lettive. Poich il progetto politico di questi gruppi mira al rovesciamento delle istituzioni legittime, non c spazio per negoziare alcun compromesso tra i loro obiettivi e quelli del resto della popolazionelfi. In una diversa prospettiva teorica, le forme violente di protesta sono state collegate alle caratteristiche degli inte ressi mobilitati. L uso dei repertori pi innovativi, e spesso pi violenti, stato considerato come una peculiarit dei gruppi sociali emergenti. Per utilizzare la terminologia di Tilly, la violenza politica tende ad addensarsi quando nuovi sfidanti lottano per entrare nel sistema politico e vecchi membri reagiscono, rifiutando di uscirne17. In una variante
15 Questa , ad esempio, linterpretazione di Wilkinson [1977]. If Wilkinson [1979, 107], 17 Su questo punto, si veda Tilly [1978 52-55 e 172-188], 25

di questa ipotesi, si sottolinea che le caratteristiche delle so ciet tecnocratiche ostacolano lo sviluppo dellazione collet tiva nei sistemi contemporanei18. I gruppi terroristi rap presenterebbero alcuni interessi che sono antagonisti rispet to al sistema. Discuteremo pi approfonditamente del ruolo che ideo logie politiche e interessi collettivi hanno giocato nellemergere del terrorismo in Italia. Ci si pu limitare per ora ad osservare che anche questo approccio si limitato a suggeri re lesistenza di poco controllabili relazioni causali tra macro-variabili, senza n controllare empiricamente queste af fermazioni n individuare le interazioni esistenti tra il livel lo macro-analitico prescelto e le caratteristiche del fenome no da studiare. L ideologia o lestrazione di classe di un gruppo stata ritenuta come spiegazione sufficiente della dozione di pratiche violente di azione. Questi contributi si sono, perci, spesso limitati a sottolineare meccanicistiche correlazioni tra ideologia o base sociale di unorganizzazio ne e strategie adottate. Obiettivo di questo lavoro quello di fornire un model lo capace di integrare i tre livelli analitici ambiente, orga nizzazione, individuo rivolgendo lattenzione prevalen temente al funzionamento delle organizzazioni clandestine. Le formazioni terroriste costituiscono, dunque, loggetto privilegiato della ricerca, ma le loro caratteristiche sono spiegate tenendo conto sia delle condizioni ambientali che delle motivazioni dei loro membri. Alcune opzioni sono implicite in questo approccio. Una prima scelta riguarda la considerazione dei gruppi terroristi allinterno della categoria pi amplia delle organizzazioni politiche. Le organizzazioni sono state, in genere, definite come dei sistemi formali di norme e obiettivi, coordinanti un insieme di esseri umani che riconoscono la loro legittimi t 19. Anche se il grado di formalizzazione normativa o strutturazione gerarchica varia da caso a caso, le formazioni armate possiedono senza dubbio questi requisiti. Ci vuol

1 ,1 Questa ipotesi argomentata in Targ [1979]; e Wellmer [1981]. 19 Questa , ad esempio, la definizione di Lange [1977]. 26

dire che esse condividono con gli altri tipi di organizzazioni alcune strutture e processi, pur presentando certamente del le peculiarit. Essendo inoltre i loro fini esplicitamente ri volti a trasformazioni istituzionali, ci permette di classifi carle nella categoria pi ampia delle organizzazioni politi che, giustificando in questo modo lutilizzazione di ipotesi e categorie elaborate in quegli ambiti20. Spetter poi alla ricerca lindividuazione delle peculiarit dei gruppi terrori sti in relazione ad altri tipi di organizzazioni con scopi poli tici. La seconda opzione costituita dalla decisione di porre lorganizzazione, piuttosto che lindividuo o lambiente, al centro dellanalisi. Questa scelta analoga a quella rilevabi le in molti contributi recenti che tendono al recupero e al lapplicazione delle variabili della sociologia dellorganizza zione allo studio dei gruppi politici21. La terza opzione quella di considerare lorganizzazione come soggetto impegnato in una rete di interazioni. La com prensione delle strategie d azione richiede lanalisi dei di versi scopi compresenti allinterno dellorganizzazione, del le motivazioni dei militanti e dei condizionamenti dellam biente esterno. Le diverse problematiche dello studio dellazione collet tiva sono sintetizzate nella figura 1. Lo studio delle ' organizzazioni clandestine dovrebbe, cio, permettere nel corso di questa ricerca di verificare le ipotesi relative ad una teoria del conflitto, che spieghi le ra gioni strutturali della presenza del fenomeno terroristico; ad una teoria della mobilitazione, che analizzi il modo in cui le organizzazioni terroristiche riescono a trarre dallambien te le risorse di cui hanno bisogno; ad una teoria della militan-

20 Per unanalisi della letteratura sulle organizzazioni, si rinvia a Perrow [1986] e Scott [1981]. Pi in particolare sulle organizzazioni poli tiche: Bibby e Brinkerhoff [1974]; Child [1973]; Curtis e Zurcher [1973; 1974]; Downtown [1973]; Freeman [1983]; Jenkins [1977]. Sulla struttu ra delle organizzazioni terroriste, cfr. Zawodny [1978; 1983]. 21 Ci avvenuto sia nelle ricerche sui movimenti sociali resource mobilization approach [per una rassegna, Jenkins 1983] che nelle ricer che sui partiti politici [Panebianco 1982]. 27

Societ Teoria del risorse trasformazioni mutamento Teoria del

conflitto

Teoria della mobilitazione

incentivi

Organizzazione

~ \
motivazioni

Teoria della militanza

Individuo
Fig. 1. Approcci all'azione collettiva in relazione a l livello analitico.

za, che affronti il tema delle motivazioni individuali alla partecipazione ad un gruppo clandestino; ad una teoria del mutamento, che individui gli effetti, intenzionali o imprevi sti, del terrorismo sul sistema. L ambiente potr, cos, essere preso in considerazione come luogo da cui un gruppo trae le risorse per la sua costitu zione e il suo funzionamento. Pur evitando un approccio de terminista, appare evidente che la presenza di alcune risorse nHambiente condizione indispensabile per la nascita di un gruppo e, soprattutto, per la sua sopravvivenza in clan destinit. Ma occorrer anche guardare alle reazioni prodot te dalle organizzazioni clandestine nellambiente in cui ope rano, cio ai cambiamenti che esse producono nei sistemi in cui agiscono. L analisi del terrorismo a partire dal funzionamento del lorganizzazione armata permette, inoltre, di impostare il problema della partecipazione degli individui a gruppi che adottano le forme pi estreme di violenza. La comprensione delle ragioni delladesione di militanti politici a pratiche d azione illegali deve passare attraverso lindividuazione de gli incentivi2 2 che le organizzazioni clandestine distribui scono e delle motivazioni che esse riescono a stimolare fra i loro aderenti.
22 Una prima analisi che ha utilizzato la categoria di incentivo quella di J.Q . Wilson [1972], 28

3. Le organizzazioni clandestine di sinistra in Italia: le ipotesi della ricerca Questi problemi vengono affrontati nel corso della ri cerca, attraverso lo studio di tre processi, differenziabili analiticamente: lemergere delle organizzazioni clandestine, il loro funzionamento, la loro evoluzione. La prima parte del libro riguarda le origini del terrorismo di sinistra. Nel prossimo capitolo verr analizzata la struttura delle opportu nit politiche disponibili per i gruppi terroristici alle loro ori gini. In quello successivo le scelte strategiche che portano alla fondazione delle organizzazioni clandestine. Un primo tipo di variabili da prendere in esame per spie gare la nascita delle organizzazioni clandestine quello rela tivo allambiente esterno. L emergere delle formazioni ar mate influenzato dalla disponibilit di simpatie e protezio ni esistenti allesterno, cos come dai meccanismi repressivi scelti dagli apparati istituzionali. La posizione dei partiti pu generare tolleranza verso i gruppi terroristi o contribui re ad isolarli. Attraverso i mezzi di comunicazione di massa, si pu aiutare a diffondere il messaggio dellinsurrezione ar mata o danneggiare le formazioni clandestine, offrendo unimmagine caricaturale dei loro militanti. Le diverse con dizioni ambientali aiutano a spiegare non solo le differenze strutturali e ideologiche esistenti tra gruppi emersi in perio di o ambienti differenti, ma anche i cambiamenti della stes sa formazione nel tempo. Considerando le organizzazioni clandestine come orga nizzazioni politiche, lo studio delle loro origini deve prende re in considerazione la struttura delle opportunit politiche per loro disponibile. Questo concetto gi utilizzato nello studio dei movimenti collettivi stato definito come lin sieme di opportunit e vincoli esistenti per luso di forme non convenzionali di azione politica2. Nelle analisi sui movimenti collettivi, sono state consi derate come rilevanti per la definizione delle situazioni in cui pi probabile che lazione collettiva si sviluppi le se-

21 Cfr. Tarrow [1983]. 29

guenti variabili: la relativa chiusura o apertura dellaccesso formale alla politica, in termini di capacit di risposta a spe cifiche domande; la stabilit delle adesioni allinterno del si stema politico, indicata dalle fluttuazioni elettorali; la strut tura potenziale delle alleanze, come disponibilit e orienta mento degli attori politici2'1 . Non solo le condizioni del si stema politico in relazione a queste variabili, ma soprattutto la percezione che i diversi attori ne hanno, influenza la loro scelta delle forme di azione collettiva. Mi sembra per importante aggiungere che, probabil mente, queste variabili funzionano in modo diverso a secon da che esse debbano spiegare il nascere di un movimento o le sue possibilit di successo, la cooptazione di alcune orga nizzazioni o il sorgere di gruppi violenti. Nellutilizzare questo concetto per lanalisi delle origini del terrorismo si guarder, in particolare, alla reazione degli apparati dello stato e degli attori politici rispetto al fenomeno. Apparir che il terrorismo emerge e si rafforza in una situazione di progressiva radicalizzazione di alcune organizzazioni del settore dei movimenti sociali di fronte ad una risposta in tempestiva e inefficace da parte degli attori istituzionali. Le organizzazioni del terrorismo italiano emergono in fatti allinterno di due cicli di protesta2', uno della fine de gli anni sessanta e laltro della met degli anni settanta. Gli effetti del declino del primo ciclo, particolarmente lungo nel caso italiano, si sono sommati cosi allinnescarsi di nuovi conflitti, portando alladozione di forme d azione partico larmente violente. Lo sviluppo della violenza politica nel nostro paese stato, in primo luogo, facilitato dalla risposta istituzionale alla protesta. Mentre lestremismo neo-fascista riceveva protezioni da parte dei servizi segreti, coinvolti an

24 Ibidem , pp. 140-144. 23 Un ciclo di protesta stato definito come composto da una serie di decisioni individuali e di gruppo volte a fare uso di azione collettiva conflittuale, da parte sia di attori di movimento che di attori non di movimento, e dalle risposte alla loro azione, da parte sia delle lites che degli altri attori [della Porta e Tarrow 1986, 610]. Si ha un ciclo di pro testa quando gli eventi di protesta si intensificano nel tempo, la protesta si estende a settori sociali e aree geografiche differenti, e vengono utiliz zate nuove forme d azione collettiva [Tarrow 1983].

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che nelle stragi del terrorismo nero, il tipo di utilizzazione delle forze dellordine durante le manifestazioni pubbliche contribuiva ad una escalation della violenza che sarebbe du rata per tutti gli anni settanta. Se tra la fine degli anni ses santa e linizio del decennio successivo, i conflitti allinter no della classe dirigente avevano fatto temere una inversio ne autoritaria, alla met degli anni settanta lipotesi di com promesso storico proposta dal Pei aveva deluso le speranze di unalternativa di governo. Negli anni settanta, gli scanda li politici continuavano a susseguirsi senza che il governo riuscisse a portare a termine le pi urgenti riforme. Nel cor so di tutto il decennio, lesistenza di alti livelli di instabilit nellalleanza di governo, unita alle strumentalizzazioni che del pericolo terrorista venivano fatte dalle varie parti, inde boliva la capacit di risposta delle istituzioni. Ma ancora una specificazione necessaria per lanalisi degli effetti della struttura delle opportunit sullemergere del terrorismo. La struttura delle opportunit mutevole nel tempo e differenziata per i diversi tipi di organizzazioni compresenti in uno stesso movimento collettivo. Se alcune condizioni ambientali sono necessarie perch si realizzino alcune scelte, anche vero, tuttavia, che le organizzazioni mantengono una certa autonomia decisionale. C , cio, la possibilit di una scelta strategica come processo attraverso il quale le diverse esigenze vengono soppesate, con un certo margine di decisione fra mete e metodi alternativi. L orga nizzazione pu, in una certa misura, definire il suo territo rio di caccia (domain), decidendo quali prodotti o servizi offrire, con quali fornitori e clienti entrare in contatto. A t traverso lideologia, lorganizzazione seleziona il suo am biente di riferimento (task environment) e ritaglia la sua po sizione allinterno di esso26. Nellanalisi della protesta si

26 II grado di autonomia delle scelte decisionali rispetto a condizioni ambientali date un problema spesso discusso nella sociologia dellorga nizzazione. Un approccio a lungo prevalente la open system theory ha considerato le organizzazioni come coalizioni di interessi, fortemente influenzate dallambiente che le circonda. Esso determinerebbe non solo le loro caratteristiche e i loro fini, ma anche la loro evoluzione, selezio nando le organizzazioni incapaci di adeguarsi. Q uesta anche lipotesi avanzata dal population ecology approach, sulle cui principali ipotesi si rin31

pu, infatti, osservare che non solo ogni periodo storico ve de lazione contemporanea e necessariamente interagente di diversi movimenti collettivi, ma inoltre pi organizzazioni fanno riferimento allo stesso movimento collettivo, e pi movimenti collettivi operano nello stesso contesto storico. Allinterno dello stesso settore dei movimenti sociali21, pi gruppi sociali e organizzazioni politiche si differenziano nel le ideologie e nelle pratiche adottate. Le diversit sono spes so enfatizzate dai differenti gruppi al fine di definire uni dentit collettiva autonoma allinterno di unarea. Sulle scelte dei leader delle singole organizzazioni di movimento incide, cio, il bisogno imprenditoriale di competere con gli altri gruppi, definendo se stessi attraverso una identit politica che permetta di occupare alcuni spazi in cui vi mi nore competizione. In presenza di certe precondizioni am bientali, alcuni gruppi decidono di sperimentare opzioni strategiche che, attraverso una radicalizzazione dei reperto ri e dei modelli organizzativi, permettano loro di distinguer si dalle altre organizzazioni operanti allinterno dello stesso movimento e reclutare militanti nelle aree pi propense alla violenza. In condizioni di smobilitazione, laccentuazione delluso delle tattiche violente e la compartimentazione delle strut ture organizzative verranno difese da alcune organizzazioni di movimento sociale e non da altre, addirittura solo da al cune delle fazioni presenti in una organizzazione, giustifi cando e promuovendo allo stesso tempo il conflitto allinter no della leadership. Come si vedr, lemergere di formazioni clandestine dunque conseguenza di un processo di polariz zazione e scissione tra fazioni moderate e fazioni radicali, allinterno del settore dei movimenti sociali e allinterno di

via a Hannan [1980]; e Hannan e Freeman [1977]. Secondo invece la clo sed system theory, le decisioni organizzative vengono prodotte nel conflit to tra i diversi interessi interni, che lasciano spazio, tuttavia, ad una plu ralit di giochi per ogni coalizione. Si rinvia su questo punto a Panebian co [1982], 27 II settore dei movimenti sociali stato definito da Garner e Zald [1981] come la rete di relazioni di conflitto e cooperazione delle organiz zazioni di movimento in una societ in un momento storico dato. 32

una stessa organizzazione, in una fase di smobilitazione del la protesta. I gruppi pi poveri di risorse che favoriscono la contrattazione vi suppliscono con quelle simboliche offerte da \Yescalation ideologica. Il processo di radicalizzazione di alcune componenti pu essere cos visto come differenzia zione dellofferta, nellambito di una competizione interna al movimento28. Si sosterr, quindi, che la costruzione di strutture illegali a scopo di difesa aumenta la possibilit che, di fronte a difficolt di sopravvivenza dellorganizzazione, una sua frazione sperimenti la radicalizzazione delle forme d azione come una delle opzioni possibili per superare la cri si. La scelta della clandestinit da parte delle formazioni terroriste pu essere considerata come il frutto di una decisio ne tendente a mettere al riparo il gruppo dalle minacce di distruzione provenienti da forze esterne. L emergere del terrorismo di sinistra verr, cos, analizzato come adatta mento internamente differenziato del settore dei movimen ti sociali alle diverse tappe dei cicli di protesta in relazione alla struttura delle opportunit presente. Una seconda parte della ricerca dedicata al funziona mento delle formazioni armate. Verranno, quindi, analizza te sia le motivazioni alladesione e al mantenimento della partecipazione nelle organizzazioni clandestine che le stra tegie da esse adottate per il raggiungimento di alcuni obiet tivi. Le motivazioni individuali alladesione sono uno dei te mi centrali dello studio delle organizzazioni clandestine. Le spiegazioni sociologiche della partecipazione ad attivit po litiche violente hanno spesso, come si detto, guardato alle caratteristiche dellestrazione sociale o della struttura della personalit dei militanti, considerati in genere come devianti. Fino a un paio di decenni fa, ladesione a qualsiasi forma non istituzionale di comportamento collettivo veniva consi derata come conseguenza dello sradicamento sociale dei sog getti. I nostri dati indicano, invece, che la decisione di ade

28 E cos applicabile anche ai gruppi pi radicali laffermazione se condo la quale: La competizione fra organizzazioni incluse nello stesso settore prende la forma di una leggera differenziazione del prodotto (of frire beni marginalmente differenti) e specialmente di differenziazione tattica [Zald e McCarthy 1980, 6], 33

rire alle formazioni armate veniva presa da individui che erano inseriti in dense reti di rapporti amicali, sviluppati al linterno di piccoli gruppi politicamente attivi. Questa scel ta non veniva, inoltre, compiuta individualmente, ma da nuclei di persone legate lun laltra da rapporti affettivi di varia natura e da comuni esperienze di militanza. Le carat teristiche di questa militanza erano tali da accrescere enor memente il ruolo della politica nella definizione della pro pria identit e, al contempo, di socializzare gradualmente allutilizzazione della violenza, cos che lingresso nelle or ganizzazioni della lotta armata avveniva in modo graduale e non era percepito come una grossa frattura rispetto alle forme d impegno precedenti. Il mantenimento dellimpegno nel gruppo clandestino era poi favorito dallinnescarsi di una serie di meccanismi di non-ritorno che riducevano le possibilit di abbandono. La riduzione dei contatti con lesterno era compensata da una sempre maggiore identificazione con la comunit della lotta armata, mentre linteriorizzazione dellideologia dellorga nizzazione riduceva la percezione della realt esterna. Il for te investimento iniziale e gli alti costi gi pagati rendevano psicologicamente difficile labbandono, spingendo invece a rilanciare il proprio impegno. Per chi era latitante, o rischia va di diventarlo, i bisogni materiali, in termini di denaro, alloggi, documenti falsi, accrescevano la dipendenza dallor ganizzazione clandestina. Questi stessi fenomeni relativi alla partecipazione pos sono essere osservati anche guardando ai comportamenti delle formazioni armate. Nellaffrontare questo tema, va preliminarmente ricordato che a lungo prevalsa nella lette ratura la definizione dellorganizzazione come comunit orientata al perseguimento dei fini esplicitati dallideologia del gruppo. Questo tipo di approccio ha, probabilmente, scoraggiato lo studio del funzionamento delle formazioni clandestine. Se si guarda, infatti, alle organizzazioni in rela zione alla loro capacit di avvicinarsi allo scopo dichiarato, i gruppi terroristi appaiono come organizzazioni anomale, incapaci di azione strumentale. Non a caso, nel gergo politi co si sono moltiplicate le definizioni dei gruppi terroristi co me variabili impazzite e nel linguaggio dei media ogni
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nuovo crimine stato stigmatizzato come follia, omicida (diversamente che, ad esempio, nel caso dei delitti mafiosi o di criminalit comune). In assenza di altre vie per spiegare la logica di funzionamento delle formazioni armate, unop zione affascinante, per quanto di complessa verifica empiri ca, apparsa la interpretazione del terrorismo come stru mento di una guerra surrogata tra i servizi segreti di diverse nazioni29. Riflessioni dietrologiche sul cui prodest hanno cos accompagnato i tentativi di capire la logica di ferimenti ed assassini, sempre meno comprensibile in relazione ai fini proclamati dal gruppo. La logica del comportamento delle formazioni clandesti ne pu essere, invece, spiegata allinterno di uno schema teorico in cui gli obiettivi reali vengono distinti dai fini di chiarati. E stato gi osservato nellambito della teoria delle organizzazioni che le mete ufficiali non costituiscono la principale ragion d essere di un gruppo formale, che deve, invece, assolvere contemporaneamente a obiettivi di vario tipo"'. Sono state cos individuate delle mete operative, come fini da esso effettivamente ricercati attraverso le scel te realmente operanti. In questo modo, anche lagire delle formazioni clandestine potr essere interpretato come con seguenza di scelte dotate di una certa, seppur limitata, ra zionalit, compiute dagli stessi attori in relazione alla valu tazione delle risorse disponibili e dei diversi obiettivi rag giungibili
2 < J Su questa interpretazione, si veda Bonanate [1978], Secondo questo approccio, le organizzazioni sono, in realt, col lettivit i cui partecipanti sono poco influenzati dai fini ufficiali del grup po, ma condividono, tuttavia, un interesse comune alla sua sopravviven za e si impegnano per garantirla. Allo scopo organizzativo si sostituisce lequilibrio tra interessi individuali compresenti. Cfr. Perrow [1961]; e Crozier e Friedberg [1977], 5 1 M olto dibattuto nella letteratura sulle organizzazioni il processo attraverso cui le scelte organizzative si compiono. Due approcci alternati vi su questo punto sono il ratonal cboice approacb e il garbale can approach [Perrow 1986], Secondo il primo, le decisioni vengono prese nel lorganizzazione secondo un calcolo razionale dei costi e dei benefici, de finiti in termini pi o meno rigidamente economici. Per i sostenitori del secondo, invece, le scelte procederebbero in modo caotico e privo di programmabilit. 35

I diversi compiti o logiche di comportamento sono stati variamente distinti*2. Nella classificazione qui propo sta, le principali logiche di comportamento delle organizza zioni politiche sono: la logica di reperimento delle risorse, la logica dellintegrazione di queste risorse, la logica dellal locazione delle risorse per il raggiungimento di obiettivi esterni. Possiamo definire il primo come agire acquisitivo, cio agire orientato allottenimento di risorse di capitale e di forza lavoro, prevalentemente attraverso ladesione alla organizzazione di persone che prima erano ad essa ester ne. A questo tipo di logica si possono far afferire sia le atti vit rivolte allottenimento di beni e servizi direttamente dallesterno, sia lattrazione e selezione dei nuovi membri. Il secondo tipo di logica presiede a quello che pu essere chiamato agire integrativo, cio agire orientato al manteni mento dellimpegno dei membri, attraverso la loro parteci pazione alle attivit dellorganizzazione. Di questa catego ria fanno parte sia lofferta di incentivi ai membri, per otte nere da loro impegno e lealt, che il loro controllo e coordi namento; sia la definizione degli obiettivi che lattuazione delle decisioni e la soluzione dei conflitti interni. Il terzo ti po di logica corrisponde a quello che pu essere chiamato agire trasformativo, cio agire orientato ad influenzare la realt esterna per raggiungere i fini auspicati dallorganizza zione attraverso mutamenti nelle strutture sociali, politiche ed economiche. Possono essere considerate in questa tipolo gia tutte le azioni orientate al raggiungimento dei fini ester ni, come le attivit di influenza rivolte allottenimento di un accesso istituzionalizzato allautorit o al mercato, o quelle rivolte allottenimento di beni pubblici. Ogni attore politico dovrebbe essere in grado di agire in modo equilibrato verso obiettivi di tutti e tre i tipi. In alcu ni momenti, tuttavia, un obiettivo pu diventare prevalente

,2 Sono state, per esempio, descritte: logiche di membership, di in fluenza, di implementazione, di formazione delle mete [Schmitter e Streek 1981]; oppure adattive, gratificatone, integrative, di manteni mento dei modelli; o accettazione, abilit, coordinamento, modelli [Perrow 1961]; o di stabilit, integrazione, volontarismo, raggiungimento delle mete [Anderson 1968]. 36

rispetto a tutti gli altri; alcuni gruppi possono costituirsi e sopravvivere anche privilegiando quasi esclusivamente un tipo di agire. La classificazione degli obiettivi in relazione alle diverse logiche di comportamento pu essere applicata allanalisi delle formazioni clandestine. Come ogni altra or ganizzazione, lorganizzazione terrorista deve essere, infat ti, in grado di reperire alcune risorse, di integrarle, di allo carle per raggiungere alcuni obiettivi. Come si vedr nel corso della ricerca, i gruppi terroristi si distinguono, per, dagli altri per le particolari caratteristiche che questi tipi di agire assumono. Si pu anticipare che ladozione della clan destinit pone numerosi vincoli al raggio delle opzioni stra tegiche possibili, costringendo le organizzazioni terroriste a ridurre sempre pi lampiezza dellambiente su cui interve nire, concentrandosi prima sul reclutamento, poi sul mante nimento delladesione, e rinviando ad un futuro mai preci sato la realizzazione degli obiettivi di trasformazione del mondo circostante. Le organizzazioni dispongono di molteplici strumenti, cio categorie di mezzi che esse usano per raggiungere i loro obiettivi. Le loro decisioni riguardano principalmente: la struttura organizzativa, cio il sistema di divisione del lavoro esistente allinterno di una organizzazione; la strategia d a zione, cio linsieme dei repertori utilizzati e dei bersagli a cui si indirizza lattivit verso lesterno; la produzione ideo logica, cio il complesso integrato di credenze sulla distribu zione del potere esistente e su quella auspicabile. Le caratte ristiche di strutture, repertori e ideologie sono influenzate dalle risorse disponibili nellambiente: il capitale, come ri sorse materiali disponibili per lorganizzazione; la forza la voro presente, come numero di militanti; le tecnologie diffuse, come ideologie professate e strategie praticate. Se, normalmente, la struttura organizzativa principalmente orientata allacquisizione delle risorse, lideologia allinte grazione dei militanti e le strategie d azione alla trasforma zione dellambiente esterno, tutti e tre gli strumenti dellor ganizzazione possono per assolvere ad obiettivi differenti e, spesso, a pi obiettivi contemporaneamente. La peculiari t dei gruppi clandestini emerge dal modo specifico di com binarsi di organizzazione, azione e ideologia per assolvere
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agli obiettivi di mobilitare risorse, integrare i membri, tra sformare la realt esterna. Un confronto fra le diverse for mazioni armate nei differenti momenti del loro sviluppo di mostrer che esse sono state in grado di adattare, in una cer ta misura, strutture organizzative, strategie dazione ed ela borazioni ideologiche alle condizioni esistenti nellambiente in cui intervenivano. Le conseguenze implicite, anche se non previste, della scelta della clandestinit hanno posto, per, dei limiti alle loro capacit di adattamento alesterno, determinandone un certo tipo di evoluzione. In generale, il ciclo di vita delle organizzazioni stato descritto come graduale processo di burocratizzazione, durante il quale esse perdono a poco a poco interesse al raggiungimento di fini espliciti, concen trandosi invece sullobiettivo della mera sopravvivenza }\ Per quanto riguarda il ciclo evolutivo delle organizzazioni clandestine, mi sembrato utile distinguere tra un processo di istituzionalizzazione e un processo di implosione o incap sulamento. Il primo caratterizzato da deradicalizzazione dei fini, routinizzazione della partecipazione e accettazione del sistema. Nellambito del secondo, invece, i fini si radicalizzano e la partecipazione diviene totalizzante mentre si ri ducono i contatti con lambiente esterno, sia come poten ziale riserva per il reclutamento che come sistema da tra sformare. Si vedr che levoluzione dei gruppi clandestini si avvicina molto a questo secondo modello. Le formazioni clandestine di sinistra in Italia erano in fatti, alla fine del loro ciclo di vita, simili a delle sette, con la conservazione in vita dellorganizzazione come fine ulti mo, ma anche con lesasperazione della solidariet interna,
Le descrizioni del processo di burocratizzazione si sono sofferm a te su diverse specificazioni: laccresciuto ruolo dellamministrazione [Weber 1920], lemergere di una oligarchia [Michels 1966], laccettazio ne nel sistema [tra gli altri, Smelser 1968], linteriorizzazione delle norme [Lowi 1971], la ritualizzazione della partecipazione [Wilson 1973], L e voluzione stata descritta come passaggio da un sistema di razionalit caratterizzato dallesistenza di scopi comuni, ideologia manifesta, in centivi collettivi e dominio sullambiente ad un sistema di interessi caratterizzato da logica di sopravvivenza, ideologia latente, incentivi selettivi, adattamento allambiente [Panebianco 1982]. 38

invece della routinizzazione della partecipazione, e con una radicalizzazione strategica, invece dellistituzionalizzazione come normalizzazione4. Come stato osservato nel caso di altri piccoli gruppi, si avuta una graduale chiusura dei canali di comunicazione con lesterno, con conseguente per dita di quei weak ties che ne avevano permesso lespansione. Cos le organizzazioni clandestine si sono trasformate: le scissioni si sono moltiplicate, le tattiche pi radicali sono di venute da mezzo fine, lideologia si radicalizzata come reazione alle disconferme provenienti dallesterno. Questo processo di incapsulamento ha portato gradualmente alla sconfitta. Questo tipo di evoluzione pu essere spiegato come con seguenza dellinnescarsi di dinamiche interne , determinate dalla scelta stessa della clandestinit. L evoluzione di una organizzazione , in generale, influenzata dallesistenza di tensioni interne fra i diversi obiettivi che essa deve raggiun gere, tra lespansione del gruppo e il suo rafforzamento, tra lefficienza della struttura organizzativa e la sua capacit di recepire gli stimoli esterni. Anche i gruppi terroristi hanno sperimentato alcune tensioni in una certa misura comuni a quelle di altri tipi di organizzazioni politiche che li han no indotti a trasformazioni nelle ideologie, nelle strategie e nella struttura-organizzativa. Esse possono essere analizzate come conseguenze non previste della stessa scelta della clan destinit fatta da piccoli gruppi in regimi democratici. Ogni

34 In modo simile, anche il processo evolutivo delle sette stato de scritto come rinuncia al perseguimento di fini di trasformazione del mon do circostante e attribuzione di assoluta priorit allobiettivo del mante nimento della solidariet allinterno, fino alla rinuncia ad ogni attivit di proselitismo. Cfr. Messinger [1955]; J.Q . Wilson [1972]; Zygmunt [1972]; Zachary [1977]. Sul concetto di weak ties, si veda Granovetter [1978], 55 Categorie quali dinamiche inteme o logiche interne hanno, di re cente, sottolineato la rilevanza di alcuni processi in genere sottovalutati dagli approcci razionalisti pi tradizionali, definiti come imprevedibili, o intrinseci, o involontari, o patologici. Si invece proposto di pre stare maggiore attenzione a variabili affettive, presenza di vincoli, ridot ta capacit di apprendimento, diffusione attraverso processi interattivi multipli e spesso circolari. 39

(decisione successiva ha prodotto effetti non voluti, riducen do il raggio di azioni possibili per il futuro. Cos ogni tra sformazione ha stimolato alcuni tentativi di adattamento sia nelle strutture che nei fini, alle cui conseguenze negative i dirigenti delle formazioni clandestine hanno reagito con ul teriori mutamenti, senza per riuscire ad uscire dalla crisi ed inserendosi invece sempre pi in una serie di spirali, in cui ogni giro successivo riduceva le opzioni strategiche di sponibili. Si pu osservare, per concludere, che lipotesi sulla ca pacit delle organizzazioni di adattarsi allambiente non sembra che parzialmente adeguata a spiegare levoluzione delle formazioni clandestine. In questo caso, infatti, i vinco li alladattamento si sono rivelati insuperabili. Ogni tentati vo di trasformazione della struttura organizzativa ha inne scato delle dinamiche interne, non previste n controllabili dallorganizzazione, che ne hanno accelerato la crisi. Se le organizzazioni hanno tentato di adeguarsi ai mutamenti am bientali, esse hanno per incontrato ostacoli insuperabili. Particolarmente valide nel caso delle organizzazioni politi che clandestine sono le osservazioni fatte a proposito del linfluenza dellampiezza del gruppo sulla sua evoluzione. La dimensione, spesso non manipolabile, diventa una varia bile critica al di sotto di una certa soglia, rendendo la lotta per la sopravvivenza sempre attuale, accentuando la necessi t di solidariet e di coesione interna, accrescendo lostilit da e verso lesterno. Come si vedr nel corso di questa ricer ca sui gruppi terroristi in Italia, le piccole organizzazioni politiche tendono, nel tempo, ad isolarsi dallambiente, ac quisendo molte caratteristiche delle sette o delle istituzioni totali36.

36 Una definizione di setta , generalmente accettata, quella di grup po composto da gente che si taglia fuori dalla societ [Coser 1974]. Per quanto riguarda le istituzioni totali, si pu fare riferimento alla ben nota definizione di Goffm an che le presenta come luoghi di residenza e lavo ro dove un ampio numero di individui, tagliati fuori dalla societ pi am plia per un apprezzabile periodo di tempo, vivono insieme una vita for malmente amministrata [Goffm an 1961, 13]. U naltra categoria che pu essere utile per lanalisi dellevoluzione delle organizzazioni clandestine quella di societ segrete, definite come associazioni volontarie i cui 40

A determinare la definitiva sconfitta della maggior parte dei gruppi armati sono poi intervenuti dei cambiamenti nel la struttura delle opportunit politiche. In primo luogo, ne gli anni ottanta, una ritrovata stabilit dovuta al riconosci mento di nuovi rapporti di potere ha permesso una maggio re efficacia nella repressione del fenomeno. Inoltre, il dif fondersi di una cultura non violenta nel settore dei movi menti sociali ha deluso le speranze delle residue formazioni clandestine di poter trovare delle nuove aree di reclutamento. 4. Metodi e fonti della ricerca Si detto in un paragrafo precedente quanto la lettera tura scientifica sul terrorismo sia povera di ipotesi teoriche per unanalisi del fenomeno. Carenze almeno pari sono ri scontrabili dal punto di vista dei contributi metodologici. Considerando le formazioni terroriste come tipi di organiz zazioni politiche, la nostra ricerca ha invece tratto spunto, anche per quanto riguarda le scelte di metodo, dalla lettera tura su altre forme non istituzionali di partecipazione politi ca, in particolare sui movimenti di protesta. La ricerca sui movimenti sociali si andata arricchendo di una notevole molteplicit di tecniche d indagine, fortemente eterogenee fra loro sia nel tipo di fonti utilizzate che nelle unit di rife rimento prescelte. Accanto ad un perfezionamento dei me todi quantitativi dindagine pu essere rilevata la recente elaborazione di nuovi metodi qualitativi. Ciascuna scelta metodologica stata tarata su specifici interrogativi di ricer ca, relativi ora alle risorse ambientali, ora alle organizzazio ni del movimento, ora alla partecipazione individuale37. Tra le tecniche di ricerca disponibili, ne ho privilegiate sostanzialmente due: lanalisi quantitativa di dati statistici e lanalisi qualitativa di materiale biografico. La ricerca si
membri, in virt della loro partecipazione, sono in possesso di alcune in formazioni delle quali i non membri non sono a conoscenza [Wedgwood 1930, 132], 37 Per una discussione delle metodologie di ricerca utilizzate nello studio dei movimenti collettivi, rinvio a della Porta [1987a]. 41

avvalsa, dunque, di due tipi di fonti, molto diverse fra loro. Il materiale giudiziario la fonte scritta da cui sono state tratte le informazioni analizzate attraverso tecniche di ana lisi quantitative, principalmente la cross tabulatoti. Le sto rie di vita di individui coinvolti nelle organizzazioni clande stine hanno costituito la fonte orale per lanalisi qualitativa. Entrambe le fonti hanno presentato problemi specifici di ri levazione che si sono aggiunti alle difficolt che, pi in ge nerale, la loro utilizzazione comporta. Alcune osservazioni possono essere fatte, per iniziare, sulluso del materiale giudiziario come fonte per la raccolta di dati per lanalisi quantitativa38. Studi quantitativi sulle voluzione della protesta sono stati condotti, di recente, at traverso lutilizzazione della stampa quotidiana come fonte. Ricerche di ampio respiro ne hanno fatto uso sia per costi tuire delle banche-dati sulle mobilitazioni collettive che per controllare alcune ipotesi sui repertori dazione tipici di differenti momenti storici o le ragioni delladdensarsi cicli co della protesta39. Rassegne della stampa sono anche ser vite come fonte per analizzare le caratteristiche delle orga nizzazioni di movimento sociale, la loro struttura, le loro strategie, la loro ideologia40.
,8 Le fonti giudiziarie utilizzate nel corso della ricerca sono compo ste dagli atti dei procedimenti penali per reati di terrorismo e da alcuni materiali ad essi allegati. Sono stati presi in esame 78 atti giudiziari, rela tivi a 66 procedimenti istruttori. Pi in dettaglio, le relazioni consistono di 51 sentenze istruttorie, 16 requisitorie della Procura della repubblica, 11 sentenze di Corte d assise. L acquisizione delle sentenze istruttorie risultata particolarmente utile, perch in questo tipo di documenti le in formazioni sono in genere pi dettagliate che negli altri. Il materiale alle gato a questi procedimenti che sono riuscita a esaminare si compone di 99 interrogatori a membri delle organizzazioni clandestine, e di 42 docu menti e 83 volantini scritti dai gruppi armati (nella quasi totalit, dalle Br). Le parti pi importanti degli interrogatori come dellaltro materiale sono in genere citate nel corpo degli atti giudiziari, ma nei casi in cui ci stato possibile, si preferito acquisirne la versione integrale. Questo materiale stato integrato con quello proveniente da altre fonti stampa te, sia biografie e autobiografie, che scritti ideologici di membri delle or ganizzazioni clandestine. V ) Si vedano le ricerche di Tilly [1978]; e Tarrow [1983; 1989]. 4 1 1 Si vedano, tra laltro, le ricerche di Gamson [1975]; e W ebb e al tri [1981], 42

In questo studio sul terrorismo in Italia sono stati ripresi molti dei suggerimenti tecnici e delle categorie elaborate da quelle ricerche. Tuttavia, nelle indagini sul terrorismo, i giornali si presentano come fonti dispendiose in termini di tempo e poco attendibili. Il numero degli episodi di que sto tipo , naturalmente, molto inferiore rispetto a quello degli eventi di protesta: occorrerebbe, dunque, uno sforzo almeno pari in termini di spoglio dei giornali per ottenere un numero di eventi molto ridotto. Sempre dal punto di vi sta delleconomia della ricerca, occorre inoltre tenere conto del fatto che una buona parte degli episodi di terrorismo ha portata solo locale. Per rilevarli non sarebbe sufficiente le same di un quotidiano nazionale: gli sforzi andrebbero con siderevolmente moltiplicati per aggiungere almeno i giornali delle aree geografiche pi colpite dal fenomeno. I rischi di distorsione nei dati raccolti dalla stampa quo tidiana sono, inoltre, particolarmente rilevanti nel caso del terrorismo. I dati forniti dalle autorit alla stampa sono spesso parziali, a causa delle esigenze di riservatezza delle indagini. Essendo poi pochi, normalmente, i testimoni, le informazioni che i giornalisti possono raccogliere da altre fonti sono di solito imprecise. In pi, con il ridursi dellinte resse per lepisodio terroristico, alcune precisazioni che emergono successivamente non vengono pi riportate dalla stampa. Ancora, dato il carattere clandestino della struttura organizzativa delle organizzazioni terroristiche, le informa zioni ad esse relative non sono normalmente disponibili per i giornalisti. Quando divengono ufficiali, durante lo svolgi mento dei processi, la caduta di attenzione nellopinione pubblica pu scoraggiare la pubblicazione di descrizioni det tagliate sul funzionamento di questi gruppi. Anche il materiale giudiziario una fonte che presenta numerosi problemi. In parte essi coincidono con quelli gi rilevati a proposito delle statistiche di polizia, delle quali stato osservato che esse ci dicono pi della polizia che dei criminali o dei delinquenti, riflettendo il grado in cui i fun zionari decidono di agire contro i devianti potenziali nella comunit41. probabile che alcune distorsioni siano state
41 Becker [1970, 43]. 43

presenti anche nelle indagini giudiziarie sul terrorismo, so prattutto se si considera che molte di esse si sono svolte in un periodo definito di emergenza. La forte divisione in correnti ideologiche presente nella magistratura italiana rende necessarie ancora ulteriori cautele. Va, inoltre, aggiunto che lobiettivo del magistrato per definizione diverso da quello del sociologo, essendo il primo istituzionalmente interessato allattribuzione di responsabi lit personali in un fatto criminoso, e il secondo alla spiega zione del fenomeno sociale di cui levento criminoso una manifestazione. Le informazioni selezionate per la stesura degli atti giudiziari non coincidono quindi necessariamente con quelle cercate dallo scienziato sociale. La lettura degli atti si presenta, dunque, come una strategia talvolta disper siva, poich i dati utili vanno rintracciati allinterno di una grande quantit di notizie non pertinenti allanalisi sociolo gica. Ci vuol dire anche che alcune informazioni fondamentali per una spiegazione sociologica come la profes sione dei militanti, ad esempio possono essere raccolte in maniera incompleta, comparendo solo, per cos dire, saltua riamente e casualmente nelle fonti giudiziarie. Pur con tutte le precauzioni che questi limiti impongo no, le fonti giudiziarie costituiscono tuttavia uno strumento da privilegiare nellanalisi di un fenomeno criminoso, anche di natura politica. In primo luogo, esse riportano infatti ten denzialmente tutte le informazioni disponibili sulluniverso degli eventi terroristici, essendo il magistrato tenuto alla de scrizione minuziosa e avendo, in pi, gli strumenti necessari a raccogliere prove e interrogare i testimoni. Se alcune di storsioni potrebbero essere state introdotte, a causa del par ticolare clima di quegli anni, nella interpretazione delle pro ve e testimonianze ai fini dellattribuzione delle responsabi lit penali e del loro dosaggio, non sembra per che tali pro ve e testimonianze siano state taciute nella stesura dei ver bali del procedimento penale. In secondo luogo, le fonti giu diziarie permettono il massimo di economia di sforzi nella raccolta delle informazioni, poich sono interamente dedi cate alloggetto dindagine. In terzo luogo, data la clandesti nit delle organizzazioni in esame, esse rappresentano luni ca fonte in cui molti documenti ad esse relativi possono es
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sere reperiti. A proposito dello specifico caso italiano, va ag giunto che se le condizioni della cos detta emergenza pos sono avere introdotto delle distorsioni, esse hanno per allo stesso tempo spinto ad ampliare gli sforzi investigativi su questa specifica forma di criminalit. Attribuire maggiore importanza ai procedimenti penali sul terrorismo ha signifi cato anche accrescere le risorse materiali e le energie indivi duali ad essi dedicate, con indiscutibili benefici sulla quanti t di notizie raccolte. Le tensioni ideologiche allinterno della magistratura hanno poi agito insieme alla rilevanza politica del fenomeno nel senso di accrescere lattenzione verso le sue origini e le dinamiche interne, con la conseguen te presenza di un considerevole numero di informazioni ad esse relative in diversi atti giudiziari. Se tutto ci rende lutilizzazione del materiale giudizia rio particolarmente promettente, la possibilit di averlo di sponibile, grazie al progetto documentario dellistituto Car lo Cattaneo, ne ha poi determinato la scelta come fonte pri vilegiata della ricerca. Il riconoscimento della esistenza di alcuni rischi di parzialit e di incompletezza, ha per spinto ad affiancare ad esso unaltra fonte, dotata di caratteristi che differenti. La ricerca si , infatti, avvalsa anche di interviste in pro fondit con militanti di varie organizzazioni politiche clan destine, raccolte secondo la tecnica delle storie di vita42. Simili alle interviste in profondit, le storie di vita se ne di stinguono tuttavia per la peculiarit del loro scopo. Esse mi rano, infatti, prevalentemente alla ricostruzione biografica, piuttosto che alla testimonianza su avvenimenti storici. Tuttavia la registrazione del racconto non , come nelle bio grafie, un fine in s, ma piuttosto un mezzo per conoscere la societ attraverso limmagine che viene dalla narrazione dellintervistato.

42 Verranno utilizzate nel corso dei prossimi capitoli le storie di vita relative a 28 individui. Sette di esse sono state raccolte direttamente dal lautore, le altre da altri ricercatori, tutte nellambito di una ricerca coor dinata dallistituto Carlo Cattaneo. Le interviste sono state realizzate in una o pi sedute, per una durata media di 4 ore ciascuna. I colloqui sono stati registrati tramite magnetofono e quindi trascritti. 45

Anche le storie di vita rappresentano una tecnica di ri cerca di delicata applicazione. Pur se utilizzata in diverse di scipline, essa ha suscitato polemiche soprattutto fra gli sto rici per il suo carattere di fonte orale e non istituzionale ed stata poco diffusa fra i sociologi, probabilmente per la sua scarsa capacit di fornire risultati quantitativi. Alle sto rie di vita sono state rivolte, in generale, le stesse obiezioni sollevate a proposito della storia orale. Due sono state le principali critiche, definibili come critica dellinaffidabilit e critica dellirrilevanza. In primo luogo stato osservato che gli individui sono i peggiori narratori degli avvenimenti che li hanno visti coinvolti perch, avendo essi un interesse diretto in quelle vicende, tendono a darne un resoconto di storto. Chi fa affidamento sugli atti provenienti da fonti uf ficiali ritiene che, inconsapevolmente o con dolo, le testimo nianze della gente comune siano molto lontane dalla verit storica. A maggior ragione, poco credito stato spesso ri conosciuto alla capacit degli individui di raccontare la pro pria vita senza, coscientemente o involontariamente, ingan nare4'. La seconda critica riguarda la rilevanza degli oggetti analizzabili attraverso le ricostruzioni biografiche. Le storie di vita vengono spesso considerate come strumenti di appli cazione limitata allo studio dei gruppi marginali della popo lazione44. Inadeguate allindagine sulle variabili sistemiche, esse sono state al massimo accettate per la ricerca sui proble mi, ritenuti residuali, delladattamento individuale alle grandi forze del mutamento, della soggettivit rispetto al le pi importanti strutture oggettive. In storia come in so ciologia, le storie di vita sono state accusate di descrittivi smo e ritenute, al pi, degne di prime analisi esplorative. Fra gli storici e i sociologi, infine, non sembra essere venuto

41 Questo tipo di critiche sono state avanzate, per esempio, da H o rowitz [1977]; e da Faris [1980], 44 Studi attraverso storie di vita sono stato condotti su temi quali, ad esempio, le prostitute o i ladri di professione [Conwell e Sutherland 1937], i transessuali [Bogdan 1974], i neri americani [Johnson 1941; Fra zier 1940], le bande giovanili [Shaw 1930; 1931; 1936; Whyte 1943], i poveri dei paesi dipendenti [Lewis 1966], 46

meno il sospetto che lattenzione alle motivazioni indivi duali possa servire a reintrodurre un approccio psicologista ai fenomeni sociali. Nessuna di queste due critiche sembrata per convin cente, soprattutto in relazione alluso che delle storie di vita si intendeva fare nel corso della ricerca. Per quanto riguarda la critica dellinaffidabilit, si pu osservare che, in primo luogo, essa non si applica peculiariamente alle fonti orali: come si appena detto, anche le fonti scritte sono soggette a sistematiche distorsioni45. In secondo luogo, questa criti ca ha un diverso livello di validit in relazione ai diversi tipi di ricerche che le ricostruzioni biografiche hanno prodotto, a seconda che lattenzione si sia concentrata sulle informa zioni che lindividuo intervistato poteva offrire o sui modi di funzionamento della memoria. In questultimo caso, le distorsioni sono state in un certo senso poste al centro del lanalisi, il cui obiettivo era la individuazione di alcune si stematicit nel modo di descrivere la realt46. Nella versione pi radicale del primo modo di utilizza zione delle interviste personali, invece, agli individui si chiesto di testimoniare su alcuni avvenimenti di cui essi era no a conoscenza, conferendo cos alla fonte orale pari legit timit che a quella scritta ed utilizzandola laddove gli archi vi si rivelavano particolarmente poveri o inaffidabili47. Nel corso di questa ricerca si adottata una versione meno estrema di questo approccio, che ha permesso di ri durre i rischi di distorsione. Le interviste in profondit sono state, infatti, considerate come strumenti particolarmente utili ad illuminare gli avvenimenti di portata pubblica in cui gli intervistati sono stati direttamente coinvolti e, in parti

45 G li studiosi di storia orale hanno risposto a queste critiche anche dal punto di vista epistemologico. Su questo punto si rinvia, in particola re, a Balan e Jelin [1980]; Barkin [1976]; Bertaux [1980]; Buhle [1981]; Passerini [1978; 1981]; Thompson [1978]. 46 Questo tipo di strategia di ricerca stata discussa, per esempio, in Gagnn [1981a; 1981b]; Grele [1975]; Kohli [1981]; Meyer Spacks [1977]; Passerini [1981]; Renza [1977]. 47 Per esempio, nella storia politica del continente africano; cfr. Barnett [1972]; Barnett e Njama [1966]. 47

colare, quegli aspetti rispetto ai quali pi diretta stata la loro personale esperienza. Su temi quali la storia delle orga nizzazioni legali in cui essi avevano militato e il funziona mento delle organizzazioni clandestine, gli intervistati sono stati considerati come testimoni privilegiati. Le informazio ni da loro fornite, controllate attraverso lutilizzazione di fonti scritte di diversa natura, sono servite alla ricostruzio ne di alcuni ambienti e situazioni. Ma la principale utilizzazione delle storie di vita stata losservazione del modo in cui la storia si trasformata in coscienza individuale, gli avvenimenti pubblici hanno inter ferito nella vita privata, la percezione del mondo esterno ha prodotto alcuni comportamenti48. Si cos potuto spiegare le scelte di adesione e il mantenimento della militanza nei gruppi armati, partendo dalla conoscenza delle percezioni del mondo esterno diffuse fra i militanti, della loro defini zione dei vantaggi e degli svantaggi della partecipazione, del loro processo di socializzazione politica, delle dinamiche di strutturazione dellidentit individuale. Collocando lattivi t politica allinterno della globalit della esistenza di ogni individuo, esse hanno consentito di rilevare una serie di di namiche relative alle motivazioni e agli incentivi che hanno prodotto il passaggio alle organizzazioni illegali e i percorsi al loro interno. Anche la critica di irrilevanza non sembra ta, quindi, condivisibile. Ai fini della nostra ricerca, le sto rie di vita hanno semmai il merito di permettere di affronta re tematiche di grande importanza, che altri metodi avreb bero lasciato nellombra. Lo studio dellimmaginario, delle mentalit, delle rappresentazioni collettive stato uno stru mento indispensabile per la comprensione delle motivazioni che hanno portato molti giovani verso le forme pi estreme di violenza. Senza pretendere, dunque, di trarre dalle interviste agli ex-militanti delle organizzazioni armate informazioni speci fiche su episodi di terrorismo o responsabilit individuali, le storie di vita sono state invece uno strumento metodolo

48 Questo tipo di utilizzazione delle storie di vita viene difesa, tra gli altri, in Balan e Jelin [1980]; e Gagnon [1981a; 1981b], 48

gico insostituibile per lanalisi della partecipazione indivi duale, delle sue tappe, delle sue dinamiche. L atmosfera di minore tensione nelle carceri e la disponibilit di molti ex militanti di organizzazioni clandestine a ripercorrere pub blicamente le tappe della loro esperienza politica illegale, hanno reso praticabile questa strategia di ricerca.

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C A P IT O L O SE C O N D O

C IC LI DI P R O T E ST A E O R IG IN I D E L T ER R O R ISM O

1. Movimenti collettivi e violenza politica in Italia Il dibattito sociologico e politologico sul terrorismo in Italia ha spesso collegato le sue origini alle diverse peculiari t della societ italiana, individuate ora nella sfera culturale, ora in quella economica, ora in quella politica1. Il radica mento storico di due sub-culture ostili stato considerato come una peculiarit della formazione dello stato italiano che potrebbe avere favorito le forme pi radicali di conflit to. Secondo questa ipotesi le origini della violenza sono da rintracciare nel catto-comunismo, cio nella contempora nea presenza di due ideologie totalizzanti2. I riferimenti sono, in questo caso, sia alle caratteristiche di intransigen za di queste ideologie che al controllo sociale permesso dal le strutture che ad esse si ispirano. Entrambe le sub-culture sarebbero caratterizzate da una particolare attenzione ai te mi della giustizia sociale, che diverrebbe talvolta un senso di giustizia tradita. Il ruolo da esse giocato nellintegrazione nazionale avrebbe dato inoltre un notevole potere a due sub-culture bianca e rossa caratterizzate da una
1 Accanto ai saggi di natura scientifica, che verranno citati nel corso della ricerca, ricordiamo anche che molte inchieste di natura giornalistica sono state pubblicate soprattutto tra la fine degli anni settanta e linizio del decennio successivo. Fra esse: Agostini [1980]; Bello [1981]; Bocca [1985]; Bravo [1982]; Cavallini [1978]; Far e Spirito [1979]; Mazzetti [1979]; Manzini [1979]; Montelli e Revelli [1979]; Pansa [1980]; Papa [1979]; Sol [1979]. Nello stesso periodo, vi sono stati anche numerosi numeri speciali di riviste, dedicate al fenomeno. Tra le altre: L a questio ne criminale [1979]; Rassegna sindacale [1980]; C attaneo [1982]; L a societ [1983], Il terrorismo italiano ha destato, naturalmente, inte resse anche tra studiosi di altri paesi. Tra gli altri: Allum [1978]; Drake [1982]; Furlong [1981]; Weinberg [1982]. 2 Cfr. Bocca [1978a; 1978b], 51

reciproca ostilit. NeHimmediato dopoguerra questa frattu ra culturale sarebbe stata rinfocolata nel clima della guerra fredda. In un approccio pi congiunturale, il terrorismo stato definito come prodotto delle disfunzioni dei sistemi di si gnificato della societ tradizionale, provocate dallintenso sviluppo economico. Secondo gli autori che hanno proposto questa interpretazione, il maggiore prerequisito dellappari re del terrorismo sarebbe stato lemergere di una crisi di va lori derivante dalla distruzione del sistema di significati del la societ tradizionale . Secondo una variante di questo approccio, lincompleta transizione da una societ rurale ad una societ industriale avrebbe prodotto un vuoto di valori4 nel quale le inclinazioni terroristiche avrebbero tro vato un terreno favorevole. Gli stessi processi esaminati dal punto di vista dei loro effetti nella sfera culturale, sono stati considerati anche da quello della loro influenza sullo sviluppo economico. Anche in questo caso stato fatto riferimento sia alle caratteristi che strutturali del sistema economico che ad alcuni fattori congiunturali. Sono stati cos citati il dualismo produttivo e territoriale, nel primo caso; la crisi economica conseguente allaumento del prezzo del petrolio, nel secondo. Per quanto riguarda le caratteristiche del modello italiano di sviluppo, stato spesso ossfcrvato che la presenza nel Sud del paese di una forte quota di esercito industriale di riserva ha reso possibile, negli anni cinquanta, una crescita economica ba sata sui bassi salari e trainata dalle esportazioni. Alla debo lezza strutturale della classe operaia si aggiungeva la sua de bolezza politica, data la scarsa legittimazione del suo mag giore rappresentante il Pei nel sistema dei partiti. I due fattori di esclusione si sono accentuati lun laltro, escludendo ogni ipotesi di patto neo-corporativo. La specifi ca forma assunta dal capitalismo in Italia dunque basata
3 Cfr. Acquaviva [1979]. 4 Secondo linterpretazione di Ferrarotti [1978], la violenza deter minata dalla crisi di valori che si crea nel momento in cui il mondo rurale non pi l a offrire protezione e sicurezza, mentre la cultura industriale non ancora consolidata. 52

su un dualismo territoriale e produttivo, incapace di realiz zare una efficace modernizzazione del sistema. Tale tipo di sviluppo avrebbe penalizzato ampi strati sociali, per i quali la violenza politica avrebbe presentato cos delle attrattive come potenziale sostituto di una forza contrattuale basata su fattori strutturali5. Unulteriore interpretazione si sof fermata piuttosto sulla congiuntura economica dellinizio degli anni settanta, caratterizzata come si sa dalla fine del boom economico del periodo precedente e dallinizio di una lunga fase recessiva6. Il limite di questi contributi stato, in generale, quello di trascurare lanalisi dei processi intervenienti tra le carat teristiche delle macro-variabili nella sfera culturale o econo mica e lo sviluppo di un fenomeno politico quale il terrori smo. Se anchessi verranno messi a confronto con i risultati della ricerca, nel corso di questo capitolo sulle origini del terrorismo in Italia si concentrer per lattenzione mag giormente sugli approcci che pi direttamente prendono in esame la sfera politica. Una spiegazione diffusa dellinsorgenza e del consolida mento delle organizzazioni clandestine ha fatto riferimento al blocco del sistema politico. Nel tentativo pi elaborato di collegare il terrorismo al blocco del sistema, questultimo stato definito come rifiuto del mutamento, come incapa cit a svolgere i suoi compiti se non in modo ripetitivo, di rinnovarsi adeguandosi a nuove esigenze e nuovi stimoli, di svilupparsi e di autoregolarsi. La situazione di blocco sareb be in altri termini quella di un sistema che ha talmente con solidato le sue basi, la sua organizzazione strutturale, da non consentire alcuna innovazione7. Emersa in "primo
5 Cfr. Melucci [1978; 1981J. 6 Una delle conseguenze della crisi economica citata, in particolare, come causa dello sviluppo del terrorismo la crescita della disoccupazio ne, soprattutto giovanile [per esempio: Cavalli 1977]. 7 Bonanate [1978, 577]; cfr. anche Bonanate [1983]. L ipotesi del blocco di sistema trova conferme in alcune analisi sullo sviluppo del ter rorismo in diversi contesti storici. Degenerazioni violente dei movimenti collettivi sono state pi frequenti laddove lassenza di alternanza (Italia e Giappone) o lesistenza di grandi coalizioni tra il Centro e la Sinistra (Germania occidentale e Italia) hanno frenato i mutamenti politici [della Porta 1983]. 53

luogo nella pubblicistica politica, la tesi del blocco di siste ma stata ripresa con sfumature differenti nel dibattito scientifico. Blocco di sistema divenuto, in alcuni casi, si nonimo di mancata elaborazione ed attuazione di piani or ganici di riforma; in altri casi, sinonimo dellassenza di al ternanza nelle coalizioni di governo; o, ancora, conseguenza dellincorporazione del Pei nellarea di governo e, quindi, dellassenza di una opposizione capace di funzionare come effettivo canale di mediazione delle domande emergenti8. La teoria del blocco di sistema presta il fianco a delle cri tiche rilevanti sia sul piano della congruenza teorica che su quello della verificabilit empirica. In relazione al caso ita liano, alcune delle pi semplici definizioni di blocco come impermeabilit del sistema politico istituzionale non sem brano avere trovato corroborazione empirica, almeno per quanto riguarda la prima fase del terrorismo in questo pae se. Dal punto di vista della percezione soggettiva del blocco, stato inoltre sottolineato come, in un periodo di forte mo bilitazione sociale e politica, tutti i gruppi dellestrema sini stra italiana tendessero ad enfatizzare ottimisticamente la combattivit operaia e studentesca, piuttosto che rielabora re nei termini pessimistici del fallimento dellazione di mas sa la carente risposta politica alla protesta9. Come si argomenter nel corso di questo capitolo, lina deguatezza delle spiegazioni in termini di blocco risiede principalmente nellincapacit di analizzare le interazioni tra sistema istituzionale bloccato e attori collettivi, ad es so esterni, in movimento. Altri contributi hanno invece avuto il merito di spostare lattenzione sulle interazioni tra sistema delle decisioni istituzionali e domande emergenti. Negli anni settanta, le relazioni esistenti tra protesta e ter rorismo di sinistra erano state uno dei temi principali della polemica politica. Una filiazione del fenomeno terroristico dai movimenti collettivi veniva rivendicata a sinistra, dagli stessi gruppi armati; e, contemporaneamente, denunciata con veemenza dal centro e dalla destra, per screditare tutte
8 C fr., per la prima accezione, Tranfaglia [1981]; per la seconda, Mancini [1981]; per la terza, Ferrajoli [1979]. 9 Cfr. Pasquino [1984], 54

le forze d opposizione. Solo nel decennio successivo, anche alcuni contributi scientifici hanno suggerito di analizzare lemergere del terrorismo di sinistra in relazione allevolu zione di altre forme di azione collettiva e alle interazioni da esse messe in m oto1 . Molte informazioni e testimonianze, discusse in questo e nei prossimi capitoli, dimostreranno quanto questo suggerimento sia stato proficuo per la com prensione del fenomeno terroristico. Le organizzazioni clandestine sono nate, infatti, da scissioni allinterno delle diverse formazioni politiche del movimento. Nelle loro stra tegie d azione, cos come nei loro documenti ideologici, era evidente, soprattutto nelle fasi iniziali, il tentativo di man tenere una continuit con la tradizione della protesta. Al li vello individuale, inoltre, la lotta armata stata, per chi lha scelta, unultima tappa di un percorso politico iniziato in or ganizzazioni legali della sinistra. La relazione tra le forme di protesta di quegli anni e lo sviluppo delle formazioni armate non sembra tuttavia quella di una derivazione necessaria dal tipo di bisogni espressi nella protesta o dai suoi contenuti ideologici. Occorre, inve ce, guardare alle caratteristiche dei diversi attori che sono intervenuti nel corso della mobilitazione, dalla reazione isti tuzionale alle interazioni tra le componenti compresenti nel settore dei movimenti sociali. Per comprendere la degenera zione di una parte della protesta in violenza politica e poi terrorismo occorre allora rispondere ad alcuni interrogativi che, ancora oggi, rimangono aperti. E stato il terrorismo il prodotto collaterale delleffervescenza dello statu nascenti o lazione di frange impazzite di militanti che hanno cerca to di opporsi al declino delle capacit di mobilitazione del movimento?" La degenerazione verso la violenza nata

10 stato scritto, ad esempio, che la pratica sistematica della vio lenza, fino allesito disperato del terrorismo, il risultato di un processo di decomposizione dei movimenti a cui stato impedito di esprimersi sul loro terreno proprio e che sono stati progressivamente spinti a misurarsi con le contraddizioni di una societ bloccata [Melucci 1982, 116]. " Q u estultima ipotesi suggerita, ad esempio, da Wieviorka [1988], che interpreta il terrorismo come sintomo della crisi del movi mento operaio. 55

nelle fasi di pi accesa conflittualit o in quelle cicliche di riflusso e gestione delle conquiste ottenute?1 2 Le organiz zazioni clandestine sono emerse dallisolamento in cui si trovavano le componenti pi radicali del movimento quan do una serie di riforme sostanziali aveva gi esaudito le do mande della maggioranza pi moderata o dalla crisi di un movimento politico che non era riuscito a sostenere adegua tamente le proprie rivendicazioni nella contrattazione poli tica? Sono state la conseguenza di una istituzionalizzazione precoce dei nuovi attori collettivi o della marginalizzazione violenta dellopposizione da parte di un sistema politico in capace di integrare domande emergenti?1 1 Un primo passo per rispondere a queste domande la nalisi dellevolversi della struttura delle opportunit nel cor so dei diversi momenti della protesta e per i diversi attori che vi presero parte. Come si detto nel capitolo introdutti vo, lipotesi che qui viene avanzata che lemergere del ter rorismo di sinistra vada analizzato come adattamento, inter namente differenziato, del settore dei movimenti sociali alle diverse tappe dei cicli di protesta in relazione alla struttura delle opportunit presente14. Nel corso di questo capitolo, le relazioni tra protesta e terrorismo verranno discusse a partire dallanalisi delle con dizioni ambientali in cui le organizzazioni terroriste hanno trovato lo spazio per emergere e svilupparsi. Sar necessa rio, quindi, anticipare alcune informazioni relative alle fasi e ai luoghi della diffusione del fenomeno ed usare lormai
12 Q uestultima , ad esempio, l ipotesi di Pizzorno che parla di mi litanza in eccedenza nelle fasi di riflusso del movimento: Quello che succede in Italia verso il 1972 e il 1973 una fermata brusca della conflit tualit e della militanza di classe [...]; dagli inquadramenti di partito e di sindacato escono di colpo molti individui che si trovano a possedere solo unesperienza di lotta di classe; la maggior parte restano frustrati, altri hanno processi psicologici di disperazione, altri, respinti dal sindacato e dal partito, continuano la militanza, rifugiandosi nel movimento [...]. E la frenata brusca data alla fase della conflittualit quella che provoca que sta continuazione di corsa, senza pi possibilit di controllo [in AA.VV. 1978, 7]. '* C fr., per esempio, Donolo [1978]. 14 Per unargomentazione di questa ipotesi si veda anche: della Por ta e Tarrow [1986]. 56

ampia letteratura secondaria sulle caratteristiche dei princi pali attori politici in quei periodi e sulle specificit delle for me di protesta in Italia rispetto a fenomeni simili, emersi in altri paesi. Alcune parti delle interviste agli ex-militanti del le organizzazioni clandestine permetteranno, inoltre, di comprendere in quale modo la realt esterna era percepita dai militanti delle diverse organizzazioni della protesta. Nel prossimo capitolo le ipotesi sulle precondizioni ambientali per la degenerazione violenta di un ciclo di protesta verran no controllate attraverso lo studio delle caratteristiche del processo di formazione delle singole organizzazioni clande stine. Un primo passo per comprendere linfluenza delle carat teristiche dellazione collettiva sullemergere delle organiz zazioni clandestine lanalisi dellevoluzione temporale de gli episodi di terrorismo, osservabile alla figura 1. Le due curve sono relative al numero complessivo degli episodi e a quello degli episodi orientati contro persone, o che, in ogni caso, hanno prodotto danni fisici ad esseri umani. In en trambi i casi sono state considerate le frequenze aggregate per trimestre, corrette attraverso una tecnica di moving average per bilanciare le oscillazioni stagionali15. Il terrorismo di sinistra ha cominciato a destare una cer ta preoccupazione solo nella seconda met del decennio. Fi no al 1973 incluso, il numero delle azioni era piuttosto limi tato, e solo 4 di esse erano state rivolte contro persone. N o nostante una intensificazione degli attentati, lattivit del terrorismo di sinistra era stata, anche nel biennio successi vo, sporadica. Se erano aumentate le azioni contro persone,
15 Tra le diverse tecniche di moving average disponibili si scelta quella basata sulla seguente formula: M(t) = 1/2 X (t - 2) + X(t - 1) + X(t) + X(t + 1) + 1/2 X (t + 2) 4 dove M(t) il valore stagionale corretto del trimestre t, ottenuto som mando la met del valore del trimestre due volte precedente (t 2), pi il valore del trimestre precedente ( t - 1), pi il valore di t, pi il valore del trimestre successivo (t + 2), pi la met del valore del trimestre ancora successivo (t + 2), e dividendo per quattro. Ringrazio Jan Schuur per i consigli sullutilizzazione di questa tecnica. 57

Evoluzione eventi terroristici

N. Azioni

0
1/70 1/71 1/72 1/73 1/74 1/75 1/76 1/77 1/78 1/79 1/80 1/81 1/82 1/83

Trimestri ---------- Totale azioni ---------- azioni contro persone Fic. 1. Evoluzione nel tempo delle attivit terroristiche per trimestre Fonte-, Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

il cui numero era salito a 5 nel 1974 e a 9 nel 1975, lam montare complessivo delle azioni si era mantenuto attorno ad una media annuale di 50 episodi, aumentando di un 30% da un anno allaltro. Il momento di svolta era stato il 1976, quando si era re gistrata una netta crescita sia nel numero complessivo degli attentati che in quello degli episodi rivolti contro persone.
38

Il numero delle azioni contro persone aveva continuato ad aumentare, raggiungendo le 16 unit, mentre era salito ad 87 il numero degli episodi contro cose. La maggiore impen nata delle due curve si era avuta, tuttavia, solo lanno suc cessivo, quando gli attentati contro persone erano pi che raddoppiati (34 episodi) ed era quasi raddoppiato anche il numero delle azioni contro le cose (165 episodi). Se nel 1977 si era raggiunta la massima frequenza per quanto ri guardava le azioni contro le cose, quelle dirette contro le persone erano aum entate, invece, ancora nel 1978, raggiun gendo il valore massimo di 57. Lo stesso valore si era m ante nuto anche nel 1979, quando invece continuava la flessione del numero degli episodi contro le cose (132). La parabola discendente nel numero delle azioni terrori stiche era divenuta invece pi netta nel 1980, quando il nu mero degli episodi contro le persone si era ridotto a 35 e quello degli episodi contro le cose a 95. E ssa era continuata negli anni successivi, ma erano stati soprattutto gli episodi contro le cose a diminuire pi rapidamente, a 40 unit nel 1981 e a 25 nel 1982. Erano rimasti invece pi elevati i va lori delle azioni contro persone, mantenendosi a 23 nel 1981 e eguagliando quelli delle azioni contro le cose nel 1982. Una distribuzione temporale simile pu essere riscontra ta se guardiamo ad un altro indicatore della diffusione del terrorismo: il numero delle organizzazioni terroriste, ripor tato nella tabella 1. Il numero di gruppi clandestini, basso fino al 1976, era invece cresciuto rapidamente nel 1977, quando erano pre senti, oltre a Brigate rosse (Br) e Prima linea (PI), anche Azione rivoluzionaria (Ar), Formazioni armate com battenti (Fac), Form azioni comuniste com battenti (Fcc) e Unit co muniste com battenti (Ucc) mentre qualche azione era firm a ta dai Nuclei armati proletari (Nap). Ancora numerose sa ranno le organizzazioni armate lanno successivo, quando com pariranno Guerriglia comunista (Gc), Nuclei armati di contropotere territoriale (Nact), Proletari armati per il co muniSmo (Pac) e Reparti comunisti d attacco (Rea). M olti gruppi saranno ancora presenti nel 1979, con le prime appa rizioni di Guerriglia rossa (Gr), del M ovim ento proletario

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Tab. 1. Numero di sigle e di organizzazioni terroristiche per anno


Anni 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 N. sigle 1 1 2 2 2 4 12 23 20 20 10 6 5 3 N. organizzazioni 1 1 2 1 2 2 5 7 8 12 11 5 3 1

Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

di resistenza offensiva (Mpro), di Per il comuniSmo, del M ovim ento comunista rivoluzionario e dei gruppi minori O x a e M inervino. Ancora nel 1980, nasceranno la Bri gata Lo M uscio, la Brigata 28 marzo e il gruppo R otaris. Si pu dunque dire che il ciclo del terrorismo in Italia copre oltre un decennio. Se aggiungiamo a queste inform a zioni alcuni dati relativi ai movimenti collettivi, possiamo anche osservare che durante levoluzione del fenomeno ter roristico si sono susseguite almeno due differenti ondate di protesta Nella figura 2 viene riportata levoluzione degli eventi di protesta violenti e quella degli attentati non riven dicati, che possono essere attribuiti, in generale, ad organiz zazioni legali. N ellandam ento di entram be le curve possono essere in dividuate due fasi. Una prima fase di lenta ascesa si avuta tra il 1969 e il 1976, quando stato fondato il primo e pi duraturo gruppo del terrorismo italiano. Il biennio successi vo ha registrato, quindi, un nuovo e pi alto picco, mentre emergevano nuovi gruppi armati.
16 C fr. M elucci [1982],

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N. Azioni

----------Violenze sinistra
Attentati sinistra F ig .

2. Evoluzione nel tempo delle azioni violente per anno.

Fonte: Elaborazione su dati contenuti in Galler [1981].

Si pu dire che in una prima fase che va dal 1970 al 1975, il terrorismo italiano non ha presentato elementi di peculiarit rispetto a quello emerso in altre democrazie in dustriali negli stessi anni. Le prime organizzazioni clande stine sono nate in un momento ancora alto del ciclo di pro testa, e per almeno tutta la prima met del decennio hanno rappresentato delle scorie estrem iste di un movimento di massa ampio e pacifico. E stato invece nella seconda met degli anni settanta che il terrorismo divenuto un soggetto dram m aticam ente protagonista delle vicende politiche ita-

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liane. E d proprio questa seconda fase a fare del terrorismo di sinistra italiano un fenomeno del tutto peculiare per in tensit e durata rispetto a quello delle altre dem ocrazie in d u striali17. Vedremo nel corso dei prossimi paragrafi quali siano sta te le caratteristiche di queste due ondate di protesta e in quale modo esse abbiano favorito la radicalizzazione violen ta di alcune frange. Vedremo anche che la struttura delle opportunit politiche si considerevolmente trasform ata durante tutto il periodo, influenzando in modo diverso i va ri tipi di movimento. N ellinterazione tra evoluzione della protesta e risposte istituzionali si sono create le condizioni per la nascita dei gruppi clandestini.

2. Ciclo di protesta della fine degli anni sessanta e nascita del terrorismo Nella seconda met degli anni sessanta era iniziata an che in Italia una fase di mobilitazione collettiva, in coinci denza con ondate di protesta sviluppatesi in diversi paesi del mondo occidentale. Simili sotto molti aspetti, i movi menti sociali di quel periodo sono stati tuttavia influenzati, nella loro strutturazione ed evoluzione, dalle differenze fra i sistemi di opportunit politiche nazionali. Nel caso italia no, alcune peculiarit riscontrabili nelle caratteristiche degli attori che hanno partecipato alla mobilitazione, nei reperto ri d azione da essi utilizzati, nella cultura politica in cui la protesta si sviluppata, hanno in vario modo contribuito al la radicalizzazione di alcune componenti del movimento. In Italia, cos come in G erm ania, Francia, Stati Uniti e Inghilterra, la protesta della fine degli anni sessanta era nata allinterno delle universit su rivendicazioni che andavano dal miglioramento delle condizioni materiali di studio, alla trasform azione dei contenuti dei programmi di insegnamen to, ai diritti di espressione politica dentro listituzione.

17 N aturalm ente, con l eccezione dei casi spagnolo e irlandese, dove il terrorism o per legato alla politicizzazione di un cleavage etnico.

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M olte delle richieste erano orientate alla modernizzazione del sistem a universitario, che passava da un modello di uni versit d 'lite ad un modello di universit di massa. G i una prima particolarit della situazione italiana era, a questo proposito, la grande arretratezza del sistem a d istruzione, con la conseguente necessit di pi radicali cambiamenti. Q uesta arretratezza aveva favorito la diffusione del movi mento di protesta ai diversi livelli del sistema scolastico, mentre lincapacit del governo di realizzare una riforma dellistruzione pubblica aveva portato ad un continuo riac cendersi delle m obilitazioni nel mondo della scuola. Q ueste condizioni di ritardo rispetto agli altri paesi a ca pitalism o avanzato, che il centro-sinistra dellinizio degli anni sessanta non era riuscito a sanare, erano comuni a vari settori, ai quali la protesta si sarebbe estesa ben presto. L al largarsi della m obilitazione ai pi diversi strati della popola zione, in primo luogo alla classe operaia, stata, infatti, la principale caratteristica del ciclo di protesta in Italia. Un fe nomeno simile si avuto solo in Irlanda del N ord, sul tema dei diritti civili per la minoranza cattolica, mentre negli S ta ti Uniti la protesta si era allargata al di fuori del mondo stu dentesco solo su specifiche campagne; in Germ ania il movi mento aveva coinvolto gruppi di giovani, ma era rimasto isolato dal resto della popolazione; e in Francia, le speranze di una unit fra studenti e operai erano subito svanite, sia per il settarism o del sindacato che per la rapidit con cui il governo era riuscito a concludere un accordo per i lavoratori dellin du stria18. Anche questa peculiarit della situazione italiana era collegata allarretratezza del sistema delle relazioni indu striali, conseguenza, a sua volta, della debolezza strutturale del movimento operaio nel secondo dopoguerra. Il migliora mento delle condizioni del mercato del lavoro dal punto di vista dellofferta produrr, a partire dallautunno del 1969, il pi lungo e diffuso periodo di scioperi nelle fabbriche del N ord. A pprofondite indagini sociologiche hanno dimostra-

Per un analisi dei m ovim enti della fine degli anni sessanta in E u ropa e Stati U n iti, cfr. Fraser [1988]; T eod ori [1976]; Statera [1973].

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to che la particolare intensit della lotta sindacale era deter minata dallincontro tra una classe operaia ad alta qualifica zione e mediamente sindacalizzata e una nuova classe ope raia, di recente immigrazione dal Sud, dequalificata e priva di tradizioni di organizzazione. Risultato del ciclo degli scioperi furono notevoli aumenti salariali, insieme ad una lenta trasform azione delle forme di rappresentanza degli in teressi nelle fabbriche. M a mentre le rivendicazioni econo miche venivano accolte abbastanza rapidamente, il ricono scimento politico del ruolo del sindacato tardava invece a venire, producendo la radicalizzazione della mobilitazione nelle fabbriche e il suo prolungarsi nel tempo. Va aggiunto che la diffusione della protesta non interes sava solo la classe operaia, ma anche i pi diversi strati so ciali, compresi quelli tradizionalmente pi refrattari a ogni form a di organizzazione collettiva: dai colletti bianchi nelle fabbriche ai medici degli ospedali pubblici; dai carcerati ai militari di leva. In tutti questi casi, rivendicazioni che oscil lavano tra la modernizzazione e linteresse corporativo veni vano spesso rilette attraverso la lente di ideologie politiche radicali. Il coinvolgim ento di diversi strati sociali aiutava a prolungare nel tempo il ciclo della mobilitazione. La durata della m obilitazione, cos come lestensione della protesta a diversi strati sociali contribuivano ad una graduale radicalizzazione delle forme d azione, che non si era registrata negli altri paesi. L influenza su qu estultima della lunghezza del ciclo viene conferm ata da uno studio sullevoluzione dei repertori durante il ciclo della fine degli anni sessan ta19, dove si dim ostra che la violenza si era svi luppata solo in una seconda fase della protesta, prevalente mente nel corso di azioni condotte da gruppi di piccole di mensioni. Le prime fasi della protesta erano state, invece, prevalentemente non-violente: la violenza era stata allora episodica, risultato di interventi maldestri della polizia du rante m anifestazioni di massa o di occasionali degenerazioni di nuove forme d azione. A llinizio degli anni settanta, mentre nuovi temi venivano portati sulla scena politica, si

19 C fr. della Porta e Tarrow [1986],

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aveva un contemporaneo aumento del numero degli attori sociali e di quello delle organizzazioni politiche. Un tipo di verso di violenza era cominciato allora ad emergere come conseguenza della competizione tra gruppi politici nello stesso movimento o di movimenti concorrenti. D istinguen do fra diverse forme di violenza, si potuto osservare che erano quelle di piccolo gruppo a crescere in peso percentuale durante tutto il periodo. Q ueste forme di violenza di picco lo gruppo erano, tuttavia, ancora in quel periodo equilibrate dalla presenza di pi ampie azioni di massa. E sse sono au m entate, invece, pi rapidam ente, man mano che le azioni di massa si riducevano in entit e divenivano meno spon tanee. Se lo studio quantitativo citato ha mostrato lesistenza di una radicalizzazione dei repertori, le storie di vita hanno perm esso di indagare sul valore simbolico di alcuni episodi di violenza nella socializzazione politica dei futuri militanti dei gruppi clandestini. La diffusione di forme violente du rante i conflitti di fabbrica stata, ad esempio, un tema del la polemica politica della met degli anni settanta, quando i sindacati sono stati accusati di avere cavalcato la tigre della rabbia operaia, per esercitare pressioni sul padronato e sul governo. Senza entrare qui nel merito della frequenza di questi episodi di violenza, si pu per rilevare, attraverso le biografie, che i picchetti duri, i sabotaggi, i processi ai capi, le irruzioni, costituivano spesso occasione di espe rienze dirette nelluso della coercizione fisica. Al contempo, enfatizzati dalla stam pa del movimento, essi diventavano anche testim onianza dellalta propensione alla violenza della classe operaia. Ci bene illustrato nelle citazioni che seguono: Il picchetto necessariamente era una forma su cui interveniva mo, una forma anche violenta, [...] venivano decise forme anche violente di picchettaggio, con uno scontro fisico, in relazione appunto al fatto che era il mezzo giusto per acquisire alcune cose20 [corsivi miei, in questa come in tutte le citazioni che seguono, N.d.A.].

20 Storia di vita n. 9, p. 39.

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Un gruppo di capi officina e di caporeparto sfondarono un pic chetto in maniera piuttosto violenta, uno di questi estrasse anche una pistola, ci fu unazione di questo genere. Qualche tempo do po, durante un corteo interno,/ organizzato una sorta di processo popolare ai caporeparto [...] e durante questo corteo interno ne fu rono presi alcuni, altri sfuggirono [...]. Ci fu questo processo po polare a questi capi, alcuni dei quali furono assolti e altri furono condannati allespulsione dalla fabbrica. In realt non gli fecero niente, li legarono sotto la pioggia a un cancello esterno alla fab brica21. Si parlava di un sabotaggio avvenuto sulle linee di convogliamento dei motori dalla meccanica alla carrozzeria che, in quei giorni in cui la fabbrica era praticamente bloccata da un gruppo di operai, sarebbe stato addirittura segato, e la linea continuava ad andare, per cui ci sarebbero stati centinaia.di motori rovinati perch fini vano nel sottopassaggio22. Ricordo per esempio che quei primi scioperi contro la cassa in tegrazione furono ad un livello altissimo di violenza, per impedire che la gente andasse a lavorare [...]. A Torino, sullonda di tutti questi primi Comitati autonomi operai si erano autocostituite squadre di volante rossa [...] erano gruppi di operai, tra laltro molto sindacalizzati, comunque conosciuti, che durante i cortei interni [...] o sfasciavano una sede dei sindacati gialli, o picchiavano capi-reparto particolarmente detestati2i. Attraverso processi di imitazione, repertori d azione ra dicali si erano diffusi anche ad altri strati sociali. La propa ganda nelle carceri o fra i soldati di leva aveva rappresentato per molti militanti della nuova sinistra la prima esperienza di azioni organizzate in modo clandestino. Episodi di vio lenza erano avvenuti nel corso degli scioperi dei lavoratori dei servizi, delle mobilitazioni sul diritto alla casa, delle azioni contro gli spacciatori di droga. Ancora una volta, al di l della loro reale diffusione, essi erano divenuti simboli della legittim azione della violenza politica, oltre a rappre sentare per chi vi partecipava delle esperienze dirette nellu so della forza fisica.
21 Storia di vita n. 29, p. 24. 22 Storia di vita n. 22, p. 15. 23 Storia di vita n. 29, p. 20.

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Se non c il personale in grado di coprire le cose, allora ridu ciamo i posti letto [...] se tu non li riduci, li riduciamo noi. E infatti avevamo avuto dei processi per queste cose qua, denunce per vio lenza, oppure per cortei interni, perch magari andavamo da qualche primario, da qualche padrone e gli chiedevamo di rendere conto di alcuni suoi modi di fare [...] oppure occupavamo gli uffici dellAm ministrazione Gli occupanti di case che si organizzano, a San Basilio c una famosa occupazione in cui gente del quartiere si mette a sparare dalle finestre col fucile alla polizia25. Io facevo picchetti alla scuola. Agli spacciatori cercavo di spac cargli la testa. Era una cosa pratica, era l unico mezzo per riuscire ad avere le cose2''. Un ulteriore caratteristica della protesta della fine degli anni sessanta in Italia il livello di politicizzazione delle ri vendicazioni. Se alcuni degli slogan erano comuni ai movi menti dei diversi paesi, le caratteristiche ideologiche del set tore dei movimenti sociali nei diversi contesti nazionali era no influenzate dalle diversit nella struttura delle opportu nit politiche e, in particolar modo, nella cultura politica diffusa soprattutto nella sinistra. Cos, negli Stati Uniti e in G ran Bretagna, ad esempio, il movimento si era orientato su campagne attorno a singoli obiettivi. Nei paesi del conti nente europeo, invece, le diverse rivendicazioni erano state spesso inserite allinterno di uno schema ideologico pi astratto, anti-capitalista in Italia e Francia, anti-imperialista in G erm ania. Il radicalismo della cultura politica della sinistra era poi particolarm ente accentuato in Italia. D a un lato la conventio-ad-excludendum, escludendo il Pei da ogni responsabilit di governo, ne aveva rallentato i processi di revisione ideologica. D allaltro, lo stesso radicamento del Pei aveva ampliato, in Italia, lo spettro delle ideologie consi derate legittim e, diversam ente, ad esempio, da quanto era avvenuto in Germ ania dove la divisione del paese aveva d e
24 S to ria di vita n. 15, p. 26. 2 Storia di vita n. 12, p. 20. 2,1 Storia di vita n. 8, p. 35.

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legittim ato le ideologie comuniste. Diversi rispetto ancora alla Germ ania, sono stati infine gli effetti dellesperienza del fascism o sulla cultura politica della sinistra italiana, do ve i miti della guerra partigiana sono stati spesso utilizzati per giustificare la violenza politica. Ancora dal punto di vista della cultura politica, negli al tri paesi e soprattutto negli Stati Uniti e in G erm ania londata di protesta era stata legata allo sviluppo di una sub-cultura giovanile, assumendo cos forti connotati con tro-culturali. In Italia, invece, la protesta si era espressa al linterno delle due sub-culture adulte: quella cattolica e quella comunista. A llinterno delle loro organizzazioni gio vanili erano stati socializzati alla politica i leader del movi mento, mentre debole era stata la componente contro-cul turale. I conflitti generazionali, che pure erano presenti e, semmai, resi pi acuti dalla rapidit dei cambiamenti in tervenuti nel corso degli anni cinquanta si riflettevano non ancora tanto nella elaborazione di modelli culturali al ternativi, ma piuttosto nella radicalizzazione delle ideologie gi disponibili. Q ueste osservazioni sembrano conferm ate dallanalisi delle storie di vita dei militanti delle organizzazioni clande stine che avevano iniziato il loro impegno politico in quegli anni. Con ancora maggiore frequenza nel caso delle donne, ladesione iniziale al movimento viene descritta come espressione di conflitti generazionali: Nel 68 cera appunto questo senso della libert abbastanza scanzonata e poco inquadrata, per cui era [...] pi che non proprio una scelta ideologica precisa, stata una scelta di maggior libert [...] per cui rapporti pi liberi tra le persone, una cultura diversa, un mo do di vivere diverso, di vestirsi diverso27. Ritrovavo negli altri gli stessi conflitti che erano stati miei, ri spetto alla famiglia, ritrovavo negli altri quelli che erano i miei pro blemi rispetto alla chiesa, la gerarchia, l autorit. Per cui alcune co se che io avevo vissuto magari da sola, dentro il collegio, poi le ritrovavo vissute come prese di posizione anche collettiva, come rotture generazionali2*.

21

Storia di vita n. 23, p. 9. 28 Storia di vita n. 15, p. 12.

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Praticamente ci sono dei padri che lavorano in fabbrica e dei figli che vanno alluniversit [...] per coi padri naturalmente non si inten dono, per i padri cercano di istradarli verso il partito, verso que ste cose qua29. M a le caratteristiche generazionali del movimento si erano ben presto indebolite, sia per lassenza di elaborazioni contro-culturali che per lopportunit per i militanti del mo vim ento studentesco di trovare alleanze allesterno delluni versit. Com e ha dichiarato una militante arrivata a PI dopo una lunga esperienza politica iniziata nel movimento degli studenti: Per me lincontro con la classe operaia lincontro con la clas se rivoluzionaria e quindi trasloco il terreno dell'identit rivoluzio naria da quella che fino a quel momento stata la mia generazione, al fatto che sicuramente la mia generazione aveva questo grosso portato, per la vera classe rivoluzionaria era la classe operaia30. Se tutte queste specificit negli interessi, nelle forme d azione, nelle ideologie presenti nel settore dei movimenti sociali alla fine degli anni sessanta possono avere favorito una radicalizzazione della protesta, altre particolarit del caso italiano vanno cercate nellalto livello di violenza pre sente anche nelle reazioni alla protesta, dal tipo di interven to della polizia per controllare lordine pubblico a, pi pro prio del caso italiano, lutilizzazione deHestrem ismo di de stra. Com e testim oniato nelle storie di vita, queste carat teristiche della risposta istituzionale ai movimenti collettivi hanno contribuito a produrre giustificazioni per lutilizza zione della violenza e moltiplicato le occasioni per speri mentarne direttam ente luso. Pur non essendo in possesso di dati adatti a comparare il livello di violenza utilizzato dalle forze dellordine rispet to a quanto avvenuto in altri paesi, si pu per affermare che certamente non vi era in Italia una particolare attenzio ne alle tecniche di de-escalation del con flitto1. Quel che
29 Sto ria di vita n. 5, p. 12. 30 Sto ria di vita n. 2 2 , p. 33. 31 E da rilevare che l Italia del dopoguerra aveva avuto una tradizio-

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certo che in molti degli episodi citati nelle nostre intervi ste lintervento della polizia appariva, a chi ne era oggetto o spettatore, brutale e ingiustificato. Il ricordo della violen za nel corso della repressione delle manifestazioni di massa rimasto vivido anche dopo parecchi anni ed ha contribuito a ridurre le remore allutilizzazione della forza fisica per quella che sem brava una legittima difesa contro uningiusti zia. Vediamo alcuni esempi: A Piazza Cavour ci sono stati degli scontri pazzeschi; da Valle Giulia io ne esco con la testa salva per miracolo... un poliziotto mi ha puntato la pistola sulla pancia. Le prime manifestazioni in cui ci sono gli scontri di piazza, io non me le ricordo come un fatto di arrivare allo scontro con la po lizia per imporre un determinato passaggio in un punto, cio non me le ricordo affatto come unimposizione da parte del corteo, da parte del movimento. Me le ricordo appunto come una reazione a qualcuno che vuole impedirci di fare, e non se ne afferra il motivo [...] e mi sembra naturale rispondere [...] con gli scontri a distanza che hanno comunque sempre un differenziale terribile, cio a chi ha le armi, chi ha i lacrimogeni, a chi ha i manganelli uno risponde con i sassi, e questo differenziale diventa anche dal mio punto di vista un motivo di giustificazione, cio un fatto che mi legittima l'uso di una violenza diversa e antagonistai!. Mi ricordo che mi sono scottato una mano perch ho ritirato in dietro uno dei candelotti che loro tiravano, che si bloccavano i tram in corso Magenta4. Io ero con questo mio amico qua e [...] cercavamo i nostri compagni di classe nel corteo [...] parte un finimondo di cui ci sia mo resi conto molto poco perch son partiti i lacrimogeni, botte, urla, gente che scappava da tutte le parti e l ci siamo presi la no stra razione di lacrimogeni e siamo fuggiti anche noi [...] seguendo il fumo, le urla, e vedendo questa Milano in una luce che io non ave vo mai immaginato, il fumo dei candelotti, uno scenario assoluta ne p iu ttosto
Ism an 32 53 54 1977; Storia Storia Storia elevata D O rsi di vita di vita di vita di m orti negli scontri di piazza con la polizia [cfr. 1972]. n. 2 1 , p. 31. n. 9, p. 26. n. 3, p. 19.

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mente spettrale, manifesti stracciati, cartelli rotti, feriti per le strade Pi che nella brutalit della polizia, la particolarit del caso italiano per quanto riguarda le reazioni alla protesta rappresentata, tuttavia, dalla presenza di una violenza della destra, che accom pagnava uninversione conservatrice in senso istituzionale espressa dal ritorno della formula gover nativa del centro-destra e dallelezione del presidente della Repubblica Leone con i voti del M si. Le attivit dei gruppi neo-fascisti avevano preso tre forme: lo squadrism o delle or ganizzazioni giovanili della destra; le stragi dei terroristi ne ri; le trame golpiste. In tutti e tre i casi, la violenza della de stra, e la convinzione diffusa che essa fosse tollerata e aiuta ta dal partito di maggioranza, fornivano una potente giusti ficazione alluso dei repertori pi radicali. Nelle biografie di chi poi parteciper alla lotta arm ata, molte prime esperienze di utilizzazione della violenza erano avvenute durante scontri con gli squadristi delle varie or ganizzazioni legate al M si. Citiam o solo due fra le numerose testim onianze su come la violenza degli estrem isti di destra fosse percepita come pericolosa e su quanto essa influenzas se le attivit del movimento: Qui con le lotte ci siamo scontrati con i fascisti: ci hanno brucia to delle cose, ci hanno fatto attentati, hanno attentato a un munici pio di un comune qui vicino, Romagnano Sesia; erano presenti, quattro figli di pap, sciagurati, quello che erano, per erano pre senti e avevano unattivit di tipo provocatorio*'. Il discorso della contrapposizione fisica con la controparte politi ca, quindi con i fascisti, era comunque un momento quasi giornalie ro, nel senso che, quando si andavano a dare i manifesti di notte, quando si andava a dare volantini in certe zone della citt, era co munque inevitabile l attrezzarsi in termini militari [...1 ti portavano al fatto che dovevi comunque attrezzarti. Non voglio sembrare re torico, per quelli erano gli anni dei manifestanti morti in piazza, erano gli anni degli agguati fascisti con i compagni morti''1.
Storia di vita n. 12, p . l l .

u' Storia di vita n. 5, p. 17-18.


17 Storia di vita n. 13, p. 2 9 e 30.

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In questa situazione di quotidiani scontri fisici, si ripro ducono poi una serie di processi di costruzione di identit collettive e mantenimento della mobilitazione dal v itti m ism o alla ven detta che contribuivano a creare un cli ma di scontro continuo, come tra bande giovanili rivali. Proprio linizio di una presa di posizione pi concreta caratte rizzata da un moto ideologico poi proprio il rifiutare la violenza intesa come tale proprio, la violenza dei fascisti che allepoca, maga ri con un certo vittimismo, veniva propagandatais. In quel periodo li si vive [...] aria da linciaggio contro i fascisti se vedi nero spara a vista, a parole, poi nei fatti se incontravi qualcuno che durante un volantinaggio antifascista ti diceva vaf fanculo sporco rosso, va be l gli andavi contro, non che ci sta vi a guardare di solito molto. [...] c era la caccia alluomo, la caccia spietata, [...] questa caccia al fascista che d altra parte si ripercuo teva contro di noi perch c era una spirale di vendette, non so, in centro, durante una micromanifestazione, se incontravi qualcuno col giubbottino col bavero alzato era finita, se lo pigliavi finiva male ,9. Si deve ancora tener presente che, nella cultura del mo vimento, le responsabilit di quelle violenze non venivano attribuite solo ai neo-fascisti, ma anche allo stato che veniva accusato di proteggere gli estrem isti di destra per potere poi colpire, con la scusa di com battere gli opposti estrem ism i, principalmente la sinistra. Com e orientate a questo scopo venivano viste anche le stragi del terrorismo nero: dalla strage di piazza Fontana a M ilano nel 1969 a quelle, nel 1974, in piazza della Loggia a Brescia e sul treno Italicu s40. Il d if fuso convincimento di un coinvolgimento delle istituzioni nellorganizzazione dellattentato in particolar modo, dei servizi segreti aveva portato molti a vedere nelle stragi una delle modalit della risposta dello stato alla protesta, diffondendo unimmagine dello stato non come difensore

Storia di vita n. 6, p. 14. w Storia di vita n. 6, p. 29. 40 Sul terrorism o di d estra in Italia, si vedano, fra gli altri: M inna [1984]; e Ferraresi [1984],

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della dem ocrazia, ma come stato delle stragi. Cos, se un singolo fattore precipitante potesse essere indicato per la nascita del terrorismo di sinistra, esso dovrebbe essere cer tamente individuato nella strage di piazza Fontana, ricorda ta in molte delle storie di vita degli ex-terroristi come mo mento, dotato di unalta intensit em otiva, di presa di co scienza politica o di giustificazione della radicalizzazione del proprio impegno. L interesse era nato alcune settimane prima, perch c lo sciopero per la bomba di piazza Fontana [...] s and tutti in Piazza Duomo, dove c era la manifestazione proprio di popolo, e ci fu la messa, e ricordo che andai alla messa, cio faticosamente entrai in Duomo, dove cerano queste bare41. Era giusto l in Italia, contro chi faceva la strage di stato, mettere in piazza la violenza42. Di quella che nella cultura politica della sinistra veniva definita come strategia della tensione facevano parte, ol tre alle stragi, i diversi tentativi di colpo di stato emersi in quel periodo. E ssi avevano, infatti, contribuito a diffondere lim pressione che uno sbocco violento del conflitto sociale fosse inevitabile. Al di l della loro reale consistenza, va ri cordato che in quegli anni lipotesi di una involuzione auto ritaria era resa credibile, sia dalla presenza di regimi autori tari in tre stati europei, che dal golpe di Pinochet in Cile. dim ostrato dalle nostre interviste quanto diffusa fosse la convinzione che le classi dirigenti sarebbero ricorse al col po di stato, e che fosse quindi necessario prepararsi a resi stere. Citiam o, ancora, solo due tra le tante testimonianze: Mi ricordo che girava gi allepoca, cera un libro che si diceva clandestino per io non ho mai capito se era clandestino, era In caso di golpe [...] era il classico libro che dovevi mettere in fondo alla libreria, lo mettevi nascosto4''.

41 Sto ria di vita n. 12, p. 10. 42 Sto ria di vita n. 2 7 , p. 18. 45 Sto ria di vita n. 6, p. 19.

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Il contesto e lo stato d animo di quel periodo, l identit cospi rativa che abbiamo assunto tipica del tipo di situazione che abbiamo vissuto noi o del tipo di clima [...] la paranoia del golpe, i racconti dei vecchi del Pei o del sindacato ai blocchi della fabbrica, che co me minimo han dormito fuori. Poi magari era tutto folklore, per cera, era forte, fortissima, questa tensione cospirativa, questo prepararsi44. Riassumendo quanto detto fin qui, tre sembrano le pe culiarit del ciclo di protesta, determinate dai vari fattori che sono stati fin qui enumerati, che possono spiegare la particolare entit della violenza. Una la densit del settore del movimento sociale, in termini di attori sociali coinvolti nella protesta. U n altra, con la prima interagente, la note vole durata del ciclo di mobilitazione iniziato alla fine degli anni sessanta. C , infine, il tentativo di ridurre i conflitti, che coincidevano con quella che stata descritta come fase culminante del consolidam ento della democrazia italiana, attraverso una strategia repressiva di cui faceva parte anche lutilizzazione dellestrem a destra. G li effetti di questa stra tegia di controllo della protesta erano destinati a sopravvi vere anche dopo la fine del ciclo alto della mobilitazione. Com e vedremo nel prossimo capitolo, lalto livello di violen za nelle forme d azione metteva in moto alcuni processi or ganizzativi. M entre alcune componenti del movimento si istituzionalizzavano per gestire le conquiste ottenute, altre componenti, meno dotate delle risorse a questo necessarie, sceglievano invece altre strade.

3. Movimento del 77 e terrorismo Vi sono state, dunque, alcune particolarit nel ciclo di protesta della fine degli anni sessanta che possono avere fa cilitato la degenerazione di alcuni gruppi nella violenza. Si detto, tuttavia, che il maggiore sviluppo delle organizza zioni clandestine ha coinciso con la seconda met del decen nio successivo. La fase di terrorismo, che ha reso peculiare
44 Storia di vita n. 18, p. 47.

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il caso italiano, si sviluppata in coincidenza con la nascita tumultuosa e la rapida degenerazione di nuovi fermenti col lettivi, definiti dai mezzi d informazione come movimento del 77. Am bigua nei contenuti e violenta nelle forme d a zione, quella mobilitazione si sarebbe esaurita dopo pochi mesi di esistenza, lasciando dietro di s alcuni residui: grup pi semi-clandestini, destinati in parte a scomparire dopo avere siglato un paio di attentati, in parte a strutturarsi maggiormente e a contribuire allo stillicidio di uccisioni e di ferimenti che si susseguiranno tra il 1978 e il 1980. Quali sono state allora le caratteristiche di questa onda ta di protesta rispetto a quella precedente? M olto spesso so no state sottolineate le differenze, sia di forma che di conte nuto, fra i due periodi di mobilitazione collettiva. E stato scritto, ad esempio, che: A questo punto (met del 72) il Sessantotto, e il movimento che ne stato lespressione, hanno praticamente concluso la loro parabola. Tra la loro fine e la nascita del movimento del 77 c un interregno di 4-5 anni che si protrarr fino al 20 giugno 197645. L esistenza di notevoli differenze fra il sessan totto e il settan tasette non pu essere, in effetti, negata. Basta ri percorrere, brevemente, la cronologia dei principali avveni menti politici del 1 9774 6 per notare che il livello di violen za nei repertori utilizzati era, in quellanno, molto maggiore rispetto allinizio del primo ciclo di mobilitazione. Fattore precipitante della protesta era stato, il 1 febbraio, il feri mento di uno studente di sinistra da parte di neo-fascisti. L indomani, da un corteo uscito dalluniversit si era stacca to un gruppo che aveva assalito la sede del Fronte della gio vent, con un seguito di scontri molto violenti con la poli zia, durante i quali un poliziotto e due studenti erano rima sti feriti. U n occupazione dellateneo romano era seguita per protestare contro l arresto dei due studenti di sinistra, accusati di tentato omicidio, e, al contempo, contro un de-

M onicelli [1978, 42], 46 Per una cronologia d ettagliata, cfr. Bernocchi e altri [1979].

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creto ministeriale che eliminava la possibilit di ripetere mensilmente gli esami. Il 12 febbraio, il comizio dentro lu niversit del segretario nazionale della Cgil, Luciano Lam a, era stato interrotto da violenti scontri tra il servizio d ordi ne del sindacato e alcuni gruppi di studenti, il cui bilancio era stato di diverse decine di feriti. A pochi giorni di distan za, altre violente m anifestazioni erano seguite alla condanna a nove anni di carcere comminata ad un militante della sini stra, Fabrizio Panzieri, per concorso morale nellomicidio di un esponente dellestrem a destra, avvenuto due anni prima. Il 12 marzo una serie di gravissimi episodi assalti ai nego zi, uso di armi da fuoco si erano verificati durante le ma nifestazioni seguite, in diverse citt italiane, alluccisione di un giovane aderente a L otta continua, Francesco Lo Russo, in una carica dei carabinieri, avvenuta il giorno precedente a Bologna. D opo appena due mesi, una giovane militante della sinistra, G iorgiana M asi, era stata uccisa a Roma nel corso di scontri con le forze dellordine, intervenute per im pedire lo svolgimento di alcune celebrazioni per lanniversa rio della vittoria dellala laica al referendum sul divorzio. Se nel corso di questi avvenimenti, la polizia era stata accusata di avere sparato ad altezza d uomo, armi da fuoco erano sta te usate anche da parte dei dim ostranti e due agenti erano stati uccisi, a Rom a e a M ilano47. La fase di mobilitazione si era quindi chisa in autunno, dopo le m anifestazioni se guite ad ancora un altro omicidio: quello di un militante del la sinistra, W alter Rossi, ucciso da estremisti di destra il 30 settem bre a Roma. Per analizzare fratture e continuit fra i due periodi di protesta, si pu dunque iniziare chiedendosi le ragioni degli alti livelli di violenza che hanno caratterizzato la seconda m et degli anni settanta. N el dibattito politico di quellan no il radicalismo delle forme d azione era stato attribuito allemergere di una seconda societ, con una progressiva ac centuazione delle differenze tra gli occupati nei settori ga rantiti e i non-garantiti. Si era cos form ato uno strato di giovani marginali rispetto al mercato del lavoro defini47 Si tratta degli assassin i degli agenti Passam onti, il 21 aprile a R o ma, e C u str, il 14 m aggio a M ilano.

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ti talvolta come piccolo-borghesi proletarizzati, talaltra co me sottoproletari con interessi antagonisti rispetto a quelli della prim a societ e unalta propensione alla de vianza. Q uesto tipo di interpretazione non mi sembra suf fragato dallanalisi delle rivendicazioni presenti nella prote sta, per come esse sono state presentate nelle nostre inter viste. Si gi detto, innanzi tutto, che le prime degenerazioni violente si erano avute nel corso della mobilitazione su un decreto ministeriale relativo alluniversit. vero che, ri spetto alla fine degli anni sessanta, le azioni collettive nel mondo della scuola si erano spostate soprattutto sui temi della selezione e dei costi dello studio. Cos che, come han no rilevato alcuni osservatori interni al movimento, nel 1977: Non affatto un caso che, rispetto al 68, sia stata questa vol ta molto pi rilevante la presenza degli studenti tecnico-professionali, dei fuori-sede, degli universitari meridionali: ossia dei settori pi disagiati della componente studentesca48. Si deve tuttavia aggiungere che, rispetto alla fine degli anni sessanta, i problemi di modernizzazione del sistem a di istruzione, non solo non erano stati risolti, ma si erano anzi aggravati per il continuo aumento del numero degli studen ti, producendo ondate successive di proteste. Le prime esperienze di socializzazione politica di futuri militanti delle organizzazioni clandestine erano cos avvenute a scuola, nel corso di m obilitazioni sui temi tradizionali delle carenze strutturali del servizio: Le prime manifestazioni di carattere sia antifascista che contestatario furono rispetto alla gestione degli studi e alle pi che cono sciute carenze strutturali delle scuole in quel periodo: il fatto stesso che per andare a scuola o al seminario non ci fossero servizi bisognava andare per forza a piedi facendo due o tre chilometri se non di pi per chi veniva da fuori; il fatto che fosse, appunto, tutto molto precario, perch non cerano laboratori, non cera niente per garantire un minimo di seriet allo studio49.
48 Bernocchi e altri [1979, 17]. 49 Storia di vita n. 14, p. 27.

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Nelle proteste del settan tasette convergevano altre te matiche, esterne sia alla scuola che alla grande fabbrica: dal diritto alla casa alla lotta contro il carovita, dalle infrastrut ture nei quartieri periferici alla diffusione di droghe pesan ti, dalla disoccupazione al lavoro nero. G i presenti nelle mobilitazioni dellinizio degli anni settanta, questo tipo di rivendicazioni si erano diffuse quando erano peggiorate le condizioni del mercato del lavoro, con pesanti ripercussioni in termini di disoccupazione giovanile, mentre il decentra mento produttivo aumentava il numero di occupati nel set tore precario delle piccole imprese. La situazione era aggra vata dai ritardi politici nel far fronte ai problemi abitativi che londata migratoria degli anni cinquanta e sessanta ave va creato nelle grandi citt del Nord. Su questo tipo di rivendicazioni, si erano creati diversi gruppi di quartiere, alle cui attivit avevano partecipato molti dei futuri terroristi della seconda generazione. Le ri chieste presentate da questi gruppi alle autorit locali non erano certamente, per quanto emerge dalle nostre intervi ste, radicali n, tanto meno, non-negoziabili. Secondo i pas si qui riportati, esse si rivolgevano, in genere, alla creazione di alcune infrastrutture, alla ristrutturazione dei centri sto rici, al controllo dei prezzi degli affitti delle case e di alcuni servizi. [Questo gruppo di Settimo Torinese] cerca di occuparsi dei problemi del quartiere: spazi, case, spazi per i giovarti, cose di questo genere50. Nei quartieri cera questa lotta contro la ristrutturazione dei quartieri, lo svuotamento dei quartieri del centro storico dai loro abitanti51. L attivit politica anche questa era molto bella, cera tutto il periodo d elYoccupazione delle case, oppure le autoriduzioni-, tutto il lavoro fatto alla Magliana sulle autoriduzioni degli affitti, per cui con i comitati di quartiere si andava, si discuteva come ridurre laffitto, il prezzo politico degli affitti.
50 Storia di vita n. 4, p. 8. 51 Storia di vita n. 23, p. 24. 52 Storia di vita n. 23, p. 15.

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Accanto a questi temi, ve ne erano altri pi specificamente relativi alla condizione giovanile, come la lotta con tro la diffusione delle droghe pesanti e contro le cattive con dizioni di lavoro nelle piccole fabbriche, cui si univa spesso la richiesta alle autorit del governo locale di spazi in cui or ganizzare attivit ricreative. Le iniziative di questi circoli sono state, ancora, cosi descritte: Antifascismo, iniziative di generica propaganda [...] sostegno ad occupazioni di case, quelli che facevano i primi mercatini con i libri usati, presenza, diciamo, dei giovani distribuita nel quartiere5 . Il lavoro contro gli spacciatori di droga, contro comunque la droga che uccide, la droga come metodo. Poi allora, in quel perio do l, erano i fascisti [...] che spacciavano leroina nel quartiere [...]. Il mio impegno pi grosso stato fatto su alcuni problemi fondamentali nel quartiere [...]: le strutture all'interno del quartiere e il lavoro concepito anche come problema di lavoro nero, problema di lavoro precario e via dicendo. [...] Erano queste tre tematiche, dicevo: il lavoro e quindi il lavoro precario e il lavoro nero, il pro blema delle strutture, e quindi tutto il problema legato allo Iacp, le case non-case, il riscaldamento, se cera, [...] le canaline perch magari erano rotte [...] tematiche giovanili e poi il [...] problema grosso della droga54. Intorno alla Falcher, come in tutte le altre periferie di Torino e non solo, questo mercato dellindotto, queste piccole fabbricbette che lavorano senza controllo sindacale, senza misure di sicurezza. E noi in questo qua intervenimmo [...]. Un discorso abbastanza rivendicazionista che per allora era un discorso abbastanza impor tante nel quartiere55. C stato come momento aggregante nel quartiere un discorso sulloccupazione di un vecchio edificio [...]. Si cercava soprattutto di aggregare su questa iniziativa qui il pi possibile il discorso che proprio alla gente, ai lavoratori che abitavano qui, intorno allipo tesi di costruire, allinterno di questo edificio, dei servizi sociali56.

51 Storia 54 Storia 55 Storia 5,1 Storia

di di di di

vita vita vita vita

n. n. n. n.

12, p. 24. 8, pp. 21-23 (passim ). 8, p. 25. 19, p. 35.

Accanto alle rivendicazioni pi tradizionali, si erano co minciate a sviluppare anche delle mobilitazioni su tematiche nuove, introdotte per la prima volta nel settore dei movi menti sociali dal femminismo. E ra stata avanzata allora una critica di molti aspetti della cultura politica del sessan tot to, in particolare della separazione tra sfera pubblica e sfera privata e della priorit del conflitto econom ico su tutti gli altri. La diffusione di quelli che sono stati definiti come valori post-industriali aveva portato anche lemergere di una controcultura giovanile, sviluppatasi in altri paesi in dustrializzati gi nel decennio precedente. Q uesta si era espressa sia in una maggiore attenzione a nuove forme m usicali57, che in qualche esperienza di vita in com une come espressione di rifiuto del tradizionale sistem a di va lori: La comune dove stavo [...] il problema era proprio su questa vi ta in comune, appunto, sul cercare di costruire un modo di vivere organizzato, comune58. Le novit rispetto agli anni sessanta si esprimevano an che in forme pi politiche: dal primo emergere delle tem ati che ecologiste nellestate del 1977, con il campeggio estivo contro la costruzione della centrale nucleare a M ontalto di C astro, alla critica di molti aspetti della cultura dei gruppi dellestrem a sinistra. Significativo delle innovazioni intro dotte nello stile di militanza la seguente testimonianza tratta da una intervista: Il 77 stato, da alcuni punti di vista per me personalmente una cosa piacevole [...] perch uno poteva ammettere per la prima volta di dire, fare, pensare delle cose da anni, di cui prima non si par lava. Io avevo letto una volta in un libro [...] finalmente col 77 abbiamo potuto parlare di fantascienza e scoprire che tutti la leg gevamo. Ho potuto ammettere di andare allo stadio59.
57 Un esem pio a M ilano erano le feste di R e N u d o , con le loro de cine di migliaia di sp ettatori. M a il fenom eno anche testim on iato dalle num erose cam pagne di au to ridu zion e del prezzo del b iglietto degli spettacoli, organ izzate in occasione dei concerti rock. 58 Storia di vita n. 23, p. 20. 59 Storia di vita n. 25, p. 60.

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Le richieste presentate nel corso della protesta erano dunque varie e, in una certa misura, qualitativam ente diver se rispetto a quelle, prevalentemente orientate sulla scuola e la fabbrica, presenti nel ciclo precedente. Non mi sembra, per, si possa sostenere che queste proteste assumevano for me violente perch erano espressione di interessi non nego^ ziabili. Al contrario, leterogeneo insieme di domande pre senti nel movimento giovanile avrebbero potuto essere inte grate attraverso i normali canali di mediazione istituzionale del conflitto. N egli anni ottanta, infatti, alcuni governi lo cali inizieranno a rispondere alle richieste presentate, sep pure in modo confuso, nelle effervescenze del 1977. Si pu dire, invece, che questo movimento era in parte esterno alluniverso del discorso politico tradizionale60 cio alla tradizionale definizione di ci che va considerato politi co, dalle forme della politica alle funzioni cui essa deve as solvere. Le nuove domande hanno incontrato quindi note voli difficolt a trovare dei portavoce in grado di coglierle e di rappresentarle nel sistem a politico. La spiegazione dei livelli di violenza va comunque cerca ta principalmente nellassenza di una rottura, dal punto di vista dei repertori e come si vedr nel prossimo capitolo delle organizzazioni, rispetto al precedente ciclo. Se in novazioni cominciavano ad esservi nella cultura politica, si deve tuttavia sottolineare che esse erano ancora limitate. Prevaleva, invece, una continuit con il periodo precedente, legata anche alla sopravvivenza di reti aggregative form atesi alla fine degli anni sessanta. Il riflusso nel privato, che aveva significato labbandono della politica attiva da parte di molti ex-militanti, non aveva portato ad una com pleta di sgregazione. Le reti di amicizia si erano infatti mantenute, seppure allinterno di gruppi le cui attivit non erano pi di rettam ente politiche. A d un livello pi politico, negli avve nimenti del settan tasette erano confluite tutta una serie di esperienze organizzative emerse nel corso della prima me t degli anni settanta i circoli del proletariato giovanile,

60 Per la categoria un iverso del discorso politico, si veda Jan so n [1982, 2\.

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i consultori nati dal movimento femminista, le ronde contro gli spacciatori di eroina, i com itati per lautoriduzione delle tariffe elettriche o del prezzo del biglietto del cinema, le ra dio libere nate dai collettivi di sinistra insieme ai vari gruppi della sinistra sindacale o della cos detta autono mia. Approfondirem o nel prossimo capitolo lanalisi delle voluzione di queste organizzazioni. Si pu per anticipare che un certo livello di continuit tra sessan totto e settantasette stato determ inato dalla presenza in qu estultimo di un nucleo consistente di militanti che si erano form ati nel ciclo di protesta precedente, dalle interazioni tra i reduci degli anni sessanta e i giovanissimi che si socializzavano alla politica alla met del decennio successivo. La rilevanza del lintreccio tra sopravvivenze del ciclo passato e nuove forme di protesta conferm ata dalle testimonianze dellinterno delle organizzazioni clandestine. Non ci sarebbe stato uno sviluppo significativo della lotta armata se non si fosse incrociato con questa emergenza di un soggetto giovane del 77. Penso che intanto si consumava una fase residuale cio de stinata ad unusura politica, ad un consumarsi nellestraneit dai momenti concreti di riproducibilit, cio voglio dire che la cosa sarebbe finita con la caduta definitiva di peso politico del perso nale che noi rappresentavamo61. Noi nasciamo dall'incontro fortuito fra noialtri generazione di ar rabbiatissimi diciassette-diciotto-diciannovenni e i sopravvissuti della generazione politica precedente, che avevano fatto tutti i percorsi politici delle forme della sinistra extra-parlamentare, che erano unaltra generazione che approdata in termini, se vuoi, pi ra gionati alla lotta armata62. Q uesto tipo di continuit impediva che la cultura politi ca della sinistra subisse quei cambiamenti radicali che si era no avuti in altri paesi europei, e per i quali, in Italia, si do vr attendere fino agli anni ottanta, dopo il superamento del trauma del terrorismo. L 'escalation violenta del movimento stata favorita an
61 Storia di vita n. 28, p. 29. 62 Storia di vita n. 12, pp. 48-49.

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che da un altro tipo di continuit. Se la fase delle m obilita zioni di massa si era, infatti, esaurita prima della met degli anni settanta, erano per continuate le attivit dei piccoli gruppi, diffondendo tra i militanti rimasti limpressione di un movimento ancora in espansione. Le nostre interviste in dicano, ad esempio, che i segni del riflusso, alla met degli anni settanta, non erano affatto percepiti da molti attivisti: Fino al '76 direi che il movimento era ancora in ascesa, lo si vede va da come si riempiva la piazza il sabato, dalle discussioni, dagli incontri politici, dal fatto che su qualsiasi episodio, cera una gros sissima mobilitazione, dal fatto che ancora nelle situazioni in cui ci si trovava cera la percezione di un consenso di fondo [...]. Fino al 76, cera questo senso glorioso dellandare avanti'*. C' un clima di festa in quegli anni di offensiva a li interno delle fabbriche, guadagnarsi gli spazi di fare i pic-nic o mangiare insieme 0 rimanere oltre lorario di lavoro con quelli di un altro turno per festeggiare delle cose. Era un happening... era un sabato cosa fac ciamo? occupiamo per un week-end un palazzo della curia, ci faccia mo un esproprio al supermercato quindi, non so, qualche spinello, clima un po orgiastico; questo un fatto di fine 76 forse inizio 77, caratteristico, non so, ci si ritrova al venerd sera in un bar del ticinese e invece di dire andiamo a ballare quel giorno decido no, appunto dal bar, che domani si occuper una casa, si far un esproprio in un supermercato'4. Il fatto significativo che io vivevo quellepoca come quella che mi dimostrava che una serie di cose si potevano fare perch gli spacciatori alla Falcher non c'erano, perch comunque nelle piazze c 'era tanta gente, un sacco di gente cercava di chiudere veramente col fuoco le sedi dei fascisti, perch durante loccupazione delle piccole fabbriche sul lavoro nero ci andava un sacco di gente [] perch su politiche come pu essere il discorso sul carovita nel quartiere cera tutta una serie di iniziative fatte sugli affitti, sul riscalda mento, nel territorio poi, in generale venivano fatti i discorsi sui mezzi pubblici [...] oppure il controllo dei prezzi [...1 esistevano 1 cosiddetti espropri proletari

S toria di vita n. 23, p. 24

M Storia di vita n. 3, p. 63.


',5 Storia di vita n. 8, p. 31.

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G li espropri proletari o rapine di massa nei supermercati di cui si parla in questi ultimi due brani erano solo una delle forme di azione violenta che si erano svilup pate alla met degli anni settanta. Il mantenimento di questi livelli, seppure bassi, di mobilitazione aveva prodotto, in fatti, una radicalizzazione nei repertori utilizzati. Negli scontri di piazza, ad esem pio, larm am ento dei militanti era andato dalle pietre alle chiavi inglesi, dalle chiavi inglesi alle bottiglie incendiarie, dalle bottiglie incendiarie alle ar mi da fuoco. Ci aveva interagito con una sempre maggiore brutalit anche nellintervento della polizia e con esiti sem pre pi sanguinosi degli scontri con gli estrem isti di de stra . Si era avuta inoltre la radicalizzazione di alcune for me d azione: dallautoriduzione delle bollette di alcuni ser vizi alle rapine in massa, di cui si detto; dalle occupazioni di edifici pubblici alle irruzioni a mano arm ata67. Molti episodi di violenza politica di quegli anni sono vividam ente presenti nei racconti degli ex-militanti delle organizzazioni clandestine, che ricordano anche il ruolo giocato dai gruppi organizzati in questo tipo di evoluzione: Noi eravamo un settore del movimento che faceva delle cose incredibili, cio andavamo armati in piazza durante un qualunque corteo, durante una qualunque scadenza di movimento noi erava mo armati con delle pistole e in alcune situazioni anche con armi lunghe [...]. L esaltazione che induce questa cosa in noi stessi era una cosa su cui noi non riflettevamo68. Gli espropri nei supermercati che noi organizziamo con puntiglio assolutamente militare ma che hanno lapparenza di gesti sponta

66 II 1975, ad esem pio, era stato ancora un anno con num erose v itti me nel corso di m anifestazioni di m assa. Solo tra il 10 e il 19 aprile, q u a t tro persone erano m orte nel corso di scontri con la polizia o agguati dei neo-fascisti: C lau dio V aralli e G ian n in o Z ibecchi, entram bi m ilitanti del m ovim ento studentesco a M ilano; Tonin o M iccich di Le a T orin o; R o d olfo Boschi, iscritto al Pei, a Firen ze [cfr. M onicelli 1978, 118). Le gi citate violenze del 1977 erano con tin uate lanno successivo, culm inando negli assassin ii di due giovani m issini a Rom a e di due giovani m ilitanti della sinistra a M ilano. h7 C fr. M onicelli [1978]; C alv i [1982]; e Stajan o [1982], 68 Storia di vita n. 28, p. 54.

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nei. E che per hanno facile successo specialmente nei quartieri popolari per cui chiaramente blocchi il supermercato oggi non si paga e c gente tutta contenta che esce senza pagare69. Dal punto di vista del controllo dellordine pubblico, la risposta istituzionale non era stata tale da interrompere la spirale di radicalizzazione. M entre lutilizzazione della for za fisica anche fra le diverse frazioni allinterno del movi mento portava alla crisi della mobilitazione, la chiusura da parte delle autorit giudiziarie di alcuni circoli giovanili e delle principali radio di m ovimento, alla fine del 1 9 7 7 71, aveva diffuso fra i militanti la convinzione di una inversione autoritaria, definita allora come germ anizzazio ne. Successivam ente, lavviarsi di numerose inchieste giu diziarie come quella detta del 7 aprile 1 9 7 9 72 avrebbe accentuato fra i pochi ancora attivi la convinzione che non vi fossero pi sufficienti spazi legali di espressione politica. Il clima degli anni immediatamente successivi al 1977 viene infatti cos descritto nelle nostre interviste: Ho cominciato a credere meno al fatto che fosse possibile ri manere aderenti a dei problemi specifici della gente [...]. Gi nel 78, 79, guardandomi attorno in realt mi rendevo conto che ce ra una situazione di disgregazione, di degenerazione di quelli che era no anche gli ambiti di vita della provincia, della periferia, e quindi il senso di sfiducia non era pi rivolto soltanto rispetto alle forme, agli strumenti di intervento politico, ma anche alla possibilit rea le di cambiare una cosa per volta, piccole cose piano piano7.
69 Storia di vita n. 12, p. 26. 70 E pisod i di violenza allinterno del m ovim ento si erano avuti gi fin dalle prim e assem blee, in febb raio e m arzo a Rom a, cos com e al con vegno nazionale del m ovim ento, in aprile a Bologna. Scontri fisici si e ra no avuti anche nel grande incontro di settem bre a B ologna, ultim o even to pubblico del m ovim ento del 77. 71 Si veda ad esem pio la chiusura del C an ga^eiros a T orino e del C ollettivo di Via dei V olsci a R om a e di R a d io citt futura, R ad io on da ro ssa, R ad io A lice. 72 C om e noto, il 7 aprile 1979, vennero arrestati num erosi d iri genti di collettivi e riviste dei gruppi autonom i. D opo parecchi anni, essi verranno scagionati dalla m aggior parte delle accuse. Sulle vicende di quel processo, si rinvia a Bocca [1980]; C om itato 7 aprile e collegio di d ifesa [1979]; Scarpari [1979], 7! Storia di vita n. 14, p. 35.

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D ai gruppi spontanei partono delle schegge, che sono uomini e donne che non hanno trovato nessuna soluzione alle proprie tensioni

e ne vanno a cercare altre, non si sentono coinvolgibili in niente, anche perch non esistono pi momenti di coinvolgimento reale perch sta finendo tutto, siamo nel 1980, siamo nel 79-80, c la fine di tutto e linizio di qualcosaltro, qualcuno esalta la geo metrica potenza queste cose qua che in un primo momento posso no apparire anche legittime reazioni a un sistema di merda7'1 .
Non sei pi nel movimento belli, tutti belli; siamo rossi, siamo belli, bandiere rosse a l vento, pigliamoci la piazza, etc., non c pi

questo, c il contropotere, c il rapporto conflittuale assoluto con tutto e con tutti, c un clima settario [...]. E passi a l momento
siamo pochi, ma incazzati1' .

Se la protesta del settan tasette aveva avuto, come si detto, caratteristiche tali da renderla poco compatibile con gli altri attori tradizionali, anche altre contemporanee vicende avrebbero portato al suo isolamento da potenziali alleati. G i alla fine della prima met del decennio era cam biato latteggiam ento di alcuni attori istituzionali rispetto alla protesta. Se nel ciclo precedente sia il Pei che i sindacati erano stati dei canali di intermediazione delle domande emergenti, la crisi del petrolio e la politica di austerity aveva no costretto a partire dal 1974 il sindacato in posizio ne difensiva, producendo delusioni tra i militanti pi attivi. La strategia delle riforme, adottata nel tentativo di riguada gnare liniziativa perduta nelle singole fabbriche aveva av viato, contem poraneamente, un processo di riaccentram en to nella gestione dellazione sindacale76. Era stato, inoltre, proprio tra la fine del 1973 e l inizio del 1974 che la politica di unit delle sinistre propugnata dal Pei contro i governi di centro-destra, era stata sostituita dalla proposta dellunit delle forze popolari cattoliche e socialiste. In seguito, la vittoria laica al referendum sul divorzio e lavanzata com unista alle elezioni amministrative del 1975, conferm ata poi alle politiche dellanno successivo pro
74 Storia di vita n. 9, p. 31.
75 Storia di vita n. 9, p. 40. C fr. R egini [1981, 48-50].

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dotti secondo molti del ciclo di lotte precedente avevano avuto un effetto paradossalm ente disgregante sulle organiz zazioni superstiti del movimento. D opo la vittoria elettorale del 1976, lazione del Pei era stata condizionata dal deside rio di m ostrarsi forza politica responsabile, capace di assu mere funzioni di governo a livello nazionale. Apertosi con laccordo parlamentare tra De e Pei del luglio del 1977, che aveva portato al governo delle astensioni di Andreotti, il periodo era proseguito, infatti, con la fiducia dei comunisti al nuovo governo A ndreotti, nel marzo del 1978. M entre il Pei aveva rinunciato cos ad assumere una fun zione di referente di interessi collettivi emergenti, senza che per questo la sua politica di inserimento istituzionale riu scisse ad ottenere i risultati sperati, altri elementi contribui vano a ridurre i canali istituzionali di mediazione della pro testa. Con le elezioni del 1976 era svanita la speranza del crollo dem ocristiano e del sorpasso. I gruppi della N uova sinistra vivevano nel contempo il fallimento della scelta parlam entare77, esaurendo nel tentativo di divenire forze politiche nazionali le loro capacit di intervento in settori specifici. Q uando era scoppiata la nuova ondata di protesta, nessun attore politico istituzionale era stato in grado di me diare le dom ande emergenti. L assenza di canali istituzionali di accesso al mercato delle decisioni interagiva, quindi, con una contemporanea scarsa attenzione alla integrazione delle nuove domande. Si detto che nel corso del ciclo precedente, soprattutto per quanto riguarda le rivendicazioni operaie, la risposta alle dom ande emergenti era stata pi tem pestiva in termini di policies 78. Se levoluzione positiva del confronto fra siste

77 B asti ricordare che dei due milioni di voti che la N uova sinistra sperava di raccogliere, ne erano stati otten uti solo un quarto. 78 N el confronto con altri paesi in dustrializzati che non hanno spe rim entato un terrorism o interno, stato sottolineato che la debolezza storica della borghesia italiana e l eccezionale lunghezza del ciclo di pro testa hanno reso il sistem a politico pi perm eabile alla protesta. A nalisi com parate delle reazioni del sistem a politico italiano e di quello francese ai m ovim enti collettivi della fine degli anni sessan ta, si trovano in G ig lio bianco e Salvati [1980]; e Tarrow [1984].

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ma politico e attori collettivi era stata subito bloccata dalla crisi economica, alcune delle organizzazioni nate nel corso della protesta erano state per integrate nel processo di ne goziazione. Durante il secondo ciclo di mobilitazione, il si stem a politico aveva reagito invece in modo negativo sia alle dom ande specifiche che alle richieste di riconoscimento isti tuzionale degli interessi emergenti. E stato cos osservato che, se nella fase precedente lidentit del movimento aveva trovato riconoscimento istituzionale, nel secondo ciclo di protesta lo scontro tra forze istituzionali e movimenti emer genti si era ferm ato prima della soglia del riconoscimento. Ricacciato in condizioni pre-politiche, il movimento si era auto-distrutto, cedendo al primato della violenza79. Durante il primo ciclo di protesta, la degenerazione vio lenta di alcune frange del movimento era avvenuta nella fa se declinante, contemporaneamente allistituzionalizzazio ne di altre organizzazioni attive nella protesta. Nella secon da ondata di mobilitazione, la radicalizzazione dei repertori avvenuta invece immediatamente, facilitata dallassenza di alleanze con attori istituzionali disponibili a fornire cana li di accesso al sistem a, e ha portato ad una rapida dissolu zione del movimento stesso 80. In questa seconda fase di mobilitazione la radicalizza zione delle forme d azione e delle ideologie stata infine aiutata da una \ilteriore condizione: la pre-esistenza di grup pi violenti e clandestini. Sono le Brigate rosse ha scritto Pasquino che creano 1 offerta di terrorism o e ne ga
79 C fr. M anconi [1983], 80 Alcune osservazion i com parate possono conferm are che il terrori sm o ha trovato m igliori condizioni per em ergere dove le istituzioni politi che sono state incapaci di rispondere tem pestivam ente alle dom ande em ergenti. N egli Stati U n iti, nella R epubblica federale tedesca e in G ia p pone, ad esem pio, la reazione del sistem a politico ai m ovim enti di p ro te sta degli anni sessan ta non sem brano essere state rivolte allassorbim en to delle dom ande em ergenti. N ella R ft la negazione degli spazi d azione le gale [Fetscher 1983], in G iap p on e la tradizionale assen za di dinam icit nel processo di circolazione delle lites, [K aw ahara 1983], negli U sa la ca pacit di pressione dei gruppi di interesse contrari alle innovazioni [G urr 1983] sono tutti fattori che avrebbero im pedito o ritardato la ricezione delle istanze nuove, portan do cos ad una radicalizzazione delle form e d azione.

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rantiscono il proseguimento, suggeriscono con la loro pre senza e le loro azioni [...] la plausibilit, le potenzialit, o in qualche modo lalternativa esperibile della lotta arma ta 81. M a accanto ai gruppi clandestini organizzati, nella diffusione della violenza hanno anche avuto n ruolo rile vante alcune organizzazioni, in un primo tempo non clande stine, nate nel corso della prima met degli anni settanta. Utilizzando le parole di un osservatore interno alla storia del movimento del settan tasette: stato quindi luso strumentale del movimento da parte di una spregiudicata avanguardia organizzata e la competizione ac centuata con lo stato sullinnalzamento dei livelli di scontro a rinsecchire e poi a ridurre quasi a zero lo spazio di iniziativa del movimento [...]. A rendere decisivo ogni errore e ogni accentua zione militarista vi stata lazione esterna dei gruppi armati e delle Brigate rosse in primo luogo82. D i questi processi evolutivi allinterno di alcune orga nizzazioni ci si occuper nel capitolo successivo. Concludendo per il momento, tre elementi vanno, dun que, valutati per spiegare la crescita delle organizzazioni terroriste alla fine degli anni settanta. Il primo lemergere tumultuoso di una nuova fase di protesta, dotata di un sen so e una m orfologia differenti rispetto a quelli della fine degli anni sessanta, mentre ancora non si erano riassorbite le frange violente residuate dal ciclo di protesta precedente. Il secondo lassenza di canali di accesso al sistem a politico per questo specifico tipo di movimento, cio di organizza zioni istituzionali disposte a farsi portatrici delle domande emergenti. Il terzo lesistenza di organizzazioni gi attrez zate per lutilizzazione di pratiche violente, cio la presenza nel sistem a politico di una offerta di terrorismo. Com e si ve dr nel prossim o capitolo, linterazione di questi elementi che ha creato le condizioni per il sorgere di nuove organiz zazioni armate, proprio in un momento in cui il fenomeno sem brava destinato, cosi come era avvenuto in altri paesi, ad un lento declino.
81 C fr. Pasquino [1984, 217], 82 Bernocchi e altri [1979, 41],

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CAPITOLO TERZO

P R O C E S S I O R G A N IZ Z A T IV I E S C E L T A D E L L A C L A N D E S T IN IT

1. L e organizzazioni clandestine in Italia Si osservato nel capitolo precedente che la storia del terrorismo di sinistra in Italia stata collegata a fasi di acuto conflitto sociale e politico. La presenza nella societ di inte ressi emergenti non istituzionalm ente incanalati e la d iffu sione di ideologie e strategie violente nel settore dei movi menti sociali possono, dunque, essere considerati come fa t tori facilitanti per lemergere del terrorismo. Q ueste pre condizioni vanno considerate come risorse disponibili per quelle organizzazioni che decidono di entrare in clandestini t. Perch ci sia terrorismo , infatti, necessario che un atto re collettivo decida di utilizzare queste risorse per fare fron te alla com petizione fra i diversi gruppi mobilitati allinter no di uno stesso ciclo di protesta. In questo capitolo si guar der dunque alle dinamiche organizzative che hanno porta to alla fondazione delle formazioni clandestine. Si pu iniziare con losservare che il loro numero stato, in Italia, molto alto. G li eventi terroristici analizzati sono stati rivendicati con 125 sigle differenti, ciascuna di esse re sponsabile per una media di sette episodi. Si deve tuttavia aggiungere subito che ad ogni sigla non corrisponde una or ganizzazione. M olti fra i gruppi armati hanno infatti utiliz zato pi di una sigla; in taluni casi per dare limpressione di un forte radicamento, in altri, quella della diffusione della lotta arm ata1, o ancora, nel caso dei gruppi minori per

1 Le B r hanno, ad esem pio, m irato a dim ostrare la loro forza orga nizzativa utilizzando secondo i nostri dati 24 sigle: in 16 den om ina zioni la sigla B r com pariva accom pagnata dalla specificazione regionale della colon n a (Colonna rom ana, C olon n a W alter A lasia etc.) o fun zio nale della b rig ata (B rigata ferrovieri, Brigata universitari). PI ha adot-

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T a b . 1. Numero di anni di attivit, numero di azioni compiute e numero di provin

ce di operativit delle principali organizzazioni clandestine di sinistra


Denominazione dellorganizzazione N. anni 14 6 5 4 4 3 2 2 2 2 2 2 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 N. eventi 645 258 27 32 27 41 16 12 11 11 11 6 4 6 6 4 3 2 2 1 1 1 1 N. province 40 19 8 9 7 10 7 3 5 3 3 3 3 1 1 1 1 1 1 1

Brigate rosse Prima linea Unit comuniste combattenti Nuclei armati proletari Reparti comunisti d attacco Formazione comuniste combattenti C om itati organizzati per la liberazione proletaria Movimento comunista rivoluzionario Proletari armati per il comuniSmo Nuclei Guerriglia rossa Formazioni armate comuniste Per il com uniSm o G ruppo M inervino Gruppo Rotaris Guerriglia comunista Brigata Lo Muscio Nuclei d azione comunista territoriali Brigata 28 marzo G ruppo O xa Gruppi armati proletari
M ovim en ti proletari di resisten za offen siv a

Azione rivoluzionaria

Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

sviare le indagini giudiziarie. Le formazioni armate sono 23 nella nostra rilevazione che, probabilmente, non copre tutto luniverso di quelle esistenti. Il numero resta, quindi, abba stanza elevato, ma unanalisi pi dettagliata evidenzia con sistenti differenze di strutturazione e m inacciosit, fra que sti stessi gruppi. D urata nel tempo, livello di attivit e pre senza geografica delle organizzazioni sono, infatti, molto di versi per Br e PI, da un lato, e gli altri gruppi, dallaltro, co me si pu osservare alla tabella 1.

tato 30 sigle; ma il fatto che la denom inazione dellorganizzazione fosse riconoscibile solo in 8 casi suggerisce che lob iettivo era quello di dim o strare la diffusion e della lotta arm ata nel m ovim ento.

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Solo le Br sono presenti in tutto il periodo. Le rivendi cazioni di PI sono diffuse lungo larco di 6 anni, che diven gono 8 se si considerano anche gli anni in cui essa si tra sform ata in C om itati organizzati per la liberazione proleta ria (Colp). La sigla Ucc compare per 5 anni, ma in tre di essi per solo un episodio. Per 4 anni consecutivi si trova la sigla Rea e N ap, per 3 quella delle Fcc, per 2 Fac, Nuclei, M cr, Pac, Pie e G r. Non pi di pochi mesi sopravvivono le altre. Se si escludono i due gruppi maggiori responsabili di 645 azioni nel caso delle Br e di 258 nel caso di PI le altre organizzazioni hanno firm ato, inoltre, un numero ridotto di attentati. Le Fcc, responsabili del numero pi alto di azioni dopo Br e PI, non arrivano a 50 episodi; solo altre tre orga nizzazioni Rea, Ucc, N ap superano i 25. T ra le rim a nenti, pi di 10 episodi sono stati rilevati solo per Mcr, N u clei, Pac, Colp e G r. Si pu aggiungere, infine, che la maggior parte dei grup pi ha avuto un raggio d azione lim itato. U n eccezione co stituita dalle Br, che sono state attive in almeno 16 regioni e hanno siglato episodi in 40 province, mostrando una note vole capacit di diffusione almeno nelle maggiori citt del N ord e del Centro. Anche PI stata attiva in un numero ele vato 19 di province, ma in modo pi consistente solo a Torino, M ilano e Firenze. Delle altre organizzazioni, sono state presenti in pi di tre province solo Fcc (in 10), N ap (in 9), Pac (in 5), Colp e Rea (in 7), Ucc (in 8). Si pu concludere che le organizzazioni del terrorismo rosso risultate di gran lunga pi pericolose sono Br e Pi. Una certa consistenza hanno avuto anche i N ap, le Fcc, le Ucc e i Rea. La maggior parte degli altri gruppi, seppure talvolta capaci anche di uccidere, hanno avuto per una ca pacit organizzativa molto lim itata che si espressa in unattivit estrem am ente sporadica. Per spiegare lemergere di queste organizzazioni occor rerebbe ripercorrere la storia della loro fondazione. Parten do dai dati raccolti dagli atti giudiziari, possiam o innanzi tutto osservare che le organizzazioni clandestine hanno avu to in genere origine da fratture in gruppi legali, come evi denziato nella figura 1. Possiam o distinguere le organizzazioni clandestine in

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1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975


1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982

cpm

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linea di condotta

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Fig. 1. Anno di nascita e origini politiche delle organizzazioni clandestine di sinistra.

Legenda: derivazione per scissione da --------------- confluenza in r = trasform azione in -f= cessa di esistere
A A A = in maiuscolo vengono riportate le sigle delle organizzazioni clandestine aaa = in minuscolo vengono riportate le sigle delle organizzazioni legali aaa = tra virgolette vengono riportati i titoli delle riviste

Fonte: Elaborazione delle mie informazioni, tratte dagli atti giudiziari.

due raggruppamenti. Il primo com posto da quelle che han no origine da fratture allinterno di gruppi legali, il secondo da quelle che hanno origine da fratture allinterno di gruppi illegali. Del primo fanno parte, ad esempio, le Br, nate dal Collettivo politico m etropolitano (Cpm); i N ap, originatisi

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da una frattura in Le; le Fac a Roma e a Torino, PI a M ilano, Torino e Firenze, e le Ucc a Roma, staccatesi dai Com itati comunisti per il potere operaio; le Fcc e i Pac, form ati da nuclei vicini alla rivista R osso. Le divisioni allinterno di altre formazioni clandestine hanno creato gli altri gruppi ar mati che analizzeremo nel corso della ricerca: dalla Fcc si so no staccati gli Rea nella primavera del 1978 e G uerriglia rossa allinizio del 1979; dagli Rea, la Brigata Lo M uscio nel 1980; da PI, Per il comuniSmo nel 1979 e i Nuclei nel 1981; da Br e Fac, lM cr nel 1979. In questo capitolo, lattenzione si concentrer sul primo raggruppam ento, cercando di trovare delle risposte a do mande spesso poste nel dibattito scientifico cos come nella polemica politica. Q uali erano le caratteristiche delle orga nizzazioni legali dalle quali le formazioni clandestine hanno tratto le loro risorse iniziali? Q uali le caratteristiche dei gruppi che, attivi allinterno di un ciclo di protesta, hanno deciso di entrare in clandestinit ? U n ipotesi che alla fine degli anni settanta era sostenuta sia nel dibattito politico che nelle aule giudiziarie quella dellesistenza di una conti nuit organizzativa tra alcune formazioni legali e i gruppi terroristi, definiti come articolazioni di un unico progetto eversivo2. La ragione e, al contempo, la dim ostrazione di questi rapporti organici veniva indicata nellideologia con divisa dai diversi gruppi. L ipotesi che verr argom entata nel corso di questo capi tolo , invece, che la scelta della clandestinit da parte di al cuni gruppi sia stata legata alla concorrenza esistente allin terno di un settore dei movimenti sociali particolarmente denso in termini di numero di organizzazioni. Nel corso dellevoluzione della protesta i diversi gruppi sono entrati in com petizione fra loro per la conquista di risorse militanti e riconoscimento sempre pi scarse. Q uesto processo ha prodotto fenomeni di specializzazione o differenziazione delle funzioni fra i vari gruppi, che hanno portato a conti nue fratture e riaggregazioni, rapida nascita e scom parsa
2 Q u esta interpretazione stata sosten uta nel d ib attito scien tifico in V entura [1980; 1984]; e G a lan te [1981]. In sede giudiziaria, invece, in T ribu nale di P adova, Requisitoria del PM in PP 139179.

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delle pi diverse form azioni, nel tentativo di adattarsi alle mutevoli fasi della mobilitazione. L evoluzione di questi gruppi stata diversa, a seconda delle specifiche risorse per essi disponibili. Alcune delle or ganizzazioni pre-esistenti alla protesta, e che erano sem bra te assolvere ad un ruolo piuttosto marginale nelle prime fasi del movimento, sono uscite rafforzate alla fine del primo ci clo della protesta. Altre organizzazioni, nate nel corso della protesta, hanno attraversato un processo di istituzionalizza zione, divenendo presenze stabili nel sistem a parlamentare. Altre ancora sono scom parse, sciogliendosi o confluendo in gruppi maggiori, oppure sono divenute piccole sette politi che, prive di una qualsiasi funzione se non quella di integra zione dei loro militanti. Altre hanno percorso invece la stra da della lotta armata. Nel corso di questo capitolo, osserveremo levoluzione dei gruppi che hanno scelto la clandestinit a partire dalle loro origini allinterno di organizzazioni legali, attraverso una ricostruzione basata sia sugli atti giudiziari che sulle te stimonianze di alcuni fra i loro militanti. Com e si rileva an cora dallo schema presentato, si possono distinguere due di versi gruppi di organizzazioni, a seconda del periodo di fon dazione. Un gruppo comprende principalmente le Br, fon date allinizio del decennio in una fase ancora alta della mo bilitazione e in un ambiente caratterizzato da un grado piut tosto basso di accettazione della violenza. D ell altro gruppo fanno parte le molte organizzazioni emerse nella seconda met degli anni settanta, in un ambiente caratterizzato in vece da livelli molto pi alti di pratica della violenza. A na lizzeremo nel corso dei due prossimi paragrafi le origini del le tre maggiori organizzazioni clandestine: le Br, nate alli nizio degli anni settanta; PI e Fcc, nate invece nella seconda met del decennio. C i perm etter di osservare linfluenza delle diverse condizioni ambientali sul loro processo di fon dazione.

2. L a fondazione delle prime organizzazioni clandestine: le Br Le origini delle Br sono legate allevoluzione di due pic coli gruppi politici, simili ai tanti proliferati tra il 1967 e il 1968. N ati in genere come momento di coordinamento di lotte specifiche, alcuni di essi si erano poi dotati di strutture pi stabili, estendendo in taluni casi la loro influenza in am bito regionale. Le risorse organizzative iniziali venivano spesso tratte da gruppi politici operanti nellarea cattolica o com unista, dai quali successivam ente alcuni nuclei si stacca vano, facendo riferimento alla sinistra pi radicale. T ipica , da molti punti di vista, la storia dei due gruppi da cui pro venivano i fondatori delle Br: lUniversit negativa di T ren to e il Collettivo politico operai-studenti di Reggio Em ilia. Le origini trentine di alcuni fra i primi membri della principale organizzazione clandestina sono state variamente descritte in numerosi saggi giornalistici. In uno di essi, ad esem pio, si legge: L a storia delle Brigate comincia sui ban chi delluniversit. A Trento dove, nel 1962, viene creato un Istituto Superiore di Scienze Sociali (Isss), presto tra sform ato in libera u n iversit5. C i vero per quel che ri guarda almeno due dei fondatori dellorganizzazione: Rena to Curcio e M argherita Cagol. Entram bi avevano infatti partecipato allesperienza del gruppo Universit alternativa, sorto nel 1967 a Trento nel corso della mobilitazione nella locale universit, soprattutto in quella che era stata la prima facolt di sociologia nel paese. Il gruppo era molto simile ai tanti emersi, nello stesso anno, in molte universit italiane. Le sue attivit andavano dalle mobilitazioni contro un pro getto ministeriale di trasform azione della facolt di sociolo gia in facolt di scienze politiche, alle pi astratte elabora zioni sull uso capitalistico della scienza e la trasm issione dellideologia di classe. Neanche le forme di azione utiliz zate si differenziavano da quelle diffuse in Italia e in E u ro pa in quegli anni dalle occupazioni degli edifici universi tari allorganizzazione di corsi alternativi con in pi, a Trento, qualche episodio di contestazione religiosa, espres-

T essan do ri [1977, 28],

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sione delle tensioni esistenti tra la sub-cultura cattolica radi cata nella zona e gli studenti, immigrati da tutte le regioni del paese. Anche a Trento, nel corso di quelle proteste, lideologia di alcuni gruppi si era gradualmente radicalizzata, mentre la loro influenza si era estesa ad unarea geografica pi ampia. Nel 1968, alcuni membri di Universit negativa tra cui i futuri brigatisti avevano iniziato a collaborare con la ri vista Lavoro politico, bollettino del Centro d inform azio ne di Verona, di origine cattolica, al quale si erano uniti altri gruppi simili operanti in Trentino, in Alto Adige e nel V e neto. La rivista si era rapidamente trasform ata da organo del dissenso cattolico a organo m arxista leninista, i cui temi principali erano diventati la rivoluzione cinese e la critica del revisionismo. N el 1969 il giornale aveva cessato le pub blicazioni, mentre i membri trentini della redazione aveva no aderito, per un breve periodo, ad un piccolo gruppo m aoista, il Partito comunista d Italia m arxista leninista (linea rossa). M entre la m obilitazione nellateneo trentino scemava, una parte dei militanti del movimento studentesco aveva aderito a Le, ed unaltra com posta da molti di coloro che avevano partecipato a Lavoro politico si era trasferita a M ilano, dove erano iniziate le lotte contrattuali nelle gran di fabbriche. Sar a M ilano che questi militanti partecipe ranno alla fondazione di un altro piccolo gruppo della sini stra radicale: il Collettivo politico m etropolitano (Cpm). Ad esso parteciperanno membri di alcuni nuclei politici di fab briche milanesi dai Com itati unitari di base della Pirelli ai gruppi di studio della Sit Siemens e della Ibm e del laltro gruppo da cui proverranno molti fondatori delle Br, il Collettivo politico operai studenti di Reggio Em ilia. La storia del gruppo reggiano sotto molti aspetti simile a quella del gruppo trentino, anche se influenzata dalle di verse condizioni ambientali: dallassenza di una universit allappartenenza alla sub-cultura rossa. Il Collettivo politico operai studenti era stato form ato da giovani, in parte stu denti ma in maggioranza operai, provenienti dai partiti del la sinistra, e in particolare dal Pei. I percorsi di avvicina mento alla politica dei suoi membri erano andati dalla tradi

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zionale militanza nella Fgci a scuola, alla graduale politici/, zazione delle prime ribellioni giovanili, descritta da uno de gli intervistati: La musica, i capelli lunghi [...] Gi si parlava un po di politica, anche di Liverpool e di Amsterdam [...] Mi ricordo la mia presa di coscienza. C era Almirante che voleva parlare. Non mai riu scito a Reggio. Ci fu una carica. Li hanno massacrati tutti: Gallinari, Franceschini. Cos mi avvicinai a loro. Mollai il baretto e le vecchie amicizie e frequentai Pei e Fgci4. Il processo di allontanamento dalle organizzazioni co muniste era stato graduale ed era avvenuto di riflesso rispet to a quanto accadeva nelle aree centrali del paese. Critican do il Pei per la sua incapacit di comprendere i cambiamen ti, nel 1969 una trentina di militanti erano usciti dalla Fgci. E cco come viene ricordato quel momento nella stessa inter vista: Si spacca perch il Pei non capisce la realt nuova. Allora dicia mo o ci date degli spazi o usciamo. Cos, noi usciamo e loro re stano in quattro. Mettiamo su questo appartamento. E una gran de uscita in massa, soprattutto giovani; qualcuno da Pei e sindaca to. In fabbrica cerano forme di autonomia operaia. Noi abbiamo una cultura operaia. Eravamo quasi tutti operai, facevamo riferi mento ad autonomia operaia, ai Cub, alla parola d ordine costi tuire il potere operaio gi dentro la fabbrica. C erano mille per sone alle manifestazioni, in alternativa al Pei che cercava di farci passare come una banda di provocatori, mentre invece eravamo conosciuti e operai5. N el cuore della sub-cultura rossa, la contestazione gio vanile aveva, dunque, preso le forme del ribellismo culturale e del radicalismo politico. Entram be si erano incontrate in quello che era stato chiam ato gruppo dellappartam ento. D a una parte, c erano le imitazioni delle controculture gio vanili diffuse in altri paesi. Secondo la descrizione di uno dei fondatori delle Br che ne aveva fatto parte: In pochi mesi lappartam ento era divenuto la casa dei giovani pi
4 S to ria di vita n. 7, p. 3. 5 Storia di vita n. 7, p. 4.

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strani e sballati di Reggio: provos, beat, capelloni, senzafamiglia. Diventam m o dei provocatori , gente che stava in sieme con la scusa della politica per poi trasgredire le re gole della piccola e tranquilla R eggio6. D allaltra parte, la contestazione giovanile si esprimeva nellenfatizzazione dei miti della R esistenza, particolarm ente radicati nella zona e rafforzati dai rapporti personali dei giovani m ilitanti con i vecchi partigiani. Il valore affettivo e simbolico di questi rapporti viene sottolineato nella stessa autobiografia in cui viene ricordato il momento in cui un amico partigiano avrebbe donato le armi che conservava dalla fine della guer ra: N on fu solo una consegna d armi: mi stava affidando i suoi ideali, la sua giovinezza e la sua forza che non c era p i 7. In modo simile a quanto era avvenuto a Trento, anche il collettivo reggiano aveva cessato di esistere a pochi mesi dalla sua fondazione: alcuni militanti avevano aderito a Le o al M anifesto, altri avevano deciso di emigrare nelle grandi metropoli del N ord. Com e testim onia il passo che segue, questa seconda opzione era m otivata dalla ricerca di luoghi dove il conflitto sociale era ancora acuto: Ci affascinava la metropoli, da provincialotti. Reggio era una realt talmente secondaria che non valeva la pena di restare. Biso gnava andare dove c'erano le lotte*. C os, in tempi diversi, si trasferiranno da Reggio Em ilia a M ilano molti fra i fondatori delle Br: Franceschini, Ognibene, Pelli, G allinari, Bonisoli, C asaletti, Paroli, Azzolini. Se le origini sociali di questi militanti erano differen ti9, es si avevano in comune la precedente militanza politica e i fit ti rapporti di amicizia, cos descritti in una delle biografie raccolte:
6 Franceschini e altri [1988, 30]. 7 Ibidem, p. 4. s Storia di vita n. 7, p. 4. 9 Per fare solo alcuni esem pi, G io rgio Sem eria proveniva da una fa miglia della m edia borghesia; dalla piccola borghesia, A zzolini e Ognibene; da fam iglie operaie o con tadin e, C asaletti, Franceschini, G allinari, Paroli, Pelli, Bonisoli.

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l'amicizia, soprattutto l'amicizia. Iniziata nella Fgei, rafforza ta nellesperienza dellappartamento, perch oltre a fare politica era anche un'esperienza di vita, di rapporti, era una piccola comuni t, una piccola famiglia, un rapporto quotidiano, costante10. A M ilano, come si detto, alcuni militanti del C olletti vo politico operai studenti si erano gi incontrati con i tren tini. I contatti fra i due gruppi erano anchessi avvenuti nel modo pi comune in un ambiente denso di reti di rapporti politici, ma anche personali. Scrive uno dei fondatori delle Br: R enato lo avevo conosciuto poco pi di un anno prima. N ella sua casa, di viale Sarca, a M ilano, mi port Bruno, un com pagno di Reggio che aveva studiato a Trento e abitato in una comune con lu i 11. Com e era comune nel clima di quegli anni, i contatti erano stati mantenuti, con spirito im prenditoriale: Continuam m o a incontrarci. Almeno una volta al mese qualcuno del gruppo di Renato (era stato costituito il Collettivo politico metropolitano) veniva a R eg gio e qualcuno di noi andava a M ilan o12. Ancora una volta, il gruppo non sembrava differenziarsi allinizio dai tanti emersi in quegli stessi anni. Nei due nu meri del suo giornale Sinistra proletaria si affrontavano tematiche quali il diritto alla casa, i prezzi dei trasporti, la necessit di costruire dei nuclei operai. Anche il fatto che la lotta di classe fosse definita come una guerra, non rappresentava certo, in quegli anni, una specificit. Vi era no tuttavia almeno due elementi che avrebbero potuto in se guito influire sulle scelte strategiche del gruppo: le sue pic cole dimensioni e il suo ridotto radicamento. Sul Cpm , si legge infatti in un rapporto, datato 1970, dell allora prefet to di M ilano al m inistro degli interni: Altro gruppo di esclusiva cittadinanza milanese il Colletti vo politico metropolitano. E sorto nel dicembre 1969 per inizia tiva di alcuni appartenenti a gruppi della sinistra extra- parlamen tare, con lo scopo di costituire un organismo di militanti attivi di

10 Sto ria di v ita n. 7, p. 4. 11 Franceschini e altri [1988, 19]. 12 Ibidem, p. 21.

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base, capaci di impegnarsi fuori dei sindacati e dei partiti in un lavoro politicamente omogeneo allinterno di situazioni sociali e nel pi generale tessuto metropolitano, esercitando unazione dia lettica che pretende di contribuire alla crescita politica delle mas se, allautonomia delle specifiche lotte sociali e settoriali e alla lo ro trasformazione in lotta sociale generalizzata. Il gruppo conta pochisimi aderenti [...] Al dichiarato scopo di promuovere [au tonomia operaia rispetto alle organizzazioni politico sindacali, il gruppo ha recentemente annunziato la formazione di nuclei deno minati Brigate rosse, da inserire nelle fabbriche13. Si pu ritenere che le piccole dimensioni, la presenza li m itata a M ilano, e la provenienza dalla periferia della m ag gior parte dei suoi fondatori, rendesse il Cpm particolar mente povero di risorse nella concorrenza con altre organiz zazioni simili allinterno del settore dei movimenti sociali. L a specializzazione nelle pratiche pi violente poteva quin di offrire il vantaggio di rendere lorganizzazione pi com petitiva, almeno nelle aree di m ilitanti pi radicali. L ado zione di una struttura clandestina sarebbe avvenuta, tu tta via, in maniera graduale, attraverso una serie di decisioni successive che avrebbero portato alluscita di molti membri nel corso di varie scissioni. Il primo passo verso la scelta del la clandestinit veniva com piuto, secondo uno dei dirigenti dellorganizzazione in un incontro tra alcuni militanti del gruppo, avvenuto a Pecorile nellagosto del 1970: L a que stione della lotta arm ata posta: c un fosso da saltare e la discussione delle pi accese. Sono le nostre tesi a vince re e una parte dei compagni, quelli che sostenevano la cen tralit della violenza di m assa, vanno per conto loro, con fluendo in L otta con tinu a14. Solo alcuni dei membri di quella organizzazione decidevano, quindi, di iniziare una pratica di azioni armate, fondando le Br, che nel 1971 si do teranno del giornale N uova resistenza. L e neo-fondate Br entreranno poi in contatto con altri piccoli gruppi, la cui storia era, ancora una volta, simile a quella della Universit negativa o del gruppo dell apparta
13 R apporto d el p refetto L ibero M azza al m inistro degli Interni R e stivo, d e l 22 dicem bre 1970; citato in T essan do ri [1977, 36-37]. 14 Franceschini e altri [1988, 25].

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m ento. Alcuni dei primi m ilitanti provenivano, ad escni pio, dal Collettivo operai studenti di Borgomanero, un pic colo centro vicino N ovara. C om posto di giovani operai della Fgci e studenti del gruppo cattolico G iovent studentesca, il collettivo era nato nel corso di alcune mobilitazioni nella zona. Anche qui, la contestazione giovanile allinterno del Pei si era espressa attraverso una radicalizzazione ideologica che enfatizzava alcuni miti della cultura comunista, in parti colare quelli collegati alla lotta partigiana15. Anche qui, ri fluita la fase delle mobilitazioni di massa, alcuni avevano deciso di trasferirsi nelle metropoli industriali per potere continuare la loro attivit politica. Com e ricorda un m ilitan te che ha partecipato a quella esperienza: Il comitato cessa di esistere quando cessano, diciamo, le esi genze della lotta immediata. Rimangono degli spezzoni organizza ti di pochissimi militanti [...] e cominciamo a porci il problema della violenza [...] Cessata questa funzione, ti ritrovi in quattro gatti a farti le tue menate nella sede, le chiacchiere, le cose, e co mincia ad andarti stretto anche il paese a quel punto; perch un pae se che ha vissuto in modo cos intenso certe cose [...] ritornando ad una situazione di normalit diventava una cosa non vivibile, ecco, per uno come noi di 21 anni o 22. Per cui cominciamo a pen sare di trasferirci a Milano e Torino, nelle grosse fabbriche. E di l, appunto, il nostro trasferimento16. Anche qui, i contatti con il Cpm erano avvenuti in ma niera quasi casuale, attraverso rapporti personali tra mem bri dei due gruppi: di quegli anni poi, 69-70, la nascita del Collettivo politico metropolitano a Milano di Curcio e compagnia, e qualcuno del col lettivo prende contatti con loro, perch studiava a Milano, e riporta tutto il dibattito sulla violenza la violenza organizzata che attraversa il Collettivo politico metropolitano in quegli anni l17.

15 Per esem pio, un in terv istato che aveva m ilitato in quel gruppo parla di figure carism atiche che appunto erano quelle [...] alcuni com an danti di form azioni partigiane. N o i ci trovavam o anche con M oscatelli in person a (Storia di vita n. 5, p. 19). 16 Storia di vita n. 5, p. 25. 17 Storia di vita n. 5, p. 24.

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Se non cera il L. che studiava a Milano in rapporto col Comi tato, nel giro di un paio d anni avrei cambiato idea, avrei fatto altre cose, sicuramentel8. Ancora una volta la decisione di aderire alle Br veniva presa solo da alcuni fra i militanti del gruppo, legati fra loro da rapporti di intensa amicizia: Quei pochi dirigenti del collettivo che continuano ancora a ri trovarsi assieme, si pongono dei problemi. Chi accetta poi dopo la possibilit di aderire alle Br siamo in tre, che poi abbiamo aderi to tutti e tre; per altri diciamo cera unadesione di tipo ideale ma non cera poi la disponibilit pratica, nel senso che io non voglio spostarmi dal paese e fare il brigatista a Borgomanero non signi fica nulla, bisognava andare a Torino, andare a Milano19. Si pu ancora osservare che occorreranno ancora degli anni perch la scelta della clandestinit e della lotta armata da parte delle Br sia chiaramente definita. A llinizio, infat ti, le tattiche adottate erano illegali, ma non molto differen ti da quelle tollerate nellarea del movimento. Per un lungo periodo infatti lattivit brigatista era limitata ad una serie di incendi di automobili compiuti attraverso luso di rudi mentali bottiglie incendiarie. In teoria, le Br praticavano, nei primi due anni della loro esistenza, la strategia organiz zativa della doppia militanza: clandestinit dellorganizza zione e pubblica attivit dei suoi membri. In realt, molte delle regole di condotta non venivano applicate: gli stessi di rigenti vivevano in domicili conosciuti, mentre volantini fir mati dallorganizzazione erano distribuiti senza alcuna cau tela alluscita delle fabbriche. Ancora secondo una testim o nianza di un ex- brigatista, le due brigate esistenti, una alla Sit Siemens e una alla Pirelli: erano separate. M a gli uni sapevano degli altri, si conoscevano quasi tutti [...] Un com pagno portava un altro di cui si fidava, questi partecipava a una, due riunioni poi, magari, non si faceva pi vede re 2". Se formalmente si applicavano le regole del centrali'* Storia di vita n. 5, p. 31. 19 Storia di vita n. 5, p. 28. 20 Franceschini e altri [1 9 8 8 , 67].

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smo burocratico, in realt, in unorganizzazione composta da una dozzina appena di militanti, i processi decisionali av venivano in modo del tutto inform ale21. Q uesta strategia era tuttavia destinata a creare gi le prime fratture nel gruppo. Ritenendola avventurista per unorganizzazione che non si era ancora infiltrata nel mo vim ento di m assa, alcuni militanti abbandonavano le Br, costituendo il cosiddetto Superclan, e si trasferivano in Francia. Considerandola invece troppo blanda, un altro nu cleo di militanti proveniente dal G ruppo di studio della Sit Siem ens e com prendente i futuri dirigenti delle Br, C or rado Alunni e M ario M oretti si allontanava dalle Br nel 1971, rientrandovi solo quando iniziavano i primi sequestri di persona. Q uesta difficile strategia di equilibrio nella semi-legalit era tuttavia destinata ad entrare in crisi nel maggio del 1972, in coincidenzza con una serie di arresti e perquisizio ni a seguito dellinfiltrazione di un agente provocatore. Solo a quel punto molti militanti decidevano di divenire latitanti e le regole della clandestinit cominciavano ad essere appli cate. D ue erano le conseguenze di questo ulteriore passo nel processo di clandestinizzazione. Una era una nuova scissio ne: non tutti i membri accettavano questa decisione, e molti uscivano dallorganizzazione22. L altra era, invece, il m ag giore impegno di coloro che restavano, ormai costretti alla latitanza, alcuni dei quali si trasferivano in altre citt per dare una dimensione nazionale alla prima organizzazione ar mata. Com e ricorda ancora uno dei fondatori delle Br, a quel punto: O gni nuovo compagno, per diventare un re

21 N el racconto di uno dei fondatori,' le B r si reggevano allinizio sullattivit di tre persone: L asciav am o a R en ato il com pito di elaborare la teoria, trovare citazioni e riferim enti storici. Io e lei pensavam o ai d o cum enti falsi e alle arm i, facevam o le inchieste, le azioni [Franceschini e altri 1988, 18]. 22 Sign ificativo il caso rom ano. D al 1971 le B r erano in con tatto a R om a con un nucleo di ex-m ilitanti di Po. D opo la scelta della p ien a clan destin it fatta dalle B r, per, il gruppo rom ano aveva rotto ogni con tatto afferm an do che la clan destin it non era una soluzione adeguata ai problem i organizzativi (T ribunale di R om a, Requisitoria del PM in PP 54/80, p. 275).

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golare , doveva bruciare i documenti davanti agli altri, pubblicamente. E ra diventata una consuetudine, una sorta di dichiarazione ufficiale. In quel momento si bruciavano le navi alle proprie spalle, si chiudeva la via della ritirata23.

3. L a fondazione delle organizzazioni clandestine nella secon da met degli anni settanta: PI e Fcc La scelta della clandestinit, compiuta dalle Br, non era stata condivisa dalle altre organizzazioni del movimento, che avevano cercato, invece, strade alternative per superare i problemi creati dal declino della mobilitazione. In questa ricerca, esse oscillavano, con continue scissioni e riaggrega zioni, tra strategie opposte: centralizzazione o decentra mento della struttura organizzativa, istituzionalizzazione o radicalizzazione dei repertori. Nel corso di questo processo, piccoli gruppi si erano staccati dalle organizzazioni maggio ri, talvolta prendendo la strada della clandestinit. Q uesta dinamica pu essere bene osservata nellevoluzione di alcu ne form azioni in cui come si vedr nel prossim o capitolo avevano m ilitato molti dei futuri membri di organizza zioni armate: L otta continua (Le) e Potere operaio (Po), nel la prima met degli anni settanta, Senza tregua e R osso, negli anni successivi. Sia Le che Po provenivano da successive scissioni nella rivista Q uaderni rossi, costituita allinizio degli anni ses santa da fuoriusciti dai partiti della sinistra storica e che aveva contribuito alla elaborazione del cos detto operai sm o24. Rifacendosi allesperienza dei consigli operai degli anni venti, i teorici delloperaism o avevano elaborate delle tematiche destinate ad avere risonanza ancora negli anni settanta: rifiuto del lavoro, lotta sui bisogni autonomi della classe in contrasto con i bisogni della produzione, affer mazione del potere politico del lavoro salariato. I fondatori di Le venivano dalla redazione di Q uaderni rossi toscani,
23 Franceschi e altri [1988, 14]. 24 Per una docum entazion e su lloperaism o e la au to no m ia, si rin via, tra gli altri, a C astellan o [1980].

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trasform atasi poi in N uovo im pegno, da cui era nato il gruppo Potere operaio pisano nel febbraio 1967. Po era na to invece dallesperienza veneta dei Com itati di classe delle grandi fabbriche di Porto M arghera, il cui periodico, anchesso in collegamento con Q uaderni rossi, era Progres so veneto. La redazione di questultimo si era divisa in due parti: un gruppo aveva fondato unaltra rivista teorica, C lasse operaia; un altro si era dedicato allintervento nelle fabbriche, creando un foglio locale, Potere operaio re dazione veneta di C lasse operaia. N el 1967, mentre C las se operaia cessava le pubblicazioni, laltro foglio cambiava il titolo in Potere operaio G iornale politico degli operai di Porto M arghera e, nel luglio 1968, si dava una struttura organizzativa nel C om itato operaio di Porto M arghera. D a qui, nel 1969, veniva fondato il giornale L a classe, che in autunno diventava Potere operaio. Le storie dei due gruppi dovevano, in seguito, spesso in trecciarsi. M ilitanti provenienti dalle due esperienze si era no incontrati, nel 1969, alla Fiat di Torino dove, insieme ad altri gruppi operaisti provenienti da Q uaderni rossi tori nesi e da M ilano, avevano dato vita alle Assemble operai studenti. N e era derivata la fondazione delle due organizza zioni Po e Le che, insieme ad Avanguardia operaia (Ao) e al M anifesto, hanno costituito i gruppi pi im portan ti della N uova sinistra. L ideologia operaista, comune ad entrambi i gruppi, ve niva declinata in maniera diversa, rispecchiando le differen ti esperienze di form azione dei dirigenti. Se a M assa le ipo tesi teoriche delloperaism o si erano evolute nell ambito delluniversit, con l afferm azione, nelle T esi della Sapien za, del concetto di studenti come forza lavoro in form azio ne, la corrente veneta era stata invece influenzata dalle lotte operaie delle grandi fabbriche di Porto M arghera. Cos, an che in seguito, Le sar pi sensibile ai soggetti esterni alla fabb rica25; mentre Po privileger la battaglia salariale co
25 C om e dim ostrano le cam pagn e di Le su tem i quali l im m igra zione (M o che il tem po si avvicina), i quartieri (Prendiam oci la cit t), il carcere (I dann ati della terra). C fr. Tarrow [1989], Sulla storia di L e, si veda anche la ricostruzione di uno dei dirigenti del gruppo in B ob b io [1979].

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me principale espressione del conflitto di classe, afferm ando la gestione operaia delle lotte sociali. In entrambi i casi, il processo di strutturazione dellor ganizzazione era stato lento e incompleto. Dalla prima con ferenza di organizzazione di Potere operaio toscano, nel set tembre 1968, ci vorr ancora un anno perch i gruppi vicini a Le si organizzino pi stabilm ente attorno al giornale e altri quattro per la costituzione di una vera e propria organizza zione nazionale. Per quanto riguarda Po, a quattro anni dal primo convegno nazionale dellorganizzazione, tenutosi a Firenze nel gennaio 1970, i dirigenti saranno costretti a ri conoscere lim possibilit di costruire unorganizzazione centralizzata. Per entrambi i gruppi, erano inoltre falliti i progetti di fusione con altre formazioni della N uova sini stra, come quello di unificazione con il M anifesto, nel 1971, per quanto riguarda Po; o quello di dare uno sbocco al car tello com posto insieme ad Ao e al M anifesto in occasione delle elezioni del 1973, per quanto riguarda Le. Nel corso di questi lunghi processi di elaborazione di unidentit organizzativa, ostacolati dalla scarsezza di risor se disponibili e dalla continua oscillazione dei momenti di m obilitazione, si erano riprodotti continuamente conflitti allinterno dei due gruppi. La fratture si erano sviluppate at torno alle principali opzioni strategiche relative, di volta in volta, alla individuazione della contraddizione principale (lotte politiche o lotte sociali), ai principali luoghi d inter vento (la fabbrica o il quartiere), alla funzione dellorganiz zazione (struttura di movimento o partito istituzionalizza to), alle forme d azione da utilizzare (violenza di massa o violenza d avanguardia). Esprim endo anche dinamiche in terpersonali interne alla leadership, comuni ai piccoli gruppi, i conflitti si erano ideologizzati, con reciproche accuse di fabbrichism o o codism o, spontaneism o o partitism o, m ovim entism o o elettoralism o, avventurism o o terrorism o. I racconti di coloro che avevano militato in questi grup pi testim oniano della rilevanza di questi dibattiti sulle op zioni strategiche per superare la crisi nella vita organizzati va. In apparenza capziosi, essi producevano, e al contempo giustificavano, continue scissioni. Nel caso di Po, ad esem

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pio, la nascita di gruppi autonomi nelle grandi fabbriche del N ord aveva creato un dibattito sui livelli di decentramento auspicabili, producendo come bene descritto nella cita zione che segue una polarizzazione su due opposte op zioni: Quando andai a Milano nacquero le assemblee autonome. Mi sembrava necessario che la struttura organizzativa di Potere ope raio, che era una struttura nazionale in realt, si conformasse a queste strutture territoriali, cio che praticamente si moltiplicasse ro delle strutture territoriali abbastanza autonome e autogestite, di ciamo dal punto di vista della decisione politica, e che queste poi trovassero motivi e modi di coordinamento sia regionale che na zionale, su un progetto comune che per fosse fondato su quello che erano le motivazioni locali. [...] A Milano io ero fautrice di questa prospettiva in contraddizione con quelli che invece ritene vano che Potere operaio dovesse essere una struttura formulata leninisticamente e quindi centralizzata, con lesistenza collaterale di queste strutture di massa allinterno delle quali cerano dei mili tanti che avevano semplicemente la funzione di trasmissione tra partito e strutture di massa, in quanto rappresentavano il partito e portavano il progetto del partito dentro la struttura di massa26. Il dibattito sul decentramento si era anche acutizzato in occasione di un episodio di violenza politica che aveva coin volto dei militanti di Po. I due figli di un esponente del M si del quartiere romano di Prima Valle erano morti durante lincendio, di origine dolosa, della loro abitazione. L incri minazione e larresto di tre membri di Po aveva prodotto un dram m atico confronto allinterno dellorganizzazione sulle responsabilit del gruppo, che si era concluso con luscita di una parte della sezione romana. E , ancora, interessante rilevare, continuando la lettura di quella testim onianza, la profonda differenza di posizioni presenti allinterno della stessa organizzazione: la autonom izzazione di alcuni gruppi pi propensi alla organizzazio ne della violenza, da un lato, e una forte critica rispetto a quella evoluzione, dallaltro. Molti compagni ritenevano che Potere operaio centrava, altri 2h Storia di vita n.
2 2 , p. 42.

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ritenevano che Potere operaio era innocente, [...] mi sembrava che comunque si stesse determinando un clima per il quale poteva succedere qualunque cosa senza che un militante lo venisse a sape re. Cio si erano formati dei gruppi, una stratificazione, una anche spontaneit, allinterno di questa stratificazione, sulla violenza, che non era sicuramente controllata dallassemblea dei militanti o dalle sue strutture direttive [...] La degenerazione dellorganiz zazione era tale che aveva permesso che si producesse unazione del genere senza che ci fosse una decisione in merito. Il che [...] implica che, evidentemente, il dibattito sulla violenza non avveniva secondo dei canali collettivi, ma avveniva per piccoli gruppi sponta nei, e in modo quindi totalmente degenerato [...] Al convegno roma no ci fu la scissione fra colpevolisti e innocentisti. I colpevolisti uscirono da Potere operaio, cio uscirono tutti quelli che riteneva no che Potere operaio era responsabile di questo fatto, e che quin di era ormai sulla strada della violenza. Gli innocentisti invece so stennero che Potere operaio rimaneva unorganizzazione centra lizzata e di massa27. Ancora la stessa fluidit ed etrogeneit di posizioni al linterno di Po conferm ata dalle due testimonianze che se guono, relative alla radicalizzazione del confronto sulla struttura organizzativa da adottare, conclusosi con luscita dallorganizzazione, durante un convegno svoltosi a Rosoli na nel 1973, dei sostenitori dellautonomia delle strutture di base. Potere operaio si scioglieva su uninsanabile contraddizione tra quanti pensavano che la situazione delle lotte e dei movimenti fosse affrontabile soltanto facendo un salto, cio sostanzialmente sciogliendo il gruppo cos comera stato, dicendo i gruppi extra parlamentari, per come li abbiamo conosciuti sono stati la forma che nata dalle lotte dal 68 in qua. Oggi risultano assolutamente minoritari e sono portati ad un percorso ultraminoritario e nella maggior parte delle ipotesi di adesione poi ai partiti istituzionali. Il salto organizzativo doveva consistere nel riuscire a coniugare in qualche modo la presenza dentro le lotte di massa, lo sviluppo del lorganizzazione autonoma delle lotte di massa, ma parallelamente coniugare a questo lelemento di organizzazione di gruppi in grado di operare anche sul livello dellorganizzazione della forza, cio del lorganizzazione della violenza, quindi una capacit di rappresen27 Storia di vita n. 22 , pp. 47-48.

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tare alcuni momenti di guida verso lattacco allo stato [...] li Pipo tesi di chi intendeva invece [...] privilegiare comunque un discor so [...] sulla necessit di mantenere, di rafforzare la presenza di un progetto nazionale direttamente uscente dai momenti di aggre gazione proletaria. Ed qui che nata sostanzialmente lipotesi dellAutonomia operaia28. A Rosolina ci sono le due linee a confronto: quella dellautono mia e quella della centralizzazione di Potere operaio come partito, perch quella che tiene organizzativamente la struttura, con Pa dova, Roma, Firenze. Si nomina una nuova segreteria provvisoria fatta di tre compagni che hanno la funzione di girare, di riorganiz zare, per esce tutto il gruppo Negri, tutto il gruppo che diventer Passe portante dellautonomia. Per un anno ancora si trascina [...] Io non credendoci completamente, ma per questioni logistiche, perch sto a Roma sto con quella parte che fa riferimento al discorso sulla centralizzazione, sul partito29. La storia di Po stata, dunque, caratterizzata da un co stante dibattito sulluso di forme violente d azione, sfociato poi nella scelta di una radicalizzazione delle strategie, da parte di alcune fazioni presenti allinterno dellorganizza zione, e, dallaltra parte, nella elaborazione di una critica di alcune forme di violenza, in altre fazioni. In maniera simile, anche la storia di Le percorsa da frequenti oscillazioni tra la difesa di uno spontaneism o anche violento e la ricerca di un riconoscimento istituzionale. Nel 1972, il convegno di Rimini aveva attribuito un ruolo rilevante ai servizi d ordi ne, enfatizzando lesercizio della violenza rivoluzionaria, sia da parte delle m asse che da parte delle avanguardie. Q uesta scelta era stata criticata gi alla met del 1973, con una svolta in direzione elettoralistica. Il cam biamento di strategia aveva prodotto, anche in questo caso, una scissio ne allinterno dellorganizzazione dalla quale era uscita alla fine di quellanno, sostenendo la necessit di una maggiore attenzione alle lotte operaie e dellauto-organizzazione della violenza, la sezione della periferia milanese di Sesto San Giovanni. Ancora su divergenze strategiche, e in particola

28 Storia di vita n. 2 8 , p. 16. 29 Storia di vita n. 22, p. 48-49.

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re sul dibattito sulla radicalizzazione delle forme d azione, lanno successivo aveva abbandonato lorganizzazione la co siddetta C orrente, com posta da alcuni operai e numerosi membri del servizio d ordine. A proposito del servizio d ordine va aggiunto che, in questi processi di continue scissioni, avevano giocato un ruolo rilevante le strutture organizzative che dovevano oc cuparsi del coordinamento di una serie di azioni illegali: dal la difesa dei cortei contro le aggressioni degli estrem isti di destra agli attentati contro cose. Con questi com piti sembra fosse stato creato da militanti di Po, gi nel 1971, il gruppo Lavoro illegale, durato solo pochi mesi e sostituito in segui to da altre strutture semi-autonome dallorganizzazione-madre: il Faro e il Centro-nord. In Le, questo processo era pas sato invece attraverso il rafforzam ento dei servizi d ordine, che erano divenuti un luogo privilegiato di m ilitanza, so prattutto per i membri pi giovani. Secondo un intervista to, ad esempio: Il servizio d ordine per come lho vissuto io era un luogo di mi litanza pi intensa di altri [...] era un luogo in cui tutta la gente che faceva politica [...] aveva un rapporto che mi sembrava estremamente pi onesto con la militanza, perch era gente che si dedicava, con cui vivevi a contatto dal volantinaggio al corteo, alle scadenze sullantifascismo, ai presidi delle piazze [...]. I servizi d ordine non erano altro che le forme politiche con cui si autoorganizzavano i militanti di tutte le sezioni, di tutte le scuole, del le zone5 ". Com e si vedr fra poco, da questi gruppi, dotati di maggiori abilit nelluso di repertori violenti e di una strut tura organizzativa semi-clandestina, che si sono staccati, nella seconda met degli anni settanta, molte formazioni terroriste. M a questo processo stato, ancora una volta, se gnato da fratture e ricomposizioni, ed durato parecchi an ni. D a una parte, alcuni gruppi hanno cercato di mantenere il pi a lungo possibile l identit dellorganizzazione, cosic ch le sigle di Po e Le sopravviveranno in nuclei a base loca-

10 Storia di vita n. 18, pp. 24-25.

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le, anche dopo lo scioglimento nei fatti delle due organizza zioni, cio dopo il 1974, per quanto riguarda la prima, e d o po il 1976, per quanto riguarda la seconda31. D altra parte, alcuni dei raggruppamenti, usciti dalle organizzazioni-madri prima del loro scioglimento, si erano costituiti in piccole strutture semi-illegali, con un raggio d azione esclusivamen te locale. E ra il caso, ad esempio, di piccolissimi gruppi usci ti da Po, da cui sarebbero nate le Fac e le Ucc, cos descritti in due interviste: Non che dopo Rosolina le sezioni si siano improvvisamente chiuse, ma chiaro che le sezioni via via si perdono, perch i com pagni escono, esce Ceptocelle, poi si strutturano per conto loro, e vanno ad affrontare un'esperienza organizzativa loro che un'e sperienza organizzativa che affronta il dibattito sulla violenza, proba bilmente in modo pi intenso [...] Ci nonostante continuano i tentativi di incontri, di vedersi, di riaggregarsi, ci sono riunioni nazionali, ma tutto si trascina molto lentamente32. Cos c questa rottura di Potere operaio, un netto disfacimen to da una parte, dall'altra il gruppo diciamo cos semi-clandestino, in somma questa struttura che Potere operaio aveva a Roma che si comincia a isolare, rimane staccato da tutto il resto che va in disfacimento e comincia ad avere una vita autonoma completamen te, fino a diventare poi, nel corso del tempo, la base delle costituen de strutture che poi saranno le strutture armate [...] Non pi di sei o sette persone, con grosse capacit logistiche, con grossi arma menti, cerano due bauli di armi [...] Non si faceva praticamente nulla, perch poi praticamente non si capiva che cosa si dovesse fare,3. M a se il dibattito sulla violenza era sempre centrale nel la form azione dei nuovi nuclei, sorti dalla disgregazione del
31 Per esem pio, a T o rin o si era m antenuto in vita un gruppo che: contin uava a chiam arsi Potere operaio in una situazione in cui Potere operaio a livello nazionale non esisteva pi, un gruppo ristretto di perso ne che pi che altro per spirito di b an diera continuava a m antenere dei con tatti [...] O gni tanto com unque c erano dei m om enti in cui avven iva no riunioni con altri gruppi di com pagni, com pagni di Rom a, di Firenze, di M ilan o (Storia di vita n. 2 8 , pp. 24 e 25). 52 Storia di vita n. 22, p. 50. 33 Storia di vita n. 16, pp. 77 e 84-85 (passim ).

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le organizzazioni della N uova sinistra, solo in rari casi esso si era concluso rapidamente con la scelta della clandestinit. Nella maggior parte dei casi, il processo di riaggregazione era invece avvenuto attraverso esperienze, coordinate a li vello inter-regionale, in cui si esprimeva ancora il tentativo di far convivere luso di repertori violenti con una struttura organizzativa legale e di m assa. Alcuni dei nuclei fuori usciti da Po e Le si erano, cos, aggregati attorno a due rivi ste che proponevano delle rielaborazioni delloperaism o de gli anni sessanta per offrire una base teorica ai diversi grup pi detti au ton om i54, nati dalla crisi della N uova sinistra: Senza tregua e R osso. La storia di queste aggregazioni stata ricostruita altrove attraverso fonti a stam pa e m ate riale giudiziario5. Nelle nostre biografie, i racconti di co loro che sono passati attraverso queste esperienze ci aiuta no, ancora una volta, a cogliere le ripercussioni di questa evoluzione organizzativa sui percorsi di militanza dei singoli individui. L e vicende di Senza tregua e di R o sso presentano diverse somiglianze. Senza tregua era la rivista di una se rie di collettivi, i C om itati comunisti per il potere operaio (Ccpo), costituiti, prima di tutto a M ilano, da alcuni ex m ilitanti della sezione di Le di Sesto San G iovanni e da al cuni degli ex-militanti di Po, rimasti nellorganizzazione an

34 C om e autonom ia organ izzata si definivano una serie di com ita ti e assem blee autonom e, nella m aggior usciti, attorn o al 1972, d ai gruppi della N uova sinistra (per esem pio, dal M an ifesto , il C om itato politico d ell E nel e il C ollettivo politico del policlinico a R om a; d a Po, lAssemblea autonom a di Porto M arghera in V eneto; da Le, lA ssem blea auton o ma dellA lfa R om eo a M ilano). Q u esti collettivi avevano dei m om enti di coordinam ento, com e assem blee nazionali (per esem pio, a N apoli nellau tunno del 1972; a Firen ze nel gennaio del 1973; a Bologn a, nel m arzo dello stesso anno; a R om a nel gennaio d ellanno successivo). E ssi si erano aggregati attorn o a riviste, fondate tra il 1973 e il 1975, quali C o n tro in form azione e Sen za pad ron i (di A ssem blea autonom a d ellA lfa, A s sem blea autonom a della Sit Siem ens e C om itato di Q u arto O ggiaro) a M ilano; L av oro zero (dellA ssem blea autonom a di Porto M arghera) in V eneto; R ivolta di c lasse (dei collettivi dellE nel e del Policlinico) e I V olsci (del C ollettivo di via dei Volsci) a Rom a; C om un iSm o nel Sud. C fr. C astellan o [1980], 35 Si veda, per esem pio, Palom barini [1982],

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che dopo il convegno di R o solin a6. Attorno alla rivista R osso si erano invece aggregati alcuni dei militanti di Po usciti al convegno di Rosolina, insieme a vari gruppi autonom i37. Le testimonianze su questi processi dim ostra no tuttavia che, a livello locale, i due gruppi avevano reclu tato alternativam ente nelle due aree. Per esempio, a Torino avevano partecipato a R o sso ex-militanti della sezione di Le di Settim o Torinese; mentre in Veneto membri di Po usciti alla fine del 1974 insieme ad altri fuoriusciti da Le avevano costituito i Collettivi politici veneti e i vari G ruppi sociali, che si coordineranno poi attorno alla rivista Per il potere op eraio38.
36 E il gruppo di m ilitanti che, dopo lo scioglim ento di Po, avevano m antenuto una com une esperienza organ izzativa, pubblicando la rivista L in ea di con dotta. Secondo una testim onianza: Il prim o gruppo che si costituisce com e gruppo arm ato, cio i C om itati com unisti per il potere operaio, com prendono in parte ex-appartenenti a Potere operaio, con tu t ta una loro storia anche clan destin a, in parte noi che veniam o da L otta continua, che in sostan za erano qu esto gruppo di operai, questo gruppo di fem m iniste, e i com pagni del servizio d ordine che costituiscon o le pri me squadre arm ate (Storia di vita n. 2 6 , p. 20). Sulla storia dei C cpo sono stati consultati: T ribu nale di M ilano: Sentenza-ordinanza del Gl in

PP 312/82; Requisitoria del PM in PP 312/82; Requisitoria del PM in PP 228/81; Tribunale di Padova: Sentenza-ordinanza del Gl in PP 183/79; Re quisitoria del PM in PP 183/79; T ribunale di Rom a: Sentenza-ordinanza del Gl in PP 103/80.
57 Alcune inform azioni sulla rivista R o sso si trovano in Tribunale di R om a: Requisitoria del PM in PP 229/81; Sentenza-ordinanza del Gl in

PP 229/81; Requisitoria del PM in PP 661/83; Sentenza-ordinanza del Gl in PP 154/82; Sentenza-ordinanza del Gl in PP 29A/82.
38 Q u esti gruppi cresceranno inoltre con le successive on date di sc is sioni dalle organizzazioni-m adri. Per esem pio, nel 1976: T u tto il perio do precedente al convegno di Rim ini si muove una diaspora in L otta con tinua anche a T orin o, e anzi mi ricordo che il convegno di Rim ini fu v is suto col fatto che cerano dei com pagni che andavano al convegno di R i mini che erano gi di Sen za tregu a , cio che com unque erano punto di riferim ento nostro. Q u esta cosa creava una situazione anche l nuova a cui i com pagni che venivano com e me dallesperienza di Potere operaio non erano m olto preparati a vivere, intanto perch si cre subito uno sp a zio politico ab b astan za grosso in quel periodo, in particolare a livello stu den tesco, e lipotesi che noi portavam o avanti nel giro di pochissim i mesi si incom inci a toccare con mano che era un ipotesi che poteva sfon dare (...) L o tta continua si sfasciava (...) noi iniziam m o ad avere dei rapporti politici con dei com pagni che uscivano da L o tta contin ua (Storia di vita n. 4, p. 41).

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Fra i due gruppi vi erano delle leggere differenze ideolo giche, essendo pi legato al tradizionale operaism o Senza tregua ed invece R osso pi concentrato sullelaborazione di una nuova teoria delloperaio sociale come soggetto ri voluzionario. M a vi era anche una rimarchevole som iglian za, capace di spiegare i futuri comuni percorsi di alcuni fra i loro militanti. Entram bi si proponevano, infatti, una stra tegia che si sarebbe presto rivelata di impossibile realizza zione: il mantenimento di strutture organizzative legali, in sieme ad una sempre maggiore enfasi sullorganizzazione della violenza. Q uesta scelta organizzativa viene descritta concordemente in tutte le interviste ad ex-membri di collet tivi di Senza tregua, poi passati alla lotta armata: Il giornale Senza tregua un riferimento di discorsi, tenuto in piedi da alcuni intellettuali, chiamiamoli cos, come Scalzone e Del Giudice insomma. [...] Ci sono dei contenuti ancora di indi cazioni sulle lotte di fabbrica; e noi ci stiamo dentro come colletti vo della Magneti Marelli. Nel frattempo per c una componente che si struttura gi e comincia a fare qualcosa di minore [...]. Quindi, c una doppia militanza, diciamo cos, c una militanza di fabbrica con iAutonomia, con noi, con tutti gli altri e un inizio di pratica diretta, di esercizio diretto di cose, non so, incendio di qualche macchina dei capi, ma niente di particolare, ancora assalti alle sedi del Msi, per dire, oppure qualche irruzione nelle sedi de mocristiane, sono le cose non rivendicate che succedono in quel periodo che si possono riferire a persone, a gente che comincia, insomma, ad avere una doppia militanza9. Da quellestate del 1976 ci ritrovammo in pratica in pochissi mi compagni [...] Il tipo di lavoro che avevamo in mente era un discorso duplice : da una parte stimolare e organizzare praticamente momenti di organizzazione operaia, proletaria, studentesca, insomma in alcune situazioni concrete, e quindi momenti di organizzazio ne, costruzione dei comitati operai etc., dallaltra parte attrezzare un altro livello organizzativo di tipo armato sostanzialmente. Que sto era poi il centro, in sintesi brutale, delle ipotesi di Senza tregua4 1 .

w Storia di vita n. 3, p. 47. 411 Storia di vita n. 28, p. 39.


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Che un progetto simile avessero i collettivi riuniti attor no a R osso , anche qui concordemente, indicato da alcu ni dei militanti intervistati. Il tentativo di far convivere le galit delle strutture e illegalit dei repertori dava luogo ad un modello organizzativo comprendente due livelli di mili tanza, cos descritto: L organizzazione aveva, per quello che riguardava il livello pubblico, i collettivi operai-studenti, collettivi autonomi. Allin terno di ogni collettivo si cercava di costruire anche un nucleo, una squadra armata [...] non era necessario che fosse palese a tutti i militanti dei collettivi chi componeva la squadra. Un collettivo poteva essere composto anche di cento persone, di cui quattro di Rosso, pi una squadra e quindi, non doveva essere neanche pa lese, questo era il livello di base di intervento dellorganizza zione41. Questa influorescenza di movimenti del 77 [...] tutto il lavoro fatto negli anni prima era sostanzialmente la formazione qui a Mi lano di una cinquantina di quadri con questa doppia abilit, da una
parte di intuire se c' una situazione di lotta esplosiva, e starci dentro, e farla crescere; dallaltra di avere in mente tutti i problemi della lotta clandestina, quindi la capacit di scegliere persone adatte per costitui re dei nuclei, addestrarle , trasmettergli quel carisma originale del

lorganizzazione. Quando c questo movimento del 77 proprio il momento in cui questo gruppo maturo, ha una espansione molto rapida. E infatti nella [...] zona sud di Milano, Porta Roma na, Porta Ticinese un gruppo di una decina, una dozzina di giova ni del quartiere che formano un collettivo autonomo nel 76 su tematiche molto contro lemarginazione, contro leroina, per lautoriduzione dei prezzi nel giro praticamente di sei mesi di venta una rete di collettivi, di una dozzina di collettivi di 20/30 persone, ognuno dei quali ha allinterno un nucleo di 7/8 che sa usare gli esplosivi, che sa usare le armi, ha il suo deposito42. Il contem poraneo mantenimento di una struttura legale per la propaganda di massa e di una struttura clandestina per le azioni illegali era destinato a rivelarsi ben presto im praticabile. Le testim onianze raccolte tra i m ilitanti di quel

41 Storia di vita n. 4, pp. 14-15. 42 Storia di vita n. 12, p. 25.

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le esperienze dim ostrano che di queste difficolt essi erano stati costretti a rendersi conto ben presto. E sse avevano prodotto ancora contrapposizioni e scissioni nei vari collet tivi, con il risultato di creare una autonomizzazione delle strutture adibite alla realizzazione delle azioni illegali dal controllo dei vertici politici dellorganizzazione. N ei collet tivi romani vicini a Senza tregua, ad esempio: Inizia il discorso della non-divisione tra politica e militanza. Allora, se da una parte cera il discorso sulla violenza e cos via, e quindi il concetto che il militare, luso della forza fosse una cosa indispensabile per fare politica in quella situazione, dallaltra ini ziano le prime contraddizioni sull'utilizzo di questa forza, sullutiliz
zo del militare, quindi come realt separata ricomponibile soltanto al l'interno di un vertice dell'organizzazione, del partito come braccio armato delle lotte o come invece realt che andasse costantemente

unita alla politica, e quindi unita alle lotte, e quindi unita allorga nizzazione e quindi unita completamente allattivit politica4 . In realt non era possibile risolvere questo problema, non si riesce a fare politica e a coniugare l altro elemento, quello clandestino e militare, questi due spezzoni stanno sempre in contraddizione tra di loro. Anche se riunificati in termini organizzativi, come se vivessero di'vita autonoma, e quindi le contraddizioni diventa no politiche e molto grosse sul da farsi, sul che fare? proprio, se privilegiare larmamento, se privilegiare la clandestinizzazione nel rapporto politico con lavversario oppure se privilegiare laltro aspetto, lo chiamiamo laltro corno, perch ci sono due corni: da una parte cera lorganizzazione intesa come clandestina e militare e dallaltra cera il movimento. Queste due cose si scontravano sempre [...]. Ma si scontravano proprio fisicamente, nelle persone [...] Cio, nella questione se cominciare a togliere delle persone che
facevano attivit politica nel sociale per fargli fare delle altre cose,

perch unorganizzazione che si comincia a porre questo problema si comincia a porre il problema dellarmamento, del finanziamen to e cos via. E quindi: dove prenderle queste persone? Dallattivit politica sociale, farle diventare dei clandestini, anche se non a tempo pieno ma nella maggior parte del loro tempo, e quindi fargli fare delle rapine, fargli fare dei disarmamenti, fargli fare dei manifesti clandestini [...] su questi problemi si incomincia a
uscire44.

43 Storia di vita n. 27, p. 25. 44 Storia di vita n. 27, p. 35. E ancora: Anche l, le differenze sa-

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Il risultato di queste contraddizioni sar il distacco delle strutture illegali dai gruppi legali allinterno dei quali esse si erano costituite. A ttraverso dinamiche simili si allontane r da Senza tregua il gruppo che fonder PI, tra la fine del 1976 e linizio dellanno successivo; e da R osso il gruppo che dar vita alle Fcc, alla met del 1977. Come indicato nei tre brani che seguono, tratti dalle interviste a fondatori dei due gruppi armati, in entram bi i casi saranno i militanti delle strutture m ilitari a disconoscere l autorit dei diri genti, facendo la scelta che perm etteva loro di utilizzare le abilit apprese nel corso della loro esperienza nei gruppi legali. Vuol dire che dei soggetti hanno praticato lomicidio politico, cio dei militanti sono passati loro soggettivamente da azioni minori ad una azione omicidiaria, e quindi [...] il discorso del salto assu me, da parte loro e da parte anche di altri, una delle cose su cui nei prossimi periodi si andr avanti. E su questa cosa [...] unarea di compagni spacca con Senza tregua, manda a quel paese Scal zone e Del Giudice, su un discorso di no alla delega, no agli intel lettuali che non sono conseguenti e quindi il giornale deve essere un giornale pi operaio45. Ho visto pian piano prendere la predominanza a llinterno dellor ganizzazione dall'apparato illegale, quindi da chi aveva i soldi, per ch poi portato, ridotto allosso, il problema era quello. Per esem pio, le varie scissioni subite da Rosso, dalle Fcc di Corrado Alunni, fino alla fine noi, [...] non erano altro che una specie di
rivolte dei pretoriani^.

Schematicamente, il problema politico attorno al quale era maturata la nostra scissione era la scelta di fondo tra lillegalit di massa e la logica dellorganizzazione combattente, con le conse guenti necessit di clandestinizzazione e di priorit dellaspetto
ranno quelle tra quanti sostengono un utilizzo della lotta arm ata legata alle fasi, ai m om enti e alle condizioni della lotta di m assa, e chi invece com incia a pensare la lotta arm ata com e un fatto politico in s, com e p ro cesso che in parte si autonom izza dalle condizioni sociali concrete da cui sono scaturite, da cui trova ragione im m ediata (Storia di vita n. 29, p. 27). 45 S to ria di vita n. 3, p. 48. 46 S to ria di vita n. 4, p. 21.

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militare su quello politico. Il problema di Negri, Pancino, Tommei era quello di costruire un supporto organizzativo, una struttura orga nizzativa di servizio e di sostegno rispetto allillegalit di massa [...] Il nostro problema, invece, era quello di costruire un assetto organiz zativo slegato dalle congiunture dell'intervento di massa: si trattava in sostanza di clandestinizzare la struttura organizzativa e di dare la priorit politica allintervento militare'1 7 . Ancora due somiglianze appaiono significative nella sto ria della fondazione dei due gruppi armati. Una relativa al ruolo giocato da persone che avevano avuto precedenti esperienze nelle Br sia nel diffondere alcune capacit neces sarie alle attivit illegali che nel rappresentare, con la pro pria stessa presenza, i simboli viventi della possibilit di una scelta diversa. Al ruolo di un ex-militante delle Br, succes sivamente passato a R o sso a M ilano, si riferisce una inter vista. Altre informazioni testimoniano che dinamiche simili si erano prodotte, in relazione alla fondazione di PI, per la presenza a Torino di unaltra militante proveniente dalle Br. Il vero patrimonio della lotta armata era [...] una quantit di quadri che sapeva dal nulla anche costruire una struttura armata [...] Arriva questa figura di Corrado Alunni, che chiaramente era pi teso, molto teso, per motivi anche contingenti e personali, perch era effettivamente clandestino, a diciamo una sottolineatura degli aspetti anche logistici [...] Dal 74 al 77 [...] Rosso cresce a di smisura, mese dopo mese moltiplica la sua presenza nella citt, ba si, armi, ha capacit di finanziamento, cio da queste prime rozze rapine, anche grazie poi molto al contributo di Alunni, che veniva dalle Brigate Rosse e che aveva una sua capacit scientifica di svali giare le banche sorprendente'1 ". U n altra somiglianza nella dinamica di fondazione dei due gruppi il fatto che la scelta della clandestinit sia se guita al coinvolgim ento di militanti dei due gruppi in episo di che avevano improvvisam ente innalzato il livello della violenza praticata fino a quel momento. La conseguenza era
47 Interrogatori a M arco Barbon e, 4 novem bre 1980; cit. in Palom bari [1982, 137]. ,x Storia di vita n. 12, pp. 24 e 25.

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stata, in entram bi i casi, il concentrarsi su di essi dellatten zione degli investigatori. N el caso di Senza tregua, forti conflitti erano emersi a seguito del primo assassinio com piu to da alcuni membri della struttura m ilitare del gruppo, con il successivo avviarsi di inchieste giudiziarie contro di essi49. In maniera simile anche nel caso di R osso, il di battito all interno dellorganizzazione sullopportunit di una maggiore m ilitarizzazione era cresciuto nellestate del 1977. Nel maggio di quellanno, infatti, lassassinio di un agente di polizia durante una m anifestazione in cui erano stati coinvolti dei membri dellorganizzazione aveva d if fuso fra i militanti il timore di un accentuarsi della repres sione contro di essi. In entram bi i casi, lesito di questi episodi era stata unennesima rottura allinterno dei due gruppi, con luscita di coloro che poi avrebbero fondato le due organizazioni clandestine50. Alla fine del 1976, i Ccpo si erano divisi su due strategie per affrontare la crisi prodotta dal ridursi dei militanti e dagli arresti. M entre una componente aveva cri ticato le azioni illegali, il gruppo che costituiva la struttura militare dellorganizzazione aveva scelto di accentuare la com partim entazione e luso di forme d azione illegali, fon dando PI. Anche nel caso di R osso, la reazione alla crisi era stata una frattura nella leadership : mentre una frazione aveva scelto di privilegiare lazione legale, la struttura mili tare aveva accelerato il processo di arm am ento e la clandestinizzazione delle strutture. La scelta strategica della clandestinit si era avuta dun que alla fine di un processo graduale e non senza possibilit di inversione. R iflettendo preesistenti fratture nella leader-

4' C i si riferisce allom icidio di un esponente del M si, Pedenovi, a M ilano. Secon do le testim onianze questa azione era stata voluta da alcu ni dei membri della struttura sem i-m ilitare per alzare il livello dello scon tro, forzan do tutta lorganizzazione verso azioni sem pre pi vio lente. L a m aggior parte dei m ilitanti rim asti attivi continueranno a m ili tare nelle organizzazioni-m adri, rim aste in vita ancora per pochi m esi (fi no allestate 1978, Sen za tregua; fino allautunno del 1978, R osso). Altre riviste verranno fondate successivam ente, per esem pio A u to n o m ia a M ilano, C o m b a t in V eneto e, successivam ente, M etro poli.

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ship e, al contempo, incentivandole, essa era stata lo stru mento adottato da una frazione per reagire ad una crisi. I gruppi che l avevano adottata avevano avuto la possibilit di minimizzare alcuni costi, anche se al prezzo di una con temporanea riduzione di molti benefici. La presenza di alcu ne pre-condizioni ambientali l aveva resa una opzione non certo vincente, ma meramente esperibile.

4. Un modello per l'emergere delle organizzazioni clandestine Dopo avere ricostruito la storia della fondazione di alcu ne delle form azioni clandestine operanti in Italia, si pu ri tornare, in questo paragrafo conclusivo, ad una delle do mande poste allinizio del capitolo: quali sono le caratteristi che principali delle organizzazioni politiche che scelgono di andare in clandestinit? U n ipotesi spesso avanzata che le organizzazioni pi propense a degenerare nel terrorismo sia no quelle dotate di ideologie pi radicali. Alcune interpreta zioni del terrorismo in Italia hanno puntato lattenzione sul la ideologia di alcuni gruppi legali, in particolare su quei gruppi che si erano ispirati alla dottrina o p eraista51. I ri sultati della mia ricerca mostrano, in effetti, che molti grup pi armati hanno tratto le loro risorse iniziali allinterno di organizzazioni politiche dotate di ideologie che giustificava no luso della violenza come strumento di pressione politica. Prescindiamo in queste valutazioni dalle organizzazioni clandestine nate dalle fratture operatesi allinterno di grup pi gi illegali, per le quali ladesione ad ideologie violente non ha bisogno di essere dim ostrata, e delle quali ci occupe remo nellanalisi delle dinamiche evolutive del terrorismo. Concentriam o, invece, la nostra attenzione sui gruppi legali che abbiam o pi spesso citati nel ricostruire la storia della fondazione delle formazioni clandestine: Cpm , Le, Po, col lettivi organizzati attorno a R osso e Senza tregua. E certo che tutti questi gruppi sottolineavano spesso la neces sit della lotta arm ata, linevitabilit dellinsurrezione per

51 Q u esta ipotesi avan zata in V entura [1980] e G a lan te [1981],

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costruire una societ socialista. Il giornale dei Cpm scriveva della necessit di convincere le masse proletarie in lotta del principio che non c potere politico senza potere milita r e 52. Po e Le sono stati accusati di avere esaltato la vio lenza politica, di avere approvato nei loro giornali le prime azioni delle Br, di avere costruito efficienti strutture se mi-militari. M olti membri dei com itati di redazione di R osso e Senza tregua sono stati perseguiti per reati di insurrezione arm ata contro i poteri dello stato, in procedi menti penali nei quali stata rilevata la propaganda a favore della violenza politica e sociale contenuta nelle due riviste. L ideologia sembra dunque avere giocato un ruolo im portante nello spingere i militanti di alcune organizzazioni verso il terrorismo. Per almeno tre ragioni, tuttavia, il suo valore esplicativo va delim itato. In primo luogo, il contenu to generale di queste ideologie la definizione del nemico, la prefigurazione della societ futura non stato peculia re solo alle organizzazioni da cui sono provenuti molti dei fondatori delle organizzazioni terroriste. Viceversa, questi principi ideologici erano ampiamente presenti anche in altri gruppi che pure non hanno dato origine a formazioni terro riste. In secondo luogo, neanche le teorizzazioni sulle stra tegie da adottare pi o meno direttam ente derivate da quelle ideologie erano proposte solo da quei gruppi che avevano scelto pratiche terroriste. Se vero che Cpm e Po propagandavano linsurrezione e il giornale L o tta conti nua scriveva tu tto e subito, anche vero, per, che alli nizio degli anni settanta queste parole d ordine erano adot tate anche da organizzazioni che avevano rifiutato la costru zione di strutture semi-militari. In terzo luogo, dalle stesse organizzazioni dalle quali i gruppi terroristi avevano tratto le loro risorse iniziali provenivano anche individui e gruppi che avrebbero in seguito criticato il terrorismo. Non occor re ricordare che solo pochi dei militanti non solo di Le e Po, ma anche di R osso e Sen za tregua hanno aderito alla lotta armata. Piuttosto che come cause determinanti di un com porta

52 C ita to in Silj [1977, 89],

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mento collettivo, le ideologie sembrano dunque avere ope rato come fattori facilitanti, come risorse o vincoli nella co stituzione di un attore politico e nella definizione delle sue strategie. N essuna spiegazione comprensiva delle azioni di una organizzazione pu basarsi solo sulle credenze politiche dei suoi militanti. Viceversa, come si vedr meglio in segui to, le ideologie sem brano piuttosto funzionare come razio nalizzazioni ex-post di una gi esistente escalation violenta nelle forme d azione. N on quindi tanto alla ideologia in s che occorre guar dare, quanto piuttosto alla cultura politica, come insieme di strategie ma anche di comportamenti concreti. Si sostenu to nel capitolo precedente che stata la degenerazione delle forme d azione prodotta dalla lunghezza del ciclo a determ i nare lemergere di domande non negoziabili e la radicalizzazione delle ideologie. Le organizzazioni sopravvissute fino alla fine del ciclo senza trovare spazi di istituzionalizzazione hanno sperim entato un graduale processo di com partim en tazione del loro modello organizzativo, che ha portato alla fondazione dei gruppi clandestini. Si detto, ancora nel ca pitolo precedente, che durante il ciclo della protesta, gruppi che avevano ritenuto insufficienti i risultati delle forme non-violente di intervento politico, avevano iniziato a usare varie forme di pratica degli obiettivi, alcune delle quali come i blocchi stradali o gli scioperi selvaggi avevano prodotto la reazione violenta degli organi repressivi dello stato. Alcune componenti del movimento avevano reagito agli interventi delle forze di polizia durante le m anifestazio ni pubbliche con un graduale processo di armamento. La radicalizzazione delle forme d azione influenzata dalla pre senza di organizzazioni armate stato il principale fatto re della crisi prem atura del movimento del 77, liberan do un certo numero di militanti inclini, per la loro socializ zazione politica, alluso di repertori illegali d azione. La relazione esistente tra la nascita dei gruppi armati e lo sviluppo dei repertori violenti pu essere osservata guar dando alle aree geografiche in cui i gruppi terroristi hanno agito. I nostri dati si riferiscono ad eventi avvenuti in 165 comuni, dislocati in 56 province di 18 regioni. La prima impressione dunque quella di una certa diffusione del fe-

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Tab. 2. Attivit terroristica per regioni e aree geografiche, distinta per tipo di azione

Regione Piemonte Val dAosta Luguria Lombardia Totale Nord-Ovest Trentino Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Totale Nord-Est Emilia-Romagna Marche Toscana Umbria Lazio Totale Centro Campania Abruzzo e Molise Puglia Calabria Sicilia Sardegna _ Totale Sud Totale
Fonte:

eventi 24,6 0,1 8,7 32,0 0,2 3,4 0,3 2,1 1,1 7,3 0,1 16,1 2,6 0,4 0,2 0,4 0,4 0,2 4,2 100

N. eventi 276 1 98 359 65,4 2 38 3 3,9 23 12 82 1 180 29 4 2 5 4 2 46 1.121

eventi contro persone 21,7 26,5 18,4 20,7 15,8 33,3 16,3 8,7 8,3 7,3 24,8 27,9 55,2 50,0 50,0 20,0 25,0 * 45,7 23,4

734

43

26,7

298

Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

nomeno nel paese, impressione che viene per corretta da una analisi pi approfondita. Se guardiamo alla distribuzio ne regionale del terrorismo riprodotta nella tabella 2 si pu in primo luogo osservare che gli episodi si sono con centrati nelle regioni del triangolo industriale e nelle regioni centrali, in particolare nel Lazio. In Piemonte, Lom bardia e Liguria sono state condotte il 6 5 % delle azioni, mentre il 16,1% ha avuto come teatro il Lazio. L 81 % dellattivit dei gruppi armati si quindi svolta in quattro regioni, men-

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tre appena il 4 ,2 % ha riguardato il Sud (quasi esclusivamen te la C am pania)53. Si pu aggiungere che il fenomeno si concentrato in un ristretto numero di province e riguarda soprattutto i conte sti urbani. Il 7 2 ,2 % degli episodi avvenuto in sole 4 pro vince: Torino (21,8), M ilano (26,5), Rom a (15,6) e G enova (8 ,3 )54. La concentrazione nei capoluoghi stata, inoltre, elevatissim a in tutti gli anni, con una percentuale com plessi va dell 8 5 ,6 % 55. Si pu notare che sono appena 10 i co muni in cui si sono verificati pi di una decina di episodi: Torino, Varese, G enova, M ilano, Bergamo, Venezia, Firen ze, Pisa, Roma, N apoli. E ssi coprono il 7 9 ,3 % del totale56. Ancora, il 6 6 ,1 % del totale degli episodi si con centrato in quattro comuni: Torino (21% ), M ilano (21,7) Rom a (15,1) e G enova (8,3), cio nelle metropoli del trian golo industriale e nella capitale. Diversa stata, inoltre, levoluzione nel tempo del feno meno terroristico nelle diverse aree in cui esso si sviluppa to, come ci viene indicato dai dati presentati nella tabella 3. Si pu rilevare un graduale spostam ento dalle citt del N ord a quelle del Centro e del Sud, che interessa lintero periodo. In una prim a fase le organizzazioni armate hanno operato prevalentem ente nelle regioni settentrionali. Nei primi due anni in esame esse erano presenti solo a M ilano e a Roma. M entre per negli anni immediatamente successi vi il numero degli episodi si manteneva elevato nel capoluo go lom bardo, il terrorismo cessava invece di esistere nel
53 U na diversa distribuzion e hanno gli episodi contro le cose e quelli contro le persone. Q u esti ultim i hanno, in fatti, un peso percentuale m ag giore nelle regioni in cui gli episodi di violenza non-terroristica sono m e no presenti, com e la L iguria, il Friuli V enezia G iu lia e, pi in generale, il Sud. 54 In appena 9 delle 56 provincie colpite si concentrano un numero di episodi superiori a 20, per un totale pari all8 5 % degli eventi rilevati. Alle quattro provincie gi nom inate si aggiungono V ercelli, V arese, V e nezia, Firenze e N apoli. 55 A ppena 152 su 1127 sono le azioni con dotte in provin cia; di que ste, ben 69 sono azioni di autofin an ziam en to, cio rapine. 56 Solo altri quattro com uni superano la soglia, b assissim a, dei 5 epi sodi: Brescia, V erona, B ologn a e C inisello Balsam o. Q u esto vuol dire che la m edia degli episodi avvenuti in ciascuno dei restan ti com uni di 1,3.

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T a b . 3. Distribuzione degli aventi terroristici per anno e percentuale degli

attentati

contro persone in sette citt

Torino Genova Milano 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 Totale % contro persone
Fonte:

Venezia

Firenze Roma Napoli


19 1 13 19 33 45 39 57 5 2 2 235 21,3

1 4 10 21 14 15 24 3 1 93 26,9

3 8 11 4 6 13 14 41 53 34 34 15 6 1 243 21,8

1 8 3 8 14 30 35 20 28 11 9 2 169 39,7

3 3 4

1 2 5 5 22 18,2

20 26 8 1

58 6,9

5 2 23 52,2

7 2 1 1 2 3

Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

Centro, fino al 1974. Nel 1972 esso cominciava ad operare a Torino, e nel 1974 a Venezia, Firenze e G enova. Q uesto ampiamento del raggio d azione al N ord era causato dal raf forzam ento organizzativo delle Br, mentre nello stesso pe riodo si cominciava ad avvertire una debole presenza del fe- ' nomeno al Centro e al Sud, dovuta alla nascita dei N ap. L attivit delle form azioni armate diveniva consistente nella capitale solo dal 1977, mantenendosi su una media co stante di una trentina di episodi nei tre anni successivi. Allo spostam ento nelle regioni centrali delle capacit operative dei gruppi armati non corrispondeva, per, alcuna riduzione delle loro capacit offensive nella zona del triangolo indu striale. Le stesse citt che avevano visto la nascita del terro rismo continuavano ad essere afflitte dalla sua presenza. La stagione del terrorismo durava, infatti, solo due anni a F i renze, ma fino a tutto il 1979 a Torino e fino al 1980 a M i lano e G enova, il numero degli episodi di terrorismo si man teneva, invece, elevatissim o. Il crollo era drastico a Torino a partire del 1980, coincidendo con i numerosi arresti che

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avevano distrutto la colonna brigatista e il gruppo di PI. A G enova un netto calo dellattivit terrorista si registrava a partire dal 1981, quando venivano arrestati quasi tutti i membri della colonna brigatista operante nella citt. Lo stesso avveniva a M ilano dal 1982. In questi anni le orga nizzazioni clandestine avevano spostato le loro strutture lo gistiche in altre aree geografiche: in particolare in Veneto, dove cera gi stato un minimo di attivit, in coincidenza con la fondazione di una colonna brigatista, poi congela ta, nella prima met degli anni settanta; a N apoli, dove ad un primo periodo segnato dallattivit dei N ap erano seguiti degli anni di assenza del fenomeno; e, soprattutto, nella ca pitale, dove il numero di episodi rimaneva ancora alto in percentuale alla fine del periodo57. Si pu cos concludere che le formazioni clandestine so no cresciute nelle citt che pi avevano sperim entato forme violente d azione politica. Le Br sono emerse a M ilano, pro prio dove le lotte di lavoratori e studenti erano state pi strettam ente intrecciate e la loro intensit aveva facilitato il prodursi di episodi di violenza. Proprio a M ilano, tra la fine degli anni sessanta e linizio degli anni settanta, alcuni militanti erano stati uccisi nel corso di interventi delle forze dellordine o in scontri fisici con avversari politici dellestre ma destra. Ancora nella capitale lombarda, era stata com piuta da gruppi neo-fascisti la prima strage della storia ita liana del dopoguerra. Sempre qui, altri gruppi armati PI, Fcc, Rea, G r, Brigata Lo M uscio, Pac, per nominarne solo alcuni sono stati fondati nella seconda met degli anni settanta, in un periodo in cui questa citt aveva visto il mag gior numero di eventi violenti: dagli espropri proletari, iniziati nel 1974, alle dim ostrazioni arm ate del 1976 e 19775 X .
,/ Si pu, anche qui, osservare una diversa distribuzione tra azioni contro le cose e azioni con tro le persone. Q u este ultim e hanno assunto, ad esem pio, un peso percentuale m olto m aggiore nelle citt in cui il terro rism o arrivato pi tardi per esem pio, N apoli e Rom a e pi rido t to, invece, dove la stagione terroristica stata pi breve per esem pio, Firenze. 5* Su questo periodo, si vedano le ricostruzioni giornalistiche di Calvi [1982] e Stajan o [1982],

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I due maggiori gruppi terroristi si sono diffusi, in segui to, a Torino, cio nella citt nella quale i movimenti operaio e urbano avevano assunto negli anni sessanta le loro forme pi drammatiche, sfociando nelle occupazioni di case e nelle irruzioni arm ate59. Q uindi, a partire dal 1976, un numero crescente di organizzazioni clandestine veniva fon dato a Roma: Ucc, Fac, la colonna romana delle Br e molti piccoli gruppi armati, dotati di un limitatissim o raggio d a zione. C i avvenuto, ancora una volta, nel contesto di una degenerazione violenta delle forme d azione che, pi tardi che nelle citt industriali, si era diffusa anche nella capitale. Anche l, la violenza si era sviluppata nel corso degli inter venti della polizia durante loccupazione di alcune case sfit te, e nel corso di scontri fisici con i militanti della destra, durante la complessa evoluzione del m ovim ento del 77. Per contrasto i tentativi fatti dalle organizzazioni armate erano falliti in quelle aree in cui i repertori violenti erano meno diffusi. Una spiegazione della radicalizzazione dei repertori e delle ideologie di alcune organizzazioni pu essere trovata nel fatto che la maggior parte dei gruppi, apparsi sin dalla fine degli anni sessanta, traevano le loro risorse dallo stesso processo di mobilitazione. Com e scrive Tarrow: Quando cresciuto il numero dei nuovi gruppi e il mercato per lattivit di movimento sociale si rotta, gli organizzatori hanno cercato di superarsi lun laltro nella competizione per il so stegno esterno. Il risultato stato una crescente intensit del con flitto allinterno del settore dei movimenti sociali. La sua espres sione finale sar la violenza organizzata alla fine del ciclo60. La com petizione fra loro e con le organizzazioni dotate di maggiori risorse istituzionali produceva la scelta di reper tori sempre pi radicali. M a la diffusione di repertori violenti costituisce una spiegazione solo parziale del processo di formazione delle organizzazioni armate. O ccorre aggiungere che esse si sono

59 C fr. Stajan o [1982], 60 Tarrow [1989].

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costituite attraverso lattivazione di reti di conoscenze indi viduali, rafforzate da comuni appartenenze politiche. Ci pu essere osservato per diverse organizzazioni, riprenden do le informazioni presentate nei paragrafi precedenti e in tegrandole con altre provenienti dagli atti giudiziari. Si detto che le Br sono state fondate a M ilano dai mili tanti di un piccolo gruppo della sinistra m arxista- lenini sta, il Collettivo politico metropolitano (Cpm), in cui era no confluiti un gruppo di militanti del movimento studente sco di Trento e un gruppo di militanti di unorganizzazione giovanile di Reggio Em ilia. La crisi dei G ruppi di azione partigiana (G ap)6 1 aveva probabilmente offerto loro alcune altre risorse sia umane che materiali. I fondatori della colon na torinese avevano condiviso la partecipazione in un grup po semi-legale, che aveva compiuto alcune azioni armate al la Fiat. La colonna romana veniva costituita, nel 1976, da un gruppo di persone che non solo avevano avuto una prece dente militanza in Po, ma erano anche legate luna allaltra da rapporti di amicizia e parentela. A G enova allinizio de gli anni settanta, cos come a Napoli alla fine del decennio, i gruppi che avevano fondato la colonna brigatista proveni vano da altre esperienze di azione politica illegale. In tutte le citt in cui PI stata presente, i suoi fondato ri avevano avuto come si detto esperienze simili nei Ccpo, costituiti da una confluenza tra i m ilitanti di Le e quelli di Po. D alla stessa sezione di Le quella della perife ria milanese di Sesto San G iovanni venivano i membri dei Com itati comunisti, che avevano preceduto i Ccpo. A Torino, i militanti di Pi avevano condiviso una militanza nei Com itati operai e studenteschi, aggregati attorno alla rivista Senza tregua, e nei Circoli del proletariato giovanile orga nizzati da Le. I promotori di PI a Firenze avevano militato in precedenza in'due gruppi collegati a quella stessa rivista: il Collettivo architettura e il Collettivo mensa.

61 I G a p sono stati il prim o nucleo arm ato attivo in Italia. Com e noto, essi erano stati fon dati da G ian giacom o Feltrinelli e si erano sciol ti alla m orte d e lleditore, dopo avere com piuto pochissim e azioni (preva lentem ente, la diffusion e di appelli rivoluzionari attraverso una radio pirata). Sulla loro storia, cfr. B occa [1978b],

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Le Fcc venivano create da alcuni militanti dei collettivi legati allaltra rivista, R osso. I fondatori provenivano da quattro piccoli gruppi politici il Collettivo Romana-Vittoria, il Collettivo Sempione, il Collettivo autonomo di Luino e il C ollettivo autonomo di Varese costituiti da dense reti di rapporti di amicizia e parentela. Per ricordare solo al cuni altri esempi dalle organizzazioni minori, i N ap erano cresciuti a N apoli nel 1974 dalla Com m issione carceri di Le. I Pac erano costituiti da militanti provenienti da due piccoli nuclei il Collettivo autonomo della Barona e il Collettivo autonomo Stadera organizzati da R osso. In modo simile, un ruolo rilevante avevano avuto le reti di conoscenze individuali nel determinare la fondazione del le organizzazioni emerse da fratture nei gruppi armati. Guerriglia rossa stata fondata da quello che un giudice istruttore ha definito come: un gruppo di gente che condi videvano reciproci rapporti di amicizia e un comune passato di militanza nelle F c c 62. Ancora un magistrato ha descrit to la fondazione della Brigata Lo M uscio, come Fazione di un m ilitante delle Fcc che usando la sua influenza nel mo vimento milanese, non ebbe nessuna difficolt a galvanizza re un gruppo di giovani63. Concludendo, ladozione di una struttura clandestina da parte di alcune frazioni form atesi allinterno di organizza zioni legali corrisposta alla scelta di sperimentare una delle possibili strategie per affrontare le difficolt derivanti dal declino della m obilitazione. La clandestinit ha infatti ri dotto i rischi di arresti e rafforzato lidentit del gruppo, o f frendo degli incentivi simbolici sostitutivi rispetto alla m an canza di efficacia pratica. E ssa ha, inoltre, permesso di deli mitare unarea di reclutamento privilegiata /nei settori di movimento pi propensi a forme d azione violente. N ei no stri esem pi, lelemento precipitante della definitiva uscita dalla legalit per alcuni di essi stato un qualche avveni mento che ha improvvisamente accresciuto lattenzione re

716/80, p. 296.

62 T ribunale di M ilano, 63 T ribunale di M ilano,

Sentenza-ordinanza del Gl in PP 225/81 + Sentenza-ordinanza del G l in PP n. 226/81.

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pressiva dello stato verso quel particolare gruppo. D i fronte a questa situazione di rischio, i leader si sono divisi su d iffe renti strategie organizzative. Le componenti pi attrezza te alluso di repertori violenti hanno quindi scelto la clan destinit.

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CAPITOLO QUARTO

IL P R O C E S S O D I R E C L U T A M E N T O : L E M O T IV A Z IO N I IN D IV ID U A L I

1. Socializzazione primaria e adesione a gruppi clandestini: una critica L analisi della struttura delle opportunit politiche e dei processi di formazione dei gruppi clandestini, condotta nei capitoli precedenti, ha offerto anche degli spunti per capire le motivazioni di coloro che hanno aderito alla lotta armata. N on si tuttavia, fino ad ora, affrontata una delle questioni poste nel capitolo introduttivo: perch alcuni individui, e non altri, hanno fatto la scelta di entrare in organizzazioni terroriste? Esistono delle caratteristiche comuni alle perso ne da esse reclutate? In questo capitolo, si prover a rispon dere a queste dom ande, utilizzando sia le informazioni pro venienti dagli atti giudiziari, che quelle contenute nelle in terviste. Si gi detto che la letteratura sul tema dellade sione ad organizzazioni terroristiche stata, in generale, ca ratterizzata dal pregiudizio di voler spiegare le forme pi ra dicali di protesta attraverso presunte patologie caratteriali dei suoi pi attivi fautori. Nel caso particolare delle organiz zazioni politiche clandestine, la partecipazione individuale stata variamente attribuita a individui deboli, dotati di scarsa intelligenza, egocentrici, frustrati nel tentativo di co struirsi una identit p o sitiv a1. Q ueste interpretazioni non sono, tuttavia, mai state controllate empiricamente. N ei po chi casi in cui sono state condotte ricerche sulla personalit dei terroristi, ci avvenuto dopo il loro arresto, cio dopo che essi erano gi passati attraverso almeno due istituzioni totali: lorganizzazione clandestina e il carcere.
1 C i si riferisce in particolare ad analisi di storie di terroristi, con te nute in Billing [1984]; Ivianski [1983]; K nutson [1981]; Livingstone [1982],

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Nel nostro caso, le storie di vita non sono certo lo stru mento m etodologico pi adatto allanalisi delle peculiarit psicologiche. Anche la nostra ricerca, inoltre, si svolta, ov viamente, dopo che gli intervistati erano gi passati attra verso le esperienze della lotta armata, prima, e, poi, del car cere. Pu essere tuttavia interessante osservare che unana lisi delle nostre biografie non permette di rilevare alcun se gno di patologie caratteriali o alcuna esperienza comune nel la socializzazione primaria. In oltre due terzi delle 28 storie di vita, la famiglia viene descritta come normale. Solo nel rimanente terzo, sono emersi problemi familiari quali la morte di un genitore nel periodo dellinfanzia o della prima adolescenza (3 casi), forti tensioni (2 casi) o la separazione dei genitori (3 casi). Per quanto riguarda il tipo di educazio ne, in oltre la met delle biografie (16 casi) il rapporto con i genitori definito in termini molto positivi; in un terzo circa (8 casi) come mediamente buono; mentre solo in 4 casi sono emersi atteggiam enti autoritari da parte di almeno uno dei genitori. Un discorso pi approfondito, e diversi stru menti metodologici, meriterebbero infine alcune ipotesi, emerse nel corso di studi sociologici sulle conversioni reli giose, a proposito dellesistenza di traumi personali che pre cederebbero im m ediatam ente ladesione. A partire dalle in terviste si pu solo rilevare che esse sono state poco presen ti, sia in termini di crisi fam iliari2, che in termini di disa dattam ento nella carriera scolastica*. Ancora relativamente al periodo della socializzazione primaria, non ha trovato neanche conferma almeno a questo livello lipotesi gi illustrata che collega il terrori smo di sinistra alla interiorizzazione di un rigore morale as sorbito in un am biente familiare con forti tradizioni
2 A partire dalle biografie si pu solo osservare che lesisten za di trau m i stata rilevata in soltan to un terzo dei casi. In 5 casi la morte di un genitore, in due la rottura del rapporto di coppia, in altri tre la lati tanza o larresto del proprio com pagno. Q u esti ultimi cinque casi riguar davan o le b iografie di donne. ' Possiam o osservare che le storie di vita hanno perm esso di rico struire anche delle carriere scolastiche assolutam ente norm ali. C on lec cezione di sei casi, le rim anenti 22 persone hanno proseguito gli studi ol tre la scuola d ellobbligo; di esse sei hanno conseguito una laurea.

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cattoliche4. In oltre la met delle biografie, infatti, ledu cazione ricevuta in famiglia stata descritta come decisa mente laica; solo in 5 casi come molto religiosa; mentre nelle rimanenti storie di vita si trova una adesione superficiale al cattolicesim o. Anche per quanto riguarda lesperienza per sonale in rapporto alla religione, le biografie ne confermano la scarsa rilevanza. L incontro con organizzazioni cattoli che, presente solo nella met dei casi, prevalentemente strum entale e ha una lim itata in tensit5. Per quanto ri guarda, viceversa, le tradizioni politiche, ben 16 fra gli in tervistati sono cresciuti in famiglie di sinistra e solo quattro in famiglie orientate verso il centro o la destra. Perch que sti dati siano interpretabili, occorrerebbe tuttavia avere del le inform azioni, finora mai raccolte, sulle tradizioni politi che presenti nelle famiglie dei tanti attivisti dei movimenti collettivi di quegli anni che non hanno fatto la scelta della lotta armata. Scartando, dunque, le spiegazioni delladesione in ter mini di turbe psicologiche, si tentata una diversa direzione di ricerca, partendo dallassunto, gi illustrato, che i gruppi clandestini almeno quelli di sinistra sono delle orga nizzazioni politiche, seppure dotate di caratteristiche pecu liari. Se si accetta questa prospettiva analitica, le m otivazio ni individuali alladesione possono essere spiegate applican do lo stesso insieme di categorie utilizzato per altri tipi di organizzazioni politiche, pi specificamente per quei gruppi meno dotati di risorse materiali. Negli studi sulle m otivazio ni individuali alladesione a movimenti collettivi stato, ad esempio, suggerito che linclinazione alla partecipazione de riva dalle caratteristiche strutturali di alcuni gruppi di indi vidui. In un primo tempo, si ritenuto che essa fosse parti
4 E lipotesi presen tata nel secondo capitolo com e quella del c a tto com unism o, sosten uta per con esem pi relativi soltan to ad alcuni fra i fondatori delle B r (per esem pio, Bocca [1978b]). 5 In sette casi, vi erano state esperienze, in genere brevi, in scuole o convitti religiosi, di solito scelte a causa d ellassenza di corrispondenti servizi gestiti da istituzioni non religiose; in sei casi, per ragioni ricreati ve, erano stati frequentati oratori o associazioni scautistiche. Solo in due casi, vi era stato un im pegno in gruppi politici di ispirazione c atto lica.

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colarmente alta fra le persone marginali e/o alienate, alla ri cerca di ricompense sostitutive6. E stato per, in tempi pi recenti, osservato che gli individui molto bene inseriti nel sistem a sociale sono quelli pi propensi ad agire colletti vamente. Uno status sociale pi elevato pu, infatti, essere considerato come una importante precondizione dellazione collettiva, in quanto offre sia maggiori competenze specifi che che pi ampie possibilit di successo7. Si aggiunto, infine, che una maggiore disponibilit di tempo libero e i minori rischi di sanzione sociale incoraggiano la partecipa zione dei giovani a forme di mobilitazione collettiva. T utte queste ipotesi sulle motivazioni individuali alla partecipazione, fondate sulle caratteristiche strutturali dei singoli militanti, sono plausibili. M a nessuna di esse in grado di spiegare perch un individuo, per quanto m argina le o influente, decida di aderire ad una organizzazione poli tica piuttosto che ad un altro tipo di associazione volontaria n secondo quali criteri scelga fra diversi gruppi politici. A questo tipo di interrogativo si pu cercare di rispondere at traverso unanalisi delle caratteristiche strutturali dei grup pi della popolazione cui alcuni particolari tipi di organizza zione fanno riferim ento. Un passo in questa direzione lin dividuazione di quello che stato definito come potenziale di m obilitazione*. N el prossimo paragrafo si analizzeranno, dunque, alcuni dati relativi alle principali caratteristiche strutturali dei militanti sesso, et, occupazione, aree di provenienza al fine di valutarne linfluenza sulla scelta di aderire a gruppi clandestini. Tali dati perm etteranno di tracciare un quadro del tipo di individui potenzialmente mobilitabili. Si osserver per che questo tipo di criteri troppo vago per individuare in quali ambienti i gruppi terroristi reclutano e attraverso qua li canali passa il processo di reclutamento. O ccorre dunque

6 II riferim ento pi classico K orhnauser [1959]. 7 Simili ipotesi sono state proposte nella letteratura sui m ovim enti collettivi; per esem pio in W alsh e W arland [1973]; W ood e H ughes [1984], * Per questo con cetto faccio riferim ento a K lan derm ans [1984; 1985].

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una diversa prospettiva d indagine che ci ponga in condizio ne di rispondere a queste domande. A questo proposito, sem brato proficuo seguire lapproccio che tende a spiegare l adesione degli individui ad organizzazioni politiche con ri ferimento alle reti di relazioni alle quali essi appartengono. M olte ricerche hanno infatti dim ostrato che la disponibilit a lasciarsi reclutare deriva dalla prossim it strutturale e, in sieme, dalle interazioni affettive con i membri di un gruppo9. Q uesta ipotesi verr discussa nel corso del succes sivo paragrafo. Si osserver, tuttavia, che la partecipazione a reti amicali non sufficiente a determinare la m obilitazio ne politica, per spiegare la quale bisogner guardare anche ai graduali processi di formazione di identit politiche forti.

2. Caratteristiche strutturali degli individui e adesione alle or ganizzazioni clandestine I com portam enti politici vengono spesso spiegati attra verso lutilizzazione di variabili di tipo dem ografico, anche se il loro peso varia molto in relazione a diversi tipi di agire e di organizzazione. Una variabile quale il sesso influenza meno il com portam ento elettorale, ma in misura molto rile vante le forme pi dirette di partecipazione politica. E sisto no anche casi estrem i in cui il possesso di alcune caratteristi che demografiche viene considerato come condizione indi spensabile per ladesione. L essere donne , per esempio, un requisito per la partecipazione in talune organizzazioni del movimento fem m inista; lappartenenza ad una razza o reli gione per ladesione ad alcuni gruppi a base etnica. Alcuni piccoli gruppi della sinistra radicale hanno cercato di preser

9 Per citare solo alcune delle ricerche sul ruolo delle reti di am icizia nel reclutam ento in organizzazioni di m ovim enti collettivi, si vedano: Aveni [1977; 1978]; Bultena e B arb [1975]; Burton [1972]; C am eron [1974]; G erlach e H in e [1970]; Pinard [1971]; R och ford [1982]; Rogers e Bultena [1975]; Snow , Zurcher e Ekland-O lson [1980]; W ilson e O rum [1976]. Per unapplicazione di queste ipotesi al terrorism o italiano, si rin via a della Porta [1987b ; 1988a; 1988d] e N ovaro [1988].

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vare la loro purezza accettando solo quote ridotte di indi vidui esterni alla classe operaia. M a anche quando lade sione formalmente aperta, molte organizzazioni politiche reclutano selettivam ente in alcuni strati della popolazione individuati per et, sesso, status sociale, provenienza regio nale ritagliando cos il loro potenziale di mobilitazione. Inform azioni sui militanti delle organizzazioni clandestine saranno utilizzate in questo paragrafo per individuare alcu ne delle caratteristiche del potenziale di mobilitazione dei gruppi terroristici. U n informazione da cui si pu partire lentit della partecipazione delle donne. I nostri dati indicano che il 2 5 % dei membri di organizzazioni clandestine di sinistra era di sesso femminile (281 persone su 1.138). Q uesta pro porzione si mantiene costante nelle diverse formazioni (il 5 3 % delle donne hanno militato nelle Br, contro un 48% per gli uomini) e tende ad essere leggermente inferiore alli nizio (attorno al 18% fino al 1975) e ad aumentare nella se conda met degli anni settanta. Resta il problema di come valutare questo livello di adesione. In confronto con quello corrispondente per altre organizzazioni di movimento, esso non si discosta probabilmente di molto dalla media. R ispet to, invece, alla componente di donne attive in altre forme di violenza politica, il caso delle formazioni clandestine di sinistra in Italia fra quelli con pi alta presenza femminile. Q uesto dato pu essere spiegato da alcune caratteristiche sociali del fenomeno terroristico in Italia, che hanno ridotto alcuni tradizionali vincoli alla militanza politica delle don ne, innanzi tutto dal fatto che le organizzazioni clandestine hanno agito prevalentemente nelle grandi metropoli. Vi so no inoltre delle differenze regionali, anche se non partico larmente rilevanti, che sembrano indicare che la presenza delle donne nelle organizzazioni clandestine maggiore nel la aree metropolitane e nel Centro-nord, laddove tendono cio ad indebolirsi le tradizioni culturali e le condizioni so ciali che ostacolano lattivit politica delle do n n e10. Un secondo dato anagrafico stato spesso considerato

10 C fr. della Porta [1988b].

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T a b . 1. Anno di nascita dei membri delle oryinizzazioni clandestine

Anno di nascita Fino al 1930 Dal 1931 al 1935 Dal 1936 al 1940 Dal 1941 al 1945 Dal 1946 al 1950 Dal 1951 al 1955 Dal 1956 al 1960 Dal 1961 al 1963 Totale Valori mancanti
Fonte:

N. militanti 8 3 24 57 176 395 375 48 1.086 51

% cumulativa 0,7 1,0 3,2 8,4 24,6 61,0 95,5 100,0

0,7 0,3 2,2 5,2 16,2 36,4 34,5 4,4 100,0

Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

rilevante per la definizione del potenziale di mobilitazione di molte organizzazioni politiche: la generazione. La distri buzione dei membri delle organizzazioni clandestine per an no di nascita riportata alla tabella 1. Si pu rilevare che solo l l % dei 1.137 membri censiti nato prima del 1936; solo un altro 7,4 % nel decennio suc cessivo. La percentuale comincia ad essere pi elevata tra il 1946 e il 1950, con un 16,2% . in questi cinque anni. Si pu ritenere che la maggior parte di questi individui si sia socia lizzata politicamente alla fine degli anni sessanta. M a si de ve ancora osservare che questa generazione non costituisce il nucleo pi consistente dei reclutati nelle organizzazioni clandestine. Il 7 5 ,4 % dei loro membri costituito infatti da persone nate dopo il 1950; e il 38 ,9 % dopo il 1955. Se qual che differenza esiste per le Br, in cui la percentuale di mili tanti nati entro il 1950 pi alta, anche in questa organizza zione, per, i militanti nati dopo quella data restano il nu cleo pi numeroso. Si pu gi osservare che solo un numero ridotto di militanti socializzati alla politica alla fine degli an ni sessanta ha successivamente optato per la lotta armata. Il pi rapido e cospicuo incremento nel reclutamento av venuto, invece, quando lo sforzo delle organizzazioni clan destine ha trovato una larga base potenziale in un altro gruppo di militanti, con alta propensione alla violenza poli

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tica. Troppo giovani per essere stati coinvolti nelle prime fa si del ciclo di protesta della fine degli anni sessanta, i mili tanti della seconda generazione del terrorismo come si vedr nel prossim o paragrafo erano stati socializzati alla politica in quei gruppi che avevano avuto origine nella crisi della N uova sinistra. Per quanto riguarda, inoltre, let al momento dellade sione, si pu osservare sempre a partire dai nostri dati quantitativi che oltre il 90 % dei militanti delle organiz zazioni clandestine ha meno di 33 anni al momento del re clutamento. La frequenza pi alta si ha per i 22 anni. I di ciottenni sono pi numerosi dei trentenni. Anche in questo caso, si pu dire che let in cui si viene reclutati in organiz zazioni clandestine non coincide con quella in cui normal mente si aderisce ad organizzazioni politiche istituzionali. Sim ilarit sono invece riscontrabili se si guarda alle organiz zazioni dei movimenti sociali, in particolare dei movimenti di protesta giovanile attivi in quegli anni. Un ulteriore dato anagrafico che pu essere utilizzato per delimitare il potenziale di mobilitazione delle organizza zioni politiche quello relativo alle regioni di origine o di residenza dei militanti. Anche nel caso delle organizzazioni clandestine di sinistra si pu ritenere che le variabili geogra fiche abbiano avuto un peso rilevante. Alcune informazioni sono state riportate nella figura 1. D ue osservazioni sono rilevanti. La prima riguarda il luogo di residenza. Com e risulta prevedibile dai dati sulla distribuzione geografica delle azioni, presentati al capitolo terzo, gli individui maggiormente coinvolti nelle organizza zioni clandestine sono i residenti delle regioni del Nordovest (ben il 6 1 ,6 % ), seguiti da quelli residenti al Centro e quindi, in pari numero, al Nord-est e al Sud. Q uasi la totali t dei militanti di organizzazioni clandestine risiede, inol tre, in citt capoluogo di provincia. Q uesti dati conferm a no, dunque, che il terrorismo stato un fenomeno urbano, che si sviluppato nelle regioni industriali del paese e nel Centro. Se si guarda ai comuni di residenza, si conferma inoltre il suo carattere metropolitano: il 17,6% dei reclutati nei gruppi armati abitava a Torino, il 2 7 ,7 % a M ilano, il 16% a Roma, il 6 ,6 % a Napoli.

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1000900800700 H N. membri

Distribuzione regionale militanti

Nord-ovest I Nascita

Nord-est

Centro Aree geografiche

Sud

Capoluogo

EH Residenza
F ig . 1.

Distribuzione geografica dei militanti. Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

M a una seconda osservazione, in qualche modo meno prevedibile, emerge se si confrontano le aree di nascita con quelle di residenza. Si rileva, infatti, che ben 285 individui , sono nati al Sud, contro i 90 che ancora vi risiedono. Il sal do invece positivo nel Nord-ovest, dove sono nati 402 mi litanti e risiedono, invece, 678. Disaggregando il dato per regione, dei 196 individui residenti in Piemonte, solo 109 vi sono nati; solo 226 dei 375 residenti in Lom bardia; solo 12 dei 39 residenti in Toscana. D iversa la situazione nel Lazio (dove sono nati ben 145 dei 183 residenti), in C am pa nia (51 su 62) e in Veneto (52 su 64). Ancora un indicatore

141

della mobilit geografica dei militanti delle organizzazioni clandestine emerge dal confronto tra numero dei comuni su cui essi si distribuiscono se si guarda alla nascita e numero di comuni se si prende in considerazione la residenza. I co muni di nascita sono infatti 422; ma meno di un quarto di essi (91) sono quelli di residenza. Se si analizza, infine, la distribuzione tra comuni capoluogo e no, si pu rilevare che ben 979 individui del nostro campione risiedono in citt ca poluogo di provincia, ma solo 597 vi sono nati. M olti dati convergono dunque nellindicare che le orga nizzazioni clandestine hanno reclutato in ambienti urbani e, in particolare, nelle grandi citt del Nord-ovest e del C en tro. Tuttavia, molti dei reclutati avevano alle spalle una esperienza di recente emigrazione e urbanizzazione. Le sto rie di vita confermano questi dati: esperienze di em igrazio ne sono state, infatti, riscontrate nella met delle biografie raccolte. Fenomeni di mobilit geografica sono stati, inol tre, presenti nella famiglia d origine, anche quando non hanno riguardato la biografia del militante. Con sole sei ec cezioni, lesperienza dellemigrazione stata ricostruita nel la storia di almeno uno dei genitori, in 13 casi prevalente mente come emigrazione dal Sud, in 6 dalla campagna e in 3 da un centro pi piccolo. Q ueste esperienze sono apparse vivide e rilevanti anche nei ricordi di chi non aveva avuto vicende personali di mobilit geografica. Si pu dunque concludere che esperienze di mobilit geografica sono state molto diffuse fra coloro che venivano reclutati nelle organizzazioni clandestine. Un confronto con altri gruppi della popolazione sarebbe necessario per con trollare la specificit della distribuzione dei militanti dei gruppi clandestini a questo proposito. Se emergesse che le esperienze di emigrazione sono state pi frequenti nel no stro campione, potrebbero acquisire interesse quelle inter pretazioni che collegano il terrorismo al vuoto di valori deri vante dalla mancata sostituzione di un coerente sistema di significati della cultura industriale a quella gi in crisi della societ tradizionale. M a per rendere questa argomentazione credibile occorrerebbe confrontare i militanti di gruppi clandestini non solo con la popolazione italiana nel suo com plesso, ma soprattutto con quei settori di essa che hanno

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partecipato ai movimenti collettivi degli anni sessanta e set tanta, senza successivamente aderire alla lotta arm ata. In attesa di dati che rendano possibile questo confronto, le in formazioni che abbiamo fin qui discusso sono comunque ri levanti per comprendere il clima in cui era avvenuta la socia lizzazione dei militanti delle organizzazioni clandestine, quello cio di grandi e rapide trasformazioni economiche e sociali, che rafforzavano il bisogno di appartenenza a, e la rilevanza di, gruppi di pari. Accanto ai dati a carattere piuttosto anagrafico, un al tro tipo di informazioni spesso utilizzate per delimitare il potenziale di m obilitazione di alcune organizzazioni politi che la classe sociale. In alcuni tipi di comportamento poli tico si pensi alla partecipazione sindacale o al voto per i partiti di classe tradizionali la posizione occupaziona le stata anzi spesso considerata come la variabile pi rile vante. Si gi detto che, anche nel dibattito sulle cause del terrorism o, alcuni gruppi sociali sono stati indicati come principali responsabili dellemergere del fenomeno. Nel caso delle organizzazioni clandestine di sinistra in Italia, va rie e contraddittorie ipotesi sono state avanzate su questo punto. Q ueste ipotesi possono essere discusse prendendo in esame i dati quantitativi relativi alla posizione occupaziona le dei m ilitanti delle organizzazioni clandestine, riportati al la tabella 2. Sem brano smentite, in primo luogo, le due ipotesi estrem e che vedono il terrorismo come prodotto di d e viazioni borghesi o di marginalit sociale. I militanti disoc cupati o appartenenti al sottoproletariato sono pochissimi, superando appena, complessivamente, il 2 % . Lo stesso vale per la borghesia industriale e delle professioni: 5% circa, in cluso il 2 ,2 % degli avvocati, caso certamente particolare. R idotta anche la percentuale di piccola borghesia autono ma (con un 2 ,4 % per i piccoli commercianti e un 1,8% per gli artigiani). Pi frequenti sono invece le occupazioni rela tive alla nuova piccola borghesia: 3 0 % , con un 4 ,9 % per gli insegnanti e un 18,7% di impiegati. M a la percentuale pi elevata quella relativa alle occupazioni manuali dipenden ti, che raccolgono ben il 4 2 ,9 % dei casi. Si deve dire che,

143

Tab. 2. Posizioni professionali dei militanti delle organizzazioni clandestine

Occupazione Operaio industria Operaio edile Netturbino Collaboratore domestico Marittimo Portiere Addetto pulizie Commesso Totale classe operaia Piccolo commerciante Piccolo artigiano Totale piccola borghesia autonoma Insegnante Impiegato Tecnico Infermiere Personale paramedico Totale nuova piccola borghesia Docente universitario Medico Avvocato Ingegnere Dirigente industriale Totale borghesia delle professioni Sottoproletario Disoccupato Studente scuola media Studente universitario Servizio militare Totale non occupati Totale Valori mancati
Fonte:

N. militanti 180 2 2. 1 1 2 2 3 193 11 8 19 22 84 11 14 4 6 5 10 1 1 23 7 4 18 49 2

militanti 40,0 0,4 0,4 0,2 0,2 0,4 0,4 0,7 42,9 2,4 1,8 4,2 4,9 18,7 2,4 3,1 0,9 1,3 1,1 2,2 0,2 0,2 5,1 1,6 0,9 4,0 10,9 0,4

135

30,0

80 450 690

17,8 100,0

Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

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per questa variabile, un alto numero di valori mancanti nella rilevazione quantitativa invita alla prudenza nella interpre tazione. I dati quantitativi sono stati, tuttavia, significati vam ente conferm ati dalle informazioni pi dettagliate, sep pure su un numero molto inferiore di casi, provenienti dalle storie di vita. Secondo questa fonte, 11 individui su 28 ave vano un lavoro manuale e dipendente; 9 lavori non-manuali dipendenti, mentre 8 erano ancora stu d en ti11. Aggiungen do anche alcune informazioni relative alla provenienza di classe, quasi la met degli individui dei quali stata rico struita la biografia provenivano da famiglie definibili come proletarie (13 casi); un terzo da famiglie della piccola bor ghesia (9 casi); e solo poco pi di un quinto da famiglie delle classi medio-alte (6 c asi)12. Se disaggreghiamo i dati per le diverse organizzazioni si pu osservare che la presenza di militanti di provenienza operaia maggiore in quelle pi grandi Br con il 4 2 % e PI con il 3 9% rispetto a quelle di piccole dimensioni (una media del 2 2 % ), dove invece maggiore la percentuale di studenti. E inoltre, naturalmente, diverso il peso degli ope rai a seconda della distribuzione geografica, maggiore in Piemonte (5 6 ,6 % ), Lom bardia (46,8% ) e Friuli Venezia G iulia (7 5 % , ma su un numero minore); minore nel Lazio, dove pi numerosi sono invece gli impiegati (42% ). Inoltre, le variabili relative alle posizione sociale indica no differenze abbastanza notevoli fra donne e uomini. Le donne che hanno partecipato alle formazioni clandestine della sinistra provenivano in misura maggiore dalla piccola borghesia (59% contro un 3 0 % per gli uomini), e invece in misura nettam ente minore dalla classe operaia (29% contro il 5 7 % per gli uomini). A conferm a di questo dato si pu
1 1 F ra i lavoratori m anuali vi erano 10 operai e un inferm iere au si liario; fra i lavoratori intellettuali, 3 assisten ti sociali, 2 im piegati, 2 tec nici e 2 ricercatori universitari. 12 Pi in dettaglio, la professione del capofam iglia era in 7 casi o p e raio, in 2 con tadino, in 3 artigiano, in 1 disoccupato, per quan to riguarda il prim o gruppo; in 6 casi im piegato e in uno ciascuno agente di polizia, cantoniere e piccolo com m erciante, per quan to riguarda il secondo; in 4 casi libero profession ista e in uno ciascuno dirigente d im presa e im pren ditore, per quanto riguarda il terzo.

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inoltre osservare che mentre le attivit manuali in parti colare quelle operaie nellindustria erano le pi diffuse fra gli uomini (50% contro un 2 0 % per le donne), le donne avevano pi frequentemente occupazioni impiegatizie (53% contro il 2 3 % degli uomini) o erano ancora a scuola o alluniversit (19% contro il 13,5% degli uomini). Con le dovute cautele, dunque, si pu avanzare lipotesi che anche nel caso delle organizzazioni clandestine di sinistra in Italia si confermi un dato gi emerso in altre ricerche sulla parteci pazione delle donne a forme di azione politica anche violen ta. Sem bra, cio, che la propensione allattivit collettiva tenda a crescere quando si affievolisce la forza di alcune tra dizioni culturali quindi, a livelli d istruzione pi elevati e si riducono le costrizioni materiali legate ai ruoli fam i liari quindi, per le studentesse o le donne di classi medie. Pi in generale, per concludere su questo punto, si pu dire che le organizzazioni clandestine hanno reclutato so prattutto nei gruppi sociali pi coinvolti nei movimenti col lettivi di quegli anni. Anche per quanto riguarda lestrazio ne sociale dei militanti, il potenziale di mobilitazione delle organizzazioni clandestine di sinistra non era differente da quello di altre organizzazioni attive nella protesta di quegli anni. Le variabili fin qui esaminate per definire il potenziale di mobilitazione sono dunque risultate utili a descrivere al cune delle caratteristiche della popolazione in cui i gruppi clandestini hanno reclutato. E sse non hanno per mostrato lesistenza di peculiarit che possano spiegare perch alcuni hanno scelto la militanza in organizzazioni clandestine e al tri no. Per far questo occorrer prendere in esame altre va riabili, relative alla posizione in alcune reti sociali, piuttosto che alle caratteristiche individuali. Ad esse si guarder nel prossim o paragrafo.

3. Socializzazione politica e reclutamento nei gruppi clande stini L ipotesi argom entata qui di seguito che le m otivazio ni individuali alladesione ad organizzazioni clandestine va dano ricercate nei processi di socializzazione politica. A na

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lizzeremo in primo luogo i rapporti affettivi esistenti tra i militanti. Com e vedremo, linserimento in alcuni tipi di re ticoli sociali si riveler una condizione necessaria ma non sufficiente a spiegare ladesione ad organizzazioni clandesti ne. Ci condurr, quindi, a guardare al reclutamento come processo interattivo e addizionale, implicante profonde tra sform azioni personali15. Il reclutamento di un individuo in una organizzazione politica clandestina verr, cos, analiz zato in relazione al processo di costruzione di una identit collettiva14. A nalizzando le informazioni disponibili sulla storia della militanza politica dei terroristi italiani, si pu osservare in primo luogo che il reclutamento avvenuto allinterno di gruppi omogenei, aggregati sulla base di legami multipli. Nella tabella 3 riportato il numero di rapporti personali che le nuove reclute avevano con i membri dei gruppi clan destini cui esse hanno aderito. Qualche cautela necessaria nellanalizzare queste in form azioni. E , infatti, molto probabile che vincoli personali esistessero anche quando essi non sono stati rilevati dalla fonte giudiziaria. Rimane comunque dim ostrato che in oltre due terzi dei casi (843 su 1.214), la decisione di aderire ad una organizzazione clandestina stata presa da individui che avevano almeno un amico coinvolto in essa. Inoltre, nel 7 4 % di questi casi, il reclutato aveva pi di un amico nel lorganizzazione, e nel 42 % gli amici erano addirittura pi di sette. Un esame pi approfondito dei dati offre importanti de lucidazioni sulla natura di questi legami, che tendono ad es sere multipli e forti. La scelta di aderire ad organizzazioni clandestine veniva, infatti, adottata da cliques di persone,
11 Anche qui, qualche suggerim ento utile viene dalla letteratura sul le sette religiose, in cui al reclutam ento si guarda in termini di conversio ne, d efin ita com e un m utam ento ne\Yuniverso del discorso, cio nel s is te ma di significati com uni o sociali che offron o un pi am pio schem a in ter p retativo al cui interno gli individui vivono e organizzano la loro e sp e rienza [Snow e M achalek 1984, 181]. Sullo stesso tem a, L oflan d e Stark [1985]; Snow e Phillips [1980]. 14 Sul con cetto di identit collettiva, si veda 1 izzorno [1977] e Melucci [1985].

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T a b . 3. Numero di ledimi personali dentro l'organizzazione terroristica per le nuove

reclute

Legami personali Uno Due Tre Quattro Fra 5 e 7 8 e pi Totale opzioni* Valori mancati Casi validi

N. reclute 220 123 40 64 45 351 843 371 769

sulle opzioni
%

sui casi

26,1 14,6 4,7 7,6 5,5 41,6 100,0

28,6 16,0 5,2 8,3 5,9 45,6 109,6

* Alcuni individui hanno militato in pi di una organizzazione clandestina, e sono quindi contati in pi di una opzione. Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

cio da gruppi di individui connessi lun laltro da un impe gno congiunto in pi di unattiv it15. Per esem pio, molto frequenti erano i casi di vicini di casa che lavoravano insie me nello stesso reparto di un grande stabilimento industria le; o compagni di scuola abituati a trascorrere insieme le va canze; o fratelli o cugini appartenenti alla stessa associazio ne volontaria. Il vincolo affettivo era, inoltre, molto forte: in 298 casi del nostro campione di militanti, vi era almeno una persona in rapporto affettivo forte di solito fratel lo/sorella o marito/moglie (compagno/compagna) che condivideva limpegno politico nella stessa organizzazione. Q uesto dato ancora pi rilevante nel caso delle donne, do ve la presenza di rapporti affettivi forti con altri membri delle formazioni clandestine stata rilevata nel 5 3 % dei ca si (148 su 281), a fronte di un molto pi basso 16% per gli uomini (141 su 863). Si conferma cos lipotesi, gi emersa nello studio di altri gruppi richiedenti alti livelli di impe

15 II concetto di cliques stato d efin ito da Barnes, [1969]. Per una rassegna sulle definizioni e luso del concetto di social network, si rinvia a C h iesi [1980] e M itchell [1969],

148

g n o 16, che la partecipazione ad organizzazioni clandestine particolarm ente stressante per i rischi che comporta sia pi probabile quando essa non interrompe, ma al contra rio rafforza pre-esistenti rapporti di solidariet. Le informazioni provenienti dalle elaborazioni quantita tive sono conferm ate dalle storie di vita. Le motivazioni af fettive appaiono come le pi rilevanti fin dai primi momenti della socializzazione politica. Come si pu notare nelle tre citazioni che seguono, esse sono state indicate come le ra gioni per la scelta di un gruppo legale rispetto ad un altro: questa la cosa pi significativa, cio non ho mai fatto una scelta ideologica, lideologia mi sempre venuta dopo, cio come dire [...] se io avessi conosciuto una persona del Pei [...] che mi piaceva molto di pi di questi qua oggi sarei nel Pei17. Per voglio dire che se allepoca al posto di questa organizza zione, cio di Lotta continua, ci fosse stata ad esempio maggiori taria, non lo so, la Federazione giovanile del partito comunista, probabilmente immediatamente avrei aderito a questa particolare organizzazione, nel senso che comunque sentivo l esigenza di essere protagonista in qualche maniera della realt che mi circondava18. C era in corso San Maurizio, la sede di Le, i primi tempi ma gari potevi fare una scappata per vedere se trovavi qualche amico, per non era una militanza, era un punto fisico come poteva esse re il cavallo di piazza Castello19. L im portanza affettiva delle relazioni coltivate nel grup po politico emerge nelluso di termini come am icizia, fa miglia:
La mia famiglia diventano un po i compagni20.

Potere operaio [...] era gi di per s una piccola fam iglia 21.
16 Per quan to riguarda le societ segrete in generale, si veda Erickson [1981]. 17 Sto ria di vita n. 1, p. 43. 18 Sto ria di vita n. 13, p. 16. 19 Sto ria di vita n. 6, p. 16. 20 Sto ria di vita n. 5, p. 35. 21 Storia di vita n. 16, p. 71.

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E ra una cosa anche fon data molto sullamicizia22.

Le biografie testimoniano poi che la forza dei rapporti affettivi aumentava allinterno dei gruppi legali, attraverso la comunanza nella vita quotidiana. Frequenti sono affer mazioni come: Evidentemente i rapporti a livello personale si costruivano al linterno degli ambiti in cui tu comunque ti muovevi quotidiana mente, nel senso che con i compagni con cui tu facevi politica, con cui tu discutevi, con cui tu comunque operavi delle scelte, che poi si sarebbero rivelate scelte di vita, avevi, costruivi anche, giorno per giorno, un rapporto affettivo2'. In quellepoca le amicizie coincidono, sono un tuttuno con la politica, mi abbastanza difficile distinguere tra amici e compa gni nel senso che la politica ti segna qualsiasi momento della giorna ta e quindi gli amici sono gli stessi compagni con cui discuti, con cui fai lattivit di quartiere24. I miei amici pi cari sono quelli con cui faccio attivit politica di intervento fuori dalle fabbriche25. La solidariet verso il gruppo dei pari determ inava, poi, anche i successivi percorsi di militanza. L uscita da alcuni gruppi legali, lingresso in altri, vengono descritti come scel te basate non su preferenze ideologiche, ma piuttosto sul limpulso affettivo. II senso del gruppo sempre stata una cosa molto forte, che poi stato anche quello che ha determinato scelte personali, ha deter minato anche i modo concreti di relazionarsi con la societ26. Molte cose non so spiegarle solo con lanalisi politica del mo mento, solo con la situazione di quella citt o di quel territorio, di quale potere politico e quale condizione sociale [...] per quanto

22 Storia di vita n. 2, p. 16.


23 24 25 26
Storia Storia Storia Storia di di di di vita vita vita vita n. n. n. n. 13, pp. 35-36. 9, p. 30. 9, p.32. 26, p. 5.

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mi riguarda di emotivit, di passione verso la gente che mi stava accanto27. Le decisioni politiche sembrano quindi essere state in fluenzate in maniera determ inante da una dinamica peculia re ai rapporti face-to-face2i, cio dal desiderio di confor marsi, evitando disaccordi che avrebbero prodotto disso nanza cognitiva nei singoli membri del gruppo. L armonia con i compagni pi stretti viene sottolineata infatti, in tutte le interviste, come uno dei ricordi pi positivi del periodo che aveva accom pagnato il reclutamento nelle formazioni clandestine. La temporanea assenza di armonia con gli altri membri del gruppo viene indicata, invece, come ragione di dubbi e ripensamenti. Il funzionamento di questi meccani smi viene illustrato, per esem pio, nelle seguenti citazioni. Per tutto il mio gruppo di vita orecchiava quanto me a Sesto San Giovanni, tutti questi discorsi e quindi magari avevamo mo menti di riflessione [...] arriviamo e ci addestriamo anche noi29. Poi, in effetti, non esiste neanche una scelta cos a freddo di dire: faccio il terrorista; no, perch stato un passaggio graduale vissuto sempre attraverso un tipo di relazione umana che ho conti nuato ad avere con Guido, con il mio ambiente, con le persone con cui lavoravo50. In fondo il senso della famiglia insomma, che si trasporta sem pre, e quando tu la devi abbandonare, ci pensi quarantacinque vol te [...] nel senso che in fondo noi abbiamo contestato cultura e fa miglia ma abbiamo cercato da un lato, da un punto di vista cultu rale, comunque, un senso di nuove certezze all'interno del gruppo che in pratica sostituiva quello che contestavi^. Q uesto tipo di lealt era ancora pi importante nei ca si in cui c era un rapporto affettivo privilegiato. Citando da unintervista a una militante di Pi:
27 28 V erba 29 50 51 Storia di vita n. 2 1 , p. 28. Sul ruolo delle relazioni am icali nelle decisioni politiche, si veda [1961] e C oom bs [1979]. Storia di vita n. 3, p. 49. Storia di vita n. 17, p. 31. Storia di vita n. 2 6 , p. 16.

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Nel senso che io e Bruno abbiamo fatto tutte le scelte politi che che abbiamo fatto le abbiamo fatte sempre insieme dentro il
nostro rapporto anche personale 52.

La percezione soggettiva dellimportanza del sostegno del gruppo dei pari trova un riscontro oggettivo del succe dersi di scelte comuni da parte di alcune ristrette comunit di persone. La decisione di entrare in organizzazioni clande stine stata dunque, almeno in una certa misura, motivata dal bisogno di ottenere lapprovazione da parte degli amici pi intimi, che avevano fatto o stavano facendo quella scel ta. La lettura delle interviste consente, inoltre, di individua re nel particolare processo che presiedeva alla formazione e trasmissione delle informazioni unulteriore spiegazione della funzione di questi piccoli gruppi di amici. Infatti, il re ticolo sociale in cui lindividuo era inserito costituiva anche la sua fonte privilegiata di conoscenza. Em erge dalle storie di vita la rilevanza di una sorta di cultura orale della quale la rete di piccoli gruppi di individui costituiva il principale canale di comunicazione. Le notizie in particolare quelle pi rilevanti ai fini di successive scelte politiche veniva no filtrate e acquisivano rilevanza nelle discussioni con gli amici. Com e testim oniano le interviste, le convinzioni ideo logiche non venivano dalla lettura dei classici del marxismo, o dei m anifesti politici dei cattivi m aestri: [...] in quegli anni si leggeva poco 53. Anche l la mia cultura politica non si fonda su testi, su libri, su letture. [Quelle! sono cose che far dopo, successivamente, cio dopo avere operato le scelte quando sono gi dentro54. Sono invece i compagni la fonte privilegiata delle infor mazioni rilevanti per le decisioni politiche: Questo comunque ti portava tendenzialmente a costruire tut ta una serie di amicizie, di rapporti personali sempre allinterno
52 Storia di vita n. 26, p. 46. " Storia di vita n. 26, p. 7. w Storia di vita n. 18, p. 29.

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di questo ambito, e secondo me gi da allora inizi a crearsi una sorta di inconscia ghettizzazione, anche perch tendevi comunque a ritenere i tuoi compagni come il non plus ultra che potesse co munque esprimere la societ55. L ipotesi che le relazioni interpersonali siano pi rile vanti dei mezzi di comunicazione di massa nel selezionare le notizie che raggiungono un individuo5 6 trova, quindi, conferm a nel caso da noi esaminato, il quale semmai si ca ratterizza per un grado estremamente elevato di chiusura agli stimoli esterni. U n ulteriore funzione assolta da questi piccoli gruppi stata, infine, quella di ridurre i rischi che l attivit di reclu tam ento com portava sia per i singoli militanti che per lor ganizzazione clandestina. Il reclutamento era, infatti, meno rischioso quando cera un rapporto di reciproca fiducia fra reclutatore e reclutato. Le reti di relazioni affettive offriva no, cos, una sorta di base di lealt fra le persone. Che le stesse formazioni armate facessero coscientemente uso di questo tipo di rapporti dim ostrato dalle dichiarazioni rila sciate nel corso di un interrogatorio da un militante di Pi. A suo dire, il reclutamento avveniva [...] attraverso vincoli completamente personali. In que sto modo i compagni delle Squadre contattavano le persone che essi conoscevano da lungo tempo, che sarebbero state interessate dallidea di aderire alle Squadre o, almeno, non sarebbero state scandalizzate dalla proposta e non avrebbero quindi creato pro blemi per la sicurezza del compagno che aveva realizzato il contatto57. Q uanto rilevanti siano stati i contatti personali nel re clutam ento nelle organizzazioni del terrorismo italiano , inoltre, conferm ato dai dati sulle relazioni esistenti tra re clutatoti e reclutati, riportati nella tabella 4.

69.

,5 Sto ria di vita n. 13, p. 6. i6 Q u esto fenom eno stato d escritto in Sm ith, Lassw ell e C asey [1946]. Pi recentem ente in M cPhail [1971]; M cPhail e M iller [1973], 57 In T ribunale di T orino, Requisitoria del P.M. nel PP 321/80, p.

153

Tab. 4. Tipo d relazione tra le reclute terroriste e i loro reclutatoti

Relazione con il reclutatore Sconosciuto Moglie/marito/compagna/compagno Altro parente Amico Collega Compagno politico Totale opzioni* Valori mancati Casi validi

N. 42 51 22 159 34 55 363 799 341

sulle opzioni
%

sui casi

11,6 14,0 6,1 43,8 9,4 15,2 100,0

12,3 15,0 6,4 46,6 10,0 16,1 106,5

* Alcuni individui hanno militato in pi di una organizzazione clandestina, e sono quindi contati in pi di una opzione. Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.
Si pu osservare che nell88% dei casi nei quali la natu ra del rapporto tra reclutato e reclutatore conosciuta, il primo non per il secondo un estraneo; in ben il 4 4 % dei casi un suo amico; nel 2 0 % un parente. C i ancora pi rilevante per quanto riguarda le donne: il reclutamento sem bra essere avvenuto tramite il compagno/marito in pi della met 49 su 93 dei casi in cui qualche informazione sul processo di reclutamento stata rilevata. L esistenza di rap porti di conoscenza personale stata, quindi, essenziale a ri durre i rischi corsi dalle organizzazioni clandestine quando esse sono entrate in contatto con un potenziale aderente. Se i legami affettivi appaiono come una spiegazione effi cace delle m otivazioni individuali, la loro esistenza non , tuttavia, sufficiente a predirre chi aderir e chi no ad una organizzazione politica. M olto spesso, infatti, il coinvolgi mento in alcuni tipi di reti professionali e familiari pu eser citare un effetto frenante sulla propensione individuale a m obilitarsi collettivamente. Occorre, dunque, specificare quali tipi di relazioni personali hanno pi probabilit di in centivare la partecipazione politica, e in che forme. Le ricer che sui movimenti collettivi hanno rilevato il ruolo di varia bili quali affinit ideologica, comuni predisposizioni legate al ruolo assolto nella struttura sociale, o precedenti apparte-

154

T a b . 5. Organizzazioni politiche legali alle quali i militanti terroristi avevano appar

tenuto prima di aderire all'organizzazione clandestina

Organizzazioni legali Pei Sindacati Nuova sinistra di cui:


Lotta continua Potere operaio

N. 17 40 232 75 52 518 56 32 42

sulle opzioni
%

sui casi 2,8 6,5 37,7

2,1 4,9 28,5 9,2 6,4 63,6 6.9 3.9 5,2

12,2 8,5 84,2 9.2 5.2 6,8

Collettivi autonomi di cui:


Comitati comunisti Senza tregua Rosso

Altri 7 0,8 1,2 Totale opzioni* 814 100,0 132,4 Casi mancanti 525 Casi validi 615 * Alcuni individui hanno militato in pi di una organizzazione clandestina, e sono quindi contati in pi di una opzione. Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.
nenze in associazioni volontarie3 8 nel determinare la capa cit di un reticolo sociale di influenzare i comportamenti politici dei suoi membri. I risultati della ricerca indicano la particolare rilevanza di comuni esperienze di militanza poli tica in gruppi non-clandestini. Una motivazione diffusa al ladesione sembra essere stato il desiderio di mostrare soli dariet ad una rete di amici, con i quali si condivideva una precedente partecipazione in piccoli gruppi politici legali. Alcune osservazioni iniziali possono essere fatte a parti re dai dati quantitativi sulla provenienza politica dei mili tanti delle organizzazioni clandestine. Nella tabella 5 sono state riportate le informazioni sulle organizzazioni legali cui essi appartenevano prima di aderire alla form azione terro rista.
38 D i affin it ideologiche h anno parlato W allis e Bruce [1982]; Stark e B ain b rid ge [1980]. A l ruolo sociale hanno fatto riferim ento Tilly [1978]; Snow e M achalek [1983; 1984]. D i appartenen za ad altre asso cia zioni volontarie si occupato, tra gli altri, Parkin [1968].

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Anche per quanto riguarda questa tabella utile ricorda re che i dati si riferiscono soltanto a quei casi nei quali pre cedenti adesioni sono state rilevate, ma probabile che esperienze politiche esistessero anche in molti casi in cui es se non sono state riportate dagli atti giudiziari. A maggior ragione interessante proprio perch probabilmente sotto stim ata appare dunque lelevata frequenza di un prece dente impegno in gruppi legali. Q uesto dato indica gi che il reclutamento in organizzazioni clandestine coinvolge in dividui politici, cio dotati di personalit orientate attor no ad una forte identit politica. Altre considerazioni emergono se si considera la distri buzione interna delle adesioni a gruppi legali. Prima di tutto la percentuale di individui proveniente dalla sinistra tradi zionale molto bassa: solo il 2 ,8 % dal Pei, un appena pi alto 6 ,5 % dai sindacati. Non sembrano conferm ate, quindi, le ipotesi sul reclutamento come prodotto della disillusione dei militanti com unisti di fronte alla deradicalizzazione ideologica e strategica del partito. Per contro, il 3 8% dei terroristi erano stati coinvolti nella Nuova sinistra, in particolare in Po (8,5% ) e Le (12,2% ). Si detto nel capitolo precedente che la dissoluzione di Po, co s come la successiva crisi di Le hanno avuto effetti rilevanti sulle caratteristiche della sinistra radicale italiana. I dati quantitativi relativi ai percorsi politici mostrano anche che in pochissimi casi vi un passaggio diretto da queste due or ganizzazioni a gruppi terroristi. Nella maggior parte dei ca si, esso invece preceduto da una fase di militanza in uno dei tanti collettivi autonom i. Ben l8 4 % dei terroristi era no stati attivi in nuclei aggregati attorno alle due riviste R osso e Senza tregua; nei circoli del proletariato giova nile o nei piccoli com itati di quartiere attivi nelle aree popo lari delle grandi metropoli. Q ueste indicazioni vengono con ferm ate dai dati relativi allanno dellingresso nelle organiz zazioni clandestine. Il pi grosso contingente stato infatti reclutato quando le organizzazioni emerse alla fine degli an ni sessanta erano da lungo tempo in crisi. Solo a partire dal 1977 iniziato il reclutamento massiccio nelle organizzazio ni clandestine, concentrandosi in quello e negli anni succes sivi ben il 7 8 % delle adesioni.

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Una delle caratteristiche di questi gruppi erano le loro piccole dimensioni. La categoria Collettivi autonom i della nostra tabella raccoglie ben 93 sotto-categorie. In almeno 89 di esse le dimensioni deHorganizzazione sono sufficien temente piccole da giustificare lassunto che frequenti inte razioni personali intercorressero fra tutti i militanti, trasfor mandosi spesso in im portanti legami affettivi. In 65 di que sti sotto-gruppi, la frequenza superiore ad uno, indicando che si stati in grado di rintracciare almeno due futuri ter roristi che avevano condiviso una precedente appartenenza nello stesso nucleo politico legale. M olto spesso la decisione di aderire ad organizzazioni clandestine coinvolgeva una re te anche pi estesa di com pagni in politica: da 47 di questi gruppi sono venuti almeno tre futuri terroristi, da 35 alme no quattro, da 11 cinque o pi. L adesione alla lotta armata stata, in tutti questi casi, una scelta collettiva, cio fatta non da individui isolati ma da piccoli gruppi di amici. Le interviste in profondit perm ettono ancora un ulte riore passo nella comprensione di questi dati quantitativi. La testim onianza dei militanti rivela la grande importanza che essi assegnavano alla partecipazione allo stesso piccolo gruppo politico legale nella loro vita quotidiana. Si gi d et to che ci passava attraverso un graduale processo di sele zione dei rapporti amicali. Anche quando esisteva una rete di amicizie esterna all ambiente politico, la sua importanza tendeva a diminuire man mano che avanzava il processo di socializzazione politica. In una spirale di reciproche intera zioni, lammontare di tempo speso in attivit politiche ac cresceva la quantit dei contatti con i compagni di fede e la loro qualit, in termini di importanza loro attribuita. Allo stesso tempo, il rafforzam ento dei legami di amicizia allin terno di quellambiente aum entava il valore assegnato al limpegno politico, incoraggiando le persone a dedicare sem pre pi tempo a quelle attivit. In questo modo, gli altri le gami tendevano a perdere la loro capacit di influenzare la form azione delle personalit. Com e stato gi osservato per altre forme di socializzazione politica , anche nei gruppi

w Per esem pio, K eniston [1968].

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clandestini il rafforzam ento dellimpegno era legato ad un processo di isolamento dal mondo esterno, che rafforzava la lealt al nuovo gruppo. I com pagni di militanza diveniva no, cos, il pi influente gruppo di pari. Il tempo dedicato a queste organizzazioni tendeva inol tre a crescere rapidamente. I compiti da assolvere per il gruppo venivano m oltiplicati, non tanto per le reali necessi t organizzative, quanto per rafforzare la lealt dei membri. Interessi pre-esistenti ladesione quali attivit sportive, musicali o di volontariato sociale venivano gradualmente abbandonati. N um erose sono le biografie in cui viene de scritto questo attivism o, intenso e totalizzante: Io in quegli anni milito, tu fai conto io non perdo quasi nessuna di tutte le scadenze di piazza di quegli anni, [...] un solo sciopero significava dieci assemblee, le riunioni, Palazzo Nuovo, le scuole, gli intergruppi, significava volantini, discussioni, corteo40. Per cui ci siamo dati ad un attivismo pauroso, cio alla fine non si dormiva pi in questa zona qui41. 10 in quegli anni, praticamente dal 69 al 73, non ho pi
studiato 42.

Non c stato un momento in cui ho fatto una scelta, adesso; credo sia stato un percorso di avvicinamento al mio modello di vita, che poi diventato, in quella fase l, estremamente esigente nei con fronti del resto della mia vita, nel senso che da quel momento in poi lho fatto a tempo pieno, convogliandoci non solo tutte le energie fisiche [...] per proprio il tipo di attenzione, ripensandoci dopo credo di essermi molto sacrificato in questo senso, nel senso che dal punto di vista della vita sociale lho ridotta moltissimo, man mano sempre di pi41. 11 processo di adesione nella maggior parte delle storie di vita (20 casi su 28) ha coinciso con lingresso nella scuola media superiore. La crescita del coinvolgimento avvenuta a tappe rapidissime:
40 Storia di vita n. 18, p. 31. 41 Storia di vita n. 5, p. 9. 42 Storia di vita n. 22, p. 36. 45 Storia di vita n. 29, p. 15.

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Poi c una cosa, la cosa a cui anchio stento a dare delle rispo ste la grandissima velocificazione in cui precipito perch da questi primi approcci, da questo mio stare a guardarmi attorno in questo ambiente nuovo, al mio attivizzarmi completamente, proprio al mio abbracciare la militanza politica, immediatamente poi nei gruppi di Lotta continua, passano non so se tre, quattro, cinque mesi44. anche da osservare che quei momenti che coincido no con il periodo della prima indipendenza dalla famiglia venivano ricordati come estremamente piacevoli, fatti di feste e di giochi. La mia vita era comunque segnata dallesperienza politica nel senso che i miei amici erano comunque compagni, che appunto vi vevano queste cose insieme a me [...] Io devo dire onestamente che il ricordo che ho degli anni del liceo sono di anni in cui mi sono
divertito da pazzi 45.

Ad esempio, ricordo che il periodo delle vacanze estive era vissuto come [...] noioso perch comunque veniva ad interromper si quel ciclo continuo che aveva rappresentato durante l anno la tua esistenza. Venivano quindi ad interrompersi le riunioni in sede di Lotta continua, le riunioni a scuola, le assemblee studentesche, i cortei, le manifestazioni4 '. Sai poi per me era il mio ultimo anno di vita, tieni conto che io sono convinta di questo e quindi ho proprio un 'ansia di vivere tremenda, tremenda, proprio ho la sensazione che tutto quello che avviene, mi deve riguardare47. Com e mostra qu estultima citazione, lintensit em otiva verso il gruppo dei pari era rafforzata dal grande entusiasmo che veniva dalla sensazione di partecipare agli avvenimenti im portanti della storia. Il risultato era limpressione descrit ta da questo militante:

44 S to ria 5 Storia Storia 47 Storia

di di di di

vita vita vita vita

n. n. n. n.

18, 28, 13, 22,

p. p. p. p.

16. 11. 33. 21.

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L attivit politica in quellepoca era [...] 24 ore su 24. [...] E questo non era vissuto affatto in maniera negativa, perch eviden temente non lavremmo fatto se fosse stato in questo modo, ma era vissuto come un grande gioco. Era un grande gioco in cui si si sentiva coinvolti, ci si sentiva in grado di dare tutti se stessi, per ch la politica allora era la concretizzazione dei propri sogni, il fatto ad esempio di sentire di poter contare, di sentire di poter far paura , di potere essere in tanti, essere in tanti ed essere contro48. Per riassumere ci che stato detto fino ad ora, le orga nizzazioni clandestine in Italia hanno reclutato i loro mili tanti all interno di dense reti di relazioni sociali, dove i lega mi politici erano rafforzati da solidariet primarie basate su rapporti di amicizia e/o parentela. Q uesti gruppi offrivano alle formazioni clandestine basi di lealt e canali di comuni cazione. Le m otivazioni individuali possono essere in larga misura ricondotte alla solidariet verso gruppi di individui con i quali si condivideva una medesima identit politica. M a la comprensione delle motivazioni individuali richiede unanalisi pi approfondita del processo di socializzazione politica che ha aiutato la costruzione delle identit collet tiva. Le storie di vita cos come i verbali degli interrogatori concordano nellindicare gli effetti sulla socializzazione po litica del clima descritto nei precedenti capitoli. E sso ha de terminato non solo lalto grado d im portanza assunta dalli dentit politica nella strutturazione delle personalit, ma anche il significato specifico che le attivit politiche aveva no per quegli individui. L esperienza diretta in scontri fisici con la polizia o con avversari politici aveva portato, infatti, ad alti livelli di accettazione dei repertori pi radicali. L e spressione pi alta d impegno politico era divenuta cos, per molti militanti, non la dialettica verbale, ma lesercizio della violenza. U nulteriore caratteristica delle persone reclutate in or ganizzazioni clandestine era, infatti, lesistenza di prece denti esperienze nelluso della violenza. La maggior parte dei membri delle formazioni armate aveva fatto parte di

4S Storia di vita n. 13, pp. 22 e 23.


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strutture semi-militari di organizzazioni non clandestine, che avevano il com pito di difendere i cortei e compiere al cune azioni illegali: del servizio d ordine di Le o di Po; nelle strutture semi-legali dei gruppi organizzati attorno al giornale Linea di condotta o R osso. M olti dei terroristi della seconda generazione erano stati incriminati per parte cipazione ad azioni di violenza durante cortei in luoghi pub blici, ad espropri proletari, o ad altri tipi di irruzione a mano armata, particolarmente frequenti durante le proteste della seconda met degli anni settanta. Altri ancora erano stati perseguiti come membri dei gruppi pi radicali dellAutonom ia operia, come il Collettivo di via dei Volsci a Roma, per citare un solo caso. I N ap e i Pac avevano reclu tato individui con esperienze di azioni illegali, anche se per fini non-politici: criminali comuni sensibilizzati alla politica in carcere. M olti dei gruppi clandestini cresciuti a partire dal 1979 erano stati fondati da militanti provenienti da al tre organizzazioni armate in crisi, ed anche le nuove reclute delle organizzazioni clandestine maggiori alla fine degli anni settanta avevano avuto precedenti esperienze in gruppi semi-clandestini attivi in alcuni quartieri delle grandi me tropoli. L im portanza di precedenti esperienze nelluso della violenza spesso sottolineata nelle storie di vita dei militan ti dei gruppi clandestini. Nelle ricostruzioni biografiche si pu osservare come fosse la stessa diffusione della violenza a giustificarne luso. Nelle parole di alcuni intervistati: L ulteriore salto qualitativo era questo Xinteriorizzare, renden dola legittima per un qualsiasi militante comunista, l uso della vio lenza come come strumento legittimo, come strumento quasi quo tidiano, quasi come prassi 4\ Parlare dellwso della forza allora era una cosa quotidiana, nel senso che veniva fatta quotidianamente come pratica50. Io uscivo la mattina, me ne andavo a fare gli scontri, me ne ritor navo a casa a mangiare, ritornavo il pomeriggio fino alla sera e cos

,w Storia di vita n. 13, p. 28. 50 Storia di vita n. 8, p. 35.


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via. una specie di Londonderry, cio di battaglie fatte di molo tov e sassi per conquistarsi cinque metri di terra51. Una conferm a di questa legittimazione diffusa per luso della violenza, cresciuta nel corso degli anni settanta, viene dalle interviste dei militanti della prim a generazione quando si riferiscono ai militanti pi giovani: Tutti quelli che avevamo fatto politica in precedenza avevamo un mare di difficolt rispetto allazione militare, al fatto stesso delle armi [...] mentre non avevano assolutamente prevenzioni i ra gazzi pi giovani, che avevano 18-19 anni52. Per questi m ilitanti della seconda generazione, le mi nori remore nellutilizzazione della violenza erano dovute non solo al diverso clima politico, ma anche al diffondersi, con laumento della disoccupazione giovanile e larrivo delle droghe pesanti, di una piccola criminalit giovanile. Secon do ancora una testim onianza tratta dalle storie di vita, nella seconda met degli anni settanta, nei quartieri popolari del la periferia urbana delle grandi citt, lillegalit non creava barriere psicologiche. E ssa era infatti unesperienza gi pre sente nella vita di tutti i giorni di molti giovani: [... perch cera] anche una grande disgregazione, delle fasce di emarginazione molto alte, quindi proprio non c era il problema del l atto di illegalit. Noi avevamo un giro di rapporti interpersonali, di amici, ragazzi che venivano alle elementari con noi, che chi era diventato un ladro, chi rapinava5. Il reclutamento nelle organizzazioni terroriste in Italia , dunque, avvenuto attraverso reti di militanti inseriti in una cultura politica che non condannava il ricorso alla vio lenza. La loro socializzazione politica si era realizzata, infat ti, nel corso del lungo ciclo di protesta della fine degli anni sessanta e inizio degli anni settanta, durante il quale una quota rilevante delle attivit era dedicata alla formazione

51 Storia di vita n. 27, p. 26. 52 Storia di vita n. 5, p. 65. 55 Storia di vita n. 4, p. 22.

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delle nuove identit collettive, piuttosto che allutilizzazio ne di legami di solidariet gi esistenti ai fini della contrat tazione. Q uando il ciclo di protesta si era esaurito, reti di militanti abituati pi allo scontro fisico che alla media zione avevano costituito una base potenziale per i gruppi politici violenti. Q ueste persone avevano interagito, quindi, con altri militanti la cui socializzazione politica era avvenu ta nelle fasi pi acute di afferm azione delle nuove identit collettive. Per essi, lutilizzazione della violenza politica aveva preceduto, piuttosto che seguito, ladesione ad orga nizzazioni terroriste. La soglia della clandestinit era stata cos oltrepassata in modo spesso inconsapevole'e talvolta in volontario.

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CAPITOLO QUINTO

M A N T E N IM E N T O D E L L IM P E G N O E IN C E N T IV I O R G A N IZ Z A T IV I

1. La partecipazione nelle organizzazioni clandestine Nel capitolo precedente si cercato di rispondere alla prima dom anda che si pone quando si analizzano le m otiva zioni individuali: cosa ha portato alcune persone ad aderire ad organizzazioni clandestine? La domanda logicamente successiva : perch, resesi conto dei costi di quel tipo di mi litanza, molte di esse non solo non hanno abbandonato quelle organizzazioni, ma hanno anzi aumentato il loro li vello di partecipazione? D ue tipi di risposta sono stati, in genere, offerti. L approccio psicopatologico, di cui si gi detto, ha attribuito alla militanza in forme totalizzanti di azione collettiva una funzione di riequilibrio o com pensa zione per frustrazioni subite. Un secondo filone di studi si invece concentrato sulle ideologie politiche. La militanza stata spiegata, in questo caso, come orientata al consegui mento delle mete descritte nei documenti delle organizza zioni politiche. Nessuno dei due approcci sem brato, per le ragioni spesso argomentate nei capitoli precedenti, ade guato a rispondere alle dom ande che sono state poste. Nel caso dei gruppi clandestini, cos come in quello di altre formazioni politiche, le motivazioni alla militanza sem brano essere invece pi comprensibili se analizzate allinter no di un sistem a di scam b io1, in cui gli individui cedono parte delle loro energie e lealt per ottenere alcune ricom pense. Com e le altre organizzazioni, anche le formazioni clandestine inducono infatti la partecipazione attraverso la distribuzione di incentivi, definibili come ricompense o pri-

1 C fr. Ilom ans [1961] e BIau [1964], In relazione allattivit in gruppi politici il d ib attito iniziato con il fam oso saggio di O lson [1968].

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vazioni, date o prom esse, per ladeguamento a norme di comportamento. M entre la letteratura degli anni sessanta sullazione col lettiva concentrata sulla partecipazione ad alcuni tipi di partiti e sindacati considerava soprattutto i benefici ma teriali, studi pi recenti hanno dato una maggiore rilevanza a vantaggi simbolici e alle percezioni individuali. E stato co s osservato che la definizione di vantaggi e svantaggi non in alcun modo o ggettiva2. La partecipazione ad alcune esperienze porta, invece, gli individui ad attribuire a costi e benefici valenze diverse rispetto a quanto si sarebbe nor malmente portati a fare. Cosicch, ci che pu essere consi derato come un costo nel senso comune o nelle defini zioni scientifiche viene ritenuto dai partecipanti come un vantaggio. Per esem pio, il tempo e le energie individuali spese per lorganizzazione possono essere considerate dai militanti come remunerative in s, accrescendo il senso di solidariet con il gruppo. Nel corso di questo capitolo, la struttura degli incentivi distribuiti dalle organizzazioni clandestine verr analizzata a partire da quelli che i militan ti hanno descritto, nel corso delle interviste in profondit, come vantaggi e svantaggi della partecipazione. In primo luogo, sar interessante verificare le caratteri stiche dellimpegno nelle organizzazioni clandestine, cio il tipo di attivit svolte dai loro membri. Si pu iniziare con losservare che il livello di partecipazione nei gruppi terrori sti variato grandemente. Per comprendere le motivazioni individuali, occorre dunque considerare che per molti la mi litanza nei gruppi clandestini stata meno impegnativa sia dal punto di vista materiale che da quello psicologico di quanto alcuni stereotipi sui terroristi di professione possano fare ritenere. D iverse inform azioni possono essere discusse a questo proposito. Alcuni dei dati quantitativi pi interessanti sono riportati nella figura 1. Si pu osservare, innanzitutto, che solo l l l % dei mili tanti (pari a 129 individui) stato latitante: poco pi di

2 C fr. H irschm an [1981] e Pizzorno [1980].

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1200-1

Tipo di militanza

1000

800N. membri 6 00 400200-

Clandestino si No Fig. 1.

Azioni armate Tipo di partecipazione

Azioni contro persone

Livelli di partecipazione dei militanti.

Fonte:

Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

quelli che ho catalogato come dirigenti nazionali (76 indi vidui), sicuramente non tutti i dirigenti cittadini (pari a 111 individui). L immagine del clandestino che lavora a tempo pieno per la sua organizzazione si attaglia, dunque, ad una percentuale estrem amente limitata di coloro che so no stati accusati di partecipazione a banda armata. Interessanti per valutare le caratteristiche della parteci pazione alle organizzazioni clandestine sono i dati relativi al tipo di attivit svolte per il gruppo. Secondo i dati disponi bili, ben il 6 6 ,8 % di tutti i militanti su cui questa inform a zione si potuta raccogliere non ha mai partecipato ad azio ni contro persone e il 40 % non mai stato coinvolto in alcu-

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na azione armata. Se si guarda ancora ad unaltra variabile, la funzione all interno di unorganizzazione clandestina, si pu osservare che solo il 6 % sono stati membri di gruppi di fuoco, cio addetti prevalentemente alle azioni militari, mentre ben il 4 4 % ha avuto mansioni logistico-amministrative. La durata della militanza allinterno del gruppo clandestino stata, inoltre, di norma breve. Una prima riflessione, a partire da questi dati, pu esse re dunque relativa alle differenze fra i militanti stessi per quanto riguarda il grado di coinvolgimento e, quindi, anche i costi, sia psicologici che materiali, pagati. I processi di in tegrazione dei differenti membri vanno analizzati tenendo conto della diversit delle loro storie. Non si deve tuttavia dimenticare che, a tutti i diversi livelli di coinvolgimento, la partecipazione a gruppi armati presenta certamente delle peculiarit rispetto a quella in altre organizzazioni politiche. E ssa si differenzia, in primo luogo, per lalto grado di impe gno richiesto, in termini sia di tempo che di risorse dedicate al gruppo. Se alcune organizzazioni politiche possono ac contentarsi di realizzare lintegrazione dei loro membri at traverso la sola partecipazione alle elezioni, oppure richie dendo ai loro adepti un processo di identificazione al grup po relativo solo alla sfera politica, quella clandestina ha bi sogno invece di un impegno totale da parte dei militanti. Le esigenze della clandestinit impongono che la militanza ter roristica assuma la priorit assoluta rispetto agli altri ruoli che lindividuo ricopre. L organizzazione deve porsi, cio, come oggetto di identificazione totale. Si visto nel capitolo precedente che gi la fase di mili tanza in gruppi politici legali era caratterizzata da alti livelli di impegno. Le biografie mostrano, comunque, che le attivi t politiche tendevano ad occupare uno spazio esponenzial mente maggiore dopo ladesione alla lotta armata. L impe gno profuso per la preparazione delle azioni assorbiva tutte le energie individuali. Ecco, ad esempio, alcune descrizioni della vita quotidiana dei militanti di quelle organizza zioni: Se unazione contro il lavoro nero c da individuare il cosid detto obiettivo del lavoro nero e quindi fare quella che allora si chiamava scheda di informazione sullobiettivo, conoscere la zona

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dove situato, eventuali vie di fuga, quindi cio prima di ogni la voro c'era sempre tuia preparazione di dieci, quindici giorni. E la giornata cambia in questo senso, che lavori intorno a questa cosa, lavori intorno a questo ottagono con i compagni del nucleo che fanno i rilevamenti sul cosiddetto obiettivo, partecipi alla prepa razione, come si diceva, logistica delloperazione, quindi al furto delle auto per loperazione, alla preparazione degli ordigni, alladde;tramento del nucleo [...1 con le armi che adoperer in azione nJo ci alzavamo alle cinque [...] per fare le ricognizioni [...] poi non potevo tornare a casa, dovevo stare in mezzo ad appuntamen ti, c Dvevo stare comunque a Roma tutta la giornata; poi tornavo a ca a verso sera, dovevamo fare i documenti, battere a macchina, fare unaltra serie di cose, insomma si andava a Ietto verso mezza notte. In quel momento avevo anche una storia in piedi con quella che stava in casa con me, si stava un po a chiacchierare, un po a fare altro, cose cos, si faceva Iuna, alle cinque dovevo stare di nuovo sveglio. Erano dalle tre alle quattro ore a notte di sonno [...] quando quella mattina bussarono il primo pensiero fu lo sapevo il secondo fu meno male, mo dormo 4. Dedicavo completamente il mio tempo libero allorganizzazio ne. Io ormai lavoravo otto ore al giorno, finite le otto ore prende vo la macchina, andavo gi a Torino, magari stavo fino alle tre di notte [...] Infatti sono arrivato persino a pensare nei primi gior ni di carcere ab, finalmente mi riposo\ Com e si pu notare dalle due ultime citazioni, con paro le quasi identiche viene ricordata la grande stanchezza ac cumulata in quel periodo. Proprio la quantit di energie che era necessario dedicare quotidianam ente allorganizzazione stata citata ripetutam ente nel corso delle interviste come un impedimento alla riflessione critica sulle proprie scelte. Frequenti sono riferimenti quali: L impossibilit non solo mia ma credo anche della situazione di poter fermarmi un attimo e dire no1 '.
1 Storia 4 Storia Storia ' Storia di di di di vita vita vita vita n. n. n. n. 4, p. 18. 1, pp. 75-76. 17, p. 31. 21, p. 43.

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La stanchezza in modo incredibile; io in quel periodo l ho avuto un incidente ad una gamba, mi son fatto male, sono stato a letto due mesi e mi sembrava di vedere le cose da fermo [...] proprio che ho avuto questa impressione di fermarmi e di vedere le cose fuori (...) da questo meccanismo che si autoalimenta1. Insieme alla quantit di tempo dedicata allorganizza zione, altre caratteristiche vengono normalmente definite come piuttosto peculiari alla militanza terrorista. In primo luogo, la limitazione dei rapporti affettivi o anche della co municazione con altri esterni al gruppo. La scelta della clan destinit com porta, infatti, una rarefazione dei rapporti con lesterno e profondi stravolgimenti della vita quotidiana, anche quando essa non richiede la latitanza. In secondo luo go, vi il rischio di essere arrestati e condannati a pene de tentive lunghe. Infine, collegata allutilizzazione delle armi contro esseri umani, c la possibilit di uccidere e di essere uccisi. E , tuttavia, anche nei giudizi a posteriori, n le restri zioni alla vita privata, n la precariet dellesistenza, n il rischio di morire o di uccidere esseri umani sembrano essere stati percepiti come costi particolarmente alti, almeno nelle prime fasi della partecipazione. Alcuni meccanismi, che analizzeremo qui di seguito come incentivi, hanno funzio nato infatti nel senso di ridurre la percezione degli svantag gi. Distinguerem o, seguendo la letteratura sociologica sul lazione collettiva*, incentivi di identit, incentivi norma

7 Storia di vita n. 29, p. 45. Varie tipologie di incentivi sono state proposte, in relazione alla direzione d ellutilit (positiva o negativa); al soggetto fruitore (individuo o collettivit); al tipo di bene offerto (strum entale o espressivo; m ateriale o sim bolico; utilitaristico o norm ativo) [Z ald e Ja c o b 1977]. Incrociando queste variabili, sono state otten ute diverse classificazioni. Q uella pi tradizionale distingue gli incentivi in: m ateriali, di solidariet specifica, di solidariet collettiva, propositivi IJ.Q . W ilson 1972], In una recente applicazione della teoria degli incentivi ai partiti politici, quelli di tipo collettivo sono stati classificati in incentivi di iden tit, di solidariet o ideologici; quelli selettivi, in incentivi econom ici, di potere, di status [P a nebianco 1982], I partiti sono stati ad esem pio distinti, a seconda del tipo di incentivo d istrib u ito, in partito di quadri (che distribuisce denaro), di patronage (che distribuisce cariche e posti di lavoro), di m assa (che distri-

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tivi e incentivi materiali, assumendo per che la struttura di questi incentivi sia diversa per le organizzazioni clandestine rispetto agli altri tipi di organizzazione.

2. G li incentivi di identit e l integrazione dei militanti Un tipo di incentivo che permette di compensare i costi della partecipazione in termini di una riduzione dei contatti e degli scambi con lesterno quello di identit. Nella co struzione dellidentit un ruolo importante assumono i rap porti con gruppi di pari. G i nel caso di altre organizzazioni di movimento sociale, la possibilit di interazioni affettive dense allinterno del gruppo stata considerata come uno degli incentivi pi rilevanti alla partecipazione '. Le storie di vita indicano che questo incentivo stato particolarm en te im portante nel mantenere l adesione ai gruppi armati, dove la riduzione dei contatti con lesterno a seguito della partecipazione era particolarmente drastica. Una prima forma che gli incentivi di solidariet hanno assunto stata quella dello sviluppo di relazioni affettive at traverso delle interazioni frequenti ed esclusive. Ci avve nuto soprattutto allinizio sia dei percorsi individuali di so cializzazione politica che della storia delle organizzazioni clandestine. Se, infatti, gli statuti imponevano regole rigide di com partim entazione che spesso vietavano di frequen tare i compagni dellorganizzazione al di fuori delle riunioni in molti momenti e situazioni, tuttavia, le regole erano

buiscono ideali) [Gaxie 1977]; o partiti di coalizione (orientati al raggiun gimento di fini materiali o strumentali) e di militanti (basati su coesione solidaristica) [Lange 1977], Sullutilizzazione degli incentivi nelle orga nizzazioni di movimento sociale, si rinvia a Conway e Fiegert [1968]; Kowalewski [1980]; Oliver [1980]. '' Nel caso delle organizzazioni di movimento sociale, si parlato, in particolare, della costituzione di forti legami di solidariet, di micro culture che fondano una comunit [Reynaud 1982], che permettono agli individui di superare solitudine e isolamento [Blumer 1978]; Zald e Ash 1966; J.Q . Wilson 1972]. Si genera in questo modo il meccanismo di con versione [Moscovici 1980] e il senso di commitment [Becker 1960; Ilougland e Wood 1980; Useem 1972].

Ili

trasgredite. Al momento della fondazione, ad esempio, i mi litanti si conoscevano luno con laltro e la loro solidariet era rafforzata da frequenti momenti di convivenza. A pro posito del mancato rispetto delle norme di sicurezza, uno degli ex-dirigenti di PI testimonia infatti che:
V isto che tutti h an n o letto lo sta tu to dei T u p a m a ro s, anche noi ab b iam o fa tto uno statuto, ma per riderci sopra allinizio. [,..] In e ffe tti, si risch iav a m o ltissim o; non ci ce rcavan o m olto, qu esta la verit [...] Per tan tissim o tem po io so n o sta to a ca sa m ia. D a clan d estin i, m olti di noi han no co n tin u ato a v ed ere le loro ra g a z ze, i loro am ici [...1 il p ad re e la m ad re, tu tte le d o m e n ic h e ".

Ci era poi ancora pi evidente nelle citt pi piccole: una militante di PI sottolinea la arm onia nel gruppo fio rentino dove ci si conosceva da sempre. Nelle strutture di base delle organizzazioni pi grandi, cos come nei gruppi di dimensioni pi ridotte, i militanti continuavano a vivere insieme la loro vita quotidiana, senza rispettare le norme di sicurezza. Nelle parole dei militanti intervistati, i rapporti con i compagni vengono definiti come dotati di fortissim e cariche emotive: rapporti umani assoluti, solidariet anche nelle cose piccole, rapporti slegati dalla sistem azione. Si parla di una sorta di generosit affettiva, cui dedicarsi con en tusiasmo:
C on un clima familistico di amicizia da bar si eran o co stitu iti in stru ttu re. L a sto ria di P rim a lin ea a S e sto San G io v a n n i una

storia di amicizia 11. Q ueste esperienze emotive si rafforzavano nei contatti frequenti. Vengono spesso ricordate, nelle interviste, espe rienze comuni durante le vacanze, grossa componente di convivialit, incontri, spinelli, scam pagnate, alle gro sodalizio, feste che seguono gli espropri nei superm er cati. Con dinamiche simili a quelle gi osservate nel capito lo precedente, ma con ancora maggiore dram m aticit a cau
10 Storia di vita n. 29, p. 37.
1 1 Storia di vita n. 3, p. 50.

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sa delle specificit dei gruppi illegali, i rapporti con i com pa gni aumentavano ancora di intensit, man mano che si ridu cevano le interazioni con persone esterne alla organizza zione. Non riesco a coltivare rapporti fuori dall'organizzazione. C o n i com pagn i d e llo rgan iz zaz io n e ci so n o anche rapporti di vita, so n o so p ra ttu tto rapporti di amicizia. Il p rim o em b rion e delle B r era fo rm ato da amici, gente che pi o meno abitava nello stesso quar tiere'2. Proprio lim portanza crescente di questi rapporti di soli dariet, il cui valore era accresciuto dalla condivisione di una comune m issione, com pensava ampiamente le rinun ce affrontate sul piano dei rapporti personali.
Io lim itazion i e rin u n ce sul p ian o p erso n ale ho co m in ciato a sen tirle d a la tita n te , cio d a [...] clan d estin o . P rim a era u na serie d i scelte, cio il fa tto d i tagliare il ra p p o rto con uno e p riv ileg iarlo con altri eran o scelte che, ti d ico , fra l altro, mi gratificavano".

Q uesti vincoli affettivi spingevano a forme sempre pi coinvolgenti di solidariet quando le conseguenze della co mune militanza in organizzazioni clandestine si facevano pi gravi per i propri amici. La dinamica, descritta qui di se guito, era quella della responsabilizzazione per le sorti dei compagni pi cari; dei sensi di colpa per i pericoli che essi vivevano e che si com battevano attraverso la ricerca di una eguale punizione:
Q u e sto tip o di intreccio con i miei amici per cu i, alla fin e della fiera, o tu tti siam o fuori o tu tti siam o d e n tro , e q u an d o re stiam o m et fu o ri e m et d e n tro , io non li abbandono i miei amici [...] si g n ifica v a co n tin u are a d e cid e re di b u tta rsi nel pozzo p erch , se gli amici erano caduti nel pozzo cred e n d o in una co sa in cui si cred ev a assie m e , se loro d ev o n o sta re in fo n d o e non p o sso tirarli su , p re ferisco essere sotto con loro: q u e sto an cora lo sta to d anim o per cu i, an cora pi tard i, nel 7 9 , n ell 8 0 , n ell8 1 , n ell 8 2 , tu avrai

1 2 Storia di vita n. 7, p. 9. 1 1 Storia di vita n. 4, p. 37.

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gen te che [...] co n tin u er ad esse re a rre sta ta facen d o esa tta m en te lo ste sso tip o di p e r c o r s o 14.

Le svolte nella direzione di un maggiore coinvolgimento nelle attivit dei gruppi armati hanno coinciso, ad esempio, con lingresso in latitanza di persone alle quali gli individui erano affettivam ente pi legati, in un susseguirsi di quelli che vengono definiti, nella intervista che segue, come gesti sacrificali da un militante che ricorda:
una p ro fo n d a m o d ificazio n e e strav o lgim en to d ella m ia v ita , nel se n so che io, d e d ican d o m i p raticam en te an im a e co rp o a qu esto tip o di im pegno connesso spiritualmente al mio amico latitante, a q u esta idea d ella n o stra v ita stra v o lta , in realt su cced e ch e p ra ti cam en te c una serie di im m agini virtu ali che si rin co rro n o a v i cen d a: la necessit, la legittimit, la giustezza e se vuoi anche la bel

lezza di quel tipo di gesto sacrificale15. In una partecipazione sempre pi coinvolgente alle atti vit delle form azioni armate si esprimeva poi, in forme sia materiali che simboliche, la solidariet verso i propri amici in carcere.
(L a d a ta im p o rtan te il d icem b re 1977) d a ta d zlYarresto di Stefano. Q u ella em o tiv am en te mi d ar una carica che poi in izier a sp in germ i a fa re le prim e azio n i a llin tern o d e llo rg a n iz z a z io n e 16. Io cred o che se G . non fo sse sta to in galera dal 7 7 , fo rse io e L . non avrem m o co n tin u a to p er ta n to tem po an cora. N e l sen so che q u an d o noi an d iam o in crisi nel 7 9 , per esem p io , il fa tto che ci fo sse Chicco in galera p er noi era un elem en to di g ro ssa c o n ti n u it, perch era un n o stro a m ic o 17.

Tuttavia, queste frequenti interazioni fra amici comin ciavano a divenire, con il passare del tempo, troppo perico lose per lorganizzazione a causa dei rischi che esse com por
14 15 16 17 Storia Storia Storia Storia di di di di vita vita vita vita n. n. n. n. 18, 18, 17, 26, pp. 58-59. p. 55. p. 15. p. 68.

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tavano in termini di possibilit di arresti. Una struttura or ganizzativa pi com partim entata imponeva quindi una rare fazione dei contatti nel gruppo. Com e testimonia un mili tante della prima fase delle Br, la forma organizzativa di quella formazione si era precisata:
N e lle sta te del 7 2 , a se g u ito dei prim i arre sti, q u a n d o ci si ac co rge ch e u na dimensione cos diciamo amicale dei rapporti, una di

mensione tutta familiare diciamo nellimpostazione politica e orga nizzativa non regge. A p p u n to nel 72 a rre stan o 15 p erson e, e ci
tro v iam o la m aggior p arte la tit a n t i18.

L incentivo di solidariet continuava allora a funziona re, ma in altra forma. D a una solidariet basata sulla fre quente interazione con il gruppo dei pari, si era passati ad una solidariet che spostava sullorganizzazione le cariche affettive prima fissate sui compagni pi vicini. L identifica zione avveniva allora con il gruppo pi in astratto, e non tanto con la singola organizzazione, quanto con la comunit di chi praticava la lotta armata. L indentit veniva cos mantenuta attraverso la lealt alla comunit com battente e rafforzata dai riferimenti ai compagni morti nel corso del la loro militanza in gruppi terroristi. Per esempio:
Q u an d o sei avv o lto nella sp irale, cio p ro p rio nella sp irale in cui tu su b isci e tu fa i, d iffic ile riu scire ad astra rsi e a giu d icare dal d i fu o ri i fa tti o gli ev en ti, perch in e ffe tti p er esem p io e p iso di com e la m o rte di M a tte o e B a rb a ra h an n o u n in cid en za e m o ti va n otevo le su di te, cio in e ffe tti si in n esca una sp irale d i v e n d e tta o di ra p p re saglia, p erch q u an d o sei nel gioco , gioch i in so m m a 19.

Un riferim ento privilegiato della solidariet divenivano inoltre i compagni in prigione, con cui ci si identificava tutti, a prescindere dalla precedente conoscenza personale. Frequenti sono le afferm azioni sul desiderio di uscire dalla clandestinit, vissuto come colpa e frenato per senso di re sponsabilit verso chi era stato arrestato. Viceversa, per
18 Storia di vita n. 5, p. 48. 19 Storia di vita n. 17, p. 33.

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chi era in carcere vi era il senso di responsabilit verso chi, fuori, continuava a rischiare la vita. Citiam o alcuni passi che descrivono in modo molto significativo questo intreccio di reciproci ricatti affettivi: Per si continua a combattere esattamente anche, soprattutto, per i compagni che sono in galera, per esempio. Questo ti d an che il senso: i Colp addirittura si fondarono su questa cosa. Fanno scelte di morte, di morte personale, a quel punto, esattamente su questa cosa qua, sulla solidariet con chi in galera, perch in realt tutta gente che sarebbe stata meglio se andava via, se andava allestero o si costituiva. E invece continua questa storia alluci nante che infatti finisce non a caso nellottobre dell82 a Firenze, quando ci ritroviamo tutti e quindi tutti insieme possiamo decide re che una esperienza finita. E quindi si chiude insomma. Non abbiamo pi dei problemi di ricatti gli uni con gli altri, di solida riet, che poi a un certo punto, prima solidariet, ma a questo punto diventano anche reciproci ricatti tra che dentro e chi fuori20. Era una situazione in cui eravamo favorevoli ad una dichiara zione di scioglimento, di fine dellesperienza, poi ci fu un docu mento fatto da coloro che erano rimasti fuori che invece era asso lutamente oltranzista, continuista, non ce la siamo sentiti di sot trarci moralmente a questa recriminazione loro, e il tutto avvenuto anni dopo21. Ricordo dei documenti che serissimo nellestate dell80 [...] in cui si riaffermava tutta la nostra solidariet allorganizzazione, pur non avendo una conoscenza di quello che era il dibattito allo ra allinterno dellorganizzazione, cio fu veramente un gesto pura mente solidale nei confronti dellesterno22. La solidariet verso il piccolo gruppo dei compagni del lorganizzazione ha influenzato, inoltre, i processi di allon tanamento dalla lotta armata nelle carceri. Frequenti nelle interviste sono le affermazioni sul fatto che non ci si disso cia da soli, si aspettano gli altri, per non lacerare i rap

20 Storia di vita n. 26, p. 69. 21 Storia di vita n. 29, p. 48. 22 Storia di vita n. 17, p. 35.

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porti interni con gli altri detenuti, per aspettare un pro cesso di maturazione collettiva, per ridurre il peso del ri conoscimento degli errori. A proposito della sua iniziale posizione di rifiuto di ogni autocritica, dichiara una militan te di PI:
E ro d u rissim a perch so stan z ialm en te p en sav o che invece q u e sto elem en to di co esio n e, di so lid arie t pur nella re sid u alit orm ai, pur nella so p rav v iv en z a, a n d a sse m an ten u to sald o [...] Io mi se n tiv o , ap p u n to , una che d o v e v a salvare a tutti i costi quel col lettivo, d o v ev a a tu tti i co sti salv are qu elle relazion i [...] Per me eran o relazion i che p ro v en iv an o dal 7 2 - 7 3 , cio voglio d ire , era anche una vita fatta insieme, in tu tte le sc e lte 2*.

La lealt alla com unit si combinava con un tipo di in centivo, che si pu definire di continuit, nel rallentare i processi di allontanamento dalla lotta armata. Le caratteri stiche della partecipazione nei gruppi armati producevano, infatti, dei meccanismi psicologici di non-ritorno. U tilizzan do la terminologia di H irschm an24, si pu dire che il forte investimento iniziale riduceva la propensione a meccanismi di exit. Le organizzazioni clandestine riuscivano a sopravvi vere attraverso sempre maggiori richieste di investimento personali. Le pi alte barriere d entrata e i pi alti sacrifici facevano crescere il livello delle ricompense attese. Q uando queste ricompense non arrivavano, un meccanismo psicolo gico funzionava nel senso di spingere a rilanciare aumen tando linvestim ento, piuttosto che a ritornare indietro, ri nunciando a tutto. L impegno era, cio, mantenuto perch labbandono avrebbe com portato dei costi psicologici altis simi, dato il prezzo che era gi stato pagato per la partecipa zione alle azioni armate. Anche su questo, le storie di vita offrono molte testim onianze significative:
Poi in terv en u ta tu tta u na serie di sensi di colpa p er il fa tto di lasciare q u e sto tip o d i a ttiv it e per i co sti che av ev a c o m p o rta to d a una p arte e d a ll altra, q u in d i anche d e\Vinutilit delle cose

fatte2' .
- ' Storia di vita n. 26, pp. i l - ) } (passim). -4 In Ilirschman [1970], ' 21 Storia di vita n. 19, pp. 2 e 63.

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L unica possibilit di riscatto ch e ho io, d a un p u n to di v ista m orale, sia per la vio len za e se rcita ta ch e per q u ella su b ita [...] l'andare fino in fondo2b.
C o s n ell au tu n n o d e ll 8 0 mi trov ai con un m an d ato d i ca ttu ra su lle spalle [...] im m erso e so v ra d e term in a to in un m eccan ism o pi gran d e di m e ch e in p arte se n tiv o o stile m a in p arte acc ettav o , anche com e unica p o ssib ilit di p ro sp e ttiv a , d a to ch e la p a rte c ip a zione alla v ita d e llo rgan iz zaz io n e e alla su a rip ro d u zio n e era l u n ica g aran zia m ateriale d i so p rav v iv en z a in lib e rt. C o n tin u a v a in oltre ad esse re p rep o n d era n te, com e co n vin zion e id eologica qu ella di d o v ere proseguire sulla strada intrapresa p er tro v are, o m e glio ten tare di trov are u na ragione a posteriori del mio precedente

coinvolgimento nella morte di un uomo21. Solo il senso di lealt alla comunit della lotta arm ata perm etteva cio di mantenere unimmagine della realt in cui i costi gi pagati potevano essere occultati, gli omicidi ancora definiti come giustizia proletaria, la probabile in carcerazione come una tappa nella lotta per la liberazione. E questo dava anche la possibilit di conservare, da un lato, il rispetto di se stessi e, dallaltro, la certezza dellimpunit per i propri crimini. A questo proposito appare anche signi ficativo che, nonostante il raggiungimento di una posizione di critica della lotta arm ata e di forte ripensamento sul pas sato, sia comune, nelle storie di vita, lespressione di un giu dizio finale globalmente positivo sulla propria esperienza. Pure questo consente, infatti, di mantenere il rispetto per se stessi, di non mettere in crisi la propria iden tit28. C i tiamo solo alcuni esempi, di una posizione rintracciabile tut tavia nella maggior parte delle storie di vita raccolte:

26 Storia di vita n. 18, pp. 73-74. 27 Storia di vita n. 14, p. 19. 28 Anche in un recente saggio sulle motivazioni alla partecipazione in gruppi clandestini, ego involvement e auto-rispetto vengono considerati come fattori che spiegano la loro persistenza. Tra gli altri fattori, vengo no individuati in maniera simile a quanto emerso nella mia ricerca timori di perdita dellapprovazione del gruppo dei pari; crescente chiusu ra del gruppo e dipendenza da esso; senso di appartenenza accresciuto da esposizione a rischi comuni. Cfr. Crenshaw [1988].

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Credo che sarebbe molto brutto se arrivati a questo punto uno dovesse semplicemente dire bo fatto un mucchio di stronzate, non ne ho azzeccata una, guarda che scemo che sono stato, adesso basta volto pagina, non voglio pi saperne29. Pur tra mille errori e contraddizioni, non rinnego assolutamente nulla di quegli anni-, sono stati e sono patrimionio integrante della mia vita di donna che non mai riuscita ad accettare le cose come si rappresentavano, ma che ha tentato, pur attraverso degli errori, di contribuire ad una trasformazione. Queste esperienze moltepli ci sia sul piano politico che sul piano personale mi hanno profon damente maturata e, spero, arricchita. Anche se rispetto al passa to c stata unautocritica seria, tutto quel patrimonio ideale che mi aveva portato a questa scelta di campo continua questo s a vivere e a consegnarmi quella forza vitale che mi ha consenti to di percorrere questi lunghi anni tra difficolt e sofferenze senza perdere la dignit e la mia identit. E il bilancio comunque, da una parte ci perdi e dallaltra ci guadagni perch maturi, perch cresci perch ti arricchisci di un patrimonio umano, di un patrimonio di conoscenze51.

3. G li incentivi ideologici e l integrazione dei militanti Un secondo meccanismo che serve a ridurre la percezio ne che i militanti hanno di alcuni costi lideologia. Si spesso parlato, rispetto ad altre organizzazioni politiche, dellim portanza di incentivi ideologici che accrescono la op portunit di sovrastim are la propria missione; semplificano la com plessit del reale, riducendo il numero di inform azio ni che sarebbero necessarie per agire; e forniscono dei sim boli adeguati a rispondere al proprio bisogno di identit co me concezione di s conferm ata socialmente e di focalizzazione su un valore superiore52.
29 Storia di vita n. 28, p. 98. 50 Storia di vita n. 24, p. 64. !l Storia di vita n. 6, p. 71. i2 Sulle caratteristiche e il funzionamento dellideologia nelle orga nizzazioni di movimento sociale, si vedano, fra gli altri: Klapp [1964; 1972]; Merelman [1969]; J.Q . Wilson [1972]; Coser [1974]; Boucher

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Si sosterr nel corso di questo paragrafo che, nel caso delle organizzazioni clandestine di sinistra in Ita lia , gli incentivi ideologici hanno ridotto alcuni costi della parteci pazione attraverso: a) la giustificazione della violenza fino allomicidio politico; b) una semplificazione e mistificazione della realt; c) lenfatizzazione del ruolo del soggetto rivo luzionario. Si gi osservato che la possibilit di uccidere altri esse ri umani viene considerata, da chi non partecipa alle orga nizzazioni clandestine, come uno dei costi pi alti della par tecipazione ad esse. Una delle funzioni degli incentivi ideo logici offerti dalle organizzazioni clandestine era proprio quella di convincere della legittim it di uccidere. C i passa va, in primo luogo, attraverso la giustificazione dei pi alti livelli di violenza come adeguati alle tradizioni del movi mento operaio e lattribuzione alla lotta armata di una sorta di funzione positivisticam ente evolutiva, in ogni caso ade guata alla congiuntura storica54. Le biografie mostrano co me la legittim azione della violenza venisse ricercata attra verso i riferimenti alla sua teorizzazione ed utilizzazione nel passato. Nelle due citazioni che seguono questo espediente appare interiorizzato dai militanti:
In q u e sto sostenuti anche da illustri pezzi d appoggio letterario, di storia del movimento operaio d o v e ap p are p erfe tta m e n te le g itti m o, co n so n o alla sto ria del m ovim en to o p e ra io q u e sto a sp e tto , cio una v o lta sta b ilito che la co n d izio n e sto rica au to riz z a q u esto tip o di o rgan izzazio n e, le altre so n o co n segu en ze tecn ich e, d a v e d e re con g ro sso d is t a c c o 5. [1977]; Beteille [1978]; Clegg e Dunkerley [1979]; Mair [1979]; Pane bianco [1979]; Manning [1980], Pi in particolare sulle organizzazioni clandestine, Hoffman [1982; 1986]; Hopple e Steiner [1984]; dalla Chie sa [1984]; Ferraresi [1984]; Sidanius [1985]. H Come fonte sono stati usati, oltre ai documenti manoscritti delle organizzazioni clandestine citati in appendice, alcuni documenti pubbli cati dai loro leader: Collettivo prigionieri comunisti delle Br [1980]; Coi e altri [1983]; Pirri Ardizzone e Caminiti [1979]. 4 Unanalisi delle giustificazioni ideologiche per luso del terrori smo, condotta attraverso lutilizzazione di alcune storie di vita di militan ti delle organizzazioni clandestine di sinistra in Italia, contenuta in C a tanzaro [1988]. 35 Storia di vita n. 12, p. 21.

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Il p roblem a era qu ello di assu m ere delle tecniche di id e n tific a zion e, cio fornire delle immagini nelle quali ci si potesse riconoscere [...] era sem p licem en te un m o do di farsi riconoscere, era un m odo per parlare un linguaggio comune che magari se p aratam e n te n essu no av re b b e p arlato. E r a un m o do per identificarsi anche con la sto

ria, la tradizione, con una parte dei movimenti trasformativi di questo secolo l< . Un secondo meccanismo attraverso il quale gli incentivi ideologici servivano a legittimare la violenza contro le per sone era una sorta di spersonalizzazione degli individui col piti, considerati solo in relazione alle loro funzioni nel com plesso meccanismo del sistem a capitalistico. Nei documenti dei gruppi terroristi gli esseri umani erano cos presentati come ingranaggi del sistem a, con una disumanizzazione evidente nelle aggettivazioni attraverso le quali si qualifica vano i nem ici: porci, m aiali, cani da guardia. In un sistem a ideologico che assolutizzava la contrapposizione am ico/nem ico,7, gli esseri umani feriti o uccisi venivano considerati non come individui in carne ed ossa, ma come simboli. I seguenti lunghi brani, tratti da due biografie, mo strano quanto profondam ente i messaggi ideologici venisse ro interiorizzati dai militanti. Nel primo, viene infatti de scritto il meccanismo di rimozione della idea stessa della morte delle persone, attraverso il riferimento alle vittime non come esseri umani ma come funzioni, ruotelle di un ingranaggio:
N o i v ivevam o il p rob lem a d ella m orte allin tern o di una g ra n d e id eologia, per cu i, non lo so , io mi so n o tro v ata d ire tta m en te ad am m azzare delle p erso n e, in p rim a p erson a. [...] In re alt, il p rob lem a d ella m orte, per esem p io , v issu to com e m om en to di a n g o scia, mi ha to ccato so lta n to nel m om en to in cui per esem p io sta to [...] il p rob lem a d ella m orte dei m iei com pagn i [...] Il p ro b le m a d ella m orte che si accom p ag n a a ll id eologia esa tta m en te q u e sto. C io l d o v e tu am m azzi una p erson a ecco, io so n o una dei d u e sp a ra to ri d ire tti d e ll agen te L o R u sso di T o rin o p er esem p io , Storia di vita n. 29, pp. 35-36. 17 La categoria di amico-nemico stata elaborata, come noto, da Schmitt [1981]. Questo concetto stato applicato allo studio del terrori smo italiano da Manconi [1988].

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l ho am m azzato , m e lo rico rd o com e se fo sse a d e sso q u e sto m o m ento, co m u n qu e ti giuro che non ho v issu to , p er esem p io , q u esta co sa che per me era il prim o o m icid io d ire tto che fa cev o [...] q u el lo m icid io io l ho v issu to an cora dentro la logica della funzione, perch era un agen te di cu sto d ia , perch era n o to , va b eh , com e un co sid d e tto to rtu ra to re com e si d ice v a allora, e q u in d i avevo tu tte le giu stifica z io n i d e ll id eologia. Per cui per m e o p erare p ri ma nei term ini an ch e di non am m azzare d ire tta m en te la gen te, ma o p erare di testa sa p en d o b en issim o ch e c eran o altri che poi d o p o com un qu e l av re b b e ro [...] p er me era com e svolgere una rou tine di lavoro. E q u esta p ro p rio lab errazio n e, la co sa allu cinan te d e ll ideologia, p erch tu hai u n id eologia per cui tu sei d a una p a r te ci so n o gli am ici e d a ll altra ci so n o i nem ici, e i nemici sono

una categoria, cio sono delle funzioni, sono dei simboli, non sono degli uomini. E q u in d i tra ttare q u e ste p erson e con la sim b o lo gia
d e llasso lu ta n em icit fa s che tu hai un ra p p o rto di a sso lu ta a strazio n e con la m orte. Per cui se io p ro b a b ilm en te fo ssi an d ata a fare l im piegata al c a ta sto , invece di an d are a fare l o m icid a, per me sareb b e sta ta la ste ssa co sa, per cui una sc issio n e allu cin an te tra q u esta co sa qui nel sen so che io u scivo la m attin a d a casa, e per i ruoli che avevo io, a n d av o a co n trollare le p erso n e , a p re p a rare le op erazion i ecc. Q u a n d o non an d av o io d ire tta m e n te in p ri ma p erson a a co m piere degli om icid i ev id en tem en te. Poi m e ne to rn avo tran q u illam en te a ca sa , mi facev o la m ia v ita [...] che era quella di una n orm ale do n n a di ca sa *K .

Q uesta ideologia, profondam ente interiorizzata, per m etteva di presentare la propria partecipazione anche alle azioni pi crudeli, come realizzazione di atti di giustizia. La rimozione del rimorso per gli assassinii commessi era le gata anche a tutta una serie di pratiche concrete, di cui pure consisteva lattivit terroristica,, che rendevano i crimini anche pi brutali delle necessit quasi burocratiche, ridu cendo nella coscienza la percezione di una propria respon sabilit individuale. Ci emerge in questo secondo brano, in cui vengono minuziosamente descritte le varie fasi che precedono gli attentati contro persone:
A d una esig en za di tip o p o litico tu fai conisponderc una perso na. C io oggi ho il p ro b lem a di a ttac care la D em o craz ia cristian a

'* Storia di vita n. 26, pp. 62-63.

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nel quartiere che fa un certo tipo di discorso ma non che te la vai a prendere con i muri [...] allora vediamo chi che fa questo discorso e quindi vai, cio tu cominci praticamente a cercarlo, co me se alzassi le antenne ricettive per capire da dove arriva questo messaggio, allora leggi i giornali partecipi in maniera clandestina alle riunioni di queste persone qui, cerchi di vedere e di capire, poi lhai individuata e quindi fisicamente individuata, quello il responsabile, lui in questo momento, c gi una logica di pro cesso in cui non c rapporto, in cui tu gi da prima hai deciso che quello il colpevole quindi arrivi e quello che ti differenzia la pena, cio che pena do a questa persona colpevole di queste cose? Vai l e assumi questo senso di giustizia, di giustizia molto carica cio quella giustizia che non solo a te ti colpisce perch hai fatto quel giorno quella determinata cosa, ma per tutti i discorsi che ci sono dietro, quindi in realt non pi neanche quella persona, quella per sona viene svuotata e gli vengono immesse delle altre colpe, delle re sponsabilit. Perci ci arrivi da un percorso di individuazione fisi ca delle responsabilit di quella persona, per gliele svuoti, gliele togli, diventa unaltra persona, diventa un'altra cosa [...] piccolo in granaggio di quella macchina mostruosa che ci sta distruggendo tutti [...] In realt arrivato a quel punto non puoi essere coinvolto total mente, non ti fai prendere dallemozione, sei uno che fa della giu stizia, che afferma dei valori e quindi non ha posto per lodio [...] sotto sotto dici son costretto a fare questa cosa . Un secondo modo attraverso cui lideologia dei gruppi armati sembra avere funzionato come incentivo allintegra zione dei militanti lam biguit che permette la m istifica zione della realt. E stato osservato che lambiguit un elemento spesso presente nelle organizzazioni politiche, so prattutto in quelle meno dotate di risorse materiali, perch permette di definire le sconfitte come vittorie, filtrando co s le smentite provenienti dallestern o40. C i vero per le ideologie dei gruppi clandestini italiani, dove essa era legata soprattutto allastratta riproposizione di dottrine generali prese in prestito dai classici del pensiero di sinistra, alla mancata individuazione delle tappe che devono portare alla rivoluzione, ad immagini ottim istiche della realt. Nei

w Storia di vita n. 27, p. 45. 4 1 1 Cfr. Gerlach [1970]; Lofland e Stark [1965]; Simmons [1964],

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documenti si parlava, infatti, di tanto peggio, tanto me glio, salto di qualit, proletariato vincente, prossim a vittoria. E le immagini che i militanti mantenevano erano quelle che parevano confermare la giustezza delle scelte del lorganizzazione attraverso i suoi presunti successi. C i as sumeva principalmente due forme: lafferm azione del radi camento dellidea della lotta armata in un movimento di m assa e quella dellesistenza di risultati positivi e tangibili prodotti dalle pratiche terroriste. D iffusissim i sono ancora nei ricordi di oggi degli ex-mi litanti i riferimenti alle simpatie che la lotta arm ata riscuo teva anche fra molti che non vi partecipavano direttamente. Ecco alcune citazioni in cui larea dei sim patizzanti della lotta armata viene ricordata come estremamente ampia, co me denota luso di termini quali centinaia di persone, larghissim a legittim azione, livello di m assa:
E ra v a m o radicati. A v ev am o u na p resen za reale alla F ia t, alla Pirelli. C il rapporto con la classe. A vev i le tue b rig a te in fa b b r ic a 41. Il giorn o d o p o l om icid io d i P ed en o v i, anzi il p o m erig gio p e r ch lui fu u cciso al m attin o e la m an ifestazio n e fu al p o m eriggio , c eran o centinaia di persone che davano pacche sulle spalle a quelli che loro id e n tificav a n o n ellarea in cui sareb b e p o tu ta avven ire una co sa del g e n e r e 42. E r a un meccanismo di larghissima legittimazione-, qu ella sera ch e m orto L o R u sso , io ero a n d a to a llu n iv ersit a T o rin o [...] Il giorn o d o p o , q u a n d o alla m an ife stazio n e arriv a ta la n otizia che era m orto q u e sto della D ig o s, sta ta una co sa a cc o lta, alm eno d al p u n to di v ista em o tiv o , com e fatto proprio4'. N el g iro di p och issim i m esi si com in ci a to cc are con m ano che era un'ipotesi che poteva sfondare [...] attecchire su un livello, d iciam o, di massau .

41 42 41 4 -1

Storia Storia Storia Storia

di di di di

vita vita vita vita

n. n. n. n.

7, p. 9. 29, p. 30. 29, p. 44. 28, p. 41.

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Le azioni dellorganizzazione erano sempre presentate come vincenti, utili alla lotta. Anche nel ricordo, si sottoli nea la presenza di risultati immediatamente positivi ottenu ti tram ite azioni armate. Per prendere solo un esempio, ecco ancora un brano da una storia di vita:
S u llo n d a di q u esta c o sa qu i co m in ci a p ren d ere co rp o una d iscu ssio n e in q u e sto gru p p o d i op erai sulla p o ssib ilit di fare d e l le co se co n tro i cap i ch e pi so sten ev an o un atte ggiam e n to anti-op eraio. E b ru ciam m o le m acchine d i alcuni d i loro [...] Q u e sti prim i tipi di violen za avevan o un ra p p o rto d ire tto con le co n d iz io ni m ateriali in cui viv ev a la ge n te, cio v o glio d ire ch e un capore

parto a cui veniva bruciata la macchina, diventava pi remissivo4\ L immagine che si riusciva cos a instaurare nei militanti era quella di continue vittorie, dellorganizzazione, del pro letariato, della rivoluzione. Invece, le sconfitte sia delle or ganizzazioni clandestiche che dei movimenti collettivi a cui esse facevano riferim ento venivano negate o, al massimo, considerate come indicatori della necessit di attrezzarsi ad una fase diversa. Significativo il riferimento di uno dei dirigenti di PI al fatto che perfino il progressivo isola mento da una pur ridotta base di sim patizzanti venisse pre sentato come una condizione positiva per lorganizzazione:
A v ev am o in iziato u na d iscu ssio n e ch e, a p en sarci d o p o , m i fa ce v a ra b b riv id ire sul fa tto ch e fo sse ven u to m eno qu el tip o di in treccio (con la so ciet civile) e ch e p ro p rio q u esta ro ttu ra a n d a sse a ffe rm ata e a n d a sse sa n z io n a ta e tutto quello che si separava da

questa dinamica, andasse attaccato perch ormai si rappresentava co me nemico, anzi com e u nico n em ico cap ace d i co n so lid are uno
sch ieram en to so ciale co n tro d i n o i4'.

Della sconfitta venivano percepiti alcuni segni immedia ti, che nei racconti sono i compagni che cominciano a be re, leroina che penetra l ambiente della sinistra rivoluzio naria, le defezioni sempre pi frequenti. M a, tuttavia, anche questi sintomi erano rimossi:

45 Storia di vita n. 29, p. 25. 4 < > Storia di vita n. 29, p. 43.

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Non si ha la sensazione della tragedia, n o n o stan te che le a v v isa glie c eran o gi sta te [...] p er so n o fa tti ch e so n o mantenuti un po' alla periferia della coscienza, so n o v isti com e in c id e n ti in un certo sen so n e c e ssa r i47. Il meccanismo attraverso cui la mistificazione della real t veniva realizzata era la selezione delle fonti di inform a zioni, che diventavano sempre pi quelle dellarea ristretta di persone con cui si era in relazione. La clandestinit, ridu cendo al massimo i contatti con lesterno, faceva della orga nizzazione terrorista stessa o dellarea della lotta arm a ta lunica erogatrice di notizie48.
C era d iciam o un a v v ita m en to su m e ste sso o un avvitamento di gruppo [...] io fre q u e n ta v o sp essissim o in tantissime occasioni tantissimi ambiti di compagni, compagni, sempre compagni [...] co m pagni con alcune m ie ce rtezze p er cui ven iva un p o ch in o fuori una logica di gru p p o o u na logica di co m pagn i [...] ch e facev a s che fo sse sem p re co n fe rm a ta q u esta c e rte z z a 49. A vere co stru ito uno scen ario im m agin ario in cui gio care una c o n fu sa id ea di lib erazio n e d e ll uom o. S i era fu o ri dal m on d o d e l la r e a lt 0.

Com e descritto nella citazione che segue, queste conti nue mistificazioni non passavano attraverso le macro rap presentazioni su grandi trasform azioni sociali da realizzare, ma piuttosto attraverso una serie continua di piccole bu gie sul proprio presunto radicam ento:
E r a u na somma di piccole menzogne, di piccole bugie nel sen so che ogn u n o [...] ten d e v a , in gen ere ad accred itare l im m agin e di u n organ izzazio n e pi ra d ic a ta nella so ciet, ch e g o d e v a di pi

47 Storia di vita n. 12, p. 27. 48 La selezione delle fonti di informazione funziona insieme ad un altro meccanismo che presiede allanalisi delle informazioni, cio al cos detto meccanismo della coerenza cognitiva, che porta a resistere ad infor mazioni che possono mettere in discussione la propria immagine della realt. Cfr. Crenshaw [1988]. 49 Storia di vita n. 8, p. 48. 50 Storia di vita n. 10, p. 15.

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sim p atie , che av ev a pi fian ch eg g ia to ri, che su sc ita v a pi co n se n so di q u a n to in realt fo sse ; m a q u e sto non si realizzav a attra v erso gran d i b u gie, m a a ttra v e rso p iccole b u gie ch e uno racco n tav a a se ste sso [...] m a lo sai [...] che la p o rtin a ia h a ca p ito b en issim o che so n o un b rig a tista , p er non d ice n iente e, an zi, se ved e un p o li z io tto fa in m an iera di av v e rtirm i? L o sai ch e al b a r h an n o ca p ito chi so n o e q u an d o arrivo l il b a rista mi o ffre un b icch ierin o g ra tis? L o sai ch e nella fa b b ric a , q u a n d o h an n o g a m b iz z a to il tale, han no sta p p a to una b o ttig lia di sp u m a n te ? 51.

Un terzo tipo di incentivo ideologico che ha motivato la prosecuzione della militanza stato, infine, la enfatizzazio ne del ruolo dei singoli membri di gruppi clandestini. La giustificazione dellazione non appare legata alla presenta zione dellimmagine di una societ futura da costruire. C o me si rileva in diverse interviste, ci che sarebbe successo dopo che si fosse realizzata la rivoluzione non era che vaga mente definito e riscuoteva scarsa attenzione sia nei docu menti delle organizzazioni che nei dibattiti allinterno.
Io im m agin av o il m o m en to m assim o d ella gu erra civile [...1, im m agin av o una situ azio n e, p er fare un p arag o n e, tip o B e iru t. E c co non riuscivo a immaginare il comuniSmo, non lo riu sciv o a im m a g in a re 52. C i che noi ci p refig u rav am o era q u alch e c o sa di estremamente vago perch al di l della rottura rivoluzionaria non si andava. N on c era m ai sta to un d isc o rso su ch e co sa noi in ten d evam o per so c ie t co m u n ista, so ciet riv o lu zio n aria. T u tti i n ostri d isco rsi eran o in n egativ o sulla so ciet p resen te ; m a non eran o mai in p o sitiv o su d i u na ev en tu ale so ciet f u t u r a 55. [Il p ro b lem a del d o p o] era u na co sa abbastanza personale d o v e tu eri favorito dalle tue fantasie [...] D ic ia m o ch e non eran o allo r d in e del giorn o q u esto tip o d i co se p erch ap p u n to in gen ere p a r lavi d elle co se g io rn a lie re 54.

51 52 53 54

Storia Storia Storia Storia

di di di di

vita vita vita vita

n. n. n. n.

11, p. 38. 4, p. 37. 16, pp. 111/15-16. 2, p. 31.

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L ideologia produceva, piuttosto, la definizione del ruo lo del militante dei gruppi armati come eroico. Ci si rea lizzava in forme simili a quelle gi riscontrate in altri piccoli gruppi, in particolare nelle sette, attraverso la diffusione di simboli e messaggi che enfatizzano ideali quali una vita vis suta al di fuori della norma; leroismo individuale; il corag gio come dovere del credente; il sacrificio come comune sofferenza55. M an mano che le sconfitte esterne diveniva no sempre pi difficili da negare, si accentuava la considera zione positiva data a valori quali avventura, attivism o, sa crificio. In primo luogo, veniva cos esaltata luscita dal quotidia no, lo spirito di avventura. In questa biografia, ad esempio, il pericolo connesso alla militanza in una organizzazione ille gale diventa in s gratificante perch espressione di una vita dinam ica, in contrapposizione alla vita piatta e noiosa dei coetanei. Il gruppo che si compatta su dei comportamenti che sono di versi, trova una propria identit in questi comportamenti e si su blima in questi comportamenti e tutto sommato li esalta, ne fa una ragione di essere [...] Anche il fatto di essere unorganizzazio ne clandestina diventa una questione gratificante sotto un certo punto di vista perch sei un operativo, perch una vita abbastanza dinamica, ecco non fai una vita piatta e noiosa56. In secondo luogo, le storie di vita mostrano tutte quanto impegnativa fosse lattivit nelle organizzazioni clandesti

55 Nel caso delle sette si parlato, inoltre, di meccanismi di raffor zamento dellimpegno quali la rinuncia, come isolamento fisico dal resto del mondo; la comunione, attraverso la quale si diviene parte del gruppo; la mortificazione, nella cerimonia d iniziazione e nella punizione pubbli ca di chi ha sbagliato; la trascendenza come rinuncia alla propria capacit di decidere a vantaggio del gruppo, in cui il potere esercitato da leader misteriosi e non controllabili [Kanter 1968; 1972]. Fra i saggi che si sono occupati di questi fenomeni, e la cui lettura risultata utile anche per una interpretazione di alcuni aspetti del funzionamento delle organizzazioni clandestine, si vedano: Aubert [1965]; Baffoy [1978]; G ist [1938]; Hazelrigg [1969]; O Toole [1977], Simnjel [1950]; B.R. Wilson [1959; 1961], 56 Storia di vita n. 6, p. 46.

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n e. C o m e si d e t t o , l a t t i v i s m o n o n e r a t a n t o l e g a t o a lle n e c e s s it o r g a n i z z a t i v e , m a e r a p iu t t o s t o v a l u t a t o p o s it iv a m e n t e p e r il s u o v a lo r e s im b o lic o d i c o n t r a p p o s iz i o n e a lla r i n u n c ia a ll in t e r v e n t o p o lit ic o d a p a r t e d i c h i n o n a v e v a s c e l to la l o t t a a r m a t a . L e s a l t a z i o n e d e l l a z io n e in s si r i f l e t t e v a , in p r im o lu o g o , n e lla g r a n d e im p o r t a n z a a n c h e s im b o lic a d a t a a lle a r m i e a ll a z io n e m ilit a r e . S o p r a t t u t t o n e l c a s o d e i m ilit a n ti u o m i n i 57, n e lle i n t e r v i s t e si s o t t o lin e a il f a s c in o c h e le p is t o le e s e r c i t a v a n o su s e s t e s s i e su g li a ltr i:

La cassettina con tutta lideologia bella pronta, i documenti: tutte ste cose qua: non per quello che uno sceglie di fare la lotta armata [...] C un altro tipo di lavoro che tu fai con una certa meccanicit perch lhanno fatto gli altri con te, poi lo fai tu con gli altri, e credo che sia quello che poi fa entrare le persone e poi ti gratifica a te e cio dai questimmagine della latitanza chiss co me fosse, ti rendi agli occhi degli altri come depositario di grandi segreti, dai unimmagine di potenza [...] Io credo che la cosa che ha fatto entrare questi compagni pi in contatto non fu tanto le chiacchiere, ma fu che gli insegnai a usare gli esplosivi [...] Tutta quella atmosfera di curiosit [...] la curiosit che ti spinge, ti avvi cini, ti avvicini e ti trovi dentro. Le armi hanno un fascino in s, che poi un fascino che ti fa anche sentire in qualche modo pi non so come si pu dire pi virile, tanto vero che, come a tutti, anche a me mi capitava [...] di farle vedere alle donne per tentare, appunto, di conquistarle5 '1 . C questa immagine dell 'arma che ti da pi forza pi possibili t che comunque la cosa pu rompere questa realt di accerchia mento, di oppressione e di reazione'".
Sembrerebbe esserci, in questo caso, una differenza tra gli uomini e le donne, le quali usano spesso toni molto critici nel ricordare il fascino che le armi esercitavano sui loro compagni. E per difficile dire quanto queste differenze esistessero in realt, e quanto non siano invece enfatiz zate nel ricordo per confermare unimmagine pi consona ad alcune con vinzioni diffuse sullesistenza di specificit femminili. Su questo punto, e pi in generale sulle caratteristiche della militanza delle donne nelle or ganizzazioni clandestine in Italia, si veda della Porta [1988b]. ,K Storia di vita n. 1, pp. 48-49. Vl Storia di vita n. 16, p. 79. wl Storia di vita n. 27, p. 33.

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L ideologia interiorizzata dai militanti spingeva a cerca re le conferme della positivit del proprio ruolo e dei propri personali successi sul piano della riuscita militare delle azio ni. Com e si legge nelle seguenti due citazioni, gratificazio ni e soddisfazioni venivano dal piano m ilitare.
T e n d i a tro v are poi i tuoi m om en ti di gratificazione unicamente sul piano militare, q u a n d o vai a fa re delle c o se 61. Il fa tto d i ved ere qut\V affare incendiato cadere era una specie

di soddisfazione1 '2. Un terzo meccanismo, infine, attraverso il quale lideo logia consentiva la giustificazione del proprio ruolo, al di l delle evidenti sconfitte, era il valore assegnato al sacrificio individuale, esaltato peraltro da molta letteratura sui rivolu zionari di professione. Lo spirito di sacrificio come dovere del rivoluzionario presente in diversi racconti, e con parti colare evidenza nelle parole di un ex-dirigente delle Br.
Io am avo il m io lav o ro , stu d ia v o , mi riten evo eco n o m icam en te so d d isfa tto , non avevo n essu n a am b izio n e di gu a d a g n o u lte rio re e m i riten ev o la p erso n a pi fo rtu n a ta del m on d o, p ro p rio sen za la m in im a fru stra z io n e [...] non tro v av o a ffa tto a ttra e n te fare la lo tta arm ata, anzi d ice v o m ale d iz io n e , p ecc ato ch e m i tocchi fa r la p rop rio a m e (ma) la riten ev o u na scelta coerente, la riten ev o una scelta giusta, [...] la riten ev o u n a scelta p o ssib ile e la riten evo

una scelta che chi aveva coscienza di tutta una serie di cose doveva farehi. Si pu anche osservare che lenfasi sulletica del sacrifi cio aum entata nella fase finale del terrorismo, quando la consapevolezza degli insuccessi delle organizzazioni clande stine e dei pericoli, anche materiali quali arresto e morte, per i loro militanti apparivano con uninnegabile evidenza. Il proprio ruolo era quindi percepito, in questi momenti de scritti nelle storie di vita, come un gesto impulsivo di ribel

61 Storia di vita n. 5, p. 57. 62 Storia di vita n. 2, p. 28. 63 Storia di vita n. 11, p. 28

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lione, per tenere vivo il momento rivoluzionario, per resistere alla pacificazione, per mantenere la presenza. Gran parte della storia era pura coreografia perch da un lato si diceva: s, la situazione politica non quella ideale per la costi tuzione di formazioni rivoluzionarie eccetera, per daltro canto [...] ci deve pur essere qualcuno che tiene vivo il movimento rivoluzionarioM.
D iciam o che d a ll 8 0 in poi si p arla so lam en te di re sistere [...] non c la rivolu zion e in tesa in q u a n to a v a n za ta A n d iam o avan ti [...] siam o belli, siam o ta n ti, non siamo n belli n tanti, siamo dei poveri disgraziati che si in co n tran o e d ico n o V a b eh , v ed iam o di fare qu alch e co sa per re siste re p erlom en o in q u esto p erio d o in a t tesa , cio n atu ralm en te la v o ran d o p erch u na situ azio n e di m o vi m en to riv o lu zion ario si v ad a a ricre a re [...] S e vo gliam o sin te tiz zare in u na p aro la d o rd in e resistere a tutti i costi senza farsi rias

sorbire nella pacificazione^. Assumeva dei caratteri da caso psicologico, per cui pi ci inde bolivamo, pi ci autoresponsabiliziamo, pi decidiamo che co munque c un problema di mantenimento di presenza del discorso, di continuit di cose66.

4. G li incentivi materiali e l integrazione dei militanti Per quanto riguarda il mantenimento delladesione al gruppo clandestino, particolare rilevanza hanno avuto, infi ne, le restrizioni materiali alluscita. Non casuale che, se condo i nostri dati, il percorso dentro lorganizzazione clan destina sia proseguito fino ad una rinuncia alle attivit cri minali nella maggior parte dei casi involontaria, cio legata allarresto o alla morte. Le ragioni ipotizzabili per questo non-ritorno sono diverse, di tipo sia psicologico che m ate riale. Delle prime, collegate allalto investimento iniziale, si gi detto. Quelle materiali riguardano soprattutto i rischi di arresto, lassenza di altre fonti di risorse economiche, le possibili punizioni da parte dellorganizzazione.
64 Storia di vita n. 6, p. 43. 65 Storia di vita n. 6, p. 50. 66 Storia di vita n. 29, p. 31.

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Si pu innanzitutto osservare che, se la clandestinit rappresentava il vero punto di non-ritorno, era stato il ri schio di essere arrestati a spingere i pi a divenire latitanti. Le storie di vita confermano come le ondate di arresti, in particolare quelle prodotte dalla decisione di ex-militanti di collaborare, erano state spesso la causa principale delle scel te di divenire clandestini. Io avevo pensato che non potevo stare a casa tranquillamente ad aspettare che mi venissero a prenderehl. Per chi, poi, era latitante, lassenza di opportunit di exit dallorganizzazione clandestina anche legata alle ne cessit di sopravvivenza: denaro, luoghi per nascondersi, documenti falsi. N onostante la scarsa disponibilit di risor se materiali, infatti, i gruppi clandestini riuscivano tuttavia a fornire appoggi logistici ai loro membri, disponendo di covi e di attrezzature per. falsificare i documenti. E ssi, inoltre, offrivano una sorta di stipendio ai militanti regolari68 e talvolta anche ai non regolari; pagavano le spe se processuali; distribuivano sussidi ai detenuti e talvolta, nellultimo periodo, aiuti per espatriare clandestinamente. Proprio i bisogni logistici della latitanza spingevano cos molti militanti di organizzazioni minori a cercare di essere reclutati in quelle pi grandi, e quindi dotate di maggiori ri sorse. C os, nei ricorsi di molti militanti, la latitanza era traum atizzante ma: Ti terrorizzi e per non puoi pi tornare indietro perch c' il mandato di cattura. Un terzo tipo di rischi materiali sono quelli collegati alle punizioni dellorganizzazione. Per molti anni, labbando no delle form azioni clandestine non aveva com portato alcu na sanzione materiale da parte dellorganizzazione stessa, a
67 Storia di vita n. 15, p. 29. 58 Per esempio, in un interrogatorio ad un militante di PI si parla dellassegnazione di 250.000 lire mensili ai membri di quella organizza zione. 69 Storia di vita n. 1, p. 59.

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condizione che i militanti che si allontanavano rispettassero certe regole, come non portare via armi e non fare propa ganda a favore della diserzione. Anche questo rischio ave va cominciato ad essere percepito come effettivo da quando aveva iniziato a funzionare la legislazione premiale, di cui si parler nel capitolo ottavo. Si era diffuso, cos, un clima di reciproci sospetti, soprattutto dentro le carceri dove era no avvenuti anche numerosi delitti. Secondo numerose te stim onianze, ci aveva disincentivato molti di coloro che cominciavano a nutrire dei dubbi sullopportunit di conti nuare con la lotta armata dallesprimerli, per paura di essere scam biati per traditori e colpiti dalla vendetta dellorga nizzazione. Com e ricordano, ad esempio, un dirigente di PI e uno delle Br:
N o i d e n tro P rim a lin ea erav am o q u asi tu tti straco n v in ti di d o ver fare per esem p io una d ich iaraz io n e p u b b lica ma erav am o ri stretti tra il moto impazzito di quelli che rimanevano fuori e che non av ev an o pi nessun ra p p o rto con la realt [...] e una situazione car ceraria incredibile in cui dire una sola parola era rischiosissimo. Q u e sto un altro asp e tto d ella q u e stio n e : c sta ta una p revalen za di una logica di an n ien tam en to nei p artiti e nello sta to veram en te a l lu cin an te, chi non sa che co sa su cc esso in carcere in quel p erio d o non si im m agina n iente, lira un tritatutto, non c'era uno

spiraglio ".
Poi si crea ta u na situ a z io n e di stallo , d e term in ata dal fa tto che io ero d e ten u to nel carcere di C u n eo e qu in d i fin ch ero in qu ella situ azio n e era d iffic ile p o ter fare co se m olto d iv e rse ed era molto rischioso; ho a sp e tta to per fare il salto d e ll u scita d a q u e sto m o n d o ... lo ccasio n e di un p ro ce sso che avevo d a so lo a G enova '

Concludendo questo capitolo, si pu quindi osservare che ladesione alle organizzazioni clandestine si mantenu ta per il mettersi in moto di alcuni meccanismi di non ritorno, che hanno creato degli impedimenti allabbandono. La persistenza dell impegno pu essere, in primo luogo,

7 1 1 Storia di vita n. 29, p. 41. -1 Storia di vita n. 11, p. 50.

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spiegata dallalto grado di identificazione con il gruppo di compagni, prima, e con la comunit della lotta arm ata, in se guito. Il mantenimento della lealt stato, in parte, spiega to da un meccanismo psicologico che ha spinto rilanciare limpegno su attivit su cui si era gi investito molto. Un al to grado di isolam ento dal mondo circostante ha poi reso i militanti sempre pi dipendenti dalle organizzazioni clande stine, che divenivano anche lunica fonte di informazioni credibili sulla realt esterna. Ci ha facilitato linteriorizza zione da parte dei militanti dellideologia del gruppo, con tribuendo in questo modo a nascondere la crisi organizzati va. La giustificazione della violenza avvenuta attraverso lelaborazione di una immagine della realt in cui le vittime erano presentate come piccole ruote di un meccanismo, una piccola lite di partigiani come responsabile di ammini strare la giustizia, e la lotta di classe come una guerra. Il mantenimento della militanza nei gruppi armati stato, in fine, determ inato dallinnescarsi di alcuni meccanismi mate riali di non-ritorno. Se il rischio di essere arrestati portava spesso a scegliere di divenire latitanti, era poi questa condi zione ad aumentare la dipendenza dallorganizzazione, por tando ad accrescere esponenzialmente il proprio impegno.

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CAPITOLO SESTO

S T R A T E G IE O R G A N IZ Z A T IV E E M O B IL IT A Z IO N E D E L L E R IS O R S E

1. Le strategie organizzative: una premessa Si parlato nei due precedenti capitoli dei processi che hanno portato alcuni individui ad aderire ai gruppi clande stini e a mantenere nel tempo la loro militanza. Q uesti pro cessi sono stati influenzati anche dalle attivit, pi o meno consapevoli, delle formazioni armate. A queste attivit si guarder nel corso del presente e del prossimo capitolo, in cui si cercher di ricostruire i processi decisionali che hanno determ inato le scelte strategiche delle organizzazioni clan destine. Due diverse spiegazioni del comportamento dei gruppi clandestini sono rintracciabili nella saggistica politi ca e giornalistica. La prima che le organizzazioni clandesti ne non sono capaci di tenere conto del proprio ambiente, e quindi di unazione razionale o meramente com prensibi le. L altra che vi siano degli obiettivi nascosti, legati a giochi complessi nel sistem a delle relazioni internazionali. Al problema della razionalit dellazione delle organizza zioni clandestine stato, poi, strettam ente collegato quello, presentato nel capitolo introduttivo, della loro capacit di trasform arsi per adeguarsi ai cambiamenti nellambiente esterno. In questo capitolo e in quello che segue, si osserver che il rapporto delle organizzazioni clandestine con il loro am biente stato com plesso e mutevole. In alcuni momenti esse sono state pi capaci di adeguarsi ad esso, e di elaborare strategie che, in qualche modo, miravano a modificarlo. Ma la stessa scelta della clandestinit ha com portato una ridu zione dei flussi di scambio con lesterno, nel tentativo di controllare i rischi che da esso provenivano. Si vedr nel prossim o capitolo che il risultato di questa scelta stato una sempre maggiore chiusura verso lesterno.

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Un secondo punto, gi anticipato nel capitolo introdut tivo, che per com prendere il funzionamento e levoluzione di una organizzazione occorre guardare non solo ai fini da essa proclam ati, relativi in genere a trasform azioni dellam biente esterno, ma anche agli altri compiti che, per soprav vivere, deve assolvere: il reperimento delle risorse e la loro integrazione. Si vedr in questo capitolo che molte delle scelte relative alle strutture organizzative, alle forme d azio ne, alla ideologia dei gruppi armati sono state orientate al fine di reclutare nuovi membri. I gruppi armati hanno, in qualche misura, trasform ato sia le loro strutture organizza tive, che le loro forme d azione e la loro ideologia in relazio ne al tipo e alle dimensioni della potenziale base di m obilita zione, cio a quella parte della popolazione che, in termini di interessi e di valori, condivideva le loro mete e tattiche. Com e le imprese economiche definiscono i loro futuri clien ti e orientano il prodotto in modo congruente a questa scel ta, cos anche i gruppi terroristici hanno selezionato il pub blico da influenzare, trovando nel mercato politico le nic chie dove i loro prodotti erano pi competitivi. Vedremo tra poco come i loro sforzi per reclutare si siano concentrati su coloro che accettavano luso della violenza come mezzo per risolvere i conflitti politici e come gli incentivi utilizzati per il reclutamento siano mutati insieme alle dimensioni e alle caratteristiche della potenziale base di mobilitazione. Vedremo pure come strutture organizzative, repertori d a zione e produzione ideologica delle formazioni clandestine siano stati cam biati e adattati in relazione allambiente con siderato come potenzialm ente pi prom ettente per il reclu tamento. La flessibilit nelle scelte strategiche stata tutta via limitata da una serie di vincoli, imposti dalla stessa clan destinit, che hanno drammaticamente ridotto il raggio del le strategie possibili.

2. Strutture organizzative e mobilitazione delle risorse Le formazioni politiche sono, in genere, provviste di strutture organizzative che mostrano gradi differenti di ef

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ficacia nelladempiere ai diversi com piti1. Ad esempio, una organizzazione dem ocratica e decentrata, dotata di unam m inistrazione flessibile e di strutture specializzate aperte al lesterno, meglio attrezzata a reclutare nuovi membri. D a questo punto di vista, le organizzazioni terroriste presenta no, invece, delle strutture che le rendono poco adatte ad at trarre nuovi membri. La clandestinit diminuisce drastica mente le possibilit di incontrare i potenziali sostenitori. La com partim entazione riduce la probabilit che ogni singolo contatto possa promuovere un massiccio reclutamento. La centralizzazione rallenta le procedure necessarie per la for malizzazione dell adesione, richiedendo controlli gerarchici sui nuovi ingressi. Tuttavia, anche i gruppi terroristi italiani hanno tentato di dotarsi di strutture di reclutamento, adat tandole alle particolari condizioni ambientali nelle quali essi operavano. Organismi aperti ai non-membri sono stati crea ti quando una base potenziale relativamente ampia ha reso meno pericolose le azioni di reclutamento, mentre quando lam biente era pi ostile, il compito di reclutare stato de m andato a pochi militanti che agivano attraverso contatti prolungati con singoli individui. Si possono, infatti, individuare, nei gruppi del terrori smo italiano, due modelli di reclutamento che si distinguo no luno dallaltro per grado di centralizzazione,, grado di com partim entazione e grado di apertura verso lambiente esterno. L adozione di uno dei due modelli a preferenza del laltro dipesa dalle condizioni ambientali. In generale, il primo stato scelto quando unalta propensione ambientale a considerare la violenza come forma di azione politica inco raggiava le organizzazioni clandestine a massimizzare le op portunit di reclutamento, anche al prezzo di un aumento dei rischi di arresti. Il secondo stato adottato, invece, in presenza di un ambiente pi ostile, per minimizzare i rischi di arresti, seppure al prezzo di una minore attenzione allo biettivo del reclutamento. Esam iniam o pi in dettaglio questi due modelli. Il pri mo modello era basato sulla non-clandestinit dei militanti
1 Per unapplicazione della teoria organizzativa alle organizzazioni politiche, si vedano: Anderson [1968]; Child [1972] e Panebianco [1982],

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e sulla presenza di strutture semi-autonome di base. Sebbe ne la clandestinit organizzativa sia stata un elemento es senziale del terrorismo, non tutti i militanti terroristi dive nivano latitanti. La maggior parte delle organizzazioni emerse nel periodo pi favorevole alla lotta arm ata hanno applicato il principio della clandestinit nellazione milita re, ma non nellopera di proselitism o2. Secondo tale prin cipio, espresso ad esempio nello statuto delle Fcc: i m ilitan ti mantenevano la loro identit legale e le loro occupazioni legittime, restando clandestina solo la propria appartenenza al gru ppo3. Q ueste organizzazioni si erano dotate di alcune struttu re particolarm ente adatte al reclutamento: cio organismi aperti ad individui che, pur non facendo parte dellorganiz zazione, erano tuttavia disponibili per azioni di m odesto ri lievo a livello locale. Q uesti organismi, relativam ente poco strutturati, avevano preso nomi quali Squadre operaie com battenti o Ronde proletarie di com battim ento, in PI; di Squadre armate proletarie, nelle Fcc; di Squadre comuniste dellesercito proletario, nel caso dei Rea. Anche le Br aveva no form ato i loro Nuclei di movimento operaio di resistenza offensiva a Rom a e a Napoli. In queste due citt, non ca sualmente, lorganizzazione era emersa solo nella seconda met del decennio, in un ambiente pi favorevole alla lotta arm ata4. Nella maggior parte degli statuti, alle strutture di base era assegnato un lim itato raggio d azione. E sse erano nor
2 Fcc, Statuto, cicl., 1978. 3 In Tribunale di Torino, Requisitoria del PM in PP 321/80. Nello Statuto di PI, questa scelta era presentata come alternativa ai due aspetti propri dei primi gruppi armati in Italia: la clandestinit totale e la caratte rizzazione unicamente militare dellazione (citato in Corte di Torino, Sentenza, luglio 1981, p. 94). Il modello organizzativo delle Br veniva l criticato per la sua pretesa di trasferire nelle metropoli capitalistiche i modelli sudamericani di guerriglia, esprimendo cos una concezione del lorganizzazione come macchina militare e del partito come esercito. 4 Nuclei del M ovimento proletario di resistenza offensiva esisten ti, ad esempio, a Roma, erano coordinati in due zone territoriali (Roma-Nord e Roma-Sud) e operavano nei quartieri in cui il gruppo pen sava di potere pi facilmente reclutare: Primavalle, Centocelle, Torrespeccato, Casilino e, principale luogo di intervento della sinistra radicale, Tiburtino.

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malmente organizzate al livello territoriale, in modo da ade guarsi alla struttura organizzativa del movimento dal quale intendevano trarre nuove reclute. Alcuni militanti dellorganizzazione sinfiltravano in gi esistenti gruppi politici, che essi cercavano di influenzare e dai quali traevano nuovi m em bri5. Formalmente lorganizzazione doveva decidere degli obiettivi generali delle campagne, mentre le Squadre potevano solo decidere i bersagli specifici e non avevano ar mamento proprio6. I loro militanti, tuttavia, spesso non si consideravano vincolati alle decisioni della gerarchia orga nizzativa. N ei fatti, il grado di autonomia mutava nel tem po in relazione alle condizioni ambientali e alle scelte strate giche della leadership. In pratica, questo modello organizzativo com portava la totale assenza di com partim entazione, testim oniata tra lal tro dal fatto che spesso lappartenenza di alcuni individui ad organizzazioni terroriste era ben conosciuta nellarea in cui essi cercavano di reclutare. Solo la propensione, diffusa in alcuni settori del movimento, ad un alto livello di violenza politica proteggeva i m ilitanti terroristi dagli arresti. Com e si gi visto nel capitolo quarto, la relativa auto nomia organizzativa delle Squadre ha dato ad alcuni gruppi clandestini la possibilit di reclutare interi nuclei provenien ti da comuni esperienze politiche legali. M a il modello de

5 Cos, per esempio, per quanto riguarda PI, a Torino si erano costi tuite la Squadra San Paolo, composta da alcuni militanti del Circolo del proletariato giovanile di San Paolo; la Squadra Barriera da alcuni del Com itato Barriera; la Squadra Barabba da alcuni del Circolo del proletariato giovanile Barabba; la Squadra di O rbassano da alcuni del Circolo del proletariato giovanile di O rbassano. Pi tardi, erano state fondate la Ronda Parella da membri del Com itato spontaneo di quar tiere Parella, la Ronda Falcher dal Com itato per loccupazione delle case della Falcher, e cos via. 6 Sulle Squadre armate operaie (Sao) era scritto nello Statuto di PI: non un espediente contro la repressione ma un tentativo di costruire una rete operaia e proletaria capace di dirigere il combattimento. [...] Al la rete delle Squadre affidata la gestione delle piazze, sia la capacit al margine dei cortei di praticare gli obiettivi (dalle sedi alle armerie), sia lorganizzazione della difesa del corteo puntando in generale a non tra sformare lo scontro in fatto privato tra il nemico e le Sao (citato in T ri bunale di Torino, Sentenza della corte 17/81, p. 94).

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centralizzato e debolm ente com partim entato doveva mo strare tutta la sua debolezza nel momento in cui la potenzia le base di reclutam ento dei gruppi clandestini si sarebbe ri dotta drasticam ente. Q uesta struttura, com posta di un in sieme di organismi illegali e semi-legali, com portava infatti una scarsa attenzione alle misure di sicurezza, rendendo i gruppi che l avevano adottata particolarmente vulnerabili di fronte alla crescente pressione repressiva. N onostante al cuni tentativi di mutare la loro struttu ra7, essi sono stati, in seguito, rapidam ente sconfitti. Il secondo modello organizzativo era pi com partim en tato e centralizzato, risultando cos meno efficace sul piano del reclutamento. N on vi era, infatti, alcuna struttura aper ta ai sim patizzanti esterni: solo coloro che erano in grado di passare attraverso un lungo processo di selezione basata sul coraggio m ilitare e la fedelt allorganizzazione venivano, infine, accettati. Le regole di centralizzazione erano pi ri gidamente applicate e pochissimo spazio era lasciato al dis senso. L esempio pi tipico di questo modello organizzativo dato dalle Br. L organismo al quale erano formalmente de mandati i com piti di reclutamento era il Fronte operaio, o Fronte m assa, la cui funzione era quella di organizzare le at tivit nelle fabbriche o negli altri luoghi in cui vi erano po tenziali sostenitori. Secondo lo statuto, nella struttura del Fronte, per esem pio, i militanti brigatisti alla Fiat dovevano avere la possibilit di incontrare quelli dellA lfa Romeo e di decidere insieme alcune azioni di propaganda. M a, in prati ca, il funzionamento dei fronti era subordinato ai principi di com partim entazione e centralizzazione, enfatizzati dalla divisione per colon ne8, cittadine o regionali. I fronti di
7 Nati pi tardi, gli Rea avevano stabilito, ad esempio, una rigida separazione gerarchica tra lorganizzazione vera e propria nucleo del futuro partito comunista combattente e le Squadre per lesercito di liberazione proletario livelli di movimento. Guerriglia rossa aveva, dopo i primi arresti, adottato una struttura pi centralizzata, allontanan do i militanti meno zelanti e trasformandosi in Brigata 28 marzo. 8 Secondo un documento delle Br, i fronti sono il vettore della li nea politica dellorganizzazione, che entrano in rapporto dialettico con i poli di intervento (colonne), dove questi assumono il ruolo di terreno

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pendevano dunque da una gerarchia centralizzata, il cui po tere non veniva mai messo in discussione, e lassenza di au tonomia rendeva difficile lavvicinamento di potenziali nuo vi membri 9. Il com pito di attrarre nuove reclute era invece assegnato ai m ilitanti irregolari. Sin dalla fondazione del gruppo, i membri delle Br erano, infatti, divisi in forze regolari e irregolari. I militanti regolari erano clandestini, impegnati a pieno tempo nellorganizzazione e avevano abbandonato la vita legale, anche senza essere ricercati dalla polizia. La clandestinit dei militanti irregolari era, invece, lim itata al loro impegno nellorganizzazione10. E ssi potevano m ante nere le loro attivit lavorative e vivere una normale vita fa miliare, ed erano in grado, in questo modo, di entrare in contatto con eventuali sim patizzanti. Il loro compito era, infatti, quello di guadagnare allorganizzazione il sostegno popolare, costruire i centri e le articolazioni del potere rivo luzion ario11. La scarsa attenzione al reclutamento era, tuttavia, dim ostrata dal ruolo subordinato assegnato alle forze irregolari. Solo i militanti regolari che costituivano i quadri pi coscienti e generosi prodotti dalla lotta arm a ta potevano essere chiamati a far parte delle strutture verticali di com ando. L entrare in clandestinit era consi derato come tappa necessaria della carriera nelle organiz zazioni terroriste. Nelle Br, il processo di reclutamento era perci caratte rizzato da lunghe tappe, con un intenso indottrinamento ideologico, realizzato da militanti regolari. Con leccezione del periodo in cui una pi ampia base potenziale aveva faci litato il reclutamento, la sicurezza dei membri era stata pre ferita allopportunit di ottenere nuove adesioni. Il bisogno

di classe in cui la linea generale si media e si articola con la realt di movi mento (Br, Risoluzione della direzione strategica, 1978, p. 57). l' Per maggiori dettagli sulla struttura organizzativa delle Br, si rin via a Caselli e della Porta [1984], 10 Questa distinzione precisata in Br, Alcune questioni per la di scussione sull'organizzazione, 1972. 1 1 Ancora in Br, Alcune questioni per la discussione dellorganizzazio ne, 1972.

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di coesione interna aveva scoraggiato, pi o meno consape volmente, il reclutamento di gruppi gi costituiti di indivi dui provenienti dalla dissoluzione di altre organizzazioni il legali. Perfino quando le condizioni ambientali erano pi fa vorevoli ai gruppi clandestini, un modello organizzativo co struito allinizio degli anni settanta aveva im pedito a molti sim patizzanti di entrare in contatto con le Br. M a quando il ciclo di violenta protesta della seconda met del decennio si era concluso, la loro struttura com partim entata aveva aiu tato le Br a sopravvivere alla repressione statale e a reclutare fra i sopravvissuti alla crisi degli altri gruppi armati i militanti di cui esse avevano bisogno per sostituire quelli arrestati12. Neanche questo modello si sarebbe rivelato, tuttavia, in grado di garantire sufficienti flussi di recluta mento. Nel giro di pochi anni anche larea gi ridottissim a dei militanti di altri gruppi armati si sarebbe esaurita, men tre gli arresti avrebbero continuato a decimare le fila brigatiste. Si pu ancora osservare che i due modelli organizzativi hanno prodotto differenti pattems di reclutamento, defini bili, secondo la letteratura sui movimenti collettivi, come block model, in un caso, e differential model, nellaltro 13. Ci si riflesso in due diversi tipi di diffusione dellorganiz zazione, graficam ente rappresentabili da un modello di espansione ad albero, con un ridotto numero di ram i, nel primo caso; e un modello d espansione a cespuglio, con pi dense propaggini, nellaltro. Il primo corrisponde alla figura la e il secondo alla figura lb .

12 Allinizio degli anni ottanta, un magistrato scriver infatti a que sto proposito: per le suesposte caratteristiche strutturali, per le partico lari cure dellorganizzazione nel difendere la clandestinit dei militanti [...] si accredita alle Br un potenziale eversivo ben maggiore rispetto agli altri gruppi esercitanti la lotta armata. Ci spiega perch oggi si trovino nellorganizzazione elementi militanti in passato in altre bande armate e riparati sotto la stella a cinque punte dopo lo sfaldamento del gruppo di appartenenza (Tribunale di Milano, Sentenza-ordinanza del Gl in PP 1094/78 + altri, p. 48). 13 Cfr. J.Q . Wilson [1973],

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a) Modello di espansione ad albero

b) Modello di espansione a cespuglio

Fig. 1. Modelli di espansione delle organizzazioni clandestine.

D ifferenti gradi di predisposizione ambientale spiegano la differenza nei due modelli di diffusione. La rapidit di crescita dellorganizzazione dipesa dalla misura in cui i suoi membri avevano m antenuto appartenenze esterne al gruppo, in particolare in reticoli sociali fortemente predi sposti alla violenza politica. Q uando lambiente esterno era ostile, il reclutamento nei gruppi clandestini era, infatti, particolarm ente lento. A llinizio degli anni settanta, ad esem pio, gli scarsi contatti personali dei fondatori delle Br dovevano essere intensamente coltivati per un lungo perio do prima che alcuni di essi sfociassero, infine, nelladesione allorganizzazione. La creazione di nuove colonne in altre citt richiedeva che pochi militanti regolari fossero inviati dallorganizzazione con lo scopo preciso di creare un nuovo insediam ento; ed erano spesso destinati al fallimento. I nuo vi membri erano cos reclutati selettivam ente sfruttando un ristretto numero di contatti personali in un ambiente politi co omogeneo. Q uando, invece, i m ilitanti di gruppi terrori sti erano radicati in un denso reticolo in cui appartenenze politiche e relazioni affettive erano strettam ente intreccia te, i processi di reclutamento divenivano molto pi efficaci, come m ostra la storia dei gruppi cresciuti a partire dal 1977.

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Una folta rete di contatti politici, spesso esistente in diverse citt, perm etteva una rapida diffusione di alcune organizza zioni politiche in pi regioni. Tipico qui il caso di PI che com prendeva, gi al momento della fondazione, gruppi ope ranti a M ilano, Torino e Firenze. M a quando il movimento giovanile della fine degli anni settanta era entrato in crisi, il modello di diffusione era nuo vamente mutato. Le regole della clandestinit e limpegno totalizzante richiesto dalle organizzazioni terroriste aveva no ridotto i contatti con il mondo esterno. I potenziali membri venivano dunque cercati fra coloro che avevano gi compiuto la scelta terroristica cio fra i militanti di altri gruppi armati o nella cerchia molto stretta dei parenti dei militanti. Con m odalit e tempi differenti, entram bi i mo delli organizzativi avrebbero dim ostrato comunque come si vedr nel prossim o capitolo linadeguatezza delle strut ture clandestine al raggiungimento di obiettivi di recluta mento.

3. Repertori d azione e mobilitazione delle risorse: le tattiche U n altra caratteristica della strategia organizzativa che pu variare per adeguarsi ai bisogni del reclutamento sono le forme d azione. In generale, stato osservato che esse presentano m odalit differenti non solo nelle diverse epo che storiche, ma anche allinterno dello stesso ciclo di p ro testa14. G rado di disruptiveness , stabilit, variet e flessibilit delle tattiche mutano, infatti, per le organizza zioni attive nel medesimo periodo, ma con potenziali basi di reclutamento differenti. Se le stesse forme d azione assol vono spesso, nello stesso tempo, a compiti differenti, vi so no tuttavia alcune tattiche come i cortei, gli incontri in luoghi pubblici o i volantinaggi che risultano pi adegua

14 Per unanalisi del modo in cui i repertori d azione sono cambiati nelle diverse epoche storiche, si veda Tilly [1978]. La compresenza di re pertori diversi allinterno dello stesso ciclo di protesta, stata illustrata, per esempio, in della Porta e Tarrow [1986]. 15 Cfr. Tarrow [1983; 1989],

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te al reclutamento. A ttraverso questo genere di attivit le organizzazioni politiche entrano in contatto con i potenziali nuovi membri. Nelle organizzazioni di movimento colletti vo, infatti, limpegno politico inizia molto pi spesso con la partecipazione in attivit di massa che con un atto formale di adesione ad organizzazioni specifiche. Altre attivit. quali incontri nelle sedi delle organizzazioni o volantinaggi nei luoghi di lavoro sono quindi utilizzate per convincere i sim patizzanti ad aderire allorganizzazione. Q uale specifi ca tattica venga utilizzata rispetto al raggio di quelle po tenzialmente disponibili dipende poi dal potenziale di mobilitazione esisten telh. E piuttosto ovvio che nessuna delle tattiche sopra men zionate potesse essere utilizzata dai gruppi clandestini. Le interazioni personali in luoghi pubblici erano evitate, anche nei rari casi in cui questi gruppi riuscivano a distribuire dei volantini. Per entrare in contatto con i loro potenziali se guaci le organizzazioni terroriste dovevano perci orientare al reclutamento altri tipi di tattiche, normalmente poco ade guate a questo fine. A ttraverso le medesime azioni criminali le organizzazioni clandestine miravano infatti, contem pora neamente, ad inviare messaggi concepiti per scopi diversi dal reclutamento. Avveniva cos che, per attirare lattenzio ne dei media, veniva spesso impiegato un livello di violenza superiore a quello giudicato accettabile anche dalle fasce pi radicali del movimento, scoraggiando quindi le adesioni. Sono stati gli stessi repertori utilizzati che hanno, quindi, costretto le organizzazioni terroriste a delimitare la loro po tenziale base di reclutamento al ristrettissim o numero di in dividui che accettavano luso di forme d azione molto vio lente. I dati sui bersagli e le tattiche delle azioni terroriste in Italia mostrano, infatti, che a) nella scelta dei loro repertori le organizzazioni clandestine avevano unidea piuttosto pre cisa delle caratteristiche della loro potenziale base di reclu16 E stato rilevato, ad esempio, che le organizzazioni che cercano di reclutare in ambienti con culture politiche non-violente adottano forme d azione che sottolineano il rifiuto dello scontro fisico con lavversario. Cfr. Morris [1981],

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Tab. 1. Forme d azione utilizzate, distribuite per tipi di organizzazioni clandestine Brigate Rosse Altre sinistra Totale

Forme dazione

%
62,3 4,8 3,0 19,3 4,2 6,3 55,8 62,7 68,1

N. 414 32 20 128 28 42 664 89 79

%
41,6 14,8 1,3 14,8 3,0 24,5 44,2 37,3 31,9

N. 219 78 7 78 16 129 527 53 37

%
53,1 9,2 2,3 17,3 3,7 14,4 100,0 100,0 100,0

N. 633 110 27 206 44 171 1.191 142 116

Attentato Incursione Rapimento Agguato Scontro Rapina Totale N. morti N. morti esclusi terroristi

Fonte: Elaborazioni dei nostri dati, tratti dagli atti giudiziari.

tamento; ma tuttavia b) le tattiche per loro disponibili por tavano in ogni caso a ridurre drasticam ente gli obiettivi di reclutamento. G uardiam o, prima di tutto, ai dati relativi alla distribu zione delle forme d azione, sintetizzati nella tabella 1. Si pu intanto osservare che quasi i quattro quinti (914) degli episodi di terrorismo sono stati rivolti contro cose. L attentato stato la forma d azione pi diffusa, presente nel 5 3 ,1 % degli episodi. M olti degli eventi raccolti sotto la categoria attentati sono incendi di automobili o, pi rara mente, di portoni di edifici, realizzati prevalentemente at traverso luso di bottiglie incendiarie17. Piuttosto frequen te stata ancora unaltra forma d azione contro le cose: lin cursione in edifici. In molti dei 104 casi il 9 ,2 % degli episodi in cui questa forma d azione stata utilizzata, le incursioni sono avvenute in edifici deserti sedi di orga nizzazioni politiche e sindacali (36 casi) o di imprese (32 ca si) in cui venivano tracciate scritte di rivendicazione e/o dai quali venivano asportati dei documenti. Ancora una for-

1 7 Significativo che sia stata quasi ignorata la dinamite, probabil mente sia per i rischi che comporta in caso di imperizia tecnica che per la sua associazione simbolica con le stragi dellestrema destra.

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ma d azione che in s non prevedeva danni fisici a persone era la rapina, presente nel 14,4% degli episodi rilevati"*. Le rimanenti forme d azione erano tutte rivolte contro esseri umani. Le pi utilizzate di esse sono state gli agguati cio, quelle azioni prem editate contro persone, che in fliggono uninvalidit, temporanea o permanente, o anche la morte in cui rientrano il 17,3% degli episodi che ab biam o rilevato. Il numero totale delle persone morte duran te episodi in cui erano coinvolte le organizzazioni clandesti ne di sinistra stato, nel periodo in esame, di 142, di cui 26 militanti delle organizzazioni armate. Il numero totale di feriti stata di 198, di cui 16 terroristi. O ltre due terzi degli assassinii (105 morti) e la quasi totalit dei ferimenti (171) sono stati commessi durante agguati. M olto meno diffuso stato un altro tipo di azione, anchesso orientato contro per sone: il rapimento, presente nel 2 ,4 % delle azioni, cio in 28 episodi. L a maggior parte dei sequestri stata di durata lim itata a pochi minuti come del resto il 9 8 ,3 % delle azioni terroristiche. In due casi tuttavia essi sono durati tra due e sei giorni; in altri due tra 7 e 14, in un caso tra due settim ane e un mese, in sei casi pi di un mese. Tre casi di sequestri si sono conclusi dram m aticam ente con lassassinio dellostaggio. R esta, infine, da registrare unultima forma d azione, solo parzialmente definibile come frutto di unazione inten zionale. In questa categoria sono riuniti quegli episodi in cui i militanti dei gruppi terroristi hanno reagito con le armi ad un intervento delle forze dellordine, avvenuto durante unaltra azione o nel corso di generici controlli di polizia. Sono rilevabili 44 conflitti a fuoco, pari al 3 ,9 % degli eventi. Due osservazioni si possono fare a questo punto. In pri mo luogo, la maggior parte delle azioni utilizzava tattiche
18 Nei casi in cui il fine era il reperimento di armi, le rapine sono avvenute ai danni di guardie giurate o vigili urbani, derubati delle loro pistole d ordinanza. Quando si mirava, invece, al reperimento di denaro, obiettivo privilegiato erano le banche o le gioiellerie, anche se non man cavano obiettivi meno ambiziosi, perch meno protetti quali le agenzie di viaggio o gli appartamenti privati, talvolta di propriet di ami ci di famiglia. Le rapine hanno costituito il principale modo di finanzia mento delle organizzazioni clandestine.

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che erano presenti anche nei repertori di gruppi legali, come gli attentati alle cose e le incursioni. E sse non erano dunque tali da alienare una potenziale base di reclutamento, che ve niva cercata appunto fra i militanti dei gruppi gi abituati allutilizzazione di repertori violenti. Allo stesso modo, an che in alcune azioni contro le persone, si teneva conto in qualche modo del tipo di reazione della base potenziale, evi tando fino ad un certo punto gli assassinii e preferendo for me meno cruente. Una certa attenzione alle reazioni dellambiente in cui si cercava di ottenere consensi anche evidente se guardia mo alle differenze nelle forme d azione scelte dai diversi gruppi, influenzate dalle diverse basi potenziali cui face vano riferimento. Le Br sono state responsabili delle forme d azione pi sanguinose. Il numero degli agguati indica che in questa ca tegoria rientra il 19,3% delle azioni dei brigatisti contro il 14,8% di quelle dello stesso tipo compiute dagli altri grup pi. I dati sul numero dei morti mostrano una differenza tra Br e altre organizzazioni ancora pi accentuata. Le Br sono state responsabili, infatti, del 6 2 ,7 % delle persone uccise in azioni terroristiche; la percentuale sale al 68,1 se non si con siderano i militanti di gruppi terroristi morti. Q uesta mag giore cruenza stata, indubbiamente, un risultato delle loro maggiori abilit militari; ma anche una conseguenza delle lo ro scelte di reclutamento. G li altri gruppi terroristi mirava no a reclutare, infatti, in un ambiente in cui laccettazione della violenza era estremamente diffusa, ma si esprimeva prevalentemente nelle forme cos dette di m assa. Come abbiam o visto questa preferenza aveva influenzato anche la scelta del modello organizzativo di questi gruppi, i quali si erano dotati di organismi di base che lasciavano maggiore autonomia ai nuovi membri. Affinch una simile strategia di reclutamento potesse avere un qualche successo, le orga nizzazioni clandestine non brigatiste dovevano cos limitare luso delle forme d azione pi cruente, che avrebbero indot to reazioni negative nella potenziale base di mobilitazione. Nel caso delle Br, invece, la loro visione strategica dei compiti dellorganizzazione le orientava gi verso un tipo di struttura organizzativa che impediva le forme pi massicce

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di reclutamento e giustificava la tendenza a concentrarsi su azioni pi violente. E sse, pur se al prezzo di scoraggiare molte potenziali reclute, offrivano in cambio il beneficio di una maggiore attenzione da parte dei mezzi di comunicazio ne di massa. Paradossalm ente, queste maggiori capacit mi litari si sarebbero rivelate utili ai fini del reclutamento quando, alla fine del decennio, la loro base potenziale avrebbe coinciso con gli individui gi coinvolti in organizza zioni illegali e, quindi, favorevolmente orientati verso le tattiche d azione pi cruente. 4. Repertori d azione e mobilitazione delle risorse: i bersagli Com e le tattiche, anche i bersagli colpiti dai gruppi ter roristi hanno riflesso, in qualche misura, la loro preoccupa zione di tenere conto delle caratteristiche dellarea in cui speravano di reclutare19. Nel corso della ricerca quantitati va, ho rilevato tre diversi indicatori della finalit delle azio ni: il tipo di bersaglio, lattivit del bersaglio, lobiettivo dellazione. Il tipo di bersaglio si riferisce alla caratteristica rilevante delloggetto o della persona colpita che ne ha de term inato la selezione da parte dellorganizzazione clan destina. La distribuzione fra le diverse categorie viene pre sentata nella figura 2. In primo luogo, si pu osservare che i bersagli econom i ci sono stati pi colpiti di quelli direttam ente politici. Un maggior numero di episodi (43,7% ) si concentrato contro le imprese. Meno frequenti sono state, invece, le azioni con tro i partiti (14,9% ) e vari gruppi di pressione (5,6% ). Per quanto riguarda le azioni contro le istituzioni dello stato, pochi episodi com plessivamente hanno riguardato la pubbli ca amministrazione o gli organi di governo (5 ,6 % ), mentre invece numerosissime sono state le azioni contro gli appara ti (27,4% ). L analisi pu essere approfondita se si esamina la com posizione interna di queste categorie pi generali. Le fre quenze rilevate sono presentate nella tabella 2.
Is Per uno studio pi dettagliato su bersagli e tattiche delle organiz zazioni clandestine, si rinvia a della Porta e Rossi [1984; 1985].

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Distribuzione bersagli

^ Q

Politico Sindacale Apparati repressivi Amministrazione

3 9 Imprese Fig. 2. I bersagli delle azioni

Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

Si pu in generale osservare che, non sorprendentemen te, il terrorismo ha mirato principalmente ai simboli della classe dom inante. Fra i partiti, la De quello di gran lun ga pi preso di mira, concentrandosi su di essa il 10,4% del totale delle azioni e il 70% di quelle rivolte contro organiz zazioni politiche. I partiti di destra sono il secondo pi fre-

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Tab. 2. Distribuzione degli eventi terroristici per bersaglio delle azioni Tipo di bersaglio Imprese industriali Imprese commerciali Imprese finanziarie Imprese informatica, pubblicitaria, con sulenza, formazione professionale Libere professioni Mass media N. eventi 251 117 82 13 7 31

%
risposte 21,9 10,2 7,1 1,1 0,6 2,7 501

% casi 22,5 10,5 7,4 1,1 0,6 2,8 43,7 0,1 0,2 0,1 10,7 0,2 2,2 1,3 0,6 0,7 1,3 2,9 0,5 0,1 0,2 0,1 0,4 0,2 21,0 0,2 8,4 6,6 3,0 1,6 0,6 0,6 20,5 4,6 2,5 1,6 0,7 1,3 1,5 0,4 0,4 12,6 0,4 1,8 102,9

Totale imprese economiche


Organizzazioni estrema sinistra Pei Psi De Altri Centro Msi Estrema destra Organizzazioni clandestine Sindacati confederali Cisnal Organizzazioni degli imprenditori Sindacati gialli Sindacati autonomi Ordini professionali Sindacati cattolici Centri sociali Istituzioni religiose 1 2 1 119 2 24 15 7 8 14 32 6 1 2 1 4 2

0,1 0,2 0,1 10,4 0,2 2,1 1,3 0,6 0,7 1,2 2,8 0,5 0,1 0,2 0,1 0,3 0,2 241

Totale gruppi politici e dinteresse


Forze dellordine in genere Carabinieri Pubblica sicurezza Vigili urbani Istituti di vigilanza Esercito (escluso Carabinieri) Polizia stradale/ferroviaria e GdF 2 94 74 34 18 7 6

0,2 8,2 6,5 3,0 1,6 0,6 0,5 235

Totale forze dellordine


Sistema carcerario Sistema giudiziario Sistema sanitario Sistema scolastico Pubblica amministrazione (altro) Aziende statali Organi di governo Rappresentanze diplomantiche 51 28 18 8 14 17 4 5

4,4 2,4 1,6 0,7 1,2 1,5 0,3 0,4 145

Totale organi statali


Criminalit comune Cittadini (per errore) Totale 5 19 1.147

0,4 1,8 100,0

* Il totale superiore al numero dei casi poich pi di un obiettivo pu essere presente in ogni evento. Le percentuali sono Calcolate sul totale delle risposte, cio degli obiettivi.

Fonte:

Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

quente bersaglio con il 2 3 % degli episodi criminosi rivol ti contro i partiti politici ma la loro frequenza sul totale delle azioni decisamente pi bassa, con un 3 ,4 % . Anche nellam bito delle azioni contro gruppi di pressione, le orga nizzazioni degli im prenditori sono state quelle pi colpite con il 2 ,8 % delle azioni sul totale e il 5 0 % di quelle orientate contro le organizzazioni di categoria seguite dal sindacato di destra, Cisnal, con P l,2 % degli episodi. Per quanto riguarda, poi, le imprese, quelle industriali sono sta te di gran lunga il bersaglio pi colpito (21,9% sul totale); frequenti sono state pure le azioni contro attivit commer ciali (10,2% ). L indicatore preso in esame ci indica il settore colpito, ma non dice nulla sulle professioni pi prese di mira. Se, in fatti, lobiettivo stato in alcuni casi direttam ente listitu zione in un suo simbolo m ateriale una sede, uninsegna in altri casi essa stata invece colpita tram ite un suo agente, cio una persona che vi prestava la sua attivit professionale o volontaria. In questo secondo caso, per arri vare alla comprensione dei messaggi diffusi volontaria mente o no dalle organizzazioni clandestine, necessario analizzare anche quali gruppi sociali sono stati pi coinvolti, quali livelli gerarchici pi frequentemente colpiti. Le fre quenze per questo secondo indicatore, definito come attivit del bersaglio, riportato nella tabella 3. * Le professioni connesse alla fabbrica sono le attivit pi spesso prese di mira. Le azioni hanno riguardato in egual misura (15% ) i livelli pi elevati e quelli medio-bassi. Nel caso dei militanti politici, invece, i professionisti, o diri genti, sono stati colpiti pi spesso dei militanti di base (12% delle azioni nel primo caso, 8% nel secondo). O pposto , in vece, il caso delle forze dellordine: la grande maggioranza delle azioni (l87% di quelle contro questa categoria) ha ri guardato il livello gerarchico pi basso, dei semplici agenti (107 casi), e solo pi raramente (15 casi) i livelli pi elevati. Si pu dire cio che, almeno al livello dei dati aggregati, si rivela falso uno dei principi della propaganda delle orga nizzazioni terroriste: che esse m isurassero, cio, le pene sulla base delle responsabilit delle vittim e, oppure, che esse colpissero i principali responsabili. Q ueste scelte sono di-

212

Tab. 3 .

Distribuzione eventi terroristici per attivit del bersaglio


93 94 12 3 1 2 20 14 2 3 15 3 8 3 7 5 6 15 1 75 1 51 23 6 21 3 1 6 107 10 5 3 2 621 15,0 15,1 1,9 0,5 0,2 0,3 3,2 2,3 0,3 0,5 2,4 0,5 1,3 0,5 1,1 0,8 1,0 2,4 0,2 12,1 0,2 8,2 3,7 1,0 3,3 0,5 0,2 1,0 17,2 1,6 0,8 0,5 0,3 100,0 15,3 15,5 2,0 0,5 0,2 0,3 3,3 2,3 0,3 0,5 2,4 0,5 1,3 0,5 1,2 0,8 1,0 2,5 0,2 12,4 0,2 8,4 3,8 1,0 3,3 0,5 0,2 1,0 17,6 1,6 0,8 0,5 0,3 102,5

Imprenditori, dirigenti industrie Capi reparto Guardiani in fabbrica Operai Altre professioni fabbrica Avvocati, notai Magistrati Giornalisti Psichiatri, psicologi Ostetrici, ginecologi Altri medici Architetti, ingegneri Commercianti Docenti universitari Insegnanti Infermieri Impiegati pubblici Impiegati settore privato Terroristi di sinistra Dirigenti politici Diplomatici Militanti polici di base Militanti sindacali Funzionari statali Passanti Delatori (o parenti di) Giudici popolari Terroristi delatori Agenti, brigadieri, marescialli Commissari, questori Colonneli, generali Spacciatori di droga Altri criminali comuni Totale

* Il totale superiore al numero dei casi poich pi di un obiettivo pu essere presente in ogni evento. Le percentuali sono calcolate sul totale delle risposte, cio degli obiettivi.

Fonte-, Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

pese in alcuni casi per esempio, per quanto riguarda la fabbrica dalla volont di rendere pi efficace il m essag gio, scegliendo come bersaglio gli oppressori pi vicini nella scala gerarchica e, quindi, pi immediatamente identi ficabili. M a in molti casi quello delle forze dellordine solo il pi evidente la scelta di colpire ai livelli gerarchici pi bassi stata una necessit rispetto alle maggiori difficol-

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t m ilitari che bersagli pi protetti avrebbero com portato. I dati fin qui presentati non sono ancora sufficienti a farci comprendere le principali finalit dei crimini terrori stici. Per esempio, unazione contro unimpresa commercia le o un libero professionista poteva essere orientata alla pro paganda di un messaggio, o invece a raccogliere solo risorse materiali. E apparso perci opportuno introdurre un altro indicatore: l 'obiettivo dellazione, le cui frequenze sono ri portate nella figura 3. Un primo gruppo di azioni ha avuto obiettivi generica mente definibili come propaganda, cio orientati a diffon dere messaggi allesterno, presso un ambiente che si voleva convincere della necessit di utilizzare forme pi radicali di azione. Un maggior numero di episodi si concentrato sulla propaganda in fabbrica, con il 2 8 % del totale delle azioni e il 4 5 % delle azioni di propaganda. Il 16% del totale delle azioni si invece orientato ad una propaganda pi direttamente politica. Ancora, il 16% del totale delle azioni defi nibile di propaganda sociale, cio ha colpito individui o istituzioni ritenuti responsabili di alcuni problemi sociali. In questa categoria sono confluite le azioni di propaganda su temi economici (lavoro nero, disoccupazione, caro-vita, ca sa), quelle connesse alla qualit della vita (salute, droga) e quelle pi in generale contro il controllo sociale. E leva tissimo stato anche il numero delle azioni con una logica pi m ilitare contro gli apparati repressivi dello stato, di stinguibili tra azioni prem editate e azioni di d ifesa in caso di scontri accidentali con la polizia. E sse ammontano al 2 3 % delle attivit complessive. Un altro 16% delle azioni stato ancora rivolto ad attivit di sopravvivenza, quali il finanziamento. Com plessivam ente dunque, quasi la met dei crimini terroristici ha avuto finalit diverse dalla propaganda20.

20 La diversa funzione delle azioni rivolte ad obiettivi differenti infine, confermata dalla diversit della forma d azione. La forma pi san guinosa lagguato stata ad esempio utilizzata (36% dei casi rispet to ad una media del 18% ) pi spesso contro gli apparati repressivi che nel caso delle azioni di propaganda, dove invece stato pi diffuso lat tentato (66% contro una media del 50% ).

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Distribuzione obiettivi

ffl

Fabbrica

in Sociale Politica E Militare


Finanziamento

Fig. }. L'obiettivo delle azioni.

Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

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Tab. 4. Gli obiettivi degli eventi terroristici, distribuiti per tipo di organizzazioni Brigate Rosse Altre sinistra Totale

%
Propaganda in fabbri ca Propaganda sociale Propaganda politica Guerra contro lo stato Difesa militare Autofinanziamento Altro Totale*

N.

N.

N.

40,4 5,7 23,9 17,1 5,2 7,1 0,5 52,0

262 37 155 111 34 46 3 648

11,2 30,7 9,7 17,4 4,8 25,4 0,8 48,0

67 184 58 104 29 152 5 599

26,9 17,7 17,1 17,2 5,1 15,9 0,6 100,0

329 221 213 215 63 198 8 1.247

* Poich pi di una opzione possibile per ciascun evento, il totale maggiore rispetto al numero dei casi. Le percentuali sono state calcolate sul numero di op zioni. Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

Si pu, in primo luogo, notare che c era una certa corri spondenza tra ideologia dei movimenti collettivi in cui si voleva reclutare e bersagli che venivano colpiti., C i pu es sere osservato anche in una differenziazione nelle strategie dei diversi gruppi.-'La selezione dei bersagli con lobiettivo di reclutare allinterno di precise aree politiche era persegui ta da tutti i gruppi clandestini^ E ssi cercavano di definire le loro mete in modo da ottenere delle reazioni positive fra i militanti di quei movimenti sociali che consideravano come la loro principale riserva di seguaci. La distribuzione delle attivit dei diversi gruppi clandestini a seconda del bersa glio colpito presentata nella tabella 4. I dati indicano forti differenze tra le Br, da un lato, e gli altri gruppi, dallaltro. La principale si riferisce al diverso contenuto delle cosiddette azioni di propaganda. Una quota consistente dellattivit delle Br era rivolta alle fab briche: il 4 0 % contro l l l % degli altri gruppi terroristi. Anche le azioni contro bersagli politici erano pi numerose per le Br (24% contro 10% ). Per contro, gli altri gruppi erano concentrati su quella che stata definita come propaganda sociale: con il 3 1 % contro un bassissim o 6 % per le Br.

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Q ueste differenze testim oniano un comune interesse delle varie organizzazioni terroriste a stabilire e mantenere un riferim ento ad una potenziale base di reclutamento, indi viduata a partire da scelte strategiche che variavano da una organizzazione airaltra^Q u an d o le Br erano state fondate, allinizio degli anni settanta, i lavoratori delle grandi fabbri che erano il principale punto di riferimento per i militanti della sinistra radicale. Nel concentrare le loro attivit nelle grandi fabbriche, la principale aspirazione delle Br non era tanto convincere i lavoratori a fare la rivoluzione, ma pi specificam ente attrarre nuovi membri dai gruppi del la sinistra pi radicale, che di esse avevano fatto il luogo principale d intervento politico. Non un caso che le prime azioni delle Br siano state realizzate nei grandi complessi in dustriali nei quali gruppi organizzati si erano costituiti al di fuori dei sindacati e dove pi violente forme d azione erano state accettate nel repertorio del con flitto21. Inoltre, le vit time da colpire erano spesso scelte fra i dirigenti intermedi degli stessi reparti o settori degli stabilimenti nei quali sim patizzanti dei gruppi clandestini lavoravano. Il desiderio dei brigatisti di acquisire nuovi seguaci pu spiegare perch essi avevano orientato, allinizio, la loro attivit prevalentemen te contro sindacalisti di destra: la violenza contro i fascisti era, infatti, la pi legittim ata nella cultura della sin istra22. Le vittim e appartenevano, inoltre, spesso ai ranghi pi bassi

:l I primi volantinaggi delle Br erano avvenuti, non casualmente, al la Pirelli di Milano, dove un certo seguito aveva avuto un gruppo forte mente critico rispetto al sindacato, il Com itato unitario di base; e alla Sit Siemens, dove dal Gruppo di studio impiegati era nato, su posizioni mol to radicali, il Gruppo di studio operai-impiegati. Sar poi in occasione delle scadenze contrattuali dell inizio degli anni settanta che alcuni briga tisti si trasferiranno a Torino per iniziare il loro intervento alla Fiat. 22 Su questo punto, si legge in una delle storie di vita raccolte: Il discorso della vita di un fascista che non vale niente era un patrimonio culturale (...] non il patrimonio dellestremismo giovanile, laccetta zione di tutta una cultura di sinistra che ha riempito le piazze milanesi. A Milano ci son stati giuramenti; Milano tremenda per i funerali rossi, Milano ha avuto sempre un sacco di funerali che sono un giuramento con tinuo sui morti di vendetta [...] per due anni non c stata una sede del Msi che non sia stata incendiata (Storia di vita n. 3, pp. 48-49).

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della gerarchia di fabbrica, erano guardiani capireparto, etc., le cui dirette responsabilit nella oppressione dei lavoratori erano pi immediatamente visibili. E laborati do cumenti sulle responsabilit personali della vittim a veni vano distribuiti nelle grandi fabbriche, con lobiettivo di convincere che essa m eritava la punizione2 3 / Criteri ana loghi erano stati adottati dalle Br nella loro attivit terroristica contro bersagli politici, principalmente contro la De. ^Una differente potenziale base di reclutamento spingeva le organizzazioni emerse nella seconda met del decennio a orientare in altre direzioni i loro sforzi di reclutamento. La prevalenza della propaganda sociale rifletteva le preferenze dei militanti del m ovim ento del 77, in cui i gruppi terro risti prevedevano di poter reclutare. Come si detto nel se condo capitolo, quello era un movimento prevalentemente giovanile, con una base esterna alle grandi fabbriche.. La scelta dei bersagli da parte delle organizzazioni clandestine rispecchiava, cos, i temi ai quali i giovani erano in quel mo mento pi sensibili; la difficolt di trovare alloggio, il cre scente costo della vita, la disoccupazione e il lavoro nero, la diffusione delle droghe pesanti. Conseguentem ente, gli obiettivi colpiti nel corso delle azioni di propaganda erano le agenzie immobiliari, i grandi magazzini, le piccole fabbri che, gli spacciatori di eroina/Inoltre, poich il potere veniva

2* Il tentativo di mostrare delle responsabilit individuali delle persone colpite appare evidente se si analizza la propaganda connessa ai primi quattro sequestri messi in opera dallorganizzazione tra il 1972 e il 1973. La prima delle persone rapite, il dirigente della Sit Siemens Idalgo Macchiarini, era stato accusato di particolare rigidit nella contratta zione aziendale. Al secondo rapito, il segretario provinciale della sezione metalmeccanici della Cisnal di Torino Bruno Labate, era stata addebitata lassunzione di squadristi di destra alla Fiat; un intero documento era de dicato alla elencazione delle responsabilit antioperaie del terzo dei se questrati, il dirigente delIAlfa Romeo Michele Mincuzzi. L ultimo dei sequestrati, infine, il responsabile del personale della Fiat Ettore Amerio, era stato, secondo il volantino di rivendicazione dellazione, indicato da Labate come responsabile di schedature dei militanti del sindacato alla Fiat. Anche negli anni immediatamente successivi, i volantini di rivendi cazione di azioni contro i dirigenti intermedi di alcune fabbriche sottoli neeranno responsabilit personali in progetti di ristrutturazione azienda le o in licenziamenti punitivi di attivisti politici.

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percepito, e censurato, dal movimento di protesta come pi sociale che politico, i principali bersagli dei terroristi erano anche le agenzie, e gli agenti, che pi sembravano rappresentare la penetrazione del potere sociale nella sfera privata dellesistenza individuale:'neuropsichiatri e guardie private, servizi di inform atica e agenzie di pubblicit, per fare solo qualche esempio. O gni qualvolta le azioni si rivol gevano contro lo stato, le autorit locali erano pi colpite dei rappresentanti del potere centrale: i pretori piuttosto che gli alti funzionari del ministero di G razia e G iustizia; i vigili urbani piuttosto che i gradi pi elevati della burocra zia dellesercito2 ,4 . Va sottolineato, infine, che le azioni terroristiche dei gruppi di dimensioni pi ridotte presentavano una forte specializzazione sia in termini geografici che funzionali. La maggior parte di queste piccole formazioni erano attive, infatti, solo in una citt, talvolta solo in un quartiere. Una specializzazione si aveva, inoltre, nella selezione dei ber sagli, che rifletteva le specificit dellambiente in cui si cer cava di reclutare: il sottoproletariato per i N ap; i prigionie ri politici per i Rea e i Nuclei; i militanti delle occupazioni delle case per lMcr.

5. Produzione ideologica e mobilitazione delle risorse Le opzioni strategiche delle organizzazioni politiche si esprim ono, infine, nelle caratteristiche della produzione ideologica. La letteratura sul terrorismo ha, in genere, con siderato lideologia come un fattore determ inante nella fase form ativa dellorganizzazione. Ai fini della nostra analisi, ci interessa, invece, sottolineare il carattere mutevole dei con tenuti delle ideologie terro riste/C i potr essere osservato, nel corso del paragrafo, guardando al ruolo dellideologia

24 Si aveva talvolta la compresenza di due tipi di bersagli in PI le cui azioni si rivolgevano in parte alla fabbrica, ma in parte anche ad altri obiettivi: associazione dei medici mutualisti, piccole fabbriche, spaccia tori di eroina, agenzie immobiliari, vigili urbani.

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come strum ento di fram e alignment2\ co come strumento per ampliare la potenziale base di reclutamento integrando nellorganizzazione valori e simboli considerati in modo po sitivo da alcuni gruppi. La scelta del quadro di riferim en to cui allinearsi collegata a quella dellambiente in cui si spera di reclutare^ Le differenze ideologiche fra i gruppi del terrorismo italiano possono essere spiegate in relazione alle caratteristiche specifiche dellambiente nel quale ciascu na di esse cercava di trovare nuovi adepti26. Le Br avevano mantenuto, ad esempio, lideologia marxista-leninista, che avevano assunto al momento della loro fondazione. N ei loro documenti la classe operaia era il soggetto rivoluzionario; il sistem a capitalistico era il nemico; lo stato era il cane da guardia della borghesia e la De il suo partito. G li altri grup pi terroristici avevano adottato, invece, uno schema ideolo gico relativamente nuovo, elaborato nel corso degli anni set tanta: loppressione sociale veniva descritta come alienazio ne individuale pi che come sfruttam ento economico; il po tere come controllo sulla vita degli individui negli ambiti pi privati, e non limitato al dominio politico; il ruolo di soggetto rivoluzionario era assegnato alloperaio sociale, al quale i giovani urbanizzati potevano essere tutti, grosso mo do, assimilati. Com e abbiam o gi visto, questi due modelli ideologici hanno giustificato differenti strategie d azione orientate contro la gerarchia di fabbrica nel primo caso, contro il controllo sociale, nel secondo e differenti modelli orga nizzativi leninista il primo, pi spontaneista il secon do. Vale la pena di sottolineare che la disom ogeneit ideolo gica rifletteva le differenze politico-culturali esistenti tra i movimenti collettivi attivi nei periodi in cui le organizzazio ni clandestine erano sorte. L ideologia m arxista-leninista delle Br era utile, come si detto, a reclutare fra i militanti dei gruppi m arxisti-leninisti, che erano quelli pi disponibili

25 Q uesto concetto illustrato in Snow, Rochford, Worden e Benford [1986]. 2h Sulle differenze ideologiche fra le due maggiori organizzazioni terroristiche, si rinvia a Dini e Manconi [1981].
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alla violenza organizzata allinizio degli anni settanta. Le posizioni ideologiche delle altre organizzazioni tendevano, invece, ad allinearsi con quelle dei gruppi residui del m ovi mento del 77. La loro ideologia voleva, cio, proporsi co me uno strumento atto a trovare seguaci nellambiente in quel periodo pi favorevole alla lotta armata. Ci si esprim eva, per esempio, nelle due versioni attra verso le quali le Br, da un lato, e gli altri gruppi clandestini, dallaltro, si proponevano di esaltare il proprio ruolo come organizzazione: lorganizzazione armata come guida della classe, e lorganizzazione arm ata come parte del m ovi mento di m assa. Con differenze determinate dalle diverse condizioni ambientali in cui essi si erano form ati, le Br ave vano adottato la prima, i gruppi del terrorismo d iffu so la seconda. C os, per esempio, PI afferm ava che il ruolo del lorganizzazione era quello di radicarsi nelle espressioni le gali del conflitto: il nostro compito fondamentale chiude re la forbice che si aperta tra organizzazione com battente e com battim ento proletario27. In modo simile, le Fcc d efi nivano il loro scopo principale come costruzione di una re te clandestina [...] di pronta m obilit quale espressione della capacit di organizzare un movimento reale28. Diversam ente, le Br tendevano a giustificare le loro ri dotte dimensioni attraverso unimmagine che autonomizzava da ogni verifica esterna il diritto dellorganizzazione ad allocarsi una funzione di direzione sulla classe. Nella Riso luzione della direzione strategica del 1975, si afferm ava gi la necessit di costruire il partito com battente, come partito di quadri com battenti [...] reparto avanzato della classe ope raia e perci nello stesso tempo distinto e parte organica di essa. T o ch i anni dopo, nei confronti del movimento del 77, le Br si sarebbero autoassegnate la funzione di dire zione del movimento rivoluzionario, afferm ando che: per trasform are il processo di guerra civile strisciante ancora d i sperso e disorganizzato, in unoffensiva generale diretta da un disegno unitario, necessario sviluppare e unificare il

21 Tribunale di Torino, Sentenza della Corte 17/81. 28 Tribunale di Milano, Requisitoria del PM in PP 907/79, p. 23.

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movimento proletario di resistenza costruendo il p artito 29. M a lutilizzazione dellideologia con obiettivi di frame alignment si pu cogliere ancor pi che nel momento di for mazione di queste organizzazioni, nelle successive fasi della loro evoluzione. In ciascuna di esse, i gruppi clandestini hanno spiegato e cercato di giustificare i mutamenti nella loro strategia con argomentazioni comprensibili alla lo ro base di reclutamento. C i particolarmente evidente nel caso delle Br, sia perch nel corso della loro lunga storia so no cam biate pi volte le condizioni dellambiente circostan te, sia perch il grande numero di documenti e volantini prodotti perm ette un confronto pi approfondito tra i d i versi periodi. Trasform azioni rilevanti possono essere osser vate nelle principali componenti dellideologia: la definizio ne di s, quella del nemico, limmagine del conflitto. A llinizio, la scelta della lotta arm ata era giustificata nei termini pi comprensibili per la potenziale base di reclu tamento: il rischio di un colpo di stato fascista. La paura di una evoluzione autoritaria, ampliamente diffusa nella sini stra italiana, era spesso enfatizzata dalle Br nella loro giusti ficazione della violenza fisica come difesa necessaria30. E s se avevano tentato, anzi, una sintesi tra lotta arm ata contro i fascisti e lotta armata nelle fabbriche, interpretando la possibile svofta politica autoritaria come tentativo dei capi talisti di recuperare le conquiste ottenute dalla classe ope raia. Secondo i documenti delle Br, la borghesia, con lin tento di superare le proprie contraddizioni interne, avrebbe scelto di riorganizzare a destra lintero apparato di pote re, per recuperare il controllo nelle fabbriche attraverso il dispotism o crescente del capitale e la militarizzazione progressiva dello stato e della lotta di classe, lintensificazio ne della repressione come fattore strategico31.

29 Br, Risoluzione della direzione strategica, 1977, p. 4. 30 Spesso citati nei primi documenti sono i tentati colpi di stato di De Lorenzo nel 1964 e di Borghese nel 1974, le trame golpiste della Rosa dei Venti e dei Mar di Fumagalli, insieme al clima di tensione creato dalle stragi della destra. 31 Br, Brigate Rosse, 1971.

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Q uando la repressione statale aveva reso lintervento d i retto nelle grandi fabbriche sempre pi pericoloso, era cam biata anche limmagine di s che le Br tentavano di offrire. La maggiore attenzione data ad obiettivi pi direttam ente politici era spiegata come una conseguenza del crescente in tervento statale nella sfera econom ica32. Lo stato era cos descritto come espressione diretta di interessi capaci di con trollare ormai quasi tutto il pianeta, sintetizzati nello stato im perialista delle multinazionali, spesso citato solo come Sim. Si legge ancora in un documento delle Br: Lo stato assume in campo economico le funzioni di una grossa banca al servizio dei grandi gruppi imperialistici multinazionali. [...] Diventa espressione diretta dei grandi gruppi imperialistici multinazionali con polo nazionale. Lo stato diventa cio funzione specifica dello sviluppo delle multinazionali, diventa stato impe rialista delle multinazionali33. Il nemico veniva descritto in termini diversi, nei d iffe renti momenti, a seconda dellideologia prevalente in una mutevole potenziale base di reclutamento. Nella seconda met degli anni settanta, lavversario principale non era pi il fascism o, ma la social-dem ocrazia34. A ttaccan do il Pei e i

32 La nuova strategia mirante a colpire bersagli pi politici era pre sentata come risposta alle manovre padronali: Se nelle fabbriche lauto nomia operaia abbastanza forte e organizzata per mantenere uno stato permanente di insubordinazione e conquistarsi un proprio spazio di pote re via via crescente, fuori dalla fabbrica essa ancora debole al punto da non essere in grado di opporre una resistenza alle forze della controrivo luzione. Per questo le forze della controrivoluzione tendono a spostare la contraddizione principale fuori delle fabbriche (Br, 1974). A llaccer chiamento strategico delle lotte operaie continua il documento si risponde estendendo liniziativa rivoluzionaria ai centri vitali dello stato: questa non una scelta facoltativa, ma una scelta indispensabile per man tenere loffensiva anche nelle fabbriche [citato in Soccorso Rosso 1976, 190], 33 Br, Risoluzione della direzione strategica, 1975, in Soccorso Rosso [1976, 270], 34 Cfr. Br, Risoluzione della direzione strategica, 1979. Allinizio lat tacco alla De veniva giustificato attribuendo al partito le principali re sponsabilit nel progetto gollista di riforma istituzionale. Nella seconda met degli anni settanta, quando i governi di solidariet nazionale ren-

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sindacati, le Br miravano ad ottenere la sim patia dei giovani militanti dei gruppi di protesta giovanile della fine degli an ni settanta, i cui rapporti con la sinistra tradizionale erano stati caratterizzati da un aspro antagonism o . , L ideologia delle Br era m utata anche in riferimento al lidentificazione degli alleati sociali del soggetto rivoluzio nario. Q uando, alla fine degli anni settanta, erano emersi gruppi violenti con ideologie non marxiste-leniniste, le Br avevano cominciato a parlare dei lavoratori manuali del set tore dei servizi, marginali, disoccupati dellesercito indu striale di riserva come dei principali alleati della classe ope raia. La definizione di un M ovim ento proletario di resi stenza offensiva, cui tutta la giovent urbana apparteneva, stato lo strum ento per rendere lorganizzazione pi at traente per i gruppi pi recentemente coinvolti in episodi di violenza politica. G i nellaprile del 1977, le Br avevano scritto di una nuova avanguardia che
ha fa tto su a la lin ea d e lla lo tta a rm ata per il com uniSm o [...] Si creato co s un v e ro e p ro p rio m o vim en to di re siste n z a arm ata ch e, sep p u re d isp e rso nei m ille rivoli dei m o vim en ti p arziali di lo t ta, per la su a in ten sit e p er la su a m atu rit p o litica ha p o sto le p rem esse p er lo sv ilu p p o d ella gu erra civile e d e lla gu erra di p o p o lo 35.

La nuova tesi brigatista del passaggio dalla propaganda arm ata alla guerra civile dispiegata era nata proprio dallestendersi di quello che le Br avevano definito come m o vimento proletario di resistenza offensivo, cio della
area d ei co m p o rtam en ti di classe an tago n istici su sc ita ti d a llin a sp rim en to d ella crisi eco n o m ica e p o litica [...] l area delle forze, dei gru p p i, d ei nuclei riv olu zion ari che d an n o un co n ten u to m ili tare alle loro in iziativ e d i lo tta a n ti-cap italista, an tim p eria lista, a n tire v isio n ista e p er il co m u n iS m o 36.

deranno obsoleta limmagine di una De presidenzialista, lattacco contro la De verr giustificato come rifiuto del compromesso storico. 35 Br, Risoluzione della direzione strategica, 1977, p. 1. 36 Br, Risoluzione della direzione strategica. 1978, p. 44.

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I vincoli introdotti dalle formulazioni originali non sono stati quindi tanto rigidi da impedire mutamenti anche con siderevoli nellideologia, quando le condizioni ambientali suggerivano lopportunit di una revisione. M a una delle principali contraddizioni per le organizzazioni clandestine derivata, come si vedr nel prossim o capitolo, dal fatto che lideologia doveva assolvere, contemporaneamente, a d iffe renti funzioni. La necessit di distribuire incentivi simbolici ai militanti gi inseriti nellorganizzazione ha ridotto, con il tempo, la flessibilit dellideologia rispetto ai compiti del re clutamento. Riassum endo, si argom entato in questo capitolo che una parte delle scelte strategiche fatte dalle organizzazioni clandestine erano orientate allobiettivo di raccogliere nuo ve adesioni. Si sono, cos, rivelate differenze fra le organiz zazioni del terrorismo italiano per quanto riguarda strutture organizzative, repertori d azione e produzione ideologica. L esistenza di una certa coerenza nelle scelte fatte in queste tre dim ensioni perm ette di parlare di diverse strategie di re clutam ento seguite dalle Br, da un lato, e dagli altri gruppi clandestini, dallaltro. Tali differenze sono state spiegate in relazione alle specifiche aree di reclutamento disponibili per le differenti organizzazioni, date le circostanze storiche al momento della loro fondazione. E sse si erano, cio, dotate di strutture, repertori e ideologie pi adeguati a raccogliere sim patie in alcuni ambienti. M a, come si vedr nel prossim o capitolo, lattenzione posta sullobiettivo di ampliare il nu mero dei membri si ridotta nel tempo. Se le stesse condi zioni di clandestinit rendevano, infatti, il reclutamento in generale rischioso per queste organizzazioni, il ridursi delle aree di tolleranza per lazione politica illegale le induceva ad evitare il pi possibile i contatti con l ambiente circostante concentrando i loro sforzi sul mantenimento della fedelt dei loro membri.

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CAPITOLO SE T TIM O

D IN A M IC H E IN T E R N E ED EV O LU ZIO N E D ELLE O R G A N IZ Z A Z IO N I CL A N D ESTIN E

1. L e trasformazioni nella struttura organizzativa Anche se molto lungo stato, in complesso, larco tem porale della violenza politica in Italia, la storia delle singole formazioni clandestine stata, in genere, mlto breve. Solo le Br sono sopravvissute seppure in crisi organizzativa per oltre un decennio. Laltra organizzazione longeva, Pi, esistita pur cambiando nome per sette anni, anche se il suo ciclo di effettiva pericolosit non ha superato i quat tro anni. La storia dei Nap racchiusa nel breve arco di tre anni, tra la fondazione nel 1974 e lo scioglimento nel 1976. Pochi degli altri gruppi di cui si parlato nei capitoli prece denti hanno superato il primo anno di vita. Solo dal 1976 al 1977 sono sopravvissute le Ucc. Le Fcc, fondate nellesta te del 1977, hanno cessato di esistere nel febbraio del 1979. Pi longevi sono stati gli Rea, attivi tra il 1979 e linizio del 1981. L Mcr, fondato nel 1979, ha compiuto la sua ultima azione nella primavera del 1981. G r, nata allinizio del 1979, ha cambiato nome gi nel maggio dello stesso anno ed scomparsa nellestate del 1980. I Nuclei hanno siglato la loro prima azione nel giugno 1981 e lultima nel novembre 1982. I Pac hanno operato tra il 1978 e il 1979. Le uniche azioni di Per il comuniSmo sono state realizzate tra il dicem bre 1979 e il gennaio 1980. Sei mesi appena durata la sto ria della Brigata Lo Muscio, tra il gennaio e lottobre del 1980. In generale, la causa immediata della scomparsa di que sti gruppi stata larresto o la m orte dei militanti. Ben sette membri dei Nap hanno perso la vita in conflitti a fuoco con le forze dellordine o in esplosioni accidentali, m entre molti altri venivano arrestati. La crisi delle Fcc strettam ente connessa allarresto del loro fondatore, Corrado Alunni,
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nellottobre del 1978. I Pac hanno cessato di esistere quan do, a pochi mesi dalla costituzione del gruppo, la maggior parte dei m ilitanti era gi in carcere. Allo stesso modo i N u clei sono scomparsi nel 1983, dopo larresto di tu tti i loro membri. Simile stata la storia della sconfitta di Guerriglia rossa e della Brigata Lo Muscio: tra lestate e lautunno 1980 le confessioni dei rispettivi dirigenti hanno consegna to alla giustizia tu tti gli adepti dei due gruppi. E, ancora, levoluzione organizzativa delle diverse colonne Br stata decisamente segnata dagli esiti delle indagini della polizia e della magistratura. G i allinizio degli anni settanta, linfil trazione di frate mitra e i controlli incrociati al catasto, avevano portato alla scoperta di diversi covi e allarresto di numerosi militanti: dei membri del primo Com itato esecuti vo, soltanto uno era riuscito a sfuggire allarresto. Alla fine del 1976, era in carcere la maggior parte dei fondatori. D o po una nuova intensa fase di reclutam ento negli anni succes sivi, a partire dal 1980 le confessioni di vari membri dellor ganizzazione hanno portato allarresto di numerosi dirigen ti. Anche la crisi di PI stata, nellimmediato, prodotta da una lunga catena di arresti che hanno colpito lorganizzazio ne nel 1979 e 1980. Le organizzazioni clandestine sono scomparse, dunque, per mancanza di m ilitanti, o almeno di m ilitanti in libert. M a quali sono state le cause di queste sconfitte? Quali le ra gioni per le quali esse non sono riuscite a reintegrare con nuove reclute i propri contingenti decimati dagli arresti? Nel corso di questo capitolo e del successivo verranno pro poste alcune risposte a queste domande. Le trasformazioni delle organizzazioni sono state, in generale, attribuite a mu tam enti nellambiente. Ma, come si gi osservato nel capi tolo introduttivo, alcuni approcci hanno sottolineato la ca pacit dei gruppi dirigenti di adattare le proprie strutture e strategie alle trasform azioni esterne, m entre altri hanno en fatizzato le capacit dellam biente di selezionare solo quelle organizzazioni che sono attrezzate per la sopravvivenza. Entram bi questi approcci verranno utilizzati nella nostra analisi, controllandone l utilit per lo studio delle organizza zioni clandestine. Vedremo nel corso di questo capitolo che i loro dirigenti hanno fatto tentativi, in diverse direzioni,
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per adeguare le loro strutture organizzative e le loro strate gie ad alcuni m utam enti intervenuti nellambiente, giungen do talvolta a rallentare o interrom pere dinamiche di crisi gi in atto. M a vedremo anche che la scelta stessa della clande stinit aveva attivato un certo processo evolutivo, che nes suna delle organizzazioni terroriste riuscita a bloccare e che ha condotto alla loro crisi e scomparsa. Per utilizzare le parole di un ex-dirigente delle Br: E come se ci fosse un percorso autonomo dell'organizzazione che segue delle sue leggi che [] diventano leggi dello scontro in quel momento e quindi determinate anche dallavversario Nel corso dei capitoli precedenti si spesso fatto riferi m ento a trasformazioni intervenute sia nella struttura che nellattivit delle formazioni clandestine. Il terrorismo ha, cio, m utato le sue caratteristiche. Q ueste trasformazioni verranno, in questo capitolo, analizzate rispetto a struttura organizzativa, strategia d azione e produzione ideologica. Uno dei livelli ai quali la crisi delle formazioni clandesti ne si m anifestata con pi evidenza quello della struttura organizzativa. Seppure in un processo non sempre lineare, sottoposto spesso a pause e talvolta ad inversioni, levolu zione del modello organizzativo stata caratterizzata da tendenze a prima vista contraddittorie verso, contem poraneamente, accentram ento e frazionismo, comparti mentazione e strutturazione. L'accentram ento visibile soprattutto nei gruppi con una maggiore partecipazione. Si pu osservare che alcuni di essi avevano adottato sin dallinizio una struttura molto centralizzata. Per esempio, secondo lo statuto delle Br, le decisioni avrebbero dovuto procedere verticalmente, dal Com itato esecutivo nazionale alle Colonne, regionali o cit tadine, e, quindi, alle Brigate (di zona o fabbrica). In una ulteriore accentuazione del funzionamento gerarchizzato, si era costituita poi la Direzione strategica, in cui si entrava per cooptazione, e che nominava il Com itato esecutivo, per la gestione quotidiana dellorganizzazione. Una minore
1 S to ria d i v ita n. 2 7 , p. 4.

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accentuazione del modello burocratico si aveva in Pi. Lor ganizzazione era strutturata in Nuclei, ciascuno dei quali avrebbe dovuto eleggere un comandante, che doveva riu nirsi con gli altri nella Conferenza d organizzazione, per eleggere i Comandi di sede i quali, a loro volta, eleggevano il Comando nazionale e, quindi, lEsecutivo nazionale2. Modelli simili erano stati adottati da altri gruppi clandesti ni*. Accanto al principio della gerarchia verticale, vi era poi quello della distribuzione funzionale dei compiti. Fronti o Commissioni venivano cos costituite per affronta re problemi organizzativi, normalmente distinti in soste gno ai compagni in carcere; informazioni sulle forze della repressione; espletam ento di compiti tecnico-logistici (targhe false, covi etc.); attivit di propaganda. La crescente difficolt ad essere accettati in un ambien te sociale, seppure ristretto, aveva poi ridotto la rilevanza potenziale delle strutture di massa. Un esempio di ci la scomparsa, pi o meno graduale, delle diverse Squadre o Ronde, cio di quelle strutture che avevano goduto, nei mo menti in cui si pensava fosse possibile aggregare allorganiz zazione una vasta rete di simpatizzanti, di una certa capaci t decisionale autonoma. L intensificazione delle attivit degli apparati repressivi aveva aum entato, inoltre, i rischi connessi allorganizzazione di incontri periodici allargati ai militanti di base. Per ragioni di sicurezza, ad esempio, las semblea generale dei membri di PI che doveva essere, se condo lo statuto, lorgano supremo di decisione non era stata pi convocata dopo il primo incontro, allargato ai mili tanti di base, per la fondazione del gruppo. Per lo stesso or dine di motivi, il potere si era concentrato con il passare del tempo negli organi pi ristretti; passando dalla Direzione
2 2. Cfr. PI, Statuto, artt. 12 e 13. * Pi simile alle Br era la stru ttu ra degli Rea, d o tati di una direzione-partito e di un esercito, in cui si sarebbero dovuti formare i m ilitanti (Tribunale di M ilano, Requisitoria del Pm in PP 225/81, p. 319). Pi decentrata era invece la stru ttu ra delle Fcc, suddivise in Squa dre; della Colonna W alter Alasia, suddivisa in Brigate; dei N ap, suddivisi in piccole cellule. Una stru ttu ra pi semplice avevano, infine, le organiz zazioni di piccole dim ensioni, norm alm ente costituite di un comando e uno o due nuclei.

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strategica al Com itato esecutivo, nel caso delle Br; dallEsecutivo nazionale al Comando nazionale, nel caso di PI. An cora, le difficolt che le organizzazioni clandestine attraver savano periodicamente di fronte, ad esempio, a successi ve ondate di arresti aumentavano il potere di alcuni diri genti i quali talvolta si staccavano dallorganizzazione-madre per fondare nuovi gruppi, di dimensioni molto ridotte, di cui essi divenivano indiscussi leader carismatici. Se per alcuni aspetti la diffusione di modelli centralizza ti era facilitata dallemergere di tendenze scissioniste, si pu anche argomentare che essa era una delle cause della secon da caratteristica dellevoluzione organizzativa delle form a zioni armate: il frazionism o, appunto. La centralizzazione ri duceva, infatti, le possibilit di dissenso, in un momento in cui i leader della organizzazione entravano in conflitto sulle possibilit di reagire alle sfide create dallisolamento e dalla repressione. L accentram ento del potere decisionale scon tentava, inoltre, gli esclusi, che non vedevano retribuiti in term ini di maggiore partecipazione alle decisioni gli accre sciuti rischi della militanza. Una giustificazione ripetutamente adottata per spiegare le scissioni era la ricerca di stra tegie alternative alla militarizzazione diffusa nei gruppi armati. Tali argomentazioni servivano certam ente da coper tura ideologica per crescenti conflitti personali, che le dina miche di piccolo gruppo non potevano non accentuare4. Esse riflettevano per anche un disagio diffuso fra i m ilitan ti per la percezione di un isolamento dallesterno, che la propaganda rivolta verso linterno non riusciva a nascon dere. Il frazionismo organizzativo come caratteristica della di
4 Come si legge ad esem pio in un docum ento scritto da alcuni ex m ilitanti di organizzazioni clandestine, in questa lotta di frazioni allin terno delle Br si evidenzia come la tendenza populista [...] ad andare ver so le masse, conquistandone la simpatia con azioni di sostegno alla lotta di classe, e la tendenza m ilitarista ad attaccare le stru ttu re politiche e mi litari del potere, in una sorta di guerra privata, non siano che facce di una stessa medaglia im personate in tempi diversi dalla stessa organizza zione o frazione, o su cui le diverse organizzazioni o frazioni si co n trap pongono in un gioco continuo di inversione delle parti [D etenuti del car cere di Brescia 1982, p. 6].

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namica evolutiva evidente, ad esempio, nella organizza zione sopravvissuta pi a lungo: le Br. Fino alla fine degli anni settanta lorganizzazione non aveva subito scissioni, se si esclude luscita di tre dei suoi dirigenti allinizio del de cennio. La fine del decennio vedr invece una serie di suc cessive fratture. I conflitti interni erano lespressione di strategie differenti per affrontare le difficolt organizzati ve. Elemento comune ai vari gruppi scissionisti era, infatti, laccusa ai dirigenti nazionali di militarismo, definito allo ra come distacco dalla logica politica di intervento. Tale critica era stata espressa dai fautori della prima scissione, che aveva avuto luogo nel 1979. In un documento inviato al quotidiano Lotta continua, alcuni m ilitanti i nomi pi conosciuti erano quelli di Adriana Faranda e Valerio Morucci avevano accusato i fondatori dellorganizzazio ne di avere interrotto ogni rapporto con la loro base di rife rim ento e di non riuscire a comprendere le trasformazioni sociali in corso. La risposta dellorganizzazione alle criti che era stata verbalmente molto violenta6. Ma, pochi mesi dopo, proprio i principali esponenti della prima generazione delle Br che stavano scontando la pena nel carcere dellAsinara erano entrati in polemica con i nuovi dirigenti, accusandoli di deviazioni burocratiche e militariste, in capacit di intervenire fra le masse, cattiva gestione del sequestro Moro e, inoltre, di escludere i militanti in prigio ne dal dibattito interno dellorganizzazione. Q uesta frattu ra era stata diplom aticam ente ricomposta per esigenze ta tti che. Ma i brigatisti del nucleo storico sosterranno, in se guito, la costituzione di altri gruppi frazionisti come la Co lonna W alter Alasia a M ilano7 o, nel 1981, lultima scis
5 Q uesta frazione, i cui m em bri fonderanno in seguito lM cr, accu sava in particolare i dirigenti di non adeguare la stru ttu ra organizzativa allemergere di un nuovo soggetto sociale e di rinunciare anzi, con la con clusione militare del rapim ento M oro e lo scioglimento del F ronte mas sa, al proselitismo. 6 In un docum ento del luglio del 1979 dal carcere dellA sinara, an che i brigatisti l detenuti avevano ribadito, con toni particolarm ente ac cesi, la centralit operaia e la necessit del partito, condannando lo spontaneism o armato. 7 II grave rischio costituito per le Br dallemergere di gruppi scissio-

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sione del Fronte carceri, che dar poi vita al Partito della guerriglia del proletariato metropolitano. Anche in questi casi, la principale critica rivolta ai dirigenti dellorganizza zione sar quella di avere perso ogni contatto con i movi menti collettivi. Costellata da fratture interne anche la storia di PI, en trata in crisi gi a partire dal 1979, e che ha visto le successi ve scissioni di due gruppi di m ilitanti Per il comunismo, nel 1979, e Nuclei, nel 1981, di cui si gi d e tto 8 e la trasformazione dellorganizzazione-madre in Comunisti or ganizzati per la liberazione proletaria, o Colp. Nel 1981 sa r ancora una scissione di militanti confluiti nelle Br in questo caso a sancire il declino definitivo del gruppo. Il frazionismo non ha caratterizzato solo levoluzione dei gruppi numericamente pi consistenti, ma si esteso an che alle stesse organizzazioni che da precedenti fratture avevano avuto origine. A partire dal 1981, le tensioni si era no acuite nella Colonna W alter Alasia, con lallontanam en to di alcuni suoi dirigenti che avevano proposto la fusione con unaltra frazione delle Br. Frequenti rotture interne so no emerse, anche, nella storia, pur breve, delle Fcc: dalla confluenza in PI dei militanti emiliani, allabbandono di alnisti era stato sicuram ente percepito dai loro dirigenti che, dopo lespul sione della colonna ribelle, avevano dedicato allepisodio un intero docu mento, significativam ente in titolato Battere lopportunism o liquidzionista e la ideologia della sconfitta. La frattura allinterno dellorganizza zione veniva interpretata come conseguenza delle difficolt a gestire il passaggio dalla propaganda arm ata alla guerra civile. Il frazionismo era definito come reazione infantile di chi, di fronte alle difficolt tattiche della rivoluzione, non ragiona pi [...] In questo modo la lotta politica si riduce allo scontro di potere banalm ente personalizzato (Br, Risolu zione della direzione strategica, 1980, p. 12). 8 I fuoriusciti di Per il comunism o avevano criticato PI per le sue forzature arbitrarie e soggettive, il volontarismo operativo, la confu sione teorica, la politica miserabile [...] di costruzione del sistema logi stico (citato in Tribunale di T orino, Sentenza-ordinanza del Gl in PP 321/80, p. 396). Il gruppo, al quale si erano uniti dei fuoriusciti di Ucc e Fcc, si proponeva di prepararsi alla lotta di lungo periodo, attraverso una riqualificazione dei quadri ai nuovi compiti, lorganizzazione del lesilio dei latitanti e larticolazione di una proposta di resa negoziata. I Nuclei invece, composti da ex-m ilitanti di PI i da criminali com uni, so pravviveranno dedicandosi so p rattu tto alle rapina.

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tri che daranno vita ai Rea, alladesione alle Br e a G r di al tri ancora. A loro volta, anche i Rea si erano divisi al loro interno, allinizio del 1980: si era allontanata la rete torine se, altri erano entrati nelle Br, altri ancora avevano parteci pato alla fondazione di Gr. Il frazionismo pu essere stato inoltre facilitato da una terza tendenza, piuttosto tipica dellevoluzione delle forma zioni armate: la compartimentazione, cio la riduzione dei contatti fra le diverse strutture organizzative. G i pre sente allorigine dei gruppi clandestini, essa si era fatta pi rigida man mano che la repressione degli apparati istituzio nali si era accentuata ed erano dim inuite le aree di sostegno sociale. La compartimentazione corrispondeva alla neces sit di isolarsi, che assumeva nei gruppi clandestini italiani due principali forme. In primo luogo, per ridurre i rischi di infiltrazioni dallesterno, si era rinunciato a poco a poco alle strutture aperte ai simpatizzanti. Come si detto nel capi tolo precedente, inoltre, erano divenute pi vincolanti alcu ne regole che, pur in genere presenti negli statuti di fonda zione, erano state per disattese allinizio. Erano state, cos, vietate le interazioni fra militanti di strutture diverse, veni vano evitati gli incontri che non fossero strettam ente indi spensabili alla vita dellorganizzazione, e ridotta la circola zione delle informazioni. Questo processo entrava in con traddizione con la tendenza alla centralizzazione, portando in alcuni casi ad una autonomia nei fatti di talune strutture rispetto al controllo dei dirigenti nazionali. Per esempio, poco prima del suo scioglimento, PI si era strutturata in poli territoriali con un notevole decentram ento delle com peten ze politiche e militari. Ancora, i fondatori dei Nuclei aveva no giustificato la costituzione del gruppo con la necessit di superare il fallimento delle organizzazioni com battenti attraverso la costituzione di nuclei autosufficienti di pratica guerrigliera, poli per la ripresa di una pratica comunista d attacco attraverso la critica del passato9. M entre i diversi organismi si compartimentavano, au m entando le barriere allingresso e riducendo le possibilit

9 In Tribunale di T orino, Requisitoria del PM in PP 231/82.

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di interscambio ai confini, si assisteva contem poraneamente ad un peculiare processo di strutturazione. Per offrire unim pressione di forza organizzativa nonostante i continui arre sti di m ilitanti, alcuni gruppi clandestini accrescevano il nu mero delle strutture specializzate in particolarissime sotto-funzioni,^ cui nomi si allungavano man mano che si ridu ceva il numero dei loro membri. Ci avvenuto, solo per fare due esempi, nel Partito della guerriglia del proletariato m etropolitano, che si si era dotato di numerosi fronti di cui spesso facevano parte solo uno o due militanti; o nella Colonna W alter Alasia, che moltiplicava il numero delle brigate man mano che si riduceva drasticamente il num e ro degli adepti.

2. Le trasformazioni nei repertori d azione: le tattiche

Nel corso dellevoluzione delle organizzazioni clandesti ne anche le strategie d azione si sono notevolmente trasfor mate. M entre le trasformazioni nella struttura organizzati va contribuivano al loro isolamento, le forme d azione dive nivano pi violente e gli obiettivi meno legati alla propagan da. Se guardiamo prima ai repertori, la loro evoluzione pu essere osservata a partire da alcuni dati relativi alla percen tuale di azioni contro le persone sul totale delle azioni, al numero di morti e feriti nei diversi anni insieme al numero medio di morti sul totale delle azioni; alla distribuzione del le forme d azione. La distribuzione percentuale delle azioni contro le persone sul numero totale degli attentati terrori stici riportata alla tabella 1. Si pu iniziare con losservare che alti valori indicano una maggiore specificit terroristica delle organizzazioni clandestine, valori pi bassi una maggiore attenzione alla propaganda. La percentuale di attentati con danni alle per sone stata molto bassa nei primi tre anni di esistenza del fenomeno; aum entata poi abbastanza gradualmente fino al 1977; ha compiuto due drammatici balzi, di quasi 8 punti percentuali nel 1978, e di altri 6 lanno successivo. Un nuo vo drastico incremento avvenuto nel 1981 ed stato con ferm ato nel 1982. Il numero delle azioni contro le persone
235

T ab . 1 .

a lm i

Percentuale degli attentati con danni alle persone rispetto al totale degli atten tati terroristici, secondo l'appartenenza politica dei gruppi coinvolti, dal 1970
Br PI % Totale* N. Totale

1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 % Totale N. Totale

___

2,6 21,4 5,7 11,3 10,3 21,3 27,3 40,6 34,7 45,2 64,7 24,5 162

7,8 17,0 30,6 10,5


17,2 45

2,6 21,4 10,9 14,9 15,5 16,2 23,8 31,3 27,5 45,2 48,8 22,8

1 3 5 11 16 32 57 56 36 23 24 1 264

* Il totale si riferisce a tutte le organizzazioni clandestine di sinistra e non solo a Br e PI. Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

stato dunque contenuto allinizio, aum entato gradual mente in seguito ed ha avuto i suoi picchi quando il terrori smo era gi in crisi. Q uesti dati sono confermati da altri in dicatori relativi al numero di morti e feriti e al rapporto tra numero di morti e numero di azioni, riportati alla tabella 2. Tre fasi sono chiaram ente rintracciabili. Fino al 1973 compreso, il terrorismo di sinistra non aveva n ferito n ucciso. Tra il 1974 e il 1976 il numero dei m orti era salito tragicamente (5 nel 1974; 7 nel 1975; 10 nel 1976), ma era ancora lim itato rispetto alle drammatiche cifre degli anni successivi. La terza fase iniziata nel 1977, ma questo un anno particolare: si avuto infatti un salto considerevole nel numero dei feriti, che pi che triplicato, ma il numero dei morti stato inferiore rispetto allanno precedente. A partire dal 1978 il numero dei morti aum entato dram m ati camente: in quellanno di sette volte se non si considerano fra le vittim e i terroristi rimasti uccisi, con ancora 23 morti
2 )6

Tab. 2. Numero di feriti e di morti e rapporto tra numero di morti e numero di azioni

per anno
N. feriti N. feriti escluso terroristi N. morti N. morti escluso terroristi Rapporto morti/ azioni

1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 Totale

0,03

3 8 9 30 42 45 19 15 18 1 190

1 7 9 28 41 45 19 15 13 1 179

5 7 10 6 29 23 29 14 17 1 142

3 3 8 4 28 20 20 14 15 1 116

0,11 0,09 0,10 0,03 0,12 0,13 0,23 0,24 0,41 0,33 0,13

Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

nel 1979, 29 nel 1980, 14 nel 1981 e 17 nel 1982. Il rappor to tra numero dei morti e totale delle azioni incessante m ente cresciuto a partire dal 1978, fino a quadruplicare ri spetto alla media nel 1982. Anche il numero dei feriti si m anterr alto nel corso di quegli anni, pur scendendo dai 30 del 1977, 42 del 1978 e 45 del 1979, ai rispettivam ente 19, 15 e 18 dei tre anni successivi. Nel contesto italiano, questi dati ci sembrano indicare due cose. In primo luogo confermano lesistenza di una pri ma fase del terrorismo tra il 1970 e il 1976 caratteriz zato da una bassa propensione allazione contro le persone, seguita dallutilizzazione di tattiche sempre pi sanguinose. In secondo luogo, colpisce la rapidit nellincremento del numero dei morti e feriti nel 1978, soprattutto se compara ta con la gradualit con cui le azioni contro le persone sono cresciute di numero allinizio. Un ulteriore indicatore dellaccresciuta cruenza delle azioni terroriste la tattica utilizzata. Landamento nel tempo di questa variabile illustrata nella tabella 3, nella
237

T a b . 3. Evoluzione delle tattiche mate dalle organizzazioni clandestine dal 1970 al

198 A tten tato Rapine Incur sione Con flitto a fuoco Seque Agguato N. stro Totale*

1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 % Totale N. Totale

100,0 82,4 79,5 50,0 63,0 67,6 70,0 57,9 56,3 43,0 44,3 22,2 8,2 52,5 609

17,6 12,8 14,1 4,3 9,5 5,8 8,6 10,0 17,3 26,0 28,6 42,9 33,3 14,8 171

5,1 14,1 17,4 6,8 7,8 16,2 9,2 9,5 3,1 4,8 2,0 9,0 104

4,3 4,5 5,8 1,5 0,8 3,9 3,8 7,9 22,4

2,6 21,4 6,5 4,1 1,0 1,0 0,4 1,7 2,3 12,7

3,8 44

0,6 28

4,3 8,1 9,7 14,7 23,3 24,6 20,6 23,8 24,5 66,6 17,5 203

4 17 39 14 46 74 103 197 240 179 131 63 49 3 1.159

* Il totale superiore al numero dei casi poich pi di una forma d azione pu essere presente in ogni evento. Le percentuali sono calcolate sul totale delle rispo ste, cio delle forme d azione. Fonte-, Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

quale le diverse forme d azione sono presentate in ordine crescente di livello di cruenza. I due item s rispetto ai quali pi evidente e significativa lesistenza di una tendenza temporale sono il primo e lul timo: attentati e agguati. Gli attentati sono azioni contro le cose: in Italia prevalentem ente incendi di auto attraverso luso di bottiglie m o lo to v, azioni che non richiedevano, quindi, che un grado limitatissimo di efficienza organizza tiva. Come si pu osservare, il peso degli attentati per centualm ente decresciuto. Con poche eccezioni non si gnificative perch legate ad anni con un ridotto numero di azioni la percentuale degli attentati di molto superiore al 50% fino al 1976, m entre decresce in seguito dal 58% circa del 1977 a valori oscillanti attorno al 44% nel 1979 e nel 1980, cadendo fino al 22% del 1981 e ad appena l8% lanno successivo. 2)8

Un andamento opposto hanno assunto invece gli aggua ti, com prendenti sia i ferim enti che gli assassinii prem edita ti. Inesistenti fino al 1973, la loro percentuale aum entata gradualmente a partire dallanno successivo, mantenendosi su valori oscillanti tra il 21 e il 25% nel corso di tu tto il quinquennio tra il 1978 e il 1982, e raggiungendo il 67% nel 1983. Proprio in questi anni, disaggregando ferimenti ed assassinii, stata osservata la loro opposta evoluzione, con i primi in lenta discesa e i secondi in drammatico aum ento10. Ancora indicazioni nella stessa direzione vengono dal lanalisi dellandamento dei conflitti a fuoco con le forze dellordine. Avvenuti nel corso di tentativi di arresto o du rante azioni rivolte contro altri obiettivi, i conflitti a fuoco non erano dunque strategie prem editate. Il loro andamento nel tempo individua, significativamente, due cicli. Il primo va dal 1970 al 1976. Nel quadriennio iniziale non vi erano stati conflitti a fuoco con la polizia. La loro percentuale invece aum entata costantem ente nei due anni successivi, fi no a raggiungere il 6% nel 1976. Dal 1977 era iniziato il se condo ciclo: ridiscesi fino all1% in quellanno, gli scontri con le forze dellordine erano divenuti in seguito pi fre quenti, fino a raggiungere ben il 22% nel 1982. Anche la diffusione dei conflitti a fuoco , dunque, aum entata nelle fasi di difficolt per le organizzazioni clandestine. Ancora una volta, quindi, i dati sulle tattiche conferma no le informazioni fornite dagli altri indicatori nella direzio ne di un progressivo im barbarim ento delle forme d azione utilizzate dalle formazioni clandestine. Dalliniziale prefe renza accordata agli attentati contro le cose, si passa ad un uso sempre pi frequente delle azioni rivolte a colpire fisicam ente gli esseri umani, fino al prevalere della forma d azio ne pi crudele, lassassinio. I dati fin qui presentati testim oniano, in effetti, delle voluzione complessiva del fenomeno e non delle trasform a zioni nel tempo dei repertori delle singole organizzazioni. Il progressivo im barbarim ento delle forme d azione pu essere

10 C fr. della Porta e Rossi [1984; 1985].

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per dim ostrato anche per quanto riguarda la storia dei sin goli gruppi. Prendendo come esempio solo i due maggiori, ancora la tabella 1 mostra che la percentuale degli attentati contro le persone aveva raggiunto per le Br il 10% circa tra il 1972 e il 1976, raddoppiando quindi nel 1977, triplicando quasi nel 1978 e quadruplicando nel 1979, fino al 65 % nel 1982. Ripercorrendo la storia delle Br, si osserva dunque una escalation inizialmente lenta, con una brusca accelerazione solo a partire dal 1978. Nei primi due anni la violenza delle Br si era rivolta esclusivamente contro le cose11. Nella pri mavera del 1972 si era avuta la prima azione contro persone (rapimento Amerio, durato pochi minuti), seguita nel bien nio successivo da alcune irruzioni e tre altri sequestri, via via pi impegnativi. Nel giugno del 1974, cera stato, inve ce, il primo omicidio: di due m ilitanti del Msi, nel corso di una irruzione in una sede di quel partito. Lazione era stata per presentata dai brigatisti come incidente sul lavoro, pur affermando il volantino di rivendicazione che le forze rivoluzionarie sono da Brescia in poi legittimate a risponde re alla barbarie fascista con la giustizia armata del proleta riato12. Era iniziato tuttavia con questazione un diverso uso delle armi. Se nel triennio precedente pistole e fucili erano stati utilizzati solo come strum enti di intimidazione, a partire dal 1974 esse sono servite, invece, per ferire e ucci dere. Nel 1975 c stato il primo ferimento prem editato, cui seguito lanno successivo il primo omicidio volontario, compiuto in un momento di particolare debolezza organiz zativa allo scopo di rilanciare la propria immagine. Nel 1977 le Br sono riemerse molto pi cruente. Gli anni a par tire dal 1978 hanno visto un uso sempre pi frequente di fe
1 1 Vi erano stati una serie di atte n ta ti ad autom obili e strum enti di produzione, m entre in un volantino si era respinta con sdegno laccusa di avere d istru tto prodotti finiti. Su questo, cfr. Caselli e della Porta [1984]. N on si ha lintenzione, in questo capitolo, di richiam are tu tte le principali azioni criminose com piute dai gruppi clandestini; su questo si rinvia a della Porta [1989]. 12 C itato in Soccorso Rosso [1976, 253], C i si riferisce, chiaram en te, alla strage di piazza della Loggia, com piuta dai terroristi di destra po chi giorni prima.

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rim enti e omicidi come forme d intimidazione. Infatti, m entre nel 1977 il numero dei ferimenti balzato da 4 a 19, nellanno successivo il numero delle persone uccise si quintuplicato, raggiungendo le 16 unit. Dal 1978 in poi si concentrato oltre l80% degli assassinii. A partire da quellanno, una grande rilevanza stata, inoltre, attribuita alla esibizione delle capacit militari del lorganizzazione. Lesempio pi drammatico il rapimento del presidente della De, Aldo Moro, avvenuto il 16 marzo 1978 e conclusosi il 9 maggio, con luccisione della vittim a. Per rapire luomo politico, sono stati infatti trucidati i cin que uomini della scorta, in u n azione della quale i commenti immediati hanno sottolineato la perfezione tecnica. La volont di mostrare alte capacit militari era presente anche in altre azioni successive delle Br, quali altri sequestri di uo mini politici e magistrati, assalti contro lesercito e, in parti colare, lirruzione nella sede del comitato romano della De, in piazza Nicosia, nel maggio 1979, durante il quale due agenti sono stati uccisi e un altro ferito. La stessa evoluzione nelle forme d azione rilevabile anche per le altre organizzazioni. Si pu osservare nella ta bella 1 che, nel caso di PI, la cui storia pi breve, la per centuale delle azioni contro le persone ha avuto un incre m ento dall8% del primo anno di attivit dellorganizzazio ne al 31% del 1979, che lanno in cui gli attentati sono stati pi numerosi. Una nuova flessione avvenuta nel 1980, in un momento in cui lorganizzazione era stata ormai distrutta dagli arresti. Fondata nel 1977, PI ha compiuto nel 1978 i suoi primi tre omicidi; raddoppiati nellanno succes sivo, quando aum entato considerevolmente anche il nu mero dei ferim enti (con un totale annuo di 23). Anche qui, vi stata una crescente enfasi sulle abilit militari, il cui pi brutale esempio stata lirruzione nellistituto di ammini strazione aziendale Vailetta, nel dicembre 1979 a Torino, conclusosi con il ferim ento di 10 delle 190 persone presenti, dopo un sommario processo proletario. La degenerazione nella violenza delle forme d azione un percorso generalizzabile, anche se con qualche eccezio ne, alle altre organizzazioni clandestine di sinistra operanti in Italia. Per fare ancora un altro esempio, anche i Nap, che
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avevano iniziato nel 1974 le loro attivit criminose con a t tentati alle cose ed irruzioni, giungeranno ad un anno di di stanza dalla loro fondazione al primo ferimento e nel succes sivo ed ultimo anno della loro esistenza al primo omicidio. Cos fra i gruppi nati alla fine degli anni settanta, molti sa ranno responsabili di azioni particolarm ente violente (Nu clei, Pac), anche se altri rinunzieranno alle forme pi san guinose limitandosi ad organizzare espatri clandestini (Per il comuniSmo), ed evitando anche azioni contro cose, se d i fese da uomini arm ati (Mcr). Le cause di questo tipo di evoluzione possono essere, al meno in parte, individuate se si guarda ai m utam enti inter venuti nellambiente circostante e alle loro ripercussioni in termini di reclutam ento ed integrazione dei m ilitanti. Una escalation nei repertori stata legata al bisogno, per i gruppi clandestini, di precisare la propria immagine rispetto a quel la di altre organizzazioni di movimento, attraverso luso di ben distinte forme d azione. Significativa, a questo proposi to la testimonianza di uno dei fondatori delle Br sulle ra gioni che li avevano spinti a compiere le prime azioni contro persone. Si legge nella sua autobiografia: Non potevamo continuare soltanto a bruciare auto. Cera or mai troppa distanza tra i nostri grandi discorsi di lotta armata e le azioni che riuscivamo ad organizzare. C era addirittura chi identificava i brigatisti come quelli che mandano a fuoco le mac chine e la nostra immagine rischiava di diventare quella di inno cui ragazzini bombaroli. Noi invece volevamo essere guerriglieri, combattere una guerra vera. Fu per questo che cominciammo a pensare ad un altro tipo di azione, clamorosa, che desse di noi limmagine di una organizzazione efficiente, in grado di colpire chiunque e dovunque. Progettammo un sequestro di persona1* . Sempre a proposito del reclutam ento, si detto che c stata nel corso del decennio una trasformazione nel tipo di potenziale base di mobilitazione. Man mano che essa si era identificata con le aree di persone gi convertite alla lotta armata, la scelta dei repertori sempre pi dipesa anche dal

11 Franceschini e altri [1988, 57].

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bisogno di attrarre i membri di altri gruppi semi-illegali o il legali, gi particolarm ente sensibili alle esibizioni di doti militari. Viceversa, per i membri dei gruppi arm ati minori, lutilizzazione di forme d azione sempre pi cruente stata spesso una strategia volta a propiziarsi lingresso in una or ganizzazione maggiore, dim ostrando la propria efficienza come m ostrato nelle storie di Brigata X X V III marzo e Rea. Allinterno di questo tipo di strategia possono essere comprese alcune delle vicende connesse al rapim ento, e al successivo assassinio, di Aldo M oro. Nei molti saggi scritti sullargom ento14, sono state date differenti interpretazioni sulle finalit a cui questo crimine avrebbe dovuto assolvere nella strategia dei brigatisti. La pi diffusa quella secondo cui lobiettivo delle Br era impedire che si attuasse, a ttra verso lingresso del Pei nel governo, quel compromesso sto rico, di cui M oro era visto come il principale artefice. Sem bra che queste spiegazioni sovrastimino, per, i fini dichia rati, non prendendo invece in considerazione lesistenza di altri fini non-palesi che le Br si proponevano anche di realiz zare attraverso quella azione. Per esempio, la decisione di uccidere lostaggio al term ine della lunga prigionia non una scelta spiegabile dallobiettivo di ostacolare laccesso al potere al Pei. Le polemiche, emerse durante il sequestro, tra il presidente della De e il suo partito rendevano, infatti, estrem am ente improbabile che esso potesse riassumere, se avesse riottenuto la libert, il suo ruolo di mediatore dellin gresso dei comunisti al governo. La lucidit delle Br nel perseguire un piano di destabilizzazione delle istituzioni pu essere inoltre messa in dubbio se si pensa alla mancata pubblicizzazione, da parte del gruppo, delle rivelazioni fatte dallo statista durante il sequestro. Ad esempio, alcune delle dichiarazioni contenute nei verbali del cosiddetto memo riale sulle responsabilit del Sid nella strage di piazza Fontana o sui concreti pericoli di inquinamento dei nuovi servizi segreti1 5 avrebbero creato contraddizioni allin
14 Fra lampia letteratu ra sul caso M oro, si rinvia a Bocca [1978a]; Moss [1981]; K atz [1982]; Flamigni [1988]. 15 Per quanto riguarda il contenuto del memoriale, si rinvia alla

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terno delle forze di maggioranza, se fossero state rese pub bliche dalle Br. A questo proposito, anche difficile credere che questo non sia avvenuto perch, come hanno scritto le Br: Non ci sono segreti che riguardano la De, non ci sono clamorose dichiarazioni da fare16. E, soprattutto, la dram matica conclusione del sequestro appare pi comprensibile se si tiene conto della evoluzione dellorganizzazione clan destina e dellambiente ad essa circostante. Una decisione che non mostrasse segni di cedimento poteva essere infat ti, soprattutto dopo qualche tempo, utile ai fini del recluta mento nellarea dei gruppi del terrorismo diffuso in crisi, ai cui m ilitanti, infatti, le Br si presentavano cos come la forza m ilitarm ente pi efficiente. L evoluzione nel com portam ento delle organizzazioni clandestine pu essere, inoltre, spiegata dal bisogno di raf forzare quella solidariet tra i membri, prodotta dallaffrontare pericoli comuni. Allinizio, ci era avvenuto attraverso azioni caratterizzate da un basso livello di violenza quali le esercitazioni allarma bianca (spiegazioni sul funziona mento di alcune armi) o alluso dellesposivo e delle armi da fuoco, gli attentati compiuti dalle Squadre, i volantinaggi nelle fabbriche o le rapine che costituivano spesso il battesimo del fuoco di nuovi membri. In seguito, la fun zione di rafforzare questo tipo di solidariet stata assolta dalla progressiva accentuazione della sanguinosit delle azioni, che ha ridotto al contempo le possibilit di exit per i terroristi che vi prendevano parte. Ci significa che molte azioni erano divenute, ad un certo punto, sempre pi ritua li: nel loro ripetersi eguale, ferimenti ed assassinii servivano a nascondere agli stessi m ilitanti lincipiente crisi organizza tiva, attraverso una presunta dimostrazione di efficienza militare.

dettagliata ricostruzione delle numerose circostanze non ancora chiarite relativam ente al com portam ento degli organi istituzionali nei giorni del sequestro contenuta in Flamigni [1988, 171 ss.]. 16 Br, Comunicato n. 6, citato in Flamigni [1988, 165].

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3 . Le trasformazioni nei repertori d'azione: i bersagli

Parallelamente allim barbarim ento delle tattiche d azio ne si avuta una trasformazione dei bersagli contro i quali i crimini si rivolgevano, con una graduale rinuncia alle azio ni propagandistiche e una sempre maggiore frequenza di quelle rivolte a difendere lorganizzazione rispetto alla re pressione statale. Q uesta evoluzione si pu riscontrare se si guarda ai m utam enti nel tempo dei bersagli dellazione e dei loro obiettivi. Sono cambiate, innanzitutto, le caratteristi che degli oggetti e delle persone colpite o, pi esattam ente, quelle caratteristiche sulla cui base venivano scelti i bersa gli, la cui evoluzione nel tempo viene presentata alla tabella 4. Le informazioni pi significative si ricavano confron tando le frequenze relative alle attivit imprenditoriali e quelle relative agli apparati repressivi. Nel caso delle a tti vit imprenditoriali si osserva un trend discendente. Con poche eccezioni, la percentuale delle azioni contro attivit imprenditoriali si m antenuta superiore alla met fino al
T a b . 4. Evoluzione dei bersagli colpiti, tra il 1970 e il 1983

Organiz. Organiz. Organo Apparati Attivit politica sindacale govern. repress, imprend. 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 % Totale N. Totale 25,0 58,8 23,1

Altro

N. Totale* 4 17 39 13 46 72 103 238 179 125 60 49 3 1.143

10,9 15,3 4,9 27,7 15,1 9,5 7,2 13,3 8,2 33,3 14,9 170

5,9 28,2 23,1 8,7 12,5 12,6 4,1 2,5 2,2 2,4 3,3

5,9 2,6

5,9 10,3

1,4 2,9 5,1 7,1 7,3 12,0 8,3

5,6 64

5,8 66

19,6 15,3 27,2 15,4 41,6 34,1 20,8 30,0 49,0 33,3 27,3 312

75,0 23,5 35,9 76,9 54,3 54,2 51,5 45,1 31,1 43,0 54,4 43,3 36,7 33,3 43,7 500

6,5 1,4 1,0 2,6 2,5 3,9 3,2 1,7 6,1 2,7 31

* Il totale superiore al numero dei casi poich pi di un bersaglio pu essere presente in ogni evento. Le percentuali sono calcolate sul totale delle risposte, cio dei bersagli. Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

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1976, con punte del 70% nei primi anni. A partire dal 1977, la presenza percentuale di questo tipo di azioni si , invece, ridotta, scendendo seppure non costantem ente dal 45% di quellanno fino al 37% del 1982. Un andamento tendenzialmente inverso ha la curva de gli attentati contro gli apparati repressivi dello stato, in spe cial modo magistratura e forze dellordine. In questo caso, infatti, il trend ascendente. I valori sono rimasti bassi, al di sotto del 20% , fino al 1977 incluso, con lunica eccezione del 1976 che un anno di grosse difficolt organizzative per le Br. Essi sono aum entati, invece, a partire dal 1978, oscil lando tra il 30 e il 40% , fino a raggiungere il 49% nel 1982. Negli anni successivi al 1977 si , infatti, concentrato il 74% delle azioni contro gli apparati repressivi dello stato. Il sempre maggiore coinvolgimento dei gruppi terroristi nei conflitti a fuoco con carabinieri e forze di polizia va con siderato come un segno inequivocabile del forzato allonta namento dal loro progetto politico iniziale. Le indicazioni su questa variabile potrebbero essere lette differentem ente: un valore alto potrebbe indicare un accentuarsi della forza, ma anche linnescarsi di una escalation della violenza che ha come causa lisolamento dellorganizzazione. Le testim o nianze raccolte nel corso delle interviste fanno, per, pro pendere decisamente per la seconda ipotesi. Dichiara, ad esempio, un ex-m ilitante di PI a proposito del progressivo ridursi della rete dei sim patizzanti esterni, disponibili a of frire aiuto logistico: Quando questo tipo di personaggi, che tengono in vita, nono stante le apparenze, lorganizzazione, cominciano a sganciarsi, lo intuisci, anche se lo rimuovi ideologicamente, intuisci che la gente fa macchina indietro, e praticamente comincia a sclerotizzarsi tutto l apparato per cui ti ritrovi con un numero vasto di clandestini e non sai dove tenerli, devi cominciare a moltiplicare le azioni di f i nanziamento e moltiplicando quelle cominci a moltiplicare gli inci
denti, i morti, i feriti, gli arrestatin .

U nulteriore misura di ripiegamento delle formazioni clandestine su obiettivi di mera sopravvivenza data dalla
17 S toria di v ita n. 12, p. 38.

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160-1

Evoluzione obiettivi

N. Azioni

Propaganda Antirepressibne Difesa


F ig . 1.

Evoluzione nel tempo degli obiettivi delle azioni terroristiche. Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

crescita delle azioni di ritorsione, cio della percentuale de gli attentati che si rivolgono contro coloro che erano consi derati come traditori: testimoni che denunciano terrori sti, terroristi che abbandonano le loro organizzazioni. Gli episodi di questo genere sono stati in tu tto 18: 1 nel 1975, 4 nel 1979 e nel 1980, e ben 13 nellultimo biennio del pe riodo in esame. Q uesti risultati vengono confermati dai dati relativi agli obiettivi dellazione. Nella figura 1 osservabile levoluzio ne nel tempo degli attentati con obiettivi di propaganda, di scontro con gli apparati dello stato, di difesa militare.
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T a b . 5. Evoluzione dell'obiettivo dell'azione per Br e PI, dal 1970 al 198)

Brigate rosse propa guerra ganda stato 1970-76 1977 1978 1979 1980 1981 1982-83 % Totale N. Totale* 72,2 91,3 59,2 73,8 70,1 59,5 5,4 70,0 453 11,0 5,4 35,7 18,5 23,9 19,0 21,6 17,2 111 difesa armata 4,1 2,2 1,0 3,1 1,5 14,3 32,4 5,3 34 finanziam. 8,2 1,1 4,1 4,6 2,9 7,1 35,1 7,1 46 propa ganda 80,0 63,5 66,3 52,1 15,8

Prima linea guerra stato 10,0 20,6 14,1 23,9 10,5 difesa armata finanziam. 10,0 14,3 15,2 15,4 18,3 100,0 19,5 50

1,6 4,3 7,0 5,3 4,3 11

58,0 149

17,9 46

* Il totale superiore al numero dei casi poich pi di un obiettivo pu essere presente in ogni evento. Le percentuali sono calcolate sul totale delle risposte, cio degli obiettivi. Fonte-, Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

Anche in questo caso, con perfino maggiore evidenza, le azioni di propaganda si sono ridotte costantem ente, dal 70% circa degli anni fino al 1977, al 60% del 1978, ancora al 41% del 1980 e al 4,4% del 1982. Sono aum entate vice versa quelle azioni che indicano il concentrarsi delle orga nizzazioni clandestine in una sorta di guerra con gli appa rati repressivi dello stato: dal 10% circa dei primi anni (con lunica eccezione del 1976), a percentuali oscillanti attorno al 20% successivamente. Le due curve si incrociano cos neUultimo anno, quando le azioni di propaganda si riduco no drasticamente, m entre cresce la presenza percentuale delle azioni contro le forze dellordine. Le azioni di difesa militare sono anchesse aum entate in tutto il periodo, da valori quasi mai superiori al 5% fino al 1980 al 16% del 1981 e al 28% del 1982. Si pu aggiungere che cresciuta, infine, la percentuale delle azioni di finanziamento. Lo stesso tipo di tendenza si riscontra se guardiamo ai dati disaggregati per le due organizzazioni maggiori, ripor tati nella tabella 5. Per quanto riguarda le Br, i valori pi alti negli attentati contro le forze dellordine si rilevano a partire dal 1978, raggiungendo il massimo nel 1981-1982. Gli stessi dati
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mantengono invece valori estrem am ente bassi nei restanti periodi, quando le azioni di propaganda hanno coperto i tre quarti dellattivit complessiva. Dal 1979, la percentuale delle azioni di propaganda ha teso, al contrario, a ridursi, fino al 59,5 del 1981 e al 5,4 del biennio 1982-1983. Sono, invece, aum entate le azioni contro lo stato, che si sono asse state attorno al 20% dal 1979 in poi, e quelle definite di difesa armata che, dopo avere oscillato tra 1 1 e il 5% han no raggiunto il 14% nel 1981 e il 32% nel biennio successi vo. Anche la trasformazione del tipo di bersaglio serviva in parte ad una funzione di integrazione interna. A questo sco po erano orientate, ad esempio, le frequenti azioni intim ida torie sul tema delle carceri1 8 e, soprattutto nellultima fase, quelle contro coloro che lorganizzazione considerava come traditori19. Significativo , infine, landamento delle azioni di autofinanziamento, che coprono addirittura il 35% dellattivit nellultimo biennio. Simile levoluzione dei bersagli per PI: le azioni di pro paganda sono scese dall80% del 1976 (quando la sigla era stata utilizzata per la prima volta, anche se lorganizzazione non era stata ancora fondata) al 65% circa dei due anni se guenti, fino al 15,8% del 1980. Parallelamente sono aumen tate, invece, le azioni rivolte a garantire la sopravvivenza dellorganizzazione: la difesa armata, che dall1,6% come primo valore positivo nel 1977 cresce fino al 7% del 1979;
18 Solo per fare un esempio, si pensi alla campagna contro i p eni tenziari speciali durante la quale, nel solo 1980, furono assassinati il vi cepresidente del Consiglio superiore della m agistratura, V ittorio Bachelet; lex-capo della segreteria degli Istitu ti di pena, G irolam o M inervini; il generale Galvaligi, addetto alla vigilanza delle carceri di massima sicu rezza; e fu rapito il diretto re generale degli Istitu ti di prevenzione e di pena, G iovanni D Urso. 19 II primo episodio di ritorsione stato lomicidio di un sindaca lista ed operaio genovese, G uido Rossa, che aveva deposto contro un b ri gatista. Seguir una spietata campagna contro i m ilitanti sospettati di avere tradito: due m ilitanti di gruppi clandestini (Soldati e Di Rocco) verranno uccisi e tre feriti (Liburno, G argiulo e Massa), in carcere o nelle aule giudiziarie, tra il 1981 e il 1982. U tilizzando il sistema mafioso delle vendette incrociate, le Br rapiranno e uccideranno, al term ine di un b ru tale processo proletario, R oberto Peci, fratello di uno dei primi b rigati sti che avevano collaborato con la m agistratura.

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e le azioni di auto-finanziamento, gradualmente passate dal 10% del 1976 al 18,3% del 1980, rappresentando poi la totalit delle azioni nel 1981. Ancora, levoluzione di PI nei Colp testimonia la trasformazione dellorganizzazione, nel momento in cui la crisi prodotta dagli arresti e dalla per dita di numerose basi imponeva di concentrare i propri sfor zi sugli obiettivi della raccolta di risorse materiali e della li berazione dei compagni20. Lo stesso tipo di trasformazione dei bersagli comune ad altri gruppi. Per esempio, tu tta lattivit dei Nap nellul timo anno di vita dellorganizzazione si era rivolta contro gli apparati repressivi dello stato. Significativa anche la nalisi dei bersagli delle azioni compiute dalle formazioni clandestine emerse alla fine degli anni settanta: solo sullo biettivo dellautofinanziam ento erano concentrate le attivi t di Per il comuniSmo, Brigata Lo Muscio e Mcr; solo sul sistema penitenziario quelle dei Nuclei, e prevalentem ente su questo anche quelle di Pac e Rea.

4. L e trasformazioni nella produzione ideologica Anche la produzione ideologica dei gruppi clandestini ha subito dei mutamenti rilevanti nel corso della loro storia. Pure nel caso dellideologia sono individuabili delle linee di tendenza comuni, seppure difficilmente quantificabili. Si pu, innanzitutto, osservare che lideologia ha rispecchiato le trasformazioni in atto negli altri due strum enti organizza tivi. In primo luogo, m utata limmagine di s che i gruppi armati volevano diffondere: da braccio armato del movi
20 La stessa denom inazione dei Colp, scrive un m agistrato, serve a sottolineare la propria accresciuta attenzione criminale verso il carcera rio, a partire dallinizio d ell81 in poi, da quando cio la gran parte dei capi storici era venuta a trovarsi deten u ta a causa delle grandi inchie ste dell80. [...] si tra tt dellevolversi storico dello stesso progetto che andava modellandosi sulla base delle necessit im poste dal m om ento (e quindi abbandono m om entaneo delle pratiche omicidiarie d irette, in ten sificarsi delle azioni di autofinanziam ento e di quelle volte a favorire le vasione di compagni d eten u ti etc.) (Tribunale di M ilano, Requisitoria del PM in PP 231/82, pp. 41-47 passim).

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mento o movimento armato era divenuta esercito, da Ronda/Squadra/Brigata era divenuta Partito. Ancora avanti nel tempo, era venuta meno anche linterpretazione offerta dellazione armata come stimolo allavviarsi di un processo rivoluzionario guidato dalla classe operaia. L organizzazio ne si era autonomizzata dalle dinamiche sociali per usare il linguaggio brigatista ed il suo compito era dive nuto la testimonianza di un rifiuto che sopravviveva alla pa cificazione delle classi. I gruppi armati tendevano, cos, a ri nunciare a legittimarsi come guida o erede o esempio, iniziando ad affermare puram ente e semplicemente la loro esistenza come unica via di una liberazione che doveva esse re esistenziale prim a'che politica o economica. Un esempio di questo processo pu essere trovato nei documenti del Partito guerriglia del proletariato metropolitano. H anno scritto a questo proposito alcuni ex-militanti di organizza zioni clandestine: Non ci si limita, come nei vecchi documenti, ad analizzare la realt in modo pi o meno mistificato, traendone linee di tenden za in cui inserire la propria azione: le nuove teorizzazioni non pro pongono unanalisi, ma piuttosto una nuova visione e modo di vi vere della realt a partire dalla condizione esistenziale della guer riglia metropolitana. Non si parla pi, come prima, della guerra civile da promuovere attraverso azioni di guerriglia, si parla della guerra come dimensione fino ad ora trascurata della realt, uni ca espressione compiuta di coscienza e lotta politica del proleta riato allattuale livello di sviluppo del capitale, espressione di nuo va assoluta inimicizia tra le classi. La guerriglia sarebbe lunica forma di rottura di un controllo sociale che prima di tutto con trollo delle coscienze, unica espressione di coscienza e lotta di classe a cui si contrappone lo stato di sonnambulismo e follia in cui verserebbe il proletariato non combattente (chiamato proleta riato schizo-metropolitano). La guerra civile non necessario raggiungerla, ma soltanto vederla in atto nella realt quotidiana [...] da questa guerra come visione allucinata della realt sociale, si passa poi alle azioni di guerriglia che trovano in s la propria giustificazione come semplice attuazione di una potenzialit so ciale presupposta21.

21 C fr. D etenuti del carcere di Brescia [1982, 8].

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Insieme allimmagine della propria identit era cambiata quella dellavversario e del campo del conflitto. La visione del nemico era divenuta in qualche modo pi immanente: il potere non era pi rappresentato dalla pur astratta classe dei capitalisti, ma pervadeva tu tta la societ, giustificando la mancanza di potenziali alleati o di referenti per la propria azione. Fuori dallorganizzazione vi era solo il male; chi non era nellorganizzazione era parte del male. Non vi era pi distinzione tra colpe soggettive e responsabilit oggettive, predisposizioni strutturali e falsa coscienza. Nei volantini di rivendicazione delle azioni non si cercava pi, come allini zio, di spiegare il grado di pena in relazione alle colpe della vittim a. Per fare solo un esempio, nella rivendicazione di un agguato in cui esse avevano ferito il fratello della per sona che avrebbero voluto colpire, le Br avevano proclama to cinicamente che: un gemello vale laltro. Del nemico, descritto con aggettivi sempre pi ingiurio si maiali, porci facevano parte alla stessa stregua i cor pi di polizia e gli sgherri comunisti, gli uomini politici fino allestrema sinistra e gli scissionisti dei gruppi armati. Di nessuno si cercava pi la redenzione, a nessuno si rivolgeva no pi appelli perch aderisse alla lotta armata, tu tti era no meritevoli della pena di morte, profusam ente commi nata nei comunicati delle formazioni clandestine. Era cambiato conseguentem ente il modo di legittimare le strategie adottate. Nel caso delle Br, ad esempio, le tra sformazioni nelle tattiche utilizzate erano prima giustificate come passaggio dalla pace armata alla guerra civile di spiegata. Si legge nella Risoluzione della direzione strate gica del 1978: Disarticolare le forze del nemico significa portare un attacco il cui obiettivo principale ancora quello di propagandare la lotta armata e le sue necessit, ma in esso gi comincia ad operare an che il principio tattico proprio della fase successiva: la distruzione della forza del nemico [...] La disarticolazione della forza del ne mico quindi lultimo periodo della fase della propaganda armata e introduce progressivamente quella della guerra civile rivoluzio naria22.
22 Br, Risoluzione della direzione strategica, 1978, pp. 41 e 42.

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Ancora oltre nel tempo, era venuta meno anche la giu stificazione della escalation di violenza a partire dalla con giuntura storica, pi o meno rivoluzionaria; erano venute meno le lunghe disquisizioni sul fine che giustifica i mezzi, le elaborazioni dei paradossi che avevano portato i leader delle Br a descrivere lomicidio di Aldo M oro come atto etico o altri assassinii come espressione di giustizia prole taria. La violenza era divenuta pi esplicitamente fine in s, espressione compiuta di opposizione al potere. Allonta nandosi da Machiavelli e da Lenin e avvicinandosi a Sorel e a Fanon, i documenti non tentavano pi di legittimare al cuni crimini come necessit rivoluzionaria, ma esaltavano tu tte le espressioni di guerra come strum enti di libera zione. Una trasformazione era avvenuta anche nella struttura del linguaggio. I documenti utilizzavano sempre meno ter mini e principi im prontati dal marxismo-leninismo o da al tre ideologie diffuse nei movimenti collettivi, che erano ser viti in passato a spiegare lattivit delle organizzazioni in term ini comprensibili allesterno. Con il procedere del tem po, invece, si era selezionato un vocabolario composto di ca tegorie e term ini coniati dai dirigenti del gruppo e che ave vano un senso solo per i suoi membri. Documenti e proclami erano divenuti cos sempre pi oscuri non solo per lopinio ne pubblica, ma anche per la cerchia molto pi ristretta dei militanti dei movimenti collettivi. Se si prende come esem pio la produzione teorica delle Br, essa era, alle loro origini, fortem ente segnata dallo sforzo di m antenere, come pre messe logiche dellintervento, le interpretazioni della si tuazione politica pi diffuse nellambiente sociale che vole vano influenzare. Le scelte erano, come si detto, spiegate facendo riferim ento alla dottrina marxista pi ortodossa. In seguito, invece, si sarebbe drasticam ente ridotta la capacit di motivare la loro azione con riferim enti coerenti alla realt. La terminologia utilizzata sarebbe divenuta sempre pi criptica, fino ad essere incomprensibile dallesterno. I documenti pi recenti riproporranno una visione allucinata del mondo circostante. Si avuta, infine, una trasformazione quantitativa della produzione ideologica, di cui un esempio il costante
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aumento nel numero delle pagine delle annuali risoluzioni della direzione strategica delle Br. Le scissioni erano moti vate attraverso lunghe disquisizioni teoriche. La com peti zione fra gli stessi gruppi clandestini accentuava la vis pole mica. I dirigenti arrestati organizzavano scuole-quadri in carcere e diffondevano i risultati dei loro gruppi di studio, talvolta utilizzando normali case editrici. C ostretti alla lati tanza, i militanti in clandestinit accrescevano le strutture d informazione, passando una parte rilevante del loro tem po a scrivere documenti a circolazione interna o volantini di rivendicazione. Si osservato nel corso di questo capitolo che le organiz zazioni terroriste italiane si sono progressivamente allonta nate dallattivit di propaganda sociale, concentrandosi in una guerra privata con gli apparati dello stato. Le cause di questo tipo di evoluzione possono essere rintracciate nel mettersi in moto di una serie di dinamiche non previste. Stretti tra gli arresti e il progressivo ridursi di eventuali sim patie iniziali, i gruppi clandestini hanno abbandonato gra dualmente i propri obiettivi di reclutam ento, invischiandosi sempre pi nelle azioni a difesa della propria coesione in terna. Che queste dinamiche siano collegate alla scelta della clandestinit sembra confermato dallevoluzione di organiz zazioni terroriste operanti in altri paesi. Si pu infatti osser vare che i processi di trasformazione riscontrati nelle forma zioni armate italiane sono comuni anche ad altri gruppi ope ranti, nello stesso periodo storico, in altre democrazie indu striali. Le conseguenze autodistruttive del conflitto interno, accentuate dalle sconfitte politiche e militari, hanno assunto aspetti particolarm ente drammatici nel caso giapponese2*. La storia dei W eather Underground e delle Black Panthers percorsa da episodi di guerre interne e sanguinose scissio ni, infiltrazioni e uccisioni di m ilitanti in conflitti a fuoco con la polizia24. Lim barbarim ento delle forme d azione
2* T ra la fine del 1971 e linizio del 1972, quattordici mem bri dellEsercito rosso erano stati uccisi dai loro stessi compagni, nel corso di scontri arm ati fra opposte frazioni ideologiche dello stesso gruppo. Cfr. Kawahara [1983]. 24 C fr. G u rr [1983].

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particolarm ente rapido nel caso della Raf, dove dai primi a t tentati a scopi propagandistici si passati ad una serie di azioni di rappresaglia contro m agistratura e polizia o a rapi menti tendenti ad ottenere la liberazione dei militanti incarcerati25. Elem enti di somiglianza si possono riscontra re anche nellevoluzione delle strategie e del modello orga nizzativo dellE ta in Spagna, dellira in Irlanda, dei M onto neros in Argentina, dei gruppi clandestini del Quebec in Canada e dellOlp, nonostante la struttura delle opportuni t politiche disponibile per quelle organizzazioni fosse di gran lunga pi favorevole che negli altri casi26. Si pu tuttavia anche osservare che alcuni m utam enti nella struttura delle risorse esterne e scelte strategiche diffe renti da parte dei dirigenti possono introdurre rallentamenti nellevoluzione o deviazioni dal modello. Alcuni gruppi pos sono, ad esempio, sperim entare fasi di nuova espansione quando la struttura delle risorse esterne subisce dei m uta m enti ad essi favorevoli. Lo scioglimento di alcuni corpi speciali antiterrorism o e il contem poraneo rafforzarsi delle tendenze pi violente nel movimento di protesta possono favorire temporanee inversioni di tendenza. L evoluzione pu anche non raggiungere il risultato finale, quando i lea der decidono di sciogliere le loro organizzazioni27. Per comprendere, dunque, i processi attraverso i quali questo ti po di evoluzione ha condotto, in Italia, alla crisi dei gruppi clandestini necessario estendere lanalisi ad altri due livel li. Da un lato, occorre tenere conto del modo in cui queste trasformazioni sono state percepite dai militanti. Dallaltro,
C fr. Fetscher [1979; 1983]. Si vedano, inoltre, alcune ricostru zioni fatte da ex-m ilitanti di organizzazioni clandestine in G erm ania: Baumann [1976]; Klein [1980] e M ahler [1980], 26 Q ueste inform azioni sono contenute rispettivam ente in della P or ta e M attina [1985; 1986], per E t; A lexander e O Day [1984] e Beach [1977], per l'ira ; Gillespie [1982], per i M ontoneros; mos [1980], per 1 O lp; e M orf [1970], per il gruppo clandestino separatista del Q uebec. 27 Per esempio, i m ilitanti delle Black Panthers e dei W eather U n derground hanno deciso ad un certo punto di uscire dalla clandestinit e lo stesso hanno fatto i m ilitanti di E t (politico-militar) in Spagna. A n che in Italia, organizzazioni come Per il comunismo o il M ovim ento co m unista rivoluzionario possono essere in terp retate come tappe di ab bandono della stru ttu ra terrorista.

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le caratteristiche dellevoluzione sono anche legate alle rea zioni provenienti dallam biente esterno, che possono accele rare o ritardare la crisi. A questi problemi si guarder nel prossimo capitolo.

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CAPITOLO OTTAVO

LA CRISI DEL T E R R O R ISM O IN ITALIA

1. Struttura delle opportunit e sistema delle relazioni intem a


zionali

Sullevoluzione dei gruppi terroristi, cos come sul loro emergere, hanno influito alcune condizioni relative allam biente esterno, in particolare a quella che stata definita co me struttura delle opportunit politiche. Si analizzato lef fetto di alcune caratteristiche del sistema politico sulle ori gini delle organizzazioni clandestine. Se nella maggior parte dei capitoli precedenti lanalisi del funzionamento dei grup pi armati stata condotta in una prospettiva sincronica, cio senza occuparsi dei m utamenti intervenuti nel corso del decennio, la comprensione della crisi del terrorismo non pu prescindere da unanalisi diacronica, che tenga conto delle trasformazioni dellambiente nel tempo. Se, come si d et to, la scelta della clandestinit un modo per isolarsi dalle sterno, essa non garantisce ovviamente una totale imper meabilit. N aturalm ente, nel caso delle formazioni armate alcuni aspetti della struttura delle opportunit politiche hanno una maggiore rilevanza che per altri tipi di organizza zioni politiche. Nellanalisi dellevoluzione e della crisi del terrorismo lo studio della reazione dello stato, per esempio, deve concentrarsi pi sullazione degli apparati repressivi che su quella di altri settori dellamministrazione pubblica. Allo stesso modo, le trasformazioni del sistema delle relazio ni internazionali si trovano in questo caso riflesse meglio nellintervento dei servizi segreti che nelle dichiarazioni dei governi nazionali. Nel corso di questo capitolo verr discussa linfluenza sullevoluzione e la crisi del terrorismo dei m utamenti inter venuti nel comportam ento di attori politici, sia internazio nali che nazionali, sia istituzionali che non istituzionali. In
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tu tti questi casi lattenzione verr rivolta alle trasform azio ne autonom amente in atto in quel periodo, ma anche ai mu tam enti direttam ente prodotti dal terrorismo e che, su di es so, hanno avuto effetti di feedback tali da accelerarne la crisi. Si pu iniziare con losservare che il terrorismo stato considerato, nelle societ contemporanee, come uno stru m ento alternativo alla guerra, utilizzato dagli stati-nazione in una situazione internazionale in cui la minaccia delleca tombe nucleare rende impossibile ogni rinegoziazione dei rapporti di forza che passi attraverso il conflitto bellico. Se la guerra era dunque, prima dellera nucleare, la continua zione della politica con altri mezzi, il terrorismo sarebbe divenuto la continuazione della guerra con altri mezzi in un sistema di relazioni internazionali retto dallequilibrio del terrore1 . Le fortune dei gruppi terroristi sono in ef fetti spesso collegate allappoggio di alcuni governi che, per prossimit ideologica o contingente coincidenza di interessi, decidono di fornire loro risorse di diverso tipo. N atural mente, nella stragrande maggioranza dei casi, gli aiuti ven gono offerti in maniera coperta, tram ite lazione dei servizi segreti, per evitare le reazioni di condanna che un appoggio aperto al terrorismo susciterebbe da parte degli altri attori del sistema delle relazioni internazionali. La fine di queste convergenze temporanee o lindebolimento di governi ideo logicamente vicini possono generare problemi anche gravi per i gruppi clandestini. Ad esempio, una delle cause di crisi del terrorismo di destra in Italia, nella seconda met degli anni settanta, stato il crollo dei regimi autoritari in G re cia, Portogallo e Spagna, che ha com portato la perdita della protezione garantita in passato da quelle nazioni2. Ancora, le attuali difficolt organizzative dellE ta sono derivate in parte dalla fine della politica di tolleranza francese che ave va reso le regioni confinanti con i Paesi Baschi un rifugio si curo per i terroristi ricercati e un luogo di organizzazione degli attentati in territorio spagnolo.

1 Cfr. Bonanate [1979a],

2 C fr. M inna [1984], 258

Se in teoria un m utam ento nella situazione internazio nale pu essere ipotizzato come causa del successo o della crisi di un gruppo clandestino, i suoi effetti sembrano essere per determ inanti solo quando le risorse di cui i terroristi hanno bisogno non siano reperibili anche altrove. Ci pu accadere, ad esempio, se il gruppo clandestino non ha una base sociale o connivenze im portanti allinterno oppure, le ha appena perse, come nel caso del terrorismo di destra in Italia alla met degli anni settanta oppure quando nes sun altro pu offrire quel particolare tipo di risorse come le zone franche al confine nord-occidentale spagnolo nel ca so basco. M olte, e contraddittorie, ipotesi sono state avanzate nel corso di questi anni sugli interessi che possono avere spinto alcune nazioni straniere ad intervenire negli affari interni del nostro paese, attraverso lutilizzazione dei gruppi terro risti gi esistenti. Israele stata, ad esempio, accusata di mi rare a destabilizzare lItalia in modo da presentarsi come unico alleato affidabile per gli Stati Uniti nel M editerraneo. Q uesti ultimi sono stati sospettati di ricorrere a strategie deprecabili per m ettere in difficolt il pi forte partito co munista dei paesi della Nato. Ai paesi del Patto di Varsavia stata, in generale, im putata la disponibilit ad utilizzare qualsiasi strum ento per indebolire un paese del blocco av verso. L Olp stato spesso ritenuto uno dei finanziatori del terrorismo internazionale, a partire dallaffermazione di un suo oggettivo interesse a m ettere in crisi quellequilibrio del terrore che prevede la scomparsa del popolo palesti nese. Nel caso del terrorismo di sinistra in Italia, non sembra, tuttavia, che le diverse potenziali connivenze si siano con cretizzate in aiuti decisivi. Un esame delle informazioni uf ficiali fin qui rese disponibili, ha permesso di concludere che: sia il terrorismo nero che quello rosso nascono per ra gioni politiche che sono italiane, non frutto di complotti diabolici ma di aggregazioni successive, di garanzie di impu nit assicurate nei fatti, di squilibri nel nostro sistema poli tico e istituzionale5. Sembra infatti che le interazioni, pu
5 C fr. Violante [1984, 97-98].

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re talvolta emerse, tra servizi segreti stranieri e gruppi clan destini di sinistra siano state sporadiche e solo raramente abbiano condotto a scambi effettivi di favori. Se fonti giudiziarie parlano di contatti tra le Br e i servizi segreti israeliani, lappoggio da questi ultimi fornito non sembra es sere andato al di l di u n informazione su un brigatista che aveva collaborato con la polizia. I servizi segreti americani sono comparsi nelle vicende giudiziarie del terrorism o di si nistra ununica volta, in relazione alla pianta topografica di un campo di addestram ento per guerriglieri in Libano, for nita ad alcuni leader delle Br da un presunto agente della Cia, entrato in contatto con loro in carcere. Se stato ritro vato un Field M anual dei servizi segreti americani in cui si davano indicazioni su come essi dovevano agire al fine di destabilizzare per stabilizzare4, non ci sono prove che questa strategia sia stata applicata allItalia. Ancora, nessun indizio stato mai trovato di un reale coinvolgimento del Kgb sovietico o di altri servizi segreti di paesi socialisti nelle attivit del terrorismo in Italia5. Lunico attore internazio nale da cui certo che le organizzazioni clandestine di sini stra hanno ottenuto rifornim enti di armi il gruppo palesti nese Fplp, ma anche in questo caso non sembra si possa par lare di un rapporto organico e prolungato nel tempo. Allo stato attuale delle conoscenze si pu dunque soste nere che, nella storia del terrorismo italiano, i flussi di risor se provenienti dai servizi segreti stranieri sono stati scarsa mente determ inanti. Se le formazioni del terrorismo italia no sono entrate in crisi alla fine degli anni settanta, ci non pu dunque essere fatto risalire al venir meno di appoggi in ternazionali. Ci vale a maggior ragione per le organizzazio ni minori, dato che la pur modesta disponibilit dei servizi se greti si era concentrata piuttosto verso le pi affidabili Br.

4 C i sarebbe dovuto avvenire attraverso luso di provocazioni, in filtrazioni, form azione di organizzazioni clandestine, assassinii di poli ziotti e di uomini di stato [cfr. Flamigni 1988, 181]. 5 A meno di non considerare un indizio del coinvolgim ento dei ser vizi segreti sovietici il fatto che il modello di organizzazione dei gruppi terroristi italiani assomigliasse ad un progetto elaborato da un rivoluzio nario russo nel secolo scorso, come fa Sterling [1981].

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Esistono invece una serie di indizi di una maggiore di pendenza da servizi segreti stranieri per i gruppuscoli terro risti sopravvissuti fino agli anni pi recenti. Se le Br aveva no, ad esempio, rifiutato ogni rapporto con lUrss defini to come potenza social-imperialista la frazione brigatista Fronte delle carceri si esprimer negli anni ottanta in modo favorevole ad una ricerca di contatti. In altri verbali di in terrogatori si parla di una richiesta rivolta dai servizi segreti bulgari alle Br di poter rivolgere alcune domande al generale della N ato Dozier, da esse tenuto in ostaggio. Q uesto stesso rapim ento ed il successivo assassinio de! diplomatico ameri cano Leamon H unt responsabile della forza militare mul tinazionale nel Sinai sono stati interpretati come contropartite ad aiuti di provenienza palestinese6. Lassassinio, nel 1986, dellex-sindaco di Firenze, Land Conti, stato rivendicato come azione contro la politica filo-israeliana del ministro della Difesa allora in carica. In passato, alcune offerte di collaborazione da parte di servizi segreti erano state scartate dai dirigenti delle orga nizzazioni eversive almeno stando ad alcune testim o nianze per il timore di essere manipolati da alleati troppo potenti. Di fronte alle crescenti difficolt a trovare autono mamente le risorse necessarie alla loro sopravvivenza, le or ganizzazioni terroriste sopravvissute negli anni ottanta sono state invece costrette a cercare aiuti anche presso partner considerati un tempo pericolosi. La debolezza organizzativa pu avere, quindi, spinto ad accettare il rischio di farsi stru m ento di politiche altrui, come era gi avvenuto nel caso del terrorismo tedesco coinvolto dalla sua dipendenza dai pale stinesi in azioni anti-israeliane prima e anti-semite in seguito7. Cos le sopravvissute organizzazioni terroriste sembrano essere piccolissimi gruppi sempre pi dipendenti da logiche esterne, costrette a scambi con attori internazio nali in cui esse appaiono come la parte pi ricattabile.

6 Le inform azioni riportate sono tra tte da atti giudiziari e relazioni m inisteriali, tu tte citate in V iolante [1984, 106-116]. 7 Sul coinvolgim ento delle organizzazioni clandestine di sinistra te desche in azioni antisem ite, si veda ad esempio Klein [1980].

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2. Struttura delle opportunit e intervento dello stato Data la scarsa rilevanza dei fattori internazionali, alle condizioni interne al nostro paese che occorre guardare per comprendere le determ inanti ambientali dellevoluzione e della crisi del terrorismo italiano, e in primo luogo allinter vento delle istituzioni statali. Lo stato ed i suoi organi ed apparati svolgono, in generale, una funzione rilevante sul levoluzione delle organizzazioni politiche. Il potere legisla tivo pu sancire alcuni loro speciali diritti o imporre vincoli al loro sviluppo; il potere esecutivo pu legittimare la loro esistenza rendendole soggetti di scambi politici o pu esclu derle dal mercato delle decisioni collettive; il potere giudi ziario pu accogliere alcune istanze da esse presentate o in debolirle attraverso condanne penali. Una peculiarit dei rapporti tra stato e organizzazioni clandestine che, ponen dosi esse per definizione al di fuori delle regole del gioco de mocratico, lo stato diviene, in quanto garante di queste re gole, il loro principale nemico, il rapporto tra i gruppi terro risti e lo stato dovrebbe dunque presentarsi come un conflit to a somma zero in cui i primi tentano di abbattere le istitu zioni democratiche, mentre il secondo agisce, tram ite i suoi apparati, per difenderle. Ci si pu, dunque, aspettare che il ciclo dellattenzione dello stato nei confronti dei gruppi terroristi sia caratteriz zato da un lim itato interesse degli apparati istituzionali nel le loro prime fasi di esistenza, quando la loro stessa debolez za organizzativa li rende poco visibili. Il loro successivo raf forzamento dovrebbe per produrre una concentrazione su di essi della pressione repressiva dello stato. La riorganizza zione degli apparati statali per la lotta al terrorismo dovreb be produrre quindi una serie di sconfitte arresto di mili tanti, scoperta di covi fino alla dissoluzione dei gruppi clandestini. Q uesto processo pu essere pi o meno lungo a seconda della forza relativa dei contendenti, dellefficien za degli apparati dello stato, del livello di sostegno diffuso ai gruppi armati. Ma a meno di non immaginare come possibile linnescarsi di un processo rivoluzionario le ri sorse disponibili per lo stato sono in genere di gran lunga maggiori e quindi tali da garantirgli la vittoria finale. Come
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si vedr nel corso di questo paragrafo, per, il caso italiano m ette in discussione la linearit di questo tipo di evolu zione. D urante la prima met degli anni settanta lazione dello stato contro il terrorismo sembra passare dalla disattenzione ad un interesse crescente e, con questultimo, allaffinamen to delle misure repressive. Lazione delle Br ha avuto fino al 1974 una portata ridotta e per molti versi poco distingui bile rispetto a quella dei piccoli gruppi della sinistra radica le, operanti ai margini del vasto movimento di massa che si era sviluppato in quel periodo. Proprio al contenim ento di questo movimento di massa era orientato lintervento degli apparati repressivi dello stato, m entre non vi era stata alcu na reazione specifica contro il terrorismo. Laddestram ento dei corpi di polizia era finalizzato allintrvento rispetto ai cortei, piuttosto che al controllo della violenza di piccoli gruppi. Anche la legislazione sullordine pubblico era indi rizzata, in questo periodo, contro le forme pubbliche di pro testa, attraverso una serie di provvedim enti che esprimeva no una inversione di tendenza rispetto allampliamento dei d iritti individuali sancito da una serie di leggi rese operanti tra il 1968 e il 19728. Cos, fino al 1974 la reazione delle istituzioni statali contro le Br stata pressoch nulla, se si escludono gli arresti seguiti allinfiltrazione di un agent provocateur. Esse sono potute crescere poich, data la loro de bolezza iniziale, non attiravano lattenzione della magistraturac stato, invece, nel 1974, che la loro accresciuta perico losit divenuta manifesta con il rapim ento del giudice Sos

8 Le principali leggi relative allordine pubblico sono state, in que sto periodo, i provvedim enti urgenti sulla giustizia penale (d.l. 99) del laprile 1974, le norme contro la crim inalit (1. n. 479) dellotto b re del lo stesso anno e le disposizioni a tutela dellordine pubblico, meglio no te come legge Reale, dellanno successivo. Q ueste leggi portavano ad un allungam ento dei term ini di carcerazione preventiva, allestensione del raggio di applicazione del processo per direttissim a, alla riduzione della discrezionalit del m agistrato nella concessione della libert provvi soria, allam piam ento dei poteri di perquisizione della polizia. La legge Reale estendeva inoltre loperativit del fermo indiziario, suscitando d i verse critiche da parte della sinistra anche istituzionale.

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si, tenuto prigioniero per 35 giorni. Questa azione aveva rappresentato un successo per lorganizzazione clandestina, che era riuscita a farsi conoscere a livello nazionale. Ma la dimostrazione di efficienza da parte delle Br avr anche effetti non previsti. Esse si erano m ostrate, infatti, come potenzialm ente pericolose per lo stato, che aveva dunque cominciato a concentrare su di esse la sua attenzione. A par tire da questo anno venivano create delle strutture speciali: lispettorato generale per lazione contro il terrorismo e il Nucleo speciale di polizia giudiziaria, questultimo organiz zato a Torino dai carabinieri e affidato al generale Carlo Al berto dalla Chiesa. Lazione degli apparati istituzionali ave va ottenuto numerosi successi, culminanti dopo appena due anni nella scomparsa dei Nap e nello scompaginamento delle Br, delle quali appena una decina di m ilitanti regolari rim a nevano in libert alla fine del 1976. Nessuna altra organiz zazione clandestina di rilievo era attiva in quel periodo. Diversi fattori hanno contribuito, come si detto nel se condo capitolo, ad una recrudescenza del fenomeno terrori stico ad appena pochi mesi di distanza da quella che sembra va la sua definitiva sconfitta. In questo secondo ciclo, lin tervento statale ha seguito unevoluzione differente e ati pica. Ad una notevole attenzione istituzionale alla perico losit del fenomeno non hanno corrisposto, fino alla fine del decennio, che rari successi. Sebbene non esistano dati uffi ciali sullevoluzione degli arresti per il reato di banda arma ta, i nostri dati quantitativi sui m ilitanti ci offrono qualche indicazione su questo punto. Nella tabella 1 riportata la distribuzione del numero di arresti per anno. Si pu osservare che appena il 14% dei m ilitanti stato arrestato prima del 1979; meno del doppio degli arrestati in quel solo anno (7,6% ). E stato tuttavia soprattutto a partire dal 1980 che m agistratura e polizia hanno cominciato ad avere i loro maggiori risultati, compiendo il 42% degli arre sti in quellanno e il 37,2% in quelli successivi. Le difficolt incontrate nelle pratiche anti-terroriste nella seconda met del decennio e fino a tu tto il 1979 sono state attribuite a cause differenti. Una spiegazione, adottata anche da portavoce governativi, ha sottolineato Yinefficien za degli apparati repressivi, divenuta via via pi evidente di
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T a b . 1. Distribuzione del numero di arresti per anno

Anno di arresto

N. arrestati

% sulle risposte* 0,2 0,2 2,1 2,9 2,2 2,8 3,9 7,6 41,8 6,4 27,1 3,5 100,7

% sui casi* 0,3 0,3 2,2 2,0 2,3 2,9 4,1 8,0 43,9 6,7 28,5 3,7 104,9

1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 Totale

2 2 17 16 18 23 32 63 345 53 224 29 824

* I casi si riferiscono agli individui. Le risposte si riferiscono invece al nu mero di arresti. Un individuo pu essere stato arrestato pi di una volta. Fonte: Elaborazioni dei miei dati, tratti dagli atti giudiziari.

fronte allaccresciuta pericolosit dei gruppi arm ati9. Il li vello di preparazione era, secondo pareri diffusi, general m ente basso. Da un lato, c era infatti una debolezza stru ttu rale della Pubblica sicurezza: nel 1978, solo 11.000 dei 69.000 effettivi erano assegnati alla lotta contro la crimina lit; 15.000 posti in organico erano ancora scoperti; la met degli agenti in servizio aveva raggiunto appena la licenza elementare; mancavano le strutture per laddestram ento. Solo nellaprile del 1982 sar varato il nuovo ordinam ento del corpo, che porr le basi per un intervento pi efficiente. La carenza di risorse non era, inoltre, solo un problema del la polizia: gli stanziam enti previsti dai provvedimenti per il potenziam ento e lammodernamento tecnologico dei ser vizi per lordine e la sicurezza, approvati nel 1977, verran no resi effettivam ente operanti solo dopo due anni; alla stessa data il programma di edilizia carceraria era realizzato

9 Secondo le dichiarazioni dellallora Capo della polizia, G iuseppe Parlato, al mom ento del sequestro M oro lo stato era senza occhi n orec chie [citato in R odot 1984, 77].

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solo al 10%. I servizi di computerizzazione disponibili per la magistratura erano pressoch inesistenti. Ancora, linef ficienza era aggravata da croniche carenze di coordinam en to, sia fra i diversi corpi che allinterno di essi. Dallaltra parte, vi stata anche una debolezza specifica nella lotta al terrorismo. Le due gi citate strutture specia lizzate in questo compito erano state inspiegabilmente sciol te nel 1976. Una parte delle loro funzioni era successiva mente assunta dallUfficio centrale per le investigazioni e le operazioni speciali Ucigos che aveva fra i suoi compiti la trattazione degli affari relativi allespletam ento delle funzioni di polizia di sicurezza dello Stato e per la lotta al terrorismo e alla sovversione. Ma al momento della sua creazione, nel 1978, buona parte delle conoscenze acquisite due anni prima erano gi andate disperse. Lo stesso pu dir si per il nuovo Nucleo speciale, affidato nello stesso anno al generale dalla C hiesa10. Anche i servizi di sicurezza avevano attraversato una fa se particolarm ente turbolenta. Il Sid era sotto accusa dal 1974 per comprovate deviazioni dai suoi compiti istituzio nali, che hanno poi portato al suo scioglimento. Listituzio ne dei nuovi servizi il Sismi (Servizio informazioni sicu rezza militare) e il Sisde (Servizio informazione sicurezza democratica) era avvenuta solo nel 1977. Delle deviazio ni presenti anche nei servizi segreti rinnovati, si parler in seguito. Allo stesso modo, lintervento della magistratura stato rallentato dalle carenze comuni al sistema giudiziario italia no, ma anche dalla specifica assenza di organi ufficiali di coordinamento che potessero favorire i flussi di informazio ni tra i magistrati impegnati in procedimenti connessi a rea ti di terrorismo. Lazione dei terroristi imputati per impedi re lo svolgimento dei processi a loro carico, attraverso linti midazione dei giurati e la lettura dei proclami durante le udienze, ha ancora rallentato lattivit giudiziaria, aumen tando il numero delle scarcerazioni per decorrenza termini.

1 1 1 Le inform azioni qui riportate sono riprese da R odot [1984, 77-91]. Esse provengono prevalentem ente da atti parlam entari.

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Anche lintervento legislativo1 1 stato allinizio poco efficace. Solo a partire dal marzo 1978 dopo il rapim ento dellonorevole Aldo M oro venivano introdotte delle mi sure espressamente orientate contro il terrorismo. Esse ten devano, in generale, ad aumentare i poteri degli organi di polizia e delPautorit giudiziaria. Una serie di provvedi menti accresceva la possibilit di effettuare perquisizioni ed intercettazioni telefoniche, attribuiva agli organi di polizia il potere di assumere informazioni sommarie sugli indiziati attraverso interrogatori svolti senza la presenza del difensore1 2 , e, soprattutto, introduceva una sorta di fermo preventivo, applicabile dalla polizia contro coloro che non avevano commesso reati ma erano sospettati di poterne com m ettere . Allinizio del 1980, si erano introdotte nel codice penale le figure della associazione con finalit di ter rorismo ed eversione dellordine democratico e dellattentato per finalit terroristiche o di eversione14. In questi casi, la legge prevedeva aumenti della pena che raggiungeva no la met di quella comminata, la non applicabilit delle a t tenuanti generiche e delle norme relative alla concessione della libert provvisoria, il prolungamento di un terzo dei term ini massimi della carcerazione preventiva. Secondo molti giudizi15, la riduzione delle garanzie in
1 1 Alcune leggi sono state varate tra il 1976 e il 1978 su tem atiche specifiche collegate al terrorism o, quali la repressione dei delitti contro la navigazione aerea, la sospensione del decorso dei tempi di carcerazione preventiva qualora il dibattim ento fosse sospeso per limpossibilit di for mare la giuria, il coordinam ento della sicurezza esterna ai carceri. Su que sti provvedim enti, e sugli altri citati in questo paragrafo, maggiori infor mazioni si possono trovare in G revi [1984]. 12 Si veda il d.l. n. 59 del 1978. 11 Cio, come recita la legge, di coloro nei cui confronti, per il loro atteggiam ento ed in relazione alle circostanze di tem po e di luogo, si im ponga la verifica di com portam enti ed atti che, pur non integrando gli estrem i del delitto tentato, possano essere tuttavia rivolti alla commissio ne dei delitti indicati nellart. 165-ter c.p.p. o previsti dagli artt. 305 e 416 c.p. (l.n. 15 del 6 febbraio 1980). T ra laltro, si introduceva lobbli go per tu tti i cittadini di fornire alla polizia, entro 48 ore, le generalit dei loro ospiti o inquilini. 14 Ci si riferisce alla gi m enzionata legge n. 15 del 1980. G li artico li introdotti nel codice penale sono, rispettivam ente, il 270bis e il 280. 15 Cfr. M agistratura dem ocratica [1980],

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dividuali di indiziati ed im putati, che queste leggi introdu cevano, non era stata neanche compensata da una maggiore efficacia nello svolgimento delle indagini. Anche il potere di deterrenza dellaumento delle pene detentive per i reati di terrorismo stato dubbio. La crisi delle organizzazioni clan destine stata invece accelerata da quanto stabilito in alcu ni altri articoli, contenuti nella stessa legge del 1980. Con questi articoli venivano, infatti, introdotte alcune misure premiali per i membri delle organizzazioni terroriste che avessero deciso di collaborare con le autorit inquirenti. Ta li misure variavano dalla non-punibilit alla riduzione della pena fino alla met con non applicazione delle aggravanti. Lo stesso orientam ento stato, in seguito, conferm ato ed ampliato da una nuova legge16, che stabiliva anche che gli sconti di pena andassero graduati in relazione alla misura della collaborazione e allentit del contributo fornito. La pena era, ad esempio, ridotta di un terzo nel caso di una pie na confessione dei reati, della met qualora fossero fornite prove decisivo allindividuazione di correi, con ulteriore ri duzione di un terzo in caso di collaborazioni in grado di rag giungere risultati eccezionali17. Numerosi sono stati i membri dei gruppi arm ati che hanno usufruito delle possibi lit offerte da questi provvedimenti legislativi, rompendo il patto di fedelt allorganizzazione. E stato; almeno in appa renza, soprattutto grazie a queste confessioni che gli appa rati dello stato sono riusciti ad ottenere le prime consistenti vittorie nella loro battaglia contro il terrorismo. Secondo alcune interpretazioni, data linefficienza dei corpi repressivi, stato solo grazie a leggi speciali, dette di emergenza, che le organizzazioni clandestine sono state sconfitte. Ma accanto a quella dellinefficienza, vi poi una
16 la legge n. 304 del maggio 1982. 17 La cos detta legislazione premiale sostituiva lergastolo con una reclusione per un num ero di anni mutevole a secondo dellen tit della dissociazione, e aum entava la possibilit di concedere la sospensione con dizionale della pena, la libert provvisoria e la libert condizionale dopo avere scontato la met della pena. Essa era operativa per i reati commessi entro il 31 gennaio 1981. La decisione di collaborare con le au torit in quirenti doveva essere presa en tro 120 giorni dalla pubblicazione della legge, term ine prolungato, alla scadenza, di altri 120 giorni.

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seconda ipotesi sui ritardi della reazione istituzionale alla seconda ondata di attentati terroristici. Le carenze stru ttu rali sarebbero state pilotate per allentare la pressione re pressiva sulle formazioni terroriste, a vantaggio di alcuni gruppi di potere interessati alla loro sopravvivenza. In altri term ini, sarebbe stata lesistenza di gravi deviazioni nel fun zionam ento dei servizi segreti italiani18, molto pi che le carenze strutturali degli apparati repressivi, a favorire la re crudescenza del terrorismo. Lipotesi della deviazione degli apparati repressivi dello stato merita attenzione per almeno due elementi. In primo luogo, ci sono da considerare, oltre allinopportuno sciogli m ento di alcuni corpi speciali, anche i numerosi torbidi epi sodi verificatisi durante i giorni del sequestro dellonorevole Aldo Moro. Fra gli interrogativi ancora aperti, ai quali n le indagini della m agistratura n quelle della commissione parlamentare sono riusciti a rispondere, vi sono una serie di sparizioni: di alcune delle borse, con documenti riservati, che M oro portava con s; dei verbali e delle registrazioni del processo allostaggio; di alcune bobine con le intercet tazioni telefoniche fatte durante il sequestro; di un rullino scattato da un foto-amatore nel momento del rapimento; degli atti di alcune riunioni del comitato tecnico operativo del Viminale. Accanto ai misteri collegati a tu tta questa do cumentazione scomparsa, vi sono quelli sulle ragioni per cui le autorit investigative hanno rinunciato a perquisire, sem pre durante il sequestro, alcune delle probabili prigioni brigatiste quali i covi di Via M ontalcini e di via Gradoli e della tipografia dei terroristi sulle quali cerano gi sta te segnalazioni agli inquirenti l9. Un ulteriore elemento che d credito allipotesi su de viazioni degli apparati repressivi dai loro fini istituzionali rappresentato dalla appartenenza alla loggia massonica P2 di membri dei vertici di numerosi organi dello stato: dai ser-

,l! Sulla storia dei servizi segreti in Italia, cfr. De Lutiis [1984]. ,v Anche misteriosa sempre rim asta la vicenda del falso com uni cato n. 7, che il 18 aprile aveva annunciato lavvenuta esecuzione dello staggio. Su tu tti questi punti, lanalisi pi recente quella in Flamigni [1988],

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vizi segreti riform ati, alla guardia di finanza, ai carabinieri. Basti ricordare che nel comitato tecnico-operativo operante durante il sequestro M oro vi erano almeno cinque membri della P2: il capo di stato maggiore della difesa, ammiraglio Torrisi; il capo del Sismi, generale Santovito; il capo del Sisde, generale Grassini; il generale Giudice, com andante del la guardia di finanza e il generale Lo Prete, capo di stato maggiore della guardia di finanza20. Se allo stato dei fatti una protezione del terrorismo rosso da parte dei servizi se greti non certam ente documentabile, tuttavia i molti indi zi menzionati portano a condividere il parere che sia evi dente la necessit di rivolgere lattenzione ai servizi di sicu rezza partendo dalla realistica considerazione che si tratta di apparati i quali, almeno in alcuni uomini e settori, hanno offerto coperture al terrorismo, quando non sono stati addi rittura implicati direttam ente in attivit di tipo terrori stico21. Leffetto dellintervento statale sullevoluzione delle or ganizzazioni clandestine sembra dunque, per un lungo pe riodo, essere stato rilevante ma in senso opposto rispetto a quello normalmente considerato: nello spiegare la possibili t di sopravvivere dei gruppi armati, piuttosto che nel de terminare la loro scomparsa. Lunghi anni sono passati prima che gli apparati dello stato abbiano cominciato a reprimere con efficacia il terrorismo e, quando ci avvenuto, stato a prezzo di leggi di emergenza che hanno com portato la ri nuncia, seppure temporanea, ad alcuni principi del diritto.

20 Q ueste inform azioni sono riportate in Flamigni [1988, 18 e 19]. Secondo la stessa fonte, ancora fra le persone in qualche modo collegate al caso Moro erano nella P2: il commissario Esposito, della centrale operative della questura di Roma; il com andante del nucleo investigativo dei carabinieri di Roma, ten en te colonnello Cornacchia; il prefetto D A m ato, nella direzione della polizia stradale, ferroviaria e di frontiera; il dirigente della Crim inalpol triveneta, Angelo Parisi; il prefetto Peloso dellorganismo di coordinam ento tra Sismi e Sisde, il Cesis; lagente del Sismi Pietro Musumeci; il segretario generale del m inistero degli E steri, Francesco M aria M alfatti; il diretto re del G r2 , G ustavo Selva; lam m ini stratore delegato della finanziaria della Sip, Michele Principe; nonch qu attro dei consiglieri del M inistro degli interni Cossiga [Ibidem 1988]. 21 Rodot [1984, 83],

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3. Struttura delle opportunit e sistema dei partiti Le tesi sulle deviazioni dei servizi segreti fanno esplicito riferim ento a gruppi di potere che, allinterno degli apparati dello stato, hanno avuto interesse a rendere inefficace, al meno in alcuni momenti, la reazione istituzionale contro le formazioni clandestine. Lipotesi di un esplicito coinvolgi m ento di alcuni partiti o di frazioni al loro interno nel rallentamento dellazione delle forze dellordine22 per, allo stato attuale delle conoscenze, sostenuta solo da ragio namenti deduttivi di scarso valore probativo. Nel corso dei successivi paragrafi riprenderemo invece in esame alcune variabili, relative al sistema delle opportunit politiche, che avevamo gi analizzato a proposito dellemergere delle orga nizzazioni clandestine. Possiamo iniziare queste riflessioni dalle condizioni del sistema dei partiti, analizzando in che modo esse possono avere influenzato lazione repressiva del lo stato. In generale, una prima condizione che pu influire sulla organizzazione della reazione istituzionale al terrorismo il livello di coesione della coalizione di governo. Se tale livello basso, la divisione fra i partiti della maggioranza pu inci dere negativamente sullazione antiterroristica. Il tema del la lotta alleversione pu divenire oggetto del contendere fra le diverse componenti governative, e ragione di maggio re disaccordo. Non solo i partiti di governo possono dissen tire sulla strategia da adottare, ma i partner della maggio ranza possono essere tentati di sfruttare a loro vantaggio le sistenza di gruppi anti-sistema. In entram bi i casi il risultato un ritardo nellelaborazione di politiche anti-terroristiche efficaci. Allo stesso modo, la tendenza ad utilizzare lazione delle frange radicali a fini elettorali pu essere maggiore nei pe riodi di m utamento nei rapporti di forza fra maggioranza e minoranza. Quando lopposizione si rafforza, ad esempio, la presenza minacciosa di un terrorismo ad essa ideologica mente vicino pu essere usata dai partiti di governo per inti

22 C fr., per esempio, Galli [1986].

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midire lelettorato, spostandolo su posizioni politiche pi conservatrici. Raramente, la presenza di organizzazioni vio lente, ideologicamente prossime, pu essere usata dallop posizione per rafforzare la sua capacit di contrattare, pre sentandosi come unica forza politica in grado di tenere sotto controllo i gruppi pi estremisti, che potrebbero altrim enti m ettere in pericolo il regime democratico. Anche in questo caso, le formazioni terroriste troverebbero nel sistema dei partiti degli alleati oggettivi, tem poraneamente incapaci di concordare una strategia efficace di difesa delle istituzioni democratiche o addirittura interessati alla sopravvivenza delle formazioni politiche pi radicali. Q uesti interessi pos sono condurre a deviazioni degli apparati repressivi, ma si possono anche tradurre in comportam enti meno illeciti: un maggiore o minore spazio dedicato al problema da parte dei mezzi d informazione politicamente controllati, il ritardo nellemanazione di alcuni decreti o nellapprovazione di al cune leggi, un debole sostegno del potere politico allazione degli apparati dello stato. Ma i regimi democratici sono tranne situazioni di lo ro forte delegittimazione interna e internazionale dotati di regole del gioco che perm ettono di superare queste fasi di instabilit. Le coalizioni di governo possono mutare e i rapporti di forza con lopposizione essere rinegoziati senza che si creino crisi di regime. Introdotti gli aggiustamenti ne cessari a rispecchiare almeno tem poraneamente i mu tam enti intervenuti nel potere relativo di gruppi sociali e or ganizzazioni politiche, i rapporti nel sistema dei partiti si ri stabilizzano. La presenza del terrorismo rischia allora di in crinare limmagine delle istituzioni, di cui viene confermata la legittimit. I rappresentanti del regime democratico de vono dimostrare di sapere sconfiggere la sfida alla democra zia rappresentata dai gruppi armati. La nuova coalizione al governo ma anche lopposizione si concentra allora nella lotta ai gruppi clandestini, dalla quale sia il governo che lopposizione sperano di trarre legittimazione presso lopinione pubblica. Una maggiore stabilit della formula governativa e il comportam ento responsabile dellopposi zione perm ettono quindi di elaborare e attuare delle strate gie repressive che, massimizzando lefficacia dellintervento
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dello stato, portano alla sconfitta delle formazioni armate. Per quanto riguarda lItalia, gli anni settanta hanno rap presentato sicuramente un momento di rinegoziazione dei rapporti di forza fra i partiti sia allinterno della coalizio ne di governo che al suo esterno che non poteva non es sere caratterizzato da instabilit. Non sono m antati, infatti, sintomi della divisione nella maggioranza. Gli anni sessanta si erano chiusi con la crisi della formula del centro-sinistra, che aveva assicurato una certa stabilit testim oniata dai tre successivi governi con Aldo M oro alla presidenza del Consi glio. Gli anni settanta si aprivano con un monocolore democristiano, guidato da M ariano Rumor. In tu tto il decennio si susseguivano ben 13 gabinetti, contro i 10 del decennio precedente, che pure aveva visto un inizio piuttosto turbo lento. Le coalizioni di governo erano, inoltre, in questo pe riodo le pi varie, allinterno di una maggioranza centrista: dal centro-destra del II ministero A ndreotti nel 1972, al centro-sinistra monco con appoggio esterno del Pei del V ministero A ndreotti nel 1978, passando attraverso una serie di altre formule che vedevano di volta in volta la partecipa zione, lastensione o lopposizione delluno o dellaltro dei partiti laici minori o dei socialisti. Ancora a dimostrare la rissosit diffusa fra i partiti anche della maggioranza, basti ricordare che gli anni settanta sono un decennio di chiusure anticipate delle legislature. Le prime elezioni anticipate del la storia della Repubblica sono state nel maggio del 1972, e prima della normale scadenza si sono chiuse anche le suc cessive due legislature, con elezioni anticipate nel giugno del 1976 e nel giugno del 1979. Esistono anche indicatori di un m utamento nei rapporti di forza tra governo e opposizione. Uno di essi dato dai risultati delle elezioni legislative avvenute durante il decen nio in esame. Nel 1972, il centro otteneva complessivamen te poco pi del 50% dei suffragi, mentre la sinistra si ferm a va sul 40% e si rafforzava la destra. Nel 1976, invece, il Pei confermava la notevole ascesa registrata nelle am m inistrati ve dellanno precedente, raggiungendo il 34,4% dei suffra gi. La sinistra complessivamente saliva, cos, al 46,7% , mentre il centro scendeva al 44,6% . Il complessivo m uta mento dei rapporti di forza stato confermato nelle elezioni
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del 1979, che hanno visto un risultato stazionario e inferio re al 50% per i partiti di centro e una sinistra anchessa sta bile con il 46% delle preferenze degli elettori. I m utam enti emersi negli anni settanta sono stati confermati nelle prime elezioni legislative del decennio successivo. Nel 1983, infat ti, il peso delle diverse coalizioni non cambiato di molto, nonostante un notevole insuccesso della De, scesa dal 38 al 33% dei voti e una lieve flessione del Pei, assestatosi sul 30% . Il m utamento nei rapporti di forza allinterno del si stema dei partiti stato, inoltre, confermato al livello loca le: nel corso del decennio maggioranze di sinistra si sono realizzate come si sa in buona parte dei centri urbani e in tutte le grandi metropoli, estendendosi ben oltre le re gioni tradizionalm ente di sub-cultura rossa. Ancora, indicatori applicabili sia alla instabilit della coalizione di governo che ad una trasformazione nella forza relativa dei diversi partiti possono essere individuati negli schieramenti e nei risultati del referendum di iniziativa po polare sulla legge che aveva introdotto il divorzio. Al referen dum i partiti centristi si erano presentati infatti divisi: la De da una parte, con il Msi; i partiti laici dallaltro, insieme alle sinistre. I risultati delle consultazioni avevano dato ragione a questi ultimi, indebolendo la posizione del partito di mag gioranza relativa e rafforzando invece quella del principale partito dellaltra coalizione, il Pei. Senza giungere a conclusioni definitive sugli effettivi comportam enti dei partiti nellazione contro il terrorismo, si pu per affermare che il periodo di minore efficacia dello stato nella battaglia contro di esso ha coinciso con la fase di maggiore instabilit d e l sistema dei partiti in tu tta la storia della Repubblica. Si pu, inoltre, aggiungere che, nel caso italiano, instabilit nel sistema dei partiti e sviluppo del ter rorismo sono stati intrecciati, nel senso che la presenza di questultimo servita talvolta da oggetto su cui le differen ze si esprimevano, ma ha forse anche accentuato le rivalit fra i partiti. Per fare solo un esempio, si pu ricordare lac cesa polemica tra le componenti partitiche di quelli che sono stati definiti come fronte della fermezza e fronte della trattativa, durante i giorni del rapim ento dellonorevole Aldo Moro. Con toni molto aspri, i socialisti sostenevano al
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lora lopportunit che lo stato trattasse con le Br per salvare la vita dellostaggio. Al polo opposto la De, con poche ecce zioni, e il Pei affermavano che le istituzioni non dovevano scendere a patti con i nemici della democrazia. Non desta sorpresa che in una situazione di estrema tensione come quella rappresentata dal rapim ento del presidente del parti to di maggioranza si siano accentuate le divergenze sulle strategie pi efficaci da adottare contro un pericolo incom bente. Ma il diverso atteggiam ento di partiti ed istituzioni in relazione ad altri sequestri con dinamiche simili come quello del politico democristiano Cirillo o del giudice D Ursi rende anche credibile lipotesi che le posizioni dei par titi durante il rapim ento M oro siano state determ inate dalla ricerca di vantaggi privati, piuttosto che di efficaci strate gie di lotta al terrorismo. Per esempio, molti comm entatori politici hanno letto nelle posizioni umanitarie del Psi un tentativo di differenziarsi dai due partiti maggiori, raffor zando la propria autonomia. Per il Pei, invece, lo schierarsi apertam ente nel fronte del rifiuto rappresentava ancora un passo su quella strada di legittimazione intrapresa con la proposta del compromesso storico e percorsa, paradossal mente proprio in coincidenza con lo sviluppo del terrorismo di sinistra, attraverso un continuo sostegno alla maggioran za sulle leggi sullordine pubblico. Con linizio degli anni ottanta, il sistema dei partiti ha ritrovato un nuovo equilibrio, che teneva conto del m uta mento nei rapporti di forza intervenuti nel decennio prece dente: una De ridimensionata, un Pei legittimato, un Psi pi autonomo e con un aum entato potere di coalizione. La nuova situazione si rispecchiata in una ritrovata stabilit governativa, con governi a presidenza laica, repubblicana con Spadolini tra il 1981 e il 1982 e socialista con Craxi a partire dal 1983. La tem poranea rinuncia dei democristiani alla presidenza del Consiglio ha sancito il declino dellege monia democristiana, che aveva caratterizzato i rapporti fra partiti negli anni cinquanta e sessanta. Pur non essendosi realizzata lalternanza, inoltre, una serie di segnali in particolare sotto la presidenza della Repubblica di Pertini hanno fatto parlare di lento venir meno di quella conventio ad excludendum , resa operativa contro il Pei, su cui si era
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strutturato tu tto il sistema dei partiti nel secondo dopoguer ra. Cos se il Pei ritornato allopposizione negli anni o ttan ta, esso vi tornato per rafforzato da un sostegno elettora le pi ampio e dal riconoscimento delle prove di lealt al re gime democratico offerte nel periodo dellemergenza. Se linstabilit nella coalizione dom inante e la rinegoziazione dei rapporti di forza fra maggioranza e opposizione aveva rallentato la risposta dello stato al terrorismo, a partire dagli anni ottanta, la ritrovata stabilit governativa favorir inve ce una pi coerente azione repressiva.

4. Struttura delle opportunit e m ovim en ti co llettivi Linstabilit politica degli anni settanta non pu, per, essere analizzata in maniera adeguata se si guarda solo al si stema dei partiti. I m utam enti nelle preferenze delleletto rato rispecchiano altri fenomeni politici, sui quali si gi soffermata in precedenza lattenzione. Le ragioni dellinef ficienza dello stato nel colpire il terrorismo, e dellincapaci t dei gruppi clandestini a sopravvivere nonostante la re pressione, risiedono anche nellevoluzione dei movimenti collettivi che hanno occupato, insieme ai partiti, la sfera dellazione politica negli anni settanta e ottanta. Gli insuccessi iniziali degli apparati istituzionali sono stati infatti giustificati con le dimensioni anomale rispet to a quanto era avvenuto allinizio del decennio, sia in Italia che in altre democrazie occidentali assunte dai gruppi clandestini di sinistra nella seconda met degli anni settan ta 25. M olti dati sullallarmante diffusione delle forme di azione violenta nel corso del 1977 possono testim oniare del le peculiari dimensioni assunte dal fenomeno nel nostro pae se. Come si gi osservato, la radicalizzazione del movi-

2) Secondo gli atti della commissione parlam entare d inchiesta sul lassassinio M oro, lallora m inistro degli Interni Cossiga aveva dichiarato che le forze di polizia potevano fronteggiare episodi sporadici di terro ri smo, ma lo stato nel suo complesso non era preparato ad affrontare feno m eni terroristici tipo caso M oro da un punto di vista ordinam entale e o r ganizzativo [in R odot 1984, 77].

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mento giovanile ha favorito, in quegli anni, lo sviluppo delle organizzazioni clandestine di sinistra. Ci che si vuole sottolineare in questo paragrafo , inve ce, che la presenza del terrorismo si ripercossa poi sia sui movimenti collettivi specifici dalla cui crisi esso emerso, che sulle possibilit di azioni di protesta pi in generale. Gli effetti ipotizzabili, in generale, sono di due tipi. Leccesso di tensione repressiva che il terrorismo giustifica si scarica anche sulle altre organizzazioni del movimento, distruggen dole. Il terrorismo coincide, dunque, con le ultime fasi della protesta, ma al contempo ne accelera la smobilitazione. An che la definitiva crisi delle organizzazioni radicali, ma legali, del movimento ha per, a medio term ine, un riflesso negati vo sul terrorismo stesso, nonostante allinizio perm etta on date di reclutamento. Scomparsi quei gruppi che favorivano il processo di socializzazione alla violenza politica, le forma zioni clandestine si trovano prive di reticoli sociali disponi bili al reclutamento. Un secondo effetto di pi lungo periodo del terrorismo sulle forme di azione collettiva il diffondersi di repertori non-violenti, determ inato dallesperienza delle conseguenze negative della radicalizzazione del conflitto sullazione col lettiva. A partire dalla critica della violenza, altre trasform a zioni vengono introdotte nella cultura politica. I movimenti collettivi si vaccinano, cos, contro la tentazione di ricor rere a repertori d azione violenta. Anche in questo caso, i canali di reclutam ento per i gruppi terroristi tendono a chiu dersi e lisolamento accelera la crisi. Entram be queste dinamiche si sono innescate nella si tuazione italiana alla fine degli anni settanta. Nel 1977, gli accentuati caratteri di violenza sono stati una delle cause di crisi del movimento giovanile. Gli scontri fisici fra frazioni contrapposte durante la Assemblea contro la repressione, tenutasi a Bologna nellestate del 1977, avevano accelerato, gi nellautunno di quellanno, le tappe del disimpegno indi viduale di molti m ilitanti dalla politica. I divieti di manife stazione di massa nelle grandi citt accrescendo i rischi della partecipazione a cortei e manifestazioni pubbliche scoraggiavano negli stessi anni un coinvolgimento attivo della base di riferimento. Pur essendo da tempo passati da
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qualche incerta neutralit iniziale alla critica pi decisa del terrorismo, anche i partiti della Nuova sinistra pagavano sia in termini di voti che, soprattutto, di m ilitanti la reazione di disgusto per la politica provocata dai crimini del terrori smo. M olti degli stessi gruppi della autonomia si erano sciolti dopo che la crescita del terrorismo aveva fatto au mentare lattenzione della magistratura nei loro confronti e le loro sedi erano state chiuse dalla polizia. Un altro fenomeno inoltre non va sottovalutato, per i suoi effetti sullevoluzione del terrorismo. L emergere dei gruppi clandestini ha corrisposto infatti, non solo in Italia, alla crisi di alcuni punti cardine della cultura politica allora dom inante fra i movimenti collettivi e le loro organizzazio ni. Secondo alcune interpretazioni, la giustificazione diffu sa per luso di repertori violenti era venuta in Italia, negli anni settanta, dalla prevalenza nel settore dei movimenti collettivi di un particolare tipo di cultura politica. Le sue principali caratteristiche sono state descritte come la supre mazia dei modelli provenienti dalla Terza internazionale, le elaborazioni volontaristiche delloperaismo, lestremismo verbale dei gruppi cresciuti in competizione con il revisio nismo del Pei. Com ponenti ideologiche quali il mito della rivoluzione imminente, la definizione della democrazia co me una maschera che nasconde lo sfruttam ento, il disprezzo per la vita umana, la sovranit della ideologia sulla teoria, il sacrificio dellindividuo al bene comune, sono state consi derate come precondizioni per lemergere del terrorism o24. Il dibattito sul terrorismo ha accelerato la critica a questo tipo di cultura, attraverso lapprofondim ento di alcune te matiche, forse gi in luce nei movimenti di protesta della fi ne degli anni sessanta: i mali del centralismo burocratico, gli errori della teoria leninista dello stato, le conseguenze nega tive della giustificazione dei mezzi attraverso i fini, la rivalutazione dei bisogni dellindividuo, infine la critica dellin tera dottrina marxista. Proprio sul rifiuto della vecchia con cezione della politica sono sorti anche in Italia, seppure con qualche ritardo dei movimenti collettivi di tipo nuo

24 Si veda su questo punto dalla Chiesa [1981; 1984],

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vo. Le caratteristiche di queste nuove forme di azione col lettiva sono spesso state descritte: modello organizzativo decentrato, forme d azione prevalentem ente simbolica, ag gregazioni a termine su singole issues, alternanza fra fasi di immersione e fase di impegno politico, ideologie pragm atiche25. Q uesti nuovi elementi della cultura politica d opposizio ne hanno ridotto la propensione alla violenza politica, che non solo non viene legittim ata ideologicamente, ma trova anche scarsa possibilit di attecchire in gruppi caratterizzati da militanza non totalizzante, scarsa strutturazione organiz zativa, repertori di azione prevalentem ente non-violenti. Non , probabilmente, un caso che i tentativi di entram be le residue frazioni delle Br di infiltrarsi nel movimento della pace non hanno avuto alcun esito per esse positivo. In Italia, lesperienza del terrorismo degli anni settanta ha inoltre prodotto, per reazione, una particolare attenzio ne ad evitare luso di forme d azione che possono innescare pericolose spirali di violenza. Latteggiamento delle orga nizzazioni del movimento durante la protesta studentesca dellautunno del 1985, volto ad evitare ogni possibilit di scontro fisico con le forze dellordine, testimonia delleffet to di vaccinazione che il terrorismo ha prodotto. Anche in questo caso, linfiltrazione dei residui gruppi clandestini stata evitata. La durata nel tempo di questo vaccino dipen der ancora una volta dalla risposta che le istituzioni daran no alle domande emergenti, ma esso ha sicuramente contri buito, allinizio degli anni ottanta, allisolamento dei gruppi clandestini e alla loro crisi.

5. La dissociazione dalla lotta armata e la crisi d e l terrorismo Si osservato nel corso di questo capitolo che il declino del terrorismo e delle sue organizzazioni stato prima ral lentato e poi facilitato, in Italia, dal mutare della struttura
D ellormai amplia letteratura sui nuovi movimenti collettivi, ci limitiamo a ricordare T ouraine [1978]; Melucci [1982; 1984]; O ffe [1987],

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delle opportunit politiche disponibile per i gruppi armati di sinistra. La legislazione speciale ha aiutato, attraverso le ri velazioni dei pentiti, le indagini della magistratura. I pro fondi mutamenti nella cultura politica diffusa fra i movi menti collettivi hanno favorito lisolamento del terrorismo. Le cause della crisi del terrorismo non sono, tuttavia, piena mente comprensibili se non si analizzano contem poranea m ente le trasformazioni che le organizzazioni hanno subito gi descritte nel capitolo precedente^ e il modo in cui esse sono state percepite dai militanti. E stato, infatti, lin treccio tra m utamenti nellambiente esterno e dinamiche in terne a produrre la crisi del vincolo ideologico che aveva fi no ad allora costituito un fondam ento della fiducia fra gli adepti, portandoli al rifiuto della collaborazione con lo stato. Fra la fine degli anni settanta e linizio del decennio suc cessivo la percezione della sconfitta, insieme alla prospetti va di sconti di pena, aveva spinto alcuni terroristi a collabo rare con la magistratura. I primi pentim enti avevano pro dotto effetti dirom penti, riducendo i margini di reciproca fiducia e spingendo cos un numero sempre maggiore di in dividui a risolvere il dilemma del prigioniero verso la ri cerca di una riduzione della pena, ottenibile accusando colo ro che probabilm ente avevano gi accusato o lo avreb bero fra poco fatto. Ma i vincoli di solidariet avevano cer tam ente rallentato il processo di distacco dallorganizzazio ne, soprattutto fino a che lunica opzione possibile era quel la fra il pentimento e la denuncia dei compagni o lirriducibile fedelt allorganizzazione. Q uesto emerge, ad esempio, da questa intervista ad un m ilitante della prima ora delle Br: Metterti in mano allo stato significa poi due cose: o starci in termini del poveraccio solo e isolato che si fa una vita da cani sem pre perch isolato poi dagli altri detenuti, isolato e le guar die si rifanno di quello che hanno subito prima, perch non hai avuto un passato molto piacevole e laltra invece che tu deci di di mandare la gente in galera, di collaborare, di pentirti fra virgolette, e allora poi magari trovi una collocazione dove puoi vi vere e dove sei protetto [...] Per cui per quante rotture ci fossero,
da una parte c la solidariet e l'amicizia che ti lega, e la necessit

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di fare sempre fronte comune per vivere in galera, dallaltra questa impossibilit di una fuoriuscita politica dallorganizzazione2 ''.

E, tuttavia, lentam ente, la percezione dellincrinarsi del vincolo di solidariet, dovuta al diffondersi, seppure lim ita to, del pentimento si sommata con la crescente consape volezza della crisi delle organizzazioni clandestine, accen tuata dallimpossibilit di reclutare nei nuovi movimenti collettivi e di resistere agli arresti. Come testim oniato dal le storie di vita dei m ilitanti delle organizzazioni clandesti ne qui analizzate, se le dinamiche di cui si parlato nel capi tolo quinto tendevano a legare gli individui alle formazioni terroriste, esse non avevano del tutto soppresso la loro capa cit di discernimento. Lentam ente si trasformava cos lim magine della organizazione stessa, m entre la logica della clandestinit e gli arresti rendevano sempre pi impersonali i rapporti con gli altri membri:
Questa organizzazione qui che si sbrana per non dare soluzione ai problemi, che non riesce a uscire fuori da questo impasse [...] Tutti, praticamente tutte le persone che conoscevo stavano in galera, cio quelli con cui avevo iniziato non cerano pi, non cera pi nessun legame, non cera pi niente, erano finite tutte in carcere [...] in quel momento ero arrivato alla lucidit della comprensione di quello che era stato, cio del fatto che realmente non avevamo niente da prospettare, niente da proporre27.

Inoltre, la sempre maggiore brutalit delle azioni aveva finito per disgustare gli stessi militanti. Soprattutto alcuni episodi di ritorsione come lomicidio in carcere di un gio vanissimo militante, Soldati, sospettato di avere tradito; o luccisione a freddo di due guardie private, nel corso di una rapina, al solo scopo di pubblicizzare la presunta col laborazione di una brigatista appena arrestata vengono frequentem ente citati nelle storie di vita come momento iniziale di percorsi di ripensamento auto-critico sulla lotta

26 Storia di vita n. 5, p. 120. Riferim enti simili si trovano anche nelle testim onianze citate in Novelli e Tranfaglia [1988]. 27 Storia di vita n. 27, p. 56.

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armata. Questo, insieme allo sviluppo di conflitti intestini e alle lunghe catene di arresti, aveva spinto molti membri dei gruppi clandestini a dubitare delle loro scelte, a non ri conoscersi pi in quel tipo di evoluzione.
Capisci che queste non erano pi le tue Br, per questa una delusione e ammettere una delusione sempre duro, se tu a una cosa dedichi la tua vita [...] Una decisione individuale duris sima28.

L inizio della consapevolezza del fallimento del proprio progetto portava con s una trasformazione del significato di una serie di com portam enti, precedentem ente accettati. Cambiava, infatti, nella percezione soggettiva, il senso degli agguati contro le persone: Questo fatto diventato pi grave nel momento in cui di ventato inutile, e quindi diventato un inutile spargimento di san gue, mentre prima era inserito in un contesto che era giustificabile29. Nel momento in cui il programma rivoluzionario perde credi bilit, i morti restano morti am m azzati 30. Successivamente allarresto, la prospettiva della lunga carcerazione, discussa con i compagni, era resa molto pi drammatica dalla percezione del fallimento del proprio pro getto, della fine dellillusione che la liberazione potesse ve nire dallesterno: Non si pu pensare che una persona che, nella prospettiva della costruzione della societ comunista , era disposta a subire anche lun ghe carcerazioni o anche la m orte , nel momento in cui si rende con to che si avviato un processo inverso irreversibile, cio che la sconfitta politica ormai sancita dai fatti, possa con altrettanta disinvoltura pagare un prezzo cos alto [...] Labbandono di vec chie categorie ideologiche e di comportamento conseguente [...] diventa un bisogno fondamentale quello di poter ricominciare a

S to ria di v ita n .7 , pp. 10-11.

2' S toria di v ita n. 19, pp. 3 e 74.


S to ria di v ita n. 24, p. 60.

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credere, a sperare, a lavorare per qualcosa di nuovo e di diverso51.

I processi di rottura del patto associativo sono quindi d i venuti definitivi quando, negli anni successivi, anche molti di quei m ilitanti che avevano scelto di non collaborare alle indagini hanno iniziato una revisione critica del loro passato e, in vario modo, dichiarato fallita lesperienza della lotta armata. Essi sono stati aiutati da una serie di interventi po litici e amministrativi che hanno cominciato a riconoscere limportanza che la pubblica ammissione dei propri errori da parte degli ex-terroristi poteva avere per la societ: dal listituzione di aree omogenee per i detenuti per reati di terrorismo allestensione di alcuni sconti di pena a tu tti co loro che avessero abbandonato le organizzazioni clandesti n e 32. In successive riprese, in varie modalit, e con poche eccezioni53, i militanti dei gruppi clandestini della sinistra in prigione hanno affermato pubblicamente che la fase del la lotta armata in Italia finita.

!1 Storia di vita n. 24, pp. 59-60. ,2 Ci si riferisce, in particolare, al disegno di legge su Nuove p ro poste per la difesa dellordinam ento costituzionale attraverso la dissocia zione, approvato in via definitiva dal senato il 3 giugno 1986, che preve de sconti di pena per coloro che avessero abbandonato il terrorism o, pur senza collaborare attivam ente con la m agistratura. Cfr. De Lutiis [1988]. 55 Al gennaio 1983, secondo i d ati forniti dal m inistero di G razia e G iustizia, avevano usufruito della cosiddetta legge sui pentiti, appro vata nel marzo del 1982, 389 persone, di cui 78 erano definiti come colla boratori (cio, grandi pentiti), 134 come p entiti e 177 come dissociati [cfr. De Lutiis 1988]. Q ueste cifre sono per cresciute enorm em ente da quella data. Esse sono rese ancora pi significative dal pubblico ricono scimento della fine della lotta arm ata anche da parte dei principali d iri genti delle Br, fra i quali C urcio, Franceschini, M oretti e Balzarani.

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CAPITOLO NONO

ALCUNE O S SER V A ZIO N I CO NCLUSIV E SUL CASO ITA LIA N O

Nella spiegazione dellemergere e dellevoluzione del terrorismo di sinistra in Italia sono stati combinati tre livelli di analisi, che possono essere definiti come macro, meso e micro. Il terrorismo stato definito come lattivit di quelle piccole organizzazioni clandestine che si propongo no di raggiungere dei fini politici attraverso un uso continuo e quasi esclusivo di forme di violenza. I gruppi clandestini sono stati quindi considerati come: a) organizzazioni-, b) p o li tich e. Seguendo la letteratura scientifica sulle organizzazio ni politiche ho scelto il gruppo come livello centrale d anali si, ma ho anche considerato le sue interazioni sia come in puts che come ou tp u ts con lambiente e con gli indivi dui. Lassunto stato che, per comprendere il fenomeno in esame, fosse necessario guardare non solo alle precondizioni ambientali, ma anche alle percezioni individuali del sistema delle occasioni esterne; non solo alle propensioni individua li, ma anche alle condizioni storiche per lemergere di quelle propensioni. Si guardato, inoltre, alle organizzazioni terroriste come gruppi strutturati, composti da diversi interes si, influenzati dallam biente da cui traggono le loro risorse, ma anche capaci di scelte strategiche nel tentativo di rag giungere alcuni fini organizzativi. In queste osservazioni fi nali, alcune conclusioni gi emerse nel corso dei precedenti capitoli verranno riprese in relazione ai principali problemi con cui si confrontata la letteratura internazionale sul fe nomeno. L analisi del terrorismo non pu naturalm ente prescin dere dallo studio dellambiente esterno. Due tipi di dom an de sono state poste in relazione ad esso. Un primo tipo ri guarda linfluenza dellambiente sulla presenza del terrori smo: qual il livello di sviluppo economico dei paesi in cui esso pi diffuso? da quale tipo di conflitti emerge? in quali
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tipi di sistemi politici pi frequente? quale tipo di prote zioni vengono offerte a particolari gruppi terroristici? quali sono gli effetti della trattazione dei media sullopinione pubblica? Un secondo gruppo di questioni ha invece riguar dato lambiente come variabile dipendente: sono le organiz zazioni clandestine capaci di raggiungere i fini che dicono di perseguire? quali sono le conseguenze indirettam ente provocate dal terrorismo, in term ini di riforme o di politi che coercitive? Fino ad oggi, si tentato di rispondere a queste questio ni attraverso macro-comparazioni a livello mondiale, realiz zate attraverso elaborazioni quantitative. Nella maggior parte di questi studi, una qualche propriet del terrorismo come numero e intensit degli incidenti stata assun ta come variabile dipendente, mentre le variabili causali hanno incluso il tipo di sistema politico, il livello di sviluppo economico, il livello di discriminazione per gruppi della po polazione, il grado di oppressione politica. Non si pu per dire che questo approccio sia stato fruttuoso. M ancando an che dati quantitativi affidabili su cui basare la comparazio ne, i risultati non sono andati al di l di affermazioni molto generiche su genesi e conseguenze del terrorismo. E unopinione abbastanza diffusa che analisi stori co-comparate, che integrino tecniche quantitative con inda gini qualitative in profondit, possano offrire risposte pi soddisfacenti, seppure meno generalizzabili, alle domande poste in relazione allambiente. Suggerimenti per lanalisi comparata possono venire da alcune categorie elaborate per lo studio del caso italiano. In primo luogo, si partiti dal losservazione che il concetto di ambiente troppo poco de finito. Dalla sociologia delle organizzazioni stato quindi ripreso il concetto di task en viro n m en t, usato per definire la parte dellambiente che rilevante per unorganizzazione. Quale parte dellam biente rilevante per una organizzazio ne clandestina? A questo punto necessario aggiungere unaltra osservazione: le organizzazioni clandestine di sini stra sono parte, alle loro origini, di ci che stato definito come settore d ei m o v im e n ti so cia li. Cos soprattutto in que sta parte dellambiente che esse individuano il loro p o te n z ia le d i m o b ilita zio n e , cio la loro area di reclutamento. Le ca286

ratteristiche del settore dei movimenti sociali cultura po litica, repertori, tradizioni organizzative si ripercuotono, quindi, sulle scelte strategiche dei gruppi terroristi. Lem er gere e levoluzione delle organizzazioni clandestine sono quindi determ inate dalla stru ttu ra d e lle opp o rtu n it p o litic h e , esistente per le differenti organizzazioni del movimento so ciale, cio da presenza di potenziali alleati, apertura del si stema politico, grado di omogeneit nell ' lite al potere. A proposito delle origini del terrorismo nel caso italiano, esse sono state, nel corso di questo studio, collegate alle intera zioni tra i diversi attori presenti nel corso di due ondate di protesta, la prima tra la fine degli anni sessanta e linizio del decennio sucessivo; la seconda attorno al 1977. Per quanto riguarda la prima delle due ondate si parla to, come peculiarit del caso italiano, dellesistenza di un ciclo di protesta. Il movimento degli studenti stato, in fatti, parte di una pi vasta mobilitazione in cui molti attori sociali erano coinvolti. Le grandi trasformazioni nella cultu ra e nella societ prodotte dalla rapida urbanizzazione e in dustrializzazione degli anni cinquanta e sessanta hanno por tato la necessit di riaggiustamenti a differenti livelli del si stema. Alcuni attori politici avevano scelto di rispondere al le pressioni per le riforme in termini prevalentem ente re pressivi. I molti indizi di una protezione istituzionale dei gruppi radicali di destra, fino alla copertura delle stragi compiute da quei gruppi, hanno notevolmente ridotto la le gittim azione dello stato in molti settori del movimento. Il ciclo di protesta durato, cos, molto pi a lungo che in altri paesi occidentali. Nel corso della sua evoluzione, la pratica di scontri frequenti con la polizia e i m ilitanti delle organiz zazioni dellestrema destra ha, poi, portato ad una escalation delle forme d azione verso una sempre maggiore violenza. La lunghezza del ciclo e il numero di attori in esso coinvolti hanno facilitato, inoltre, il proliferare delle organizzazioni politiche. In una sorta di competizione per il sostegno allinterno dellarea dei simpatizzanti del movimento di protesta le organizzazioni meno dotate di un certo tipo di risorse risorse materiali e/o accesso alle strutture di negoziazione hanno trovato un surrogato nella radicalizzazione delle ideologie e dei repertori. Ci ha permesso loro, infatti, di

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definire una riserva privilegiata per il reclutam ento nelle aree pi radicalizzate del movimento di protesta, e di man tenere limpegno dei loro membri attraverso luso di incen tivi simbolici. L 'escalation nelluso della violenza politica ha quindi portato alla creazione di una vasta base potenziale per le organizzazioni pi radicali. Q uando ancora sopravvivevano alcune delle aggregazio ni politiche formatesi nel corso di quel ciclo di protesta, una nuova ondata di protesta esplosa in Italia, prodotto della combinazione di una nascente controcultura giovanile con un peggioramento del mercato del lavoro, soprattutto intel lettuale. La persistenza di comportam enti violenti nel siste ma politico ha portato a una radicalizzazione rapida del mo vimento e alla sua altrettanto rapida emarginazione e crisi, estendendo cos enorm emente larea delle potenziali reclute per le organizzazioni clandestine. Le deviazioni dei servizi segreti dai loro compiti istituzionali sembrano avere offerto alle organizzazioni clandestine insperate protezioni, mentre lalto grado di conflittualit fra i partiti dellarea di governo si ripercosso nella difficolt a trovare strategie anti-terroristiche adeguate. Lunghi anni sono quindi passati prima che le profonde trasformazioni nella cultura dei movimenti collettivi, unite a misure repressive pi mirate ed efficaci, accelerassero la crisi delle organizzazioni clandestine. Q uanto detto fin qui pu essere graficamente sintetizza to nel modello che appare nella figura 1. Si pu dunque dire che il processo di fondazione delle organizzazioni clandestine di sinistra ha richiesto la presen za di alcune condizioni ambientali, definibili come interessi, ideologie e repertori. a) Interessi c o lle ttiv i m o b ilita ti e non effica cem en te m e d ia ti. Le organizzazioni politiche clandestine hanno procla mato di rappresentare interessi collettivi presenti nella so ciet. Se, cos come altre organizzazioni politiche, hanno fatto appello a specifici gruppi sociali, esse non sono state tuttavia prodotte da interessi diversi da quelli che, presenti nel movimento collettivo, agivano attraverso forme d azio ne meno radicali. La scelta dei repertori non sembra essere stata collegata alla natura dellinteresse coinvolto, ma piut tosto il prodotto dellinterazione fra attori politici. La pre-

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Interessi non-mediati

Repertorii non-violenti

Repertori violenti

Gruppi politici ' propensi a forme d azione violente

Ideologie radicali Gruppi che utilizzano violenza saltuariamente Gruppi che utilizzano violenza regolarmente

Non-creazione di strutture illegali

Creazione di strutture illegali

Scelte strategiche differenti da clandestinit

Scelte
strategiche di clandestinit

Terrorismo

Fig. 1. Un modello dell'emergere delle organizzazioni clandestine.

senza di interessi m obilitati, ma non ancora istituzional mente mediati, pu avere incoraggiato alcune organizzazio ni ad accrescere la loro influenza nel mercato politico a ttra verso una radicalizzazione delle forme d azione adottate. b) Ideo lo g ie p o litic h e fa v o r e v o li a lla vio len za . Le form a zioni politiche poi entrate in clandestinit erano dotate di
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ideologie che giustificavano luso della violenza fisica come strum ento di pressione politica. Ladozione della lotta ar mata non stata tuttavia un risultato inevitabile dellideolo gia. Il diffondersi di culture violente stato, piuttosto, una risorsa necessaria per lo sviluppo di gruppi armati. L ideolo gia di alcune organizzazioni ha permesso loro di scegliere pratiche terroriste, rimuovendo i vincoli contro luso di strategie illegali. Essa ha facilitato, inoltre, la giustificazio ne ex p o s t delladozione di tattiche illegali e di una formula organizzativa militarizzata. c) R ep erto ri d 'a zio n e illegali diffu si n e l se tto re d e l m o v i m en to sociale. Le organizzazioni clandestine si sono stacca te, inoltre, da gruppi che avevano fatto uso di forme d azio ne estremamente violente anche prima della teorizzazione della lotta armata. La pratica della violenza non era inerente n al tipo di interessi difesi da questi gruppi, n alla loro ideologia. Essa si sviluppata invece gradualmente nel cor so dellinterazione di diversi attori in conflitto. Date queste precondizioni ambientali, si sono costituiti dei gruppi politici con forti predisposizioni alla violenza. d) G ru p p i p o litic i d o ta ti d i strutture se m i-m ilita ri. Le or ganizzazioni clandestine sono state fondate da individui, le gati lun laltro da una comune militanza in gi esistenti or ganizzazioni del movimento. Q ueste organizzazioni non sembravano avere delle caratteristiche peculiari dal punto di vista degli interessi difesi, delle ideologie avocate o delle forme d azione praticate. Si pu dire tuttavia che i gruppi armati sono nati dalla scissione dalla organizzazione-madre delle strutture semi-militari. Nella lotta interna alla leader ship di questi gruppi, le componenti che hanno scelto la lot ta armata sono state dunque quelle che disponevano di mag giori capacit specifiche da spendere nella costituzione dei gruppi clandestini. e) S celta strategica della clan destin it. La scelta della clandestinit da parte di alcune componenti di organizzazio ni legali pu essere, infine, interpretata come la sperim enta zione di una fra le diverse strategie possibili per affrontare le difficolt derivanti dal declino della mobilitazione. Di fronte alla repressione statale, la clandestinit ha offerto il vantaggio di minimizzare alcuni costi il rischio di arresti

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anche se al prezzo di una minimizzazione dei benefici di sponibili nel breve periodo. La radicalizzazione dei reperto ri, dellideologia e della formula organizzativa stata uno strum ento per rafforzare lidentit del gruppo. Lattivismo violento ha fornito un surrogato simbolico alla mancanza di efficacia pratica. La scelta della clandestinit ha dunque permesso di delimitare il proprio spazio sul mercato politi co, rispondendo a delle dom ande presenti nel movimento sociale, e percepibili come in espansione nella fase di crisi della mobilitazione. La scelta della clandestinit ha per an che provocato un rapido isolamento dei gruppi armati ri spetto al loro ambiente di riferimento. Anche se con tem po ranee inversioni di tendenza nei momenti di pi acuto con flitto sociale, la storia delle organizzazioni clandestine appa re sempre pi influenzata dalle politiche antiterroriste che dalla dinamica della protesta. Lungi dallavvicinarsi ai loro fini dichiarati, i gruppi armati hanno invece favorito lado zione di leggi di emergenza, indebolendo il settore dei movi menti sociali. Un secondo tipo di domande poste nella letteratura sul terrorismo riguardano le organizzazioni clandestine, in rela zione a tre caratteristiche. Alcune questioni riguardano le strutture organizzative: esistono modelli organizzativi pecu liari ai gruppi terroristici? in che misura essi sono flessibili rispetto alle caratteristiche ambientali? quali sono i mecca nismi di formazione e m antenim ento della leadership ? come viene esercitato il controllo sulla base? Altre domande ri guardano le ideologie: esistono temi dom inanti nelle ideolo gie delle organizzazioni terroriste? vi sono, a questo livello, differenze rilevanti rispetto alle organizzazioni che non fan no uso tattiche terroristiche? vi sono ideologie che portano in s i germi dellevoluzione terroristica? in che misura esse appartengono alla cultura politica in cui emergono? Un ter zo insieme di questioni indirizzato alle strategie d azione utilizzate dai terroristi: come vengono prese le decisioni ri spetto a tattiche e strategie da adottare? quali sono i bersa gli pi spesso colpiti? quali sono le forme d azione che pos sono essere considerate come terroristiche? In tu tti questi casi, gli interrogativi riguardano le determ inanti delle scelte strategiche cos come il grado di trasformazione nel tempo.
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Anche su questi aspetti abbondano nella letteratura gli studi m acro-quantitativi, prevalentem ente di due tipi: la raccolta e codificazione di informazioni su tu tti i gruppi che hanno usato violenza politica; oppure la codifica di informa zioni dagli studi in profondit su organizzazioni clandesti ne. I risultati non sono per, fino ad oggi, andati molto al di l di affermazioni generiche e spesso pi che prevedibili. Risultati migliori sono venuti dagli studi storico-comparati di pochi casi in profondit. Lintegrazione dei loro risultati stata per resa difficile dalla mancanza di un comune sche ma di ricerca. Anche su questi temi, quindi, buoni risultati potrebbero venire dallapplicazione allanalisi comparata di categorie e ipotesi elaborate nel corso della ricerca sul caso italiano. Nella ricerca sul caso italiano si partiti dallipotesi che le strategie adottate dalle organizzazioni clandestine possa no essere comprese se vengono distinti i fini ideologici dei gruppi dai differenti compiti organizzativi che essi devono assolvere per essere in grado di sopravvivere. Questi diffe renti compiti sono stati distinti in: mobilitazione delle risor se, integrazione delle risorse, allocazione delle risorse per fi ni esterni. Le organizzazioni devono adattare a questi scopi diversi e talvolta conflittuali le loro principali caratte ristiche: strutture organizzative, strategie d azione e ideolo gie. U nanalisi di tu tti i differenti aspetti di una strategia organizzativa sembrata necessaria per comprendere sia la logica delle attivit terroriste, che il modo in cui esse intera giscono con lam biente esterno. Due generalizzazioni sono state proposte. Una che le organizzazioni clandestine se guano dei ragionamenti logici nel loro decision -m a k in g , cio che esse, cos come le altre organizzazioni politiche, abbia no una certa capacit di scelta strategica. La seconda che tuttavia, nel loro caso pi che in altri, la scelta iniziale del modello organizzativo resti im prin ted, producendo con se gu en ze non p re v e d ib ili e situazioni di non ritorno, e facendo s che la sopravvivenza tenda ad assorbire tu tte le risorse del gruppo con sempre meno attenzione agli altri due obiettivi. Queste osservazioni sono emerse, in particolare, nel cor so della spiegazione dellevoluzione dei gruppi clandestini. La necessit di m antenere condizioni di clandestinit ha, in
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fatti, spinto questi gruppi a rinunciare agli strum enti di pro paganda che i regimi democratici garantiscono agli attori politici. La loro illegalit ha cominciato a tenerli fisicamente lontano dai luoghi del conflitto sociale, facendo perdere lo ro ogni capacit di elaborare strategie propagandistiche effi caci e di diffondere messaggi di rivolta. Lisolamento si ac centuato quando la logica stessa delle loro azioni li ha co stretti a scontrarsi con lapparato repressivo dello stato. Il bisogno di sottrarsi alla repressione li ha allontanati ulte riorm ente dai luoghi dellazione collettiva. La necessit di trovare risorse finanziarie li ha coinvolti in atti di banditi smo comune, esponendoli a scontri armati con la polizia e pericolosi contatti con la malavita, e screditandone ulterior mente limmagine. Stretti dalla pressione delle forze dellor dine, i rapporti con lesterno si sono a poco a poco ridotti ad una incalzante richiesta di aiuto logistico. Lurgenza di ottenere risorse per la sopravvivenza di un numero sempre maggiore di m ilitanti in latitanza ha indotto una pericolosa dipendenza da altri attori ai margini della legalit, dalla cri minalit organizzata o dai servizi segreti. Per nascondere le sm entite alle dottrine della lotta arm ata provenienti dalla ri duzione degli spazi di alleanze i gruppi clandestini hanno elaborato ideologie criptiche, ad alto potere simbolico per i convertiti, ma di nessun valore propagandistico, perch in comprensibili ai non iniziati. N ellimpossibilit di utilizzare forme manifeste di pro selitismo, le organizzazioni armate sono state, inoltre, co strette ad affidarsi ai mezzi di comunicazione di massa per diffondere i propri messaggi. Q uesti ultimi seguivano per logiche autonome di selezione delle notizie, per adeguarsi alle quali i gruppi terroristi hanno adottato repertori sempre pi violenti. Ma le forme d azione sono divenute tanto cruente da far crescere la riprovazione anche negli ambienti pi propensi allutilizzazione della violenza. La funzione di ferim enti ed assassinii che avrebbero voluto mostrare lefficenza dellorganizzazione rimasta dunque quella di m antenere lintegrazione dei propri militanti e, in misura minore, di reclutare membri negli altri gruppi armati. Laccrescersi della competizione fra gruppi terroristi ha, inoltre, incentivato la pressione ad adottare forme d azione
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pi violenta. Q uesta escalation ha spinto le autorit inqui renti a concentrare lattenzione sulle organizzazioni consi derate pi pericolose. Ancora, la centralizzazione e la stru t turazione del modello organizzativo avevano il compito di proteggere i m ilitanti e di coinvolgerli sempre pi nel grup po. Ma la loro conseguenza stata un ulteriore isolamento e, con esso, la perdita di canali di informazione e contatto per lorganizzazione. Anche il frazionismo e la comparti mentazione erano strategie utili per rafforzare limpegno, riducendo le dimensioni del gruppo e aumentando cos la percentuale di rapporti fa ce-to -fa ce, ma essi hanno accentua to anche le lotte personali, fomentando ulteriori scissioni. M an mano che la sopravvivenza dei gruppi arm ati dipesa sempre pi dallesito degli scontri diretti con le forze del lordine, le loro sorti sono state segnate. La disparit delle forze in campo ha portato, infatti, inevitabilm ente alla loro distruzione. Un terzo livello verso il quale stata orientata lanalisi quello delle motivazioni individuali. Le domande poste so no relative a due differenti processi. Il primo ladesione ad organizzazioni clandestine: quali sono le ragioni per le quali gli individui aderiscono ad una organizzazione clande stina? qual limportanza relativa dei convincimenti ideolo gici, della scelta razionale, degli appelli alla solidariet di gruppo? quali sono i processi di reclutam ento nei gruppi clandestini? Una secondo gruppo di domande riguarda le motivazioni a restare dentro lorganizzazione: come vengo no superate le inibizioni contro Faccettare di correre note voli rischi e lusare forme estreme di violenza? quali sono gli effetti dei fallimenti ripetuti e delle minaccie di sanzioni sulla continuazione della partecipazione? in quali circostan ze c un allontanamento? Come si gi ripetutam ente osservato, la questione del la partecipazione individuale in gruppi clandestini era stata affrontata, in passato, facendo ricorso ad ipotesi su psicopatologie individuali, allindividuazione di particolari con dizioni di discriminazione, o ad immagini di burattini e di burattinai. Alcuni studi recenti hanno invitato a supe rare i pregiudizi diffusi secondo cui tu tti i terroristi sono in stabili mentalm ente, vittim e di discriminazioni o agenti di
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cospirazioni internazionali. stato quindi suggerito di guardare, nei differenti casi, al peso relativo di disposizioni di tipo reattivo, a particolari forme di privazione; di tipo normativo, in funzione di cultura, credenza e p e e r reinforcem en t\ o di tipo utilitaristico, cio basate su un calcolo di co sti e benefici. Riassumendo i risultati emersi nel corso della ricerca, possiamo dire che il coinvolgimento individuale in gruppi clandestini collegabile alle caratteristiche delle reti sociali in cui i futuri m ilitanti erano inseriti pi che a caratteristi che di et, classe sociale o personalit. E apparso, innanzi tutto, che il reclutam ento non avvenuto fra individui iso lati, ma ha coinvolto invece reti di persone gi precedentemente in contatto fra loro. La decisione di aderire alla lotta arm ata stata dunque, in qualche misura, una scelta collet tiva in quanto non era compiuta dallindividuo singolarmen te ma insieme ad una rete di persone con cui egli era in con tatto. Le solidariet costituite nel corso dei processi di for mazione di queste identit collettive si sono poi m antenute, determ inando la comunanza dei successivi percorsi politici degli individui coinvolti in queste reti affettive. Si aggiunto che la principale caratteristica di queste re ti era la loro omogeneit politica; esse erano, cio, composte da persone che condividevano la militanza in piccoli gruppi Collettivi, Circoli della sinistra pi radicale. U nulte riore peculiarit dei membri delle organizzazioni clandesti ne stata quindi individuata nel tipo di identit collettiva che essi si erano costruiti nel corso di un processo graduale. I m ilitanti delle organizzazioni clandestine erano, infatti, dotati di una forte identit politica, nel senso che limpegno politico era gradualmente divenuto, gi prima del loro in gresso in quei gruppi, lo scopo totalizzante al quale veniva dedicata la maggior parte del proprio tempo. Lattivit poli tica aveva assunto, cos, un ruolo rilevantissimo nella stru t turazione della personalit. Il peculiare processo di socializ zazione politica da essi attraversato, aveva inoltre radicato in loro una cultura politica favorevole alla violenza, costitui ta non solo da ideologie radicali, ma anche e principal mente da esperienze personali nelluso della violenza. Sulle dinamiche di adesione, la ricerca sul caso italiano
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ha rilevato che la scelta di partecipare ad una organizzazio ne clandestina stata graduale e collettiva. Una volta che essa era stata fatta, alcuni incentivi hanno portato al m ante nimento dellimpegno: in ce n tivi d id e n tit , nella forma di so lidariet e lealt: in ce n tivi id e o lo g ici, in term ini di giustifica zioni della violenza politica e enfasi sul ruolo eroico degli in dividui: in cen tivi m ateriali, come supporto logistico e minac ce di punizioni fisiche. Il peso e le caratteristiche di que sti diversi incentivi sono variati nelle differenti fasi delle voluzione del fenomeno. infine emerso che alcune peculiarit nella struttura degli incentivi distribuiti dalle organizzazioni clandestine hanno permesso loro di m antenere la lealt dei loro membri, anche quando le sconfitte erano pi evidenti. Una prima specificit riguarda laltissimo grado di identificazione con lorganizzazione. A ttraverso un processo graduale di coin volgimento materiale ed emotivo, lidentificazione ha teso a spostarsi dal gruppo dei compagni, o dal movimento, alla formazione clandestina nella quale si militava, e, poi, al la comunit di coloro che praticavano la lotta armata. Il mantenim ento della lealt stato, in parte, determ inato da un meccanismo psicologico che ha spinto ad aumentare i propri livelli di partecipazione. Rispetto a scelte su cui si era investito molto e con costi sempre crescenti, rilanciare le proprie aspettative era preferibile rispetto ad abbandonare e, quindi, amm ettere la propria sconfitta. Un secondo meccanismo, peculiare alle formazioni clan destine, collegato al progressivo isolamento dalla realt esterna, che ha reso i m ilitanti sempre meno sensibili al falli mento del loro progetto. Riducendosi le possibilit di comu nicazione con chi proponeva una diversa immagine del mon do, le formazioni terroriste sono divenute sempre pi luni ca fonte di definizione del giusto e dellingiusto, del vero e del falso. Una terza peculiarit del m antenim ento della militanza nei gruppi armati , infine, linnescarsi di un meccanismo di non-ritorno legato ad alcune condizioni materiali. La viola zione della legge, in forme sempre pi gravi, accentuava non solo i rischi effettivi di arresti, ma anche la percezione di una detenzione carceraria come probabile. E stato nella
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maggior parte dei casi per sfuggire ad essa che molti m ilitan ti, prima marginali rispetto allorganizzazione, sono divenu ti latitanti. Lingresso in clandestinit, rendendoli m aterial m ente dipendenti dallorganizzazione, ha rappresentato per loro una crescita esponenziale nella partecipazione. Q uesti diversi meccanismi hanno interagito tra loro, con un duplice effetto. L impegno nellorganizzazione clandestina gra dualm ente aumentato, in term ini di coinvolgimento sia ma teriale che psicologico. Si sono, al contempo, generate una serie di barriere, anche qui sia pratiche che emotive, che hanno reso sempre pi difficile labbandono. Q ueste dinamiche hanno ritardato i processi di abban dono delle organizzazioni clandestine, ma non sono riuscite a bloccarli. Dopo lunghi percorsi di riflessione, individuale e collettiva, quasi tu tti i m ilitanti delle organizzazioni clan destine hanno cominciato a criticare la lotta armata. Q ue sti processi sono stati facilitati da quei provvedim enti che hanno permesso agli ex-m ilitanti di m antenere unidentit collettiva e i reciproci vincoli di solidariet, ma allesterno delle organizzazioni terroriste. La loro dissociazione per m ette oggi di considerare effettivam ente concluso quel ciclo di violenza terroristica, nonostante la sopravvivenza di gruppuscoli clandestini ancora sporadicamente attivi.

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FONTI E RINGRAZIAMENTI

A.

M a t e r i a l e g iu d iz ia r io

Legenda: PP

= Procedimento Penale SO G l = Sentenza-Ordinanza del Giudice Istruttore R PM = Requisitoria del Pubblico Ministero SC = Sentenza della Corte

Brigata Lo Muscio:
Tribunale di M ilano : SO Gl R PM in PP 226/81.

Brigate rosse: a) Tribunale di Milano-, SC, 22 marzo 1975; SO Gl in PP 1094/78F + altri; SO Gl in PP 1094/80F; SO Gl e R PM in PP n. 490/81F; SO Gl in PP 187/83 + 473/83 + 1204/83; SO G l in PP 624/83F + 509/83F; b) Tribunale di Torino-, SO G l e R PM in PP 594/74; SO G l in PP 1774/77 + altri e 483/77 + altri; SC, 23 giugno 1978; SC, di cembre 1979; SO G l in PP 6587/79-I-altri; SO Gl e SC in PP 918/80; c) Tribunale di Venezia-, SO Gl in PP 274/80; SO Gl in PP 298/81; d) Tribunale di G enova: SO Gl in PP 759/80; SO Gl in PP mag gio 1981; SO Gl in PP luglio 1981; SC 12/81; SO Gl in PP 759/81; SO Gl in PP Febbraio 1982; SC 1/83; SC 14/84; e) Tribunale di R om a : SO Gl in PP 1482/78; SO Gl in PP 607/79; SO Gl in PP 54/80; SO Gl in PP 995/81; SO Gl in PP 1679/82A + 3910/82A. Nuclei armati proletari:
Tribunale di R om a : SO Gl in PP 765/77A; SO Gl in PP

1416/78A; SO Gl in PP 3194/81A.
301

Formazioni armate combattenti:


Tribunale di R om a : SO G l in PP 1680/82A + 1682/82A.

Formazioni comuniste combattenti e Reparti comunisti dattacco:


Tribunale di M ilano : SO G l in PP 988/78; R PM in PP 988/78; R PM in PP 603/79; SC 59/79; R PM in PP 225/81; SO Gl in PP 716/80 + 225/81; SO Gl in PP 43/82; R PM in PP 43/82 + 396/82; SO G l in PP 354/83; SO G l in PP 354/83.

Gruppi armati proletari:


Tribunale di Milano-, R PM, marzo 1975.

Guerriglia rossa:
Tribunale di M ilano : R PM in PP 225/81; SO G l in PP

716/80 + 225/81. Movimento comunista rivoluzionario:


Tribunale di R om a: SO G l in PP 1482/78; SO G l in PP 54/80; SO Gl in PP 995/81. Proletari arm ati per il comuniSmo: Tribunale di M ilano : SO G l in PP 171/79; R PM in PP 171/79; R PM in PP 2748/79.

Per il

c o m u n iS m o

e Nuclei:

Tribunale di Torino: R PM in 231/82.

Prima linea: a) Tribunale di Milano-. SC, giugno 1980; SO G l in PP 177/80; SO G l in PP 921/80; SO G l in PP 228/81; R PM in PP 921/80 + 228/81; R PM in PP 231/82; SO G l in PP 231/82; b) Tribunale di Torino: SO Gl in PP 1774/77; SO G l in PP 321/80; R PM in PP 321/80; SC 19 aprile, 1980; SC 7 luglio 1981; SC 12 dicembre 1982; c) Tribunale di Bergamo: SO Gl in PP 177/80; d) Tribunale di Firenze: SO G l in PP 309/79; e) Tribunale di R om a : SO Gl in PP 3382/80; SO G l in PP 664/82A; SO G l in PP 120/83; SO G l in PP 120/83;
302

Unit comuniste combattenti:


Tribunale di R om a : SO G l in PP 2030/79; SO G l in PP 2700/80;

SO G l in PP 3177/80. Altri gruppi clandestini:


Tribunale di Rom a, SO G l in PP 607/79.

Senza tregua: a) Tribunale di M ilano : R PM in PP 228/81; SO G l in PP 312/82; R PM in PP 312/82; b) Tribunale di Padova-. R PM in PP 183/79; SO G l in PP 183/79; c) Tribunale di R om a : SO G l in PP 103/80. Rosso: a) Tribunale di Milano-. R PM in PP 229/81; SO Gl in PP 229/81; SO Gl in PP 154/82; R PM in PP 661/83; b) Tribunale di Varese: SO G l in PP 29A/82.
Interrogatori (v. elenco in Istituto Carlo Cattaneo, programma di ricerca sulla violenza politica, Elenco della documentazione acqui sita a l 31 maggio 198 3, Bologna, cicl.)

B. D

o c u m e n t i p r o d o t t i d a l l e o r g a n iz z a z io n i t e r r o r is t e

Brigate rosse: 1970 Classe contro classe, guerra di classe 1971 Brigate Rosse, settembre
Organizziamo un grande processo popolare

1972 Alcune questioni per la discussione sull'organizzazione 1973 La crisi lo strumento usato dalla reazione per battere la classe
operaia. Nessun compromesso con il fascismo Fiat. I licenzia menti non resteranno impuniti, dicembre 1974 Contro il neogollismo portare l attacco a l cuore dello stato. Trasformare la crisi di regime in lotta armata per il com uni Smo, aprile 1975 Risoluzione della direzione strategica, aprile 1977 Portare l attacco allo stato delle multinazionali, aprile Portare l attacco allo stato imperialista delle multinazionali.

303

Disarticolare le strutture della controguerriglia attiva, giugno Attaccare, colpire, liquidare e disperdere la Democrazia Cri stiana, asse portante della ristrutturazione dello stato e della controrivoluzione imperialista, novembre Diario di lotta: Tribunali speciali di Bologna, Torino, Milano,

settembre 1978 Risoluzione della direzione strategica, febbraio


Portare l'attacco a l cuore dello stato imperialista delle m ulti nazionali. Costruire il potere proletario armato nel partito com battente, ottobre Diario di lotta delle fabbriche genovesi Ansaldo, Italsider, ot

tobre
Individuare e colpire gli uomini, i covi e gli esperti della confindustria, asse portante della ristrutturazione imperialista nel settore economico. Individuare e colpire la struttura e gli uom i ni del comando delle multinazionali. Individuare e smaschera re il ruolo controrivoluzionario dei berlingueriani, ottobre 1979 Campagna di primavera. Cattura, processo e esecuzione del presidente della D C A ldo Moro, marzo. Comitato di lotta dellAsinara D al campo d e llAsinara, lu

glio 1980 Lotta armata per il comunismo. Giornale delle Br. n. 1


Lotta armata per il comunismo. Giornale delle Br. n.2 Lotta armata per il comunismo. Giornale delle Br. n. 3 Alfa Romeo. Sabotare il progetto della Borghesia di Stato. Co struire in fabbrica il potere del proletariato armato, gennaio Contro la ristrutturazione imperialista costruire nuclei di resi stenza clandestini in ogni posto di lavoro, in ogni quartiere, maggio Risoluzione della direzione strategica, ottobre Battere l opportunismo liquidazionista e l ideologia della scon fitta. Rifiutare il frazionismo antipartito. Fare chiarezza sulla linea delle Brigate rosse. Unire i comunisti nel partito com bat tente, dicembre

1981 Campagna D Urso. Organizzare la liberazione dei proletari pri


gionieri. Smantellare il circuito della differenziazione. Costrui re o rafforzare gli organismi di massa del proletariato prigionie ro, gennaio

Walter Alasia. Brigate ospedaliere Fabrizio Pelli Attacchia


mo la D C principale responsabile della ristrutturazione nell'o spedale. Individuiamo ed attacchiamo le gerarchie baronali re sponsabili dei peggiori crimini e della sperimentazione sulla pelle dei malati, febbraio.

304

Brigata ospedalieri. Colonna XXVIII marzo Riprendere


l offensiva dentro gli ospedali. Lavorare tutti, lavorare meno. Per il diritto proletario alla salute , marzo N el cuore della produzione, nella fabbrica si scatena la crisi ca pitalistica. D al cuore della produzione si sviluppa la lotta ar mata per il comuniSmo e si costituiscono gli strumenti del p o te re proletario: il partito comunista com battente e gli organi di massa rivoluzionari, aprile

Colonna di Napoli Sfondare la barriera del Sud, aprile Fronte delle carceri, Colonna di Napoli
13 tesi sulla sostanza dell'agire di partito in questa congiuntu ra, giugno

Walter Alasia Attaccare il disegno controrivoluzionario del


capitalismo multinazionale nel suo cuore: la fabbrica Colonna di Napoli. Fronte delle carceri La tendenza alla guerra nell'attuale congiuntura, luglio

Walter Alasia A tutto il m ovim ento rivoluzionario. A tu tti i


m ilitanti delle Br. Contributo della colonna W alter Alasia Luca alla elaborazione della linea politica, luglio Campagna nella fabbriche, agosto Su llorganizzazione. Risoluzione della direzione strategica

Per il comuniSmo
Per la costruzione del partito armato combattente. Risoluzione della direzione strategica, dicembre L otta arm ata per il comuniSmo Risoluzione della direzione strategica, dicembre

Prima linea: 1977 Statuto 1980 Le basi teoriche della teoria della resa, giugno Formazioni comuniste combattenti: 1978 Statuto Brigata XXVIII Marzo: 1980 L operaio dovrebbe sempre saper che il giornale borghese..., di cembre Volantini (v. elenco in Istituto Carlo Cattaneo, programma di ri cerca sulla violenza politica, Elenco della documentazione acquisita a l 31 maggio 1985, Bologna, cicl.) Tutto il materiale utilizzato come fonte della ricerca reperi bile presso listituto Carlo Cattaneo di Bologna.
305

C . S t o r ie

d i v it a

Storia di vita n. 1, di un ex-militante di PI in Campania; raccolta da Giuseppe de Lutiis, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 2, di un ex-militante di PI a Napoli; raccolta da Giuseppe de Lutiis, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 3, di un ex-militante di un gruppo armato vicino a Senza tregua a Milano; raccolta da Luigi Manconi, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 4, di un ex-militante delle Fcc a Torino; raccolta da Giuseppe De Lutiis, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 5, di un ex-militante delle Br a Milano; raccolta da Luisa Passerini, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 6, di un ex-militante dei Nuclei comunisti rivolu zionari a Torino; raccolta da Domenico Nigro, Istituto Carlo Cat taneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 7, di un ex-militante reggiano delle Br; raccolta da Donatella della Porta, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 8, di un ex-militante delle strutture di base di PI a Torino; raccolta da Domenico Nigro, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 9, di un ex-militante dellMcr a Roma; raccolta da Luigi Manconi, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 10, di una ex-militante delle strutture di base di PI a Torino; raccolta da Donatella della Porta, Istituto Carlo Cat taneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 11, di un ex-militante delle Br in Liguria; raccolta da Giuseppe de Lutiis, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 12, di un ex-militante di PI a Milano; raccolta da Donatella della Porta, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl.

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Storia di vita n. 13, di un ex-militante di PI a Torino; raccolta da Domenico Nigro, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 14, di un ex-militante di PI a Torino; raccolta da Claudio Novaro, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 15, di una ex-militante di PI a Milano; raccolta da Donatella della Porta, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 16, di un ex-militante delle Ucc a Roma; raccolta da Luigi Manconi, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 17, di un ex-militante di PI a Torino; raccolta da Claudio Novaro, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 18, di un ex-militante di PI a Torino; raccolta da Claudio Novaro, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 19, di un ex-militante delle Br a Roma; raccolta da Giuseppe De Lutiis, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 20, di una non-militante di organizzazioni clande stina; raccolta da Domenico Nigro, Istituto Carlo Cattaneo, Bolo gna, 1987, cicl. Storia di vita n. 21, di una ex-militante di PI a Firenze; raccolta da Donatella della Porta, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 22, di una ex-militante di un gruppo clandestino vicino a Linea di condotta; raccolta da Luigi Manconi, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 23, di una ex-militante di PI a Roma; raccolta da Donatella della Porta, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 24, di una ex-simpatizzante delle Br a Roma; rac colta da Giuseppe De Lutiis, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 25, di un ex-militante dei Nuclei comunisti terri toriali a Torino; raccolta da Domenico Nigro, Istituto Carlo Cat taneo, Bologna, 1987, cicl.
Storia di vita n. 26, di una ex-militante di PI a Torino; raccolta

307

da Patrizia Guerra, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 27, di un ex-militante delle Br a Roma; raccolta da Giuseppe de Lutiis, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 28, di un ex-militante di PI a Torino; raccolta da Domenico Nigro, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl. Storia di vita n. 29, di un ex-militante di PI a Torino; raccolta da Donatella della Porta, Istituto Carlo Cattaneo, Bologna, 1987, cicl.

Alcuni degli intervistati avevano autorizzato a rivelare il loro nome e cognome; altri preferivano restare anonimi. E stata una scelta mia quella di mantenere riservata 1 identit di coloro che hanno partecipato alla ricerca.
308

R in g r a z ia m e n t i

Nel corso del mio lavoro ho accumulato numerosi debiti di riconoscenza verso persone e istituzioni. Il libro costituisce la ver sione riveduta della mia tesi di dottorato di ricerca, presentata presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dellistituto Universitario Europeo di Firenze. Determinante per il reperimento della documentazione giudi ziaria, su cui buona parte del mio studio si basa, stata la sensibi lit di molti magistrati, da anni impegnati nella lotta contro il ter rorismo. Vorrei ringraziare, in particolare, Gian Carlo Caselli, Rosario Minna, Armando Spataro e Pier Luigi Vigna, i cui consi gli mi sono stati indispensabili per rintracciare molti dei docu menti giudiziari che hanno costituito la pi importante fonte scritta della mia ricerca. Laltra fonte principale del mio lavoro le storie di vita non sarebbe stata disponibile senza la volont di alcuni ex-militanti di organizzazioni clandestine di collaborare alla ricostruzione storica delle vicende di quegli anni. A tutti loro sono grata per la fiducia che mi hanno dimostrato durante i nostri colloqui. I direttori e vice-direttori delle Case circondariali di Sollicciano, Brescia e Roma mi hanno messo in condizione di realiz zare le interviste. Nellanalisi dei miei dati quantitativi ho pi vol te usufruito delle consulenze del Centro di calcolo dellistituto Universitario Europeo. Dellinterpretazione delle storie di vita ho spesso discusso con i miei colleghi, impegnati nel programma del listituto Cattaneo, e con il suo coordinatore, Raimondo Catanza ro. Devo ringraziare, in particolare, Giuseppe De Lutiis, Patrizia Guerra, Luigi Manconi, Domenico Nigro, Claudio Novaro e Lui sa Passerini per avermi permesso di utilizzare il materiale biogra fico da essi raccolto. Linteresse per Io studio dei movimenti col lettivi nato mentre ero borsista del Consiglio Nazionale delle Ri cerche presso il Centre dEtude des Mouvements Sociaux, diretto da Alain Touraine allEcole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi. Una Visiting Scholarship presso il Western Societies Program di Cornell University mi ha consentito di elaborare lo schema teorico dellla ricerca. Molto lungo sarebbe lelenco dei sociologi, politologi e storici con cui ho avuto la possibilit di discutere del mio lavoro. Risulta ti parziali della ricerca sono stati presentati al XII World Congress dellInternational Politicai Science Association (Rio de Ja neiro, luglio 1982); allInternational Workshop for th Analysis of New Social Movement dellEuropean Group of Organizational Studies (Bonn, agosto 1984); al XIII World Congress dellInternational Politicai Science Association (Parigi, luglio 1985); alla
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Joint Sessions dellEuropean Consortium for Politicai Research (Gotheborg, aprile 1985); all International Workshop on Transformation of Structure into Action (Amsterdam, giugno 1986); allInternational Workshop on Internai Dynamics (Firenze, set tembre 1986); alla Joint Sessions dellEuropean Consortium for Politicai Research (Amsterdam, aprile 1987); al convegno su Il vissuto e il perduto. Percorsi biografici e realt sociale degli anni di piombo (Bologna, giugno 1988); alla Conference on th Italian Politicai System (Wilson Center for Scholars, Washington, gennaio 1988); alla conferenza internazionale su State Response to Terrorism (Leiden, marzo 1989); alla Joint Sessions dellEuropean Consortium for Politicai Research (Parigi, aprile 1989); alla conferenza internazionale Terrorism in Context (Middletown, Conn., giugno 1989); e nel corso di seminari presso le universit di Bologna, Firenze, Padova, Milano, Harvard, Cornell, Wesleyan, e Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi. Sono grata a tutti i colleghi che hanno preso parte a questi incon tri per i loro suggerimenti. Liborio Mattina, Alberto Melucci, Alessandro Pizzorno e Philippe Schmitter hanno avuto la pazien za di leggere precedenti versioni di questo lavoro, che dei loro consigli ha ampliamente beneficiato. Devo a Gianfranco Pasqui no non solo lo stimolo iniziale ad intraprendere una ricerca sul terrorismo di sinistra, ma anche il costante incoraggiamento nelle diverse tappe necessarie alla sua realizzazione. A Sidney Tarrow devo innumerevoli preziosi consigli e, soprattutto, lo stimolo a co niugare il rigore metodologico nella ricerca empirica con la rifles sione teorica nella interpretazione dei risultati. La responsabilit di errori ed omissioni resta solamente mia.

31 0

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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