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CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

Ufficio per gli Incontri di Studio


Incontro di studio sul tema:

La riconversione del magistrato alla funzione di giudice civile e del lavoro


Roma, 12 - 16 dicembre 2011 Ergife Palace Hotel

Alcune questioni in tema di giudizio di appello

Relatore Dott. Mauro DI MARZIO Consigliere della Corte di Appello di Roma

Mauro Di Marzio Alcune questioni in tema di giudizio di appello


Sommario: 1. Lattuale situazione delle corti di appello e le tendenze della giurisprudenza. 2. Le misure per l'appello nella legge di stabilit. 3. Conformazione ed oggetto del giudizio di appello. 4. L'onere della specificit dei motivi d'appello e la sanzione per la sua violazione. 5. Motivi concernenti la valutazione di documenti. 6. Pluralit di rationes decidendi. 7. Onere della prova in appello. 8. L'onere di proposizione dell'appello incidentale sulle questioni pregiudiziali-preliminari da parte del vincitore nel merito. 9. La procura per il giudizio di appello. 10. L'instaurazione del giudizio di appello ed i precedenti eventi interruttivi verificatisi nei confronti della parte e non dichiarati. 11. Tentativo di notificazione dell'atto d'appello non andata a buon fine . 12. Il termine per la notificazione del ricorso in appello e decreto di fissazione dell'udienza secondo il rito del lavoro. 13. Processi con pluralit di parti 13.1. Cause inscindibili. 13.2. Litisconsorzio necessario processuale. 14. La mancata costituzione dell'appellante. 15. Nuove prove in appello 16. Appello e rito sommario. 17. Spese del giudizio di appello. 18. Impugnazione per nullit di lodo arbitrale.

1. Lattuale situazione delle corti di appello e le tendenze della giurisprudenza. L'ufficio statistiche del ministero della Giustizia d come pendenti al 30 giugno dello scorso anno 429.844 cause civili in grado d'appello, 3.476.109 in tribunale e 1.578.519 dinanzi al giudice di pace, per un totale che si aggira sui cinque milioni e mezzo: si tratta di numeri superiori di 4 o 5 volte rispetto a quelli dei nostri tradizionali punti di riferimento, anzitutto Francia e Germania. Nella complessiva situazione di crisi della giustizia civile, la condizione in cui versano le corti di appello senz'altro la pi deteriorata: il principale dei fattori1 risiede naturalmente nell'istituzione del giudice unico, che ha fatto della corte d'appello il giudice dell'impugnazione delle decisioni non soltanto dei tribunali la cui produttivit si frattanto significativamente apprezzata per la drastica riduzione della collegialit ma anche dei pretori. Il carico di lavoro delle corti di appello si cos di molto incrementato, mentre gli organici sono rimasti inalterati: sicch i tempi medi di definizione delle cause civili in appello viaggiano su ritmi di gran lunga pi dilatati del biennio orientativamente indicato come termine di ragionevole durata. Di qui la ricerca da parte della giurisprudenza di soluzioni orientate al contenimento dei tempi ed alla definizione dei giudizi. Si tratta di una tendenza di amplissimo impatto in ogni settore della giustizia civile, portata avanti da molti anni anzitutto dalla S.C., secondo la quale, in breve, larticolo 111, 2 co., Cost. con lo statuire che la legge deve assicurare la ragionevole durata del processo, detta una regola per uninterpretazione delle singole norme di rito finalizzata alla celerit del giudizio 2: per tale via si finisce per formulare una regola generale di ermeneutica secondo cui tra due soluzioni interpretative possibili preferibile quella che pi rapidamente porta alla conclusione del processo. E dunque la costituzionalizzazione del principio della ragionevole durata del processo impone allinterprete una sensibilit ed un approccio interpretativo nuovi, sicch ogni soluzione che si adotti nella risoluzione di questioni concernenti norme sullo svolgimento del processo deve essere verificata non solo sul piano tradizionale della coerenza concettuale, ma anche, e soprattutto, per il valore sistematico e per limpatto operativo sulla realizzazione dellobbiettivo costituzionale 3. Anche con riguardo al giudizio di appello vengono cos privilegiate soluzioni che sospingano al pi presto il processo verso il capolinea: questo mi sembra l'aspetto che in prevalenza ritorna nell'esame
Una meno sommaria analisi delle cause si trova in MONTELEONE, La crisi dellappello civile ed il dissesto delle corti di appello: cause e rimedi, in judicium.it, ove si indica come rimedio, in buona sostanza, la trasformazione dellappello contro le sentenze del giudice monocratico in reclamo al collegio. 2 Cass. 7 gennaio 2009, n. 55 scelta a caso tra le tante. 3 Cass., Sez. Un., 28 febbraio 2007 n. 4636, in motivazione; v. pure Cass., Sez. Un., 9 ottobre 2008, n. 24883, Giust. civ., 2009, I, 47 ss., con nota di NAPPI, Effetto devolutivo delle impugnazioni e giudicato interno sugli errores in procedendo.
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delle questioni che mi avvio a trattare. Si tratta di un indirizzo che, nel complesso, meriterebbe un'approfondita riflessione4: quello della ragionevole durata sembra proporsi come una sorta di pensiero unico , rispetto al quale ogni altro aspetto passa in secondo piano. Non per il caso, qui, di perdersi in riflessioni troppo ponderose. Si pu accennare, brevemente, che l'impatto del principio di ragionevole durata sul concreto esercizio della giurisdizione, con la inevitabile compressione dei poteri e delle facolt spettanti alle parti, merita di essere valutato in modo profondamente diversi in primo grado e in grado dappello, dopo che una pronuncia sul merito della controversia, di regola, gi stata assunta. Ecco, allora, che l'attuale conformazione del giudizio di appello all'esito di un percorso seguito dalla S.C. nell'ultimo decennio come mezzo di impugnazione in senso stretto e non come strumento di gravame, ossia come giudizio sulla sentenza impugnata e non sul rapporto controverso, pu essere riguardata sotto il profilo dell'avvicinamento dell'appello a quanto previsto in altri ordinamenti5, ove l'accesso all'appello ben pi ristretto6. Cos, ad esempio, in Germania, ove l'appello pu essere dichiarato inammissibile con ordinanza in caso di manifesta infondatezza, o in Inghilterra, ove esso sottoposto ad un complesso filtro di ammissibilit. Ci per ragioni che l'attuale Master of the Rolls il vertice della giustizia civile inglese sintetizza nel modo migliore: Se per tutte le sentenze esistesse un diritto automatico ed illimitato allappello, o come mera revisione o con una nuova istruttoria, ne discenderebbero ed infatti ne discendono delle conseguenze ineluttabili. In primo luogo, ci renderebbe inutile il processo di primo grado per motivi di natura pratica, specialmente se lappello automatico comportasse lintegrale espletamento di una nuova istruttoria. Ci non potrebbe non minare la fiducia nel sistema giudiziario. In secondo luogo, i costi per le parti sarebbero troppo elevati. In terzo luogo, i ritardi nelle decisioni (che sono in una certa misura connaturati a qualunque sistema giudiziario) diventerebbero irragionevoli e acquisterebbero il carattere di tratti endemici nei singoli processi del sistema giudiziario. In quarto luogo, trasformerebbe il ritardo ingiustificato nei singoli processi in un vizio sistemico, con conseguenze negative per tutti gli utenti della giustizia in quanto le scarse risorse giudiziarie verrebbero sperperate appello dopo appello . Quanto il Master of the Rolls paventa in Inghilterra, insomma, esattamente realt in Italia. 2. Le misure per l'appello nella legge di stabilit. Della situazione di difficolt in cui versa il giudizio di appello consapevole il legislatore che se ne espressamente occupato nella legge di stabilit 2012. Mi limito a trascrivere il testo degli articoli 26 e 27 della legge 12 novembre 2011, n. 183. Articolo 26. (Misure straordinarie per la riduzione del contenzioso civile pendente davanti alla Corte di cassazione e alle corti di appello). 1. Nei procedimenti civili pendenti davanti alla Corte di cassazione, aventi ad oggetto ricorsi avverso le pronunce pubblicate prima della data di entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69, e in quelli pendenti davanti alle corti di appello da oltre due anni prima della data di entrata in vigore della presente legge, la cancelleria avvisa le parti costituite dellonere di presentare istanza di trattazione del procedimento, con lavvertimento delle conseguenze di cui al comma 2.
Segnalo ad esempio nel penultimo numero della Rivista di diritto processuale, le riflessioni di VERDE, Il processo sotto lincubo della ragionevole durata, in Riv. dir. proc., 2011, 505. 5 Su alcuni aspetti comparatistici v. CAPONI, Lappello nel sistema delle impugnazioni civili (note di comparazione anglotedesca), in Riv. dir. proc., 2009, 631. 6 Mi sembra, in particolare, che lappello com in Italia possa essere paragonato allappello regolato in Spagna dalla Nueva Ley de Enjuiciamiento Civil del 2000, su cui v. LUCERTINI, Aspetti della riforma dellappello nel nuovo processo civile spagnolo, in Riv. dir. proc., 2004, 775.
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2. Le impugnazioni si intendono rinunciate se nessuna delle parti, con istanza sottoscritta personalmente dalla parte che ha sottoscritto il mandato, dichiara la persistenza dellinteresse alla loro trattazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla ricezione dellavviso di cui al comma 1. 3. Nei casi di cui al comma 2 il presidente del collegio dichiara lestinzione con decreto . Su questa norma, che potrebbe essere utile a riorganizzare i ruoli ed a verificare che le parti abbiano ancora effettivo interesse alla pronuncia, vi sarebbero molte riflessioni anche di carattere organizzativo da compiere, ma pare che nelle corti d'appello sia prevalente la resa alla difficolt di effettuare le comunicazioni previste dalla disposizione, le cui potenzialit razionalizzatricie-deflattive si avvia perci a rimanere frustrata. Articolo 27. (Modifiche al codice di procedura civile per laccelerazione del contenzioso civile pendente in grado di appello). 1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: a) allarticolo 283 aggiunto, in fine, il seguente comma: "Se listanza prevista dal comma che precede inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, pu condannare la parte che lha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000. Lordinanza revocabile con la sentenza che definisce il giudizio"; b) allarticolo 350, primo comma, dopo le parole: la trattazione dellappello collegiale, sono inserite le seguenti: "ma il presidente del collegio pu delegare per lassunzione dei mezzi istruttori uno dei suoi componenti"; c) allarticolo 351: 1) al primo comma, dopo le parole: "il giudice provvede con ordinanza" sono inserite le seguenti: "non impugnabile"; 2) aggiunto, in fine, il seguente comma: "Il giudice, alludienza prevista dal primo comma, se ritiene la causa matura per la decisione, pu provvedere ai sensi dellarticolo 281-sexies. Se per la decisione sulla sospensione stata fissata ludienza di cui al terzo comma, il giudice fissa apposita udienza per la decisione della causa nel rispetto dei termini a comparire"; d) allarticolo 352 aggiunto, in fine, il seguente comma: "Quando non provvede ai sensi dei commi che precedono, il giudice pu decidere la causa ai sensi dellarticolo 281-sexies"; e) allarticolo 431 aggiunto, in fine, il seguente comma: "Se listanza per la sospensione di cui al terzo ed al sesto comma inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, pu condannare la parte che lha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000. Lordinanza revocabile con la sentenza che definisce il giudizio"; f) allarticolo 445-bis aggiunto, in fine, il seguente comma: "La sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente inappellabile". 2. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge . Non mi pare invece che giungano novit significative dal decreto legislativo di semplificazione dei riti (d.lgs.1 settembre 2011, n. 150). 3. Conformazione ed oggetto del giudizio di appello. Lappello risponde ad una esigenza fondamentale ed originaria: i giudici possono sbagliare e, dunque, occorre uno strumento di ordine generale per rimediare ai loro errori. Ma questo strumento pu essere realizzato e lo , nei diversi ordinamenti secondo modelli distinti. 4

Nel codice di procedura civile lappello7 il principale mezzo di impugnazione ordinario attraverso cui si realizza il principio del doppio grado di giurisdizione. Lo spettro delle doglianze suscettibili di denuncia attraverso l'appello potenzialmente illimitato. Esso in questo senso mezzo di impugnazione a critica libera, attraverso il quale pu farsi valere qualunque vizio (nel senso pi lato) della sentenza di primo grado, ivi compresa la sua ingiustizia: ed anzi l'appello il solo strumento attraverso cui pu essere direttamente dedotta l'ingiustizia della sentenza impugnata, non per il tramite di un previo giudizio rescindente reso in dipendenza di una violazione delle regole del procedimento. In ci l'appello si contrappone ai mezzi di impugnazione a critica vincolata attraverso i quali possono denunciarsi soltanto taluni vizi normativamente identificati: come accade anzitutto per il ricorso per cassazione attraverso l'elencazione contenuta nell'articolo 360 c.p.c.. Tuttavia, il connotato di astratta illimitatezza delle doglianze proponibili con l'appello non sta di per s a significare che il giudice di appello sia chiamato a riesaminare senza limiti il rapporto controverso gi sottoposto allo scrutinio del giudice di primo grado. Al contrario, devoluto all'esame del giudice d'appello soltanto quanto stato fatto oggetto di impugnazione, secondo il latinetto tantum devolutum quantum appellatum. Viceversa, ci che non appellato (salvo quanto ancora rilevabile d'ufficio8) rimane fermo: il che quanto stabilisce il secondo comma dell'articolo 329 c.p.c., contenuto nella parte generale sulle impugnazioni, secondo il quale: L'impugnazione parziale importa acquiescenza le parti della sentenza non impugnata . La regola tantum devolutum quantum appellatum ancora non definisce, per, il carattere saliente dell'appello, giacch esso, pur nell'ambito del principio devolutivo, pu atteggiarsi, secondo la tradizionale distinzione, tanto come novum iudicium, quanto come revisio prioris instantiae. opinione prevalentemente accolta che un definitivo chiarimento sia derivato, in proposito, dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, che, nel novellare l'articolo 345 c.p.c., vi ha anzitutto inserito il divieto non solo di nuove domande, ma anche di nuove eccezioni, restringendo altres massicciamente lammissibilit dei nuovi mezzi di prova. La novella del 1990, inoltre, ha cancellato l'automatico effetto sospensivo, per effetto della proposizione dell'appello, dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata, effetto sospensivo che si produce ora esclusivamente mediante l'eventuale provvedimento di sospensiva del giudice di appello, ai sensi dell'articolo 351 c.p.c., in presenza delle condizioni previste nellarticolo 283 c.p.c.. dunque esaltata, oggi, la funzione di mero controllo sul giudizio di primo grado, che viene a svolgersi essenzialmente sulle carte e senza una nuova istruttoria, ancorch questo controllo sia destinato comunque a condurre ad una nuova pronuncia, che prende il posto di quella impugnata 9: sebbene, cio lappello produca tuttora l'effetto sostitutivo10 della decisione impugnata, al di fuori delle eccezionali ipotesi di rimessione al primo giudice contemplate dagli articoli 353 e 354 c.p.c..
Ecco alcuni dei principali riferimenti bibliografici ordinati cronologicamente. DONOFRIO, Appello (dir. proc .civ.), in Novissimo Dig. it., I, Utet, Torino, 1957, 725; VELLANI, Appello (dir. proc. civ.), in ED, II, Giuffr, Milano, 1958, 719; CERINO CANOVA, Le impugnazioni civili, Cedam, Padova, 1973; LUISO, Appello nel diritto processuale civile, in Dig. Disc. Priv., sez. civ., I, Torino, 1987, 360; CHIARLONI, Appello (Dir. proc. civ.),in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1988; PROTO PISANI, Appunti sullappello civile (alla stregua della L. 353/90), in Foro it., 1994, IV, 193; VALITUTTI-DE STEFANO, Le impugnazioni nel processo ordinario, Cedam, Padova, 1996; CONVERSO, Il processo di appello dinanzi alla Corte dappello, in Giur. it., 1999, 661; SASSANI, Appello (dir. proc. civ.), in ED, Aggiornamento, III, Giuffr, Milano, 1999, 178; POLI, I limiti oggettivi delle impugnazioni ordinarie, Cedam, Padova, 2002; MONTALI-CORONA, L'appello civile, Padova, Cedam, Padova, 2007; TAMMARO, Il giudizio di appello e le controversie in unico grado, Utetgiuridica, Torino, 2008. 8 Per lindividuazione delle questioni eccezionalmente rilevabili dufficio in sede dimpugnazione, v. POLI, op. cit., 300 ss. e 363 ss.. V. pure ADORNO, Questioni rilevabili dufficio e poteri del giudice dappello, in Riv. dir. proc., 2008, 838. 9 Cos CARRATO, L'oggetto dell'appello ed il requisito della specificit dei motivi, relazione dell'Ufficio del massimario e del ruolo del 18 settembre 2006. 10 Sul tema v. DANOVI, Note sulleffetto sostitutivo dellappello, in Riv. dir. proc., 2009, 1465.
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All'opinione dottrinale non univoca che guarda all'appello in termini di revisio11, corrisponde in giurisprudenza il fermo inquadramento dell'istituto entro tale prospettiva. Basti rammentare, in proposito, l'espressa presa di posizione delle Sezioni Unite nei termini che seguono: l'appello, non pi, nella configurazione datagli dal codice vigente, il mezzo per passare da uno all'altro esame della causa, ma una revisio fondata sulla denunzia di specifici "vizi" di ingiustizia o nullit della sentenza impugnata 12. Qui si rende necessario un ulteriore chiarimento. Possiamo affermare con sufficiente approssimazione che il giudizio di primo grado ha ad oggetto il diritto controverso. L'oggetto del giudizio di appello ancora il diritto controverso, o invece la sentenza impugnata? In dottrina si sostiene da alcuni che il giudizio di appello pur sempre un giudizio sul rapporto controverso, sia pure osservato attraverso la lente dei motivi di impugnazione13. Altri replicano che il rapporto controverso sottoposto allo scrutinio del giudice di appello attraverso la denuncia degli errori contenuti nella pronuncia di primo grado, s che l'esame del giudice di appello si rivolge in prima battuta alla sentenza impugnata e solo indirettamente al rapporto controverso. In definitiva, lappello si correla direttamente piuttosto alla sentenza impugnata anzich al rapporto oggetto della cognizione in primo grado, poich la sentenza stessa che, invero, costituisce loggetto che viene a cadere sotto limmediata percezione e valutazione del giudicante in grado di appello 14. In sintesi, pu dirsi che l'appello oggi conformato non pi quale mezzo di gravame , diretto cio al completo riesame della controversia, bens quale mezzo di impugnazione , diretto alla verifica della correttezza della sentenza impugnata. Per questa via si viene a realizzare un marcato avvicinamento del giudizio di appello a quello di cassazione15, sebbene come sottolinea la S.C. lappello non impugnazione rescindente come il ricorso per cassazione (lavvicinamento alla struttura del quale solo parziale) 16. 4. L'onere della specificit dei motivi d'appello e la sanzione per la sua violazione. La fondamentale ricaduta applicativa della ricostruzione del giudizio di appello data dalla giurisprudenza della S.C. si manifesta con riguardo all'esigenza di specificit dei motivi sancita dall'articolo 342, 1 co., c.p.c., secondo cui l'appello si propone con citazione contenente, tra l'altro, i motivi specifici dell'impugnazione . Lappello, come si diceva, non rappresenta pi, nella configurazione datagli dal codice di rito attualmente vigente, il mezzo per passare da uno allaltro esame della causa, secondo il modello del novum iudicium, ma consiste in una revisio fondata sulla denunzia di specifici vizi di ingiustizia o nullit della sentenza impugnata, sicch lappellante tenuto a fornire la dimostrazione della
P. es. DE CRISTOFARO, Inammissibilit, appello senza motivi ed ampiezza delleffetto devolutivo, in Corr. giur., 2000, 761; POLI, I limiti oggettivi, cit., Padova, 2002, 448. 12 Cass., Sez. Un., 23 dicembre 2005, n. 28498, Riv. dir. proc., 2006, 1397, con nota di POLI, L'oggetto del giudizio di appello; in Corr. giur., 2006, 1083, con nota di PARISI, Oggetto dell'appello, onere della prova e principio di acquisizione processuale al vaglio delle sezioni unite; in Foro it., 2006, I, 1433, con nota di BALENA-ORIANI-PROTO PISANIRASCIO, Oggetto del giudizio di appello e riparto degli oneri probatori: un recente (e non accettabile) pronuncia delle sezioni unite; in Giur. it., 2007, 672, con nota di RONCO, Appello e mancata (ri)produzione di un documento gi prodotto in primo grado: onere della prova sulla fondatezza del motivo di gravame od onere della prova sulla fondatezza della domanda devoluta al giudice dell'impugnazione? 13 Con diverse sfumature v. tra gli altri ATTARDI, Note sulleffetto devolutivo dellappello, in Giur. it., 1961, IV, 145; CERINO CANOVA, op. cit., 582; BALENA, Elementi di diritto processuale civile, II, 2, Le impugnazioni, Cacucci, Bari, 2004, 82; CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenza, Cedam, Padova, 2004, 63. 14 CARRATO, op. cit.. 15 POLI, Loggetto, cit., 1407. 16 Cass., Sez. Un., 23 dicembre 2005, n. 28498, cit..
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fondatezza delle singole censure mosse alle singole statuizioni offerte dalla sentenza impugnata, il cui riesame chiesto per ottenere la riforma del capo decisorio appellato. Spiega in proposito la S.C. che lappello deve contenere, i motivi specifici dellimpugnazione. Il che sta ad indicare che latto dappello non pu limitarsi ad individuare le statuizioni concretamente impugnate e cosi i capi di sentenza non ancora destinati a passare in giudicato ex articolo 329, cpv., c.p.c. ma deve contenere anche le argomentazioni dirette a confutare la validit delle ragioni poste dal primo giudice a fondamento della soluzione delle singole questioni su cui si regge la decisione (Cass., Sez. Un., 6 giugno 1987, n. 4991; Cass., Sez. Un., 29 gennaio 2000, n. 16; Cass. 1 aprile 2004, n. 6396; Cass. 22 dicembre 2004, n. 2041) e, quindi, non pu non indicare le singole questioni sulle quali il giudice ad quem e chiamato a decidere (Cass. 2 febbraio 2005, n. 2041), sostituendo o meno per ciascuna di esse soluzioni diverse da quelle adottate in prime cure In sostanza, lappello non rappresenta pi, come nel sistema del codice di rito del 1865, pur permanendo la sua funzione sostitutiva quanto alle statuizioni decisorie su diritti impugnati, il mezzo per passare da uno allaltro esame della causa, su tali statuizioni, e non pu quindi limitarsi al fine di ottenerne la riforma, ad una denuncia generica dellingiustizia dei capi appellati della sentenza di primo grado, ma deve puntualizzarsi allinterno dei capi di sentenza destinati ad essere confermati o riformati, ma comunque sostituiti dalla sentenza di appello che non impugnazione rescindente come il ricorso per cassazione (lavvicinamento alla struttura del quale solo parziale); e tale puntualizzazione ulteriore avviene appunto nella denunzia di specifici vizi di ingiustizia o nullit della sentenza impugnata 17. Lappello, in altre parole, dato alla parte contro lingiustizia della sentenza di primo grado ed rimessa alla stessa parte, per il principio dispositivo, la determinazione dei fatti nei quali lingiustizia si concreta, con la conseguenza della esigenza assoluta della motivazione, quale elemento inseparabile dalla postulazione dellingiustizia e con lulteriore conseguenza che, in difetto di tale motivazione del vizio denunciato, il giudice del gravame non pu procedere alla revisio prioris instantiae 18. In tale ottica, costituisce ormai ius receptum, nella giurisprudenza della S.C., il principio secondo cui il requisito della specificit dei motivi di cui all'articolo 342 c.p.c. postula che alle argomentazioni della sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell'appellante, finalizzate ad inficiare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza scindibili dalle argomentazioni che la sorreggono19. N ha pi volte ribadito la giurisprudenza di legittimit v' la possibilit di rinviare l'esposizione delle argomentazioni ad un momento successivo del giudizio o addirittura alla comparsa conclusionale, essendo l'atto d'appello quello che fissa i limiti della controversia in sede di gravame ed esaurisce il diritto potestativo di impugnazione20. Ci occorre rammentare nonostante la sentenza

Cass., Sez. Un., 23 dicembre 2005, n. 28498, cit.. Cass., Sez. Un., 29 gennaio 2000, n. 16, Corr. giur., 2000, 750, con nota di DE CRISTOFARO, Inammissibilit, appello senza motivi ed ampiezza dell'effetto devolutivo; in Foro it., 2000, I, 1606, con nota di PROTO PISANI, In tema di motivi specifici di impugnazione; con nota di BARONE, Omessa specificazione dei motivi e inammissibilit dell'appello: intervento chiarificatore delle sezioni unite; con nota di BALENA, Nuova pronuncia delle sezioni unite sulla specificit dei motivi di appello: punti fermi e dubbi residui; in Giur. it., 2000, 1143, con nota di SIMONETTI; in Giust. civ., 2000, I, 673. V. inoltre SASSANI, Le sezioni unite della Cassazione e linammissibilit dellatto di appello carente di motivi specifici, in Riv. dir. proc., 2000, 511. 19 V. Cass. 24 marzo 2000 n. 3539; Cass. 11 agosto 2000, n. 10706, Giur. it., 2001, 700, con nota di RONCO; Cass. 22 giugno 2001, n. 8596, Foro it., 2001, I, 3120; Cass. 25 giugno 2001, n. 8663; Cass. 11 giugno 2001, n. 7849; Cass. 27 luglio 2001, n. 10278; Cass. 26 febbraio 2003, n. 2887, Giust. civ., 2003, I, 1526; Cass. 28 marzo 2003, n. 4687; Cass. 23 ottobre 2003, n. 15936; Cass. 26 febbraio 2004, n. 3865; Cass. 6 aprile 2004, n. 6761; Cass. 11 giugno 2004, n. 11189; Cass. 17 ottobre 2005, n. 20101, Fall., 2006, 1299; Cass. 24 marzo 2006, n. 6630; Cass. 12 maggio 2008, n. 11673. 20 V. Cass. 21 novembre 2001, n. 14627, tra le tante.
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di primo grado sia stata censurata nella sua interezza, dovendo anche in tal caso essere specificamente confutate le ragioni addotte dal primo giudice21. L'atto d'appello, cio, deve rivolgere alla sentenza impugnata censure puntuali e precise 22, ovvero deve contenere la specificazione sia pure in forma succinta, degli errores attribuiti alla sentenza di primo grado 23. Val quanto dire che la formulazione dell'atto d'appello deve consentire di individuare con chiarezza le statuizioni investite dal gravame, onde consentire all'appellato e al giudice di valutare esattamente la portata dell'impugnazione24. In breve, mutuando la schematizzazione operata dalla dottrina, si pu dire che il motivo di appello specifico quando ..., in base ad un giudizio ex ante, l'eventuale fondatezza dell'argomentazione priverebbe di base logica la sentenza impugnata 25. Si discusso, in passato, sulle conseguenze della violazione dell'articolo 342, 2 co., c.p.c.. Una remota pronuncia delle Sezioni Unite afferm, in sede di risoluzione di contrasto, che l'inosservanza dell'onere di specificazione dei motivi determina la nullit dell'atto di appello, quando nessun capo della sentenza del primo giudice sia censurato con sufficiente specificazione (nullit sanabile per effetto della costituzione dell'appellato, sia pure con salvezza dei diritti anteriormente acquisiti), ovvero, si traduce nel divieto per il giudice adito di estendere ad essi il proprio riesame se la relativa omissione si riferisca soltanto ad alcuni capi26. Non mancarono, per, pronunce successive di segno opposto27, che ritennero applicabile la sanzione dellinammissibilit dellappello. Pi di recente le stesse Sezioni Unite hanno dunque mutato indirizzo e stabilito che la violazione dell'articolo 342 c.p.c.. importa l'inammissibilit dell'impugnazione, la quale pertanto rilevabile d'ufficio28. Non pu mancarsi di accennare, sia pur telegraficamente, che la soluzione da ultimo adottata non condivisa dalla generalit della dottrina. Secondo alcuni la violazione dell'onere di specificit costituirebbe mera irregolarit sanabile senza limiti di tempo, sul rilievo, essenzialmente, che larticolo 342, 2 co., c.p.c. non commina alcuna sanzione esplicita29. Altri sostengono, sulla scia del vecchio indirizzo giurisprudenziale, che la mancanza del requisito della specificit dei motivi darebbe luogo ad un vizio di nullit, impedendo il conseguimento dello scopo dell'atto di impugnazione30. Qualificato il vizio come nullit, si ritenuto applicabile larticolo 164 c.p.c., nella parte concernente i vizi delleditio actionis31. L'accoglimento della soluzione adottata da ultimo dalle Sezioni Unite produce effetti anche sull'appello incidentale eventualmente proposto tardivamente, ai sensi dell'articolo 334, 2 co., c.p.c., il quale stabilisce che se l'impugnazione principale dichiarata inammissibile, l'impugnazione incidentale
Cass. 12 aprile 2001 n. 5493, ex multis. Cass. 11 giugno 2001 n. 7849; Cass. 24 marzo 2006, n. 6630; Cass. 12 maggio 2008, n. 11673. 23 Cass. 22 gennaio 2001 n. 875, Giust. civ., 2001, I, 1566; Cass. 5 agosto 2002, n. 11710; Cass. 16 dicembre 2005, n. 27727; Cass. 23 gennaio 2009, n. 1707, Lav. giur., 2009, 589. 24 Cass. 5 aprile 2001 n. 5068, tra le altre. 25 POLI, L'oggetto, cit., 1399. 26 Cass., Sez. Un., 6 giugno 1987, n. 4991, Giust. civ., 1988, I, 474, con nota di BOVE, Breve riflessione sui motivi specifici dell'appello e sull'articolo 346 c.p.c.; in Giust. civ., 1988 I, 211, con nota di SOTGIU, La specificit dei motivi di appello: un problema che persiste; in Riv. dir. proc., 1989, 602, con nota di BESSO, Note in tema di specificit dei motivi di appello; in Giur. it., 1988, I, 1, 1820, con nota di MONTELEONE, La funzione dei motivi ed i limiti dell'effetto devolutivo nell'appello civile secondo le sezioni unite della corte di cassazione; in Giur. it., 1989 I, 1, 1234, con nota di GREGORIO, Mera irregolarit dell'atto di appello per omessa specificazione dei motivi; in Foro it., 1987, I, 3037; in Arch. civ., 1987, 1205. 27 V., ad es., Cass. 21 aprile 1994, n. 3809; Cass. 22 febbraio 1995, n. 2012; Cass. 29 luglio 1995, n. 8377. 28 Cass., Sez. Un., 29 gennaio 2000, n. 16, cit., sulla scia della quale cfr. Cass. 11 giugno 2001, n. 7849; Cass. 30 luglio 2001, n. 10401; Cass. 25 luglio 2005, n. 15558; Cass. 24 marzo 2006, n. 663. 29 P. es. SASSANI, Le sezioni unite, cit., 515. 30 P. es. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, II, Giappichelli, Torino, 2006, 458-459, nota 55. 31 BALENA, Nuova pronuncia, op. loc. cit.; PROTO PISANI, In tema di motivi specifici, op. loc. cit., BARONE, Omessa specificazione dei motivi e inammissibilit dellappello:intervento chiarificatore delle sezioni unite, op. loc. cit..
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perde ogni efficacia. 5. Motivi concernenti la valutazione di documenti. Il principio della specificit dei motivi si atteggia in modo particolare, inoltre, ove i medesimi si appuntino sulla mancata considerazione o interpretazione di documenti posti in primo grado a sostegno della linea difensiva svolta. Occorre cio rammentare che larticolo 342 c.p.c., nella parte in cui prescrive la specificit dei motivi dellappello, impone allappellante, laddove tali motivi siano argomentati mediante il richiamo alla documentazione prodotta, lindicazione puntuale e non generica dei documenti ai quali affidato il gravame, con la compiuta illustrazione delle ragioni, illegittimamente trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto di essi giustifica la tesi sostenuta dallappellante 32. D'altro canto, la mera produzione di un documento in appello non comporta automaticamente il dovere del giudice di esaminarlo, in ossequio all'onere di allegazione delle ragioni di doglianza sotteso al principio di specificit dei motivi di appello, qualora alla produzione non si accompagni la necessaria attivit di allegazione diretta ad evidenziare il contenuto del documento ed il suo significato, ai fini dell'integrazione della ingiustizia della sentenza impugnata33. 6. Pluralit di rationes decidendi. Occorre ancora rammentare che in tema di impugnazioni, con riguardo al ricorso per cassazione, costantemente ribadito il principio secondo cui, qualora la sentenza impugnata si fondi su pi ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l'omessa impugnazione anche di una soltanto di tali ragioni determina l'inammissibilit, per difetto di interesse, anche del gravame proposta avverso le altre, in quanto l'eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulla ratio decidendi non censurata, con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe, pur sempre, fondata su di essa34. Ci detto, lo stesso principio deve essere senz'altro applicato anche al giudizio di appello, considerato la conformazione dell'appello quale revisio destinata ad operare nell'ambito dei motivi dedotti: con l'ulteriore conseguenza che, anche in sede d'appello, la mancata impugnazione della sentenza con riguardo a tutte le rationes decidendi che la sostengono fa s che essa debba rimanere ferma poich sorretta dall'argomento non censurato. 7. Onere della prova in appello. La conformazione dell'atto d'appello quale revisio ed il principio di specificit dei motivi producono importanti ricadute anche sul riparto degli oneri probatori in grado d'appello.
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Cass. 20 ottobre 2005, n. 20287, Cass. 7 aprile 2009, n. 8377. 34 Cass. 18 aprile 1998, n. 3951; Cass. 28 maggio 1998, n. 5268; Cass. 3 giugno 1998, n. 5440; Cass. 1 agosto 1998, n. 7555; Cass. 14 agosto 1998, n. 8051; Cass. 16 aprile 1999, n. 3827; Cass. 20 maggio 1999, n. 4876; Cass. 18 settembre 1999, n. 10092; Cass. 16 febbraio 2000, n. 1711; Cass. 26 aprile 2000, n. 5335; Cass. 20 giugno 2000, n. 8363; Cass. 25 agosto 2000, n. 11097; Cass. 23 aprile 2002, n. 5902; Cass. 17 luglio 2003, n. 11200; Cass. 26 febbraio 2004, n. 3942; Cass. 24 marzo 2004, n. 5888; Cass. 4 febbraio 2005, n. 2273; Cass. 29 aprile 2005, n. 8990; Cass. 8 agosto 2005, n. 16602; Cass. 16 giugno 2006, n. 13949; Cass. 21 giugno 2005, n. 13325; Cass. 12 settembre 2005, n. 18090; Cass. 26 gennaio 2006, n. 1526; Cass. 31 gennaio 2006, n. 2127; Cass. 8 febbraio 2006, n. 2811; Cass. 22 febbraio 2006, n. 3881; Cass. 20 aprile 2006, n. 9233; Cass. 18 maggio 2006, n. 11660; Cass. 18 maggio 2006, n. 11670; Cass. 18 settembre 2006, n. 20118; Cass. 11 gennaio 2007, n. 389; Cass. 5 marzo 2007, n. 5051; Cass. 8 maggio 2007, n. 10374; Cass. 5 giugno 2007, n. 13070; Cass. 14 giugno 2007, n. 13906; Cass. 12 ottobre 2007, n. 21431.

Ha chiarito la S.C. che essi, in sede di impugnazione, non ricalcano il riparto derivante dall'applicazione, in primo grado, delle regole stabilite dal primo e dal secondo comma dell'articolo 2697 c.c.: viceversa l'appellante, una volta denunciato esattamente l'errore commesso dal primo giudice, deve dare la prova della fondatezza del motivo, sicch, per questa via, egli rimane assoggettato al relativo onere probatorio indipendentemente dalla posizione ricoperta in primo grado. L'affermazione cos riassunta si trova formulata in una importante decisione gi ricordata35 con riguardo ad un caso in cui una curatela fallimentare aveva agito in revocatoria depositando taluni documenti (copie di bollettini di protesti) diretti a provare la scientia decoctionis. Accolta la domanda in primo grado, il giudice di appello aveva ritenuto che le iscrizioni nel bollettino dei protesti non potesse costituire di per s prova del requisito soggettivo richiesto per l'esercizio dell'azione revocatoria fallimentare e che occorresse verificare il contenuto concreto di tali iscrizioni: il che, tuttavia, era interdetto dalla mancata produzione in sede di impugnazione del fascicolo della curatela. Ragion per cui il giudice di appello aveva riformato la sentenza di primo grado e rigettato la revocatoria per mancanza di prova, gravante sul fallimento, della conoscenza dello stato di insolvenza. La S.C. ha cassato la sentenza osservando che nel giudizio di appello spettava all'originario convenuto dimostrare la fondatezza della propria censura concernente l'idoneit dei bollettini dei protesti a comprovare la conoscenza dello stato di insolvenza e che, di conseguenza, la mancata produzione del fascicolo del fallimento ridondasse in definitiva in pregiudizio dell'appellante. Quanto alla produzione del fascicolo la S.C., nella menzionata decisione, ha rammentato che nel giudizio d'appello l'appellante ha l'onere di produrre i documenti sui quali basa il proprio gravame o deve comunque attivarsi (in qualunque modo, anche avvalendosi della facolt di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti: articolo 76, disp. att. c.p.c.) perch tali documenti, se gi prodotti in primo grado, possano essere sottoposti all'esame del giudice di appello; che, conseguentemente, l'appellante subisce le conseguenze della mancata restituzione del fascicolo dell'altra parte che contenga documenti a lui favorevoli che non ha avuto cura di produrre in copia e che, pertanto, il giudice d'appello, tenuto a decidere sulla base del materiale probatorio sottoposto al suo esame non ha quindi la possibilit di esaminare . Illustrata l'evoluzione dell'appello da mezzo di gravame, volto cio al complessivo riesame del rapporto controverso, a mezzo di impugnazione, la S.C. ha osservato che in tale contesto sistematico vengono meno i presupposti per ritenere che l'onere probatorio dell'appellante debba essere individuato con esclusivo e retrospettivo riferimento alla posizione da lui assunta nel giudizio di primo grado, con la conseguenza che se in quel giudizio l'appellante aveva assunto la qualit di convenuto, il suo onere probatorio rimarrebbe integro, anche nella successiva fase di gravame, quanto a tutti i fatti impeditivi o estintivi del diritto fatto valere dall'attore. Deve, al contrario, affermarsi che, essendo l'appellante tenuto a fornire la dimostrazione della fondatezza delle singole censure mosse alle singole soluzioni offerte dalla sentenza impugnata, il cui riesame chiesto per ottenere la riforma del capo decisorio appellato, l'appello da lui proposto, in mancanza di tale dimostrazione deve essere, in base ai principi, respinto, con conseguente conferma sostitutiva dei capi di sentenza appellati, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale 36. 8. L'onere di proposizione dell'appello incidentale sulle questioni pregiudiziali-preliminari da
Cass., Sez. Un., 23 dicembre 2005, n. 28498, cit.. Su questa soluzione v. criticamente BALENA-ORIANI-PROTO PISANI-RASCIO, Oggetto del giudizio di appello e riparto degli oneri probatori: una recente (e non accettabile) pronuncia delle sezioni unite, in Foro it., 2006, I, 1436. Adesivamente, invece, con argomenti svolti in replica alla nota appena citata, v. POLI, L'oggetto, cit.. Sull'argomento v. pure VILLATA, Prova documentale e principio di acquisizione: un difficile connubio (specialmente) nel giudizio di appello?, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 315. VOLPINO, Produzione ed acquisizione dei documenti nel processo civile, in Nuova giur. civ. comm., 2010, II, 673.
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parte del vincitore nel merito. Secondo un orientamento fino a tempi recenti abbastanza consolidato, era sufficiente alla parte vittoriosa nel merito, ma soccombente su alcune questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, o anche di merito non preliminari, pure espressamente disattese dal primo giudice, la mera riproposizione della questione ai sensi dell'articolo 346 c.p.c., perch essa fosse devoluta alla cognizione del giudice di appello. Si affermava cio che la parte rimasta totalmente vittoriosa in primo grado non ha lonere di proporre appello incidentale per chiedere il riesame delle domande e delle eccezioni respinte o ritenute assorbite o comunque non esaminate con la sentenza impugnata dalla parte soccombente, essendo invece sufficiente la riproposizione di tali domande od eccezioni nel giudizio di secondo grado37. La dottrina ha posto in rilievo come tale orientamento fosse ormai incompatibile con lassetto del giudizio di secondo grado, auspicando un intervento della S.C. volto a perfezionare il processo evolutivo del giudizio di appello38. Ed in effetti, anche tale orientamento stato di recente ribaltato con l'affermazione del principio secondo cui: La parte risultata vittoriosa nel merito nel giudizio di primo grado, al fine di evitare la preclusione della questione di giurisdizione risolta in senso ad essa sfavorevole, tenuta a proporre appello incidentale, non essendo sufficiente ad impedire la formazione del giudicato sul punto la mera riproposizione della questione, ai sensi dell'articolo 346 c.p.c., in sede di costituzione in appello, stante l'inapplicabilit del principio di rilevabilit d'ufficio nel caso di espressa decisione sulla giurisdizione e la non applicabilit dell'articolo 346 c.p.c. (riferibile, invece, a domande o eccezioni autonome sulle quali non vi sia stata decisione o non autonome e interne al capo di domande deciso) a domande o eccezioni autonome espressamente e motivatamente respinte, rispetto alle quali rileva la previsione dell'articolo 329, secondo comma, c.p.c., per cui in assenza di puntuale impugnazione opera su di esse la presunzione di acquiescenza 39. Anche in questo caso il principio affermato dalla S.C. muove dalla configurazione del giudizio di appello: esso infatti coerente con la natura del giudizio d'appello, configurato nell'attuale ordinamento non quale iudicium novum ma quale revisio prioris instantiae, e con la consequenziale previsione della specificit dei motivi d'impugnazione, per la quale si richiede che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell'appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono, onde alla parte volitiva dell'appello deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, se pure nei limiti consentiti dalla correlazione con la motivazione della sentenza impugnata. In vero, a fronte della motivata reiezione d'una domanda o d'un'eccezione autonome, non sarebbe conforme ai menzionati criteri informatori della revisio proris instantiae in appello consentire alla parte interessata di limitarsi a riproporre l'una o l'altra, cos come svolte nel giudizio di primo grado, esonerandola dall'onere di prendere in esame la motivazione di rigetto, specificamente resa al riguardo dal giudice a quo, e di svolgere su di essa adeguata critica. Mentre appare indubitabile che, ove tale critica venga svolta, la relativa deduzione, qual che ne sia la modalit, finisca per avere la sostanza dell'impugnazione e come tale debba essere valutata e ci, proprio in quanto proveniente dall'appellato ed avente ad oggetto questioni del tutto autonome rispetto a quelle oggetto dell'impugnazione principale, soprattutto in funzione delle condizioni di forma e di tempo della sua ammissibilit .
Per tutte, in questo senso, Cass. 19 aprile 2002, n. 5721, Riv. dir. proc., 2004, 329, ove la nota critica di POLI, La devoluzione di domande e questioni in appello nellinteresse della parte vittoriosa nel merito. 38 POLI, Loggetto, cit. 1410. 39 Cass., Sez. Un., 16 ottobre 2008, n. 25246, Giur. it., 2009, 2001, con nota di RONCO, L'onere dell'appello incidentale sulle questioni pregiudiziali di rito (come baluardo per la sopravvivenza della decisione di merito).
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La massima poc'anzi trascritta riferita al motivato rigetto della questione di giurisdizione: ma, come emerge dalla lettura della motivazione, il principio riferito in generale alle questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito: val quanto dire, tanto per fare un esempio, che un'eccezione di prescrizione pur fondatamente proposta dal convenuto, ma erroneamente rigettata dal giudice di primo grado, non potr essere riproposta da parte dello stesso convenuto risultato infine vincitore se non attraverso l'impugnazione incidentale. Con la pronuncia ricordata, dunque, la S.C. ha profondamente modificato la lettura in precedenza data dell'articolo 346 c.p.c.. Si pensi che per lungo tempo si era ritenuto che tale norma non trovasse applicazione nei confronti dell'appellato contumace, che poteva cos avvantaggiarsi del riesame da parte del giudice di appello ritenuto doveroso, a pena di violazione dell'articolo 112 c.p.c. delle domande e delle eccezioni in primo grado non accolte40. Ma tale orientamento stato successivamente abbandonato dalla S.C., che ha posto in evidenza che tale opzione interpretativa priva di riscontri sul piano testuale e contrasta con l'esigenza, costituzionalmente garantita (articolo 111 Cost., 2 co.), di assicurare la ragionevole durata del processo, poich comporta il prolungamento del giudizio per il riesame di ragioni che la stessa parte interessata ha trascurato di coltivare. 9. La procura per il giudizio di appello. Stabilisce larticolo 83, 4 co., c.p.c., che la procura speciale si intende conferita per un determinato grado del processo quando nell'atto non espressa volont diversa. La giurisprudenza inclina ad un'interpretazione assai elastica della disposizione, ritenendo cio che la procura debba ritenersi conferita per lintero giudizio, dunque anche per l'appello, ogni qual volta il testo della medesima contenga un riferimento ad esso nel suo complesso. Occorre dire in generale che la presunzione posta in tal modo la norma si giustifica solo partendo dal presupposto che, non essendo prevista per il rilascio della procura l'adozione di formule sacramentali, per interpretare la volont della parte, che tale procura ha rilasciato senza specificare espressamente l'estensione della sua validit, al contenuto complessivo dell'atto che bisogna far riferimento. E la norma ha voluto solo stabilire, attraverso la presunzione, che in mancanza di qualsiasi indicazione in ordine all'estensione della procura o in presenza di espressioni equivoche, la procura conserva la sua efficacia limitatamente al grado del procedimento cui si riferisce l'atto in calce al quale apposta appunto la procura speciale. quindi alle espressioni contenute in detta procura che bisogna far riferimento per accertare la volont della parte circa l'estensione della procura, e non all'indicazione specifica dei gradi ulteriori 41. La presunzione in questione, dunque, deve considerarsi operante solo quando vengano utilizzati termini assolutamente generici o quando la procura si limiti a conferire la rappresentanza processuale senza alcuna altra indicazione42. Su tale premessa stato stabilito che la procura speciale al difensore, rilasciata in primo grado per il presente giudizio (o processo, causa, lite etc.), senza alcuna indicazione delimitativa, esprime la volont della parte di estendere il mandato all'appello, quale
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Cass. 12 maggio 1962, n. 962; Cass. 10 marzo 1970, n. 918; Cass. 20 giugno 1983, n. 4231; Cass. 26 giugno 1992, n. 7999; Cass. 23 maggio 2001, n. 7019. Per l'opposta soluzione, fondata sul richiamo al principio di ragionevole durata, v. gi Cass. 13 maggio 2003, n. 7316, Foro it., 2003, I, 3330, con nota di RASCIO, La riproposizione espressa dellarticolo 346 c.p.c., lappellato contumace, leffetto devolutivo e un atteso ripensamento della Suprema corte. 41 Cos testualmente Cass., Sez. Un., 17 maggio 1991, n. 5528, Giust. civ., 1991, I, 1995, con nota di MURRA, Estensione temporale della procura ad litem: l'ultimo grido della cassazione; Arch. civ., 1991, 910; Giur. it., 1992, I, 1, 1558, la quale ha composto un contrasto di giurisprudenza concernente la riferibilit della procura speciale alle liti al giudizio di impugnazione. 42 Oltre alla pronuncia appena citata, tra le molte, v. per quest'affermazione Cass. 17 marzo 1999, n. 2432, Riv. dir. lav., 1999, 766; Cass. 13 novembre 2009, n. 24092.

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ulteriore grado in cui si articola il giudizio stesso (ma, ovviamente, il ragionamento non vale per il ricorso per cassazione, essendo in tal caso richiesto alla procura il carattere della specialit), e, quindi, implica il superamento della presunzione di conferimento solo per detto primo grado, ai sensi dell'articolo 83, 4 co., c.p.c.43. Viceversa, dinanzi ad una procura del seguente tenore: Nomino e costituisco per mio procuratore l'avv. F.M., nel cui studio eleggo domicilio , rilasciata a margine nellatto introduttivo del giudizio di primo grado, la S.C. ha ritenuto la qual cosa appare ineccepibile, giacch se cos non fosse l'articolo 83, 4 co., c.p.c. finirebbe per subire uninterpretazione abrogatrice che dovesse operare la presunzione dettata dalla norma e che, dunque, detta procura non si estendesse al giudizio di appello44. Secondo lopinione prevalente il conferimento della procura rilasciata in primo grado per l'intero giudizio non viene meno per il fatto che il conferente abbia rilasciato una nuova procura affetta da nullit per il grado d'appello: al contrario, la nullit della procura conferita per il grado di appello non comporta la nullit della costituzione in appello e l'inammissibilit del gravame, ove la parte abbia comunque rilasciato in primo grado una procura alle liti valida per tutti i gradi del giudizio, perch il richiamo nell'atto di impugnazione ad una procura invalida non comporta di per s una implicita rinuncia ad avvalersi dell'altra, precedentemente conferita45. Secondo altro indirizzo, se la parte, dopo avere conferito in primo grado una procura alle liti valida per tutti i gradi del giudizio, ne rilasci una seconda ad hoc per il giudizio di appello, quest'ultima priva di efficacia la procura rilasciata per prima: ne consegue che l'eventuale nullit della procura alle liti conferita per il giudizio di appello non fa rivivere la procura alle liti conferita in primo grado46. L'estensione oggettiva della procura speciale alle liti, anche in mancanza di qualunque riferimento al giudizio desumibile dal corpo del testo di essa, pu essere individuata in funzione del collegamento tra la procura e l'atto sul quale essa apposta. Perci, la procura speciale alle liti in calce o a margine dell'atto di appello validamente conferita per il giudizio al quale si riferisce sebbene in essa non se ne faccia alcuna menzione47: ci anche nell'ipotesi che si tratti di procura rilasciata su foglio separato congiunto materialmente all'atto d'appello, giacch tale procura in tutto equiparata ad una procura in calce48. Bisogna per ricordare che in caso di procura apposta in calce alla copia notificata del1'atto di appello il mandato al difensore deve ritenersi limitato a contrastare la doglianza dell'appellante e non pu, in linea di principio, estendersi alla proposizione di appello incidentale49. 10. L'instaurazione del giudizio di appello ed i precedenti eventi interruttivi verificatisi nei confronti della parte e non dichiarati. Quantunque il giudizio rimanga colpito da un evento interruttivo che abbia interessato la parte conferente, il mandato ricevuto dal difensore attraverso la stipulazione del contratto di patrocinio, e di qui la procura alle liti, continua entro certi limiti a produrre effetti giuridici.
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Cos, sulla scia della pronuncia delle Sezioni Unite poc'anzi citata Cass. 19 marzo1992, n. 3408, 1992; Cass. 25 marzo 1992, n. 3707; Cass. 2 marzo 1998, n. 2260; Cass. 17 maggio 1997, n. 4429; Cass. 18 ottobre 1997, n. 10241; Cass. 2 agosto 1999, n. 8365; Cass. 28 giugno 2000, n. 8806; Cass. 30 maggio 2003, n. 8760; Cass. 13 novembre 2009, n. 24092; Cass. 5 maggio 2010, n. 10813; Cass. 22 ottobre 2010, n. 21696. 44 Cass. 6 luglio 2007, n. 15294. 45 Cass. 10 dicembre 2009, n. 25810; Cass. 5 giugno 2003, n. 8985; Cass. 30 ottobre 2002, n. 15340; Cass. 7 aprile 2000, n. 4384. 46 Cass. 12 giugno 1999, n. 5820. 47 Cass. 18 luglio 2003, n. 11256. 48 Cass. 18 agosto 2003, n. 12080, concernente procura foglio separato mancante di ogni riferimento alla sentenza da impugnare. 49 Cass. 15 febbraio 2001, n. 2218; Cass. 5 giugno 1996, n. 5243, Lavoro nella giur., 1996, 1048; Cass. 7 novembre 1992, n. 12047.

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La giurisprudenza discorre in proposito di ultrattivit, ultrattivit che si fonda sullimpossibilit di applicare al processo il principio generale dettato dallarticolo 1722, n. 4, c.c., in ordine allautomatica estinzione del mandato per morte o perdita di capacit del mandante: in altri termini, poich tali eventi, ove colpiscano la parte costituita, non determinano ipso iure linterruzione del processo, salvo che non siano dichiarati dal difensore, diviene inevitabile desumerne la titolarit di permanenti poteri processuali in capo al difensore che abbia omesso la dichiarazione. In caso di morte della parte (ovvero di altro evento interruttivo) nel corso del processo senza che il procuratore la dichiari o la notifichi, questi, pu dunque proseguire nelladempimento del proprio mandato, nel senso che la posizione della parte resta stabilizzata, rispetto alle altre parti ed al giudice, quale persona ancora esistente (o capace) 50. E ci, sotto il profilo della ratio, si giustifica con la tutela delle ragioni dei successori, i quali rimarrebbero altrimenti privi di difesa Mentre pacifico che il difensore conserva intatti i suoi poteri entro l'ambito del grado nel corso del quale l'evento interruttivo si verificato, discusso se, verificatosi l'evento interruttivo nel corso del primo grado, tali poteri si proiettino ulteriormente in futuro e, in particolare, se il difensore della parte deceduta, in forza del principio di ultrattivit del mandato, possa tanto proporre quanto ricevere l'impugnazione in nome di essa. La questione riveste cos un rilievo capitale non soltanto nei riguardi della parte nei cui confronti si sia verificato l'evento interruttivo durante lo svolgimento del primo grado del giudizio, ma anche nei confronti della controparte: difatti, mentre da un lato sorge il dubbio se l'impugnazione possa essere proposta anche dalla parte deceduta, a mezzo del difensore, ovvero solo dal successore, dietro rilascio di una nuova procura, dall'altro lato si pone la speculare questione se l'impugnazione debba essere proposta nei confronti del defunto ovvero della parte succedutagli. Sul tema la S.C. ha espresso posizioni diverse. Secondo un primo indirizzo, proveniente dalle Sezioni Unite51, nel caso in cui il procuratore non dichiari o non notifichi levento che ha colpito la parte da lui rappresentata, la posizione giuridica di questa resta stabilizzata, rispetto alle altre parti ed al giudice, quale persona ancora esistente od ancora capace, con correlativa ultrattivit del mandato alla lite, pure nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto processuale mediante proposizione di impugnazione, fino a quando, nel procedimento di impugnazione, non si costituisca lerede del defunto, od il rappresentante della parte divenuta incapace, ovvero il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura valida anche per gli ulteriori gradi, dichiari in udienza o notifichi alle altre parti il verificarsi di quegli eventi . Dunque, secondo questa impostazione, l'impugnazione pu essere proposta dalla parte colpita dall'evento interruttivo mediante il suo procuratore, ma pu essere proposta anche dal successore, previo rilascio di una nuova procura. La controparte pu impugnare solo nei confronti della parte colpita dall'evento interruttivo, presso il suo difensore. Il principio si fonda sul rilievo che larticolo 300 c.p.c. rappresenta una fondamentale deroga allarticolo 1722 c.c., che prevede lestinzione del mandato in caso di decesso del mandante. Linterruzione del processo, ai sensi dell'articolo 300 c.p.c., infatti fattispecie complessa che si
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Cos in motivazione, tra le molte, in una fattispecie che oggi verrebbe decisa diversamente da come lo fu in applicazione dei principi all'epoca condivisi, Cass. 5 giugno 1997, n. 5002, Foro it., 1998, I, 2235, con nota di CAPONI, Conoscenza legale acquisita dalla parte soccombente della morte della controparte e sorte dellimpugnazione proposta nei confronti della parte deceduta, anzich degli eredi. 51 Cass., Sez. Un., 21 febbraio 1984, nn. 1228, 1229, 1230, Foro it., 1984, I, 664, con nota di PROTO PISANI, Un intervento parziale delle Sezioni Unite sulle conseguenze della morte non dichiarata della parte costituita mediante il procuratore; Giur. it., 1985, I, 1, 39, con nota di MONTANARI, Rilievi critici intorno ad uno schema di sistemazione globale dell'incidenza degli eventi ex articolo 299 cod. proc. civ.; Giust. civ., 1985, I, 170, con nota di FINOCCHIARO, L'intervento delle sezioni unite non dissipa le ombre sugli effetti, dopo la chiusura della discussione, degli eventi menomativi o esclusivi della capacit della parte verificatisi in precedenza e non comunicati n notificati dal suo procuratore.

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realizza non gi in dipendenza del solo evento interruttivo in s considerato, bens per effetto della successiva dichiarazione in udienza o notificazione compiuta dal difensore della parte: sicch, in mancanza della dichiarazione o notificazione l'interruzione non ha luogo e lo stesso mandato al procuratore ad litem non perde efficacia. E dunque, se allevento non stata a suo tempo attribuita rilevanza dallunico soggetto legittimato, ossia dal difensore, qualora si ammettesse che l'impugnazione debba o possa essere instaurata contro il successore, si finirebbe per contraddire la disciplina dellarticolo 300 c.p.c.. Quanto al potere del difensore della parte colpita dall'evento interruttivo di proporre impugnazione, in particolare, era in passato ritenuto, nella linea cos espressa, che, ove la procura comprendesse il relativo potere, il difensore fosse abilitato a proporre appello52 ovvero regolamento di competenza53 in nome del defunto. Viceversa, l'impugnazione non poteva essere proposta in forza della procura conferita dalla parte estinta in nome non gi di essa, bens della parte succeduta, indipendentemente dall'estensione della procura medesima: in tal caso, cio, occorreva necessariamente e, diremmo, intuitivamente una nuova procura rilasciata dalla parte succeduta54. Pi volte ribadito l'indirizzo in generale indicato dalle Sezioni Unite55, non mancato per qualche motivato dissenso giurisprudenziale56, ove erano recepite le osservazioni critiche di parte della dottrina57, sicch le stesse Sezioni Unite58 hanno successivamente capovolto il proprio orientamento traendo argomento, oltre che dall'esegesi dell'articolo 328 c.p.c.59, dal principio secondo cui le parti, una volta definito un grado di giudizio, tornano nella situazione in cui si trovava lattore nel momento di intraprendere lazione. Seguendo questa soluzione certamente inaccettabile la tesi che vuol comunque ed in generale condizionare il dovere di indirizzare limpugnazione contro i soggetti reali al fatto che limpugnante abbia avuto notizia dellevento morte o perdita della capacit, senza che limpugnazione stessa, per una sorta di perpetuatio del precedente soggetto e dunque, ancora una volta, per effetto di una fictio, sarebbe validamente instaurata nei confronti della parte defunta o
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Cass. 3 luglio 1999, n. 6894, Riv. giur. edil., 1999, 978. Cass. 20 maggio 1998, n. 5026, Giust. civ., 1999, I, 533; Cass. 5 settembre 1995, n. 672. 54 In dottrina per la necessit di una nuova procura, sul rilievo che il soggetto che prosegue il giudizio diverso, v. SALETTI, Interruzione del processo, in Enc. giur. Treccani, XVII, Roma, 1989, 10. 55 Nello stesso senso ex multis Cass. 10 gennaio 2006, n. 144; Cass. 12 aprile 2002, n. 5305; Cass. 22 febbraio 2001, n. 2599; Cass. 4 luglio 2000, n. 8930, Giur. it., 2001, 232; Cass. 16 febbraio 2000, n. 1721; Cass. 22 giugno 1999, n. 6298, Foro it., 2000, I, 379; Cass. 29 maggio 1999, n. 5237; Cass. 27 aprile 1999, n. 4195; Cass. 1 dicembre 1998, n. 12195; Cass. 25 novembre 1998, n. 11966; Cass. 7 ottobre 1998, n. 9911; Cass. 15 settembre 1998, n. 9175, Foro it., 1999, I, 583; Cass. 6 giugno 1998, n. 5593; Cass. 26 maggio 1998, n. 5230; Cass. 3 aprile 1998, n. 3431, Arch. civ., 1999, 244; Cass. 5 giugno 1997, n. 5002; Cass. 14 maggio 1997, n. 4237; Cass. 3 marzo 1997, n. 1865, Arch. giur. circolaz., 1997, 597; Cass. 21 agosto 1996, n. 7704, Foro it., 1997, I, 1911; Cass. 2 dicembre 1994, n. 10350, Giur. it., 1995, I, 1, 1702. 56 P. es. Cass. 15 febbraio 1985, n. 1317. 57 SALETTI, Interruzione del processo, in Enc. giur. Treccani, XVII, Roma, 1989, 7, richiamando PUNZI, Linterruzione del processo, Giuffr, Milano, 1963, 170, nota 143, obietta che il potere di rappresentanza del difensore della parte estinta sopravvive s per il grado del giudizio in cui si verificato levento, ma non per tutto il processo, dal momento che leccezionalit del fenomeno dell'ultrattivit ne impone uninterpretazione restrittiva. V. pure MONTESANO-ARIETA, Trattato di diritto processuale civile, I, 2, Giuffr, Milano, 2001, 1448. L'esattezza del principio di ultrattivit della procura anche in sede di impugnazione viceversa riconosciuto da CALIFANO, Linterruzione del processo, Jovene, Napoli, 2004, 200 e segg.; CAPONI, La rimessione in termini nel processo civile, Giuffr, Milano, 1996, 529 e segg.; CAVALAGLIO, Interruzione del processo di cognizione nel diritto processuale civile, in Digesto Civ., X, Utet, Torino, 1993, 90. 58 Cass. 19 dicembre 1996, n. 11394, Nuova giur. civ. comm., 1997, I, 925, con nota di GAMBA, Morte o perdita della capacit della parte, intervenuta tra il primo ed il secondo grado di giudizio; Foro it., 1997, I, 2544, con nota di richiami di CAPONI; Giust. civ., 1997, I, 612; Arch. civ., 1997, 487. 59 Viene richiamata Cass. 18 giugno 1980, n. 3888, secondo la quale il problema della notificazione dellatto di impugnazione e della instaurazione di una valida o non valida fase processuale di gravame va risolto non gi alla luce degli accennati criteri dellultrattivit del mandato al procuratore costituito e della non automaticit dellinterruzione ex articolo 300 c.p.c., bens in base alle norme di cui allarticolo 328 c.p.c. .

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divenuta incapace . Tale ipotesi, nel ragionamento della S.C., si rivelerebbe incompatibile con la logica stessa della costruzione normativa, quale risulta dalla complessiva disciplina dellarticolo 328 c.p.c., fondata comessa sullobbiettiva esigenza che il processo di impugnazione si instauri fra i soggetti reali; e renderebbe incomprensibili le stesse garanzie che larticolo 328 appresta contro leventualit che limpugnante, ignorando levento, spenda in direzione soggettivamente sbagliata il suo potere impugnatorio . Considerata lesigenza di tutelare linstaurazione del contraddittorio tra le parti reali del processo evitando qualunque finzione giuridica, le Sezioni Unite escludono lapplicazione dellarticolo 291 c.p.c. quantunque il soggetto che ha errato nella proposizione dellimpugnazione dimostri di aver incolpevolmente ignorato levento: la sola sanatoria ammessa contro la nullit dellimpugnazione rappresentata dalla costituzione in giudizio dei successori, purch effettuata nelle forme e nei limiti previsti. Viceversa, altre successive pronunce, pur collocandosi nel quadro della ricostruzione secondo cui l'impugnazione va proposta da e nei confronti della giusta parte , hanno ritenuto rilevante l'incolpevole ignoranza dell'evento interruttivo60. Tale ulteriore contrasto ha determinato un nuovo intervento delle Sezioni Unite61, che hanno ribadito la ricostruzione risalente alla pronuncia del 1996, ma hanno attribuito rilevanza alla mancata conoscenza incolpevole dellevento osservando che non pu omettersi di considerare che la scelta ermeneutica adottata, se riconosce piena tutela alla parte legittimata a proseguire il giudizio, non ne riserva in pari misura allaltra parte incolpevolmente ignara dellevento che ha colpito il suo antagonista, tenuto soprattutto conto che il meccanismo di proroga del termine annuale non elimina del tutto il rischio che essa non venga a conoscenza dellevento stesso, che pu verificarsi anche nella imminenza della scadenza del termine pur prorogato: e sono stati appunto i ricorrenti dubbi di incostituzionalit, sotto opposti profili, suscitati dalle varie opzioni interpretative, che hanno ispirato il filone giurisprudenziale intermedio in precedenza richiamato, incline ad attribuire rilevanza alla buona fede del notificante ed a ravvisare lammissibilit dellatto di impugnazione notificato a soggetto non pi legittimato in ogni caso in cui la parte impugnante sia stata senza colpa alloscuro dellevento che ha interessato la controparte . Anche quest'indirizzo non ha sopito i contrasti, sicch da ultimo stato affermato, sempre dalle Sezioni Unite62 che l'atto di impugnazione della sentenza, nel caso di morte della parte vittoriosa, deve essere rivolto e notificato agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui il decesso avvenuto, sia dalla eventuale ignoranza dell'evento, anche se incolpevole, da parte del soccombente; ove l'impugnazione sia proposta invece nei confronti del defunto, non pu trovare applicazione la disciplina di cui all'articolo 291 c.p.c.. Ha in breve osservato la S.C. che nessuna previsione del codice di rito consente lestensione dellultrattivit del mandato oltre il grado di giudizio in cui levento si verificato. Relativamente alla morte della parte avvenuta durante la decorrenza dei termini per impugnare soccorrono gli artt. 328 e 330 c.p.c., i quali presuppongono che latto di impugnazione
p. es. Cass. 9 gennaio 2003, n. 134; Cass. 1 agosto 2003, n. 11736; Cass. 6 agosto 2002, n. 11759, Giur. it., 2003, 1131; Cass. 9 aprile 1998, n. 3694, Foro it., 1998, I, 2909. 61 Cass., Sez. Un., 28 luglio 2005, n. 15783, Guida dir., 2005, 36, 56, con nota di PISELLI, La variazione di status del minore ha effetto anche senza comunicazione; Corr. merito, 2005, 1299, con nota di TRAVAGLINO, Rappresentanza processuale del minore costituito in giudizio in persona dei genitori; Dir. e giust., 2005, 36, 14, SAN GIORGIO, Con la capacit si perde anche la legittimazione in giudizio; Foro it., 2006, 131, con nota di CAPONI, In tema di autonomia e certezza nella disciplina del processo civile; Corr. giur., 2006, 678, con nota di GASPERINI, Rimessione in termini e poteri esterni allo svolgimento del processo: le sezioni unite riconoscono la rilevanza dell'errore scusabile; Foro it., 2006, I, 131, con nota di RUGGIERI, Eventi interruttivi del processo e notificazione di atti di impugnazione alle parti legittimate: l'attesa svolta delle Sezioni Unite; Giur. it., 2006, 87 62 Cass., Sez. Un., 16 dicembre 2009, n. 26279, Giur. it., 2010, 1652, con nota di MARANGON, Morte della parte; Foro it., 2010, I, 56. Non agevolmente pronosticabile se e per quanto tempo tale ultima soluzione rimarr ferma, giacch gi Cass. 7 gennaio 2011, n. 259, richiama le Sezioni Unite del 2005, pur avendo consapevolezza di quelle del 2009.
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debba essere in ogni caso indirizzato agli eredi, indipendentemente dal momento in cui la parte sia deceduta. Ci in consonanza, altres, al principio del contraddittorio consacrato dallarticolo 111 Cost. e richiamato dallarticolo 101 c.p.c., che porta con s il concetto di giusta parte , quale non pu essere considerata la persona deceduta. In ogni caso, il soccombente ignaro dellevento ha a disposizione il tempo necessario per verificare leventuale decesso della controparte, che evento non mai imprevedibile. Il principio di diritto oggi condiviso, con riguardo all'ultrattivit del mandato, si riassume, dunque, nella massima secondo cui, nell'ipotesi che uno degli eventi idonei a determinare l'interruzione del processo, ai sensi dell'articolo 301 c.p.c., quale la morte della parte, si verifichi nel corso del giudizio di primo grado e tale evento non venga dichiarato n notificato dal difensore della parte alla quale l'evento si riferisce, il giudizio di impugnazione deve essere comunque instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati e, quindi, da e contro gli eredi. Infatti, al fine di riconoscere la persistente legittimazione del procuratore della parte originaria, in relazione al giudizio di impugnazione, non invocabile il principio di ultrattivit del mandato che, attribuendo al procuratore la possibilit di continuare a rappresentare in giudizio la parte che gli abbia conferito il mandato e costituendo deroga al principio secondo il quale la morte del mandante estingue il mandato (secondo la normativa sulla rappresentanza e sul mandato di cui all'articolo 1722 n. 4 c.c.), va contenuto nei limiti della fase del processo in cui si verificato l'evento non dichiarato n notificato63. Quest'ultima soluzione appare in effetti preferibile poich: i) mancando nel codice di procedura civile una norma volta a disciplinare la sorte del mandato alle liti dopo la morte della parte conferente, non pu che farsi applicazione della regola generale stabilita articolo 1722, n. 4, c.c., secondo cui mandatum morte finitur; ii) listituto della interruzione del processo mira ad evitare pregiudizi al diritto di difesa della parte colpita dallevento interruttivo e, in definitiva, a garantire il contraddittorio: ma, questa essendo la ratio della norma, come pacifico in giurisprudenza, essa ha necessariamente carattere eccezionale, tale da indurre a darne una lettura conforme alla ratio che contenuta entro i suoi limiti; iii) limpugnazione presuppone la disponibilit del diritto in contesa, disponibilit che spetta ormai unicamente al successore e non alla parte ormai defunta. Come si gi visto, tuttavia, era in passato ritenuto che il difensore, oltre alle altre impugnazioni, potesse anche spiegare il regolamento di competenza in nome del defunto: sicch da chiedersi se tale eventualit non debba essere mantenuta ferma, tenuto conto del particolare carattere dell'impugnazione, la quale si presenta come incidente collocata entro l'ambito del grado64. 11. Tentativo di notificazione dell'atto d'appello non andata a buon fine . Questione pratica del massimo rilievo, sia per la frequenza con cui si verifica che per le conseguenze che produce, quella della notificazione dell'atto d'appello non andata a buon fine: con conseguente richiesta dell'appellante di ottenere l'assegnazione di un termine per provvedere alla rinnovazione della notificazione. Tale eventualit ha assunto una consistenza quantitativa non indifferente soprattutto a seguito dell'affermarsi del principio della separazione tra i momenti perfezionativi della notificazione per il notificante e per il destinatario della notificazione: sta di fatto, cio, che il ceto forense suole scadenzare gli atti con riguardo al momento della consegna all'ufficiale giudiziario, sicch, nel caso
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Di recente Cass. 19 marzo 2009, n. 6701, Giur. it., 2010, 156, con nota di SPACCAPELO, Limiti cronologici della sopravvenienza del mandato al difensore, in caso di morte della parte rappresentata, sulla scia di Cass. 5 marzo 2009, n. 5387; Cass. 30 gennaio 2002, n. 1206; Cass. 20 giugno 2000, n. 8380; Cass. 27 gennaio 1994, n. 833, Foro It., 1995, I, 936, con nota di PIETROSANTI, Impugnazione a nome del successore universale con procura del de cuius; Cass. 14 dicembre 1979, n. 6522, Foro it., 1980, I, 317, con nota di PROTO PISANI. 64 La distinzione, in tali termini, posta in evidenza da Cass. 20 maggio 1998, n. 5026, Giust. civ., 1999, I, 533.

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dell'atto d'appello passato alla notifica in prossimit dell'ultimo giorno utile, accade che, se la notificazione non raggiunge il notificando, ad esempio perch trasferito, il termine per la proposizione dell'appello finisca per spirare. Sicch sorge questione se e in quali limiti la richiesta di assegnazione di un nuovo termine per la notificazione possa essere concesso. nota, al riguardo, la distinzione tra nullit e inesistenza. A tale dicotomia la giurisprudenza ha spesso ricondotto l'ipotesi menzionata: quella della notificazione semplicemente tentata e non andata a buon fine, anzitutto questo il caso pi comune per essere il notificando, sia esso la parte personalmente oppure il suo difensore, sloggiato dal luogo presso cui la notificazione stata indirizzata. Cos, stata ad esempio di recente ritenuta nulla e quindi sanabile, nel quadro di applicazione dell'articolo 291 c.p.c., la notificazione dellimpugnazione presso il vecchio studio professionale del difensore trasferito presso altro studio: quantunque l'atto fosse stato restituito dall'ufficiale giudiziario notificante con relata attestante semplicemente la mancata notificazione, appunto per il rilevato trasferimento65. Pi frequentemente la notificazione non andata a buon fine stata considerata quale notificazione inesistente, per non essersi affatto completato il procedimento66, con conseguente sua insanabilit. In realt, la notificazione non andata a buon fine ben poco ha a che vedere con una notificazione viziata, sia pur nella pi grave forma della inesistenza: si tratta invece di una nonnotificazione, di una notificazione abortita, di una notificazione a met che con la previsione normativa non ha ancora nulla a che spartire. In proposito, la giurisprudenza ha tentato di costruire un sistema organico di regole tali da calare il principio della scissione tra i due momenti della notificazione nella trama del giusto processo, nel suo assetto derivante dell'impatto su di esso dell'articolo 111 Cost.. L'aspetto pi scottante, naturalmente, quello delle impugnazioni, per l'ipotesi, cui si accennava, che l'atto venga tempestivamente consegnato all'ufficiale giudiziario ma la notificazione non attinga il destinatario, sicch l'ufficiale giudiziario restituisca l'atto non notificato quando il termine ormai spirato: da un lato, in particolare, vi il principio della insuperabile perentoriet dei termini per l'impugnazione, i quali non possono essere prorogati, sospesi o interrotti67; dall'altro vi il principio, dal quale la stessa regola della scissione dei due momenti della notificazione si generata, secondo cui la parte non pu subire conseguenze sfavorevoli determinate da condotte involontarie. Per questa via la S.C. pervenuta a valorizzare la non imputabilit del comportamento del notificante nei casi in cui l'omessa notifica sia riconducibile al caso fortuito o alla forza maggiore. L'istituto impiegato allo scopo dunque quello della rimessione in termini, attraverso la verifica caso per caso se l'omessa notifica sia o meno da imputare al notificante: rimessione in termini che la S.C. reputa ormai applicabile, gi sulla base dell'articolo 184 bis c.p.c., ad ogni segmento del processo e non pi, come essa aveva pi volte ripetuto nel passato, alle sole decadenze verificatesi in fase istruttoria68. Si tratta di una parabola singolare: si pu dire con tranquillit che l'affermazione del principio della separazione tra i due momenti perfezionativi della notificazione scaturita proprio dall'esigenza di rimediare alla riottosa ostinazione della S.C. nel negare che la rimessione in termini disciplinata dall'articolo 184 bis c.p.c. costituisse istituto di generale applicazione all'intero campo processuale civile e, in particolare, al sistema delle impugnazioni: ma, una volta spostata l'attenzione dal momento conclusivo del procedimento di notificazione a quello della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario il problema si riproposto, sinch non stato riconosciuto che il mancato completamento della
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Cass. 15 aprile 2008, n. 9907, Riv. dir. proc., 2009, 536. P. es. Cass. 26 marzo 2010, n. 7358; Cass. 21 giugno 2007 n. 14487; Cass. 29 maggio 1997 n. 4746. 67 P. es. ex multis Cass. 26 luglio 2006, n. 17002. 68 Cass. 29 luglio 2010, n. 17704; Cass. 17 giugno 2010, n. 14627.

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notificazione per causa non imputabile al notificante non pu essere posto a carico di chi non sia, nell'occasione, incorso in alcuna colpa. Ci detto, le regole pratiche da applicarsi non appaiono ancora del tutto chiare e definite: talora si trova affermato che la parte, una volta visto si restituito l'atto dall'ufficiale giudiziario, deve in un termine ragionevole riattivare il procedimento di notificazione di propria iniziativa, senza alcun intervento da parte del giudice; altre volte si trova invece sostenuto che la riattivazione del procedimento di notificazione va preceduta da uno scrutinio, ad opera del giudice, della non imputabilit dell'omessa notifica. Cos, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo tempestivamente consegnata all'ufficiale giudiziario, ma poi non notificata per il trasferimento del difensore di controparte, la S.C., nel richiamare il principio della scissione fra il momento di perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario, ha affermato che l'opponente ha la facolt di rinnovare la notifica secondo il modulo e nel termine previsto per l'opposizione tardiva di cui all'articolo 650 c.p.c.69. Viceversa, in caso di incolpevole ignoranza del trasferimento del difensore di controparte, destinatario dell'atto di impugnazione, stato affermato che la parte, la quale intenda notificare limpugnazione dopo la scadenza del termine al nuovo domicilio del difensore costituito, deve chiedere al giudice ad quem la fissazione di apposito termine per lesecuzione di tale notifica, con istanza proposta entro il termine per la costituzione accompagnata dallattestazione di mancata notifica presso il precedente domicilio70. Quest'ultima pronuncia, sul punto dell'individuazione dei meccanismi posti a disposizione del notificante, cos motivata: Come osservato nellordinanza interlocutoria, in identiche od analoghe fattispecie, questa Corte, anche a sezioni unite (cfr.: Cass. 21 gennaio 2005, n. 1238; Cass. 4 maggio 2006, n. 10216), ha gi ritenuto "costituzionalmente imposta" dagli interventi della Corte costituzionale e dal principio di ragionevolezza una interpretazione delle disposizioni regolanti i tempi ed i modi di notifica delle impugnazioni che consentisse di superare lostacolo che, non per colpa della parte, si sia frapposto in concreto allesercizio del suo diritto di agire per la riforma o la cassazione di una sentenza (od altro provvedimento), mediante il rinvenimento nellordinamento di uno strumento processuale che, in quanto predefinito e circoscritto ad un limitato arco temporale, fosse compatibile con i principi della certezza delle situazioni giuridiche e della celerit del processo. Fermo che non pu parlarsi di nullit rispetto ad una notifica che, anche se correttamente attivata, non si sia perfezionata per linterruzione del relativo procedimento, non possono che essere condivisi limposizione ravvisata in dette pronunce e gli argomenti che in ragione di essa hanno comportato nelle specifiche fattispecie esaminate laffermazione, in ossequio ai principi di eguaglianza di difesa sanciti dagli artt. 3 e 24, Cost., della riattivabilit del procedimento di notificazione dellimpugnazione, nonostante il superamento dei relativi termini perentori e decadenziali, e della perfezionabilit tardiva della notifica nei confronti del destinatario. Strumento della riattivazione, essendo questa subordinata alla valutazione del perfezionamento dellimpugnazione per il notificante, quello dellistanza al giudice ad quem di fissazione di un termine perentorio per il completamento della notifica, sostanzialmente comune nellordinamento processuale a tutti i casi in cui il giudizio non pu essere proseguito senza la costituzione o ricostituzione del contraddittorio tra le parti (artt. 102, 299 e ss., 291. 331, c.p.c.), al quale si richiame-rebbe, comunque, una interpretazione dellarticolo 184-bis, c.p.c., che comportasse lestensione delle sue previsioni ai termini stabiliti per le impugnazioni, siano esse di merito o di legittimit. Relativamente ai tempi ed ai modi, il rispetto della dinamica del processo impone che listanza venga depositata unitamente allatto contenente lattestazione della mancata notifica nel termine stabilito per la costituzione della parte nel caso di regolare instaurazione del contraddittorio e
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Cass., Sez. Un., 4 maggio 2006, n. 10216, Giust. civ., 2006, I, 2030; in Giur. it., 2006, 1896. Cass., Sez. U., 19 febbraio 2009, n. 3960, Riv. dir. proc., 2010, 228.

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che, ove la tardiva notifica dellatto di impugnazione possa comportarne la nullit per il mancato rispetto dei termini di comparizione, listanza contenga la richiesta al giudice di fissare, a norma dellarticolo 164, c.p.c., un termine perentorio per la rinnovazione dellimpugnazione . In altra occasione, vertente su non dissimile fattispecie, la S.C. per pervenuta ad una ricostruzione diversa71, ammettendo il notificante a riattivare unilateralmente il procedimento di notificazione, senza alcuna preventiva istanza al giudice, fermo restando il suo controllo ex post sulla sussistenza della non imputabilit del mancato completamento della notificazione originariamente tentata. Il ragionamento che ammette il notificante a riprendere il procedimento di notificazione senza rivolgersi preventivamente al giudice, salvo che ci non sia indispensabile, poggia in effetti su convincenti argomenti: opportuno esaminare se pu considerarsi rituale il fatto che la stessa parte notificante di sua iniziativa abbia promosso la ripresa del procedimento notificatorio, chiedendo allufficiale giudiziario la notifica al nuovo indirizzo. Infatti la gi esaminata sentenza delle Sezioni unite n. 3818/2009 ha ritenuto invece ... Che, essendo la riattivazione della notificazione subordinata al perfezionamento dellimpugnazione per il notificante, la stessa debba essere promossa mediante istanza del giudice ad quem di fissazione di un termine perentorio per il completamento della notifica, da depositare, unitamente alla relativa documentazione, nel termine stabilito per la costituzione della parte nel caso di regolare instaurazione del contraddittorio. Nel caso poi, in cui risulterebbe la violazione dei termini di comparizione a favore della controparte, dovrebbe chiedersi un termine perentorio, a norma dellarticolo 164 c.p.c., per la rinnovazione dellimpugnazione. 4.6. Al riguardo si ritiene che debba darsi continuit allorientamento interpretativo secondo cui, in caso di interruzione del procedimento notificatorio per ragioni non imputabili allistante, questultimo ha la facolt di chiederne la riattivazione al fine di giovarsi, ove concorrano determinati requisiti di tempestivit, della data della iniziale richiesta di notificazione, nel quadro della scissione dei momenti di realizzazione della notificazione per il notificante e il destinatario, ai fini del rispetto di termini perentori da parte del primo. Questa soluzione, innanzitutto, congrua con la stessa natura dello strumento giuridico a cui si fa riferimento per giustificare la retrodatazione relativa degli effetti della notificazione. In altri termini, se si fa riferimento alla scissione (a taluni fini) degli effetti della notificazione nei confronti dellistante e del destinatario, valorizzando, rispettivamente, la data iniziale e quella di perfezionamento del procedimento, logico che debbano essere salvaguardate almeno per quanto possibile la continuit e la speditezza del procedimento stesso, ed chiaro che, invece, tale esigenza sarebbe contraddetta dalla necessit del ricorso al giudice. Il fatto, poi, che nel corso del procedimento di notificazione insorgano difficolt, esigenze di ulteriori indagini circa i luoghi in cui il destinatario ha la residenza, il domicilio o la dimora, ecc., unevenienza ricorrente e direttamente o indirettamente prevista dalle disposizioni di legge, e lo stesso ufficiale giudiziario pu, e dovrebbe, assumere iniziative al riguardo come rilevato dalla giurisprudenza (cfr., per esempio, Cass. n. 12183/2004, 11332/2005, 17453/2006, 2909/2008). In questo quadro appartiene alla fisiologia del procedimento notificatorio anche lo scambio di utili informazioni tra parte istante e ufficiale giudiziario ed congruo ritenere la sostanziale unit del procedimento quando, dopo che una prima fase del procedimento non abbia avuto positiva conclusione per laccertata mancata corrispondenza della situazione di fatto a quella indicata dallistante, questultimo fornisca ulteriori indicazioni ai fini del perfezionamento della notificazione . Naturalmente precisa la pronuncia anche in relazione a questa prospettazione rimane salva la valutazione circa la imputabilit o meno al richiedente della inesattezza delle iniziali indicazioni, in quanto la giurisprudenza sulla dissociazione dei tempi della notificazione per il richiedente e il destinatario basata sullassunto che a detrimento del primo non debbano andare aspetti del procedimento che non siano sotto il suo controllo. E prosegue: Linterpretazione nel senso che
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Cass., Sez. Un., 24 luglio 2009, n. 17352, Riv. dir. proc., 2010, 1201.

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possibile lassunzione diretta da parte dellinteressato delliniziativa finalizzata al positivo compimento della notificazione corrisponde anche allesigenza di rispettare la direttiva costituzionale sul giusto processo, secondo cui la legge ne assicura la ragionevole durata (articolo 111 Cost., 2 co.), essendo evidente che la necessit di una previa costituzione in giudizio per la richiesta di un provvedimento giudiziale sulla rinnovazione della notificazione comporta un rilevante allungamento dei tempi del giudizio, oltre che un appesantimento delle procedure. Giova anche ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ammette liniziativa diretta e preventiva della parte per la rinnovazione di notificazioni affette da profili di nullit, che valga ad anticipare uniniziativa in tal senso del giudice, pur in questo caso espressamente prevista dallarticolo 291 c.p.c. (cfr., ex plurimis, Cass. n. 11623/2003 e 27450/2005). Inoltre il riferimento ai termini previsti per la costituzione in giudizio della parte, ipotizzato allo scopo di fornire unindicazione certa riguardo alla tempestivit delliniziativa che fa seguito alliniziale insuccesso della notificazione, appare non funzionale anche sotto altri aspetti. Deve rilevarsi infatti che lesigenza di rispettare un termine perentorio per la notificazione si presenta in giudizio non solo per le impugnazioni, ma anche in svariate situazioni in cui non applicabile un termine per la costituzione o un altro termine che possa svolgere una funzione analoga. Inoltre, anche rimanendo nel campo delle impugnazioni, nel rito del lavoro la costituzione dellappellante, mediante il deposito del ricorso, precede la notificazione di questultimo. Pu infine rilevarsi sul punto che, a ben vedere, il preventivo ricorso al giudice non utile neanche al fine di avere una previa valutazione certa circa la sussistenza delle condizioni per la ripresa del procedimento di notificazione, in quanto si tratterebbe solo di una valutazione preliminare effettuata non in sede decisoria e per di pi in assenza del contraddittorio con la controparte interessata . La riattivazione del procedimento di notificazione deve avvenire entro un tempo ragionevole , la scrutinarsi caso per caso in considerazione dei concreti aspetti della vicenda. Ci significa che l'incolpevole fallimento della notificazione originariamente tentata pu ritorcersi contro il notificante qualora la riattivazione del procedimento di notificazione ed in altri termini l'acquisizione delle informazioni circa la localizzazione del destinatario e la susseguente istanza all'ufficiale giudiziario di riprendere il procedimento non sia adeguatamente celere: Ritenuta ammissibile la diretta iniziativa della parte interessata, quanto alle modalit temporali della stessa lunico criterio possibile di carattere generale quello indicato da alcune sentenze precedentemente richiamate (Cass. n. 24702/2006, 6360/2007 e 6547/2008), secondo cui liniziativa per la ripresa del procedimento notificatorio deve intervenire entro un tempo ragionevole, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per venire a conoscenza dellesito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie. E tale criterio, considerata la specificit del tipo di difficolt procedurale incontrata e dello strumento a disposizione per il suo superamento, deve ritenersi applicabile, ove possibile, in relazione ad ogni tipo di termine perentorio entro cui debba avvenire una notificazione. Ne consegue anche che, nel quadro dellintroduzione di una norma sulla rimessione in termini di carattere generale, e quindi applicabile anche ai termini di impugnazione (articolo 153 c.p.c., comma 2, inserito dalla l. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 46), non potr ritenersi dipendente da causa non imputabile una decadenza che avrebbe potuto essere ovviata mediante il completamento della procedura di notificazione ad iniziativa della parte . Pu infine darsi che la riattivazione unilaterale del procedimento di notificazione non sia possibile ed occorra il preventivo ricorso al giudice: Potr rimanere salva, invece, la facolt di richiedere lintervento del giudice nei casi in cui non sia possibile una semplice (e ragionevolmente tempestiva) ripresa del medesimo procedimento notificatorio ad iniziativa della parte, per particolari circostanze, eventualmente anche collegate alliter procedimentale entro cui si inserisca la notificazione prevista a pena di decadenza (si pensi, per esempio, alla necessit, menzionata da Cass. Sez. un. n. 3818/2009, cit. di ottenere una nuova fissazione delludienza ai fini del rispetto dei termini di comparizione) . Parrebbe che quest'ultimo indirizzo, il quale ammette il notificante a riattivare unilateralmente il 21

procedimento di notificazione, vada stabilizzandosi72. 12. Il termine per la notificazione del ricorso in appello e decreto di fissazione dell'udienza secondo il rito del lavoro. Un settore non indifferente del contenzioso civile ordinario sottoposto, anche in appello, al rito del lavoro: ci sia per la materia locatizia che per gli incidenti stradali decisi nell'arco temporale di vigenza della legge n. 102 del 2006. A tal proposito il caso di soffermarsi su una questione presentatasi dopo 2008 concernente l'interpretazione dell'articolo 435 c.p.c., il cui secondo comma prevede che il ricorso in appello ed il decreto presidenziale di fissazione dell'udienza debbono essere notificati entro 10 giorni dalla comunicazione del decreto medesimo: termine per lungo tempo ritenuto insignificante o, come si suol dire, canzonatorio , e che, in conseguenza di una pronuncia delle Sezioni Unite resa in tema di effetti dell'inosservanza del termine ordinatorio, ha acquistato un rilievo prima sconosciuto. Ecco i termini della questione. Il tratto caratterizzante dei termini ordinatori, sta nel non determinare n la decadenza dal potere di compiere latto, n la nullit dellatto compiuto dopo la scadenza del termine: il che in certo qual modo evidente, dal momento che, se dalla violazione del termine ordinatorio discendessero le menzionate conseguenze, esso avrebbe natura perentoria e non ordinatoria. Tuttavia il meccanismo di operativit dei termini perentori, in caso di loro violazione, discusso, e la discussione trae argomento dalla formulazione della disposizione in commento. Secondo lopinione tradizionale, il problema delle conseguenze della violazione dei termini ordinatori, esclusa la decadenza e la nullit, si risolve rinunciando alla ricerca di un effetto tipico per tutti i termini ordinatori, la cui violazione sanzionata in modo eterogeneo, informa prevalentemente in diretta stabilendo, a seconda dei casi, un maggior carico di spese, la fissazione di un termine perentorio, la concessione di un contro termine; attribuendo, comunque, ai soggetti del processo che subiscono la violazione delle posizioni di vantaggio, cui corrispondono posizione di svantaggio per chi non ha osservato il termine 73. Altri sostengono che la differenza tra termini perentori ed ordinatori non risiederebbe nella mancanza, in questi ultimi, delleffetto di decadenza o nullit, giacch esso conseguirebbe, al contrario, all'inosservanza sia degli uni che degli altri, bens nel congegno di operativit della sanzione di decadenza o nullit, il quale opererebbe ipso iure per i termini perentori e previa valutazione del giudice per i termini ordinatori74. La soluzione che vede equiparati quanto ad effetti i termini perentori e quelli ordinatori trova il consenso della S.C., la quale ha di recente avuto modo di sottolineare che: Anche se in dottrina si sostenuto che la scadenza del termine ordinatorio non possa mai di per s determinare alcuna decadenza, finendosi per in tal modo per giungere alla conclusione che si sia in presenza di un termine sostanzialmente "innocuo", la chiara formulazione degli artt. 153 e 154 c.p.c. e una interpretazione "costituzionalmente orientata" anche di tali norme nel rispetto della "ragionevole durata" del processo, portano a condividere l'assunto che la differenza tra termini "ordinatori" e termini "perentori" risieda nella prorogabilit o meno dei primi, perch mentre i termini perentori non possono in alcun caso "essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull'accordo delle parti" (articolo 153 c.p.c.), in relazione ai termini ordinatori consentito, di contro, al giudice la loro abbreviazione o proroga, finanche d'ufficio, sempre per "prima della scadenza" (articolo 154 c.p.c.). Una volta, pertanto, scaduto il termine ordinatorio senza che si sia avuta una proroga si determinano, per il
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Cass. 15 gennaio 2010, n. 586; Cass. 22 marzo 2010, n. 6846; Cass. 15 aprile 2010, n. 9046; Cass. 13 ottobre 2010, n. 21154. 73 GROSSI, Termini (dir. proc. civ.), in Enc. dir., XLIV, Giuffr, Milano, 245. 74 BALBI, La decadenza nel processo di cognizione, Giuffr, Milano, 1983, 47.

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venir meno del potere di compiere l'atto, conseguenze analoghe a quelle ricollegabili al decorso del termine perentorio 75. Tale impostazione, per la verit, mostra tratti di novit soltanto laddove valorizza il parametro costituzionale della ragionevole durata del processo, mentre si pone per il resto in piena continuit con la giurisprudenza di legittimit. Cos, ad esempio, stato per un verso affermato che il termine per la redazione dellinventario di cui allarticolo 485 c.c. ha carattere ordinatorio, ma stato al tempo stesso riconosciuto che il chiamato alleredit, il quale non abbia eretto linventario entro quel termine e ne abbia chiesto la proroga dopo la scadenza, sia ormai divenuto erede puro e semplice. Difatti, se vero che il termine per la redazione dell'inventario termine ordinatorio alla cui mancata osservanza non collegato alcun effetto preclusivo, anche vero, per, che, ai sensi dell'articolo 154 c.p.c., i termini ordinatori possono essere prorogati dal giudice che li ha emessi solo a condizione che essi non siano ancora scaduti , mentre eventuale ulteriore proroga subordinata a che ricorrano motivi particolarmente gravi adeguatamente evidenziati nel provvedimento con il quale venga concessa. , infatti, principio da considerare di carattere generale dell'ordinamento che il termine fissato dall'autorit competente a imporlo possa essere prorogato dalla stessa autorit, e sempre con adeguata motivazione, solo ove esso non sia ancora scaduto, diversamente difettando il presupposto stesso per il prolungamento del periodo nel quale dev'essere svolta l'attivit consentita od ordinata, non potendo essere protratto ci che gi esaurito 76. Il solo rimedio per ovviare alla scadenza del termine ordinatorio, insomma, stato previsto e disciplinato dal legislatore, ed quello della concessione della proroga prima della sua scadenza, onde il decorso del detto termine senza almeno la presentazione di un'istanza intesa ad ottenere il provvedimento de quo non pu non avere gli stessi effetti preclusivi della scadenza d'un termine perentorio 77. Nel senso che, una volta scaduto il termine ordinatorio senza che si sia avuta una proroga, si determinano, per il venir meno del potere di compiere latto, conseguenze analoghe a quelle
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Cass., Sez. U., 30 luglio 2008, n. 20604, in Riv. dir. proc., 2009, 1012; in Giur. it., 2009, 1204; in Giust. civ., 2009, I, 643; in Foro it., 2009, I, 1130. L'indirizzo delle Sezioni Unite ribadito da Cass. 19 dicembre 2008, n. 29870; Cass. 23 gennaio 2009, n. 1721; Cass. 13 maggio 2010, n. 11600; Cass. 30 aprile 2011, n. 9597. Contra il CED della Corte di cassazione indica due sentenze della sezione lavoro: Cass. 15 ottobre 2010, n. n. 21358; Cass. 30 dicembre 2010, n. 26489. La dottrina che, non bisogna dimenticare, fatta pressoch esclusivamente di avvocati prevalentemente critica. Sul tema, in nota alla pronuncia delle S.U. o ad altre successive decisioni, v. tra gli altri BENNI DE SENA, Improcedibilit dellappello per violazione del termine di cui allarticolo 435, comma 2, cod. proc. civ.: continua lo sviamento interpretativo, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 1218; BUONCRISTIANI, Chi omette, paga: improcedibile l'appello o l'opposizione a decreto ingiuntivo in caso di omessa notificazione, in Riv. it. dir. lav., 2009, 692; CURCIO, Effetti perversi della recente decisione delle sezioni unite sull'improcedibilit dell'appello per violazione del termine ordinatorio di notifica del ricorso, in Riv. it. dir. lav., 2009, 958; DE SANTIS, Opposizione a decreto ingiuntivo per crediti di lavoro e conseguenze della violazione del termine per la notifica del ricorso e del decreto (e anche del ricorso in appello), in Foro it., 2009, I, 1131; GUARNIERI, Rito del lavoro: revirement delle S.U. in tema di notifica del ricorso in appello e in opposizione al decreto ingiuntivo, in Riv. dir. proc., 2009, 1016; GUARNIERI, Omessa notificazione dellappello, in Lav. giur., 2009, 37; IZZO, La cassazione ribadisce lesclusione dellimprocedibilit dellappello per la notifica oltre il termine dei dieci giorni di cui allarticolo 435, comma 2, c.p.c., in Corr. giur., 2011, 1564; PILLONI, Le S.U. ed il divieto di rinnovazione della notifica inesistente nella prospettiva del giusto processo, in Corr. giur., 2009, 205; RONCO , L'omissione (ed i vizi) della notifica del ricorso introduttivo nel rito del lavoro: improcedibilit del giudizio, sanabilit della disfunzione e decorrenza degli effetti di questa, in Giur. it., 2009, 1204; TATARELLI, Omessa notifica dell'appello e del ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo nel rito del lavoro, in Mass. giur. lav., 2008, 986; VANZ, La decisione della Consulta sullarticolo 435, c. 2, c.p.c. e i suoi riflessi sulla notifica dellappello, in Lav. giur., 2010, 660; VICECONTE, I termini ordinatori alla luce del principio della ragionevole durata del processo: nuovi orientamenti giurisprudenziali, in Lav. prev. oggi, 2009, 126; ZIINO, Il rigore delle Sezioni unite nel caso di omessa notifica del ricorso introduttivo nelle controversie di lavoro, in Inf. prev., 2009, 94. 76 Cass. 14 ottobre 1998, n. 10174, Riv. not., 1999, 1530. 77 Ibidem.

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ricollegabili al decorso del termine perentorio, si sono anche pronunciate molte altre pronunce78. Contro questa piana soluzione, secondo la quale il decorso del termine ordinatorio senza la presentazione di un'istanza intesa ad ottenere la sua proroga, non pu non avere gli stessi effetti preclusivi della scadenza d'un termine perentorio, non mancano soluzione avventurose, le quali si sono di recente manifestate con particolare riguardo agli effetti del inosservanza del termine di 10 giorni di cui all'articolo 435 c.p.c. per la notificazione del ricorso in appello secondo il rito del lavoro. All'applicazione del principio di diritto cos limpidamente formulato dalle Sezioni Unite79 si difatti replicato in vario modo: talvolta ignorandone l'esistenza80; talvolta osservando che detto principio potrebbe trovare applicazione soltanto in caso di notificazione integralmente omessa e, dunque, di violazione non soltanto del termine di cui al 2 co. dell'articolo 435, ma altres di quello dettato dal 3 co. della stessa disposizione, ossia del termine di 25 giorni prima dell'udienza di discussione81. In quest'ultimo senso si pronunciato il giudice delle leggi, secondo il quale nella fattispecie esaminata dalle Sezioni Unite l'improcedibilit sarebbe stata affermata non gi per la sola violazione dell'articolo 435, 2 co., ma per la inosservanza dell'articolo 435, 3 co., per non essere mai intervenuta la notifica ivi prevista 82: ma l'affermazione frutto di una lettura errata della sentenza in questione, dal momento che limprocedibilit affermata dalle Sezioni Unite concerne non un appello ma unopposizione a decreto ingiuntivo e che la stessa pronuncia fa espressamente riferimento al carattere ordinatorio del termine di notificazione di cui al decreto di fissazione dell'udienza del 14 maggio 1998 83, ossia, appunto, al termine per la notificazione del ricorso e del decreto (quello, nel caso dellarticolo 435 c.p.c., previsto dal 2 co.) e non al termine a comparire (quello, nel caso dellarticolo 435 c.p.c., previsto dal 3 co.). Del resto, la dottrina che ha commentato la pronuncia delle S.U. non ha posto in discussione che essa avesse attribuito carattere di termine ordinatorio non prorogabile dopo la scadenza alla previsione dellarticolo 435, 2 co., c.p.c., ma ha piuttosto posto in discussione lesattezza dellaffermazione, sia dal versante della natura di detto termine, sia, pi in generale, dal versante degli effetti dellinosservanza dei termini ordinatori. Al di l di tale errore, l'argomento, sia pure inespresso, che deve ritenersi stia alla base della soluzione adottata dalla Corte costituzionale probabilmente da individuare nell'assunto, che il passato la giurisprudenza impiegava allo scopo di dimostrare la natura meramente canzonatoria del termine di cui al 2 co. dell'articolo 435 c.p.c., secondo cui la non prorogabilit del termine processuale ordinatorio, che sia gi stato prorogato o che sia scaduto, non costituisce una qualit che comporti un mutamento di natura del termine medesimo 84, sicch lo scadere del termine ordinatorio prorogato non produrrebbe effetti preclusivi, salvo il verificarsi di una situazione esterna incompatibile. Una simile tesi, con riguardo all'articolo 435 c.p.c., affonda probabilmente le radici per un verso nel senso di colpa dei giudici, che non sono in grado di fissare le udienze di discussione nei termini previsti dal codice di rito e, dunque, non se la sentono di pretendere che la parte notifichi entro dieci giorni un
Cass. 29 gennaio 1999, n. 808, Giur. it., 1999, 2257; in Giust. civ., I, 709; Cass. 26 novembre 1992, n. 12640; Cass. 23 giugno 1980, n. 3933, Giust. civ., 1980, I, 1461, riferimento al termine per la riassunzione del processo sospeso; Cass. 21 novembre 1998, n. 11774, in riferimento al termine per la notificazione del ricorso e del pedissequo decreto in materia di appello contro le sentenze di divorzio; Cass. 25 luglio 1992, n. 8976, Foro it., 1993, I, 1176, in riferimento al termine per la nomina di un consulente tecnico di parte, ex articolo 201 c.p.c.; Cass. 22 luglio 1976, n. 2914, in riferimento al termine per la riassunzione del processo interrotto. 79 Cass., Sez. U., 30 luglio 2008, n. 20604, cit.. 80 questo il caso di Cass. 30 dicembre 2010, n. 26489, che rigetta l'eccezione di improcedibilit di un appello tardivamente notificato rifacendosi all'autorit di Cass. 22 giugno 1994, n. 5997; Cass. 16 agosto 1993, n. 8711, Giur. it., 1994, I, 1, 395. 81 Corte cost. 24 febbraio 2010, n. 60, Riv. it. dir. lav., 2010, II, 664; Gur. cost., 2010, 702. 82 Corte cost. 24 febbraio 2010, n. 60, cit.. 83 Cass., Sez. U., 30 luglio 2008, n. 20604, cit.. 84 Cass. 2 settembre 1995, n. 9288, Giust. civ., 1996, I, 772; Cass. 16 agosto 1993, n. 8711, Giur. it., 1994, I, 1, 395, tra le altre.
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ricorso in appello che sar poi discusso solo qualche anno dopo, e, per altro verso, in una propensione a guardare alla sostanza , anche a costo di strattonare la altrimenti chiara disciplina dettata dal legislatore in materia di termini. Si tratta, tuttavia, di una soluzione che non pu essere condivisa: la sanzione dellimprocedibilit dellappello non pu che concernere non soltanto il caso in cui la notificazione sia stata del tutto omessa, ma anche quello in cui essa sia stata richiesta ed eseguita con successo dopo lo spirare del termine di dieci giorni di cui allarticolo 435 c.p.c., ove pure lappellato si sia costituito. Ragionare diversamente, infatti, significherebbe negare il congegno stesso di funzionamento dei termini ordinatori, tanto pi che ritenere privo di conseguenza il decorso del termine ordinatorio lascerebbe la parte interessata arbitra di decidere del corso temporale del procedimento e, una volta posto in essere l'atto richiesto per l'impedimento della decadenza, libera di procrastinare il tempo stabilito dalla legge per il determinarsi dell'immutabilit della situazione regolata 85. Per questa via si finisce per non riconoscere che una notificazione avvenuta dopo lo spirare del termine ordinatorio a tal fine previsto e non tempestivamente prorogato con conseguenze identiche a quelle dellinosservanza del termine perentorio ha luogo quando, in mancanza della rituale introduzione del gravame, la sentenza di primo grado ormai passata in giudicato. In definitiva, nel giudizio di appello che si svolge secondo le forme del rito del lavoro, la notifica del ricorso tempestivamente depositato e del decreto di fissazione d'udienza, allorch sia gi decorso il termine di dieci giorni dalla sua emissione, determina l'improcedibilit dell'impugnazione. Ed infatti, il ricorso dell'appellante, anche se valido, perde la sua efficacia di fronte alla invalidit degli atti successivi che non sia possibile risanare sicch l'appello stesso va dichiarato improcedibile 86. 13. Processi con pluralit di parti Allorch la sentenza sia stata pronunciata nei confronti di due o pi parti occorre stabilire quali siano i soggetti che debbono partecipare al giudizio di impugnazione. In breve, ove si tratti di cause inscindibili o di cause fra loro dipendenti, larticolo 331 c.p.c. esige che il giudizio di impugnazione si svolga nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato alla precedente fase. La ratio della disposizione si rinviene nellesigenza di garantire lunitariet della decisione, mantenendo unitario il giudizio di impugnazione contro la sentenza che disciplina posizioni giuridiche inseparabili, al fine di evitare giudicati contrastanti nella stessa materia87. Con riguardo alle cause scindibili, occorre aver riguardo all'articolo 332 c.p.c. il quale muove dallesigenza di garantire lunitariet del processo di impugnazione, mirandosi ad evitare la moltiplicazione dei processi di impugnazione in relazione ad un unico provvedimento impugnato 13.1. Cause inscindibili. Tra le cause inscindibili sono comprese anzitutto quelle caratterizzate da litisconsorzio necessario c.d. sostanziale, vale a dire quelle in cui la necessit del litisconsorzio espressamente prevista dalla legge o dovuta al fatto che la sentenza, influendo su una situazione giuridica unica, indivisibile e comune a pi persone, sarebbe inutiliter data qualora non pronunciata nei confronti di tutti i soggetti interessati alla decisione. Il concetto di causa inscindibile si estende al litisconsorzio necessario c.d. processuale, che ha luogo allorch la presenza di pi parti nel giudizio di primo grado debba

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Cass. 6 maggio 2003, n. 6895. Cass., Sez. U., 30 luglio 2008, n. 20604, cit.. 87 P. es. LUISO, Diritto processuale civile, II, 319, Giuffr, Milano, 2009.

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necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti gi parti del giudizio. In tutte le ipotesi considerate, limpugnazione deve essere proposta contro tutte le parti della precedente fase del giudizio. Trova in tal caso applicazione la regola dellunitariet del termine per l'impugnazione: la notifica della sentenza, ancorch eseguita ad istanza di una sola delle parti, segna cio nei confronti della stessa e della parte destinataria della notificazione l'inizio del termine breve per la proposizione della impugnazione nei confronti di tutte le altre parti88. In caso di mancato adempimento dell'obbligo di promozione dell'impugnazione nei confronti di tutti i litisconsorti, il giudice, in applicazione dellarticolo 331 c.p.c., deve ordinare lintegrazione del contraddittorio, deve cio disporre che limpugnazione venga proposta anche nei confronti delle parti nei confronti delle quali non sia gi stata proposta; integrazione la cui necessit superata dalla costituzione volontaria in giudizio delle stesse. Il termine per l'integrazione del contraddittorio decorre dalla data di comunicazione della relativa ordinanza oppure dalla data delludienza, ove lintegrazione sia stata disposta in tale sede. Secondo lorientamento dominante in giurisprudenza, il termine per la notificazione dell'atto di integrazione del contraddittorio, fissato ex articolo 331 c.p.c., perentorio, non prorogabile neppure sull'accordo delle parti e la sua inosservanza, non sanabile dalla tardiva costituzione della parte nei cui confronti doveva essere integrato il contraddittorio, deve essere rilevata d'ufficio, anche nel caso di inadempimento parziale dell'ordine di integrazione, sicch la sua violazione determina, per ragioni d'ordine pubblico processuale, l'inammissibilit dell'impugnazione89. Val quanto dire che l'applicazione dell'articolo 331 c.p.c., nel senso indicato, esclude, nell'ipotesi di nullit della notificazione dell'atto di integrazione del contraddittorio, l'applicazione della regola posta dall'articolo 291 c.p.c. e dunque l'assegnazione di un nuovo termine per la rinnovazione della notificazione. I termini della questione sono chiariti, ad esempio, nella pronuncia nella quale si afferma che la notificazione dell'impugnazione relativa a cause inscindibili eseguita nei termini di legge nei confronti di uno solo dei litisconsorti necessari introduce validamente il giudizio di gravame nei confronti di tutte le altre parti, anche in caso di nullit della notificazione e di mancata costituzione dell'appellato; in siffatta ipotesi, difatti, il giudice di appello deve ordinare la rinnovazione della notificazione nei confronti dell'appellato ex articolo 291 c.p.c., nonch l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri litisconsorzi necessari, ai sensi dell'articolo 331 c.p.c.; tuttavia, in ipotesi di nullit anche della seconda notifica dell'atto di gravame, il giudice d'appello non pu concedere un ulteriore termine, in quanto il termine per l'integrazione del contraddittorio ha natura perentoria, e come tale non rinnovabile n prorogabile. Ne consegue che, qualora anche la seconda notifica dell'atto di impugnazione sia nulla nei confronti di uno dei litisconsorti necessari, il giudice di appello deve dichiarare l'inammissibilit dell'appello ex articolo 331, 2 co., c.p.c.90. Ferma restando la perentoriet del termine per lintegrazione del contraddittorio, si dibattuto in giurisprudenza sullammissibilit, in deroga al precetto di cui al combinato disposto di cui agli artt. 331 e 153 c.p.c., dellassegnazione, da parte del giudice, di un nuovo termine. Dopo alcune oscillazioni, al quesito stata e viene data risposta affermativa, peraltro subordinatamente allavverarsi di varie condizioni. La regola viene ritenuta suscettibile di deroga quando l'istanza di assegnazione di un nuovo termine (da presentare anteriormente alla scadenza di quello in un primo tempo concesso) si fondi sull'esistenza, idoneamente comprovata, di un fatto non
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Da ultimo Cass. 4 febbraio 2010, n. 2557. Da ultimo Cass. 14 gennaio 2009, n. 749. Si veda anche Cass. 7 febbraio 2006, n. 2583, secondo cui lomessa integrazione del contraddittorio si configura anche in caso di mancata consegna allufficiale giudiziario dellatto da notificare entro il termine stabilito dal giudice per lintegrazione. 90 Cass. 18 gennaio 2007, n. 1069.

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imputabile alla parte onerata (che abbia tempestivamente avviato il procedimento di notificazione) o, comunque, risulti che la stessa non sia stata in colpa con riferimento all'ignoranza della residenza dei soggetti nei cui confronti il contraddittorio sarebbe dovuto essere integrato91. Questa soluzione oggi trova fondamento nell'istituto della rimessione in termini, il cui carattere generale, dopo la sua collocazione nell'articolo 153 c.p.c., non pu pi essere posta in dubbio. Si rinvia al riguardo le considerazioni svolte nel paragrafo dedicato alla notificazione dell'atto di impugnazione non andata a buon fine. L'art 331 c.p.c. non prescrive che tra la data di notificazione della citazione per lintegrazione del contraddittorio disposta dal giudice dell'impugnazione e la data della nuova udienza di comparizione debba intercorrere un termine non inferiore a quello stabilito dall'art 163-bis c.p.c., ma lascia libero il giudice di stabilire un termine anche minore, salvo a vagliare le conseguenze di un termine di comparizione troppo breve, assegnando al chiamato che sia comparso una nuova udienza o disponendo, nel caso in cui non comparisca, che venga rinnovata la citazione con l'assegnazione di un nuovo termine congruo. Al quesito su quali sia la condotta da tenere nei casi in cui il giudice d'appello si limiti ad ordinare l'integrazione del contraddittorio, fissando ludienza di comparizione senza indicare il termine perentorio entro il quale la relativa notificazione debba avvenire, sono state date risposte diverse. Secondo lorientamento prevalente, tale termine (specie laddove si sia fatto espresso riferimento ai termini di legge ) pu legittimamente essere individuato (alla luce del principio della ragionevole durata del processo) in quello indicato dall'articolo 163-bis c.p.c., da rilevare in base alla data dell'udienza di rinvio rispetto alla data del provvedimento di integrazione, sempre che detto termine non sia inferiore ad un mese o superiore a sei mesi rispetto alla data del provvedimento di integrazione, giusta il disposto dell'articolo 307, 3 co., ultimo inciso, del codice di rito 92. In senso diverso stato affermato che la mancata evocazione in giudizio del litisconsorte per ludienza fissata non pu determinare linammissibilit dell'impugnazione se il giudice non abbia anche assegnato un termine entro il quale eseguire la notificazione, nessun rilievo potendo essere dato al fatto che tra le due udienze sia intercorso un intervallo di tempo in concreto sufficiente a consentire il rispetto del termine di cui allarticolo 163-bis c.p.c., attesa la tassativit delle cause di decadenza dall'impugnazione e la diversit delle funzioni assolte dai due termini, il primo dei quali ha finalit sollecitatorie, volte a stimolare le parti all'osservanza dell'ordine del giudice, mentre il secondo, avente carattere dilatorio, mira a garantire la difesa del convenuto93. Per ci che attiene al luogo della notificazione dellatto di integrazione del contraddittorio, debbono essere osservate le regole poste dallarticolo 330 c.p.c.. Merita in particolare rammentare che sino a tempi recenti si discusso sull'individuazione del luogo della notificazione dellatto di integrazione del contraddittorio dopo il decorso un anno (un semestre, per i giudizi promossi a far data dal 4 luglio 2009) dalla data di pubblicazione della sentenza: secondo alcune sentenze la notificazione doveva effettuarsi alla parte personalmente e non al procuratore costituito; secondo altre decisioni, la notificazione doveva essere indirizzata nel domicilio eletto nel precedente grado di giudizio. Il contrasto stato risolto dalla Sezioni Unite94 con ladesione al primo dei suddetti orientamenti. Pertanto, nei giudizi di impugnazione, la notificazione dell'atto di integrazione del contraddittorio in cause inscindibili, qualora sia decorso oltre un anno (oltre un semestre per i giudizi promossi successivamente al 3 luglio 2009) dalla data di pubblicazione della sentenza, deve essere effettuata alla

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Cass. 27 ottobre 2008, n. 25860; Cass., Sez. Un., 16 dicembre 2009, n. 26279. Cass. 16 dicembre 2009, n. 26401. 93 Cass. 30 marzo 2006, n. 7532. 94 Cass., Sez. Un., 1 febbraio 2006, n. 2197; nello stesso senso Cass. 26 giugno 2009, n. 15050.

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parte personalmente e non gi al procuratore costituito davanti al giudice che ha emesso la sentenza impugnata. La notificazione al procuratore costituito tuttavia nulla e non inesistente. 13.2. Litisconsorzio necessario processuale. Meritano di essere richiamate alcune fattispecie ricorrenti. i) La chiamata in causa di un terzo da parte di altro soggetto o iussu iudicis disposta in giudizio determina una situazione di litisconsorzio necessario processuale e d luogo alla formazione di una causa inscindibile che impone la necessit di evocare nel grado successivo (o nella successiva fase) tutti i soggetti gi presenti in quelli pregressi ove non esplicitamente estromessi95. ii) Litisconsorzio processuale deve riconoscersi nelle ipotesi di chiamata in causa per garanzia propria (in quanto fondata sullo stesso titolo o su titolo dipendente da quello relativo alla domanda principale, es. domanda di manleva proposta dal convenuto, quale acquirente dellimmobile oggetto di rivendica, nei confronti del proprio alienante)96. iii) A seguito di intervento adesivo volontario, ai sensi dell'articolo 105 c.p.c., pur ricorrendo un'ipotesi di cause sostanzialmente scindibili, si configura un litisconsorzio necessario processuale e la causa deve considerarsi inscindibile nei confronti dell'interventore97. iv) Qualora una domanda sia proposta alternativamente nei confronti di due soggetti e tra questi insorga contestazione circa lindividuazione delleffettivo unico obbligato, si configura, con riguardo ai rapporti processuali relativi ai due convenuti, un'ipotesi di cause reciprocamente dipendenti e quindi sussiste il litisconsorzio necessario in fase di gravame, ove sia ancora in discussione la questione dellindividuazione delleffettivo obbligato98. v) In caso di morte di una delle parti nel corso del giudizio di primo grado, la sua legittimazione attiva e passiva si trasmette agli eredi (quando abbiano acquistato tale qualit per accettazione espressa o tacita), i quali vengono a trovarsi per tutta la durata del giudizio in una situazione di litisconsorzio necessario, per ragioni di ordine processuale, a prescindere dalla scindibilit o meno del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, con la conseguenza che ove l'impugnazione sia stata proposta nei confronti di uno soltanto degli eredi della parte defunta, il giudice d'appello deve ordinare, anche d'ufficio, a pena di nullit, l'integrazione del contraddittorio ex articolo 331 c.p.c. nei confronti degli altri coeredi, anche quando manchi la successione nel diritto posto a fondamento della domanda99. 14. La mancata costituzione dell'appellante. Merita un accenno la questione degli effetti della mancata costituzione tempestiva dell'appellante. Si tratta in proposito di stabilire se essa sia o meno sottoposta ad una disciplina analoga a quella dettata per la mancata costituzione dell'attore dall'articolo 171 c.p.c.: ed in altri termini di chiarire se l'articolo 348, 1 co., c.p.c. rinvii o meno a tale ultima norma. La soluzione della S.C. netta e si riassume nella massima che segue: La mancata costituzione dellappellante determina sempre limprocedibilit del gravame, ai sensi dellarticolo 348, comma 1, c.p.c., restando esclusa sia, nellipotesi in cui lappellato si costituisca nei termini, lapplicazione dellarticolo 171, comma 2, c.p.c., e, dunque, lammissibilit della costituzione dellappellante fino alla prima udienza, sia, per il caso di mancata costituzione di entrambe le parti, lapplicazione della
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Da ultimo: Cass. 17 febbraio 2010, n. 3717. Cass. 5 ottobre 2009, n. 21140. 97 Cass. 3 aprile 2007, n. 8350. 98 Cass., Sez. Un., 12 febbraio 2006, n. 26420; Cass. 26 gennaio 2010, n. 1535. 99 Cass. 17 settembre 2008, n. 23765. Si veda, in argomento, anche Cass. 12 settembre 2008 n. 23543.

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disciplina prevista dallarticolo 171, comma 1, c.p.c., in relazione allarticolo 307, comma 1, c.p.c., e, quindi la possibilit di riassumere il processo entro lanno dalla scadenza del termine per la costituzione dellappellato, sia, infine, qualora entrambe le parti si costituiscano tardivamente, la trattazione dellappello 100. dunque buona norma effettuare sempre il controllo della tempestivit della costituzione dell'appellante, dati gli effetti definitivi ed irrecuperabili dell'inosservanza del termine di 10 giorni previsto dall'articolo 165 c.p.c. cui rinvia l'articolo 348 c.p.c. per il tramite dell'articolo 359 c.p.c., che detta il rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale. A questo proposito bisogna segnalare un aspetto che deriva dalla gi ricordata inclinazione della classe forense a passare l'atto alla notifica all'ultimo minuto utile dell'ultimo giorno. Sta di fatto che, in particolare nel caso di notificazione effettuata ai sensi dell'articolo 140 c.p.c. ovvero di notificazione a mezzo del servizio postale, il notificante acquista consapevolezza del perfezionamento della notificazione, ottenendo la restituzione della copia notificata, in un momento sovente successivo allo spirare del termine per la costituzione, termine che, va incidentalmente sottolineato, decorre in caso di pluralit di parti dalla prima notificazione. Sicch sempre pi invalso l'uso di iscrivere la causa a ruolo con velina , ossia con una copia informale dell'atto passato alla notifica, ma non ancora notificato. Ricordo in proposito una recente ed importante pronuncia, anche per alcune considerazioni di ordine generale sulla funzione nomofilattica, con la quale l'uso della velina stato per cos dire istituzionalizzato: Il termine per la costituzione dell'attore, nel caso in cui l'atto introduttivo del giudizio venga notificato a pi persone, di dieci giorni decorrenti dalla prima notificazione sia nel giudizio di primo grado che in quello d'appello; tale adempimento, ove entro tale termine l'attore non sia ancora rientrato in possesso dell'originale dell'atto notificato, pu avvenire depositandone in cancelleria una semplice copia (c.d. "velina") 101. 15. Nuove prove in appello Il punto sull'interpretazione dell'articolo 345 c.p.c., nella parte in cui disciplina l'ammissibilit di nuovi mezzi di prova in appello stato fissato da due sentenze del 2005, l'una concernente il rito ordinario, l'altra il rito del lavoro. Nella pronuncia concernente il rito ordinario affermato che: Nel rito ordinario, con riguardo alla produzione di nuovi documenti in grado di appello, l'articolo 345, terzo comma, c.p.c. va interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio della inammissibilit di mezzi di prova nuovi la cui ammissione, cio, non sia stata richiesta in precedenza e, quindi, anche delle produzioni documentali, indicando nello stesso tempo i limiti di tale regola, con il porre in via alternativa i requisiti che tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame (sempre che essi siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione degli stessi nell'atto introduttivo del giudizio di secondo grado, a meno che la loro formazione non sia successiva e la loro produzione non sia stata resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo): requisiti consistenti nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilit degli stessi per la decisione. Peraltro, nel rito ordinario, risultando il ruolo del
Cass. 24 gennaio 2006, n. 1322, Riv. dir. proc., 2007, 473, con nota di VULLO, Mancata costituzione dell'appellante e improcedibilit del gravame; in Foro it., 2007, I, 2223; in Giust. civ., 2007, I, 708. Nello stesso senso successivamente Cass. 19 maggio 2006, n. 11760; Cass. 18 luglio 2008, n. 19947, Foro it., 2010, I, 616, con nota di CAPORUSSO, Sull'improcedibilit dell'appello per tardiva costituzione dell'appellante; Cass. 21 gennaio 2010, n. 995. 101 Cass., Sez. Un., 18 maggio 2011, n. 10864, Corr. merito, 2011, 944, con nota di TRAVAGLINO, Appello con pluralit di parti e costituzione dell'appellante.
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giudice nell'impulso del processo meno incisivo che nel rito del lavoro, l'ammissione di nuovi mezzi di prova ritenuti indispensabili non pu comunque prescindere dalla richiesta delle parti 102. La pronuncia, dunque, nel capovolgere un'opinione in precedenza generalmente accolta afferma che il divieto di nuovi mezzi di prova in appello si riferisce non soltanto alle prove costituende, ma anche a quelle precostituite e, quindi, ai documenti. E le nuove prove, ovvero le nuove produzioni documentali, da dedursi o effettuarsi necessariamente con l'atto d'appello, possono varcare la soglia della ammissibilit in due ipotesi: a) se si tratta di prove non potute dedurre (o di documenti non potuti produrre) in precedenza per causa non imputabile; b) di prove o documenti indispensabili . appena il caso di aggiungere che, se pure sono ammissibili nuovi mezzi di prova, essi non possono concernere che fatti gi dedotti, giacch fatti nuovi posti a sostegno delle domande e delle eccezioni gi spiegate in primo grado, e che in appello non possono essere modificata, non possono avere ingresso. La nozione di causa non imputabile non richiede particolari chiarimenti: si tratta di un'esplicazione del principio generale oggi sancito dall'articolo 153 c.p.c.. Assai pi incerta la nozione di indispensabilit, la quale sembra essere stata mutuata, per effetto della novella dell'articolo 345 c.p.c. da parte della legge n. 353 del 1990, dalla analoga previsione inserita per in una trama profondamente diversa dettata per il rito del lavoro dall'articolo 437 c.p.c.. In dottrina vi chi ha sostenuto l'impossibilit di pervenire all'individuazione di un preciso significato dell'espressione. Altri hanno affermato che sarebbe indispensabile quella prova diretta alla dimostrazione di un fatto, rilevante per la decisione, riguardo al quale il giudice di primo grado ha gi deciso non gi attraverso un accertamento in concreto, bens mediante l'applicazione del principio dell'onere della prova. Altri adottano letture che finiscono per far sfumare il concetto di indispensabilit in quello di rilevanza. Non sembra il caso, tuttavia, di approfondire in questa sede il dibattito dottrinale. In giurisprudenza si afferma che per indispensabilit deve intendersi una decisiva influenza causale del mezzo ai fini della soluzione della controversia: si tratta, cio, come del resto intuitivo, di qualcosa di diverso dalla pura e semplice rilevanza: nel qual caso il riferimento all'indispensabilit finirebbe per rivelarsi del tutto superfluo. Si trova cos affermato che: In tema di giudizio di appello, l'articolo 345, terzo comma, cod. proc. civ., come modificato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, nell'escludere l'ammissibilit di nuovi mezzi di prova, ivi compresi i documenti, consente al giudice di ammettere, oltre alle nuove prove che le parti non abbiano potuto produrre prima per causa ad esse non imputabile, anche quelle da lui ritenute, nel quadro delle risultanze istruttorie gi acquisite, indispensabili, perch dotate di un'influenza causale pi incisiva rispetto a quella che le prove rilevanti hanno sulla decisione finale della controversia 103. Sembra potersi dire, dunque, che la nozione di indispensabilit possa essere paragonata alla decisivit delle prove che giustificano la proposizione della revocazione c.d. straordinaria ai sensi dell'articolo 395, n. 2-3, c.p.c.: si tratta, cio, di prove
Cass., Sez. Un., 20 aprile 2005, n. 8203, Foro it., 2005, I, c. 1690 con note di DALFINO, Limiti all'ammissibilit di documenti nuovi in appello: le sezioni unite compongono il contrasto di giurisprudenza (anche con riferimento al rito ordinario); BARONE, Nuovi documenti in appello: tutto chiarito?; PROTO PISANI, Nuove prove in appello e funzione del processo; in Corr. giur., 2005, 934 con note di RUFFINI, Preclusioni istruttorie in primo grado e ammissione di nuove prove in appello: gli artt. 345, comma 3, e 437, comma 2, c.p.c. al vaglio delle sezioni unite; CAVALLINI, Le sezioni unite restringono i limiti delle nuove produzioni documentali nell'appello civile, ma non le vietano; in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 303, con nota di BOVE, Sulla produzione di nuovi documenti in appello; in Giust. civ., 2005, I, 2040, con nota di GIORDANO, La produzione di nuovi documenti in appello nel processo ordinario e in quello del lavoro secondo le sezioni unite della Corte di cassazione; in Giust. civ., 2006, I, 144 con nota di RAITI, Due grands arrts delle sezioni unite sull'ammissione di nuovi documenti nell'appello ordinario e in quello del lavoro; lindirizzo stato successivamente ribadito, tra le altre, da Cass. 5 agosto 2005, n. 16526; Cass. 13 gennaio 2006, n. 622; Cass. 20 gennaio 2006, n. 1120; Cass. 18 gennaio 2006, n. 824; Cass. 28 marzo 2006, n. 7073; Cass. 7 luglio 2006, n. 15514; Cass. 16 febbraio 2007, n. 3644; Cass. 8 marzo 2007, n. 5323; Cass. 31 maggio 2007, n. 12792; Cass. 26 giugno 2007, n. 14766; Cass. 11 maggio 2010, n. 11346. 103 Cass. 16 ottobre 2009, n. 21980, di recente, tra le altre.
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che, secondo una valutazione ex ante, una volta espletate, non costituirebbero per cos dire un semplice tassello da considerare ai fini della decisione, ma condurrebbero ineluttabilmente ad accogliere le conclusioni della parte che le abbia dedotte. Dal punto di vista applicativo, inoltre, decisivo sottolineare che, attraverso il giudizio di indispensabilit, non pu essere mai consentito alcun aggiramento dei congegni di preclusione e decadenza che ordinano il giudizio di primo grado: Nei giudizi instaurati dopo il 30 aprile 1995, non trova pi applicazione il principio secondo cui l'inosservanza del termine per la produzione di documenti deve ritenersi sanata qualora la controparte non abbia sollevato la relativa eccezione in sede di discussione della causa dinanzi al collegio: l'articolo 184 c.p.c., nel testo novellato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, non si limita infatti a prevedere l'eventuale assegnazione alle parti di un termine entro cui dedurre prove e produrre documenti, ma stabilisce espressamente il carattere perentorio di detto termine, in tal modo sottraendolo alla disponibilit delle parti (stante il disposto dell'articolo 153 c.p.c.), come del resto implicitamente confermato anche dal successivo articolo 184 bis, che ammette la rimessione in termini, ma solo ad istanza della parte interessata ed a condizione che questa dimostri di essere incorsa nella decadenza per una causa ad essa non imputabile. Pertanto, nel giudizio di appello l'eventuale indispensabilit dei documenti, in tanto pu essere valutata dal giudice, in quanto si tratti di documenti nuovi, nel senso che la loro ammissione non sia stata richiesta in precedenza, e che comunque non si sia verificata la decadenza di cui all'articolo 184 c.p.c., la quale rilevabile d'ufficio, in quanto sottratta alla disponibilit delle parti104. 16. Appello e rito sommario. L'articolo 702 quater c.p.c. attribuisce alla corte d'appello le impugnazioni contro le ordinanze rese all'esito del procedimento sommario di cognizione105. La norma detta tra l'altro una disposizione specifica in materia di ammissibilit di nuove prove in appello: Sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene rilevanti per la decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile . In effetti la norma scritta male e le soluzioni interpretative sono radicalmente diverse, e riflettono il complessivo inquadramento del procedimento sommario: chi dice che la cognizione in primo grado effettivamente sommaria (superficiale), sostiene poi che in appello i litiganti devono avere le briglie sciolte; chi dice che la cognizione in primo grado piena, non ha ragione di ricercare un ampliamento del regime probatorio in appello. Si ritenuto che alla disposizione spetti la palma dellinvolontaria comicit nella recente produzione normativa. Lutilizzo dellavversativa "ovvero" sembra infatti disegnare il seguente regime: la parte pu richiedere nuovi mezzi di prova in appello ove rilevanti, ma pu anche chiedere che ne siano ammessi di ... irrilevanti, ma solo se dimostra di non averli potuti proporre prima per causa non imputabile (!) 106. Si pu pensare di leggere la disgiuntiva ovvero come una congiuntiva e o nonch e dunque ritenere che nell'appello contro l'ordinanza resa in sommario siano ammissibili solo le prove, ovviamente rilevanti, non potute produrre per causa non imputabile: verrebbe in tal modo tagliata l'ammissibilit delle prove indispensabili . Difficile, per, giustificare sul piano della ratio una simile soluzione107.
Cass. 20 novembre 2006, n. 24606. L'impossibilit di alterare il regime delle preclusioni attraverso l'applicazione del requisito dell'indispensabilit ribadita da Cass. 7 giugno 2011, n. 12303. 105 Lo scritto pi ampio sul tema mi pare essere CEA, Lappello nel processo sommario di cognizione, in Judicium.it. 106 DITTRICH, Il nuovo procedimento sommario di cognizione, in Riv. dir. proc., 2009, 1598. 107 In tal senso, p. es. DITTRICH, op. loc. cit..
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Altri considerano come non scritto il secondo periodo della disposizione ( ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile ), sicch tutte le prove rilevanti potrebbero trovare ingresso in appello108. Questa soluzione, come si diceva, si accorda con l'opinione secondo cui, data la sommariet della cognizione in primo grado, le parti avrebbero diritto che le prove acquisite sommariamente nella prima fase siano rinnovate e replicate, con i modi e con le garanzie della cognizione piena, allinterno del giudizio di secondo grado 109. Si tratta per al di l dell'interrogativo se una simile soluzione sia stata pensata per le corti d'appello come sono oggi in Italia, oppure per le corti d'appello del Giardino dell'Eden o di altro paradiso di una lettura parzialmente abrogatrice della disposizione, che, come tale, non pu essere ammessa. Altri ancora hanno ritenuto ragionevole ipotizzare che la norma in esame possa essere letta intendendo qui "rilevanza" come "indispensabilit", e rendendo cos il regime delle nuove prove nellappello avverso lordinanza in oggetto sostanzialmente identico a quanto gi previsto dalle norme ordinarie in materia dappello 110. Mi pare la soluzione pi ragionevole. A me sembra per che occorra porsi, prima ancora della questione fino ad ora esaminata, il problema dei limiti di ammissibilit dell'appello. Chi vuole pu leggere la motivazione espressione, se posso dire, del principio di legittima difesa di una sentenza della corte d'appello di Roma che segue, della quale sono estensore: 6.1. Vale anzitutto osservare che indipendentemente dalla questione della astratta appellabilit dell'ordinanza di rigetto impugnata, questione sulla quale ci si soffermer subito dopo l'appello stato erroneamente proposto con ricorso anzich con citazione, secondo quanto previsto dall'articolo 342 c.p.c.: difatti, l'articolo 702 quater c.p.c., nel disciplinare il giudizio di impugnazione contro l'ordinanza resa all'esito del procedimento sommario di cognizione, non detta alcuna disposizione sul rito da applicare, il che comporta la soggezione del gravame alle regole ordinarie. N varrebbe richiamare in proposito, al fine di sostenere l'opposta tesi, il principio dell'ultrattivit del rito, dal momento che esso in tanto pu trovare applicazione, in quanto sia configurabile una disciplina processuale del giudizio di appello conforme al rito in ipotesi ultrattivo: disciplina processuale che, invece, nella specie non esiste, giacch l'articolo 702 quater c.p.c., come si detto, nulla dispone in proposito. Nondimeno, l'errore nell'adozione dell'atto introduttivo non comporta di per s l'inammissibilit del gravame, in ossequio al principio di conversione degli atti, salvo che non si traduca in inosservanza del termine di impugnazione dettato dall'articolo 702 quater c.p.c., avuto riguardo, per, come ovvio, alla data della notificazione dell'impugnazione. Nel caso di specie l'impugnazione comunque tempestiva. 6.2. Ci detto l'appello inammissibile poich proposto al di fuori della previsione legale. Vale infatti osservare che l'articolo 702 quater c.p.c. esordisce stabilendo che: L'ordinanza emessa ai sensi del sesto comma dell'articolo 702 ter produce gli effetti di cui all'articolo 2909 del codice civile se non appellata entro 30 giorni dalla sua comunicazione o notificazione . Orbene, detta disposizione richiama cos la sola ordinanza cui si riferisce il sesto comma del citato articolo 702 ter
CONSOLO, La legge di riforma 18 giugno 2009, n. 69: altri profili significativi a prima lettura, in Corr. giur., 2009, 884; ARIETA, Il rito semplificato di cognizione, in www. judicium.it; GIORDANO, Procedimento sommario di cognizione, in Giordano, Lombardi, Il nuovo processo civile, Commento organico alla legge di riforma del processo civile, Nel diritto, Roma, 2009, 585. 109 MENCHINI, Lultima idea del legislatore per accelerare i tempi della tutela dichiarativa dei diritti: il processo sommario di cognizione, in www.judicium.it. 110 DITTRICH, op. cit., 1599.
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c.p.c., ossia l'ordinanza provvisoriamente esecutiva che costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione: val quanto dire che la norma posta a disciplinare il procedimento di appello stabilisce con tutta evidenza che solo l'ordinanza di accoglimento del ricorso introduttivo del procedimento sommario di cognizione possiede attitudine ad acquistare autorit di cosa giudicata e, pertanto, suscettibile di impugnazione mediante appello. E, poich nell'applicare la legge non si pu ad essa attribuire altro senso che quello fatto valere dal significato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, ai sensi dell'articolo 12 disp. prel c.c., pur nel quadro della ratio legis, non v' modo di ritenere che l'articolo 702 quater c.p.c., richiamando soltanto il sesto comma dell'articolo precedente, possa essere riferito anche al quinto comma. Siffatta ricostruzione, quantunque criticata da parte della dottrina, in realt pienamente conforme ad un modello gi accolto dall'ordinamento con riguardo ad un diverso procedimento sommario, quale quello per decreto ingiuntivo, giacch, mentre il decreto di accoglimento del ricorso monitorio idoneo ad acquistare autorit di cosa giudicata, ove non opposto, il provvedimento di rigetto non possiede altra efficacia che quella di chiudere il procedimento, rimanendo in facolt del ricorrente di riproporre la domanda anche in via ordinaria, ai sensi dell'articolo 640 c.p.c.. Ci, alla luce della previsione del combinato disposto degli articoli 702 ter e quater c.p.c., quanto accade per l'ordinanza resa a conclusione del procedimento sommario di cognizione: l'ordinanza di accoglimento appellabile ed altrimenti passa in giudicato; l'ordinanza di rigetto non passa in giudicato e non per questo appellabile, ma la tutela del soccombente affidata alla facolt di riproporre la domanda, se del caso in via ordinaria. 6.3. L'appello, se fosse ammissibile, sarebbe in ogni caso infondato nel merito. L'assunto dell'appellante, secondo cui egli avrebbe diritto di produrre documenti, quali che siano, in grado d'appello, s da sollecitare una decisione giustificata non gi dall'erroneit della pronuncia di primo grado, bens semplicemente dalla indolente conduzione dell'attivit istruttoria dinanzi al primo giudice, frutto di un'impostazione completamente errata. Si gi detto che il giudizio di appello contro l'ordinanza di accoglimento conclusiva del procedimento sommario di cognizione retto dalla disciplina ordinaria dell'appello, per quanto l'articolo 702 quater c.p.c. nulla di diverso dispone in proposito: ci vuol dire anzitutto che il giudizio di appello delineato dall'articolo 702 quater c.p.c. rimane, come di regola, una revisio prioris istantiae fondata sulla deduzione di specifiche doglianze connotate dal requisito di specificit di cui all'articolo 342 c.p.c.. Sicch, se il giudice di primo grado non incorso in errori, non pensabile che la sua decisione debba essere ribaltata. N ragionevole intendere la previsione della norma secondo cui: Sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene rilevanti ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile come derogatoria della regola generale stabilit dall'articolo 345 c.p.c., il quale stabilisce che nel giudizio di appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione ovvero che la parte non abbia potuto produrli per causa non imputabile. evidente, infatti, che l'articolo 702 quater c.p.c. si distingue in parte qua dall'articolo 345 c.p.c. soltanto per l'aggettivo rilevanti , che la nuova norma utilizza a fronte di quello indispensabili , contenuta nella disposizione propria del giudizio di appello: ma l'espressione rilevanti non pu essere intesa nel senso in cui essa utilizzata ad esempio dal settimo comma dell'articolo 183 c.p.c., giacch, se cos fosse, la stessa sarebbe assolutamente superflua, non essendo ragionevolmente sostenibile che la disposizione in questione imponga al giudice di non ammettere mezzo istruttori o produzioni documentali irrilevanti. E, d'altronde, se il parametro di ammissibilit fosse in effetti quello della rilevanza, neppure avrebbe senso ipotizzare una ammissione giustificata dalla a tal punto 33

superflua mancata produzione in primo grado per causa non imputabile. Quanto precede rende palese che l'alternativa posta dall'articolo 702 quater c.p.c. altro non che la riproposizione, seppur con una formulazione letterale non perfetta, di quella scandita dall'articolo 345 c.p.c. e che, cio, laddove l'articolo 702 quater c.p.c. fa menzione di nuovi mezzi di prova e nuovi documenti rilevanti, intende in effetti riferirsi a nuovi mezzi di prova e documenti dotati di un rilievo probatorio particolarmente pregnante. Del resto, se cos non fosse, l'articolo 702 quater c.p.c. manifesterebbe un inesplicabile profilo di diseguaglianza rispetto alla regola generale: sarebbe inspiegabile, cio, per quale ragione la parte che abbia scelto di avvalersi del procedimento ordinario di cognizione debba trovarsi esposta ai rigidissimi limiti dettati per il grado d'appello dall'articolo 345 c.p.c., mentre la parte che abbia scelto di percorrere la strada del procedimento sommario di cognizione, potendo formulare senza alcun particolare limite le proprie richieste istruttorie con la sola eventualit che il giudice fissi l'udienza di cui all'articolo 183 c.p.c., ai sensi del terzo comma dell'articolo 702 ter c.p.c. , possa nondimeno disporre in grado di appello di possibilit istruttorie illimitate. E dunque la sola reale peculiarit dell'articolo 702 quater c.p.c., con riguardo all'attivit istruttoria, la previsione della delega dell'assunzione dei mezzi di prova ad uno dei componenti del collegio. Nel caso in esame, allora, appena il caso di osservare che la documentazione depositata in questo grado non stata depositata nel corso del giudizio di primo grado per insindacabile, quantunque incomprensibile, scelta della parte interessata, mentre essa non possiede una particolare attitudine probatoria, trattandosi semplicemente di ulteriore documentazione in forza della quale, secondo l'appellante, dovrebbe potersi ricostruire il rapporto intercorso tra le parti e ritenersi provato il credito all'origine fatto valere . Mi stato obiettato111 che, secondo questa ricostruzione, il provvedimento di rigetto della domanda resa in sommario, contenente il provvedimento sulle spese, non sarebbe sottoposta ad alcun controllo. Ma si tratta di una obiezione mi pare inconsistente: basti pensare all'ordinanza di convalida di licenza e sfratto, che non (normalmente) appellabile, ma non per questo non contiene, secondo la S.C., la pronuncia sulle spese. 17. Spese del giudizio di appello. Il regolamento delle spese in appello va effettuato, come sempre, in considerazione dell'esito complessivo del giudizio e non gi separando l'esito della fase di impugnazione dai risultati complessivi della lite112. Ci non significa per che il principio della soccombenza possa essere ignorato. Perci: In tema di spese processuali, vittoriosa la parte che, dopo essere stata condannata in primo grado al risarcimento integrale del danno da fatto illecito, ottenga in appello il riconoscimento di un concorso di colpa, a carico del danneggiato; ne consegue che, in tal caso, il giudice del gravame non pu, neppure in parte, condannare l'appellante a rimborsare le spese del secondo grado all'appellato, il quale ha dato causa al prolungarsi del processo, opponendo all'impugnazione una resistenza rivelatasi ingiustificata, ma pu, eventualmente, compensare, in tutto o in parte, tali spese, qualora ne ravvisi i giusti motivi 113. In particolare, in tema dei poteri che spettano al giudice di appello in relazione al regolamento delle spese di lite, si debbono distinguere due ipotesi: quella in cui egli rigetta il gravame, confermando la
Per il quadro complessivo delle obiezioni al provvedimento v. PORRECA, L'appellabilit dell'ordinanza di rigettoel procedimento sommario di cognizione: deformalizzazione, giudicato e giusto processo, in Giur. merito, 2011, 2676. 112 Cass. 3 luglio 1993, n. 7314; Cass. 23 agosto 2003, n. 12413. 113 Cass. 13 dicembre 2010, n. 25132.
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sentenza impugnata, e quella in cui lo accoglie, anche parzialmente. Nel primo caso, non pu, in mancanza di uno specifico motivo di appello da parte del soccombente, modificare la decisione di primo grado sulle spese giudiziali; nel secondo, invece, ha potere di modificare la ripartizione delle spese fatte dal primo giudice, anche in difetto di specifico motivo di gravame114. Il giudice di appello, dunque, quando accoglie il gravame, ha il potere di modificare la ripartizione delle spese fatta dal giudice di primo grado, anche in mancanza di uno specifico motivo di gravame al riguardo115. In tale prospettiva, nel rinnovare totalmente la regolamentazione di tali spese, alla stregua dell'esito finale della lite, il giudice d'appello pu in conseguenza di questo apprezzamento unitario anche pervenire ad un provvedimento di compensazione totale o parziale delle spese dell'intero giudizio116. Resta fermo, per, che le spese del doppio grado del giudizio non possono essere liquidate cumulativamente dal giudice dell'appello, ma devono essere determinate separatamente ed analiticamente al fine di individuare i criteri di liquidazione in relazione all'attivit defensionale svolta117. In caso di rimessione al primo giudice, il giudice dappello deve liquidare le spese: L'articolo 91 c.p.c. non richiede, per la pronunzia sulle spese, una decisione che attenga al merito ma unicamente una pronunzia che chiuda definitivamente il processo avanti al giudice presso il quale il processo e pendente. Da ci deriva che anche la sentenza pronunciata in grado di appello, la quale, a norma dell'articolo 354 c.p.c., rimetta la causa davanti al giudice di primo grado, deve ritenersi conclusiva della fase di secondo grado e deve quindi contenere pronunzia in ordine all'onere delle spese processuali a termini del citato articolo 91 118. Tale principio119 si applica, ovviamente, non solo l'ipotesi prevista dall'articolo 354 c.p.c., ma anche a quella disciplinata dall'articolo precedente. La pronuncia sulle spese di lite120 contenuta nella decisione di appello resa contro sentenza non definitiva: In tema di spese processuali, il giudice di secondo grado che in via definitiva decida sull'appello avverso una sentenza non definitiva esaurisce con la sua pronuncia l'ambito del thema decidendum chiudendo il processo davanti a s e, pertanto, non pu rimettere ad una pronuncia definitiva la liquidazione delle spese, ma deve provvedere sulle sole spese del giudizio di secondo grado, restando quelle di primo grado affidate al giudice di primo grado con la pronuncia della sentenza definitiva 121. Viceversa, com' ovvio, non contiene la pronuncia sulle spese la sentenza non definitiva resa in appello122.
Cass. 30 maggio 1975, n. 2192.; Cass. 8 luglio 1978, n. 3424.; Cass. 13 maggio 1982, n. 2979.; Cass. 25 maggio 1982, n. 3189.; Cass. 21 marzo 1987, n. 2829.; Cass., Sez. Un., 17 ottobre 2003, n. 15559.; Cass. 11 giugno 2008, n. 15483. 115 Cass. 5 settembre 1968, n. 2864; Cass. 13 marzo 1970, n. 668; Cass. 7 settembre 1970, n. 1275; Cass. 21 giugno 1971, n. 1953; Cass. 29 ottobre 1975, n. 3676; Cass. 13 marzo 1976, n. 902; Cass. 28 agosto 1978, n. 4005; Cass. 6 marzo 1980, n. 1515; Cass. 24 febbraio 1982, n. 1180; Cass. 30 ottobre 1986, n. 6384; Cass. 11 gennaio 1988, n. 39; Cass. 12 maggio 2000, n. 6155; Cass. 4 aprile 2006, n. 7846; Cass. 4 giugno 2007, n. 12963. 116 Cass. 4 maggio 1991, n. 4937; Cass. 13 novembre 1992, n. 12233; Cass. 14 ottobre 1993, n. 10133; Cass. 9 giugno 1994, n. 5601; Cass. 10 ottobre 2000, n. 13485, Arch. civ., 2001, 44; Giur. it., 2001, 1370; Cass. 23 aprile 2001, n. 5988; Cass. 17 aprile 2002, n. 5497; Cass. 18 giugno 2003, n. 9783; Cass. 2 luglio 2003, n. 10405; Cass. 3 ottobre 2005, n. 19305; Cass. 16 maggio 2006, n. 11491; Cass. 5 giugno 2007, n. 13059. 117 Cass. 19 novembre 1993, n. 11411. 118 Cass. 6 febbraio 1962, n. 216. 119 Che si rinviene tra le tante in Cass. 19 maggio 1962, n. 1154; Cass. 7 dicembre 1966, n. 2882; Cass. 24 giugno 1968, n. 2122; Cass. 9 giugno 1969, n. 2028; Cass. 18 novembre 1972, n. 3427; Cass. 16 aprile 1973, n. 1091; Cass. 19 aprile 1975, n. 1506; Cass. 13 marzo 1980, n. 1711; Cass., Sez. U., 15 novembre 1994, n. 9594, Foro it., 1995, I, 2197; Cass. 12 giugno 2006, n. 13550; Cass. 16 luglio 2010, n. 16765. 120 Come ripetuto da Cass. 5 dicembre 2003, n. 18651, Foro it., 2005, I, 1206. 121 Cass. 16 ottobre 1987, n. 7662. 122 Cass. 17 dicembre 1975, n. 4144.
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Si discusso in passato se limpugnazione incidentale tardiva per le spese sia o no ammissibile. Sulla materia hanno poi avuto modo di pronunciarsi le Sezioni Unite: L'articolo 334 c.p.c., che consente alla parte, contro cui stata proposta impugnazione (o chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell'articolo 331 c.p.c.), di esperire impugnazione incidentale tardiva, senza subire gli effetti dello spirare del termine ordinario o della propria acquiescenza, rivolto a rendere possibile l'accettazione della sentenza, in situazione di reciproca soccombenza, solo quando anche l'avversario tenga analogo comportamento, e, pertanto, in difetto di limitazioni oggettive, trova applicazione con riguardo a qualsiasi capo della sentenza medesima, ancorch autonomo rispetto a quello investito dall'impugnazione principale. Tale principio trova applicazione anche per la pronuncia sulle spese giudiziali, che conseguenziale ad ogni decisione che definisce il giudizio, quale che sia il capo di tale decisione impugnato in via principale 123. 18. Impugnazione per nullit di lodo arbitrale. Limpugnazione per nullit di lodo arbitrale si svolge dinanzi alla corte dappello, ma non un procedimento in grado dappello, bens di primo grado. Tuttavia il tema merita un accenno, dal momento che le impugnazioni dei lodi costituiscono un settore non indifferente del carico di lavoro delle corti dappello. A tal riguardo va sottolineato che il procedimento di impugnazione del lodo arbitrale mezzo di impugnazione a critica ristretta il quale consente di avanzare, rispetto allappello, una gamma di doglianze ben pi circoscritta. Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza della S.C., il principio secondo cui: Il difetto di motivazione della pronuncia arbitrale, riconducibile alla previsione dell'art. 829, comma 1 n. 5 c.p.c., in relazione al requisito di cui all'art. 823 n. 3 c.p.c. [nella loro formulazione previgente: n.d.e.] ravvisabile solo se la motivazione manchi del tutto o sia al suo interno talmente carente da non consentire la comprensione e l'individuazione della ratio decidendi, mentre il vizio di contraddittoriet, cui fa riferimento il n. 4 dello stesso art. 829 c.p.c. riguarda l'inconciliabilit tra le diverse componenti del dispositivo e non anche tra le diverse parti della motivazione, o fra la motivazione e il dispositivo124. L'impugnazione per nullit del lodo arbitrale, che impugnazione a critica ristretta, secondo tale impostazione, non pu mirare ad una rivalutazione dei fatti, nemmeno in via di controllo sulladeguatezza e congruit delliter argomentativo seguito dagli arbitri. Il principio, espresso da consolidata giurisprudenza (v. Cass. n. 7205 del 5 agosto 1997; n. 4881 del 18 maggio 1994, n. 2177 del 22 febbraio 1993, n. 2807 del 21 marzo 1987) ... discende dalle disposizioni dellart. 829 primo comma nn. 4 e 5 cod. proc. civ., le quali consentono limpugnazione in discorso per difetto di motivazione solo se si tratti di radicale assenza di sostegno logico della pronuncia arbitrale, e poi conferiscono effetto invalidante al vizio di contraddittoriet del dispositivo, non anche alle eventuali contraddizioni che sussistano allinterno della motivazione stessa125. I termini della questione, con specifico riguardo al vizio di motivazione, sono pi ampiamente riassunti in una abbastanza recente pronuncia in cui si legge: Va, in primo luogo, ricordato che il giudizio di impugnazione per nullit del lodo arbitrale non costituisce un comune appello avverso la
Cass., Sez. U., 5 marzo 1991, n. 2331. Questa soluzione risulta stabilizzata: Cass. 23 novembre 1999, n. 12982; Cass. 15 luglio 2003, n. 11042. 124 Da ultimo Cass. 15 maggio 2009, n. 11301, cos massimata in Guida al diritto, 2009, 29, 27; al CED della Corte di cassazione la pronuncia massimata sotto altro profilo, ma il principio estratto dalla rivista conforme al testo della pronuncia letto per esteso 125 Cos, in motivazione, Cass. 8 giugno 1999, n. 5633; conformi, tra le tante, Cass. 16 aprile 2004, n. 7259; Cass. 11 ottobre 2006, n. 21802.
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pronuncia degli arbitri, in quanto limitato all'accertamento delle cause di nullit previste dall'art. 829 c.p.c. e dedotte con l'atto di impugnazione, cos da essere generalmente e non del tutto appropriatamente definito come un "appello limitato" (vedi, per tutte, in tal senso Cass. nn. 5370/1997, 3586/1993, 4847/1986, 7402/1983). , poi, da tener conto che il difetto di motivazione della pronuncia arbitrale, come vizio riconducibile all'art. 829 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all'art. 823 c.p.c., ravvisabile ove la motivazione manchi del tutto o sia a tal punto carente da non consentire di comprendere l'iter del ragionamento degli arbitri e di individuare la ratio della decisione adottata (vedi, sul punto, Cass. nn. 8922/1994, 2177/1993, 10321/1992, 9148/1992). Quando, invece, attraverso i comuni canoni di interpretazione e le regole di logica giuridica, tale ratio decidendi sia comunque ravvisabile, l'esigenza di motivazione posta dal legislatore deve considerarsi soddisfatta. Corollario dei principi appena enunciati che appartiene alla valutazione del giudice dell'impugnazione del lodo determinare se esso contenga un'esposizione dei motivi sufficiente a far intendere il percorso logico seguito dagli arbitri, mentre il controllo della Suprema Corte resta limitato ad accertare se la corte di appello abbia adeguatamente motivato in relazione ai motivi di impugnazione del lodo (cfr. Cass. n. 7600/2001)126. In linea con il costante insegnamento della giurisprudenza, stato inoltre in passato evidenziato come la lettura dellart. 829, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c., si riflettesse altres sull'interpretazione del previgente secondo comma della stessa disposizione, applicabile quoad tempus, ove era stabilito (oggi limpugnazione per violazione delle regole di diritto in tanto consentita in quanto ammessa nella convenzione di arbitrato) che l'impugnazione fosse ammessa se gli arbitri nel giudicare non hanno osservato le regole di diritto. infatti in proposito chiarito che: La devoluzione in via esclusiva agli arbitri della ricostruzione in fatto del rapporto controverso, in linea con la scelta operata dalle parti con il compromesso, si riverbera poi sui confini entro i quali, in base al secondo comma del predetto art. 829 c.p.c. , pu essere denunciata la nullit del lodo per inosservanza di regole di diritto in iudicando, ed inoltre sui requisiti occorrenti per conferire specificit alla relativa deduzione. Tale denuncia, in quanto ancorata agli elementi accertati dagli arbitri, e quindi circoscritta in ambito analogo a quello della violazione di legge opponibile con il ricorso per cassazione ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. (v. Cass. n. 5370 del 16 giugno 1997), postula lallegazione dellerroneit del canone di diritto applicato rispetto a quegli elementi, di modo che non proponibile in collegamento con la deduzione di lacune dindagine e di motivazione, che potrebbero evidenziare linosservanza di legge solo in esito al riscontro dellomesso od inadeguato esame di circostanze di carattere decisivo; la denuncia medesima, inoltre, per ottemperare allonere della specificazione delle ragioni dellimpugnazione, non pu esaurirsi nel richiamo di principi di diritto, con invito al giudice dellimpugnazione di controllarne losservanza da parte degli arbitri, ma esige un pertinente riferimento ai fatti ritenuti dagli arbitri, per rendere autosufficiente ed intellegibile la tesi secondo cui le conseguenze tratte da quei fatti violerebbero i principi medesimi127. Un'applicazione delle regole che precedono si trova ad esempio svolta con riguardo alla violazione delle norme ermeneutiche di cui agli artt. 1362 e ss. c.c.: Nella ipotesi in cui lamenti tale ultima violazione, colui che impugna il lodo non pu limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli articoli summenzionati, ma deve specificare i canoni in concreto violati, nonch il punto e il modo in cui l'arbitro si sia da essi discostato, non essendo sufficiente una semplice critica della decisione sfavorevole, formulata attraverso la mera prospettazione di una diversa (e pi favorevole) interpretazione rispetto a quella adottata dal giudicante, traducendosi questa in sostanza nella richiesta di un nuovo accertamento di fatto, inammissibile in sede di legittimit128.
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Cass. 8 Giugno 2007, n. 13511. In questi termini la gi citata Cass. 8 giugno 1999, n. 5633. 128 Cass. 8 Giugno 2007, n. 13511.

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Va ancora segnalato che linammissibilit dellimpugnazione principale pu ripercuotersi sulleventuale impugnazione incidentale, se tardiva. Trova difatti applicazione anche in tal caso il secondo comma dell'articolo 334 c.p.c. secondo cui se l'impugnazione principale dichiarata inammissibile, l'impugnazione incidentale tardiva perde ogni efficacia129. In tempi recenti si va ponendo la questione del significato e della conformit a costituzione del terzo comma dellarticolo 829 c.p.c., nel testo vigente, il quale stabilisce che: L'impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge : ci in considerazione della disciplina transitoria applicabile. In materia, la corte dappello di Roma ha giudicato manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale della disciplina transitoria dell'articolo 829, 3 co., c.p.c. (articolo 27, quarto comma, del decreto legislativo n. 40 del 2006, il quale prevede che la norma novellata si applichi agli arbitrati successivi, quantunque espletati in dipendenza di una convenzione di arbitrato antecedente), dedotta in relazione agli articoli 3, 24 e 102 della Costituzione. Difatti: la questione stata ritenuta manifestamente infondata in relazione all'articolo 3, dal momento che non pu considerarsi irrazionale che l'applicazione dell'articolo 829 sia stata cronologicamente ancorata, nella sua nuova formulazione, all'effettuazione della domanda di arbitrato anche nel caso in cui la convenzione di arbitrato risalga ad epoca antecedente al decreto legislativo n. 40 del 2006, avuto riguardo al rilievo che, configurandosi la devoluzione della controversia agli arbitri come rinuncia all'esperimento dell'azione giudiziaria ed alla giurisdizione dello Stato, l'esclusione dell'impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, anche in caso di convenzioni di arbitrato antecedenti, non soltanto non distonica, ma si pone anzi in perfetta armonia con la configurazione stessa del procedimento arbitrale, prima e dopo la novella; stata giudicata in ci assorbita altres ogni ipotetica questione in ordine al carattere eventualmente retroattivo da attribuire alla novella dell'articolo 829, per il fatto di rendere non impugnabili per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia lodi arbitrali che sarebbero stati impugnabili secondo il regime previgente, ove si consideri che il principio di irretroattivit della legge non gode linea generale di tutela costituzionale (tranne ovviamente che per le norme penali), salvo che sotto il profilo della razionalit della previsione di retroattivit; la questione stata ritenuta manifestamente infondata in relazione all'articolo 24, dal momento che detta disposizioni non copre la previsione di un sistema di impugnazione delle decisioni di primo grado; la questione stata ritenuta manifestamente infondata in relazione all'articolo 102 poich l'arbitrato in tanto effettuato in quanto derivante da una scelta volontaria delle parti, incidendo la novella dell'articolo 829 non sulla volontariet della sottrazione delle parti al giudice ordinario, ma solo sul regime dell'impugnazione del lodo, la cui esclusione non pone problemi di costituzionalit giacch, come appena accennato, il principio del doppio grado non costituzionalizzato.

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Sull'applicabilit dell'articolo 334 c.p.c. al giudizio arbitrale v. Cass. 9 maggio 2006, n. 10663.

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