1. Dal punto di vista strettamente cronologico, lavventura italiana della Scuola di Francoforte ha inizio nel 1954, con luscita della prima traduzione (parziale) dei Minima moralia 1 . Caro Solmi scriveva per loccasione il germanista Cesare Cases la terra trema. Tra poco scoppier in Italia la bomba Adorno, vera bomba a orologeria a due tempi, perch preceduta dalla tua lunga introduzione non meno esplosiva, che sottolinea lo scandalo anzich minimizzarlo 2 . Cases alludeva al saggio introduttivo col quale il cu- ratore dellopera, Renato Solmi, presentava al pubblico italiano il pensiero di Adorno; ma soprattutto allimpatto che, prevedibilmente, quel pensiero e quellopera avrebbero eser- citato sulla cultura marxista dominante nellItalia dellepoca. E, invero, limpatto fu dirom- pente. Solo parzialmente sprovincializzata dallegemonia idealistica nei primi ventanni del secolo, ma subito ricaduta, allindomani della Grande guerra, in uno stato di isolamento che le misure autarchiche del regime fascista concorsero ad aggravare, la cultura ita- liana aveva conosciuto il pensiero di Marx (introdotto da Antonio Labriola verso la fine dellOttocento) quasi esclusivamente nella versione riveduta offertane dallo stesso Cro- ce il quale aveva tempestivamente provveduto a neutralizzarne la carica eversiva, reinterpretandolo alla luce della nuova dogmatica staliniana, materialistico-dialettica; e solo in quel periodo i primi anni Cinquanta, appunto cominciava a familiarizzarsi con lopera di ripensamento critico del marxismo intrapresa, fin dai tempi del carcere, da An- tonio Gramsci. Questultima, tuttavia, non era priva di ambiguit: pur iscrivendosi nel pi vasto programma del cosiddetto marxismo occidentale, la riflessione gramsciana a-
* Questo scritto largamente debitore ai lavori di E. AGAZZI, Linee fondamentali della teoria critica in Ita- lia, in M. CINGOLI, M. CALLONI e A. FERRARO (a cura di), Limpegno della ragione. Per Emilio Agazzi, Mi- lano, Unicopli, 1994, pp. 311-389; e S. PETRUCCIANI, La Dialettica dellilluminismo cinquantanni dopo. No- te sulla ricezione italiana, Nuova Corrente, 121-122 [fascicolo interamente dedicato al pensiero di Ador- no], 1998, pp. 133-154. Sullo stesso tema si vedano inoltre C. GALLI, Alcune interpretazioni italiane della Scuola di Francoforte, in Il Mulino, 1973, pp. 648-671 e D. DRUDI, Appunti su Th. Adorno e la critica ita- liana, in Il Verri, 4, 1976, pp. 95-118. Ringrazio A. Bellan, R. Capovin, A. Di Majo, S. Mannetti, V. Mar- zocchi e M. Rosati per i loro utili commenti e/o segnalazioni.
1 TH. ADORNO, Minima Moralia. Reflexionen aus dem beschdigten Leben, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1951 (trad. it. e introd. di R. Solmi, Minima moralia. Meditazioni della vita offesa, Torino, Einaudi, 1954). La traduzione italiana delle opere di Adorno, caldeggiata da Solmi, fu invece fortemente avversata, allinterno della casa editrice Einaudi, dallo storico Delio Cantimori: permettetemi di sorridere della ingenuit di chi ci trova qualcosa di cos importante da doverlo tradurre; uneventuale traduzione della Dialettica scriveva ancora proprio non mi andrebbe gi (cfr. D. CANTIMORI, Politica e storia contemporanea. Scritti (1927- 1942), pp. 807-811).
2 C. CASES, Il caso Adorno, in Notiziario Einaudi, 12, 1954, pp. 10-12, rist. in ID., Il testimone seconda- rio. Saggi e interventi sulla cultura del Novecento, Torino, Einaudi, 1985, p. 83; completano il quadro delle reazioni a caldo alla traduzione italiana dei Minima L. AMODIO, Recensione ai Minima Moralia, in Ragio- namenti, 1, 1955, pp. 33-37; T. PERLINI, Il critico dellimmediatezza, in Umana, 5-6, 1955, pp. 24-26; P. ROSSI, Recensione ai Minima Moralia, in Rivista di filosofia, 1, 1955, pp. 75-83; A. SANTUCCI, Recensione ai Minima moralia, in Convivium, 6, 1995, pp. 734-736. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 2 veva finito per scontare essa stessa la sostanziale marginalit della cultura italiana, per buona parte della prima met del secolo, rispetto alle correnti pi avanzate del pensiero europeo. Cos, mentre in autori come Lukcs, Korsch e gli stessi Horkheimer e Adorno quel programma era stato perseguito attraverso il recupero della grande tradizione della filosofia classica tedesca, soprattutto hegeliana, da un lato, e, dallaltro, in un confronto costante con gli esponenti pi significativi della cultura borghese (Weber, Simmel, Freud, etc.), in Gramsci esso aveva condotto ad una ritraduzione in termini marxisti di quella che egli considerava [...], con uno spiegabile errore di prospettiva, la pi alta cultura [...] del proprio tempo, cio lidealismo italiano di Croce e Gentile 3 . Su questo marxismo, che nel passaggio dal Diamat staliniano al materialismo storici- sta di un Gramsci era rimasto fondamentalmente estraneo non soltanto alla psicoanalisi e alla grande sociologia borghese, ma alle stesse tematiche specificamente marxiane dellalienazione e del feticismo delle merci, il primo approccio con la Scuola di Francofor- te ebbe giusta la previsione di Cases leffetto di un sisma, suscitando reazioni quasi unanimemente ostili. Nel merito, tre erano i nodi teorici sui quali gli scritti dei francofortesi (i Minima moralia; ma soprattutto la Dialektik der Aufklrung 4 , vera pietra dello scandalo, unopera che, tra- dotta soltanto nel 66, era tuttavia gi nota al pubblico pi competente) sfidavano lortodossia italo-marxista. Anzitutto, il giudizio a riguardo dellilluminismo: il sospetto di Horkheimer e Adorno nei confronti dellAufklrung, di cui la Dialektik denunciava il carat- tere intimamente regressivo, se non proprio autodistruttivo, tale, cio, da ridurla infine a mero strumento dellapparato capitalistico 5 , rompeva con la concezione storicista, per la quale il marxismo doveva essere inteso come lo sviluppo conseguente delle tradizioni pi avanzate [...] del pensiero borghese, dallilluminisimo allidealismo tedesco 6 . In se- condo luogo, il pensiero dei francofortesi costituiva una radicale messa in questione del- la visione ottimistica della storia che, ancora nel 48, il segretario del PCI Palmiro Togliatti aveva ribadito con la sua tesi del trionfo immancabile della compagine anticapitalista 7 . Infine, il verdetto di condanna senzappello che Horkheimer e Adorno riallacciandosi, anche qui, alla prognosi weberiana pronunciavano sullesperienza del socialismo reale non poteva essere condiviso dagli esponenti di una sinistra, quella marxista italiana, allo- ra fermamente sottoposta allegida del PCUS, e nelle cui file il problema dellegemonismo sovietico si sarebbe fatto avvertire solo pi tardi, nel 1956, allindomani dellinvasione sovietica dellUngheria. Pi in generale, era limpianto stesso della Dialektik il programma di unautocritica dellilluminismo a fronte della trionfale sventura di cui risplende la terra interamente illuminata 8 a riuscire fondamentalmente alieno alla gran parte dei marxisti italici. Fer- mi alla tradizionale concezione marxiana, secondo cui la societ capitalistica rappresen- ta non gi la realizzazione, ma il tradimento degli ideali illuministici, quegli stessi ideali che il proletariato deve ereditare e far propri e la filosofia farsi mondo , costoro avver- tivano come pressocch inintelligibile loperazione tentata dai maestri francofortesi, nella cui vertigine critica scorgevano piuttosto il rischio di una deriva nostalgica e politicamente conservatrice. Per i marxisti dItalia, lilluminismo era e restava la misura, giammai
3 E. AGAZZI, Linee fondamentali della teoria critica in Italia, cit., p. 314.
4 M. HORKHEIMER-TH. ADORNO, Dialektik der Aufklrung, Amsterdam, Querido, 1947 (trad. it. di R. Solmi, Dialettica dellilluminismo, Torino, Einaudi, 1966, da cui citeremo).
5 M. HORKHEIMER-TH. ADORNO, Dialektik der Aufklrung, cit., p. 3 e 5.
6 S. PETRUCCIANI, La Dialettica dellilluminismo cinquantanni dopo, cit., p. 135.
7 P. TOGLIATTI, Introduzione (1948) a K. MARX, Il Manifesto del Partito Comunista, Roma, Editori Riuniti, 1962, p. 29.
8 M. HORKHEIMER-TH. ADORNO, Dialektik der Aufklrung, cit., p. 11. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 3 loggetto, dellesercizio critico-ideologico; tolta la quale, lidea stessa di una contraddizio- ne immanente allordine sociale borghese e, di conseguenza, la prassi politica che su tale contraddizione intendeva far leva per rovesciarne le sorti, venivano irrimediabilmen- te private del loro quadro di riferimento normativo. Sul piano pi specificamente filosofico, mancava, allintellettualit italiana del tempo, lesperienza del contatto con lopera di quei pensatori Nietzsche soprattutto, ma anche Max Weber i quali, inflessibili esecutori dellilluminismo 9 , avevano insinuato il ragio- nevole dubbio che il principio del dominio abitasse da sempre nel cuore dellAufklrung, perch iscritto fin dallinizio nel suo concetto; suscitando con ci il bisogno, in coloro che come Horkheimer e Adorno allistanza del rischiaramento non volevano rinunciare, di portare lilluminismo a piena coscienza di s, della sua genesi, della sua controfinalit. Quale che fosse il suo grado di praticabilit, questultima impresa controinterpretare lautointerpretazione dellAufklrung, reincorporandone lautonarrazione allinterno di unaltra, pi radicale 10 : qui il succo della Dialektik presupponeva un drastico sposta- mento del punto di vista; per lo meno, lammissione che, se tensione vi era, e senzaltro vi era, essa non riguardava anzitutto il rapporto di mancata corrispondenza tra le struttu- re della societ capitalistica e i valori dellilluminismo borghese, bens lilluminismo come tale, le cui tendenze involutive, ancorch inconsapevoli, si trattava quindi di smascherare e, possibilmente, rimuovere. Quanto una simile prospettiva esorbitasse dagli schemi ossificati dellitalo-marxismo, lo testimonia la reazione sgomenta dello stesso Cases; il quale, posto di fronte alla chiamata in giudizio non gi di questa o quella concretizzazione storica dellilluminismo, ma dellilluminismo tout court del concetto stesso di questo pensiero 11 , confessa- va: sono assolutamente incapace di seguire Adorno su questa strada. Qui si esce, a parer mio, non solo da Marx e da Hegel, ma da ogni riflessione filosofica degna di que- sto nome. Ben venga continuava Cases la critica della dilagante ideologia scienti- sta-positivista; ma questultima non pu e non deve venir confusa con lilluminismo dei Voltaire e dei Diderot, di cui il neopositivismo contemporaneo costituisce tuttal pi una degenerazione senile. La stroncatura di Cases scaturiva da un sostanziale fraintedimento o, per meglio di- re, da unillusione ottica. Come sarebbe divenuto chiaro solo pi tardi 12 , la riflessione dei francofortesi non cedette mai, neppure negli anni 40, alle lusinghe dellanti-illuminismo romantico e conservatore; al contrario, la critica della ragione fu da loro sempre intesa nel senso di una Selbstkritik, e segnatamente come critica della ratio lintelletto calco- lante di cui portatore idealtipico il soggetto borghese, e che Horkheimer e Adorno re- trodatavano agli albori della civilt nel nome della Vernunft. Si trattava, insomma, dindurre lilluminismo a riconoscere la propria dialettica interna, lintima relazione chesso intrattiene col suo opposto (il mito), ma al fine di recuperarne il potenziale emancipativo: quel concetto positivo dellAufklrung, che solo pu liberarla dallirretimento nel cieco dominio 13 . Impresa non facile, forse persino disperata, ma certo non estranea allitinerario della filosofia classica tedesca, Marx incluso, cui Cases si richiamava.
9 M. HORKHEIMER-TH. ADORNO, Dialektik der Aufklrung, cit., p. 8.
10 Cfr. C. GALLI, Introduzione allultima ediz. it. della Dialettica dellilluminismo, Torino, Einaudi, 1997, p. IX.
11 M. HORKHEIMER-TH. ADORNO, Dialektik der Aufklrung, cit., p. 5.
12 Particolarmente lucidi, in questo senso, i lavori di S. PETRUCCIANI; cfr. in particolare il volume Ragione e dominio. Lautocritica della razionalit occidentale in Adorno e Horkheimer, Roma, Salerno editrice, 1984 e il saggio Lautocritica della modernit nel pensiero di Adorno e Horkheimer, in ID., Marx al tramonto del secolo. Teoria critica tra passato e futuro, Roma, Manifestolibri, 1995, pp. 95-114.
13 M. HORKHEIMER-TH. ADORNO, Dialektik der Aufklrung, cit., p. 8. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 4 Una significativa eccezione, nel panorama delle primissime reazioni allo scandalo francofortese, rappresentata dallo stesso curatore dei Minima moralia, Renato Solmi. Marxista di formazione lukcsiana (come, peraltro, Cases), personalmente impegnato sul fronte di un rinnovamento critico del marxismo in senso antistoricista e antiortodosso, Solmi approcciava le tematiche della Scuola da un angolo visuale affatto diverso rispetto alla maggioranza dei comunisti-crociani 14 suoi contemporanei. Anzittutto, egli non nu- triva alcun dubbio sul carattere genuinamente marxista, e non gi moralista o romantico, della Teoria Critica in generale e dei Minima in particolare. Non moralista, perch lindagine sulla vita immediata la fenomenologia della crisi dei rapporti privati, e del costume in genere, indotta dallavvento della societ di massa rinvia pur sempre, in Adorno, alle potenze oggettive che [la] determinano [...] fin negli angoli pi riposti; cio glossava Solmi alla struttura economica della societ 15 . Non romantico, perch la nostalgia di Adorno per le forme del passato borghese rimane essenzialmente cri- tica, e la sua difesa delle autonomie tradizionali il cui fondamento non per lui trascendentale, ma materiale e contraddittorio si rivolge piuttosto ai loro affossatori borghesi che ai loro fustigatori marxisti 16 . Daltra parte notava Solmi , Adorno non neppure, come potrebbe sembrare, un critico della tecnica, ma un critico delleconomia. Proprio perch lo strumento, cinematografo o bomba atomica, non mai neutro, ma buono o cattivo a seconda della funzione sociale ch chiamato a svol- gere e che lo predetermina nella sua costituzione oggettiva, la critica della tecnica non pu prescindere, sotto pena dincorrere nel pi astratto dei romanticismi, dalla critica delleconomia. Il che non significa escludere la possibilit di un mutamento di funzio- ne (anche se, chiosava apocalitticamente Solmi, televisione progressiva e psicotecni- ca socialista potrebbero essere e quasi certamente sono contraddizioni in adiecto); vuole dire piuttosto abbandonare, con la distinzione astratta e meccanica tra forze produttive e rapporti di produzione, la fiducia nella necessaria convergenza di sviluppo tecnico e progresso sociale. In questa stessa ottica, anche la tesi engelsiana e poi gramsciana, secondo cui la societ borghese lascerebbe in eredit alla nuova il suo patrimonio strumentale, merita di esser rivista: La linea del progresso e sia pure del progresso tecnico non continua e ininterrotta. Sarebbe assurdo pretendere che luomo si disfaccia di quello che ha fatto: ma non per questo bisogna chiudere gli occhi di fronte al significato oggettivo delle sue creazioni 17 . Non nello scarso contegno marxista consisteva dunque, per Solmi, il peccato di A- dorno; n, daltra parte, nella sua critica dellAufklrung, che dellilluminismo non rispar- miava neppure le manifestazioni pi insospettabili e progressive. Il limite della teoria criti- ca era piuttosto da ricercarsi nella sua attitudine contemplativa, nella sua incapacit di operare la necessaria saldatura con la prassi. Pur ritenendo, con Marx, che le condizioni del trapasso alla terra promessa del socialismo siano attualmente date scriveva Solmi, anticipando tutta una schiera di interpreti provenienti dallarea del marxismo critico , Adorno sembra infatti considerarle puramente potenziali 18 . Senonch, il problema della certezza, o dei modi concreti del trapasso, essenziale alla teoria, sintende: marxista; rispetto alla quale, il pessimismo adorniano, che nellabdicare alla dialettica della certezza per una pi esile dialettica della speranza sembra voler farsi carico di tutto
14 R. SOLMI, Introduzione a TH. ADORNO, Minima Moralia, cit., p. XXXVIII.
15 Ivi, p. XII.
16 Ivi, p. XIX.
17 Ivi, pp. XLI-XLIII.
18 Ivi, p. LIX. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 5 il peso di unepoca, configura piuttosto una forma di regressione allhegelismo 19 . questo concludeva Solmi il paradosso di una teoria critica senza coscienza di clas- se; di un marxismo, cio, che, smarrito il proprio referente storico nella totalit alienata della barbarie tardo-capitalista, entra in contraddizione con se stesso, e finisce per as- sumere, volente o nolente, tratti speculativi 20 . Qui lutopia, dallindicativo futuro, ripie- ga sul condizionale; il necessario trapasso diviene un salto, una possibilit ineffet- tuale 21 ; e la sola via verso la prassi, altrimenti rinviata, resta la denuncia, tutta teorica, della falsit del dominio: della non-fatalit del suo esser destino 22 . Analogo rimprovero quello di non vedere il proletariato muoveva, alla posizione di Adorno, un altro esponente del marxismo critico, Raniero Panzieri, fondatore, verso la fine degli anni Cinquanta, della rivista Quaderni Rossi. Lanalisi adorniana della mistifica- zione di massa, di per s apprezzabile, resta tuttavia monca secondo Panzieri , per- ch non giunge a intaccare le radici strutturali dellalienazione. Daltra parte, nel disinte- resse di Adorno per la sfera della produzione anche il motivo del suo pessimismo piccolo-borghese 23 : la sua miopia di fronte alle forze antagoniste generate dal funzio- namento stesso del sistema lo spinge a ritrarsi su posizioni umanistico- esistenzialistiche, che nulla hanno a che vedere col sano realismo di una scienza rivo- luzionaria 24 . Al dei l dei loro limiti anche evidenti, le letture di Solmi e Panzieri possono conside- rarsi emblematiche della realt italiana degli anni Cinquanta-Sessanta; di un paese, cio, in cui la nuova classe operaia, cresciuta sullonda del boom economico, pareva di- sporre del potenziale necessario a sostenere sino in fondo la battaglia contro il Capitale: Chi vive in paesi dove la lotta di classe ha ancora un senso aveva scritto Solmi non pu condividere il pessimismo di Adorno, che, per essere maturato nel quadro di unesperienza cosmopolitica , non forse per questo pi giustificato 25 .
2. Se nel decennio compreso tra il 1954 e il 1964 lattenzione per la Scuola di Franco- forte era rimasta per lo pi un fatto sporadico e circoscritto, a partire dal 66 si sviluppa, intorno alle tematiche francofortesi, un interesse diffuso, che durer pur tra alti e bassi fino a oggi. A stimolarlo intervengono, da un lato, le traduzioni 26 ; dallaltro, e principal- mente, lo scoppio della contestazione studentesca, che in Italia si protrae ben oltre il 1968. Quantunque confusa e pregiudicata tanto nelle adesioni entusiastiche quanto nelle ripulse passionali e dogmatiche 27 da gravi condizionamenti ideologici, la rece- zione studentesca di massa del pensiero della Scuola di Francoforte contribuisce ad
19 Ivi, p. LX.
20 Ibidem.
21 Ivi, p. LVIII.
22 C. GALLI, Introduzione a Dialettica dellilluminismo, cit., p. XX.
23 R. PANZIERI, Relazione sul neocapitalismo (1961), in ID., La ripresa del marxismo-leninismo in Italia (scritti 1959-64), a cura di D. Lanzardo, Milano, Sapere Edizioni, 1972, p. 211.
24 Ivi, p. 212-213.
25 R. SOLMI, Introduzione a TH. ADORNO, Minima Moralia, cit., p. LII.
26 Oltre alla gi citata Dialektik der Aufklrung, ricordiamo: W. BENJAMIN, Angelus Novus, trad. it. e introd. di R. Solmi, Torino, Einaudi, 1962); H. MARCUSE, Eros e civilt, trad. it. di L. Bassi, con introd. di G. Jervis, Torino, Einaudi, 1964; W. BENJAMIN, Lopera darte nellepoca della sua riproducibilit tecnica, trad. it. di E. Filippini, Torino, Einaudi, 1966; H. MARCUSE, Ragione e rivoluzione, trad. it. di A. Izzo, con introd. di A. Santucci, Bologna, Il Mulino, 1966; H. MARCUSE, Luomo a una dimensione, trad. it. di L. Gallino e T. Giani Gallino, Torino, Einaudi, 1967; TH. ADORNO, Dialettica negativa, trad. it. di C.A. Donolo, Torino, Einaudi, 1970.
27 E. AGAZZI, Linee fondamentali della della teoria critica in Italia, cit., p. 335. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 6 accelerarne la penetrazione anche nei circoli pi ristretti dellaccademia. Non un caso che, proprio in questo giro danni, vedano la luce le prime pubblicazioni dedicate alla Scuola nel suo insieme 28 . In senso stretto potremmo dire , la recezione italiana della teoria critica comincia qui. Critica di un paradosso tardo-romantico il titolo assai indicativo del breve scritto con cui, nel 67, Galvano della Volpe liquidava le stravaganze francofortesi 29 . Fautore di uninterpretazione del marxismo in chiave di galileismo morale, che di Marx privile- giava anzitutto lo sperimentalismo e la cura del concreto, Della Volpe accusava Hor- kheimer e Adorno per il fatto dintendere lAufklrung in unaccezione fin troppo unilate- rale e povera; di ridurla, cio, alla sola componente utilitaristica (il calcolo dellutile), colpevolmente astraendo dalla deontologia laica che laccompagna: la dottrina dei doveri, della tolleranza, del rispetto 30 . La dialettica dellilluminismo, dunque scri- veva Della Volpe, inaugurando una linea interpretativa che sar poi ripresa, ma con ben altri mezzi, da Jrgen Habermas la conclusione paradossale di un sillogismo viziato fin dalle sue premesse; di un ragionamento, cio, che, accentuandone oltre misura lapporto baconiano e scientistico, non [...] rende giustizia, n storica n filosofica, al Rischiaramento 31 . Ma laccusa dimperizia era solo lappiglio della contesa. Pi grave il secondo capo dimputazione: spiritualismo. La reificazione di cui discettano i nostri clti autori non , a ben guardare, la reificazione dellindividuo reale, delluomo nella fabbrica e nellufficio, bens la sclerosi dello Spirito; a partire dalla quale dovrebbe esser possibile singolare inversione dei poli marxiani spiegare quellaltra, lalienazione umana 32 . In questottica, si capisce pure perch la teoria critica, lungi dal prospettare una critica del capitalismo, si riduca infine a critica della tecnica, frutto della pretesa sclerosi spirituale. Senonch commentava Della Volpe la tecnica in se stessa ottima; e la sua valenza pi o meno progressiva dipende dalla maggiore o mi- nore umanit della societ che limpiega 33 . Qui, nel felice connubio di sviluppo tecnico e progresso sociale, sta la sola possibilit di realizzare il contenuto morale storico dellIlluminismo. Nella misura in cui rinnegano anche questultima possibilit, Horkhei- mer e Adorno devono perci annoverarsi fra quei critici tardo-romantici della crisi della civilt (borghese), che da Huxley a Jaspers ne sono in realt i principali pazien- ti 34 . Piuttosto sintonica con la lettura dellavolpiana era la valutazione che, sullesperienza francofortese, esprimevano due esponenti di spicco della cultura laico-progressista: Pao-
28 Limitandoci alle principali, ricordiamo: C.A. DONOLO, LIstituto per la ricerca sociale di Francoforte sul Meno, in Quaderni di Sociologia, 2, 1964, pp. 176-207. G.E. RUSCONI, La teoria critica della societ, Bo- logna, Il Mulino, 1968; A. SCHMIDT-G.E. RUSCONI, La Scuola di Francoforte. Origine e significato attuale, Bari, De Donato, 1972; G. PASQUALOTTO, Teoria come utopia. Studi sulla Scuola di Francoforte, Verona, Bertani, 1974.
29 G. DELLA VOLPE, Critica di un paradosso tardo-romantico, in ID., Critica dellideologia contemporanea, Roma, Editori Riuniti, 1967, p. 61.
30 Ivi, p. 62.
31 Ibidem.
32 Ivi, p. 63.
33 Ivi, p. 64.
34 Ibidem. Ancor pi aspro il giudizio dellallievo di Della Volpe Lucio Colletti, secondo il quale la fin troppo celebre Dialettica dellilluminismo esprime non gi, come pure vorrebbe, una critica della civilt borghese, bens una critica della civilt tout court. Responsabile dei mali del presente non infatti, per Hor- kheimer e Adorno, lo sfruttamento capitalistico, ma la dissacrazione scientifica della natura: lilluminismo inteso come regno dellintelletto (in senso hegeliano), cio come sfera caratterizzata dallopposizione sog- getto-oggetto e dallattitudine tecnico-sperimentale che ne discende (cfr. L. COLLETTI, Recensione a Dialetti- ca dellilluminismo, in Problemi del socialismo, 15, 1967, pp. 235-235; e ID., Il marxismo e Hegel, Bari, Laterza, 1969). Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 7 lo Rossi e Carlo Augusto Viano. Il pensiero di Horkheimer, Adorno e Marcuse sinserisce per Rossi nel quadro di quella sfiducia nella superiorit dei moderni, che oggi (siamo nel 68) si spinge ben oltre la negazione gi rousseauviana e poi marxiana della coincidenza di modernit e razionalit, per arrivare a coinvolgere lidea stessa di ragione 35 . Soprattutto nellultimo Marcuse notava Rossi , leredit di Marx si fonde a tal punto con quella di Heidegger (e, pi in generale, con quella della filosofia della crisi otto-novecentesca), che vien fatto di chiedersi se il bersaglio della sua critica siano ancora come in Marx gli aspetti irrazionali e mistificanti della modernit o non piut- tosto la modernit come tale 36 . E va da s che, in questa seconda ipotesi, ogni spazio sarebbe tolto alla progettualit rivoluzionaria; e il Gran Rifiuto marcusiano scadrebbe perci a un rivoluzionarismo astratto [...], in cui il profetismo si sostituisce alla previsio- ne 37 . Sulla stessa linea Carlo Augusto Viano, in uno scritto (anchesso del 68) intitolato Marcuse o i rimorsi dellhegelismo perduto. Profondamente segnata come, del resto, tutto il marxismo occidentale dal fenomeno del ritorno ad Hegel, cui si aggiunge pe- r linflusso determinante di Freud, la critica marcusiana fa appello alla forza rivoluzio- naria della ragione cosmica (la Vernunft hegeliana) per esortare lumanit alienata a una mobilitazione totale delle energie psichiche addizionalmente represse dalla gab- bia dacciaio della civilt tecnologica 38 . Senonch, con questo suo programma, Marcuse abbandona de facto secondo Viano la filosofia marxiana della storia, che poco concede ai fattori di mobilitazione soggettiva, affidandosi piuttosto a precise diagnosi storiche 39 . Va dunque accettato il giudizio di coloro i quali scorgono nel marcusianesi- mo una filosofia romantica e quarantottesca, che, per voler essere radicale, rischia in- vece di legittimare forme di ritualismo simbolico del tutto innocuo e funzionale al si- stema 40 . Ben altra accoglienza incontravano le tesi della Scuola sulla sponda del marxismo critico e della nuova sinistra. Pur nella loro diversit, i giudizi provenienti da questarea culturale-politica testimoniano di unattenzione (che in alcuni si traduce in sostanziale adesione) alle posizioni francofortesi, la quale non dato riscontrare altrove. Recensore, sui Quaderni piacentini, della Dialettica dellilluminismo, Cesare Pianciola rigettava lequiparazione dellavolpiana fra teoria critica francofortese e Kulturkritik di mar- ca conservatrice. Se vero che non certo la macchina a minacciare luomo, si deve pure riconoscere osservava Pianciola, riprendendo Solmi che un semplice uso della macchina diverso da quello capitalistico non garantisce di per s lemancipazione 41 . Al contrario: s stretto il legame tra mezzi tenici e fini sociali, che la futura civilt socialista
35 P. ROSSI, Nuove analisi per il nostro tempo, in Rinascita, 21, 1968, rist. in ID., Storia e filosofia. Saggi sulla storiografia filosofica, Torino, Einaudi, 1969, p. 244-245.
36 Ivi, p. 248.
37 Ivi, p. 249.
38 C.A. VIANO, Marcuse o i rimorsi dellhegelismo perduto, in Rivista di filosofia, 2, 1968, pp. 176 e 180.
39 Ivi, p. 180-181.
40 Ivi, p. 182-183. In uno scritto di dieci anni successivo (La ragione, labbondanza, la credenza, in A.G. GARGANI (a cura di), Crisi della ragione. Nuovi modelli nel rapporto tra sapere e attivit umane, Torino, Ei- naudi, 1979, pp. 305-366), Viano formulava, sulla Scuola di Francoforte, un giudizio pi sfumato: pur espri- mendo il rifiuto della societ industriale, la teoria critica tiene fermo allidea che nella ragione risiedano le sole speranze di liberazione delluomo sicch non pu in alcun modo essere accusata di irrazionalismo. Il suo limite consiste piuttosto nel ricercare, assurdamente, una forma di sapere superiore a quello messoci a disposizione dalla scienza e dai suoi metodi.
41 C. PIANCIOLA, Dialettica dellilluminismo di Horkheimer e Adorno, in Quaderni piacentini, 29, 1967, p. 76. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 8 potrebbe vedersi costretta a rinunciare, almeno in parte, al suo lascito borghese. Piena- mente giustificate appaiono, dunque, le diffidenze di Horkheimer e Adorno nei confronti della tecno-scienza. Daltra parte, la presenza, nella Dialektik, di un lato idealistico il fatto cio, di non saper offrire nullaltro che una speranza utopistica non basta a tac- ciarla di spiritualismo: non in una conversione spirituale consiste infatti, per i francofor- tesi, la via duscita dalla crisi, bens nellinstaurazione di un nuovo assetto sociale 42 . Alla medesima area del marxismo critico fa capo lautore della prima monografia ita- liana sulla Scuola di Francoforte, Gian Enrico Rusconi. Interpretazione materialistica della scienza (ricondotta, questultima, dal terreno della gnoseologia su quello, antropo- logico, della storia sociale vissuta) e prospettiva politica socialista costituiscono secondo Rusconi i due principali punti di convergenza fra la neonata kritische Theorie e il pensiero di Marx; anche se precisava lautore limpiego in chiave metodologica ed esclusivamente critica delle categorie marxiane imprime allelaborazione dei franco- fortesi una torsione tale, per cui alla fine diventa equivoca laccezione di materialista e persino di socialista cos come vengono comumenente intese 43 . Ma se ci sufficien- te a porre la teoria critica al riparo dalle accuse di oscurantismo, non basta tuttavia a dis- simularne la progressiva depoliticizzazione. Invero, gi in Eclipse of Reason e nella Dia- lektik, ma poi, soprattutto, negli scritti di Adorno degli anni 50 e 60, si fa evidente scri- veva Rusconi tutto lo iato che separa i francofortesi dal principio fondamentale del marxismo: il trapasso necessario dalla vecchia societ borghese alla nuova; e ci perch, una volta ripudiata come accade nellultimo Adorno la cattiva logica della costrizione, lorizzonte stesso della prassi, inesorabilmente, dilegua 44 . Nei suoi scritti successivi sullargomento, Rusconi prender sempre pi decisamente le distanze dalle ambivalenze della Scuola, senza per mai giungere a darne una valutazione negati- va 45 . Senzaltro favorevole alle posizioni dei francofortesi invece linterpretazione svolta da Tito Perlini in un lungo saggio dal titolo Autocritica della ragione illuministica. Posto che il paradosso trainante della teoria critica quello per cui, allapice del proprio ar- co di sviluppo, la civilt si rovescia in barbarie, il principale merito di Horkheimer e A- dorno consiste nellaverne rintracciato le cause non gi come accade in Lukcs fuori dalla ragione, nellirrazionale, ma dentro la ragione stessa, che tale irrazionale ha prodotto 46 . Bersaglio della teoria critica non per come ritengono i suoi detrattori il- luministi la ragione in quanto tale; e neppure la ragione strumentale nel suo uso tecni- co, per cos dire; bens lindebita assolutizzazione della ratio di cui oggi si fa portavoce e profeta il positivismo scientistico. Si tratta dunque, nel caso dei francofortesi, di unautodifesa della ragione filosofica contro la minaccia incombente della sua totale de- gradazione a logos del dominio giacch la ragione, ridotta ad intellettualismo a- stratto, inerme a resistere alla forza che la converte in mezzo 47 . Con loro, lAufklrung vede forse per la prima volta lillusoriet di unemancipazione perseguita soltanto
42 Ivi, p. 79.
43 G.E. RUSCONI, La teoria critica della societ, cit., p. 212-213.
44 Ivi, p. 257-259.
45 G.E. RUSCONI, Lambivalenza di Adorno, in La critica sociologica, 13, 1970; ID., Per una critica della Dialettica negativa di Theodor W. Adorno, in Rinascita, 1970; ID., Precisazioni sulle ambivalenze della Scuola di Francoforte, in AA. VV., Il marxismo italiano degli anni Sessanta, Roma, Editori Riuniti, 1971; ID., Appunti critici sulla Scuola di Francoforte, in A. SCHMIDT-G.E. RUSCONI, La Scuola di Francoforte, cit., pp. 117-240.
46 T. PERLINI, Autocritica della ragione illuministica. Aspetti e momenti del pensiero negativo, in Ideolo- gie, 9-10, 1969, p. 156.
47 Ivi, p. 158. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 9 allinsegna della signoria sulla natura (e sulluomo); la contraddizione, cio, di una ra- gione ridotta a techne, ma proprio per questo incapace di risolversi in praxis 48 . Un punto dapprodo di questa fase della discussione 49 pu considerarsi il volume di Marzio Vacatello Th. W. Adorno: il rinvio della prassi, che di Adorno critica soprattutto lincapacit di vedere pi lontano del circolo vizioso di un capitalismo che si riproduce nella docile coscienza degli uomini che dovrebbero trasformarlo; conclusione, questultima, derivata da premesse assai discutibili, a cominciare dalla tesi, mai dimo- strata, della integrazione del proletariato 50 . Ma questo libro cinteressa anche perch inaugura una tendenza che diverr dominante nella seconda met degli anni Settanta, periodo caratterizzato dallabbandono dei toni polemici in favore di un approccio pi scientifico al pensiero della Scuola 51 .
3. A partire dalla fine degli anni Settanta, la scena intellettuale italiana muta profon- damente. Linfluenza del marxismo va rapidamente esaurendosi, per far posto al dibatti- to sulla crisi della ragione 52 e, poi, intorno alle tematiche del cosiddetto pensiero de- bole 53 . in questo nuovo scenario che devono collocarsi gli interventi sulla Scuola di Francoforte pubblicati negli ultimi due decenni. Un impulso decisivo allapertura di questa nuova fase proviene, tra l81 e l83, dagli scritti di Jrgen Habermas. Gi in Theorie des kommunikativen Handelns, Habermas prendeva atto del fallimento del programma della prima teorica critica, imputandolo
48 Cfr. Ivi, pp. 229-230. Perlini anche autore di due volumi monografici dedicati ad autori francofortesi: Che cosa ha veramente detto Marcuse, Roma, Ubaldini, 1968 e Che cosa ha veramente detto Adorno, Roma, Ubaldini, 1971.
49 Nella quale ebbero parte attiva, tra gli altri, anche F. FERRAROTTI, La sociologia di Horkheimer e Adorno, in De Homine, 19-20, 1966, pp. 143-146; N. DE FEO, Ragione e rivoluzione nel pensiero dialettico, in Aut Aut, 99, 1967, 50, pp. 49-76; V. BOARINI, Per una lettura marxiana di Marcuse, in Problemi del sociali- smo, 19-20, 1967, pp. 719-736; G. CALABR, La societ fuori tutela, in De Homine, 26, 1968, pp. 53- 74; F. CERUTTI, Marxismo e sociologia nella Repubblica Federale Tedesca, Belfagor, 6, 1969, pp. 633- 652; L. FRASCONI, Il marxismo della teoria critica, in Utopia, 10, 1972, pp. 31-35; G. MARRAMAO, Intro- duzione alla raccolta di scritti di F. POLLOCK, Teoria e prassi delleconomia di piano, Bari, De Donato, 1973.
50 M. VACATELLO, Th. W. Adorno: il rinvio della prassi, Firenze, La Nuova Italia, 1972, p. 2.
51 Non possiamo purtroppo soffermarci in dettaglio su questa fase della recezione. Segnaliamo tuttavia le pubblicazioni principali: S. MORAVIA, Adorno e la teoria critica della societ (con antologia), Firenze, San- soni, 1974; R. BODEI, Adorno e la dialettica, in Rivista critica di storia della filosofia, IV, 1975, pp. 432- 457; G. GALEAZZI, La Scuola di Francoforte, Roma, Citt Nuova, 1975; L. GENINAZZI, Horkheimer & C. Gli intellettuali disorganici: le origini della Scuola di Francoforte, Milano, Jaca Book, 1977; E. RUTIGLIANO, Teoria o critica. Saggio sul marxismo di Adorno, Bari, Dedalo, 1977; R. NEBULONI, Dialettica e storia in Th. Adorno, Milano, Vita e Pensiero, Milano, 1978; M. PROTTI, Homo Theoreticus. Saggio su Adorno, Milano, Angeli, 1978; E. RUTIGLIANO (a cura di), Temi del pensiero critico-negativo. Atti del convegno Il Pensiero critico-negativo e la cultura italiana, Trento, Pubblicazioni della Facolt di Sociologia, 1978; R. GENOVESE, Dellideologia inconsapevole. Studio attraverso Schopenhauer, Nietzsche, Adorno, Napoli, Liguori, 1979; C. PETTAZZI, Th. Wiesengrund Adorno. Linee di origine e di sviluppo del pensiero (1903-1949), Firenze, La Nuova Italia, 1979; nonch la pregevole Introduzione di L. CEPPA alla nuova edizione italiana (finalmente integrale) dei Minima moralia, Torino, Einaudi, 1979; A. PONSETTO, Max Horkheimer: dalla distruzione del mito al mito della distruzione, Bologna, Il Mulino, 1981.
52 Su ci, si veda in particolare il gi cit. volume collettaneo a cura di A.G. GARGANI, Crisi della ragione.
53 Orientamento filosofico sviluppatosi in Italia a partire dai primi anni 80 e caratterizzato dallelaborazione in chiave post-metafisica e antifondazionale dellermeneutica di Nietzsche e Heidegger. Manifesto del movimento pu considerarsi il volume collettaneo a cura di G. VATTIMO e P. A. ROVATTI, Il pensiero debole, Milano, Feltrinelli, 1983 (contributi di F. Crespi, A. Dal Lago, U. Eco, D. Marconi e altri); ma si veda anche il successivo P.A. ROVATTI-A. DAL LAGO, Elogio del pudore. Per un pensiero debole, Mi- lano, Feltrinelli, 1989. Sul panorama filosofico italiano fino alla met degli anni 80 si veda C.A. VIANO, Va pensiero. Il carattere della filosofia italiana contemporanea, Torino, Einaudi, 1985 (fortemente polemico nei confronti del pensiero debole). Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 10 allesaurimento del paradigma della filosofia della coscienza. Lautocritica dellAufklrung fallisce questa, in sintesi, la tesi habermasiana perch Horkheimer e Adorno rimangono prigionieri della falsa alternativa coscienzialista tra una ragione og- gettiva bandita dalla storia e una ragione soggettiva storicamente trionfante ma inca- pace di conciliazione 54 . Nel successivo Die Verschlingung von Mythos und Aufklrung, Habermas confermava la propria diagnosi, ma con particolare riferimento alla Dialettica dellilluminismo. Allorigine della duplice insufficienza della Dialektik (la quale, se da un lato offre unimmagine sorprendentemente livellata della modernit, dallaltro mette capo a una sorta di critica totale della ragione che, come la genealogia nietzschiana, corrode le sue stesse condizioni di possibilit) sta una concezione della razionalit tutta schiac- ciata sulla dimensione soggettivo-strumentale. Solo un pi ampio concetto di ragione la scoperta, nelle strutture della comunicazione, di una forma di razionalit distinta e prioritaria rispetto alla Zweckrationalitt avrebbe consentito di apprezzare il potenziale emancipativo veicolato dalla modernit culturale 55 e, quindi, di assumerlo come base su cui innestare lesercizio critico. Sfortunatamente conclude Habermas Horkheimer e Adorno non intrapresero mai quellopera di revisione concettuale che sarebbe stata ne- cessaria al fine di riguadagnare, con la prospettiva di una critica immanente delluniverso moderno, anche una solida base normativa per la teoria 56 . La lettura habermasiana ha esercitato uninfluenza crescente sulla discussione italia- na degli ultimi anni. Da essa vorremmo partire per stilare una mappa (quantunque prov- visoria) delle posizioni in campo. Per ragioni di spazio, privilegeremo quei contributi nei quali la denuncia anche severa dei limiti dellesperienza francofortese (Habermas inclu- so) resta tuttavia funzionale a una prosecuzione della teoria critica... con altri mezzi 57 .
54 Cfr. J. HABERMAS, Theorie des kommunikativen Handelns, 2 Bnde, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1981, tr. it. di P. Rinaudo, Teoria dellagire comunicativo, 2 voll., introd. di G.E. Rusconi, Bologna, Il Mulino, 1986, vol. I, pp. 488-529).
55 Potenziale rappresentato, secondo Habermas, dalla differenziazione delle sfere di valore e dalla conse- guente razionalizzazione del mondo della vita, entro il quale processi dintesa su pretese di validit rimpiaz- zano i tradizionali vincoli autoritativi nel ruolo di media per il coordinamento sociale delle azioni. Espressio- ne storico-tangibile di questo processo sono, per Habermas: a) lautoriflessione delle scienze che le spinge continuamente al di l della semplice razionalit strumentale; b) il carattere universalistico del diritto e della morale, incarnato (sia pure imperfettamente) nelle istituzioni degli Stati costituzionali; c) lesperienza estetica di una soggettivit sottratta ai vincoli dellattivit utilitaria e della percezione quotidiana (cfr. J. Habermas, Die Verschlingung von Mythos und Aufklrung, in K.H. BOHRER (hrsg.), Mythos und Moderne, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1983; rist. in J. HABERMAS, Der philosophische Diskurs der Moderne. Zwlf Vorlesungen, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1985 (trad. it. di E. e E. Agazzi, Lintrico di mito e illuminismo: Horkheimer e Adorno, in ID., Il discorso filosofico della modernit. Dodici lezioni, Roma-Bari, Laterza, 1987, p. 116-118 ).
56 Cfr. ivi, p. 133.
57 Non a caso, gli autori di cui ci occuperemo sono tutti membri del Seminario permanente di teoria criti- ca (fondato nel 1990), il principale gruppo italiano di ricerca sulle tematiche della Scuola di Francoforte, le cui pubblicazioni sono annualmente ospitate sulla rivista Fenomenologia e societ. Tra gli scritti di altri studiosi appartenenti al Seminario, segnaliamo: A. BELLAN, Il linguaggio e il negativo. Sull'elemento lin- guistico nel pensiero di Adorno, in Fenomenologia e societ, 1/2, 1996, pp. 192-209; M. BIANCHIN, Ragio- ne e linguaggio. Ermeneutica, epistemologia e teoria critica in J. Habermas, Milano, Guerini e Associati, 1995; L. CEPPA, Pluralismo etico e universalismo morale in Jrgen Habermas, in Teoria politica, 2, 1997, pp. 97-111; G.B. CLEMENTE, Universalismo e svolta linguistica nel pensiero di K.-O. Apel, in Fenomenolo- gia e societ, 2, 1999, di prossima pubblicazione; L. CORTELLA, Dopo il sapere assoluto. L'eredit hegelia- na nell'epoca post-metafisica, Milano, Guerini e Associati, 1995; ID., La teoria critica dalla dialettica alla dialogica, in Fenomenologia e societ, 1-2, 1996, pp. 210-230; P. COSTA, Che cosa significa teoria criti- ca?, in Fenomenologia e societ, 2, 1994, pp. 78-116; E. DONAGGIO, Unilluminante incoerenza: Jrgen Habermas legge Max Weber, in Fenomenologia e societ, 2, 1994, pp. 86-116; U. FADINI, Verso un'antro- pologia dell'artificiale, Milano, Mimesis, 1999; R. GIOVAGNOLI, Jrgen Habermas: il concetto di trascen- denza nella teoria dellagire comunicativo, in Per la filosofia, 38, 1996, pp. 58-69; W. PRIVITERA, Il luogo della critica. Per leggere Habermas, Messina, Rubbettino, 1996; M. ROSATI, Consenso e razionalit. Rifles- Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 11 Al problema dei fondamenti normativi dedicato il saggio di Virginio Marzocchi, Criti- cit e/o fondazione filosofica? Dalla critica della ragione strumentale (Horkheimer e A- dorno) alla giustificazione della razionalit comunicativa (Habermas, Apel e oltre). A di- spetto dellambiguo rapporto che la teoria critica ha sempre intrattenuto con il pro- blema filosofico della giustificazione scrive Marzocchi , essa non pu fare a meno di interrogarsi sulle sue condizioni di validit discorsiva 58 . In questottica, laccusa rivolta da Habermas allimpianto della Dialektik (il fatto, cio, di assumere, quale residuo nor- mativo, unidea di ragione avvertita al contempo come superata e quindi incapace di venir giustificata sul suo stesso terreno) deve giudicarsi fondamentalmente corret- ta 59 . Invero, gi nel suo nucleo originario (fomulato, com noto, da Horkheimer nelleditoriale del 37) 60 , la teoria critica appare viziata da una sorta di acriticit, essen- do questultima da imputarsi alla natura stessa del metodo impiegato: quella critica dellideologia che, abbassando le teorie alternative a produzioni ideologiche, espres- sione di nessi esternamente indotti [...], non avverte pi il bisogno di dar conto di s, della legittimit argomentabile della propria posizione 61 . A maggior ragione, dunque, va accolta con favore la svolta operata, nellambito della tradizione francofortese, dallo stesso Habermas. Il mutamento di paradigma nel senso della teoria della comunica- zione 62 , se da un lato consente di determinare il punto di vista assunto dal teorico, s da renderlo a sua volta oggetto di possibile discussione, dallaltro ncora limpresa critica ai principi di una razionalit (la ragione comunicativa, appunto) la quale, proprio in quanto esprime il contenuto positivo della razionalizzazione moderna, permette anche di indivi- duarne le patologiche unilateralit e di prospettare unazione correttiva 63 . V tuttavia, nella riforma habermasiana, un momento di cattiva continuit con i primi francofortesi 64 . Pur avvertendo la necessit di accertare teoricamente i principi del- la sua teoria della razionalit, Habermas rifiuta il ricorso alla fondazione filosofico- trascendentale, per ripiegare piuttosto su una strategia di convalida empirico- ricostruttiva 65 . Senonch nota Marzocchi il mantenimento di una simile pregiudiziale antifilosofica ripropone daccapo il problema della criticit della teoria. Impegnato a rin- venire le basi normative della teoria critica nelleticit del mondo della vita, Habermas infatti costretto, da un lato, ad operare una forte idealizzazione della realt sociale, dallaltro (e soprattutto), a ridurre la critica, da istanza di possibile [...] trasformazione
sioni sualla teoria dellagire comunicativo, Roma, Armando, 1994; C. SANDRELLI, Jrgen Habermas e Karl- Otto Apel sui fondamenti normativi della teoria critica, in U. CURI (a cura di), I limiti della politica, Milano, Franco Angeli, 1991, pp. 154-179; A. SARTORI, Linguaggio e antropologia. Habermas e Gehlen: un confron- to critico, in Fenomenologia e societ, 3, 1996, pp. 89-105; I. TESTA, Scetticismo, mondo, autoriflessione. Il superamento della scepsi moderna del mondo esterno tra Moore, Wittgenstein, Austin e Apel (passando per Hegel), in Fenomenologia e Societ, 3, 1997, pp. 94-121.
58 V. MARZOCCHI, Criticit e/o fondazione filosofica? Dalla critica della ragione strumentale (Horkheimer e Adorno) alla giustificazione della razionalit comunicativa (Habermas, Apel e oltre), in Fenomenologia e societ, 2, 1994, p. 120.
59 Ivi, p. 119-120.
60 M. HORKHEIMER, Traditionelle und kritische Theorie, in Zeitschrift fr Sozialforschung, 1937; rist. in ID., Kritische Theorie. Eine Dokumentation, 2 Bnde, Frankfurt a.M., Fischer, 1968 (trad. it. di G. Backhaus, Teoria tradizionale e teoria critica, in M. HORKHEIMER, Teoria Critica, 2 voll., Torino, Einaudi, 1974, vol. 2, pp. 135-195.
61 V. MARZOCCHI, Criticit e/o fondazione filosofica?, cit., pp. 125-126.
62 Cfr. J. HABERMAS, Theorie des kommunikativen Handelns, cit., vol. 1, pp. 517-18.
63 V. MARZOCCHI, Criticit e/o fondazione filosofica?, cit., 131.
64 Ivi, p. 120.
65 In quanto ricostruzione razionale ed ipotetica delle regole che costituiscono il sapere implicito di fatto posseduto dai parlanti, la teoria della razionalit comunicativa resta soggetta secondo Habermas alla cor- roborazione/falsificazione empirica. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 12 dellesistente, [...] a monito per la salvaguardia o al massimo per la pi piena realizzazio- ne di quanto gi si d 66 . La conclusione da trarne secondo Marzocchi che solo il trasferimento della fondazione sul piano filosofico-trascendentale pu sollevare la teoria oltre la soglia della contingenza, restituendole con ci il suo potenziale critico- emancipativo. Nella misura in cui sviluppa segnatamente questultimo programma, la ri- flessione di Karl-Otto Apel pu venir considerata una proficua integrazione del progetto habermasiano 67 . Alla medesima esigenza ricostruttiva ispirato larticolo di Stefano Petrucciani Teoria critica tra Adorno e Habermas: continuit e fratture. Bench rappresenti il principale mo- tivo di continuit programmatica allinterno della tradizione francofortese scrive Petruc- ciani , la questione della criticit della teoria critica andata soggetta a numerose ri- formulazioni; da essa bisogna dunque prender le mosse per gettare le basi di una storia filosofica della Scuola 68 . La prima formulazione risale agli anni 30: unautocritica della ragione possibile cos Horkheimer, secondo Petrucciani , perch linteresse al su- peramento dellingiustizia sociale [...] un interesse della ragione stessa; questultima, infatti, incorpora istanze (autonomia e universalit) che non si possono, senza negarle, confinare al solo ambito del discorso teoretico, ma devono valere per la forma di vita umana in generale 69 . Questo programma trova il suo compimento nella Dialektik der Aufklrung, il cui obiettivo consiste appunto nel mostrare come lemancipazione dalla soggezione alla natura, che il telos dellilluminismo, richieda al tempo stesso lemancipazione dalle forme [...] del dominio sociale 70 . Sbaglia, perci, Habermas quando attribuisce a Horkheimer e Adorno una completa identificazione di ragione e dominio. Al contrario: nellopera del 47, la ragione appare bens inestricabilmente lega-
66 Ivi, p. 136.
67 Ibidem. Di Apel si vedano soprattutto i tre tentativi di pensare con Habermas contro Habermas: K-O. APEL, Normative Begrndung der Kritischen Theorie durch Rekurs auf lebensweltliche Sittlichkeit? Ein transzendentalpragmatisch orientierter Versuch mit Habermas gegen Habermas zu denken, in A. HONNETH, T. MCCARTHY, C. OFFE, A. WELLMER (hrsg.), Zwischenbetrachtungen Im Proze der Aufklrung. Jrgen Habermas zum 60. Geburstag, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1989, pp. 15-65; ID., Das Problem des offen stra- tegischen Sprachgebrauchs in transzendentalpragmatischer Sicht. Ein zweiter Versuch mit Habermas gegen Habermas zu denken, in H. BURCKHART (hrsg.), Diskurs ber Sprache, Wrzburg, Knigshausen&Neumann, 1994, pp. 31-52; ID., Auflsung der Diskursethik? Zur Architektonik der Diskursdifferenzierung in Haber- mas Faktizitt und Geltung. Dritter, transzendentalpragmatisch orientierter Versuch mit Habermas gegen Habermas zu denken, in K-O. APEL, Auseinandersetzungen. In Erprobung des transzendentalpragmatischen Ansatzes, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1998, pp. 727-837, volume che vede ristampati anche i primi due Versu- chen, rispett. alle pp. 649-699 e 701-725 (la trad. it. dei tre contributi contenuta nella raccolta K.-O. Apel, Discorso, verit, responsabilit. Le ragioni della fondazione: con Habermas contro Habermas, introd. di V. Marzocchi, Milano, Guerini e Associati, 1997, rispett. pp. 189-235, 237-260 e 261-368). Allopera di Habermas e Apel, Marzocchi ha dedicato, a partire dallinizio degli anni 80, una lunga serie di scritti, tra i quali ricordiamo: V. MARZOCCHI, Razionalit comunicativa e dialettica della razionalizzazione: a proposito dellultima opera di J. Habermas [su Theorie des kommunikativen Handelns], Fenomenologia e societ, 21, 1983, pp. 70-85; ID., Letica dellargomentazione di K.-O. Apel: una presentazione e alcune cri- tiche, Fenomenologia e societ, 1, 1994, pp. 101-132; ID., possibile decidere argomentativamente il lin- guaggio in cui argomentiamo? La svolta linguistica di K.-O. Apel, Iride, 14, 1995, pp. 28-45; ID., Haber- mas: tradimento o trasformazione della Teoria critica? [difesa dufficio della svolta habermasiana dalle ac- cuse dal neoadorniano Ch. Trke], in Almanacchi nuovi, 1, 1996, pp. 138-143; ID., La ragion pratica co- municativa di J. Habermas: morale, eticit, diritto e democrazia, in La Cultura, 2, 1996, pp. 255-288; ID. Per una lettura critica di Fatti e norme [su Faktizitt und Geltung di Habermas], in AA.VV., La democrazia discorsiva di J. Habermas. Studi su Fatti e norme, Roma, Carocci, 1999, di prossima pubblicazione.
68 S. PETRUCCIANI, Teoria critica tra Adorno e Habermas: continuit e fratture, in ID., Marx al tramonto del secolo, cit., p. 69.
69 Ivi, p. 72.
70 Ivi, p. 75. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 13 ta al dominio, ma, daltra parte, ne esprime anche la critica 71 ed proprio in questa fessura che pu insinuarsi il grimaldello della teoria. Niente irrazionalismo, dunque, nella Dialektik; ma solo illuminismo pienamente autocosciente 72 . E tuttavia continua Petrucciani su un punto si deve dar ragione ad Habermas: nel corso della loro elaborazione, Horkheimer e Adorno non riuscirono mai ad approntare le risorse concettuali necessarie ad escludere in linea di principio la possibilit di un perver- timento del logos in puro dominio. Da buoni marxisti, essi guardarono sempre con rilut- tanza allidea che vi fosse qualcosa come un potenziale emancipativo iscritto nella struttura trascendentale della ragione; ma in tal modo furono pure costretti ad ammette- re leventualit che, in determinate circostanze storiche, questo potenziale venisse defini- tivamente oscurato 73 . La percezione che ci stesse accadendo nel presente spiega, almeno in parte, gli esiti radicalmente pessimistici del pensiero tardo dei maestri franco- fortesi. Diverso il discorso per quel che riguarda la revisione habermasiana della teoria cri- tica. Avvalendosi di uno strumentario concettuale in gran parte mutuato dal linguistic turn, Habermas riesce proprio laddove Horkheimer e Adorno avevano fallito: nellobiettivo, cio, di dimostrare la fondamentale irriducibilit della ragione (qua razionali- t comunicativa) a mero strumento di manipolazione 74 . Ci che in Habermas resta in- soddisfacente invece anche secondo Petrucciani lautocomprensione della teoria [...] in termini scientifici e fallibilistici 75 ; rispetto alla quale, la refilosofizzazione apeliana della teoria critica, che, come tale, segna piuttosto una fuoriscita dalla tradizionale impo- stazione francofortese, costituisce tuttavia un valido correttivo 76 . Di segno opposto la rilettura della Dialettica dellilluminismo offerta da Rino Ge- novese. Come Petrucciani, anche Genovese considera ingiustificata laccusa lanciata da Habermas secondo cui limpianto della Dialektik testimonierebbe di uno sfrenato scetticismo della ragione 77 ; ma, a differenza di Petrucciani, egli ritiene che proprio nellattitudine strenuamente antiscettica di Horkheimer e Adorno sia da vedersi il princi- pale difetto dellapproccio francofortese. La radice dellacriticit della teoria critica non ri- siede per Genovese nellincertezza delle sue basi normative, quanto piuttosto nella sua incapacit di spingere oltre lestremo limite lautoriflessione dellAufklrung; fino al punto, cio, in cui si indotti a riconoscere, con Nietzsche, che la prospettiva della criti- ca dell'ideologia [...] solo una prospettiva tra le altre 78 . Ma se il prospettivismo resta fuori dalla Dialektik, un ruolo di rilievo vi svolge invece laltro filo conduttore del pensiero nietzschiano: la critica del soggetto 79 . La stessa tesi
71 Ivi, p. 79.
72 Ivi, p. 76.
73 Ivi, p. 80-81.
74 Cfr. ivi, p. 83 e ss.
75 Ivi, p. 88.
76 Cfr. Ivi, p. 90-91: Apel in certo modo compie il percorso della teoria critica in quanto attinge al saldo fondamento della criticit, ma in questo stesso atto fuoriesce dalla teoria critica come nel tempo si delineata, poich ne abbandona quello che storicamente ne era un aspetto costitutivo, e cio lintegrazione di filosofia e teoria della societ senza una radicale differenza di statuto teorico. Sul pensiero di Apel e Habermas si ve- dano anche: S. PETRUCCIANI, Etica dellargomentazione. Ragione, scienza e prassi nel pensiero di K.-O. A- pel, Marietti, Genova, 1988; ID., Largomentazione confutativa in prospettiva trascendentalpragmatica [sulla figura apeliana della Letztbegrndung], La Cultura, 3, 1994, pp. 447-475; ID., Introduzione a Habermas, Roma-Bari, Laterza, 1999, in corso di stampa.
77 J. HABERMAS, Die Verschlingung von Mythos und Aufklrung, cit., trad. it. p. 133.
78 R. GENOVESE, Soggetto e mito. Per una rilettura della Dialettica dellilluminismo, in aut aut, 243-244, 1991, pp. 43.
79 Ivi, p. 47-48. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 14 di fondo esposta nel libro il mito gi illuminismo, e lilluminismo torna a rovesciarsi in mitologia 80 si lascia leggere come una critica al processo di costituzione della sogget- tivit mediato dalla ratio. Prodotto dellinteriorizzazione delle strutture del dominio sociale che sono anche le strutture del dominio sulla natura il Soggetto finisce inevitabilme- nente per rifletterle dentro di s, sotto forma di repressione pulsionale; laddove il caratte- re mitico dellintero processo consiste appunto nel fatto che lindividuazione del singolo riesce soltanto al prezzo della sua identificazione con luniversalit del dominio 81 . Le potenzialit implicite in questa forma di scetticismo radicalizzato, che si rivolge di- rettamente allagente del dubbio, restano tuttavia inespresse secondo Genovese a causa del perdurante fardello dialettico che grava sul pensiero di Horkheimer e A- dorno 82 . Ad apparire fuorviante, da questo punto di vista, soprattutto il presupposto sociologico della loro analisi: la nozione weberiana di disincantamento 83 . Solo se si ri- tiene che il mondo intero sia stato attraversato da un processo di disincantamento an- timitico, si pu lamentare il rovesciamento dialettico dellAufklrung in un nuovo incan- tesimo mitico 84 . Ma ci non toglie limplausibilit della premessa. Uno sguardo sociolo- gicamente pi accorto rivela che il disincantamento stato in realt un fenomeno assai circoscritto, limitato ad alcune zone [...] della societ occidentale; e che lilluminismo, lungi dal determinare la scomparsa del mito, ha dovuto piuttosto sulle isole Trobriand cos come nella prossimit imbarazzante dei nostri domestici altrove venire a patti con esso 85 . Sbaglierebbe, tuttavia, chi scorgesse in tale commistione la riprova dellavvenuto tradimento dellAufklrung: non solo perch, come insieme di credenze che si trova a fronteggiare altri insiemi, lilluminismo non pu [non ha mai potuto] far scomparire il mito; ma anche perch, pi profondamente, lilluminismo, come spirito critico radicale, ha bisogno della chiusura mitica onde evitare di autodissolversi 86 . In qualche modo intermedia tra questi due estremi la posizione di Alessandro Fer- rara, con la quale vorremmo concludere la nostra rassegna. Per Ferrara, la revisione della teoria critica non pu consistere, oggi, in una riabilitazione della filosofia trascen- dentale divenuta obsoleta dopo il linguistic turn; n tanto meno in una resa incondizio- nata al relativismo scettico, che fa terra bruciata di ogni istanza di validit; quanto piutto- sto nel recupero dellideale (gi rousseauviano) dellautenticit come identit autocon- gruente 87 : lunico criterio normativo in grado di sopravvivere alla pluralizzazione dei lin-
80 M. HORKHEIMER-TH. ADORNO, Dialektik der Aufklrung, cit., p. 8.
81 Cfr. R. GENOVESE, Soggetto e mito, cit., p. 49.
82 Ivi, p. 48 e 55.
83 Ivi, p. 50.
84 Ibidem.
85 Ivi, p. 50-51.
86 Ivi, p. 52-53: Tra lilluminismo e il mito si realizza cos un accoppiamento strutturale, unalleanza sim- biotica: il mito conferisce allilluminismo la chiusura dei possibili di cui lilluminismo [...] di per s non sa- rebbe capace [...]; lilluminismo d al mito la capacit autoriflessiva, cio la capacit di poter vedere qualsiasi chiusura da una prospettiva esterna [...] riaprendo cos il gioco delle possibilit. Genovese ha poi sviluppato una sua originale versione della teoria critica come impegno scettico in La trib occidentale. Per una nuo- va teoria critica, Torino, Boringhieri, 1995. Dello stesso autore si vedano anche: R. GENOVESE (a cura di), Modi di attribuzione, Napoli, Liguori, 1989 e ID., Figure del paradosso, Napoli, Liguori, 1992; e i due recenti saggi: La questione del mito, in Iride, 18, 1996, pg. 404-413; e Rileggendo la Dialettica dellilluminismo. Intersoggettivit, teoria della conoscenza e sindrome antisemita, in Nuova corrente, 121-122, 1998, pp. 189-206.
87 A. FERRARA, Che cosa significa non avere altra legge se non la propria regola individuale, in Fe- nomenologia e societ, 1, 1995, p. 5; per una discussione, si vedano V. MARZOCCHI, Etica dellautenticit o autentica complessit del discorso pratico? e S. PETRUCCIANI, Discorso morale, autenticit, universalismo, contenuti nello stesso fascicolo rispett. alle pp. 13-27 e 28-38; per un replica, A. FERRARA, Contrappunti e intersezioni sul tema dellautenticit. Una risposta ad alcune critiche, pp. 63-81. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 15 guaggi e delle forme di vita. Di qui occorre prender le mosse secondo Ferrara per ricostruire in chiave universalistica e postmetafisica quelle nozioni di verit, giustizia e legittimit, alle quali una teoria che si voglia critica non pu permettersi di rinunciare 88 . Nellimpossibilit di riassumere in poche righe gli sviluppi di questo programma 89 , vor- remmo tuttavia soffermarci sul rapporto sui generis che la prospettiva dellautenticit in- trattiene con la tradizione della teoria critica. A tal fine, ci avvarremo del recente confron- to a distanza che ha visto protagonisti lo stesso Ferrara e colui che da pi parti consi- derato il maggiore esponente della terza generazione della Scuola di Francoforte: Axel Honneth 90 . La tesi di Honneth che la teoria critica si trova oggi di fronte a un bivio: la prima strada (gi imboccata dalla gran parte dei discepoli non-francofortesi, soprattutto anglo- sassoni, di Habermas) conduce nel senso di una sua progressiva assimilazione al mainstream della filosofia politica contemporanea; bench forse inevitabile o addirittura fruttuosa, una simile opzione (ribattezzata rawlsianismo di sinistra) segnerebbe la fine della tradizione della teoria critica. La seconda strada, battuta da Honneth, quella della filosofia sociale; di una teoria, cio, che fedele, in questo, alleredit di Horkheimer e Adorno non si limita a descrivere/denunciare lingiustizia, ma si propone di fornire una diagnosi filosoficamente informata delle patologie tipiche della societ e della cultura tardo-capitalistiche. Comunque vadano le cose, chiaro conclude Honneth che le due strade si escludono vicendevolmente 91 . Nella sua replica, Ferrara contesta proprio questultima affermazione: filosofia socia- le e rawlsianismo di sinistra non rappresentano due opzioni alternative, ch anzi luna costituisce lo sfondo sui cui laltro spicca come formulazione specifica della me-
88 Ivi, p. 6.
89 Scaturita da un confronto costante e duraturo col pensiero di J. Habermas (di cui Ferrara assume sostanzialmente il quadro problematico, salvo poi elaborarlo in senso originale), la teoria della validit come autenticit pu essere ripercorsa, dalla sua genesi alla sua attuale, compiuta formulazione, attraverso i seguenti scritti: A. FERRARA, Modernit e autenticit. Saggio sul pensiero sociale ed etico di Jean Jacques Rousseau, Roma, Armando, 1989 (ed. ingl. riveduta e ampliata Modernity and Authenticity. A Study of the Social and Ethical Thought of Jean Jacques Rousseau, New York, SUNY Press, 1993); ID., A Critique of Habermass Consensus Theory of Truth, in Philosophy and Social Criticism, 1, 1987, pp. 39-67; ID., Modernit e razionalit nel pensiero dell'ultimo Habermas, in Fenomenologia e societ, 1, 1989, pp. 9-37; ID., Universalisms: Procedural, Contextualist and Prudential (nuova ed. dellorig. 88) in D. RASMUSSEN (ed.), Universalism vs. Communitarianism. Contemporary Debates in Ethics, Boston, MIT Press, 1990, pp. 11-37; ID., A Critique of Habermass Diskursethik [nuova ed. dellorig. 85], in T. MARANHAO (ed.), The Interpretation of Dialogue, Chicago, University of Chicago Press, 1990, pp. 303-37; ID., Intendersi a Babele. Autenticit, phronesis e progetto della modernit, Messina, Rubbettino, 1994; ID., Reflective Authenticity. Rethinking the Project of Modernity, London-New York, Routledge, 1998 (trad. it. dellautore, Autenticit riflessiva. Il progetto della modernit dopo la svolta linguistica, Milano, Feltrinelli, 1999); ID., Justice and Judgment. The Rise and the Prospect of the Judgment Model in Contemporary Political Philosophy, London, Sage, 1999, in corso di stampa.
90 Su ci, si veda C. CAIANO, La terza fase della Scuola di Francoforte, in Rivista di filosofia, 3, 1997, pp. 483-487.
91 Cfr. A. HONNETH, Philosophy in Germany, intervista a cura di S. Critchley, in Radical Philosophy, 89, 1998, pp. 35-39. Dello stesso autore si vedano in particolare A. HONNETH, Die zerrissene Welt des Sozialen, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1992; ID., Desintegration. Bruchstcke einer soziologischen Zeitdiagnose, Fran- kfurt a.M., Fischer, 1994; ID., Tradition und Aktualitt der Sozialphilosophie, A. HONNETH (hrsg.), Patholo- gien des Sozialen. Die Aufgabe der Sozialphilosophie, Frankfurt a.M., Fischer, 1994 (trad. it. di A. Borsari Patologie del sociale. Tradizione e attualit della filosofia sociale, in Iride, 18, 1996, pp. 295-338); e ID., La Dialettica dellilluminismo nellottica dei dibattiti attuali sulla critica sociale, in Paradigmi, 48, 1998, pp. 501-514; su Honneth si veda C. SANDRELLI, A. Honneth: critica del potere e lotta per il riconoscimento, in Cenobio, 2, 1994, pp. 165-173. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 16 desima tesi generale 92 . Ma, al di l di ci, larticolazione stessa del discorso di Hon- neth a suscitare perplessit. Da un lato, egli riduce sotto letichetta del rawlsianismo un fenomeno ben pi ampio: il fatto, cio, che, in anni recenti, la filosofia politica venu- ta assumendo la posizione cruciale che lepistemologia e la filosofia della scienza occu- pavano negli anni Sessanta 93 . Da questo punto di vista, rawlsianismo di sinistra soltanto la componente della teoria critica che si dimostrata pi recettiva alle ragioni che hanno determinato tale dislocazione: su tutte, la crisi dei fondamenti, che ha traspor- tato, per cos dire, sul piano (lato sensu) politico il problema della legittimazione del sape- re 94 . Daltra parte, riallacciandosi al paradigma della filosofia sociale, Honneth sottova- luta la frattura intercorsa tra la prima e la terza generazione dei teorici critici: la svolta lin- guistica. Se i maestri francofortesi poterono interpretare la loro impresa nel senso che Honneth attribuisce allespressione Sozialphilosophie, ci accadde soltanto perch essi non erano tenuti a prendere sul serio [quello stesso] fatto del pluralismo che noi consi- deriamo inaggirabile 95 . Solo se ritiene che vi sia una e ununica forma di vita vera (ri- chtiges Leben) si pu pretendere di parlare come fa Adorno nei Minima Moralia in nome della vita offesa. Laddove, al contrario, si sia convinti come noi siamo che la vita si d solo al plurale, si dovr pure riconoscere che la questione se e quale vita sia stata offesa o debba considerarsi falsa pu essere sciolta soltanto attraverso un processo di deliberazione democratica 96 . In questottica, la metafora honnethiana delle patologie appare ancora compro- messa con una sorta di realismo pre-postmetafisico. Il problema della filosofia socia- le non tanto che essa tende a congelare la nostra visione della societ nei due re- gni della normalit e della patologia; quanto piuttosto la sua pretesa che, se qualcosa patologico, lo a prescindere da qualsiasi interpretazione 97 . La soluzione consisterebbe nel concepire il filosofo sociale non gi come un patologo, ma come un critico darte; come qualcuno, cio, che, in virt della sua superiore sensibilit estetica, sia capace di far notare al pubblico ci che nellopera nella forma di vita appare ben riuscito (au- tentico) e ci che invece sembra fuori posto (inautentico o incongruente) 98 . E se ci comportasse pure un ridimensionamento dellopposizione tra rawlsianismo e filosofia sociale, tanto meglio; poich solo se questi due momenti restano complementari v una possibilit [...] che la teoria critica torni ad essere qualcosa di pi di un semplice no- me proprio riferito a un certo gruppo di intellettuali e ai loro legittimi successori accade- mici 99 .
92 A. FERRARA, Left Rawlsianism and Social Philosophy: A Response to Philosophy in Germany, in Ra- dical Philosophy, 91, 1998, p. 32.
93 Ibidem.
94 Ibidem.
95 Perci, nota Ferrara, la conclusione cui Honneth perviene nella sua intervista con Critchley che, cio, la filosofia una componente essenziale della riflessione democratica dovrebbe essere piuttosto il punto di partenza di una discussione sul futuro della teoria critica.
96 A. FERRARA, Left Rawlsianism and Social Philosophy: A Response to Philosophy in Germany, cit., p. 33.
97 Ibidem.
98 Ibidem.
99 Ivi, p. 34. Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999) 17
Giovanni Battista Clemente, La Scuola di Francoforte in Italia (1954-1999), in La Cration sociale, 1999, di prossima pubblicazione.
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