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Il marxismo e la non violenza: un compromesso impossibile Gennaro Scala 14 aprile 2012 Un passaggio mette in luce, a mio parere, gli

obiettivi del libro di D. Losurdo, La non violenza: Sappiamo delle lacrime e del sangue di cui hanno grondato, con modalit e risultati assai diversi, i progetti di trasformazione del mondo mediante la rivoluzione. A partire dal saggio pubblicato nel 1921 da Walter Benjamin, la filosofia del Novecento si impegnata nella critica della violenza anche quando essa pretende di essere mezzo a fini giusti; ma cosa sappiamo dei dilemmi, dei tradimenti, delle delusioni e delle vere e proprie tragedie in cui si imbattuto il movimento ispiratosi allideale della non violenza (p. 8). Dunque da una parte viene accolta la critica non violenta a tutti i progetti di trasformazione sociali violenti, ma allo stesso tempo la non violenza, come chiarisce il capitolo conclusivo del libro, per essere accolta deve essere sottoposta ad un esame critico che la trasformi in non violenza realistica che preveda ladozione della violenza quando necessaria. Un vero corto circuito. Invece, a mio parere, oggi i tradizionali metodi di trasformazione sociale in Italia andrebbero riscoperti, pena il declino definitivo del paese guidato da una classe dirigente marcia. Losurdo invece appartiene ad un gruppo politico prima interno a Rifondazione, poi confluito nel Pdci, apparentemente critico verso lala bertinottiana, ma che ora approda alle stesse concezioni, perch la non-violenza, in Bertinotti come in Losurdo, serve per condannare a priori ogni ipotesi di trasformazione sociale e alla piena integrazione di quel che resta del movimento comunista nel pacifismo imperiale, cio un pacifismo che serve per disarmare teoricamente e materialmente i gruppi sociali, le nazioni e i popoli oggetti della politica del paese dominante. La trasformazione sociale frutto del conflitto tra gli esseri umani. Quando un ordinamento sociale non funziona, per vari motivi, il conflitto sempre latente diventa acuto, a causa dalla tendenza spontanea verso la ricerca di un nuovo ordinamento, nel caso di una societ ancora vitale e non irrimediabilmente decadente. Tale conflitto pu risolversi in modi pi o meno democratici, cio con un grado di violenza minimo o massimo che dipende dai gruppi sociali in lotta, dai contesti storici e culturali. Ovviamente, sarebbe meglio poter demolire un ordinamento sociale marcio senza ricorrere ad una cruenta guerra civile, e alle piacevolezze che essa comporta (questa verit somiglia alle ovviet pronunciate con comica saccenza da Catalano, personaggio televisivo di un paio decenni fa), ma escludere per principio il ricorso alla violenza vuol dire in realt escludere ogni ipotesi di trasformazione sociale, posizione indice di unorientamento reazionario e conservatore che proprio di tutti i gruppi politici che appartengono allattuale ordinamento politico italiano, compreso quello a cui organico Losurdo. Per questo motivo, per quanto si professi marxista, Losurdo, in realt, si colloca in direzione opposta rispetto al marxismo che nasce come corrente politica rivoluzionaria. La concezione marxiana del conflitto come motore della trasformazione sociale, con i suoi inevitabili risvolti violenti, nella sua concezione essenziale, va conservata, tuttavia lesperienza storica ha dimostrato che il suo dualismo (lotta di classe contro classe) si rivelato troppo semplice, non adeguato, e va quindi adottato un modello pi complesso che preveda linterazione tra una somma di conflitti, in cui il significato di ogni conflitto non va considerato per s, ma in relazione agli altri conflitti (vedi mio scritto sulla Relativit dei conflitti), che tenga conto del contesto internazionale e del conflitto verticale oltre che orizzontale, cio allinterno delle classi superiori, come allinterno di quelle inferiori. Proprio perch il modello dualistico marxiano si rivel non adeguato a comprendere la trasformazione sociale fu necessario il cambiamento di paradigma leniniano, il quale con il concetto di anello debole introdusse il conflitto internazionale quale fattore principale (il che non vuol dire escludere i fattori interni di trasformazione sociale). Questo cambiamento di paradigma, in realt non pensato come tale, anzi Lenin rivendicava lortodossia marxista, ebbe come effetto secondario, collaterale poich costitu un passaggio imperfetto la deriva pacifista di una parte del movimento comunista, deriva che da Rosa Luxemburg a Karl Liebnecht costituisce il punto davvio del cosiddetto marxismo occidentale, che ha reso il comunismo una blanda variante del pacifismo, come evidente oggi nei programmi di Rifondazione e in vari gruppi di sinistra radicale (il Pdci vorrebbe dare unimmagine pi antimperialista, ma pura facciata). Il pacifismo non pu che essere una forma di collaborazione con il potere dominante, il quale dopo aver stabilito il suo dominio deve

pacificare. Pacifismo e approccio rivoluzionario sono incompatibili, in quanto ogni reale trasformazione sociale non pu non prevedere un certo grado di violenza, minimo o massimo che sia. Losurdo, nellincludere il movimento comunista nel movimento pacifista, vuol coniugare il diavolo e lacqua santa. Democrazia, pacifismo, riformismo, parlamentarismo sono tutte teorie e forme di prassi politiche che hanno una loro funzione quando un determinato assetto, sia inter-nazionale sia allinterno delle formazioni particolari, in fase di consolidamento e di espansione. Esse hanno una loro ragion dessere fin quando sono finalizzate ad ottenere la miglior collocazione dei gruppi sociali di riferimento allinterno di rapporti di potere in cui le classi dominanti sono disposte a concedere qualcosa alle classi medie e inferiori, pur di stabilizzare un ordinamento, poich alla fine un ordinamento si deve pur creare, data la necessit che hanno gli esseri umani di cooperare. Quando invece un ordinamento in fase di sfaldamento, le suddette teorie e forme di prassi politica svolgono una funzione reazionaria in quanto vorrebbero frenare il conflitto, invece che portarlo alle sue necessarie conseguenze. Il marxismo nasce come teoria rivoluzionaria, come teoria della rottura e passaggio da una forma di ordinamento sociale ad unaltra, seppur con sfondo utopistico: il Comunismo. Quindi coniugarlo con democrazia, pacifismo, riformismo o parlamentarismo significherebbe snaturarlo. Forse uno dei grossi difetti del marxismo di non aver sviluppato una teoria che fondasse la prassi nei periodi non rivoluzionari, ma nei periodi di sconvolgimento sociale sicura fonte di ispirazione. N Marx n Engels erano pacifisti, Marx auspicava, giungendo a toni di vera e propria crociata, la guerra rivoluzionaria della borghesia europea contro la Russia zarista ritenuta il bastione della reazione, Engels vedeva con grande favore lintroduzione della leva obbligatoria di massa in quanto avrebbe armato gli operai fornendogli gli strumenti necessari quando sarebbe stato il loro momento. Pi complesso il discorso per quanto riguarda Lenin. Riprendo qui dallimportante testo Il socialismo e la guerra: I socialisti hanno sempre condannato le guerre fra i popoli come cosa barbara e bestiale. Ma il nostro atteggiamento di fronte alla guerra fondamentalmente diverso da quello dei pacifisti borghesi (fautori e predicatori della pace) e degli anarchici. Dai primi ci distinguiamo in quanto comprendiamo linevitabile legame delle guerre con la lotta delle classi nellinterno di ogni paese, comprendiamo limpossibilit di distruggere le guerre senza distruggere le classi ed edificare il socialismo, come pure in quanto riconosciamo pienamente la legittimit, il carattere progressivo e la necessit delle guerre civili, cio delle guerre della classe oppressa contro quella che opprime, degli schiavi contro i padroni di schiavi, dei servi della gleba contro i proprietari fondiari, degli operai salariati contro la borghesia. E dai pacifisti e dagli anarchici noi marxisti ci distinguiamo in quanto riconosciamo la necessit dellesame storico (dal punto di vista del materialismo dialettico di Marx) di ogni singola guerra. Nella storia sono pi volte avvenute delle guerre che, nonostante tutti gli orrori, le brutalit, le miserie ed i tormenti inevitabilmente connessi con ogni guerra, sono state progressive; che, cio, sono state utili allevoluzione dellumanit, contribuendo a distruggere istituzioni particolarmente nocive e reazionarie (per esempio lautocrazia o la servit della gleba), i pi barbari dispotismi dellEuropa (quello turco e quello russo). Perci bisogna prendere in esame le particolarit storiche proprie di questa guerra. Lenin ricorda che la posizione di Marx ed Engels di fronte alla singola guerra non fu mai improntata al pacifismo o al neutralismo, essi stavano dalla parte delle forze la cui vittoria avrebbe favorito lo sviluppo del movimento operaio, tuttavia ritiene che nella I guerra mondiale sia impossibile stabilire da che parte stare, pur considerando la sconfitta dello zarismo il male minore. Una posizione non chiara, con molti nodi irrisolti che lasciava spazio allantimilitarismo. Lantimilitarismo dei comunisti tedeschi, mentre la Germania veniva devastata economicamente attraverso la finanza internazionale e attraverso limposizione (col trattato di Versailles) di pesanti debiti di guerra che servivano a metterla permanente in ginocchio, causando una gravissima crisi economica e sociale, ebbe come risposta il sorgere di uno regimi pi ferocemente militaristi della storia. Si tratta di una serie di questioni cruciali irrisolte che sono, a mio parere, allorigine della deriva del marxismo e della sua mancata evoluzione come teoria della trasformazione sociale. Ma ci dobbiamo fermare qui perch la questione merita un esame molto pi ampio di quanto questo scritto concede. Ci basti per ora stabilire che per quanto nel grande Lenin si verifichino, viste con il senno di poi, delle difficolt teoriche, sarebbe alquanto campato in aria includere tout court la sua posizione nellambito del pacifismo. Dallimperfetto ma necessario passaggio dal paradigma marxiano (lotta tra le classi come principale motore della trasformazione sociale) al paradigma leniniano (lotta internazionale e creazione dellanello debole) si genera la deriva pacifista del cosiddetto marxismo occidentale

a partire da Karl Liebnecht e Rosa Luxemburg. Lo stesso Lenin si pronunci sempre favorevolmente riguardo al primo e della seconda disse che restava unaquila seppur talvolta volasse pi basso delle galline, nonostante che questa lavesse pesantamente attaccato per il suo scarso senso della democrazia. Va detto che Losurdo uno studioso che fornisce sempre degli spunti interessanti, nonostante questo sia un libro nellinsieme non condivisibile e nonostante la sostanziale adesione a quella vera e propria gabbia del pensiero rappresentata dal metodo accademico, secondo il quale chi si impegna in unanalisi che vuole essere scientifica ci deve mettere di suo il meno possibile e far emergere tutto dalle prove (garanzia della scientificit del discorso) in genere costuituite da citazioni di altri libri. Ragion per cui non facile capire come la pensi Losurdo su tante questioni, ma il suo punto di vista lo dobbiamo desumere dalle conclusioni a cui ci vogliono condurre la caterva di citazioni e da qualche giudizio a latere delle stesse. Interessante lesame critico della non-violenza, seppur finalizzato alladozione di una sua versione critica della stessa, cio una non violenza, che preveda in caso di necessit ladozione della violenza. Innanzitutto Losurdo sottolinea lincorporazione di tale ideologia nella propaganda occidentale, il fatto che il potere statunitense ha saputo far tesoro della tecnica dellindignazione morale utilizzata da Gandhi, per farla diventare uno degli strumenti delle rivoluzioni colorate, la cui tecnica viene addirittura propagandata attraverso la diffusione di un manuale liberamente disponibile su internet. Efficace inoltre la descrizione di come la non-violenza finisce per rovesciarsi nel suo contrario, in quanto arriva sempre il momento in cui la violenza si palesa necessaria anche ai non violenti, e di conseguenza questi per conservare la propria coerenza devono de-umanizzare il nemico al rango delle bestie, oppure includerlo nel rango di criminali verso i quali la violenza lecita, anzi non si pone neppure un problema morale, dando cos libero corso alla giustificazione di una violenza senza limiti. Dallapparato di citazioni del libro di Losurdo si desume che siccome il leninismo affonderebbe parte delle sue radici nel movimento anticoloniale a cui appartiene anche il gandismo, queste ideologie avrebbero molti elementi in comune. Ma questo, come abbiamo gi visto, non affatto vero! N il marxismo n il leninismo sono una forma di pacifismo. Daltronde Losurdo al di l di qualche citazione non si impegna in un autentico esame della posizione del marxismo e del leninismo, sulla questione della pace e della guerra. E significativo che Losurdo, nel tentativo piuttosto surrettizio di includere il marxismo e il leninismo nellambito del pacifismo, si richiami a quella parte del pensiero di Marx e di Lenin pi vicina allanarchismo, da lui nei precedenti libri sempre criticata e indicata quale una delle principali eredit da superare. La teoria del superamento dello Stato sicuramente presente sia in Marx che in Lenin, ma questo non ne fa dei pacifisti. Il libro di Losurdo termina nellinconcludenza: un paragrafo finale del libro recita Per una ripresa del movimento anti-militarista, ma in cosa consisterebbe questa ripresa non dato capire. Losurdo ricorda giustamente la sostanziale differenza tra lo sciovinismo e il patriottismo (p. 261), tuttavia questa distinzione fuorviante per quanto riguarda limperialismo statunitense il quale non si presenta come sciovinismo, ma invece come universalismo imperialista che in nome della democrazia e dei diritti umani si arroga il diritto di intervenire secondo modalit soft o hard in qualsiasi nazione, i cui confini non vengono riconosciuti in quanto la lotta per la democrazia non conosce confini, non escluso quelle occidentali, vedi il marasma italiano provocato dalla debolezza e marciume della sua classe politica su cui ha buon gioco lintervento nascosto statunitense. Scrive Losurdo: Linterventismo democratico e umanitario il contrario della democrazia e della pace (p. 262). Quindi allinterventismo statunitense dobbiamo contrapporre tante manifestazioni con palloncini colorati a cui partecipano regolarmente i vari Diliberto e Bertinotti, per poi votare lesatto contrario in parlamento? Oppure la pace preservata da unadeguata capacit di deterrenza dei paesi sottoposti alle attenzioni democratiche degli Stati Uniti e dei paesi occidentali? E poi ci sono diversi tipi di pace: c una pace fondata sullequilibrio delle forze che preserva lautonomia dei popoli necessaria al loro sviluppo, e una pace basata sullaccettazione di un ruolo subordinato che comporta il sottosviluppo permanente. Ecco perch il pacifismo e la nonviolenza non potranno mai far parte del bagaglio teorico di quanti si richiamano alleredit autentica del comunismo e del marxismo. Rifiutare lantimiliarismo vuol dire essere militaristi? Rifiutiamo questa falsa alternativa: lunica pace autentica quella che deriva dallequilibrio delle forze. Per non subire violenza bisogna essere capaci di usare la violenza. Il pacifismo non che laltra faccia del dominio imperiale, da sempre i missionari, e oggi le Ong, hanno accompagnato le missioni coloniali.

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