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Riccardo Oliboni

Il mistero del simbolico


Questi profeti sentono che, se del divino ancora ci pu avvenire, nellabbandono di ogni calcolo, come pure di ogni lingua e di ogni senso gi prodotti. Nel rischio, soltanto nel rischio, di cui nessuno sa ove conduca: Di quale futuro, sia lannuncio, di quale passato, la segreta rammemorazione. Nessun progetto qui sussiste. Solo, rimane il rifiuto di rifiutarsi a quanto percepito, quali che siano lo smarrimento o lindigenza che ne seguiranno. Luce Irigarayi

1 Lingua materna, vita quotidiana, etica Di recente mi sono pi volte chiesto, se possa esistere un legame tra ci che il pensiero della differenza definisce come lingua materna e letica, se lo spazio per un concetto di politica in un certo senso pi assoluto si situasse allombra di questo abitare la lingua e se, infine, la lingua materna si potesse definire come un paradigma dellessere (a far decadere questultima ipotesi sono bastati pochi incontri con Barbara Verzini e uno non meno illuminante con Chiara Zamboni, ma alcuni dubbi comunque restano). La maggior parte dei miei interessi e ricerche si sono focalizzati attorno a tre cardini: la lingua materna, lInternazionale Situazionista e gli scritti di Giorgio Agamben. Dellanalisi situazionista pi che i punti darrivo, ormai noti a molti, decisive e da sviluppare sono le pratiche attraverso le quali sono arrivati ad essi, la stessa idea di creare situazioni (nozione chiave della loro avanguardia) ne in realt un esempio lampante ii. Non parlo a caso di pratiche, perch attraverso di esse che sono riusciti a scremare idee, passaggi, parole sino ad avere dei concetti, dei significanti strada maestra, delle loro teorie. Lo stesso successo per alcune donne che, forse non casualmente pi o meno negli stessi anni, hanno lavorato su pratiche quali lautocoscienza, il partire da s e lincontro. Durante il mio lavoro di tesi con Chiara Zamboni stato importante notare come i due movimenti siano arrivati ad unidea di linguaggio, di un abitare la lingua, molto simile. E luso della stessa per scardinare i vecchi principi di una societ in declino, ha aperto un nuovo spazio alla politica, a nuovi modi di abitare il mondo e, per me, in definitiva, alletica. Il nodo centrale per il situazionismo questa convergenza tra estetica/politica/etica, intrecciato con un tipo di linguaggio che viene dal corpo, dai veri desideri delluomo e che loro definirono come poesia (del cambiamento, della rivoluzione ecc.). Barbara mi ha chiesto che senso e che tipo di attualit o utilit potesse avere laccostare unidea simile alla lingua materna. Ho riflettuto su questa domanda, ho rimesso in questione le mie convinzioni, ma non credo di avere una risposta pertinente, casomai delle suggestioni. La vera risposta, forse, nella vita di tutti giorni, in cui lipocrisia onnipresente, la frottola planetaria, la normalit e chiunque si chieda cosa possa significare essere umani un alieno in un mondo che calza stretto, dove il regime economico non sa pi che fili muovere per gestire, investire, far fruttare le sue marionette. A mio avviso lingua materna significa anche arrivare a capire dov quel punto allinterno della vita quotidiana (nei singoli gesti, in ogni discorso) in cui la menzogna viene meno e si smaschera per quel che , infrangendosi sui nostri veri desideri. La lingua materna quella terra dove un linguaggio sterile, tecnico, che non proviene da dentro, non attecchisce, non ha presa su ci che penso e, quindi, sulla mia vita. Ognuno pu attingere alla lingua materna e forse oggi attraverso la sua ricerca (nel cercare di aprirci al mondo come da bimbi, fidandoci di lei, siamo entrati in rapporto con la madre) ci 1

2 offerta la possibilit di leggere come attuale il nodo situazionista percorrendolo, per, allinverso, ossia accogliendo lidea di un nuovo concetto di etica, di un abitare il mondo che rispetti gli altri e noi stessi, arrivare ad una politica finalmente umana, non solo per creare qualcosa di nuovo, ma, a questo punto, per smetterla di sopravvivere ed iniziare a vivere, per cambiare lo sguardo, per una nuova estetica, perch ci possa ancora essere arte e, quindi, cultura e non quella beffa mediatica, lesiva per lintelligenza, che il mercato smercia per tale. 2- Un debito, un rimosso Il libro il linguaggio e la morte di Giorgio Agamben strutturato in base al seminario del 1979 che lha preceduto e nella settima giornata, vengono analizzate le rivoluzioni linguistiche apportate dai primi poeti provenzali e trovatori del XII secolo dove, in prima istanza, lesperienza del linguaggio, levento di parola (io aggiungo labitare una lingua) sono descritti come il palesarsi di un desiderio amoroso.
Intorno al secolo XII, la topica antica e la sua ratio inveniendi furono interpretate in modo radicalmente nuovo dai poeti provenzali e da questa reinterpretazione ebbe origine la poesia europea moderna [..]. I primi germi di un mutamento di questa concezione dell inventio, scaturiti da quella radicale trasformazione dellesperienza di linguaggio che fu il cristianesimo, sono gi nel De trinitate di santAgostino, dove [..] luomo non gi sempre nel luogo del linguaggio, ma deve venire in esso e pu farlo solo attraverso un appetitus, un desiderio amoroso, dal quale, se si unisce alla conoscenza, pu nascere la parola. Lesperienza dellevento di parola , dunque, innanzitutto unesperienza amorosa [..] iii

Come poi riprender e porter a compimento Dante nel De vulgari eloquentia, questi poeti cercano con la parola di arrivare allaltra/o, mossi appunto da questo appetitus e a me viene spontaneo pensare che il primo desiderio verso laltro, il primo manifestarsi di una volont di parola, di unesperienza di linguaggio si produce e simprime in noi nei primi anni. Si comincia a notare che la sfera materna, la donna si presentano come un rimosso della cultura tradizionale maschile. Pi avanti Agamben analizza Linfinito di Leopardi. La poesia in questione viene presa a modello per spiegare il movimento ripetitivo messo in atto dalla parola poetica attraverso limmemorabilit dellevento di linguaggio stesso.
..listanza di discorso fin dallinizio affidata alla memoria, in modo, per, che memorabile la stessa inafferrabilit dellistanza del discorso come tale, [..] che fonda cos la possibilit della sua infinita ripetizione. Nellidillio leopardiano, il questo indica, gia sempre oltre la siepe, al di l dellultimo orizzonte, verso uninfinit di eventi di linguaggio. La parola poetica avviene, cio in modo tale che il suo avvento sfugge gi sempre verso il futuro e verso il passato e il luogo della poesia sempre un luogo di memoria e ripetizione.iv

Nella struttura tutta romantica de Linfinito, Agamben vi vede una tensione tra il concetto hegeliano di Questo e il Dasein di Heidegger (dai quali prenderebbero lavvio le loro speculazioni sul linguaggio), mettendo, quindi, in relazione due delle analisi pi proficue e lucide della storia della filosofia, con unidea di poesia che mima i tratti essenziali della lingua materna, in cui la memoria di uno stato di lingua si pu rigiocare, ripetendosi in ogni momento per uno scambio di parola simbolico, un abitus vivendi pi fecondo. A chiusura della settima giornata e del commento ai versi leopardiani possiamo leggere questa frase:
Il confronto che da sempre in corso fra poesia e filosofia , dunque, ben altro che una semplice rivalit: entrambe cercano di afferrare quellinaccesso luogo originale della parola rispetto al quale ne va, per luomo parlante, del proprio fondamento e della propria salvezza. Ma entrambe [..] mostrano alla fine questo luogo come introvabile.v

3 Cos questo nodo su cui si confrontano poesia e filosofia? Che sar mai questo inaccesso luogo della parola per cui ne va della nostra salvezza? Questo introvabile rimanda, a mio giudizio, al fatto che la lingua materna non immediatamente disponibile, bisogna riconoscerla, ascoltarla, rimanere nella sua voce, ma, innanzitutto, si deve prendere atto che c, per uscire dall empasse millenaria che ci attanaglia e che ha reso sterile e nichilista la cultura, larte. Il compito a cui siamo chiamati nel futuro prossimo superare questo rimosso, fondare una nuova etica (quindi una nuova politica) sul disvelamento di questo arcano del linguaggio. Nellottava giornata, oltre a quelle di Hegel e Heidegger, vengono riprese e commentate alcune tra le pi importanti teorie del linguaggio; i pensatori maggiormente chiamati in causa sono Platone, Aristotele, Kant, Schelling e Wittgenstein. Anche allinterno del linguaggio, comera tipico in molti altri concetti presso gli antichi greci, sinstaura una dicotomia: da una parte vi un linguaggio che viene dal corpo, dalla carne, dallaltra ve ne uno codificato e accessibile a tutti:
allaurora del pensiero greco, lesperienza umana del linguaggio [..] era apparsa scissa in un confronto insanabile [..] fra la voce del sangue [..], che il cuore ha appreso da solo, [..] in opposizione al linguaggio che si apprende da altri..il logos, la parola che discute e persuade, [..] liberamente scambiata in pubblico.vi

Questi enunciati mi pongono in questione, poich da un lato c questa voce del sangue che, come innata, abbiamo dentro e che in qualche modo dovremmo riuscire ad apprendere da soli e dallaltro abbiamo la lingua parlata, il logos, il comune che, invece, conquistiamo nel confronto con laltro. Banale notare che la lingua non la si pu apprendere soli; immagino quel film Greystoke, la leggenda di Tarzan, in cui un Lambert/Tarzan comunica grugnendo con le scimmie, ma ovviamente non conosce la lingua degli uomini, quando questi lo trovano nel cuore della giungla; Semmai credo si possa dire che una comunicabilit pu esserci naturalmente congenita, ma non una lingua (un nominare un mondo). In parte vera, tuttavia, potrebbe essere la definizione del logos come di un codice che si impara dagli altri; scrivo in parte, perch credo che non si possa imparare una lingua da un grado zero nel solo fatto di essere gettati in mezzo ad un gruppo di parlanti, serve un di pi, quantomeno preliminarmente. Tornando sui miei passi, rispetto a queste considerazioni mi sento di dire che una lingua, una voce che viene dal corpo, che lo accompagna, c e la impariamo dal primo altro, dalla madre (o chi per essa) e questa la lingua materna, attraverso la quale vedo un superamento della dicotomia classica tra physis e logos: problema questo, di una voce incarnata e parlata, che, secondo Agamben, inseguito dalla metafisica di ogni tempo.
La Voce [..] limpensabile su cui la metafisica fonda ogni possibilit di pensiero, lindicibile su cui si fonda tutto il suo dicibile.vii

Che possa essere di nuovo la lingua materna questo indicibile che sempre torna nel fantasma di un rimosso o di una colpa? Cos sembrerebbe vedendo il commento che svolge lautore a un passo del coro dellEdipo a Colono di Sofocle, dove, per, il linguaggio, anzich essere accostato al materno, alla sfera affettivo-simbolica, viene posto in relazione alla morte, pur parlando di un ritorno verso la nascita, lorigine.
..un non essere nati, un non aver natura, potrebbe vincere il linguaggio e permettere alluomo di sciogliersi dalla colpa che si costituisce nel nesso destinale di physis e logos, di vivente e linguaggio; ma, poich questo , appunto, impossibile, poich luomo un nato, ha nascita e natura, la cosa migliore , per lui, far ritorno al pi presto l dove venuto, risalire oltre la nascita attraverso lesperienza silenziosa della morte..viii

Notevole come nella parte finale del saggio Agamben si avvicini sempre pi alla nostra questione, rimanendovi, per, ai bordi e, quasi, descrivendoli con minuzia, mostrando questa figura metafisica della Voce (che insieme carne e verbo ed in un certo qual modo segna lesistenza umana) come un significante che contiene in s molti dei predicati attribuibili alla lingua materna. 3

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..questa Voce il fondamento mistico su cui poggia tutta la nostra cultura, la sua logica come la sua etica, la sua teologia come la sua politica, il suo sapere come la sua follia .. ..mostra s come ci che, restando non detto e significato in ogni parola e in ogni tramandamento storico, destina luomo alla storia e alla significazione, come il tramandamento indicibile che fonda ogni tradizione e ogni parola umana. Solo in questo modo la metafisica pu pensare lethos, la dimora abituale delluomo.. Il suo luogo lethos, la dimora in-fantile [..] delluomo nel linguaggio. Questa dimora [..] ci che resta, qui, da pensare. ..pensare la Voce [..] necessariamente il compito supremo della filosofia. ix

Parlare ancora in termini di metafisica, di parole con liniziale maiuscola o parole scomposte (infantile) mimpaurisce e non mi appartiene, ma se riusciamo a leggere oltre laspetto prettamente linguistico, a mio parere, la lingua materna proprio questa costellazione in cui in ogni istante, ogni giorno, nellevento quotidiano, si rigiocano assieme destino e storia, etica e politica ed attraverso la danza di questi elementi riusciamo a scorgere quel di pi di vita, quel che di vita che eccede il mero materiale e farlo brillare di una luce nuova, cercando di afferrarlo per riscattarci dal nichilismo, da questo cancro del pensiero che ci sta facendo sprofondare nelle pastoie della storia e nella carestia emotiva. Lo spirito mercantile che ci sovrasta (figlio di un animalesco istinto di predazione e di logiche maschili ormai stantie) castra nei viventi la libera circolazione di idee, desideri, potremmo dire, in generale, il divenire. Da tempo sappiamo che la barbarie economica legifera su tutto e nellultimo secolo ha affinato al meglio le tecniche biopolitiche che irretiscono le masse, lopinione pubblica e la cultura. Questa nuova rumorosa religione globale affonda le proprie radici in un linguaggio di codici, stereotipi e povert di parole neutre: non saprei altrimenti come descrivere il senso di vuoto che provo quando chiudo un quotidiano, ascolto le dichiarazioni dei politici ai tg o leggo i messaggi pubblicitari ai lati delle strade. Per vivere vendo libri in un negozio di una multinazionale e la mia esperienza quella di trovarmi ogni giorno tra due poli, dove da un lato ci sono mezzi di comunicazione massiva, rivolta a molte persone e perpetrata attraverso vari media, il cui unico e nemmeno troppo velato messaggio di fondo un invito ad alleggerire i propri portafogli e dallaltro il contatto diretto col pubblico. La possibilit di riscatto, di trovare dellumano data da questo incontro, dalla presenza di pi esseri parlanti che interagiscono tra loro; questo spazio quotidiano che devo indagare ed abbracciare per non cedere, per non perdere me stesso e dare un senso a quello che faccio; spazio, quindi, dove tesso e ritesso il mio destino, le mia etica, la mia storia. 3 - Lesperienza della poesia Attraverso i secoli la storia della filosofia sembra si sia fermata di fronte al concetto vuoto di un linguaggio che insieme carne e pensiero, medio fondamentale tra noi e ci che percepiamo. Personalmente vi vedo una connessione diretta tra questo limite e la caduta nellimbuto della storia in cui si cacciata lumanit. Con stupore e ammirazione ho letto alcuni testi di filosofia della differenza, avido di conoscere se una possibilit altra ci fosse offerta dalla lingua materna ed io credo che linteresse accordato da queste pensatrici al darsi del linguaggio, alle pratiche discorsive e al simbolico le ha portate a scoperchiare larcano che la filosofia occidentale ha rincorso per pi di due millenni. Col procedere nelle mie letture, ad un certo punto, mi ero convinto che la lingua materna fosse in qualche modo un paradigma dellessere, poich nelle varie testimonianze di uomini e donne che ho potuto conoscere tramite i testi e nella vita negli ultimi anni, ho notato che, pur instaurandosi su questioni e fatti personali, un comune fra esse cera sempre, quasi fosse un carattere del dna dellessere, e per alcuni versi una sorta di percorso epistemologico obbligatorio. Nel suo ultimo libro Signatura rerum Agamben dedica un intero capitolo alla definizione del concetto di paradigma e vi possiamo leggere:
..Il paradigma non mai gi dato, ma si genera e si produce [..] attraverso [..] un mostrare

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e un esporre. La relazione paradigmatica [..] corre [..] fra la singolarit (che diventa cos paradigma) e la sua esposizione (cio la sua intelligibilit).x

Le testimonianze che parlano della lingua materna ruotano attorno a questi concetti, dove, appunto, una singolarit si mostra, si espone e porta lesempio come modello della struttura su cui si muove questa modalit dellabitare la lingua; ma parlare di relazione paradigmatica e simili non fa che ricadere nel gioco della tradizione, di una filosofia del linguaggio che ci allontana dalla lingua materna, perch sta tutta sullesattezza di una ricerca scientifica, che cerca nel pensiero e nelle parole dei padri giustificazione e conferma del suo (supposto) progresso. Elisabeth Jankoswski ne la lingua invisibile ci mette in guardia da questo aspetto quando afferma:
Il Novecento stato in genere caratterizzato dallimportanza data allespressione il pi possibile chiara dei pensieri e sentimenti pi reconditi: nella psicoanalisi, nella pedagogia, nella teologia e in altri saperi. Alla ricerca dellesattezza si sono escluse le forme pi fiorite e figurate del linguaggio, perch considerate troppo imprecise. [..] Tutto ci ha creato unadesione eccessivamente forte al dire, cio alla superficie linguistica, e ha portato a trascurare le dimensioni multiple del dire e del non dire.xi

Lautrice mette in luce come la cultura e i saperi tradizionali abbiano dato maggior importanza alla potenza del pensiero, ed in generale a tutto ci che risulta dal rigore del calcolo, mentre gli effetti/movimenti di reale derivanti dal simbolico non vengono quasi mai indagati, anche se, io aggiungo, implicitamente citati. Direi, inoltre, che stata unattitudine costante nella storia del pensiero ufficiale; sono proprio queste dimensioni multiple del linguaggio i binari senza meta del simbolico che porterebbero a fare quei salti dessere necessari per abbandonare le posizioni (dopinione, di vita) traballanti su cui poggiamo e vedere il mondo da unaltra prospettiva. Sempre nello stesso testo Jankowski richiama alla nostra attenzione questa visione della lingua, parlando del ruolo della madre: diventare madre il salto dessere naturale, e simbolico ad un tempo, per eccellenza.
..la madre fa diventare completamente buono il mondo per il suo bambino e anche un po per se stessa. lei che trasforma cos il mondo per il suo bambino; e questo nuovo inizio apre sempre ogni volta un piccolo spiraglio affinch il mondo lo sia davvero o lo possa diventare. Tale visione del mondo la prima esperienza di una possibile concezione politica. La visione magica del mondo, sperimentata con la madre, resta dentro di noi come qualcosa di quasi indelebile; e anche poi saremo inclini a credere che sia possibile costruire un mondo come lo abbiamo vissuto nella nostra infanzia, anche se non abbiamo ancora trovato una via politica per arrivarci.xii

Jankowski sembra suggerire che lo scambio simbolico/magico che intercorre nella relazione madre/figlio nel periodo natale, o comunque della formazione del linguaggio, apra una soglia decisiva nella quale etica e politica si confondono e quasi coincidono. Il mondo che in quel periodo conosciamo attraverso il filtro della madre, della sua presenza, della sua lingua sembra essere fatto a nostra misura; la madre ci protegge dai pericoli, dalle angherie, dai brutti sogni e limpronta di questo stadio rimarrebbe nella nostra memoria; ricercarla, rimanere nel suo ascolto: questo dovrebbe essere il compito primo di una possibile nuova politica. Curioso notare come anche nelle ricerche seguite da Raoul Vaneigem (forse la mente pi lucida della stagione situazionista) negli ultimi due decenni il rapporto madre/figlio, il suo preservarlo uno degli aspetti centrali; nel suo saggio sulla libert di parola Niente sacro. Tutto si pu dire, vi possiamo vedere teorizzate le stesse questioni messe in campo da Jankowski, pur se da vie diverse.
..La preminenza di un atteggiamento pieno di umanit possiede larte di destare la parola che ne propagher gli effetti. Ha il dono [..] di ammansire i mostri, di liberare il verbo dal gelo del calcolo egoista. Luomo progredir nellingentilimento del vivente soltanto scoprendo la coscienza e il linguaggio capaci didentificare i suoi desideri, di esprimerli, di

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comunicarli, di realizzarli. ..Resta una libert soltanto a patto che si restituisca alle parole quella vita inscindibile dal vissuto quotidiano, senza la quale una lingua si fossilizza e diventa stereotipo. Rompere con il vecchio sistema di sfruttamento che ci ha dominati finora significa restituire al linguaggio quella vocazione poetica dotata, in origine, del potere dinfluire sulle circostanze e sul destino degli esseri. ..Privilegiare ovunque lapertura il solo modo di liberare la nostra storia futura dalle scorie della nostra disumanit passata.xiii

Laccento dallautore belga posto pi sul tema della libert e di nuovo la commistione con una modalit altra di essere nel linguaggio si manifesta con insistenza ed, inoltre, credo che lorizzonte al quale mirano i due autori, ossia quello di una nuova alba per lumanit, per questa comunit ancora in via di civilizzazione, sia lo stesso; la chiave di volta a disposizione di ognuno. La lingua materna poesia, quella poesia che ci accompagna nel nostro primo salto dessere dove si compie la costruzione originaria del mondo xiv. Per lInternazionale Situazionista poesia quella lingua che rivoluziona e redime la societ nella sua interezza, per migliorarne la sua cultura, il suo lavoro, la sua vita quotidiana. La mia impressione che questa dimensione del linguaggio umano, messa in risalto da Jankowski (ma tra le righe quando si legge di lingua materna) e dallInternazionale Situazionista, assumi il carattere messianico della profezia, dove la possibilit di salvezza (larrivo del messia) nellevento (Ereignis) di ogni istante; poesia che eccede le parole, assurge a speranza, divenire.

Luce Irigaray, Loblio dellaria, Bollati Boringhieri, Torino 1996, pag. 160. Per quanto riguarda i testi dellInternazionale Situazionista rimando a Aa. Vv, Internazionale situazionista 1957-72, Nautilus, Torino 1994. A commento, oltre alla mia tesi, La questione per la lingua per lInternazionale Situazionista , Universit degli studi di Verona, a.a. 2000/2001, consiglio Mirella Bandini, Lestetico, il politico, Costa&Nolan, Milano 1999. Brevemente basti ricordare che per costruzione di situazioni si intende la costruzione libera di momentanei ambienti di vita mirati ad un superamento della banalit quotidiana, per arrivare ad uno stadio passionale migliore e pi umano, castrato nelle forme di vita alienate e coatte, imposte dalla societ del capitalismo avanzato (spettacolo): la situazione un momento di trasfomazione, unesplosione di vita deliberatamente messa in atto attraverso strategie appropriate. Tra le altre pratiche vorrei ricordare la deriva e il detournement: la prima potrebbe essere un vagabondaggio senza meta guidato solamente dallattrazione che lambiente circostante esercita su di noi, oppure visitare una citt con lausilio della mappa di unaltra, lidea di un uso psicogeografico della citt, attraverso un urbanismo che esprima i reali bisogni e desideri della gente; il detournement, parola da essi coniata per indicare la libera appropiazione delle creazioni, opere (solo parti, proprie o altrui, testi, pittura, musica, ecc.), decontestualizzarle ed inserirle in un ambito altro dove acquistano un nuovo significato. Per poesia non intendono quella della letteratura, ma poesia della vita vissuta, per le strade, tra la gente, poich solo in questo modo, secondo il punto di vista situazionista, si pu parlare ed il linguaggio non rimane lettera morta. iii Giorgio Agamben, Il linguaggio e la morte, Einaudi, Torino 2008, pag. 84. iv Ibidem, pag. 95. v Ibidem, pag. 98. vi Ibidem, pag. 110. vii Ibidem, pag. 109. viii Ibidem, pag. 112. ix Ibidem, rispettivamente pag. 114, 128, 130 e 115. x Giorgio Agamben, Signatura Rerum, Bollati Boringhieri, Torino 2008, pag. 25. xi Elisabeth Jankowski, La lingua invisibile, in (a cura di) Chiara Zamboni, Il cuore sacro della lingua, Il Poligrafo, Padova 2006, pag. 43. xii Ibidem, pag. 45. xiii Raoul Vaneigem, Niente sacro. Tutto si pu dire, Ponte alle Grazie, Milano 2004, rispettivamente pag. 85, 21 e 65. xiv Michel Foucault, Dits e ecrits, Gallimard, Parigi 1994, pag. 145.
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