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I segreti della luce dei grandi violini

Pubblicato il 28 Marzo 2006 Rimaniamo tutti affascinati di fronte allo spettacolo offerto dalla vernice di un violino antico: la pittoresca consunzione, la morbidezza del riflesso, la tratrasparenza che anche quando non portata al massimo grado fa apparire la figurazione del legno sottostante come tridimensionale. Alcuni hanno paragonato questo fenomeno alla mobilit dorata del mare, al tramonto, altri a lingue di fuoco (da qui i termini marezzatura e fiammatura), e cos via, e non v dubbio che molte delle vernici antiche oggi sopravvissute suscitino in noi forti emozioni. Dopo lo stupore ci si chiede quali metodi gli antichi abbiano usato per ottenere effetti cos ragguardevoli. La letteratura in proposito ampia e a questa si rimanda il lettore. Una domanda che possiamo porci questa: perch le vernici antiche sono tutte pi o meno colorate, non sarebbe stato pi semplice stendere uno strato incolore sul legno colorato in precedenza? Per rispondere dobbiamo recuperare il senso che gli antichi avevano della luce e del suo propagarsi nei corpi. Spesso si sentito dire che i liutai classici mettessero nelle loro vernici polvere doro o di gemme preziose, ma, aldil dellincongruenza di tale affermazione, appare chiara lesigenza di voler dare allo strumento e alla vernice la stessa capacit dei gioielli di rifrangere la luce. Benvenuto Cellini, orafo fiorentino (1500-1571), era maestro nel valorizzare le gemme. Nel suo trattato sulloreficeria possiamo cogliere importanti informazioni: Era questo Rubino molto grosso e tanto nitido e fulgente che tutte le foglie che sotto gli erano poste lo facevano in tal guisa lampeggiare, che egli quasi si rassomigliava al Girasole o allOcchiogatta; Nelloreficeria lesigenza era, ed ancora, quella di valorizzare la pietra preziosa esaltandone il volume e il colore. In passato venivano utilizzate sottili lamine doro da porre sul fondo di un castone prima di fissarvi la gemma, tanto era importante questa operazione che spesso vi si ricorreva allo scopo di nobilitare in modo fittizio pietre di mediocre valore: Diciamo adunque che vi sono alcuni Rubini Indiani di tanto poco colore quanto immaginar si possa, e a me occorso vedere uno di tali Rubini nettissimo, al quale da uno di questi falsificatori era stato Unto il fondo con un poco di Sangue di Drago, il quale e uno stucco fatto di gomme che si liquefanno al fuoco, e poi lhaveva legato, e faceva tanta bella mostra che ciascuno lhavrebbe valuto dieci Scudi. Nel 500 queste falsificazioni erano proibite, era permesso per luso di artifici che sfruttassero a fondo le capacit naturali delle gemme di rifrangere la luce. Lintento era di far s che la luce penetrando la pietra si riflettesse sulla lamina doro posta sul fondo per poi ritornare indietro creando riflessi di diversi colori. Lo stesso fenomeno avviene per le vernici antiche. Il loro colore e volume vengono infatti esaltati da quello che appare essere un fondo dorato. Da qui limportanza della finitura del legno prima della verniciatura, quella di non alterare le caratteristiche di lucentezza e cangiabilit del legno stesso. La preparazione non doveva interferire con questa esigenza estetica, altres doveva garantire impermeabilit del legno alla vernice. Quanto per Cellini e probabilmente anche per i liutai antichi questo meccanismo fosse importante testimoniato dal seguente brano: Dovr adunque il pratico orefice postosi la diversit delle dette foglie avanti pigliare il Rubino con alquanto di cera nera che sia mediocremente soda e appuntata, con la qual punta piglier il detto Rubino per uno dei suoi canti appiccandovelo; indi metter il Rubino hor sopra questa hor sopra quella foglia, fin tanto che per lo mezzo del suo giudicio, egli sia fatto acorto di quella che saffaccia e convenga col suo

Rubino Le foglie doro erano di diversa natura e colore, Cellini ne cita quattro ed erano tutte leghe con percentuali variabili di Oro, Argento e Rame. Lindicazione valida anche per i liutai: presi diversi campioni di acero e di abete e condotti ad una diligente finitura, vi si applicheranno le diverse preparazioni sulle quali stendere la vernice, dopodich si giudicher quale campione risulter il pi idoneo ai fini del risultato estetico, alla luce degli esempi antichi. La vernice che appare essere pi valida ai nostri bisogni quella composta da olio di lino e resine morbide. A puro titolo di esempio, cito due eccellenti formulazioni: quella di Auguste Tolbecque e di Lapo Casini. Il motivo risiede nel fatto che lolio di lino possiede unindice di rifrazione molto elevato che non accenna a diminuire nemmeno in presenza di forti colorazioni; ci non toglie comunque che non si possano ottenere ottimi risultati anche con vernici ad alcool o allessenza. Lesempio di Benvenuto Cellini illuminante; lo studio delle arti estranee alla liuteria di vitale importanza per la individuazione di procedimenti scomparsi. Positivo che la liuteria classica sia unarte non antichissima e che prende le mosse da arti meglio conosciute e con lunghissime tradizioni. Per quanto riguarda la preparazione del legno, allo stato attuale non vi sono nuove e significative acquisizioni che ci permettano riscontri obiettivi con il passato, ma possibile fare alcune considerazioni: tolta la possibilit che questa abbia propriet miracolose sul suono, lunica funzione certa quella di impedire alla vernice di penetrare nei pori del legno (specie se ad olio), e di far parte di quel fondo dorato e riflettente ormai ben impresso nellimmaginario collettivo dei liutai e dei musicisti. Il legno dei violini antichi non appare quasi mai impregnato con sostanze chimiche di natura alcalina o acida, perch, se ci fosse avvenuto, il legno avrebbe s accentuato la propria figurazione, ma avrebbe perso il cangiante. Al contrario gli strumenti originali ben conservati mostrano integra la loro caratteristica tridimensionalit. I materiali ritenuti attendibili sono ben conosciuti: colle proteiniche, caseina, chiara duovo, uniti ad eccipienti di natura calcica e silicica i quali aumentano lefficacia impermeabilizzante del preparato. Ma il problema non solo individuare le sostanze giuste, ma anche il giusto modo dapplicazione di esse. Osservando gli strumenti antichi ipotizzabile che il tempo e le cure richieste dalla stesura di una buona preparazione fossero uguali o maggiori a quelli della verniciatura propriamente detta, perch il legno doveva conservare intatta la propria lucentezza. Si prenda, a titolo desempio, un pezzo di abete o di acero ben piallato. Si pu osservare come la fibra del legno sia nettissima e brilli alla luce: questo che deve essere conservato, che la preparazione non deve attenuare, e la vernice deve esaltare. Una buona preparazione del legno, giunta felicemente alla fine, rivestita da uno strato di vernice di circa un decimo di millimetro. La ragione di ci che gi lo strato sottile, e che una vernice ad olio essicca velocemente e in profondit, specie se in tale processo vengono usati i raggi ultravioletti. Un altro motivo che una vernice ad olio rende molto di pi rispetto ad altre e la sua apparenza lucida e grassa la fa apparire con uno stacco notevole dal fondo anche a spessori ridottissimi. Naturalmente anche qui non esistono regole ferree da seguire, lo spessore degli strati verniciati pu variare a seconda dei gusti, delle scuole, ecc. come testimoniato da violini antichi anche di uno stesso autore. II fatto di avere solo una bella vernice che possegga una trasparenza estrema pu non significare nulla, servir tuttalpi a far vedere meglio che si preparato male il fondo su cui stata stesa; al contrario, una vernice non molto limpida pu dare riflessi straordinari qualora il fondo sia stato preparato rispettando il legno.

Cellini docet. Come gi scritto da Tolbecque, il famoso fondo dorato anche il risultato naturale dello scorrere del tempo; il legno vecchio prende una colorazione pi scura ed accentua mirabilmente la propria figurazione. indubbio per che sugli strumenti di Stradivari la preparazione appaia di un colore giallo-chiaro dalla apparenza opaca, questo negli strumenti ove non sia stato applicato dai restauratori, moderni e non, uno strato protettivo incolore il quale oblitera totalmente losservazione della stratificazione originale. Su strumenti di Guarneri del Ges tale strato non appare visibile; laddove la vernice consumata il legno conserva il suo colore naturale. Ci non vuol dire che la preparazione sia stata omessa, ma che potrebbe essere semplicemente incolore e non resistente come quella di Stradivari. Lo strato giallo che si pu osservare ha una natura simile a quello della vernice, questa una pratica comune anche ai nostri giorni, ma una cosa la mera imitazione dei capolavori del passato, altra cosa recuperare il senso delle cose e gestirlo con padronanza. Cellini stesso raggiunge il suo scopo con mezzi a volte tra loro diversissimi, adeguandosi volta per volta ai materiali e alle esigenze del lavoro, mostrando una padronanza assoluta dellarte e dei concetti. Queste sono le sue parole in proposito: Ma per che per mezzo della pratica si ritrovano bellissimi segreti, e simparano di molte destrezze cosi nellarte, come nelle scienze Bibliografia: S.F. Sacconi, I segreti di Stradivari C. Cennini, Il libro dellArte L. da Vinci, Trattato della pittura B. Cellinil La vita B. Cellinil Due trattati (Trattato di Oreficeria) T. T. de Mayerne, Della pittura della scultura e di altre arti minori Woodhouse, Barlow Firm Ground (The Strad 1988)

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