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Francesco Lamendola

Le spedizioni dellammiraglio Chng Ho: uno splendido esempio di potenza non imperialista
Per la mentalit occidentale moderna, ovvio che, se uno Stato possiede la forza, prima o poi cerca di imporla ai suoi vicini; la storia occidentale moderna non offre un solo esempio di una potenza che si sia autolimitata, che si sia imposta delle regole e dei confini alluso della forza nei confronti delle potenze pi deboli o dei popoli pi indifesi. Tali forme di autolimitazione esistevano, nel mondo antico e nel Medioevo, se non quanto ai mezzi, almeno quanto ai tempi del loro impiego: lanno, il mese e la settimana erano pieni di giorni in cui non era lecito combattere; per non parlare delle sospensioni periodiche dei conflitti dovute a ricorrenze religiose o ad eventi sociali universalmente riconosciuti (si pensi solo alle Olimpiadi, nel caso del mondo greco). Lavvento della modernit coincide con la scoperta dei Nuovi Mondi e lumanit occidentale, trovandosi alle prese con un tipo di umanit completamente differente, non esita a trasformare la scoperta in una immediata conquista. Non solo: dopo aver mobilitato i migliori teologi e scienziati per decidere se siano davvero esseri umani quelli che si trovano di fronte allaltro capo del mondo, dotati di anima immortale e quindi anchessi creature di Dio, gli Occidentali stabiliscono un precedente che, dora in poi, avr la forza di una legge naturale: quanto pi i selvaggi sono lontani dal loro grado di civilt, tanto pi diventa lecito stabilire, nei loro confronti, tecniche di sopraffazione sciolte da ogni vincolo morale. In altre parole, nei confronti di un diverso che si pu considerare a malapena un essere umano, giusto applicare una politica sciolta da qualsiasi obbligo: la sua stessa barbarie solleva luomo bianco dal dovere di rispettare i suoi diritti ed, anzi, autorizza a procedere in base a parametri etici completamente differenti, stabiliti dal conquistatore a sua esclusiva discrezione. La pratica del sacrificio umano fra gli Aztechi, ad esempio, autorizza gli Spagnoli a qualunque violenza contro di essi, in nome di una morale completamente diversa da quella degli indigeni: la morale della civilt e della vera religione, introdotte - in fondo - per il bene degli stessi conquistati. Sono assai rari, nel corso della storia occidentale moderna, i casi in cui luomo bianco si mostra spontaneamente generoso nei confronti di popolazione pi deboli e meno evolute e si astiene da violenze gratuite o da disegni di conquista militare. Potremmo citare, fra questi, i grandi viaggi di esplorazione inglesi e francesi nellOceano Pacifico, durante il XVIII secolo: Cook, La Prouse, Marion Dufresene non vogliono sfruttare la loro superiorit tecnologica a danno dei Polinesiani: pi o meno illusi circa la naturale bont dei selvaggi, non di rado cadono vittime di una commovente fiducia e, talvolta (come Marion), finiscono nella pentola dei cannibali. Tuttavia, ripetiamo, si tratta di rare eccezioni; la regola completamente diversa. Restando al caso dellEuropa, la modernit strappa definitivamente il velo della forza bruta nelle relazioni internazionali: non appena, dopo la spedizione di Carlo VIII, le grandi potenze scoprono il grande segreto dellItalia, ossia che questultima unisce il massimo della ricchezza e il massimo della debolezza militare, le guerre di conquista si susseguono e si trasformano ben presto in una competizione fra i diversi invasori, la cui posta in gioco la supremazia sulla Penisola. Machiavelli e Guicciardini prendono atto di tutto questo e ne traggono materiale per una filosofia della politica che, dora in poi, fino alle due guerre mondiali del XX secolo ed oltre, sar la Bibbia di ciascun uomo politico realista.

Ancora nel tardo Medioevo, non sempre le relazioni politiche fra gli stati si erano basate sulla forza bruta: come ha mostrato egregiamente Johan Huizinga, nellautunno del Medioevo la forma era spesso anche la sostanza e lhomo ludens esigeva la sua parte, che non era riducibile al mero dato della conquista materiale; la corte di Carlo il Temerario era ancor pi splendida di quella dei maggiori sovrani europei e il Ducato di Borgogna, pur surclassando pi volte il Regno di Francia quanto a potenza e ricchezza effettive, non ne mise mai in dubbio la superiorit teorica, consistente nellatto di omaggio feudale. Talvolta la modernit vestir i panni delle ideologie democratiche e giacobine per camuffare la nuova legge brutale della pura forza: cos, ad esempio, la Repubblica francese del 1793, erede della politica di espansione di Luigi XIV, invece di chiamarla con il suo vero nome, si nasconder dietro belle parole dordine umanitarie per giustificare lannessione della Savoia, della Renania, del Belgio. Niente di nuovo sotto il cielo: la stessa cosa che faranno i liberatori americani e britannici in Iraq e in Afghanistan, tra la fine del XX e linizio del XXI secolo. Daltra parte, al di fuori della civilt occidentale, esistito un grande ed evoluto impero - quello cinese - il quale, fino a che non entrer in crisi e non cadr sotto i colpi dellaggressione occidentale (e giapponese, che ad essa si pu accomunare quanto ai metodi ed agli scopi), pur possedendo, e a lungo, una netta superiorit tecnica e militare sugli stati vicini, disdegn di sottometterli con la forza e prefer esercitare su di essi un blando protettorato basato non sullimpiego della forza, o sulla minaccia di ricorrervi, ma sullo sfoggio della sua superiore civilt e sulla pacifica esibizione della sua potenza. Il punto pi alto di una tale politica di prestigio, che nulla chiede se non un atto di sottomissione formale e che costa alle casse dello stato molto, ma molto di pi di quanto non possa mai fruttare, rappresentato da un episodio straordinario e quasi sconosciuto in Occidente: la serie dei grandi viaggi marittimi intrapresi dallammiraglio Chng-Ho (in grafia cinese moderna: Zheng He), un eunuco di religione islamica (ma per nulla fanatico), che si svolsero nel corso del XV secolo, soltanto pochi decenni prima di Colombo e dellinizio dei grandi viaggi di scoperta e di conquista degli Europei. Chng Ho condusse le sue spedizioni per conto dellimperatore Yung Lo, della dinastia Ming (i Ming governarono la Cina dal 1368 al 1644), fra il 1405 e il 1433 e lo videro spingersi lungo tutto lOceano Indiano, oltre Ceylon, lIndia e il Golfo Persico, sino alle coste orientali dellAfrica e, forse, dal lato opposto - come hanno ipotizzato alcuni studiosi moderni - sino allo sconosciuto continente australiano. I viaggi furono complessivamente sette, effettuati da una flotta di oltre trecento navi e con alcune migliaia di marinai fra equipaggi e personale vario: diplomatico, commerciale e scientifico. Una intrigante ipotesi, avanzata dallo studioso inglese Gavin Menzies sulla base di una serie di indizi e deduzioni di natura piuttosto controversa, che nel corso del sesto viaggio, svoltosi fra il 1421 e il 1423, la flotta cinese avrebbe raggiunto anche il Nuovo Mondo; e che perfino lAntartide sarebbe stata avvistata e debitamente cartografata da quegli arditissimi navigatori. Menzies ha esposto questa sua tesi nel libro 1421: la vera storia della spedizione cinese che scopr lAmerica e, se non ha convinto gli storici di formazione accademica, che lhanno respinta come del tutto fantasiosa, ha per messo una pulce nellorecchio dei lettori non prevenuti. Fra laltro, lo studioso britannico sostiene che a bordo della flotta cinese vi era anche un mercante veneziano, Niccol Da Conti, che disegn una carta della Terra la quale sarebbe caduta pochi anni dopo, nel 1428, dei Portoghesi. Gli scopi di questi grandi viaggi - effettuati con una immensa flotta di giunche gigantesche a sette, otto e nove alberi, in confronto alle quali le caravelle di Colombo sarebbero sembrate degli autentici gusci di noce - non erano militari e nemmeno commerciali, nel senso comune della parola. Certo, vi erano scambi di merci fra lammiraglio e i sultani e gli altri sovrano locali, ma pi come doni e, quindi, come gesti simbolici, che per ottenere un reale profitto. Ostentando la potenza marittima, e quindi tecnologica e culturale, della sua madrepatria, Chng Ho si riprometteva di ottenere un atto di vassallaggio formale, che avrebbe rafforzato il prestigio del Celeste Impero nel mondo e avrebbe 2

spinto agli estremi confini dellecumene la fama della sua potenza e della sua perfetta autosufficienza. Infatti, se lammiraglio avesse accettato un vero e proprio scambio commerciale, ci avrebbe rivelato ai barbari (i Cinesi adoperavamo comunemente questa parola per definire gli stranieri, proprio come i Greci), questi ultimi avrebbero saputo che la Cina era priva di alcuni prodotti e desiderosa di entrarne in possesso, il che avrebbe incrinato la sua immagine di centro del mondo, del tutto pago di quanto possedeva e di ci che la sua terra produceva. Yung Lo, pertanto, si pu paragonare al re portoghese Enrico il Navigatore, per la sete di conoscenze geografiche e per il formidabile impulso dato alla marineria del suo Paese, ma con questa fondamentale differenza: i viaggi dei Portoghesi, come quelli - dopo di loro - di Spagnoli, Francesi, Inglesi e Olandesi - erano finalizzati alla scoperta di nuove rotte marittime per le isole delle spezie o, in seconda battuta, per il controllo dei commerci delloro, dellavorio e degli schiavi; nonch, in via accessoria, alla diffusione del Cristianesimo fra i popoli pagani. Quelli dei Cinesi, invece, scaturivano da una magnanimit nel senso cavalleresco della parola ed erano stati concepiti in un Impero dove i pi alti funzionari, i mandarini, non erano guerrieri o mercanti, ma poeti e umanisti. Un profilo sintetico ma accurato delle imprese dellammiraglio Chng Ho stato delineato dallo storico americano Daniel J. Boorstin in Storia delle conquiste umane (titolo originale: The Discoverers, Random House, 1983; traduzione italiana Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1985, vol. 1, pp. 170-72): Chng Ho condusse la sua flotta - non la si pu chiamare armata perch non aveva una funzione militare - quasi in ogni luogo abitato delle coste del Mar Cinese e delOceano Indiano. I cinesi esercitavano il commercio marittimo col mondo islamico almeno da cinquecento anni, sin dal glorioso rinascimento dellepoca Tang. Alle loro carte erano stati aggiunti il Nilo, il Sudan e Zanzibar e persino alcune localit del Mediterraneo. Forse queste notizie erano arrivate ai cinesi indirettamente, tramite i mercanti arabi, ma i recenti ritrovamenti di monete e porcellane Tang e Sung sulla costa africana dalla Somalia a Zanzibar fanno credere che i cinesi stessi siano arrivati in questi luoghi. Delle spedizioni di Chng Ho facevano anche parte alcuni interpreti cinesi che parlavano le lingue di questi paesi, e sotto questo profilo lorganizzazione era talmente efficiente da far pensare a una lunga esperienza di traffici coi paesi doltremare. Le sette missioni che si susseguirono si spinsero sempre pi a ovest. La prima, che part nel 1405, tocc Giava e Sumatra, poi Ceylon e Calcutta. Le spedizioni seguenti raggiunsero il Siam, trasformarono la Malacca in una base per le navi dirette alle Indie Orientali, poi proseguirono verso il Bengala e le Maldive fino al sultanato di Ormuz, allimboccatura del golfo Persico. Alcune squadre navali, sempre in missione pacifica, visitarono le Ryukyu e Brunei; altre si spinsero ancor pi a occidente, raggiungendo Ormuz e Aden allentrata del Mar Rosso, per poi piegare verso sudovest lungo la costa africana fino a Mogadiscio in Somalia, Melinda a nord di Mombasa e le sponde di Zanzibar. La morte di Yung Lo [limperatore], avvenuta nel 1424, fu di cattivo auspicio per la grande impresa portata avanti al suo protetto Chng Ho. Limperatore che gli successe spos infatti la causa del partito contrario a queste missioni navali e blocc quella in progetto. I viaggi di Chng Ho rimasero dunque legati alle sorti della successione imperiale. Dopo il breve regno dellimperatore che si era mostrato avverso alle spedizioni, il successore, un entusiasta sostenitore delle imprese navali, finanzi il settimo e pi esteso di quei viaggi. Coi suoi 27.550 uomini di equipaggio, tra ufficiali e ciurma, questa missione, che dur due anni e super qualsiasi precedente impresa, riusc a stabilire, prima del suo rientro nel 1433, delle relazioni diplomatiche o tributarie con venti regni e sultanati: da Giava a est, per le isole Nicobare fino alla Mecca a nordovest, e poi a sud per un lungo tratto della costa orientale africana. Queste remote popolazioni, che per un millennio avevano visto ben poche giunche cinesi nelle proprie acque, furono letteralmente sopraffatte da quelle navi a pi piani, pi grandi di qualsiasi altro vascello visto prima o che i

portoghesi avrebbero portato dopo. Probabilmente i locali rimasero non poco stupiti nel sentire che una flotta cos imponente non era venuta per una missione militare. Per la mentalit occidentale non facile afferrare il senso delle missioni della Flotta del Gran Tesoro. Gli interessi e gli scopi di Chng Ho erano diametralmente opposti a quelli che avrebbero mosso le spedizioni europee allepoca delle scoperte geografiche. Navigando lungo la costa africana e doppiando il Capo di Buona Speranza per raggiungere lIndia, i portoghesi speravano di aumentare le ricchezze del proprio paese, di procurarsi le materie prime e i generi di lusso dellOriente e di convertire i pagani al cristianesimo. [] Gli articoli di scambio che Vasco da Gama aveva portato con s erano rotoli di stoffa a strisce, catinelle, fili di perline e zollette di zucchero generi che avevano suscitato solo una risata di disprezzo da parte del raja Samurin. Le merci che i portoghesi si portavano via comprendevano invece, tra laltro, schiavi a migliaia: prima della met del XVII secolo dalla sola Angola ne erano gi stati deportati gi pi di un milione e trecentomila. Con tutte le pesanti attrezzature belliche di cui erano dotate le loro navi, i portoghesi non avevano nessuna remora a ricorrere al terrore. Abbiamo gi detto come Vasco da Gama avesse fato smembrare i corpi di vari mercanti e pescatori presi a caso, mandando poi in un cestino mani, piedi e teste al raja di Calcutta semplicemente per indurlo ad arrendersi in fretta. Una volta assunto il potere, i portoghesi governarono lIndia con lo stesso spirito. Quando il vicer Almeida sospett di un messaggero che era venuto con un salvacondotto per vederlo, gli fece strappare gli occhi. Il vicer Albuquerque sottomise invece le popolazioni della costa araba, tagliando il naso alle donne e le mani agli uomini. Quando le navi portoghesi arrivavano per la prima volta in un porto di una regione lontana, per mostrare che facevano sul serio i marinai appendevano alle estremit dei pennoni i corpi degli ultimi prigionieri catturati. La flotta di Chng Ho veniva da un mondo completamente diverso. Lo scopo delle grandi e costose spedizioni che raggiunsero i luoghi pi remoti non erra quello di racimolare tesori, n di impiantare commerci, o di conquistare, o raccogliere informazioni scientifiche. Nella storia recente sono poche le spedizioni navali che siano salpate con scopi diversi da questi. I cronisti cinesi riferirono una voce secondo cui il primo viaggio di Chng Ho era partito con lo scopo di rintracciare il nipote dellimperatore Yung Lo; questi, spodestato dallo zio, era fuggito da Nanchino e, a quanto si diceva, errava per contrade straniere. Ma col procedere delle spedizioni venero ad aggiungersi altre e pi consistenti motivazioni. I viaggi, destinati ad ostentare lo splendore e la potenza della nuova dinastia Ming, divennero essi stessi unistituzione e dimostrarono che le tecniche di persuasione nonviolenta e ritualizzata potevano permettere di riscuotere tributi fin negli stati pi remoti. I cinesi non intendevano stabilire proprie basi permanenti nelle nazioni tributarie, ma speravamo piuttosto che tutto il mondo accettasse spontaneamente di dare il proprio contributo allunico e vero centro della civilt. Essendo questa lottica delle missioni, la flotta cinese non os mai depredare gli stati toccati nel corso dei viaggi. Chng o non cercava schiavi, n oro, n argento, n spezie: nulla doveva mostrare che i cinesi avessero bisogno di beni che altre nazioni possedevano. Mentre i portoghesi dovevano restare famosi presso i popoli asiatici per la loro capacit di impadronirsi di tutto quello che trovavano, la fama dei cinesi sarebbe rimasta legata alla loro capacit di dare. Essi dovevano farsi involontariamente portatori della massima cristiana, secondo cui dare meglio che ricevere. Invece di paccottiglia di scarto e ninnoli infantili, i cinesi offrivano i capolavori degli artigiani pi raffinati. Le spedizioni asiatiche degli europei mostrarono quanto, in Occidente, fossero preziosi e ricercati i prodotti tipici dellOriente; la prodigalit ostentata dai cinesi doveva invece rendere palese quanto questi visitatori fossero gi soddisfatti di quel che avevano. Questo sistema dei tributi, che domin allora le relazioni tra la Cina e altri stati asiatici, era assolutamente inconcepibile per chiunque conoscesse la mentalit occidentale. Lo stato che corrispondeva a un tributo non si sottometteva con ci a un conquistatore, ma piuttosto riconosceva che la Cina, per definizione LUNICO paese veramente civilizzato, non necessitava affatto di assistenza. I tributi erano quindi pi simbolici che economici; lo stato tributario esprimeva il proprio desiderio di godere del generoso dono della cultura cinese, e la Cina a sua volta dimostrava la magnanimit e la ricchezza del Regno 4

Centrale. Non c da stupirsi che per i cinesi fosse difficile immaginare una comunit di nazioni sovrane: solo la Cina era veramente sovrana, perch solo essa era degna della sovranit! Le deleterie conseguenze di questo atteggiamento mentale si sono fatte sentire fin nel XX secolo. Ai tempi di Chng Ho i cinesi praticavano effettivamente ci che predicavano, con tutte le onerose conseguenze del casso. La logica non paritaria del sistema dei tributi imponeva ala Cina di pagare pi di quanto ricevesse: ogni nuovo stato tributario peggiorava lo squilibrio della bilancia commerciale cinese. I casi della storia che strutturarono le relazioni internazionali di questo paese in questa particolare forma ci aiutano a capire come mai le relazioni fra la Cina e il resto del mondo dovevano nei secoli a venire apparire tanto incomprensibili. Nel frattempo il sistema tributario divenne un paravento delle nascenti richieste commerciali di altre nazioni. I sovrani stranieri non erano restii nel ricevere i doni dellimperatore cinese, doni che avevano in realt la funzione di persuadere a dare pacificamente ci che avrebbe potuto essere sottratto con la violenza. Per le potenze straniere il governo cinese divenne un mero strumento. Anche se col passare dei secoli diveniva sempre pi debole, il governo continu a ricevere i commercianti stranieri sotto le mentite spoglie di tributari. Ma al tempo di Chng Ho limperatore riusc, almeno per un momento, a far corrispondere a verit laffermazione che il Regno Centrale non aveva bisogno di niente da nessuno e non aveva nulla da imparare da alcuno. I cinesi non erano commercianti n conquistatori, e neppure crociati. Accanto alla spietata determinazione di convertire i pagani, i portoghesi portaqrono in Asia unintolleranza tipicamente occidentale. Musulmani, buddhisti, ind e cristiani eretici divennero il bersaglio dellazione di proselitismo, nonch delle persecuzioni. Nel 1560, quando i portoghesi insediarono a Goa un tribunale della Santa Inquisizione, fu inaugurato un regno del terrore corroborato dalla logica della tortura. I cinesi avevano alle spalle una concezione totalmente diversa della religione e una tradizione di vivi-e-lascia-vivere. Tolleranza un termine fin troppo debole per il compiacente pluralismo praticato dai cinesi. Gli uomini di Chng Ho non solo erano contrari alle persecuzioni religiose, ma anzi ovunque si prodigavano per sostenere la fede del luogo. Come si vede, il rovescio della medaglia delle grandiose, ma pacifiche spedizioni di Chng Ho che la volont di espansione non violenta dellImpero Cinese nasceva da una cultura sciovinista e arrogante, secondo la quale la Cina era lunico Paese al mondo realmente civile e tutti gli altri popoli non erano che barbari: presunzione che i Cinesi avrebbero finito per pagare a caro prezzo, quando furono le flotte occidentali a presentarsi davanti ai loro porti, a partire dal XVI secolo, con i cannoni pronti a far fuoco. In un certo senso, le spedizioni navali volute e finanziate dallimperatore Yung Lo si possono accostare alla politica estera del famoso faraone Amenophis IV (1370-1352, della XVIII dinastia egiziana), meglio noto come Akhenaton per via del suo straordinario, ma effimero tentativo di riforma religiosa in senso monoteista, imperniata sul culto del dio solare, Aton appunto. Pare che Amenophis IV fosse un convinto pacifista e che, nelle sue relazioni diplomatiche con gli stati vicini del Medio Oriente, abbia cercato di astenersi da ogni conflitto in nome di una convivenza basata sulla tolleranza; esperimento che dur pochissimo e che, del resto, non si pu paragonare al regno pacifico di un Antonino Pio, in quanto ispirato non da circostanze casuali, ma da una deliberata volont di evitare, se possibile, ogni uso della forza militare, in nome di un superiore principio etico e religioso. Anche se, nella storia dellAsia, e specialmente in quella dellIndia, si possono trovare altri episodi di sovrani al tempo stesso potenti e pacifici, lepopea dei viaggi di Chng Ho rimane un capitolo a parte nella storia del mondo, poich in esso si possono vedere, da un lato il massimo sfoggio della potenza tecnica e militare e la massima sproporzione tra i potenziali conquistatori e i potenziali conquistati; e, dallaltro, la massima mitezza e la massima moderazione nelluso di tale superiorit. Dai viaggi di Chng Ho, infatti, nulla ricav lImpero dei Ming, se non le casse del tesoro semivuote; ma molto sul piano morale, per lo splendido esempio di magnanimit offerto al mondo. 5

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