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IL PATTO COL LETTORE (ROUSSEAU)

Nel 1782 La Harpe, corrispondente letterario del granduca Paolo di Russia (il futuro Paolo I), gli annuncia una importante novita, del resto attesa con curiosit generale da molti anni: "La premiere partie des Confessions de Rousseau a paru". E un "singulier livre", opera di un "singulier auteur", comincia subito a dire La Harpe con intenzione che s'indovina non benevola, e pud dar luogo "a bien des observations" sulTuomo che ha potuto scriverlo e sul suo secolo; di questa serie di osservazioni, le prime riguardano il racconto che Rousseau aveva fatto della propria infanzia: Les dtails de son enfance n'ont rien de remarquable que la srieuse attention quun homme de soixante ans a pu mettre a rappeler ce qu'il a fait depuis six jusqua douze, comme l'histoire rappelle quelquesuns de ces traits particuliers qui ont marque le commencement des grands hommes. [...] il est impossible de n'en pas conclure qu'il y avait un coin de petitesse bien marque dans un esprit qui s'occupe gravement du souvenir de ces niaiseries puriles, et qui crot que le lecteur doit en tre le confident l. Volterriano e philosophe per lungo tempo ancora dopo questa data, La Harpe s'incontra tuttavia sul terreno del gusto con la cattolica "Annee litteraire", che sembra quasi fargli eco manifestando le medesime indignate riserve:
Correspondance litteraire, adressee a Son Altesse Imperiale M.gr le GrandDue, aujourd'hui Empereur de Russie depuis 1774 jusqu'a 1789, par JeanFrangois Laharpe, Paris, An DC (1801), t. HI, pp. 372-373.
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Infanzia, memoria e storia da Rousseau ai Romantici Rousseau ne fait grace au Lecteur d'aucune des niaiseries de son enfance... [...]. Si pour egayer sa vieillesse, /. /. avoit besoin de se rappeller le souvenir de ses premieres annees; ne pouvoit-il pas se procurer cette satisfaction, sans importuner les Lecteurs de bagatelles qui n'ont pour eux aucun interet? [...] et ou en serions-nous, si chacun s arrogeoit le droit d'ecrire et de faire imprimer tous les faits qui lmteressent personnellement, et qu'il aime a se rappeller; ses plaisirs, ses chagrins, ses bonnes fortunes, ses maladies, etc. 2.

II patto col lettore

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La vita privata degli eroi del carattere e dell'azione pu presentare un legittimo interesse, continua il critico, ma non quella degli uomini di lettere e meno che mai la loro infanzia. Le righe fin qui citate sono tratte da due resoconti in cui il giudizio sulle Confessions e sul loro autore, muovendo da posizioni opposte, e negativo nel suo complesso e non su quel punto solo; ma i due brani convergono in un gusto letterario fondamentalmente conser-vatore, e testimoniano assai bene un particolare tipo di disorienta-mento e di irritazione di fronte alla novit dellopera. Oltre allo scandalo propriamente moralistico per la varia audacia di molte delle cose confessate, oltre alla ripugnanza che poteva suscitare in genere l'esibizione d una impudica sincerit e d'un egocentrismo mai visto, si individua una sorpresa che ha direttamente per ogget-to l'insistenza di Rousseau su ricordi d'infanzia minimi, privi di importanza obiettiva e di significato razionale. Di una simile insi-stenza, del compiacimento che essa denota, non c'era naturalmen-te esempio nella memorialistica del SeiSettecento, guidata per lo pi dal criterio della risonanza ufficiale, o almeno del valore aned-dotico, dei fatti che l'autore narrava essendone stato testimone o partecipe. Ora, quale rilievo degno di narrazione avrebbero mai potuto assumere prima di Rousseau le reminiscenze genuine e spicciole dell'infanzia, l'et per eccellenza privata ed irrazionale? Quando a Sainte-Beuve capit nel 1850 di dedicare un Lundi alle Confessions una settimana dopo quello intitolato Madame de Caylus et de ce qu'on appelle Urbanite, gli si imposero un confronto e un contrasto particolarmente eloquenti, che avrebbe ripresi nel nostro secolo lo storico del preromanticismo francese, Andre Monglond:
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quest'ultimo pu citare dai Souvenirs di Madame de Caylus (scritti intorno al 1728-29, pubblicati da Voltaire nel 1770) un brano in cui per tutta traccia della vita quotidiana infantile si rammenta un ben ordinate susseguirsi di studi, letture, esercizi, onesti trastulli 3. E i rarissimi casi in cui i ricordi di altri autori francesi anteriori a Rousseau appaiono un po' pi concreti o un po' pi commossi, ser-vono al Monglond, le cui pagine sullargomento sono per molti aspetti definitive, quasi da controprova con la loro stessa gracilit ed eccezionalit 4. Sainte-Beuve, notando come il riserbo di Madame de Caylus trascuri ogni oggetto di emozione pi intima, lo riconduceva sagacemente all'educazione ed al gusto di una certa classe sociale: "Ces races aristocratiques et fines, douees dun tact si exquis et d un sentiment de raillerie si vif, ou n'aimaient pas ces i choses si simples, ou n'osaient pas le laisser voir. [...]. II faut etre V bourgeois, et de province, et homme nouveau comme Rousseau, pour se montrer ainsi sujet aux affections du dedans et a la nature" 5 . Le omissioni naturalmente imposte da quella educazione e da quel gusto non fanno pero che rispettare, nel caso particolare, le frontiere della sensibilit di tutta un epoca; e se ad esempio scor-riamo le prime pagine delle rispettive autobiografie di italiani come Vico, Giannone, Goldoni, Genovesi, Gozzi, Da Ponte, non perso-naggi mondani ma uomini di lettere o di studio, troviamo la mede-sima reticenza o sommariet per quanto riguarda l'infanzia: in cia-scuno dei loro libri il breve discorso su di essa si riduce sempre pi , o meno a notizie sugli studi compiuti, o su poche altre cose che, al \ pari degli studi, sono giudicate serie e funzionali come premesse della propria storia. Tutto ci che non pare razionalmente funzio-nale non merita alcun indugio. Si capir dunque come pi d'uno dei primi lettori delle Confessions potesse esser portato a condivi-dere le obiezioni dei recensori tradizionalisti che ho citati; i ricordi puerili di Rousseau non si salvavano neppure rientrando fra quelli che La Harpe chiama traits particuliers qui ont marque le commen-, cement des grands hommes, sia perche gratuiti e non apprezzabili
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Vedi A. Monglond, Le Preromantisme frangais. II. Le Maitre des times sensibles, Grenoble, Arthaud, 1930, p. 297. 4 Ibidem, pp. 299-302. 5 Causeries du Lundi, 1850, t. Ill, p. 83; riportato dal Monglond, Le Preromantisme frangais, pp. 297-298.

L'Annee litteraire, IV (1782), pp. 150-151.

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come indizi di futura grandezza, sia perche in ogni caso Rousseau era solo uno scrittore o un filosofo e non un principe ne un con-dottiero. Ma c'e di peggio: se lo spazio accordato sulla carta a simili ricordi poteva gi apparire ingiustificabile e perci fastidioso, la commozione con cui Rousseau se ne intrattiene doveva sembrare gratuita, per cosi dire, alia seconda potenza: e abbiamo visto infatti che La Harpe non deplora solo che lo scrittore sessantenne rievochi quel che ha fatto fra i sei e i dodici anni, ma anche che ci metta una attenzione "seria"; non solo che se ne occupi, ma che se ne occupi "gravemente". II critico de "L'Annee litteraire", soprattutto, insiste su quella che e per lui una imperdonabile sproporzione fra la "gravity" del tono e 1'indegnit dell'argomento: "Ion est tente derire de la grande importance qu'il attache a ces puerilites, de la gravite et de l'emphase philosophique avec laquelle il les raconte" 6; e in un articolo dellanno successivo: "Quel monstrueux orgueil que celui d un homme qui s 'estime assez lui-meme, et meprise assez le public pour Tentretenir gravement des fadaises de son enfance et des debauches de sa jeunesse!" 7. Moralismo, buon gusto come decenza, e senso della dignita razionale degli argomenti, reagiscono mescolati a tal punto che il terzo motivo di scandalo rischia di rimanere confuso negli altri due: la rimembranza pi incriminata di Rousseau e quella "d avoir une fois pisse dans la marmitte d'une de nos voisines appellee Madame Clot, tandis quelle etoit au preche" 8, oltre naturalmente alla confessione del piacere che gli procurava il castigo infantile ricevuto dalla mano di Mademoiselle Lambercier. Ma se spesso lo scandalo dei tradizionalisti suole rappresentare la migliore spia negativa della reale novita d una apparizione storica, non dobbiamo ingannarci su quale sia la contrapposizione pi rivelatrice che emerge dalle proteste dei due recensori: da una parte details, niaiseries, bagatelles, puerilites, fadaises, dall'altra importanza, seriet, gravita di tono; il rapporto denunciato involontariamente come inaudito ed originale corre quindi tra un argomento e uno stile, tra una futilit presunta a priori e una
L'Annee litteraire, IV (1782), p. 153. L'Annee litteraire, V (1783), p. 99. J.-J. Rousseau, Oeuvres completes. I. Les Confessions. Autres Textes autobiographiques, Paris, Gallimard, 1959, p. 10 (Bibliotheque de la Pleiade).
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incomprensibile commozione. Poich nel primo libro delle Confessions figurano certamente alcune delle pagine piu belle della prosa francese, questa commozione esercita invece oggi, su noi posted di Rousseau e anche di Proust, una presa immediata. Ma fra noi e le pagine di cui parlo si frappongono quasi due secoli di inin-terrotti sviluppi letterari nella direzione allora aperta da Rousseau, che in questo specifico senso aveva forse ragione di considerare il suo libro "une entreprise qui n'eut jamais dexemple", ma molto particolarmente torto nell'aggiungere: "et dont l'execution n'aura point d'imitateur" 9. *** Possiamo cosi distinguere dalla scabrosita di contenuto che caratterizza certe frasi o pagine del primo libro delle Confessions, come dei successivi, due maggiori elementi di sorprendente novita rispetto a tutta la tradizione memorialistica, piu specificamente legati alia rievocazione di una sola eta della vita: la tendenza alia precisione contingente e in apparenza gratuita del ricordo d'infan-zia, e la commozione che insorge nel rievocarlo e si fa oggetto di discorso essa stessa. Due sono i passi che combinano in maniera esemplare e necessaria entrambi questi elementi; il primo lo si pud far cominciare la dove si parla delle lunghe ore contente che Jean-Jacques bambino (al di qua dei dieci anni) trascorreva con la zia paterna, alia quale rivela di essere stato attaccato come avrebbe potuto esserlo alia madre perduta: J'etois toujours avec ma tante, a la voir broder, a l'en-tendre chanter, assis ou debout a cote d elle, et j etois content. Son enjoument, sa douceur, sa figure agreable, m'ont laisse de si fortes impressions, que je vois encore son air, son regard, son attitude; je me souviens de ses petits propos caressans: je dirois comment elle etoit vetue et coeffee, sans oublier les deux crochets que ses cheveux noirs faisoient sur ses tempes, selon la mode de ce tems-la 10.

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Ibidem, p. 5. Ibidem, p. 11.

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Quanti mai non saranno, negli ultimi decenni del Settecento, neU'Otto, nel Novecento, gli autori di memorie e i protagonisti di narrazioni che diranno, di questa o quella esperienza della loro f infanzia, je vois encorel Qui la formula elementare della rievocazio-ne al di sopra d una lunga distanza d'anni sembra usata in modo insieme originale e spontaneo, tutta pregnante di senso, colma d una emozione che si fa strada nelle parole piu dirette; e l'uso, anzi, e cosi nuovo che la portata della formula stessa non si pud dire sfruttata fino in fondo, dal momento che segue un tipo di complementi oggetti meno esauriente che evasivo: Rousseau afferma di vedere ancora son air, son regard, son attitude, ma non determina poi quale speciale aria, sguardo ed atteggiamento essi fossero. Allo stesso modo dichiara di ricordare le frasette carezzanti della zia, senza pero riferircele; potrebbe dire com'era vestita e come aveva coperto il capo, ma di fatto non lo dice, con l'eccezione di un solo minuscolo particolare visivo - i due riccioli che i capelli neri le for-mavano sulle tempie; un particolare la cui concretezza, unica in tutto il passo, e subito giustificata dalla capacita che esso possiede di datare la cara immagine della zia, di proiettarla a una distanza temporale che e nell'animo di Rousseau ma a cui corrisponde il mutamento storico della moda: selon la mode de ce tems-la. E persuaso di andare debitore alla zia - prosegue a capo - di quel gusto o passione per la musica che si e sviluppato in lui pi tardi. II lettore che sia al corrente di tutta l'importanza della musica nella vita di Rousseau, futuro copista e compositore, potrebbe credere qui di trovarsi di fronte a una notizia data solo per il suo valore cau-sale e anticipatore rispetto alla formazione della personality al modo che Vico ad esempio racconta di esser caduto da una scala a sette anni e fratturatosi il cranio, per far dipendere dal "guarito malore" la propria "natura malinconica ed acre, qual dee essere degli uomini ingegnosi e profondi" n. Invece Rousseau, subito dimentico tanto del racconto che deve portare avanti quanto del suo talento successivo di musicista, comincia un lungo e meravi-glioso indugio sul canto della zia che sembra proprio interessarlo di per se, sia come oggetto di ricordo che come occasione al pro-cesso incontrollabile del ricordo stesso:
1 G.B. Vico, Autobiografia. Seguita da una scelta di lettere, orazioni e rime. A cura di M. Fubini, Torino, Einaudi, 1965, p. 3.

Elle savoit une quantite prodigieuse d'airs et de chansons quelle chantoit avec un filet de voix fort douce. La sere-nite d'ame de cette excellente fille eloignoit d'elle et de tout ce qui l'environnoit la reverie et la tristesse. L'attrait que son chant avoit pour moi fut tel que non seulement plusieurs de ses chansons me sont toujours restees dans la memoire; mais qu'il m'en revient meme, aujourdui que je Tai perdue, qui, totalement oubliees depuis mon enfan-ce, se retracent a mesure que je vieillis, avec un charme que je ne puis exprimer. Diroit-on que moi, vieux rado-teur, ronge de soucis et de peines, je me surprends quel-quefois a pleurer comme un enfant en marmotant ces petits airs d'une voix deja cassee et tremblante? II y en a un surtout qui m'est bien revenu tout entier, quant a Fair; mais la seconde moitie des paroles s'est constamment refusee a tous mes efforts pour me la rappeller, quoiqu'il m'en revienne confusement les rimes. Voici le commencement, et ce que j'ai pu me rappeller du reste. Tircis, je n'ose Ecouter ton Chalumeau sous TOrmeau; Car on en cause Deja dans notre hameau. ..................... un berger ................. s engager ................. sans danger; Et toujours l'epine est sous la rose. Je cherche ou est le charme attendrissant que mon coeur trouve a cette chanson: c'est un caprice auquel je ne comprends rien; mais il m'est de toute impossibilite de la chanter jusqu a la fin, sans etre arrete par mes larmes. J'ai cent fois projette d ecrire a Paris pour faire chercher le reste des paroles, si tant est que quelqu'un les connoisse encore. Mais je suis presque sur que le plaisir que je prens a me rappeller cet air s'evanouiroit en partie, si j'avois la preuve que d'autres que ma pauvre tante Suson Font chante 12. 11 filo di voce con cui la zia cantava assume proprio in virt della sua esilit, forse, un valore affettivo-simbolico per cui viene scelto
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Rousseau, Oeuvres completes, I, pp. 11-12.

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e isolato, fra tutti i possibili ricordi, questo canto: esso risuona come la fragile voce stessa del lontano passato, mentre il suo altro attributo, la dolcezza, gli consente di testimoniare non meno bene a distanza la serenit d'animo della excellente fille, da cui il bambino era perfettamente protetto contro una tristezza che si direbbe latente, e il cui dono appariva inesauribile come la "quantit prodi-giosa" delle canzoni che ella sapeva. Ma ai ricordi che sono persi-stiti senza interruzione - la figura fisica della zia, l'abbigliamento, le canzoni toujours restees dans la memoire - se ne aggiungono ora altri la cui origine e egualmente antica e la cui reviviscenza e inve-ce recente, canzoni totalement oubliees depuis mon enfance; come, perche questa reviviscenza ha luogo? La sintassi della Erase, di tipo consecutivo, riconduce e persistenza e reviviscenza alla forza del-Yattrait originario di quel canto; ma il secondo fenomeno, pi sor-prendente in quanto avanzando negli anni la memoria di Rousseau si e indebolita anzi "perduta", sembra ricevere una spiegazione par-ticolare daUmciso a mesure que je vieillis: l'avvio a queste nuove reminiscenze e dato proprio dallinvecchiamento, ed e progressivo secondo l'invecchiamento stesso; se ne intravede il profondo valore compensative, che Rousseau render manifesto con parole ancor pi altamente poetiche nellaltro passo che leggeremo. E infatti nella frase seguente (Diroit-on que moi...), la cui forma interrogati-va e volta a rendere lo stupore dell'io razionale di Jean-Jacques nel sorprendersi a piangere come un bambino canticchiando, la vera risposta a questo stupore sta nascosta in quelle medesime circo-stanze che vengono addotte per aumentarlo: e cioe nel fatto che chi canticchia sia un vieux radoteur, ronge de soucis et de peines, che la sua voce sia deja cassee et tremblante', simili espressioni sono meno elevate ed impersonali, ma per nulla meno intense, di quelle celebri con cui aveva potuto parlare della propria vecchiaia un Bossuet ("les restes d'une voix qui tombe, et dune ardeur qui s eteint" 13: dietro l'intenerimento che alimenta il ricordo d'infanzia e ne e ali-mentato, ce l'angoscia soggiacente del declino fisico e della morte, ma completamente scioltasi dai suoi tradizionali riferimenti reli-giosi, fattasi sotterranea, corporate, personale, e suscettibile di una tenera edonistica distensione. perche pu ricongiungersi a un
13 Bossuet, Oeuvres, Paris, Gallimard, 1961, p. 218 (Bibliotheque de la Pleiade).

tema cosi profondo sebbene in certo senso irriconoscibile, che la futilit del ricordo d'infanzia viene improvvisamente investita da una seriet tanto grande, con rovesciamento stilistico di valori del quale le citate reazioni contemporanee di un cattolico e di un phi-losophe sono testimonianza negativa; se e vero, secondo la tesi di uno storico moderno, che il nuovo spirito borghese aveva a poco a poco svuotato la morte del suo pathos cristiano 14, ora e come se un diverso pathos, emigrando nel ricordo d'infanzia, andasse a rifu-giarsi all'altra estremit della vita umana. La seriet patetica auto-rizza o incoraggia a sua volta la precisione del ricordo, la tendenza a resuscitare piccole cose particolari, senza temere, appunto, mai che risultino futili: Rousseau non esita subito dopo a mettersi a parlare di una singola canzone, ily en a un surtout...; e arriva a tra-scrivere sulla pagina tutto quello che riesce a ricordarne, il che e una vera sfida alla partecipazione anche del pi complice fra i lettori, non potendo neanche quest ultimo trovare nelle monche parole della canzoncina altro che frivoli, banali luoghi comuni di pastorale, dai quali non sprigiona nessuna inesplicabile emozione. Ma Rousseau pu prescindere dai valore obiettivo delle due stro-fette che si compiace di citare, perche e indifferente gia a lui stesso non meno di quanto lo sar al lettore: si potrebbe affermare che i puntini di oblio contino pi delle parole ritrovate e riprodotte. Mero pretesto per ravvivare una lontana esperienza alla quale sono casualmente ma anche indissolubilmente associati, i versi della canzone si fanno campo di tutte le intermittenze e incertezze della memoria; Rousseau ne sente l'incontrollabilit (espressa da quanto ha di spontaneo il verbo revenir), e contro di essa sembra compiere autentici, ripetuti sforzi. In definitiva gli resta oscuro in che cosa risieda il segreto del suo interesse per la canzone: Je cherche ou est le charme attendrissant... Agli occhi della ragione, adottati per un istante, lo spazio d'una sola parola, esso e certo un "capriccio"; ma il dato di fatto serba una evidenza assoluta: cantare sino alia fine senza che le lacrime lo interrompano e per lui de toute impossibility. Le ultime due frasi ribadiscono con certezza invano attenuata dai presque (je suis presque sur...) la totale interiorizzazione della cosa ricordata, che risulta come doppiamente sottratta alla realt
/ \U B. Groethuysen, Origines de Vesprit bourgeois en France. I. L'Eglise et la I bourgeoisie, Paris, Gallimard, 1956, pp. 61-98.

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di fatto. In primo luogo perche il tempo non e passato solo nella memoria di Rousseau ma anche a Parigi, dove pi nessuno, forse, conosce le parole di quella canzonetta di tanti anni addietro (e, dopo l'allusione alla moda, questo e il secondo accenno ad una distanza obiettiva, collettiva fra presente e passato, dappertutto altrove coperta dalla distanza soggettivamente sentita). Ma se anche qualcuno potesse tuttora comunicargliele, se dovesse ottene-re per questa via la ben superflua "prova" di una cosa razional-mente pi che certa - cio che altri abbiano cantato la canzone oltre la pauvre tante Suson - allora il piacere che prova, non dice a cantarla, ma "a ricordarsela", sarebbe sciupato: fuori dalla memoria l'oggetto del ricordo d'infanzia si fa del tutto irreale ed irraggiungibile, e se residui di esso perdurano ancora nella realt di fatto, non ve lo si pud riconoscere se non come interferenza nociva. Rousseau ha qui impostato, e subito risolto in senso estremo, il problema del rapporto fra memoria e realta, che tornera a propor-si con diverse soluzioni in tutta la letteratura del ricordo d'infanzia - dal momento che ogni cosa ricordata, essere vivente, parola od oggetto, pud avere un prolungamento di durata reale indipenden-temente da quello di cui beneficia nella memoria. Ritroveremo questo tema anche alia fine deiraltro passo del primo libro delle Confessions, che si ricollega per una simile novita alia pagina fin qui esaminata. *** Rousseau ha raccontato da capo a fondo il soggiorno fatto a Bossey, fra i dieci e i dodici anni, presso il pastore Lambercier; ha parlato della felicita in cui e vissuto per due anni insieme al cugi-netto Bernard, e dell'ingiusto castigo che vi ha posto dolorosamen-te fine; ha paragonato Bossey ad un paradiso perduto. II lettore sa ormai tutto quanto occorre sapere su questo soggiorno - almeno tutto quanto poteva fornire materia di un racconto continuo - al punto in cui l'episodio si chiude con la notizia della tiepida, disa-morata separazione dei due bambini dal pastore e da sua sorella. Eppure Rousseau non tira avanti come ci si aspetterebbe, passan-do a ci che dovrebbe seguire nell'ordine della narrazione; seguono invece quattro o cinque pagine (strutturalmente quasi parentetiche) nelle quali si sofferma ancora, ma in un modo del tutto diverso

da quello informativo usato prima, sulla felicita provata a Bossey; e le apre questo straordinario paragrafo: Pres de trente ans se sont passes depuis ma sortie de Bossey sans que je men sois rappelle le sejour d'une maniere agreable par des souvenirs un peu lies: mais depuis qu'ayant passe 1'age mur je decline vers la vieilles-se, jesens que ces memes souvenirs renaissent tandis que les autres s'effacent, et se gravent dans ma memoire avec des traits dont le charme et la force augmentent de jour en jour; comme si, sentant deja la vie qui s'echappe, je cherchois a la ressaisir par ses commencemens. Les moindres faits de ce tems-la me plaisent par cela seul qu'ils sont de ce tems-la. Je me rappelle toutes les cir-constances des lieux, des personnes, des heures. Je vois la servante ou le valet agissant dans la chambre, une hiron-delle entrant par la fenetre, une mouche se poser sur ma main, tandis que je recitois ma le^on: je vois tout l'arran-gement de la chambre ou nous etions; le cabinet de M. Lambercier a main droite, une estampe representant tous les papes, un barometre, un grand calendrier; des fram-boisiers qui, d un jardin fort eleve dans lequel la maison s'enfongoit sur le derriere, venoient ombrager la fenetre, et passoient quelquefois jusqu'en dedans. Je sais bien que le lecteur n'a pas grand besoin de savoir tout cela; mais |j'ai besoin, moi, de le lui dire. Que n'ose-je lui raconter de meme toutes les petites anecdotes de cet heureux age, qui me font encore tressaillir d'aise quand je me les rappelle. Cinq ou six surtout... composons. Je vous fais grace des cinq, mais j en veux une, une seule; pourvu qu on me la laisse conter le plus longuement qu il me sera possible, pour prolonger mon plaisir 15. Che insolito valore patetico prende qui immediatamente il numerale che determina gli anni, Pres de trente ans se sont passes..., posto come fra la narrazione appena conchiusa di cose lontane e il discorso nostalgico che si apre! Non si tratta certo del valore iper-bolico che ha reso possibili usi 'espressivi') del numerale in ogni stile ed epoca, che anzi qui conta la relativa presunta esattezza con cui viene determinata una certa distanza di tempo; ma conta soprattutto l'entit della distanza stessa, tanta da abbracciare
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Rousseau, Oeuvres completes, I, pp. 21-22.

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un'ampia porzione di vita umana, e la vacanza di ricordo con cui essa coincide: durante quasi trent'anni le reminiscenze di Bossey non si sono mai risvegliate se non in modo slegato, e il loro diletto e rimasto puramente potenziale. Se ora invece esse si ravvivano e perche (Rousseau dice: da quando...) egli diventa vecchio; la prefe-renza della memoria senile per le prime et della vita costituisce, certo, un dato positive? e universale che qui lo scrittore non inven-ta. Una volta - prima della lunga epoca letteraria durante la quale lio era rimasto pi o meno, come per Pascal, haissable Montaigne aveva sfruttato serenamente il tema all'inizio di uno dei suoi capi-toli piu famosi (III, 5); e aveva messo in rapporto diretto con l'indebolimento fisico la propria volonta d'intrattenere pensieri giova-nili: "Si elle eschappe de mon sang et de mes veines [cette belle sai-son expiree], aumoins n en veus-je desraciner l'image de la memoi-re...". Ma Montaigne resta lontano da un tono patetico, non foss'al-tro per il semplice fatto che questo tardo vagheggiamento della giovinezza e volontario, e si orienter pi in la su argomenti sessuali; la sua pagina si costruisce anzi, con la solita deliziosa finta umilt, come una giustificazione del suo lasciarsi andare "un peu a la desbauche par dessein", del suo riandare cose piacevoli e profane anzich rassegnarsi ai soli severi pensieri di morte 16. Rousseau aveva fatto suo una prima volta un simile spunto, per scusarsi di trarre dalla propria esperienza infantile un esempio pedagogico / nelYEmile; e aveva scritto, con uno stacco e un insistenza davvero j un po' bruschi e inopinati nel contesto: "II est un terme de la vie au-| dela duquel on retrograde en avancant. Je sens que j ai passe ce j terme. Je recommence, pour ainsi dire, une autre carriere. Le vuide ; de 1'age mur, qui s'est fait sentir a moi, me retrace le doux terns du ! premier age. En vieillissant je redeviens enfant, et je me rappelle plus volontiers ce que j'ai fait a dix ans, qu'k trente" 17. Queste righe contengono in embrione il disegno autobiografico che diverr realt alcuni anni pi tardi, e svelano nello stesso tempo una delle molle pi intime di esso. Ma nel testo delle Confessions, incompa-rabilmente pi bello, l'astrattezza figurata di quel terme e di quella
16 Montaigne, Essais, Paris, Gallimard, 1950, pp. 939-940 (Bibliotheque de la Pleiade). 17 Entile, ou de Veducation, par J. J. Rousseau, Citoyen de Geneve, La Haye, Neaulme, 1762, t. I, p. 361.

carriere (ancora classici e montaignani) e sfumata in una gradualit di processo interiore che bastano ad esprimere due intensissimi tempi verbali, col loro rapporto di successione lenta e discendente: mais depuis quay ant passe I'age mur je decline vers la vieillesse...; dove il senso di tarda compiutezza, di lunga retrospettivit dellayant pass, addizionandosi alla presupposta distesa temporale di quasi trent anni, proietta l'ombra d un tramonto ancora in corso, depone il peso dun avvenire limitato e sempre pi mesto nel je decline vers.... Passato il punto inferiore della sua curva, lo stupendo periodo si risolleva attingendo uno slancio crescente agli occulti compensi del ricordo. Gia nelYEmile era l'eta avanzata (le vuide de I'age mur) che, fatta essa stessa soggetto dell'azione verbale, ridestava i ricordi d'in-fanzia (me retrace le doux terns du premier age). Adesso l'assoluta, quasi misteriosa spontaneit del processo mnemonico e divenuta il vero segreto stilistico che determina nella frase ogni scelta di parole, e che le prodiga autenticit e poesia; come se ci fosse un io-Rousseau vecchio, stanco, consapevole, passivo (o attivo solo in quanto scrittore), il quale assiste intenerito alla resurrezione benefi-ca dei ricordi di Bossey, che un altro io oscuro ma pi forte opera ed emana dal profondo. E il primo a dire: je sens..., verbo che regge quasi tutta la descrizione nel fenomeno; ma i verbi successivi sono comandati dal soggetto 'souvenirs e tutti sembrano attribuire ai ricordi vita e potenza autonoma: quelli di Bossey renaissent, mentre - obbedendo a una legge non meno interna di equilibrio - altri pi recenti s'effacent, e i primi se gravent nella memoria con forza e fascino che augmentent de jour en jour, questo culmine del crescendo non riuscirebbe tanto struggente, se non sentissimo che allaumento" di potenza dei ricordi alla superficie della memoria corrisponde in profondit quel declino vitale, che vi trova un inseparabile compenso. Il periodo si conclude portando al massimo di consapevolezza, nel suo ultimo inciso, il profondo fenomeno psico-fisico che e alla radice di un interesse cosi nuovo per il ricordo d'infanzia, impensabile finche l'angoscia del declino vitale rimaneva I principalmente connessa a speranze e timori ultraterreni. L'impostazione comparativa e ipotetica dellultimo inciso - comme si... je cherchois... - rende l'io di cui si parla in qualche modo fittizio, soggetto d'una supposizione, e per ci stesso lo differenzia da quel-lo di je sens: e in realt un io oscuro, fisico a meta, questo che sen-

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tant deja la vie qui sechappe (il verbo stesso di Montaigne!) cerca a la ressaisir par ses commencemens, e va a "riafferrarla" d'istinto nei ricordi pi antichi, i pi calorosamente nutriti di ricchezza vitale. L'abolizione di ogni gerarchia tra i ricordi che sia fondata sull'o-biettiva importanza di significato e implicita in tutto quanto precede, e Rousseau pu coerentemente affermare subito dopo di com-piacersi dei "minimi" fatti di quel tempo; la motivazione esclusiva di questo compiacimento non e razionale ma associativa, par cela seul quils sont de ce terns la. E poich il valore associativo delle cose si annida tutto nei loro aspetti pi concreti e simultanei, nelle loro (interferenze sensorials non ci sar ricordo minimo di Bossey che non sia anche "circostanziato", cio sottratto all'astrazione isolante < di quella che un giorno Proust chiamer la memoria volontaria o la \ memoria dell'intelligenza: Je me rappelle toutes les circonstances des lieux, des personnes, des heures. Sono ancora beninteso espressioni astratte, ma che, come il moindres faits della frase precedente, stan-no li ad affermare la soprawivenza del concreto, sembrano prepa-rarlo, tendono irresistibilmente ad esso. E stavolta infatti Rousseau non si arrester di fronte alla barriera stilistica che sembrava dovesse rendere questa concretezza del ricordo eternamente inat-tingibile, perche viziata senza rimedio di gratuita, futilit, ecc; il lettore non dovr appagarsi di sapere che Rousseau ama i moindres faits e si ricorda toutes les circonstances, restando curioso di cono-scere quali fatti e quali circostanze ami e si ricordi in realt. La formula dell'evocazione diretta, Je vois..., ricompare subito dopo, ma chiamata finalmente ad introdurre complementi oggetti a suffi-cienza concreti: l'affaccendarsi quotidiano di persone umili - la servante ou le valet agissant dans la chambre; il volo casuale di un uccellino dentro casa - une hirondelle entrant par la fenetre, che e ancora un evento di qualche importanza a confronto del successive: une mouche se poser sur ma main, tandis que je recitois ma legon. Infimi accidenti lontani la cui poesia e nella loro stessa gratuita, nell'irreperibilita delle associazioni mentali che li hanno fis-sati: eppure sono davanti agli occhi dello scrittore, presenti nelle azioni in corso dei participi agissant, entrant, il secondo dei quali ci mostra la rondine in aria e in moto, o nellinfinito se poser che inve-ce fotografa la traiettoria della mosca nei suo stabile punto d'arrivo di un istante, sufficiente a distogliere per quell'istante l'attenzione

infantile dal compito serio di recitar la lezione. Il contatto fra memoria visiva e parola scritta e instaurato, ed altri particolari affiorano in disordine suggestivo sul varco aperto da un secondo je vois di ancor pi lunga portata: la disposizione della camera non sar ricreata per intero come rivista, ma solo dall'indicazione che lo studio del pastore Lambercier si apriva a destra, e dalla menzio-ne di oggetti disparati, scelti non per la dignit dei personaggi ritratti - une estampe representant tous les papes - ne come stru-menti o simboli di controllo del tempo - un barometre, un grand calendrier - bens secondo il caso apparente di altre associazioni irreperibili; al pi le fronde dei lamponi dellalto giardino nei quale la casa era posteriormente sprofondata, potrebbero significare, insieme all'ingresso della rondine dalla finestra, una sorta di lieta invasione della natura vegetale-animale nella stanza dell'infanzia: venoient ombrager la fenetre, et passoient quelquefois jusqu'en dedans. A questo punto l'evocazione della stanza e compiuta, e Rousseau ascolta in anticipo l'obiezione dei lettori indifferenti, il rimprovero dei critici sconcertati: a chi potranno interessare simili inezie? Gi celebre, reso tale soprattutto dallimmenso successo della Nouvelle Heloise, Rousseau non poteva temere che mancassero lettori "sen-sibili" anche per i suoi ricordi d'infanzia; mirava certo piu o meno consapevolmente a loro, al di sopra della prevista incomprensione e insofferenza razionalistica di altri. Ma poich quest'ultima rispondeva meglio, per via paradossale e polemica, alla sua coscienza d'innovazione, allora e il lettore indifferente che viene assunto di preferenza ad unico testimone, e il parlare dei ricordi d'infanzia viene giustificato soltanto in nome del proprio bisogno di farlo, che si affermer tanto prepotente quanto la scarsa parteci-pazione dell'altro sara data per certa: je sais bien que le lecteur n'a pas grand besoin de savoir tout cela; mais j'ai besoin, moi, de le lui dire. II recensore de "L'Annee litteraire" commento poi acidamente, quasi dando a Rousseau ragione a posteriori: "il ne peut se dissi-muler qu'on se passeroit bien de savoir tout cela; mais il repond brusquement a sa maniere; j'ai besoin moi de le dire. U ne faut pas etre la dupe de ce ton fier et tranchant, qui ne fut jamais le bon ton de l'eloquence, et qui sert souvent a deguiser la foiblesse des rai-sons: ici, par exemple, cette reponse hardie et brillante ne signifie

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rien" I8. Eppure, se la sua ostilit non fosse stata preconcetta, il cri-tico avrebbe magari acconsentito a scorgere nella frase di Rousseau una lontanissima variante o trasformazione di quel genere di figure topiche tradizionali che uno studioso moderno raggrupper 4 sotto il segno della 'modestia affettata, raccomandata alloratore \ gi da Cicerone 19: proteste di umilt letteraria, dichiarazioni di inadeguatezza tecnica, scuse al lettore, tutto un antico formulano convenzionale suscettibile di estendersi dall'indegnit dello scritto-re a quella della materia. Montaigne, nella sua preoccupazione di rendere accettabili i propri continui sondaggi in direzione di quella regione intima che cadeva pregiudizialmente oltre i confini del gratuito, aveva spesso utilizzato questa garbata retorica delle scuse; per esempio: "Ce conte d un evenement si legier est assez vain, n'e-stoit lmstruction que j en ay tiree pour moy [...]. Et ne me doibt on scavoir mauvais gre pour tant, si je la communique" 20. Ma, ben convinto del supremo interesse dello studio di se stesso anche negli aspetti piu privati ed esigui, gi Montaigne rendeva il luogo comu-| ne veicolo indiretto d una risoluta difesa della propria materia, e * arrivava a capovolgerlo sostituendo alle scuse il diniego delle mede-sime: "Et si ne m'excuse pas d'oser mettre par escrit des propos si bas et frivoles que ceux-cy" 21. Nel passo gia citato dell'Emile, che e come l'embrione di quello delle Confessions, Rousseau pedagogista non si rifiutava invece di chiedere perdono ai lettori, pur facendo gia appello al proprio piacere: "Lecteurs, pardonnez-moi done de tirer quelquefois mes exemples de moi-meme; car pour bien faire ce livre, il faut que je le fasse avec plaisir" 22. E nel nostro passo il supposto contrasto di interessi fra scrittore e lettore e investito di nuovo, come in Montaigne, da un significato che trascende ogni elegante simulazione retorica: nel presunto lettore estraneo e proiettata la fittizia cattiva coscienza dello scrittore, e personificato l'ostacolo a calarsi senza ritegno nel puro piacere soggettivo che \ accompagnerebbe una narrazione per disteso. Da un lato Rousseau "non osa" raccontare tutti i piccoli aneddoti dell'et felice, dall'altro
L'Annee litteraire, IV (1782), p. 150. E.R. Curtius, Europdische Literatur und lateinisches Mittetalter, Bern Francke, 1954, pp. 93-95. 20 Montaigne, Essais, p. 415. 21 Ibidem, p. 737. 22 Emile, t. I, p. 361.
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il ricordo di essi lo fa ancora tressaillir d'aise; il conflitto viene risol-to da una immaginaria transazione fra scrittore e lettore: "Cinq ou six surtout .... composons. Je vous fais grace des cinq, mais j'en veux une, une seule...". E in virt dello stile diretto, parlato che viene adottato a questo punto, dietro il rapporto scrittore-lettore traspare quasi il contrasto fra un ragionevole adulto e un bambino supplichevole: Rousseau si rif momentaneamente bambino quan-do dice: "veniamo a patti"; quando implora: "una, una sola"; quan-do insiste ancora, per sfruttare al massimo l'accordo stipulato, con un infantile "purch...", e nella lunghezza a volont del racconto 1 vuole assicurarsi un prolungamento a saziet del piacere. Il deside-^rio profondo di rivivere l'infanzia, tra l'evocazione della camera di Bossey e il racconto che si prepara, e traboccato fuori dal ristretto spazio che la ragione e il freno dell'arte concedono alla memoria, ed ha invaso quelle stesse righe che erano riservate alle giustifica-zioni e al patteggiamento. Rousseau prosegue fingendo di esitare fra due aneddoti: quello che racconter lungamente in effetti, e quello dello sfortunato capi-tombolo per cui il sedere di Mademoiselle Lambercier venne esibi-to sul passaggio del re di Sardegna, storiella che mediante una specie di preterizione finisce con l'essere pure narrata in breve, e che e considerata virtualmente piu divertente per i lettori; meno, pero, per lui stesso in quanto ne fu soltanto spettatore, mentre fu attore dellaltra. La preferenza per una storiella 'agita' da lui stesso, anzich per una guardata, e in fondo ancora un indice del desiderio di rivivere lesperienza infantile dal di dentro, e dunque in ci che ha di speciale e di implicitamente diverso da una esperienza di adulto. Se nei testi esaminati finora Rousseau ha parlato con efficacia senza precedenti dei processi attraverso i quali il ricordo sopravvive o si risveglia, oppure di singoli ricordi nella loro immediatezza statica, isolata, ora il suo desiderio di rievocazione va incontro a problemi espressivi ulteriori per il fatto stesso che si tratta di narrare, di resuscitare cio tutta una serie di ricordi infantili conti-nua. Alla distanza interiore del tempo e della memoria qui si aggiunge, o per meglio dire si sostituisce, la distanza positiva che diversifica i punti di vista dell'adulto e del bambino, i loro rappor-ti rispettivi con la realt; al senso del passato in quanto tale, suben-tra il compito di riesprimere il passato infantile in quanto un gior-no e stato a sua volta presente, e pu essere rifatto narrativamente

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presente da una adeguata riadozione delle prospettive mentali e sensoriali che lo caratterizzarono. Lo "sguardo all'indietro" insomma, cio quella nuova pateticit del tempo, del passato, della memoria alla cui acquisizione letteraria Rousseau aveva dato fin dalla Nouvelle Heloise un apporto tanto decisivo, poteva diventare nel caso dell'infanzia uno "sguardo dal basso", se vogliamo ricavare due espressioni simboliche dalle due bellissime frasi di Stendhal 23 che ho poste in epigrafe al mio libro. Del resto altri grandi memo-rialisti avevano, secoli prima di Rousseau, incontrato occasional-mente analoghe esigenze di scrittura, e in modi diversi restituito alle percezioni e ai pensieri dell'infanzia la loro scala incommen-surabile: non sara inutile servirmi a questo punto, per un confron-to di procedimenti, di alcuni brevi esempi storicamente distanti ed autonomi. Santa Teresa de Avila, quando rammenta nel Libro de su vida (1562) le infantili velleita di martirio o di romitaggio che suscitava in lei e nel fratellino coetaneo la lettura delle vite dei santi, sa bene-volmente sottolinearle diverse dai segni d una vocazione matura, ingenue, interessate, innocentemente libresche {"como via los mar-tirios, que por Dios los santos pasaban, pareciame compraban muy barato el ir a gozar de Dios, y deseaba yo mucho morir ansi, no por amor que yo entendiese tenerle, sino por gozar tan en breve de los grandes bienes que leia haber en el cielo"); oppure non dissimili da giochi nella loro intercambiabilita, nel loro spirito imitativo, nella loro facilita di delusione {"De que vi que era imposible ir adonde me matasen por Dios, ordendbamos ser ermitanos, y en una huerta que habia en casa procurdbamos, como podiamos, hacer ermitas, poniendo unas pedrecillas, que luego se nos caian..." 24). - Negli stessi anni del Libro de su vida fu scritta lautobiografia di
23 Stendhal, Oeuvres intimes, Paris, Gallimard, 1955, pp. 122 e 131 (Bibliotheque de la Pleiade). 24 Escritos de Santa Teresa, Madrid, 1952, t. I, p. 24 (Biblioteca de Autores Espafioles), (tutti i corsivi sono miei); "quando vedevo i martiri che i santi sopportavano per Dio, mi pareva che comprassero a prezzo assai basso l'andare a godere di Dio, e desideravo molto di morire cosi, non per amove che volessi portargli, ma per godere cosi presto dei grandi beni che leggevo esservi nel cielo"; "Dopo che vidi che era impossibile andare dove mi uccidessero per Dio, decidevamo di essere eremiti, e in una ortaglia accanto alia casa, cercavamo, come potevamo, di costruire romitaggi, montando pietruzze che subito ci crollavano...".

Benvenuto Cellini; questi racconta come, all'et di tre anni circa, s'impadronisse un giorno di un grande scorpione che era venuto fuori da un cannone d'acquaio appena cambiato: "II detto era si grande, che avendolo innella picciola mano, da uno degli lati avan-zava fuori la coda, e da l'altro avanzava tutt'a due le bocche. Dicono, che con gran festa io corsi al mio avo dicendo: - Vedi, nonno mio, il mio bel granchiolino!". Dicono potrebbe far credere che tutto l'episodio non risalga a ricordi diretti e sia narrato di seconda mano, oppure questo potrebbe valere, come sembra assai piu plausibile, per la sola frase rivolta al nonno; comunque sia, sarebbe difficile presentare le cose in modo pi conforme alle pro-porzioni visive di un piccolo bambino, e lo si deve unicamente allaccentuata enormit dello scorpione, del quale e specificato quanta parte avanzasse da un lato e quanta dall'altro della picciola mano) mentre la gran festa con cui Benvenuto corre dal nonno e le parole che gli dice esprimono una prospettiva mentale pure propria al bambino, che ignora quale pericolo rappresenti l'animale mor-dace e velenoso e pu idealizzarlo in un bel granchiolino; prospettiva gelosamente mantenuta anche quando il nonno cerca "con gran carezze" di portarglielo via: "io tanto pi lo strignievo piagniendo, che non lo volevo dare a persona" 25. - E, pi di undici secoli prima, Sant'Agostino, quando dalle tenebre peccaminose e imme-morabili della prima infanzia passa a scrivere dei primi ricordi sco-lastici della puerizia, non trova eccessivo paragonare le sofferenze del bambino punito a suon di busse, "magnum tunc et grave malum meum", alle torture piu atroci che fossero in uso al suo tempo, "equuleos, et ungulas atque hujuscemodi varia tormenta": non ce cristiano cosi ardimentoso, dice, che oserebbe ridere di chi paven-ta queste ultime come i suoi genitori ridevano delle torture "quibus pueri a magistris affligebamur". Poco piu oltre afferma che la sua stizza infantile quando era battuto da un compagno al gioco della palla non era diversa, anzi era forse meno aspra, di quella che avrebbe provata uno qualsiasi dei suoi maestri se vinto da un col-lega d'insegnamento "in aliqua quaestiuncula". In entrambi i casi la sproporzione dei valori fra l'esperienza dell'adulto e quella infantile non e resa, come da Teresa e da Cellini, col presentare le cose in
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B. Cellini, La vita, a cura di M. Gorra, Torino, Einaudi, 1954, pp. 8-9.

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modo conforme alla seconda, interno ad essa: Agostino va piutto-sto a trarre dall'esperienza stessa delle persone mature dei termini di confronto, nella specie gravi o addirittura orripilanti come esem-pi di pena morale o fisica; e ne trasferisce tutta l'indiscussa entit, attraverso il paragone, sulle pene infantili misconosciute ("et nemo miseratur pueros" 26); traduce insomma da un codice di valori dimenticato in uno alia portata degli adulti per i quali scrive; fa press a poco ci che farebbe Cellini se comparasse il suo scorpione a un rettile di proporzioni realmente enormi. Ora il ricordo che Agostino conserva dei castighi infantili e manifestamente pieno di dolore e di biasimo per la crudelt di certe correzioni fisiche, tanto da convalidare con la seriet pi assoluta tutta l'ampiezza d'arco del paragone, cio la distanza che corre tra busse e feroci torture. Ma se un accostamento di termini talmente distanti non mirasse ad una seria equiparazione del ter-mine che appare pi lieve al pi grave, nascerebbe dal contrasto una figura molto vicina allironia nella definizione che di essa dava l'arte retorica antica, come di un disaccordo fra le parole da una parte e la natura dell'argomento dall'altra 27. E precisamente il disaccordo che esiste, per tornare a Rousseau, fra la solennit dell'apostrofe con cui i lettori vengono preparati al racconto della storia del noce della terrazza, e la natura non certo epica di questo piccolo aneddoto infantile: "O vous, lecteurs curieux de la grande histoire du noyer de la terrasse, ecoutez-en Thorrible tragedie, et vous abstenez de fremir, si vous pouvez" 28 . Ecco annunciarsi la trovata stilistica che aiuter Rousseau a presentare il pi ozioso, il meno funzionale dei fatterelli tratti dalla sua infanzia (non c era sicuramente bisogno di precauzioni espressive particolari per raccontare l'episodio del pettine spezzato o quello del furto delle mele, che si avvantaggiano di un diretto collegamento causale e analitico con la formazione del carattere e la personality futura). Beninteso, se parliamo d'ironia, non possiamo non osservare subito quanto la colorazione affettiva di essa sia diversa dal tono ordinariamente
26 S. Aureli Augustini Confessionum libri tredecim, Teubner, 1898, pp. 11-12 (I, 9); "per me allora una sofferenza forte e grave"; "cavalletti e unghioni e vari simili strumenti di tortura"; "che a noi bambini venivano fatte patire dai mae stri"; "in qualche piccola disputa"; "e nessuno ha compassione per i bambini". 27 Cfr. Quintiliano, De Institutione Oratoria, VIII, 54-56; DC, 44-46. 28 Rousseau, Oeuvres completes, I, p. 22.

polemico o monitorio della figura classica: lo scarto fra solennit di linguaggio e futilit di argomento, lungi dal mirare ad una ten-sione, ad un vilipendio per contrasto dellargomento stesso, non fa che accusare in forma giocosa e sorridente la stragrande tenerezza con cui Rousseau si accinge a rievocare l'aneddoto. Nell'apostrofe preliminare, che si presenta come una caricatura di quelle che interrompono la narrazione dei poemi epici nei momenti di culmi-nante importanza, e in primo piano l'elemento scherzoso e lettera-rio, quasi un ultima forma rovesciata del tributo di ambigue giu-stificazioni da pagare a chi trovasse la materia troppo futile: i let-tori "curiosi" della "grande storia" ed "orribile tragedia" del noce vanno allettati da un proemio mirabolante, perche non si ritra-sformino in quel lettore al quale i ricordi della casa di Bossey importavano poco, e col quale si doveva venire a patti. Ma quando, entrato nel vivo del racconto, Rousseau continua ad usare un linguaggio che sta alle cose narrate in un rapporto di sproporzione bonariamente ironica, diventa difficile non avvertire nella figura un pretesto a ricompenetrarsi dellesperienza infantile, traducen-dola in termini la cui abituale gravita possa fornire agli adulti come una serie di equivalenze. L'ironia costituisce quasi un secon-do patto col lettore, un compromesso che stavolta non verte sul numero o sulla durata delle narrazioni di episodi dell'infanzia, bens sul grado di partecipazione da accordare ad esse: Rousseau dal canto suo concede volentieri che si sorrida dellaccostamento di certi termini, purch gli sia permesso di riportare tutta la storia del ! noce nella vera scala di valori d un tempo; rimane cosi scartato v ogni modo di narrazione 'dallalto', che imponendo al fatterello le prospettive della ragione adulta ne renderebbe vuoto di senso il racconto a meno che non lo riscattasse un finalismo pedagogico o psicologico o ulteriormente narrativo. Poich il testo e troppo lungo per riprodurlo, lo riassumer citando direttamente solo tutte le espressioni che rispondono alla particolare specie d'ironia sopra esaminata, definibile come una complicit stilistica col punto di vista infantile; esse apparterrebbero di per se in maggioranza ad uno stile serio e sentimentale da romanzo o da teatro settecentesco, assimilano in applicazione egualmente ironico-bonaria perfino una citazione latina, e sono abbastanza numerose per dare il tono a tutto il resto. La solennit della cerimonia con cui il pastore Lambercier fa piantare un noce, e l'innaf

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fiamento quotidiano dell'albero, confermano sempre pi Jean-Jacques ed il cuginetto "dans l'idee tres naturelle qu'il etoit plus beau de planter un arbre sur la terrasse qu'un drapeau sur la bre-che"; essi risolvono di procurarsi "cette gloire, sans la partager avec qui que ce fut". Piantato a poca distanza dal noce un salice, riesco-no con ogni sorta di espedienti ad innaffiarlo per alcuni giorni e ne sorvegliano la crescita di ora in ora; "persuades, quoiqu'il ne fut pas a un pied de terre, qu'il ne tarderoit pas a nous ombrager'. Giunge Tinstant fatal" che l'acqua sta per mancare; il salice perirebbe per siccita se "la necessite, mere de l'industrie" non suggerisse ai due bambini una invenzione per garantire l'alberello e se stessi "d'une mort certaine": far affluire clandestinamente al salice una parte dell'acqua con cui dai grandi veniva innaffiato il noce. L'insuccesso di un primo tentativo male eseguito non li scoraggia: "Rien ne nous rebuta. Omnia vincit labor improbus". Un nuovo canaletto sotterra-neo che Rousseau descrive con grande minuziosita, piu profondo, meglio inclinato, e graticolato contro l'irruzione del fango e delle pietre, dovrebbe entrare in azione al prossimo innaffiamento, la cui ora sara percio attesa "dans des transes d'esperance et de crainte" e parra giungere "apres des siecles d'attente". Ma appena verificato il perfetto funzionamento della loro opera, i bambini attirano con incaute grida di gioia l'attenzione del pastore Lambercier: non tarda la distruzione del subdolo acquedotto a colpi di zappa spieta-ti, "dont chacun portoit au milieu de nos coeurs". Questo racconto, prolungato dai molti particolari pratici che candidamente sfidano ogni proscrizione di futilit, rappresenta come ovvio una disten-sione rispetto all'estrema intensit espressiva del primo paragrafo su Bossey; esso e pieno di un delizioso senso della creativit infantile, essenzialmente imitativa (come in Santa Teresa), intrapren-dente, ostinata, trepidante, precaria, infine frustrata, e ancora in seguito facilmente consolabile (i bambini non si affliggeranno trop-po per la "catastrofe" dellacquedotto, e pianteranno altrove un secondo albero). Solo a racconto finito Rousseau aggiunge qualche osservazione di carattere psicologico, dopo di che trae in poche parole una conclusione moralistica, in onore delTinfanzia e contro l'ambizione; e solo qui ricompare una distanza stilistica rispetto al punto di vista infantile: "Avoir pu construire un aqueduc de nos mains, avoir mis une bouture en concurrence avec un grand arbre

me paroissoitle supreme degre de la gloire" 29. La digressione apertasi al momento di abbandonare Bossey potrebbe chiudersi a questo punto, se l'albero che finora e stato un cosi prestigioso oggetto di "sguardo dal basso" non meritasse ancora uno "sguardo all'indietro" potenzialmente non immaginario: il noce al quale appena piantato Jean-Jacques aveva tentato di sot-trarre acqua per il suo salice, deve infatti esistere ancora ed aver raggiunto una et calcolabile, al momento in cui il primo libro delle Confessions viene scritto; il viaggio che permetterebbe tuttora di ritrovarlo e forse possibile nello spazio, malgrado non sia dato risa-lire il corso del tempo. Ecco l'ultimo paragrafo della digressione: L'idee de ce noyer et la petite histoire qui s'y rapporte mest si bien restee ou revenue, qu'un de mes plus agreables projets dans mon voyage de Geneve en 1754 etoit d'aller a Bossey revoir les monumens des jeux de mon enfance, et surtout le cher noyer qui devoit alors avoir deja le tiers d un siecle [et qui doit maintenant, s'il existe encore, en avoir a peu pres la moitie (ms. di Parigi)]. Je fus si continuellement obsede, si peu maitre de moi-meme, que je ne pus trouver le moment de me satisfaire. II y a peu d'apparence que cette occasion renaisse jamais pour moi. Cependant je n en ai pas perdu le desir avec l'esperance; et je suis presque sur, que si jamais, retournant dans ces lieux cheris j'y retrouvais mon cher noyer encore en etre, je l'arroserois de mes pleurs. Un albero dura nel tempo come una canzone, bench la morte vegetale o l'accetta minaccino il primo come la seconda pu estin-guersi da tutte le memorie: e cosi il noce di Bossey viene a corri-spondere alla canzoncina della zia Suson, l'uno e l'altra dotati di sopravvivenze esterne, di prolungamenti obiettivi al di la del momento remoto in cui furono significativa parte dell'esperienza infantile, e all'altezza del quale il ricordo, interiorizzandoli, li ha fis-sati. In entrambi i casi il Rousseau maturo dellepoca delle Confessions vorrebbe sfruttare questa sopravvivenza per cercare nella realt a lui esteriore - cio per domandare alla memoria altrui o alla presenza fisica delloggetto - una integrazione o una intensiIbidem, pp. 22-24 (il corsivo & mio).

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ficazione del ricordo. In entrambi i casi il desiderio di Rousseau non sorpasser lo stadio del "progetto": solvere a Parigi per resti-tuire alla canzone le parole mancanti e stato da lui centfoisprojette, visitare durante il viaggio a Ginevra i "monumenti" dei giochi infantili ed il noce era uno dei suoi plus agreables projets. Nel caso delle parole della canzone, abbiamo visto che la rinuncia a ritro-varle per via esterna era quasi volontaria, prescritta da un timore di compromettere il piacere spontaneo della memoria. Per la manca-ta visita a Bossey viene addotto invece un impedimento fra pratico e psicologico: Rousseau e stato assillato senza interruzione, non e stato abbastanza "padrone di se", e cosi, je ne pus trouver le moment de me satisfaire; e certamente lecito chiedersi se un simile "momen-to" avrebbe mai potuto essere dawero trovato, se non siamo di fronte ad un pretesto ragionato in buona fede (qualcosa di simile a cio che gli psicanalisti chiamerebbero una razionalizzazione). Delle due frasi seguenti, infatti, la prima sottolinea con una commozione di sobrieta rara, dietro la quale restano latenti al solito l'invecchia-mento e la morte, che la possibility di tornare fisicamente a Bossey e ormai perduta in modo definitivo (il y a pen d'apparence que cette occasion renaisse jamais pour moi); il ricordo del noce e tutti gli altri sono dunque definitivamente, obbligatoriamente interiorizzati; e cosi nelFultima frase del paragrafo Rousseau puo affermare che di quella visita gli resta il desiderio se non la speranza (forse piuttosto: il desiderio liberato dalla speranza), e puo abbandonarsi impune-mente ad immaginare un ritorno nei lieux cheris, un ritrovamento del suo caro albero encore en etre, una profusione di lacrime. In ogni modo, sia pure attraverso una scena che e rimasta forse non per caso tutta immaginaria, si conferma qui il potere evocati-vo dei "monumenti" del ricordo: almeno quando essi siano, anzich tenui e volatili come una canzone, vegetalmente ancorati ai "luo-ghi" o identificabili coi luoghi stessi. Questo potere evocativo non e uno spunto nuovo ne legato ai ricordi della sola infanzia: la lettera pi famosa della Nouvelle Heloise, quella della passeggiata in barca sul lago di Ginevra, contiene un vero e proprio pellegrinaggio dei due ex-amanti a Meillerie dove Saint-Preux dieci anni prima aveva trascorso, in un asilo tra rocce e foreste, una sorta di ritiro amoroso: il luogo e chiamato ' 'ce lieu si cheri", Saint-Preux si fa un piacere di mostrare a Julie "d'anciens monumens dune passion si con-stante et si malheureuse", e sperimenta "combien la presence des

objets peut ranimer puissamment les sentimens violens dont on fut agite pres d'eux" 30. Il ritorno a contatto coi luoghi ed oggetti del passato, che rimane due volte intenzionale nel racconto autobio-grafico di Rousseau, e dunque attuabile per i suoi personaggi di romanzo; ma ci si potrebbe chiedere se veramente progetto e pellegrinaggio, intenzione e attuazione differiscano nella sostanza, una volta che la spinta verso il passato e gia matura e imperiosa entro la spontaneit della memoria. Diverso e il caso in cui allimprovviso i sensi si trovino al cospetto di luoghi, o sollecitati da sensazio-ni, che riportano per diretta associazione al passato; allora il contatto bruscamente ristabilito avr una forza molto maggiore, capa-ce addirittura di abolire sul momento tutto il tempo che si frappo-ne; e quel che avviene quando a Saint-Preux viene assegnata per caso in una locanda la stessa camera che aveva occupata dieci anni prima, sempre allepoca dell'amore felice: "A cet aspect, je sentis une impression que j'aurois peine a vous rendre. J'en fus si vive-ment frappe que je cms redevenir a l'instant tout ce que j etois alors: Dix annees s'effacerent de ma vie et tous mes malheurs furent oublies" 31. Ritorno spontaneo e volontario al passato, ritorno improvviso e casuale: la letteratura della memoria, non solo quella dell'infanzia, conoscer entrambe queste vie dall'epoca di Rousseau al Novecento, e le praticher con tanta insistenza che un giorno sara possibile edificare tutto un ciclo narrativo immenso a partire da una sola esperienza di reminiscenza inaspettata; un po', e stato scritto 32, come se Rousseau appoggiasse 1'intera struttura delle Confessions all'episodio della pervinca ritrovata che apre il libro sesto. Rousseau non era pi un bambino e nemmeno un adole-scente quando, recandosi per la prima volta alle Charmettes con Madame de Warens, gli fu indicata da lei la pervinca in fiore che, come narrer in quel celebre passo, avrebbe poi riconosciuta con un grido di gioia quasi trent'anni pi tardi. Ma, come i ricordi di Annecy che risalgono al suo diciassettesimo anno e che tornano nelle Confessions in termini richiamanti da vicino quelli di Bossey
J.-J. Rousseau, Oeuvres completes. IL La Nouvelle Heloise. Theatre. Poesies. Essais litteraires, Paris, Gallimard, 1961, pp. 517-519 (Bibliotheque de la Pleiade). 31 Ibidem, p. 615. 32 Cfr. l'introduzione alle Confessions, di Bernard Gagnebin e Marcel Raymond, in Rousseau, Oeuvres completes, I, p. XXXV.
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("Non seulement je me rappelle les terns, les lieux, les personnes, mais tous les objets environnans, la temperature de Tair, son odeur, sa couleur, une certaine impression locale qui ne s est fait sentir que la, et dont le souvenir vif my transporte de nouveau" 33), cosi il primo soggiorno alle Charmettes si e conservato nella memoria con una integrita profonda di cui Rousseau sente e dichiara il valore compensativo, piu esplicitamente anche se meno visceralmente che nel caso dei ricordi dmfanzia: "Mon imagination, qui dans ma jeunesse alloit toujours en avant et maintenant retrograde, compense par ces doux souvenirs Tespoir que j'ai pour jamais perdu". E l'im-mediato riconoscimento della pervinca sar una prova tanto piu straordinaria del vigore dei ricordi delle Charmettes, quanto piu il fiore era stato visto fuggevolmente trent'anni prima ed e lungo il tempo trascorso, il quale conferisce un valore di patetica meraviglia alio stesso numerale e allo stesso verbo del paragrafo su Bossey: "Je jettai seulement en passant un coup d'oeil sur celle-la, et pres de trente arts se sont passes sans que j aye revu de la pervenche, ou que j'y aye fait attention" 34 ***. Bossey, le Charmettes, Meillerie sono luoghi di realta e di roman-zo che la fortuna di Rousseau rese letterariamente famosi; e la sua
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importanza storica di capostipite rispetto alla tematica preroman-tica e romantica del passato e della memoria non e certo da sco-prire. Ma all'epoca in cui furono scritte la Nouvelle Heloise e le
Luigi Russo e Benedetto Croce rilevavano la somiglianza tra il processo qui descritto e quello proustiano del tipo suscitato dalla famosa petite madeleine nel te; e il Croce si compiaceva di sottolineare l'ultima frase, giacche il memoriali-sta italiano "colloca cosi il piccolo fatto al suo posto e nel suo grado", a diffe-renza da Proust "malato di quella raffinatezza odierna, che scopre una strana parentela con la 'puerilit che l'Alfieri notava e sorvolava" (La Critica, 1937, pp. 154-155). Ma l'atteggiamento del Croce a sua volta scopre una strana parentela con i rimproveri che pi di centocinquanta anni prima La Harpe o l'altro criti-co da me citato muovevano a Rousseau, ed e la parentela che deriva dal comu-ne uso d'un criterio di posto, di grado, per assegnare la rispettiva importanza a fatti piccoli o grandi; mentre d'altra parte quel passo della Vita - che venne stesa come e noto nel 1790 e a cui, pur nei limiti che sono stati giustamente definiti, non fu certo estraneo il precedente delle Confessions - andrebbe messo piutto-sto in rapporto con gli esempi di reminiscenza involontaria che Alfieri poteva leggere in questa e in altre opere di Rousseau. Senza dubbio di fronte a tutta la tematica in cui simili esempi rientravano, Alfieri rimase distante, e non ne senti con simpatia la nuova commozione e il nuovo abbandono: basterebbe a mostrarlo, nel paragrafo sugli stivali a tromba, la stupida vegetazione infantile, o la chiusa che soddisfaceva il Croce proprio perche sta a giustificare l'inezia usci-ta di penna in nome di una sua utilit modestamente sperata {non inutile affatto) per gli psicologi o i filosofi. Ma non solo in Rousseau, spesso anche nei memorialisti francesi successivi potremo osservare come giustificazioni e scuse al lettore di vario tipo servano per cosi dire da passaporto a puerilit che si desi-dera raccontare, e che in effetti, col passaggio obbligato da questa precauzione, vengono raccontate; e non tocca a me scoprire, nella pagina dell'Alfieri, che il gusto sia dell'esperienza infantile, sia del suo riaffacciarsi vivissimamente ed in un subito nella fantasia conta assai pi, ed e indipendente, dalla destinazione finale del ricordo a chi specula. L'avverbio usato dall'Alfieri con un cosi caratte-ristico superlativo, e inoltre lo stesso dei passi di Rousseau che abbiamo letti poco sopra {vivement frappe, souvenir vif). - Invece nel primo ricordo di Giacomo Casanova, il quale comincio a scrivere la Histoire de ma vie intorno al 1789, non ce altro riferimento ai processi della memoria se non l'affermazione che la sua si sviluppo a otto anni e quattro mesi e non anteriormente, e che fu una intimazione mortale di silenzio da parte della nonna a sigillare e salvare "dans le plus secret recoin" di questa "memoire naissante" una visione che altri-menti avrebbe dimenticata; ne ce nessuna traccia di commozione o senso di distanza nel tempo, che ci richiami a Rousseau. Vero e che Casanova non avrebbe probabilmente raccontato quel ricordo cosi a lungo, e con tanta ricchezza di particolari sensoriali e psicologici, e con un senso cosi fedele delle indifferenze tutte proprie al bambino, se anche su di lui le Confessions non avessero potuto agire indirettamente come un precedente; ma va anche osservato che il caratte-re magico e sorprendente degli avvenimenti - un'emorragia nasale del bambino guarita da una Strega di Murano che lo chiude dentro una cassa sulla quale ode risa, pianti, grida, canti e colpi, e che gli predice la visita notturna d'una dama incoronata di gemme al suo letto - funge di per se da giustificazione ad un reso-

Ibidem, p. 122. Ibidem, p. 226 (i corsivi sono miei).

La critica italiana sembra aver tenuto presente piu il termine di arrivo che quello di partenza della linea che nella letteratura francese perpetua in qual-che modo il tema della reminiscenza involontaria da Rousseau a Proust, nel commentare il bellissimo paragrafo con cui nella Vita di Vittorio Alfieri si apre il capitoletto Reminiscenze dell'infanzia: "... di quella stupida vegetazione infantile non mi e rimasta altra memoria se non quella d'uno zio paterno, il quale avendo io tre in quattr'anni mi facea por ritto su un antico cassettone, e quivi molto accarezzandomi mi dava degli ottimi confetti. Io non mi ricordava pi quasi punto di lui, ne altro me n'era rimasto fuorch'egli portava certi scarponi riquadrati in punta. Molti anni dopo, la prima volta che mi vennero agli occhi certi stivali a tromba, che portano pure la Scarpa quadrata a quel modo stesso dello zio morto gi da gran tempo, ne mai pi veduto da me da che io aveva uso di ragione, la subitanea vista di quella forma di scarpe del tutto oramai disusa-ta, mi richiamava ad un tratto tutte quelle sensazioni primitive ch'io avea pro-vate gi nel ricevere le carezze e i confetti dello zio, di cui i moti ed i modi, ed il sapore perfino dei confetti mi si riaffacciavano vivissimamente ed in un subi-to nella fantasia. Mi sono lasciata uscir di penna questa puerilit, come non inutile affatto a chi specula sul meccanismo delle nostre idee, e sullaffinit dei pensieri come sensazioni" {Opere di Vittorio Alfieri. Introduzione e scelta a cura di V. Branca, Milano, Mursia, 1965, p. 10). Quasi contemporaneamente, nel 1937,

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Infanzia, memoria e storia da Rousseau ai Romantici

Confessions questa tematica poteva svilupparsi con liberta emotiva e facilita espressiva assai maggiori per i ricordi d'amore che non per i ricordi d'infanzia: nel primo caso essa non faceva che inne-starsi sulla lunghissima tradizione letteraria del rimpianto amoroso, il cui carattere serio e patetico era da sempre scontato; nel caso dei ricordi d'infanzia invece non esisteva nessuna tradizione preco-stituita, se non sotto l'aspetto negativo di una presunzione di futilit che era necessario eludere, volendo dare quei ricordi per impre-gnati dal doppio pathos della durata temporale e del compenso profondo a un declino vitale. Da qui le esitazioni di Rousseau fra un linguaggio pi astratto ed uno pi concrete, i suoi stupori da scopritore di nuove terre interiori, i suoi timori di arbitrio verso il lettore, il suo giustificarsi quasi rifiutandosi di farlo, la sua aria di cercare un compromesso e venire a patti; tutti atteggiamenti che, lungi dal diminuire la bellezza e il significato delle pagine in que-stione, ne fanno parte perche sono dominati, obiettivati ed anzi genialmente sfruttati dallo scrittore. Le stesse pagine racchiudono come si e visto anche un'altra piccola scoperta espressiva, timida e quasi potenziale rispetto a quella grande e piena della commozione del ricordare, del resto priva di altrettanta influenza storica diretta, e anticipatrice se mai di esperimenti indipendenti e assai piu tardi. fe il ricorso ad un linguaggio consapevolmente sproporzionato nel raccontare un singolo episodio di esperienza infantile, e in partico-lare l'applicazione di quella distanza che e nella figura dellironia alla distanza fra i punti di vista delladulto che scrive o legge e del bambino di cui si racconta. Quando ad Ottocento inoltrato, acqui-sito ormai da tempo alla memorialistica il fascino frammentario dei ricordi d'infanzia, si vorranno calare intere narrazioni nella prospettiva infantile - nello "sguardo dal basso" -, le elaborazioni stilistiche che aiuteranno a questo scopo romanzieri di varia personality e statura non si muoveranno fra due poli troppo diversi.
conto tutt'altro che avaro. II puerile e qui riscattato dal prodigioso-enigmatico, e segue infatti qualche considerazione generale del memorialista, prudente ma possibilistica, a proposito del miglioramento dellemorragia che davvero ebbe luogo dopo il viaggio a Murano e l'apparizione notturna. In ogni caso non tutti i fanciulli sono stati curati a otto anni da una Strega e baciati, che fosse in sogno o no, da una fata, e l'episodio prefigura attraverso la forma del ricordo due filo-ni principalissimi deH'autobiografia del veneziano: la mistificazione avventurosa e l'avventura erotica (cfr. J. Casanova de Seingalt, Venitien, Histoire de ma vie, Brockhaus-Plon, 1960, t. I, pp. 46).

2. IL PICCOLO RE PONTEFICE (RESTIF)

Monsieur Nicolas, ou le coeur humain devoile, la mostruosa autobiografia di Nicolas-Edme Restif, detto de la Bretonne, che nell'e-dizione originale composta e stampata dalTautore stesso tocca quasi le cinquemila pagine, fu cominciata a scrivere il 14 novembre 1783 col titolo prowisorio di Compere Nicolas l; viste le date, e difficile prestar fede a Restif quando dichiara: "j'avais commence le Monsieur Nicolas, long temps avant que je ne connusse les Confessions de J.-J. Rousseau" 2, o quando retrodata al 1777 la dedica dell'opera al suo proprio Moi. Piu credibile e l'affermazione contenuta in questa dedica, e del resto contraddittoria rispetto alia presunta data di essa: "je ne l'imiterai pas servilement [Rousseau]; il ne m'a pas donne l'idee de cet Ouvrage, c'est moi qui me la suis donnee" 3. Una vulcanica disposizione autobiografica era insita in tutta la sterminata produzione di Restif (apertasi a trentun anni con un "premier essai d'Ouvrage", subito abbandonato, "qui etait mon histoire") 4, ed era piu forte che mai nel romanzo che gli aveva dato la fama nel 1776, Le Ray son perverti; onde si pud ben suppor-re latente e autonoma in lui l'idea di darvi sfogo senza veli e finzio-ni narrative, anche prima deUultimo impulso quasi certamente for-nito dairapparizione deU'"ouvrage sublime" 5 di Rousseau. Smanioso di originalita fino a un puntiglio cosi ingenuo da muoCfr. Monglond, Le Preromantisme, p. 332. Restif de la Bretonne, Monsieur Nicolas ou le Coeur humain devoile, Pauvert, 1959,1.1, p. LVI/ 3 Ibidem, p. XXXVHI. 4 Ibidem, t. HI, p. 530. 5 Ibidem, 1.1, p. 258.
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