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Adesso il bosco riposa...

Grazie di cuore... e Auguri di Buone Feste a tutti i Volontari del Corpo A.I.B. del Piemonte ed alle loro Famiglie. Roberto Vaglio

INCENDI BOSCHIVI
Dopo una estate di fuoco, si prepara la campagna per linverno
di Cristina RICALDONE

Il fenomeno degli incendi boschivi estivi ha colpito violentemente questanno buona parte dellEuropa: Spagna, Portogallo, Francia, Grecia e naturalmente Italia. Per il Piemonte si trattato di un caso di straordinaria eccezionalit poich per la prima volta da trentanni si assistito allinsorgere ed alla propagazione di incendi vasti e di elevata intensit in un periodo tradizionalmente considerato non a rischio. Questo ha fatto s che la struttura antincendi boschivi piemontese si sia trovata a fronteggiare una situazione di estrema difficolt sia per la magnitudo del fenomeno che per aver dovuto operare in condizioni climatiche opposte a quelle abituali. I dati statistici che seguono sono molto chiari: il picco massimo di superficie boscata percorsa dal fuoco si registrato ad agosto, oltre 1500 ettari, mentre nei mesi di marzo e aprile, tradizionalmente in Piemonte i mesi pi caldi per quanto riguarda il fenomeno incendi boschivi, sono bruciati complessivamente 516 ettari.
Dati Coordinamento regionale CFS
INCENDI BOSCHIVI IN PIEMONTE - ANNO 2003 (Gennaio-Settembre) Superfici complessive percorse dal fuoco per Mese

MESE

Anche il numero degli incendi significativo: nel mese di marzo si sono registrati 113 incendi, 108 quelli che si sono verificati in agosto.

INCENDI BOSCHIVI IN PIEMONTE - ANNO 2003 (Gennaio-Settembre) Suddivisione per Mese

NUMERO INCENDI

MESE

Dati Coordinamento regionale CFS

Grazie allazione di monitoraggio svolto su tutto il territorio, stato rilevato che le ore del giorno durante le quali si sono registrati il maggior numero di incendi sono quelle centrali, tra le 12 e le 16.

INCENDI BOSCHIVI IN PIEMONTE - ANNO 2003 (Gennaio-Settembre) Suddivisione incendi secondo l'ora di accadimento

NUMERO INCENDI

ORARIO

Dati Coordinamento regionale CFS 3

Per contrastare questo eccezionafoto: Fulvio Raggio le fenomeno la Regione Piemonte ha attivato il suo dispositivo antincendi costituito dal personale del Corpo Forestale dello Stato - che opera con compiti di coordinamento ed in Sala Operativa - ed il Corpo Volontari AIB del Piemonte: 6200 Volontari divisi in 51 comandi di distaccamento e 239 squadre su tutto il territorio. Tutti i Volontari che intervengono nelle operazioni di lotta attiva agli incendi boschivi sono preventivamente attrezzati dalla Regione Piemonte - che fornisce il Corpo degli appositi dispositivi di protezione individuale di III categoria (contro il rischio di morte o invalidit grave e permanente) - ed addestrati attraverso un programma formativo progressivo. Grazie alla formazione stiamo ottenendo importanti risultati soprattutto in termini di maggiore sicurezza degli operatori: durante la stagione estiva, nonostante il gran numero di incendi, si sono registrati 11 incidenti non gravi, e nessuno dei volontari ha riportato lesioni da fuoco. "Alla luce di quanto accaduto questestate - sostiene lAssessore regionale alla montagna Roberto Vaglio - la Regione Piemonte si sta dotando di nuovi strumenti che le consentano di affrontare efficacemente la campagna incendi invernale. Innanzitutto dovremmo verificare, con il contributo degli esperti, se quello estivo sia un fenomeno da considerare eccezionale o se, purtroppo, possa diventare la norma: in tal caso sar necessario aumentare le risorse investite nella lotta agli incendi poich, in questo caso, i 5 milioni di euro che la Regione Piemonte spende ogni anno non sarebbero certamente sufficienti. Inoltre, mentre si stanno adeguando le procedure operative attualmente in vigore, stiamo per stipulare una nuova convenzione con il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, soprattutto per quanto riguarda i problemi creati dalle aree di interfaccia. Nei prossimi mesi proseguir a ritmo serrato il programma regionale di formazione, rivolto sia al personale professionale che a quello volontario, e verranno acquistate nuove dotazioni di sicurezza e attrezzature di lotta per il Corpo Volontari AIB. Entro linverno, infine, sar pronta la nuova Sala Operativa Unificata Permanente, prevista allarticolo 7 della legge quadro sugli incendi boschivi."
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Iniziativa di collaborazione tra la Regione e il MIUR

A SCUOLA DI MONTAGNA
di Barbara CAMUSSO
Nel mese di novembre ha preso il via il primo corso per i docenti delle scuole medie superiori sui temi della montagna: circa 80 insegnanti provenienti dagli istituti della provincia di Torino e Cuneo hanno infatti partecipato alle prime quattro ore di lezione. Tra i docenti del primo corso che si tenuto a Torino, cerano anche lAssessore regionale alla Montagna Roberto Vaglio e il Direttore regionale del MIUR Luigi Catalano che, nel corso della conferenza stampa che si tenuta nellintervallo delle lezioni, hanno illustrato contenuti e finalit del corso ed insieme con il VicePresidente del TOROC, Rinaldo Bontempi, hanno spiegato il collegamento di questa iniziativa con un concorso per i ragazzi delle scuole medie superiori XX Giochi Olimpici Invernali Torino 2006. Sport, Montagna e Valori Olimpici. Il corso di formazione sui temi della montagna rientra tra le iniziative comuni che lAssessorato alla Montagna e la Direzione regionale del MIUR hanno avviato in seguito alla firma del protocollo dintesa avvenuto lo scorso maggio. Il progetto ha visto la realizzazione di un seminario di 16 ore suddivise in 4 mezze giornate per sessione, (nel mese di dicembre stata coinvolta anche la provincia di Vercelli), durante le quali i docenti delle scuole medie superiori sono stati informati delle politiche regionali, nazionali e comunitarie per lo sviluppo durevole della montagna e del contesto legislativo e istituzionale di riferimento. Durante le lezioni sono stati dati loro gli elementi utili per la conoscenza del territorio e delle sue risorse ambientali, per la riscoperta dei valori culturali ed identitari ed stata delineata lesatta dimensione dellevento olimpico del 2006. Obiettivo di questa iniziativa ha dichiarato il direttore Regionale Luigi Catalano - stato fornire ai docenti i mezzi educativi e didattici che consentano loro di trasferire ai ragazzi una oggettiva informazione sul territorio montano, sulla sua economia e sulla societ che lo abita. Ci che ci proponiamo con questa operazione assolvere ad un preciso dovere formativo: consentire ai giovani di avere coscienza di tutte le occasioni a loro disposizione per impostare la propria vita, per decidere la propria professionalit e la propria fonte di reddito. Il territorio montano piemontese offre ai nostri giovani una interessante e sconosciuta chiave 5 di lettura per il loro futuro Abbiamo voluto ha aggiunto lAssessore regionale alla montagna Roberto Vaglio - lanciare loro un preciso messaggio: limmagine che si consolidata nellimmaginario collettivo - la montagna parco dei divertimenti per il fine settimana, una montagna residenza di Heidi e le sue caprette, riserva indiana di una cultura sconfitta la sommatoria di luoghi comuni da sfatare. Per contrastare la forza invasiva dei media che continuano a diffondere questa immagine deformata non sufficiente la buona volont degli amministratori. Lo strumento pi potente per fornire ai giovani unesatta conoscenza senzaltro la scuola. I docenti che hanno frequentato il corso di formazione potranno poi partecipare con le loro classi ad un concorso regionale promosso dal TOROC, dalla Regione Piemonte e dal MIUR per la realizzazione di progetti finalizzati alla pratica sportiva in ambiente naturale montano. Il progetto Sport, Montagna e Valori olimpici nasce dallesigenza della Regione Piemonte e del TOROC di promuovere presso i giovani piemontesi una conoscenza approfondita del territorio montano e della sua cultura e di cogliere loccasione dellevento olimpico del 2006 per offrire loro lopportunit di confrontarsi con i valori dello Sport e dellOlimpiade attraverso la pratica sportiva in ambiente naturale. Liniziativa mira a coinvolgere gli studenti per sperimentare un primo approccio a pratiche sportive in ambiente naturale, approfondire la conoscenza di s e del proprio rapporto con gli ambienti circostanti, affrontare lintreccio di temi quali montagna, sviluppo durevole e sostenibile e sport, stimolare la riflessione su temi e valori olimpici. Gli insegnanti che hanno frequentato il corso saranno invitati ad elaborare proposte di coinvolgimento di una classe in un soggiorno ambientale durante il quale dovr essere promossa la pratica sportiva, sottolineando la valenza dei valori olimpici e dellimportanza dellevento Olimpico per conoscere e riscoprire il territorio. Le classi coinvolte dal concorso che si svilupper su tre anni - dal 2004 al 2006 - saranno centosessanta ogni anno e di queste ne verranno premiate sessanta, quaranta dal TOROC e venti dallAssessorato alla Montagna, con un soggiorno educativo presso il Centro di educazione ambientale Pracatinat e presso i Centri del FORMONT, Centro di formazione professionale per la montagna. Ci siamo inseriti con coerenza - spiega Rinaldo Bontempi, vicepresidente del TOROC - nel percorso formativo avviato dallassessore Vaglio, apportando una riflessione sui valo-

ri olimpici, fondamentale in un territorio che si sta preparando a ospitare i Giochi Invernali. Questo percorso si integra perfettamente con il progetto di Educazione Olimpica del TOROC che ha lo scopo di far conoscere il mondo delle discipline olimpiche invernali e di far riscoprire lo stretto rapporto tra la citt e le sue montagne. Dallo scorso anno scolastico sono state coinvolte le scuole piemontesi, e pi avanti contiamo di allargare il progetto anche a numerose scuole di altre regioni. Nel corso della conferenza stampa di apertura, lAssessore Vaglio e il Direttore Catalano, hanno anche illustrato i risultati raggiunti dalla Regione Piemonte e dal MIUR in virt del Protocollo dintesa per la salvaguardia delle scuole di montagna. Grazie allazione congiunta delle due istituzioni, infatti, questanno stato possibile il regolare avvio delle lezioni anche in quei plessi scolastici di montagna dove il numero di alunni, in base alle disposizioni legislative, ne avrebbe imposto la chiusura.Il gruppo di lavoro misto Scuola-Regione-Comunit montane, costituito in seguito alla firma del protocollo dello scorso maggio con il compito di proporre azioni congiunte e mirate alla salvaguardia delle scuole di montagna, ha dapprima individuato le pi evidenti situazioni di criticit del servizio scolastico regionale, sia statale che paritario, quindi ha stabilito condivisi criteri dapprezzamento delle difficolt, infine dopo aver sollecitato la collaborazione delle Comunit Montane e dei Comuni per la rilevazione dei bisogni ha redatto un elenco delle criticit che richiedevano maggiore attenzione. La Direzione Scolastica Regionale, nel tentativo di limitare i disagi derivanti dal taglio delle dotazioni organiche del personale docente, ha in un primo tempo chiesto ai singoli Centri di Servizio Amministrativi di riconsiderare lorganico di diritto e di sanare le situazioni maggiormente critiche. Questo intervento ha riguardato diversi istituti di montagna, come ad esempio lIstituto Comprensivo di Piedi-

foto Roberto Chirio


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mulera, nel Verbano Cusio Ossola. Poi si passati allintervento su ulteriori situazioni di criticit che sono state affrontate, in particolare nelle pluriclassi, sia ricorrendo al frazionamento con un ulteriore docente a disposizione come ad esempio a Forno, nel VCO sia concedendo una seconda sezione con modulo 3 x 2 a Druogno, sempre nel VCO sia assegnando un docente aggiuntivo di posto comune, come avvenuto a Cesana Torinese e a Celio. LAssessorato alla Montagna della Regione Piemonte intervenuto in tutte le altre situazioni, finanziando con 155 mila euro tre istituti in condizioni di criticit e sette scuole sussidiate, assegnando circa 400 mila euro per consentire a 41 pluriclassi in difficolt di integrare il personale docente, infine concedendo 233 mila euro per linsegnamento della lingua straniera. Il mantenimento dei servizi essenziali ha dichiarato lAssessore alla Montagna Roberto Vaglio condizione fondamentale per evitare che la montagna venga abbandonata: garantire il servizio scolastico da sempre una priorit per il Governo del Piemonte che dal 1998 ad oggi ha investito circa 5 milioni di euro per garantire ai bambini delle Valli piemontesi unofferta scolastica competitiva ed omogenea su tutto il territorio regionale. Grazie allazione congiunta dellAssessorato alla montagna e della Direzione regionale del MIUR questanno siamo riusciti ad impedire la chiusura di molti presidi scolastici, evitando gravi disagi ai bambini e alle famiglie, scongiurando un loro possibile trasferimento in pianura. La presenza delluomo in montagna ed in particolare di popolazione giovane fondamentale per lo sviluppo delle aree montane, per la conservazione del patrimonio ambientale, per il mantenimento dellidentit e della cultura locali, nonch per la sicurezza dellintero territorio regionale. Questa esperienza ci insegna che la collaborazione e le sinergie tra istituzioni risultano vincenti anche quando le sfide sono particolarmente impegnative ha aggiunto il Direttore regionale del MIUR Luigi Catalano. Senza dubbio il lavoro da fare ancora molto per consentire alle scuole di montagna di essere davvero competitive in termini di qualit del servizio offerto rispetto a quelle dei centri urbani. Tuttavia, la lezione che abbiamo tratto fino ad ora che la condivisione di progetti comuni fra scuola ed istituzioni del territorio, realizzati fianco a fianco, pur nel rispetto doveroso delle reciproche competenze, fondamentale per la crescita e per il miglioramento dellintero sistema.

Alcuni dati sui finanziamenti accordati...


Finanziamenti ad Istituti in condizioni di particolare criticit DEMONTE PRALI CERES TOTALE Finanziamenti per le scuole sussidiate VALLI ORBA, ERRO, BORMIDA DI SPIGNO (Ponzone) ALTA VALLE ORBA, ERRO, BORMIDA DI SPIGNO VALLI PO, BRONDA E INFERNOTTO (Brondello) VALLI ORCO E SOANA (Alpette) (Ronco Canavese) (Valprato Soana) ALTO CANAVESE (Canischio) Importo in Euro 20.450,00 20.450,00 20.450,00 61.350,00 7.011,84 12.260,00 20.450,00 10.329,14 10.329,12 20.450,00 12.600,00

Finanziamenti alle ComunitMontane per la razionalizzazione delle pluriclassi CHISONE E GERMANASCA 20.449,44 ALTA VALLE ORBA ERRO E BORMIDA DI SPIGNO 44.991,44 ALTA VAL LEMME ALTO OVADESE 3.873,00 VAL BORBERA E VALLE SPINTI 12.068,00 LANGA ASTIGIANA-VAL BORMIDA 20.024,40 VALLE MOSSO 2.500,95 ALTA VALLE CERVO - LA BURSCH 20.450,00 PREALPI BIELLESI 3.408,24 VALLE MAIRA 19.619,56 VALLI PO BRONDA INFERNOTTO 26.680,92 VALLI MONREGALESI 20.450,00 ALTA LANGA 23.238,00 VALLE VARAITA 5.162,40 VALLE GRANA 10.225,00 VAL SANGONE 11.820,60 VAL PELLICE 20.450,00 VALLI DI LANZO 24.745,32 ALTO CANAVESE 15.000,00 BASSA VALLE SUSA E VAL CENISCHIA 40.900,00 VALCHIUSELLA 12.000,00 MONTE ROSA 6.300,00 ALTO VERBANO 2.065,60 VALLE ANTRONA 18.590,40 ANTIGORIO DIVEDRO FORMAZZA 1.420,10 VALSESIA 9.811,60 TOTALE
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396.244,97

Premiati i vincitori del Secondo concorso regionale

I formaggi dalpeggio della Montagna del Piemonte


Sabato 15 novembre si svolta la premiazione del Secondo concorso regionale I formaggi di alpeggio delle Montagne piemontesi, organizzato dallAssessorato alla Montagna della Regione Piemonte in collaborazione con lAssociazione delle Casare e dei Casari di Azienda Agricola, a Cavour, nellambito delle manifestazioni di Tutto Mele. Bandito in primavera, il concorso ha riscontrato durante lestate grande interesse da parte dei produttori di formaggio di montagna e soprattutto di alpeggio, tanto che sono si sono iscritti oltre 100 partecipanti, aziende agricole operanti in comuni montani che trasformano direttamente il proprio latte, in rappresentanza della quasi totalit delle zone montane del Piemonte I prodotti in concorso erano il burro di Alpeggio, il caprino presamico di Alpeggio, il Maccagno di Alpeggio, il Nostrale di Alpeggio, la Ricotta stagionata di Alpeggio, la Toma piemontese di alpeggio a latte intero, la Toma piemontese di alpeggio a latte parzialmente scremato, il Formaggio particolare ed il Raschera dalpeggio D.O.P. In mattinata la Giuria, composta dagli Assaggiatori dellOnaf, Organizzazione Nazionale degli assaggiatori di formaggio, ha valutato i formaggi in concorso ed espresso i propri giudizi, decretando i primi tre classificati per ciascuna categoria. I vincitori del concorso sono stati premiati nel pomeriggio dal Presidente del Parco del Po Cuneese, Alfio Locatelli, in rappresentanza dellAssessore regionale alla Montagna, Roberto Vaglio che non potuto intervenire perch
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in Sicilia per una Conferenza Intergovernativa sulla Montagna. La prima edizione del concorso regionale dedicato ai formaggi dalpeggio, - ha dichiarato lAssessore regionale alla montagna Roberto Vaglio stata una sorta di sfida che la Regione Piemonte ha voluto lanciare alla globalizzazione dei gusti e degli affari, in favore del recupero della tipicit e dellidentit territoriale dei prodotti. Il grande successo che liniziativa ha riscosso sia tra i produttori che tra i consumatori ci ha convinti a ripetere lesperienza che diventer un appuntamento annuale per la promozione delle produzioni tipiche della montagna e per dare un giusto riconoscimento del lavoro dei margari. Il concorso si inserisce tra le iniziative che la Regione Piemonte sta attuando per incentivare i produttori a migliorare ulteriormente la qualit dei loro prodotti e ad accrescerne la competitivit: sviluppare in chiave moderna unattivit tradizionale pu diventare, infatti, punto di forza per il territorio, non solo perch occasione di nuova e

qualificata imprenditorialit locale ma anche per gli effetti indotti sul sistema turistico, laddove i centri di produzione possono diventare di richiamo sia per lacquisto di un prodotto che diventa esclusivo di quel luogo, sia per la visione diretta dei metodi di produzione. Tutti i concorrenti hanno ricevuto un attestato di partecipazione, mentre i primi tre classificati sono stati premiati con un diploma, un tagliere di design realizzato appositamente dallarchitetto Parenti ed un bollino da applicare ai loro prodotti, a riconoscimento della qualit e della tipicit delle loro produzioni. Ed il bollino consegnato ai partecipanti svolge proprio queste funzioni: mentre consente ai consumatori di riconoscere immediatamente il prodotto, li garantisce rispetto alla provenienza ed alla genuinit di quanto acquistano e contemporaneamente diventa uno strumento di promozione e valorizzazione per i produttori. Garantire il produttore ed il consumatore un obiettivo importante per lAssessorato alla Montagna della Regione Piemonte che a questo scopo ha anche realizzato, in collaborazione con il Politecnico di Torino, un progetto per la rintracciabilit della filiera del latte. Ma cosa significa affermare che un prodotto alimentare rintracciabile? Secondo la normativa europea, la rintracciabilit di filiera intesa come la capacit di ricostruire la storia e di seguire lutilizzo di un prodotto mediante identificazioni documentate, individuando quindi le aziende che hanno contribuito alla formazione di un dato prodotto alimentare. Tale identificazione basata sul monitoraggio dei flussi materiali dal campo alla tavola, cio dal produttore della materia prima
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al consumatore finale. In poche parole, solo quando e se siamo in grado di identificare le aziende che hanno contribuito alla sua formazione possiamo parlare di rintracciabilit. La rintracciabilit efficace se viene estesa a tutta la filiera e pertanto a tutti gli operatori coinvolti nella determinazione delle caratteristiche del prodotto ed acquista maggior valore se riferita a prodotti tipici, in particolare se originari di aree ben definite o definibili a loro volta certificate o certificabili: prodotto certificato in territorio certificato. Recenti tendenze di mercato dimostrano che la qualit e la sicurezza rafforzano la fiducia del consumatore, sempre pi alla ricerca di prodotti semplici e genuini, che ricordano i sapori antichi e metodi di lavorazione tradizionali, ma garantiti da un punto di vista organolettico, nutrizionale e della sicurezza duso. La rintracciabilit diventa dunque un importante strumento a disposizione dei consumatori ma anche dei produttori per la valorizzare i propri prodotti. In particolare, la ricerca condotta dal Politecnico di Torino dimostra il fatto che lapplicazione di un sistema di rintracciabilit di filiera dei prodotti agro-alimentari ad un prodotto tipico di un territorio montano pu effettivamente contribuire ad un pi ampio progetto di valorizzazione

questo ringrazio lAssessorato alla Montagna che ha creduto nelliniziativa. Individuare i vincitori - ha dichiarato il presidente dellOnaf Italiana Pier Carlo Adami questanno stato particolarmente difficile, perch la Giuria ha colto un generale miglioramento ed una certa uniformit della qualit dei prodotti in concorso, testimonianza della cura con cui i margari hanno voluto presentarsi a questo appuntamento. del territorio nel suo complesso Lobiettivo che la Regione Piemonte vuole raggiungere quello di favorire lo sviluppo economico della montagna, incoraggiare nuovi insediamenti abitativi ed economici, al fine di contrastare labbandono delle aree marginali e il degrado ambientale che questo comporta. Senza il lavoro delluomo, senza gli alpigiani, infatti, rischieremo di perdere non solo i prodotti di eccellenza della montagna piemontese, ma anche tutte le altre risorse di questo ambiente straordinario. Lassociazione delle Casare e dei Casari di Azienda Agricola - ha dichiarato il Presidente Guido Tallone pur essendo una giovane associazione, ha gi una storia importante che in continua evoluzione: i nostri soci sono attualmente un centinaio, 63 dei quali allevatrici ed allevatori che trasformano direttamente il proprio latte in azienda. Linteresse che i casari hanno dimostrato per questa iniziativa, la prova che anche una giovane associazione possa realizzare nuove idee, se adeguatamente sostenuta e di
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QUESTI I CAMPIONI PER OGNI CATEGORIA:


BURRO DALPEGGIO 1 CLASSIFICATO: 2 CLASSIFICATO:: 3 CLASSIFICATO: Az.Agr. Simonetti Silvano Az.Agr. Giletta Mario Costanzo Az.Agr. Cipriano Moliner Mario Crodo(VB) Pragelato(TO) Quincinetto(TO)

CAPRINO PRESAMICO DI ALPEGGIO 1 CLASSIFICATO: 2 CLASSIFICATO: 3 CLASSIFICATO: Az.Agr. Cottino Giorgio e Ornella Az.Agr. Giorgis Maria Maddalena Az.Agr. Durand Canton Franco Rocca Canavese(TO) Valdieri(CN) Bobbio Pellice(TO)

MACCAGNO DI ALPEGGIO 1 CLASSIFICATO: 2 CLASSIFICATO: 3 CLASSIFICATO: Az.Agr. Guglielmina Silvano Az.Agr. Prina Cerai Aldo e Elisa Az.Agr. Venara Ugo Rassa (VC) Vallanzengo (BI) Alagna Valsesia (VC)

NOSTRALE DI ALPEGGIO 1 CLASSIFICATO: 2 CLASSIFICATO: 3 CLASSIFICATO: Az.Agr. Dalmasso Giovanni Az.Agr. Viale Barbara Az.Agr. Ellena Giuseppe Crissolo(CN) Sampeyre(CN) Marmora(CN)

RICOTTA STAGIONATA DI ALPEGGIO 1 CLASSIFICATO: 2 CLASSIFICATO: 3 CLASSIFICATO: Az.Agr. Giorgis Maria Maddalena Az.Agr. Duran Canton Franco Cascina Rosa Valdieri(CN) Bobbio Pellice(TO) Cantalupa(TO)

TOMA PIEMONTESE DI ALPEGGIO A LATTE INTERO 1 CLASSIFICATO: 2 CLASSIFICATO: 3 CLASSIFICATO: Az.Agr. Catalin Natalino Az.Agr. Gonnet Sabina Az.Agr. Giletta Mario Costanzo Villar Pellice(TO) Bobbio Pellice(TO) Pragelato(TO)

TOMA PIEMONTESE DI ALPEGGIO A LATTE PARZIALMENTE SCREMATO 1 CLASSIFICATO: 2 CLASSIFICATO: 3 CLASSIFICATO: Az.Agr. Ramella Lorenzo Az.Agr. Catalin Bruno Az.Agr. Lussiana Erminio Sordevolo(BI) Bobbio Pellice(TO) Giaveno(TO)

FORMAGGIO PARTICOLARE 1 CLASSIFICATO: 2 CLASSIFICATO: 3 CLASSIFICATO: Az.Agr. Lo Puy di Alifredi G. Az.Agr. Versino Aldo Cascina Rosa S.Damiano M.(TO) Giaveno(TO) Cantalupa(TO)

RASCHERA DI ALPEGGIO D.O.P. 1 CLASSIFICATO: 2 CLASSIFICATO: 3 CLASSIFICATO: Az.Agr. Revelli Pier Luigi Az.Agr. Merlatti Pietro Luigi Az.Agr. Pioppi Pietro 11 Frabosa Soprana(CN) Frabosa Soprana(CN) Roccaforte M.(CN)

In margine alla festa pi popolare nelle valli di montagna

I SEGNI, i SIMBOLI e i RITI di NATALE


di Franco COMINO PREMESSA La festa del Natale collima con il solstizio invernale, quando lentamente comincia ad invertirsi il ciclo che vede la notte prevalere sul giorno, iniziatosi con lequinozio di settembre, dove la luce e le tenebre hanno la stessa durata. Col solstizio sincomincia ad intravedere il lento riaffermarsi della luce-vita-salvezza sulle tenebre-morte-peccato, che culminer poi con lequinozio di primavera e la festa di Pasqua. A Natale ed a Capodanno perci convivono riti che in parte esorcizzano il passato e dallaltra promuovono il bene, labbondanza ed i buoni auspici. Gi i Romani celebravano il solstizio invernale come inizio dellanno nuovo, ma fu soprattutto laffermarsi del Cristianesimo a legare le feste di questo periodo con la nascita di Cristo, che ha iniziato la nuova era, la nostra. Ma i segni, i simboli ed i riti che si conoscono a Natale affondano le loro origini nelle epoche preistoriche, quando i fal, i suoni e le luci simboleggiavano la vita, il sole, il giorno, il ritorno alla prosperit: il bruciare anche fisicamente a Capodanno lanno vecchio significa cancellare i brutti ricordi, i disagi e le difficolt passate, significa augurare nuova vita ed un felice rinnovamento. Quali i segni ed i riti pi noti? Lalbero di Natale, il presepe ( di cui si scritto ne: I QUADERNI DELLA REGIONE PIEMONTE MONTAGNA n. 22), le usanze ed i simboli, i doni. (Alcune notizie sono state tratte da Fernando e Gioia Lanzi Il presepe ed i suoi personaggi Editoriale Jaca Book s.p.a. Milano 2000 ).
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LALBERO DI NATALE Labitudine ad innalzare un albero, carico di addobbi e di doni, antecedente allaffermazione del presepe , tipico delle zone mediterranee. Luso di fronde rituali e beneauguranti affonda le sue radici nel periodo antecedente a quello cristiano. Simbolicamente lalbero, ben radicato nella terra e che sinnalza verso il cielo, pu rappresentare luomo stesso che tende allalto, al divino. Lalbero rappresenta ancora la vita stessa: dopo il riposo invernale riprende una nuova vita, che produce nuovi germogli, nuovi fiori e nuovi frutti. In quasi tutte le antiche civilt troviamo alberi sacri, dai Germani ai Maya, dai Sumeri agli Egiziani, dai Cristiani ai Buddisti. Sovente lalbero di Natale viene contrapposto al presepe come simbolo di una festa laica, non religiosa. Ma si trascura il fatto che lalbero di Natale nasce proprio dalle sacre rappresentazioni medioevali, di cui il presepe il

USI, SEGNI e SIMBOLI Nella festa del Natale ricorrono alcuni usi e diversi simboli, veicolati attraverso lera cristiana direttamente dalle epoche precedenti. Molti segnano riti augurali. Le ghirlande di rami intrecciati, simili a corone, o anche semplicemente rami dalbero appesi alle porte esterne, ma anche interne delle case sono beneauguranti. Fatte di vegetali sempreverdi, quali rami resinosi, vischio, pungitopo e agrifoglio, rappresentano la vita che continua e che non decade mai. Le ghirlande di paglia o con spighe di grano simboleggiano a loro volta la prosperit. Cos i fal che punteggiano le vallate, se da una parte rappresentano il vecchio che muore e la purificazione, dallaltra con la vivacit del fuoco indicano la luce e la vita, mentre dal levarsi delle faville si traggono auspici beneauguranti. Sovente un tempo il mondo agreste si riuniva attorno al fal comunitario per un momento conviviale e per brindare al tempo futuro. I giovani, facendosi investire dal fumo, saltavano i carboni ardenti e la brace, per simboleggiare il superamento delle angustie e delle difficolt a venire. A volte un po di brace veniva portata a casa per attivare con il fuoco comunitario anche quello domestico e per durare cos tutto il nuovo anno. Molti sono poi i dolci di Natale, perch tutto quello che "dolce" sinonimo di benessere e di abbondanza. In ogni vallata, in ogni paesello, anche il pi sperduto, la tradizione familiare riporta dolci di Natale, fatti sovente con miele, uvetta, mandorle, castagne, panna, accompagnati sempre da frutta secca, noci, nocciole, fichi, torrone. Anche le lenticchie a Capodanno e, tra la frutta, il melograno e luva sono beneauguranti, perch ricordano labbondanza e la prosperit. Da altri segni e sono numerosi si traggono auspici e previsioni. Molto diffusa a cavallo delle Alpi e quindi anche in Provenza la tradizione del ceppo di Natale, per lo pi un grosso tronco di rovere, che si cerca di far bruciare il pi a lungo possibile, addirittura fino a Capodanno. Sono evidenti i riferimenti alla luce-vita, al fuoco simbolo della veglia, della casa e dellospitalit. Anche le stesse
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segno pi evidente. Nelle sacre rappresentazioni, legate alla festivit del Natale, si proponevano tutti gli eventi sacri, a cominciare dal Paradiso Terrestre, da Adamo ed Eva e dallalbero del peccato: il melo.Nelle regioni nordiche non sempre si trovavano meli, n tanto pi ad alte quote, daltra parte poi in inverno i meli sono spogli e senza frutti. Di qui ad utilizzare lalbero pi comune, labete, per di pi sempreverde, e soprattutto a sezione triangolare (simbolo della Trinit), il passo fu breve. Bast appendere frutti di stagione alle sue fronde, ed ecco lalbero di Natale! Non solo, ma secondo la Leggenda Aurea dal legno dellalbero del Paradiso Terrestre deriv il legno con cui venne costruita la croce, ossia lalbero della salvezza. La salvezza poi rappresentata dallostia divina, che mette luomo in comunione con Dio. Di conseguenza si cominci ad adornare gi nel sec. XVII in Alsazia lalbero di Natale con mele ed ostie. Anche di qui il passo ad utilizzare prima piastrine colorate e luccicanti, sfere di vetro variopinte e poi dolci, simboleggianti le mele e le ostie, fu altrettanto breve. Pi avanti nel tempo per rappresentare labete di Natale come lalbero sacro della salvezza e della luce si utilizzarono candeline e nastri colorati. A poco a poco lalbero di Natale si diffuse in tutta lEuropa e ad ogni latitudine, e venne interpretato, in mancanza di abeti, anche con altri alberi autoctoni, quali le palme. In Italia e nelle nostre vallate sovente, poi, alla base dellalbero viene collocato il presepe.

ceneri, sparse nei campi, li renderebbero pi fertili e favorirebbero il raccolto di tutto lanno. Cos dai primi giorni di gennaio si possono trarre previsioni sullandamento di tutto il nuovo anno: dal 1 al 12 gennaio ogni giorno rappresenta il mese corrispondente con il relativo clima. Se il primo nevoso, si prevede un gennaio sicuramente freddo e con molte precipitazioni, e cos via. I DONI Il dono ha un profondo significato simbolico, e lo si trova in ogni epoca e ad ogni latitudine. Mette in relazione due persone, uno che d spontaneamente con un atto damore, e laltro che riceve senza riserve, con tutta la sua disponibilit. Rappresenta un legame, un vincolo, una profonda conoscenza e suggella sempre una consuetudine ed una familiarit. Dai poemi omerici fino ai nostri giorni il dono non mai stato un gesto convenzionale, presuppone sempre, a priori, un pensiero, una scelta, un ringraziamento. Ora forse i doni sono rappresentati da oggetti magari superflui, ma latto del donare sempre un segno incontrovertibile di affetto. Un tempo i doni erano sovente cibi, forse pi ricchi, meno consueti, spesso consumati insieme in una vita pi comunitaria. A Natale lunga tradizione di scambiarsi gli auguri accompagnandoli con doni. In particolare i soggetti cui si pensa di pi sono i bambini, proprio perch il dono, oltre che un atto daffetto, ha il compito di augurare ogni bene e felicit. E di tutti i tempi da parte dei bambini scrivere le letterine, per indirizzare i gusti di Ges Bam14

bino o di Babbo Natale o di Santa Lucia o della Befana. La letterina una sorta di contratto: star pi buono, studier anche la tabellina dei numeri e potr cos sperare di avere la Play Station! Ma non per tutti i regali arrivano a Natale, nel Veneto e nel Trentino Santa Lucia che porta i doni il 13 dicembre. A cavalcioni di un asino la Santa, protettrice della vista e degli occhi, dispensa giochi, dolci e regali ai bambini buoni, mentre agli altri lascia in omaggio una frusta. Il tutto legato alla leggenda secondo la quale in un paese siciliano imperversava una malattia che rendeva ciechi i bambini. I parenti scalzi, portando i bambini ammalati, andarono in pellegrinaggio al Santuario di Santa Lucia. Gli ammalati, non solo tornarono del tutto guariti, ma trovarono a casa le scarpe piene di regali. Nelle nostre valli i bambini un tempo avevano il filo diretto con Ges Bambino ed ora soprattutto con Babbo Natale, il buon vecchio pacioso vestito di rosso, che passa di casa in casa, al suono di un campanello, su una slitta trainata dalle renne, per portare i doni. Ma la storia di Babbo Natale deriva da San Nicola di Bari, che nacque nel 255 d.C. a Patara in Turchia. Egli, gi da giovane, salv dal postribolo tre povere ragazze senza dote. Divenne, come prescelto da Dio, vescovo di Mira nella Licia, dove difese i cristiani dalla persecuzione di Diocleziano. Visse in odore di santit fino alla sua morte nel 334 d.C. Quando i Turchi stavano per occupare la Licia, i Baresi trafugarono le sue spoglie portandole nella loro citt, dove innalzarono il Duomo che tuttora ne conserva le reliquie. Molti i miracoli a lui attribuiti, tra cui la salvezza di tre ufficiali bizantini condannati a morte, perch accusati ingiustamente di tradimento. Poich gli innocenti, nella simbologia pi corrente, sono rappresentati dai bambini, ecco che nella leggen-

da i tre divennero dei bambini, fatti a pezzi da un oste e messi in salamoia. Manco a dirlo, San Nicola li risuscit: ecco perch nella sua raffigurazione il Santo rappresentato sempre con tre bambini.

E una vecchia, brutta e sdentata, a cavallo della scopa, che da una parte bonaria perch porta i doni ai bambini buoni, ma dallaltra severa perch porta il carbone a quelli pi cattivi. Ges Bambino, Santa Lucia, Babbo Natale, la Befana, nella tradizione cristiana ebbero come grandi precursori i tre Re Magi, che seguendo la stella cometa raggiunsero la capanna della nascita di Ges per adorarlo e per portare in dono oro, incenso e mirra.

foto: Giorgio Ricaldone

Il 6 dicembre era giorno di festa per gli allievi del collegio Saint Nicolas du Louvre ed era consuetudine che a turno uno scolaro, vestito in abito vescovile rosso, gratificasse i compagni con dei doni. Di qui nato Sankt Nikolaus, Sancta Klaus, lodierno Babbo Natale, cui a met del secolo XIX Thomas Nast diede le attuali sembianze di vecchietto sorridente, allegro, paffuto e vestito di rosso. Simile la vicenda della Befana, figura del tutto italiana, che deriva il suo nome da Epifania.
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Il primo, regalo classico per i sovrani, sta a significare che Ges Bambino era un re; lincenso, che si utilizzava per venerare gli dei, sottolinea la sua divinit; la mirra, che si usava per imbalsamare i corpi e preservarli dalla morte terrena, allude alla sua eternit. Cos Baldassarre, Melchiorre e Gaspare, pur senza saperlo, pi di duemila anni fa, hanno precorso unusanza la pi comune, la pi popolare, la pi diffusa in tutto il mondo e la pi amata non solo dai bambini!

LA MONTAGNA IN UN CLICK
di Carla TARICCO e Enrico VIVIANO
Di fronte a una straordinaria cornice di persone con la partecipazione di Amministratori regionali e provinciali questa estate si sono aperte le porte del Museo del Parco Alta Valle Pesio e Tanaro. Lo spazio allestito allinterno del centro che porta il nome di Aldo Viglione - Presidente della Giunta Regionale scomparso quindici anni fa , ospita trecento fotografie in bianco e nero scattate dal fotografo chiusano Michele Pellegrino. Il percorso si articola in otto sezioni: luoghi dellacqua, incanti ordinari, visage del contemplation, Alta Langa, scene di matrimonio, Alpi Liguri Marittime e Cozie, Monte Bianco e una traccia nel tempo. Il comune denominatore la montagna, il suo spopolamento raccontati con realismo. Spiega il fotografo Michele Pellegrino: si tratta di atmosfere che altrimenti sarebbero condannate alloblio; ho girato le vallate, le frazioni e quasi tutte le case di montagna della Granda; ho parlato con le persone cercando di capire i loro stati danimo ed ho chiesto loro di poterli immortalare; cos stato anche per i matrimoni, alcuni scatti possono sembrare fuori luogo, ma in quelle immagini c il desiderio di come volevano apparire le persone in quel preciso istante. Vengono proiettate le immagini dellacqua che scorre dalle sorgenti della valle, gli animali si muovono nel verde della vallata, le abitazioni tipiche della zona, i volti dei frati e delle monache della Certosa di Pesio. Il medesimo percorso una sequenza da capire e per andare fino in fondo bisogna leggere le didascalie, ma sono pochi a farlo; la maggior parte delle persone si limita guardare limmagine. Il limite dato dalla cultura popolare che non conosce la fotografia- conclude Pellegrino - dicendo che i fotografi in genere non sono grandi parlatori, altrimenti costruirebbero con le parole e non con le immagini. Nellambito dellinaugurazione della struttura sono stati presentati i progetti ai quali stanno lavorando da tempo il Presidente Riccardo Mucciarelli e la sua quipe del Parco con forza di volont ed entusiasmo per proiettare la Valle Pesio verso un importante sviluppo socio-economico: verranno ospitati alcuni abitanti provenienti da Burkina Faso, una delle zone pi povere dellAfrica, a formarsi per la protezione ambientale. Allesterno invece stato realizzato un giardino ornamentale che ospita piante rare e dallo scorso anno attivo un centro di floristica che si occupa della conservazione delle specie, che sar ampliato con una banca di semi delle piante a rischio di estinzione. Inoltre allinterno del centro Aldo Viglione si terranno incontri e convegni: lobiettivo dellente valorizzare il territorio, coinvolgendo soprattutto i giovani al fine di dare vita a progetti comuni per la preparazione dei ragazzi verso nuovi orizzonti lavorativi ; fare conoscere i beni ambientali della regione e sensibilizzare i visitatori in merito al recupero ed alla valorizzazione del patrimonio naturalistico.

foto Enrico Viviano 16

Premiati i vincitori del 1 concorso di

architettura montana di qualit


Gli architetti Pierangelo Bianconi, di Domodossola, e Monica De Silvestro, di Bussoleno, sono i vincitori del primo concorso regionale di Architettura Alpina di qualit. Secondi classificati lo Studio di Architettura Negozio Blu Architetti Associati di Torino e lArchitetto Gian Mario Bertarione, di Cuneo. A premiarli sono stati lAssessore regionale alla Montagna, foreste e beni ambientali Roberto Vaglio, lArchitetto Cristiana Lombardi Sertorio ed il Presidente dellUnione Cavatori Marco Ribotta che oggi, mercoled 26 novembre, hanno consegnato loro i premi: 2.500 euro ciascuno ai primi, messi a disposizione dalla Regione, e 1.250 euro ciascuno ai secondi, assegnati dallUnione Cavatori. Il concorso stato indetto dalla Regione Piemonte per promuovere la progettazione di qualit nelle aree montane ed incentivare il recupero e la valorizzazione delle tradizioni tipologiche e costruttive locali e luso dei materiali tipici. Bandito nel mese di maggio, il concorso era aperto a tutti i professionisti - architetti, ingegneri e geometri - iscritti agli Ordini o Collegi del Piemonte che avessero realizzato nuove costruzioni, interventi recupero di costruzioni esistenti ed interventi di recupero e sistemazione ambientale realizzate in comuni appartenenti alle comunit montane. Le dieci opere in gara, tutte rientranti nelle prime due categorie, sono state esaminate dalla Giuria composta dai membri della Commissione Regionale per la tutela e
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la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, integrata dallArchitetto Pier Benato in rappresentanza della Federazione regionale degli Architetti, dallIng. Tullio Finzi della Federazione regionale degli Ingegneri, dal Prof. Roberto Gambino del Politecnico di Torino e dal prof. Roberto Chiabrando dellUniversit degli Studi di Torino.
1 classificato cat. B - Arch. De Silvestro

1 classificato cat. A - Arch. Bianconi A vincere sono state le due opere che, secondo la Giuria, hanno saputo coniugare meglio innovazione e tradizione, trovando il giusto equilibrio tra le esigenze di modificazione del paesaggio con quelle di tutela di un ambiente particolarmente fragile e suggestivo quale quello montano. Il centro polivalente realizzato dallarchitetto Bianconi nel comune di Santa Maria Maggiore e la ristrutturazione della casa di Bussoleno dellArchitetto De Silvestro sono esempi di unarchitettura montana innovativa capace di utilizzare sapientemente tecniche e materiali tradizionali legno e pietra soprattutto- per rispondere ad esigenze moderne di funzionalit, attraverso un inserimento armonioso e ben integrato nel contesto paesaggistico di riferimento. Anche ledificio realizzato a Sestriere dallo Studio Negozio Blu Architetti e la ristrutturazione del Rifugio Raimondino di Valdieri dellArchitetto Bertarione presentano caratteristiche simili, come ha illustrato lArchitetto Lombardi Sertorio la quale, in rappresentanza della Giuria, ha descritto le opere in concorso ed i metodi di valutazione seguiti dalla Commissione. Il concorso regionale sullarchitettura montana di qualit ha riscosso un successo inaspettato: nonostante si trattasse della prima edizione e i pro18

fessionisti avessero solo due mesi per iscriversi, infatti, ladesione stata buona ed i progetti presentati di qualit. Ci che la Regione Piemonte si propone attraverso questa iniziativa proprio incentivare i progettisti a prestare maggiore attenzione alle ricadute dei loro progetti sia in termini paesaggistici che socioeconomici. In montagna, soprattutto nelle localit turistiche, infatti, ledificazione selvaggia del passato ha compromesso talvolta irrimediabilmente il paesaggio, danneggiando la collettivit e frenando lo sviluppo delle Vallate. Il termine paesaggio, secondo quanto stabilito dalla Convenzione Europea, designa una determinata parte di territorio, cos come percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dallazione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni. Da questa semplice definizione emerge con chiarezza che il paesaggio la risultante della presenza e dellinterazione tra luomo e la natura, tra il costruito ed il non costruito, tra ambiente urbano e rurale o montano, testimonianza delle evoluzioni sociali e culturali che caratterizzano una comunit. Nella nostra regione, gi a partire dagli anni 80, si consolidata unattenzione al recupero dei nu-

2 classificato cat. B - Arch.Bertarione

clei storici, ma analoga attenzione mancata nei confronti delle nuove espansioni e verso la qualit della produzione edilizia. Da qui limportanza di incentivare la progettazione di qualit Tutelare il paesaggio dunque un dovere ma al tempo stesso un diritto che spetta ad ogni comunit, per conservarne e valorizzarne gli aspetti significativi o caratteristici e per accompagnare i cambiamenti futuri riconoscendo la grande diversit e la qualit dei paesaggi che abbiamo ereditato dal passato, sforzandosi di preservarle, o ancor meglio di arricchirle. In questo complesso e delicato ambito, la Regione ha il compito istituzionale di disciplinare gli interventi ammissibili, armonizzando le esigenze economiche con quelle sociali e ambientali che mirano a garantire la cura co19

stante dei paesaggi e la loro evoluzione armoniosa, allo scopo di migliorare la qualit della vita in funzione delle aspirazioni delle popolazioni. Tutelare sottolinea l'assessore Roberto Vaglio - non significa congelare un ambiente: ci che occorre fare salvaguardare il carattere e la qualit di un determinato paesaggio ai quale le popolazioni riconoscono valore, sia per motivi naturali che culturali, consentendo delle trasformazioni dei luoghi che non ne compromettano la conservazione e che permettano un armonico sviluppo delle attivit umane. Nel 2004 il concorso verr riproposto: nel mese di marzo verr presentato il catalogo delle opere in concorso nel 2003 e diffuso il nuovo bando.
2 classificato cat. A - Negozio Blu Architetti

Squadre forestali regionali

Terminato il cantiere didattico sul recupero della sentieristica


di Giorgio CACCIABUE

Presso il Vallone di Campiglia in Val Soana, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, si svolto nell'estate scorsa il cantiere didattico relativo allapplicazione di tecniche di ingegneria naturalistica negli interventi di manutenzione dei sentieri di montagna organizzato dallAssessorato alla Montagna. Lattivita formativa ha coinvolto sia funzionari e tecnici professionisti sia operai delle squadre forestali alle dipendenze del Settore Gestione Propriet forestali regionali e vivaistiche della Regione Piemonte. Gli interventi individuati in collaborazione con il Parco Nazionale del Gran Paradiso sono stati realizzati durate il cantiere didattico da 3 squadre di operai forestali che hanno lavorato per due settimane. In totale hanno partecipato al corso 48 operai provenienti dalla squadre forestali regionali di tutte le province piemontesi utilizzando come formatori tre operai esperti: i capi squadra Marco Rapello (Torino) e Pierino Comaita (Verbania) e listruttore Sergio Ghio (Alessandria). LAssessorato alla Montagna fortemente impegnato nel recupero della sentieristica piemontese e le squadre forestali regionali, presenti ormai in tutte le valli piemontesi, attraverso la loro opera di manutenzione del territorio possono dare anche in questo campo un contributo importate con il loro bagaglio di professionalit e tradizione. Proprio la professionalit acquisita dallesperienza sul campo degli operai esperti deve essere giustamente trasmessa alle nuove leve attraverso la formazione professionale; di qui la necessit di realizzare cantieri didattici come quello di Campiglia.
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Gli interventi hanno riguardato il recupero di una parte del sentiero che diparte dalla strada vicinale di Rancio in localit Barmaion e porta alla localit Pianetto con le seguenti tipologie: COSTRUZIONE DI UN MURO A SECCO, COSTRUZIONE DI UN GUADO IN PIETRAME, COSTRUZIONE DI UN PONTICELLO IN LEGNO, REALIZZAZIONE DI SELCIATURA SU SENTIERO. Pi a valle, in localit Cugnon, si eseguito un esempio di drenaggio con fascinate. DESCRIZIONE INTERVENTI Di seguito sono illustrati gli interventi realizzati, per motivi di spazio viene dettagliata esclusivamente la realizzazione del ponticello. COSTRUZIONE DEL PONTICELLO IN LEGNAME Stato di fatto Lintervento ha riguardato la realizzazione di un ponticello in legname, per lattraversamento di un rio laterale del torrente Soana ubicato sul sentiero che dalla strada vicinale di Rancio, localit Barmaion, porta al Pianetto. Le funzioni dellopera sono di consentire il passaggio pedonale del rio attraversato dal sentiero.La realizzazione del ponticello agevola il percorso evitando il rischio di scivolamenti dovuti allattraversamento del rio. Lopera stata fatta utilizzando tecniche tradizionali e materiali locali.

Caratteristiche dellintervento Considerata la breve durata dellintervento, il deposito di cantiere escluso legname e pietrame, stato organizzato in un furgone su cui stato caricato il materiale da lavoro (minidumper, scalpelli, martelli, ecc.). Lintervento stato svolto da una squadra composta da 4 operai pi il caposquadra.
FASI rilievo stato attuale recupero materiale legnoso e lapideo preparazione del piano di posa con costruzione delle spallette e raccordo con sentiero realizzazione del ponticello ricomposizione finale e pulizia del luogo di intervento DURATA ORE 4 27

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ce che costituiscono lorditura, sia la principale che il piano dappoggio. Il materiale stato lavorato sul posto con luso di motosega e ascia. Le pietre per la realizzazione delle spalle sono state recuperate con limpiego di un minidumper. E seguita la preparazione del piano di posa, la realizzazione delle spallette in pietrame e il raccordo con il sentiero tramite la realizzazione di un muretto, (terza fase). La quarta fase dellintervento, la costruzione del ponticello, stata la pi laboriosa. Dopo aver posizionato e fissato i tronchi che costituiscono lorditura principale si realizzato limpalcato in legno costituito da tavole di larice e quindi il parapetto di valle. Terminata la costruzione del ponticello si svolta lultima fase cio la verniciatura con impregnante del manufatto e la sistemazione dellarea di cantiere. Larea stata ripulita dalle pietre non utilizzate e dagli scarti del legname di lavorazione. Risultati ottenuti stato realizzato un ponticello pedonale in legname sistemando il raccordo con il sentiero tramite la realizzazione di un muretto a secco. Sono state utilizzate prevalentemente tecniche tradizionali

E stato necessario innanzitutto eseguire il rilievo del rio che attraversa il sentiero, per dimensionare il ponticello (prima fase). La quota del piano viabile rispetto al livello di piena ha un franco di circa 1,20 m. Il ponticello ha una lunghezza di circa 6 metri. La seconda fase consistita nel recupero del materiale. Con lausilio di un verricello portatile applicato alla motosega si sono recuperati i tronchi di lari21

e materiali locali. Lintervento stato eseguito da una squadra di 4 operai pi il caposquadra istruttore, per un totale di 192 ore, in circa 6,5 giorni lavorativi. COSTRUZIONE DI UN MURO A SECCO Stato di fatto

viabile per garantire lagevole passaggio. Lopera di recupero stata fatta utilizzando tecniche tradizionali e materiali locali. COSTRUZIONE DI UN GUADO IN PIETRAME Stato di fatto Lintervento ha riguardato la realizzazione di un guado in pietrame a corda molle su un piccolo rio laterale, costruito con pietrame reperito in loco e ubicato sul sentiero sopra descritto. Le funzioni dellopera sono di consentire e agevolare il passaggio pedonale. Lopera stata fatta utilizzando tecniche tradizionali e materiali locali.

A fianco: costruzione di un muro a secco Sotto: costruzione di un guado in pietrame

Lintervento ha riguardato la realizzazione di un muretto in pietrame, costruito a secco, ubicato sul sentiero che dalla strada vicinale di Rancio, localit Barmaion, porta al Pianetto. Le funzioni dellopera sono di contenimento del piano sul quale corre il sentiero. Il sentiero in quella zona non era pi facilmente delimitabile, a causa dei piccoli crolli. La realizzazione del muretto ha consentito di raccordare il piano
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REALIZZAZIONE DI SELCIATURA SU SENTIERO Stato di fatto Lintervento ha riguardato la realizzazione di un tratto di selciatura, costruito a secco, ubicato sempre sul medesimo sentiero. Lo scopo esclusivamente didattico al fine di far vedere la tecnica; a tal scopo si eseguito in corrispondenza del nuovo ponticello. Il lavoro stato fatto utilizzando tecniche tradizionali e materiali locali. COSTRUZIONE DI UN DRENAGGIO CON FASCINAME Stato di fatto Lintervento ha riguardato la realizzazione di un drenaggio con fasciname, al fine di eliminare una zona di ristagno idrico sopra la strada vicinale di Rancio, localit Cugnon, incanalando lacqua verso le canalette presenti sulla pista. La realizzaSotto: realizzazione di selciatura su sentiero

zione del drenaggio agevola il percorso pedonale evitando il rischio di scivolamenti dovuti alla presenza diffusa sulla pista di acqua. Lopera stata fatta utilizzando tecniche di ingegneria naturalistica e materiali locali. Di seguito si danno alcune indicazioni tecniche sulla realizzazione dei muretti in pietrame. Muratura a secco Si esegue accostando semplicemente pietre di forma irregolare, sovrapponendole senza legarle con la malta. Il muro a secco ha resistenza e solidit limitata: quindi da scegliere solo per bassi muretti di recinzione o piccoli muri di sostegno per il contenimento di terrapieni. Per costruire un muro a secco basta una martellina con un lato a penna tagliente per potere, alloccorrenza, regolarizzare le pietre in modo da avvicinarle meglio le une alle altre. Si inizia eseguendo lo scavo fino a raggiungere uno strato abbastanza compatto di terreno (il piano di posa va tenuto leggermente inclinato ver-

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so il terrapieno) e si traccia poi sul terreno lallineamento del fronte esterno del muro (che deve avere uno spessore minimo, misurato dal fianco del terrapieno, di 50 centimetri). Si posano quindi le pietre sul fronte, utilizzando quelle pi grosse e regolari. La prima pietra, generalmente pi grande delle altre, viene posta con una lieve inclinazione della faccia superiore verso monte. Questa deve essere quanto pi possibile liscia, le priore superiori vengono posate secondo linclinazione verso monte della prima pietra e contemporaneamente seguono anche langolatura necessaria a formare la scarpa. Altre pietre, sempre scelte fra le pi grosse a disposizione, vanno allineate contro il terrapieno. Per riempire lo spazio rimasto vuoto fra le due file di pietre, si usa pietrame pi piccolo, scelto con cura perch resti bene assestato. Bisogna fare attenzione che ogni pezzo risulti sfalsato rispetto a quelli laterali e sovrastanti in modo che la muratura proceda ben legata. Alle spalle della nuova muratura vengono posti detriti e piccoli sassi che formano uno
Foto: l'ultimo gruppo di operai collauda il ponticello

strato drenante a protezione del muro. Una volta raggiunto il livello stabilito si copre il drenaggio con del terreno compatto. Muratura in pietrame e malta Si realizza come la muratura a secco, utilizzando in pi la malta per cementare le pietre. Poich questo tipo di muro molto pi resistente si possono impiegare pietre pi piccole e il muro pu raggiungere anche una notevole altezza. Se il muro che si vuole costruire non in zona umida, si pu usare malta di calce aerea per cementare fra loro le pietre: altrimenti si adopera la malta cementizia. Attenzione a non lasciare spazi troppo ampi fra una pietra e laltra poich possono indebolire la muratura. Per riempire gli spazi vuoti non si devono usare diverse pietre piccole, ma una sola pietra, che si adatti abbastanza bene. Anche in questo caso, le pietre vanno sistemate a giunti sfalsati, badando che la malta le ricopra completamente in modo da non lasciare nessuno spazio.
Tutte le fotografie sono di Giorgio Cacciabue

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La fula d Meni
di Carlo ELLENA
Meni a fiira d drugia cha va bin. Cogi trames a soe vache, dacant a d buse, tavan e gratacuj, chiel as nampipa d la gnt cha passa. Mons, madame, giovnt e masn cha van a spasg arlong a col sent a s stopo la canapia an passandje dacant. E.....as peul st n sla fiusa; a fiira pr dabon! Lor-l a son tute combricole d sit, patachin con la bica assa chas chrdo d savj tut, prpe tut, mach che, c feje, a lor l tanfi dl stabi a-j d fastudi. Ma a Meni a-j na n f gnanca na frisa, e sota col barbon bianch me la fica cha-j quata l moro, a ghigna, an vardand sti maramam color fodrtta cha lhan ant l ci che ij montagnard a sio d sppa grum e badla. A l bin vj che Meni a lha n sla gheuba n vssod primavere e vire cha sio gnun a lo s, cha fiira d drugia e a-j pias soens cimp n bon goblt, tutun chiel a l fit parj, ma a grat sota soa pleuja n pch grossera a sponta nimo cha l tut utr che torolo. Ij s paisan a diso che: chiel a lera gi parj cand noi i jero cit , e cha l: p vej che le pered soa meison , le fomne, a men-o la brtavela n gir a d che: chiell a l n mascon, n sarvan o gi da l ! Ma cribio! magara s ciaramb cha fan cole-l a son tute tavanade, contut sa-i da f d dect con drbagi, o var d malade, o dc d d consj, antlora s ciabt a vn pes che na botega dl spssiari o na cannica. Parand via tute se ciancie, a la fin- finn trocion d vrit dp tut a-i deuv esse, comsssia: a l franch vj che Meni a l nimo bon me leva santa, cha la s longa n sle fule montagnin-e e n sjerbe meisinire, ma a l dc vj che minca tant a l n pch drlo. Chiel a viv ant na meison cha l pen-a p dzora dla borgi; n ciabt con n stabi vej me l coco, fit d lse e bsch e but n mes ad busson d prusst e gratacuj chas paro fin-a dnans a luss fasendje da tpia. Peui tut danviron a-i la dossa dstenda dl pr ant chiel a men-a n pastura soe bes-ce. Prpe n mes as pr a-i n sent nt a passo tuti, forest e montagnard e cha men-a su, an uta montagna.
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La vrit a l che a Meni a-j pias un vsso smic la gent cha passa d dnans a s ciabt e lor-s, prima o peui, ciss da cost imo drlo, a taco a ciancieje nsema e vard tut dantorn ij s travaj da graveur. E gi, prch chiel cand a v nen an pastura dle bes-ce, as seta a la sosta d soa tpia d prusst an cantrland d veje tiritere e a ntaja baron d bsch modland figure d tute le srt. d se sculture ute pen-a na spana a-i na son spatar dasprtut, ndrinta e fra d ca e a son pitur cha smijo pen-a surte da le man d nartista soagn. Scasi a smijo vive se figure montagnin-e scurpe nt lassion dl travaj e dacant, dc ntaj dal bsch, a-i son dc vire bes-ce dla boschin-a servaja. Peui but n sl buf, an fila me ij najon an quart, a fan gj mach a vardeje na dosen-a d fume con i fornej d bsch modl a teste dimo e bes-ce. Ij forest a resto ambaj d dnans a tute se euvre soase, tant da dsmentiesse fin-a dl fiairor chas men-a apress l budro d ca. Ma Meni a l dc bon ant la ciancia, visad che cand a-j taca d mn la brtavela a smija navocat e antlora la gent a lo scota sensa banf. Peui an toca vdde la gj cha lhan ij fieuj, le fije e le masn cand as seto sota le stile danviron a chiel, scotand a boca verta soe conte. Meni a ciaciara con bon deuit, soa vos a s spantja me a fussa n giuss anmasc, tant che d vire a smija cha ven-a da lontan, dal creus d la pinera, nt cha-i son ij sarvan, ij folt dij bsch montagnin. Peui, cand la neuit as f d caluso, la bela compana as dsbela e ognidun as na v a soa ca content e sodisfit. E a v anans parej fin cha frniss list, peui ij fieuj e janvod dij vej paisan e ij forest as nartorno n sit arpijand soe brighe e ij s travaj. E nt le vire meison d la borgi montagnin-a a-i resto mach-p s quatr gat a ten-e viv s pais che na vira minca na fnestra a-i era n ciir. Ij vej d la borgi a conto na drolara: a diso che cand lor a jero masn Meni a stasa gi n col ciabt a la sima dl pais, che a fiairava d drugia da f vn mal,

chandasa n pastura, e antajava dad tch d bsch figure dimo ed bes-ce; a la fin- fin a fasa tut ln cha f al di dancheuj. Dzor p Meni a canta vire tiritere ant un pato antich che gnun arconss, peui a conta strie gabolose d masche, d folt ed sarvan dij bsch. Al prinsipi, ij vej paisan cha scotavo coste conte a-j ghignavo apress, ma peui a lhan scomensi a chrdje, an s-ciairand le drolare che limo a fasa. A-i na stria, che da rir a dis, e cha l motoben drla, chiel a conta: m stranm a l Meni, cha sara-a-d Domenico, prch mi i son n d dumnica, l di chel Budrod tut a l arposasse dp davj fin d but nsema cost mond balss. Na neuit l Pare Etern, prpe Chiel causs e vest, a sponta al fond d mia brlecia, an sopata pr ij p e an dis con na vos da f strim: Meni! scotme bin ln chit dijo: i lhai srnute fra tuj ij viton prch it ses nimod bon cheur cha veul bin a s pais e a soe gent montagnin-e, prch it ses giust, a la bon-a, onest, e tut utr che grum. Donca, i tordino e comando che cand a sar vn l moment adat, it ciamrai, antlora ti it dovras f, con l m agiut, neuvra granda e moto bn fiamenga pr toa gent e pr toa tra montagnarda. Aora it dagh la mia benedission e va anans pasi pr toa stra, seghita pura a ntaj dal bsch figure d gent e d bes-ce, prche a l neuvra bon-a che a s temp a vnir a taj. Meni a peul pa f a menod confss che n col moment a sava pa se cola figura sbrlusenta cha-j parlava vardand-lo drit ant jeuj a lera n seugn o cs diav cha fussa e prpe pr ln a lava dit a trmol da la pu an tal manera da ngrumolisse me n gramissel tac a la tstera dla brlecia. An costa posission a lera dsviasse a la matin, con un buraciod bsch an man e tant mal a la bica. Peui chiel tut stravir, an vardand-se nt l specc, a lera p nen conossusse: soa caviera e la barba a lero vnue bianche me la fica. Da cola neuit a l passaje n vsso dani, ma pr Meni a smija che l temp a sia fmasse; chiel a l p nen vnu vej. A sera sdassne d costa drolara e tut sbit a lava chrd cha fussa stit l sbaruv pr cola neuit d pu, ma peui a sera dc sdass-ne cha-j ancapitavo d fit moto ben drlo, coma, tant pr dine un, che ij s buracio a lo vardeisson
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ghignand antramentre cha-j fasa e peui sti-li a-j trovava mai ant listess pst ant a lava posaje; a la finfin a lava fin-a gabolis desse vn fl. Ebin, na sira che l pvr imo a lava moto bin ij givo pr tui si af s, a l prpe scapaje la pasiensa, antlora a lha dit na pugnat tremenda n sla tula an ciamand al Pare Etern d spiegassion ciire pr tute se drolare cha-j ancapitavo. Peu dp, pr f dsbeuje l tabach, a lava gargaris na bon-a bota d ross, tant da ndess-ne peui a deurme bele rotond. Mantant cha ronfava dla p bela, prpe ant l cheur dla neuit na vos a lava dsvalo e chiel an duvertand j euj n pch tachiss pr la sumia a sera trovasse set dacant, an sla broa dla brlecia, n bel cit cha-j parlava nt norija n disandje dosman: Meni, tirte su e ven con mi, e a lava pijalo per man portand-lo fra d ca. l pvr imo, strabucand, a lera surt apress a cola masn e pen-a fra la lus dl sol a lava sbalucalo:ma come, a lera nen neuit?,a lava gabolis tra chiel e chiel: sacocin, d bt an blan a lera di e p nen neuit! Peui a jero cal gi n pais e Meni, sempe tn pr man dal cit, a lera stit bele mbaj da ln cha vdda: na gran confusion d gnt, che cianciand con tant rabel, ampina le str, le cort e le meison. Da nt a lera vnua tuta sa gent Meni a lo capa prpe pa, dc prch mach l di anans ant l pais a- i ero ij slit quatr gat. Comsissia Meni, an vardand da davzin se person-e, aj smijavo nen d face neuve, cheics d lor-l a lera d famija. Antant l cit a lava mnalont na cort ant n montagnin, set nt un canton, a lera ciap a f d cavagne. Meni, vardand bin chiel-s, a lera stit bele

ambaj pr la marava. Antlora an ciapand l cit pr le spale e fissandlo ant jeuj a lava ciamaje con vos tramolanta:Ma ch it ses-to ti?. l cit a lava vardalo sensa rsponde, peui, smper ciuto, a sera tirasse aprs l pvrimo fina a soa meison, da nt a jero surt. Marciand arlongh la stra Meni a poda pa gavesse da nt la bica col cavagn; chiel-l a lera franch midem a na soa scultura d bsch! E d sn-s a jera bin sigur, ma dc vaire djutre person-e cha lava vdd a-j smijavo ad soe sculture. A la finitiva a lava gabolis tra chiel e chiel: mi i son nen vn torolo tut dun bt e cost fiolt, cha deuv esse stit mand dal Pare d tut, a dovr deme d spiegassion pr tut ln chan cpita n bele-si. E chiel-l a lava daje tut sbit e moto bin ciaire le spiegassion! l fiolt a lava fit set Meni tac a la tula an disandje d vard fra dla fnestra e peui, parland con dosseur, a lava ncomensi a cont na stria. Meni, sbalucand ij euj pr la marava a lava vdd ant l ciir d la fnestra, man a man che l cit a contava, score la stria d soa vita da cand cola neuit l Pare Etern a lera vn a campelo gi da la brlecia. Tute soe assion, le ciancie e l travaj che Meni, come Sarvan dij bsch, a lava fit, a jero passaje ant un sofi dnans a jeuj. Gavand chich goblt d trp e na pip minca tant, chiel a lera sempe stit nimo bon, na vta d p da cand l Pare Etern a sera presentasse a deje drdin, cambiand dun bt landura ctia d soa vita. Meni a lava fit ln che l Pare d tut a lava comand, e l cit, cha lera un dij si Angej tirap, a lera vn pr l giudissi d soa euvra e sareje l cont. Tut a lera fit da bin e con bon deuit. Ant l pas d Meni a jera d bon-a gent, onesta, travajeura e ama dle bes-ce e chiel a lava sav but armona fra tuj. Tut a lera pront prch l pas artornissa a vive con soa gent montagnin-a, e su nt la pinera, dc tute le bes-ce servaje cha fusso libere nt soa boschin-a. Antratant Meni, vardand-se ntorn, con maravija a lera sdass-ne che tute soe sculture n bsch a jero spare e.... prpe n col moment, d bt, a lava cap tut, a lava cap l sens cha lava daje l Pare Etern a soa esistensa ant l compiment d neuvra parj granda pr soa tra montagnarda.
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Come nt na mascara dacant a chiel l cit a jera p nen, a s pst n vej montagnin con sach e baston e na barba bianca me la fica a lo vardava pasi, peui chiels a sera ussasse an disandje:Adieu Meni, m pst a ln mes a costa gent, l t aora it sas ant a l, va!. An costi d d festa l pas a l pien d gent, vire a van p n su, al fond d la mulatera, nte cha-i na veja ciaborna cha dmina la borgi. A l mesa droc, quat da ronse e gratacuj, tutun as capiss, trames se ruvin-e, che na vira ddnans a luss sfond, a-i duva esse na bela tpia cha soagnava lintrada. Ma pen-a vir l canton, bin piant n trames na raisura, a-i na bela scoltura n bsch uta me nm, cha figura n vej montagnin drit me n fus, con soa spssa barba, s sach e l baston bin s-ciass an man. A smija squasi but espress a f da vardia a sa tra d mont e tuta soa gent. Da pare n fieul la gent dl pst a conta na stria: as dis che cola a jera na meisun d mascare e che mbelel a-i stasan bon Sarvan dij bsch, ma che, va a savj l prch o l prcome, gnun as arcrda davjlo mai vdd. Antratant, ant un leugh montagn ciam Val Fiora, set nt un pra, a-i n viton con na longa barba e na caviera bianche me la fica, a l n pastura d soe bes-ce e ntant, subioland, a ntaja na figura dimo da n tch d bsch. Chiel-.si a fiira d stabi da f vn mal, e nt la borgi a diso cha ssciama Meni e cha l n tipo n pch drlo.....

RICERCA E SVILUPPO NEGLI INTERVENTI FORESTALI IN PIANURA


di Lorenzo CAMORIANO
La relazione illustra lattivit svolta negli ultimi dieci anni dalla Regione Piemonte in relazione alla realizzazione degli impianti con specie forestali nella pianura; non sono invece oggetto della presente esposizione gli interventi selvicolturali sui boschi planiziali esistenti. Gli impianti con specie arboree effettuati a partire dalla met degli anni Novanta hanno determinato un ampliamento significativo della superficie forestale della pianura piemontese. Questa nel 1996 assommava a circa 51.000 ettari (Coaloa e Chiarabaglio, 2000), costituiti per un terzo da pioppeti e per due terzi da formazioni boschive, rispetto ai circa 900.000 dellintera superficie forestale regionale (stime progetto di Pianificazione Forestale Territoriale della Regione Piemonte, in corso). In circa 7 anni, tra il 1995 ed il 2001, con vari strumenti ed il coordinamento di diverse strutture dellamministrazione regionale, sono stati finanziati quasi 4500 ettari di impianti con specie forestali, dei quali poco pi della met a pioppeto, circa 1850 ettari di arboricoltura da legno con latifoglie a lungo ciclo e oltre 300 di boschi seminaturali. GLI INTERVENTI DI RINATURALIZZAZIONE IN AREA FLUVIALE Tra gli impianti realizzati assumono una grande importanza dal punto di vista qualitativo gli interventi di rinaturalizzazione, ed in particolare di ricostituzione del bosco planiziale, finanziati su propriet pubblica (comunale o demaniale) dai settori Tutela Ambientale e Pianificazione Aree Protette della Regione Piemonte. Particolarmente significativi i circa 60 ettari realizzati nel tratto alessandrino-vercellese del Parco fluviale del Po. LEnte Parco, con la collaborazione dellIstituto di Sperimentazione per la Pioppicoltura, negli ultimi 5-6 anni ha sperimentato e messo a punto tecniche adatte agli agroecosistemi golenali, ambienti dalle caratteristiche spesso ostiche alla riuscita degli
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interventi di ricostituzione boschiva: - suoli a tessitura grossolana e quindi soggetti a periodi di aridit estiva, particolarmente rischiosi per le specie esigenti del querco-carpineto; - crescita rapidissima di vegetazione erbacea infestante; - fenomeni di esondazione frequenti, che danneggiano gravemente le giovani piantagioni (inghiaiamento dei terreni, coricamento delle piantine) e rendono improponibile la pacciamatura. Tra i fattori determinanti per laffermazione delle piantagioni: - lutilizzo consistente di specie pioniere tipiche del bosco golenale, in particolare Populus alba e Populus nigra, peraltro a crescita decisamente pi rapida rispetto a farnia, frassino e carpino; - ladozione di tecniche efficaci per il contenimento della vegetazione infestante nei primi anni dallimpianto, con trinciatura negli interfilari eventualmente accompagnata da diserbo chimico localizzato; - la realizzazione di barriere vegetali con specie del genere Salix, per la protezione degli impianti dagli effetti delle esondazioni. Tra gli obiettivi degli interventi la creazione di arboreti da seme di Pioppo nero, specie autoctona tipica dei boschi riparali padani, a grave rischio di erosione genetica e scomparsa. LATTUAZIONE DEL REGOLAMENTO 2080 Parlando di impianti con specie forestali su terreni agricoli, nella seconda met degli anni Novanta stato il Reg. CEE n. 2080/92 a far la parte del leone: in Piemonte circa 10.000 ettari effettuati sullintero territorio, per un finanziamento complessivo di quasi 42 milio-

ni di Euro fino al 2001, erogato a oltre 3.000 beneficiari. Passando ad analizzare la tipologia degli oltre 4.000 ettari di piantagioni realizzate in pianura in attuazione del regolamento comunitario, si ritiene opportuno fornire alcuni dati ed illustrare un paio di casi relativi, rispettivamente, agli impianti destinati a bosco e agli arboreti con latifoglie di pregio a lungo ciclo, cio gli interventi che, per specie impiegate e per funzioni ambientali (dirette o indirette) assolte, pi si avvicinano ai boschi seminaturali preesistenti. Gli interventi di ricostituzione del bosco planiziale, 240 ettari in tutto, generalmente localizzati in Aree Protette, sono stati realizzati soprattutto da Enti pubblici, purtroppo esclusi dai premi per la manutenzione (e per le perdite di reddito), e quindi svantaggiati rispetto ai privati nelleffettuare adeguate cure colturali negli anni successivi allimpianto. Non un caso che lintervento pi riuscito sia costituito dai circa 25 ettari adiacenti al Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino (con i suoi 560 ettari accorpati, uno dei pi importanti relitti di selva planiziale padana), realizzati nellomonima Area protetta da un soggetto di natura privata, la quasi millenaria Partecipanza dei Boschi. Anche qui, come lungo il Po (distante pochi chilometri), uno dei maggiori problemi risultato essere il contenimento della vegetazione erbacea: ma in un ambiente decisamente meno interessato dalle dinamiche fluviali si sono confermati gli ottimi risultati della pacciamatura in film plastico. A Trino si sono utilizzate le specie arboree tipiche del querceto misto planiziale (compreso il Ciavardello), ma non arbusti, anche per il fatto che ladiacente Bosco delle Sorti classificato dalla Regione Piemonte come popolamento da seme per numerosissime specie ricchissimo di specie arbustive che facilmente potranno diffondersi nel nuovo popolamento. Le piantine sono state collocate in filari distanziati di 4 m con andamento lievemente ondulato, e una densit iniziale di 1500 ad ettaro che ha favorito un ottimo sviluppo longitudinale della Farnia, mentre la rapida copertura degli interfilari porta a prevedere la necessit di un primo diradamento intorno ai 10 anni di et. Le cure colturali comprendono la potatura di alcune centinaia di piante ad ettaro di specie principali, coerentemente al fatto che le aspettative della propriet nei confronti dellimboschimento sono anche di carattere economico. La superficie investita ad arboricoltura da legno con latifoglie di pregio a ciclo medio-lungo, 1860 ettari in
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tutto in pianura, risulta distribuita in ben 568 impianti, per quasi il 60% dei casi inferiori ai 2 ettari, per meno del 20% superiori ai 5 ettari. Non mancano per realizzazioni di superficie consistente, le quali, se localizzate in aree a scarsa naturalit possono avere un notevole impatto a livello di miglioramento dellecosistema e del paesaggio. A questo proposito lesempio pi importante probabilmente il complesso di circa 150 ettari di impianti misti a prevalenza di specie autoctone intorno alla citt di Novara, piantagioni realizzate in aziende agricole che allobiettivo produttivo affiancano gi adesso un indubbio ruolo nella ricostituzione della rete ecologica e di polmone verde per la popolazione urbana. Negli impianti, di superficie unitaria pari a 20-30 ha, sono state impiegate fino a 10 specie, scelte tra le seguenti a seconda delle caratteristiche dei suoli: Frassino maggiore, Ciliegio, noci come specie principali, accompagnate da aceri, querce, Tiglio cordato, Liriodendro con funzione di specie paracadute, Ontano nero e in piccola quantit Paulownia come accessorie. Figura 1. Boschi preesistenti e impianti Reg. CEE 2080/92 con latifoglie di pregio in provincia di Novara.

LA RICERCA E LA DIVULGAZIONE Pur sbilanciate nettamente verso larboricoltura, le quantit realizzate col Reg. CEE 2080/92 in Piemonte paiono soddisfacenti, se paragonate con gli obiettivi iniziali e confrontate con le realizzazioni delle altre Regioni italiane (Colletti, 2001). Esaminando invece la qualit delle realizzazioni, va sottolineato che, in particolare nei primi anni, hanno pesato problemi di non poco conto, e in particolare: la difficolt di reperire materiale vivaistico adeguato per quantit, qualit e provenienza - di latifoglie autoctone, le conoscenze insufficienti su specie arboree ed ambienti in cui effettuare gli interventi, la mancanza di esperienza su come progettare, realizzare e gestire razionalmente gli arboreti di pregio. Proprio in tali ambiti lAssessorato Politiche per la Montagna e Foreste della Regione Piemonte ha quindi promosso attivit - man mano pi significative - di ricerca esperimentazione, coinvolgendo lIstituto per le Piante da Legno e lAmbiente (IPLA) di Torino, lUniversit di Torino (dora in poi Universit) e lIstituto Sperimentale per la Selvicoltura (ISS) di Arezzo . Di seguito se ne riporta una sintetica illustrazione. Tutela e valorizzazione del materiale vivaistico di provenienza locale. Lattivit ha inizio nel 1995: da una parte una ricerca interdisciplinare dellUniversit sui popolamenti da seme di Faggio, dallaltra uno studio dellIPLA con le prime indicazioni su possibili localit di raccolta del seme su oltre 80 specie arboree ed arbustive autoctone del Piemonte. Nel 1996 nasce il Gruppo di lavoro interregionale BIO.FOR.V. (Biodiversit e vivaistica forestale): il confronto in questa sede stimola la messa a punto di un progetto decisamente pi organico, che si concretizza nel giro di pochi anni con lindividuazione sul territorio piemontese, a cura dellIPLA, di popolamenti ed aree di raccolta del seme per tutte le specie arboree ed arbustive autoctone utilizzabili in interventi di arboricoltura da legno, rimboschimento e ripristino ambientale (Terzuolo et al., 2002). Un lavoro peraltro affiancato dagli studi dellUniversit: per alcune specie arboree principali su suoli, dendrometria, tecnologia del legno; per una decina di specie da ultimo il Noce comune - sulle caratteristiche genetiche dei diversi popolamenti (Belletti, 2000). Tra il 2000 ed il 2003 la Direzione Economia Montana e Foreste approva ufficialmente tre successivi elenchi aggiornati dei popolamenti e delle aree per la rac30

colta delle sementi forestali (lultimo con D.D. n. 447 del 17.6.2003), nel 2002 vengono realizzati i primi impianti comparativi di provenienze (farnia e rovere) ed il primo arboreto da seme (ciavardello), coinvolgendo anche Universit di Firenze ed ISS di Arezzo. Studio delle caratteristiche degli ambienti in cui effettuare gli impianti, e conoscenza delle esigenze delle specie da utilizzare. Ricerche specifiche sugli ambienti di potenziale realizzazione delle piantagioni con specie forestali sono state effettuate dallIPLA a partire dal 1999, a scala regionale e sovracomunale (cartografie a scala 1:250.000 1:50.000), considerando informazioni sia di carattere stazionale, a cominciare dai suoli, sia di carattere naturalistico e normativo (presenza di boschi, fiumi, Aree protette, etc.). Nellultimo anno, in collegamento con linizio nel 2002 della Pianificazione forestale territoriale in pianura, si giunti definire una metodologia di individuazione delle priorit per larboricoltura da legno in aree agricole, cercando di tener presenti due differenti obiettivi: da una parte mantenere le terre migliori per lagricoltura incentivando per la creazione o ricostituzione di filari e siepi, dallaltra massimizzare la produzione di legno dai nuovi impianti. In ogni caso escludendo dalle piantagioni gli agroecosistemi planiziali da tutelare per lelevato valore paesaggistico e ambientale, come i prati stabili. Per quel che riguarda la conoscenza delle specie utilizzabili negli impianti, nellautunno 2002 uscito il manuale Alberi e arbusti - guida alle specie spontanee del Piemonte. Progettazione, realizzazione e gestione degli impianti di arboricoltura da legno con latifoglie di pregio. Fin dal 1995-96 sono state avviate iniziative di aggiornamento tecnico ed informazione (viaggi di studio, giornate dimostrative), e si lavorato alla redazione di un manuale, Arboricoltura da legno - guida alla realizzazione e gestione degli impianti. Dal 1999 lapproccio divenuto pi sistematico, con lapprovazione di un organico progetto di sperimentazione e divulgazione su progettazione, gestione e realizzazione degli arboreti di pregio, affidato allISS di Arezzo e allUniversit di Torino, e concluso da alcuni mesi. Il risultato pi importante di tale progetto la creazione di una rete di impianti sperimentali e dimostrativi (circa 25 in tutto), che dovrebbe essere anche nei prossimi anni un importante riferimento sul territorio pie-

montese per la messa a punto e la divulgazione di tecniche razionali di progettazione, realizzazione e gestione di piantagioni con latifoglie di pregio. Non meno importante, nei 3 anni del progetto, stata la creazione di un gruppo di lavoro costituito dai soggetti che a vario titolo hanno partecipato al progetto: ricercatori, imprenditori agricoli, tecnici liberi profes-

ritorio piemontese, considerando che il regolamento 2080 in particolare per gli impianti con latifoglie di pregio - ha avuto un impatto notevole nelle aree collinari e non trascurabile nelle zone montane. Per quanto riguarda lo sviluppo degli impianti con specie forestali, sar importante non tanto realizzare superfici molto estese, quanto finanziare gli interventi

Figura 2: Giornata dimosttrativaProgettazione e gestione degli impianti con latifoglie di pregio.

sionisti e delle associazioni agricole, funzionari regionali e delle Comunit Montane. Infatti anche dal confronto sul campo che sono emerse le necessit di migliorare la normativa regionale di attuazione dei regolamenti comunitari sullimboschimento dei terreni agricoli, con spunti importanti per definire i contenuti tecnici del bando 2003 della Misura H del Piano di Sviluppo Rurale (PSR), che contempla nuovamente gli impianti di arboricoltura a ciclo medio-lungo. Per concludere, considerando quanto realizzato in Piemonte e pi in generale in Italia negli ultimi 10 anni, si fanno alcune proposte, che in realt interessano lintero comparto imboschimento dei terreni agricoli, dalle piantagioni con indirizzo bosco allarboricoltura da legno (sia a lungo che a breve ciclo), e lintero ter31

con continuit e in aree realmente prioritarie dal punto di vista sia agricolo che ecologico, tramite una razionale pianificazione degli imboschimenti a livello territoriale. Parallelamente appare di fondamentale importanza proseguire le attivit di ricerca e divulgazione, potenziando anche in tale ambito la collaborazione tra le amministrazioni interessate, in primo luogo le Regioni. I finanziamenti per nuovi impianti contemplati dal PSR piemontese puntano sulla qualit delle realizzazioni che potr risultare sensibilmente migliore, soprattutto se lattivit di ricerca e divulgazione finora svolta dalla Regione sar solo una tappa nella acquisizione di conoscenze tecnico-scientifiche e nella loro diffusione a chi quotidianamente opera sul territorio.

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