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STU D I E SAG G I

COLLANA DIRETTA DA

PA O L O O RV I E TO

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Nominativi fritti e mappamondi


Il NONSENSE nella letteratura italiana Atti del Convegno di Cassino 9-10 ottobre 2007

a cura di GIUSEPPE ANTONELLI E CARLA CHIUMMO

SALE RNO E DITRIC E ROMA

Alla realizzazione della presente pubblicazione ha concorso con i propri fondi lUniversit degli Studi di Cassino Dipartimento di Filologia e Storia.

ISBN 978-88-8402-684-2 Tutti i diritti riservati - All rights reserved Copyright 2009 by Salerno Editrice S.r.l., Roma. Sono rigorosamente vietati la ri pro duzione, la traduzione, ladattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effet tuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta della Sa lerno Editrice S.r.l. Ogni abuso sar perseguito a norma di legge.

P REM E S SA

Come dare un senso al nonsenso? Il terreno scivoloso, ma proprio per questo invitante. Da una parte, la sfida critico-metodologica del definire e delimitare un genere (o una tecnica? o uno stile? o un linguaggio?) che di per s non pu essere rigidamente imbrigliato, pena la dissoluzione. Dallaltra, lattraversamento di una tradizione nonsensical italiana che, pur con le sue specificit, si inserisce a pieno titolo nella grande tradizione europea: dalle fratrasies a Beckett, passando per Rabelais, Sterne, Lear, Carroll, Jarry. Da qui il Convegno organizzato presso il Dipartimento di Filologia e Storia dellUniversit di Cassino ( Nominativi fritti e mappamondi . Il nonsense nella letteratura italiana, 7-9 ottobre 2007). Gli interventi partono dallindagine su una possibile preistoria medievale del nonsense italiano (Berisso) per passare subito alla nascita ufficiale e al trionfo di questa tradizione poetica, con il nome di Burchiello e dei cosiddetti burchielleschi ad occupare, con discrezione ora minore ora maggiore, lmbito quattro-cinquecentesco (Zaccarello, Decaria, Chiummo). Una tappa obbligata si rivela il Seicento in versi e in prosa (Crimi, Guaragnella) e, dopo una pausa settecentesca, ecco dispiegarsi un variegato e a tratti pirotecnico spazio tra fine Ottocento e, ancor pi, primo e secondo Novecento: non a caso, in questi Atti, con il maggior numero di interventi ad occuparsi di lingue inventate e strane miscele di surrealismo e nonsenso vero e proprio, nel secolo post-cartesiano (e post-hegeliano: e si potrebbe continuare con molti altri aggettivi accanto a quel prefisso squisitamente novecentesco) appena trascorso (Castoldi, Iermano, Anglani, Cedola, Baglioni, Afribo, Serianni). Romanzi, poesie, opere e autori pi o meno noti, ma comunque illuminanti per una nuova rilettura del rapporto antico/moderno e soprattutto per la fondazione del concetto stesso di modernit (Antonelli), a conferma della carica eversiva, e allo stesso tempo tuttaltro che puramente comico-autoreferenziale, del nonsense, parziale o assoluto, in un contesto refrattario alle barriere alto/basso, dlite/di consumo, che vive anzi di travasi e travisamenti di ogni tipo. Come nella speciale e ricorren7

premessa te contiguit, quando non sovrapposizione, con i pi svariati settori e linguaggi: da quello pittorico a quello teatrale e persino da schietto avanspettacolo, o dalla trattatistica (paradossalmente) pi seria alla riscrittura tra parodia e metaletteratura. Si tratta di una sfida metodologica e di unindagine storico-letteraria che nel presente volume interessa, nello specifico, un territorio come quello italiano, nel quale questa tradizione tanto ricca quanto ancora poco indagata. Forse perch troppo anticanonica in una storia letteraria considerata fin troppo classicistica, o perch ritenuta poco rappresentativa, sebbene annoveri tra i suoi incunaboli lenigmatico Pape Satn Pape Satn Aleppe , insieme ad autori, ben oltre Dante, quali Pulci, Burchiello, Folengo, e via di seguito, che hanno portato frutti tra i pi ricercati in ogni angolo dEuropa. E sebbene proprio negli ultimi anni sempre pi studiosi si siano impegnati a raccogliere e commentare un materiale cospicuo, per quantit e qualit, che fa ben sperare in un futuro ancora assai ricco di sorprese in questo peculiare campo dindagine.

Desideriamo qui ringraziare il Dipartimento di Filologia e Storia dellUniversit di Cassino, e in particolare i direttori, Silvana Casmirri e poi Edoardo Crisci, che hanno seguto con generosit e sollecitudine lorganizzazione del Convegno e la pubblicazione degli Atti. Cassino, dicembre 2008 Giuseppe Antonelli e Carla Chiummo

Giuseppe Antonelli I L NON sOC H DeL NON seN sO*

1. Lessenza del nonsenso Dare un senso al nonsense pu essere rischioso. In un divertissement di qualche anno fa, Umberto Eco sottoponeva una delle pi note filastrocche infantili italiane quella che comincia Ambarab cicc cocc / tre civette sul com a una dottissima analisi in cui lerudita (e immaginaria) bibliografia ostentava il ricorso ai pi raffinati, e allepoca modaioli, strumenti dindagine testuale.1 Prima la filologia, con la fissazione del testo critico in lingua originale e nelle traduzioni francese, tedesca e inglese; poi la semiotica strutturalista, per evidenziare simmetrie semantiche e opposizioni fonologiche, la psicanalisi di stampo lacaniano e la linguistica trasformazionale di Chomsky ( la WP ambarab cicc cocc dove WP sta per What? Phrase, dalla esclamazione di Dwight Bolinger quando era stato esposto, come native informant, alla utterance del quinario ). Tutto questo per giungere passando per gli pseudo Bloom e Derrida, Searle, Greimas a un parziale scacco ermeneutico: questo, e non altro, chiede a noi la Poesia . Il nonsense al quadrato prodotto da una simile parodia (ancor pi efficace perch applicata a un testo irrilevante, oltre che insignificante)2 suona quasi come un ammonimento: lessenza del nonsense sfugge a una
*Devo preziose indicazioni a Carla Chiummo, Giuseppe Crimi, Luca Serianni, Elisabetta Tarantino, Michelangelo Zaccarello: a tutti loro va il mio pi sentito ringraziamento. Una versione in inglese di questo contributo stata pubblicata come introduzione al volume Nonsense and Other Senses. Regulated Absurdity in Literature, a cura di Elisabetta Tarantino con la collaborazione di Carlo Caruso, Cambridge, Cambridge University Press, 2009, pp. 1-21. 1.U. Eco, Tre civette sul com, in Id., Il secondo diario minimo, Milano, Bompiani, 20012, pp. 164-75. 2.Ci non toglie che ci sia stato chi ha tentato sul serio una ricostruzione etimologica della filastrocca, ipotizzando un antenato latino *hanc para ab hac quidquid quodquod: non che la filastrocca latina offra molto pi senso di quella italiana, ma questo un dato costante delle filastrocche infantili (V. Brugnatelli, Per unetimologia di am ba-

giuseppe antonelli lettura meccanicamente scientifica; anzi: la scienza del nonsense pu dare come risultato il nonsense della scienza. Eppure, sintitolava proprio The Science of Nonsense uno dei primi interventi critici dedicati alla questione. Nel saggio, apparso sullo Spectator il 17 dicembre 1870, i versi di Lear erano definiti a trifle nearer to the grave talk of an idiot asylum, than to the nonsense of sane people . Il nonsense di Lear, daltra parte, aveva rappresentato una decisa novit nel quadro della letteratura inglese dellepoca, e in particolare della letteratura per linfanzia:
when Lears first work appeared, the childrens literature market was in a fairly dire state, being dominated on one hand by utilitarian efforts at edification and on the other hand by moralistic and didactic religious works. To the children and adults forced to read such works, Lears nonsense must have displayed a remarkable freshness and originality.3

2. La sensazione del nonsenso Com noto, Lear che aveva gi viaggiato a lungo in Italia scelse di trascorrere gli ultimi anni della sua vita sulla costiera ligure (mor a Sanremo nel 1888). A quel tempo, in un paese che aveva da poco compiuto il processo di unificazione nazionale, il campione della letteratura per linfanzia era il burattino Pinocchio (1873) con il suo naso rivelatore di bugie: una deformazione punitiva che, pur in un contesto comico-fantastico, agiva ancora in senso pedagogico-moralistico.4 Niente che vederab cicc cocc , www.brugnatelli.net/vermondo/articoli/ambara.html; tutta la sitografia aggiornata al 30 novembre 2009). 3.M.B. Heyman, Isles of Boshen. Edward Lears Literary Nonsense in Context, Thesis submitted for the degree of PhD, Univ. of Glasgow, Department of English Literature, June 1999 (https://dspace.gla.ac.uk/bitstream/1905/330/1/HeymanThesis.pdf, p. 271). Tra laltro, una delle opere pi fortunate di Lear (The Owl and the Pussycat, pubblicato per la prima volta nel 1869 e a tuttoggi un classico della letteratura per linfanzia) ha per protagonista una civetta e, come le tre civette di Eco, stata recentemente oggetto di una paradossale e anche in questo caso ironica interpretazione esoterica: the poem by Edward Lear might not have been just nonsense. Is it possible that beneath this innocent poem lurked a dark and sinister tale? (S. Ward, The Owl and The Pussycat: a Conspiracy Theory, www.authorsden.com/categories/article_top.asp?catid=19&id=34621). 4.Perch il nonsense trovasse ufficialmente posto nella letteratura italiana per linfanzia

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il nonsoch del nonsenso re con i nasi allegramente iperbolici svettanti nei limerick di Lear, in cui la deformit non mai vissuta come un dramma e la parte del corpo in grottesca espansione anzi spesso orgogliosamente esibita :5
There was an Old Man with a nose, Who said, If you choose to suppose, That my nose is too long, You are certainly wrong! That remarkable Man with a nose. There was a Young Lady whose nose, Was so long that it reached to her toes; So she hired an Old Lady, Whose conduct was steady, To carry that wonderful nose. There was an Old Man, on whose nose, Most birds of the air could repose; But they all flew away, at the closing of day, Which relieved that Old Man and his nose.6
si sarebbe dovuto aspettare esattamente un secolo: nella Grammatica della fantasia di Gianni Rodari (1a ed. 1973), uno dei capitoli sintitola proprio Come si costruisce un limerick. Va detto tuttavia che la storiografia recente (vd. da ultimo P. Boero-C. De Luca, La letteratura per linfanzia, Roma-Bari, Laterza, 2007) ha individuato una linea maestra che da Collodi porta giusto a Rodari, passando per due scrittori-disegnatori come Antonio Rubino (nato a Sanremo nel 1880, pochi anni prima che vi morisse Lear) e Sergio Tofano, e per la produzione fantastica di Italo Calvino: cfr. C. Schwarz, Capriole in cielo. Aspetti fantastici nel racconto di Gianni Rodari, Tesi di Dottorato pubblicata dal Dipartimento di francese, italiano e lingue classiche dellUniv. di Stoccolma nel 2005 (http:/ /s.diva-portal.org/smash/get/diva2:200325/FULLTEXT01, p. 29). 5. Il pi soggetto a deformazioni il naso che, com noto, fra i motivi grotteschi pi diffusi e si conserver molto a lungo in questo tipo di imagery (A. Caboni, Nonsense: Edward Lear e la tradizione del nonsense inglese, Roma, Bulzoni, 1988, pp. 110 e 109). Gi C. Izzo aveva notato che il libro di Lear pieno di nasi spropositati (Lumorismo alla luce del Book of Nonsense, in Ateneo veneto , ccxxvi 1935, vol. 119 pp. 211-19, a p. 217). Si pu ricordare qui, di sfuggita, che prima di Pinocchio Collodi aveva pubblicato (nel 1880) una raccolta di bozzetti intitolata Occhi e nasi: non una mostra di figurine intere. piuttosto una piccola raccolta docchi e di nasi, toccati in punta di penna e poi lasciati l, senza finire (si cita dalla rist. an., Firenze, Bemporad, 1980). 6.E. Lear, The Complete Verse and Othier Nonsense, a cura di V. Noakes, London, Pen-

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giuseppe antonelli Per capire il differente contesto nel quale ci si muove in Italia, basta leggere le parole che nella sua fondamentale Storia della letteratura italiana (1870-1871) Francesco De Sanctis dedicava al Giorno di Parini, messo a confronto con i modelli di Boccaccio e di Ariosto: l era lironia del 7 buon senso, qui lironia del senso morale . Non stupir pi di tanto, allora, che nello stesso periodo in cui il dibattito sul nonsense conosce in Inghilterra alcuni dei suoi episodi fondativi (il saggio di Edward Strachey Nonsense as a Fine Art esce nel 1888, Defense of Nonsense di Gilbert Chesterton nel 1901), Pietro Micheli pubblichi a Livorno il suo Letteratura che non ha senso,8 in cui ignora sia Lear sia Carroll, per dedicarsi piuttosto al simbolismo di Verlaine:9 quando queste allitterazioni, ripetizioni di suono, non vanno daccordo con lidea, si ha il bisticcio; quando sopprimono assolutamente lidea, si ha il non senso .10
guin, 2001, pp. 158, 91, 178. Potrebbe essere proprio Lear, forse, la fonte di una delle tante interpolazioni del Pinocchio disneyano (cfr. M. Bernardinis Pellegrini, Il comico nel Pinocchio cinematograco: la versione di Disney e di Comencini, in Pinocchio sullo schermo e sulla scena, a cura di G. Flores dArcais, Firenze, La Nuova Italia, 1994, pp. 29-43). Limmagine degli uccellini che si appoggiano sul naso manca infatti nella versione collodiana, dove si pu trovare tuttal pi una scena di timbro ben diverso: alcuni uccellacci notturni, traversando la strada da una siepe allaltra, venivano a sbattere le ali sul naso di Pinocchio, il quale facendo un salto indietro per la paura gridava: Chi va l? (Le avventure di Pinocchio, ed. critica a cura di O. Castellani Pollidori, Pescia, Fondazione Nazionale Carlo Collodi, 1983, pp. 41-42). 7.Storia della letteratura italiana, a cura di N. Gallo, Torino, Einaudi, 1958, vol. ii p. 912. 8.Livorno, Raffaello Giusti, 1900; ma alcune parti erano uscite in rivista gi nel 1895: cfr. infra il contributo di Massimo Castoldi. 9.Laccostamento col simbolismo rimarr piuttosto comune almeno fino alla met del secolo: nella sua Antologia burchiellesca recensita da Emilio Cecchi (1950), Eugenio Giovannetti spiega ancora come il simbolismo, in ultima analisi, non sia che un burchielleggiamento squisito, in guanti bianchi , mentre la gazzarra parolibera cui abbiamo assistito in questi ultimi anni sarebbe da considerarsi un burchielleggiare truculento (Burchiellesca, in E. Cecchi, Libri nuovi e usati. Note di letteratura italiana contemporanea, Napoli, Esi, 1958, pp. 33-37; la citaz. a p. 34). 10.P. Micheli, Letteratura che non ha senso, Livorno, Raffaello Giusti, 1900, pp. 77-78. Ancora nella monografia La poesia giocosa e lumorismo, di C. Previtera, Mi lano, Vallardi, 1939-1942 (due volumi poi ripubblicati nel 1953 dalla Vallardi di Milano), pur in presenza di una panoramica piuttosto ampia dedicata alla letteratura inglese ( per molti lhumour propriet esclusiva deglInglesi o almeno dei popoli anglosassoni: una pianta indigena che vegeta fra le brume di Albione , vol. i p. 36), manca qualunque riferimento a Carroll e

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il nonsoch del nonsenso La tentazione, a questo punto, sarebbe quella di dar ragione a Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che in una delle sue lezioni di storia della letteratura inglese (1953-1954) scriveva:
La letteratura italiana la pi seria delle letterature. Un libro che sia nello stesso tempo ben scritto e umoristico si pu quasi dire non esista. Siamo costretti a fingere di sbellicarci per lumorismo con il quale disegnato Don Abbondio e a trovare Ariosto divertentissimo. [] In Inghilterra lo scrittore comico ha da circa cento anni scelto la strada del nonsense, della cosa scritta che non ha senso alcuno, formata da un (apparentemente) fortuito accozzamento di associazioni le quali, suscitando una serie di immagini disparate, riescono ad un effetto talvolta fortemente umoristico. [] Chi non capace di ridere di un limerick in fondo non capir mai nulla dellInghilterra e della sua letteratura: lInghilterra il paese dellirrazionale nel quale la logica val pochino. [] Il nonsense qui non pu aver successo. Come dice France, nous sommes srieux comme des nes .11

E invece, se si attraversa con sguardo diverso la storia della letteratura italiana, ci si rende conto che una certa erosione (un volontario occultamento) del senso ha agito in momenti a volte lontani tra loro, dando vita a un filone carsico rispetto al codice dominante. Scrive in proposito Alessandro Caboni:
Una letteratura tradizionalmente considerata poco incline al fantastico come quella italiana, tuttaltro che priva di esempi di nonsense: basti pensare al ricco repertorio della poesia giullaresca medievale, a quella burlesca del Burchiello, di Berni, ai capricci dei poeti barocchi popolareggianti quali Giulio Cesare Cro ce e Anton Francesco Doni, o alle mirabolanti metafore di Giambattista Basile; una tradizione che sopravviver nella cultura popolare dei secoli successivi, fino a trovare poi, con la rivalutazione dei generi minori, degli sbocchi autonomi, ad es. nelle misteriose filastrocche della poesia pseudo-simbolistica di Aldo Palazzeschi, nel nonsense cripto-satirico di Petrolini, in quello comico-surreale di Achille Campanile, nei sofisticati e oscuri paradossi di Tommaso Landolfi. Fra i tentativi contemporanei di poesia nonsensical riportata alloriginaria destinazio-

Lear e alla nozione stessa di nonsense (anche se cronologicamente ci si spinge fino a George Bernard Shaw). 11.G. Tomasi di Lampedusa, Opere, intr. e premesse di G. Lanza Tomasi, Milano, Mondadori, 1995, nella sez. Letteratura inglese, pp. 527-1330, alle pp. 1167-69.

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giuseppe antonelli
ne infantile si possono ricordare autori quali Nico Orengo, Antonio Porta, Toti Scialoia.12

Il culmine potrebbe essere indicato nelle esperienze neoavanguardistiche degli anni Sessanta e nella loro successiva presa di coscienza. Il Poema Chomsky di Alfredo Giuliani (1979) affronta di petto la questione teorica, versificando in variazioni diverse la frase che il linguista americano aveva addotto a modello di nonsense ( furiosamente verdi dormono idee senza colore / tra rosee zampe a becco furiosamente il prato /dorme del verde fuori alato corpo dacqua pietra ).13 I titoli scelti da Edoardo Sanguineti per due sue raccolte Bisbidis (1987) e la riassuntiva Il detto del gatto lupesco (2002) sembrano voler chiudere deliberatamente il cerchio di questa linea, riallacciandosi a produzioni medievali in cui Zaccarello riconosce a non-sense effect .14 La letteratura italiana, insomma, un territorio nel quale il nonsense si aggira come la pantera odorosa dei bestiari medievali, di cui dappertutto si sente il profumo senza che nessuno sia mai riuscito a vederla. 3. Lestensione del nonsenso Siamo nellmbito di quelle che Andrea Afribo chiama in riferimento alla poesia tardonovecentesca approssimazioni al nonsense (cfr. infra, p. 000), o di quello che per risalire allaltro capo della cronologia Paul Zumthor definiva il nonsense relativo di alcuni componimenti medievali.15 La nozione di nonsense letterario, daltra parte, ha assunto ben presto tratti metastorici e metanazionali. Dal nonsense propriamente
12.Caboni, Nonsense, cit., p. 15. 13.Lepisodio valorizzato da S. Bartezzaghi nella sua Prefazione allantologia di P. Rinaldi, Il piccolo libro del nonsense, Milano, Vallardi, 1997, pp. 17-32. 14.M. Zaccarello, Off the Paths of Common Sense: From the frottola to the per motti and alla burchia Poetic Styles, in Nonsense and Other Senses, cit., pp. 89-116, alle pp. 93, 97, 100 e passim. 15.P. Zumthor, Fatrasie, fratrassiers, in Id., Langue, texte, nigme, Paris, Seuil, 1975, pp. 6888, a p. 77. Cfr., da ultimo, J.V. Molle, Oscurit e straniamento. Per uninterpretazione del nonsenso fatrasico, in Obscuritas. Retorica e poetica delloscuro, a cura di G. Lachin e F. Zambon, Trento, Univ. di Trento, 2004, pp. 131-51.

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il nonsoch del nonsenso detto (istituzionale o per quanto possa suonare assurdo a proposito di un genere come questo ortodosso) si sviluppata progressivamente una serie di proiezioni e di recuperi tale da creare, rispetto al nucleo vittoriano, un complesso albero genealogico di antenati e successori con discusse paternit ed eredit molto contestate.16 Il tempo del nonsense si cos dilatato, fino a comprendere secoli e secoli di nonsense ante litteram. Stando ai dizionari, la prima attestazione di nonsense in inglese risale (in accezione generica: Often used exclamatorily to express disbelief of, or surprise at, a statement ; cfr. OED, s.v., par. 1a)17 al 1614, nella specifica accezione di A meaning that makes no sense (par. 4) al 1650; laggettivo nonsensical attestato invece dal 1655. In francese, la prima citazione di nonsense databile al 1672 (Le Spectateur, ed. 1737); ladattamento non-sens impiegato da Voltaire av. 1778 (cfr. TDF, s.v. non-sens; le comp. Nonsens existait, au sens de deraison, sottise, en a. fr. ), ma ancora nel 1769 lo stesso Voltaire usava nonsense in corsivo18 e langlicismo crudo entrer nelluso solo dal tardo Novecento: LGR, s.v. nonsense, lo data al 1962, specificando: une fois en 1829, Jacquemont, avec la valeur non-sens: Caractre absurde et paradoxal, en littrature . Quanto allitaliano, nonsenso attestato la prima volta il 15 aprile 1754, in una lettera di Baretti scritta da Londra al canonico Agudio19 (cfr. DELI,

16. La relativa maggior fama dei generi nonsensical della poesia francese medievale [rispetto alle corrispondenti esperienze dellarea italiana] andr imputata pi ai recuperi e alle predilezioni novecentesche dei surrealisti che ad una loro effettiva incidenza sul panorama ad essi coevo (M. Berisso, infra, p. 000); sulle forzature derivanti da letture proiettive insiste anche Molle, Oscurit e straniamento, cit., pp. 136-37. 17.Di seguito lo scioglimento delle abbreviazioni usate: OED = Oxford English Dictionary, Oxford, Oxford Univ. Press, 19892; TDF = Trsor de la langue franaise. Dictionnaire de la langue du XIXe et du XXe sicle (1789-1960), Paris, Gallimard, 1971-1994; LGR = Le Grand Robert de la Langue Franaise, Paris, Le Robert, 198512. 18.I. Klajn, Inussi inglesi nella lingua italiana, Firenze, Olschki, 1972, pp. 120-21. 19. Della poesia ne faccio molto moderato uso; e una tenebrosa meditazione di Sherlock o di Young sopra la morte o una filosofichissima dissertazione morale di Tillotson o di Johnson, ti dico il vero, calonaco, mi cominciano a quadrar pi che non tutto il nonsenso del Petrarca e del Berni, che un tempo mi parvero il non plus ultra dellumano intelletto (G. Baretti, Epistolario, a cura di L. Piccioni, Bari, Laterza, 1936, vol. i pp. 96-99, alla p. 98). Sul rapporto di Baretti con lopera di Berni: G. Brberi Squarotti, Baretti: in rima,

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giuseppe antonelli s.v.);20 poi, con una certa continuit, a partire dal primo Ottocento (nessuno degli esempi riportati dal GDLI, s.v., si riferisce per alla letteratura). Mentre il DELI parla di nonsenso come di un calco sullinglese (anche sulla scorta del Fanfani-Arla, cit. ivi, che lo considera un modo di dire angloitaliano ), il GDLI lo ritiene giunto per tramite francese (forse sulla scorta del Panzini s.v.: dal fr. non-sens, locuzione con valore di sostantivo che i francesi tolsero a loro volta dallinglese nonsense ); cos anche il DEI, s.v. non ( dal fr. non-sens, ingl. Nonsense ), che data genericamente non-senso al XIX secolo. Nonsense e nonsensical compaiono la prima volta in un articolo del Conciliatore (13 settembre 1818) a firma di Grisostomo (pseudonimo di Giovanni Berchet), in bocca a un Mylord che intende perfettamente litaliano; ma nol parla troppo bene, ed usa dintarsiarvi talvolta vocaboli inglesi .21 Lacclimarsi dellanglicismo integrale risulta, comunque, molto pi tardo: il supplemento del GDLI, s.v. nonsense riporta solo un passo di Giorgio Manganelli (1986) in cui il sostantivo indica un componimento letterario; senza riportare esempi, lo Zingarelli data 1985, il GRADIT 1975, il Devoto Oli 1967 e il Sabatini Coletti Grav. 1967. Quando, nel 1908, Camilla Del Soldato traduce per la prima volta alanzitutto il Berni, nel vol. Giuseppe Baretti: Rivalta Bormida, le radici familiari, lopera, a cura di C. Prosperi, Alessandria, Edizioni dellOrso, 1999, pp. 21-40. 20.DELI = M. Cortelazzo-P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 2a ed. a cura di M. Cortelazzo e M.A. Cortelazzo, Bologna, Zanichelli, 1999; GDLI = Grande dizionario della lingua italiana, fondato da S. Battaglia, Torino, Utet, 1961-2002, con il Supplemento 2004, diretto da E. Sanguineti, ivi, id., 2004; Panzini = A. Panzini, Dizionario moderno, Milano, Hoepli, 1942; DEI = C. Battisti-G. Alessio, Dizionario etimologico italiano, Firenze, Barbra, 1950-1957; GRADIT = Grande Dizionario Italiano delluso, ideato e diretto da T. De Mauro, Torino, Utet, 20072; Zingarelli = Lo Zingarelli 2008. Vocabolario della lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 2007; Devoto Oli = G. Devoto-G.C. Oli, Il Devoto-Oli 2008. Vocabolario della lingua italiana, a cura di L. Serianni e M. Trifone, Firenze, Le Monnier, 2007; Sabatini Coletti = Il Sabatini Coletti. Dizionario della lingua italiana 2008, di F. Sabatini e V. Coletti, Firenze, Sansoni, 2007. 21.Oltre a esclamare continuamente All nonsense! (in un caso: What a positive token of nonsense! ), il Mylord considera a very nonsensical petulancy la disinvoltura con cui le signore milanesi straparlano di classico e di romantico: amereste voi che la prediletta del vostro cuore fosse una delle nonsensical creatures, di cui vho parlato? (Il Conciliatore. Foglio scientico-letterario, a cura di V. Branca, Firenze, Le Monnier, 1965, vol. i pp. 62-70).

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il nonsoch del nonsenso cuni limerick di Lear nella versione italiana della londinese The Childrens Encyclopaedia (Lenciclopedia dei ragazzi, Milano, Cogliati),22 li fa precedere da una presentazione (intitolata Le sciocchezze di Edoardo Lear ), in cui i nonsense sono definiti ciuccherie . Anche la prima traduzione integrale (a cura di Carlo Izzo, Vicenza, Il Pellicano, 1946, e in ristampa, Venezia, Neri Pozza, 1954) esce con il titolo Il libro delle follie, che solo nel 1970 diventer Il libro dei nonsense (Torino, Einaudi; la nuova traduzione di Ottavio Fatca, ivi, id., 2002, sintitola Limericks). Lo stesso Izzo, tuttavia, aveva pubblicato nel 1935 il testo di una sua conferenza (Lumorismo alla luce del Book of Nonsense, cit.) in cui nonsense (sempre tra virgolette) utilizzato in diversi contesti e con diverse funzioni23 (di nonsense stavolta in corsivo si parla anche nella sua postfazione alla traduzione del 46), mentre al nonsense verse (ancora in corsivo) accennava gi Mario Praz in suo articolo del 38.24 Il vocabolo inglese nonsense penetra in tempi diversi nelle grandi lingue di cultura europee, nelle quali oggi mantiene spesso proprio per il suo riferirsi a una specifica categoria letteraria una certa autonomia rispetto agli adattamenti e ai calchi sviluppatisi in precedenza (fr. nonsens, it. nonsenso, ma anche ted. Unsinn, sp. sinsentido).25 Solo che questa categoria, nelle diverse tradizioni di studi, ha finito con lespandere sempre di pi i suoi confini, fino a inglobare territori un tempo dominio della retorica tradizionale come il paradosso, lossimoro, ladunaton.26 Il risultato
22.Per la storia della ricezione di Lear in Italia, cfr. P. Rinaldi, Un girotondo intorno al limerick, postfaz. a M. Manfredi e M. Trucco, Il libro dei limerick, Milano, Vallardi, 1994, pp. 143-246, con bibliografia ivi citata (sullEnciclopedia dei ragazzi, le pp. 196-204). 23.Tra le altre: la letteratura del nonsense , del non-senso, dellassurdo (p. 213); il nonsense schietto umorismo? (ibid.); risibile: un nonsense (p. 217); addito nel nonsense il sale di cui sarebbe condito lumorismo (p. 218). 24. La Stampa , 4 giugno 1938; poi in M. Praz, Motivi e gure, Torino, Einaudi, 1945, pp. 92-95, a p. 93. 25.Ad es., in German scholarship on the subject, a useful distinction is made between Unsinn (in Hildebrandts terms: folk and ornamental nonsense) and Nonsense (literary or pure nonsense) (W. Tigges, An anatomy of literary nonsense, Amsterdam, Rodopi, 1988, p.18). 26.Sulla fortuna antica e moderna di queste figure, cfr. G. Cocchiara, Il mondo alla rovescia, Torino, Boringhieri, 1963.

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giuseppe antonelli a tuttoggi lestendersi di una periferia (il near-nonsense, come lo chiama Heyman)27 sempre pi affollata di satelliti circanonsensical .28 Una delle cause di questa situazione andr ricercata nella sproporzione fra gli studi dedicati alla dimensione anacronica del nonsense (per 29 usare la terminologia di Lecercle) e quelli che ne hanno indagato la dimensione diacronica. Pi che dedicarsi alla ricerca di anelli di congiunzione (nel tempo e nello spazio) che potessero dimostrare lo sviluppo di una tradizione con alcuni elementi condivisi, come ad esempio fonti co mu ni,30 ci si impegnati in uno strenuo tentativo di classificazione del nonsense come nozione universale (senza spazio e senza tempo). Per giudicare leventuale corrispondenza al profilo tracciato, si sono poi calate queste definizioni nella storicit dei singoli prodotti: il momento induttivo ha finito cos per prevalere su quello deduttivo e leffetto paradossale in un continuo gioco di agnizioni e disconoscimenti stato quello di sfumare i confini della categoria proprio mentre si cercava di circoscriverla con maggiore precisione ( unfortunately, there are as many definitions of sense, nonsense, and literary nonsense as there are critics ).31 Un secolo di questi sforzi si trova magistralmente riassunto nel primo capitolo del cruciale lavoro di Tigges32 e, in maniera meno sistematica ma non meno efficace, nella tesi di dottorato di Heyman, premessa indispensabile per la sua introduzione a The Tenth Rasa 33 intitolata An Indian Nonsense Naissance.
27.Heyman, Isles of Boshen, cit., p. 1. 28.Vd. il saggio di A. Afribo, infra, p. 000. 29.J.J. Lecercle, Philosophy of Nonsense. The Intuitions of Victorian Nonsense Literature, London, Routledge, 1994, p. 2. 30.Incontrando in una poesia di Scialoja la gazza fragorosa / che fa gli stridi in greco , Serianni riporta infra (p. 000) una segnalazione di Zaccarello e Crimi che riguarda un precedente burchiellesco ( et una gazza che parlava in greco , xviii). Anche io devo a Crimi lindicazione di alcune analogie tra Lear e Burchiello; tra queste, limmagine degli uccelli che studiano: There was an Old Person of Hove, / Who frequented the depths of a grove; / Where he studied his Books, / With the Wrens and the Rooks ; cfr. e le civette studiano in gramatica (viii 17 delled. Zaccarello). 31.Heyman, Isles of Boshen, cit., p. 203. 32.An anatomy of literary nonsense, cit., pp. 47-88. 33.The Tenth Rasa. An Anthology of Indian Nonsense, ed. by M. Heyman, S. Satpathy and A. Ravishankar, New Delhi, Penguin, 2007.

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il nonsoch del nonsenso 4. La rinascenza del nonsenso Questa tradizione di studi si fondata soprattutto su testi dellarea an glofona (in seconda e terza battuta francofona e germanofona), riser vando scarsa attenzione almeno fino a qualche tempo fa al filone nonsenselike della letteratura italiana e al suo contributo nel formarsi del nonsense propriamente detto. Il riferimento in primo luogo alla cosiddetta funzione-Burchiello . Come dimostra con dovizia di riscontri te stuali un recente libro di Giuseppe Crimi,34 quel modello (solo in parte riconducibile a precedenti medievali) influenz profondamente la poesia rinascimentale italiana: bastino i nomi di Luigi Pulci, di Lorenzo de Medici e appunto del Berni tanto caro al Baretti. Di certo quel modello giunse anche, direttamente o indirettamente, alle altre letterature europee. La fortuna del Burchiello fuori dItalia un tema che a quanto mi risulta aspetta ancora di essere esplorato sistematicamente. Noel Mal colm,35 tuttavia, ritiene che John Hoskyns (liniziatore del filone nonsense della letteratura inglese secentesca) dovesse avere ben presente quel modello:
the widespread popularity and frequent reprintings of Burchiellos verses thoughout the sixteenth century make him and his well-known imitators, such as Croce by far the most likely model for Hoskynss own poem; so too does the very Burchiellesque density of absolute nonsense which Hoskyns achieved. The case of transmission from Italy to England is very strong, although direct proof is lacking.

Quanto alla Francia, Zaccarello segnala levidente presenza del Burchiello in alcuni componimenti di Mellin de Saint Gelais;36 per la Spa34.G. Crimi, Loscura lingua e il parlar sottile. Tradizione e fortuna del Burchiello, Manziana, Vecchiarelli, 2005. 35.The Origins of English Nonsense, London, Fontana-H. Collins, 1997, pp. 76-77. 36.Cfr. L. Spitzer, Zur Nachwirkung von Burchiellos Priameldichtung, in Zeitschrift fr Romanische Philologie , lii 1932, pp. 484-89 (si tratta del sonetto In ny a tant de barques en Venise di Mellin, che con No tiene tanta miel tica hermosa di Lope citato come esempio di Priameldichtung mutuata da Burchiello, son. lxvi, Non tanti babbion nel mantovano. Cenni sulla fortuna del Burchiello in Francia si trovano inoltre in J. Vianey, La part de limita-

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giuseppe antonelli gna, Spitzer aveva gi indicato calchi burchielleschi in Lope de Vega e pi di recente uno studio di Adrienne Laskier Martn riconosce che
the pre-Cervantine burlesque sonnet in Spain still operates clearly within the Renaissance tradition of imitatio; the Spanish comic poets of this period remain closely tied to their Italian models. The types of comicity in which they indulge are those popularized by the classical and by the Italian burlesque sonnet tradition: anti-Petrarchism, eroticism, burlesque Anacreontic themes, adoxography, facetiae, and the beginnings of personal and professional invective. While serious Renaissance poets continue to look to Petrarch and Garcilaso for their inspiration, comic poets still look to the comic hyperbole of Berni and his followers.37

Posto fuori del suo contesto originario, il senso preciso dei sonetti alla burchia era cos opaco da risultare oscuro gi ai commentatori cinquecenteschi (come il Lasca) e poi a fortiori a quelli secenteschi (come il Cinelli Calvoli) e primosettecenteschi (come il Salvini).38 Inevitabile, anche per questo, che nella tradizione dei testi sincrostassero lezioni sempre pi divergenti rispetto alla vulgata quattrocentesca, solo da poco restituita dalledizione critica di Michelangelo Zaccarello.39 Fino a questa edizione e da oltre due secoli il testo di riferimento era rappresentato, com noto, da una raccolta pubblicata nel 1757 a Livorno con la falsa indicazione di Londra.40 In quegli anni, i versi del Burchiello venition dans les Regrets, in Bullettin italien , iv 1904, fasc. 1 pp. 30-48; P. Toldo, tudes sur la poesie burlesque franaise de la Renaissance, in Zeitschrift fr romanische Philologie , xxv 1901, fasc. v pp. 71-93, 257-77, 385-410, 513-32, e Id., Ce que Scarron doit aux auteurs burlesques dItalie, Pavia, Fusi, 1893. 37.A. Laskier Martn, Cervantes and the Burlesque Sonnet, Berkeley-Los Angeles-Oxford, Univ. of California Press, 1991 (content.cdlib.org/xtf/view?docId=ft4870069m&br and=eschol). 38.Cfr. M. Zaccarello, La dimensione vernacolare nel lessico dei Sonetti di Burchiello, in Cuadernos de Filologa Italiana , 3 1996, pp. 209-19 (www.ucm.es/BUCM/revistas/ fll/11339527/articulos/CFIT9696110209A.PDF), alle pp. 209-11. 39.Sonetti del Burchiello, ed. critica della vulgata quattrocentesca, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2000; poi, con ampio commento, I sonetti del Burchiello, a cura di M. Zaccarello, Torino, Einaudi, 2004. 40.Sonetti del Burchiello del Bellincioni e daltri poeti orentini alla burchiellesca, London [ma Livorno, Masi] 1757: cfr. M. Berisso, La poesia del Quattrocento, in Storia della letteratura ita-

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il nonsoch del nonsenso vano considerati alla stregua delle stravaganze dun ubbriaco ;41 quello che nella Londra reale era il nonsense, nella Londra immaginaria diventava un insieme di corbellerie.42 N le cose sarebbero cambiate per tutto il secolo successivo: anzi, ancora alla met del Novecento c chi continua a parlare di un faticoso e noioso accumularsi di stupidaggini idiote e goffe .43 Al di l del riconosciuto carattere enigmatico di buona parte dellopera di Burchiello , scrive Zaccarello, lo scacco esegetico palesato dalla critica anche in anni pi recenti da ricondursi a un problema di storicizzazione: al momento della ricezione moderna del testo, [] il rischio la mancata contestualizzazione del dato espressivo, se non la perdita o lappiattimento di una prospettiva storico-linguistica .44 Sulla stessa linea anche Danilo Poggiogalli che, in apertura di un suo recen te saggio, ricostruisce il lungo dibattito tra chi di quei sonetti ha cercato il senso e chi invece ha preferito attribuirli al nonsenso: per parte sua, quello burchiellesco un non-sense fittizio, cio solo superficiale e apparente, elaborato mediante una tecnica combinatoria razionale, decrip tabile .45 Secondo Crimi, daltra parte, il rubricare questa poesia come nonsense ha rappresentato spesso una soluzione di comodo, visto che letichetta di non senso [] permette di congedarsi con facilit senza sforzi dallargomento .46 Insomma: i filologi (almeno quelli italiani) sembrano oggi piuttosto compatti nel negare che allepoca di Burchiello o addirittura prima si potessero dare casi di nonsense volontario , mostrandosi convinti (come nota Berisso, infra, p. 000) che le zone di oscurit pi o meno ampia presenti in determinati testi siano da attribuire a difficolt interpretative
liana, dir. E. Malato, vol. x. La tradizione dei testi, coord. C. Ciociola, Roma, Salerno Editrice, 2001, pp. 493-544, alle pp. 524-26. 41.Saverio Bettinelli (in Crimi, Loscura lingua, cit., p. iv). 42.Cos Baretti traduce nonsense nel suo A Dictionary of the English and Italian Languages, London, C. Hitch and L. Hawes et al., 1760. 43.Previtera, La poesia giocosa, cit., vol. i p. 261. 44.Zaccarello, La dimensione vernacolare, cit., p. 209. 45.D. Poggiogalli, Dalle acque ai nicchi. Appunti sulla lingua burchiellesca, in Studi di lessicografia italiana , xx 2003, pp. 65-126, alle pp. 66-71; la citaz. da p. 71. 46.Crimi, Loscura lingua, cit., p. iv.

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giuseppe antonelli dovute al gap storico-culturale . Ma quanto di questo rifiuto, si chiede lo stesso Berisso, legato a una particolare forma mentis? Quanto al desiderio di mantenere linterpretazione nellmbito delle proprie competenze? Si potrebbe rispondere che la sfida esegetica avr sempre bisogno di un senso da trovare e i vuoti di senso tenderanno sempre a essere saturati dallinterpretazione. Solo, altre scuole critiche reagiscono in modo diverso allhorror vacui: vale a dire cercando un senso a posteriori che spesso consiste in un meta-senso. Anche rimanendo allinterno della letteratura, si dovranno distinguere allora due nonsense diversi tra loro: da una parte, il nonsense filosofico dello strutturalismo, del decostruzionismo, della psicanalisi, ecc.; dallaltra, il (non)nonsense filologico della tradizione storicistica. Ci che nel primo va letto come il rimosso , ad esempio, nel secondo andr ascritto al represso ;47 ci che per gli uni si spiega ricorrendo a definizioni anacronistiche come scrittura automatica o fantasia diluita di alcuni inconsci collettivi ,48 per gli altri pu essere compreso solo rifacendosi al contesto linguistico e culturale in cui i testi sono stati prodotti. 5. Il suono del nonsenso Loscurit nasce spesso dalla frantumazione del testo,49 che ha leffetto dindebolire anche il significato delle singole parole: come nota Zaccarello, the text progresses through strategies of verbal association, such as wordplay, and the interconnecting elements seem to be predominan47. Ci sono buonissime ragioni culturali per sostenere che determinati temi di ordine sessuale, soprattutto quelli relativi a pratiche ritenute degne addirittura di condanna penale (come la sodomia, etero ed omosessuale), potessero essere espressi solo attraverso la creazione di una sorta di codice cifrato il quale, una volta organizzato in un testo, finiva con loriginare evidentemente un nonsense anche se solo apparente (Crimi, loc. cit.). Il riferimento al discusso lavoro di J. Toscan, Le carnaval du langage. Le lexique rotique des potes de lquivoque de Burchiello Marino (XVe-XVIIe sicles), 4 voll., Lille, Presses Univ. de Lille iii, 1981; cfr. infra il contributo di Carla Chiummo. 48.Cfr. Molle, Oscurit e straniamento, cit., p. 140. 49.Nel caso di Sacchetti, lautore stesso specifica come il sonetto sia stato costruito per motti, cio montato in modo che prevalga il gusto per le parole, per le locuzioni e per le espressioni singolari (Crimi, Loscura lingua, cit., p. 172).

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il nonsoch del nonsenso tly formal and non-semantic (mainly of a rhythmic and phonic kind); moreover, such texts often escape the logical concatenation that characterizes poetry with traditional content .50 Linsignificanza (vera o presunta) esalta quella che Gian Luigi Beccaria chiamava lautonomia del 51 significante , tanto da aprire le porte a significanti dal significato evanescente, come le parole inventate52 o nei casi pi estremi a sequenze di significanti irrelati, come quelli delle lingue inventate.53 Lo scivolamento dal piano fonematico a quello puramente fonetico rende il suono del nonsense una sorta di mantra che acquista un suo senso grazie alla rigida (a volte rigorosa) messa in forma; come osserva Lecercle, there is an excess of phonetic rules in nonsense: rules of phonotactics, of accentuation, of prosody and metrics .54 E qualcosa di analogo avviene anche sul piano della testualit: in Scialoja ancora frequente un procedimento, ampiamente praticato gi dal Burchiello, per il quale la perdita di coerenza si accompagna a un forte aumento degli indicatori della coesione testuale, cio dei connettivi tipici di un discorso organizzato razionalmente (Serianni, infra, p. 000). questa, in fondo, la differenza con le parole degli ubriachi, che di solito non solo non hanno senso, ma non fanno vista di averlo: condizione necessaria in un libro stampato .55 Piacere del significante pu significare nelleccesso forma senza contenuto, affabulazione senza fabula, mutilazione zoppa del bicipite se
50.Zaccarello, Off the Paths of Common Sense, cit., p. 93. 51.G.L. Beccaria, Lautonomia del signicante. Figure del ritmo e della sintassi. Dante, Pascoli, DAnnunzio, Torino, Einaudi, 1975. 52.Come accade, ad esempio, nelle Fnfole di Fosco Maraini: Il lonfo non vaterca n gluisce / e molto raramente barigatta, / ma quando soffia il bego a bisce bisce / sdilenca un poco, e gnagio sarchipatta (cfr. D. Baglioni, Poesia metasemantica o perisemantica? La lingua delle Fnfole di Fosco Maraini, in Studi linguistici per Luca Serianni, a cura di V. Della Valle e P. Trifone, Roma, Salerno Editrice, 2007, pp. 469-80). 53.Nel Dialogo dei massimi sistemi di Landolfi, ad esempio, il protagonista ha scritto una poesia in una lingua sconosciuta, da lui stesso dimenticata: Aga magra difra natun gua mescin / Snit guggrnis soe-wli trussn garigr / Gnga bandra kuttvol jers-ni gillra. / Lvi girrscen suttrer lunabinitr (cfr. infra il contributo di Baglioni). 54.Lecercle, Philosophy of Nonsense, cit., p. 38. 55.Come nota Manzoni a proposito dei discorsi di Renzo ubriaco (A. Manzoni, I Promessi Sposi, a cura di L. Caretti, Torino, Einaudi, 1971, vol. ii p. 339).

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giuseppe antonelli gno linguistico, corpulenza senzanima; ma anche, e converso, ludico e lucido calembour capace di sprigionare concetti originali, gioco coi topoi che fa della lingua il luogo delentropia. A partire almeno dal nonsense vittoriano, significa contestare la rappresentazione realistica della realt per creare una realt diversa (il nonsense non figurativo: nella sua forma pi pura , potremmo dire, astratto). A questobiettivo risponde una scrittura che per certi versi lequivalente letterario delle geometrie non euclidee o anche di quella logica onirica a cui Ignacio Matte Blanco dar lantiaristotelico nome di logica simmetrica. 6. Il dissenso del nonsenso La dissimulazione del dionisiaco sotto mentite spoglie apollinee alla base dellambiguo statuto del nonsense, che is on the whole a conservative-revolutionary genre. It is conservative because deeply respectful of authority in all its forms: rules of grammar, maxius of conversation and of politeness, the authority of the canonical author of the parodied text .56 Questo rispetto esteriore che corrisponde in realt a uno svuotamento dallinterno di modelli, codici, canoni accomuna il nonsense ottonovecentesco a precedenti molto pi antichi:
il sonetto alla burchia pu essere descritto come una forma di duplice attacco alla poetica tradizionale, dallinterno e dallesterno: da un lato la peculiare sintassi di quei versi sovverte le pi elementari concatenazioni logiche, impiegando in modo volutamente incongruo gli operatori sintattici; dallaltro le molteplici forme di satira del falso sapiente [] collocano la polemica sulla rivendicazione di un linguaggio concreto.57

La parodia si conferma uno dei tratti costitutivi del genere gi nei suoi pi remoti antecedenti. Prima della dicotomia senso/nonsenso viene quella codice/trasgressione, che si risolve in una resa deformata e stra56.Lecercle, Philosophy of Nonsense, cit., pp. 2-3. 57.Zaccarello, Burchiello e i burchielleschi. Appunti sulla codicazione e sulla fortuna del sonetto alla burchia, in Gli irregolari nella letteratura. Eterodossi parodisti funamboli della parola. Atti del Convegno di Catania, 31 ottobre-2 novembre 2005, Roma, Salerno Editrice, 2007, p. 117-43, a p. 142.

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il nonsoch del nonsenso volta del primo elemento. Un saggio di qualche anno fa dedicato ad alcune Considerazioni sul ritratto poetico e la comunicazione lirica era stato suggestivamente intitolato da Amedeo Quondam Il naso di Laura; 58 la gi citata recensione di Emilio Cecchi a unAntologia burchiellesca del 1950 sintitolava Il naso di Burchiello.59 Nasi cornuti e visi digrignati si apre il sonetto di Franco Sacchetti ritenuto il primo esempio di questo genere di poesia (in principio era il naso, dunque) e una galleria di nasi deformi occupa un trittico di sonetti che la tradizione attribuisce al Burchiello;60 queste, rispettivamente, le quartine iniziali:
Io vidi un naso fatto a bottoncini, che paion paternostri di corallo, et ha la cresta rossa comun gallo tutta coperta di balasci fini; Un naso Padovano qui venuto, che si berebbe ottobre, e San Martino; sed egli avesse in suo potenza el vino, berebbe una ricolta con un fiuto. Se tutti i nasi avessin tanto cuore di vivere a comune, e fare anziani; i ve ne metterei uno alle mani, che par de nasi natural signore.

Ma il naso del Burchiello potrebbessere anche quello del Burchiellomaschera, il personaggio Burchiello che secondo una sorte toccata molto pi tardi anche a Edward Lear 61 diventa, fin dalla sua morte,
58.Ora in A. Quondam, Il naso di Laura. Lingua e poesia lirica nella tradizione del Classicismo, Modena, Panini, 1991, pp. 291-328; la domanda , con le parole della Civil conversazione di Stefano Guazzo: per qual cagione Petrarca, nel lodar laltre parti belle di madonna Laura non avesse mai fatto menzione di questa, se forse egli la tacque perchella avesse il naso o schiacciato o camuso o gibbuto o torto o smisurato in grossezza o in lunghezza (p. 293). 59.Poi ripubblicata col titolo Burchiellesca, cit. 60.Si cita dalled. Einaudi cit., pp. 290-92. Come specifica Zaccarello nellintroduzione alled. del 2000, si tratta di testi infiltrati, che attribuzioni pi affidabili assegnano a Bartolomeo da Lucca; una rubrica indica forse che si tratta di un sottogenere: Soneti nasorum. 61.Cfr. www.nonsenselit.org/wordpress/archives/2007/02/13/fictional-edward-lear.

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giuseppe antonelli licona da affiancare a quella del Petrarca come modello di una poesia di versa: Petrarca e Burchiello piacevole, / che per sonetti han cotanta me moria / lun per dir bene e laltro dilettevole .62 Rispetto al senso della poesia laureata, quello della frottola e della rimeria alla burchia si presenta secondo lindovinata definizione di Russell 63 come un controsenso; allo stesso modo, il nonsense veniva definito, nel classico saggio di Strachey, the proper contrary of Sense .64 Il senso del nonsenso potremmo dire allora nel suo essere il versante cattivo del buonsenso. Una modalit (non solo linguistica) che demolisce linterpretazione del mondo dominante e condivisa, e su quelle macerie costruisce un mondo rovesciato,65 altro rispetto al senso comune: in un certo modo, un non-luogo referenziale .66

62.Cfr. G. Crimi, Burchiello e le sue metamorfosi: personaggio e maschera, in Auctor/Actor. Il personaggio scrittore nella letteratura italiana. Atti del Convegno di Roma, 16-17 giugno 2005, Roma, Univ. di Roma Sapienza , i.c.s. (www.disp.let.uniroma1.it/fileservices/ filesDISP/07_CRIMI.pdf); la citaz., tratta da un manoscritto quattrocentesco, riportata a p. 91. 63.R. Russell, Senso, nonsenso e controsenso nella frottola, in Ead., Generi poetici medievali. Modelli e funzioni letterarie, Napoli, Societ Editrice Napoletana, 1982, pp. 147-61. 64.Il testo in www.nonsenselit.org/Lear/pdf/nonsense.pdf (la citaz. a p. 515). 65.Cfr. G. Angeli, Il mondo rovesciato, Roma, Bulzoni, 1977. Per il nonsense ante litteram, il discorso incrocia qui laltro assai complesso e ancor pi vasto del rovesciamento parodico, apotropaico associato alle festivit carnevalesche e ai testi ad esse collegati. Il buonsenso potrebbe cos parallelamente ricondursi alla polarit quaresimale (per lintreccio di leggi, costumi, rituali associati a questi due universali del mondo medievale e rinascimentale: cfr. G. Ciappelli, Carnevale e quaresima, Roma, Edizioni. di Storia e Letteratura, 1997). 66.Molle, Oscurit e straniamento, cit., p. 146. Il non-luogo (recente calco dal non-lieu del francese Marc Aug) come il non-compleanno (calco pi vecchio dallun-birthday dellinglese Lewis Carroll): bella propriet della lingua italiana, massime antica, propriet in mille casi utilissima al dir breve, anzi allevitare un lunghissimo circuito di parole, propriet daltronde comune anche al francese (nonchalance, nonchaloir []), allinglese (nonsense, nonsensical ec.) ec., quella di certi negativi, sia nomi, sia verbi, avverbi ec. fatti dal positivo, premessavi la non, congiunta o disgiunta da essa voce (G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, 17 ottobre 1826, p. 4223 si cita dalledizione commentata e revisione del testo critico a cura di R. Damiani, Milano, Mondadori, 1997, p. 000).

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Marco Berisso P reisTOria (maNCaTa) DeL NON S E N S E N eLLa p Oesia meDieVaLe iTaLiaNa

Credo sia prima di tutto necessario premettere qualche parola a spiegazione del titolo che ho scelto. Quello che volevo suggerire, proprio in via preliminare, che, ponendo come punto di avvio della storia del nonsense in Italia il nome e il caso di Burchiello (come corretto fare), risulta molto difficile poi recuperare una rete pi o meno coerente di testi e autori tale da poter giustificare la gestazione di quellesperienza, una tradizione che a quel nome e a quel caso abbia condotto. In realt, come preciser tra poco, abbiamo gi a disposizione oggi unutile guida alle tracce di una possibile tradizione del nonsense italiano che dai testi del Due-Trecento conduca ai primissimi decenni del Quattrocento, e qualche altro piccolo elemento ulteriore forse possibile aggiungerlo, o almeno cercher di farlo. Detto questo, per, nulla di quanto si pu arrivare a dedurre seguendo questa strada assimilabile a quanto si gi da tempo verificato in territori a noi limitrofi, come quello della poesia oitanica con le fatrasies/fatras e le resveries e persino di quella occitana con i devinalhs, dove pure qualche distinguo andrebbe fatto.1
1.Del corpus (non imponente: si veda quanto verr detto tra poco) delle fatrasies e delle fatras abbiamo unottima traduzione italiana, Fatrasies. Fatrasies dArras, Fatrasies di Beaumanoir, Fatras di Watriquet, a cura di D. Musso, Parma, Pratiche, 1993, che si raccomanda anche per la dettagliata Introduzione (pp. 7-34). La bibliografia in merito piuttosto ampia: si vedano almeno P. Bec, La lyrique franaise au Moyen ge (XIIe-XIIe sicles). Contribution a une typologie des genres potiques mdivaux, Paris, Picard, 1977, 2 voll., i pp. 167-83; P. Zumthor, Fatrasie, fatrassiers, in Id., Langue texte nigme, Paris, ditions du Seuil, 1975 (cito dalla trad. it. Lingua testo enigma, Genova, Il Melangolo, 1991, pp. 99-126); P. Uhl, La constellation potique du non-sens au moyen ge. Onze tudes sur la posie fatrasique et ses environs, Paris, LHarmattan, 1999; M. Suchet, Les Fatrasies: une exprience de la lecture, mmoire de matrise de Lettres Modernes, cole Normale Suprieure Lettres et Sciences Humaines- Univ. Lumire Lyon ii, a.a. 2003-2004 (consultabile in rete allindirizzo http://perso.ens-lyon.fr/florent. bouchez/myriam.suchet/maitrise.php#htoc60). Sulla resverie (oltre a Bec, La lyrique franaise, cit., pp. 163-66) si tenga conto di G. Angeli, Il mondo rovesciato, Roma, Bulzoni, 1977. Per il devinalh rimane ancor oggi imprescindibile N. Pasero, Devinalh, non senso e

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marco berisso Anche a questo proposito, comunque, va aperta una breve parentesi. Trascuriamo pure il caso dei devinalhs, che si presenta controverso anche sotto il rispetto della appartenenza o meno di alcuni testi al genere, e restiamo a quello molto pi pacifico delle fatrasies (e fatras) e delle resveries. Il numero dei testi, e soprattutto quello dei testimoni, pertinenti tuttaltro che cospicuo, come noto: due raccolte di fatrasies, una pi ampia (Fatrasies dArras, 54 poesie) ed una seconda molto pi esile (Fatrasies di Beaumanoir, 11 poesie), pi una di fatras (Fatras di Watriquet, 30 poesie), tutte e tre a tradizione unica.2 Stessa cosa per quel che riguarda le resveries: sono solo tre i testi riconducibili al genere, ognuno riportato da un solo codice.3 A questo non amplissimo patrimonio si potranno aggiungere le due fatras (seppure a schema anomalo) e la lista di incipit non meglio precisabili quanto al genere che sono conservati nelle interpolazioni di Chaillou de Pesstain al Roman de Fauvel riportate nel manoscritto Fr. 146 della Bibliothque Nationale di Parigi (il cosiddetto ms. E).4 Insomma, il quadro complessivo che ne deriva sembra suggerirci che ci troviamo di fronte a testi (e quindi a generi) marginali, anche considerando (e non elemento secondario) la data relativamente alta a cui essi possono ricondursi (tra met e fine XIII secolo per fatrasies e resveries, addirittura primo decennio del XIV per i fatras). certo vero, come dichiara Daniela Musso, che questa esiguit [] probabilmente non rispecchia affatto la reale diffusione dei due generi [] (e lo stesso discorso vale, ovviamente,
interiorizzazione testuale: osservazioni sui rapporti fra strutture formali e contenuti ideologici nella poesia provenzale, in Cultura Neolatina , xxviii 1968, pp. 1-34, a cui si aggiunga adesso M. Lecco, Gli enigmi del devinalh, in Lenigma. Atti del Seminario di Genova, 23 maggio 2008, a cura di M. Lecco, i.c.s. 2.Per la tradizione testuale delle fatrasies e fatras cfr. la Nota informativa in Fatrasies. Fatrasies dArras, Fatrasies di Beaumanoir, Fatras di Watriquet, cit., pp. 35-38. 3.Cfr. Bec, La lyrique franaise, cit., pp. 164-6, anche per la tradizione manoscritta: i testi in questione sono lanonima e anepigrafa Nus ne doit estre jolis, la resverie di Philippe de Beaumanoir En grant esveil sui dun conseil e lanonimo Dit des traverces (tutti pubblicati e tradotti in appendice a Angeli, Il mondo rovesciato, cit., pp. 107-41). 4.Del ms. E del Roman de Fauvel esiste una riproduzione in facsimile: Le Roman de Fauvel in the edition of Mesire Chaillou De Pesstain: a reproduction in facsimile of the complete manuscript Paris, Bibliotheque Nationale, Fond Francais 146, a cura di E H. Roesner, F. Avril e N. Freeman Regalado, New York, Broude Brothers, 1990 (il testo del Roman de Fauvel stato pubblicato e tradotto in italiano da M. Lecco, Milano-Trento, Luni, 1998).

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preistoria del nonsense nella poesia medievale per le resverie) 5 e forse dobbiamo perci ipotizzare un pi ampio patrimonio perduto, magari di diffusione primariamente orale come sembra appunto suggerire la didascalia che introduce i fatras interpolati del Fauvel col suo esplicito riferimento a sotes chanons que [] font le chalivali chantent . per altrettanto vero che casi paralleli dal punto di vista sia dellideologia di riferimento sia dellesecuzione (penso ad esempio ai fa bliaux) hanno avuto ben altra fortuna e che, insomma, una tale latenza testimoniale e recenziorit cronologica potr ben rispecchiare la marginalit pi o meno eretica dei generi di cui stiamo discutendo: generi che, non a caso, verranno in parte addomesticati ( il caso dei fatras) nei secoli successivi. Nulla di paragonabile insomma, per intenderci, alla clamorosa fortuna manoscritta di Burchiello, fortuna che nel suo caso va a compensare la tarda, anche in questo caso, collocazione cronologica del genere. Insomma, la poesia del nonsense non sembra aver avuto uno spazio particolarmente ampio nella mappa dei generi e degli stili dei primi secoli neppure in letterature che, allapparenza, le hanno concesso unudienza ben pi antica della nostra. E va aggiunto, per concludere davvero, che la relativa maggior fama dei generi nonsensical dellantica poesia francese andr forse imputata pi ai recuperi e alle predilezioni novecentesche dei surrealisti che ad una loro effettiva incidenza sul panorama letterario medievale. In Italia, come dicevo, e per riprendere il filo, non comunque possibile rinvenire neppure una simile tradizione, residuale forse ma almeno morfologicamente piuttosto compatta e come tale riconoscibile in quanto genere autonomo. La stessa etichetta con cui comunemente vengono indicate le poesie del nonsense a partire dal Cinquecento, quella cio di poesie alla burchia o alla burchiellesca, indica del resto come pi esplicitamente non si potrebbe desiderare una definizione di ordine antonomastico, non formale: e che poi tale primogenitura sia probabilmente da togliere a Burchiello per essere spostata allindietro di qualche decennio ed essere devoluta allOrcagna (il nipote Mariotto, morto nel 1424, non il ben pi famoso Andrea, di cui non si hanno notizie dopo il 1368) oggi un dato di fatto che per non cambia pi di tanto i termini
5.Fatrasies. Fatrasies dArras, Fatrasies di Beaumanoir, Fatras di Watriquet, cit., p. 8.

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marco berisso della questione, come si vede, n come ambiente culturale n cronologicamente (siamo sempre insomma nella Firenze medicea della prima met del secolo).6 Pu essere interessante, semmai, verificare cosa la tradizione critica antica percepisse come assimilabile al gusto alla burchia nel momento in cui essa si allontanava dalla pure gi altamente infida vulgata esplicitamente riconducibile a Burchiello, nel tentativo di recuperare testi sparsi da ricondurre alla medesima costellazione. Mi riferisco, insomma, alla famosa e quasi famigerata stampa pseudo-londinese del 1757 e in particolare alla terza sezione di essa, quella in cui, secondo lesplicita ammissione introduttiva dei curatori, vengono travasati sonetti che si sono trovati in altri Testi sotto suo nome .7 Le presenze allotrie, come noto, sono qui molte, e alcune clamorosamente due-trecentesche: notissimo il caso dei due sonetti Bicci novel e Ben so che fosti, conclusivi della tenzone tra Dante e Forese, ma non manca addirittura un sonetto, Messer Tortoso, quanto pi ripenso, che riproduce, mutato il destinatario, la dispersa petrarchesca Conte Ricciardo, quanto pi ripenso.8 Un controllo sistematico rivela altre acquisizioni trecentesche: intanto, topograficamente lontano dal testo petrarchesco che gli risponde, si trova anche il missivo di Ricciardo il Vecchio Ben che ignorante sia, io pur mi penso.9 Si
6.Per lidentificazione di Orcagna con Mariotto di Nardo di Cione cfr. riassuntivamente su tutto F. Bausi, Orcagna o Burchiello? (Sul sonetto Molti poeti han gi descritto Amore), in Interpres , xiii 1993, pp. 275-93. 7.Cfr. i Sonetti | Del Burchiello | Del Bellincioni | e DAltri Poeti | Fiorentini | Alla Burchiellesca, in Londra [ma Livorno, Masi] 1757: la cit. dalla didascalia introduttiva della terza parte, p. 145. 8.Il sonetto presente a p. 153 delled. pseudo-londinese. Cfr. in proposito I sonetti del Burchiello, a cura di M. Zaccarello, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2000, pp. cx-cxi. 9.Il sonetto a p. 241 delled. pseudo-londinese. Lo si pu leggere in D. Piccini, Un rimatore trecentesco che non c pi: i due conti Ricciardo e lignoto Guido di Bagno, in Studi petrarcheschi , n.s., xiv 2001, pp. 115-97, a p. 160. Dalle non poche testimonianze del sonetto nella tradizione manoscritta non risulta alcuna attribuzione a Burchiello (cfr. le pp. 127-37) ma la coppia (in ordine inverso rispetto al corretto e con attribuzione al Burchiello del lanta petrarchesca del dittico) gi nelledizione burchiellesca del 1490 (Sonecti del Burchiello, s.i.t. ma Firenze, Bartolomeo de Libri, 1490), mentre la sostituzione incipitaria di Messer Tortoso a Conte Ricciardo risale al Doni (Rime del Bvrchiello comentate dal Do ni, Venezia, Francesco Marcolini, 1553; cfr. Piccini, Un rimatore trecentesco, cit., p. 192).

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preistoria del nonsense nella poesia medievale possono trovare poi un rifacimento piuttosto libero (viene rimaneggiato anche lo schema, che passa da ABAB ABAB CDC DEE a ABBA ABBA CDC DCD, ed aggiunta una coda DEE) del sonetto di Niccolo de Rossi La femena ch del tenpo pupilla10 e il sonetto di Ventura Monachi a Giovanni Frescobaldi Giovanni, io son condotto in terraquatica.11 Procedendo un po avanti con gli anni e verso autori attivi sul finire del secolo XIV, andranno segnalati cinque sonetti attribuibili con varia attendibilit ad Antonio Pucci, uno conteso tra Burchiello e Niccol Soldanieri12 e la seconda pa ne ruzzola in terza rima di Nicol Povero, S duramente un sonno mi percosse;13 quindi, passando ai primi decenni del Quattrocento (e dunque ai con10.Il sonetto a p. 173 della pseudo-londinese. Per il testo di partenza cfr. F. Brugnolo, Il canzoniere di Niccol de Rossi, 2 voll., Padova, Antenore, 1973-1977, vol. i p. 155. Cfr. anche Rimatori del Trecento, a cura di G. Corsi, Torino, Utet, 1969, p. 686, che segnala la presenza del sonetto con attribuzione a Burchiello anche nei mss. Laurenziano XL 48 e Riccardiano 1109. Niccol de Rossi autore che peraltro si presta bene a riscritture: una, particolarmente articolata e trdita da tre codici (i mss. Conventi Soppressi 122 e Redi 184 della Biblioteca Laurenziana e il codice C 43 della Biblioteca Comunale Augusta di Pe rugia), del sonetto A fare una donna bella soprano (per cui cfr. Brugnolo, Il canzoniere di Niccol de Rossi, cit., p. 57) segnala M. C. Camboni, Sulla fortuna di Niccol de Rossi, in Studi di filologia italiana , lxiv 2006, pp. 21-31. 11.Il sonetto a p. 228 delled. pseudo-londinese. Lunica edizione integrale di Ventura Monachi (morto nel 1348) Sonetti editi ed inediti di Ser Ventura Monachi rimatore orentino del sec. XIV, a cura di A. Mabellini, Torino-Roma-Milano-Firenze-Napoli, Paravia, 1903, tuttaltro che attendibile. Una scelta di sonetti (da cui Giovanni, io son condotto per escluso) anche in Rimatori del Trecento, cit. Il sonetto riportato nelledizione burchiellesca comunque di uno dei maggiormente attestati di Ventura (anzi, lunico, visto che il pi diffuso di tutti, Se la Fortuna tha fatto signore, non di attribuibilit indiscussa). 12.Si tratta di Posto mho n cuor di dir ci che maviene, a p. 175 della pseudolondinese. Zacca rello, nelleditio minor delle Poesie del Burchiello (Torino, Einaudi, 2004, p. 276) segnala la non inappuntabile attendibilit dellattribuzione a Burchiello, stante i due soli codici (Riccardiano 1109 e Vaticano Barb. lat. 3917) che riportano il sonetto e ne corroborano linclusione nella vulgata quattrocentesca istituita dalla princeps. Per altro lattribuzione a Niccol si regge anchessa su ununica esplicita didascalia, quella del ms. 1147 della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma, di contro alla diffusa adespotia del sonetto (cfr. Rimatori del Trecento, cit., pp. 736-37). 13. alle pp. 177 e sgg. della pseudolondinese. Alla riedizioni dei due capitoli di Nicol ha atteso nella sua tesi di laurea Vittorio Celotto (tesi specialistica discussa presso lUniversit di Napoli, a.a. 2008-2009, relatore Andrea Mazzucchi): nel frattempo rimane imprescindibile E. Levi, Niccol Povero, giullare orentino, in Id., Poesia di popolo e poesia di corte nel Trecento, Livorno, Giusti, 1915, pp. 79-114 (i testi alle pp. 105-14; gi apparso col titolo Le

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marco berisso temporanei di Burchiello) ritroviamo parecchie figure dellambiente fiorentino (da Antonio Matteo di Meglio a Anselmo Calderoni a Filippo Brunelleschi) non di necessit, per, in contatto diretto col barbiere. Infine, con clamoroso ma eloquente anacronismo, la silloge pseudo-londinese finisce con lincludere anche due sonetti di Luigi Pulci in tenzone con Matteo Franco.14 Il quadro che viene fuori di quella che potremo definire la funzione-Burchiello secondo la stampa pseudo-londinese dunque particolarmente variegato. Fermiamoci anche ai soli testi duetrecenteschi. Il Niccol de Rossi en travesti, la tenzone Petrarca-conte Ricciardo, i vari Pucci e il conteso Soldanieri rinviano tutti insieme ad un generale gusto per il sonetto gnomico15 che poteva tranquillamente apparire ai curatori (e tale era in effetti) come pertinente in pieno alla temperie stilistica quattrocentesca ma che non ci riguarda in questa sede specifica. Un po pi vicino risulterebbe invece Ventura Monachi, che col suo sonetto ipertecnico (infatti, come molti dei suoi, interamente costruito su rime sdrucciole) e a tratti involontariamente oscuro rinvia comunque ad un settore ben presente nel Burchiello (e non solo), vale a dire quello dellinvettiva contro popolazioni e citt italiane reputate barbare di costumi e spesso anche di lingua (qui ad essere sottoposta a reprimenda Venezia).16 Con lo scambio di sonetti tra Dante e Forese, invepaneruzzole di Nicol Povero (contributo alla storia della poesia giullaresca nel medio evo italiano), in Studi medievali , iii 1908, pp. 81-108). 14.Per i rapporti tra Pulci e Burchiello cfr. G. Crimi, Loscura lingua e il parlar sottile. Tradizione e fortuna del Burchiello, Manziana, Vecchiarelli, 2005, pp. 317-53. 15.Magari espressionisticamente un po pi acceso nel primo testo della sequenza, giusta la tematica misogina: ma dal punto di vista linguistico e stilistico il sonetto subisce dalla versione veneta a quella toscana un evidente depauperamento (stante comunque la gi non eccelsa fattura del testo di partenza). Basti qui a dimostrazione mettere idealmente a fronte anche solo la prima quartina derossiana ( La femena ch del tenpo pupilla / le plu parte si trova glotta e ladra; / e quando viene en etate nubilla, / sendo ben puita, alor se tien liadra ) col suo pi tardo remake ( La femina, che del tempo pupilla, / Le pi volte si trova ghiotta, e ladra, / Sendo ben brutta allor si tien leggiadra, / Mentre che giovinezza il fior distilla ). 16.In un altro scambio con Ventura, sar Giovanni a insinuare nel sonetto Due foresette, Ser Ventura, bionde 20 che a Pisa [] ogni femmina v per lo ber crespa (cito dalledizione di Ventura che sto allestendo da ormai troppo tempo). Il motivo comunque ben trecentesco e lo si ritrova ad es. in Giovanni Quirini, nei due sonetti Io sum tra gente barba-

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preistoria del nonsense nella poesia medievale ce, siamo arrivati davvero molto prossimi allarea del nonsense: non in senso stretto, ovviamente, ma in quanto una certa cripticit probabilmente indotta dal genere tenzone (in cui i due corrispondenti non necessariamente hanno interesse a che le allusioni siano comprensibili anche, per dir cos, allesterno)17 poteva suggerire il sospetto di una intenzionale sospensione del significato. Cos ad esempio ai vv. 3-4 e 9-11 del sonetto di Dante ( Gi per la gola tanta rema ha messa / Che a forza gli convien tor dellaltrui / [] / E tal giace per lui nel letto tristo / Per tema non sia preso il Lombolare / Che gli appartien quanto Giuseppe a Cristo ) oppure nelle terzine intere del sonetto di Forese ( Buon uso ci ha recato, ben tel dico / Che quel ti caric ben di bastone / Colui hai per fratello, o per amico. / Ed il nome ti di delle persone, / Che fanno poca stima del panico; / Dillomi, chi vuo metterlo a ragione ).18 E non sar allora un caso, sia detto di velocissimo passaggio (su questo torner tra poco), che della tenzone Dante-Forese sia stata fornita in tempi recenti uninterpretazione (per quanto scarsamente fondata) allinsegna delle qui vocit linguistica a sfondo (omo-)sessuale, in accordo a quanto accade spesso con testi riconducibili allarea del nonsense. Infine pienamente pertinente al nostro ambito il capitolo di Nicol Povero, ricetta medica parodizzata la cui aggregabilit, quanto al tema, allambito burchiellesco
re e crudele e Sio torno al bel paese di Franchia (cfr. G. Quirini, Rime, a cura di E.M. Duso, Roma-Padova, Antenore, 2002, risp. pp. 78 e 80). Per un parallelo in Burchiello baster citare Crimi, Loscura lingua, cit., p. 22, che ricorda come gli abitanti di Arezzo vengano citati nel corpus in pi di unoccasione per la loro stupidit . 17.Incidentalmente, ma forse non casualmente, si noti come siano proprio i testi in tenzone quelli preferibilmente cooptati nellorganismo della pseudo-londinese dal contesto due-trecentesco: oltre a Dante-Forese e Petrarca-Ricciardo un missivo altrove dotato di risposta (anzi, di pi risposte) anche il sonetto di Ventura. 18.Cito ovviamente dal testo della pseudo-londinese. Il testo critico per molti versi pi lineare (risp.: gi per la gola tanta rob hai messa, / cha forza di convien trre laltrui / [] / E tal giace per lui nel letto tristo, / per tema non sia preso a lo mbo lare, / che gli apartien quanto Giosep a Cristo e Buon uso ci ha recato, ben ti l dico, / che qual ti carica ben di bastone, / colu ha per fratello e per amico. / Il nome ti direi delle persone / che vhanno posto s; ma del panico / mi reca, chi vo metter la ragion : cito da D. Alighieri, Rime, a cura di D. De Robertis, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2005, pp. 46572, edizione commentata che anche revisione del testo critico fissato nelleditio maior Firenze, Le Lettere, 2002, 3 voll. in 5 to.).

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marco berisso stata ampiamente chiarita in questo nostro convegno da Michelangelo Zaccarello (e ancor pi pertinente sarebbe stata laltra, prima, paneruzzola, non inclusa nella pseudo-londinese). La chiamata in causa di Nicol mi d finalmente il pretesto per citare quella mappa per i territori del nonsense pre-burchiellesco a cui allude vo allinizio. Si tratta, come si sar capito, del saggio di Giuseppe Crimi Loscura lingua e il parlar sottile, dedicato appunto, come recita il sottotitolo, alla Tradizione e fortuna del Burchiello.19 Un libro importante e ricco di informazioni e analisi (persino troppe, se si vuole, tanto che occorre percorrerlo senza impazienza) e al quale bisogna riconoscere, per quel che riguarda il tema che sto cercando di frequentare, di aver quasi esaurito il discorso. In particolare, i tre capitoli iniziali esaminano minuziosamente le interazioni possibili tra Burchiello e, nellordine, fatrasies e fatras, tradizione giocosa mediolatina e volgare, Niccol Povero (appunto) e lopera di Franco Sacchetti, incluse per questultimo possibili intersezioni con il Trecentonovelle. Il percorso affrontato da Crimi largamente sottoscrivibile: e varr infine la pena di ricordare, per riprendere in mano unultima volta ledizione pseudo-londinese, che il sonetto di Sacchetti Nasi cornuti e visi digrignanti, attentamente analizzato in Loscura lingua e tradizionalmente indicato come il pi rilevante precedente della poesia del nonsense, anchesso incluso in quelledizione, anche se (con lapsus di prospettiva che mi pare particolarmente significativo) non nella terza ma nella quarta parte, quella dedicata ai sonetti alla burchiellesca di tarda imitazione.20 Un rilievo particolare assume, nella prospettiva di Crimi, il doppio binario dellanalisi, che da un lato si richiama alle tecniche compositive, retoriche e sintattiche, dallaltro scava in un serbatoio metaforico e figurativo che sembra ripresentarsi immutato da un secolo allaltro. Proprio a partire da queste premesse mi pare specialmente persuasiva la rivaluta19.Cfr. sopra, n. 14. 20.Il lapsus insomma fa coppia con quello prima segnalato, e di segno inverso, circa Luigi Pulci arretrato cronologicamente a ridosso di Burchiello, a conferma dellappiattimento generale di prospettiva che sottende alledizione pseudo-londinese e di l si propaga alla vulgata editoriale e interpretativa per lungo tempo. Sul sonetto di Sacchetti (il testo leggibile in F. Sacchetti, Il libro delle rime, a cura di F. Brambilla Ageno, Firenze-Perth, Olschki-Univ. of West Australia Press, 1990) cfr. Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 166 sgg.

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preistoria del nonsense nella poesia medievale zione compiuta dellopera di Franco Sacchetti, anche attraverso la messa a sistema degli sparsi rilievi recuperabili nella storia critica sullautore,21 cos da riuscire a raggruppare attorno a Nasi cornuti alcuni, seppur non moltissimi, episodi del suo sin troppo ampio Libro delle Rime. E qui apro una velocissima parentesi per esortare ad un rilancio degli studi su questo tutto sommato non cos frequentatissimo rimatore, per il quale abbiamo ottime analisi linguistiche e filologiche che sono per controbilanciate da una sostanziale povert sul versante interpretativo e dei rapporti intertestuali.22 Affermato dunque il ruolo di rilievo che va attribuito a Sacchetti e Niccol Povero (due esperienze poetiche, va aggiunto, fondamentalmente provinciali se non addirittura anguste, che ribadiscono una volta di pi come la preistoria di Burchiello sia, come peraltro la sua storia, in buona sostanza tutta fiorentina), bisogner precisare che lindividuazione di ulteriori tessere per il mosaico incontra, tra gli altri. anche un ostacolo quasi insormontabile in una peculiare condizione psicologica di noi moderni lettori ed esegeti di poesia medievale e che, molto semplicemente, ci rende difficile o addirittura impossibile ammettere che prima di Burchiello si potessero dare casi di nonsense volontario. Da qui ne consegue che le zone di oscurit pi o meno ampia presenti in determinati testi sarebbero da attribuire semmai a difficolt interpretative dovute al gap storico-culturale che ci separa dalla poesia dei primi secoli. La stessa ben nota e discussa operazione di Jean Toscan, per non dire di alcune applicazioni condotte a ritroso su testi due e trecenteschi (a cui neppure io mi sono sottratto, anche se spero in maniera sufficientemente cauta),23
21.Cfr. ivi, p. 165 n. 1. 22.Basti ricordare che la magistrale ed. cit. di Franca Ageno corredata da un commento inappuntabile, certo, ma tuttaltro che ampio e prevalentemente di carattere linguistico. 23.Il riferimento ovviamente a J. Toscan, Le carnaval du langage. Le lexique rotique des e e potes de lquivoque de Burchiello Marino (XV -XVII sicles), 4 voll, Lille, Presses Univ. de Lil le iii, 1981. Non rari gli esempi di applicazione del lessico di Toscan alla poesia duecentesca, soprattutto da parte di Mauro Cursietti: oltre che sulla tenzone Dante-Forese (da lui considerata una falso quattrocentesco, contro ogni evidenza paleografica: cfr. M. Cursietti, La falsa tenzone di Dante con Forese Donati, Anzio, De Rubeis, 1995), lo studioso ha sperimentato il medesimo metodo soprattutto su Cavalcanti, sempre deducendone con-

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marco berisso forse leggibile anche in questa chiave, come sintomo di un rigetto di fronte alla possibile assenza di un significato logicamente restituibile. Il terreno scivoloso e sicuramente non da attraversare in questa occasione. Va detto che ci sono buonissime e condivisibili ragioni culturali per sostenere che determinati temi di ordine sessuale, soprattutto quelli relativi a pratiche ritenute degne addirittura di condanna penale (come la sodomia, etero ed omosessuale), potessero essere espressi solo attraverso la creazione di una sorta di codice cifrato il quale, una volta organizzato in testo, finiva con loriginare evidentemente un nonsense apparente. Non sar un caso, a riprova di questo, che marcate allusioni alla sessualit siano rinvenibili in quasi tutti i testi che sino ad oggi sono stati ricondotti alla pratica del nonsense, dalle fatrasies, appunto, sino a Burchiello, ma anche alle per molti versi analoghe coplas de disparates iberiche. Detto questo, per, pretendere di fornire allanagrafe di questo codice linguistico il nome di un padre ed una precisa data di nascita (come pure si credu to possibile fare) o utilizzare tutto questo come improbabile passepartout per superare difficolt che forse sono insuperabili (perch il significato in quel testo o in quella zona di quel testo , molto semplicemente, sospeso) sono nel complesso operazioni che a mio avviso eccedono la verosimiglianza. In questa chiave possibile indicare almeno un caso notevole in cui lutilizzo dellequivoco linguistico ottiene esiti che ormeggiano molto da vicino il nonsense, ed quello di alcuni sonetti opera di quellenclave di poeti operanti nella Perugia di met Trecento dei quali mi sono occupato ormai parecchi anni fa.24 Da quel corpus, in realt tuttaltro che vasto rispetto allinsieme della silloge, mi limito a segnalarvi come esemplare
seguenze di ordine cronologico (cfr. in partic. Id., Una beffa parallela alla falsa Tenzone di Dante con Forese Donati: la berta di Cavalcanti cavalcato, in LAlighieri , xl 1999, pp. 91-110, e Id., I doppi sensi del sonetto Se non ti cagia la tua santalena, in La parola del testo , iii 1999, pp. 75-83). Una sistematica interpretazione basata sullequivoco linguistico a sfondo sessuale stata di recente avanzata da Silvia Buzzetti Gallarati in pi studi sul Rustico Filippi comico, culminati in una nuova edizione commentata (R. Filippi, Sonetti satirici e giocosi, a cura di S. Buzzatti Gallarati, Firenze, Carocci, 2005). Lautoallusione a M. Berisso, La raccolta dei poeti perugini del Vat. Barberiniano lat. 4036. Storia della tradizione e cultura poetica di una scuola trecentesca, Firenze, Olschki, 2000, in partic. pp. 257-322. 24.Appunto in Berisso, La raccolta dei poeti perugini, cit. Per i testi cfr. Poeti perugini del

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preistoria del nonsense nella poesia medievale il sonetto di Cecco Nuccoli, Andando per via nova e per via maggio. Che si tratti di un caso eccezionale pure per lepoca e per quel contesto letterario dove certo non mancavano eccessi stilistici segnalato dalla presenza, nel codice che solo lo riporta, il Barb. lat. 4036, di una manicula a margine, una delle due uniche che un lettore ancora trecentesco (forse lo stesso copista) vi ha apposto. Altrettanto indubbia la prossimit al nonsense del testo. In effetti, se anche le tecniche retorico-sintattiche utilizzate da Nuccoli non si avvicinano molto a quelle caratteristiche del sonetto burchiellesco, qualche punto di contatto mi pare degno di nota: penso qui soprattutto alluso degli antroponimi e pi ancora di una toponomatica irrazionale che accosta Etiopia e Parigi, Fiandra e Francia e Galizia.25 Ammessa per la superficie del testo para-burchiellesca, il sonetto Andando per via nova riceve comunque una luce forse non totale ma neppure episodica se lo si legge in chiave di racconto cifrato di una anche due avventure erotico-amorose, magari usufruendo alloccasione proprio del lavoro di Toscan.26 Procedure analoghe a quella da me operata sul sonetto di Nuccoli sono applicabili anche a qualche altro testo di appartenenti alla scuola, soprattutto quelli in tenzone (il che ci riporta a quanto detto in precedenza a proposito di Dante e Forese), spesso confermando intuizioni critiche gi presenti nella invero non ampia bibliografia su questi autori. Va per aggiunto che la superficie dei sonetti in questione non forma mai un intrico di sistematica insensatezza come Andando per via nova. Fa parziale eccezione il sonetto di Cione a Neri Moscoli Da po chio foi ne la cit del Tronto, con la risposta (ben pi lineare, al punto che a partire da essa che possibile decifrare almeno in parte il missivo) di Moscoli Ben ve mostra fornito, el vostro conto.27 Anche in que staltro caso la formulazione nonsensical del testo viene prevalentemente a coagularsi attorno ad una serie di elementi geografici, qui per regionalmente congruenti (Tronto, Pugnano, Offida), nonch al campo lessiTrecento (Codice Vaticano Barberiniano Latino 4036), a cura di F. Mancini, 2 voll, Perugia, Guerra, 1996-1997. 25.Al proposito cfr. ad es. Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 24-25. 26.Gli esiti dellesperimento si possono leggere in Berisso, La raccolta poeti perugini, cit., pp. 257-69. 27.Cfr. ivi, pp. 301-9.

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marco berisso cale della guerra, ben familiare tanto ai frequentatori delle fatrasies quanto a quelli del sonetto burchiellesco (ma nemmeno paragonabile per ol tranza duso, sia chiaro). Ancora una volta per il nonsense in realt solo apparente, il segnale codificato che lautore invia al lettore (che spesso un lettore ben determinato, vale a dire il destinatario del sonetto) per segnalargli lentrata nei territori del linguaggio erotico equivoco. Da tutto quanto detto sin qui, insomma, spero risulti ben evidente che il ricorso ad un lessico cifrato di matrice oscena in concomitanza con un primo livello testuale organizzato intorno al nonsense rinvenibile episodicamente anche ben prima del Quattrocento. Non meraviglieranno, al lora, le concordanze rinvenute da Crimi tra Burchiello e lautore che pi sistematicamente ha praticato lequivoco linguistico, Stefano Fininguerri, se le si interpreta come tracce di una relazione pi ampia e forse in parte ancora da indagare.28 Nello stesso tempo, per, non dobbiamo dimenticarci che nel caso dei poeti perugini ci troviamo di fronte ad un contesto socio-culturale molto particolare, ad un gruppo di poeti che condividono il medesimo milieu sociale e politico e che, per di pi, affiancano a complessivamente pochi sonetti di questo tipo altri sonetti comici in senso pi tradizionale (oltre, va aggiunto, ad una strabordante quantit di testi lirici). Insomma, sono appunto casi eccezionali. Altro conto sar dunque estendere la toscanizzazione (mi si permette il gioco di parole, che per non va lontano dal vero, per la magica virt che talvolta i giochi di parole hanno) a testi che non rispondono a queste caratteristiche socio-culturali o ad interi corpora testuali. Per tornare al punto lasciato in sospeso, la resistenza ad ammettere che anche prima del Burchiello vi sia la possibilit di organismi testuali allinsegna del nonsense, come dicevo, comunque fortissima. Vorrei fare un caso recentemente tornato in discussione, quello del Patafo, per il quale Federico Della Corte ha avanzato di recente la candidatura alla paternit di Franco Sacchetti, rovesciando (a mio avviso in modo con vincente) linterpretazione delle concordanze lessicali e stilistiche tra il poeta fiorentino e lautore del poemetto che la tradizione critica aveva gi indicato, salvo vedere nel secondo un imitatore/emulatore del pri28.Cfr. Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 261-316.

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preistoria del nonsense nella poesia medievale mo.29 Ma la novit pi consistente delloperazione editoriale di Della Corte sta nellaver creduto di potere individuare attraverso il dipanarsi dei dieci capitoli del Patafo una vera e propria trama, sviluppata nelle forme di unautentica pice teatrale con tanto di scambi di battute. E quando dico trama non eccedo quanto proposto dallo studioso ma ne cito esattamente i termini. Ecco infatti quanto dice Della Corte: Ma se il Patafo avesse invece una trama e un senso? discontinui e arruffatissimi quanto si vuole, ma li avesse? .30 Prima ancora,31 a rendere ancora pi perspicua lipotesi interpretativa di fondo, veniva fornito uno schematico ma ben conseguente plot ( di nuovo un termine usato da Della Corte) per la vicenda. Restituita coerenza alla macrostruttura, loltranza lessicale del poemetto finir per nascondere, secondo lo studioso (o travestir, magari, per sovrappi di carica ludico-grottesca), un triangolo erotico [] con la presenza del seduttore, della donna disponibile 32 che getta ponti altrimenti insospettabili verso il fabliaux e che per, per colmo di ironia, si dimostra anche e al tempo stesso un preciso camuffamento di vicende biografiche sacchettiane, che vedono coinvolti Franco, il fratello di lui Giannozzo (anchegli rimatore, come si sa)33 e la moglie
29.Cfr. F. Sacchetti, Il Patafo, a cura di F. Della Corte, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2005 (da integrare con il preparatorio F. Della Corte, Proposta di attribuzione del Patafo a Franco Sacchetti, in Filologia e critica , xxviii 2003, pp. 41-69). Sulledizione si vedano le recensioni di G. Marrani, in Medioevo romanzo , a. xxxi 2007, pp. 221-25, e di G. Crimi, in Bollettino di italianistica , n. s., v 2008, pp. 144-56. Va sottolineato che un netto avvicinamento tra Sacchetti e il poemetto era gi stato effettuato da Roberto Ballerini, prima per cenni nellarticolo R. Ballerini, Rebus di lingua nelle liriche del Sacchetti, in Studi e problemi di critica testuale , num. 21 1980, pp. 25-47, poi pi esplicitamente (anche se non proponendo la paternit del fiorentino ma dettagliando la rete delle coincidenze) in Id., Per la fortuna di Franco Sacchetti nel Quattrocento: il caso del Patafo, ivi, num. 25 1982, pp. 5-17. 30.Sacchetti, Il Patafo, cit., p. xxiv. 31.Ivi, pp. xvii-xviii. 32.Ivi, p. xxvii. 33.Come ricorda Crimi, rec. cit., p. 145, la candidatura di Giannozzo come autore del Patafo stata affacciata da D. Puccini, rec. a Della Corte, Proposta di attribuzione, cit., in Lingua nostra , lxvi 2005, pp. 127-28. Delle poesie di Giannozzo abbiamo una recente edizione critica, G. Sacchetti, Rime, a cura di T. Arvigo, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2005.

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marco berisso di costui Ghita, al punto da far supporre allo studioso che ci si trovi di fronte al volontario oscuramento del senso di un canovaccio biogra34 fico [] ingombrante e imbarazzante . Loperazione, sia chiaro, condotta da Della Corte con la debita prudenza, molto maggiore di quella che forse potrebbe apparire da questa mia sintesi. Ma resta il fatto che anche in questo caso linterprete moderno, posto di fronte ad un agglomerato testuale che appare rispondere solo alla logica del puro e semplice accumulo di riboboli linguistici senza preoccupazioni ulteriori, reagisce cercando una chiave, magari parziale ma che comunque cerchi di disserrare uno spiraglio di senso. Sin qui ho parlato di esperienze trecentesche, anzi, prevalentemente tardo-trecentesche: ci si chieder quindi come mai il Duecento sia rimasto fuori dal discorso. In realt per il XIII secolo il raccolto , se possibile, con ancor meno frutti. Andranno intanto escluse in primo luogo dal no stro orizzonte le prove di vera e propria enigmistica letteraria ad opera di Guittone e di alcuni altri autori a lui in varia misura riconducibili, perch appunto di enigmi che prevedono una soluzione si tratta.35 Non sembra richiamabile qui neppure il Rustico Filippi comico, che pure presenta zone non limpidissime e che ha perci suggerito di recente una lettura, al solito, in chiave equivoco-erotico che ha suscitato resistenze penso condivisibili nella sostanza.36 Allo stesso alveo, e con le stesse premesse e ricadute in ambito critico, andranno ricondotti pure altri, spo radici sonetti cavalcantiani di pi o meno controversa interpretazione,
34.Sacchetti, Il Patafo, cit., p. xvii. 35.Penso soprattutto ai due sonetti guittoniani Deporto - e gioia nel mio core pporta, edito e decifrato in Guittone dArezzo, Canzoniere. I sonetti damore del codice Laurenziano, a cura di L. Leonardi, Torino, Einaudi, 1994, pp. 230-32, e A far meo porto, c n te, parte cheo, su cui si veda, anche per ledizione, dA. S. Avalle, Un vanto di Guittone, in Id., La doppia verit. Fenomenologia ecdotica e lingua letteraria del Medioevo romanzo, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2002, pp. 197-204. Per altri casi mi permetto di rinviare al mio Crittograe predantesche, in Lenigma, cit. Aggiungo comunque che, almeno nel caso di Guittone, opzione enigmistica ed espressione della sessualit procedono ancora una volta affiancate. 36.Cfr. la gi cit. ed. a cura della Buzzetti Gallarati: la proposta ha avuto appunto riscontri contrastanti, dalla radicale opposizione manifestata da U. Carpi, Stupri lologici: il caso del Barbuto, in Allegoria , n.s., xviii 2006, pp. 196-201, alla convintissima adesione di S. Trousselard, in Italies , xi 2007, pp. 697-700.

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preistoria del nonsense nella poesia medievale nonch la gi citata tenzone tra Dante e Forese. Infine non mi pare che i non molti testi de oppositis della nostra tradizione, a partire da Umile sono ed orgoglioso di Ruggieri Apugliese, possano essere qui evocati. Il ricorso agli opposita certo una tecnica frequente nel devinalh, ma non esclusiva di esso, come ha mostrato qualche decennio fa Nicol Pasero, e dunque non basta al nostro caso.37 Rimarrebbe il Detto del gatto lupesco, sul quale Gianluca Lauta proporr dopo di me una specifica comunicazione, esimendomi perci da ulteriori approfondimenti. Se per posso avanza re una mia personale opinione, credo che tra i due poli del nonsense ed dellallegoria richiamati nel suo titolo da Lauta, sia di gran lunga il secondo a fornire la chiave ideale per accedere al testo, sia lallegoria da intendere in senso stretto, alla Guerrieri Crocetti, o (come mi pare pi verosimile) in chiave parodica, alla Jauss.38 Insomma, quella duecentesca sembra una strada chiusa: se preistoria del nonsense si d, e per quel che poco che di essa si d, si tratta comunque di preistoria molto recente. Concluder dunque queste veloci note col genere che forse pi ci si aspettava che io evocassi in questa occasione, vale a dire quello della frottola. infatti proprio a proposito della frottola che lapparentamento col nonsense stata tradizionalmente evocato in passato. Una tradizione critica che risale almeno a Francesco Flamini ha sempre visto in essa un genere caratterizzato dallunione di una struttura metrica arbitraria e di un procedimento discorsivo allinsegna dellincoerenza e dellaccumulo: viluppo di proverbi e di allusioni difficili a spiegare, con poche traccie di burlesco, ma con bizzarria di modi e punture di sarcasmo .39 Solo in tempi recenti questa ipotesi stata sottoposta ad una radicale revisione,
37.Su Ruggieri (e sulla sua fonte Raimbaut de Vaqueiras) cfr. Pasero, Devinalh, non senso e interiorizzazione testuale, cit., pp. 16-19 (altre considerazioni sul contesto italiano ivi, pp. 27-31). 38.Per unesposizione precisa delle varie interpretazioni succedutesi sul Detto del Gatto lupesco rinvio allIntroduzione a Il Gatto Lupesco e il Mare Amoroso, a cura di A. Carrega, Alessandria, Edizioni dellOrso, 2000, pp. 6-21. 39.Questa la nota diagnosi di F. Flamini, La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnico, rist. an. a cura di G. Gorni, Firenze, Le Lettere, 1977, p. 494. Naturalmente occorre ricordare che il suo giudizio va riferito, giusta la sede in cui espresso, alla frottola quattrocentesca, che dal punto di vista dellorganizzazione discorsiva cosa un po diversa da quella del XIV secolo.

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marco berisso con gli interventi, a voler citare i pi notevoli e in ordine di neutra successione cronologica, di Paolo Orvieto, Rinaldina Russell, Sabrine Ver hulst e Alessandro Pancheri.40 Direi, anzi, che il percorso di studi appena evocato ha operato per un progressivo spostamento dal nonsense al senso pi o meno compiuto. Se Orvieto infatti impostava il suo ragionamen to recuperando lopposizione zumthoriana (su cui torner tra poco) tra non-senso relativo e non-senso assoluto ed anzi lo applicava alla tradizione italiana opponendo la frottola al sonetto burchiellesco come gi Zumthor aveva fatto con resverie e fatrasie,41 la Russell riduceva ulteriormente lo spazio del non-senso ad una coerenza logica che sinterrompe a intermittenza 42 in alcuni (pochi) testi. Il non-senso relativo insomma riceveva unulteriore relativizzazione, tanto che la studiosa poteva affermare apertamente nel caso delle frottole gnomico-politiche che in tali casi lautore mira sempre al significato, anzi intende rafforzarlo e conferirgli autorit inoppugnabile , dal momento che la tiritera di motti, sentenze e proverbi ha la funzione di sottolineare i fatti e i concetti, le minacce e i moniti che si vogliono imprimere nella coscienza dellinterlocutore e del pubblico .43 Ipotesi verificabile puntualmente nella lettura della frottola di Fazio degli Uberti, la prima che ci nota, databile al 1336, O tu che leggi e persino nella risposta di Tommaso di Giunta Negli gnoranti seggi,44 una volta che venga districata con fatica (e spesso cronisti
40.Cfr. P. Orvieto, Sulle forme metriche della poesia del non-senso (relativo e assoluto), in Metrica , i 1978, pp. 203-18; R. Russell, Senso, nonsenso e controsenso nella frottola, in Ead., Generi poetici medievali. Modelli e funzioni letterarie, Napoli, Societ Editrice Napoletana, 1982, pp. 147-61; S. Verhulst, La frottola (XIV-XV sec.): aspetti della codicazione e proposte esegetiche, Gent, Rijksuniversiteit Gent, 1990 (preceduto da Ead., Note per una nuova impostazione delle ricerche sulla frottola, in Studi e problemi di critica testuale , num. 32 1988, pp. 117-35); A. Pancheri, Col suon chioccio . Per una frottola dispersa attribuibile a Francesco Petrarca, Padova, Antenore, 1993 (da leggere in parallelo alla recensione a S. Verhulst, La frottola, in Rivista di letteratura italiana , ix 1991, pp. 331-38). 41.Cfr. Zumthor, Fatrasie, fatrassiers, cit., pp. 111-12. 42.Russell, Senso, nonsenso e controsenso, cit., p. 161. 43.Ivi, p. 154. 44.Per i due testi cfr. Tommaso di Giunta, Il conciliato damore. Rime. Epistole, a cura di L. Pagnotta, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2001, risp. pp. 118-26 (che migliora in qualche punto ledizione da me procurata in Testo e contesto della frottola O tu che leggi di Fazio degli Uberti, in Studi di filologia italiana , li 1993, pp. 53-88) e 128-37.

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preistoria del nonsense nella poesia medievale coevi alla mano) la rettorica rete 45 dei riferimenti e delle allusioni a fatti storici. Quanto poi alle ricerche della Verhulst e di Pancheri, esse hanno deliberatamente ignorato laspetto contenutistico per puntare risolutamente sullindividuazione di una peculiare forma (e in Pancheri propriamente formula) metrica applicabile al genere. Resta il fatto che una riproposizione del nesso tra frottola e resverie, un nesso peraltro gi proposto, indipendentemente da Orvieto, anche da Giovanna Angeli,46 mi pare possa essere giudicato ancora praticabile, anche se andr applicato solo ad una parte del corpus frottolistico trecentesco. Indubbiamente vi sono frottole costruite tramite il ricorso ad un nonsense relativo, frottole cio che se caractrise surtout par une distorsion smantique concerte, qui se situe dans le passage dun nonc lautre, chaque nonc autonome (distique) tant smantiquement acceptable: en somme, une s quence alogique dassertions logiques ,47 dove per contro il nonsense as soluto (caratterizzante ad esempio le fatrasies), che per usare le parole di Zumthor introduce una contraddizione nellenunciato in quanto tale, di cui intende dissociare le unit componenti []: il non-senso penetra allinterno del sintagma stesso, fra gli elementi di cui taglia il flusso dei significati attesi ,48 sembra fondamentalmente estraneo al genere. Naturalmente tutto questo vale, ripeto, non tanto come tentativo di definizione della frottola (che era invece un po lobiettivo di Orvieto e della Angeli) ma in quanto permette di isolare allinterno di essa un filone pi o meno omogeneo. In questa chiave allora potremmo recuperare e segnalare almeno due delle tre frottole attribuite con varia fortuna al Petrarca, ovvero Di rider ho gran voglia e I ho tanto taciuto (ma anche se si vuo le Rerum Vulgarium Fragmenta, cv),49 e poi le adespote Sar che Dio vorr e
45.Che sintagma di Tommaso, del sonetto Termine corto et minacciar dallunga, 13, accluso in coda a Neglignoranti seggi e adibito a definire con felice eleganza il meccanismo di martellanti rime equivoche esibito da Fazio nella proposta. 46.Cfr. Angeli, Il mondo rovesciato, cit., pp. 47-63. 47.Bec, La lyrique franaise, cit., p. 163. 48.Zumthor, Fatrasie, fatrassiers, cit., p. 108. 49.Tutte e tre le frottole attribuite a Petrarca si leggono in A. Solerti, Rime disperse di Francesco Petrarca o a lui attribuite, rist. an. a cura di P. Vecchi Galli, Firenze, Le Lettere, 1997, pp. 261-80 (si vedano anche le schede di aggiornamento bibliografico posposte allanastatica dalla Vecchi Galli, pp. 403-5). Per la prima si pu vedere ledizione fornita-

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marco berisso Le sette son pur sette,50 probabilmente anche laltra adespota Molto al re par possente e la sacchettiana Chi drieto va.51 Non per (a sottolineare una volta di pi quanto il ricorso al nonsense sia eccezionale) le altre quattro di Sacchetti. Se La lingua nova 52 si presenta infatti come castigazione morale della degenerazione linguistica in direzione furbesca e rurale del fiorentino per finire per col trasformarsi, paradossalmente ma in modo esplicito, in repertorio di quello stesso gergo che si vuole additare al ludibrio 53 e dunque non a rigore collegabile col nonsense (e siamo tra laltro al caso assolutamente parallelo del gi citato Patafo), le altre tre frottole sono addirittura lamenti sulla decadenza morale del mondo (che genere particolarmente caro al Sacchetti soprattutto delle canzoni), evidenti ed espliciti come tali sin dalle didascalie dellautografo ashburnhamiano e dai rispettivi incipit: Frottola morale di Franco detto: Pelegrin sono che vegno da terra / e passo su per terra, / e vo a terra (che lAgeno collega rinvia allo scritturale Genesi, iii 19: donc revertaris in terram de qua sumptus es ), Frot tola di Franco sopra le nuove disposizioni del mondo mutate al male: O mondo / immondo / e di ben mondo e infine Frottola fatta per la mala disposizione del mondo: Ohi, ohi, omoi! / Che ha tu, cristian, che
ne da Pancheri cit., pp. 125-34 (segnalo che se ne ha anche unaltra parecchio diversa per opera di P. Trovato, Sullattribuzione di Di ridere gran voglia (Disperse ccxiii). Con una nuova edizione del testo, in Lectura Petrarce , xviii 1998, pp. 371-423); per la seconda (tenendo conto che in tempi pi recenti ne stata ritrovata una nuova testimonianza) cfr. P. Vecchi Galli, Una frottola attribuita al Petrarca, in Atti dellAccademia delle Scienze del lIstituto di Bologna. Classe di scienze morali. Rendiconti , lvi-lvii 1977-1978, pp. 259-73. 50.Entrambe edite in F. Trucchi, Poesie italiane inedite di dugento autori della lingua inno al secolo decimosettimo, 2 voll., Prato, Guasti, 1846-1847, vol. ii pp. 126 sgg. e 16 sgg. 51.La frottola Molto al re par possente, trdita dal codice C 152 della Biblioteca Marucelliana di Firenze, , a quanto ne so, ancora inedita. Per Sacchetti si veda led. cit. a cura dellAgeno, pp. 70-82. 52.Ed. cit., pp. 195-215. 53.Si veda in questo senso il congedo, vv. 375-84, con i rinvii alla pi consolidata tradizione lessicografica medievale con cui la ciancietta si mette in competizione: Ciancietta mia, che nuova ciancia cianci, / certi seran che ti terran ciarliera; / altri diran che dir pi si porria. / A primi d che chi va quanci o lanci, / mal non pu far dun ceston una paniera; / agli altri d chUguccione e Papa, / Grecismo e tutti, ancor non scrisson tutto, / di che si fa costrutto, / Ma prima chi ci dice, il detto chiosi, / poscia componga quel chio non composi .

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preistoria del nonsense nella poesia medievale s ti duoi? .54 Insomma, la distribuzione del nonsense nellambito delle frottole sacchettiane segue una proporzione di quattro testi in cui esso assente contro uno, e ci conferma cos, ancora una volta e infine, la marginalit del registro anche l dove pi ci si aspetterebbe di vederne un seppur modesto successo. Il Libro delle Rime relato autografo dallAshburnham 574, secondo le ipotesi pi accreditate, sarebbe stato compilato da Sacchetti in una successione grosso modo cronologica, cos che la frottola cccviii verrebbe a risultare il penultimo tra i testi scritti dal fiorentino, o perlomeno ad essere trascritto sul codice.55 Secondo lipotesi di datazione dellAgeno, infatti, Ohi, ohi, omoi! risalirebbe al 1399, giusto un anno prima della morte di Franco nel 1400. Per chiudere questa nostra preistoria mancata, insomma, non si potrebbe dare confine pi simbolicamente netto a cui convenga, come sto per fare, arrestarsi.

54.Cfr. risp. ed. cit., pp. 244-51, 389-400 e 495-503. 55.Segue solo la canzone La prima legge, che dal ciel divino, che Sacchetti data all anno MCCCC (Sacchetti, Patafo, cit., pp. 503-6). Sulla stratificazione dellautografo sacchettiano cfr. L. Battaglia Ricci, Tempi e modi di composizione del Libro delle rime di Franco Sacchetti, in La critica del testo. Problemi di metodo ed esperienze di lavoro. Atti del Convegno di Lecce, 22-26 ottobre 1984, Roma, Salerno Editrice, 1985, pp. 425-50, e Ead., Comporre il libro, comporre il testo. Nota sullautografo di Franco Sacchetti, in Italianistica , xxi 1992 [= Studi in memoria di Giorgio Varanini, i. Dal Duecento al Quattrocento], pp. 598-614.

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Michelangelo Zaccarello UNa FOrma isTiTuZ iONaLe DeLLa p Oesia BurC H ieLLesCa: La riC eTTa meDiCa, COsmeTiCa, C uLi Naria Tra parODia e NON S E N S E

1. La ricetta come forma istituzionale della rimeria alla burchia Il sonetto costruito secondo uno schema farmacopeico rappresenta una delle forme pi caratterizzanti della rimeria di stile burchiellesco: la presenza di sintagmi formulari, una sintassi ripetitiva con larga prevalenza della paratassi, lampia libert di utilizzo dei materiali lessicali pi disparati e delle pi bizzarre iuncturae sono elementi distintivi della tecnica alla burchia che trovano nella struttura della ricetta una sede ideale, in forza dellampio orizzonte tematico disponibile. Per la rimeria giocosa, la ricetta costituiva anche un potente veicolo di diffusione, data la familiarit di cui godevano tali forme scritte presso tutte le fasce della societ medievale. Nei vari testi che prenderemo in esame, infatti, un medesimo schema strutturale opera
per la ricetta culinaria, che nei suoi adattamenti letterari ammicca allossessione per il cibo ed alle immagini dabbondanza tipiche del filone carnevalesco;1 per quella medica, dove confluiscono le ricche tradizioni, tra loro collegate, della satira del ciarlatano e dallampia tematica dellinvectiva contra me di cum;2
1.In tal senso, non pu stupire che le pi tarde visioni del Paese di Cuccagna attingano a piene mani dai ricettari coevi, come accertato da Piero Camporesi per il Prologo alla Contralesina. Overo ragionamenti e lodi della splendidezza, del Pastor Monopolitano, Venezia, G.B. Ciotti, 1604, nei confronti della Singolare dottrina del celebre cuoco Domenico Romoli detto Panunto, la cui prima edizione fu pubblicata nel 1560 (P. Camporesi, Il paese della fame, Bologna, Il Mulino, 1978, poi Milano, Garzanti, 2000, da cui si cita: pp. 88-89). 2.Per il primo termine, sia consentito il rinvio al mio Indovinelli, paradossi e satira del saccente: naturale e accidentale nei Sonetti del Burchiello, in Rassegna europea di letteratura italiana , xv 2000, pp. 111-27, con la bibliografia ivi citata; il secondo naturalmente dominato dallarchetipo petrarchesco delle Invective contra medicum che, pur rivolte a un

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michelangelo zaccarello
per quella meno nota, ma assai diffusa nel primo Rinascimento, della ricetta cosmetica (dove si pu pure intravedere un rapporto vitale, anche se meno diretto, con la polemica sulle mode femminili, che attraversa molti generi coevi in verso e prosa).

Com noto, il compiacimento per lelencazione delle vivande possiede radici molto antiche che uniscono la rimeria toscana al plazer transalpino. Difficile stabilire storicamente i canali di diffusione di tematiche tanto diffuse e soggette a performance orale, ma probabile che unimportante ruolo di mediazione sia stato svolto del giullare Niccol Povero. Le sue paneruzzole o mattane si distinguono per il tono burchiellesco prodotto dal vertiginoso accumulo di voci e sintagmi disparatissimi, ove tuttavia prevale il referente gastronomico e non manca un accenno di ricetta, condotta nel consueto tono paradossale:
Piovon frittelle e iscodelle di lente e macheron che son ben incaciati e molte quaglie ci son di presente [] e se ti vuoi guarir del mal del fianco mangia otto some e pi di matton rotti. Se riposar ti vuoi quando se stanco, porta un gran peso e va sempre correndo e di cattivit non sarai manco.3

Con intento pi o meno serio, sono molti i menu messi in rima, per mezzo di testi che si riducono a sfrenata esibizione di prelibatezze, spesso sciorinate con una sintassi di grado zero, mera giustapposizione di sintagmi nominali. Cos gi in Simone de Prodenzani, che descrive una grande abbuffata con un trittico di sonetti (li-liii), in cui sensibile la parodia dei generi seri, a partire dalla invocazione di una specialissima
bersaglio specifico (larrogante e importuno medico di papa Clemente VI), hanno ispirato innumerevoli variazioni sul tema fra XIV e XV secolo: il pi recente editore del libello petrarchesco, Francesco Bausi, ne segnala ben undici esempi (F. Petrarca, Invective contra medicum. Invectiva contra quendam magni status hominem sed nullius scientie aut virtutis, a cura di F. Bausi, Firenze, Le Lettere, 2005, p. 22 e n. 47). 3.Sono i vv. 163-65 e 173-77 della prima paneruzzola, riportata da G. Crimi, Loscura lingua e il parlar sottile. Tradizione e fortuna del Burchiello, Manziana, Vecchiarelli, 2005, p.133.

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una forma istituzionale della poesia burchiellesca triade di santi protettori, quali il pasticciere Macario, Tomaciello e Gaudeno, ricondotti ovviamente a macaroni, tomacelli (ovvero polpette) e godere rispettivamente.4 La consonanza con i testi burchielleschi evidente nel son. lii, dove lapparato sintattico ridotto allosso (vengono impiegati solo tre verbi, evidenziati in corsivo):
Tortelli in scudella e bramangieri, suppa franciesca, lasagnia e ntermesso, raviuoli prima e poi ci venne el lesso: polli sommate, cinghiale e pevieri, poi caprioli e lepori in civieri, tordi, piccioni, starne arrosto apresso, con vin vermegli et aranci con esso, poi parmigiane, tartare e pastieri. Bianchi savori, verdi e camellini, composta, ulive concie qui si pone, per far nostri apititi agui e fini; pere cotte e treggiea quivi sone, uva passarmelle appie e nociellini, poi anasi confetti e l ciantellone.5

La rassegna di pietanze sopraffini solo uno dei modi in cui si concretizza la visione del regno di Cuccagna, motivo letterario dallampio spettro sociologico dove la parata dellabbondanza e della ghiottoneria destinata a strabiliare il pubblico ma soprattutto ad esorcizzare la fame e la carestia, come splendidamente ha illustrato Piero Camporesi nel cit. saggio Il paese della fame. Del resto, il sonetto burchiellesco come qualunque altro testo che prenda ad oggetto il cibo non pu sottrarsi a una delle pi universali chiavi dinterpretazione della letteratura del Rinascimento, la dialettica tra Carnevale e Quaresima, due polarit che il testo comico sviluppa in termini ugualmente iperbolici e paradossali. Nei Sonetti del Burchiello tro4.Simone de Prodenzani, Rime, ed. critica a cura di F. Carboni, Manziana, Vecchiarelli, 2003: si tratta del son. li (i nomi parlanti si trovano ai vv. 1, 5 e 9). San Godenzo che anche un toponimo dellappennino tosco-emiliano appare due volte anche nei Sonetti del Burchiello, xcix 7 e cviii 9. 5.Simone de Prodenzani, Rime, cit., lii, p. 302.

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michelangelo zaccarello viamo infatti uno che f il Burchiello per la quaresima (xc: Apro la bocca secondo i bocconi ; la rubrica del Trivulziano 976, ma condivisa da altri due codici), ove invece di inebrianti visioni dabbondanza troviamo una rassegna di cibi penitenziali, quali pesce minuto e di qualit scadente, legumi vari indicati con voci di sapore gergale: [mangio] talor quel dipintor co suo prigioni / che niun per povert fu mai riscosso / quando quel calzaiuolo (xc 5-7); grazie al soccorso di glosse marginali di alcuni copisti sappiamo che si tratta, rispettivamente, del pisello e del fagiolo.6 Per converso, il sonetto clxxxi, Da buon d, gelatina mie sudata imperniato su ununica vivanda, la gelatina di carne appunto, di cui si tesse un appassionato elogio passandone in rassegna i vari ingredienti; la designazione di questi non tuttavia diretta, ma lambiccatamente perifrastica, al limite dellindovinello o del gergo (vv. 9-14):
Quel tra Lerice e l porto dellAmore o ne primi cuiussi del poeta,7 non ti manc n pesto il venditore, n la dolceza che s gli orsi allieta e quando atrista il suo agricultore, vin, sal, gruogo, acqua, aceto a man discreta.

Anche a fronte della notevole libert concessa dal codice burchiellesco, si tratta di un gioco linguistico decisamente anomalo per un testo farmacopeico, e invano si cercherebbero in questo sonetto le cifre formulari e stilistiche che caratterizzano questo sottogenere e che verranno esaminate in questo contributo. Occorre dunque definire (a) quali siano i connotati formali distinitivi del sonetto farmacopeico allinterno di corpora poetici ispirati allo stile burchiellesco; (b) sia pure in via di approssi6.Si tratta di glosse marginali del Vat. Rossiano 985, c. 105v, ma nel Panciatichiano 25 della Nazionale di Firenze tali glosse appaiono subentrate al testo e creano versi grossolanamente ipermetri: talor quel dipintor pisello co suoi prigioni [] quando quel chal za[i]uolo fag[i]uolo (c. 78r: cfr. il mio Morfologia e patologia della trasmissione nei Sonetti di Burchiello, in Studi di filologia italiana , lvii 1999, pp. 257-76, a p. 266). 7.Lallusione forse al dum conderet urbem, nei primissimi versi dellEneide di Virgilio, il poeta per antonomasia: cfr. P. Vergilius Maro, Aeneidos liber primus, edited with introduction, notes and vocabulary by H.E. Gould & J.L. Whiteley, Bristol, Bristol Classical Press, 1990, i 5, a p. 1.

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una forma istituzionale della poesia burchiellesca mazione, lincidenza quantitativa di questa tipologia testuale nei Sonetti del Burchiello ed in altri corpora poetici che per ampiezza e variet possono fornire indicazioni soddisfacenti. 2. Incidenza quantitativa nel corpus burchiellesco Allinterno dei Sonetti del Burchiello, lincidenza di testi propriamente svolti secondo uno schema farmacopeico significativa ma non amplissima. A prescindere dagli accenni puntuali a questa tipologia testuale, disseminati in moltissimi testi alla burchia, si hanno infatti solo sette testi (su 223) interamente sviluppati sullo schema della ricetta, sebbene con modalit via via divergenti (i testi sono citati da Sonetti del Burchiello 2004):
Se vuoi far larte dellindovinare (iii, p. 5) Se tu volessi fare un buon minuto (xxxi, p. 43) Signor mio caro, se tu hai la scesa (lxxxvii, p. 124) Chi guarir presto delle gotte vuole (ciii, p. 146) Qualunque al bagno vuol mandar la moglie (cxxvii, p. 178) Son medico in volgar, non in grammatica (cxxxi, p. 184) Se vuoi guarir del mal dello nfreddato (clxiii, p. 228)

Solo in tali testi operano tutti i fattori caratteristici di questo particolare filone, e in particolare quel tasso di formularit che rinvia esplicitamente alle compilazioni mediche e culinarie dellepoca:
lincipit ipotetico Se vuoi / Se tu volessi, seguito dalle finalit di applicazione della ricetta medica o dal piatto desiderato, come nei ricettari coevi, dove viene anche usato a mo di rubrica per lintera ricetta: cfr. il tipo Se vuoi buon vermicelli per xij persone, che ricorre nella raccolta dei xii ghiotti;8 il verbo formulare, alla seconda persona, che introduce la lista di ingredienti tipicamente To / Togli: per citare solo passi che presentano affinit contenutistiche con i nostri testi, si confronti questa ricetta dellAshburnham 349, c.
8.Il testo non edito modernamente, ma se ne pu avere una campionatura nel bel saggio di L. Bertolini, Problemi testuali dei libri di cucina: lorganizzazione del testo nella tradizione dei XII ghiotti, Bullettino senese di storia patria , a. c 1993, pp. 47-81.

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11r : Se alcuno fosse refreddato ch(e) non potesse parlare togli orpim(en)to e peve e tritale b(e)n , che si pu confrontare con Sonetti, clxiii, Se vuoi guarir del mal dello nfreddato; nello stesso codice, c. 16v: Se uno avesse cattiva memoria togli unerba ch(e) nome gallitrico e ma(n)za lerba [] , da confrontare con i vari riferimenti alla mnemotecnica presenti nel corpus burchiellesco (specie iii 9 et pparare a mente la memoria).

Togli era il pi diffuso equivalente del latino Recipe, normalmente reso in forma abbreviata, e spesso conservato anche in contesto volgare: di uso diffuso gi nel sec. XIII (Zucchero Bencivenni, GDLI ), passa alluso sostantivato per ricetta solo nel sec. XVI, sulla scorta del francese (DEI).9 A noi interessa solo luso formulare, che introduce lelenco degli ingredienti: Unguento da ochij perfectissimo. R(ecipe) onto sotille onci .j. e lavalo tre over quatro volti cu(m) aqua roxa [] (nel quattrocentesco ms. Laur. Ashburnham 348, c. 95r) o in contesto poetico Recipe a liberar dal mal del morbo , incipit di un so netto trdito dalledizione pseudo-londinese dei Sonetti del Burchiello.10 A questa struttura si conformano non solo i testi di carattere pratico e applicato, ma gran parte delle pi nobili compilazioni in materia. Sebbene il mondo dei ricettari tre-quattrocenteschi sia un mare magnum ancora solo in minima parte esplorato, possono bastare gli esempi pi noti (e diffusi in testimonianze depoca) ad esemplificare il nostro discorso: lano nimo Liber de coquina o de arte coquinaria, lAntidotarium magistri Nicolai, mae stro Martino de Rossi, Bartolomeo Platina, lo pseudo-Michele Savonarola, i citati xii ghiotti. Dal Liber de arte coquinaria, nella versione toscana pubblicata da Francesco Zambrini, possiamo citare uno stralcio casuale:
9.Il riferimento, da intendere s.v., naturalmente risp. a S. Battaglia-G. Brberi Squarotti, Grande Dizionario della Lingua italiana, Torino, Utet, 1961-2002 (21 voll. con un Supplemento 2004), e a C. Battisti-G. Alessio, Dizionario etimologico italiano, 5 voll., Firenze, Barbra, 1950-1957. 10.Si tratta del n. 233 dei Sonetti del Burchiello, del Bellincioni e daltri poeti orentini alla burchiellesca, Londra [ma Lucca-Pisa-Livorno] 1757 (p. 153): esso compare allinizio della parte dedicata ai sonetti trovati in altri Testi sotto suo nome, imper ci parso bene mettergli separati dagli altri (pp. 145-234). Ledizione fu pubblicata con ogni probabilit per iniziativa e cura di Anton Maria Biscioni (1674-1745), il noto bibliotecario della Laurenziana e cultore di testi volgari.

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Togli capponi arrostiti, e i fegati loro con le spezie, e pane abbrusticato, trita nel mortaio; e distempera nel mortaio buono vino bianco et succhi agri, e poi smembra i detti capponi.11

Sullampio spettro di utilizzo di tali ricettari si dir pi avanti, bastino per adesso alcuni esempi che di tale rigido impianto formulare offre il Ricettario medico-cosmetico attribuito a Michele Savonarola (Ferrara, Bi blioteca Ariostea, Cl. II 147), che illustra tra laltro il modo di realizzare oro liquido e colori per la miniatura:
Recipe lo marmore bianco et mettilo ne lo letame fino che se comincia a regolare, te habbi del fiore di guado, cio de la schiuma, cio quando li tintori tinzeno, sia ben seco et mettilo a tridare suso la pietra et quanto pi ne metti tanto pi viene aperto.12

Da questo passo emerge luso di un altro verbo formulare, (h)abbi, usa to per indicare la disponibilit di un ingrediente o per semplice variatio rispetto a togli e recipe. Anche questa voce prontamente recepita nella parodia burchiellesca (iii 5-8):
poi fa Volterra in tutto dimagrare et habbi del bitur dun anitrocco e di compieta il primo e sezzo tocco e questo l modo se tu vuo volare [].

Tra i verbi caratteristici della preparazione farmacologica, i pi frequenti sono stillare o distillare, che indica lestrazione o purificazione del principio per bollitura dei solidi o per condensa dei liquidi, come nel Ricettario Bardi:
11.Libro della cucina del sec. XIV, testo di lingua non mai n qui stampato, a cura di F. Zambrini, Bologna, Romagnoli, 1863, rist. an., Bologna, Forni, 1968, p. 23. Di tali fonti esistono spesso edizioni parziali e/o sintesi moderne, finalizzate ad estrarne le ricette ad uso di cuochi e curiosi: su questa linea divulgativa, ma di ottimo livello scientifico, O. Redon F. Sabban-S. Serventi, A tavola nel Medioevo, con 150 ricette dalla Francia e dallItalia, pref. di G. Duby, Roma-Bari, Laterza, 2004. 12.Pseudo-Savonarola, A far littere de oro. Alchimia e tecnica della miniatura in un ricettario rinascimentale, a cura di A. P. Torresi, pref. di M.G. Ciardi Dupr Dal Poggetto, Ferrara, Liberty House, 1992, p. 104.

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Recipe il mese di marzo ne fiumi, dove fanno le rane una certa schiuma, che drento vi stanno tre o quattro rane, e radunala, e poi la metterai a stillare a bagno, quando ne avrai ragunata quanta vorrai, e questa si domanda sperma di rane stillata [] ottima per linfiammazione della faccia, di occhi e di tutto il corpo.13

Puntualmente, il verbo compare in vari luoghi dei Sonetti del Burchiello, applicato ai pi disparati ingredienti:
Se vuoi far larte dello ndovinare tgli un sanese pazzo et uno sciocco, un aretin bizzarro et un balocco e fagli insieme poi tutti stillare. (iii 1-4) Stilla tre pipistregli e begli quando il giudice va a banco: questa ricetta buona al mal del fianco. (clxiii 15-17) Scontr messer Mariano che distillava barbe di tartufi per guarir del veder civette e gufi. (clxxii 15-17)

Altrettanto caratteristico, e dunque passibile di impiego allusivo pestare o battere, che indica la frantumazione degli ingredienti nel mortaio dello speziale, come nella ricetta per la tintura azzurra nel Cl. II 147 dellAriostea di Ferrara:
A fare azuro Recipe lapis lazuli et pistalo bene sutilmente, te fa uno pastello di trementina e di sapone, et di rasa di pino, et quando haverai fatto lo pistello lascialo stare per 4 d, te poi fa una liscia dolce che sia bene chiara e bella []14

Al pari di ungere, il verbo si presta a un impiego di forte allusivit erotica, come del resto la metafora del mortaio, vulgatissima a partire dal Decameron;15 nei Sonetti, esso designa la particolare terapia destinata a ri13.Il ricettario Bardi. Cosmesi e tecnica artistica nella Firenze medicea, a cura di A.P. Torresi, Ferrara, Liberty House, 1994, p. 130. 14.Pseudo-Savonarola, A far littere de oro, cit., p. 104. 15.Si tratta delle parole con cui monna Belcolore restituisce il tabarro del prete da Var lungo (si cita da G. Boccaccio, Decameron, a cura di V. Branca, Torino, Einaudi, 1980):

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una forma istituzionale della poesia burchiellesca pristinare la fertilit di una moglie mediante il bagno termale: Credi a me che son medico cerugo: / fa che ogni sera pesti un petronciano / e priemil con duo man e beti il sugo (cxxvii 9-11). Altrettanto si pu dire dellequivalente battere, che pu tuttavia indicare anche latto di sminuzzare finemente gli ingredienti. Lesempio seguente ha un incipit che ricorda da vicino quello di uno dei nostri sonetti, il iii Se tu volessi fare un buon minuto:
Se vuoli fare minuto nella migliore maniera che fare si puote, togli due libre di mandorle et una buona anguilla frescha, e togli buone erbe oglenti bene monde e bene lavate, e mettele a lessare e battile bene.16

Gran parte dei rimedi illustrati nei ricettari del secolo XV sono concepiti per lapplicazione esterna, localizzata nellarea sofferente: impiastri, pittime (cio impacchi, come negli stessi Sonetti, lxxxvii 9), lattovari, ma soprattutto unguenti. La famiglia ungere/unzione/unguento la pi ampiamente rappresentata nel linguaggio farmacopeico, come dimostra questo esempio tratto, ancora dal Ricettario Bardi, che propone un equivalente quattrocentesco dellodierna pillola blu:
Oleum ad erectionem Priapi Recipe olio di pistacchi, olio di seme di senapa ana oncia meza; belgivi dramma una; fa linimento et unta le parti genitali.17

3. Lapporto della tradizione mediolatina e dellInvectiva contra medicum Il sonetto imperniato sulla ricetta medica intrattiene un rapporto di analoga complessit con la tradizione precedente, cui contribuiscono in pari misura da un lato generi seri, quali linvectiva contra medicum (lesem Dirai cos al sere da mia parte: La Belcolore dice che fa prego a Dio che voi non pesterete mai pi salsa in suo mortaio, non lavete voi s bello onor fatto di questa. Il cherico se nand col tabarro e fece lambasciata al sere, a cui il prete ridendo disse: Dirale, quando tu la vedrai, che sella non ci prester il mortaio, io non presterr a lei il pestello (viii 2 44, p. 904). 16.lvii ricette dun libro di cucina [= Ricc. 1071] del buon secolo della lingua, [a cura di S. Morpurgo,] Bologna, Zanichelli, 1890, p. 21. 17.Il ricettario Bardi. Cosmesi e tecnica artistica, cit., p. 130.

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michelangelo zaccarello pio pi cospicuo il Petrarca di Familiares, v 19, e delle Invectivae appunto), dallaltro varie forme di parodia o satira del medico imbroglione o ciarlatano, attestate tanto in prosa quanto in versi. Si pensi a Mariano da Pisa, il messer Mariano citato sopra, che viene satireggiato tanto nei Motti e facezie del Piovano Arlotto quanto nei Sonetti del Burchiello attraverso la ricetta della sua specialit segreta, la famigerata utriaca che gli impostori smerciavano nelle piazze per curare ogni genere dinfermit; quella di Mariano non potrebbe essere pi inconsistente (lx 1-4):
Limatura di corna di lumaca, vento di fabbro, dorgano e di rosta perch mosca giamai non vi saccosta mette mastro Marian nellutraca [].

Il sonetto abbandona poi lo schema della ricetta per dare libero sfogo alla variet tipica dei testi alla burchia, ma Mariano ricompare in un altro sonetto del corpus, il ccxvi, attribuibile ad Andrea de Medici e interamente dedicato a mettere in berlina un impostore anche peggiore del proverbiale imbroglione pisano, il sarto castellan fatto sensale, che vanta anchegli studi nella prestigiosa facolt pisana di medicina (ccxvi 5-14):
Mandagli il segno tuo nellorinale e sollazando fa che fugga lozio, che, non che tu, ma se fusse uno Scozio ti chiarer come fratel carnale. Chicchi bichiacchi dice il tuo sanguigno, intendi me che gi studiai a Pisa et ogni mal conosco senza signo . Mariano chode scoppia delle risa, ondegli stringe i denti e l viso arcigno, bestemmia ogni potenza alla ricisa.

In mancanza di adeguate conoscenze anatomiche, losservazione del campione dellurina era la principale pratica diagnostica insieme a varie forme di palpamento del corpo.18 Chi pretende di conoscere una malat18. Come stabilire una diagnosi, per esempio? Attraverso la vista e il tastamento, il medico riconosce senza sbagliarsi i disturbi la cui manifestazione esterna [] numero-

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una forma istituzionale della poesia burchiellesca tia senza signo (un vero controsenso per un medico serio, specie se laureato a Pisa) non pu che affidarsi a un confuso sproloquio, finalizzato a gettare fumo negli occhi del paziente; la locuzione impiegata denota unignoranza ciarliera e petulante, ed cos spiegata nellHercolano di Be nedetto Varchi:
Dun ceriuolo o chiappolino il quale non sappia quello che si peschi n quante dita sabbia nelle mani e vuol pure dimenarsi anchegli per parer vivo o guizzare per non rimanere in secco, andando a favellare hora a questo letterato o mercante e quando a quellaltro, si dice: egli un chicchi bichicchi e non sa quanti piedi sentrano in uno stivale.19

In epoca antecedente al Burchiello, si trova un impiego diverso della ricetta allinterno di testi dal pi spiccato carattere drammatico o narrativo; nella commedia mediolatina, ad esempio, spesso la preparazione di medicine o unguenti miracolosi a risolvere situazioni complicate. In alcuni casi, gli autori indulgevano ad elencare gli ingredienti del composto, perlopi improntati allossimoro o alladynaton. Da ultimo, questo ti po di ricette impiegate in contesto letterario stato studiato da Armando Bisanti, che si sofferma su un espediente attestato tanto nella commedia latina medievale quanto nella novellistica volgare (con esempi nel Baucis et Traso e nel Novelliere di Giovanni Sercambi), ovvero la ricetta destinata a restituire la malconcia verginit a una futura sposa in vista del suo ma trimonio;20 il pedigree letterario di questo motivo non deve per fare dimenticare che tale prassi ben attestata nei serissimi ricettari delle poca:
Ad restringendam vulvam Recipe grani di sommaco, di mirto, di coriandoli, lente, cappelli di ghiande ana drame dua, palle di cipresso, di quercia preforata ana once quattro, allume di
si trattati laiutano a stabilire la diagnosi fondandosi su due segni principali: il ritmo del polso e il colore o la consistenza delle urine (D. Jacquart, La medicina medievale alla prova, in Per una storia delle malattie, a cura di J. Le Goff e J.-C. Sournia, Bari, Dedalo, 1986 [ed. or. Les maladies ont une histoire, Paris, Seuil, 1985], pp. 71-76, a p. 71). 19.B. Varchi, LHercolano, ed. critica a cura di A. Sorella, pres. di P. Trovato, 2 voll., Pescara, Libreria dellUniversit, 1995, Intr. 704, pp. 620-21. 20.A. Bisanti, Enea Silvio Piccolomini e le ricette impossibili, in Schede umanistiche , n.s., 2 2001, pp. 25-34.

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rocca oncia meza, cime di squinanti mezo manipolo. Farai polvere dogni cosa, e farai bollire in acqua serrata libbre otto, alla consumatione del terzo, poi cola e sprem, e spesso con una spugna in loco vi bagnate, e poi fatto questo userai questaltro: scorze di pino oncia una, allume di rocca oncia meza, cipperi drame dua. Farai polvere dogni cosa e farai e farai bollire nella detta decotione, e poi bagnerete pezete di lino e le metterete spesso nel luoco dentro per otto giorni, che restringer come se fosse fanciulla.21

Ma il saggio di Bisanti sottolinea anche il riutilizzo della ricetta in mbito umanistico, dove la rassegna degli ingredienti stravaganti e paradossali offre il destro per esibire un raffinato repertorio mitologico; lo studioso cita un passo dei Carmina di Enea Silvio Piccolomini:
Tolle sonum ciceris, sicca dum veste tenetur, cum galli cantu decoque utrunque simul; Arpalices, quantum cursus capit, accipe dextra deque domo sumas tres Aquilonis apes; Tres Niobe lachrimas, duo tantum basia Prognes, illud, quod rapuit, det tibi litus, Hylam; Herculee libram dumtaxat sumito clave et pullum, feta est quem tua mula tibi; intuitum post hec captato libistidis urse et quicquid veri Lesbia dicit habe.22

Nelle sue fini annotatiunculae ai carmi del Piccolomini, Mario Martelli rileva il tono burchiellesco di questi adynata, e lo mette in relazione a un testo che si trova giustapposto ai Sonetti in alcune testimonianze quattrocentesche.23 Si tratta di un capitolo ternario indicato dalle rubriche come Medicine; esso narra una visione in cui appare un medico da strapazzo che espone le sue improbabili ricette e le propriet di una moltitudine di
21.Il Ricettario Bardi. Cosmesi e tecnica artistica, cit., p. 56. 22.Aeneas Silvius Piccolomini, Carmina, a cura di A. Van Heck, Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1994, epigr. xli. Il passo in questione citato da Bisanti, Enea Silvio Piccolomini e le ricette impossibili, cit., pp. 26-27. 23.M. Martelli, In Aeneae Silvii Carmina Annotatiunculae, in Interpres , xvi 1997, pp. 245-73; lo studioso cita in proposito due degli esempi farmacopeici offerti dai Sonetti del Burchiello (ciii e clxiii).

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una forma istituzionale della poesia burchiellesca strampalati ingredienti. Ne cito alcuni stralci dal ms. Vat. Barb. lat. 3936, c. 34r-v e 35r :
In prima dicie: A crescier i capelli, togli un quaderno de cichale lesse e grilli bianchi, e mescola co(n) elli; e poi le palme tongirai co(n) esse di piei: e statte al suol tridici nocte sena dormire e faraile spesse. [] A chi avesse i denti troppo secchi dagli a mangiar nove mactine a veglia una carrata di rose e di stecchi [] E si di porri vorrai guarir tosto torrai tre salta di lumacha e fagli bollire al vento e non dir: I mi scosto, et leghategli a piey con tre sonagli e uno archo di ponte e al sereno te sta tre d, e fa che no(n) abagli .

E cos via, per un totale di 209 versi nella redazione del Barberiniano (216 nella versione che Martelli cita dalledizione pseudo-londinese):24 nel Quattrocento era dunque possibile organizzare un intero, lungo testo interamente sullo schema delle ricette bizzarre o paradossali, in modo che sui motivi tradizionali della satira del ciarlatano prevalesse largamente il gusto per il virtuosismo linguistico e retorico, la ricerca ossessiva di adynata e di iuncturae ossimoriche. Nel saggio di Martelli non se ne azzarda lattribuzione; tuttavia, sebbene adespoto (e inserito dalledizione pseudo-londinese nella terza parte, quella delle rime dubbie), il testo da identificarsi con la seconda mattana del giullare Niccol Povero, gi autorevolmente indicato come uno tra i principali precursori dello stile burchiellesco.25 La scelta dei copisti che abbinano questo strano ca24.Sonetti del Burchiello, del Bellincioni e daltri poeti orentini alla burchiellesca, cit., pp. 178-79. 25.Questo rimatore, studiato ai primi del Novecento da Ezio Levi, stato da tempo indicato come uno dei pi significativi precursori dello stile burchiellesco: cfr. principalmente Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 128-29 e n. 6, che riassume la bibliografia pregressa. Delle mattane o paneruzzole del giullare manca unedizione moderna che sostituisca quella offerta da Levi. La prima paneruzzola, riproposta di recente da Tito Saffioti (I giullari

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michelangelo zaccarello pitolo ai Sonetti dunque ben motivata, e non a caso ripresa dai compilatori della citata edizione pseudo-londinese: nonostante la vistosa infrazione dellomogeneit metrica della raccolta (un criterio che porta molti scribi a omettere ad esempio, la canzone Voi che sentite gli amorosi vampi, certamente del Burchiello), il testo condivide con i sonetti alla burchia il gusto per il gioco di parole, linfrazione di varie forme di concatenazione logica, la sbrigliata inventiva lessicale. E come nel sonetto alla burchia, tale caleidoscopica variet convive con una sintassi rigida e monotona, che non solo risulta in cola rigorosamente circoscritti alla singola terzina, quando non al singolo verso, ma scandita periodicamente dalle frasi ipotetiche e dagli altri elementi formulari caratteristici della ricetta (a partire dal canonico Se vuoi). 4. Lorizzonte tematico del ricettario Fin qui, ci si primariamente soffermati su aspetti linguistici e formali del testo farmacopeico; tuttavia, importantissimo notare che la maggioranza dei ricettari, e soprattutto le forme pi comuni di compilazione ad uso familiare o di una piccola comunit, non si limitavano a ricette di carattere medico o culinario, ma cercavano di mettere insieme un autentico prontuario destinato a risolvere i molti problemi della vita quotidiana per tutti i membri della comunit: con un occhio alle donne, destinatarie delle molte ricette di cosmesi, e con una certa attenzione per i pro blemi degli animali da trasporto (vi si trovano spesso intercalate ricette di mascalcia). Infine, in questa svariata fenomenologia testuale venivano mescolate e intercalate ricette di tipo magico-astrologico, incantesimi vari ed excerpta dai pi famosi alchimisti del Medioevo, come dimostra la frequentissima inclusione di testi di Ramon Lull e Arnaud de Ville-Neu ve: si possono citare esempi di notevole pregio estetico o storico come il Laur. Ashburnham 1166 e il citato Ricettario medico-cosmetico attribui to a Michele Savonarola. Ma per illustrare lampio spettro dimpiego di queste compilazioni farmacopeiche, converr citare alcune ricette estratn Italia: lo spettacolo, il pubblico, i testi, Milano, Xenia, 1990, pp. 445-46) pubblicata dallo i stesso Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 129-33.

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una forma istituzionale della poesia burchiellesca te dal ms. Firenze, Biblioteca Laurenziana, Ashburnham 349, codice cartaceo della met circa del secolo XV:
Se tu voli chun arboro n(on) abia foglie fin ala festa de san Zovan batista quella mattina de san Zovan(n)o inanti ch(e) leve el sole p[i]anta q(ual) arboro tu voli e n(on) far foglia fin al dito d de san Zovan(n)o (c. 5v). Se tu voli che le tethe n(on) crescano mai a le fantine, fa castrare un porco e col sangue del coglione destro ungiglie la mamilla destra e con sangue del sinistro ungiglie la mamilla sinistra e mai n(on) cresceran(n)o pi (c. 13v). Se tu vol sempre avere i(n) memoria una do(n)na, q(ua)n(do) tu ma(n)ze de cappone togli q(ue)llossecello pi picholo ch(e) i(n) cima de lala destra e ma(n)za q(ue)llosso p(er) so amore [] (c. 18v).

Credo che esempi come questo ci aiutino a demarcare con maggiore rigore quanto nei Sonetti o in altri testi possa (o non possa) definirsi nonsense. In altre parole, occorre definire in via preliminare lorizzonte di quanto era atto a produrre questo tipo di straniamento in un lettore quattrocentesco, venendo percepito come bizzarro e deliberatamente strampalato; per converso, solo una pi articolata conoscenza di tipologie testuali non letterarie o semi-letterarie, che costituivano nondimeno letture diffuse, addirittura consuete in certi mbiti privati e familiari, pu servire a delimitare proficuamente il territorio della parodia e a distinguerne i bersagli. Se ricettari come i citati vantavano un ampio credito da parte di vaste fasce dutenza, non inverosimile supporre che le fasce in tellettualmente pi avvedute nutrissero per tali testi un divertito scetticismo, che consuonava per giunta con lampia letteratura prosastica (ed il repertorio novellistico) afferenti alla citata tradizione contra medicum. 5. Le raccolte di ricette e le descrizioni di banchetti: effetti di aggregazione spontanea e comicit involontaria Nel 1968, Domenico De Robertis pubblicava un saggio unanimemente considerato un pilastro della critica burchiellesca,26 in cui indicava nei
26.D. De Robertis, Una proposta per Burchiello, in Rinascimento , viii 1968, pp. 1-68.

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michelangelo zaccarello libri di gabella, e pi in generale negli elenchi inventariali, un punto di riferimento importante per comprendere il gusto combinatorio delle enumerazioni burchiellesche, nonch la spontanea formazione di endecasillabi che risulta dalla giustapposizione di sintagmi nominali e dalle movenze di una sintassi modulare e prevedibile. La proposta dello studioso, suggerita in relazione a semplici elenchi e inventari di merci andrebbe per applicata anche ad altre tipologie testuali, basate sullelencazione ma non del tutto riconducibili a serie nominali. Laddove anzi lenumeratio viene introdotta e accompagnata da una sia pure elementare e ripetitiva sintassi, quelle suggestive analogie sembrano moltiplicarsi e estendersi dalla semplice materia lessicale ai connettivi sintattici, dalla rigida scansione della paratassi al ricorrere di giri frasali che assumono spesso il tono formulare e memorabile dei clich burchielleschi. Il testo farmacopeico senzaltro una di queste tipologie: vi concorrono luso di un lessico inconsueto e peregrino, che evoca spesso lesotico e il raro, lampia prevalenza della paratassi, labbondanza dei nessi e delle strutture formulari. Ma i documenti depoca non ci informano sulla gastronomia solo attraverso le ricette: molto apprendiamo anche dai resoconti di banchetti e conviti. Nella notevole variet che li caratterizza (compilati da dipendenti della corte per esigenze di rendicontazione interna, da privati citta dini per informarne familiari e amici, o persino da storici e cronisti nel lambito di opere di ampio respiro, ad esempio Bernardino Corio), essi condividono tratti comuni, specie relativi alla compresenza di una nalitica descrizione delle vivande (eventualmente corredata di informazioni sul costo dei relativi ingredienti) e di dettagliate informazioni sulla presentazione di esse, che non solo privilegiava fattori quali la stravaganza simbolica o levocativit letteraria nella guarnizione dei cibi, ma avveniva con modalit autenticamente teatrali. Nelle varie forme di descrizione di questi sontuosi apparati, la sbrigliata fantasia dei registi dava corpo a visioni pienamente burchiellesche, che accozzavano animali rari e composizioni vegetali con molteplici riferimenti mitologici; al contempo, la modularit del dettato produceva attraverso un ritmo ben scandito e spesso monotono un gran numero di cola ritmici, che risultano assai spesso in endecasillabi involontari. Se ne trova un gran numero nei vari testi pubblicati da Claudio Benporat nella sua monografia sui 62

una forma istituzionale della poesia burchiellesca banchetti di corte nel Quattrocento.27 La casistica tale e tanta che possibile divertirsi a mettere insieme un sonetto burchiellesco di una qualche plausibilit (sistema rimico a parte):
Zellatina de pesci in piatti grandi, el Coliseo contraffatto e ornatissimo fece il Duca presenti di valuta e collui il fattore dellabate. Mense, trespoli et altri fornimenti 5 corso amabile et vino de Grandoli meritamente li fo consegnata cum deci monstri marini argentati. Uno Hercule con un leone socto e colli supradicti Herculi Baccho 10 di duecento miliara di fiorini: ancora furono portate in tavola ficatelli de pulli e de capretti, geladia in conche di vincorno. Per domenicha sera 15 furonvi servitori e cortigiani, finalmente compiuto il desinare.
[p. 159] [p. 157] [p. 144] [p. 137] [p. 137] [p. 159] [p. 188] [p. 272] [p. 169] [p. 170] [p. 141] [p. 174] [p. 281] [p. 175] [p. 145] [p. 240] [p. 143]

Mi si perdoner lo sconfinamento ludico, se pu servire a dare ragione del la relativa facilit di questo tipo di versificazione, in cui la sintassi, frantumata e addomesticata dalle lunghe enumerationes, consegna al rimatore unampia messe di materiale, che permette di impostare il gioco su elementi accessori, quali il virtuosismo lessicale o lesercizio retorico, comunque lontani da un qualsiasi sviluppo dei contenuti logici o narrativi. Solo in questi termini il testo farmacopeico pu vantare una qualche cittadinanza nel variegato mondo del nonsense. 6. Conclusioni Concludo con due avvertenze di carattere generale: se vogliamo attenerci alla sostanza di questi testi, e anche allevidenza delle testimonian27.C. Benporat, La cucina italiana del Quattrocento, Firenze, Olschki, 1997 (20012).

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michelangelo zaccarello ze depoca, sar bene non tracciare un confine troppo netto fra cucina e farmacologia: pi che di contiguit e complementariet tra i due mondi, infatti opportuno parlare di due aspetti della medesima materia. Senza addentrarci in un terreno troppo vasto per gli scopi di questo saggio, si pu dire in sintesi che da un lato la salute umana era descritta in termini di equilibrio dei diversi umori e stabile complessione, riflesso dunque di unalimentazione conforme allindividuo, dallaltro lintervento sulla nu trizione era di fatto lunica terapia farmacologica disponibile, con cibi e ingredienti disponibili in natura e destinati a controbilanciare scompensi nellequilibrio umorale (bisognava attendere per altri due secoli per vedere i primi contributi della chimica applicata alle cure mediche). Infine, la compresenza di una sbrigliata variet tematica e di rigide costrizioni sintattiche e formulari accomuna le sillogi di testi burchielleschi e i ricettari coevi anche sul piano della trasmissione testuale, in forza della notevole fluidit che i testimoni manifestano quanto a canone ed ordinamento, ma anche per la funzione-guida che in tali fluttuazioni assumono certi nuclei testuali. Sia che questi risalgano a precoci sistemazioni redazionali, sia che riflettano lopera pi tarda di copisti-collettori, si tratta di fattori che rendono possibile tracciare un profilo tassonomico della tradizione che pu guidare la restituzione dei testi e al contempo offrire unimmagine del contesto socio-culturale in cui il testo si diffuso, un riflesso insomma delloperato di quanti a partire da un insieme fluido di unit testuali apparentemente slegate tra di loro hanno cercato di al lestire un prodotto funzionale ai gusti o alle esigenze del loro particolare ambiente. In tal modo ha operato Lucia Bertolini, nel saggio citato sopra: ricco di suggestioni metodologiche, esso che analizzava la tradizione dei XII ghiotti attraverso un attento monitoraggio degli spostamenti di determinati blocchi di ricette fra le varie testimonianze manoscritte.28

28.Si veda loriginale approccio metodologico in Bertolini, Problemi testuali dei libri di cucina: lorganizzazione del testo nella tradizione dei xii ghiotti, cit.

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Alessio Decaria CON BurC H ieLLO D Op O BurC H ieLLO. I L NON S E N S E N eLLa p Oesia TOsCaNa DeL seCON D O 400

Dir subito che il titolo, rifatto su quello di un recente libro di Giuseppe Marrani sulla fortuna di Dante lirico nel Trecento,1 promette di pi di quanto potr mantenere: lo dico adesso per evitare di fare la fine del Burchiello, che, secondo che afferma Pietro Aretino nel Ragionamento delle Corti, par che dica gran cose dicendo niente .2 La fortuna della poe sia burchiellesca, com noto, vasta e duratura, per cui ovvio che, pur restando allinterno dellambito cronologico prescelto, non ci si potr che limitare a pochi esempi; anche perch dopo le due meritorie edizioni di Michelangelo Zaccarello e la monografia di Giuseppe Crimi, esplicitamente dedicata alla fortuna dell oscura lingua del barbiere, c pi bisogno di precisazioni puntuali che non di trattazioni generali svolte su unampia forbice diacronica.3 1. Quando giunse a Firenze la notizia della morte di Domenico di Gio vanni detto il Burchiello, avvenuta a Roma nel gennaio del 1449, si destarono le muse dEtruria e molti poeti scrissero lepicedio del defunto. Non il caso entrare nei dettagli dei singoli testi peraltro non tutti
1.Cfr. G. Marrani, Con Dante dopo Dante. Studi sulla prima fortuna del Dante lirico, Firenze, Le Lettere, 2004. A sua volta, il titolo del libro del Marrani debitore del volume di M. Barbi, Con Dante e coi suoi interpreti. Saggi per un nuovo commento della Divina Commedia, Firenze, Le Monnier, 1941. 2. Insomma, il filosofo imita il Burchiello, il quale par che dica gran cose dicendo niente (P. Aretino, Ragionamento delle Corti, a cura di F. Pevere, Milano, Mursia, 1995, p.48). 3.Vd. risp.: I sonetti del Burchiello, ed. critica della vulgata quattrocentesca a cura di M. Zaccarello, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2000, e led. commentata, da cui si trarranno sempre le citazioni, I sonetti del Burchiello, a cura di M. Zaccarello, Torino, Einaudi, 2004; G. Crimi, Loscura lingua e il parlar sottile. Tradizione e fortuna del Burchiello, Manziana, Vecchiarelli, 2005.

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alessio decaria spregevoli ma alcune considerazioni sono fondamentali per il mio discorso, anche perch nessuno (che io sappia) ha mai proposto una riflessione dinsieme su queste poesie.4 Gi il numero dei componimenti scritti in morte del Burchiello ben sei straordinario, anche ipotizzando, con poco realismo, che ci sia pervenuta lintera produzione che i contemporanei dettero fuori per la luttuosa occasione. Se si vanno a vedere i nomi degli autori di questi testi ci simbatte in alcuni dei maggiori poeti toscani della prima met del secolo (Mariotto Davanzati e Francesco dAltobianco Alberti), in altri decisamente minori (Migliore di Lorenzo Cresci, Betto Busini e Piero di Rosso), pi un personaggio noto per altri meriti come Antonio di Tuccio Manetti, operoso copista e cultore di cose dantesche, in rapporto con alcuni fra i maggiori artisti e intellettuali dellepoca.5 Tanta attenzione da parte dei contemporanei confermata dalle altre notizie che abbiamo sullampio giro di relazioni coltivato dal barbiere anche dopo la sua partenza da Firenze: bench non si possa prendere in tutto per buona la rappresentazione idealizzata della bottega di Calimala come ritrovo di letterati,6 innegabile, anche dal solo esame dei Sonetti del Burchiello, che molti intellettuali furono in contatto col barbiere (bastino i nomi di Leon Battista Alberti e Rosello Ro4.Si d qualche cenno su alcuni di questi testi soltanto nei recenti saggi di G. Crimi, Burchiello e le sue metamorfosi: personaggio e maschera, in Auctor/Actor. Lo scrittore personaggio nella letteratura italiana, a cura di G. Corabi e B. Gizzi, Roma, Bulzoni, 2006, pp. 89-119, alle pp. 90-91, e S. Cremonini, Una topica petrarchesca: i versi in morte di amici, colleghi e mecenati, in Il Petrarchismo. Un modello di poesia per lEuropa, ivi, id.,, 2006, vol. ii, a cura di F. Calitti e R. Gigliucci, pp. 329-47, alle pp. 331-32. Un panorama ancora utile sulle voci bibliografiche pi antiche in C. Mazzi, Il Burchiello. Saggio di studi sulla sua vita e sulla sua poesia, in Il Propugnatore , x 1877, pp. 204-45, a p. 214. 5.Per il Manetti si veda da ultimo la voce di G. Tanturli, Manetti, Antonio, in Dizionario Biograco degli Italiani, Roma, Ist. della Enciclopedia Italiana, vol. lxviii 2007, pp. 605-9, che contiene i rinvii alla bibliografia precedente; si veda inoltre, per qualche dato ulteriore, A. Decaria, Un copista di classici italiani e i libri di Luca Della Robbia, in Rinascimento , s. ii, xlvii 2007, pp. 243-87. 6.Sul mito della bottega di Calimala come ritrovo di letterati si vedano le assennate considerazioni di L. Boschetto, Burchiello e il suo ambiente sociale: esplorazioni darchivio sugli anni orentini, in La fantasia fuor de conni. Burchiello e dintorni a 550 anni dalla morte (14491999). Atti del Convegno di Firenze, 26 novembre 1999, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002, pp. 35-57, alle pp. 49-51.

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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 selli); altri si espressero sulla sua poesia (si pensi agli epigrammi di due umanisti del calibro di Leonardo Dati e Cristoforo Landino, ma anche quelli di Alessandro Braccesi e Ugolino Verino),7 segno comunque di unat tenzione per quella che certo lesperienza poetica pi innovatrice e sconvolgente della prima met del secolo XV. Bench questi epicedi risentano fortemente della retorica connessa al genere, essi costituiscono comunque un punto di partenza inevitabile per chi intenda concentrarsi sulla ricezione della poesia burchiellesca presso i contemporanei. Qua si tutti gli autori dei testi scritti in memoria di Burchiello accennano in qualche misura alla vena poetica del defunto e, se alcuni adattano, con scarso rispetto per i fatti e contro la presumibile volont del celebrato, il modello paludato e prefabbricato dellepicedio in morte di poeti cor tesi,8 tirando in ballo dei e dee (peraltro non sempre pertinenti),9 perso7.Questo lepigramma del Landino (Xandra, ii xxviii): Plurima mitto tibi tonsoris carmina Burchi; / haec lege. Sed quid tum? Legeris inde nihil (Christophori Landini Carmina omnia, ex codicibus manuscriptis primum edidit A. Perosa, Florentiae, in aedibus Leonis S. Olschki, 1939, p. 79); non diversamente il Dati: Burchius qui nihil est, cantu tamen allicit omnes, / esto parasitus vatibus Etruriae (cfr. F. Flamini, Leonardo di Piero Dati poeta latino del sec. XV, in Giornale storico della letteratura italiana , xvi 1890, pp. 1-107, a p. 9) e il Braccesi: Myrtea, Syllani, componite serta, poetae, / Pinguia quae purgent tempora Lucilii. / Burchius Aoniis migravit collibus alter, / Qui quoque nimirum carmen inane facit: / Lucilius prisco tanto praestantior illo, / Quanto hunc extollit Musa Latina magis (xii 1-6: cfr. Alexandri Braccii Carmina, A. Perosa edidit, Florentiae, Bibliopolis, 1944, pp. 105-6). Il testo del Braccesi, di norma trascurato a vantaggio degli altri due, giustamente riconsiderato da Crimi, Burchiello e le sue metamorfosi, cit., pp. 90-91. 8.Esemplare, a questo riguardo, il testo del Davanzati, nato, del resto, su sollecitazione di quello manettiano, come si apprende dalle rubriche premesse ai due sonetti nel codice II IV 126 della Nazionale di Firenze, autografo del Manetti. Baster qui riprodurre la prima quartina e lultima terzina: Piangete, occhi mia lassi, perchio temo / che, quanto dureracci el mortal vello, / pi risguardiate un s dolce Burchiello, / chor lascia il mondo dogni bene scemo. / [] Piangete Muse, amanti e lor consorti, / po che s car tesauro vi sasconde; / e cantin lalme a cui el cielo el rivela (cfr. Lirici toscani del Quattrocento, a cura di A. Lanza, Roma, Bulzoni, 1973, vol. i p. 440). 9.Su uninsistita esortazione al pianto e sullevocazione di un gran numero di divinit giocato il sonetto di Betto Busini: Or piangi Marte nella tua Tessalia, / e pianga Orfeo e spezzi la sua cetra, / e per dolor Cupido la faretra, / [] Pianga Minerva e con lei pianga Apollo, / piangan lamate donne e giovanetti, / pianga Vulcano e pianga Mungibello! ( il sonetto i del Busini, vv. 1-3, 9-11: cfr. Lirici toscani, cit., vol. i p. 337).

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alessio decaria naggi del mito, satiri e fauni, amanti e amate donne,10 altri forniscono qualche indicazione pi preziosa. Non si hanno dubbi nel conferire il lauro poetico a un poeta come Burchiello (vi insistono Antonio Manetti e Mariotto Davanzati), a immaginarlo in compagnia del pi bel drappello dei poeti del passato (il Davanzati), a farne addirittura la quarta co rona fiorentina (Francesco Alberti). E la poesia, i versi assurdi e surreali, quella buffonesca accozzaglia di riboboli senza nesso, di ghiribizzi senza senso, di slatinature fuor di proposito , secondo la definizione di Vittorio Rossi?11 Apparentemente, queste liriche verbose e costrette nella manierata retorica del planctus non ne fanno parola. Tra qualche notazione curiosa (quella ad esempio del Cresci, secondo cui ogni acqua corse el burchiel con sue vele , v. 10) e il ricorso a temi laudativi di repertorio (lirreparabilit della perdita e la superiorit del defunto a ogni altro),12 un paio di spunti meritano di essere valorizzati. Francesco dAltobianco Alberti, dopo aver individuato rispettivamente in Calliope, nellElicona e nel fonte di Parnaso i responsabili dellispirazione di ciascuna delle tre corone, si chiedeva:
Ma quel Burchiel, che Cloto nha or tolto, chinne concesse al suo dolce intelletto tanto riso e piacere in gioco vlto?13
10.Si veda il Cresci: Piangan gli dei e le dee tanto tesoro, / silvani fauni, satiri e ogni rura , che addirittura arriva a parlare di mite risposte e dolci rime (ii 3-4, 12: ivi, vol. i p.393). 11.Cfr. V. Rossi, Il Quattrocento, reprint delledizione del 1933 riveduta e corretta, aggiornamento a cura di R. Bessi, intr. di M. Martelli, Padova, Vallardi, 1992, p. 409. Anche altrove il Rossi espresse giudizi analoghi: Tutti ormai sanno che duna parte dei sonetti sciamati fuori del cervello fantastico del barbiere sarebbe vano tentare uninterpretazione. Contesti di stramberie, di ghiribizzi, di riboboli, di slatinature, vanno rassegnati nel novero copioso di quelle composizioni che per il regolare andamento delle concordanze e dei nessi grammaticali e il gradevole rotondeggiare dei ritmi, paiono nascondere in quel laccozzaglia il filo di un ragionamento, mentre in realt non dicono cosa alcuna e non hanno un briciolo di senso (V. Rossi, Un sonetto e la famiglia del Burchiello, in Id., Scritti di critica letteraria, Firenze, Sansoni, 1930, vol. ii. Studi sul Petrarca e sul Rinascimento, pp. 359-69, alle pp. 359-60). 12.Sono motivi presenti un po in tutti questi epicedi, ma vi insistono particolarmente quelli di Antonio Manetti e Mariotto Davanzati. 13.Cito il testo dalla mia recente edizione (Francesco dAltobianco Alberti, Rime,

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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 Che gi qualcosa di pi preciso rispetto alle lodi convenzionali di chi faceva del barbiere un campione di poesia amorosa o un sapiente in ogni scienza. Anche il Manetti, vedendo
un burchielletto assai leggieri e snello, carco dassai thesauro e dun gioiello bel s chun simil mai veder potemo14

poneva laccento sul disimpegno dello stile e sulla leggerezza della poesia, in tacita ma evidente contrapposizione allerudizione e alla retorica a volte asfissiante della lirica per cos dire seria dei contemporanei. Entrambi (lAlberti e il Manetti) chiudevano i rispettivi testi (i soli epicedi entrati nella vulgata dei Sonetti del Burchiello) ribadendo luno come lieve burchio mosse s lieta onda (v. 17), laltro dichiarando che lunica ragione di consolazione per gli amici dello scomparso che l gioiel [cio la poesia del Burchiello] rinvolto nelle fronde / dun lauro verde alcuna acqua non vela (vv. 13-14). Dunque, leggerezza e disimpegno, ma anche gioco in grado di suscitare unonda lieta e riso. Laggettivo dolce solo apparentemente generico , assegnato al Burchiello o alle sue rime in diversi di questi epicedi, rimarca invece il lindore armonico di quella lirica, notoriamente esibito nel sonetto Fior di borrana,15 ritenuto da molti una sorta di manifesto della poesia del barbiere di Calimala. Si insiste, insomma, su alcuni aspetti certo fondamentali della poesia del barbiere, che la inseriscono senza esitazione nellarea della produzione comica e realistica. Nessun cenno, invece, alleffetto di nonsense che quella poesia suscitava nel lettore coevo e che per noi posteri giunge amplificato dalla perdita dei dati contestuali che permettono di intendere le allusioni e di
ed. critica e commentata a cura di A. Decaria, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2008, testo cxcvi, vv. 12-14). Segnalo per che una variante minoritaria legge al v. 14 canto e cos mette a testo Zaccarello nella sua edizione della vulgata burchiellesca, dove il sonetto compare al num. clxxvii. 14.Sonetti del Burchiello, clxxvi 2-4 (ed. cit., p. 247). 15.Fior di borrana, se vuo dire in rima / convienti esser pi grasso dagettivi, / di nomi e verbi, con versi corsivi / salir bello e suave e vago in cima (Sonetti del Burchiello, ed. cit., cxix 1-4). Com noto, il testo diretto al poeta petrarchista Rosello Roselli, e fa parte della lunga e acre tenzone che oppose i due rimatori.

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alessio decaria apprezzare il gioco polisemico che affolla quei versi. Lo provano alcune ben note testimonianze: Burchius qui nihil est scriveva lumanista Leonardo Dati, e il Landino ribadiva il concetto quasi con le stesse paro le; e per restare allinterno della vulgata dei sonetti, Anselmo Caldero ni, collegando la poesia burchiellesca alla maniera dellOrcagna, ne dava unimportante descrizione:
faccendo salti da Roma alla Magna, mettendo granchi per cipolle in resta, cha topi faceva trovar la pesta delle formiche cheran nella Spagna.16

Tutto ci a conferma che tale effetto di nonsense costituiva lelemento pi peculiare e innovatore di quella poesia, bench, appunto, non privo di ascendenti. Preso atto di questi primi indizi sul modo di leggere Burchiello da parte dei contemporanei e di chi gli sopravvisse, bene entrare pi da vicino nel mondo tutto municipale, ma non privo dinteresse, della poesia fiorentina di questo periodo e provare a misurare lincidenza dellesperienza burchiellesca, limitando lanalisi al modo di poetare alla burchia che connota solo alcune delle poesie del barbiere. Se ai poeti a cui si gi accennato si aggiungono quelli che, comparendo nella silloge della vulgata dei Sonetti del Burchiello, testimoniano inequivocabilmente una contiguit alla produzione del barbiere di Calimala, si ottiene un panorama se non completo, comunque ben rappresentativo della lirica toscana del quindicesimo secolo. La rete di rapporti che si dipana intorno a Burchiello lascia in parte sorpresi perch testimonia che egli ebbe relazioni anche con poeti afferenti a tuttaltra area culturale: degli umanisti si gi detto, ma anche la rimeria pi tradizionalista di un Anselmo Calderoni, o di un Domenico da Prato, o il petrarchismo quasi ortodosso di Rosello Roselli e Niccol Tinucci dovevano rappresentare opzioni culturali diverse e spesso in conflitto con la poetica del barbiere; eppure tutti costoro furono suoi corrispondenti.
16.Il sonetto del Calderoni il num. lxxxviii della vulgata. Per i giudizi dati dai posteri sulla poesia del Burchiello si rinvia senza esitazione ai due lavori di Crimi, entrambi gi citati, Loscura lingua e Burchiello e le sue metamorfosi.

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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 Non facile determinare in che misura lo stile di Burchiello influisse sui poeti coevi e quanti di essi fossero in grado di percepirne la novit e di mettere a frutto, magari con qualche necessario adattamento al proprio gusto, le peculiarit di quella che il Varchi avrebbe chiamato la terza forma del poetare fiorentinamente .17 Ai consueti problemi di cronologia, di mediazione e di dipendenza reciproca dei testi che si trova ad affrontare chi intende svolgere un discorso sulla fortuna di un qualche autore, si aggiunge infatti la particolare situazione ecdotica della tradizione burchiellesca. Come insegna Zaccarello, la vulgata dei sonetti si fiss fra gli anni Sessanta e Settanta del Quattrocento e incluse da subito testi sicuramente spettanti a Domenico di Giovanni, ma ospit anche altri componimenti certamente non suoi, oltre a diversi di paternit incerta. Il problema attributivo di molti di questi testi, insomma, si pone al momento come pressoch insolubile, anche perch davvero necessario chiedersi, come avverte il recente editore della vulgata, se Burchiello indicasse il barbiere o non fosse piuttosto una sigla di genere facilmente applicabile ,18 un marchio stilistico pi che una propriet let teraria , secondo la definizione di Stefano Carrai.19 Per schivare quanto pi possibile questi ostacoli, ho pensato di istituire un confronto fra due sillogi liriche ben definite, e cio da una parte lampia edizione dei Lirici toscani del Quattrocento pubblicati da Antonio Lanza, che ho esaminato alla ricerca di testi alla burchia, dallaltra la vulgata dei Sonetti, considerata, come nelledizione di Zaccarello, come corpus unitario, anche se composito. In alcuni casi si registrano interferenze e sovrapposizioni fra le due sillogi, ma per la massima parte dei testi analizzati le tradizioni a cui at17. Poetare si pu fiorentinamente almeno in sette maniere tutte diverse. [] La prima e principale quella di Dante e del Petrarca. La seconda quella di Luigi e Luca Pulci. La terza come scrisse il Burchiello, che fu poeta anchegli. La quarta, i capitoli del Bernia. La quinta, i sonetti dAntonio Alamanni (quesito viii 63-65; cito da B. Varchi, LHercolano, ed. critica a cura di A. Sorella, pres. di P. Trovato, Pescara, Libreria dellUniversit, 1995, to. ii p. 804). 18.Cos leditore nellintroduzione alla sua edizione critica (p. xix). 19. Il nome di B[urchiello], insomma, assai per tempo dovette confondersi con quello del genere poetico da lui messo in voga, passando a denotare un marchio stilistico pi che una propriet letteraria (S. Carrai, Burchiello, in Letteratura italiana, dir. A. Asor Rosa, vol. xviii. Dizionario degli autori A-C, Torino, Einaudi, 2007, pp. 412-13).

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alessio decaria tingono le due raccolte risultano indipendenti e ci permette di distinguere la poesia del Burchiello (impinguata da qualche testo dellOrcagna e da altri della pi precoce e fedele scuola di imitatori) da quella degli altri poeti contemporanei. 2. Anticipando brevemente i principali risultati dellindagine, si deve rilevare che se nei due grossi tomi della raccolta del Lanza i testi composti secondo la modalit alla burchia sono pochissimi, daltra parte linfluenza della poesia del Burchiello molto estesa e non c quasi testo darea comico-realistica che non presenti importanti contatti con la silloge dei Sonetti del Burchiello.20 Volendo fornire una pur minima esemplificazione della penetrazione, limitata ma non trascurabile, dello stile alla burchia nel Parnaso toscano coevo e immediatamente successivo a Burchiello, eviterei di considerare qui gli autori minimi e diffiderei degli scriptores unius carminis, anche se non sempre poco significativi: Iacopo Borgianni, ad esempio, che pure fu copista di alcuni testi del Burchiello in un codice corsiniano (43 C 34), autore di un pregevole sonetto alla burchia, che riproduco qui sotto per dare unidea delladerenza alla maniera del maestro:
Cicerbita e scherola e perpinella e venticinque mogge docchi torti andandone a dormir furono scorti da merli, che guardavan due capella. Allor, vedendo questo, una gonnella baia, stracciata, disse: Tutti morti sarete, prima chusciate di porti, sicch per voi sar trista novella . Dicesi a Norcia che stato veduto un pesce azzurro colla coda verde

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20.Lesito della mia indagine viene dunque a coincidere con le considerazioni proposte da Michelangelo Zaccarello in un suo recente saggio: Burchiello e i burchielleschi. Appunti sulla codicazione e sulla fortuna del sonetto alla burchia, in Gli irregolari nella letteratura. Eterodossi, parodisti, funamboli della parola. Atti del Convegno di Catania, 31 ottobre-2 novembre 2005, Roma, Salerno Editrice, 2007, pp. 117-43, in partic. alle pp. 142-43, non ancora disponibile al momento di scrivere la mia relazione per il convegno cassinese.

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fuggirsi pella piena a Montaguto; e s si sta lass pascendosi erbe e per la sete stillava un suo liuto; e dice pel freddo la coda si perde. Deh, non far tante merde: 15 andiancene pi tosto inverso Roma e troverren la bertuccia che toma! 21

Il sapore burchiellesco di questo testo immediatamente percepibile anche dal lettore meno esperto. bene tuttavia sottolineare, per introdurre il discorso che sto facendo, che rimandano evidentemente al modello la sintassi dei primi tre versi, con la caratteristica enumerazione dei soggetti che ritarda fino al v. 3 il predicato, la corposa irruzione nel testo poetico del mondo animale e vegetale (alle erbe dellincipit, che poi ritornano come cibo del pesce azzurro con la coda verde al v. 12, rispondono i merli, le caprette, limmancabile bertuccia), la presenza di cose animate e parlanti (la gonnella) e di azioni assurde o compiute da soggetti inadeguati (le erbe e gli occhi torti che vanno a dormire). Ma ancora pi significative, perch segno di una penetrazione profonda dei meccanismi della poesia alla burchia, sono certi passaggi logici nascosti e alcune spericolate associazioni che riconducono in recinti pi ragionevoli, almeno per gli iniziati, lapparente nonsense del sonetto. Certe immagini, come quella del pesce che fugge per la piena a Montaguto, sono indubbiamente paradossali: in caso di piena, infatti, non tanto il pesce a fuggirsi, ma il fiume ad espellerlo. E il paradosso cresce poi su se stesso, sfruttando un altro degli strumenti su cui si costruisce questo tipo di poesia, ovvero le potenzialit polisemiche ed equivoche del lessico: il pesce rifugiatosi a Montaguto, pascendosi erbe, conduce una vita da romito e, di conseguenza, il sostantivo piena varr qui anche come sinonimo di calca, folla. Proprio alcuni dei tratti pi nonsensical del testo, poi, si spiegano a norma del modello, cio ripensando a passi o procedimenti adoperati dal barbiere nei suoi testi: parlo della mossa del v. 5, che inscrive sotto una connessione causale del tutto incongrua i quadri oggettivamente separati che occupano le due quartine; e soprattutto delle venticinque mogge doc21.Cito, con qualche aggiustamento, da Lirici toscani, cit., vol. i p. 325.

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alessio decaria chi torti, che furono scorti dai merli certo perch Guardare e merli sogliono e pagoni (Sonetti del Burchiello, cli 1)22 e perch i pagoni portano appunto, secondo il mito ovidiano citato nello stesso sonetto del barbiere, cento occhi nella coda.23 N a un orecchio burchiellescamente esercitato potrebbe sfuggire la motivazione per cui il pesce azzurro dalla coda verde dice pel freddo la coda si perde : questultima sarebbe infatti soggetta al destino delle foglie degli alberi e cadrebbe con larrivo del freddo, certo particolarmente intenso a Montaguto.24 Si potrebbe andare avanti svelando altri dei meccanismi tipici della poesia alla burchia sciorinati in questo sonetto, ma quanto si detto sufficiente per mostrare come nel Borgianni limitazione del modello sia assai raffinata;25 e si pu rimpiangere il fatto che egli abbia composto (o che a noi sia giunto) un solo esemplare di questa sua vena burchiellesca. Gli autori fiorentini pi prolifici e scaltriti, invece, restano tutto sommato insensibili alla sirena della poesia alla burchia: tra questi si devono comprendere anche Francesco Alberti e Mariotto Davanzati, che pure furono corrispondenti del barbiere e ne scrissero accorati epicedi. Per quanto concerne il primo, che, come si visto, quello che nel suo sonetto commemorativo fornisce le indicazioni pi pertinenti riguardo alla poesia del
22.Il contatto di per s eloquente, ma vale la pena riportare il secondo verso di quello stesso sonetto per avere conferma che proprio quel passo doveva avere in mente il Borgianni: nel tempo che le pecore han la tossa . Non forse inutile, alla luce di quello che si dir fra poco, ricordare che Mercurio, quando scese in terra per uccidere, per ordine di Giove, Argo, il mostro dai cento occhi: hac [sc. virga] agit ut pastor per devia rura capellas (Metam., i 676). 23. Ma per la gran malitia / che Giove us ad Argo del vitello / le lepri dorman cogli occhi a sportello (vv. 15-17). 24.Non manca forse unallusione, con evidente scadimento di registro, alla chiusa della seconda stanza della canzone petrarchesca RVF, xxiii: facendomi duom vivo un lauro verde, / che per fredda stagion foglia non perde (39-40). 25.Si portano soltanto altri due esempi: il passaggio dalle erbe elencate nellincipit alle venticinque mogge docchi torti del verso seguente forse giustificato dalla presenza della scarola, che una variet di quella indivia, popolarmente detta anche invidia, che ben si prestava a chiamare in causa gli occhi torti. La coda, invece, nellalludere scopertamente al son. xxxix della vulgata burchiellesca, che si chiude cos: e, come dice Orpheo, / sol dallegrezza la bertuccia toma / portar veggendo agli asin s gran soma (vv. 15-17), vuol dire: andiamocene verso Roma e staremo allegri.

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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 Burchiello, nelle sue 202 rime ci si sarebbe aspettati di trovare qualche esperimento della maniera alla burchia, anche perch lAlberti fu rimatore assai versatile e si applic ai pi svariati generi poetici, non disdegnando affatto la poesia comica. Ebbene, se nel mio commento alle rime albertiane il nome del Burchiello uno di quelli citati con maggiore frequenza, la ricerca di rime alla burchia nel corpus albertiano non darebbe che pochissimi frutti. In sostanza, c solo un sonetto che pare davvero avvicinarsi alla maniera del Burchiello, quello che propongo qui di sguito:
Ritto e rovescio al fodero intarlato della vezzosa e dolze Nastasia per tutto manifesto si scorgia Ferrara e l Mantovan tutto anebiato, Cotron, Salluzo e quel di Monferrato con tutta quanta lor genologia, e ci che l Soldan tiene in Tarteria, e l Vecchio Testamento e l Nuovo allato; eranvi le riccheze di Siccheo, el cuoio di Birsa, che condusse il cerchio cha Roman poi fu s acerbo e reo; eravi Gionas, chiuso nel coperchio del pesce ceto, e Giuda Maccabeo, che vendic de Filistei il soverchio; eravi il gran commerchio del trullo culiseo termini e botte ellei entrovi, atratta colle gotte.26

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Un esame puntuale del testo richiederebbe troppo tempo e non risulterebbe particolarmente utile, in ragione dei molti problemi interpretativi che restano aperti. Per questi aspetti si rinvia dunque al commento del testo nella recente edizione da me curata. Mi piace per sottolineare, per mostrare ladesione alla vena del caposcuola, che, come gi vide Mario Martelli,27 il sonetto adotta nella sua prima parte (e recupera nel finale)
26. il son. lxxxiv della mia edizione. 27.Cfr. M. Martelli, Letteratura orentina del Quattrocento, Firenze, Le Lettere, 1996, p.303.

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alessio decaria il lessico equivoco e osceno caratteristico di certi sonetti del barbiere e adoperato non di rado dallo stesso Alberti: in particolare, liter suggerito ai vv. 4-5, apparentemente assurdo, acquista un senso qualora si ricordi che il carattere comune ai domini evocati quello di far parte di un qualche marchesato: risulter allora chiaro come il gioco verbale, che sar sfruttato anche dal Pistoia, alluda a impedimenti mestruali che impediscono i rapporti sessuali. Anche nella perifrasi del v. 7 probabilmente rintracciabile un senso: il Soldano governa in Tarteria su Bagdad, ossia, per un Fiorentino del 400, Baldacca o Baldracca, che, oltre che designare la capitale dellattuale Iraq, indicava anche una strada di Firenze sede di postriboli e di una celebre osteria (e anche Burchiello ha una citazione ambigua di Baldracca nel son. viii, schiettamente alla burchia).28 La seconda parte del sonetto albertiano, di pi ostica decifrazione, presenta un effetto complessivo ben noto ai lettori della poesia burchiellesca: persa ogni unit tematica, compaiono come in rassegna personaggi del mito greco-romano e della storia sacra, enumerati tramite nessi associativi non sempre evidenti per una sorta di trascinamento (le ricchezze di Sicheo attireranno il cuoio di Birsa, usato da Didone per segnare il tracciato della rocca della futura Cartagine; il v. 8 alluder alla Bibbia, che richiamer forse la sfera del bere, cos come Maccabeo, da scomporre nei due elementi Macca-beo, e forse anche lo stesso Siccheo, che potrebbe rinviare a siccus assetato); n mancano il rovesciamento e la degradazione di spunti desunti dalla letteratura alta e la parodia del relativo linguaggio (si veda la notazione dei vv. 10-11, ma anche la dittologia vezzosa e dolze indicante Nastasia, probabile partner del poeta). Le differenze rispetto alla maniera del maestro, per, sono altrettanto rilevanti, soprattutto per quanto concerne la sintassi, che non si discosta
28. Egli un gran philosopho in Baldracca / che insegna molto ben beccare a polli / e d lor ber con una salimbacca (Sonetti del Burchiello, viii 12-14). Si ricordi che gi il Boccaccio sfruttava lequivoco suscitato da tali designazioni toponomastiche nel discorso di frate Cipolla, che menziona, fra altri luoghi della Firenze dallora, proprio Baldacca: Per la qual cosa messomio in cammino, di Vinegia partendomi e andandomene per lo Borgo de Greci e di quindi per lo reame del Garbo cavalcando e per Baldacca, pervenni in Parione, donde, non senza sete, dopo alquanto pervenni in Sardigna (Dec., vi 10 38; cito da G. Boccaccio, Decameron, a cura di V. Branca, Milano, Mondadori, 1976, p. 571).

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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 di molto dalle abitudini dellAlberti giocoso, morale o anche amoroso. Linfluenza di Burchiello, insomma, c ed evidente, ma tutto sommato resta circoscritta a pochi aspetti; e anche Francesco dAltobianco si produsse in un solo esperimento di poesia alla burchia. Bottino lievemente pi grasso si ottiene scandagliando le poche ma non insulse rime di Giovanni de Pigli, da lui trascritte nel suo ampio zibaldone poetico, conservato nella Nazionale fiorentina (codice II IV 250 del fondo Nazionale), che contiene anche unampia silloge burchiellesca, corredata da rare ma preziose postille. Fra le 21 liriche di Giovanni si possono classificare come genuinamente alla burchia almeno 4 sonetti, di cui si riproduce qui il xvi delledizione Lanza: 29
Prezzemoli bolliti in acqua amara, porri scalogni e agli con cipolle cantavano a Bologna per bimolle, come fanno gli Ermin con voce chiara. Per questanno la mostarda cara, che a mangiarne troppa sarie folle, se gi non vi mettessi vin di Colle o de vermigli del pian di Ferrara. E questi sarieno atti a ristagnare chi orinassi troppo, al parer mio, e con essi mangiar frittelle amare. Per consiglio te, compagno mio, che tu ne faccia ognanno insaleggiare, e farannoti pro per men chun fio. Dimmi s tu credi chio guarisca della tossa o dellorina, usando spesso questa medicina.

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Questi versi, e gli altri alla burchia scritti da Giovanni, testimoniano una radicata assimilazione dello stile del barbiere, bench la dipendenza si fondi soprattutto sulladozione degli artifici pi facilmente imitabili, come la struttura accumulativa dellesordio (da cui si tiene invece alla larga, come si visto, lAlberti, come sempre originale), ladesione allo schema
29.Lirici toscani, cit., vol. ii p. 272.

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alessio decaria del sonetto farmacopeico e a quello della ricetta medica burlesca, per lo pi stipata di ingredienti satirici, inefficaci o indicanti il nulla.30 Fanno la loro comparsa anche personaggi tipici della tradizione burchiellesca come mona Ciola, o luoghi caratteristici di quellimmaginario come il Mugnone, le due fonti senesi Beccia e Gaia, nonch vari esemplari gi compresi nellarca di No burchiellesca (pipistrelli, botte, le immancabili chiocciole, ma anche la ghiandaia, le farfalle, il castrone e la bertuccia), spesso com regola nella maniera responsabili di azioni assurde o bizzarre.31 Significativo per, per limitarmi ora al sonetto riprodotto qui sopra, il trapianto di interi nessi e locuzioni (ad esempio cantare per bimolle associato agli Ermini),32 o di motivi quasi ossessivi della poesia di Burchiello come il prezzo delle derrate (si veda il v. 5) o la presenza del cibo e del vino, ma ancor di pi luso di artifici formali e stilistici peculiari del modello e gi presenti nel sonetto per motti sacchettiano Nasi cornuti e visi digrignati.33 Tra questi si dovr certo comprendere la sintassi incipitaria (e prezzemoli, lemma desordio, inaugura il son. clxi della vulgata), con laccumulazione dei soggetti e la dilazione del verbo reggente al terzo verso, che propone unazione almeno apparentemente in contrasto con la natura dei soggetti che la compiono; ma soprattutto sono degni dattenzione alcuni procedimenti associativi che costituiscono la marca stilistica della poesia alla burchia: da una parte un nesso causale del

30.Particolarmente ricco di questi ingredienti il son. xviii di Giovanni, che inizia cos: A voler ben guarir dellanguinaia, / tolgasi quatro fette di popone / e pestinsi con sugo di mellone / e con un dolce canto di ghiandaia / e mettavi il romor duna pescaia. [] (vv. 1-5). Per questi aspetti della poesia burchiellesca si rinvia a M. Zaccarello, Schede esegetiche per lenigma di Burchiello, in La fantasia fuor de conni, cit., pp. 1-34, alle pp. 28-34, nonch alla relazione dello stesso studioso in questi atti. 31.Cos prosegue il son. xviii: Queste hanno gi guarito pi persone, / mettendovi dellacqua di Mugnone, / o vuoi di fonte Beccia o fonte Gaia (vv. 6-8). 32. Io ho studiato il corso de destini / e truovo che le pillole di gera / fanno cantare a grilli fatto sera / per bimolle la zolfa degli Armini (Sonetti del Burchiello, xcvii 1-4). Su questa locuzione e i suoi molteplici significati si veda, oltre al commento di Zaccarello ad locum, lo studio dello stesso Schede esegetiche, cit., p. 8. 33.Su questo sonetto, vero e proprio incunabolo della poesia alla burchia, vd. lintroduzione di Zaccarello alled. einaudiana dei Sonetti del Burchiello, cit., pp. xv-xvii, e Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 168-93.

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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 tutto incongruo come il per del v. 5,34 dallaltra il trapasso tra fronte e sirma attuato anche mediante un espediente polisemico: Ferrara, citt circondata da luoghi paludosi, richiama ristagnare, che per nel contesto del periodo che sinaugura al v. 9 andr assunto come termine tecnico del linguaggio medico e varr fermare il flusso di una secrezione corporea (in questo caso lorina). Se il gioco polisemico talora scoperto,35 nei sonetti di Giovanni manca del tutto, invece, uno dei motivi portanti della rimeria del Burchiello, la satira antipedantesca, che forse il Pigli si premura di evitare perch anchegli coltivava la partita doppia della lirica giocosa e petrarchista. I casi dellAlberti e del Pigli sono sufficienti a testimoniare la diffusione della tecnica alla burchia presso gli amici e i contemporanei di Burchiello; ma non che poi gli esempi disponibili sarebbero moltissimi. Sembra di constatare, insomma, che i poeti toscani del primo e del pieno Quattrocento ricevono e assimilano il verbo burchiellesco e si provano, in qualche rara occasione, nel nuovo (o rinnovato) genere del sonetto alla burchia, quasi per mostrarsi allaltezza della sfida lanciata dal barbiere di Calimala, ma poi prediligono differenti tecniche espressive, se vogliamo pi tradizionali, anche restando nel perimetro della rimeria co34.Tale nesso richiama alla mente quegli assurdissimi perch che facevano asserire al De Robertis che nella poesia del Burchiello i rapporti logici e temporali sono solo apparenti (D. De Robertis, Una proposta per Burchiello, in Rinascimento , s. ii, viii 1968, pp. 3-119, poi in Id., Carte didentit, Milano, Feltrinelli, 1974, pp. 105-58, a p. 110, da cui si cita). 35.Credo che anche il vin di Colle giochi sullambiguit: assai probabile mi pare che il toponimo Colle celi unallusione alla colla del celebre incipit I beo dun vino a pasto che par colla dei Sonetti del Burchiello (clxxxviii 1), anche perch la rubrica di quel testo lo assegna ad Anibaldo Pantaleoni quando era a fFerrara col marchese . Cos si spiega il riferimento alla citt estense del verbo seguente: dal Colle si passa, per opposizione, al pian, ma la qualit del vino resta scadente: cos seguita infatti il testo del Pantaleoni: e tien di muffa e sa di riscaldato / e parmi con assentio temperato, / con fiele e rabbia e sugo di cipolla (vv. 2-4), e cos recita un sonetto sulla mala cena del Pistoia: Il vin fu da Ferrara moscodato, / tanto bon che filava per paura, / un pan che haveva s la faccia oscura, / che l mi parse il vecchion ch il porco allato (xx 5-8: cfr. A. Cammelli, I sonetti faceti secondo lautografo ambrosiano, editi e illustrati da E. Prcopo, intr. di P. Orvieto, Pistoia, Libreria dellOrso, 2005 [rist. an. delled. Napoli, Jovene, 1908], p. 63). Anche qui, allora, leffetto di non far orinare sarebbe dovuto alla cattiva qualit del vino.

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alessio decaria mica. Pare di osservare, nelle incursioni burchiellesche di questi poeti, un certo gusto di saggiare le possibilit del nuovo linguaggio, un qualche compiacimento nel partecipare a una sorta di gioco di societ per iniziati: non per niente, almeno un paio dei sonetti alla burchia del Pigli fanno appello, allinterno del testo, a un compagno o a un car fratello in grado di decrittare il linguaggio oscuro e percepirne allusioni e giochi verbali.36 Procedendo verso let laurenziana, il panorama non muta di molto: ci sono, vero, altri interpreti, anche squisiti, della maniera burchiellesca; ampia fu, del resto, la fortuna che lintera area comica conobbe almeno nella prima et biografica e culturale di Lorenzo; ma la poesia alla burchia resta un sottogenere tutto sommato poco frequentato: anche chi scrisse diverse liriche in quello stile, come il Bellincioni e il Pistoia, ad esso riserv una percentuale estremamente contenuta della propria debordante produzione sonettistica. Il caso di Alessandro Braccesi, notaio e prolifico poeta in latino e in volgare, che mise insieme un vero e proprio canzoniere burchiellesco di 200 pezzi (di cui almeno una sessantina schiettamente alla burchia) sembra rappresentare la classica eccezione che conferma la regola.37
36.Oltre al sonetto riportato a testo, mi riferisco al xvii, che fa appello allinterlocutore al v. 6 ( non ti maravigliar ) e nella coda ( Deh, non mi dar parole / e dimmi, car fratello, se lortica / sarebbe buona al mal della vescica , vv. 15-17). 37.Lelegante codice Vaticano latino 10681, che conserva le poesie volgari del Braccesi, riserva la prima parte alle rime petrarchesche, mentre la seconda (che inizia a c. 38r) trasmette il canzoniere burchiellesco, introdotto da un sonetto proemiale e apologetico, chiuso da un testo di congedo e di scusa e arricchito da una ricca serie di esplicite dichiarazioni interne ai testi che segnano la struttura chiusa della raccolta. Mi sembra particolarmente rilevante che il Braccesi tenti anche, allinterno della generale imitazione del modello, pi precisi calchi: nel suo canzoniere si trovano infatti imitazioni di singoli pezzi della silloge burchiellesca, come il sonetto latino o quello basato su sistematiche inversioni che inizia Sabato Tessa ci fu mona sera; e, come il caposcuola, Alessandro non rinuncia a comporre e a includere nella silloge una canzone damore (parodica). Molti dei testi comici del Braccesi si leggono anche (autografi) in una sezione del composito Riccardiano 2725, cc. 80r-131v, studiato di recente da M. Zaccarello, An Unknown Episode of Burchiellos Reception in the Early Cinquecento: Florence, Biblioteca Riccardiana, Ms. 2725, fols. 80r131v, in Modern Language Review , c 2005, pp. 78-96 (ora anche in Id., Reperto. Indagini, recuperi, ritrovamenti di letteratura italiana antica, Verona, Fiorini, 2008, pp. 183-215, in italiano e con aggiunte, fra cui unappendice di testi trascritti dal Ricciardiano: Una silloge primocinquecentesca di rime alla burchia nel ms. Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 2725, pp. 397-422).

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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 Fra i cultori del genere di quella stagione anche Filippo Scarlatti, copista del codice Acquisti e Doni 759 della Laurenziana, altro monumento della rimeria quattrocentesca; e a questo punto non si pu non sottolineare che i protagonisti di questa poesia sono allo stesso tempo suoi autori, copisti e divulgatori, i garanti, vorrei dire, della specificit e della fiorentinit di quella maniera che gi si era fatta tradizione. Fra le sue numerose poesie si rintracciano diversi sonetti alla burchia, nei quali lo Scarlatti mostra una notevole abilit a riprodurre i modi di quelloscura tecnica, a lui certo ben nota, dato che in quello stesso manoscritto copi una novantina di sonetti del caposcuola. Tutto questo rientra nel quadro gi tracciato. Desta una qualche sorpresa, invece, trovare nelle rime scarlattiane una tenzone in sonetti alla burchia col frate carmeli tano Giovanni di Lorenzo 38 Manzi, che, gi corrispondente di Filippo, sembrerebbe il primo a passare al gergo burchiellesco, richiamandomi alla mente il precedente di quel messer Nicol che os sfidare il Burchiello sul terreno sdrucciolevole della poesia alla burchia (sonetti xcvi e xcvii della vulgata).39 Vorrei fermarmi un po pi a lungo su un altro episodio su cui ci ragguaglia il medesimo zibaldone scarlattiano, un episodio che, in verit, concerne pi laneddotica che la poesia. Filippo, dopo aver inviato una lunga serie di sonetti amorosi a Piero di Jacopo Tanaglia dallAncisa, contenenti fra laltro reiterati inviti a rispondere e a ricambiare quella che egli chiama amicizia (e che si preoccupa di distinguere dalla carnalit, 40 ch vizio istrano ), si vide recapitare da questi, in data 23 settembre
Sulla poesia del Braccesi si rinvia alla voce di A. Perosa, Braccesi, Alessandro, in Dizionario Biograco degli Italiani, cit., vol. xiii 1971, pp. 602-8, in partic. a p. 604, e alledizione (comprendente le sole rime petrarchesche) A. Braccesi, Soneti e canzone, ed. critica a cura di F. Magnani, Parma, Studium Parmense, 1983. 38.Le poesie fra lo Scarlatti e il carmelitano occupano i numeri cxviii-cxxi delled. Lanza: con la coppia di sonetti posta sotto il num. cxxi che si passa allo stile alla burchia. 39.Il son. xcvi della vulgata (Pignatte con bombarde e duo mulini: di messer Nicol al Burchiello ) ritenuto da Zaccarello (p. 137 del suo commento) lunica proposta che sfidi il B[urchiello] sul terreno a lui pi congeniale della tecnica alla burchia , ma un altro caso analogo rappresentato dal sonetto di Domenico pisano a cui il barbiere rispose col cli della vulgata. 40. Oh, beato colui chamor dispensa / in perfetta amicizia e faccia triegue / colla carnalit, ch vizio istrano! (cxlviii 12-14: cfr. Lirici toscani, cit., vol. ii p. 604).

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alessio decaria 1474, il sonetto alla burchia che riporto qui sotto, che burla il mittente, ritorcendogli contro quella maniera poetica a lui congeniale:41
Sugo duno scambietto dun coltrone e mescolato col mughio dun bue, del qual se ne vuol tr sei once oppie, encorpora42 con grasso di moscione, et farane di tutto ununzone, et per dicozon beco di grue; ugni le reni et tiralo allo [n]gie,43 se guarir vuoi del mal dellamatrone. Questa t data per prima ricetta et, sella non ti giova, manda tosto per una allo spezial della cornetta. Falla far buona e non guardare al costo, togli unoncia di sguardo di civetta e cuocine con essa un pollo arrosto. Azuffati col mosto,44 chetti far posar po me la testa, fuggendo e ghiribizzi ellor tempesta. La viglia della festa, cio la notte della Ephiphania, molti guariscon dogni malattia.45

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41.Ivi, vol. ii p. 612 (ma il son. che si propone, anche nella risposta che si riproduce poco oltre, rivisto sul codice). Il testo introdotto dalla seguente rubrica: Sonetto fatto per Piero di Iacopo Tanaglia e mandato amme Filippo Scarllatti a d 23 di settenbre 1474. 42.encorpora: mescola. 43.Lanza mette a testo allo gie, ed effettivamente tale la lezione del codice. Mi pare probabile che sia caduto un compendio. Dato il contesto, ci si potrebbe riferire allora alla credenza, gi nota per la cicogna, secondo cui questo uccello, sentendosi malato, si farebbe un clistere col becco (cfr. la nota di Zaccarello a Sonetti del Burchiello, ed. cit., cciii 13-14, p. 282). 44.Azzuffati col mosto: ubriacati. 45.Si allude a una credenza, molto diffusa presso i giocosi e i burchielleschi del Quattrocento e non solo, secondo cui la notte di Befana gli animali avrebbero la facolt di parlare. Basti ricordare Sonetti del Burchiello, xi 9-11: E voi messer lo Giudice de nuovi / gonfalonier del popol verdemezo, / fate che Befania non vi ci truovi , e pi chiaramente cxviii 12-14: Tu nascesti la notte di Bephana, / quando ogni bestia legata si snoda / e nsieme parlan sanza turcimanni .

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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 Lo Scarlatti, nella risposta (significativamente perspicua e non burchiellesca), tra deluso e indispettito per lo smacco ricevuto ( di tal ragion ricette atte saspetta , scrive fra laltro), invita paradossalmente il corrispondente a non seguir de doti lor setta , quasi rinnegando quel latte che laveva cresciuto:
Sugo non di coltron, ma dun metone, che grida come l bo che non pu pie e vuolsi mescolar con chi verte, ma troppo pesa sua prosunzone. E stu farai di ci conclusone, la dicozion saran lopere tue, chesse fien buone ti merranno in se, dove si truova ogni consolatione. Di tal ragion ricette atte saspetta, cio qual sopra appunto t proposto, e non seguir de doti lor setta. Fa chal ben far tu non ne stia discosto, chegli mirato altrui po molto in fretta, scernendo la ignoranza o virt tosto. Se nel mese dagosto, quandio rivolsi alle Muse la cresta, mavessi atteso, i sare daltra gesta. Onde che per te resta et parmi chettu musi villania non volermi mostrar quanto chessia. Deh, per tuo cortesia, sendoti stato, et son, buon servidore, non mi negar deser mie precettore! chttu narai honore, per chogni or mi duplica la voglia, avendo il mezo tuo, sor 46 la soglia.

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La poesia alla burchia, dunque, si rivela sorprendentemente uno strumento di socialit letteraria, bench, almeno in questo caso, una socialit
46.Il manoscritto ha una lezione poco perspicua: sorro, come legge Lanza, che corregge in serra, o forse sorvo. Io preferisco in ogni caso mettere a testo sor , cio se ora ho.

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alessio decaria paradossale, frutto di un dialogo fra sordi che ben sattaglia alluniverso del nonsense. Diventare strumento di condivisione e di conversazione, comunque, non poco per una poesia la cui sostanza , secondo il celebre epigramma landiniano, nihil. 3. Riprendiamo il filo principale del discorso, ricordando come il bottino della nostra ricerca di testi alla burchia nei poeti del Quattrocento si sia rivelato, alla fin fine, piuttosto magro, soprattutto in rapporto alla quantit dei testi esaminati. Giunti a questo punto, non che si debba necessariamente concludere che gi nel Quattrocento la poesia del nonsense avesse solo circolazione limitata e sotterranea. Oltre a ribadire la fioritura di unampia scuola intorno a Burchiello, tanto prossima al maestro da entrare a far parte della sua tradizione (sia nelle stampe sia in manoscritti come il Magliabechiano VII 1167, copiosamente sfruttato dal Messina per i suoi Sonetti inediti ),47 si deve considerare che la nostra indagine si concentrata sulla produzione poetica in sonetti, escludendo un territorio assai fecondo per gli studiosi del nonsense come quello della frottola. Si dovr anche tenere a mente che uno degli indirizzi stilistici dominanti nel secolo quello che stato definito espressionistico,48 fondato su una sistematica oscurit del dettato e sul gusto per unornamentazione retorica che pare compiacersi delle complicazioni e dellinfrazione delle regole, nonch di una sintassi agile quanto brachilogica. Leffetto di questa poesia sui lettori non differisce poi di molto da quello suscitato dai versi alla burchia, bench lo straniamento che ne deriva ab bia diversa origine. E soprattutto per certe poesie di ambito comico-realistico, trasparenti nella lettera, ma oscure nei riferimenti a situazioni o persone per noi ormai misteriosi, non affatto detto che i contemporanei fossero sempre a conoscenza dei fatti sottesi, spesso di minimo momento e legati alla quotidianit anche meschina dellautore e del suo ristretto ambiente; il che poteva generare, anche nel pubblico coevo,
47.Domenico di Giovanni detto il Burchiello, Sonetti inediti, raccolti e ordinati da M. Messina, Firenze, Olschki, 1952. 48.Per questa definizione cfr. Martelli, Letteratura orentina del Quattrocento, cit., pp. 283-85, 303-4.

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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 unapparenza di nonsense.49 Su questo piano si muovono, ad esempio, alcuni sonetti di Francesco Alberti che risulterebbero del tutto incomprensibili se non sincontrassero i nomi di alcuni dei personaggi menzionati nelle portate al catasto dellautore: il lavoratore di un suo podere, un calzaiuolo suo vicino di casa (son. ci) e soprattutto la sua schiava Marta, che bee volentieri , come risulta dal documento archivistico cos come dal gustoso son. clxii.50 Anche per questo sottogenere, del resto, era stato lo stesso caposcuola a dare lesempio e, ancora una volta, non senza avere alle spalle una cospicua tradizione , con sonetti come Quarantaquattro orin dor, brigata (cxli) o Mari Bastari, tu e la tuo Betta (clxiv). Le vie della poesia del nonsenso insomma, come quelle della Provvidenza, sono spesso molteplici e quasi sempre insondabili; solo in qualche caso fortunato possibile rimettere insieme i pezzi che ci permettono di districare alcuni dei nodi che il tempo ha avviticchiato intorno a testi destinati a una circolazione limitata e circoscritta. E non accade forse lo stesso anche per molti sonetti del barbiere? Chi infatti avrebbe potuto ritenere altro che nonsense una locuzione come lo specchio del Gaburro , se una provvidenziale postilla apposta a un codice trivulziano non avesse chiarito che Gaburro era beccaio alla loscia del ponte Vecchio verso Por Santa Maria et il suo specchio era Arno ?51 Alla luce di tutto questo, resta da chiedersi se lo studio di questi testi di autori minori e quasi dambito privato porti qualche utilit pi generale allinterpretazione dei versi del Burchiello. Prescindendo da spunti esegetici applicabili al singolo contesto, ci si dovr porre il problema fondamentale: per la poesia di Burchiello e sodali si pu parlare di nonsense? C qualche metodo in quella pazzia? Nellillustrazione dei sonetti alla
49. un aspetto al quale accenna Claudio Giunta per le tenzoni burchiellesche (ma si pu estendere a diversi altri testi che entrano nella vulgata), dove i dialoganti fanno riferimento a una sorta di codice ristretto per cui le parole adoperate dal poeta sono relativamente chiare ma i fatti, gli eventi a cui il poeta allude, oscuri: per tutti tranne che per il suo corrispondente (C. Giunta, Premesse per un commento alle tenzoni di Burchiello, in La fantasia fuor de conni, cit., pp. 75-100, a p. 80). 50.Anche per questi testi rimando al mio commento. 51.Cfr. Sonetti del Burchiello, ed. cit., lxxiii 7-8, p. 103: chio avevo s secca questa foce, / che vto arei lo specchio del Gaburro e, per la chiosa, il relativo commento.

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alessio decaria burchia proposti, mi sono mosso gli specialisti se ne saranno accorti sulle orme di Michelangelo Zaccarello, che, superando la nozione di nonsenso, rileva come nella poesia burchiellesca il testo si dipani per associazioni immanenti alla materia verbale, utilizzata questultima in modo vistosamente diverso dal suo valore corrente e abituale : di queste associazioni lo stesso studioso ha dato ampia esemplificazione in un suo eccellente saggio del 200252 e nel commento einaudiano. I pi fedeli seguaci della maniera burchiellesca che, come ha rilevato Giuseppe Crimi, non ha bisogno di proclami, ma attua la sua poetica direttamente ed esclusivamente nei sonetti 53 capiscono il meccanismo di quella poesia e lo riproducono, anche se talora evidente lo sforzo di adesione al modello, che toglie naturalezza al dettato: in particolare, negli imitatori manca uno dei fenomeni caratteristici della poesia del barbiere (che gi compare nel brunelleschiano Panni alla burchia e visi barbizechi ), cio la fusione e il trascolorare di un testo meramente comico in poesia alla burchia e viceversa, il saltuario emergere, nelle accozzaglie pi disparate, di un riferimento sensato, di unallusione perspicua, di un indovinello arduo ma solubile, che spesso solo un bagliore; poi, in virt di quellincalzare del ritmo e di quel sottentrare di sempre nuove forze a cui ac54 cennava Domenico De Robertis, si risprofonda nellassurdit, o almeno in quello che per noi ha la sua apparenza. Questo fenomeno testimonia come la maniera alla burchia fosse, in Burchiello, lesito estremo, ma in fondo consequenziale, di un linguaggio comico preesistente (e preesistente era del resto anche quella particolare variante di poesia comica che definiamo poesia alla burchia).55 I seguaci, invece, nella smania di saggiare il nuovo modo, tentano la via delladesione puristica e separano in modo piuttosto netto i due moduli espressivi; tanto che nelle rubriche
52.Zaccarello, Schede esegetiche, cit. (da l, p. 1, provengono le parole riportate a testo). 53.Vd. Crimi, Loscura lingua, cit., p. 282. 54.Cfr. De Robertis, Una proposta per Burchiello, cit., p. 111. 55.Per le tappe essenziali che anticiparono lesperienza del Burchiello si possono consultare i primi quattro capitoli del lavoro di Crimi, Loscura lingua, cit., o anche solo il breve profilo che di quella storia traccia Zaccarello nellintroduzione alla sua edizione commentata (pp. xiii-xx).

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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 autografe, solo i sonetti alla burchia del Pigli sono definiti alla burchiella, cos come un sonetto alla burchia del Libro dei sonetti di Luigi Pulci e Matteo Franco il solo a essere esplicitamente designato, nel recentemente recuperato codice Dolci,56 come burchiellesco, bench lintera opera sia di esclusiva pertinenza comica. 4. Visto che si menzionato Luigi Pulci, non ci si pu esimere di riservare a lui almeno qualche cenno, proponendo alcune considerazioni su quello che giustamente viene ritenuto il pi genuino erede di Burchiello. Mi limiter a qualche riflessione sul Libro dei sonetti,57 che, com noto, accoglie anche i documenti letterari della lunga tenzone che vide sfidarsi Luigi Pulci, gi animatore principe della brigata medicea, e il pi giovane Matteo Franco, astro nascente in quel medesimo circolo. Oltre ai testi della tenzone, il Libro, che reca nella tradizione una configurazione particolarmente instabile per canone e ordinamento dei pezzi, trasmette altri componimenti di entrambi i poeti, diretti a destinatari diversi dal contendente. Nel Libro dei sonetti che testimonia una vera contrapposizione fra i due rimatori e non solo uno scherzo letterario Burchiello una presenza costante;58 la sua influenza si manifesta a vari livelli: ci sono citazioni dirette, richiami di lessemi e sintagmi, o anche limitazione di motivi e luoghi comuni. In particolare, com ovvio, il modello portante ed esplicito va riconosciuto nella vituperosa tenzone del barbiere con Rosello Roselli, di cui si ripropongono analiticamente i temi e il linguag56.Per questo manoscritto, recentemente ricomparso sul mercato antiquario, cfr. A. Decaria-M. Zaccarello, Il ritrovato Codice Dolci e la costituzione della vulgata dei Sonetti di Matteo Franco e Luigi Pulci, in Filologia italiana , iii 2006, pp. 121-54. 57.Il titolo, in verit, non rispecchia i dati della tradizione, ma si adotta per comodit in quanto consente di riferirsi alledizione pi completa di questi sonetti (L. Pulci-M. Franco, Il Libro dei sonetti, a cura di G. Dolci, Milano-Genova-Roma-Napoli, Societ Anonima Editrice Dante Alighieri, 1933). Per una pi precisa trattazione del problema cfr. M. Zaccarello, Continuit e specicit nella tradizione a stampa dei Sonetti iocosi & da ridere di Matteo Franco e Luigi Pulci, in Tipofilo logia , i 2008, pp. 105-27 (ora anche in Id., Reperta, cit., pp. 357-95). 58.Per averne unidea si pu ricorrere al quinto capitolo di Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 317-53, che esamina i passi pulciani che riprendono passi burchielleschi (per i Sonetti vd. in part. pp. 336-48).

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alessio decaria gio. Come ho sostenuto in altra sede,59 per, dietro alla costituzione del Libro c anche qualcosa di diverso e una strategia pi sottile: la configurazione recata dal codice Dolci, in particolare, sembra frutto di una cernita e di un montaggio dei sonetti tesi ad accreditare la vittoria del Franco nella tenzone e il suo subentrare a Luigi nel ruolo di poeta comico principale della cerchia medicea. Anzi, direi piuttosto nel ruolo di erede di Burchiello nellet laurenziana, dato che il pegno reale della disputa dovette risiedere proprio nel riconoscimento di questo ruolo, come si evince da ripetute ed esplicite dichiarazioni dei due contendenti. Nel Libro, infatti, la presenza di Burchiello s costante, ma manca quasi del tutto il poeta alla burchia; n ci deve meravigliare, dato che il genere della tenzone in vituperium non consente mai un linguaggio troppo coperto; figuriamoci se pu sopportarlo una tenzone come questa, svolta manifestamente davanti a un pubblico e per quel pubblico (quel lo della cerchia laurenziana). Nel codice Dolci solo un paio di testi del Franco (uno invero di attribuzione controversa) presentano andamento alla burchia. Basti la prima quartina di uno di essi per evidenziare il rigore dellimitazione:
Un arrosto smarrito sanza taglia e dua Gimignanesi da Romena corson ne frati a far sonare a cena, perch Cupido temessi di maglia.60

I due sonetti si collocano, nella strategia compositiva del codice, in una sezione in cui, venuto meno il contrappunto di botta e risposta, la voce di Luigi ormai assente e il Franco pu esibire sia le sue relazioni coi principali personaggi dellambiente mediceo (destinatari di quasi tutti i sonetti della seconda parte del codice), sia la sua adeguatezza a suben59.A. Decaria, Il Pulci ritrovato e nuove ipotesi sul Libro dei sonetti, in Collezione privata. Notizie storico-lologiche e recuperi testuali dal mondo del collezionismo e dellantiquariato librario. Atti del Convegno di Ascona, Monte Verit, Centro Stefano Franscini, 16-17 novembre 2006 = fasc. mon. del Bollettino Storico della Svizzera Italiana , cxi 2008, pp. 247-81. 60.Pulci-Franco, Il Libro dei Sonetti, cit., lxxiv 1-4, p. 72. Proprio questi versi sono citati e illustrati da Zaccarello, Burchiello e i burchielleschi, cit., pp. 130-31, che vi riconosce uno dei rari esempi di poesia alla burchia det laurenziana.

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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 trare a Luigi come poeta comico per cos dire ufficiale: e saper fare sonetti alla burchia doveva costituire una delle referenze obbligatorie per il curriculum di un aspirante poeta comico. Oltre a questi due esempi, tuttavia, ser Matteo non adopera altrove quella modalit, mentre sfrutta sapientemente tutta la gamma di generi e situazioni caratteristiche della poesia giocosa e burlesca, e anche in quei testi molto forte la presenza del Burchiello (quello, per, dei testi realistici e perspicui). E Luigi, che, quando avveniva tutto questo, era ormai quasi sempre fuori di Firenze? Anche nella produzione del Pulci incredibile a dirsi si stenta a trovare tracce di poesia alla burchia. Eppure egli, funambolo del linguaggio (come dimenticare il Vocabolista, i sonetti dialettali irti di giochi verbali e doppi sensi, la satira antipedantesca nei sonetti contro Bartolomeo Scala e Marsilio Ficino?), in questo senso davvero nuovo Burchiello, riusciva tanto influenzato dal caposcuola da vedere accolti alcuni suoi sonetti gi nella princeps veneziana dei sonetti del Burchiello e quindi (bench col senno del poi) fin nella stampa pseudo-londinese; Luigi, inoltre, aveva assimilato tanto a fondo la maniera del maestro da comporre un sonetto che pare contaminare la modalit alla burchia con quella realistica e polemica (E risono una volta pi di septe).61 Nonostante tutto questo, anchegli lascia alla tecnica alla burchia solo pochi spiccioli della sua ampia produzione, spesso destinando questi testi a una circolazione ristretta e privata che ha permesso solo a pochi di salvarsi fortunosamente dal naufragio. Al contrario, il ritornello ormai noto, del Burchiello realistico e perspicuo trasuda ogni suo verso, e in qualche caso Luigi d un grande aiuto agli esegeti di Burchiello perch trapianta immagini e locuzioni da sonetti alla burchia del barbiere in testi realistici, decrittando lenigma.62 Ad esempio, in uno dei sonetti contro lo Scala (Messer Bartolomeo de bellinchini ) si legge:
61.Per questo sonetto vd. lo studio di S. Carrai, Schede per i sonetti di Luigi e del Franco, in Id., Le Muse dei Pulci. Studi su Luca e Luigi Pulci, Napoli, Guida, 1985, pp. 75-84, alle pp. 80-84, che ne ritrov e pubblic lautografo. Mi sia poi concesso rinviare ad A. Decaria, Luigi Pulci e Francesco di Matteo Castellani. Novit e testi inediti da uno zibaldone magliabechiano, Firenze, Societ Editrice Fiorentina, 2009, pp. 107-8 (per questo sonetto) e 185-92 (per la produzione alla berchia di Luigi). 62. un fenomeno riscontrato anche da Crimi, Loscura lingua, cit., p. 325, che cita altri esempi.

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alessio decaria
Ben tu s fatto un di que paladini, che ne vanno a Firenze con la pala.63

Il Pulci, pur nel furore della satira contro lumanista, ha nellorecchio un passo preciso del suo modello e, piegandolo alle proprie necessit polemiche, scopre il gioco che nei versi del barbiere risultava decisamente pi ostico da decifrare:
I non potrei contar tanta sciagura cio de paladin condotti a tale che ricogliendo van la spazatura.64

5. Venendo al tirar delle somme, il dato nuovo che emerge dallindagine sulla poesia alla burchia nella seconda met del Quattrocento consiste in questo: i poeti di quella stagione si cimentano di rado con la pi genuina maniera alla burchia, preferendo invece adoperare quei testi apparentemente senza senso come miniera da cui estrarre singole tessere e locuzioni da ricontestualizzare in ambito genericamente burlesco. Questi fenomeni, che Giuseppe Crimi constatava per Francesco Berni e, in misura minore, gi per Lorenzo de Medici,65 sono dunque presenti fin dallinizio nella ricezione della nuova maniera. Burchiello risulta insomma, paradossalmente e fin da subito, pi imitato per la sua produzione realistica (tutto sommato pi conservatrice) che come caposcuola di un nuovo modo di far poesia, che poi, peraltro, proprio nuovo non era. Questo almeno per quanto concerne la riproducibilit in proprio, da parte dei poeti coevi, di quella maniera. I rimatori contemporanei e gli immediati discendenti che si muovono sul terreno del riso ammirano il barbiere, alcuni ne piangono anche la morte o corrispondono con lui, ma non lo seguono sulla strada del nonsense (o di quel particolare nonsense,
63.Sonetti del Burchiello, del Bellincioni e daltri poeti orentini alla burchiellesca, Londra [ma Lucca-Pisa, s.c.,] 1757, pp. 161-62 (testo 239, vv. 5-6). 64.Sonetti del Burchiello, ed. cit., xxii 9-11, p. 31. 65.Si rinvia ai capp. vi-vii del pi volte citato lavoro di Crimi, Loscura lingua. Una pi sintetica, ma non meno rilevante indagine sul riuso dei testi burchielleschi nel secondo Quattrocento e oltre si trova ora anche in Zaccarello, Burchiello e i burchielleschi, cit., pp. 130-38.

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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 ch, si visto, il Quattrocento conobbe anche altre esperienze poetiche avvicinabili a tale definizione). I pi stretti seguaci della poesia alla burchia, del resto, li indica la tradizione stessa, dato che i pezzi apocrifi o presunti tali che sinfiltrano da subito nella vulgata dei sonetti costituiscono davvero la massima parte della fortuna e dellimitazione di quello stile, e limitazione pi fedele. Gli altri, come si visto, limitano lomaggio a pochi pezzi. Si ha insomma la sensazione che la scomparsa di Burchiello innescasse il rapido declino di quella societ letteraria che, sullonda degli estri del barbiere di Calimala, aveva alimentato quel particolare genere di poesia e aveva posto le basi per la sua trasmissione alle generazioni future. Con laffievolirsi di quella fitta conversazione fra i burchielleschi della prima ora, un gruppo che pare da collocare in un orizzonte culturale e geografico piuttosto ristretto, la poesia alla burchia era destinata a morire, o a divenire altra cosa. Gi i poeti comici toscani dellultimo quarto del secolo si trovarono ad abitare tuttaltro mondo: chi, fuori di Toscana, come il Bellincioni e il Pistoia (e da un certo momento anche il Pulci), doveva fare i conti con le occasioni che alla poesia offriva, ma anche imponeva, la realt della corte, doveva per forza di cose rivolgersi a un pubblico pi vasto ed eterogeneo di quello che assaporava le fantasticherie del Burchiello. Il poeta cortigiano era costretto a ricorrere a un linguaggio che, se non del tutto alieno da allusioni, enigmi e giochi di parole, doveva limitare gli artifici a un numero ridotto e ben riconoscibile. Non che la burchiellesca fantasia dovesse rinunciare a tutti i suoi colori, ma certo la tavolozza andava un po ridotta. La progressiva mutazione della poesia burchiellesca e il suo trapianto, depurata delle punte pi eversive, in terreni pi prossimi al genere comico-realistico, da altri messa adeguatamente in luce, a mio avviso si spiega anche coi fattori appena indicati.66 E il fatto che questo processo nella patria di Burchiello si inneschi, nei primi anni Settanta, proprio in corrispondenza di un netto e radicale processo di smunicipalizzazione della cultura, conferma
66.Molto verosimile anche lipotesi proposta da Michelangelo Zaccarello per giustificare la rapida eclissi dello stile alla burchia in epoca laurenziana, che andrebbe ricercata nel rapido successo ottenuto in quegli ambienti dalla letteratura carnascialesca (Burchiello e i burchielleschi, cit., pp. 132-33).

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alessio decaria lipotesi della fine di un mondo. A ulteriore riprova, si pu constatare che la strenua imitazione burchiellesca di Alessandro Braccesi tutta creata in laboratorio e non reca alcuna traccia di apertura allesterno: nel suo libro non per niente ermeticamente congegnato alla maniera di un canzoniere lirico, strutturato cio in modo affatto contrario a quello delle sillogi del barbiere, aperte nel canone e nellordinamento alle soluzioni pi varie non entrano altri interlocutori, corrispondenti, complici o avversari, ma c spazio solo per il confronto col modello, anzi con quel libro, fissato proprio in quel torno danni nella rassicurante forma della vulgata. Ma era un libro che ormai apparteneva a unaltra stagione. Questo, almeno, il panorama che emerge dalla mia parzialissima ricognizione sulla prima fortuna della poesia alla burchia; un viaggio che forse valso la pena percorrere, anche per iniziare a riaprire la difficile partita filologica dellassegnazione dei singoli testi che entrano nel corpus della tradizione burchiellesca. Una partita che, senza indagare le personalit poetiche di poca o nessuna fama di cui ho parlato, non pensabile affrontare.

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Carla Chiummo S G raN De ApeLLe, e NON mi NOre Ap OLLO: i L NON S E N S E DeL BrON Z i NO maN ierisTa*

Parlare del Bronzino poeta burlesco significa veramente addentrarsi in una selva ancora in buona parte oscura. Di clandestinit quasi assoluta parlava Mutini nel 1988, nella Introduzione alledizione pi recente e commentata delle Rime in burla bronziniane, a cura di Franca Petrucci Nar delli (Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1988), seguta dal lunica vera edizione critica, sebbene parziale, di questo Bronzino, cio quella dei Salterelli dellAbbrucia sopra i Mattaccini di Ser Fedocco, a cura di Carla Rossi Bellotto (Roma, Salerno Editrice, 1998), ma con unedizione completa ancora addirittura ottocentesca, e niente affatto filologicamente attendibile, del suo Canzoniere petrarchesco (Sonetti di Angiolo Allori detto il Bronzino ed altre rime inedite di pi insigni poeti, a cura di Domenico Moreni, Firenze, Stamperia Magheri, 1823).1 A ci si aggiunga la neces*Desidero anzitutto ringraziare Renzo Bragantini e Giuseppe Crimi per avere pazientemente letto questo lavoro e per i preziosi suggerimenti offertimi. 1.Dopo il meritorio, ma ovviamente ormai datato A. Furno, La vita e le rime di Angiolo Bronzino, Pistoia, Tip. Flori, 1902, lunica monografia dedicata interamente al Bronzino scrittore quella di D. Parker, Bronzino. Renaissance Painter as Poet, Cambridge-New York, Cambridge Univ. Press, 2000, dove al poeta burlesco dei Salterelli si fa solo un rapido cenno nel capitolo dedicato alle Rime in burla, pp. 14-39. Un cenno ancora pi rapido e generico alla sua attivit poetica nella monografia di M. Brock, Bronzino, Paris, ditions du Regard, 2002. Ci sono tuttavia alcuni recenti segnali di una sua maggiore, almeno relativa, popolarit letteraria su questo versante poetico: uno di questi va per esempio ben al di l della ristretta cerchia degli addetti ai lavori, ed la pubblicazione del suo componimento Dello starsi. Cap. i, in Versi da ridere. Poesie comiche italiane, a cura di D. Piccini, Milano, Saggiatore, 2007. Significativo che solo un decennio prima, in unaltra raccolta a carattere divulgativo e di un certo successo, dedicata alla poesia del nonsense, Il piccolo libro del nonsense, a cura di P.P. Rinaldi, Milano, Vallardi, 1997, il nome di Bronzino fosse del tutto assente, mentre il Capitolo de Romori, con commento, in Burchiello e burleschi, a cura di R. Nigro, Roma, Ist. Poligrafico e Zecca dello Stato, 2002, pp. 925-32. Sul Bronzino petrarchista, si veda invece ora G. Tanturli, Formazione dun codice e di un canzoniere: Delle Rime del Bronzino pittore Libro primo, in Studi di filologia italiana , lxii 2004, pp. 195-224, in cui per si fa ancora riferimento alledizione ottocentesca dei Salterelli (Bologna, Gae-

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carla chiummo saria sfida di guardare agli inevitabili rapporti tra il poeta e il pittore, senza cadere nella trappola delle forzature interpretative; per di pi, nel caso delle rime burlesche di cui ci occuperemo, dovendo sciogliere il nodo, tuttaltro che meno intricato, del valutare fino a che punto sia legittimo parlare di nonsense, relativo o assoluto che sia.2 Le risposte qui non potranno che essere parziali. Ma qualche nodo pu essere sciolto (e insieme, per alcuni aspetti, aggiunto, nella prospettiva di nuove, future indagini ed eventuali conferme), se si parte da un discorso di poetica, che, come nel caso pi lampante della sua pittura, pu certamente definirsi, per molti aspetti, manierista. Per il poeta serio e per quello burlesco. Se il Manierismo artisticamente anzitutto gusto del ricalco e del 3 dj lu , certo, come scriveva lo storico dellarte Shearman,4 il parallelo tra il Manierismo pittorico e il petrarchismo alla Bembo, o meglio il bembismo linguistico-poetico, pi o meno ortodosso, pu reggere bene; ma se vero che il concetto di Manierismo ha in s anche il suo con trario, ovvero una tecnica anti-classicistica del ribaltamento e della con5 tropoetica , allora a maggior ragione il nome del Bronzino poeta e pittore avanzato da Pinelli va senzaltro aggiunto.6 Anzi, direi che proprio il Bronzino pittore e poeta risponde al meglio a questa doppia identit artistica. Da una parte il pittore superbamente glaciale 7 come scrisse
tano Romagnoli, 1863); riguardo pi genericamente a questo fronte petrarchesco, cfr. il fasc. monografico a cura di B. Porcelli, Petrarca volgare e la sua fortuna sino al Cinquecento, in Italianistica , v 2004, fasc. 2, sebbene si fermi alle soglie del territorio manierista (mancando quindi di qualsiasi riferimento al Canzoniere bronziniano). 2.Cfr. P. Orvieto-L. Brestolini, La poesia comico-realistica. Dalle origini al Cinquecento, Roma, Carocci, 2000, e in partic. il cap. 11. 3.A. Pinelli, La maniera: denizione di campo e modelli di lettura, in Storia dellarte italiana, vol. vi. Dal Cinquecento allOttocento, Torino, Einaudi, 1981, to. i p. 141. 4.J. Shearman, Mannerism. Style and Civilization, Harmondsworth, Penguin, 1967 (trad. it. Id., Manierismo, a cura di M. Collareta, Firenze, Spes, 1983), pp. 37-39, passim. con questo studio che dialoga anzitutto Pinelli nella sua introduzione ai rapporti tra il Manierismo letterario e quello pittorico e poi tra il Bronzino petrarchista e Bembo (Pinelli, La maniera, cit., pp. 140 sgg.). 5.Pinelli, La maniera, cit., p. 147. 6.Ivi, pp. 146-48. 7.R. Longhi, Un San Tommaso del Velzquez e le congiunture italo-spagnole tra il Cinquecen-

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il nonsense del bronzino manierista Longhi che ritrae la sua Laura, la poetessa Laura Battiferri, con il Canzoniere petrarchesco fra le mani,8 citando lAndrea del Sarto della Giovane donna con un volume di Petrarca; dallaltra il pittore di un allegorismo che sfiora il nonsense apparente dellenigmatica Allegoria londinese (gi nota come Allegoria del trionfo di Venere o Allegoria del Piacere),9 con linquietante inversione nella disposizione naturale delle mani della figura femminile in basso sulla destra (allegoria del Piacere, secondo le indicazioni di Vasari),10 o del ritratto, ricordato con enfasi da Vasari, del nano della corte medicea, Morgante,11 dipinto recto/verso su una stessa tela, o il
to e il Seicento, in Vita artistica , ii 1927, pp. 4-12 (ora in E. Baccheschi, Lopera completa del Bronzino, Milano, Rizzoli, 1999, p. 12). 8.La stessa costruzione en abme (il ritratto che gioca sul citazionismo esibito: una poe tessa che cita un poeta caro sia a lei che al pittore/poeta) un espediente tipicamente manierista, cui Bronzino ricorre volentieri nei suoi quadri, e in particolare nei suoi ritratti. Qui i due sonetti petrarcheschi mostrati dalla poetessa sono facilmente riconoscibili: il xlix e il clxxxii. Su questo ritratto e le sue citazioni da Petrarca, cfr. anche R. Fedi, La memoria della poesia. Canzonieri, lirici e libri di rime nel Rinascimento, Roma, Salerno Editrice, 1990, pp. 79-80; J. Woods-Marsden, In la Persia e nella India il mio ritratto si pregia : Pietro Aretino e la costruzione visuale dellintellettuale nel Rinascimento, in Pietro Aretino nel cinquecentenario della nascita. Atti del Convegno di Roma-Viterbo-Arezzo, 28 settembre-1 ottobre 1992; Toronto, 23-24 settembre 1992; Los Angels, 27-29 ottobre 1992, ivi, id., 1995, to. ii pp. 1099-125, alle pp. 1107-8; Laura Battiferra [sic] and haer literary circle: an anthology, a cura di V. Kirckhan, Chicago, Univ. of Chicago Press, 2006; N. Macola, Sguardi e scritture: gure con libro nella ritratistica italiana della ...... del Cinquecento, Venezia, Ist. Veneto di Scienze, lettere e arti, 2007, pp. 76-85, 172-76; L. Bolzoni, Poesia e ritratto nel Rinascimento, Roma-Bari, Laterza, 2008, pp. 215-17. 9.A questa allegoria sono state date infatti le interpretazioni pi diverse, sempre partendo per da quanto scritto negli studi ancora imprescindibili di Panofsky e di Zeri (cfr. su questo aspetto A. Cecchi, Bronzino, Firenze, Scala/Riverside, 1996, e A. Paolucci, Bronzino, Firenze, Giunti, 2002). Anche la Parker si sofferma su questo quadro nel cap. iv, The poetics of Bronzinos Painting, in Ead., Bronzino, cit., pp. 128-33; pi di recente tornata a parlarne, tra gli altri, S. Malaguzzi, LAllegoria di Bronzino. Il piacere e linganno, in Art e Dossier , xix 2004, fasc. 9. 10.G. Vasari, Le vite dei pi eccellenti pittori, scultori e architetti, a cura di M. Marini, Roma, Newton, 2007, p. 1341. 11. Ritrasse poi Bronzino al duca Cosimo Morgante nano ignudo tutto intero, et in due modi, cio da un lato del quadro il dinanzi e dallaltro il di dietro, con quella stravaganza di membra mostruose che ha quel nano, la qual pittura in quel genere bella e meravigliosa (ivi, p. 1342). Come noto, Morgante figura emblematica della poesia burlesca: da Pulci in poi. Lo stesso fatto che il nano di corte dei Medici abbia il nome di un gigante non poteva non stimolare la vena paradossale di Bronzino, come gi di altri poeti burle-

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carla chiummo disegnatore degli splendidi arazzi che incastonano le figure pi biz zarre.12 Cos, senza voler forzare troppo luso della sua scrittura per spiegare la sua arte pittorica come si rischiato di fare nel suo caso 13 ritroviamo da una parte il poeta di un canzoniere di circa 230 componimenti in stile ipermanieristicamente petrarchesco (il che per significa anche con tradimento profondo del pi rigido petrarchismo bembesco);14 dallaltra,
schi. Ricordo qui lepitaffio del Grazzini/Lasca A Morgante nano: Un nano, chebbe nome di gigante, / giace sepolto in questo ricco avello, / chebbe natura, colore e sembiante / duomo, di bestia, di pesce e duccello. / Fu cos contraffatto e stravagante / e tanto brutto che pareva bello; / onde, e con ragion, si potr dirgli: / tu sol te stesso, e nullaltro somigli. /// . La Longhi nota la citazione petrarchesca dellultimo verso da RVF, clx 4, e ricorda che Grazzini compose anche una madrigalessa per Morgante, dal titolo Ben avrebbe di tigre o di serpente, dove gli stessi spunti si stemperano senza efficacia in un discorso prolungato e monotono (Poeti del Cinquecento, i. Poeti lirici, burleschi, satirici e didascalici, a cura di G. Gorni, M. Danzi e S. Longhi, Milano-Napoli, Ricciardi, 2001, p.996). 12.Vd. Baccheschi, Lopera completa del Bronzino, cit., pp. 96-98 (con utile nota bibliografica sulla arazzeria di Bronzino a p. 96), e Parker, Bronzino, cit., p. 38. 13.Cfr. M. Bugg, Tra immagine e parola, in Critica darte , lxii 1999, pp. 61-71: qui linterpretazione dei rapporti tra scrittura e pittura in Bronzino si fonda su schemi che appaiono un po troppo meccanici e unilaterali (modello opposto di equilibrato e dinamico confronto tra arte visiva e letteraria si trova invece negli studi di L. Bolzoni o, sebbene non inerenti al caso Bronzino, nelle parole di E.N. Girardi, La notte di Michelangelo, in Letteratura italiana e arti gurative. Atti del xii Convegno dellAISLLI, Toronto-Hamilton-Montral, 6-10 maggio 1985, a cura di A. Franceschetti, Firenze, Olschki, 1988, vol. ii pp. 473-83, a p. 473: un tertium che, lasciando alla scultura ci che della scultura, e alla poesia ci che della poesia, ne spieghi innanzitutto la compresenza ; o in R. Scrivano, Il modello e leccezione. Studi rinascimentali e manieristici, Napoli, Liguori, 1993, e pi specificatamente nel cap. La cultura letteraria di Raffaello). 14.Vd. su questo aspetto Parker, Bronzino, cit., in partic. il cap. ii che tocca proprio la questione tuttora aperta del rapporto tra questo Canzoniere e i suoi modelli, Petrarca e Bembo in primis (a p. 48, sul rapporto tra il Canzoniere petrarchesco e quello di Bronzino, a titolo esemplificativo, soffermandosi su un confronto diretto tra i due sonetti proemiali, la Parker scrive: The opening of Bronzinos canzoniere is much more clearly structured than the ending. The first sonnet offers a brief account of the collections contents and, more importantly, exemplifies the way in which the painter tends to engage the lyric tradition []. Bronzinos sonnet is not simply derivative of Petrarchs poem; it lovingly registers and engages lines and motifs from its predecessor . Si tenga presente che solo una minima parte di questo Canzoniere circol in edizioni a stampa e che nel Canzoniere del Magl. II IX 10 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze vi appaiono insieme molti componimenti di altri autori.

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il nonsense del bronzino manierista lautore burlesco dei Capitoli e soprattutto dei Salterelli dellAbbrucia, i pi decisamente sconfinanti nellambiguo territorio del nonsense. Ch va detto subito se gi stato ampiamente confutato come nonsense assoluto15 nella poesia burchiellesca e ancor pi in quella bernesca cui lo stesso Bronzino guarda con molta attenzione (e parziale devozione), ancora pi decisamente confutabile in senso assoluto in un poeta che manieristicamente ricalca le impronte di quella tradizione con una consapevolezza letteraria tuttaltro che scontata. Insomma, la riscrittura del poeta serio sconfina nella parodia del poeta in burla, che, come scriveva recentemente Garavelli a proposito del bernismo atipico di un Caro o di un Molza, o del Della Casa faceto compagni di strada del Bronzino poeta non pu comunque prescindere dalla parola assoluta del Petrar16 ca . E non solo dalla sua, come vedremo.
15. la tesi sostenuta in Orvieto-Brestolini, La poesia comico-realistica, cit., cos come nelle pi recenti e accreditate ricerche su questo versante della poesia burlesca, a partire dai lavori di Zaccarello su Burchiello (oltre alled. crit. da lui curata per la Commissione dei testi in Lingua [Bologna 2000], si veda almeno la sua edizione commentata dei Sonetti, del Burchiello, Torino, Einaudi, 2004) fino al pi recente e densissimo studio di G. Crimi, Loscura lingua e il parlar sottile. Tradizione e fortuna del Burchiello, Manziana, Vecchiarelli, 2005 (e di questa meritoria collana di Vecchiarelli si vedano anche Cinquecento capriccioso e irregolare. Eresie letterarie nellItalia del classicismo, a cura di P. Procaccioli e A. Romano, 1999, e A. Corsaro, La regola e la licenza. Studi sulla poesia satirica e burlesca fra Cinque e Seicento, 1999; sul rapporto arte-letteratura: Autorit, modelli e antimodelli nella cultura artistica e letteraria fra Riforma e Controriforma. Atti del Convegno di Urbino-Sassocorvaro, 9-11 novembre 2007, a cura di A. Corsaro, M. Faini e P. Procaccioli, e, appena pubblicato, quando questo lavoro era gi in composizione, Ofcine del nuovo. Sodalizi fra letterati, artisti ed editori nella cultura italiana tra riforma e controriforma. Atti del Convegno di Utrecht, 8-10 novembre 2007, a cura di H. Hendrix e P. Procaccioli, 2008). Interessanti riferimenti a questo ambito letterario nel vol. Gli irregolari nella letteratura. Eterodossi, parodisti, funamboli della parola. Atti del Convegno di Catania, 31 ottobre-2 novembre 2005, Roma, Salerno Editrice, 2007 (in partic. negli interventi di A. Corsaro, M. Zaccarello, D. Ro mei, A. Amaduri, A. Di Grado, A. Manganaro). Si tratta di una linea di studi sulla poesia burlesca che ha seguito le ricerche filologico-linguistiche imprescindibili avviate diversi decenni fa dalla Ageno e poi portate avanti, anche su altri fronti interpretativi, per citare solo alcuni degli studiosi pi noti, da A. Tartaro, M. Martelli, D. De Robertis, A. Lanza, facendo luce su questo versante apparentemente nonsensical della poesia burlesca, in specie quella fiorentina trequattrocentesca. 16.E. Garavelli, Presenze burchiellesche (e altro) nel Commento di ser Agresto di Annibal Caro, in La fantasia fuor de conni. Burchiello e dintorni a 550 anni dalla morte (1449-1999). Atti

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carla chiummo Un tale impegno su pi fronti poetici smentisce subito la lettera della stessa definizione data da Bronzino alla sua poesia, come ingenua zam17 pogna di contado , puro ripiego alle fatiche dellartista (definizione mo dulata sullantico e fortunato topos rinverdito dalle nugae petrarchesche e spesso usato dai poeti comici cinquecenteschi),18 e spiega gi in parte lentusiasmo di un Cellini che loda proprio il poeta dei sonetti, cos come di un Vasari che invece sa apprezzare anche il poeta faceto; per non parlare delle reiterate lodi del Grazzini/Lasca e di quel Varchi che lo incornicia in un solenne s grande Apelle e non minore Apollo .19 Certo, lappellativo elogiativo del Varchi va subito filtrato attraverso la sua natura, il caso di dirlo, di maniera. Di maniera anzitutto perch lartista/poeta cui era stato prima attribuito era come noto Michelangelo, maestro di arte pittorica e poetica indiscusso per Bronzino e tutta la sua cerchia dellAccademia Fiorentina. E per di pi era stato Berni, nel Capitolo dedicato al pittore Fra Bastian del Piombo (1534), a elogiare in questi termini assieme lartista e poeta Michelangelo, fino a decretarne la superiorit letteraria persino rispetto al modello petrarchesco:
del Convegno di Firenze, 26 novembre 1999, a cura di M. Zaccarello, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002, p. 231. A proposito di autori come Molza e Della Casa, che giocano sul doppio fronte della poesia petrarchista e della sua parodia apparentemente bernesca, Garavelli scrive, sulla linea degli studi di S. Longhi, Lusus. Il capitolo burlesco del Cinquecento, Padova, Antenore, 1983: La rettifica parodica della parola assoluta del Petrarca sembra approdare cos, anzich alla legittimazione dello spazio alternativo del bernismo, alla formulazione di una proposta che dal Petrarca non pu comunque prescindere ; conclude per, riguardo al Caro e al suo Commento, e insieme a tutta quella cerchia romano-toscana di antibembisti: ci troviamo di fronte al bizantinismo manieristico e un po decadente di una societ letteraria di parvenus che, malata di complessi di inferiorit perch impietosamente subordinata nella quotidianit, tenta di autolegittimarsi sperimentando linversione carnevalesca (p. 238). Scivoloso per laccostamento di manierista e decadente, con una nuance moralistica, che rischia di riportare in acque melmose, secondo un Manierismo storico letto di per s come decadente, con unaccezione tendenzialmente negativa e limitativa di questa seconda voce. 17.Rossi Bellotto, Introduzione a I Salterelli dellAbbrucia, cit., p. 15. 18.Orvieto-Brestolini, La poesia comico-realistica, cit., p. 205. 19.Per una rassegna dei giudizi critici dei contemporanei, cfr. Baccheschi, Lopera completa del Bronzino, cit., p. 11, e Parker, Bronzino, cit., pp. 14-15. La citazione da Varchi tratta da Opere di Benedetto Varchi ora per la prima volta raccolte, 2 voll., Trieste, Lloyd Austriaco, 1858, vol. ii p. 992, son. lxxxix, A Bronzino, pittore.

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il nonsense del bronzino manierista


Costui credio che sia la propria idea della scultura, e dellarchitettura, come della giustizia, mona Astrea, e chi volesse fare una figura che le rappresentasse ambe due bene, credo che faria lui per forza pura. Poi voi sapete quanto egli da bene, comha giudicio, ingegno, e discrezione, come conosce il vero, il bello e l bene. Ho visto qualche sua composizione: sono ignorante, e pur direi davlle lette tutte nel mezo di Platone; s chegli nuovo Apollo, e nuovo Apelle: tacete unquanco, pallide vole e liquidi cristalli, e ere snelle: e dice cose e voi dite parole.20

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Lasciando perdere per ora la valenza realistica di questo raffronto cose/parole ad un primo livello opposta rispetto a qualsiasi poetica manierista e ancor pi nonsensical quello che ci interessa la valenza appunto di maniera che assume subito quel gioco (anche linguistico) Apelle/Apollo. Lo usa, per Bronzino, Varchi, cos come lo usa la Laura, di nome e di fatto (nel senso petrarchistico, e quindi ancora di maniera) Battiferri, poetessa e senhal dafneo delle rime serie del Canzoniere di Bronzino:21 novello Apelle Apollo 22 lo chiama la Battiferri, in uno scioglilingua alle soglie del nonsense di lunga fortuna popolare. Ma di facile maniera si tratta: basti pensare che Varchi nelle sue rime usa pi
20.Cito dalled. delle Rime di Beni a cura di D. Romei, Milano, Mursia, 1985, pp. 183-84 (il sonetto era gi nel Primo Libro del / lopere Burlesche, di M. / Francesco Berni. / Di Messer Gio. della Casa, del / Varchi, del Mauro, di M. Bino, / del Molza, del Dolce, & / del Firenzuola. / Ammendato; e ricorretto; e / con somma diligenza / Ristampato. / In Firenze, mdlii, segnatura Biblioteca Nazionale Centrale di Roma: 68 9 G 4; il corsivo nel testo). 21.La Parker rileva come lappellativo di Apelle/Apollo sia rivolto a Bronzino anche da altri sodali fiorentini, quali Sellori e Antonio de Bardi (vd. Parker, Bronzino, cit., p.60). 22.Ivi, p. 63. Sulla fortuna cinquecentesca del mito di Apelle, vol. R. Arqus, I Sonetti dellarte. Aretino tra Epelle e Pignolione, in Letteratura & Arte , i 2003, pp. 203-12

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carla chiummo volte e per vari artisti le due voci, sebbene non in forma di dittologia co me nel sonetto per Bronzino.23 Interessante per, per avere una prima
23.Opere di Benedetto Varchi, cit., vol. ii, Sonetti Spirituali, lxxxix, Al Bronzino, pittore, p. 992: Dogni cosa rendiam grazie al Signore / Che le ci d, che cos vuole Dio, / Caro e chiaro e cortese Bronzin mio, / Cui ebbi ed aggio ed avr sempre onore. // E se l vostro Alessandro al primo fiore / La bellopera ha fatto, ove ancor io / Sempre vivr fuor del comune oblio, / Solo stata di Dio grazia e favore. // Noi siam nulla, Bronzin, voi che sete /S grande Apelle e non minore Apollo; / Nulla che vostro sia, no, nulla avete / E che voi Bronzin mio, come dovete, / Ogni ben vostro e suo da Dio tenete; / Il credo certo, anzi per certo sollo. /// ; ccxl, Ad Alessandro Allori, pittore, p. 868: Caro Alessandro mio, chal primo fiore / De pi verdi anni, non pur del gran nome / Superbo andate, ma del bel cognome / Vostro, chio porto sacro in mezzo al core; // Seguite il tosco Apelle, eterno onore / DellArno, e fate s chancor si nome / Il secondo Bronzin, pria che le chiome / Cangiate, e l mondo dopo lui vonore; // Questo uman sonno cos breve, nulla / Risvegliare altro e far longevo puote, / Che dardente virt ben caldo raggio: // Io, che pur dianzi maddormiva in culla, / Or di neve mischiato ambe le gote, / Quanto vorrei salir, tanto ognor caggio. /// ; dxv, A M. Lattanzio Roccolini, p. 909: Lattanzio, se l mondo ha nuovo Filippo / A quellantico ed al gran figlio eguale, / Egli ha bene anche un altro nuovo, quale / Fu quellantico, anzi maggior Lisippo. // ; vv. 12-14: Ben deve ogni gentil sopra le stelle / Lo grande Aretin nostro, e Giorgin mio / Alzar, Tosco Mirone e Tosco Apelle. /// ; dai Sonetti colle risposte e proposte di diversi, p.te ii, son. xlvii, A M. Lodovico Castelvetro, p. 926: Voi, che da fragil vetro il nome e lopre / Pi salde e belle chadamante ed oro / Avete; voi, in cui luce e si suopre / DApollo ogni nascosto e bel tesoro: //[] . Altri versi in cui invece Varchi richiama il poeta/pittore, suo amico, sono il son. ccxliii, A maestro Antonio Bacchiacca, ricamatore, p. 868: Antonio, i tanti, e cos bei lavori, / Che vostra dotta mano ordisce e tesse, / Lodi varrecan s chiare e s spesse, / Che piccioli appo voi fieno i maggiori. // Chi , non dico tra i pi bassi cori, / Ma fra i pi alti ingegni, il qual credesse, / Che poca seta, e picciol ferro avesse / Agguagliato il martel, vinto i colori? // Onde superbo, e pien di gioia parmi / LArno veder, che s felice chiami, / E dica: i figli miei mhan fatto bello: / I bronzi al gran Cellin deono; i marmi / Al Buonarroto; al Bacchiacca i ricami; / Le pietre al Tasso; al Bronzino il pennello /// ; il son. ccxxxix, Al Bronzino, pittore (ibid.): Ben potete, Bronzin, col vago, altero / Stil vostro, eletto a s grande speranza, / Formare coi color lalta sembianza / Della donna gentil dArno e dIbero: // Ma l bel di dentro e quello invitto, intero / Cortese cor, che sol tutti altri avanza, / Chi ritrarr, dove non ha possanza / Vostra arte, e nulla val gran magistero? // Voi, ma con altro e non men chiaro stile, / N meno ornato che dal quarto cielo / Febo vinspira e con pi bei colori; // Raro ed esempio e pregio il mortal velo / Potete eterno e leterno a migliori / Far dal mar dIndia conto a quel di Tile. /// . Ma anche i Componimenti pastorali, pubblicati postumi a cura di Cesare Salvietti (1576), hanno qualche interesse nel nostro discorso, per i possibili rinvii cifrati e con sottintesi osceni, riferiti alla cerchia di amici e artisti, Bronzino incluso, nascosti sotto i nomi arcadici (ivi, pp. 1003 sgg.).

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il nonsense del bronzino manierista idea della fama e dei riconoscimenti del Bronzino poeta fra i suoi contemporanei: un vero e proprio erede del Michelangelo artista e letterato, stimato da autorit indiscusse quali Varchi, Doni, Berni, Caro, Grazzini, e ovviamente Vasari. E non c da meravigliarsi, dal momento che Agnolo di Cosimo, alias Bronzino, una delle presenze pi in vista di quella Accademia Fiorentina, nata dalla libera Accademia degli Humidi, coercitivamente riformata e posta sotto pi stretto controllo mediceo da Cosimo, nel 1541, con lanno di massima crisi, il 1547, che vede lespulsione dei pi riottosi, tra cui lo stesso Bronzino, poi riammesso solo nel 1566.24 Fatto ancora pi interessante: sappiamo dalla viva voce del Lasca, curatore del Primo Libro dellopere Burlesche (1548) oltre che dei Sonetti del Burchiello (1552) e dei Canti carnascialeschi (1559) , che lAccademia degli Humidi principalmente fa professione [] dello stil burlesco, giocondo, lieto, amorevole e, per dir cos, buon compagno (Dedica del Lasca a messer Lorenzo Scala, Primo Libro dellopere Burlesche).25 Una traccia fondamentale da seguire per i sonetti dei Salterelli, cos come per i Capitoli bronziniani in terza rima. Lomaggio burchiellesco dei Salterelli, sulla scia di Caro, era stato preceduto dai suoi primi Capitoli berneschi, in prevalente concomitanza cronologica piuttosto che come eredit letteraria, come pi volte stato detto con quella terza decade del Cinquecento che vede una fiorente pratica collettiva 26 in questo ambito poetico: il Berni comico del decennio precedente inizia infatti a circolare in edizioni a stampa proprio negli anni Trenta.27 E alcuni Capitoli Di Bronzino pittore (Capitolo primo in lode della Galea; Capitolo secondo in lode della medesima; Capitolo de Romori, M. Luca Martini; Capitolo contro le Campane, al medesimo; e Capitolo in lode
24.SullAccademia degli Humidi e questo contesto culturale fiorentino si veda ancora il classico M. Plaisance, Culture et politique Florence de 1442 1551: Lasca et les Humidi aux prises avec lAcadmie Fiorentine, in Les crivains et le pouvoir en Italie lpoque de la Renaissance, a cura di A. Rochon, iie srie, Paris, Univ. de la Sorbonne Nouvelle, 1974, pp. 149-242, ora in Id., LAccademia e il suo Principe. Cultura e politica a Firenze al tempo di Cosimo I e di Francesco de Medici, Manziana, Vecchiarelli, 2006, pp. 123-234. 25.Dora in poi citer dalledizione del Primo Libro dellopere Burlesche, cit. 26.Orvieto-Brestolini, La poesia comico-realistica, cit., p. 201. 27.Vd. F. Berni, Rime, a cura di D. Romei, Milano, Mursia, 1985, p. 20.

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carla chiummo della Zanzara, Messer Benedetto Varchi ) finiscono nel Secondo libro dellopere Burlesche, nelledizione giuntina che segue la prima curata direttamente dal Lasca:28 due Libri che fisseranno il canone della poesia burlesca del Cinquecento (insieme al commento doniano a Burchiello), secondo quel linguaggio cifrato e con doppi sensi equivoci, se non proprio esplicitamente osceni, utile a rileggere anche i Salterelli di Bronzino. Lo stesso Lasca definir Bronzino poeta e pittor [] / di molto pre29 gio e di poca ventura , per quanto nella sua cerchia fiorentina, inclusi tutti gli addentellati romani, fosse tuttaltro che sconosciuto come poeta. Di questo Bronzino scrittore, Vasari dir che sopra tutto (quanto alla poesia) maraviglioso nello stile e capitoli berneschi, intantoch non oggi chi faccia in questo genere di versi meglio, n cose pi bizzarre e capricciose di lui .30 Ma il fatto che, sebbene abbiano avuto una fortuna relativamente maggiore e duratura rispetto a quella incontrata dai suoi Salterelli 31 e sebbene si inseriscano pi facilmente in una tradizione in senso generico bernesca, e quindi bene in vista nella tradizione comica cinquecentesca, poco hanno a che vedere con un discorso sul vero nonsense : paradosso, doppio senso osceno, capovolgimento delle ortodosse gerarchie morali e non; un nonsense solo relativo, insomma. Mentre le pa role di Vasari fanno intuire quali spunti favoriscono sul versante di una poetica che possiamo definire manierista. Di bizzarria e capriccio parlava Vasari; e rispetto alle coeve teorizza28.Nel Primo libro il Lasca aveva inserito le Opere burlesche di M. Francesco Berni, di Messer Gio. Della Casa, del Varchi, del Mauro, di M. Bino, del Molza, del Dolce, e del Firenzuola, creando il canone della poesia burlesca cinquecentesca, tuttora imprescindibile. Nel Secondo libro / Dellopere Burlesche, di M. /Francesco Berni. / Del Molza, di M. Bino, di M. / Lodovico Martelli. / Di Mattio Francesi, dellAretino, / Et di diversi Autori. / Nuovamente posto in Luce, Et con / diligenza Stampato. / In Fiorenza, mdlv. / Con Privilegio (segnatura Biblioteca Nazionale Centrale di Roma: 68 9 G 5), la dedica a Messer Alessandro Ottaviano de Medici firmata da Filippo Giunti (8 maggio 1555) e non pi dal Lasca. 29.Sono versi dallEpitafo in morte del Bronzino (cfr. Baccheschi, Lopera completa del Bronzino, cit., p. 11). 30.Vasari, Vite, cit., p. 1344. 31.Vd. Introduzione ad Agnolo Bronzino, Rime in burla, cit., e Introduzione ad Agnolo di Cosimo (il Bronzino), I Salterelli dellAbbrucia, cit. pur vero comunque che i Salterelli furono scelti come testi di riferimento da Salviati, allievo di Varchi, per il Vocabolario della Crusca.

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il nonsense del bronzino manierista zioni classicistiche, come tali possono suonare queste rime in burla. In effetti, quei cinque Capitoli inseriti nel Secondo libro dellopere Burlesche, gi solo dai titoli richiamano un particolare genere, o sottogenere, tutto cinquecentesco, che quello dellencomio paradossale, squisitamente manieristico.32 Questo, certo, implica una ostentata ascendenza classica, ma in una rilettura burlesco-erasmiana (si rileggano le ascendenze dirette segnalate nella breve Dedica di Erasmo a Tommaso Moro nellElogio della follia) che capovolge per un momento lordine costituito, cui per Bronzino sembra sempre alludere, tanto nei suoi versi ortodossamente petrarcheschi, quanto in quella superficie levigata e apparentemente soddisfatta di s che la sua pittura. Ad esempio, alla smaccata citazione del Culex pseudo-virgiliano del Capitolo delle zanzare, dedicato allamico Varchi, si accosta sin dallincipit un paradosso al quadrato nella operazione di deminutio, anzi superamento, per quanto burlesco, di quel modello classico:
Varchi, io vo sostener con tutti a gara che fra le bestie, chhanno qualche stocco, il principato tenga la zanzara. Ecci qualchautor, che nha gi tocco, ma non la conoscendo, ha detto cose, che non si saren dette dun allocco.33

Una sorta di gioco nel gioco, nellanticlassicistico rifiuto del modello virgiliano, in nome di un presunto ma chiaramente paradossale realismo assoluto; anzi, medico-scientifico si potrebbe dire, nelle ragioni addotte ai vv. 73-87 ( Cercon la prima cosa di destarci / co canti lor, perch noi ci coprino / [] e par che dican: Poi che costui / vuole del male a far, che nabbia; non di meno / gl mal che giova molto e poco duole, / chelle ci traggon certo sangue, pieno / di materiaccia ), oltre
32.Cfr. anzitutto P. Cherchi, Lencomio paradossale nel Manierismo, in Forum Italicum , ix 1975, pp. 368-84; fino al pi recente vol. di M.C. Figorilli, Meglio ignorante che dotto. Lelogio paradossale in prosa nel Cinquecento, Napoli, Liguori, 2008 (altri rinvii a questo versante, in partic. per la poesia cinquecentesca, Longhi, Lusus, cit., pp. 138-81; OrvietoBrestolini, La poesia comico-realistica, cit., p. 201). 33.Il corsivo nostro. Si cita, dora in poi, dalled. a cura di Petrucci Nardelli.

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carla chiummo che morale (vv. 49-51: La vorrebbe veder gluomini in atto, / travagliarsi, star desti e far faccende, / come colei chintende il mondo affatto ). Il dettato linguistico, poetico, metaforico dei Capitoli non presenta oscurit e slittamenti vistosi (neanche dove il nonsense sembra in effetti in agguato, come nel dialogo filosofico del Capitolo in lode del dappoco, tutto rivolto alla gatta Corimbo: A te mi volgo, a te vo favellare, / Corimbo mia , vv. 22-23); e anche il sottinteso osceno altrettanto vistoso nelle due Lodi alla galea, nei Romori e Contro a le campane34 non gioca su implicazioni sottilmente ambigue, come invece nei Salterelli e ancor pi nella tradizione burchiellesca cui questi ultimi guardano pi direttamente. Nei Capitoli si tratta di un codice noto, largamente condiviso dalle altre Lodi paradossali che riempiono il primo e il secondo Libro delle Opere burlesche,35 sebbene senzaltro interessante per i rinvii molteplici al rap34.Cfr. il commento della Petrucci (cui resta sostanzialmente fedele la Parker): la galea rinvierebbe al membro maschile nella pratica omosessuale (soprattutto ai vv. 12732); i rumori al movimentato rapporto sodomitico e le campane agli organi femminili. Ma questultima voce, nel Dizionario storico del lessico erotico italiano, a cura di V. Boggione e G. Casalegno, Milano, Tea, 1999 (ne esiste unedizione pi recente per la Utet, 2000, ma si citer sempre dalled. Tea), indica i testicoli o pi in generale gli organi maschili (vd. anche Crimi, Loscura lingua, cit., p. 270). 35.Oltre alla gi citata Dedica del Lasca a messer Lorenzo Scala , con lesplicito riferimento allappartenenza allAccademia degli Humidi, in cui lo stil burlesco di casa, ancora nel Primo Libro dellopere Burlesche, a p. 2 v si legge: Ma tu Berni dabbene, Berni gentile, [] ci fai conoscere la perfezzione della Peste, la bont della Gelatina, la bellezza della Primiera, lutilit delle Pesche, la dolcezza dellAnguille, e i segreti e la profondit di millaltre cose belle & buone ). Ai Capitoli di Berni in lode si affiancano poco pi di trenta sonetti: tra questi ultimi, appaiono i pi celebri Chiome dargento ne, irte & attorte; O spirito bizzarro del Pistoia; Cancheri & beccachi, magri arrosto; Contro M. Pietro Aretino ( lingua fracida, marcia, senza sale / [] / presuntuoso porco, mostro infame, / [] ). Di Varchi si legge il Capitolo del nocchio / Al Bronzino / Dipintore / ( S io dovessi Bronzin, perdere unocchio / E da fanciulli haver dietro la caccia, / Io v dir qualche cosa del finocchio. // Che non cibo che tanto mi piaccia, / Ne che piacer pi dovesse ad ognuno / Che avesse qualche gusto, qualche faccia. // In questo almen non scrupolo alcuno, / Che non sia buon, perch si vede ognora, / fra frati e specialmente nel digiuno. // O finocchio gentil, chi non thonora / Chi non ti loda, si pu dir che sia / Tutto e per tutto di Bologna fuora. // Sio fossi inquisitor delleresia, / Io vorrei pur intender la cagione, / che ti tien impiccato tutta via. // Forse ch te sha far le fregagione / Come le fave, e altri semi et frutti; / Tu non dai un disagio alle persone. // Tu fai per luoghi molli, e per li asciutti, / In piani e monti, e sei propio un solazzo / Duomini, e donne, di vecchi e di putti. // E se non chio

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il nonsense del bronzino manierista porto poesia/pittura36 (un topos manieristico e tardo-cinquecentesco) e per il dialogo parodiante con il modello tanto dantesco quanto petrarchesco.37 La Petrucci Nardelli e la Parker insistono quasi esclusivamente sulla valenza erotica dei sottintesi di questi Capitoli; altri ha insistito su quella autobiografica (per es. esplicita nel Capitolo contro a le campane e nei Romori nel dettato a prima vista cronachistico; pi sofisticatamente manieristica la lettura in chiave autobiografica del Nigro dellOrologio del Pon tormo, a proposito in particolare della rievocazione, o forse sarebbe meglio dire ricreazione leggendaria, dei rapporti Bronzino/Pontormo, allievo e maestro, nella Prigione).38 Direi per che la chiave pi interessante resta quella del gioco letterario, raddoppiato dal rovesciamento ludico di un genere gi di per s a contraggenio come quello dellencomio paradossale. Ma di vero e proprio nonsense, soprattutto a livello linguistico, non si pu parlare, anche l dove la Petrucci ha rilevato una concomitanza pi stringente con i Salterelli, e cio nei due Capitoli Delle scuse, dove peraltro lanalogia mi sembra si fermi genericamente al tema metaletterario e metartistico, presente in altri di questi componimenti. Nel primo dei due Capitoli, per le scuse addotte per il suo sacrificare tempo e forze allarte poetica invece che a quella artistica di cui ben pi esperto: Riprendami chi vuol, cha tutti cedo / per la mia parte in dir chio farei meglio / a non tentar quel che ben far non credo (vv. 334-36: probabile allusione allallontanamento
sarei tenuto pazzo, / Sempre come divoto e tuo fedele / Ne porterei da ogni mano un mazzo. // Quel darti sempre dietro fra le mele, / E una usanza che sha presa il mondo; / come de fare i zuccherin col mele. // [] // E voi Bronzino, in questa Primavera, / Senza che pi ve l dica, velo scriva, / Fatemene una selva intera, intera. // Io ne voglio in iscorcio e n prospettiva, / Dolce, forte, piccin, grande, e mezzano, / Tanto in su quanto la pittura arriva. // [] Voi direte Bronzin, chio vinnocchi, / ma non ve ne mostraste mica schivo, / Che non si lascia intendere gli sciocchi. // [] // Per hora ho disegnato di finire, / Darengli unaltra volta il suo dovere: / Odi le sette, io voglio ir dormire, / Bronzin, senza dir pi che d buon bere. /// (le citazioni sono riprodotte fedelmente, con interventi di ammodernamento minimi. Il corsivo nostro). 36.Cfr. in partic. i Capitoli Delle scuse, i (vv. 316-67) e ii (vv. 52-272). 37.Cfr. La serenata, vv. 133, 272; Contro a le campane, v. 38; Della cipolla, ii 112-13. 38.Cfr. S.S. Nigro, Lorologio di Pontormo. Invenzione di un pittore manierista, Milano, Rizzoli, 1998, pp. 42-43, 72-73.

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carla chiummo forzato dallAccademia Fiorentina, dice la Nardelli; ma forse questa implicazione non poi cos cogente). Nel secondo Capitolo omonimo, per il discorso artistico, moderno, manierista, gi da Querelle des Anciens et des Modernes, sulla libert inventiva rispetto ai canoni classici, con pi di una pointe ironica rivolta contro gli anticlassicisti assoluti e coloro che si riparano dietro la scusa, appunto, che l sentiero / omai del Buonarroto sia tropperto (vv. 145-46):
Cos glAntichi si posson da banda mandare, anzi si mandano, e lonore nha delle scuse la schiera onoranda. Chi sa se forse col tempo in favore saranno certe cose che son oggi dogni buon uso e dogni legge fuore? [] Non fia vago a veder nascer nel seno forsun d duna donna, ovha le poppe, le gambe? architettando non di meno? E porre il viso loro in su le groppe, forar gli stinchi e turar bocche e occhi e i veli in terra e n su tener le cioppe?

e qui potrebbe riferirsi ai celebri nonsense pittorici di artisti come Bosch, visto che ai vv. 199-201 scrive: E se gi si pigliar glOltramontani / tanta licenzia e furon s lodati, / con tutto choggi ognun ne levi i brani [] .39 Ma persino nel terzo Capitolo dedicato Alla Cipolla c un confronto diretto tra poesia e pittura, secondo un Leitmotiv culturale primo e tardorinascimentale: Son due sorelle e ciascuna si parte / da un padre medesimo e un fine / conseguono immitando o in tutto im parte. // (vv. 193-95; si ricordi che lo stesso Bronzino risponde allinchiesta voluta da Varchi nel 1547 sul primato della pittura o della scultura, parteggiando per la prima). Ben pi interessanti per il territorio del nonsense comunque parziale, mai assoluto i suoi Salterelli, in continuit diretta e ineludibile con i Mat
39.La Petrucci Nardelli suppone invece cautamente un riferimento al passato stile gotico.

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il nonsense del bronzino manierista taccini di Annibal Caro. Tra la fine del 1560 e linizio dellanno se guente,40 Bronzino compone infatti una corona di undici sonetti caudati, con il titolo di Salterelli dellAbbrucia sopra i Mattaccini di Ser Fedocco.41 Forma metrica e titolo dicono gi molto della loro collocazione letteraria: la prima li pone lungo la linea, ricchissima nel Cinquecento, della tradizione burchiellesca (si badi, ormai in un territorio di fruizione squisitamente letteraria di quella tradizione;42 nel caso specifico del Bronzino, o del Caro o del Varchi burleschi, rientrando in un canone, per quanto inverso, addirittura paritetico rispetto a quello petrarchesco). Il riferimento diretto ai Mattaccini nel titolo43 li colloca nel territorio incandescente ( il caso di dirlo, pensando alla condanna al rogo per eresia inflitta a Castelvetro e ricordata dallAbbrucia del titolo bronziniano) della polemica fra il Caro/ Ser Fedocco e il Castelvetro, posto qui sul banco degli imputati. Non ripercorrer tutta la storia di questa disputa, scoppiata a Roma nel 1555 e protrattasi per oltre un lustro,44 rinviando in particolare allIntroduzione di
40.La studiosa retrodata la stesura dei Salterelli al 1555-1558, perch sembrerebbero [] antecedenti allApologia del Caro, se non alla stesura del 1555 almeno alla pubblicazione del 1558 (Rime in burla, cit., p. 418); pi convincente la datazione della Rossi Bellotto (I Salterelli, cit., pp. 45-62), che li colloca dopo la pubblicazione dellApologia e forse anche dopo la pubblicazione delle Ragioni di Castelvetro avvenuta nel 1560; a favore di questa ipotesi soprattutto il riferimento alla condanna per eresia contro Castelvetro, emanata nellottobre del 1560 (l abbrucia del titolo sarebbe unallusione piuttosto chiara al rogo per eresia). 41.La Rossi Bellotto, contrariamente alla Petrucci Nardelli, si schiera contro lattribuzione a Bronzino dei tre sonetti dellAggiunta di Fra Stoppino, presenti in coda ai Salterelli nel codice Magliabechiano VII 115 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, il codice pi importante per il testo dei Salterelli; questo peraltro presenta delle glosse di tipo soprattutto linguistico ai testi dei sonetti, che per, anche in questo caso, la Rossi non attribuisce allo stesso Bronzino, come invece fa implicitamente la Petrucci (cfr. I Salterelli, cit., pp. 53-62). 42.A. Corsaro, Burchiello attraverso la tradizione a stampa del Cinquecento, in La fantasia fuor de conni, cit., p. 129: nel secondo Cinquecento Burchiello diventa insomma un testo da biblioteca ; o come scrive Zaccarello un repertorio di immagini che pu definirsi manieristico (Burchiello e i burchielleschi, in Gli irregolari nella letteratura, cit., p. 143). Per le stesse ragioni non condivido del tutto il riferimento a una tradizione popolareggiante e antiletteraria fiorentina avanzato dalla Rossi Bellotto per i Capitoli berneschi (I Salterelli, cit., p. 19). 43.Come I Mattaccini, anche I Salterelli rinviano a una forma di danza (ivi, pp. 59-60). 44.Ma se includiamo lHercolano di Varchi si arriva al 1570, anno della sua pubblicazione postuma (sebbene sembri che i primi progetti riguardanti questopera siano stati addi-

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carla chiummo Jacomuzzi allOpera di Caro (Torino, Utet, 1974, vol. i) e alledizione critica dei Salterelli curata dalla Rossi Bellotto. Ricordo solo che, nata da un commento durissimo, in chiave linguistica e rigorosamente petrarchesca, di Castelvetro alla Canzone di Caro Venite allombra de gran gigli doro, in lode dei Valois e dei Farnese,45 vede scatenarsi una diatriba antiCastelvetro in parte seria si pensi allHercolano di Varchi in parte in forma di invettiva e parodia. Ne protagonista Caro, autore di quellApologia che, come scrive lo stesso autore per bocca del personaggio di Pasquino,46 include appunto i dieci pazzi sonetti dei Mattaccini, dove appaiono gi metro, schema rimico, nomi, protagonisti e gesta puntualmente ripresi da Bronzino nei Salterelli. Che ci troviamo sul terreno della poesia di eredit burchiellesca, riscritta in quella che si chiamer lingua ionadattica47 e passata per la deterrittura precedenti rispetto alla polemica Caro-Castelvetro: cfr. A. Sorella, Introduzione a B. Varchi, Hercolano, ed. crit. a cura dello stesso, pres. di P. Trovato, Pescara, Libreria dellUniversit Editrice, 1995, to. i pp. 45, 69. Di diverso avviso Marazzini: cfr. Id., Il secondo Cinquecento e il Seicento, in Storia della lingua italiana, a cura di F. Bruni, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 150 n. 1). 45.Sulle ragioni storico-politiche della diatriba, cfr. S. Lo Re, Venite allombra de gran gigli doro . Retroscena politici di una celebre controversia letteraria, in Giornale storico della letteratura italiana , clxxxii 2005, fasc. 599 pp. 362-97. 46.Cfr. Caro, Opere, cit., vol. ii p. 254. Il personaggio di Pasquino richiama quel genere delle pasquinate ormai ben noto, secondo Marzi, fuori di Roma nella seconda met del Cinquecento che, attraverso Caro e non solo, porta alcune movenze linguistiche e formali interessanti per il nostro contesto (Pasquino e dintorni. Testi pasquineschi del Cinquecento, a cura di A. Marzo, Roma, Salerno Editrice, 1990, p. 17; sui rapporti tra la tradizione burlesca toscana e la Roma delle pasquinate, Id., Contro lortodossia: da Pasquino ad Aretino, in Gli irregolari nella letteratura, cit., p. 177): oltre al motivo religioso (sebbene solo legato al personaggio di Castelvetro nei Salterelli ), si vedano ad esempio i doppi sensi osceni, e in particolare quelli legati alla rima in -oni e -one (ad es. in Pasquino cerca il suo naso o in Delli cozzoni, pur se non rilevati da Marzi in questultimo; e il guardanaso di Pasquino cerca il suo naso sembra avere la stessa funzione dei cogloni / consolti di maglia a tutta botta in Salterelli, vii 7-8: cfr. Pasquino e dintorni, cit., pp. 125 sgg.; ma vd. anche Pasquinate romane del Cinquecento, a cura di V. Marucci et alii, 2 voll., Roma, Salerno Editrice, 1983, passim, e il pi recente Ex marmore. Pasquini, pasquinisti, pasquinate nellEuropa moderna. Atti del Convegno di Lecce, 17-19 novembre 2005, a cura di C. Damianaki, P. Procaccioli e A. Romano, Manziana, Vecchiarelli, 2006). 47.Di una lingua ionadattica nella poesia cinquecentesca parlava gi nel 1903 Re-

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il nonsense del bronzino manierista minante esperienza di Berni (e almeno dei Canti carnascialeschi e delle pasquinate), ce lo dicono subito alcuni vistosi elementi strutturali: a livello retorico, il contesto corale di parodia e scambio di invettive; a livello metrico, la ripresa dello stesso schema rimico dei sonetti caudati48 del Caro, con un pericoloso a livello metaforico scheletro in otta : oni : oni : otta : otta : oni : oni : otta : aia (nel i sonetto in rima ricca con paia) : elli : uche : aia : elli : uche : uche : ollo : ollo (nel i sonetto in rima ricca con collo); e da qui al livello linguistico-semantico il salto breve, anzi brevissimo. Per chi ha un minimo di familiarit con la tradizione burlesca e carnascialesca, gi quella rima in -oni mette subito in guardia,49 e infatti il son.
nier, in un pionieristico studio sul linguaggio a doppio senso, in parte soggettivo ed in parte convenzionale, fondamentalmente scherzoso, talora accortamente trovato per celare pensieri e fatti che non piaccia di far intendere a tutti, talaltra condotto sino alla stranezza di accozzaglie insensate di vocaboli , tipico di una tradizione fiorentina quattrocinquecentesca (aggiungendo, secondo un adagio oramai obsoleto, che in questa lingua si sbizzarr la scioperataggine accademica fiorentina, facendo poco opportuno sfoggio di acume ). I meccanismi linguistici riportati, principalmente attraverso le parole di Lorenzo Panciatichi, uno dei suoi artefici cinquecenteschi, sono la designazione di oggetti per metafora, il vocabolo sostituito che conserva una reale analogia con quello di partenza solo nella prima sillaba, la deformazione della parola, i nomi di citt per suggerire altri concetti (riportando Verona per verit, Piacenza per piacere); tutti meccanismi che si ritrovano nei Salterelli (R. Renier, Cenni sullantico gergo furbesco nella letteratura italiana, in Miscellanea di studi critici edita in onore di Arturo Graf, Bergamo, Ist. italiano darti grafiche, 1903, pp. 123-42, alle pp. 126 sgg.). 48.Sulla tradizione del sonetto burlesco, cfr. in partic. Longhi, Lusus, cit., capp i 1-4, e P. Orvieto, Sulle forme metriche della poesia del non-senso (relativo e assoluto), in Metrica , i 1978, p. 218. Vi fa riferimento la Rossi Bellotto (I Salterelli, cit., p. 62), che evidenzia anche la presenza dello stesso richiamo fonico, con vibrante+vocale, nelle due corone di sonetti (ivi, pp. 60-61). 49.Cfr. la famosa Canzone de cialdoni di Lorenzo (e cfr. G. Ferroni, Il doppio senso erotico nei Canti carnascialeschi orentini, in Sigma , xi 1978, pp. 233-50). Sui rapporti Lorenzo/ Burchiello, cfr. almeno Crimi, Loscura lingua, cit., p. 364, e, prima, M. Zaccarello, Buffon non di comun n dalcun sire: il Burchiello posseduto da Lorenzo (Laur. Pl. XL, 48), in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnico. Atti del Convegno di Firenze-Pisa-Siena, 5-8 novembre 1992, Lucca, Pacini, 1996, vol. ii pp. 609-36. In Caro ci sono degli equivoci spenzoloni ( e n su la stanga spenzoloni : ii 2); spuntoni ( dove le vespe aguzzan gli spuntoni , iii 3); cos come potrebbero essere equivoci soffioni e maccheroni (iii 7 e iv 3: lo sospetta anche Gorni, cfr. il suo commento a Mattaccini, iv, in Poeti del Cinquecento, i. Poeti lirici, burleschi, cit.), ma anche mosconi , occhioni , stranguglioni (vi 7), pifferoni (vii 3), culattando i colombi e i perticoni (vii 6), i gazzoloni (viii 2), i fia sconi e panioni

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carla chiummo vii vede puntualmente realizzarsi questa equivoca aspettativa metricolinguistica, ai vv. 5-8: Nuove cose vedrai, se vai a buonotta, / felice etade, e quasi in processioni / ir glalfabeti e glenni andar cogloni / consolati di maglia a tutta botta (dove la maglia a tutta botta direi che potrebbe celare un coerente senso osceno, non meno burchiellesco). Certo, la creativit anarchica della originaria poesia alla burchia si riconvertita ormai, nella poesia burlesca del maturo Cinquecento, in un repertorio e in un lessico preordinato e inquadrato, come ha chiarito Zaccarello.50 Ma proprio questo secondo aspetto che apre le porte ad una lettura pi stratificata dei Salterelli, rispetto alle ultime interpretazioni, tenendo presente la funzione anti-pedantesca della tradizione burlesca e insieme lausilio filologico-linguistico dellHercolano di Varchi per alcune voci popolari e proverbiali citate nei Salterelli. Il commento della Rossi Bellotto chiarisce sonetto per sonetto il contenuto e le modalit parodiche della diatriba inizialmente solo linguistica tra Caro e Castelvetro e il ruolo pro-Caro dei Salterelli. Non ripeter i puntuali rinvii a questo discorso avanzati dalla studiosa; ma al suo commento e alla sua linea interpretativa provo ad aggiungere alcune componenti che, nella felice ambiguit linguistica e semantica, mi sembra svelino altre movenze di eredit burlesca, ridimensionando lapparente nonsense 51 a un linguaggio oscuro con un suo proprio vocabolario e una sua propria tradizione. Riassumo subito queste possibili componenti in quella oscena e della parodia letteraria; e questultima non solo in una chiave petrarchesca, come poteva autorizzare direttamente la polemica
(x 2 e 6); nei Salterelli di Bronzino troviamo altrettanto equivoci braconi , cicaloni , fiaccoloni , berrettoni , stalloni , calzoni , capponi , stranguglioni , fiasconi . 50.Sonetti del Burchiello, cit., pp. xxiii-xxiv. Interessante per le consonanze lessicali e anche il contesto un dirompente effetto nonsense sullinserimento di nuovi vocaboli nella lingua fiorentina la Frottola della Lingua nova di Sacchetti: cfr. F. Brambilla Ageno, Riboboli trecenteschi (1952), in Ead., Studi lessicali, a cura di P. Bongrani, F. Magnani e D. Trolli, Bologna, Clueb, 2000, pp. 32-72: ad es. per le voci barbaro (per la lingua), altri discesi da Nembrotto , ruggioloni e sergozzoni (vv. 43-48); dicon sciarpelloni (v. 51); segli avvalla / e calla, / la palla / andr di palo in passo / e l sasso / far fracasso / insin dentro la berta (vv. 64-70); e caricangli la berta (v. 338). 51.La Nardelli scrive che nei Salterelli le argomentazioni di costui [scil. Bronzino] sono spesso generiche e sempre di ardua interpretazione (Rime in burla, cit., p. 418).

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il nonsense del bronzino manierista in oggetto e in particolare il porsi lo stesso Caro, nellApologia, a cavallo tra Petrarca e Burchiello 52 quanto anche dantesca, come appare ovvio pensando alla eredit burchiellesca, alla tradizione dellinvettiva e delle tenzoni e allo stesso stile comico53 (in Caro e in Bronzino con forti implicazioni anti-bembesche).54 Due chiavi di lettura che rappresentano peraltro un passepartout privilegiato non solo genericamente al territorio della poesia burlesca del Cin quecento, ma altrettanto al territorio contiguo o pi spesso parte in tegrante di quello del commento burlesco e della tenzone parodiante55 (e si ricordi che il giovanile Commento cariano di Ser Agresto da Ficaruolo sopra la prima cata del padre Siceo si richiamava sin dalla scelta del nom de plume del Caro allautorit di Burchiello).56 Soprattutto riguardo alla interpretazione oscena, sono ben consapevole di trovarmi sul fronte opposto rispetto alla Rossi, che nellIntroduzione ai Salterelli si dichiara convinta che questo tipo di lettura, in specie omosessuale, apra ben poche porte .57 Ma quella lettura era gi implicita nel linguaggio burchiellesco (e non solo) di maniera, e in questo il suo interesse. Anzi, ribalterei linterpretazione che ne d la studiosa, che parla di una doppia chiave di lettura e gi qui direi che i piani vanno al di l della secca duplicit dove da quella pi superficiale risulta un Bronzino burchiellesco e faceto [] , e dallaltra, un secondo livello di interpretazione testuale, dal
52.Caro, Opere, cit., p. 255. 53.Sul codice parodico dantesco e petrarchesco gi di origine burchiellesca, cfr. D. Poggiogalli, Dalle acque ai nicchi. Appunti sulla lingua burchiellesca, in Studi di lessicografia italiana , xx 2003, pp. 65-126. Sulla tenzone , cfr. C. Giunta, Premesse per un commento alle tenzoni di Burchiello, in La fantasia fuor de conni, cit. (ora Id., Sulle tenzoni di Burchiello, in Id., Codici. Saggi sulla poesia del Medioevo, Bologna, Il Mulino, 2005, pp. 253-78) e Id., Versi a un destinatario. Saggio sulla poesia italiana del Medioevo, ivi, id., 2002, e in partic. il Cap. iii, La Tradizione comico-realista, pp. 267-354; Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 197-203. 54.Sul Caro anti-bembesco, cfr. E. Garavelli, Perch Prisciano non facci ceffo . Ser Agresto commentatore, in Cum notibusse et comentaribusse. Lesegesi parodistica e giocosa del Cinquecento. Atti del Convegno di Viterbo, 23-24 novembre 2001, a cura di A. Corsaro e P. Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2002, pp. 57-78; P. Cosentino, LAccademia delle Virt: dicerie e cicalate di Annibal Caro e di altri Virtuosi, ivi, pp. 177-92. 55.Cfr. Longhi, Poeti lirici, burleschi, cit., p. 627; Cosentino, LAccademia delle Virt, cit. 56.Garavelli, Presenze burchiellesche, cit., pp. 233-34. 57.I Salterelli, cit., p. 18.

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carla chiummo quale emerge, in filigrana, un poeta colto e capace, pur ricorrendo ad espressioni gergali e popolari, di ammiccare maliziosamente al pubblico di accademici suoi pari .58 A me pare che questo secondo livello sia quello da cui non poteva non partire Bronzino (e che riassorbe in s il primo), e senza il quale infatti tutta la costruzione dei Salterelli resta del tutto priva di senso; mentre quella maniera burchiellesca che la Rossi definisce gergale e popolare , era unintricata rete allusiva entrata nel canone (o se vogliamo controcanone) cinquecentesco, in cui si inserisce il Bronzino serio e faceto (Caro Berni Varchi Doni Grazzini: sono i compagni di strada di Bronzino e sono coloro che avevano canonizzato Burchiello in quello che qualcuno si ostina a chiamare Antirinascimento ,59 ma che cultura rinascimentale tout court, o se vogliamo proprio aggiungere un aggettivo, diciamo pre-controriformistica, o cripticamente anti-controriformistica ormai negli anni Cinquanta e Sessanta).60 A questo fine prender in esame pi specificatamente il ii, il iv e il ix componimento dei Salterelli, ma aggiungo in forma parentetica uno o due note sul I sonetto, che introducono nel nostro percorso.61 La prima riguarda il nome di Bertuccia gi al v. 3 di questo primo sonetto. La Rossi Bellotto ricorda che mona Berta era evocata anche nel primo sonetto dei Mattaccini; ma Berta nome burlesco, lungo la linea burchiellesca e quattrocentesca, fino alla famosa Berta dellOrlandino del Folengo, di ascendenza anzitutto dantesca, come spesso in questa tradizione,62 e
58.Ivi, p. 95. 59. la Bugg del saggio bronziniano prima citato che adotta la definizione di Antirinascimento per la maniera di Bronzino. 60.E basti pensare al successivo ripudio delle sue rime burlesche da parte di Della Casa per avere un referente chiaro di questo drammatico cambiamento culturale. 61.Riproduco qui di seguito il testo del son. i: Mentre che l Gufo ruguma, e la frotta / gli cresce intorno degli scioperoni, / Bertuccia, toi de fogli e de carboni, / fammel da piedi infin alla cicotta. // Questa mi par la Brutta inculincotta. / Dov la pelle? O questi drappelloni? / Ecco il giudice, o Ribi, ecco i braconi; / Maso ecco, Matteuzzo, e lasse rotta. // Tu lhai schizzato? O buono! Or, perche paia / pi desso, to l colore e de pennelli; / finiscil tosto pria chaltri il dibruche, // chi corbi, e le cornacchie, e l Trentapaia / ci son volti e voglionlo in brandelli. / Gli sta ben troppo! Or vo che si conduche // un che me lo riduche / in istampa, e mandarne pi dun collo / pel mondo, e che si venda a fiaccacollo. /// (Salterelli, cit., p. 73). 62.Vd. Par., xiii 139: Non creda donna Berta e ser Martino / [] . Per la tradizione

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il nonsense del bronzino manierista che in Bronzino, come gi nei Mattaccini del Caro, annuncia il contenuto da berta , da burla appunto, dei sonetti (ribadito nel son. viii 12: ora converso il tutto in berta e n baia ). Inoltre si colloca in una tradizione ben precisa, cui concorre il terzo richiamo semantico del nome, e cio quello inerente a un bestiario perfettamente integrato nella tradizione burlesca e nel gioco letterario di Caro.63 Infatti, la bertuccia accompagna nel primo sonetto di Bronzino quel Gufo/Castelvetro, protagonista di tutta la polemica dellApologia, in versi e in prosa, con Il sogno di ser Fedocco incentrato sullo stesso Gufo, cui risponder Castelvetro scegliendo come suo emblema invece la civetta, nel senso di uomo saggio, e ponendola sul frontespizio delle sue Ragioni, risposta allApologia cariana. Ma oltre che nel prosastico Sogno, anche nei sonetti dei Mattaccini Caro approfittava del gioco di tradizione burlesca sul nome di gufo e di altri uccelli notturni, con allusione a persona sciocca (lo chiama di nuovo gufo nella Corona, vi 9-11, e Barbagianni nei Mattaccini, iii 16), risalente gi a Burchiello, allo Za e a Pulci.64 Il secondo punto interessante, in questo primo sonetto, riguarda il doppio gioco di specchi tra letteratura e pittura in Bronzino, dal momento che alla Bertuccia che la voce poetante chiede di fare un ritratto del Gufo, pria chaltri il dibruche : e sul senso, anzi i sensi ambigui di
epica e pulciana del nome, cfr. Brambilla Ageno, Studi lessicali, cit., p. 396; sullequivoco monna associato a scimmia e Berta , cfr. anche G. Folena, Il linguaggio del caos. Studi sul plurilinguismo rinascimentale, Torino, Bollati Boringhieri, 1991, p. 87 n. 36 (e p. 47 per berta con significato di gazza , con attestazioni quattrocentesche milanesi-fiorentine), per berta e berteggiare , vd. anche lHercolano (op. cit., to. ii p. 566). 63.Zaccarello, I sonetti del Burchiello, cit., pp. 273-74, vv. 10-11: lallusione a questo animale lascivo e forse ai cinedi , per postura e natiche colorate (ivi, p. 274). In Burchiello o la bertuccia era in cxcvi in un chiaro contesto osceno (con tafani, meloni e granchiolini ), e anche in zoccoli nel son. vi, v. 9 ( lo stesso sonetto dell imbottar nebbia ), come pure nel Pulci (Morgante, viii 74 8). 64.Ivi, p. 12 (per la voce fatappio ), p. 13 (per la voce civetta ). Un possibile senso osceno di questo animale suggerito, nellHercolano di Varchi, da una glossa sulla civetta, uccello spesso assimilato al gufo nella tradizione burlesca (vd. pure GDLI, alla voce gufo , nel significato di Persona sciocca , le citazioni da Pulci e Cammelli): alla voce civettare si precisa che sinonimo di uccellare , ovvero prendere in giro, ed usato in quel proprio significato che i Greci dicono [] fare alla civetta, cavando hora il capo della finestra, e hora ritirandolo dentro (Varchi, Hercolano, cit., to. ii p. 566).

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carla chiummo quel dibruche pi di un sospetto di oscenit viene fuori,65 legittimato peraltro dalle allusioni equivoche della voce bertuccia 66 nel lessico post-burchiellesco, e dal contiguo riferimento ai pennelli , oggetto di uno dei Capitoli pi noti di Bronzino, a evidente doppia chiave, artistica e sessuale. Sono per il ii e il iv sonetto a essere considerati dalla Rossi Bellotto i pi vicini a un linguaggio oscuro, ai limiti del nonsenso burchiellesco. Tuttavia, in questi sonetti, proprio come in quellapparente tradizione di nonsense, non uno, ma pi sensi riposti vengono fuori, man mano che si scava nei meandri del loro linguaggio e del contesto in cui si muovono.
65.Scrive la Rossi Bellotto che lannotatore anonimo del Magl. VII 115 spiega che dibrucare e sbrucare diciamo la selbastrella e il cavolo, quando non si lascia loro altro che le costole o il nervo , e lei stessa aggiunge che ancora in Toscana significa mondare una frasca facendovi scorrere la mano semichiusa (Salterelli, cit., p. 89); lo stesso rinvio fatto dalla Rossi ai versi dei Mattaccini non contraddice, anzi, rafforza il possibile sottinteso osceno (cfr. ii 16, ma anche vi 14). Tanto pi che Bronzino gira ripetutamente intorno a questa voce verbale nei versi equivoci del i e ii sonetto: (cfr. il dibruche di i 11 e lo sbruche di ii 11, cui corrispondono semanticamente e metaforicamente in ii 9 la voce verbale sprunate e nei Mattaccini, vi 14 il sintagma li suoi lauri imbruche (nel GDLI, alla voce dibrucare si legge: Letter. Liberare un albero (o un bosco) dai polloni inutili e dannosi ). 66.Per le implicazioni oscene della bertuccia nella poesia burlesca, oltre ai I sonetti del Burchiello, cfr. Brambilla Ageno, Studi lessicali, cit., pp. 183-84 ( berta, come incrocio, a sua volta, del nome proprio Berta col gergale berta tasca, bisaccia, che continua il latino averta, viene a significare genitale muliebre, ed anchesso parola gergale ) e la voce corrispondente nel DEI e nel Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. Riguardo al primo sonetto dei Salterelli, si veda in questultimo Dizionario anche alla voce gufo (con citazioni da Burchiello, e dai Nuovi canti carnascialeschi con senso osceno); ai capitoli 1.7.4. Tessitura e confezioni degli abiti e 2.1.4. Filatura, tessitura e abbigliamento per lambito semantico connesso al vestiario, ricorrente nei sonetti seguenti di Bronzino (con le voci drappelloni , braconi ); e alla voce schizzare (vd. anche a p. 237, alla voce frugatoio , per luso della doppia zz, come in schizzare, in allusioni oscene: Qualche folte per sollazze / scazzatoie su lanzi rizze, / e spinzende queste mazze / sue materie fuori schizze : / quando drente, tutte guizze / queste sode frugatoie: / perch nostre scazzatoie / star galante scutte vaie! (Giuggiola, Canzona di lanzi che fanno schizzatoi, 26, in Canti carnascialeschi, 24); seguono due altre citazioni dallAretino in prosa delle Sei giornate. Per il possibile sottinteso equivoco in presenza della doppia zz, si leggano anche i vv. 16-17 del son. viii dei Salterelli (e per il senso osceno dello schizzare , cfr. F. Sacchetti, Il Patafo, ed. critica a cura di F. Della Corte, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2005, p. 156).

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il nonsense del bronzino manierista Qui il primo livello di interpretazione chiaramente legato alla questione linguistica al centro della disputa Caro/Castelvetro, riassunta nei versi finali del secondo sonetto,67 nellauspicio da parte del Bronzino a che il fiorentino artificioso, letterario e iperpetrarchesco sostenuto da Castelvetro faccia invece un bagno rigeneratore nelle taverne fiorentine, se condo un adagio variamente modulato anche dal Caro dellApologia e dal Varchi dellHercolano 68 ( e n qualche Marmeruche / dun catelano a buche / vestite il parlar tosco ). Ma gi la doppia metafora iniziale della bi scotta / lama 69 di Caro/Ser Fedocco e della trivella del Gufo/Ca stel vetro che va strasciconi si apre subito a una chiave di lettura oscena,70 confermata dai versi seguenti: con la minchiatarra che, nella frequente ambiguit paretimologica della tradizione burlesca, include il significato osceno (la Rossi qui si spinge solo ad ammettere una punta maliziosa e
67.Riproduco qui di seguito il testo del son. ii: La targa del Fedocco e la biscotta / lama, provata a tutti i paragoni, / fannandar la trivella strasciconi, / n pi si ficca, anzi sdrucciola e smotta. // E poi che minchiatarra e bergamotta / ci arreca il Bratti ciarpa, i mascalzoni / nostri aprir doverranno a cicaloni / e metter dentro gongole e pagnotta. // O sprunate mai pi questa callaia, / e passisi alle verze e a limonchielli, / e ognerba e ognalbero si sbruche. // Pongasi fine a questa ciangolaia; / e cavinsi le stanghe e chiavistelli, / o sardan glusci; e n qualche Marmeruche // dun catelano a buche / vestite il par lar tosco, e por si vuollo / con quattro filze di lingue a armacollo. /// (Salterelli, cit., p. 74). 68.Cfr. Caro, Opere, cit., pp. 212-13, e Varchi, Hercolano, cit., to. ii p. 888 (e le riflessioni sulla esuberante variet morfologica del fiorentino , nellIntroduzione di A. Sorella, ivi, to. i pp. 120-21). Serianni si soffermato sulla consuetudine col Varchi da cui il Caro dellepistolario dovette trarre quel senso della lingua viva, alloccorrenza speziata di forme strettamente idiomatiche e di immagini triviali (L. Serianni, La lingua letteraria. La prosa, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni e P. Trifone, vol. i. I luoghi della codicazione, Torino, Einaudi, 1993, p. 500), mentre Marazzini sottolinea piuttosto limportanza per Varchi del fiorentino parlato colto (Il secondo Cinquecento, cit., p. 153). 69.Lequivoco linguistico si fonderebbe ovviamente sulla polisemia di quella prima voce (cfr. Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit.: Inzuppare il biscotto : per il rinvio osceno cfr. p. ix, con ulteriori rinvii al Molza della Ficheide e al Caro del Ser Agresto per la sola voce biscotto ) e insieme sullallusivit della seconda. 70.Come la bertuccia e in parte lo stesso Gufo, anche il simbolo del trespolo , proprio dellemblema della citt di Modena, ha un doppio senso osceno nella tradizione burchiellesca (cfr. Sonetti del Burchiello, cit., p. 32), su cui sembrano giocare sia Caro nei Mattaccini (con la gruccia di i 5; anche con la trivella del Sogno di ser Fedocco), sia Bronzino nei Salterelli (con la trivella di ii 3 e la trivellotta di iv 1).

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carla chiummo lallusione, anche, alla minchionate;71 ma predilige il senso di giocatori di tarocchi , anche per il sonetto di Pulci in cui gi appariva lespressione minchiatarr Napoletani ).72 Eppure il rinvio alla tradizione burchiellesca esplicito, per la Rossi Bellotto, nella citazione del sintagma del v. 8, gongole e pagnotta ; e dunque quasi certamente anche il doppio senso osceno della biscotta lama e della trivella , come pure dei cicaloni , delle verze , delle stanghe e dei chiavistelli , per non parlare delle buche , era facilmente fruibile per i lettori contemporanei del Bronzino, in quanto parte viva della tradizione burchiellesca.73 Daltronde, accanto al lessico con precise corrispondenze oscene, il rinvio figurato e il doppio senso di certe voci e paretimologie ad avallare questa ipotesi. Si pensi ai vv. 5-8 del secondo sonetto, dove, secondo unallusivit semantica comune al territorio burlesco, i mascalzoni a fine verso richiamano i calzoni , che aprir doverranno a cicaloni / e metter dentro gongole e pagnotte .74 In questo componimento, il piano
71.Salterelli, cit., p. 93. Il senso confermato dalla ripresa del son. ix 17: Vostra Minchioneria . Per la voce minchia , con esempi da Matteo Franco e Aretino, cfr. Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. 72.Interessante a questo proposito il confronto con il son. xxxi di Burchiello, per il contesto linguistico in cui inserita la voce (si pensi anche al Ser Agresto di Caro): poi gli condisci con uno scrignuto / e per sal vi trita entro votacessi, / e per agresto minchiatar fra essi / [] ; il votacessi richiama quel castellan della rocca de carrelli , ovvero castellano della rocca delle latrine, come verr definito Castelvetro da Bronzino nel Salt. v 10, e linvito finale a Castelvetro nel Salt. x 16-17, a prendere laccollo / la Civillara e l chiasso Buongigollo , ovvero, come riporta in nota la Rossi Bellotto, svuotare i pi grandi chiassi del ducato in cui si scaricano gli escrementi (per il minchiatar , nelle note a Burchiello, Zaccarello riporta invece la definizione del GDLI cialtroni, buoni a nulla : ed. cit., p.43). 73.Si veda per tutte queste voci il commento ai testi di Burchiello a cura di Zaccarello (Sonetti del Burchiello, cit.) e con la dovuta cautela a volte carente, in questo studio J. Toscan, Le Carnaval du langage. Le lxique rotique des potes de lquivoque de Burchiello Marino, 4 voll., Lille, Presses Univ. de Lille, iii, 1981, soprattutto alle voci chiavistelli, buche e uccelli notturni. 74.Peraltro il son. v espliciter questo rinvio: cfr. vv. 5-8 ( E sun mi presta e poi me le rimbrotta, / tengasi le sue brache e suoi calzoni, / chi vo pi presto al palio ir zoppiconi, / che sul dosso dun barbero che trotta ), con tutte le possibili allusioni ad atti di sodomia passiva e attiva (per landare al palio , cfr. Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit.). A proposito del senso osceno, cfr. qui iii 15-17 ( Ben vo, pria che si sdruche / la cornamusa, ognun le dia lo ngollo, / ma che saccordi al nostro torlorollo ) con Burchiello, lxviii 9-11

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il nonsense del bronzino manierista metaforico sessuale coerentemente battuto e ribattuto in tutte le quartine e terzine, pi compattamente, mi sembra, che in qualsiasi altro sonetto della corona dei Salterelli (e persino il rinvio alla taverna delle Marmeruche strizza locchio al linguaggio burlesco, includendo il frequente ricorso di questo a nomi di taverne e luoghi fiorentini pi o meno postribolari, con allusioni, in parte rimaste oscure, implicite in quei nomi. Qui, avverte la stessa Rossi Bellotto, il significato letterale delle marmeruche indica la rucola e larbusto spinoso della marruca , riportando allo sprunare e sbrucare di ognerba e ognalbero dei versi precedenti, con la possibile accezione equivoca, prima ricordata per il primo so netto).75 Se passiamo poi al iv sonetto,76 considerato dalla studiosa il pi burchiellesco , non si pu dimenticare che limmagine della Torre di Nembrot, prima che dal Varchi e dal Caro, in un contesto per loro evidentemente legato al motivo linguistico di questa querelle, era stata portata in auge dal Burchiello del son. lx (Limatura di corna di lumaca, v. 9; e nella tradizione preburchiellesca, gi dalla celebre frottola di Sacchetti sulla Lin( Portando a battezzare un lor fanciullo, / gli suonan lo stento colla ribeca / e colla cornamusa il tullurullo ; e il verso dopo contiene un riferimento al battezzare alla greca , con rinvio allusivo alla sodomia. Una ribeca, con rinvio osceno, gi nel Sacchetti del Patafo: cfr. la voce corrispondente nel Glossario, cit.). Per i significati osceni della cornamusa (con interessante menzione della raffigurazione pittorica fattane nellInferno musicale di H. Bosch: p. 253) e delle danze per lo pi vivaci e rumorose (p. 161), come gli stessi saltarelli , si vedano le voci corrispondenti in Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. (per i rapporti Bosch/letteratura e arte nonsensical, vd. anche G. Cocchiara, Il mondo alla rovescia, Torino, Bollati Boringhieri, 20073, in partic. il cap. 17, e Crimi, Loscura lingua, cit., passim). 75.Ma anche la voce callaia qui richiamata (v. 9: O sprunate mai pi questa callaia ) presente nel Dizionario storico del lessico erotico italiano per il sottinteso sessuale (peraltro con un rinvio al Pulci della Beca). 76.Riproduco qui di seguito il testo del son. iv: Dovarren la fusta trivellotta, / armata di chimere e rovescioni, / e quanti furno a peso i verrettoni / che percosson la fabbrica nebrotta, // e se un ranocchio, a dir guotte e non guotta, / sarebbe censurato da rabboni, / e quanto buio, andando brancoloni, /simbottere con la vostra barlotta, // vorrei sapere, e se la succiolaia / dal Pontevecchio, stampando cartelli, / vuol far tropparti, e a questo che linduche, // e quanto sia l pescar duna ragnaia / da grilli a braccia quadre e martinelli / tirato, e se tra granchi e le pesciuche // di loliche e ferruche / pu farsi un ponte, e di lolla, che n collo / tenga la piena che s mal conciollo. /// (Salterelli, cit., p. 76).

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carla chiummo gua nova, mirabilmente studiata dalla Brambilla Ageno);77 cos come il gracidare del ranocchio col gioco linguistico anti-Castelvetro sulle desinenze finali, in guotte/guotta era nel son. cxlix di Burchiello, con i ranocchi [] nel fangaccio che dicono il mattino avaccio avaccio .78 Mentre il buio [che], andando brancoloni, / simbottere con la vostra barlotta (vv. 8-9), riporta alla memoria quellespressione quanto mai burchiellesca dell imbottar nebbia , gi usata nel primo sonetto dei Mattaccini (v. 4: ove il Gufo ancor buio e nebbia imbotta ), dove in Btonzino forse incluso il doppio senso paretimologico del barlotta/Barletta , in Burchiello richiamante il campo semantico del barile e quindi del bere (ma l imbottare associato pi realisticamente ai piaceri della carne, con valenza anche sessuale, era gi nello Za della Buca di Montemorello e ancor pi nel Franco del sonetto Non so come non thai laria corrotta, vv. 3-4: la casa tua di soddoma coverta, / dove semprolio si trangugia e mbotta ).79 Per non parlare della succiolaia / dal Pontevecchio . La Rossi annota a questo proposito che le argomentazioni del critico modenese sono paragonabili alle castagne bollite vendute sul Pontevecchio . Ma non si pu dimenticare che in un sonetto (ix 9-11) Burchiello scriveva Fichi
77.Cfr. Brambilla Ageno, Studi lessicali, cit., pp. 32-72. 78.Per la polemica anti-Castelvetro del grotte / grotta , vd. Rossi Bellotto, I Salterelli, cit. 100 n. 5. Per il sottinteso osceno del ranocchio , cfr. alla voce corrispondente nel Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. Nello stesso son. cxlix di Burchiello su citato si trova limmagine del vescovo [che] tien ritto el pasturale (per lallusione oscena, vd. il commento di Zaccarello), che pu aiutare a leggere il senso equivoco del son. viii dei Salterelli, vv. 10-11: e stavan co mantelli / tesi a spettar le grazie modenuche . Infine, il ranocchio che dice guotte e non guotta al v. 5 del quarto Salterello potrebbe anche essersi ricordato, nel senso propriamente uditivo, del son. ix di Burchiello, per quel Voi non sapete porger gli utti (v. 14), che peraltro rinviava proprio allambito sonoro (Zaccarello spiega in nota che porger gli utti equivale a dare il la, la nota dattacco ). 79.Per il significato osceno di botte , specie con citazioni da Aretino, e per i rinvii in questo senso di barile e bariletto , cfr. Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. (con un rinvio alluso realistico della voce imbottare nel Simposio di Lorenzo: capp. vi 116 e vii 26). Per lambiguit sul vin di Barletta ; cfr. M. Zaccarello, Schede esegetiche per lenigma di Burchiello, in La fantasia fuor de conni, cit., p. 16; per una lettura equivoca dell imbottar nebbia di Burchiello, cfr. Toscan, Le Carnaval du langage, cit., vol. iii p. 1600. Varchi, nellHercolano, riporta anche la fraseologia toscana inerente al barlotto (cfr. Glossario allHercolano, cit., to. i p. 292).

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il nonsense del bronzino manierista aquilini e succiole ghiacciuole / e l sol Lion co chiavistelli asciutti / pigliavan tordi colle vangaiole , dove ricorreva una delle antitesi pi note del lessico burchiellesco (la castagna lessa80 peraltro con possibile rinvio osceno del succiare etimologico nelle succiole di contro ai chiavistelli asciutti: latto sessuale consueto e quello sodomitico), insieme a un contesto con pi analogie con quello di Bronzino. Qui infatti, nei versi seguenti del iv sonetto, si trova un adynaton nonsense, in perfetto stile Burchiello: e quanto sia l pescar duna ragnaia / da grilli a braccia quadre e martinelli / tirato, e se tra granchi e le pesciuche / di loliche e verruche / pu farsi un ponte, e di lolla, che n collo / tenga la piena che s mal conciollo (si rileggano i versi del son. ix di Burchiello prima citato, anche per il rinvio al sol Lion co chiavistelli asciutti e al pigliare tordi colle vangaiole ). Il riferimento principale allassurdit delloperazione del Castelvetro, ancora simile al significato del burchiellesco e gi cariano imbottar nebbia 81 (oltre a esserci il rinvio ai burchielleschi chiavistelli , di cui abbiamo gi detto, e ai granchi e avannotti con possibile traslato osceno).82 Comunque, certo che la succiolaia che vuol far tropparti lascia ampio spazio alle ipotesi pi ardite sulle arti da lei esercitate a Pontevecchio. E arriviamo al ix sonetto83 forse il meno ermetico della collana ,
80.Per le castagne lesse e il rinvio osceno del binomio lesso/secco, cfr. Sonetti del Burchiello, cit., p. 15; vd. anche le voci castagna e succiole in Toscan, Le Carnaval du langage, cit., vol. ii p. 831; nel vol. iii pp. 1215-19, viene discusso il significato osceno del succiare in rapporto alla voce soffiare (ma, nonostante i dubbi di Toscan, la citazione da lui stesso fatta dalla Canzone delle forese di Lorenzo Apri ben la bocca e succia! porta verso il sottinteso osceno). 81.Cfr. Sonetti del Burchiello, cit., pp. 14-15. 82.Cfr. per granchio , Sonetti del Burchiello, cit., pp. 5, 37, 67, 152. 83.Riproduco qui di seguito il testo del son. ix: Gi nove volte in man la scurotta / s presa, o arcifnfan de frusoni, / per farvi andar girando a balzelloni / come palo che barbera e pirlotta. // Dovete aver sentito una manotta / gagliarda intorno al capo, di tempioni / fornirvi, di cazzotti e rugioloni, / n per molto aggravar mai perder dotta. // Imparerete a frugar la vespaia, / e destare il Giordan che vi sbudelli, / e sverre al lion bravo le peluche. // Or nuova tela, e con nuova telaia, / daltra trama e daltropra in su cannelli / si mette in punto a far toghe e vestuche, // acci sinconte e nduche / di Giron, di Grosseto e Battifollo / Vostra Minchioneria, che pur dirollo. /// (I Salterelli, cit., p.81).

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carla chiummo annota prudentemente la Rossi Bellotto 84 dopo il vii, con i suoi richiami diretti (anche stilistici) al Petrarca al centro della polemica letteraria, e lviii, in cui vengono evocate le tre Corone, nei toponimi Certaldo Ancisa e l ponte alla Carraia , come sempre anche con possibili sottintesi osceni ( Certaldo, Ancisa e l ponte alla Carraia / facean gi trebbio, e stavan co mantelli / tesi a spettar le grazie modenuche : la Rossi non accenna affatto a quegli strani mantelli tesi pronti allassalto del modenese, n al sottinteso osceno di tradizione burchiellesca dell Ancisa ).85 A me sembra che la parodia dantesca chiuda questo trittico con stilemi e richiami impliciti a quel nume tutelare non solo della lingua eletta tra i modelli pi alti tanto dal Caro quanto dallo stesso Bronzino (e poi dal Varchi dellHercolano), ma di tutta la tradizione burchiellesca. Il primo richiamo dantesco, nel son. ix, gi forse in quel nove che contraddistingue la posizione del componimento allinterno del ciclo dei Salterel li, e insieme, nellesordio tutto parodisticamente dantesco, non solo nella numerologia sacra: Gi nove volte (un Dante cui si aggiunge, nel l arcifnfan de frusoni del v. 2, un richiamo cariano-rabelaisiano).86 A
84.Ivi, p. 111. 85.Per lallusione oscena dell Ancisa , Sonetti del Burchiello, cit., p. 5. A rafforzare il sottinteso osceno, quel mattufol che si vede sur un zollo / rizzar e alla guazza pollo dei versi finali del son. viii (cfr. le voci rizzare e guazza in Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit.; per il possibile significato equivoco del mattufol , cfr. Toscan, Le Carnaval du langage, cit., vol. ii p. 1029). La polisemia del mantello, che indica anche una parte dellarmatura (cfr. G. Crimi, Ispirazione proverbiale, polisemia e lessico criptico nei sonetti di Burchiello, in Studi di italianistica per Maria Teresa Acquaro Graziosi, a cura di M. Savini, Roma, Aracne, 2002, p. 86), coerente con il linguaggio bellicoso della disputa in oggetto, non esclude, come sempre in questo ambito, il significato da me richiamato. 86.Riguardo al doppio richiamo all arcifnfan delle lingue usato da Caro per apostrofare Castelvetro nella Rimenata del buratto dellApologia (ma anche il barbassoro delle fanfaluche dei Mattaccini, i 14) e lorigine prima della voce, che, come gi suggeriva Jacomuzzi (Caro, Opere, cit., p. 209), potrebbe essere direttamente rabelaisiana: vd. Les Fanfrelouches antidotes ( le fanfaluche antidotiche ) che aprono il cap. ii del libro di Gargantua, in pieno stile nonsense (F. Rabelais, Gargantua, a cura di P. Michel, Paris, Gallimard, 1969, p. 69; la nota esplicativa precisa: Les Fanfrelouches sont une nigme, genre littraire la mode au XVIe s. , ivi, p. 68; si tenga per anche presente che lantico francese fanfaluce derivava dal tardo latino fanfaluca: cfr. Dictionnaire de la langue franaise par P. Robert, Paris, Snl, 1979, p. 758). Negli anni Sessanta, Rabelais senzaltro noto ai letterati italiani ed dunque da valutare meglio il rapporto di questo contesto letterario con il Gargantua e

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il nonsense del bronzino manierista questa parodia dantesca incipitaria si affianca quella, direi palese e su pi piani, dei vv. 9-11, dove giustamente la Rossi azzarda un riferimento allHercolano che stava elaborando Varchi sullonda della polemica Caro/ Castelvetro: Or nuova tela, e con nuova telaia, / daltra trama e daltropra in su cannelli / si mette in punto a far toghe e vestuche , con eco di Par., xxv 7-9 ( con altra voce omai, con altro vello / ritorner poeta, ed in sul fonte / del mio battesmo prender l cappello ). Una parodia su pi piani, perch, pur con ben altri significati, Bronzino sembra riutilizzare anche la stessa metafora tessile (giocando sullaequivocatio del vello dantesco, e sul cappello preso nel significato letterale), che allo stesso tempo si aggancia allirriverente critica di Caro, nellApologia, alla cantonata di Castelvetro riguardo al sintagma panno a vergato .87 E la parodia dantesca mi sembra ulteriormente confermata dallaequivocatio sulla fede che fa conte / lanime a Dio (Par., xxv 10-11), con quel conte isolato a fine verso che rimbalza nella parodia del verso seguente di Bronzino, acci sinconte e nduche , dove il parasintetico inconte per di pi neoformazione di stampo linguistico, appunto, squisitamente dantesco.88 Dunque, probabile parodizzazione in chiave dantesca, dopo quelPantagruele: per es. anche per luso delle false etimologie, per gli stessi versi nonsense delle Fanfaluche antidotiche, per il sottinteso burlesco dei nomi inventati, ecc. In Rabelais c anche un avalleurs de frimars (ivi, p. 185; ruminatori di nebbia , Id., Gargantua e Pantagruele, a cura di M. Bonfantini, Torino, Einaudi, 1993, p. 65), contiguo all imbottar nebbia di eredit burchiellesca. Resta per il divario di fondo tra la poetica e la filosofia di vita libertaria, erasmiana e pi pulciano-folenghiana di Rabelais e la temperie italiana degli anni Cinquanta e Sessanta in cui agiscono Caro e Bronzino, trovandosi sul fronte opposto al perseguitato ed eretico Castelvetro (sebbene la loro ortodossia cattolica sia tuttaltro che inattaccabile). Aggiungo che la voce rabelaisiana fanfaluche in Aretino fanfalughe si ritrova nel Varchi dellHercolano (ed. cit., to. i p. 622) e in un testo assai interessante proprio sui ghiribizzi di chi pazzeggia col poetizzare , e cio una lettera di Aretino del 1540; e ancora in Doni, che nel 1550 usa la voce fanfalucole per definire le poesie di Burchiello (cfr. La fantasia fuor de conni, cit., pp. 141, 174), oltre che nel sottotitolo della sua Zucca. Per un accostamento Aretino/Rabelais, vd. anche F. Guardiani, Aretino e Rabelais, in Pietro Aretino nel cinquecentenario, cit., to. ii pp. 1009-25. 87.Cfr. Caro, Opere, cit., pp. 212-13; ne parla anche Varchi nellHercolano (ed. cit., to. ii pp. 813-14). 88.Oltre ad esserci, in quei versi danteschi, il Mira, mira (Par., xxv 17), che sar pi volta rimodulato dalla poesia burlesca del Cinquecento, da Berni in poi (cfr. Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 392-93).

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carla chiummo la petrarchesca del son. vii,89 e ancora riuso del doppiofondo osceno del la tradizione burlesca: a cominciare dalla prima quartina, con la scurotta , ovvero sferza, in man [] presa dall arcifnfan de frusoni , ovvero dei passeri,90 insieme al possibile sottinteso osceno del seguente girando a balzelloni / come palo che barbera e pirlotta ,91 su una variazione delle stesse immagini e voci equivoche del son. v 6-8 ( tengasi le sue brache e suoi calzoni, / chi vo pi presto al palio ir zoppiconi, / che sul dosso dun barbero che trotta ). Con qualche ulteriore ombra equivoca sulla manotta / gagliarda intorno al capo dei vv. 5-692 e qualche dubbio su una possibile allusivit oscena anche di quei toponimi finali, di Giron, di Grosseto e Battifollo , tra le pieghe del doppio senso non osceno delle tre voci, equivalenti rispettivamente a matto idiota e 93 folle , come segnalato dalla Rossi Bellotto. Gli esempi di questo linguaggio burlesco e cifrato, ormai di maniera, si moltiplicano se si prendono in considerazione anche gli altri sonetti. Ma certo che questa contaminazione tra serio e faceto che attraversa lintera produzione poetica di Bronzino va inserita nel nobile ter89. [] / dove saran gli strigoli e glarnioni / digrassati al Petrarca otta per otta? // Nuove cose vedrai, se vai a buonotta, / felice etade [] , vii 3-6. Ricordo che peraltro nel Cinquecento il parallelo letterario Dante-Petrarca si rispecchiava spesso nel parallelo artistico Michelangelo-Raffaello (cfr. Pinelli, La maniera, cit., p. 138). 90.Cfr. alla voce passero nel Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. 91.Qui il commento autografo del codice Magliabechiano di grande aiuto, con il rinvio alla commedia veneta rinascimentale: barberare della trottola che, mentre gira, quando ha il ferro torto, gira balzellando e non continuata. Pirlotta un verbo bergamasco tolto da Zanni che pirlava il tondin . A proposito del barbero e della polemica con Castelvetro: cfr. Sonetti del Burchiello, son. viii, al v. 1 (dove usa Barberia e il sintagma camarlingo dellortografia , citato da Caro nellApologia parlando di Castelvetro; interessante per il contesto linguistico di questa polemica il verso finale di Burchiello, e le civette studiano in gramatica ). Per luso di barbaresco riferito alla tenzone BurchielloRoselli, cfr. Crimi, Ispirazione proverbiale, cit., p. 89. Per il palio , vd. il cap. 1.6.b. Giostra in Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. 92.E forse per il frugar la vespaia del v. 9 (in Burchiello, son. xxxvi, il gran vespaio del v. 14 si colloca in un contesto ambiguo, con allusivit oscena). 93.Peraltro anche solo in questo significato di matto, minchione , rinviano a un ricco sottobosco equivoco cariano che parte dal Commento di ser Agresto (cfr. Garavelli, Presenze burchiellesche, cit., pp. 235-36). Vd. anche alla voce battifolle nel Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit.

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il nonsense del bronzino manierista reno, ancora in parte da dissodare, della messa in discussione cinquecentesca, mai radicale ma oramai disinibita, di qualsiasi rigido dettame classicistico rispetto ai grandi modelli (pur continuando altrove a omaggiarli ed emularli), per via di parodia. Allo stesso tempo con una consapevolezza letteraria, abbagliante nella diatriba dei Salterelli, che si inserisce nel cuore delle polemiche anticlassicistiche e che svela la sua chiave manieristica nella stessa citazione diretta di quei dibattiti e di tutto un territorio post-quattrocentesco, squisitamente fiorentino, delle baie, burle e poesie alla burchia. E questo, nel caso di Bronzino, inevitabilmente incrocia il suo essere pittore: perch quella poesia alla burchia, e poi la tradizione burchiellesca e bernesca, avevano tra i fondatori e animatori pittori come lOrcagna (che fosse, come sembra poco probabile, il pi noto artista o il pi modesto Mariotto di Nardo di Cione),94 lAlberti che duetta con Burchiello, il Brunelleschi almeno di Panni alla burchia e visi barbizechi,95 un certo Leonardo (penso ai suoi Pensieri, alle Favole, al Bestiario, alle Fa ce zie),96 insieme al Michelangelo giocoso (con tutte le pi diverse e caute definizioni attribuibili alla sua poesia bernesca).97 E perch, in ultima istanza, questa poesia bronziniana, piena di stravaganze e bizzarrie , co
94.Cfr. M. Cursietti, Alle radici della poesia burchiellesca: lOrcagna pittore e lo Za buffone, in La parola del testo , vii 2002, pp. 157-68, dove si ripercorre puntualmente questa diatriba sullidentit dellOrcagna. 95.Se nel 1980 Tartaro dichiarava di incerta paternit brunelleschiana questo sonetto (Burchiello e burchielleschi, Roma-Bari, Laterza, 1980, p. 90), Zaccarello si dichiara invece ormai certo dellattribuzione ( i codici gli attribuiscono univocamente almeno Panni alla burchia e visi barbizechi : Sonetti del Burchiello, cit., p. vi). 96.Si vedano i Pensieri, 96: Ti diacciano le parole in bocca e faresti gelatina in Mongibello ; 98: Salvatico quel che si salva (crede sul serio a questa etimologia o un paradosso?); 104: Farisei frati santi vol dire ; in Profezie, 174: O Moro, io moro, se con la tua moralit non mi amari; tanto il vivere m amaro! ; i calembours linguistici e osceni delle Facezie, 6 7. Daltra parte i due elenchi della biblioteca di Leonardo in nostro possesso, quello del Codice Atlantico e quello di Madrid, rivelano che la sua non sterminata biblioteca includeva il Morgante, le Facetie di Poggio, Geta e Biria, Ciriffo Calvaneo, e soprattutto Burchiello, ricordato in entrambi gli elenchi (Leonardo da Vinci, Scritti letterari, a cura di A. Marinoni, Milano, Rizzoli, 1991, pp. 74, 138, 140, 241-43). 97.Per una radicale riconsiderazione delleventuale bernismo michelangiolesco, cfr. in partic. D. Romei, Berni e berneschi del Cinquecento, Firenze, Ed. Centro 2P, 1984, p. 139, e pi in generale tutta la p.te iii sul Bernismo di Michelangelo ; il lavoro di Romei stato ristampato: cfr. Id., Da Leone X a Clemente VII. Scrittori toscani nella Roma dei papati medicei

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carla chiummo me scriver Vasari, pu anche aiutare, paradossalmente, a far meglio luce sulla purezza gelida e affascinante 98 tuttora prevalentemente attribuita in toto alla sua pittura di maniera.

(1513-1534), Manziana, Vecchiarelli, 2007; vd. anche A. Corsaro, Michelangelo, il comico e la malinconia, in Id., La regola e la licenza, cit. 98.Sono parole di G. Briganti, cit. in Baccheschi, Lopera completa del Bronzino, cit., p. 14. Sulla compresenza di serio e faceto anche nella sua pittura pi ufficiale, oltre che nella poesia, cfr. Parker, Bronzino, cit., pp. 158-64.

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Pasquale Guaragnella I L NON S E N S E i N aLC uN e F iaBe DeL P E NTAM E RON E Di Giam BaTTisTa Basi Le

Ne Lo cunto de li cunti, ovvero il Pentamerone, pubblicato nel terzo decennio del Seicento e destinato come altre opere di Giambattista Basile alla conversazione nelle piccole corti napoletane, lautore dedica il primo racconto della prima giornata alle singolari vicende di una figura, in parte ridicola e in parte subumana, ma certamente aliena dalla malinconia: quella dellidiota. Uno studioso ha osservato a questo proposito che contro lintellettualismo del secolo [] rinasce la simpatia per linsensato e il paese di Cuccagna: lidiota nemico della malinconia, le sue parole sembrano dettate dalloracolo, ed il custode di una arcaica saggezza . Senonch, allinterno di questo clima di simpatia per la figura dellidiota, questultima rappresenta soprattutto linvito ad una interpre ta zione letterale del mondo , contro ogni forma di malizia e di ingan 1 no. Attesta suggestivamente di questi motivi appunto la prima fiaba della raccolta di Basile, quella dellorco e di Antuono da Marigliano, un simpaticissimo idiota, il quale, dopo essere stato ingannato per due volte da un oste, perverr poi a grande ricchezza. La fiaba di Antuono sembra di sporsi tra i due poli culturalmente antitetici, e pur complementari, della economizzazione della vita, da un lato, e del sogno di abbondanza, dallaltro lato. Nella prima parte della narrazione, infatti, Masella, che rappresenta il decalogo della prudenza e dellordine, non fa che rimproverare al figlio i comportamenti di un lazzaronismo perdigiorno, ovvero il suo parassitismo:

1.S. Calabrese, Gli arabeschi della aba. Dal Basile ai romantici, Pisa, Pacini, 1984. Per un inquadramento generale, si vedano pure N. L. Canepa, From Court to Forest: Giambattista Basiles Lo cunto de li cunti and the Birth of the Literary Fairy Tale, Detroit,Wayne State Univ. Press, 1999, e Giovan Battista Basile e linvenzione della aba, a cura di M. Picone e A. Messerli, Ravenna, Longo, 2004.

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pasquale guaragnella
Che ci fai in questa casa, maledetto il pane che mangi? Squaglia pezzo di niente, seccati maccabeo, sprofonda piantaguai, levati da qui scolacastagne, mi sei stato cambiato dentro la culla e in cambio di un bambolino cicciotello piccolino bello mi c stato messo un maialone mangialasagne! 2

E tuttavia Masella parlava, ma Antuono fischiettava: sino a quando un giorno come gli altri , randellato a dovere dalla madre, il nostro eroe, riuscito a sfuggirle dalle mani, gira i calcagni e si allontana da casa . Comincia ora il viaggio esoterico e purificatore ; e infatti, dopo una faticosa giornata di cammino, sullimbrunire e cio quando i confini tra luce e ombra si fanno incerti Antuono arriv sotto i piedi di una montagna cos alta che giocava a cavallina con le nuvole e dove, sopra una grande radice di pioppo sotto una grotta decorata di pietra pomice, stava seduto un orco e mamma mia comera brutto! . O mamma mia comera brutto : lespressione non di Antuono il quale mostrer invece di non avere alcuna paura ma della fabula trice, Zeza la sciancata. E infatti, quella dellorco una figura perturbante del limmaginario collettivo fra Medioevo ed Et moderna. Questo spavento nel quale si racchiudeva un tab antropofago certamente abbastanza diffuso , attestato indirettamente da un numero molto alto di favole piene di orchi, di mangiatori di carne di cristiani, di uomini selvatici e da episodi consimili frequenti nei poemi cavallereschi del XV e del XVI secolo, dai giganti del Ciriffo Calvaneo mangiatori di bambini, al lOrco dellOrlando innamorato a quello del Pentamerone .3 Del resto, la rap presentazione che nel cunto si tenta dellorco d unidea di questo per turbante :
Quello era nano e manico di scopa, aveva la testa pi grossa di una zucca indiana, la fronte tutta bitorzoli, le sopracciglia unite, gli occhi strabici, il naso ammaccato con due froge che sembravano due fogne, una bocca grande quanto una macina da mulino, da questa uscivano due zanne che gli arrivavano alle ossicine dei piedi, il petto peloso, le braccia da aspo, le gambe a volta di cantina e i piedi larghi come quelli di una papera: insomma sembrava uno spirito maligno, un
2.G.B. Basile, Lo cunto de li cunti, a cura di M. Rak, Milano, Garzanti, 1986, p. 32. 3.P. Camporesi, Introduzione a Il libro dei vagabondi. Lo Speculum cerretanorum di Teseo Pini, Il vagabondo di Raddaele Frianoro e altri testi di furfanteria, Torino, Einaudi, 1980, p. 37.

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il nonsense in alcune fiabe del pentamerone


diavolaccio, un brutto straccione e proprio un fantasma che avrebbe fatto rabbrividire un Orlando, spaventare uno Scanderbeg e impallidire un lottatore.4

La descrizione procede secondo una tecnica peculiare, come si pu agevolmente rilevare: va dallalto verso il basso, ripetendo in questo modo lessere dellorco, ovvero il suo essere divinit terrigena: e non un caso che la prima visione di Antuono sia quella dellorco seduto sulla radice di un pioppo. Ora, nonostante ogni particolare della figura incontrata dovesse indurlo a un sentimento di paura, la presenza dellorco non procura ad Antuono alcun brivido. Anche in questa occasione Antuono si riveler in pieno una specie di eroe del non-sense , a tal punto che, fatto un inchino col capo disvelando in questo modo un codice cortigiano improvviso cos Antuono si rivolge allorco: Buongiorno signore, come va? Come stai? Vuoi niente? Quanto manca da qua al posto dove devo andare? . il trionfo del nonsense. Lorco, a sentire di questo discorso di palo in frasca , si mise a ridere , e perch gli piacque lumore della bestia [e cio di Antuono, paragonato a una bestia] gli disse: Vuoi fare il servo? . La replica di Antuono sar singolare: E quanto vuoi al mese? ; e significativa poi perch improntata a sentimenti di saggezza e tenerezza la risposta definitiva dellorco: Bada a servirmi decentemente, andremo daccordo e ti andr tutto bene .5 Ci ricorderebbe Piero Camporesi che limmagine dellorco, che grava a lungo sulla cultura occidentale come un pesante rimorso, viene esorcizzata, nel tentativo di rimuoverla , proprio attraverso la rappresentazione comico-grottesca, secondo un meccanismo tipico che riduce a spauracchio per bambini un incubo della coscienza collettiva .6 Alimentato da una esperta arte del rovesciamento grottesco, il dialogo tra Antuono e lorco una suggestiva allegoria di un movimento di contrazione fra bestialit e saggezza : come si visto, Antuono, il fanciullo, rivela ancora gli umori della bestia, e lorco invece rappresentato in una sua eccezionalit fatta di saggia vecchiezza. Senonch, anche nel loro andamento grottesco, queste con4.Basile, Lo cunto de li cunti, cit., p. 34. 5.Ibid. 6.P. Camporesi, Introduzione, in Il libro dei vagabondi, cit., p. 38.

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pasquale guaragnella trazioni tra il magico e il bestiale ricordano tipologie di derivazione bruniana secondo cui il bestiale richiede di essere compreso sia nella componente della passiva naturalit, sia in quella della migliore possibilit umana e viceversa.7 Ma non questo ritmo biunivoco, gi di derivazione umanistica, costitutivo della antropologia del pazzo? Una riprova nella domanda che il picaro Antuono rivolge allorco a proposito del luogo in cui deve andare: si tratta di un luogo ignorato dallorco che interpreta il parlare di Antuono, s rilevato, come un trascurso da palo m pertica ma in verit ignorato soprattutto da Antuono. Quando scappato da casa il ragazzo non aveva alcuna meta. Cosa si nasconde allora dietro questo giuoco del non-sense ? Esattamente una critica del viaggio, della sua cultura: in questo modo che da eroe del viaggio e dellavventura, Antuono annuncia una delle non poche metamorfosi del Cunto: Antuono si atteggia segretamente a spettatore critico di quella cultura. in ragione di consimili effetti di rovesciamento che il pazzo umilia i saggi di questo mondo, compresi naturalmente i dottori e i teologi . Ci ricorda Klein che la Nave dei pazzi non solo piena di discorsi contro lerudizione e la curiosit del sapere libresco tema che si ritrova largamente nel Pentamerone ma nel capitolo lxvi, assai significativamente, contiene rivolto contro i viaggiatori un accenno ai pazzi che partono sulle loro navi per dimostrare che la terra rotonda . Dietro il comico di Antuono si nasconde ormai una dose sottile di ironia e finanche di autoironia: tanto che si pu rilevare lazione di una polarit ovvero di una intima connessione fra coscienza ottenebrata e coscienza distaccata .8 Pure questultimo movimento potrebbe, del tutto lecitamente, far pensare a Bruno: ma qui si aprono le differenze fra il Nolano e il Basile. Nella cui visione il riso concresce e il rapporto tra Antuono e lorco una riprova tra chi simpegna a un patto di fedelt e il suo padrone: ovvero tra il cortigiano e il suo signore, a testimonianza di un legame di
7.N. Badaloni, Filoso, utopisti, scienziati, in Cultura e vita civile tra Riforma e Controriforma, a cura di N. Badaloni, R. Barilli, W. Moretti, Roma-Bari, Laterza, 1973, p. 70. 8.R. Klein, Il tema del pazzo e lironia umanistica, in Id., La forma e lintellegibile. Scritti sul Rinascimento e larte moderna, Torino, Einaudi, 1975, pp. 477-97.

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il nonsense in alcune fiabe del pentamerone solidariet. Non v dubbio: per una ideologia esplicitamente cortigiana quale quella di Basile il miglioramento delle possibilit umane passa attraverso linscrizione nel sistema del potere aristocratico-cortigiano, nel sistema dei suoi codici. Il potere la fonte della saggezza, il cui consiglio bisogner tenere segreto: in fondo, venendo meno ai suoi divieti, Antuono si riveler un pessimo segretario dellorco. Ma in verit questo av viene perch, al di l delle apparenze, la permanenza di Antuono presso lorco continua a disvelare un carattere perturbante e sotto una forma ambiguamente moderna: non gi leccezionale e meravigliosa bruttezza dellorco far paura ad Antuono, ma qualcosa di pi spaventoso: il quotidiano. Questo quotidiano, nel Seicento, trascorre sotto la pressione di due allucinazioni collettive contrapposte fra loro: la fame e labbondanza. Di qui una profonda e inquietante ambiguit: lintera epistemologia della crescita (iniziazione del fanciullo) ne irrimediabilmente attraversata. Non ci resta che seguire il racconto di Basile:
Cos concluso questo patto Antonio rimase al servizio dellorco, dove il mangiare si gettava a terra e in quanto al lavorare si faceva il pecorone e al punto che in quattro giorni Antonio si fece grasso come un turco, tondo come un bue, sveglio come un gallo, rosso come un gambero, ver de come un aglio e panciuto come una balena e cos massiccio e tarchiato che non ci vedeva pi.9

Senonch, la situazione di abbondanza nella quale si trova inviluppato Antuono soltanto una prima facies. Siamo indotti a rilevare questo dal fatto che non passarono due anni che, annoiato dal grasso, gli venne desiderio e voglia grande di dare unocchiatina a Pascarola e, pensando alla sua casetta, sera quasi ridotto comera prima . Fastidio de lo grasso e desiderio de la casarella soia : qui il male oscuro di Antuono. significativo: si ripete in questunica la storia duplice di Bertoldo e Bertoldino ovvero del padre che morir in una situazione di abbondanza ma desiderando fino allultimo le cose naturali , e del figlio che pur potendo godere di una situazione di abbondanza, far ritorno a casa dando soddisfazione a un suo insopprimibile desiderio . A proposito di questo strano desiderio , Giancarlo Mazzacurati ha posto acutamente un in9.Basile, Lo cunto de li cunti, cit., p. 35.

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pasquale guaragnella terrogativo: perch il padre, cos saggio, resta a corte e vi muore [] e il figlio, cos folle, sembra comprendere per istinto il pericolo di quel luogo, e se ne torna a casa, alla sua natura felice e ricco? .10 Pertanto, Antuono si vede nutrito e ingrassato in un luogo s senza confini ma che, per un singolare paradosso, risulta anche solo che si affili larma del sospetto un vero e proprio recinto . E per un altro intreccio di paradossi, quellorco che per Antuono il quale allinizio della storia senza padre ormai un vero padre, dispiega una sua natura tanto pi inquietante quanto pi diventa agli occhi di Antuono figura familiare: proprio perch diventato padre. Bisogna andare alla inquieta facies interiore delluomo comune dellet preindustriale per capire qua le groviglio di irresolubili antinomie ci troviamo qui di fronte: sempre legato psicologicamente a una sorta dinfanzia , questi un uomo che non appartiene tutto a se stesso e non pu scegliere il suo essere sociale .11 Di qui la follia apparentemente inesplicabile delle sue reazioni: e di qui anche un comportamento scisso tra la gratitudine e il desiderio di uccisione del padre. Infatti, quellorco che prima facie non induce timore alcuno nellanimo di Antuono, successivamente determina una sorta di insecuritas: e il luogo dellabbondanza produce semplicemente paura del luogo, ovvero una sorta di paura della stasi. E il viaggio di Antuono dovr ricominciare, conferma che in quel luogo egli non ha fatto ancora una decisiva esperienza. Intanto lorco fa dono ad Antuono di un asino che potr alleviargli le fatiche del viaggio, ma ingiungendogli di non pronunciare mai la formula magica Corri, defecazecchini. Ma Antuono contravviene al divieto di pronunciare la formula magica Corri, defecazecchini e pertanto conoscer i poteri magici del lasino che evacua gioielli e denari, ma sperimenter altres le prime disavventure ad opera di un oste al quale ha chiesto da mangiare e da dor10.G. Mazzacurati, Narrativa e romanzo nel Seicento, in La letteratura italiana. Rinascimento e Barocco, a cura di S. Battaglia e G. Mazzacurati, Firenze, Sansoni, 1974, p. 421. Sul tema della tradizione favolistica italiana, cfr. G.B. Bronzini, Lo Cunto de li Cunti serbatoio letterario di abe popolari, in La parola del testo , 1 2000, pp. 181-88. Su Bertoldo, daltro canto, si vedano almeno Q. Marini, Bertoldo, Bertoldino, Marcolfo, Casale Monferrato, Marietti, 1986, e P. Camporesi, La maschera di Bertoldo, Milano, Garzanti, 1993. 11.P. Camporesi, Introduzione a Il libro dei vagabondi, cit., p. 131.

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il nonsense in alcune fiabe del pentamerone mire. Loste della nostra fiaba fa mangiare e bere Antuono quanto pi possibile, per poi mandarlo a dormire. Durante il sonno dello sciocco, loste corre alla stalla e dice allasino: arre cacaure, e lasino fece la soleta operazione . Al pari della fiaba di Nardiello vero e proprio fratello maggiore di Antuono fiaba nella quale si registrer un triplice inadempimento, per inganno, nella consumazione di un atto sessuale, in questa di Antuono assistiamo, in ragione di inganni non molto diversi (dalladdormio) a un triplice inadempimento delle raccomandazioni dellorco. Intanto, il risveglio di Antuono designa la scena dei gesti e dei movimenti propri di un pecorone che stato ingannato dalloste:
E quando si fu svegliato la mattina quando esce lAurora a svuotare il vaso del suo vecchio, tutto pieno di renella rossa, alla finestra dellOriente si strofin gli occhi con la mano, si stiracchi per mezzora e dopo una sessantina di sbadigli e peti a forma di dialogo, chiam loste dicendo: Vieni qua, amico, conti frequenti e amicizia lunga, restiamo amici e facciamo azzuffare le borse; fammi il conto e pagati .12

Senonch, vedremo, Antuono non poi dissimile da Bertoldino: al pari del personaggio di Giulio Cesare Croce non un babbeo volgare, uno di quei goffi subumani, tutto funzioni biologiche, di cui la narrativa precedente ci ha lasciato qualche esemplare . Anche Bertoldino, al pari di Antuono, sar in grado di trasformare anche il pi semplice e fisiologico degli scambi dialogici in un esempio di acuta ironia a danno ma in sen so benevolo degli interlocutori ingenui o soltanto sprovvisti della medesima acuzie. Si osservi ad esempio questo scambio tra Bertoldino e la regina, tra le protagoniste femminili delle Sottilissime astuzie di Ber toldo:
Regina: Come taddimandi tu? Bertoldo: Io non domando nulla. Regina: Come ti chiami? Bertoldo: Chi mi chiama, io gli rispondo. Regina: Dico come tu tappelli. Bertoldo Io non mi sono mai pelato, chio mi ricordi.

12.Basile, Lo cunto de li cunti, cit., p. 39.

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pasquale guaragnella Piero Camporesi ha rilevato che scambi come questi, trionfo concettuale e dialogico del nonsense, appartenevano al repertorio dei comici dellarte i cui legami con la cultura popolare della festa sono senza dubbio fortissimi. Trionfo del nonsense sono anche alcune battute oggi forse le chiameremmo freddure una domanda rivolta alla madre: Quando mi facesti, ci eravate voi? ; oppure, similmente: Ditemi un poco, chi nacque prima, io o mio padre? . Torniamo ad Antuono. Egli, scoperto il potere magico dellasino, invita la madre Masella ad apparecchiare le pi belle lenzuola di corredo sulle quali lasino potr evacuare il suo oro. Ma ben altro che oro evacua lasino, facendo na bella squacquerata gialla ncoppa a li panne ianche . Masella vede bene su quale fondamento pu sostenersi la sua fortuna: sullo sterco, il commento del cantafavole. vero che lambivalenza caratterizzante la rappresentazione della pazzia si manifesta con forme consentanee a unispirazione paradossale a tal punto che, con la costante del rovesciamento , proprio il motivo della casa e delle fondamenta si rivela dobbligo. E proprio Antuono, capriccio e automa della natura, rinvia alla ossessione di una rovina che, in ragione del suo folle comportamento, incombe sulla casa di Masella: quella Masella che rappresenta la volont di un calcolo razionale, lesperienza e il desiderio di prosperit. Su tutto questo lasino evacua sterco:
La povera Masella, che vide questa liberazione di pancia e che quando sperava di arricchire la sua povert ne ricavava un finanziamento cos abbondante da impuzzolentire tutta la casa, prese un bastone e, non dandole neanche il tempo di mostrarle le pietre pomici, gli fece una buona rammendata, per questo subito lui se la squagli alla volta dellorco.13

qui prefigurato il motivo finale della fiaba: la bastonatura che serve a far rinsavire dalla pazzia. Stessa scena con lorco, presso il quale Antuono si ripara: inevitabile laccusa di inguaribile e subumana stolidezza da parte del primo. Perch Antuono ha fatto molto rumore, ha ciarlato oltre ogni misura con la sua bocca da scorreggia e la sua abitudine insana di vo13.Ibid.

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il nonsense in alcune fiabe del pentamerone mitare tutto quanto ha in corpo. Perch lungi dal mostrarsi perfetto segretario dellorco scrivendo nella memoria il divieto, ha disvelato invece un segreto con lingenuit metafisicamente folle di un candido. Ha distrutto un codice. Per questo lorco gli far dono, la terza volta, di una mazza per memoria sua . La mazza infatti lo strumento atto a ricondurre al rinsavimento i pazzi: come lacqua fredda. Ed significativo che lintero discorso dellorco sia a questo punto giocato sulla tipologia della esperienza che una buona volta Antuono dovr realizzare: Lopera loda il maestro; le parole sono femmine e i fatti sono maschi; ci convinceremo quando lavremo visto; tu mi hai sentito meglio di un sordo: uomo avvisato mezzo salvato .14 Senonch ancor pi significativo che per la terza (ma si potrebbe dire anche lennesima) volta, mentre lorco seguita a parlare, Antuono gi lo ha lasciato, affrettandosi verso casa. Dopo tante vicende sembra non avere imparato proprio nulla. Ma la verit unaltra: Antuono ha la giovanile capacit di distruggere lesperienza. Non bastano le parole, non basta quanto ha subto a opera delloste con la sostituzione prima dellasino caca-denari e quindi del tovagliolo fatato. Lesperienza risulta sempre povera. E che cosa pu imparare, dunque? Lunica esperienza che Antuono far quella che ripete e conferma la sua pazzia. Perch, a ben considerare, quella mazza, di cui gli ha fatto dono lorco, anche linequivoco segno di riconoscimento del pazzo: infatti, proprio con la mazza i pazzi venivano armati per difesa contro i passanti che tiravano loro addosso le pietre . La bastonatura dunque rinsavisce dalla pazzia, ma quel bastone di cui in possesso Antuono anche il segnale di riconoscimento di un pazzo quale Antuono. Si realizzano singolari effetti di ambiguit: da questa mazza saranno bastonati prima Antuono e quindi loste che tenta per la terza volta di gabbarlo. Ma chi dei due il vero pazzo: ladulto o il ragazzo? Perch, per parte sua, Antuono conferma di essere metafisicamente lontano dal mondo degli adulti e dalla loro esperienza. E al suo peculiare destino nel quale si attua una vera e propria distruzione dellesperienza ben si addice il raggiungimento di una eccezionale fortuna con la restituzione da parte delloste ingannatore tanto dellasino caca-denari, quan14.Ivi, pp. 43 e 45.

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pasquale guaragnella to del tovagliolo: ma soprattutto di quella mazza che restituisce definitivamente Antuono alla sua condizione di pazzo. E ben si addice il detto finale della fiaba: A pazze e a peccerille Dio laiuta . Pazzi e ragazzi. Follia e fanciullezza sono dunque i due grandi luoghi in cui lesperienza (degli adulti) autenticamente rifiutata. Come nella qute di Don Quijote, al quale Antuono un po somiglia per il suo candore . E Don Quijote, si sa, pazzo e ragazzo a un tempo. Ma non vero che proprio in questi mascheramenti consiste lintero destino gno seologico della fiaba, nel quale si riflette la sua conflittuale identit? Perch una scrittura che si fonda sul primato dellinverosimile riesce anche ad essere pi vera della realt in quanto ne segnala implacabilmente falsit e irresolubili follie. Significativa in questo senso la vicenda incredibile di Peruonto e Vastolla. Basile qui autore di una fiaba quasi analoga a quella di Pietro Pazzo compresa nelle Piacevoli notti di Straparola. Ora cos recita la rubrica della favola di Straparola che conviene qui richiamare:
Pietro pazzo per virt dun pesce chiamato tonno, da lui preso e da morte campato, diviene savio; e piglia Luciana, figliuola di Luciano re, in moglie, che prima per incantesimo di lui era gravida.15

Il significato di questa rubrica segnalato dallincipit della fiaba, incentrato su una riflessione tutta tardo cinquecentesca, si direbbe, sugli straordinari esiti che talvolta registra la pazzia a tal punto da mutarsi in saviezza. Ed infatti:
Io trovo, amorevoli donne, s nelle istorie antiche come nelle moderne, che loperazioni di un pazzo, mentre che egli impazzisce, o naturali o accidentali che esse siano, li riusciscono molte volte il bene. Per tanto mi venuto nellanimo di raccontarvi una favola dun pazzo: il quale, mentre che impazziva, per una sua operazione savio divenne, e per moglie ebbe una figliuola dun re.

Nella fiaba di Basile il ritratto delleroe, e sarebbe meglio dire del suberoe, pi caricato: trattasi infatti di uno sciaurato de coppella ; senza
15.G.F. Straparola, Le piacevoli notti, a cura di M. Pastore Stocchi, Roma-Bari, Laterza, 1979, p. 105 (da qui anche la citaz. successiva).

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il nonsense in alcune fiabe del pentamerone dire che nella fiaba napoletana, anche se Peruonto sar riconosciuto come genero dal padre di Vastolla, non si parla propriamente di conquista del trono. Guglielminetti ha osservato che, anche per questa ragione, la moralit iniziale del racconto suona in dialetto assai meno eversiva che in Straparola. Questa la moralit in bocca alla novellatrice del cunto, Me neca:
Il fare del bene non mai andato perduto; chi semina cortesia miete beneficio e chi pianta gentilezze raccoglie amorevolezze: il favore fatto a un animo grato non mai stato sterile ma produce gratitudine e figlia premi. Se ne vedono tanti casi nella storia degli uomini e ne vedrete un esempio nel racconto che sono sul punto di farvi ascoltare.16

Scompare, ha commentato in proposito Guglielminetti


ogni traccia di alternativa del tipo di quella segnalata dallo Straparola tra pazzia e saviezza alternativa non lontana dalla dinamica di promozione sociale che delle Piacevoli notti e della fiaba popolare di magia. Quella del Basile una sentenza etica, di costume civile; non a caso, perci, alla pazzia di Pietro, quale sciagura da rimuovere, egli ha sostituito la stupidaggine di Peruonto, un sarchiapone per antonomasia.17

Da questo sarchiapone , dopo vari e vani tentativi di vederlo finalmente laborioso, la madre riesce ad ottenere che almeno vada nel bosco a raccogliere fascina. Peruonto, dunque, dovr camminare Giunto nel mezzo della campagna, Peruonto ci avvaliamo qui della traduzione di Croce trov tre giovinetti, che, fattosi strapuntino dellerba e capezzale duna selce, cos alla sferza del sole che l batteva a perpendicolo, dormivano come scannati. Peruonto, che vide questi poveretti diventati una fontana dacqua in mezzo a una calcara di fuoco, preso da compassione, con laccetta che aveva seco tagli certe frasche di quercia e intrecci sopra di loro una bella infrescata . Sorprendentemente, il comportamento dello sciocco disvela i segreti valori di un codice fonda16.Basile, Lo cunto de li cunti, cit., p. 75. 17.M. Guglielminetti, La cornice e il furto. Studi sulla novella del 500, Bologna, Zanichelli, 1984, p. 96.

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pasquale guaragnella to sulla filantropia: e dunque la fortuna, a partire dalla fatagione datagli dai tre giovani per gratitudine, il risultato della sollecitudine che il personaggio ha mostrato nei confronti di altri uomini. A conferma, si potrebbe aggiungere, di quel principio bruniano che riconosce proprio nella sollecitudine un precedente rispetto alle opzioni che la fortuna opera tra gli individui. Giunto nel bosco, Peruonto taglia una cos grossa fascina che per trasportarla sarebbe occorso un carro . E lidea del veicolo e del viaggio solletica anche Peruonto. Vedendo infatti che gli era impossibile caricare sulle spalle la fascina,
ci mont sopra dicendo: bene mio, se questa fascina mi portasse camminando come un cavallo! . Ed ecco che la fascina cominci ad andare col passo dellambio, come un cavallo di Bisignano, e, arrivata davanti al palazzo di un re, fece giri e giravolte incredibili.18

Efficace leffetto di rovesciamento: ci che deve essere trasportato diventa veicolo che trasporta; ed inoltre veicolo e viaggio sono altrettante immagini del gioco del mondo, cos del suo livello elementare (la generazione, essendo trasparente la metafora sessuale della fascina) come del suo livello pi complesso, il potere e la sua regalit. In questo gioco si distende lavventura di Peruonto: linterpretazione della cui stultitia come condizione universale dellumanit. Nel primo caso essa tende a diventare unincarnazione grottesca dellantiumano : perch il pazzo o lidiota sono tutti allo stesso modo gli strumenti di una catarsi attraverso il disgusto o il disprezzo . Lironia picaresca sfrutter largamente questo filone, ci ricorda Klein. Ma, come avviene appunto nella letteratura picaresca, lo stesso abbandonarsi allignominia o alle passioni pu costituire una critica di quelli che vi si abbandonano. Lanalisi condotta da Hanckel delle rappresentazioni del folle nelle scene erotiche o nelle satire dellamore nel Rinascimento, ha dimostrato come il personaggio grottesco figuri alternativamente, e talvolta anche simultaneamente, nella veste di schernitore e di schernito .19
18.Basile, Lo cunto de li cunti, cit., p. 77. 19.Klein, La forma e lintelligibile. Scritti sul Rinascimento e larte moderna, cit., p. 487.

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il nonsense in alcune fiabe del pentamerone Del resto comprensibile il significato osceno della fascina sulla quale Peruonto, e che si libra nellaria. Vastolla, abituata alle procedure del lamore cortigiano, lo disprezza. E la risposta di Peruonto, nella sua oscenit questa volta esplicita, risulta demistificatrice di quelle procedure da more: O Vastolla, vai, che tu possa restare incinta di me! . Qui lidiota, il pazzo insieme lesempio da evitare e lo spettatore non coinvolto che dichiara la moralit del gioco . Senonch, si pu ben rilevare, a questo punto, che ogni distinzione tra il pazzo stupido e il pazzo saggio non sempre valida. Salvo il caso del pazzo naturale, cio dellalienato e dellidiota, alle cui spalle i re si divertivano, allo stesso modo che dei nani e dei mostri e pu anche darsi che, allinizio della fiaba, Vastolla rida di Peruonto ritenendolo appunto un pazzo naturale si deve riconoscere alla figura del pazzo unambivalenza in qualche modo costituzionale: egli insieme stupido e saggio, schiavo dei suoi istinti e spettatore della sua condotta : e della condotta degli altri. In definitiva, se si devono classificare i personaggi, non si guarder al loro grado di intelligenza, ma alla dosatura di partecipazione e di distacco, che c in loro e che colloca il comico delle loro azioni e dei loro gesti a una distanza ogni volta diversa dal puro sfrenarsi come dalla pura ironia .20 Nella fiaba, Vastolla resta incinta: e quando il re scopre la nuova realt, fuori di senno, convoca il Consiglio dei saggi per pronunziarvi la sua ora zione. La pazzia di Vastolla induce il re nella opinione che sia pi opportuno farle figliare lanima prima che partorisca una malarazza [] di farle sentire prima le doglie della morte che le doglie del parto . Le metafore della morte e della vita si incrociano; sarei di pensiero , esclamer il re riferendosi a Vastolla, di farla uscir fuori del mondo prima che da lei esca germoglio e semenza . Intanto, come volle il cielo, arriv lora del parto e con quattro doglie leggere leggere alla prima soffiata nellampolla, al primo incitamento della mammana, alla prima spremuta di pancia, gett in grembo alla comare due mascoloni come due mele doro . Il re corre dai suoi consiglieri: ecco, mia figlia ha figliato, il momento di darle una mano con un bastone . Ma essi lo esorteranno a continuare il giuoco della simula20.Ivi, p. 481.

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pasquale guaragnella zione sino a che i due infanti non compiranno sette anni: sar allora che si potr individuare la fisionomia del padre . Passano finalmente i sette anni: dunque arrivato il tempo di di spiegare linganno e la vendetta. Ma come potr realizzarsi tutto questo? Uno dei consiglieri del re partorisce lidea di
un gran banchetto, dove sia costretto a venire ogni nobiluomo e gentiluomo di questa citt e stiamo attenti, e con gli occhi sulla tavola, a chi i bambini si rivolgeranno pi volentieri, spinti dalla Natura, perch quello senzaltro sar il padre e noi subito lo portiamo via come una cacatina di cornacchia.21

Difatti, non appena Peruonto compare nella sala del banchetto, i figli si avvicinano e gli fanno festa. In seguito alla terribile scena dei nipoti quasi calamitati dal padre naturale, per placare lira del re sar comminata una terribile pena: e pertanto Peruonto, Vastolla e i due figli sono rinchiusi in una botte che viene gettata in mare. Soltanto la piet di alcune damigelle consentir di far cadere nella botte un po di uva passa e fichi secchi. E cos la botte, come una nave, va Come una piccola nave di pazzi essa sar unimmagine del mondo. Infatti, che si tratti di botte sul mare, o di barca o di nave lidea di veicolo che soprattutto interessa: noi siamo imbarcati . Peruonto uno sciocco e Vastolla una peccatrice : le pazzie si incrociano con i vizi; e nellambito di questo movimento sar facile passare da unimmagine del mondo come follia alla follia come vizio. Intanto, nella botte-nave anche Vastolla piange e si lamenta nel mentre chiede a Peruonto di dirle quale diavolo lo avesse tentato a metterla incinta. Quale incantamento facesti, e con quale verga? , chiede piangente Vastolla: e Peruonto, dopo aver fatto orecchie di mercante, dammi uva passa e chi , risponde. Ottenuto quel che voleva, il pazzo racconta finalmente tutto a Vastolla: la quale, ripreso animo, per aver saputo dei poteri magici di lui, propone a Peruonto: E perch non trasformiamo questo legno in una bella nave che ci tragga dal pericolo e ci conduca a buon porto? . Dammi uva passa e chi , risponde Peruonto in una sorta di automatismo linguistico; e Vastolla subito pronta gli riemp la gola
21.Basile, Lo cunto de li cunti, cit., p. 81.

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il nonsense in alcune fiabe del pentamerone perch aprisse la gola, e come una pescatrice di carnevale, con luva passa e i fichi secchi gli pescava le parole fresche dai denti . Ed ecco che, dicendo Peruonto quello che desiderava Vastolla, la botte si trasform in una imbarcazione con tutto il sartiame necessario per la navigazione e con tutti i marinai che servivano per il governo del vascello . Le parole escono fresche, il desiderio si dilata: e insieme con questo si dilata il pazzo gioco del mondo. E per scorgere gli altri immaginari pazzi che sono insieme con Peruonto sulla nave baster soltanto allungare lo sguardo sulla scena :
e l avresti potuto vedere chi tirava la scotta, chi arrotolava le sartie, chi metteva mano al timone, chi faceva vela, chi saliva sulla gabbia, chi gridava orza, chi pioggia, chi suonava una trombetta, chi faceva fuoco coi cannoni e chi faceva una cosa e chi unaltra.22

Potremmo dire che agiscono qui due archetipi e modelli resistentissimi: i cui residui attraversano lossessione controriformistica e barocca del peccato e della caduta. Esemplarmente, Klein ci ricorda che
Josse Bade, nella sua Grant nef des folles, fa rappresentare Eva come madre stolta, e colloca la caduta su una nave dei pazzi. Il platonismo cristiano risulta evidenziato dalla classificazione delle follie e vizi in base ai cinque sensi che hanno la loro radice in Eva.

Anche nella fiaba di Basile i due protagonisti sono accusati del peccato grave della carne e della sensualit: e Vastolla la madre stolta, cacciata con i due figli su una botte che si trasforma in nave. Ci segnala Klein che la traduzione francese della Nave dei pazzi di Brant, ad opera di Pierre Rivire , aggiunge al capitolo primo questi versi: Je suis des grans folz navigans / Sur la mer du monde profonde . La verit che risulta facile allinterno di questa filosofia o di questa religione passare dal mondo come follia alla follia come vizio . Questultimo concetto in realt vecchio quanto il platonismo cristiano; forse lo si deve far risalire a san Girolamo che ha tradotto il primo verso del salmo lii con Dixit insipiens in corde suo, mentre il significato del
22.Ivi, p. 85.

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pasquale guaragnella termine ebraico naval sarebbe quello di villano, oppure cattivo, pi che stolto. Naval, villano, stolto: questa la progressione semantica: del resto, in questo ambito di archetipi, la nave dei pazzi anche contrapposta a quella della chiesa e della salvezza .23 Non diversamente, nella fiaba di Basile, Vastolla, dopo aver espresso il desiderio di vedere trasformata la botte in una nave, significativamente chieder a Peruonto, alla fine della giornata, di trasformare la nave in un bel palazzo. La fiaba potrebbe concludersi qui: ma non si conclude ancora. Questa rappresentazione damore polemicamente atteggiata nei confronti del mito ha bisogno di un suo epilogo: altrimenti la felicit di Vastolla e Peruonto, a mezzo del racconto fiabesco, sarebbe una felicit risolta soltanto in un palazzo incantato, ancora muto. La voce lontana dei padri dovr fondare la voce dellamore veramente felice. Infatti, mentre il palazzo nel quale vivono ormai Vastolla e Peruonto sembra designare il fondamento della felicit, locchio di Basile si sposta e ci rinvia a unaltra casa: essa in rovina ed la casa del padre di lei, il re. Intanto, per distrarlo da una invincibile tristitia i cortigiani lo esortano a trovare ricreazione nella caccia. E non un caso che proprio la caccia porti il re lontano, tanto che, sul far della sera, gli sar impossibile far ritorno alla reggia. In una situazione ambientale siffatta, il re ha occasione di volgere lo sguardo a una lucernetta alla finestra di un altro palazzo, a noi noto: quello di Peruonto e Vastolla. Non solo la tristitia del re, come evidente, ma anche la felicit di Peruonto e Vastolla stanno per trovare il loro compimento: perch una felicit senza la benedizione dei padri solo una maschera della felicit. Baster ripercorrere, a riprova, il filo di questa ricerca: non solo ad opera del re, ma anche ad opera di Vastolla e Peruonto:
il re, che da quel giorno in cui gli era capitato questo disastro era stato sempre pieno fino alla gola di lasciami stare, fu portato per svago a caccia dai suoi cortigiani; dove, sorprendendoli la notte e vedendo brillare una lucernina a una finestra di quel palazzo, mand un servitore a chiedere se lo volevano alloggiare.24
23.Klein, La forma e lintelligibile, cit., p. 486. 24.Basile, Lo cunto de li cunti, cit., p. 87 (le successive indicazioni dei soli numeri di pagina dir. nel testo).

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il nonsense in alcune fiabe del pentamerone Il re dunque entra nel palazzo, sale su per le scale, attraversa le stanze; non incontra nessuno salvo i due fanciulli che gli dicono Nonno, nonno . Prime voci, prime parole: e non a caso da due infanti. Qui ricomincia lamore, qui il cominciamento della vera felicit: perch lattraversamento delle stanze come lo svolgersi di una poesia damore che nelle stanze ricerca la voce sua pi segreta. E che cosa si nasconda nelle stanze, si pu ora cominciare a intuire: Mnemosine, la memoria. E non un caso che a dar voce le prime voci alla memoria sepolta sia il convito, consumato alla presenza dei due infanti e di una musica dolce:
e sedendosi stanco a una tavola, vide che mani invisibili stendevano l tovaglie di Fiandra portavano piatti pieni di questo e di quello, tanto che mangi e bevve veramente da re, servito da quei bei ragazzi e mai si interruppe, finch rimase a tavola, una musica di colascioni e tamburelli che gli penetr fino alle ossicine dei piedi (p. 87).

Il re solo nella stanza, con la propria memoria alimentata dalla musica e dalla presenza dei due fanciulli. Infatti, gli altri cortigiani siedono a cento altre tavole apparecchiate nelle altre stanze ; altre tavole, dunque, per i cortigiani e, soprattutto, altre stanze. Di poi, per il re, come per gli altri, il sonno della notte, ristoratore, varr ad accarezzare con nuova dolcezza la memoria. E trascorre pertanto il tempo in cui le tenebre dovranno finalmente cedere il luogo alla luce, ovvero alla ripresa della parola e del linguaggio dei nomi . Infatti, venuta la mattina, e volendo ripartire, il re voleva portare con lui i due bambini; ma apparve Vastolla con il marito e gettatasi ai suoi piedi gli chiese perdono, raccontandogli tutte le sue fortune (p. 89). Lautentica felicit potr dunque realizzarsi non gi nel bellissimo palazzo di Peruonto e Vastolla, ma nellaltra casa: ovvero la casa di sempre, quella dei padri. Avevamo detto allinizio, a proposito della figura dello stolto, ovvero di colui che compie azioni almeno allapparenza prive di senso, che nelle fiabe di Basile lidiota, nel significato appunto di un emblema del nonsense, riguadagna simpatia in risposta allintellettualismo del secolo e alle scoperte del Nuovo Mondo: lidiota, lo stolto nemico della malinconia, le sue parole sembrano dettate da un oracolo, e proprio per questo egli il custode di unarcaica saggezza. Tuttavia, allinterno di questo clima di 141

pasquale guaragnella simpatia la figura basiliana dellidiota rappresenta soprattutto linvito ad una interpretazione letterale del mondo. Ci non stupisce: a ben guardare, difatti, tutto quello che in fatto di paradossi abbiamo ereditato dalla tradizione deriva da azioni letterali di insensati. Faceva notare Thompson a titolo esemplificativo che lespressione cercare un ago in un pagliaio nasce da una fiaba in cui appunto un idiota tentava questa difficile operazione.25 In Basile, un corrispettivo dello stolto nel senso, si detto, di personaggio che interpreta alla lettera la realt che gli si para dinanzi, e per conseguenza reagisce alla lettera, rappresentato da Vardiello, protagonista del quarto cunto della prima giornata de Lo cunto de li cunti. Gi la descrizione fornita in apertura del racconto introduce efficacemente la tipologia di personaggio: inspiegabilmente figlio di Grannonia dAprano , donna di molto giudizio , Vardiello invece il pi sciagurato semplicione di quel paese . La mamma, i cui occhi, come quelli di tutte le mamme sono incantati e stravedono, aveva per lui un amore profondissimo e se lo covava e lisciava continuamente come se fosse la creatura pi bella del mondo . Anche in questo caso prevale il topos dellamore materno, orbo rispetto ai difetti del figlio stolto, e dei suoi comportamenti insensati: il percorso che nel racconto porter al momento centrale, che a sua volta rappresenter loccasione per Vardiello di ricavare dal suo destino di stolto e fautore di gesti insensati un qualche vantaggio, sar costellato di brutte disgrazie , che come gli anelli di una catena andranno, nello spazio di una breve narrazione, a saldarsi, dando luogo a un quadro di disastri domestici. Interpretando alla lettera le racco mandazioni di sua madre, uscita di casa per sbrigare delle faccende, Vardiello si apprester difatti a ricacciare la chioccia nella sua camera; senonch
la chioccia non muoveva una zampa e Vardiello, vedendo che la gallina faceva lasino, dopo lo sci sci si mise a sbattere i piedi, dopo lo sbattere i piedi a gettare il cappello, dopo il cappello le lanci un matterello, che, cogliendola in pieno, le fece tirare le cuoia e allungarle i piedi (p. 97).
25.Si veda S. Thompson, La aba nella tradizione popolare, Milano, Il Saggiatore, 1979 (ed. orig. 1946).

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il nonsense in alcune fiabe del pentamerone Ancor peggiori saranno, paradossalmente, i risultati del tentativo di Vardiello di rimediare al danno compiuto: per salvare le uova, private del calore della mamma chioccia, Vardiello calate le braghe, si sedette subito sulla cova ma, andando gi di colpo, ne fece una frittata ; per non perdere laffetto di sua madre di fronte a queste due disgrazie decide di nascondere la chioccia scegliendo il pi idoneo dei sistemi: cuocendola allo spiedo per mangiarla. In questo caso si ha quasi limpressione che Vardiello debba riuscire nellimpresa: infilata la chioccia in uno spiedo, e fattala cuocere, gli riesce addirittura di apparecchiare la tavola; ma quando, volendo spillare un boccale di vino per accompagnare il pasto, egli si alza dal desco, ecco che le disgrazie della realt tornano a incom bere:
sul pi bello della mescita, sent un rumore, un fracasso, una rovina per la casa []: per questo tutto spaventato, girati gli occhi, vide che un gattone aveva arraf fato la chioccia con tutto lo spiedo. [] Vardiello per rimediare a questo danno si lanci come un leone scatenato addosso alla gatta e per la fretta lasci stappato il barilotto e, dopo aver fatto a acchiappami per tutti gli angoli della casa, recuper la gallina ma il barilotto sera vuotato (p. 99).

Al ritorno dalle sue commissioni, insomma, la madre di Vardiello trover realizzate tutte le disgrazie che con i suoi consigli si era proposta di evitare: consigli che, interpretati alla lettera dal figlio, avevano finito per perdere il loro significato, divenendo, forse, essi stessi insensati di fronte ai comportamenti esattamente opposti di Vardiello. Ma sentite tutte le disgrazie, sempre animata da inestinguibile amore materno, Grannonia ebbe da fare e da dire per togliere dalla testa di Vardiello [il suo] umore malinconico . Ed per porre rimedio allumore melanconico del figlio che Grannonia gli affida un incarico che, date le fattezze del personaggio, non sembra esagerato definire di responsabilit: datogli un bel pezzo di tela, gli disse di andarlo a vendere, avvertendolo di non trattare questaffare con persone di troppe parole . Ci si aspetterebbe, forse, che il comportamento di Vardiello subisca una decisiva inversione di tendenza, come in una sorta di miracolo dettato dalla responsabilit: ma questo non accade. Vardiello, difatti, si comporter esattamente alla stessa maniera, nella chiave di una interpreta143

pasquale guaragnella zione letterale delle raccomandazioni ricevute: ma in questo caso la sua stoltezza, il non tradurre il suo senso (inteso come sentire) in buonsenso, ovvero in duttilit rispetto alle circostanze, sar la fonte di una inaspettata fortuna per sua madre. Uscito di casa per andare a compiere la sua missione, gridando per la citt di Napoli [] tela, tela! [], a quanti gli chiedevano Che tela questa?, lui rispondeva non fai per me, parli troppo . Il percorso di Vardiello continua in questi termini finch, scorta nel cortile di una casa disabitata una statua, le si rivolse con una domanda; e vedendo che questa non rispondeva
gli sembr un uomo di poche parole e aggiunse Vuoi comprarti questa tela, ti faccio un buon prezzo? . E vedendo che la statua continuava a tacere, disse Parola mia, ho trovato quello che cercavo! Prenditela e falla esaminare e dammene quel che vuoi, domani torno per i denari (p. 101).

Nellassurdit, nel nonsense di questa scena costruita ad arte da Basile per il suo personaggio sar, si detto, la scoperta di una fortuna inaspettata: tornato al giardino il giorno seguente, egli interrogher la statua per chiederle se fosse disposta a dargli quei quattro soldini per il bel tocco di tela ricevuto,
vedendo che la statua restava muta, afferr un sasso e glielo scagli con tutta la forza [] tanto che gli ruppe una vena, e fu la salvezza per casa sua, perch, crollati quattro pietrosi, scopr una pentola piena di monete doro, che afferr a due mani e corse a rompicollo verso casa gridando: Mamma, mamma, quanti lupini rossi, ma quanti, ma quanti! (p. 103).

Il dovere della madre, per resta pur sempre quello di proteggere il figlio dai suoi comportamenti senza senso che, ella sa per certo, non sono scomparsi di certo allapparire delle monete doro: dunque ella inventa per il figlio un passatempo parimenti stolto, insensato, che allontani da lui il desiderio e la possibilit concreta di raccontare laccaduto a quanti avesse incontrato. E dunque, fattolo sedere sulluscio di casa ad aspettare il lattaio, la mamma fece grandinare per pi di mezzora dalla finestra pi di sei rotoli di uva passa e fichi secchi ; e Vardiello, fedele a se stesso, li raccoglieva e strillava: Mamma, mamma, tira fuori catini, metti tinozze, prepara secchi, perch se dura questa pioggia diventiamo ricchi. 144

il nonsense in alcune fiabe del pentamerone E quando se ne fu ben riempita la pancia, se ne and di sopra a dor mire . Il successo dellespediente di Grannonia sembra quasi scoraggiare ogni speranza, per il lettore, di assistere ad una redenzione di Vardiello: senonch il quotidiano, labitudinario, spesso considerati innocui proprio perch tali, altrettanto spesso forniscono allinsensato occasione di sfuggire alla razionalit dellabitudine. Ed ecco che un giorno Vardiello, assistendo ad un litigio tra due operai che si disputavano una moneta doro trovata per terra , si lascia sfuggire ma non avendo affatto sentore che si tratti di una pericolosa fuga unaffermazione rivelatrice della sua avventura: Che asinacci siete a litigare per un lupino rosso come questo, io non ne tengo conto, perch ne ho trovato una pentola piena piena (p. 103). A nulla, pare, sono valsi i sensati espedienti escogitati dalla madre saggia per scongiurare il comportamento insensato di Vardiello: il quale chiamato a rispondere davanti alla Corte del ritrovamento di un simile tesoro. Ma qui, complice anche certa giustizia terrena, si realizza, se vogliamo, la redenzione dello stolto: Vardiello, letteralmente interrogato dai giudici, alla lettera risponde di aver trovato le monete in un palazzo, dentro un uomo muto, quando c stata quella pioggia di uva passa e fichi secchi . Significativa della finale (anche se, forse, solo parziale) redenzione di Vardiello la conclusione del racconto: il giudice incaricato di appurare laccaduto,
sentendo questo salto di nota a vuoto, subodor laffare e ordin che fosse internato in un ospedale, che era il giudice competente. Cos lignoranza del figlio fece ricca la mamma e il giudizio della mamma pose rimedio allasinaggine del figlio (p. 105).

La risposta di Vardiello espone senza dubbio la verit, ma enunciata letteralmente: lo sciocco, e dunque il nonsense che sta alla base del suo essere, non solo interpreta alla lettera ci che gli si dice, ma dice anche letteralmente ci che gli accade. Nel suo racconto letterale, noi riconosciamo il progetto di una lingua impossibile, opposta alle menzogne metaforiche e agli eufemismi della lingua cortigiana. Ha rilevato uno studioso che il vero prosecutore dellopera basiliana, Carlo Gozzi, non si stancher di invocare un ritorno alla purit del nostro letterale linguag145

pasquale guaragnella gio . Lidiota diviene cos il precedente immediato del mito del buon selvaggio, ed inoltre, ristabilendo, in un certo senso, la sincerit dei rapporti delluomo col mondo circostante, si rivela figura in un senso simmetricamente rovesciato, e tuttavia al passo con il personaggio senza nome del Saggiatore galileiano al passo con i paradigmi della nuova scienza alle origini dellet moderna.

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Giuseppe Crimi UN CasO Di p Oesia NON seN siCa seC eNTesCa: i sON eTTi DeLLa BuG ia Di FraNC esCO MOise C H ersi NO

La mappa del nonsense in mbito peninsulare soffre ancora di molte lacune. quasi superfluo ricordare che, dalla seconda met del Quattrocento fino a tutto lOttocento, misurarsi con la poesia dellassurdo significava fare i conti inevitabilmente con il Burchiello o con chi con tale soprannome si era firmato. Va considerato un fatto innegabile, ossia che la poesia nonsensica post-burchiellesca si origina e si sviluppa anche in base al grado di ricezione dei versi del fortunato caposcuola. sintomatico un caso, quello quasi metaletterario della coda di un sonetto che invita a una disperante ricerca: Chi cercasse con pena / per ritrovare il capo dun gomitolo, / legga nel terzo Ovidio sine titolo .1 A lungo, probabilmente, questi versi hanno parlato solo di riferimenti irreali.2 Ora interessante notare come almeno il sine titolo in questione corrisponda ad unopera davvero esistente, ovvero agli Amores ovidiani: lo ricordava Vittore Branca, riproponendo un passo delle Esposizioni del Boccaccio:
compose [Ovidio] uno [libro], partito in tre, il quale alcun chiamano Liber amorum, altri il chiamano Sine titulo: e pu lun titolo e laltro avere, per ci che dalcuna altra cosa non parla che di suoi innamoramenti []; e puossi dire similemente Sine titulo, per ci che dalcuna materia continuata, dalla quale si possa intitolare, favella, ma alquanti versi duna e alquanti dunaltra, e cos possiam dire di pezi, dicendo, procede (iv litt. 119).3
1.Si trae la citazione da I sonetti del Burchiello, a cura di M. Zaccarello, Torino, Einaudi, 2004, cxlvi 15-17, p. 206 (= SB); cfr. il commento ad locum. 2.Sul passo si veda L. Spagnolo, rec. a I sonetti del Burchiello, cit., in La lingua italiana , ii 2006, p. 162 n. 3. Raffaele Nigro parafrasa: Legga nel terzo libro di unopera di Ovidio che qui non nomino (in Burchiello e burleschi, a cura di R. Nigro, Roma, Ist. Poligrafico e Zecca dello Stato, 2002, p. 205). Cfr. pure D. De Robertis, Una proposta per Burchiello (1968), in Id., Carte didentit, Milano, Il Saggiatore, 1974, p. 122. 3.Passo citato in G. Boccaccio, Decameron, nuova ed. a cura di V. Branca, 2 voll., Torino, Einaudi, 1992, iv Intr. 3 (vol. i p. 460 n. 1). Si veda anche M. Picone, Linvenzione della novella italiana. Tradizione e innovazione, in La novella italiana. Atti del Convegno di

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giuseppe crimi Un senso, quindi, allinterno del nonsenso. Questo piccolo esempio appare istruttivo, perch, in modo analogo, un poeta deciso a seguire la musa comica, adottando come referente un testo alla burchia, generalmente spacciato come privo di ragione, nellatto della scrittura scimmiesca non faceva che riprodurre e moltiplicare ci che del testo epidermicamente aveva compreso, depauperando nella maggior parte dei casi loperazione iniziale.4 Nel 1952 Michele Messina, nel tentativo primordiale di fornire un profilo sintetico della fortuna del barbitonsore di Calimala e della poesia burchiellesca in genere, precis in modo lapidario che nel Seicento poche notizie si possono spigolare sul Burchiello; assai scarsa la sua for tuna in questo secolo spagnolescamente grave e cattolicamente ombroso .5 Tuttavia, a proposito degli imitatori secenteschi Messina additava autori come Francesco Ruspoli,6 Pier
Caprarola, 19-24 settembre 1988, Roma, Salerno Editrice, 1989, to. i pp. 119-54, a p. 145 e n. 23, e L. Battaglia Ricci, Boccaccio, ivi, id., 2000, p. 149. Per il passo burchiellesco proporrei, quindi, di stampare sine con la maiuscola iniziale. 4.A questo proposito cfr. il caso riportato da M. Zaccarello, An unknown Episode of Burchiellos Reception in the early Cinquecento: Florence, Biblioteca Riccardiana, Ms 2725, fols 80r131v, in The Modern Language Review , 100 2005, p. 93, per i versi della coda di un sonetto tratto dal ms. Ricc. 2725 (xxxi 15-17), Leggi nel nono Statio / et troverrai come l sole inacquato / non pu mai rasciughar bene un buchato , i quali, secondo lo studioso, si ispirerebbero proprio alla coda succitata. Una riscrittura quasi automatica si legge anche in Domenico di Giovanni detto il Burchiello, Sonetti inediti, raccolti ed ordinati da M. Messina, Firenze, Olschki, 1952, xxxiii 15-17, p. 33: Et ego dixi sibi: / Va, leggi Prisciano al zero foglio, / troverai che lucerne vivon doglio . Diverso il caso di Alfonso de Pazzi, che scrive in uno stile burchiellesco personale al quale si pu attribuire un significa to pi chiaro anche in virt dei suggerimenti lasciati dallo stesso autore: si veda G. Masi, Politica, arte e religione nella poesia dellEtrusco (Alfonso de Pazzi), in Autorit, modelli e antimodelli nella cultura artistica e letteraria tra Riforma e Controriforma. Atti del Seminario internazionale di Urbino-Sassocorvaro, 9-11 novembre 2006, a cura di A. Corsaro, H. Hendrix e P. Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2007, pp. 301-58. 5.M. Messina, Introduzione a Burchiello, Sonetti inediti, cit., p. 33. Le conclusioni sono condivise da R. Nigro, Introduzione a Burchiello e burleschi, cit., p. xxxi. 6.Nella produzione del Ruspoli esaminata sono assenti testi nonsensici (cfr. F. Ruspoli, Sonetti, editi ed inediti col commento di A. Cavalcanti non mai fin qui stampato, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 19682, e Id., Poesie, commentate da S. Rosselli con altre edite ed inedite per cura di C. Arla, Livorno, Vigo, 1882); di intonazione oscena i versi selezionati nellopuscolo Otto sonetti inediti di Francesco Ruspoli in aggiunta alle sue poesie, s.i.t. [ma forse Livorno, Vigo, 1882]; cfr. C. Chiodo, Le rime burlesche di Francesco

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino Salvetti,7 Lorenzo Panciatichi,8 Francesco Moneti e Anton Francesco Carli.9 A osservare bene la mappa provvisoria abbozzata da Messina, il burchiellismo secentesco allignerebbe sopratutto in terra toscana, ma va subito precisato che nei succitati rimatori il nonsense latita abbondantemente: i loro versi sfruttano la tradizione comico-realistica, insistendo su motivi di stampo bernesco,10 ma schivano di fatto laspetto alla burchia. Certo, fino alla fine del Cinquecento il mito di Burchiello persiste, se si pensa alle Rime del Lomazzo, molte delle quali sono improntate sul nonsense,11 o allesperienza di Giulio Cesare Croce, che compose anche la Spalliera in grottesco alla burchiellesca (Bologna, s.e., 1597), di cui sono sopravvissute varie ristampe.12 un periodo di transizione, questo (esploRuspoli (1981), in Id., Il gioco verbale. Studi sulla rimeria satirico-giocosa del Seicento, Roma, Bulzoni, 1990, pp. 93-114. 7.Sul Salvetti vd. M. Aglietti, Rime giocose edite e inedite di un umorista orentino del secolo XVII (Pier Salvetti), con note illustrative e cenni biografici e critici, Firenze, Bertelli, 1904; G. Getto, Un poeta giocoso barocco (1952-1953), in Id., Barocco in prosa e in poesia, Milano, Rizzoli, 1969, pp. 201-15; C. Chiodo, Anticonformismo, misura umana e formale nelle Rime giocose di Pier Salvetti (1978), in Id., Il gioco verbale, cit., pp. 117-25; G. Ponsiglione, Tradizione e innovazione nella lirica satirico-giocosa di Pier Salvetti, in Studi secenteschi , xlvii 2006, pp. 137-49. 8.Vagamente nonsensico il Ditirambo duno che per febbre deliri (si legge in L. Panciatichi, Scritti vari, raccolti da C. Guasti, Firenze, Le Monnier, 1856, pp. 73-88). Riscontri negativi per i sondaggi su Curzio da Marignolle, Rime varie, con le notizie intorno alla vita e costumi di lui, scritte da A. Cavalcanti, raccolte da C. Arla, Bologna, presso Gae tano Romagnoli, 1885, in partic. pp. 49-114. 9.Messina, Introduzione, cit., pp. 34-35 e n. 50. 10.Si veda a questo proposito E. Russo, Marino, Roma, Salerno Editrice, 2008, pp. 49-57. 11.Cfr. G.P. Lomazzo, Rime ad imitazione de i grotteschi usati da pittori con la vita del auttore descritta da lui stesso in rime sciolte, a cura di A. Rufno, Manziana, Vecchiarelli, 2006. Per il secondo Cinquecento vd. D. Romei, Ironia ed irrisione, in Storia letteraria dItalia. Il Cinquecento, a cura di G. Da Pozzo, to. iii. La letteratura tra leroico e il quotidiano. La nuova religione dellutopia e della scienza, Padova-Milano, Piccin-Vallardi, 2007, pp. 1655-88. 12.Testi nonsensici sono pure assenti, per il versante tardo-cinquecentesco e per quello primo-secentesco, nella rassegna dei volumi Le pi belle pagine dei poeti burleschi del Seicento, scelte da E. Allodoli, Milano, Treves, 1925; Parnaso Italiano. Poesia del Seicento, cura di C. Muscetta e P.P. Ferrante, Torino, Einaudi, vol. ii, 1964, pp. 1109-676 (sez. Letteratura e poesia popolaresca, giocosa e comica), e Cos per gioco. Sette secoli di poesia giocosa, parodica e

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giuseppe crimi rato poco, peraltro), in cui si fregiano del titolo di eredi della tradizione burchiellesca, in genere, i fio rentini, come Alessandro Adimari.13 Ma a parte rari casi, tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII, sembra che la poesia alla burchia dia segni manifesti di cedimento. Nel 1634, Nicola Villani, nelle Rime piacevoli, scaglia un giudizio che suona ne gativo: E vo cantando in numeri moderni / Come soglion cantar presso a la tavola / i buffoni febei: il Burchiello e Berni .14 Che il Seicento sia stato un secolo allergico allo stile burchiellesco in senso proprio confermato dai versi severi di Salvator Rosa: O Febbo, o Febbo, e dove sei ridotto? / Questi gli stud son dun gran cervello? / Sono questi i pensier dun capo dotto? / Lodar le mosche, i grilli, il ravanello / e laltre scioccherie chhanno composto / il Bernia, il Mauro, il Lasca et il Borchiello? .15
satirica, a cura di G. Davico Bonino, ivi, id., 2001. Stesso discorso per il monumentale vol. Burchiello e burleschi, cit. Carente nella sezione italiana, per il periodo in questione, anche la breve disamina divulgativa di P.P. Rinaldi, Il piccolo libro del nonsense, pref. di S. Bartezzaghi, Milano, Vallardi, 1997. Sulla poesia giocosa secentesca un punto di partenza la monografia di A. Asor Rosa-S.S. Nigro, I poeti giocosi dellet barocca, Roma-Bari, Laterza, 1975. Di scarsa utilit F. Neri, Burleschi del Seicento, in Id., Saggi di letteratura italiana francese inglese, Napoli, Loffredo, 1936, pp. 229-35 (una sorta di recensione al vol. dellAllodoli). 13.Si veda il sonetto Tredici libbre di cervel dUlisse, / E cinque fila dorzo in un canneto, / Un gallo, un gatto, una correggia, un peto / Profumaron la barba al Re Cambisse; / E un che non parl mentre chei visse, / Le pecore e lovil si tir dreto, / E con un pajol dacqua e un daceto / Dal cocuzzolo ai pi gli benedisse. / Levossi un grillo dal giardin dAtlante / Dicendo: State su, gente indiscreta, / Che sha correr la posta per Levante; / Ma la quistion fra lH e fra la Z / Fece con lo starnuto dun gigante, / Chavanti al Vespro si cant Compieta; / Allora una cometa / Nel ciel del forno minacciando danni / Disse che morr presto il Prete Gianni (da Antologia burchiellesca, a cura di E. Giovannetti, Roma, Colombo, 1949, p. 183). SullAdimari si rinvia a S. Mamone, Li due Alessandri, in La passione teatrale. Tradizioni, prospettive e spreco nel teatro italiano: Otto e Novecento. Studi per Alessandro dAmico, a cura di A. Tinterri, Roma, Bulzoni, 1997, pp. 223-45; Ead., Andromeda e Perseo: Cicognini, Adimari & co. sulle scene di Accademia a Firenze, in Teatri barocchi. Tragedie, commedie, pastorali nella drammaturgia europea fra 500 e 600, a cura di S. Carandini, Roma, Bulzoni, 2000, pp. 409-38; B. Giancarlo, Introduzione ad A. Adimari, La Polinnia [], a cura dello stesso, Terni, Thyrus, 2007, pp. 9-61. 14.Luogo ricordato da C. Chiodo, Le rime piacevoli di Nicola Villani (1980), in Id., Il gioco verbale, cit., p. 215. 15.Si cita da S. Rosa, Satire, a cura di D. Romei, commento di J. Manna, Milano, Mursia, 1995, ii 328-33, p. 80. Cfr. U. Limentani, La satira nel Seicento, Milano-Napoli, Ricciardi, 1961, p. 162: la satira di poco successiva al 1642. E ancora sul Burchiello il Rosa, ai vv.

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino Nella ricerca di epigoni, sia pure indegni, ci si muove quindi in un sottobosco insidioso e dissestato, certo bisognoso di altre scoperte. Un piccolo tassello utile alla mappa da disegnare pu essere costituito da una raccolta di sonetti (in un periodo, si osservi, in cui si predilige il capitolo in terza rima per il versante comico) che val la pena di sottrarre alloblio. Ne riporto innanzitutto il frontespizio:
BVGIE | capricci | fantastichi, | veri non veri, | Di diuerse fantasie. | Opera

piaceuole, e ridicolosa, nella qual si | raccontano varie, & innite galanterie. | Raccolte con nuoua fatica del | chersano [segue incisione dello stampatore] | in brescia, mdcx. | Per Bartolomeo Fontana. | Con licenza de Superiori.16

Prima di esaminare lautore con i testi, bene premettere qualche sin tetica annotazione sulle ragioni, pi o meno casuali, che mi hanno permesso di conoscere questo testo. in corso di stampa, per mia cura, lopera di Baldassarre da Fossombrone intitolata El Menzoniero overamente Bosa drello: si tratta di una raccolta di cinquantasette sonetti caudati, scritta in modo verosimile tra il 1450 e il 1470 da uno dei segretari di Ludovico Gonzaga e di Barbara di Brandeburgo, presto caduto nel dimenticatoio.17 Il testo fu stampato, quasi
466-68 della stessa satira (p. 83), scrive alludendo al commento doniano: La fama, in somma, un colpo di fortuna: / Borchiello e Jacopone hanno il comento, / cotanto il mondo regolato a luna! . 16.In 12, cc. 30. Registro: A-B6, C3. Esemplare consultato proveniente dalla Biblioteca Alessandrina di Roma, con segnatura Misc. XIV A 22 4. In Italia ne esiste un secondo esemplare, presso la Biblioteca Civica di Lodi, con segnatura Sez. iv, P. 240: cfr. Le edizioni bresciane del Seicento. Catalogo cronologico delle opere stampate a Brescia e a Sal, a cura di U. Spini, intr. e indici di E. Sandal, Milano, Editrice Bibliografica, 1988, p. 38 num. 164, senza indicazione di segnatura, recuperata grazie alla disponibilit del personale della biblioteca laudense. Lopera veniva gi segnalata in repertor ottocenteschi: cfr. V. Lancetti, Pseudonimia [], Milano, Pirola, 1836, p. 60, ed E. Weller, Lexicon Pseudonymorum [], Regensburg, Alfred Coppenrath, 1886, p. 107. Per quanto riguarda la trascrizione, si distingue u da v, si sciolgono i tituli, & viene resa con et, lh viene ricondotta alluso moderno, si inseriscono la punteggiatura e le maiuscole ove necessarie, si impiega lapostrofo nei plurali tronchi per distinguerli dalle omografe forme singolari. Si indicano gli interventi sul testo in apparato; si introduce la numerazione dei sonetti con le cifre romane secondo lordine progressivo nella stampa. 17.Per ora basti rinviare a G. Crocioni, Baldassarre da Fossombrone e il suo Menzoniero o Bosadrello alla corte dei Gonzaga, in La Rinascita , xxxi 1943, pp. 224-57.

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giuseppe crimi certamente postumo, nel 1475 a Ferrara dal prototipografo Severino da Ferrara, grazie anche alle fatiche di Felice Feliciano. I sonetti che compongono la raccolta, in parte ispirati allesperienza burchiellesca in parte imperniati su alcuni mirabilia medievali, rappresentano finora lesempio pi antico e pienamente consapevole delle poesie della bugia nella nostra cultura letteraria.18 Ai pi questa definizione dir ben poco,19 ma in realt le poesie della bugia costituiscono un sottogenere poetico, certo minoritario, praticato in Germania, in Inghilterra, in Francia, in Russia e persino in Turchia, almeno dal Duecento fino al Novecento, e cha ha conosciuto estese propaggini popolari. Il Bosadrello riscosse una rapida fortuna nel Cinquecento sotto il titolo di Bugiardello o Busardello come opuscolo anonimo, mutilo di due sonetti, e con funzione ludica al punto che ho potuto accertare la presenza di almeno tre diverse impressioni (una quarta fu segnalata da Carlo Enrico Rava, ricomparsa di recente nel mercato antiquario).20 Nella recensio delle stampe, ho esteso la ricerca a tutte le opere che contenessero nel titolo la parola bugia o termini affini, e cos mi sono imbattuto nel le Bugie, che, alla lettura, hanno svelato una singolare sorpresa: dei centodieci sonetti caudati ospitati nel volumetto, la met esatta stata prelevata da una delle edizioni del Bugiardello, ma, ovviamente, senza dichiarazione del plagio (in taluni casi lautore pi o meno maldestramente si perfino preoccupato di ca18.Le prime ricerche sul genere furono condotte da G. Giannini, Canzoni alla rovescia, in Rassegna nazionale , s. ii, a. xxxviii 1916, pp. 36-54, a cui fecero sguito le esplorazioni di G. Cocchiara, Il mondo alla rovescia, pres. di P. Camporesi, Torino, Boringhieri, 19812, pp. 164-74 per il versante italiano e pp. 175-86 per quello europeo; si veda anche il pi recente C. Lapucci, Il libro delle lastrocche, Milano, Garzanti-Vallardi, 1987, pp. 125-55. Un paio di esempi del genere sono riportati da P. Micheli, Letteratura che non ha senso, Livorno, Giusti, 1900, p. 62 e n. 1. 19.Cfr. C. Mller-Fraureuth Die deutschen Lgendichtungen bis auf Mnchhausen, Hildesheim, Olms, 1965 (reprint delled. Halle, Niemeyer, 1881). Abbiamo esempi in abbondanza delle poesie della bugia anche nella letteratura inglese, come testimonia lottimo lavoro di N. Malcolm, The Origins of English Nonsense, London, Fontana Press, 1997: per un panorama europeo delle origini si veda ivi, pp. 53-61. Un canto della bugia inglese, adespoto e risalente al XV secolo, stato tradotto da Cocchiara, Il mondo alla rovescia, cit., p. 134. 20.Ho affrontato le questioni intorno al Bosadrello e alla sua fortuna nellintroduzione e nella nota al testo delledizione, alle quali rimando.

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino muffare lincipit). Gli altri cinquantacinque testi, che si presume siano farina del sacco del Chersino, saranno editi in una delle appendici al Bosadrello: in questa sede ci si limiter, in modo cursorio, a rilevare i motivi ricorrenti, soffermandosi sui testi pi emblematici della raccolta. In primo luogo, appare assai preziosa la testimonianza di una produzione comica volgare a Brescia (perdipi nonsensica) e a questaltezza cronologica, vista la scarsit del materiale finora disseppellito da biblioteche e archivi.21 Ma faccio un passo indietro per cercare di aggiungere qualche minimo dettaglio biografico sullautore, sul quale certamente larchivio potrebbe essere pi generoso. Nella dedica dellopuscolo, che si legge ai ff. 2a-2b, il versificatore dichiara per esteso il suo nome, Francesco Moise Chersino: la specificazione Chersino (ma Chersano nel frontespizio) rinvia senza difficolt alla famiglia dei Moise di Cherso dIstria.22 Dopo una breve ricognizione, tra i titoli secenteschi ho rinvenuto lopera di un sospetto Francesco Moise, ossia Le rose damore spiegate da diversi illustri ingegni (Vicenza, Brescia, 1614):23 si tratta di unantologia
21.Per la poesia a Brescia nel Cinquecento si rimanda a Storia di Brescia. vol. ii. La dominazione veneta (1426-1575), Brescia, Morcelliana, 1963, pp. 513-27 e 571-95; mentre per il Seicento cfr. ivi, vol. iii. La dominazione veneta (1576-1797), ivi, id., 1964, pp. 223-29, dove si segnala la presenza del poeta scherzoso Martino Aldigeri. Alcuni testi secenteschi in dialetto bresciano sono stati antologizzati nel vol. Nuova antologia del dialetto bresciano, a cura di A. Fappani e T. Gatti, pres. di G. Valzelli, Brescia, La Voce del Popolo, 1978, pp. 49-66. Tra le opere a carattere popolare stampate a Brescia nel Cinquecento si segnalano El Costume delle donne (Damiano e Giacomo Filippo Turlini, 1536), il Contrasto de Lacqua e del Vino (ivi, s.a.) e la Frottula noua tu nandare col bocalon (ivi, s.a.): per la descrizione vd. C. Angeleri, Bibliograa delle stampe popolari a carattere profano dei secoli XVI e XVII conservate nella Biblioteca Nazionale di Firenze, Firenze, Sansoni Antiquariato, 1953, numm. 12, 7 e 165. Su altre stampe a carattere comico si veda E. Sandal, La stampa a Brescia nel Cinquecento. Notizie storiche e annali tipograci (1501-1553), Baden-Baden, Koerner, 1999, passim. Opere, sempre impresse a Brescia e di impronta comica, vicine cronologicamente alle Bugie del Chersino sono G.C. Croce, Operetta bellissima doue sintende alquante stantie ridiculose. Con la tramutatione di quelle, & ogni cosa fatta per ridere, s.i.t. (ma forse la data intorno al 1575), e Poncino Dalla Torre, Le piacevoli, e ridicvlose facetie [], Brescia, Policreto Turlini, 1599. 22.La Piccola Enciclopedia Giuliana e Dalmata, diretta da S. Cella, Gorizia, LArena di Pola, 1962, p. 133, definisce quella dei Moise antica famiglia chersina del corpo nobile cittadino (vi sono riferimenti anche al nostro autore). Fuori strada, invece, Vincenzo Lancetti, che considerava il nome uno pseudonimo (Lancetti, Pseudonimia, cit., p. 60). 23.Il frontespizio recita: LE ROSE | DAMORE | SPIEGATE DA DIVERSI | ILLVSTRI

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giuseppe crimi di poesie amorose di vari autori, che ha conosciuto una seconda ristampa (Vicenza, Grossi, 1615).24 Anche se in questo caso nel frontespizio non si specifica lorigine del curatore, egli stesso che si premura di palesarla, ancora una volta nella lettera di dedica (a p. 3), quando scrive:
Alli molto Illustri sig. giovani gentilhuomini chersani. Lesserio nato in una Patria medesima insieme con voi, mi mette in obligo di vera affezzione, accompagnata da un vivo desiderio dhonorarvi in ogni occasione nel miglior modo chio posso.

A ci si aggiunga che, a p. 5, la lettera si conclude con lindicazione: Da Brescia il i. di Genaro 1614. Il vostro compatrioto Francesco Moise . Quindi Francesco Moise scrive da Brescia, luogo in cui era stato dato alle stampe il nostro opuscolo sulle bugie (credo che si possa pacificamente ritenere che si tratti dello stesso autore). E specifica il suo nome da accademico spalancato, ossia lAllegro;25 nella succitata ristampa del 1615 il Moise che questa volta dedica lopera, oltre che ai gentiluomini di Cherso, alla nobile vicentina Fulvia Zuffati 26 figura come apparteINGEGNI | In grado della Giovent Virtuosa. | Raccolte con nobil pensiero | DA FRANCESCO MOISE. | NellAcademia de Spalancati | LALLEGRO. | Con licenza de Superiori [segue fregio] | IN VICENZA, | PER IL BRESCIA. | MDCXIV , pp. 116 (esemplare della Bibliote-

ca Alessandrina di Roma, segnatura Misc. XIV a 46 3). Una diversa impressione (per via del frontespizio lievemente differente e per il numero complessivo delle pagine, ossia 120) quella conservata nella Biblioteca dellArchiginnasio di Bologna con segnatura 16 B vii 10 (6) e descritta in F. Giambonini, Bibliograa delle opere a stampa di Giambattista Marino, 2 voll., Firenze, Olschki, 2000, vol. i pp. 343-44 (num. 296). 24.Si veda ivi, vol. i pp. 344-47 (num. 297; provenienza: Venezia, Biblioteca Marciana, segnatura 202 c 158). Aggiungo che un esemplare delledizione del 1614 e un altro del 1615 sono conservati nelle biblioteche doltralpe: cfr. S.P. e P.H. Michel, Rpertoire des Ouvrages imprims en langue italienne au XVIIe sicle conservs dans les bibliothques de France, vol. v, Paris, Editions du Centre National de la Recherche Scientifique, 1975, p. 184. 25.LAccademia degli Spalancati ignota al regesto di M. Maylender, Storia delle Accademie dItalia, 5 voll., Bologna, Cappelli, 1928-1930, vol. v, n viene ricordata tra quelle bresciane della seconda met del Cinquecento e dei primi del Seicento (cfr. Storia di Brescia, cit., vol. ii pp. 508-12 e vol. iii pp. 213-16). 26.Trovo menzionata la Zuffati sempre ammesso che si tratti della stessa persona nellopuscolo Per lo inestimabile, et inimitabile lavoro di esquisitissimo ricamo opera delle virtuosissime signore madri Fulvia Zuffati, et Diamante Viola professe in S. Dominico di Vicenza. Idillio danonimo a instanza di A. Sperindio, In Verona, per Gio. Battista, & fratelli Merli, 1653

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino nente allAcademia de Capricciosi con il nome emblematico di Fantastico: si ricordi che il titolo dellopuscolo qui esaminato contiene il sintagma capricci fantastichi . 27 Il Chersino lasci anche un prontuario di epistolografia amorosa: la stampa pi antica di cui finora si ha notizia quella indicata da Maria C. Napoli (che per, forse per una mala lettura, indica lautore con il nome di Moise Cherbino ): Amori di Fileno. Lettere scritte a Rosalba [1638 ca.].28
(esemplare conservato presso la Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza, segnatura Gonz 296 018: ringrazio il personale della biblioteca per lindicazione). 27.Il termine capricci gi spiccava nel frontespizio del Dono, ouer presente di varii, e diuersi capricci bizzarri, mandato da vn humor fantastico di era alla sua dama; con il disegno dvna spalliera in grottesco alla burchiellesca. Et un sonetto molto curioso nel ne; Di Giulio Cesare dalla Croce, In Bologna, presso gli heredi di Gio. Rossi, 1597 (Bologna, Biblioteca dellArchiginnasio, segnatura A V G IX 1, op. 400) e in quello dei Capriccii, et nuove fantasie Alla Venetiana, Di Pantalon de Bisognosi [] (Venezia, Biblioteca Marciana, Misc. 2402 5; descrizione di questo opuscolo in A. Segarizzi, Bibliograa delle stampe popolari della R. Biblioteca Nazionale di S. Marco di Venezia, vol. i [unico pubblicato], Bergamo, Ist. Italiano dArti Grafiche, 1913, pp. 290-96): si noti, peraltro, laggettivo fantastico nel primo opuscolo e il sostantivo fantasie nel secondo. Per luso di fantastico va menzionata anche la quasi coeva FANTASTICA | VISIONE | Di Parri da Pozzolatico, moderno| in Piandigiullari. [segue fregio] | IN LUCCA, | mdc. xiii. | Con Licenza de Superiori (opera di Alessandro Allegri). altrettanto vero, come nota Silvia Longhi, che capricci e fantasie sono lemmi che contraddistinguono anche la poesia burlesca primo-cinquecentesca (cfr. S. Longhi, La poesia burlesca, satirica, didascalica. i. Il Cinquecento, in Manuale di letteratura italiana. Storia per generi e problemi, a cura di F. Brioschi e C. Di Girolamo, vol. ii. Dal Cinquecento alla met del Settecento, Torino, Bollati Boringhieri, 1994, p. 296). Per quanto riguarda lAcademia de Capricciosi, invece, in Maylender, Storia delle Accademie dItalia, cit., vol. i p. 502, con questo nome sono ricordate quattro accademie (Cartoceto, Crispino, Pisa, Viterbo), ma sono attive soprattutto nel tardo Seicento e quindi incompatibili con il nostro caso. Un Bizzarro Accademico Capriccioso invece operante a Roma negli anni 1620-1621 (cfr. Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti, diretto da A. Basso, Le Biograe, vol. i, Torino, Utet, 1985, p. 545). 28. La data si presume dalla richiesta di permesso di stampa (20 giugno 1637) e dalla presenza negli elenchi Ginammi del 1640 (M.C. Napoli, Limpresa del libro nellItalia del Seicento. La bottega di Marco Ginammi, Napoli, Guida, 1900, p. 100, e vd. anche p. 144). Con il titolo Amori di Fileno scritti a Rosalba abbiamo una ristampa a Verona nel 1670 e una a Venezia remondini, 1680 circa (ma ne viene indicata anche una terza a Venetia, D. Lovisa, s.d.): si tratta di un opuscolo che viene registrato in alcuni cataloghi ottocenteschi e che per non sono riuscito fisicamente a recuperare. Ne esiste una ristampa settecentesca (Francesco Moise Chersino, Amori di Fileno scritti a Rosalba in lettere amorose, aggiuntovi di nuovo Le lettere amorose famigliari dellIretreo, ed altre da vari autori, Milano, Frigerio, Allievo

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giuseppe crimi E allo stesso autore dovrebbe essere imputata la Scielta di varie sorti dottaue amorose, bellissime, in lingua Ceciliana, & Madrigali. Cosi raccolte per il Chersino, Brescia, per Francesco Comincini, 1628.29 Possiamo fornire informazioni supplementari su Francesco Moise poeta: alcuni suoi versi in latino vengono inclusi nella terza edizione de Lo stato rustico di Gian Vincenzo Imperiali (Venezia, Evangelista Deuchino, 1613),30 nella quale il poema era accompagnato da omaggi in versi al lImperiali, offerti da poeti contemporanei.31 Un autore, quindi, il nostro,
del Gagliardi & Nava, 1732: cfr. G. Marchiesi, Romanzieri e romanzi del Settecento [], Manziana, Vecchiarelli, 1991 [rist. anast. ed. 1903], p. 374). probabile che alcune delle lettere siano state ristampate ne Il segretario alluso moderno, nel quale vi sono le formole di ogni genere di lettere, col modo di spedire patenti per gli ofciali, e governatori di diverse parti. Aggiuntavi unannotazione a Tommaso Costo da Giacinto Granozio Amadeo. Con nuova aggiunta. Di lettere amorose del Clinica, del Gabrieli, e del Chersino, In Venezia, s.e., 1752, con una ristampa lanno seguente e una terza ed. Napoli, Migliaccio, 1762. Altre due edizioni ottocentesche (1864 e 1873) sono registrate da G. Giannini, La poesia popolare a stampa nel secolo XIX, con pref. di L. Sorrento, 2 voll., Udine, Ist. delle edizioni accademiche, 1938, vol. ii pp. 645-46, alle quali aggiungo unedizione del 1800 ca. (Milano, gli eredi di G. Agnelli), di cui si conoscono due esemplari (British Library, General Reference Collection, 10910 b 14, e Bibliothque Nationale de France, Tolbiac-Rez de Jardin-Magasin 16 Z 8360) e unaltra del 1845 (Parma, Ferrari). Si rivela preziosa la notizia offerta da Giuseppe Vidossi nel recensire proprio il volume di Giannini: Sospetto poi (ma forse il sospetto infondato) che in Francesco Mos Chersino, Chersino sia indicazione della patria, Cherso dIstria, dove esiste un casato Moise, reso noto dallabate Giovanni, autore dunottima grammatica italiana (G. Vidossi, in Giornale storico della letteratura italiana , cxiv 1939, p. 228). Lanonimo curatore di un elenco di libri in vendita (Curiosa [], Catalogo Secondo, Firenze, Sansoni Antiquariato, 1949, p. 66 num. 217), nel presentare il vol. Amori di Fileno scritti a Rosalba, identificava lautore con lo stesso delle Rose damore. Gli Amori sono menzionati nel romanzo Il naufragio felice allo scoglio del Disinganno (1780 ca.), come segnala G. Aleri, La lingua del consumo, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni e P. Trifone, vol. ii. Scritto e parlato, Torino, Einaudi, 1994, p. 181 e n. 33. 29.Ne ho notizia dal Catalogue of Seventeenth Century Italian Books in the British Library, vol. i: A-L, London, The British Library, 19903, p. 222: la segnatura 1071 g 16 (i). 30.Descrizione in Giambonini, Bibliograa, cit., vol. i pp. 325-28 (num. 292); la sezione contenente le rime di Francesco Moise indicata a p. 327. Gli incipit dei testi sono i seguenti: Rustica Vincenti, dum pangis commoda tecum; Dum Rus Musa probat, dum ciues crimine tangit ; Rusticus agresti proscindit vomere terram; Italides Muse, nam et vos iam munere diuum; Ite tryumphales circum sacra tempora lauri, e O ego qum tecum, Vincenti, Heliconis in hortos. 31.Cfr. A. Belloni, Il Seicento, Milano, Vallardi, 19293, p. 238 n. 42; C. Colombo, Cultura e tradizione nell Adone di G.B. Marino, Padova, Antenore, 1967, p. 68; O. Besomi, Ricer-

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino non proprio isolato, e che nei primi decenni del Seicento si adoper nella divulgazione di opere altrui soprattutto con fini didattici. Torniamo di nuovo allopuscolo sulle bugie. Per ricostruire il contesto culturale nel quale i sonetti vengono scritti, qualche altra notizia si pu strappare alla lettera di dedica. Ai ff. 2a-2b si legge:
Al favoloso Mausoleo di Zan Tabarino. Queste pompose et autentiche bugie, capricci straordinari, veri, non veri, inpropriamente proportionati a chiunque fabrica castelli in aria Francesco Moise Chersino perpetuamente annoda et inchioda senza aver pensiero daltro che della verit.

Una dedica asciutta ma eloquente: lo Zan Tabarino in questione era al secolo Giovanni Tabarin, un celebre attore fiorito nella seconda met del Cinquecento, il quale interpret spesso il ruolo di Zanni.32 Ora nel son. lxxxv 13 della raccolta citato il Ganassa, ossia Alberto Ganassa, altro celebre attore, anchegli interprete del ruolo di Zanni.33 Il contesto, quindi, sembrerebbe ricondurre, almeno parzialmente, alla Compagnia dei Gelosi, attiva allincirca tra il 1574 e il 1604.34 Come anticipato, i versi di Francesco Moise si inscrivono nel filone delle poesie della bugia. Il punto di riferimento il Bugiardello, dal quache intorno alla Lira di G.B. Marino, ivi, id., 1969, pp. 190-91; E. Russo, Imperiale Gian Vincenzo, in Dizionario biograco degli Italiani, Roma, Ist. della Enciclopedia Italiana, vol. lxii 2004, p. 298. 32.Sul personaggio si veda O.G. Schindler, Zan Tabarino, Spielmann des Kaisers. Italienische Komdianten des Cinquecento zwischen den Hfen von Wien und Paris. Mit 10 Abbildungen, in Romische historische Mitteilungen , 23 2001, pp. 411-544. Si ricordi che a Brescia era stato ristampato nel 1582 lopuscolo di Giulio Cesare Croce lOpera noua nella quale si contiene il maridazzo della bella Brunettina. Sorella de Zan Tabar canaia de Val Pelosa. Et vna vilanella in dialogo napolitana, con vn sonetto sopra lagio, cosa molto diletteuole, degna da esser letta da ogni spirito gentile. 33.Cfr. Pisciava allor la zana nella secchia, / per far al mio Ganassa un pastolato / da farlo andar tre anni a la galia (lxxxv 12-14). Si veda L. Rasi, I comici italiani. Biograa, bibliograa, iconograa, 3 voll., Firenze, Bocca, 1897, vol. i pp. 979-81; per i rapporti tra il Tabarino e il Ganassa cfr. Schindler, Zan Tabarino, cit., pp. 462-70. 34.Sulla compagnia si veda A. DAncona, Origini del teatro italiano [], 2 voll., Roma, Bardi, 1966 (ed. anast. delled. Torino, Loescher, 1891), ad indicem, e S. Ughi, Di Adriano Valerini, di Silvia Roncagli e dei Comici Gelosi, in Biblioteca teatrale , vol. 3 1972, pp. 147-54.

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giuseppe crimi le desunto anche il refrain impiegato costantemente al v. 15, ma non solo. La poesia della bugia, forse nata in Germania e che alla base delle fatrasies e dei sonetti alla burchia, conosce varie forme metriche e contiene immagini iperboliche, impossibili, improbabili o meravigliose, facenti capo perlopi al motivo del mondo alla rovescia:35 gi Claudio Claudiano sintetizzava il senso da assegnare ai versi mendaci: Atque aliquis gravior morum: si talibus, inquit, / Creditur et nimiis turgent mendacia monstris .36 Nella letteratura italiana, come esempio di versi sulla bugia successivi al Bosadrello vengono generalmente indicati quelli di Pompeo Sarnelli (1684), dove prevale la visione antropomorfa del mondo animale:
E lauta sera, quanno fuje la festa, Pigliaje la ronca e ghiette a semmenare. Trovaje no sammuco de nocelle: Quanta ne cuze de chelle granate! E benne lo patrone de le przeche: E b che non te magne ste percca! Laseno, che saglieva a lo ceraso Pe cogliere no tmmolo de fico, Cadette n terra, e se rompjo lo naso: Li lupe se schiattavano de riso: La vorpe, che faca li maccarune, Li figlie le grattavano lo caso; La gatta repezzava le lenzla, Li srece scopavano la casa. Esce no zampaglione da la votta, Piglia la spata, e se ne va a la corte:
35.Non a caso la sesta parte delle Rime del Lomazzo, nella quale sono contenuti componimenti nonsensici, si apre con un sonetto i cui primi quattro versi fanno leva sulla menzogna: Lalte menzogne e la mortal ruina / Mentrr in letto ciascheduna bella, / Et io le pinsi sotto la padella, / Nel ritrovarmi sotto la cortina (in Lomazzo, Rime, cit., vi 1 1-4, p. 505). Da aggiungere che il tema del mondo alla rovescia viene lambito nella commedia GlInganni del bresciano Nicol Secco, attraverso la citazione della frottola del Zucca (ed. a cura di L. Quartermaine, Exeter, Exeter Univ. Printing Unit, 1980, ii v, pp. 26-27 e n. a p. 95). 36.C. Claudianus, Carmina, recensuit Th. Birt, accedit appendix vel spuria vel suspecta continens, Berolini, Apud Weidmannos, 1892, p. 87.

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino


Sio Capetanio, famme no faore: Piglia la mosca, e miettela mpresone! La mosca se nascje pe la cancella No povero cecato, na panella!37

La raccolta del Chersino, costituita da centodieci sonetti, aperta da un testo proemiale e chiusa, simmetricamente, da uno di congedo. Partiamo da quello iniziale (i):38
Per darvi un poco di piacer onesto vho portato, signor, de le bugie, ma di quelle non gi che sono arpie del vero et util vivere modesto. In somma, le buggie caggio nel cesto son tutte al fine ziffere natie, son tutte ben sensate dicerie, tolte da Giove per millanni in presto. Dimandate a Comin fornaro e a Toni se son vere o bugiarde le mie rime, channo sembiante di galanteria! Me le dett il cervello de minchioni e certe vecchiarelle e grince e grime

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37.In P. Sarnelli, Posilecheata, testo, trad., intr. e note di E. Malato, Firenze, Sansoni, 1962, p. 44. A titolo esemplificativo si veda La lastrocca di bugie raccolta dai fratelli Grimm: Vi voglio proprio raccontare una storia. Ho visto due polli arrosto volare svelti e avevano le pance rivolte al cielo e le schiene allinferno, e unincudine ed una macina, senza fretta nuotare sul Reno, piano pianino, e una rana a Pentecoste, se ne stava seduta a mangiare un vomere sul ghiaccio. E cerano tre tipi che inseguivano una lepre e andavano con le grucce e i trampoli, il primo era sordo, il secondo cieco, il terzo muto, e il quarto non poteva muovere le gambe. Volete sapere come successo? Il cieco vide per primo la lepre trotterellare sopra il campo, il muto chiam lo storpio, e lo storpio la acchiapp per il collo. Quei tali che volevano navigare per terra, spiegarono la vele al vento e navigarono attraverso grandi campi, poi navigarono su un alto monte dove affogarono miseramente. Un gambero faceva scappare una lepre e in cima al tetto giaceva una mucca che si era arrampicata fino lass. In questo paese le mosche sono grandi come qui le capre. Apri la finestra perch le fandonie possano volarsene via (J. e W. Grimm, Tutte le abe, a cura di B. Dal Lago Veneri, Roma, Newton & Compton, 2003, 160, p. 440). Per altri componimenti si scorrano le suindicate pagine del saggio di Cocchiara (n.18). 38.In questo sonetto si intervenuti al v. 12: la stampa aveva i, che si emendato in il.

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giuseppe crimi
cavevan la forma de lastrologia. Questa non bugia, che, se leggete mai questi miei versi, diventarete al fin gnocchi roversi.
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Un sonetto programmatico, questo, sul quale si deve indugiare per un duplice motivo. In primo luogo per il riferimento del v. 5: lidea di offrire lopera letteraria come un cesto colmo faceva capolino gi nelle mattane trecentesche di Niccol Povero, altrimenti chiamate paneruzzole, ossia cesti nei quali riporre materiale eterogeneo;39 n da escludere il motivo giullaresco del venditore di piazza si noti lapostrofe signor di poesie e di opuscoli, che qui va letto come compiaciuto travestimento letterario.40 In secondo luogo, mi pare utile non sottovalutare il sostantivo galanteria del v. 11, perch un termine-chiave che compare nel frontespizio delle Bugie e in quello dellopera plagiata da Francesco Moise: Bugiardello opera piacevole da dar spasso, nella quale si comprende varie, & innite galanterie, ma sono tutte busie [].41 Si noti, inoltre, la presentazione dei versi come ziffere , ossia scritti cifrati,42 e al medesimo tempo in tono palesemente paradossale come pieni di senso ( sensate dicerie ), concetto smentito subito dai vv. 12-14. Ma gi in questi primi versi affiorano alcuni elementi che si incontreranno in altri sonetti, ossia la comparsa di personaggi dellaneddotica locale (Comin e Toni) e lintroduzione di lemmi fortemente realistici ( grince e grime ).43 La coda del sonetto risuona come una pena per chi legge, la magica metamorfosi (o assi-

39.Si veda anche M. Plaisance, Funzione e tipologia della cornice, in La novella italiana, cit., to. i, pp. 103-18, a p. 105, il quale ricorda che Gentile Sermini presenta le sue novelle come un paneretto dinsalatella . 40.Vd. pure lattacco del son. xiv, Vendo, signori, un oglio di Medusa, e quello del xv, Le mie balle, signor, non son di quelle. 41.Descrizione in Segarizzi, Bibliograa, cit., pp. 148 e 152 n. 163, con incipitario. 42.Proprio a Brescia Lodovico Britannico stampava nel 1555 i Noui et singolari modi di cifrare di Giovanni Battista Bellaso (ripubblicato nove anni dopo da Iacobo Britannico). 43.Laggettivo grince sta per grinzose, mentre grime per malaticce: cfr. G. Aquilecchia, Pietro Aretino e la lingua zerga (1967), in Id., Schede di italianistica, Torino, Einaudi, 1976, p. 163 (che riporta il passo aretiniano: Un vecchio grimo, grinzo, rancio, lungo e magro ).

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino milazione) in sciocco e sempliciotto ( gnocchi roversi ): un motivo, questo metamorfico, che conoscer sviluppi pi complessi. Per entrare in con tatto con il mondo assurdo del Chersino, sufficiente leggere il son. iii:
Portava un d Nettuno una cavalla a vender su l mercato di Verla, e nel passar duna grossa seriola pesc pel fondo suo anco la stalla. Onde chincominci Goito e Guastalla a caminar comun che vada e vola, per comprar questa bella bestuola per farne un sacrificio a Caracalla. Ma quindi Re Buffon e Buffalora incominciaro a dir: Noi la voliamo ch di voi prima ci mettemo in via!. Ma tronc la lor lite indi lAurora, che la giumenta diede al duca Namo, presente tutta la sua baronia. Questa non bugia, questa cavalla ha fatto un poledrino cha per suo volto il culo di Mambrino.44

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Si tratta di rilevare, fin da questi primi esempi, la tecnica adottata: la scrittura dei sonetti nonsensici arricchita di avverbi che sembrerebbero guidare il lettore in un percorso logico ben preciso (onde, quindi). Nella prima quartina si assiste alla degradazione delle divinit mitologiche,45 tema gi caro a Sacchetti e al Burchiello: Nettuno ridotto a vendere una cavalla, ma, da esperto pescatore quale , nel veder passare una seriola, ossia un tipo di pesce dotato di aculei sul dorso, si cimenta nella pesca improbabile della stalla dellequino. Subentrano a questo punto (vv. 5-8) due localit che, personificate (come rigorosamente vuole la poesia del nonsenso),46 intendono acquistare lanimale. Colpo di scena successivo:
44.Mambrino: si tratta di Mambrino dUlivante. 45.Cfr. anche ci 9-11: Ma castig costu Marte, che venne / col brocchier di salsiccie milanese, / legate tutte in una bragheria . 46.Si vedano altri casi: quando corsero lacque di Monpiano / a vendere nel borgo de

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giuseppe crimi intervengono un personaggio ed unaltra localit bresciana (Buffalora), che reclamano la cavalla. La questione viene troncata dallAurora, che assegna loggetto della contesa a Namo. Nella chiusa paradossale lanimale in questione partorisce un bizzarro puledrino. Il testo procede per aggregazione di elementi eterogenei, inserendo quasi per ciascun verso una novit. Se ne potrebbero citare vari esempi: Venne una nova, gi millanni sono, [] / quando che Zan Tognazzo e un tal Zambono [] / Venne fra tanto un certo ser armato (ii 1, 5 e 12) o Una bilancia fatta di mascherpa / pesava un molinel duna tesadra [tessitrice] / [] quando una fata convertita, Euterpa (cv 1-2 e 5), e cos via. Non di sicuro una logica ferrea che presiede allevoluzione degli eventi, ma, con un filo narrativo esile e pretestuoso, la volont di meravigliare e disorientare continuamente il lettore, pescando situazioni improbabili e aggiungendo personaggi (classici, biblici, letterari) che mai entrerebbero in relazione tra loro. Il sonetto appare prezioso perch restituisce altre coordinate culturali del Chersino: ad esempio, il Re Buffon del v. 9 corrisponde a Re Buffo, protagonista di una sacra rappresentazione conservata manoscritta presso la Queriniana di Brescia (finora assegnata alla fine del Cinquecento o agli inizi del Seicento);47 si noti, nei versi in questione, lattrazione che il
i pippioni (xi 3-4), Di rovaiotto e di panco gialdo, / cavea la scorza come le castagne, / si pasce il Mongibello e l Montebaldo, / essendo lor scodelle le campagne (xxi 1-4), ma in quello istante venne Barcellona / a portargli un piatto di raffioli (li 3-4) e Stava con la camisa sola in dosso / Montechiaro a sentir questarmonia (li 9-10). 47.Della rappresentazione dato un assaggio nella Nuova antologia del dialetto bresciano, cit., pp. 49-50; si veda anche N. Messora, Le lingue nei drammaturghi bresciani del 500, in Il Rinascimento. Aspetti e problemi attuali, a cura di V. Branca et alii, Firenze, Olschki, 1982, p. 544. La menzione nei versi del Chersino dovrebbe spingere a pensare, quindi, che la sacra rappresentazione sia anteriore al 1610. Altre testimonianze del bagaglio delle letture si trovano nei versi Ma la Zucca del Doni venne a starsi / in mezzo a la tenzon, a le ferute, / e gli fece far pace in Albania (lxxxvi 12-14: per il v. 14 si cos intervenuto sul testo: e gli < Egli; pace < face). La Zucca (v. 12) unopera del Doni pubblicata per la prima volta nel 1551-1552; altre edizioni furono impresse fino al 1607. Si preferito stampare con la maiuscola, perch il riferimento allopera sembrerebbe evidente; meno probabile che si tratti di un sostantivo riferito allingegno bizzarro dello scrittore: cfr. Lomazzo, Rime, cit., vi 142 1-4, p. 590: Le cinque cotte che descrisse il Doni, / Nelle quai il Burchiel fece suoi versi, / Di lungo se nandr con pan diversi, / A ritrovar la zucca con gli sproni .

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino nome esercita sullattante successivo per associazione fonica (Re BuffonBuffalora).48 Restando nellambito onomastico, non sar inutile ricordare casi simili di nomi parlanti, come Scroccheria: Venite pur al suon de la mia tromba, / o tutti voi che siete sgalonati / da la vacca di monna Scroccheria (lxxxix 12-14),49 e che per le poste andata in Normandia / provede di peliccie quando fiocca / il cuium pecus de la Scroccheria (cviii 12-14).50 E la chiusa ad effetto con il parto straordinario unarma retorica spesa anche altrove: La Gosa da Mompian tolse la rocca / e correndo frezzosa in su la via, / partor una gran torre con la bocca (cviii 9-11),51 Que sta non bugia, / chuna galera piena di biscotto / partor delle

48.Si veda anche il caso simile nei versi e lo port in un fiasco a Re Buffone / senza dimostrar mai buffoneria (ix 10-11). Giochi fonici affini si rinvengono in altri casi: e certe vecchiarelle e grince e grime (i 13), vidi vicina a certi cacatori (vi 3), chincantava le berte e i bertoni (xii 7), per spada et elmo un spiedo et un parolo (xxiii 17), chuna ganassa duna gazza indiana (lxxxviii 16), chan ovi freschi e frittole e felici (xc 10), Ma castig costu Marte, che venne (ci 9). Corsivo mio. 49.Il nome sembra modellato su quello contenuto nel verso burchiellesco ciascuno vorrebbe diventar lo Scrocchi (SB, v 13, p. 9, con lemendamento di Spagnolo, rec. cit., p. 164). Si vedano anche i versi di Giovan Battista Ricciardi Io so che si trovano in Firenze / Gente che non sa pi che sien li scrocchi , in C. Chiodo, Le rime burlesche di G.B. Ricciardi (1977), in Id., Il gioco verbale, cit., p. 163 e n. 28, pp. 163-64, dove si ricorda il passo del commento al Malmantile racquistato, Venezia, 1687, p. 296: il proprio significato della parola Scrocchi quando uno per trovar denari, piglia a credenza una mercanzia per venticinque scudi, la quale ne vale venti: e poi la vende quindici; e questo si dice pigliar lo scocchio (commento a iii 74). Cfr. anche P. Salvetti, Voglio amar chi mi pare, o questa bella!, vv. 35-36: Piglierebbe lo scrocchio / Chi servir la volesse (in Aglietti, Rime giocose, cit., p. 118). Si aggiunga il modo di dire Essere come la gallina di Monna Cionna detta la Scrocchina (ricordato in G. Boerio, Dizionario del dialetto veneziano, Venezia, Cecchini, 1856 2, p. 152). 50.Con cuium pecus si intende un bestione: cfr. P. Aretino, Il Marescalco, Prologo: Ora se si pecca mortalmente a non dare un cavallo a quel venerabile castrone, che non ha paura dessere un cujum pecus (in Id., Tutte le commedie, a cura di G.B. De Sanctis, Milano, Mursia, 1968, p. 33) e Id., La Cortigiana, Prologo: Forestiere: Mi par vedere che sar opra di qualche pecora, quae pars est (in Id., Tutte le commedie, cit., p. 118): la fonte Virgilio, Buc., iii 1. Si veda pure Secco, GlInganni, cit., iii ii, p. 41 e n. a p. 98. 51.frezzosa: di fretta: vd. T. Folengo, Baldus, a cura di M. Chiesa, Torino, Utet, 2006 2, viii 370 (vol. i p. 384): nescio quo pariter frezzosis passibus ibant .

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giuseppe crimi quaglie e del vin cotto (ciii 15-17),52 e Sar dunque bugia, / suna pecora fatta di faloppia / faccia un camelo con la testa doppia? (cv 15-17).53 In modo analogo, in altre occasioni e pi spesso nella coda i versi si tingono di una natura irreale, raccontando sorprendenti metamorfosi: Questa non bugia, / che l Turco diventato una comare / per allevar un figliuolin del mare (viii 15-17), Pavia e Milan son fatti per incanto / due scarselloni da portar costali (x 1-2), Questa non bugia, / fan divenir con la lor schiuma sola / le cimici giganti in la cariola (xv 15-17), che un orinal si pose nel pensiero / di voler diventar un cavaliero 54 (xcvii 16-17), un gran million di regi incoronati / diventr mortadelle e cervellati (c 16-17). Altri spunti rilevanti si ricavano dal sonetto cvii 1-14, dove peraltro si pu raccogliere un ulteriore riferimento alle letture del Chersino: nei versi viene menzionato Zizalardon, nome di un oste ingordo della Roselmina, favola di Giovanni Battista Leoni:55
52.In questo caso la meraviglia pi palese, perch nei viaggi per mare certamente non era consuetudine portare quaglie e vino cotto, ma la semplice galletta: cfr. F. Sacchetti, Il libro delle rime, edited by F. Brambilla Ageno, Firenze-Perth, Olschki-Univ. of Western Australia Press, 1990, lxiv 76-77, p. 72: ch l biscotto / si porta in galea . 53.Aspetto meraviglioso suggerito dalla doppia gobba del cammello. Su questi parti eccezionali cfr. Fatrasies dArras, 19 1: Dragons de geline (in Fatrasies. Fatrasies dArras. Fatrasies di Beaumanoir. Fatras di Watriquet, a cura di D. Musso, Parma, Pratiche, 1993, p. 56; trad.: Un drago nato da gallina ) e ivi, 33 1-3: Vache de pourcel, / Aingnel de vel, / Brebis de malart (ivi, p. 70; trad.: Vacca nata da porcello, / agnello da vitello, / pecora da anatra ). I parti anomali, come forma di adynaton, erano gi presenti in Nevio (cfr. Cocchiara, Il mondo alla rovescia, cit., p. 80). Per i parti di oggetti, gi nel Trecento, si vedano i versi del Povero La mia gallina fatto un tal martello / ched ogni d farebbe un gran palagio / lavorando con esso un montanello (in E. Levi, Niccol Povero, giullare orentino [1908], in Id., Poesia di popolo e poesia di corte nel Trecento, Livorno, Giusti, 1915, p. 105). 54.Si noti linteressante convergenza con Fatrasies dArras, 48 7: Uns paniers ce fist chevaus (in Fatrasies, cit., p. 82; Un paniere divent cavallo ). 55.Si tratta di roselmina | favola | tragisatiricomica, | di | lavro settizonio, | da castel sambucco | Recitata in Venetia, lanno m. d. xcv. | da gli Academici Pazzi Amorosi. | con privilegi. [segue fregio] | in venetia, m. d. xcv. | Appresso Gio. Battista Ciotti Senese. | Al Segno della Minerva (esemplare della Biblioteca Alessandrina di Roma, Misc. XV f 18 9); Zizzalardone viene descritto come persona vorace: Eh, Zizzalardone, questa tua vitaccia, che non ad altro tende, che alla sodisfattione del ventre, anzi di questo poco palato, di questo breve gargarozzo (i iii, p. 15). Cfr. M. Rak, Logica della aba, Milano, Bruno Mon-

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Menando la favetta a rompicollo, Zizalardon, famoso parasito, si scott nel morter il braccio e un dito, n volse pi di lei farsi satollo. Ma preso con le mani un grasso pollo lebbe in un fiato quasi trangiottito e poi fece il taglier netto e polito, slongando il muso e ritorcendo il collo. Onde quella favetta svergognata sarross di vergogna e fugg via, come se fusse una poiana alata. Se nand in Viena e poscia in Scarperia, dove da una fanciulla trappolata rimase insegna al fin dunosteria.

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Anche in questo secondo caso il sonetto sembra essere basato su un andamento diegetico lineare, il che fa pensare ad un aspetto nonsensico parziale. Lattacco un evidente rinvio allautoerotismo,56 ma poi i versi si concentrano sulla natura ingorda del personaggio: proprio sullingordigia iperbolica il Chersino insiste in altre occasioni.57 Si ritorna quindi
dadori, 2005, pp. 261 e 263 n. 6. Il nome torna in un passo dei Discorsi politici e morali (x) di A.G. Brignole Sale: Niente pi, secondo me, di quel che possa quel Zizzalardone pareggiar a tanti fondi di marina rivoltati sottosopra , (cfr. Il buratto ed il punto. Concettismo, Retorica, e Pittura fra Genova e Bologna, 1629-1652, a cura di M. Pieri e D. Varini, Trento, La Finestra, 2006, p.te ii p. 199). 56.Cfr. SB, clxxii 1-2: Racomandovi un poco el maniscalco / che la fava men pel Giubbileo , e Benchio non sia malato, io non son sano, 9-10: Le noci ci percuoton fra i talloni, / E la fava rigonfia per menare (in Sonetti del Burchiello del Bellincioni e daltri poeti orentini alla burchiellesca, in Londra, [ma Lucca-Pisa, s.e.], 1757, p. 146). Luso dei doppisensi nelle Bugie abbastanza raro: da segnalare il caso degli eufemismi contenuti nei versi Ma prima dislacciatevi il braghetto / e mostrate la guglia e l calderone (lxxxix 5-6), dove i due lemmi del secondo verso indicano, rispettivamente, i virilia e il posteriore: per il primo termine cfr. V. Boggione-G. Casalegno, Dizionario storico del lessico erotico italiano [], Milano, Longanesi, 1996, par. 2.3, con esempi dal Berni e dallAretino; per il secondo non si trovano attestazioni, ma si vedano le voci affini ivi, par. 5.1.1. 57. Mangiavan le cicale al sn famoso / una sporta di rane inghirlandate / sopra l cavallo de lanotomia (xii 9-11), Mangi [scil. un coccodrillo] un vitello, un porco et un saliscendi / cotto nel brodo duna buona trotta / dentro al stagnato della gelosia (xxiv 12-14), chun portarol con la cavezza doro / mangi in un boccon la vacca e l toro

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giuseppe crimi sulloggetto iniziale della descrizione, la favetta che, rossa di vergogna (anche il qui il doppio senso manifesto), subisce una sorta di metamorfosi e fugge a Vienna e successivamente in Scarperia, una localit nei pressi del Mugello, dove arresta la sua corsa. Interessa, in questo contesto, soprattutto la descrizione delloggetto che viene spedito o si reca in una localit remota, accorgimento che in genere rappresenta una cifra dei testi nonsensici58 e che riaffiora tra le Bugie: e la mand correndo in Barberia (xxii 15), e tutti tutti andr nella Cania (xcix 15),59 pose in 60 conquasso in fin la Traprobana (cvi 7), e mandano in Calicut tutti i brachieri (cviii 8).61 Il sonetto ora esaminato permette di soffermarsi proprio sulliperbole,
(lxxiv 16-17), un uomo grande come una cicala / mangi in un ovo un elmo con la spada (lxxxiv 16-17), colui conoro ne miei versi immondi / mangia con sol guardo mille mondi (xciv 16-17) e Questa non fu bugia, / chivi mangir un gatto doppo cena / cavea l figato comuna balena (xcviii 15-17). Cfr. i versi di Niccol Povero: ch diventato s gran mangiatore / chal pasto mangia un bue la suo persona (in Levi, Niccol Povero, giullare orentino, cit., p. 107). 58.Cfr. Fatrasies dArras, 16 10-11: Si que Paris en volete / DAcre duquen Occident (in Fatrasies, cit., p. 54; trad.: cos che Parigi svolazzava / da Acri fino in Occidente ), e Fatras di Watriquet, 26 5-6: En cop de [] si grant medecine a / Cune charrete jusqua Mes en sailli (in Fatrasies, cit., p. 140; trad.: nel colpo di [] c tal medicina / che una carretta ne usc fino a Metz ). Cfr. anche i versi del Povero: perch da Roma nbolato la guglia, / e l portata in su Monte Calvano. / Gierusalemme nno mandato in Puglia (in Levi, Niccol Povero, giullare orentino, cit., p. 108) e quelli burchielleschi: le mosche son fuggite in Ormignacca (SB, viii 10). Si veda anche Cocchiara, Il mondo alla rovescia, cit., p. 181, il quale riporta la novella dei Grimm intitolata Paese di Cuccagna, in cui si legge: Ebbene ho visto [] un bambino di un anno buttare quattro macine da Treviso a Palermo e da Palermo a Monviso . 59.La Cania, ossia una citt di Creta, oggi La Canea (vd. T. Garzoni, La piazza universale di tutte le professioni del mondo, a cura di G.B. Bronzini, con la collab. di P. De Meo e L. Carcereri, 2 voll., Firenze, Olschki, 1996, xxxvii, p. 431). 60.Traprobana, ovvero lisola di Ceylon (vd. Orlando Furioso, xv 17 5: e Traprobane vede, e Cori appresso , e Lomazzo, Rime, cit., vi 4 12-14, p. 507: Serpe Spagnuola, chal fuoco non caglia, / Fece chio non trovai in Taprobana, / Donde vengon le ciurme di canaglia ). Cfr. in partic. A. Sca, Il paradiso in terra. Mappe del giardino dellEden, trad. it. Milano, Bruno Mondadori, 2007, p. 179, fig. 8.12b. 61.Non si tratta di Calcutta, ma di Calicut, sulla costa del Malabar, come si rileva in L. Messedaglia, Vita e costume della Rinascenza in Merlin Cocai, a cura di E. e M. Billanovich, con una premessa di G. Billanovich, 2 voll., Padova, Antenore, 1974, vol. i p. 21 n. 1.

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino esibita in altri endecasillabi e con varie declinazioni: quando comparse Apollo con la Sfinge, / con la Chimera e con Bellerofonte/ e in testa per capl portava Osta [Ostiglia] (viii 9-11);62 una pippia arrostisse un elefante / per dar da dicinar [desinare] al gran Morgante (ix 16-17):63 il gigante pulciano protagonista di unopera a cui attingere a piene mani proprio per il versante iperbolico personaggio sintomatico che ricompare altrove: E corse allor Morgante et Olivieri / con un stecco da denti ben calzante / et alzando nellaria un lionfante / mandano in Calicut tutti i brachieri (cviii 5-8).64 Sar chiaro, quindi, come nel mondo della bugia le circostanze esagerate costituiscano la norma: esse possono includere gli abbattimenti improbabili ( che con un spiedo un certo rabuffato / diede un gran colpo al muro di Broletto / e sfracazz di Nani losteria , ii 9-11); le dimensioni meravigliose di taluni animali ( una rondine fu che con un piede / coperse il mondo e quanto in lui si vede , xcv 16-17) o la forza e la resistenza incredibili di altri ( Chi crederebbe che due pecorelle / potessero portar due gran torri / et aver per orecchie anco due astorri, / che volarian fin sopra a le stelle? , lxxvii 1-4);65 il prosciugamento di un fiume ( Andate poscia dietro a qualche fiume / e
62.Nel v. 10 il richiamo a Bellerofonte di Corinto, che, secondo il mito, uccise la Chimera riuscendo a gettare nella sua gola del piombo fuso. 63.La pippia la femmina del piccione. Cfr. L. Pulci, Morgante, a cura di F. Ageno, Milano-Napoli, Ricciardi, 1955, xix 82 1-4, p. 573: Ma non fu prima dal fuoco partito, / che Morgante a spiccar comincia un pezzo / del lofante, e disse: Egli arrostito , / e tutto il mangia cos verdemezzo ; per questo versante si veda R. Ankli, Morgante iperbolico. Liperbole nel Morgante di Luigi Pulci, Firenze, Olschki, 1993, passim. Cfr. anche La gran battaglia de li gatti e de li sorzi, a cura di M. Chiesa, 52 5: E in un bocon mangiava [scil. Sorzante] un leofante (in Il Parnaso e la zucca. Testi e studi folenghiani, a cura di M. Chiesa e S. Gatti, Alessandria, Edizioni dellOrso, 1995, p. 29; osservazioni sulliperbole anche in Longhi, La poesia burlesca, satirica, didascalica. i. Il Cinquecento, cit., p. 298). 64.Unimmagine simile in Secco, GlInganni, cit., ii xii, p. 39: Lasciatela menare a me solo, che con la forza di questo braccio levarei uno elefante . Per Morgante cfr. anche cix 16-17: che per lo troppo gusto io cacai duro, / leffigie di Morgante in cima a un muro ; Margutte, invece, ricordato in xxii 9. Unedizione del Morgante venne stampata a Brescia da Ludovico Britannico nel 1547. 65.Cocchiara, Il mondo alla rovescia, cit., p. 181, riporta un passo della novella sul paese di Cuccagna raccolta dai Grimm dove si racconta: Vidi una vecchia capra rinsecchita, che si portava addosso cento carri di strutto, centosessanta con il sale e tutto! .

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giuseppe crimi svuotate ben ben lequivalente / e fatevi un silopo [sciroppo] puzzolente , cx 5-7) o le incredibili preparazioni gastronomiche ( Chi crederebbe chun fornar peloso / avesse cotta Babilionia intiera? , cii 1-2). Un altro sonetto dal quale si possono trarre spunti sulluniverso menzognero del Chersino il vii:
Un bracco, un tigre, un gatto et una mona, tutte bestie da stuffa e da tinello, comperavan al banco di Tonello una gnacchera fatta alla carlona. E fu mercatantezza la Simona, quella cha l naso a guisa di scagnello e la bocca pi larga dun fornello e la fronte com piazza Navona. Costor donr poi tutto a Fiordeligi, che fu massara gi del re Nabucco, dal qual impar ben la cortesia, perch essa in premio lor don Parigi, un cappon di favetta e un pan di stucco et una soma di pedanteria. Questa non bugia, che questi animali sperti e galanti comincir a vestir brachesse e guanti.66

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4. gnacchera] gracchera. 10. gi del] del gi. 17. comincir] cominciat (ma lultima lettera non leggibile in modo distinto)

Il magistero burchiellesco, assorbito pienamente, trapela nellincipit, nel quale vengono affastellati soggetti plurimi, come del resto avviene altrove: Brindisi e bonprofaccia et un stafilo [staffile, correggia di cuoio] (lxxxiii 1), Plotin, Plutarco e l gran Lon Ebreo (lxxxvii 1), I verzi, le spinaccie e ravanelli (xcvi 1) e Uva passa et zenzale e gnocchi a 67 lesso (cvi 1). Secondo un processo appena illustrato, i versi si presen66.La mona (v. 1) la scimmia. Per bestie [] da tinello (v. 2) si intende animali di poco conto. Lo scagnello pu indicare una sgabello, una piccola panca (per altri significati vd. S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, 21 voll., Torino, Utet, 1962-2002, vol. xvii p. 747). 67.E ancora allesperienza burchiellesca va ricondotto lattacco con apostrofe agli

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino tano con un andamento narrativo che calamita in successione personaggi disparati, da quelli pi umili, come Tonello o la Simona, a quelli letterari, come Fiordeligi,68 che naturalmente non ha mai ricoperto il ruolo di massaia del re di Babilonia. Se si esclude Parigi, i doni offerti agli animali del primo verso sembrano indicare oggetti impossibili, come nei casi affini di Una bilancia fatta di mascherpa [ricotta, mascarpone] (cv 1) o di una pecora fatta di faloppia (cv 16).69 Anche la coda contiene un richiamo da non sottovalutare: lumanizzazione degli animali, che qui indossano brache e guanti, altro elemento che contraddistingue il mundus inversus.70
ascoltatori, con la funzione di imperativo o persino di imprecazione: Fate castrar unoca be retina (iv), Ritiratevi tosto a far lusura (lii), Ritornate, facchini, alla dogana (lxxxiv), Portatemi, o scolari, la padella (lxxxviii), Porgetemi gli incudi, o barbagianni (xciv), Andate a far a sassi in mezzo al ballo (civ), Rimanetevi privi di falsume (cx); il modello il sonetto D lastricate ben questi taglieri (SB, cxxx). 68.Personaggio dellOrlando Furioso: si tratta della sposa di Brandimarte (xiv 8 3 e xxxiii 34 3). 69.Procedimenti analoghi si riscontrano in Fatrasies dArras, 2 1: Fourmage de laine (in Fatrasies, cit., p. 42; trad.: Formaggio di lana ); Fatrasies dArras, 4 1: Andoille de voirre (ivi, p. 44; trad.: Un salame di vetro , anche se in questo secondo caso una spiegazione si potrebbe rinvenire nellallusione ai falli di vetro prodotti proprio nelle Fiandre: cfr. F. Pignatti, I Motti e facezie del Piovano Arlotto e la cultura del Quattrocento, in Giornale storico della letteratura italiana , vol. clxxvi 1999, p. 72 n. 20, con rinvio al Ragionamento dellAretino e alla facezia 83 del Mainardi); Fatrasies dArras, 8 1: Uns mortiers de plume (in Fatrasies, cit., p. 48; trad.: Un mortaio di piuma ); e la serie in Fatrasies dArras, 14 1-5: Aillie destrain, / Formage de pain / Et feves de pois, / Et kailleus de grain / Et pierres de fain (ivi, p. 52; trad.: Aglio di paglia, / formaggio di pane, / e fave di piselli / e sasso di grano / e pietre di fieno ). 70.Sugli animali in pose umane si veda pure una pippia arrostisse un elefante (ix 16), Pesava un asinello de carpioni / con la rete che gi fece Vulcano (xi 1-2), porta [scil. unaquila] le braghe a guisa di Zanolo (xxiii 16), Una gran frotta dasini spagnuoli / facevan maitinade a la Simona (li 1-2), E pur ver chun orso generoso / si mise per giostrar una bariera (cii 5-6). Per questultimo esempio va specificato che molto improbabile che lorso, animale notoriamente pigro, si cimenti in una giostra, nella quale sono necessarie agilit e velocit (si veda Cocchiara, Il mondo alla rovescia, cit., p. 106, che riporta un passo di Gregorio di Tours, il quale afferma che il bue non pu compiere eserciz ginnici e che lasino non in grado di giocare a palla). Anche gli animali musicanti, come nel caso di Correvan la saiotte a pi non posso / sopra i cavalli della ortografia / e sonavan i pifferi di bosso (cvi 9-11), rimandano al tema del monde renvers : cfr. M. Clouzot, La musique des marges. Liconographie des animaux et des tres hybrides musiciens dans les

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giuseppe crimi Pu avvenire che il sonetto sia costruito in modo tale che nella prima quartina un evento divenga la causa apparente dello svolgersi di altre circostanze narrate nella quartina e nelle terzine successive (xcix):
Una trombetta dolce come l pane, che fanno i giardinier di ponte Mollo, tronc le zampe ad un ben grosso pollo che vinse gi tutte le belve umane. Col sn mise spavento a Rabicane, e Brigliador si scavezz nel collo, n si vide giamai quel sn satollo sin che non ruppe il capo a cento rane. Misericordia, che tremendo sno! Fugg l Gran Can, fugg la piazza Grande et il Pegol crep fuggendo via. Fuggiano lortaglie e tutti i ronchi senza vardar le brede di Rezato e tutti tutti andr nella Cania. Questa non fu bugia, che i gambari fugirno da Bagnolo e fugg un fanciullin col suo carolo.71

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Fin dal principio ogni verisimiglianza attentamente evitata: una tromba non pu avere la dolcezza del pane n i giardinieri potrebbero dedicarsi alla costruzione di strumenti a fiato. N si capisce come una trombetta possa spezzare le zampe ad un pollo. Ai vv. 3-4 si aggiungono elementi utili a ricostruire il contesto di un mondo rovesciato: ne un esempio chiarissimo lanimale innocuo (il pollo), che minaccia esseri di dimensioni maggiori, come altrove avviene per la lumaca aggressiva

manuscrits enlumins du XII e au XIV e sicle, in Cahiers de civilisation mdivale , xlii 1999, pp. 323-42. 71.Ponte Mollo, ossia il romano ponte Milvio, cos chiamato perch spesso sommerso dalle inondazioni del Tevere. Rabicane il nome del cavallo dellArgala (vd. M.M. Boiardo, Linamoramento de Orlando, ed. critica a cura di A. Tissoni Benvenuti e C. Montagnani, intr. di A. Tissoni Benvenuti, Milano-Napoli, Ricciardi, 1999, i i 69 5, to. i p. 44: Rabicano, il distrer, non mostra stanco e n.). Brigliadoro (v. 6) il cavallo di Orlando vd. ivi: i ii 28 3 e n. (to. i p. 67). Il cariolo (v. 17) il girello.

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino ( chuna lumaca, col suo proprio fiato, / fece restar il Turco scorticato , lxxvii 16-17),72 o per la lepre ardimentosa ( Ma perch oggi mi vien la barba bianca, / non vo parlar dun certo bastonato / chinnanzi a un lepre se ne fugga , xcii 12-14).73 In modo simile a iii 9-10, al v. 10 si assiste allinterazione tra esseri umani e localit. Il son. xii presenta alcune affinit con quello appena esaminato, con una resa pi marcata di alcune soluzioni:
Una gnacchera, fatta di dobletto da un maringon che tesse de i polmoni, sonava pi di cento campanoni toccata da due corni di capretto, e nel sonar spargeva del confetto con tanta melodia de braghettoni chincantava le berte e i bertoni, tutti legati dentro ad un stringhetto. Mangiavan le cicale al sn famoso una sporta di rane inghirlandate sopra l cavallo de lanotomia. Ma quel che fu pi bello e pi amoroso, correvano alla giostra le frittate con ronche e lancie tolte in Frezzaria. Questa non bugia, chunoca nel formar del contraponto sgorg da la sua gola il Mella e l Tronto.74

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72.Sul motivo della lumaca offensiva da ultimo B. Roy, Un gastropode chez le quadrupdes, Tardif le Limaon, in Remembrances et Resveries. Hommage Jean Batany, Orlans, Paradigme, 2006, pp. 307-14. Immagini simili si possono riscontrare gi in Burchiello, Sonetti inediti, cit., xxxii 15-16, p. 32: Onde un ramarro / per forza prese un toro e atterrollo . 73.Si veda il passo epistolare tardo-trecentesco di Lorenzo de Ridolfi, tratto dal ms. Panc. 117, c. 18v, e riportato da F. Novati, Il lombardo e la lumaca (1893), in Id., Attraverso il Medio Evo. Stud e Ricerche, Bari, Laterza, 1905, 149 n. 43: Agitis ut ille artifex qui leporem canem devorantem, agnam lupum, pernicem accipitrem, murem catum, gracillam vulpeculam, milvum aquilam, asellum leonem in pariete pingebat . Per il tpos vd. Cocchiara, Il mondo alla rovescia, cit., pp. 135-36. 74.Il dobletto (v. 1) una sorta di tela di Francia fatta con filo di bambagia (A. Tiraboschi, Vocabolario dei dialetti bergamaschi antichi e moderni, 3 voll., Bergamo, Fratelli Boli, 1873-1879, p. 461). Il maringon (v. 2) il falegname. I bertoni (v. 7) sono i cinedi. Il cavallo de lanotomia (v. 11) potrebbe indicare un equino magro. Frezzaria (v. 14) una calle di Vene-

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giuseppe crimi evidente come laspetto narrativo tenda a scomparire per far posto ad una successione di circostanze di marca paradossale: a partire dalla nacchera fatta di tessuto, prodotta da un falegname e intenta a suonare campane. Il nonsense garantito soprattutto dagli oggetti attanti, come la suddetta nacchera o le frittate (v. 13)75 e dalla mancanza di rapporto di cau salit tra gli eventi (vv. 5-8). In particolare, vari antecedenti per le frittate attanti si possono scovare nelle descrizioni dei paesi di Cuccagna nellantichit, dove i cibi erano dotati di un certo automatismo.76 Come se non bastasse, le cicale riescono a divorare le rane. Il tutto si conclude con la consueta meraviglia in coda, con due fiumi che nascono dalla gola di unoca. Gli oggetti attanti ritornano nel son. ci:
Trentasei millia gnocchi di Levante invitr a duello le panzette e portavan per scudi focazzette fatte per man dun nobile diamante. Ma Vulcan, ch gran giotto zoppicante, si mise con gli occhiali a le vedette e prese i cornacchioni e le civette che facevan la guardia a un vero amante. Ma castig costu Marte, che venne col brocchier di salsiccie milanese, legate tutte in una bragheria. Venne Neron sopra smerdate penne

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zia. La Mella (v. 17) un fiume della Lombardia, mentre il Tronto (ibid.) dellItalia cen trale. 75.Si vedano altri casi come Corsero a questi casi tanto orrendi / i campanili di Viterbo in frotta / et insegnr a gatti la magia (xxiv 9-11); Miserabili carte e libri sparsi / e lettere maiuscole e minute / correvan tra linchiostro in ogni via (lxxxvi 9-11); Un me lon tondo, come un pal di ferro, / sbrinzava [sbranava] la mascherpa et il formaggio (lxxxv 1-2); I verzi, le spinaccie e ravanelli / sputavano bombarde a pi potere / e facevan tra lor tante carriere / che immiravan nel corso i garzoncelli (xcvi 1-4); Un colombaro pien pien di corame / sarm per dar di matte bastonate / a quei che fan col sevo le panate, / per levarse del sen la propria fame (c 5-8). 76.Cfr. M. Farioli, Mundus alter. Utopie e distopie nella commedia greca antica, Milano, Vita e Pensiero, 2001, pp. 27-137. Le frittate attanti ricordano anche SB, x 15-16: E vidi le lasagne / andare a Prato a vedere il sudario .

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e perfum ben mal tutto il paese, ch tra la Francia posto e lUngaria. Questa non bugia, Scanderbech castrota et Martin Scala77 misero le braghette ognuna a unala.

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Uno strumento della poesia alla burchia, ormai familiare, consiste nel lattacco con un numerale (di frequente iperbolico), come in Cento grue pelate in Avignone (xc) e Due sporton di naranci et un di lame (c). Al v. 3 e ai vv. 9-11 attuato il gioco parodico di sostituzione delle armi tradizionali con oggetti domestici, come avviene anche in xxiii 16-17: porta le braghe a guisa di Zanolo, / per spada et elmo un spiedo et un parolo ;78 e su un principio simile imperniata la terzina: Una gran conca con la basia appresso / eran due navi da portar soldati / che scorrevano sempre per corsia (ciii 9-11).79 Torna, sistematicamente, la degradazione dei personaggi mitologici (Vulcano e Marte) e di quelli storici (Nerone, Scanderbeg, Martino della Scala). Ma non solo lumanizzazione dei luoghi che contribuisce a disegnare la retorica dellassurdo (xxi):
Di rovaiotto e di panco gialdo, cavea la scorza come le castagne, si pasce il Mongibello e l Montebaldo, essendo lor scodelle le campagne, e i pescador dIseo con le dagagne voglion prender per fin il mio gastaldo o condannarlo almen ne le lasagne

77.Giorgio Castriota, detto Scanderbeg, condottiero albanese (1400-1468), e Martino della Scala, signore di Verona. 78.Il parolo il paiuolo, il secchio: vd. Folengo, Baldus, cit., x 178 (vol. i p. 456 e n.): mille pignatellas, pignattas, speta, parolos . 79.Si tratta di immagini parodiche gi sperimentate e di cui si possono rinvenire tracce antecedenti e coeve: cfr. La gran battaglia de li gatti e de li sorzi, 15 3: costui portava un secchio per elmetto (in Il Parnaso e la zucca, cit., p. 18, ma tutte le ottave sono pervase da descrizioni simili), e B. Stefonio, Maccheronee, a cura di M. Grandieri, Cassano delle Murge, Messaggi, 1997, Macaroidos, 65-67, p. 17: Illi pro lanza deservit grande cuchiarum, / pro galea magnum portat in vertice caldar, / pro giacho triplice pectum gratarola copribat , e ivi, 71-72, p. 17: pro clypeo gestat coperchium grande, potentum / horrorificum, hoc totum coprit curvamine corpus .

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e in un vin da Castion grosso e ben saldo. Il sabbion sincarisse al lavaione, s che gli asini fanno urli gagliardi, n vogliono andar dietro a la via. Ogni muto vuol far del cicalone e voglion farsi statue i baloardi che gi si vidr dentro Albarosia. Questa non bugia, il Gulmo et il Goletto cavalcando strabbuccr da cavallo il conte Orlando.80

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Si incontrano, infatti, gli elementi pi evidenti delle poesie della bugia, ossia le immagini inscrivibili nel tpos del mundus inversus, come il muto parlante (v. 12),81 da accostare al cigno nero ricordato altrove.82 Ana logamente, nellattacco Un menac cha buona sale in zucca (xiii) viene presentato il menac, ossia il girino (la cazzuola burchiellesca, per intenderci),83 notoriamente sciocco e che qui paradossalmente sapido, per quanto, poi, la coda del sonetto finisca per svelare la natura reale dellanfibio: Questa non bugia, / ha questo menac sopra la schena / lamor di
80.Il rovaiotto (v. 1) indica, in bresciano, il pisello (Messedaglia, Vita, cit., p. 212); il panco un tipo di frumento; gialdo (v. 1) significa giallo. Il Mongibello (v. 3) lEtna, mentre il Monte Baldo (ibid.) si trova in prossimit del lago di Garda. Le dagagne (v. 5) sono reti da pesca. Il v. 11 memore di SB, lxviii 17: e gli altri ragghian tutti come micci e F. dAltobianco Alberti, Rime, ed. critica e commentata a cura di A. Decaria, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2008, lii 7, p. 117: e raghia come miccio al sagginale , e n. (con menzione di Burchiello). I baloardi (v. 13) sono vasi di rame o latta. Il Goletto (v. 16) una localit bresciana (cfr. anche lxxxix 1). Il verbo strabbuccr (v. 17) significa fecero cadere. 81.Cfr. Fatrasies di Beaumanoir, 1 7: Uns muiau i vint chanter (in Fatrasies, cit., p. 100; trad.: un muto accorse a cantare ); cfr. anche Burchiello, Sonetti inediti, cit., i 19, p. 1: ballano i gozzi e l cantano i muti . 82. Vera un cigno cavea la penna bruna, / cavea tra lale la donzella Leda / e nel becco la greve e bianca preda / cavea straccato ad un fachin la schena (viii 5-8). Cfr. Giovenale, Sat., vi 165: rara avis in terris nigroque simillima cycno (si veda anche Isidoro di Siviglia, Orig., xii 7 18: nullus enim meminit cygnum nigrum ). La quartina si richiama al mito secondo il quale Zeus si trasform in cigno per avvicinarsi allamata Leda. 83.Cfr. Tiraboschi, Vocabolario, cit., p. 790. A proposito dellaggettivo buona, si ricordi che sale, in area settentrionale, poteva essere di genere femminile.

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino Pisa e la pazzia di Siena .84 E si potrebbe proseguire indicando come paradossale anche limmagine degli asini spagnoli che, con i loro ragli certamente poco armoniosi, tentano di sedurre una ragazza ( Una gran frotta dasini spagnuoli / facevan maitinade a la Simona , li 1-2).85 Proseguendo su questa linea, un senso altrettanto paradossale si potrebbe leggere negli animali in preda al riso: Sognun potesse il vero ben sapere, / riderebbon dal cor tutti i porcelli (xcvi 7-8), Ridevan le cicale a mezzo agosto (xcvii 1), Di ci ridevan fino le formiche, / cavevan su le spalle alte colonne 86 (xcvii 9-10): noto, infatti, che, secondo Aristotele (De partibus animalium, iii 10 673a), luomo sarebbe lunico animale in grado di ridere.87 La chiusa del nostro sonetto non fa che ribadire una visione del mondo in cui i personaggi letterari sono umiliati, questa volta persino da localit antropomorfizzate.88 La successione di eventi singolari allinterno dei versi pu essere descritta mediante la giustapposizione di visioni in stato di veglia, come nel caso di Una ninfa di stoppa inghirlandata (vi), oppure mediante il ricorso alla dimensione onirica (lxxvi):89
Questa notte insognai chun gatto avea una berretta in testa, da facchino, e che vera a cavallo un malandrino
84.Pi propriamente i Senesi erano definiti bessi , sciocchi. 85.La maitinada il cantare e l suonare che fanno per lo pi gli amanti in sul mattino davanti alla casa dellinnamorata (Tiraboschi, Vocabolario, cit., p. 752). Gli asini spagnoli erano noti per la loro irascibilit (cfr. Grande dizionario della lingua italiana, cit., vol. xi p.56). 86.Cfr. Burchiello, Sonetti inediti, cit., ii 2, p. 2: orpel da ceri e spalle di formiche . 87.Cfr. G. Minois, Storia del riso e della derisione, trad. it. Bari, Dedalo, 2004, pp. 75-80. Si veda anche uno dei versi succitati del Sarnelli: Li lupe se schiattavano de riso . 88.Cfr. Ergo non bugia, / chuna massara ha preso con un petto, / tratto in colpo, Astolfo e Sansonetto (cvi 15-17): Sansonetto era il figlio del Soldano di Persia (vd. Li fatti de Spagna, testo settentrionale trecentesco gi detto Viaggio di Carlo Magno in Ispagna, edito e illustrato da R.M. Ruggeri, vol. i, Modena, Societ Tip. Modenese, 1951, Indice dei nomi propri, p. 177). 89.Un antecedente pu essere individuato nel sonetto di messer Nicol Pignatte con bombarde e duo mulini (in SB, xcvi) e in quello pseudo-burchiellesco Dormendomi una notte, presso al giorno, dove ai vv. 9-11 sono descritte azioni che ritroveremo simili nel Chersino: La costa di san Giorgio, senza fallo, / vend le cappelliere foderate; / Mercato Vecchio armeggiava a cavallo (in Burchiello, Sonetti inediti, cit., vii, p. 7).

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che con la man il sol chiaro spengea. Onde mi risvegliai con questa idea, e corsi a dimandar ser Saladino, acci, per esser lui grandindovino, mastrologasse ci che glien parea. Ma, perch avea le man nel caviaro, per questa volta non mi f l servitio, perci convien chancor in dubio io sia. Mi lambico l cervel, che m s caro, ne laspettar che mi si dia il giuditio cabbia laspetto duna anotomia. Questa non bugia, sin che non ho ben chiaro questo fatto, giudico un giocator per un gran matto.
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A generare la straordinariet delle circostanze pu essere anche un motivo esterno, come la venuta dellanno bisestile, notoriamente portatore di follia (ix):90
Lanno del bisestil corse in Moravia, una pietra di vetro colorita, di marzapan e nsiem di calamita raccolta ne gran campi di Pittavia, vera con una tromba scandinavia, che sonando a battaglia scolorita seminava co spiriti la vita ne larghi prati de la gran Sabaudia. Et una tinca allor prese Bagnolo e lo port in un fiasco a Re Buffone senza dimostrar mai buffoneria. Stupissi allor la caneva e l vezzolo

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90.Cfr. Pasquino e dintorni. Testi pasquineschi del Cinquecento, a cura di A. Marzo, Roma, Salerno Editrice, 1990, Frottole, ii 454, p. 85: Masse corso il bisesto ; in n. Marzo ricorda che secondo la credenza popolare, gli anni bisestili erano forieri di calamit pubbliche , ma altrettanto vero che allanno bisestile erano associate la follia e la bizzarria (vd. i proverbi Anno bisesto: tutte le donne senza sesto , Anno bisesto: si sposan tutti quelli senza sesto e Anno bisesto: tutti i matti fanno i suoi gesti , in V. Boggione-L. Massobrio, Dizionario dei proverbi, Torino, Utet, 2004, i.1.3.3, i.1.3.3a e i.1.3.3b, p. 7).

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e si perdr due spine et un coccone che se nandr per laria in Piccardia. Questa non bugia, una pippia arrostisse un elefante per dar da dicinar al gran Morgante.91

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Un tratto da rilevare certamente quello del v. 9, dove gli animali, spesso di piccola taglia, sono in grado di minacciare il mondo umano, co me avviene in altre occasioni: Questa non bugia, / una benola [don nola] prese, in un sol salto, / la Rocca di Bernaco e di Montalto (xcvi 1592 17). Altri casi presentano soluzioni ibride, come nel sonetto ispirato alla caricatura grottesca di un naso, che dilaga in una serie di descrizioni deliranti (xxii):93
Un naso ho visto, largo e longo e piano com Mercato Novo o quel dal Lino, sopra del qual vi stava un tal facchino che porta via un vitel con una mano.
91.La Pittavia del v. 4 lattuale Poitiers. La caneva (v. 12) voce settentrionale per canova, cio cantina, mentre vezzolo (ibid.) probabilmente vesolo, ossia botte. Il coccone (v. 13) potrebbe indicare il disco adoperato per otturare la parte posteriore della canna di una bocca da fuoco (Grande dizionario della lingua italiana, cit., vol. iii p. 246). 92.Cfr. Farioli, Mundus alter, cit., p. 140 (per il rapporto con il motivo del monde ren vers ). 93.Il sonetto si inserisce nella tradizione della descrizione dei nasi grotteschi: cfr. quelli in SB, ccix-ccxi, quello di G.N. Salerno, Egli comparso un gran nasardo al ponte (in A. Cavedon, Un umanista-rimatore del sec. XV: Gian Nicola Salerno, in Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca, vol. iii*. Umanesimo e Rinascimento a Firenze e Venezia, Firenze, Olschki, 1983, pp. 214-15), e F. dAltobianco Alberti, Un naso imperale in questa terra (in Id., Rime, cit., l, p. 114). Nel Cinquecento il Dolce scrive il Capitolo del naso alle donne (cfr. S. Longhi, Lusus. Il capitolo burlesco nel Cinquecento, Padova, Antenore, 1983, p. 262), mentre il Caro La Nasea, ma nel Seicento ancora Marino sfrutter il tema: cfr. L. Matt, Teoria e prassi dellepistolograa italiana tra Cinquecento e primo Seicento. Ricerche linguistiche e retoriche (con particolare riguardo alle lettere di Giambattista Marino), Roma, Bonacci, 2005, pp. 144-46. Per il motivo nellantichit si rimanda alle annotazioni di M. Pittore, Lironia negli epigrammi dell Anthologia Palatina tra manipolazione linguistica e allusivit, Alessandria, Edizioni dellOrso, 2004, pp. 26-30. Una curiosa disamina del tema si legge nel volume di U. Viviani, Nasuti, snasati e camusi nellarte, nella storia, nella letteratura, Arezzo, Viviani, 1930.

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Versava in furia lacque di Monpiano una nasella e laltra di buon vino, una vezza di quelle da Calino, s che formava in terra lOceno. Margutte con un cesto di biscotto faceva dentro zuppe a pi potere, per dar un buon banchetto a una galia. Ma corse a questodor il gran Nembrotto e rubb quella zuppa a pi potere, e la mand correndo in Barberia. Questa non bugia, questo naso anasando un qualche fiore genera in un istante il dio dAmore.94
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La caricatura estremizza alcuni aspetti che la tradizione consegnava: se nel sonetto di Francesco dAltobianco Alberti si legge: Sul dosso porta coppette e sonagli, / chiovi da libri e molta merceria, / con borchie da groppiere di cavagli ,95 il Chersino, ai vv. 3-4, scrive di un naso sul quale pu camminare un facchino che conduce un vitello. La chiusa riprende il consueto tpos delle generazioni meravigliose (si veda la coda del sonetto iii con il relativo commento). Su questa linea caricaturale, oltre al caso gi visto di vii 6-8, va inclusa anche la quartina Onde un certo omaccion barba spelata, / che par de le civette la magione, / piangendo una s fatta perditione, / chiamava tra i sospir Gatta Melata (xxxiii 5-8),96 che sembrerebbe condividere tratti comuni con un testo di Lear.97 Con simili premesse, non stupir allora di
94.Di nasella (v. 6) si ha finora soltanto unaltra attestazione ne LAdone del Marino: e nfin al pugno alfin la ruppe in esso / e tra l visale e la nasella il colse (xx 277 5-6): qui sembrerebbe trattarsi di una sorta di protezione per il naso. Quanto a vezza (v. 7), dovrebbe indicare una conduttura dacqua rinforzata in legno (Grande dizionario della lingua italiana, cit., vol. xxi p. 831, con unico esempio proveniente dal Boiardo). Il termine galia (v. 11) significa galea. 95.F. dAltobianco Alberti, Rime, cit., l 9-11, p. 114. 96.Si tratta di Erasmo da Narni detto il Gattamelata: cfr. A. Calmo, Il Saltuzza, a cura di L. DOnghia, Padova, Esedra, 2006, iii 55, p. 109: Mo que pensi-tu, de la morte de Gatta Mel? e n. 39. 97.Cfr. E. Lear, Il libro dei nonsense, intr. e trad. di C. Izzo, Torino, Einaudi, 20042, p. 6:

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino trovare allinterno di questa raccolta nonsensica altri sonetti riscritti sulla scia di tematiche care alla tradizione comico-realistica, come la povert del poeta (v).98 Disseminati allinterno di sonetti nonsensici, si segnalano alcuni passi che vertono sulla satira antipedantesca: quando chio da Mombel canton disferro / una catena e prendo lavantaggio, / metten do un servitiale al Maioraggio, / tanto profondo che tra quel matterro (lxxxv 5-8);99 S l cancaro vi mangi que zecchini / cavete spesi intorno a la giandaia / per far stampar de grilli la Pedia! (cii 12-14);100 Portatemi, o scolari, la padella, / che vo far de larosto al Babuno, / per farmi reputar buon bettolino [tavernaio, ostiere] (lxxxviii 1-3), dove ho pre-

There was an Old Man with a beard, / Who said, It is just as I feared! / Two Owls and a Hen, / Four Larks and a Wren, / Have all built their nests in my beard! . 98. L una mal cosa aver la paladina / senza un quatrin in borsa o in scarsella, / e l pi peggio chessere a la mella / appiccato di sera e di matina. / Son lanima i danar, sol si facchina / per loro, ed essi empion le canelle / del cor uman e de le sue budelle / e fan veder gli ingegni alla zimina. / Venite, soldi, ormai nel mio braghetto, / ch, se venite, vimprometto certo / di farvi co sonali melodia. / Io vi ontar col sevo di capretto, / io vi far del ciel scudo e coperto, / io vi dar del vin di malvasia. / Questa non bugia, / ch, se venite, voi vedrete a farne / rubin le rape e le nottole starne . Per il motivo si consulti P. Orvieto-L. Brestolini, La poesia comico-realistica. Dalle origini al Cinquecento, Roma, Carocci, 2000, pp. 127-41. La paladina del v. 1 la palatina, ovvero una malattia equina che consiste nellingrossamento della lingua (cfr. SB, viii 3 e n.): nel nostro caso indica la mancanza della possibilit di nutrirsi. La scarsella (v. 2) il borsello, la bisaccia. La mella (v. 3) la punta della spada; lespressione essere a la mella pu indicare una forma di punizione o di tortura, e qui potrebbe significare in senso esteso trovarsi in una situazione pericolosa: cfr. rime | piacevoli | di diversi | auttori | Raccolte da M. Modesto | Pino, & intitolate | la caravana. | Di nuouo ristampate, & ricorrette. [segue marca tipografica] | in venetia, mdcxvi. | Appresso Lucio Spineda, f. 4b: Puochi d innanti shavea da de i denti, / Rinaldo, e Urlando per sta viscarella, / e se ben tutti do iera parenti, / niente de manco i stava in su la mella . Credo sia da escludere lallusione al fiume lombardo Mella (citato invece in xii 17). Lespressione alla zimina (v. 8) significa in modo elaborato, come un lavoro dintarsio, complesso: si veda la recente disamina di A. Dardi, Alla zimina, in Lingua nostra , lxix 2008, pp. 37-38. Infine, il sevo (v. 12) il grasso. 99.Il servitiale il clistere, mentre il il Maioraggio Marcantonio Conti (1514-1555): vd. Anonimo di Utopia [O. Lando], La sferza de scrittori antichi et moderni, a cura di P. Procaccioli, Roma, Vignola, 1995, pp. 51 e 65. 100.Potrebbe trattarsi di unopera immaginaria, ricalcata sulla Ciropedia (di Senofonte), che il Lando chiama la Pedia di Cirro (vd. La sferza de scrittori antichi et moderni, cit., p. 73). Il grillo metafora per indicare, in genere, stupidit o bizzarria.

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giuseppe crimi ferito stampare Babuno con la maiuscola, perch credo che vi si nasconda un doppio senso giocato sullanimale e sul nome dellantico testo impiegato per lalfabetizzazione (suggerito anche dagli scolari del v. 1).101 Ma lattacco sferrato investe anche i commentatori ( O povera latuca e ravanello, / che pan avete, o ver qual buona scusa, / per tirarvi da dosso Lampedusa, / el comento del Varchi al Vellutello? , xci 5-8),102 e gli ignoranti in generale ( che glignoranti or son incoronati / con quei che son di mal francese enfiati , li 16-17). In linea fedele con quanto espresso nelle poesie della medicina alla rovescia, Francesco Moise offre la personale ricetta paradossale per guarire dal mal francese, ossia la sifilide (xiv),103 la quale si modella sui sonetti burchielleschi Chi guarir presto delle gotte presto vuole (SB, ciii) e Qualunque al bagno vuol mandar la moglie (SB, cxxvii):
Vendo, signori, un oglio di Medusa che fu regina de la Prapea, gi fatto per le mani di Medea per compiacerne la regal Lanfusa.
101.Cfr. P. Lucchi, La Santacroce, il Salterio e il Babuino. Libri per imparare a leggere nel primo secolo della stampa, in Quaderni storici , xiii 1978, pp. 593-630; Id., Leggere, scrivere e abbaco, listruzione elementare agli inizi dellet moderna, in Scienze, credenze occulte, livelli di cultura, Firenze, Olschki, 1982, pp. 101-19, e da ultimo A. Fabris, Il Babuin over alfabetto in lettera araba , in Lingua nostra , li 1990, pp. 40-41. 102.Alessandro Vellutello un commentatore dantesco (1473 - met Cinquecento); Varchi non lasci un commento al Vellutello (citato ne LHercolano), ma alcune lezioni sullAlighieri. 103.Per il tpos cfr. lAppendice di Rossi in A. Calmo, Le lettere, riprodotte sulle stampe migliori, con introduzione ed illustrazioni di V. Rossi, Torino, Loescher, 1888, pp. 371-97. Utili anche le indicazioni storiche e letterarie fornite da C. Chiodo, Le rime burlesche di Giovanni Gelsi (1982), in Id., Il gioco verbale, cit., pp. 146-47. Tra le testimonianze quattrocentesche vanno annoverati i sonetti del Baldinotti Se sanza benezio ebbi le bolle e Chi non vuole in Italia esser francioso (si leggono in A. Lanza, Introduzione a T. Baldinotti, Rime volgari, a cura dello stesso, Roma, Archivio Guido Izzi, 1992, pp. xv-xvi). Che proprio le invenzioni burchiellesche potessero costituire un punto di partenza per la scrittura del genere viene confermato dal fatto che nellopuscolo Historia noua de barzellette capitoli, s.i.t. (ma XVI secolo: cfr. Segarizzi, Bibliograa, cit., pp. 194-95) vengono stampati tre sonetti caudati contro la rogna, il mal francese e la gotta, ossia, rispettivamente, Recipe dexedoto pullexe bianchi (c. 3b), Volse Hipocrate & auicen(n)a ancora (c. 3b) e Chi de le gotte presto guarir vole (4a), lultimo dei quali il noto testo burchiellesco (SB, ciii).

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino


Questo un balsamo tal che chi ben lusa guarisce ogni malsania orrida e rea e gi guar le tette ancor dAstrea, che impiagate lavean la rocca e l fuso. Quest il napello al fin del mal francese, de la tigna; et uccide gli pedocchi se ben fusser di quegli dUngheria. E sempre buon e basta dogni mese bagnarlo con la sberza chai ne gli occhi e col sudor de la melanconia. Questa non bugia, questoglio a tutto l mondo bisogna, perch guarisce, ontandosen, la rogna.
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Il sonetto, che si popola di personaggi letterari (Lanfusa)104 o mitici (Astrea)105 e di voci e di espressioni inconsuete ( napello , sberza , sudor de la melanconia ),106 pu essere accostato a quello del Lomazzo Rcipe ragli di moschin Tedeschi,107 che tratta del medesimo argomento. E
104.Vd. Boiardo, Linamoramento de Orlando, cit., i v 51 5 (to. i p. 183): Hor fossio adesso il figliol de Lanfusa e n., dove si segnalano due diverse ipotesi: Lanfusa pu essere il nome della madre di Malagise e Viviano, o quello della terribile madre di Ferra. 105.Astrea era la dea dellet delloro. 106.Il napello unerba impiegata come medicinale. La sberza l umore cisposo degli occhi (n. a Folengo, Baldus, cit., vii 413-14, vol. i p. 340: Deque povinatis oculis ad pectora colat / sbercia, sed labrum recipit cagatoria nasi ). Il sudor de la melanconia forse allude alla bile prodotta dai malinconici. 107. Rcipe ragli di moschin Tedeschi / Con quattro oncie di Sol e tre di Luna, / Et capelli con vista di Fortuna, / Col strepito di tavole e di deschi; / Et tutte queste cose fa che meschi / Con pensier duna gatta che digiuna: / E loglio ne trarrai a laria bruna / Char forma di sorzi Indi e Moreschi: / Di questo nungerai tutto larnese / Ne lora qual fuor di settimana, / Che subito guarrai del Mal Francese. / Questa ricetta mi di una villana / Nel cavalcar cantando ogni paese / Sopra lo spirto perso duna rana , (in Lomazzo, Rime, cit., vi 136, pp. 586-87). Per lingrediente del primo verso, il Lomazzo altrove racconta che allinterno di unosteria Dentro gli stette il raglio duna mosca (ivi, vi 133 9, p. 585). Simili ricette si riscontrano nel Cinquecento anche nel menzionato opuscolo Capriccii, et nuove fantasie Alla Venetiana, Di Pantalon de Bisognosi, che alla c. 16a contiene i sonetti Recipe le beccade dvn zueton, mentre alla c. 16b Recipe la miseria dvnauaro, Recipe vnimpiastro de piera e Recipe tutte le ocche dvn Hebreo. Se ne trovano attestazioni anche nelle Lettere del Rao: si veda M.C. Figorilli, Largute, et facete lettere di Cesare Rao: paradossi e

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giuseppe crimi ancora sulla ricetta paradossale sono strutturati i sonetti Le mie balle, signor, non son di quelle (xv) e Piglia una soma di formento magro (xciii), il secondo dei quali dovrebbe aiutare a curare la gelosia:
Piglia una soma di formento magro cabbia crosta di perle e pel di rame piglia una gran nave di corame, un tiro darcobugio et un di sagro. Metti ogni cosa in vin, or dolce or agro, cabbia una concia fina di letame, e prendi il sospirar poi di due dame ben chiusi dentro al capo a Meleagro. Fanne un confetto a guisa di cipolla, cabbia la pelle com avea Gabrina et impastala di Tripoli aspoltia. Ogni cosa ben lgati a la gola, ch questa cosa rara medicina per risanar la matta gelosia. Questa non bugia, sana questa teriaca ogni gran male producendo ne corpi un ospitale.108

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In mbito peninsulare il motivo della medicina alla rovescia era stata vulgato da Niccol Povero e da Burchiello, ed era stato accolto da Antonio Cammelli e da Matteo Franco: va per ricordato che non si tratta di un tema esclusivamente italiano, ma conosce una diffusione in tutta lEuropa medievale e rinascimentale: se ne trovano esempi in Germania o in Gran Bretagna.109
plagi (2004), in Ead., Meglio ignorante che dotto. Lelogio paradossale in prosa nel Cinquecento, Napoli, Liguori, 2008, p. 157. 108.Il formento (v. 1) il frumento. Il sagro (v. 11) indicava le artiglierie da campagna. Gabrina (v. 10) il nome di una vecchia citata pi volte nellOrlando Furioso (si veda almeno xxi 50 3), per cui la pelle della cipolla sar vizza. La teriaca (v. 16) un impiastro medicamentoso. 109.Si veda lesempio inglese risalente al secondo Quattrocento (stampa del 1481): She must have of the wyntyrs nyghte / vii. myle of the mone-lyght / Fast knyt in a bladder; / She must medyl ther among / vii. Wellsshemens song, / And hang yt on a lader; / She must have the left fot of an ele, / Wyth the kreking of a cart-whele [] : si

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino Non sempre la scrittura impermeabile allesegesi: talvolta, nella sequenza di alcuni versi, si riesce a penetrare nella logica che muove le associazioni: nella terzina Et una tinca allor prese Bagnolo / e lo port in un fiasco a Re Buffone / senza dimostrar mai buffoneria (ix 9-11), Ba110 gnolo la localit piemontese, nota per la produzione del vino, circostanza che spiega il fiasco del verso successivo. E cos nella quartina Ma portate gli scudi di cristallo / e state venti miglia di lontano / e fate il Nicolotto e l Castellano / che vi faran le teste di corallo (civ 5-8), lo scudo di cristallo lespressione con la quale generalmente si intende lo specchio di cui si serv Perseo per difendersi da Medusa, evocata indirettamente al v. 8 con il richiamo a Dante, Inf., ix 52: Vegna Medusa: s l farem di smalto . Per il caso di Uva passa et zenzale e gnocchi a lesso / infilzati con seta siciliana, / facendo a una bertuccia la collana (cvi 1-3),111 probabile che la raffigurazione dellanimale con una collana (seppure costituita di materiali esteticamente discutibili) possa essere stata suggerita dalliconografia della Vanitas, nella quale una scimmia maneggia vanae merces, tra cui, appunto, anche una collana.112 Cos, la descrizione di abitazioni costituite di gnocchi ( Se volete venir meco al Goletto, / vi voglio dar in premio un marangone, / che fa case di gnocchi alle

legge in Malcolm, The Origins, cit., p. 91; la traduzione in inglese moderno suona: She must have of the winters night / Seven miles of moonlight / Tightly knitted in a bladder; / She must mix into it / Seven Welshmens songs / And hang it on a ladder; / She must have the left foot of an eel, / With the creaking of a cart-wheel (trad. del curatore). Cfr. pure il breve contributo di A. Birlinger, Ein scherzhaftes Rezept, in Zeitschrift fr deut sches Alterthum , a. xv 1872, pp. 510-12 (segnalato dallo stesso Malcolm). Aggiungo S. Maspero, Una affettuosa ricetta burlona , in Bullettino della Societ pavese di Storia patria , cvii 2007, pp. 335-59, e il sonetto di Vincenzo Belando detto Cataldo, Recipe quatro vuova de nise, in G.A. Quarti, Quattro secoli di vita veneziana nella storia nellarte e nella poesia. Scritti rari e curiosi dal 1500 al 1900, pref. di R. Simoni, 2 voll., Milano, Gualdoni, 1941, vol. i p. 116. 110.Ma esiste anche Bagnolo nel Mantovano, come mi segnala gentilmente Andrea Canova. 111.La seta siciliana era assai nota: cfr. C. Trasselli, Ricerche sulla seta siciliana (secoli XVXVII), in Economia e storia , xii 1965, pp. 213-58. 112.Cfr. H.W. Janson, Apes and Ape Lore in the Middles Ages and The Renaissance, London, The Warburg Institute-Univ. of London, 1952, p. 225 fig. 14 e p. 237 n. 117.

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giuseppe crimi persone / e gliele vende sol per un marchetto , lxxxix 1-4) sembra essere ricalcata su quelle degli edifici ricordati nel paese di Cuccagna.113 Scritti sulla scia della fortuna del Bugiardello e sulla base di una topica nonsensica comunemente accettata e sfruttata, i sonetti menzogneri del Chersino racchiudono tuttavia alcune componenti che li diversificano dagli altri della tradizione, in primo luogo lesplicito richiamo alla toponomastica relativa a Brescia e al suo territorio e, coerentemente, limpiego di una componente lessicale bresciana:114 mi pare, in questo senso, che sia chiara la volont di dare voce ad una realt locale. Una scrittura che si arricchisce dellesperienza ariostesca e soprattutto di quella, pi vicina, folenghiana, come induce a pensare lonomastica: Zambono (ii 5),115 Falchetto (ii 13),116 Tonello (vii 3),117 Zanolo (xxiii 16),118 e la Gosa (cviii 9).119
113.Cfr. SB, iv 1-2: Se cappellucci fussin cavalieri / e tegoli lasagne imbullettate : dove Claudio Giunta, per le lasagne, chiosa: saranno pi semplicemente la tegole dei tetti, in una bella immagine da carnevale o da Cuccagna: se le tegole fossero lasagne (C. Giunta, A proposito de I sonetti del Burchiello, a cura di Michelangelo Zaccarello (Torino, Einaudi 2004), in Nuova rivista di letteratura italiana , vii 2004, p. 473). 114.I toponimi in prossimit di Brescia sono Verla (iii 2), da identificare con lattuale Verolavecchia; Buffalora (iii 9): cfr. C. Bonera-V. Treccani, Buffalora-Bettole e dintorni. Immagini e testimonianze storiche, s.i.t. [ma 1992]; Monpiano (xi 3); Comezano (xi 7); Calino (xxii 7); val di Sabbio (xxiv 2), ossia Val Sabbia; Ronchedone (lii 6); Mombel (lxxxv 5), cio Mombello; Goletto (lxxxix 2), probabilmente il colle Goletto di Cludona; Alfianel (xcv 14), cio Alfianello; Rezato (xcix 13), ovvero Rezzato. Monumenti di Brescia sono il Broletto (ii 10), per il quale cfr. P. Marconi, Il Broletto di Brescia: lologia e progetto. La riabilitazione di un palinsesto architettonico degradato ma prezioso, Brescia, Comune di BresciaGrafo, 1990; e la torre detta La Palata (ciii 6). 115.Nei versi del Chersino, Zambono un ladro ( quando che Zan Tognazzo e un tal Zambono / gli rubbr la polenta damaschina , ii 5-6), mentre nella Zanitonella un derubato: cfr. T. Folengo, Macaronee minori. Zanitonella. Moscheide. Epigrammi, a cura di M. Zaggia, Torino, Einaudi, 1987, Zan., v 1015-17, pp. 282-83: Scilicet andamus vignas taiare novellas, / ut de nocte meas taiasti, deque polaro / Zamboni septem robasti, ladre, galinas (e vd. Id., Baldus, cit., ix 514-15, vol. i p. 440: Pizzagnoccus habet spetum roncamque Stivallus, / Zambonus cettam duro de azale molatam ). 116.Vd. Folengo, Baldus, cit., iv 130, e passim. 117.Vd. Folengo, Macaronee minori, cit., ad indicem, e cfr. Stefonio, Maccheronee, Macaroidos, 406, p. 28, ma ricordo che dietro il nome di Tonello, nel Cinquecento, si nascondeva Giulio Quinziano (Nuova antologia, cit., p. 46). 118.Vd. Folengo, Macaronee minori, cit., Zan., v 1030, p. 283. 119.Corrisponde al nome di una delle muse di Folengo, e poteva indicare anche un

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino Tuttavia sospetto che nei versi si celino allusioni a personaggi ed episodi della coeva vita bresciana che, con gli strumenti che ho utilizzato, non sono riuscito a far emergere (il sonetto proemiale parla di ziffere). Come appena detto, nei sonetti si riconoscono numerosi accorgimenti sfruttati nelle poesie della bugia, ma un altro dato mi sembra evidente: il Chersino ha tentato di riproporre la formula del Bugiardello, ma nellatto dellimitazione, lanciandosi nella scrittura di fantasie e di immagini iperboliche, quasi per tentare di superare il modello, ha sottovalutato la forte componente letteraria dei versi imitati, che, pur apparendo irreali e menzogneri, erano in realt intrisi di puntuali riferimenti ai mirabilia medievali. In secondo luogo, c da osservare una sorta di snaturamento della componente burchiellesca: intendo dire che alcuni sonetti sembrano burchielleschi, ma in realt non lo sono. Lautore delle Bugie, fermo alla superficie dei testi letti, stato in grado di appropriarsi soltanto del nonsenso assoluto; dei versi alla burchia non ha colto il complesso lavoro di scavo linguistico attuato, n ha percepito la componente vernacolare o quella paremiologica. Che comunque il Burchiello fosse tra i pi solidi punti di riferimento del Moise insieme al Pulci testimoniato anche dalla citazione diretta in xcviii 1-4: Volse il Burchiel far pasto a molti ingegni, / onde a sn di ribeba [strumento simile alla lira] si adunaro / quanti giamai mai singeneraro / in questi de la terra amp e gran regni , dove il barbiere rimatore figura alla guida dei letterati cinquecenteschi. Proprio sul Burchiello, per porre fine al nostro discorso, val la pena di riportare i primo otto versi del penultimo sonetto della raccolta (cix):
Un lavezzo di piombo col cerchiello di smeraldo oriental, fatto a divise, che bolliva del Turco le camise, mha fatto di piacer colmo il budello.

essere misterioso (cfr. Folengo, Baldus, cit., i 14, vol. i p. 68: Gosa, Comina, Striax Ma felinaque, Togna, Pedrala e n. di Chiesa). Sul Folengo a Brescia cfr. P. Gibellini, Momenti di letteratura bresciana antica, in Brescianamente. Storia lingua cultura arte e tradizioni bresciane, a cura di V. Soregaroli e A. Scalera, Brescia, Fondazione Civilt Bresciana, 2002, pp. 103-6.

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Veran sotto per foco del Burchiello lossa ordinate per le man dAnchise e vi soffiava sotto il re Cambise, chera sentato [seduto] sopra un pipistrello.
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La scena comica e, se si vuole, anche grottesca mi pare che si rivesta di un senso metaletterario: le ossa del Burchiello, in sostituzione del consueto legname, sono impiegate per alimentare il fuoco sotto un cal de rone,120 come in un rogo simbolico con cui la Poesia comica tenta di liberarsi ma solo per poco pi di un secolo dei residui del cadavere di un maestro ancora tanto influente quanto ingombrante.121

120.Il lavezzo un recipiente da cucina, di pietra ollare con manico (n. di Chiesa a Folengo, Baldus, cit., i 54, vol. i p. 74). 121.Ma gi anni prima il Caporali aveva descritto la morte del Burchiello, causata da un calcio del cavallo Pegaso (cfr. N. Cacciaglia, Il Viaggio di Parnaso di Cesare Caporali, Perugia, Guerra, 1993, ii 737-48, pp. 99-100).

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AppeN DiC e Si dnno in trascrizione diplomatica gli incipit dei sonetti della raccolta del Chersino. Con lasterisco * dopo lindicazione numerica sono contrassegnati i testi plagiati:
Per darui vn poco di piacerhonesto (i) Venne una noua gi millanni sono (ii) Portaua vn di Nettuno vna caualla (iii) Fate castrarvnoca beretina (iv) L vna mal cosa hauer la paladina (v) Vna Ninfa di stoppa inghirlandata (vi) Vn Bracco, vn Tigre, vn Gatto, & vna Mona (vii) Staua vn carro di fieno ne la Luna (viii) Lanno del bistestil corse in Morauia (ix) Pauia, e Milan son fatti per incanto (x) Pesaua vnasinello de carpioni (xi) Vna gnacchera fatta di dobletto (xii) Vn menac ch buona sale in zucca (xiii) Vendo Signori unoglio di Medusa (xiv) Le mie balle Signor, non son di quelle (xv) Vn coscin di polenta informaggiata (xvi) Pescando vn Pescator lAcque dAntona (xvii)* Io viddi in Catalogna partorire (xviii)* Io viddi vn armarol dentra Milano (xix)* Ne lIndia maggior de lEtiopia (xx)* Di rouaiotto, e di panico gialdo (xxi) Vn naso h visto, largo, e longo, e piano (xxii) Sul monte di Parnaso vn d si vidde (xxiii) Soleua un cocodril mangiar de loro (xxiv) Visse di gi vn gran R, ne la Bertagna (xxv)* Codro fabric gi sul mar vn ponte (xxvi)* Viddi unAlocco vscir duna pantiera (xxvii)* Tre vaghe donne viddi in vn bel piano (xxviii)* Date a Pasquin de la minestra calda (xxix) Ognanno f vna festa il Prete Eganni (xxx)* Vn gran conuito f fattin Milano (xxxi)* Combattendo ser Turno co Rifei (xxxii)*

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Un cantaro di faua mal menata (xxxiii) Staua vn fachino al porto di Brandicio (xxxiv)* Nel mar di Grecia, appresso alla Vallona (xxxv)* Io viddi in Camalech vnortolano (xxxvi)* In Lombardia, nel Lago di Garda (xxxvii)* Hauendo vn ragno tesa la sua rete (xxxviii)* Quando Cambise amazz l gran gigante (xxxix)* F gi ne la pignera di Rauenna (xl)* Nella Citt gentile di Fiorenza (xli)* Molti addimandan qual la cagione (xlii)* Passando il Golfo di Costantinopoli (xliii)* Io vidi in dito al R Carlo, vnanello (xliv)* Volendo campeggiar il Tamburlano (xlv)* Nel Monte Olimpo, nascon Sparauieri (xlvi)* Ne lElba, qual l presso a Piombino (xlvii)* Quandil R Carlo conquist la Spagna (xlviii)* Al Cairo ne la casa del Soldano (xlix)* Vn becco azurro nacque in Ferrarese (l)* Vna gran frotta dAsini Spagnuoli (li) Riritateui tosto a far lvsura (lii) Oltra l Regno di Troia, viddi in vn loco (liii)* Gi ne la destruttion di Troia antica (liv)* Vna gallina nacque in Padoana (lv)* Passando gi per la dura montagna (lvi)* Piouendo a goccie vna volta in Damasco (lvii)* Io mi raccordo hauer visto due galli (lviii)* Oltra l mar rosso, poi vnaltro mare (lix)* Di Cartagine il R, fece gi vn dono (lx)* Molti ignoranti, a quai legger incresce (lxi)* Passando per il P viddi un sturione (lxii)* Il R di Francia hauea due armellini (lxiii)* Io viddi ne la corte al Saladino (lxiv)* Io viddi vn giocator di bagatelle (lxv)* Teneua in casa il Duca da Storlich (lxvi)* Unarbor nasce nel Settentrione (lxvii)* Tenia il Turco vn bel gatto maimone (lxviii)* Il gran Mastro di Rodi, f vnarmata (lxix)* Vna volta la Luna venne in terra (lxx)* Caualcando Alessando per Thessaglia (lxxi)*

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i sonetti della bugia di francesco moise chersino


Io viddi vnorbo, che guardaua vn muto (lxxii)* Essendo io vna volta in Trebisonda (lxxiii)* Ne campi Elisi appresso alla sua porta (lxxiv)* Io fui pur vna volta nel Toniso (lxxv)* Questa notte insognai, chvn gatto hauea (lxxvi) Chi crederebbe, che due pecorelle (lxxvii) Da la man destra del vento sirocco (lxxviii) Egli per certo vn beccar a Viterbo (lxxix)* Ricordomi hauer visto in Sardigna (lxxx)* Quando in Cucagna staua l R Gualfoni (lxxxi)* Nel tempo, che l Filosofo Solone (lxxxii)* Brindisi, e bonprofaccia, & un stafilo (lxxxiii) Ritornate facchini alla Dogana (lxxxiv) Vn melon tondo, come vn pal di ferro (lxxxv) Combattendo rabbiosi, a ferri aguzzi (lxxxvi) Plotin, Plutarco, e l gran Leon Hebreo (lxxxvii) Portatemi scolari la padella (lxxxviii) Se volete venir meco al Goletto (lxxxix) Cento grue pelate in Auignone (xc) La codesella h fatto hoggi vn duello (xci) Vna scardoua acconcia coi budelli (xcii) Piglia vna soma di formento magro (xciii) Porgetemi gli incudi, barbagianni (xciv) Vna mariola di lardo porcino (xcv) I verzi le spinaccie, e rauanelli (xcvi) Rideuan le cicale a mezzo Agosto (xcvii) Volse il Burchiel far pasto a molti ingegni (xcviii) Vna trombetta dolce come l pane (xcix) Due sporton di naranci, & vn di lame (c) Trentasei millia gnocchi di Leuante (ci) Chi crederebbe, chvn fornar peloso (cii) La sganduffia famosa, e la fandonia (ciii) Andate a far a sassi in mezzo al ballo (civ) Vna bilancia fatta di mascherpa (cv) Vua passa, & zenzale, e gnocchi a lesso (cvi) Menando la fauetta a rompicollo (cvii) Esopo vendemiaua vn pi di pieri (cviii) Vn lavezzo di piombo col cerchiello (cix) Rimaneteui priui di salsume (cx).

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Massimo Castoldi I L preTe ri De e La serVa BaLLa. P ieTrO M iC H eLi e La sTOria DeL NON seN sO

Nellultimo decennio dellOttocento in Italia il dibattito sul simbolismo, e in particolare sulla poesia di Verlaine e di Mallarm, fa riflettere poeti, critici e lettori non solo sul ruolo e sulla funzione del poeta, ma anche sullautonomia poetica del significante e con essa inevitabilmente sul valore e sulla tradizione del nonsenso, pur nella consapevolezza delle diverse implicazioni estetiche. Enrico Panzacchi data al 1891 un suo breve saggio, intitolato Simbolisti (Frammento), pubblicato nel 1898 nel vo lume Morti e viventi.1 il solo saggio esplicitamente datato fra i dodici che compongono il volume, insieme con una breve nota su dAnnunzio plagiario. Certamente a Panzacchi interessava insistere su quella data, che avrebbe anticipato sia il libro di Vittorio Pica, Letteratura deccezione (1898), sia il saggio di Arturo Graf, Preraffaelliti, simbolisti ed esteti (1897), sia soprattutto larticolo di Ren Doumic, La potique nouvelle (1895), nonch la traduzione italiana in due volumi del molto discusso saggio di Max Nordau, Degenerazione (1893-1894, dedicato a Cesare Lombroso), articolata denuncia, ma a un tempo anche accurata analisi, delle nuove tendenze della cultura letteraria europea.2 Il 1891 anche la data della prima edizione delle Myricae di Giovanni Pascoli (pubblicate a Livorno nella tipografia di Raffaello Giusti in cento copie per le nozze di Raffaello Marcovigi), che certamente rappresentarono un momento significativo per la nuova concezione della poesia.
1.E. Panzacchi, Morti e Viventi, Catania, Giannotta, 1898, pp. 88-99. 2.V. Pica, Letteratura deccezione, Milano, Baldini e Castoldi, 1898. I primi due capitoli sono interamente dedicati a Paul Verlaine (pp. 5-93) e a Stphene Mallarm (pp. 95-207), seguono pagine su Maurice Barrs, Anatole France, Francis Poictevin, Joris-Karl Huymans. Cfr. anche A. Graf, Preraffaelliti, simbolisti ed esteti, in Nuova Antologia , s. iv, vol. lxvii 1897, fasc. 1 pp. 29-46, e fasc. 2 pp. 268-92; R. Doumic, La potique nouvelle, in Revue des deux mondes , lxv, to. cxxx 1895, pp. 935-46; M. Nordau, Degenerazione, versione autorizzata sulla prima edizione tedesca per G. Oberosler, 2 voll., Milano, Dumolard, 1893-1894.

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massimo castoldi Con quella data, pertanto, cos ben evidenziata a fine articolo, Panzacchi sembra voler dichiarare una precedenza, o comunque sentirsi legittimato a scrivere senza dover tener conto di tutto quanto scritto negli anni successivi. Bisognerebbe indagare se nei fatti queste pagine siano state scritte o magari anche pubblicate su qualche rivista nel 1891, sinceramente non ho condotto ricerche sistematiche in questa direzione e quindi non saprei rispondere con sicurezza. Quel che indiscutibile , tuttavia, limportanza attribuita da Panzacchi a quella data. Il breve saggio coglie lessenza del simbolismo nel principio che le parole e le frasi del linguaggio oltre i loro significati oggettivi e noti al luniversale, hanno, per chi possegga uno squisito senso artistico, un valore di impressione e di associazione ideale e fantastica tutto proprio del loro organismo fonetico e della loro stessa configurazione grafica . La Parola , precisa Panzacchi, studiata dai Simbolisti in tutti i suoi pi minuti elementi di eccitamento sensorio e fantastico, in tutte le sue pi recondite prerogative di sensazione musicale . Avviene , conclude, pi duna volta che questa eccessiva cura della musicalit renda oscurissimo il senso delle loro liriche, oppure che non si riesca a trovarvi senso alcuno. Non importa. [] Chi legge o ascolta [] vedr a poco a poco, come il fumatore doppio, delinearsi e colorirsi le mirifiche visioni dinanzi alla sua mente Intanto tutto il suo sistema nervoso vibrer come una lira .3 Da questo momento, in Italia, come in Francia e nel resto dEuropa, il significante affermer sempre pi la sua autonomia e pertanto anche il nonsenso verr percepito non pi soltanto come gioco infantile o giocosa parodia, ma anche come una complessa modalit di conoscenza e di rappresentazione. In questo decennio di serrato dibattito critico sulla nuova poesia non sorprende che al giovane professore livornese Pietro Micheli sia venu to in mente di pubblicare un saggio dal titolo Letteratura che non ha senso, aggiornandolo a pi riprese tra 1893 e 1900, al fine di tracciare la storia del nonsenso in tutti i suoi aspetti, in tutte quelle forme di espressione letteraria, come egli stesso scrive, che sono animate dal desiderio di trasformare le parole per compiacersi dellarmonia che ne deriva e incentrate
3.Panzacchi, Morti e viventi, cit., pp. 91-92, 98-99.

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pietro micheli e la storia del nonsenso sulla propriet che hanno alcuni vocaboli di attirare la nostra attenzione col loro suono : dal gioco, alla filastrocca, alla parodia, alla nuova poe4 sia. unopera, dunque, sicuramente contemporanea, che anche diviene e si amplia con attenzione al dibattito critico di quegli anni e si diffonde almeno fra gli addetti ai lavori. Non un caso che ledizione definitiva, pubblicata per Raffaello Giusti a Livorno nel 1900, sia presente nelle biblioteche private di Giosue Carducci, di Giovanni Pascoli, e di Luigi Pirandello.5 In due foglietti conservati nel suo esemplare Pirandello trascrive per esteso una porzione di testo compreso tra la p. 16 e la p. 18, nella quale Micheli si sofferma sui mostri favolosi della mitologia e li paragona a certi nonsensi in poesia, spiegando che in questi, sono appiccicate fantasticamente le membra di animali differentissimi , in quelli le frasi sono messe luna dietro laltra senza nesso , secondo un criterio analogico, simile a quello dei sogni e delle allucinazioni. E cos Leonar do da Vinci avrebbe trovato affinit tra il sorriso della donna e il guizzo dellonda. La poesia, prosegue Micheli e trascrive Pirandello, a differenza della pittura e della scultura, che non possono evitare la materialit , pu rendere la momentanea illusione ed il successivo ritorno alla realt, con lanimo ancora vibrante per la gioia del sogno fugace . A esempio di tale possibilit Micheli cita il sonetto Il bosco dalle Myricae di Pascoli, che Pirandello trascrive integralmente. Il bosco pascoliano si anima infatti di
4.P. Micheli, Letteratura che non ha senso, Livorno, Giusti, 1900, p. 9. Un primo accenno del saggio in Id., Saggi e conferenze: letteratura che non ha senso, loriginalit degli scrittori, i poeti del vino, i cani nella letteratura, Livorno, Tip. della Gazzetta Livornese, 1893, pp. 3-16; segu larticolo Letteratura che non ha senso, in Il Pensiero italiano , vol. xv, v 1895, fasc. 59 pp. 321-34 e fasc. 60 pp. 443-61, un estratto del quale Micheli invi a Giosue Carducci (Biblioteca Museo Archivio Casa Carducci, buste 141 21); infine il vol. Letteratura che non ha senso, Conegliano, Cagnani, 1897. Ringrazio Nicoletta Campana del Centro di Documentazione e Ricerca Visiva della Biblioteca Labronica F.D. Guerrazzi di Livorno e Matteo Rossini della Biblioteca Museo Archivio Casa Carducci di Bologna per le preziose indicazioni bibliografiche. 5.Biblioteca Museo Archivio Casa Carducci, segnatura 1 a 465; Biblioteca di Casa Pascoli a Castelvecchio, segnatura XI 2F 23; per la biblioteca di Pirandello, cfr. A. Barbina, La biblioteca di Luigi Pirandello, con una premessa di U. Bosco, Roma, Bulzoni, 1980, pp. 58 e 129.

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massimo castoldi fauni e di ninfe, che quando dileguano lasciano un inconfondibile palpito di vita nella boscaglia .6 Pietro Micheli, nato a Livorno nel 1865, certamente un minore nel panorama letterario italiano tra Ottocento e Novecento, ma non privo di originalit. Sul finire del secolo fu insegnante al corso superiore della Scuola di viticoltura e di enologia di Conegliano veneto ed ebbe la felice intuizione di sfruttare la circostanza per divenire un esperto di letteratura enologica, scrivendo vari articoli sulla presenza del vino nellopera degli scrittori, in parte poi raccolti nel volume La gloria del vino; del medesimo orientamento tematico anche un saggio su I cani nella letteratura.7 Micheli fu autore di tre romanzi,8 studioso di letteratura popolare e dialettale, nonch di Manzoni, Guerrazzi, Poliziano, Boiardo, Ariosto e Berni. noto il suo commento allOrlando Furioso.9 Oltre che a Conegliano, insegn a Crema, a Catania, dove nel 1908 divenne collaboratore del lo
6. O vecchio bosco pieno di albatrelli, / che sai di funghi e spiri la mala, / cui tutto io gi scampanellare udia / di cicale invisibili e di uccelli: // in te vivono i fauni ridarelli / chhanno le sussurranti aure in bala; / vive la ninfa, e i passi lenti spia, / bionda tra le interrotte ombre i capelli. // Di ninfe albeggia in mezzo a la ramaglia / or s or no, che se il desio le vinca, / locchio alcuna ne attinge e il sol le bacia. // Dileguano; e pur viva la boscaglia, / viva sempre ne fior de la pervinca / e ne le grandi ciocche de lacacia . Un terzo foglietto autografo di Pirandello allude al tema della derisione: La derisione. Diceva il La Bruyre che la derisione sovente povert di spirito. E il La Rochefoucauld che: Se non avessimo difetti, non prenderemmo tanto piacere osservandone negli altri . 7.P. Micheli, La gloria del vino, Casalmonferrato, Marescalchi, 1929; Id., I cani nella letteratura. Conferenza tenuta al Circolo lologico di Livorno il 25 Marzo del 1891, Conegliano, Cagnani, 1891; poi in Id., Saggi e conferenze, cit., pp. 33-43, e in Id., Conferenze, Citt di Castello, Lapi, 1909, pp. 89-119. 8.Rassegnazione, Livorno, Giusti, 1904; Ribellione, Citt di Castello, Lapi, 1909; A mezza strada, Livorno, Giusti, 1925. 9.L. Ariosto, Orlando Furioso, con intr. e note seguite da un commento estetico di P. Micheli, 2 voll., Milano, Vallardi, 1908. Tra i saggi di critica letteraria pi significativi di Pietro Micheli: Due poeti vernacoli livornesi, Conegliano, Cagnani, 1897 (poi in Id., Saggi critici, Citt di Castello, Lapi, 1906, pp. 101-43); Dal Boiardo allAriosto, Conegliano, Cagnani, 1898; LOrlando innamorato rifatto dal Berni, Padova, Randi, 1900 (poi in Id., Saggi, cit., pp. 145-67); Guerrazzi, Pascoli e la critica moderna con alcuni scritti inediti di Giovanni Pascoli, Livorno, Giusti, 1913; La vita e le opere di Angelo Poliziano, ivi, id., 1917; Intorno alle liriche del Manzoni, Napoli, Perrella, 1917; La morte di Ermengarda, ivi, id., 1918. Per un profilo compiuto di Micheli si legga il fascicolo a lui dedicato in morte nella rivista livornese Liburni Civitas , vii 1934, fasc. 6 pp. 261-314, con i saggi di Bianca Flury Nencini, Arturo Marescalchi,

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pietro micheli e la storia del nonsenso cale Giornale di Catania , e a Bologna, per tornare nel 1911 nella sua Livorno, dove mor nel 1934. A Catania fu per parecchi mesi vicino di camera e commensale di Luigi Capuana, del quale ci ha lasciato un significativo ritratto;10 a Livorno fu amico in giovent di Giovanni Pascoli; e anche su Pascoli uomo e poeta ci ha lasciato numerose testimonianze a partire da una delle prime recensioni a Myricae, apparsa su La Gazzetta Livornese del 20 agosto 1891.11 Fu anche grande amico di Dino Provenzal, col quale intrattenne un fitto carteggio.12 Ledizione Giusti di Letteratura che non ha senso un volume composito, eterogeneo, con qualche ripetizione, una disposizione degli argomenti non sempre ordinata, ma ricco di aneddoti, di spunti e di osservazioni, talora anche di prima mano, altre volte suggerite da letture non comuni, molto utili per ricostruire aspetti e tendenze del nonsenso, pi forse nella prospettiva contemporanea tardo ottocentesca, che in quella pi de finitamente storica, che, invece, si appoggia su riferimenti piuttosto vulgati. Interessanti sono le pagine dedicate al gusto per il nonsenso nel

Paolo Zlum, Arturo Bini, Dino Provenzal, Frida Gabrielli, Gino Galletti, Luigi Mannucci, Luigi Pescetti, che ricordano lamico, il professore, il narratore, lo studioso. 10.P. Micheli, Luigi Capuana. Ricordi personali, in Liburni Civitas , vii 1934, fasc. 6 pp. 261-66, tratto postumo dagli appunti per una conferenza che il Micheli tenne al Circolo Filologico livornese nel 1928. Cfr. M. Castoldi, Liburni Civitas : Pietro Micheli e i ritratti di Capuana e Pascoli, in Letteratura e riviste. Atti del Convegno internazionale di Milano, 31 marzo-2 aprile 2004, a cura di G. Baroni = Rivista di letteratura italiana , xxii 2004, pp. 133-36. 11.Altri contributi di Pietro Micheli su Pascoli sono: Myricae, in La Gazzetta dellEmilia , 21 maggio 1894; La poesia di Giovanni Pascoli, in LEdelweiss , i 1897, fasc. 26 pp. 41012; Una visita al Pascoli, in La vita internazionale , iv 1901, fasc. 6 pp. 190-92; Giovanni Pascoli, ivi, v 1902, fasc. 13 pp. 404-7 e fasc. 14 pp. 432-35; Giovanni Pascoli, in Id., Saggi, cit., pp. 57-78; Guerrazzi, Pascoli e la critica, cit.; Due madrigali dimenticati del Pascoli, in La Rassegna , xxvi 1918, fasc. 4-5 p. 275; Rassegna pascoliana, ivi, xxvii 1919, fasc. 1-2 pp. 40-45; Il vino nella poesia di Giovanni Pascoli, in Il Telegrafo , 21 febbraio 1922; Bizzarrie e fatti personali, in Livorno a Giovanni Pascoli. vi Luglio mcmxxiv, Livorno, Giusti, 1924, pp. 50-52; Storia di unode latina, in I nostri quaderni , i 1924, fasc. 12 pp. 394-95; Ricordi pascoliani, in Pgaso. Rassegna di lettere e arti , v 1933, fasc. 3 pp. 261-72; Nuovi ricordi pascoliani, in Liburni Civitas , vii 1934, fasc. 2 pp. 81-97. 12.D. Provenzal, Ricordi di Pietro Micheli, in Liburni Civitas , vii 1934, fasc. 6 pp. 28289.

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massimo castoldi linguaggio comune, negli usi e nelle tradizioni popolari, delle quali Micheli era esperto conoscitore. C, a giudizio di Micheli, un vero e proprio compiacimento, che han no gli uomini, di emettere suoni, che non hanno significato, o ne hanno uno indeterminato e confuso .13 Il linguaggio stesso sarebbe derivato da suoni imitativi. Lapproccio positivista e sperimentale. Prendendo spunto da un recente studio di Ludovic Dugas, Le Psittacisme et la pense symbolique. Psychologie du nominalisme,14 Micheli si sofferma su questa modalit del linguaggio, psittacismo appunto, incline a ripetere automaticamente ci che si legge o si sente senza per comprenderne il significato e che sarebbe, laddove non diventa patologia, allorigine del nonsenso. Pu essere che alcune parole vengano assunte nelluso pi per il gusto di ripeterne il suono, che per il loro significato, cos Micheli ricorda di aver conosciuto un tale per cui tutte le persone e le cose erano trabiccoli e trabiccolai , cos registra labuso che si farebbe della parola tranvai: una donna grassa un tranvai, un poco di buono un tranvai, un abito mal fatto, un impiccio, un ragazzo noioso e tante e tante altre cose sono tranvai (pp. 5-6). Ne seguirebbe il valore puramente evocativo, feticismo della parola dice Micheli, che assumono gli slogan, gli scongiuri, le formule magiche, addirittura molte preghiere.
Ripetendo o ascoltando i modi di dire degli altri, si crede di appropriarsene il pensiero e il sentimento. [Si diventa cos] monarchici, repubblicani, socialisti, anarchici, senza sapere che cosa sia socialismo, monarchia, anarchia, repub blica! (p. 7).

E cos la fiducia nelle parole, non intese, fa s che il popolo non trova strano lascoltare la Messa, di cui non capisce nulla, e il recitare le preghiere latine, che egli non sa quello che significhino, e che, passate per la sua bocca, non significano pi niente . E come Sacchetti nellundicesima delle sue Trecentonovelle parla del balbuziente Alberto da Siena che aveva trasformato il da nobis hodie del Paternoster in una misteriosa Don
13.Micheli, Letteratura, cit., p. 4 (le successive indicazioni di p. dir. a testo). 14.L. Dugas, Le Psittacisme et la pense symbolique. Psychologie du nominalisme, Paris, Flix Alcan, 1896.

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pietro micheli e la storia del nonsenso na Bisodia che doveva darci il pane quotidiano, cos a Livorno Micheli sent dire che lo misero in du casse , dal ne nos inducas della mede15 sima preghiera latina (p. 8). Il suono arriva prima del significato, lo stravolge, e crea nuove libere associazioni di suono pi che di idee. Cantilene infantili, frasi per giochi e balli sono per questo tutte, scrive Micheli, come le ninne nanne, serenamente incuranti del concetto (p. 10). Non hanno senso, importano solo per il loro suono, che deve trastullare, divertire o addormentare. Lantologia molto essenziale, ma gli esempi sono sufficienti e illuminanti: parole semplici che alludono genericamente alla quotidianit della vita agreste (il pollo, la buccica o buccia dellolmo, la polenta, il prete, la serva) accostate per generare sonorit suggestive, ma senza alcun senso, oppure col gusto del paradosso. Scrive Micheli:
Sul desiderio di trasformare le parole per compiacersi dellarmonia che ne deriva, sulla propriet che hanno alcuni vocaboli di attirare la nostra attenzione col loro suono, sullerrore diffusissimo che la cognizione dei vocaboli porti quella delle idee, si fonda la letteratura che non ha senso (p. 9). Fate la nanna, coscine di pollo, la vostra mamma vi ha fatto un gonnello, e ve lo ha fatto di buccica dolmo; fate la nanna, coscine di pollo. Polenta dolce, polenta gialla, il prete ride e la serva balla. Il prete fa le conche e la serva gliele rompe. Il prete le rif e la serva le lascia st.
15.Nella novella di Sacchetti, Alberto richiamato per burla dallinquisitore che, daccordo con lamico Guccio Tolomei, gli fa recitare il Paternoster, ma la sua lingua incespica sul da nobis hodie e linquisitore lo accusa allora di essere un patarino e in quanto tale di non riuscire a dire le cose sante . Spaventato della minaccia e timoroso di essere condannato spiega allamico Guccio che linquisitore dice che io sono paterino, e che io torni a lui domattina, e ancora non manc per quella puttana di donna Bisodia che scritta nel Paternostro che non mi facesse morire allotta allotta .

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Uno due e tre: nun guardare e nun ved.

C dunque un nonsenso primitivo, essenziale, allorigine stessa del linguaggio e del ritmo, che Micheli paragona addirittura allo scodinzolare e allabbaiare del cane, allo scuotere la criniera e al nitrire del cavallo, ai fischi acuti delle rondini che sinseguono nellaria (pp. 11-12). Unaltra forma di nonsenso sulla quale Micheli indugia con ampiezza di riferimenti, a volte anche sorprendenti, e definendola quasi fosse un vero e proprio genere letterario, in gran parte perduto per la sua caratteristica specifica di oralit, larte del discorso senza senso, fatto talora per parodia, talora per inganno, talora semplicemente per gioco. Ne furono maestri nel Decameron Maso del Saggio coi suoi inganni a Calandrino e frate Cipolla, quando predica ai contadini di Certaldo, inaugurando un genere che ebbe molti continuatori nei novellieri successivi a partire dal Sacchetti. Affini a queste sarebbero, per Micheli, molte prediche religiose volte a confondere pi che a chiarire le idee, come quella, allusa ma non trascritta, del teologo francescano Andrea Vega al Concilio di Trento, che, come racconta Paolo Sarpi, dopo avere parlato con tanta ambiguit che esso stesso non si intendeva, concluse che tra la sentenza dei teologi e protestanti non vera pi differenza veruna (Istoria del Concilio tridentino, ii 61 9). Paolo Sarpi ci farebbe immaginare con questa breve battuta tutto il suo discorso sonoro, ma sconclusionato (pp. 24-25). Carattere analogo avrebbero molte profezie, che fondano nella confusione e nellambiguit la loro ragione di esistere. Ma la consuetudine a straparlare per il piacere di farlo era invalsa anche nel secondo Ottocento, sia tra il popolo, sia tra gli artisti. Si va dal vinaio di Livorno, che si divertiva a dare insensate indicazioni a chi gli chiedeva una strada sul tipo di:
Guardi, lei va dritto, poi volta a destra, poi a sinistra, dove trova un venditore di lumi da incenso, allora va pi in l, dove ci sono dei monticelli dacqua, passati i monticelli, a sinistra, c una strada; lei domanda: questa la via tale? Gli risponderanno di s (p. 19);

a un tale signor Salvatore Affinito, che in provincia di Lecce era noto per 198

pietro micheli e la storia del nonsenso imitare gesto e voce specialmente degli uomini politici, formulando discorsi dal perfetto ritmo oratorio, ma senza alcun senso:
Onorevole consesso, pubblico immenso, popolo grande, a cui io rivolgo la mia parola; non certamente la metempsicosi dei fatti, lalienazione della mente, la progenesi medesima; ma lapocalisse di ci che affermasi dimostrato e patriottico. Grandi furono gli uomini, sublimi le idee, preconcetti i sentimenti, che dovevano apportare al vero progresso della patria e nazione (p. 35).

Fra gli eredi ottocenteschi di frate Cipolla e di Maso del Saggio ci sarebbe stato anche il pittore milanese Campi, noto per avere illustrato i Promessi Sposi (Milano, Hoepli, 1912), che a dire dellavvocato milanese Pirro Aporti, direttore del periodico Il pensiero italiano , sul quale nel 1895 Micheli aveva pubblicato la seconda redazione del saggio, era solito improvvisare discorsi senza alcun senso anche in alcune lingue straniere. Pare che avesse parlato in tal modo presso la Famiglia Artistica in onore di Emile Zola, il quale, di passaggio a Milano, non avrebbe saputo capacitarsi di non aver capito nulla di uno splendido discorso accademico indirizzatogli scherzosamente in francese dal Campi (p. 36 n.).16 Per non parlare poi degli improvvisatori di versi e canzoni senza senso che si aggiravano nelle varie citt per osterie. Il Micheli ne ricorda uno a Pordenone, che descrive minutamente nellaspetto, nei vestiti e nei modi, ma anche nella sua voce, abilissima tanto nel variare timbro, ora lenta e cadenzata ora rapida e vibrata, quanto nel non dire mai una frase sensata, ma nellintrattenere il pubblico interi quarti dora con parole del tipo:
16.Qui il Micheli si riferisce a una Nota della Direzione , che Pirro Aporti aveva aggiunto alla sua seconda redazione del saggio in Il pensiero italiano , vol. xv, v 1895, fasc. 60 p. 446: Auguriamo allamico articolista di assistere a qualcheduna di quelle scene comiche che, senza farsi mai pagare, regala agli amici e talora al pubblico a scopi benefici quel singolarissimo ed esimio artista che il pittore milanese Campi, noto urbi et orbi per le sue mirabili ombre. Egli pronunzia in modo sorprendente squarci doratoria, prediche, brindisi, discorsi, lezioni et similia, non solo senza senso ed in lingua italiana, ma pure in lingue straniere, o per dir meglio con suoni articolati che imitano a perfezione parole ed accenti di queste lingue; e ci fa s bene che Zola, una sera che lo si festeggi qui a Milano alla Famiglia Artistica, non sapeva capacitarsi di non aver capito un bel nulla duno splendido discorso accademico dal Campi scherzosamente indirizzatogli in francese, e chegli aveva religiosamente ascoltato .

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Vola aquila nefasta, sopra il patrio olivo riscaldato dalle sublimi carezze del sole morituro in un delirio di nebbia: vola o bipede implume ricoperto di stelle [] (p. 48)

Un altro in Basilicata, oste con la bottega a SantEligio sulla via da Matera a Grottole, che faceva brindisi con versi e prosa, canti e balli, gorgheggi, che ora parevan gargarismi ora grugniti , balletto da orso male ammaestrato , una vera e propria singolare performance, della quale rimane memoria forse solo nelle parole di Micheli, ma che fa riflettere (pp. 49-50). Un terzo aspetto del volume di Micheli quello della vera e propria storia del nonsenso, attraverso le sue testimonianze scritte. Forse la parte, per noi, meno interessante, perch ci dice a volte in modo anche piuttosto frettoloso quello che gi sappiamo. Dai medievali cicalamenti sconclusionati dei giullari (resveries, fatras, fatrasies, fatrasseries, in Spagna ensaladas, ensaladillas) in Italia frottole, secondo Antonio da Tempo verba rusticorum, nullam perfectam sententiam continentia , ovvero nonsensi, ai gliommeri di Francesco Galeota e di Jacopo Sannazaro, fino ai prevedibili Burchiello e Berni, con allegati burchielleschi e berneschi (pp. 32, 36, 42). N manca Micheli di segnalare la canzone proverbiosa o frottolata di Petrarca, Mai non vo pi cantar come soleva, alcune farse toscane come La villana di Lamporecchio, dellattore fiorentino Luigi del Buono (1751-1832), e anche Il poeta fanatico di Carlo Goldoni, che faceva improvvisare a Brighella (a. iii sc. 7) ottave del tipo (p. 52):
Era di notte e non ci si vedea, perch Marfisa aveva spento il lume; un rospo colla spada e la livrea ballava il minuetto in mezzo a un fiume. Laltro giorno da me venuto Enea e mha portato un origlier di piume: Cleopatra ha scorticato Marcantonio, le femmine son peggio del demonio;

o giornali satirici stravaganti e al tempo popolari come il Travaso delle idee del contemporaneo maceratese Tito Livio Cianchettini (18211900), fino ad arrivare niente meno al dramma Rodolfo di Giovanni Prati (p. 79): 200

pietro micheli e la storia del nonsenso


Dottrine di rattoppo, a frusti e ciarpe come fa il rigattier di sua mondiglia spaccian gli industri: e giubberelli e scarpe giuran cucir dAdamo alla famiglia. Ma per ciottolo o tigna che le carpe la costura si frange e si scaviglia, o a mezza falda il refe si discruna, e il mal di morte il segno della cuna.

Micheli non lo dice, ma anche Ferdinando Martini nella sua edizione delle Poesie di Prati dichiara apertamente di non aver capito e che questi versi sfidano le lucubrazioni de commentatori pi pazienti ed ar guti .17 Il nonsenso spesso stato anche parodia. Tra gli esempi recenti pi significativi Micheli ricorda Baretti che nella Frusta letteraria fa la parodia al facile saltare di palo in frasca di Passeroni o il dramma Adramiteno dragma anbio per ragione di musica, canzonatura dei melodrammi di Metastasio. Talvolta burla, semplice gioco, e anche qui gli esempi di Micheli sono numerosi (p. 61). Terminato il suo excursus storico letterario, Micheli, prima di concludere, si vuole soffermare su quegli scrittori specialmente poeti che si occupano nelle loro opere non tanto di esprimere sentimenti o pensieri, quanto di ottenere con la combinazione ritmica delle sillabe unarmonia prestabilita, che di per s deve risvegliare idee vaghe, sensazioni indeterminate , e dichiara caposcuola di questi modernissimi poeti in Francia , Paul Verlaine (p. 76). La posizione di Micheli incerta e perplessa, in alcuni passaggi oserei dire imbarazzata, sia pure ben documentata: condanna il nonsenso richiamandosi ora a Dante, Vita nuova, xxv 10: grande vergogna sarebbe a colui che rimasse cose sotto vesta di figura e di colore rettorico, e poscia, domandato, non sapesse denudare le sue parole da cotale vesta, in guisa che avessero verace in tendimento ,18 ora allUomo di lettere difeso ed emendato di Daniello Bartoli,
17. Vi sono nel Rodolfo ottave che sfidano le lucubrazioni de commentatori pi pazienti ed arguti. In questa, pare dico pare il Prati volesse descrivere e rampognare le vergogne sociali del tempo suo []. Avete capito voi? Io confesso umilmente che no (G. Prati, Poesie scelte, a cura di F. Martini, Firenze, Sansoni, 1892, p. xxiii). 18.Cfr. D. Alighieri, Vita Nuova, a cura di D. De Robertis, Milano-Napoli, Ricciardi, 1980, pp. 177-78.

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massimo castoldi allorch il gesuita del Seicento accusa chi nellesegesi letteraria cerca stravaganti chimere , fuor dogni pensiero dellautore e vuol mutare le 19 libidini in misteri . E precisa: Sbaglier, ma mi pare che del simbolismo presente possa dirsi lo stesso. Certo alcuni simbolisti hanno mag gior raffinatezza dei grossolani seicentisti, ma li somigliano in moltissime cose, fino nel mutare le libidini in misteri (p. 83). Ancora si richiama alla polemica contro dAnnunzio di Giovanni Marradi, per il quale (p. 80):
No, il verso non tutto, se non vola sulle ali dun pensiero alto, o poeta, non ha profumi il fior della parola se non leffonde lanima secreta.20

Altre volte, per, dimostra di sentire nel potenziale connotativo della poesia simbolista una grande opportunit. A differenza di Panzacchi, che si era prudentemente collocato nel 1891, Micheli si confronta col dibattito contemporaneo e in particolare nellultima redazione coi citati saggi di Ren Doumic, La potique nouvelle (1895), e di Max Nordau, Degenerazione (1893-1894), che cita espressamente pi volte.21 A Verlaine Micheli riconosce in una nota che anche nei riposi e nelle aberrazioni lanima sua era interamente poetica ; il poeta simbolista, con il sostegno delle tesi del Doumic, per Micheli colui che ode voci arcane, vede immagini inavvertite dai profani, sente palpitare la vita nelle cose inanimate e crea i simboli . Il simbolismo anima linanimato, scopre il contenuto ideale sotto linvolucro materiale , a differenza dellallegoria che riveste faticosamente dimmagini concrete unidea astratta e pertanto il simbolismo sarebbe proprio delle et primitive, lallegoria di quelle man canti di sentimento poetico (pp. 77, 80, 82). Ne consegue una dichiarata polemica col saggio Degenerazione di Max Nordau, unopera che fece molto chiasso anni addietro , spiega Micheli, ma che ormai non pu che essere confutata. Larte contemporanea non sarebbe infatti per Micheli una forma
19.D. Bartoli, Dellhuomo di lettere difeso, et emendato, Firenze, Stamperia di S.A.S. alla Condotta, 1645, p. 82. 20.Cfr. G. Marradi, Poesie, Firenze, Barbra, 1920, p. 186: Arte e vita (A Gabriele dAnnunzio), ii 1-4. 21.Cfr. n. 2.

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pietro micheli e la storia del nonsenso di corruzione, frutto, come vede il Nordau, di una ridda di degenerati e di rimbecilliti che cicalano ubriacandosi di parole senza nesso ; Micheli si dimostra convinto dellimportanza del ritmo, del significante diremmo noi, che definisce uno degli elementi principali della poesia, quello che ne rende cos difficile la traduzione da una lingua allaltra (pp. 83-85). Inoltre quello che Nordau stigmatizza come misticismo, ovvero quello stato di mente in cui si crede di avvertire e di presentire relazioni ignote ed inesplicabili tra i fenomeni, in cui si riconosce nelle cose un accenno a misteri considerati come simboli, mediante i quali una forza occulta cerca di scoprire o di accennare miracoli di ogni specie, ad indovinare i quali ci si affatica invano (p. 84),22 altro non sarebbe, come lo stesso Nordau riconoscerebbe, uno stato ordinario delluomo , sempre esistito, consustanziale alla sua complessa natura, del quale la nuova poesia non avrebbe fatto altro che trarre una pi lucida consapevo lezza.23 Micheli pertanto, pur se polemico nei confronti di certi eccessi di oscurit dei simbolisti e pur se criticamente ingenuo nellaccostare cos semplicemente nonsenso e simbolismo, sembra condividere le istanze fondamentali della nuova poesia francese, sia per quanto riguarda il rapporto tra poesia e conoscenza, sia nella conseguente autonomia del significante, e sembra cos implicitamente anche comprendere le nuove frontiere del nonsenso. molto probabile che tale consapevolezza gli sia derivata anche dal magistero di Giovanni Pascoli, del quale, oltre che amico, fu tra i primissimi lettori, ottenendo pi volte gli apprezzamenti del poeta come uno dei pochi in grado di comprendere la novit della sua poesia. Pascoli gli scrisse per esempio una cartolina a proposito della sua recensione alle terze Myricae, apparsa su La Gazzetta dellEmilia del 21 maggio 1894, dicendo che mai avrebbe potuto immaginare con quale lucida letizia sentisse dessere cos indovinato e scoperto , e aggiungendo che la spiegazione proposta da Micheli del sonetto Il bosco (quello che si era trascritto dal libro di Micheli perfino Pirandello) valeva pi del sonetto stesso .24
22.Nordau, Degenerazione, cit., vol. i p. 90. 23.Ivi, p. 130. 24.Micheli, Guerrazzi, Pascoli e la critica, cit., p. 35.

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massimo castoldi Micheli aveva parlato in quella circostanza di capacit pascoliana di rendere fugaci allucinazioni prodotte dai rumori e dallaspetto della campagna e in particolare di visione rapida, simile allabbagliamento momentaneo della vista, che si dilegua con un batter di palpebra e del successivo ritorno alla realt, cogli occhi e lanimo ancora pieni del sogno fugace . A parte il ritorno alla realt , sembra di leggere quello che Panzacchi aveva scritto sui simbolisti: Chi legge o ascolta [] vedr a poco a poco, come il fumatore doppio, delinearsi e colorirsi le mirifiche visioni dinanzi alla sua mente Intanto tutto il suo sistema nervoso vibrer come una lira .25 Il dibattito sulla ricezione dei simbolisti, tra il maestro Panzacchi, che in pi occasioni Pascoli ebbe modo di apprezzare pi di ogni altro poeta della generazione precedente e anche di contrapporre a Carducci,26 e il lucido interprete Micheli, che pur giunge al simbolismo seguendo le tracce del nonsenso, si svilupp, dunque, non solo ma anche nei dintorni pascoliani, nonostante lautore di Myricae non avesse mai dato segno di averne coscienza. Ma anche le esplicite riserve di Micheli verso il nonsenso della nuova poesia francese, col richiamo al valore dellallegorismo dantesco, al verso che deve volare sulle ali dun pensiero alto di Marradi, al generico pericolo di mutare le libidini in misteri hanno tutte una probabile matrice pascoliana, rivelando infatti alcuni dei punti di evidente distanza di Pascoli dai poeti doltralpe. Latteggiamento ambiguo di Micheli verso i simbolisti, che caratterizza le ultime pagine di Letteratura che non ha senso, potrebbe essere dunque condizionato dalla suggestione di Pascoli, il poeta che Micheli seppe intendere meglio di altri fin dal loro primo incontro livornese nel 1888, al punto da dichiarare quello che , a mio giudizio, segno di un precocissimo intuito, e cio che quando il Pascoli venne a Livorno, sera in troppi a scrivere in versi. [] Ma quando Lo conobbi, io smisi .27

25.Cfr. n. 3. 26.M. Castoldi, Pascoli e Guinizzelli: Al cor gentil ripara sempre amore, in Rivista pascoliana , xii 2000, pp. 45-50; G. Pascoli, Le canzoni di re Enzio, a cura di M. Castoldi, Bologna, Ptron, 2005, pp. 11-12. 27.P. Zlum, Il romanzo non scritto, in Liburni Civitas , vii 1934, fasc. 6 p. 276.

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Toni Iermano AH, LArTe uNa COsa BeN misTeriOsa per me. La reaLT FaNTasTiCa Di Cesare ZaVaTTi N i
si legge come seguendo dei passi nellaria. Elio Vittorini [1931] Il diavolo ristabil la calma distribuendo nerbate a destra e a manca. Quale piacere , mormoravano quegli spiriti bugiardi. Cesare Zavattini, Parliamo tanto di me [1931] Che cosa vedono i pazzi? Bat vorrebbe sapere che cosa vedono le formiche. Egli non oserebbe prendere Maria davanti a una formica. Cesare Zavattini, I poveri sono matti [1937]

Nelle brume del Nord, in un paesaggio nebbioso e umido, come solo sa essere quello del Po lungo i villaggi e le cascine della Bassa, Cesare Za vattini, inesauribile macchina della creativit e dellinventiva, estrae da misteriosi filtri una scrittura propria, densa di un surrealismo di natura, inaspettato e incalzante, per nulla prevedibile, interamente rivolto ad inondare il lettore di nonsenserie ad alto voltaggio, portandolo con mano in un altrove dove si nasconde un prezioso senso del magico senza magia :1
Zavattini ha capito subito che il realismo una truffa e, introducendo il nonsense nella vita quotidiana, ha contribuito a mettere in crisi una letteratura che, dopo la prosa darte, non aveva esitato a utilizzare gli opachi modelli veristi, mascherati talvolta dietro squisite metafore dannunziane.2
1.G. Contini, Prefazione a Italia magica. Racconti surreali novecenteschi, Torino, Einaudi, 1988, p. n.n. 2.L. Malerba, Introduzione a C. Zavattini, Opere 1931-1986, a cura di S. Cirillo, Milano, Bompiani, 1991, p. x.

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toni iermano Sottrattosi ad ogni facile definizione, Za ha continuato indenne a costruire i propri racconti inquieti e a spendere se stesso con prodigalit, perfino con qualche sospetto di dissipazione .3 Da queste acute considerazioni di Luigi Malerba occorre partire per svolgere unanalisi critica sullopera narrativa di Cesare Zavattini,4 in particolare sugli scritti che precedono il suo impegno nel cinema, per avvicinarsi alla complessit di una singolare ma solidissima presenza nella civilt letteraria italiana del Novecento:
Nessuna verifica esterna pu insomma convalidare la poetica di Zavattini, dobbiamo entrare nelle sue stanze, seguire i suoi percorsi a rischio di perderci, acco-

3.Ivi, pp. x-xi. 4.I romanzi e le prose di Cesare Zavattini sono raccolti nel vol. Opere 1931-1986, cit., a cui si rinvia per la Bibliograa, ivi, pp. 1883-96. Sempre per Bompiani nel 1974, a cura di R. Barilli, era apparsa una raccolta di Opere. Romanzi, Diari, Poesie. Per le lettere vd. C. Zavattini, Opere. Lettere. Una, cento, mille lettere (lettere dal 1929 al 1983), a cura di S. Cirillo, Milano, Bompiani, 1986; Id., Cinquantanni e pi Lettere, a cura di V. Fortichiari, ivi, id., 1995. Inoltre vd. Zavattini parla di Zavattini, a cura di S. Cirillo, Roma, Lerici, 1980; C. Zavattini, Io. Unautobiograa, a cura di P. Nuzzi, Torino, Einaudi, 2002. Tra le ristampe cfr. Dite la vostra, a cura di G. Conti, pref. di V. Fortichiari, Parma, Guanda, 2002; Parliamo tanto di me, pref. di V. Fortichiari, Parma, Monte Universit Parma, 2003; Tot il buono, pref. di D. Marcheschi, cit.; Le bugie e altri raccontini, ill. di R. Capasso, ????, 2004; Domande agli uomini, Firenze, Le Lettere, 2007. Tra i tanti contributi critici apparsi negli anni Trenta vd. S. Timpanaro, Parliamo tanto di me, di Cesare Zavattini, in Solaria , vi 1931, num. 9-10 p. 63; E. Vittorini, Oggi, great attraction !, in Il Bargello , iii 1931, fasc. 38 p. 3 (rec. A Parliamo tanto di me), poi in Id., Letteratura arte societ. Articoli e interventi 1926-1937, a cura di R. Rodondi, Torino, Einaudi, 1997 (20082), pp. 427-29. Inoltre vd. G. Debenedetti, Lettera all Ipocrita [1958], in Id., Saggi, progetto editoriale e saggio introd. di A. Berardinelli, Milano, Mondadori, 1999, pp. 1159-68; P.P. Pasolini, rec. a C. Zavattini, Stricarm in dna parola [1974], in Id., Saggi sulla letteratura e sullarte, vol. ii, a cura di W. Siti e S. De Laude, con un saggio di C. Segre, Milano, Mondadori, 1999, pp. 2043-48; vd. anche G. Brunetta, Zavattini poeta delluomo, in La Repubblica , 14 ottobre 1989, e pi recente studio di S. Parigi, Fisiologia dellimmagine. Il pensiero di Cesare Zavattini, Torino, Lindau, 2006, e S. Cirillo, Nei dintorni del surrealismo. Da Alvaro a Zavattini: umoristi, balordi e sognatori nella letteratura italiana del Novecento, Roma, Editori Riuniti, 2006, in partic. pp. 183 e sgg. Ancora utile lagile volumetto di L. Angioletti, Invito alla lettura di Zavattini, Milano, Mursia, 1978, nonch il profilo di W. Mauro, Cesare Zavattini, in Novecento, vol. xi, Milano, Marzorati, 1988, pp. 482-97. Sui rapporti con Vittorio De Sica vd. P. Nuzzi-O. Iemma, De Sica & Zavattini. Parliamo tanto di noi, Roma, Editori Riuniti, 1997.

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gliere con alta opinione anche le sue stranezze perch fanno parte della stranezza del mondo al quale apparteniamo, non soltanto come lettori.5

Racconti e raccontini, novelle, conversazioni scritti e pubblicati tra il 1927 e il 1940, raccolti in seguito nel volume Al macero (1976),6 il trittico giovanile Parliamo tanto di me (1931); I poveri sono matti (1937); Io sono il diavolo (1942) e il racconto Tot il buono. Romanzo per ragazzi (che possono leggere anche i grandi), uscito nello stesso anno in cui Zavattini pubblic per Einaudi unedizione delle Avventure di Pinocchio (1943),7 e libri colmi di autobiografismo come Ipocrita 1943 (1955), Straparole (1967), Non libro pi disco (1970), formidabile prova della costante capacit dello scrittore di trovare nuove forme espressive e di manifestare liberamente, senza ipocrisie o inibizioni, le sue idee sul mondo,8 La notte che ho dato uno schiaffo a Mussolini (1976), e gli ottantanove pezzi usciti dal 1946 al 1984 che formano il volume Gli altri (1986), realizzano intanto un unitario esempio di una non generica frequentazione dei territori del surrealismo, permeato, certamente per gli scritti fino agli anni Quaranta inoltrati, da corpose ascendenze solariane e tratti non frammentari di crepuscolarismo con influenze provenienti dalla lettura fatta in giovent della poesia di Sergio Corazzini. Allincandescenza del magma degli anni della formazione, in
5.Malerba, Introduzione a Zavattini, Opere 1931-1986, cit., p. xvi. 6.Vd. C. Zavattini, Al macero, a cura di G. Marchesi e G. Negri, Torino, Einaudi, 1976. 7. Dopo altre vicende, stanco della cattiveria e dellottusit degli abitanti di Bamba, finiti persino ad inseguirlo, Tot inforca una scopa, che si alza nellaria e sparisce allorizzonte, diretto verso un regno dove dire buon giorno vuol dire veramente buon giorno. La fiaba confluisce quindi nellasserzione dellutopia, la fantasia e la magia nella speranza di libert, di vincere meschinit e miseria: un auspicio, un desiderio che ragazzi ed adulti possono ben condividere. qui il segreto di questo romanzo di Zavattini, dallo stile terso e dal tratto lieve per la freschezza dellironia, delle invenzioni surreali, che, ad esempio nellimmagine degli uomini volanti, precedono addirittura certe famose idee pittoriche del Ren Magritte di Giolconda (1953) (D. Marcheschi, Prefazione a C. Zavattini, Tot il buono, Parma, Monte Universit Parma, 2003, p. vi). Qualche anno dopo la sua uscita, Tot il buono, omaggio nel titolo allattore napoletano Tot, ispir il film Miracolo a Milano, diretto da Vittorio De Sica (1951). 8.Vd. P. Dallamano, Zavattini segreto esplode nel libro, in Paese sera , venerd 3 luglio 1970.

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toni iermano cui non si pu trascurare la determinante passione per il cinema di Chaplin, si deve sempre aggiungere una frequentazione, rorida di naturalezza e sincerit, delle pi raffinate province del surrealismo e del fantastico, che iscrivono il Nostro in una riconoscibile geografia e storia dellItalia magica.9 Scrittore limpidissimo, tra quelli del pieno Novecento, Zavattini costretto a subire la consumata e disattenta etichettatura di neorealista ad oltranza, persino per gli scritti che pi e meglio lasciano trapelare una consistente dimensione surreale e favolistica, in cui pur si ravvisa una innata vocazione al comico, allesercizio dello spirito e dellintelligenza. Si pu senzaltro affermare che, nonostante il surrealismo come movimento abbia attecchito scarsamente in Italia, in quanto depurato e disattivato sul piano delle tendenze pi eversive dalla letteratura di regime, ha avuto uninfluenza rilevantissima nel realismo magico di Massimo Bontempelli (1878-1960), ma anche e in misura pi rilevante nei testi di Zavattini, dallinizio degli anni Trenta fino agli anni Ottanta inoltrati .10 Nel rincorrere analogie e confronti appaiono necessari richiami ad Aldo Palazzeschi (1885-1974), Antonio Baldini (1889-1962), a Nicola Lisi (1891-1975), a Tommaso Landolfi (1908-1979) e, possibilmente, anche se per la tangente, ai racconti di Dino Buzzati (1906-1972), apparsi a partire dalla fine degli anni Trenta. Anche per Zavattini, pur con le dovute, sostanziose differenze, pu essere valida una considerazione critica di Masolino dAmico relativa allopera del contemporaneo Achille Campanile (Roma 1899-Lariano [Roma] 1977), a cui laccomuna per la frequentazione dellassurdo e del nonsense, nonch alcune importanti esperienze comuni:
Evidentemente consapevoli di un profondo legame fra importanti attributi del cervello umano, gli inglesi hanno una parola per indicare una sorta di fusione
9.Si rinvia naturalmente allantologia Italia magica. Racconti surreali novecenteschi, cit. Nel volume si pubblicano di Zavattini i seguenti testi: Al caff; Racconto di Natale; Dal medico; Ballo a A, ivi, pp. 145-56. Utilissime indicazioni critico-bibliografiche in M. Farnetti, Scritture del fantastico, in Letteratura italiana del Novecento. Bilancio di un secolo, a cura di A. Asor Rosa, Torino, Einaudi, 2000, pp. 382-409. 10.F. Bernardini Napoletano, Poetiche e scritture sperimentali, in Letteratura italiana del Novecento. Bilancio di un secolo, cit., p. 329.

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ideale di spirito e intelligenza, la parola wit, applicabile anche alle persone. Chi possiede molto wit un wit, ossia un uomo eccezionalmente intelligente e spiritoso, osservatore arguto, dispensatore di bon mots.11

In una intervista di molti anni dopo, ricostruendo lattivit letteraria degli anni giovanili, caratterizzati dal suo lavoro di scrittore, giornalista ed elzevirista, Za rivendicava fermamente la sua appartenenza alla famiglia degli scrittori del nonsense e del fantastico, disubbidendo e disertando ogni socievole comandamento, non lasciandosi intrappolare, da grande mentitore ed inventore di storie, nei modelli della consuetudine e del prevedibile. Le sue antinomie giocano sul rapporto con il reale, terreno di giochi infiniti ma anche di acuta, tragica osservazione dei suoi paradossi:
Inventavo situazioni, comportamenti, alla radice dei quali cera una predisposizione a vedere pi le contraddizioni nelle idee che nelle cose. Svolgevo le sorprese del pensiero, della logica, nel mio piccolo ambito, direi quasi in astratto, pi vicino al nonsense che a una forma di osservazione critico-satirica, sui fatti.12

Giorgio Manganelli con la proverbiale, provocante intelligenza ha scritto che la letteratura nasce come diserzione:
Non v letteratura senza diserzione, disubbidienza, indifferenza, rifiuto del lani ma. Diserzione da che? Da ogni ubbidienza solidale, ogni assenso alla propria o altrui buona coscienza, ogni socievole comandamento. Lo scrittore sceglie in primo luogo di essere inutile; quante volte gli si gettata in faccia lantica insolenza degli uomini utili: buffone. Sia: lo scrittore anche un buffone . il fool: lessere approssimativamente umano che porta lempiet, la beffa, lindifferenza fin nei pressi del potere omicida. Il buffone non ha collocazione storica, un lusus, un errore.13

Lumorismo surreale di Zavattini, intarsiato di trovate efficacissime e immagini fulminanti, rappresenta per, quasi in una lettura rovesciata
11.M. dAmico, Achille Campanile come Wit , in A. Campanile, Poltroni numerati, Bologna, Il Mulino, 1992, p. 111. 12.Zavattini parla di Zavattini, cit. 13.G. Manganelli, La letteratura come menzogna, Milano, Adelphi, 20042, p. 218.

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toni iermano ma condivisa di Manganelli, in concreto una consapevole quanto marcata dimostrazione di tolleranza e civilt in un tempo di rovente ed insulso fanatismo, in cui le suscettibilit dei potenti erano alquanto facili a manifestarsi sotto forma di persecuzione e daltro. Il totalitarismo fascista e le reiterate affermazioni di un rinvigorito principio di autorit da parte della politica trovano nella scrittura zavattiniana un formidabile motivo di salutare quanto beffarda contestazione. Calvino, mettendo a confronto forme diverse di umorismo, cos spiega la posizione e le motivazioni di Zavattini:
Un umorista pu trovarsi in due diverse posizioni rispetto alla societ. Pu trovarsi un passo avanti e criticare e deridere la societ nelle sue contraddizioni. Pu trovarsi un passo indietro e criticare e deridere quelli che sono un passo avanti o comunque si mettono in opposizione alla societ. Cesare Zavattini dei primi, Giovanni Mosca dei secondi. La differenza di valore artistico corrisponde a una differenza di valore politico.14

I giornali umoristici italiani di quegli anni si sforzavano, cos come Il Settebello su cui Bruno Munari disegnava le sue Macchine inutili e Saul Steinberg le Mucche col ore in bocca e Il Bertoldo (1936-1943), fondato da Giovanni Mosca e Vittorio Metz, entrambi romani rivelatisi sulle pagine del settimanale MarcAurelio , di codificare un tipo di umorismo possibile in un regime in cui cerano troppe cose e persone su cui non era permesso scherzare. Per questo non restava che aprire degli spazi diversi, una comicit bonariamente surreale, basata soprattutto sul lespressione verbale ma non tanto sui giochi di parole quanto sulle trasposizioni logiche assurde .15 In qualsiasi regime e in qualsiasi epoca limportante, calvinianamente pensando, poter trovare un altrove. Zavattini sapeva bene che alcune sue storie o soggetti come Diamo a tutti un cavallo a dondolo o Tot il buono, non erano tanto gradite negli ambienti politici ufficiali: Allora, cerano dei controlli di vario genere: bastava un niente, che immediatamente un soggetto veniva censurato. Arrivava nel
14.I. Calvino, Saggi 1945-1985, a cura di M. Barenghi, Milano, Mondadori, 1995, vol. ii pp. 2100-1. 15.I. Calvino, Ricordo di Vittorio Metz, in Id., Saggi 1945-1985, cit., vol. ii p. 2903.

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la realt fantastica di cesare zavattini laria un fiato e diventava un rimbombo addirittura .16 Antidoto contro i conformismi di vario genere, Zavattini nella sua prosa sempre orientato ad offrire un riparo morale a quanti avvertono il peso ingombrante della societ dei benpensanti e di una dominante logica dellutile a cui contrappone la lunarit di personaggi mai dominati dal senso comune, da poveri e matti a cui non mancano buon senso e poetica capacit di sognare e fantasticare.17 Nato a Luzzara, un paesino sulla riva del Po in provincia di Reggio Emilia, nella bassa nebbiosa, nel 1902, discendente di caffettieri e panettieri , Za nel periodo giovanile ebbe importanti esperienze che ne influenzarono in profondit la sua attivit letteraria e artistica.18 La cultura del Po, la lingua ancestrale e selvaggia della sua terra, furono ripresi nel volume di versi Stricarm in duna parola (Stringermi in una parola, Milano, Scheiwiller, 1973), a cui Pier Paolo Pasolini riserv una complessa, entusiastica recensione soprattutto per la capacit di Zavattini di laicizzare il dialetto ossia costringendolo a contenuti perfettamente contrari al suo spirito conservatore e conformista:
Anche Zavattini allet di venticinquemila cinquecento giorni, ha scoperto il dialetto. Tale scoperta gli ha permesso di scrivere il suo libro di gran lunga pi bello. Anzi, un libro bello in assoluto. Tutto rimesso in gioco, tutto, per dir meglio, ritorna finalmente in gioco. Non c strofa, verso, addirittura parola, che non sia stata oggetto di uninvenzione nata dallenergia dovuta alla riscoperta dellinventare. Ogni poesia una trovata, nellaureo e liberatorio senso del trobar.19

Nelle poesie di Zavattini si rintracciano tutti gli ingredienti di una tradizione linguistica regionale che nel corso dei secoli aveva sempre espresso
16.Zavattini, Io. Unautobiograa, cit., p. 106. 17.Su questo affascinante tema nella letteratura italiana novecentesca vd. P. Guaragnella, Il matto e il povero. Temi e gure in Pirandello, Sbarbaro, Vittorini, Bari, Dedalo, 2000. 18.Ricordi e impressioni autobiografiche sugli anni giovanili vd. in Zavattini, Io. Unautobiograa, cit. 19.P.P. Pasolini, rec. a C. Zavattini, Stricarm in dna parola [1974], in Id., Saggi sulla letteratura e sullarte, cit., vol. ii p. 2044. Sul dialetto di Za vd. F. Brevini, Zavattini poeta nel dialetto di Luzzara, in Il Ponte , xlvii 1991, pp. 98-111.

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toni iermano il suo dissenso nei confronti del potere e delle ingiustizie del mondo cos come i versi del riminese Giustiniano Villa.20 Si legga, come rapido campione di lettura La Basa, nella traduzione offerta dallA. in nota al testo dialettale:
La Bassa. Ho visto un funerale / cos povero / che non cera neanche / il morto nella cassa. / La gente dietro piangeva, / piangevo anchio / senza sapere il perch / in mezzo alla nebbia.21

Za naturalmente non rinuncia al gioco, alla parodia, al sarcasmo feroce. In Ds [Dieci] ritorna a riemergere una venatura burchiellesca, sapida, non disgiunta da uno spirito assolutamente moderno di considerare la comicit:
Dieci. Erano dieci / naufragati su un isolotto / in mezzo al mare. / I giorni passavano affamati. / Chi mangiare per primo? / Dopo un mese erano rimasti in due, / si guardavano. / A un tratto / l in fondo una nave! / Si sono abbracciati in lacrime e ripetevano / ci telefoneremo tutti i giorni [trad. dellA.].22

Il mondo dellinfanzia, Luzzara appunto e non Suzzara,23 luogo del leterno contrasto tra ricchi e poveri,24 la Parma musicale e teatrale degli anni Venti nel 1928 in citt venne Pirandello con la sua compagna per rappresentare Diana e la Tuda e Za ebbe modo di conoscerlo ,25 la Firen20.Cfr. A. Piromalli, Societ e cultura in Emilia e Romagna, Firenze, Olschki, 1980, pp. 81-97. 21.Cfr. Zavattini, Opere 1931-1986, cit., p. 911. 22.Ivi, p. 944. 23.Zavattini, nel breve testo Luzzara, raccolto in Le voglie letterarie, ricordava: Il mio un paese veramente comune: Luzzara sulla riva del Po; voi scrivete Luzzara e spesso la nostra posta arriva a Suzzara invece, che una citt vicina (Zavattini, Opere 1931-1986, cit., p. 988). Per un curioso errore Contini nellantologia LItalia magica, cit., p. 147, nella breve presentazione di Zavattini scrive: Nato a Suzzara (in provincia di Mantova, ma a sud del Po) nel 1902 . 24.Sul rapporto affettivo con Luzzara vd. C. Zavattini, Un paese, fotografie di P. Strand, Torino, Einaudi, 1955 (poi Milano, Scheiwiller, 1974, con laggiunta di una fotografia inedita di Strand). 25.C. Zavattini, Pirandello a Parma, in Id., Le voglie letterarie [Bologna, Boni, 1974], in Zavattini, Opere 1931-1986, cit., pp. 973-75, nonch Id., Io. Unautobiograa, cit., pp. 31-33.

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la realt fantastica di cesare zavattini ze della rivista Solaria ma anche del Bargello di Alessandro Pavolini, e la Milano del Bagutta, e delle grandi case editrici (Mondadori, Rizzoli, Bompiani).26 Queste determinanti esperienze sono raccontate nel libro Le voglie letterarie (1974), in cui lA. ripubblica ventuno testi apparsi intorno ai primi anni Quaranta (novembre 1941-settembre 1942) su Primato diretta da Giuseppe Bottai; gli scritti, dal sapore aneddotico e autobiografico, raccontano momenti essenziali della formazione e delle relazioni umane ed artistiche dellA. con la societ letteraria del tempo. A Firenze, citt in cui svolgeva il servizio di leva, Zavattini fu in strettissimi rapporti con i solariani Eugenio Montale, Alberto Carocci, Emilio Cecchi, Giansiro Ferrata, Raffaello Franchi, Bonaventura Tecchi, Ales sandro Bonsanti, Vieri Nannetti, Bruno Fallaci, Mario Praz, Pietro Pancrazi e Giuseppe De Robertis:27
In dieci mesi di permanenza a Firenze come soldato non ebbi mai la tentazione di vedere la galleria degli Uffizi, il Davide, simili cose famose. I miei monumenti erano Montale e gli altri di Solaria. Per trascorrere con loro ore o minuti scappai spesso dalla caserma, una volta mi videro entrare alle Giubbe rosse con la bicicletta verde e dura del militare.28

A Milano, dove conobbe Valentino Bompiani, editore di gran parte


26.Nel piccolo comune emiliano frequent solo la prima elementare, poi la sua tormentata carriera scolastica si svolse tra Bergamo, Segni Scalo, dove si rec nel 17 per seguire i genitori che avevano preso in gestione il caff ferroviario, Roma, dove frequent senza grandi successi il Liceo Umberto, e infine Alatri, in provincia di Frosinone, dove consegu la maturit classica presso il Liceo Conti-Gentile. Qui fu allievo del padre scolopio Luigi Pietrobono, noto dantista. Iscrittosi alla Facolt di giurisprudenza di Parma, lasci presto gli studi universitari ed inizi a collaborare alla Gazzetta di Parma e a lavorare come istitutore presso il convitto nazionale Maria Luigia , dove ebbe tra i suoi alunni Giovannino Guareschi. Nel 1930, terminato il servizio militare, Zavattini rientr a Luzzara per poter seguire la difficile situazione familiare, aggravatasi in quellanno dopo la morte del padre. Le disperate condizioni economiche della famiglia dopo la vendita della caffetteria ferroviaria lo portarono a cercare un lavoro a Milano, dove fu assunto dalla Rizzoli come correttore di bozze. 27.Vd. Antologia di Solaria, a cura di E. Siciliano, intr. di A. Carocci, Milano, Lerici, 1958. 28.C. Zavattini, Cena con Montale, in Le voglie letterarie, in Id., Opere 1931-1986, cit., p. 979.

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toni iermano dei suoi libri e di tutti gli scritti della giovinezza, frequent Riccardo Bacchelli, Orio Vergani, Giovanni Titta Rosa, Raffaele Carrieri, Domenico Cantatore, Sergio Solmi, Arturo Tofanelli. Inoltre al Caff Donini e alla Trattoria Bagutta, dopo i primi successi letterari, conobbe anche Salvatore Quasimodo, Giuseppe Marotta, il poeta salernitano Alfonso Gatto, di cui fu testimone di nozze:
Millenovecentotrenta, giunsi a Milano con il cappello in mano, dalla bassa nebbiosa. Salutavo tutti, in gran parte perch la storia della letteratura italiana cominciava per la mia mente da quegli anni ma un poco per ipocrisia, il male del secolo che la vita tra gli scrittori porta a rapide e obbrobriose maturazioni.29

Su Solaria pubblic Tre raccontini avrei dei motivi per svenire di 30 gioia ed una recensione al Kipling di M. Brion (entrambi nel 1929, n. 12) ma fu anche recensito nel 1931 da Sebastiano Timpanaro in occasione delluscita di Parliamo tanto di me, unopera che svela, pur nella sua brevit, uno scrittore nuovo, originale, del tutto privo di complessi nei confronti delle mode letterarie imperanti. Davvero nelloperetta si colgono i sintomi, gli argomenti, le scelte che caratterizzarono tutta la ricca produzione zavattiniana futura, dalla letteratura al cinema e alla pittura. In solo settanta pagine il libro raccoglie un Ritratto dautore e 20 storiette, cos come amava definire i suoi racconti Zavattini:
Sul tavolo da lavoro ho pochi oggetti: il calamaio, la penna, alcuni fogli di carta, la mia fotografia. Che fronte spaziosa! Cosa mai diventer questo bel giovane? Ministro, re? Guardate il taglio severo della bocca, guardate gli occhi. Oh, quegli occhi pensosi mi fissano! Talvolta provo una viva soggezione e dico: sono proprio io? Mi do un bacio sulle mani pensando che sono proprio io quel giovane, e mi rimetto a lavorare con lena per essere degno di lui.31

Testo lirico, surreale e paradossale, Parliamo tanto di me, il cui titolo gli fu dato da Valentino Bompiani,32 un viaggio nellaldil in compagna di
29.C. Zavattini, Bagutta, ibid. 30.Zavattini, Io. Unautobiograa, cit., p. 45. 31.Zavattini, Opere 1931-1986, cit., p. 3. 32. Rizzoli non faceva libri (sono stato io poi a fargli stampare il primo libro) e allora

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la realt fantastica di cesare zavattini uno spirito per poter raccontare liberamente, o quasi, ma in modo non compassionevole, vicende e situazioni facilmente riscontrabili nella vita terrena:
Se io fossi ricco passerei buona parte della giornata sdraiato in una soffice poltrona a pensare alla morte. Sono povero, invece, e posso pensarci solo nei ritagli di tempo o di nascosto. Alcuni giorni fa il signor Better mi sorprese che guardavo incantato il soffitto e grid: Sia lultima volta che la trovo a pensare alla morte in ufficio . Presto andr in pensione e sar libero. Quando incontrer il signor Better, per fargli dispetto, mi metter a pensare alla morte con tutte le mie forze. Se fossi re obbligherei anche i bambini a pensarci almeno unora al giorno. Eccoli ancora accaldati per i recenti giuochi, con le braccia conserte sul banco, che pensano che pensano []33

Cesare Cadabra lo scrittore-protagonista che il suo fantasmatico interlocutore guida tra le ombre dei vivi e dei morti. In sostanza i personaggi sono tutti a misura duomo, sono padri e figli, vecchi e bambini, ritratti con una pietas, con una passione che li fa grandi e piccoli insieme .34 Nel giovane Zavattini suscitano interesse i problemi e le angosce degli uomini, le loro vite, i loro pensieri; rifiuta lindifferenza e lincapacit di capire la vite degli altri. Nonostante il sarcasmo e la virulenza di talune polemiche che connotano gli anni della vecchiaia, Za defin da subito il
sono andato a portare il mio libretto a Bompiani: non so perch proprio a lui, forse perch era giovane e aveva appena cominciato a fare leditore, dopo aver lavorato con Monda dori. Andai a trovare il conte Valentino Bompiani. Gli diedi il mio libro, tirandolo fuori dalla tasca dove giaceva da qualche settimana. Era tutto disordinato, era un montaggio di pezzi gi stampati e di altre cose, sparse in cartelle di vari tipi. Era un manoscritto proprio disordinato fisicamente. Bompiani lo guard e mi disse: Lo riprenda, ci deve lavorare ancora. Glielo riportai messo un po meglio ma senza una riga in pi e Bompiani mi disse: Io pubblico il libro. Non solo lo pubblico, ma lo pubblico in un certo modo. Fu lui a trovare il titolo. Sfogliando le pagine del manoscritto, per trovare una frase, unespressione adattatac: Parliamo tanto di me (Zavattini, Io. Unautobiograa, cit., p. 53). Valentino Bompiani era stato attirato dalle due paginette conclusive del ventesimo capitolo del libro: Adesso ho una casetta bianca, una moglie affettuosa, un bambino ubbidiente. Alla sera, finita la cena, seduti sulla morbida ottomana per unoretta o due, sin che non ci prende il sonno, parliamo tanto di me (Zavattini, Opere 1931-1986, cit., p. 65). 33.Ivi, pp. 10-11. 34.V. Fortichiari, Prefazione a Parliamo tanto di me, cit., p. vi.

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toni iermano suo paesaggio interiore, fatto di spirito e intelligenza ma anche dinfinita piet umana, che il tempo seppe solo conservare e rafforzare. Ancora una volta la raffinatissima critica di Malerba a cogliere nel segno rappresentandoci il nocciolo dello scrivere di Zavattini:
Svolazzando qua e l come uccelli vagabondi i personaggi zavattiniani si avventurano addirittura attraverso lInferno, il Purgatorio e il Paradiso ma anche l, ahim, trovano lo stesso disordine e le stesse ingiustizie delle periferie urbane dalle quali sono fuggiti. Lio che sta al centro dei racconti, che si muove inquieto nei caff, nelle anticamere, nelle cucine, nei vicoli, nelle piazzette della citt, non ha una solida coscienza perch non giusto n decoroso avere una coscienza in un mondo cos sconnesso e cos privo di senso. Meglio avere una solida immaginazione e misurarsi sui tempi lunghi, che non sono nemmeno quelli della Storia (esiste il passato per Zavattini?), ma quelli delle stelle e dei pianeti, della vita e della morte, dellInferno e del Paradiso.35

Cesare Zavattini, come ha scritto Geno Pampaloni, stato sopraffatto dal luomo di cinema e dal focoso polemista quale si scatenato negli anni;36 nonostante lo scrittore, il poeta dialettale, lo sceneggiatore, il pittore Zavattini sembra sfuggire ad una precisa catalogazione, in realt le sue varie manifestazioni sono riconducibili ad una complessa ma coerente unit. Il brano che segue, tratto da Parliamo tanto di me, ne appare una prova esemplare:
Matita in mano: una donna distribuisce in media circa trentamila baci e ne riceve circa duecentomila, durante la sua vita. Nella mia citt vi sono trecentomila donne, cio un movimento di alcuni miliardi di baci. A chi ne toccano migliaia e migliaia, a chi poche dozzine. Con tale cifra sbalorditiva si potrebbe far sta re allegro mezzo mondo. Nossignore, c persino chi resta senza. Osservi, per esempio, quegli uomini fermi agli angoli delle strade, smunti e dimessi, che seguono con lo sguardo lucido le belle passanti. Darebbero un patrimonio per un solo bacio. Ahim, hanno appena i soldi per la colazione. Io vorrei essere la pi bella donna delluniverso: con cento baci al giorno beneficherei cento di costoro. Verrebbero a frotte anche dai lontani sobborghi, secondo turni stabiliti per evi35.Malerba, Introduzione, cit., p. ix. 36.Cfr. G. Pampaloni, Prefazione a C. Zavattini, Io sono il diavolo-Ipocrita 43, nota biobibliogr. di A. Bernardini, Milano, Bompiani, 1983.

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tare ingombri, litigi, abusi. Io lo voglio sul naso . Io sulla guancia destra . Io lo voglio dietro lorecchio . Bambini! 37

La incomunicabilit, la povert e la difficile difesa della dignit umana, la solitudine dellesistenza, temi fondamentali di capolavori del cinema come Sciusci (1946), Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1951) e Umberto D (1952),38 tutti diretti da Vittorio De Sica, conosciuto nel 1934, trapelano senza indugi da questa prima, esemplare favola morale:
A me veramente, non interessano i fatti quanto gli uomini, questi mondi isolati come pianeti nello spazio. Ognuno cammina per la strada come se gli altri non ci fossero. Eppure si pu passare ad una spanna dalluomo pi felice del mondo o da quello pi illustre. Una sera attraversai la piazza per andare sul ponte. Avevo deciso di uccidermi. Ebbene, la gente mi passava vicino, mi urtava, senza voltarsi neppure.39

Questo viaggetto nelloltretomba, scritto in prima persona, si compie nella notte del 17 gennaio 1930 e si sviluppa tra i capitoli vi e xx. Il nonsense, anche nelluso improvviso di digressioni, appare da subito uno degli ingredienti caratterizzanti delloperetta:
primavera, porto a mia moglie le viole. Lungo la strada mi prende un pensiero umiliante: quanti, quanti uomini, in questo stesso momento staranno portan do alla cara consorte un mazzolino di viole. Giunge la notte, andiamo a letto, si spegne la luce: buona notte, buona notte . Da lontano giunge un confuso brusio. S, ora ve ne saranno molti come me, vicino a una donna amata, con gli occhi fissi nel buio e i pensieri vaganti. Ho paura di essere soltanto limmagine di uno specchio. Mi metto a fischiettare una canzone. Maria si sveglia, stupita, accende la luce. Le domando a bruciapelo: quanto fa sette per otto? Cinquantasei , risponde. Mi guarda con i suoi occhi grandi e tristi e io volto fianco, maddormento contento per una segreta speranza (p. 36).

Oppure si pensi alla descrizione dei gironi dellInferno, in particolare a quello incredibile dei golosi. Ci sono punte di comicit estreme, irro37.Zavattini, Opere 1931-1986, cit., p. 17. 38.Cfr. G.P. Brunetta, Guida alla storia del cinema italiano 1905-2003, Torino, Einaudi, 2003, p. 167. 39.Zavattini, Opere 1931-1986, cit., p. 16 (le indicazioni subito successive dir. a testo).

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toni iermano rate da situazioni e dialoghi autenticamente geniali, governati da uno spirito supremo e ineffabile, a cui il lettore oppone una minima resistenza prima di divertirsi con gusto:
I golosi erano reclusi in ampie stanze smaltate di rosa pallido. Nel mezzo di ciascuna, pile di croccanti, di budini, di gelati, si affiancavano in un sontuoso disordine. Rivoletti di rosolio e di vino passito scorrevano gorgogliando, come lacqua fra lerba dei prati, entro tubi di cristallo che circondavano con la pi elegante delle architetture la montagna dei cibi. Sui cibi vagavano fumi bianchi e un venticello alpestre profumato di resina faceva frusciare le foglie di un albero, carico di pesche dai colori delicati, che pendeva dal soffitto. I condannati assiepati intorno a quelle meraviglie, guardavano con gli occhi sgranati. Intanto i diavoli divoravano a quattro palmenti mugolando di giubilo, e taluno, battendosi il ventre, esclamava: Questo il Paradiso . Udii un defunto che diceva a un diavolo: Vuole scommettere uno schiaffo che in cinque minuti mangio cento sfogliatini? . Rispose il diavolo: Marameo . Mi allontanai in punta di piedi. Avevo il cuore molto triste e lacquolina in bocca (p. 23).

Cadabra racconta storielle che mandano in visibilio i custodi infernali e contribuiscono a mutare le abitudini e la vita degli abitanti dei vari gironi al punto che i diavoli sembrano essere diventati diversi, quasi pi buoni. Solo allarrivo degli angeli ricominciavano i lamenti dei peccatori mentre i diavoli riprendevano a distribuire pugni, schiaffi, pedate. La bravura nel narrare storielle far s che il protagonista potr raggiungere il Paradiso per far divertire angeli e cherubini. Qui addirittura viene sfidato ad una singolare tenzone da unanima di nome Ted Mac Namara, che risulter vincitore con il racconto della Gara mondiale di ma tematica. I due dovranno raccontare due storiette ciascuno ma alla gara intende partecipare anche un modesto impiegato del municipio di Deg. Il viaggio si chiude con il ritorno di Cesare Cadabra nel suo letto malgrado al protagonista resta un desiderio che svela intimamente la tenera poe sia che sovrasta lintero racconto:
Avrei voluto anchio diventare subito una nuvoletta. Invece fra poco dovevo ri-

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prendere il viaggio attraverso vie lattee, comete, pianeti, innumerevoli mondi per raggiungere un piccolo paese, una piccola casa, e il giorno dopo avrei litigato con il signor Smith per futili motivi e avrei ancora provato unoscura apprensione nel pensiero dei camposanti dinverno sotto la pioggia, dei cortei funebri, visti al mattino presto attraverso la nebbia, quando anche i vivi dietro al feretro sembrano ombre (p. 66).

Il testo ebbe subito un successo clamoroso e non vi fu rivista letteraria che non se ne occup. Telesio Interlandi sulla prima pagina del Tevere poteva pubblicare un fondo non firmato con limpegnativo titolo Arriva uno scrittore (13-14 agosto 1931). La scrittura, libera e arbitraria, ma nel fondo letteratissima, costituiva la natura nuova ed indipendente di rappresentare la morte e la piet. Inventore di grandi e piccole storie, Za aveva saputo trovare il ritmo giusto per richiamare sul suo scrivere linteresse della critica. Nel ricordo autobiografico colpisce anche un seve ro giudizio sullindipendenza di Indro Montanelli, critico verso i motivi ispiratori della sua opera:
Nel luglio del 31 usc Parliamo tanto di me, usc coi manifesti sui muri e fu un fatto straordinario, un successo clamoroso. Ne scrissero Il Corriere della sera , La Stampa , altri giornali, tutte critiche meravigliose. Ebbi contro quelli come Montanelli, facile immaginarselo: io qualche barbaglio dindipendenza ce la vevo. Non ci fu letterato che non mi scrisse complimenti, chi in tre righe e chi in dieci: Bontempelli, Baldini, Pirandello. Mi scrisse Benedetto Croce: quando arriv quella lettera, io feci tre chilometri di corsa fino alla Rizzoli per mostrarla, e poi andavo in giro per Milano facendola vedere a tutti. Una parte della critica molto importante fu tutta daccordo nel dire che lautore doveva essere un topo di biblioteca, un uomo di cultura solida, non si spiegava altrimenti quel tipo di stile. E non era vero. Avevo risolto tutto con un enorme lavoro, perch io lavoro sempre, ogni mio libro mi costato anni, ma non era il frutto, come credevano, di un lungo romitaggio culturale, bens di un grande istintivo stile, di equilibrio: E poi, pur essendo disarmato, sono sempre stato armato: con lintuito colmavo le mancanze.40

Tutta la prosa di Zavattini si legge come seguendo dei passi nellaria secondo una felice espressione del giovane Elio Vittorini. Infatti la re40.Zavattini, Io. Unautobiograa, cit., pp. 58-59.

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toni iermano censione che lo scrittore siciliano dedic a Parliamo tanto di me nella rubrica Settimanale dei libri, ospitata ne Il Bargello di Firenze nel 1931, rappresenta un punto decisivo per lavvio del dibattito critico sullopera let teraria zavattiniana. Nellincipit dellarticolo, emblematicamente (e ironicamente) intitolato Oggi, great attraction! Vittorini, pi che mai impegnato a rivendicare lavvento di una nuova letteratura contro i falsi scrittori, e sempre attento a non dare a intendere lumicini per stelle ,41 ricorda lo straordinario successo del libro ed implicitamente offre una geografia dei centri del dibattito culturale in Italia agli inizi degli anni Trenta:
C in giro un libretto di 120 paginette, dal titolo strano (Parliamo tanto di me) dal prezzo irrisorio (cinque lire) dallautore fino a ieri ignoto (Cesare Zavattini) e tutta Italia gli sta correndo dietro facendolo salire a tirature favolose; le terze pagine si azzuffano a chi ne parla prima e il via fu dato, incredibile, dal pi fine dei nostri scrittori politici, Telesio Interlandi, in un articolo di fondo del Tevere ; torinesi, milanesi, genovesi, romani, napoletani, pugliesi, hanno ormai, per merito dei rispettivi quotidiani, la loro giusta opinione in proposito; a Firenze siamo i primi a parlarne. Ma cosa cantano le terze pagine? Cantano la nascita di un novello umorista. Cesare Zavattini sarebbe il pi grande, il pi autentico dei nostri umoristi. Altro che Campanile! []. La prosa lieve; le parole si fermano appena sulle immagini, e queste scappano dinanzi agli occhi come veli. Tutto il libro scritto cos, si legge come seguendo dei passi nellaria; si vola: e in poco pi di unora si arriva in fondo. Dentro, ogni persona, ogni oggetto, ogni frase pronunciata da qualcuno, sono nitidi e fermi.42

Nel 1933 lo scrittore emiliano si vede costretto ad iscriversi al Partito nazionale fascista per non perdere il posto come redattore alla Rizzoli che, solo lanno dopo, gli affida la direzione di nuova collana intitolata I giovani. Za la inaugura pubblicando Tre operai di Carlo Bernari, conosciuto a Milano alla trattoria toscana Bagutta , nella via omonima. La censura intervenne per evitare che il romanzo fosse recensito o aprisse discussioni alquanto indigeste al regime. Vittorini sulle pagine del Bargello fu particolarmente critico nei confronti del testo e della scelta di
41.E. Vittorini, Enrico Pea [1931], in Id., Letteratura arte societ, cit. p. 439. 42.Ivi, p. 427.

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la realt fantastica di cesare zavattini Zavattini, accusato polemicamente di averlo fatto stampare allo scopo di mettere scompiglio nelle file territoriali della letteratura italiana :43 nel Settimanale dei libri pubblic la stroncatura intitolandola Tre operai che non fanno popolo (vi, num. 29, 22 luglio 1934). In questi anni Zavattini inizia a scrivere le prime sceneggiature; nel 35 il soggetto desordio, per la regia di Mario Camerini, viene utilizzato per realizzare il film Dar un milione. Il primo film con De Sica, Teresa venerd, risale al 1941. Sono anni dintensissimo lavoro nel cinema che porteranno Za a firmare una quindicina di soggetti tra cui Quattro passi tra le nuvole (1942) di Alessandro Blasetti. Intanto nel 36 era stato licenziato da Rizzoli ma immediatamente assunto da Mondadori, che gli affid linnovativo settore dedicato ai fumetti per ragazzi e alla pubblicazione dei periodici di Walt Disney.44 Lo scrittore per continua a creare storielle e situazioni irresistibili; nel 1937 esce ancora per Bompiani I poveri sono mat ti, romanzo composto da una Prefazione, una sorta di gioco divertente e folle da fare in famiglia (e alla moglie) con al centro il personaggio Ce sare Zavattini, e 28 storielle, subito definito da Guido Piovene uno dei libri pi belli di quegli anni.45 La sintassi e la punteggiatura concorrono a dare un significato surreale alle microstorie, che sono anche arricchite da alcuni disegni. Questa seconda prova allarga la linea surrealista percorsa dallA.; racconta la storia di Bat, un povero impiegato che vorrebbe ribellarsi al suo insopportabile capoufficio Dod: progetta di schiaffeggiarlo pur di placare la sua rabbia ma, non realizzando la sua idea, condannato ad accumulare una definitiva frustrazione. Tutte le storiette si caratterizzano per luso di una vena magica e fantastica che si palesa nei comportamenti del protagonista, che per sentirsi uguale agli uomini deve necessariamente dedicarsi allesercizio effimero di un mondo soltanto immaginato. Mirabile dimostrazione della maturit espressiva, il testo conferma lassoluto accordo che Za ha saputo trovare con il consapevole, ricercato sfoggio di nonsense:
43.Ivi, p. 783. 44.Vd. Nuzzi-Iemma, De Sica & Zavattini. Parliamo tanto di noi, cit., in partic. pp. 38-39. 45.Cfr. Angioletti, Invito alla lettura di Zavattini, cit., pp. 123-24.

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BAT BAT BAT S , disse, io gli dar uno schiaffo . Erano le sette di sera, in aprile. Un aeroplano apparso dietro le ciminiere dello stabilimento entr in una nuvola. Il signor Dod doveva passare di l, e Bat gli avrebbe detto. Dod . Poi la mano sarebbe scesa fulminea sulla guancia di Dod. Le mani erano calde nella tasca del soprabito, le dita si toccavano: da ragazzo, aperte contro il lume di una candela, ne aveva visto trasparire le ossa. Care mani, voi brandirete spade, nere di polvere e di sudore vi alzerete minacciose sugli uomini. Ora aspettava in una piazza il suo principale per percuoterlo; gli aveva negato un prestito. Tutti i suoi compagni sognavano ardentemente di fare questo, ma egli solo ne aveva il coraggio. Ud venire dal cielo squilli di tromba e i suoi occhi fissarono un sentiero doro: avanzavano guerrieri lombra dei quali per un attimo sovrast la citt. Le sue mani un giorno raccolsero lacqua per dissetarlo: si sentiva un puledro che nitriva tra le alte erbe, e disse a un albero: Buon giorno . Alle sette e un quarto pass una donna dalle anche larghe. Bat la segu sin dopo il ponte. Bat Bat Bat, pensava, un nome. Prov a dire tante volte Bat. Era soltanto un suono, niente. Arriv a casa tardi mentre la radio trasmetteva da Norfolk il discorso del Re. Dopo pranzo raccolse la famiglia e obblig ciascuno a ripetere cento volte il proprio nome al posto della preghiera. Poi tutti andarono a letto, ed egli, fatti i conti, si affacci alla finestra.46

I poveri sono matti propone un almanacco inesauribile del nonsense ; innumerevoli battute al lampo di magnesio vivificano le pagine e tendono continue imboscate al lettore. Nella storietta intitolata Sui bastioni ritornano i ricchi e i loro tic :
Guardate lungo le strade, hanno fretta di arrivare a casa: chiudono con forza la porta dietro di loro, qualcuno poco prima li ha umiliati. Essi hanno strisciato davanti a T. ora li aspetta una fanciulla lentigginosa, col grembiule bianco, ed essi fissano con occhi severi. Che cosa c di male se Dio ha dato ai ricchi cavalli e campi? Egli doveva dire vi do tutto questo a patto che ogni sera prima di coricarvi pensiate al dito di un bambino. Essi avrebbero accettato, figuratevi, non faticoso.
46.Zavattini, Opere 1931-1986, cit., pp. 71-72 (le indicazioni subito successive dir. a testo).

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Arrivano a casa, sono allegri, si tolgono il frac, si ficcano sotto le coltri, stanno spegnendo la luce quando balzano dal letto pallidi, con il cuore che batte, che batte: stavano addormentandosi senza pensare al piccolo dito di un bambino. Come diventano magri e spaventati con landare del tempo (pp. 87-88).

Ma Dod la vera ossessione di Bat, la prova che i buoni possono vivere solo come aria che sale nel cielo mentre i malvagi riprendono forma umana e precipitano in una valle nera (p. 75). Ancora una volta nella notte i personaggi di Za sono sconvolti da visioni e da visite inaspettate e pau rose:
Una notte Suc ha confessato: A mia moglie piace questuomo, non metter mai la sua fotografia nel giornale . Suc di notte buono e racconta tante cose segrete. Una volta disse che aveva voglia di buttarsi gi dalla finestra: quante persone ai suoi funerali, impiegati, redattori, operai, il signor Dod in testa. Si dice che il signor Dod ha un vestito apposta per i funerali. Tutti camminano in punta di piedi, ordinati, non vanno dietro al feretro, ma al signor Dod. Attraversano le vie della citt: cammina cammina, il signor Dod stanco, si volta, fa un segno e tutti si spargono per i prati mentre sale sopra la sua automobile: un rombo, un gran polverone e parte salutato dagli evviva di Matter. Questo Matter castigato dal Signore, ha le braccia come stecchi, non riesce a sollevare i suoi figli (ibid.).

In una lettera inviatagli dopo la lettura de I poveri sono matti Giovanni Papini coglieva alcuni importanti assonanze nellopera letteraria di Za che meritano di essere considerate. Tra laltro il diciassettenne Cesare ave va amato infinitamente Un uomo nito del suo noto recensore:
Il suo ultimo libro uno dei pi imprevisti, di quanti, italiani e moderni, ho letto in questi anni. Vedo che battezzano lei umorista. In questo libro, invece, trovo un poeta tragico che si giova del grottesco apparente per meglio raffigurare e rivelare la dolorosa malinconica, paurosa realt quotidiana. C qualcosa, alla lontana, di un Kafka e di un Joyce, ridotti alla pi elementare e sobria espressione, e resi, perci, pi italiani e pi lirici.47

Nel 1941 Bompiani diede alle stampe il terzo libro di Zavattini, Io sono
47.Nuzzi-Iemma, De Sica & Zavattini. Parliamo tanto di noi, cit., p. 39.

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toni iermano il diavolo, 42 storiette e raccontini usciti, in parte, sul settimanale Tempo tra il luglio 1940 e lagosto del 1941. Nella forte ed emblematica Prefazione, sempre di natura autobiografica, il malessere e le contraddizioni del tempo sestrinsecano in forme meno vaghe: la guerra aveva iniziato a far sentire tutto il peso della tragedia che investiva il paese nella sua interezza. La verve comunque non appannata e linventore della Bassa conserva quella identit ritmica che avvolge le raffigurazioni abolendo qualsiasi segno di discorso intellettuale. Nel primo raccontino da cui prende il titolo lintera raccolta, Io sono il diavolo, lio narrante manifesta il sospetto di essere ormai diventato un essere demoniaco ma di sperare che gli altri non se ne accorgano:
Il sospetto che io sia il diavolo mi venuto ieri. Niente di sulfureo: ascoltavo un uomo alla fermata del tram e provai improvvisamente un urto di vomito alle sue parole, parlava di cose comuni, del tempo troppo spesso piovoso. []. Io non so quale sar la fine di questa scoperta. possibile che la mia vita continui a essere giudicata normale dagli altri, che nessuno si accorga del mio passaggio.48

Anche quando i giochi appaiono favolosi e bizzarri, lautorit della fantasia simpone senza ostacoli:
Mi distrae un verde che traspare sotto lacqua di una risaia, un verde non esistente prima doggi. Laeroplano scende e io sono un ragazzo affacciato alla finestra che dice: guarda un aeroplano.49

Il successo dei primi libri di Za fu tale che nel 1942 e poi nel 55 leditore Bompiani pens di riunirli in un unico volume intitolandolo Tre libri. Lanno dopo, nel pieno della spaventosa crisi militare e politica che stava per travolgere il regime, usc Tot il buono, inizialmente apparso a puntate su Tempo . Talune fonti di questo straordinario scritto, pervaso da un umorismo triste e non insolitamente amaro,50 risalivano alle sue prime collaborazioni alla Gazzetta di Parma , tra il 1927 e il 1929. Un
48.Zavattini, Opere 1931-1986, cit., p. 133. 49.Ivi, p. 202. 50. Tutto il mio umorismo nasce da una grande tristezza infantile (Zavattini, Io. Unautobiograa, cit., p. 45).

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la realt fantastica di cesare zavattini libro apparentemente utopico nel quale si materializzano tutti gli elementi portanti dellopera di Zavattini, impegnato nella ricostruzione di un linguaggio che doveva riportare nel suo giusto funzionamento il significato delle parole, evitando fraintendimenti su concetti quali giustizia, democrazia, povert, solidariet. Giacomo Debenedetti nella sua Lettera all Ipocrita , apparsa su La Fiera Letteraria col titolo Lautorit delle tue fantasie (xiii, 2 marzo 1958, fasc. 9 pp. 3-4), considerando proprio le conclusioni di Tot il buono, che indirizzato la sua scopa verso nord, era diretto verso un regno dove dire buon giorno vuol dire veramente buon giorno ,51 rivolgendosi a Za, gli scriveva:
Il caso classico stato quando ti sei accorto che buon giorno pu davvero voler dire buon giorno , cio che le parole, prese alla lettera come sono state coniate, significano realmente il loro contenuto. Si capisce che, in un mondo che ha speso tanto tempo e tanto ingegno a cercare di conoscersi, certe tue constatazioni, se uno se le ripetesse in astratto, possono parere risapute. Viceversa, quando le leggiamo sulla tua pagina, suonano come se in tanti millenni il mondo si fosse sempre dimenticato di dirle: o addirittura, in una vanitosa ricerca del complicato, di ci che fa parere superiormente intelligenti, le avesse trascurate come troppo elementari.52

La letteratura tendeva a mutare profondamente e Sergio Solmi, che pure non si era mai occupato di Zavattini bench lo avesse abitualmente frequentato durante gli inizi del soggiorno milanese, nel 46 scriveva:
Oggi lo scrittore non si muove pi in un campo di prospettive stabili e note, tuttal pi lentamente cangianti nel corso storico, ma quasi su di un mare informe e malfido, dove la rotta appare sempre pi dettata, pi che da una agevole ed orientata predilezione.53

La stagione neorealista si tingeva di esasperazioni ideologiche e lasciava smarrire, e in taluni casi sommergere, le antiche, agevoli predile zioni.
51.Ivi, p. 274. 52.Debenedetti, Saggi, cit., pp. 1159-68, a p. 1160. 53.S. Solmi, La letteratura italiana contemporanea, to. i. Scrittori negli anni, a cura di G. Pacchiano, Milano, Adelphi, 1992, p. 292.

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toni iermano Pensando allo Zavattini scrittore occorre ripensare le illuminanti, brevi pagine critiche di Luigi Malerba. In esse si riassume la originale creativit di Za ma soprattutto il senso di una scrittura ancora largamente capace di sorprendere e tradire langosciosa seriet del lettore di buon sen so. In realt, pur essendo un divo di primo piano, ma sempre nella irregolarit, stato visto con sospetto anche dagli araldi delleffimero, sempre cos attenti a ci che succede sulla strada e sulla piazza . Mai del tutto accolto nel cerchio magico dellalta cultura, la comparsa di Zavattini sulla scena letteraria stata accolta da un coro immediato di entusiasmi, ma accompagnato quasi sempre dalla difficolt di inquadrare questo corpo estraneo nel contesto italiano .54 Cesare Zavattini, anche grazie al cinema e alla pittura, giunto ad una percezione della realt e della condizione umana davvero unica dando di oltre mezzo secolo di vita italiana e dei suoi costumi una esemplare testimonianza. La sua figurazione del mondo ha avuto una scintillante rappresentazione nel nonsense, nella forza creatrice di innumerevoli giochi fantastici e surreali. Nella raccolta di Racconti e racconti, tutti scritti dal 1927 al 1940, che formano il volume Al macero, ad esempio, non manca nessuno degli ingredienti che hanno reso la scrittura di Za una enciclopedia di immagini e trovate uniche, in cui lo Zavattini personaggio compete con agonismo con lo Zavattini scrittore. Nel raccontino che segue possibile rintracciare anche lappassionata ammirazione per il teatro e il cinema comico di Antonio de Curtis, in arte Tot, la cui sensibilit linguistica e la paradossabilit di ascendenza pirandelliana si affermarono dai primi anni Trenta: 55
Evasioni celebri Toth, lo sventratore di donne, racconta ai nipotini nelle sere dinverno, vicino al grande camino, le sue meravigliose gesta: Nella Guiana eravamo sorvegliati da cento secondini. Come fuggire? Mi venne un lampo di genio: un pomeriggio
54.Malerba, Introduzione, cit., p. xi. 55.Sullattivit artistica e cinematografica di Tot e sul suo nonsense vd. Tot parole di attore e di poeta, a cura di P. Bianchi e N. De Blasi, Napoli, Libreria Dante & Descartes, 2007; sullassimilazione della paradossalit pirandelliana vd. A. Palermo, Sul primo Tot, ivi, pp. 17-36.

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che tutti eravamo nellimmenso cortile centrale mi misi a camminare allindietro verso il cancello. Le guardie credettero cos che io stessi entrando. Invece uscivo .56

Ed ancora, nella Vita di Dam Mark si propone al lettore un gustoso episodio di carit umana:
Lepisodio pi commovente della mia vita. Allangolo del ponte Wellcome fermai un signore distinto e attempato. Alto le mani , glintimai. Ubbid. Non aveva che un bellorologio doro. Me lo lasci , supplic, un caro ricordo di famiglia . Mi allontanai con le lacrime agli occhi e con lorologio (1098).

E sempre a proposito di orologi e di racconti direttamente illuminati da saette di nonsense, una felice proposta narrativa viene dallisola dove vanno tutti gli orologi sfuggiti alla furia distruttrice dei bambini in attesa del giudizio universale:
Cera unisola dove vanno un bel giorno tutti gli orologi del mondo a finire la loro vita laboriosa. Sono sfuggiti alle mani terribili dei bambini: disseminati fra lerba come fiori, essi riposano tranquillamente. Sono fermi: chi sulle cinque, chi sulle nove e due minuti. Ogni orologio predilige unora. Il giorno del giudizio universale anchessi torneranno a battere, muniti di piccole invisibili ali voleranno nei panciotti dei loro antichi proprietari: un ladro, un barone, o il santo, o il ladro, o il fanciullo: Guarda, sono le cinque e un quarto . E tutto riprender come prima. Forse qualcuno obietter: Prego, sono le cinque e dieci . Registrando lorologio si avvieranno tranquillamente insieme verso la valle di Giosafatte (p. 1209).

Nelle pagine migliori di Za per si coglie un costante, rispettoso rapporto con la morte che il Bat de I poveri sono matti continua a raccon tarci:
Un giorno aveva udito un uomo: La morte non arriva se io sar sempre in un posto diverso dallultima volta . Bat pensa invece che non penoso morire se con s sparisce ogni altra persona, ogni cosa, anche quel palo rosso visto ieri dallautobus (p. 105).

56.Zavattini, Opere 1931-1986, cit., p. 1093 (le indicazioni subito successive dir. a testo).

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toni iermano Per Zavattini, e la storia di Bat lo rende evidente, si aprono nuovi percorsi ma il nonsense resta una costante imprendibile e indefinibile, talvolta persino impossibile, del suo essere scrittore predisposto a vedere le contraddizioni pi nelle idee che nelle cose .57 In fondo la lettura dei suoi libri, pur seguendo una topografia complessa non sempre catalogabile nel corso di circa un sessantennio di attivit, offre la sensazione di vedersi aprire un mondo davanti agli occhi, svelando la sua laica concezione delle cose: La realt? Era enormemente ricca. Basta saperla guardare . Purch sappia giungere, come stato limpidamente intuito, al 58 linguaggio egalitario dellimmaginario . Magari una storietta dagli insoliti lampi di coscienza morale, come vide Calvino,59 raccontata dopo qualche inquietudine notturna da Cesare Cadabra. Daltronde un altro emiliano, Silvio DArzo, lautore dellequilibratissimo Casa daltri, in suo racconto, Una storia cos, aveva consigliato: [] (se volete far soffrire un vostro nemico, non pensate a mali complicati e inverosimili, ma augurategli soltanto una lunga notte lunga, senzalba) .60 Il surreale e mai domo Za da Luzzara ha saputo raccontarci il mondo attraverso occhi di un ragazzo pronto a stupirsi e a commuoversi di fronte ai miracoli della vita e alle sue innite, dolorose ambiguit. Al volto diabolico e livido del potere, Zavattini, pur in una crescente inquietudine, ha sempre ritenuto di contrapporre lidea della letteratura come un costante notare verso gli altri .61

57.Vd. Malerba, Introduzione, cit., p. xv, che cita dal libro-intervista Zavattini parla di Zavattini, cit. 58.W. Pedull, Zavattini scrittore. Parole come saette, in Avanti! , 15 ottobre 1989. 59.Calvino, nel ricordare Vittorio Metz nel 1984, sottolineava: Ed ancora sul Settebello scriveva Zavattini, il cui discorso era gi diverso dagli altri e coi suoi poveri angelici portava nel nuovo umorismo insoliti lampi di coscienza morale : (Calvino, Saggi, cit., vol. ii p. 2903). 60.S. DArzo, Laria della sera e altri racconti, a cura di S. Perrella, Milano, Bompiani, 1995, p. 21. 61.Cirillo, Nei dintorni del surrealismo, cit., p. 232.

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Barbara Silvia Anglani TuTTi a C eNa DaL BarON e MaN ueL. I L NON S E N S E i N AC H i LLe CampaN i Le

Il titolo di questo intervento si rif a una scena famosa del primo, splen dido romanzo di Campanile, Ma che cos questamore,1 un passo esemplare per quanto riguarda luso del nonsense da parte di questo autore. La scena presenta al lettore tutti gli elementi tipici della narrativa di Campanile: lambientazione sommaria ma contemporaneamente precisa in una dimora aristocratica; il dialogo assurdo tra i personaggi; la loro impassibilit di fronte al manifestarsi dellassurdo stesso. Si tratta di una conversazione durante la quale, come spesso accade fra amici, i presenti si trovano a scambiare ricette di cucina:
Si parlava di gusti e CarlAlberto disse: A me gli zucchini non piacciono . Sono squisiti disse il barone, gran buongustaio cucinati con laragosta . Ah, s? fece Lucy non sapevo. Come si fanno? . molto semplice. Per sei persone si prendono sei zucchini, si mondano e si tagliano in fettoline di un centimetro di spessore per lunghezza; si fanno bollire, poi si mettono in una salvietta e sappendono per farli sgocciolare. Mentre sgocciolano, si fanno cuocere tre aragoste finch diventino ben rosse. Quindi le ara goste si spaccano a met, per lunghezza e, preparata una salsa maionese, si servono in tavola su piatti dargento . E gli zucchini? disse Lucy. Restano a sgocciolare . Un altro buon piatto disse CarlAlberto, che sintendeva un po di cucina sono le costolette di vitello al limone . Come si fanno? . Battete bene dieci costolette di vitello, fate liquefare 300 grammi di strutto in una teglia, infarinate la teglia sopra e sotto, fate cuocere le costolette nella cenere finch siano diventate nere. Aggiungete un bicchiere dacqua di selz e la raschiatura della scorza dun arancio. Preparate un trito di prezzemolo e cospar1.A. Campanile, Ma che cos questamore?, Milano, Corbaccio, 1927; lopera aveva visto la luce a puntate nel Sereno durante il 1924.

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gete di lupini, lasciate una mezzora le costolette per terra e dieci minuti prima dandare a tavola gettatele dalla finestra . Le proveremo domani disse la baronessa prendendo appunti.2

Come si vede, lautore si diverte a rilanciare. A una prima ricetta, gi pri va di senso perch prevede lutilizzo di un ingrediente allunico scopo di buttarlo via, ne segue una seconda, nella quale addirittura lintero piatto viene gettato e i cui passi di preparazione sono palesemente tesi a rendere le costolette incommestibili. Qual , dunque, lobiettivo di questo genere di nonsense? Il brano scelto offre subito una risposta: prendere allegramente in giro alla maniera, leggerissima, di Campanile le usanze e le conversazioni della buona societ, dunque denunciarne le ovviet dei dialoghi. Non bisogna dimenticare che la scena ambientata in una sontuosa dimora, nella quale non manca nessun elemento alla moda: unorchestra di strumenti ad arco e di arpe suona[va] misteriose arie orientali ,3 mentre danzatrici velate si pro ducono in uno spettacolo e petali di rose cadono sui convitati. Il romanzo nasce per la pubblicazione a puntate su un periodico ( Il Sereno ) nel 1924: la contestazione nei confronti dei riti borghesi, in qualsiasi punto dEuropa, ancora da venire, fatta salva lesperienza futurista, che Campanile ha conosciuto e di cui si serve in modo personalissimo. Come non pensare, infatti, che questa scena non sia la traduzione, in chiave ironica anzich drammatica, dello slogan Uccidiamo il chiaro di luna? Tuttavia, non solo al Futurismo che si deve pensare, cercando gli antecedenti campaniliani. La sorvegliatissima scrittura rimanda di continuo ai buoni studi, alle buone letture, allamore per la misura, ai manuali di comportamento per signore che negli anni Venti godevano di gran successo, anche sotto forma di rubriche nei periodici; mentre il tema della conversazione rimarr, per colui che anche e soprattutto autore teatrale, un obiettivo gettonatissimo durante tutti i settantanni di ininterrotto mestiere di scrittore.4
2.Si cita da A. Campanile, Opere. Romanzi e racconti 1924-1933, a cura e con introduzione di O. Del Buono, Milano, Bompiani, 1989, pp. 22-23. 3.Ibid. 4.Sul tema delle letture di Campanile, e in particolare sul suo attingere ai libri di scuo-

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il nonsense in achille campanile La chiave del nonsense praticato da Achille Campanile stata affrontata da validi studiosi fin dai suoi primissimi successi. Letta appunto in chiave antisistema, deflagrante, quindi avanguardistica e dunque futurista negli anni Venti, ha subito poi numerosissime interpretazioni, tutte caratterizzate dal tentativo di individuare il movente di quellatto destabilizzante che consiste nellabolire la logica, realizzando un prodotto ar tistico rispondente a criteri altri, diversi, talvolta inaccessibili. E dunque, ecco il Campanile che, contrariamente a quello che molti futuristi poi diventati Accademici finiranno appunto per fare, tramite la sua scrittura sbeffeggia loratoria fascista (e questo senzaltro vero, come risultato; rimane da vedere se fosse anche nelle intenzioni dellautore). Ecco ancora Campanile che destruttura gli stilemi della letteratura ufficiale (e questo ancor pi vero). Ecco infine il Campanile addirittura sovversivo , in una lettura che fa del comico in s una componente critica del sistema inteso come norme sociali e letterarie condivise e prevalenti in un dato periodo.5 Questa linea critica si aggancia, negli ultimi decenni, a studi che sono andati pi a fondo sulla questione dellumorismo e della comicit specialmente negli anni del Ventennio. chiaro che, lette da una prospettiva post-ideologica qual quella di oggi (per semplici criteri generazionali, se non per altro), tutto il rapporto fra potere e arte durante la dittatura viene letto con chiavi diverse. Non per negare n la dittatura n gli
la e alla manualistica, non si pu non far riferimento alle Vite degli uomini illustri; si veda in proposito A. Colasanti, Un certo generale romano, pref. ad A. Campanile, Vite degli uomini illustri, Milano, Rizzoli, 1999, pp. i-xx. 5.La critica su Achille Campanile annovera, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, numerosissimi contributi. Impossibile segnalarli tutti; si vedano almeno G. Almansi, Il pensiero a retromarcia, pref. ad A. Campanile, In campagna unaltra cosa, Milano, Rizzoli, 1984, pp. i-xiv, poi in G. Almansi, La ragion comica, Milano, Feltrinelli, 1986, pp. 31-41; C. Bo, Il Manuale senza regola, pref. ad A. Campanile, Manuale di conversazione, Milano, Rizzoli, 1973, pp. v-xii; Del Buono, Introduzione, cit.; U. Eco, Campanile: il comico come straniamento, in Id., Tra menzogna e ironia, Milano, Bompiani, 1998, pp. 53-98; P. Pancrazi, Il riso scemo di Campanile, in Id., Scrittori doggi, Bari, Laterza, 1946, pp. 154-58. Le monografie sullo scrittore che ci risultano edite sono le seguenti: C. De Caprio, Achille Campanile e lalea della scrittura, Napoli, Liguori, 1990; G. Cavallini, Estro inventivo e tecnica narrativa di Achille Campanile, Roma, Bulzoni, 2000; B.S. Anglani, Giri di parole. Le Italie del giornalista Achille Campanile (1922-1948), Lecce, Manni, 2000.

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barbara silvia anglani sforzi di emancipazione dalle pesantissime e invadenti direttive di regime, che si facevano sentire in particolare nelle redazioni dei giornali an che umoristici, ma piuttosto per capire quale fu realmente il clima e quali furono le intenzioni di questo e di altri scrittori che in quei tristissimi tempi si trovarono a vivere.6 Se andiamo in cerca delle caratteristiche del nonsense campaniliano, troviamo che esso dotato di due obiettivi comici: la letteratura e la societ, vale a dire il linguaggio letterario e gli utenti di quello e di altri linguaggi. Questo perch il nonsense di Campanile si serve dello strumento linguistico sia in chiave antiletteraria sia in chiave antisociale. Per far ci, e per essere largamente compreso (esigenza che, se di quasi tut ti gli scrittori che ambiscano a pubblicare, lo ancor di pi per chi pratica il giornalismo come attivit retribuita e principale), egli deve agire su un pre-testo (o ipo-testo) gi noto e codificato, sia sociale che letterario. Campanile lo fa ma, come si visto nellesempio iniziale, la sua arte lo conduce ad attivare non risate bens sorrisi. Il meccanismo, che egli pratica con varianti ma la cui ossatura non muta mai per tutti i suoi settanta anni di carriera, si basa sempre su piccoli spostamenti di senso, su sfumature, su slittamenti logici, che automaticamente fanno trapassare la lettura da un piano serio a un piano comico e, potremmo meglio dire, ludico, dove la dimensione del gioco e dello scherzo la pi appropriata. Quando, invece, Campanile si lascia andare a toni pi decisi, pi aspri, a polemiche pi aperte, lobiettivo viene mancato: il caso del Diario di Gino Cornab, che egli tenne a puntate sulla Gazzetta del Popolo durante la seconda met degli anni Trenta e che poi raccolse in volume.7 Nonostante il grande successo della rubrica, tanto che Gino Cornab fu ritenuto addirittura il vero nome di Achille Campanile, la cifra di questa scrittura rimane la veemenza, linvettiva, larrabbiatura: un tono poco idoneo al nostro, e tuttavia disvelatore di unaltra faccia, quella nervosa,
6.A questo tema si dedicata in particolare Caterina de Caprio nel vol. citato in n. 5. 7.A. Campanile, Il diario di Gino Cornab, Milano, Rizzoli, 1942, poi, con intr. di L. Terzi, Milano, Rizzoli, 1999. Sulla Gazzetta del Popolo , il testo con il titolo oscillante: Il diario di Gino Cornab oppure Il diario di un uomo amareggiato era comparso durante il 1938. Alcuni brani del Diario sono stati portati in scena, con la regia di Antonio Calenda, da Piera degli Esposti.

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il nonsense in achille campanile e di un diverso atteggiamento, quello talvolta apertamente critico, nei confronti del regime. Il nonsense agisce allora contro lideologia superomistica della quale Mussolini si vanta di essere lincarnazione stessa, e allo stesso tempo con tro il sistema dinformazione, che (gi allora) si adagiava su notizie senza senso:
Non c giorno senza amarezza per me. In occasione dei giuochi olimpici avevo mandato un messaggio. Non gi che mi sia commosso tanto. Tuttaltro. Me ne infischio. Ma era per far circolare il mio nome. Signori miei, se non ci penso io nessuno ci pensa. Purtroppo siamo a questo: che, per farmi ricordare, debbo attaccarmi a simili sciocchezze. Perci ho diramato ai giornali un comunicato: In occasione, ecc. ecc., Gino Cornab ha diretto il seguente messaggio: Io vi saluto, o vittoriosi incoronati del lauro, ecc. ecc. Credete che i giornali labbiano pubblicato? Nemmeno una riga. Nemmeno una parola. Ho comperato tutti i giornali, li ho sfogliati da cima a fondo: del mio messaggio non vera traccia. Allora ho mandato altri messaggi dandone notizia ai giornali. Niente. Niente alla lettera. Ora io dico: se i messaggi fossero stati di Gabriele dAnnunzio i giornali si sarebbero fatti in quattro per pubblicarli. I miei no. I miei si cestinano. Ma, disgraziati, voi non sapete quanto il mio destino sia simile a quello del Poeta. Pi ci penso, e pi mi convinco che io e dAnnunzio siamo tutta una cosa: se egli lo fu soltanto negli oscuri tempi della disconoscenza nazionale, io sono tuttora perseguitato dai creditori.8

Nel passo emergono con chiarezza gli obiettivi, diremo comici e non po lemici, dellautore: primo fra tutti, la retorica ufficiale. I discorsi inaugurali, sembra dirci Campanile, sono tutti uguali; lunico motivo per il quale a essi viene dato un certo risalto che a pronunciarli sono personalit famose. Ci sarebbe di che riflettere sullattualit di una tale critica verso i mezzi di informazione che, nel 1938, subivano censure e direttive rigidissime. Il secondo obiettivo, diremo ironico, il grande scrittore, messo sullo stesso piano sia pure per scherzo di Cornab, assediato dai creditori. Questo tipo di comicit riusciva sgradito al regime se gi nel 1937
8.Campanile, Il diario di Gino Cornab, ed. 1999 cit., p. 63.

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barbara silvia anglani il Ministro della Cultura Popolare, Dino Alfieri, aveva allestito un Pro Memoria destinato ai direttori di giornali umoristici nel quale raccomandava: non disturbare per raggiungere effetti comici alte figure della storia da Dante a Colombo a Cellini a Cavour .9 Ma il terzo obiettivo, che sottotraccia si estende in tutto il Diario, pi complesso: perch da un lato sembra essere costituito proprio da quella media borghesia decaduta che cerca il successo a ogni costo (non si capisce perch Cornab abbia diritto alla fama, eppure egli la pretende); dallaltro, Cornab rappresenta lo scrittore fallito (manda continuamente manoscritti puntualmente rifiutati dagli editori), livoroso, incattivito, vittimista, cio lesatto opposto di quello che Campanile rappresenta per la pubblica opinione in quegli anni: lo scrittore brillante, col monocolo, che firma decine e decine di autografi in ogni luogo pubblico in cui si presenti. Ma ritorniamo alla chiave pi propriamente e pi felicemente campaniliana, per ricordare come essa si basi su alcune delle leggi proprie del comico: una tensione alla regressione infantile: quello di Campanile un riso di rilassamento, di abbassamento delle difese, in primo luogo logiche oltre che for mali; laccettazione, da parte di tutti i giocatori, delle regole del gioco stesso:10 e si veda, per questo, lautentico pezzo di bravura che rappresentato dal linguaggio immaginario messo in opera da due innamorati che, per non rendere note le loro passioni erotiche, camuffano le parti del corpo (la bocca, la vita, i seni ecc.) con nomi di montagne, di fiumi, di elementi naturali (quindi una frase erotica si tramuta in Ti voglio accarezzare dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanare al Reno ).11 Qui il
9.Su questo argomento, cfr. anche De Caprio, Achille Campanile e lalea della scrittura, cit., pp. 46-47. 10.Umberto Eco ha accennato alla tipologia di architesto sotteso alle parodie campaniliane e dunque alle competenze di un lettore che lo scrittore immagina mediamente istruito (si veda Eco, Campanile: il comico come straniamento, cit.). Caterina De Ca prio dedica un capitolo della sua monografia alla ricezione di Campanile (Il pubblico dei lettori, in Ead., Achille Campanile e lalea della scrittura, cit., pp. 75-103). 11.A. Campanile, Ma che cos questamore?, in Id., Opere. Romanzi e racconti 1924-1933, cit.,

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il nonsense in achille campanile lettore accetta il gioco, e soltanto a questo patto gli si disvela quello che altrimenti sarebbe un autentico nonsense. Quindi, possiamo dire, Campanile fornisce il nonsense e la chiave per decifrarlo. Il vertice del nonsense di matrice linguistica si raggiunge probabilmente in Agosto, moglie mia non ti conosco. Qui uno dei personaggi una povera ragazza rimasta vittima di un precettore il quale, per vendicarsi di essere stato rifiutato come suo sposo, le insegna la lingua italiana apponendo al lessico piccole variazioni: Isabella, finalmente innamorata, dir al suo amante Son la tua bombola dagli occhi di condor invece di Son la tua bambola dagli occhi di candor , oppure Sento in cuore una prugna (il fidanzato la corregge: una pugna ), o anche Tu mi sembri commesso ( Io ti sembro commosso? risponde il ragazzo che ormai ha capito il linguaggio dellamata: Che gioia! Una carrozza sul callo. Taci: una carezza sul collo ).12 Ancora una volta, sono chiari gli obiettivi ironici di un linguaggio inventato che non colpisce tanto la passione degli amanti, quanto piuttosto le migliaia di romanzetti nei quali il linguaggio amoroso (e anche erotico) viene banalizzato senza piet, con il ricorso, da parte degli scrittori, a figure sempre uguali. Non secondario dunque che il romanzo appaia a puntate, poich le pubblicazioni periodiche sono da sempre il luogo nel quale il linguaggio, per esigenze comunicative e di vendita, viene banalizzato pi che altrove. Nella scena finale di Agosto, accanto a Isabella che colloquia con gli esiti che abbiamo visto con luomo che finalmente ama, vi unaltra coppia:
Ti prego , mormor Mystrieux vien gente e si potrebbe credere che fra noi sia avvenuto chiss che cosa; fingiamo almeno di parlare . Aggiunse, coi gesti di chi fa una conversazione: Balab, racat, barab .
pp. 137-39: Taci! Sussurrava il giovane. La tua barca a vela ardente e tormentosa, la tua guerra dei trentanni pura come unalba serena e le tue piramidi sembrano rose di maggio. Taci: [] chio ti solletichi ancora, dallAlpi alle Piramidi, dal Manzanare al Reno, due volte sulla polvere, due volte sullaltar! , dove lautore dispone per il lettore il seguente glossario: bocca - barca a vela; fronte - guerra dei Trentanni; guance - piramidi; sopracciglia - Alpi; mento - Manzanare; ricciolo - Reno; gola - polvere; capo - altare. 12.A. Campanile, Agosto, moglie mia non ti conosco, Milano, Treves, 1931; si cita dalled. Milano, Rizzoli, 1981, pp. 143-47.

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Mairil onest vital bisbigli Caterina, seccamente, fingendo di rispon dere.

E ovviamente, trattandosi di Campanile, la faccenda non pu concludersi cos: assecondando la sua regola del rilancio, giunge infatti una seconda coppia in crisi:
Tu bisbigli Marina hai deciso di partire e sta bene. Ma finch sei qui, ti prego di parlarmi . Camillo taceva, guardando con indifferenza il tramonto. Vedi quei due come si parlano affettuosamente? insist Marina, indican do laltra coppia ora capiranno che abbiamo bisticciato. Almeno fingi di dirmi qualche cosa. Se non vuoi parlarmi, fa la commedia . Camillo si volt verso di lei e mormor, con malagrazia: Caradit maradit . Vidisapi, s mai pi, no mai pi bisbigli Marina, reprimendo a fatica i singhiozzi.13

Paradossalmente, gli unici a dirsi davvero qualcosa sono dunque i due amanti che attribuiscono un significato sbagliato a parole autentiche, mentre gli altri, quelli che non hanno niente da dire, sono per condannati dalle norme sociali alla parola desemantizzata, anzi totalmente inventata. Campanile continua, in pieno 1930, a uccidere il chiaro di luna, e lo fa prevalentemente con un nonsense di tipo linguistico.14 Vediamo invece laltra tipologia campanilana, che con questa si intreccia: il nonsense prevalentemente logico. Se volessimo dichiarare quale sia la chiave costitutiva di questo secondo nonsense del nostro autore, la rinveniremmo probabilmente in uno scardinamento dei procedimenti abduttivi e deduttivi: lo stesso che ci ha condotto a sorridere leggendo lesempio che ho riportato inizialmente, quello della ricetta dellaragosta. Un meccanismo di disconferma, che
13.Ivi, pp. 249-53. 14.Su questo si era espresso gi Enzo Siciliano: In Campanile c leco di un futurismo disinnescato da qualsiasi miccia superomistica. il futurismo che se la prende con la logica del linguaggio comune. Diciamo: invece che Marinetti, presente il Palazzeschi del Codice di Perel o dei Lazzi, frizzi, schizzi, girigogoli e ghiribizzi (E. Siciliano, Introduzione a Campanile, Agosto, moglie mia non ti conosco, ed. 1981 cit., p. v).

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il nonsense in achille campanile colpisce innanzitutto i procedimenti logici: anzi, potremmo dire che ba sa lo scardinamento logico su una assoluta e rigorosa aderenza ai modelli e alle norme linguistiche. Al contrario di quella rivoluzione formale annunciata e praticata dai futuristi, infatti, la lingua campaniliana si man tiene sempre fedele a un andamento piano, correttissimo; le frasi di Campanile, stato detto, rotolano come biglie da biliardo una dopo laltra;15 il lettore non mai afflitto dal dovere di interpretare questa sovversione logica attraverso scarti grammaticali o sintattici. Anzi, Campanile lo conduce per mano, passo passo lo porta ad aderire a quel nonsense infine confessato come fulmen in clausula. Paradossalmente, si tratta perci di un nonsense ragionato:
La baronessa Irene dormiva nella sua poltrona di vimini. Ella si vantava di dormire pochissimo. Ed era vero. Il sonno della baronessa era una cosa strana: le permetteva di tenere gli occhi aperti, di conversare, di camminare e dedicarsi a tutte le pratiche della vita domestica. Per di pi durava solo pochi minuti al giorno. Il resto del suo tempo la povera signora lo passava sveglia. E, quando era sveglia, aveva la singolare abitudine di stare con gli occhi chiusi, quasi sempre immobile in una posizione perfettamente orizzontale. In queste lunghe veglie non parlava mai ed emetteva uno strano rumore dal naso.16

Quali sono i linguaggi, e quindi i mondi, parodiati da Campanile? An che qui, tutti quelli che le colonne dei quotidiani sui quali egli pubblicava ospitavano regolarmente. Le righe di Campanile diventano una sorta di controlettura del giornale: la cronaca del Giro dItalia sulla Gazzetta del Popolo affiancava quella ufficiale; le scene ambientate in case borghesi o addirittura aristocratiche comparivano accanto alle rubriche in cui si dispensavano consigli di buone maniere e cronache di avvenimenti mondani. Nasce da questo autentico controcanto alla vita sociale e alle sue regole la memorabile cronaca dellincendio a palazzo, diventata, sotto la penna di Campanile, un favoloso evento mondano:
15. I gerundi rotolano soddisfatti. [] leffetto quello di una scrittura, come dire, grammaticale, tirata gi con gli esempi del vocabolario sotto agli occhi (Colasanti, Un certo generale romano, cit., p. iii). 16.Campanile, Ma che cos questamore?, cit., p.14.

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Barbaglio di luci e di splendori, indimenticabile turbinio di nudit femminili, ecco lo spettacolo che la vita mondana offre di quando in quando allo stanco monocolo del disincantato croniquer. Ieri sera, nei sontuosi saloni di palazzo Folena s svolto un grandioso, indimenticabile incendio a cui hanno partecipato tutti gli inquilini dello stabile. Notato, fra gli intervenuti, il corpo di pompieri au grand complet. Qualche nome, a caso: Pacchierotti Ettore, Francesconi Pasquale, Casulli Filippo []. La contessa Folena indossava uno splendido paio di scarpe di suo marito e uno scendiletto le copriva le forme scultoree; il conte, in corrette pantofole, bombetta e mutande a righine celesti allacciate alla caviglia, indossava una inappuntabile giacca del suo nipotino dodicenne. [] Lincendio si protrasse animatissimo fino allalba, ora in cui i pompieri e gli altri intervenuti presero commiato, portando seco, imperituro, il ricordo del bello spettacolo che ne siamo certi la tradizionale cortesia dei conti Folena vorr ripetere ancora, per la gioia dei loro amici.17

Come si vede, la matrice giornalistica del nostro autore ne influenza in modo determinante la scrittura anche quando egli ormai famoso co me romanziere. Sulle pagine dei quotidiani, daltro canto, il pensiero laterale tipico del nonsense pu fare le sue prove consapevole di rappresentare, per la sua collocazione anche fisica, lo specchio segreto della retorica (quindi del linguaggio) e dei personaggi (quindi della societ) che sulle altre pagine del giornale erano ospitati in modalit non comiche. La prova pi esemplare in questo senso data senza dubbio dalla cronaca del Giro dItalia del 1932, condotta da Campanile sulla Gazzetta del Popolo e solo successivamente raccolta in volume.18 Qui il cronista d
17.A. Campanile, In campagna unaltra cosa, in Id., Opere. Romanzi e racconti 1924-1933, cit., pp. 1117-18. 18.A. Campanile, Battista al Giro dItalia, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932, ora in Id., Opere. Romanzi e scritti stravaganti 1932-1974, a cura di O. Del Buono, Milano, Bompiani, 1994. Ledizione in volume presenta una imbarazzante dedica a Ermanno Amicucci, direttore della Gazzetta del Popolo , nella quale Campanile manifesta ammirazione per la prosa di Mussolini. Tra i pochi interventi critici su questo testo, cfr. Luca Clerici nel vol. a sua cura, Il viaggiatore meravigliato. Italiani in Italia (1714-1996), a cura di L. Clerici, Milano, Il Saggiatore, 1999, pp. 232-34; inoltre L. Ciferri, Premessa, in A. Campanile, Battista al Giro dItalia, Milano, Edizioni La Vita Felice, 1996, pp. 7-9; De Caprio, Achille Campanile e lalea della scrittura, cit., pp. 43-45; in partic. sul nonsense linguistico,

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il nonsense in achille campanile prova di mestiere: il lessico, il ritmo, i temi sono quelli tipici delle cronache autentiche, daltro canto ospitate al contempo sul quotidiano. Campanile dimostra quindi di padroneggiare perfettamente ci che vuole irridere. Lo scivolamento nel nonsense avviene in modo leggero, con una piccola curva, con un sassolino inatteso lungo la strada; e pu verificarsi soltanto a patto di basarsi su un mestiere non effimero, su una eleganza e un senso della misura che Campanile non abbandoner mai e che costituiscono forse la cifra pi duratura del suo stile. Ecco la colazione dei campioni, alla vigilia della partenza:
Sono le sette del mattino. Milano si sveglia piena di fervore nel pulviscolo doro del sole, ma gi alla Fiaschetteria Toscana di Via Vettor Pisani la giornata piuttosto avanti: giganteschi ossi scarnificati, costole spezzate, femori sanguinolenti e tibie infrante giacciono nei piatti, davanti a vigorosi giovani dalle maglie a vivaci colori e dalle gambe nude.19

sempre il linguaggio a offrire il destro dellassurdo: ha scritto Eco, Prendere il linguaggio per i fondelli vuol dire prenderlo per la lettera, ottenendo effetti di straniamento ;20 e questo straniamento quello che con ogni probabilit si insinuava con leggerezza nel lettore del 1932. Non si pu dimenticare che le glorie sportive costituivano per il regime un autentico vanto e che lo stesso Mussolini propagandava di s limmagine di un individuo dalle energie illimitate, dedito a ogni tipo di pratica sportiva, dal volo in aeroplano allequitazione. Proprio per questo, linvenzione del gruppo dei Sempre in coda , che Campanile segue con affetto e simpatia e che contrappone ai veri campioni del Giro, pu caricarsi di un significato diciamo non allineato rispetto alle direttive di regime. Dire sovversivo , secondo me, dire troppo. Anche lo stesso Campanile guarder con interesse a s stesso durante il Ventennio. Nel tardo romanzo LEroe (1976), ecco un significativo dialogo a proposito della dittatura:
vd. H.P. Grice, Logica e conversazione, in Gli atti linguistici, a cura di M. Sbis, Milano, Feltrinelli, 1978, pp. 199-219. 19.Campanile, Battista al Giro dItalia, cit., p. 12. 20.U. Eco, Maestro del postmoderno, in La Repubblica , 7 ottobre 1989.

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Siete un fascista, dunque fece Zorapide con crescente ribrezzo. Ma nemmeno per sogno. Fui vittima dellantifascismo, bench io non fossi affatto un fascista. [] La mattina in cui era caduto il fascismo, io uscii di casa, per partecipare alle dimostrazioni di giubilo. Era la mattina in cui, lo ricorderete, per le strade si camminava calpestando uno strato di distintivi fascisti, come avesse grandinato . Naturalmente disse Zorapide. Tutti avevano buttato via lodiato emblema, simbolo di violenza e di tracotanza. Anchio mi affrettai a liberarmi di esso, con ribrezzo . [] [] bisogna dire che Mussolini fu veramente un uomo straordinario. [] Riusc a tenere soggetti sotto di s ben quaranta milioni di persone che non lo volevano. Ce ne fosse stata una che lo gradisse. Niente. Tutti contrari. Tutti che mordevano il freno . E come! . Oh, ma erano quaranta milioni a mordere il freno. Forse sarebbe bastato che qualcuno, invece di mordere il freno, mordesse lui. Viceversa, tutti ostili, tutti contrari, ma in quaranta milioni non ce la potettero contro un solo uomo. [] Ecco. La mattina in cui era caduto il fascismo, io, calpestando uno spesso strato di distintivi, camminavo per la citt percorsa da camion irti di dimostranti che esultavano, gridavano [] e cercavano disperatamente un fascista per percuoterlo, per sfogare finalmente lodio per le angherie subite in venti anni. Ma niente. In tutta la citt non si trovava uno che fosse stato fascista. Tutti erano stati segretamente antifascisti. A un certo punto arrivo dove si stava riunendo una colonna di dimostranti per andare a caccia di fascisti da percuotere, e in quel momento, per un guasto del congegno, il maledettissimo braccio [il protagonista ha infatti una protesi al braccio] scatta in alto e si mette in posizione di saluto romano .21

Cosa accade quando, dopo la Liberazione, Campanile si trova privato dei suoi abituali bersagli, non solo, ma catapultato in una societ che muta sensibilmente e rapidamente? Si pu dire che, allo stesso tempo, i suoi bersagli cambino e rimangano gli stessi. Si prenda per esempio il Giro dei miracoli, un rportage dellItalia delle Madonne piangenti realizzato nel 1949.22 In questi articoli, Campanile non giudica, non interviene: si pone dal punto di vista dellosservatore colto ma non partecipe, facendo della lingua uno strumento di indagine capace di dare spessore al
21.A. Campanile, LEroe, intr. di F. Cordelli, Milano, Rizzoli, 1976, pp. 70-71. 22.A. Campanile, Il Giro dei miracoli, Milano, Milano-Sera Editrice, 1949.

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il nonsense in achille campanile racconto ed evidenza narrativa ai personaggi ma, allo stesso tempo, di sottolineare i loro paradossi logici:
Che avvengano fatti strani indubitato. Dappertutto c gente che ha visto la Madonna. Madonne che parlano, che respirano, che muovono il capo, che strizzano gli occhi. Ma il fatto che ad avere queste visioni non sono soltanto dei fanatici ma molto spesso persone che non ci pensano o addirittura degli atei. Il popolino ha gi codificato la cosa. La vede chi non crede, dice una popolana nel tram che da Pisa va a Marina, affollato di donne che vanno a vedere la Madonna nel giardino dove apparsa a una bambina. Io credo, ci sono stata anche alle tre di notte e non lho mai vista. La donna tutta soddisfatta di questa prova a rovescio.23

Ne viene fuori unItalia povera, in piena ricostruzione ma al tempo stesso priva di punti di riferimento; un popolo che si guarda intorno senza riuscire a orizzontarsi e che finisce per aggrapparsi allunico punto di approdo che trova disponibile: lingenua fede nelle Madonne parlanti. Non si deve pensare che il nonsense sia dedicato esclusivamente al versante comico e spensierato di Campanile. Anche il suo lato malinconico e meditativo se ne serve, come di un grimaldello utile a indagare la vita. Diciamo intanto che non si pu suddividere la produzione campaniliana in un periodo comico e in un periodo contemplativo o meditativo, in quanto in realt egli passa da un tono allaltro fin dagli esordi. Gi un suo romanzo del 1927, Se la luna mi porta fortuna,24 contiene frequenti meditazioni sul tema che sempre assilla Campanile, vale a dire la caducit della vita umana e lincombere della morte; e, non caso, questo lunico romanzo nel quale muore un personaggio, una donna, a conferma del fat to che qui ancora il tema affrontato in modo troppo esplicito, mentre in seguito far capolino con meccanismi pi velati, pi eleganti: Vorrei 25 vedere chi, essendo immortale, si alzerebbe presto la mattina . Il passo
23.Ivi, pp. 53-54. 24.A. Campanile, Se la luna mi porta fortuna, Milano, Treves, 1927, ora in Id, Opere. Romanzi e racconti 1924-1933, cit., pp. 201-422. 25.A. Campanile, Cantilena allangolo della strada, in Id., Opere. Romanzi e racconti 19241933, cit., p. 1489.

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barbara silvia anglani pi drammatico, forse, dellintera vastissima produzione campaniliana quello che ritrae un assurdo che questa volta non nelle parole di Campanile: lassurdo, linaccettabile, nei fatti. Linspiegabile, ingiustificabile offesa che la natura fa alla vita: la morte di un bambino. Ma andiamo! un bambino! , scrive sconcertato Campanile:
E, in verit, non ha alcun merito ad esser morto. Anzi, a voler essere rigorosi, ci sarebbero molte cose da dire. Ma guarda un po quel bambino, cos piccolo e gi morto. ammirevole a quellet, non lo neghiamo; un caso di precocit sorprendente. [] Quel bambino aveva let per essere ammesso tra i morti? [] No. Non aveva nessuno dei requisiti necessarii, nessun precedente. Era piccolissimo. Non sapeva nemmeno parlare.26

In una conversazione del 1960 con Indro Montanelli, Campanile aveva dichiarato che lumorismo nasce dallimprevedibile, dallassurdo ver bale contrapposto allovviet di una situazione oggettiva :27 e questo si , infatti, verificato negli esempi che ho proposto. Qui invece, abbiamo il meccanismo opposto: lovviet linguistica si oppone a un assurdo logico. Per non chiudere questo intervento con limmagine di un bimbo defunto, rimando a quello che un autentico pezzo di bravura dellassurdo: un brano del 1962, da Campanile pubblicato su LEuropeo , rivista sulla quale egli ha tenuto una rubrica di recensioni televisive, in molti casi anticipatrice rispetto agli sviluppi che il mezzo televisivo ha avuto nei decenni successivi. Questa volta la satira diretta contro una puntata di Tribuna politica che ha affrontato il tema della scomparsa del latino dalle scuole medie; ed ecco lopinione di Campanile:
Pollice verso al latino? Sottoscrivo toto corde. Te Deum laudamus! Era tempo. Un requiem aeternam, et pax. Requiescat in pace. Del resto, non esisteva ab aeterno. Questo noto lippis et tonsoribus. Bench nemo propheta in patria, io, assertore dellhic et nunc, pater familias,

26.Ivi, p. 1473. 27.I. Montanelli, Introduzione a A. Campanile, La televisione spiegata al popolo, a cura di A. Grasso, Milano, Bompiani, 1989, p. v.

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il nonsense in achille campanile


unus ex omnes, primum inter pares, come potrere rilevare dal mio curriculum vitae, assumo linterim per proclamare che il latino andava bene in temporibus illis. In diebus illis. Ma ruit hora. Ed eccoci al redde rationem. Che speriamo non diventi un dies irae. ora di fare tabula rasa.28

28.A. Campanile, Apertis verbis, ore rotundo, urbi et orbi, basta con il latino, in Id., La televisione spiegata al popolo, cit., p. 244.

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Andrea Cedola I L mare DeLLa NON seN seria. HORCYN U S ORCA Di STeFaNO DArriGO

La lingua del romanzo Horcynus Orca, lingua di straordinaria densit semantico-lessicale, il prodotto del genio insistentemente deformante , come notava I. Baldelli, e del gusto derivativo ed etimologico 1 di uno scrittore, Stefano DArrigo, il quale s consumato in un lavoro eroico e quasi ossessivo di elaborazione e rifacimenti durato almeno ventanni: dal 56 al 75, e oltre.2 una lingua iperletteraria (pur su base in gran parte dialettale),3 e fitta di formazioni analoghe al neologismo nonsenseria che ho riportato nel titolo del mio intervento. Nonsenseria: da nonsenso ed -era; il suffisso, molto frequente in Horcynus Orca, qui non si limita, come in altri casi,4 ad
1.I. Baldelli, Dalla fera allorca, in Critica letteraria , iii 1975, num. 7, pp. 287-310 (ora in Id., Conti, glosse e riscritture, dal secolo XI al secolo XX, Napoli, Morano, 1988, p. 269). 2.S. DArrigo, Horcynus Orca, Milano, Mondadori, 1975 (da cui cito, di qui in avanti). Gi per la ristampa del 1982 lautore aveva preparato nuovi interventi sul testo, che non vennero accolti dalleditore. Le varianti sono state inserite nella riedizione del libro curata da W. Pedull, per Rizzoli, nel 2003. Per la gestazione e per le vicende redazionali del romanzo, fino al 75, cfr. gli apparati di S. DArrigo, I fatti della fera, intr. di W. Pedull, a cura di A. Cedola e S. Sgavicchia, Milano, Rizzoli, 2000, e il notevole studio di Sgavicchia, Il folle volo, Roma, Ponte Sisto, 2005. Per le ristampe e le riedizioni, oltre al capitolo ad esse dedicato da Sgavicchia, cfr. i Riferimenti bibliograci, pubblicati al termine di queste pagine. 3.Dichiara DArrigo, in unintervista pubblicata su Il Giorno , 12 gennaio 1966: Il mio linguaggio non n dialetto n italiano letterario, lingua per me daccatto. come se io avessi inventato una mia lingua, diversa sia dal dialetto sia dallitaliano. Certo, se facessi leggere il mio libro ai pescatori siciliani dello Stretto, questi riconoscerebbero la lingua come propria, ma nello stesso tempo penserebbero che non proprio quella loro. Si tratta di una lingua fortemente intrisa di termini dialettali, in grado di rappresentare situazioni ed emozioni: un italiano rinvigorito dal dialetto, pur senza essere una fusione fra i due linguaggi . Sulla componente dialettale e sulla raffinata [], estrema letterariet della lingua darrighiana, si veda, tra gli altri, Baldelli, Dalla fera allorca, cit., pp. 285 sgg. 4.Qualche esempio: sgarberia, prepotenteria, teatranteria, scaltreria, tronferia, sprezzanteria, loquenteria, ecc.

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andrea cedola aggiungere al vocabolo un connotato spregiativo,5 ma addirittura gli conferisce una pi ampia e vibratile 6 indeterminatezza: vibratilit che attraverso un processo di rimotivazione che percorre tutto il libro rende infine la parola disponibile al rovesciamento ironico-tragico, in mare 7 della Nonsenseria , del celebre verso dantesco. Baldelli aveva da subito riconosciuto e mirabilmente illustrato i meccanismi neoformativi , e perfino neoplastici 8 della lingua horcyniana, osservando lungo tutta lopera, una festa sfrenata di denominali, di deverbali, di parasinteti verbali, di parole composte e ripetute .9 una esu beranza lessicale, metamorfica, che lo scrittore almeno in parte gram maticalizza (uso il termine continiano)10 attraverso literazione, lassociazione etimologica o paraetimologica, le combinazioni, le riprese, le meta-glosse ,11 e soprattutto attraverso una perfetta adesione, o reciproco rispecchiamento, tra le dinamiche dellelaborazione linguistica e le linee di sviluppo dellazione narrata; e il pi delle volte sono in effetti i contesti, di cui i termini conservano memoria nelle successive oc correnze,12 a ridefinire, di sequenza in sequenza, i significati, in particolare dei neologismi. Si tratta di procedimenti dinvenzione lessicale e dorganizzazione

5.Si veda il glossario horcyniano pubblicato da G. Alvino in Id., Onomaturgia darrighiana, in Studi linguistici italiani , xxii 1996, pp. 74-88 e 235-69, poi in Id., Tra linguistica e letteratura. Scritti su Stefano DArrigo, Consolo, Bufalino, in Quaderni pizzutiani , 4-5, 1999, pp. 1-59, a p. 34 il termine tradotto da Alvino, genericamente, astruseria. 6.Uso il termine nel senso evocato da S. Agosti in Je dis: une eur! . Lidea della natura e dellarte in Mallarm, in Il piccolo Hans , 34 1982 (ora in Id., Critica della testualit, Bologna, Il Mulino, 1994). 7.Lespressione compare per la prima volta, nel romanzo, a p. 1125. 8.Baldelli, Dalla fera allorca, cit., p. 295. 9.Ivi, p. 269. 10.G. Contini, Schedario di scrittori italiani moderni e contemporanei, Firenze, Sansoni, 1978, p. 61. 11.S. Lanuzza, Scille Cariddi. Luoghi di Horcynus Orca, Acireale, Lunarionuovo, 1985, p.55. 12.Cfr. F. Gatta, La rigenerazione del lessico: lingua comune e neologia in Horcynus Orca, in Il mare di sangue pestato, a cura di F. Gatta, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002, in partic. p. 150.

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horcynus orca di stefano darrigo sintattico-semantica ampiamente studiati in DArrigo, anche di recente,13 sui quali in generale non vorrei qui soffermarmi. Vorrei piuttosto evidenziare come la tensione tra caos e forma, a livello sia linguistico sia die getico, o per dirla in altro modo, tra forze centrifughe e centripete, nel testo, si risolva a vantaggio delle prime, col prevalere dellescrescenza sul sistema, della nonsenseria sulla grammatica. Intendo dire che la lingua di Horcynus Orca , s, un organismo unita rio,14 autonomo e coerente;15 la realizzazione secondo le intenzioni dichiarate dello stesso DArrigo di una totalit lessicale, sintattica e semantica , di un sistema espressivo completo e assoluto .16 Ma nel suo funzionamento, come lingua oggettivata (nelle voci dei pellisquadre)17 e messa in scena nel romanzo, rivela in s proprio quella matrice neoplastica individuata da Baldelli, cui prima accennavo. Non solo: ne trasmette il codice alterato allintera compagine testuale. Horcynus Orca insomma unopera che concentra e mostra le tensioni di un doppio processo di generazione e di autodistruzione, attraverso il quale restituisce unimmagine potente realistica e simbolico-visionaria del disastro bellico e delle sue immani conseguenze lo sconvolgimento di qualsiasi ordine, delle vite degli uomini e degli equilibri della natura , allo stesso tempo trasfigurandola in una dimensione metastorica, esistenziale. il metodo di DArrigo: al rigoroso calcolo sintattico-strutturale, egli contrappone grado a grado, nelle voci narrate, il gene del disordine; alla costruzione del discorso, la distruzione e lo scompaginarsi di ogni norma comunicativa. La lingua e le cose (i luoghi, le azioni, i personaggi) appaiono gene13.Vd. i lavori di Gatta, Alfano, Sgavicchia, e di Baldelli, Contini, Lanuzza, Pedull, Alvino, prima di loro, citati nei Riferimenti bibliograci. Cfr., su questo e su altre questioni horcyniane, anche il num. monografico, dedicato a DArrigo, de Lillusionista , num. 25-26, ix 2009. 14.E nella disputa tra plurilinguisti e monolinguisti darrighiani, io mi schiererei con questultimo partito, che per es. quello di G. Alfano, Gli effetti della guerra. Su Horcynus Orca di Stefano DArrigo, Roma, Sossella, 2000. 15.Una poderosa macchina di significazione , come scrive Gatta, il cui sistema di riferimento tutto interno e coincide con quello della comunit di Cariddi (F. Gatta, Horcynus Orca: un romanzo e la sua lingua, in Atelier , num. 43 2006, p. 38). 16.Dallintervista a DArrigo, pubblicata in Lanuzza, Scille Cariddi, cit., pp. 134-35. 17.Sono i pescatori di Cariddi.

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andrea cedola rati e prendono forma, nella sua scrittura come per osmosi, o per metastasi da un medesimo impulso di morte. Cosicch, la polisemia plastica della parola horcynusa si converte, per tutto il romanzo, in ambiguit ed enimma; nellemergere della sostanziale inconoscibilit del reale. Metamorfosi, corrosione, neoplasia. Horcynus Orca rovescia, sul piano del linguaggio, il paradisiaco, tomistico gran mar dellessere nellinfernale, nembrottiano e babelico Mare della nonsenseria . Ne emblema la piaga, la contagiosa infezione o cancrena dellorca eponima: orca, orcagna, orcarogna, carcassorca,18 che occupa e svuota le acque strette e oceaniche dello scille cariddi. E allora, cominciamo con losservare che la lingua di Cariddi, nel romanzo, una lingua demente: lo rispetto allitaliano, alla lingua per es. del guardiamarina Monanin,19 che solo dautorit riesce a imporre ai pellisquadre la parola delno al posto della fera che loro hanno sempre conosciuto (come parola e come creatura besti20 na ):
Lei non se la deve pigliare per offesa, ma a noi delfino non ci dice niente di niente, nella nostra lingua Nella vostra lingua? [] Ma cosa sta lingua che dici, cosa sta lingua che parli, la lingua forse che ha in bocca quella vostra fera l? Quella, se quella, vostra, hai ragione, quella solo, voi la parlate la lingua di quella l, e voi soli la

18.Questa modalit neoformativa (agglutinazioni, parole valigia) ampiamente presente nel testo darrigliano. 19.E prima di lui, dell Eccellenza fascista che in mare, nel 1935, minacciandoli col moschetto, impone ai pellisquadre di liberare la fera cui loro stanno imponendo una lunga agonia allo scopo di terrorizzare le altre (che hanno fatto strage di reti e di pescispada nello stretto): li chiama massacratori di delni innocenti , e alle loro rimostranze risponde, sempre mano al moschetto, elencando e facendogli ripetere e compitare, oltre al nome corretto le belle qualit del delno: fanciullo divertente elegante bello vergine martire (per poi prenderlo di mira e ucciderlo lui stesso). Il casobello feradelno (pp. 181-218) richiama quindi questaltro, pi recente, alla memoria di Ndrja: a bordo della corvetta su cui il protagonista imbarcato, il guardiamarina ha imposto a lui e a un suo commilitone siciliano di chiamare col vero nome una giovane fera che s messa sulla scia della nave: perch fera significa bestia feroce, mentre quello, secondo Monanin, un animale gentile, innocente e amico degli uomini (pp. 219-62). 20.E la parola fera suscita in Monanin soltanto a ripeterla, leffetto di una nonsenseria strabiliante (p. 230).

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horcynus orca di stefano darrigo


parlate e voi soli la intendete [] Voi non avete una lingua, non avete nessuna lingua, voi, hai capito? .21

Ma, oltre che demente, quella horcynusa (la lingua del romanzo) molto spesso una lingua poeticamente, metodicamente folle e insensata, allo stesso modo di certi giochi linguistici anche letterari (tipici, ad es. del filone nonsensical ) che attaccano e rovesciano nel disordine dellanalogia fonico-ritmica la logica e lordine formale, la razionalit e lefficienza discorsiva della lingua (e con essa, delle modellizzazioni epistemiche dominanti). Giochi del tipo di quelli che G. Dossena ha descritto e catalogato, per es., in Lewis Carroll,22 alcuni dei quali potremmo ritrovare nei procedimenti linguistici di Horcynus Orca: le parole-valigia (con la fera e con lorca, oltre che con la barca; un es: nuovoliando);23 i giochi di scarto/aggiunta (come con barca-bara-arca) e la serie palindrone (le cui modulazioni si direbbero sistemiche ben pi che lessicali); le false etimologie. Altra patologia, o demenza, del linguaggio horcynuso lecolalia: pi avanti ne esaminer un caso, dalle pagine di barca-bara-arca, che configura una sorta di ipnotica e funerea afasia. Ma qui, subito, una precisazione (che svilupper col procedere del mio intervento): mentre il puro nonsense sconvolge allegramente le forme della logica, della lingua e della letteratura, la nonsenseria con le sue permutazioni e vibratilit semantiche utilizzata in DArrigo, lo vedremo, come forma della negativit assoluta; come nonsenso solo apparente, eppure ben pi radicale, perch attinge al livello pi profondo di un guasto immenso, indicibile; del pi irreparabile sconvolgimento dellessere. Le modalit del gioco distruttivo, nel nonsense e nella nonsenseria, possono dunque sem brare simili; ma sono del tutto diversi il tono, la prospettiva, gli esiti. Giochi linguistici, dicevo, come i giochi bambineschi (o pseudoinfantili) della letteratura nonsensical. Ci sono bambini, muccusi che giocano in Horcynus Orca. Ma i loro giochi sono spesso dichiarati, negativamente,
21.DArrigo, Horcynus Orca, cit., p. 239. 22.Cfr. G. Dossena, Il sorriso del gatto, Grosseto, Biblioteca Comunale Chelliana, 2001. 23.Su nuovoliare cfr. le parole di DArrigo riportate in C. Marabini, Lettura di DArrigo, Milano, Mondadori, 1978, p. 22.

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andrea cedola nonsenserie. Forse perch non sono mai giochi innocenti; n del tutto allegri: fanno, s, venire le vertigini ; sono cio giochi dellilinx (cos li 24 classificherebbe Caillois), per questo aspetto analoghi a quelli del nonsense (che disorientano coi capogiri della logica);25 provocano, s, in chi li pratica, un senso di ebbrezza e di spossessamento; ma si tratta di perturbazioni che infine evocano o fanno affiorare langoscia di una perdita di s, come una demartiniana crisi della presenza. Alcuni esempi, qui di seguito. Il gioco che nella cuccetta della nave da guerra, dopo la discussione con Monanin, torna alla mente di Ndrja, mentre pensa al delno come fera ingentilita:
Quel pensiero andava e veniva dalla sua mente, cos, senza senso e senza scopo, come una pietrabambina gettata a mare: si sentiva stanco, col corpo travagliato che si riposava nella branda e la mente che si sboriava in quel pensiero bambinesco, non diverso in niente dal gesto di pigliare e tirare pietrebambine. Se aveva un senso, quel pensiero curioso, era proprio questo: un senso bambinesco e sfantasiato, il senso che ha gettare a mare delle pietrebambine e vedere i cerchi dacqua che singrandiscono, singrandiscono e intanto che singrandiscono, svaniscono; il senso poi, che nel nome stesso, nella natura stessa e nella stessa vista di confetto, suscita alla mente la pietrabambina, per cui anche un uomo fatto, anche un pellesquadra, se istintivamente la piglia e la getta a mare, fa una figura bambinesca; e per cui anche il mare dove si getta, anche se un mare scabroso e vecchio col pelo bianco, come il mare dello scille cariddi, fa una figura bambinesca. [] Era come stare sulla spiaggetta della Ricchia, con la mente imbambolata e la mano, quasi da sola, che cerca, riconosce, piglia e getta pietrebambine in quello specchietto dacque, riparate e nascoste, fra gli scogli renosi e la grotta. L e allora: alla Ricchia, e in un tempo lontano lontano, il tempo bambinesco dei giochi che di padre in figlio, muccusi e muccuselli, passavano in quel luogo [].26
24.R. Caillois, I giochi e gli uomini, Milano, Bompiani, 2004. 25.Cfr. P. Albani, La stupidit in azione, ovvero il comico demenziale performativo, intervento al dibattito su Demenziale-concettuale nellattivit performativa, svoltosi al Caff Giubbe Rosse nellambito dell8 Festival internazionale di poesia in azione a+voci , Firenze, 11 marzo 2006. 26.DArrigo, Horcynus Orca, cit., pp. 263-64 (le indicazioni subito successive e avanti, ove possibile, dir. a testo)

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horcynus orca di stefano darrigo Ma i giochi di allora, del padre muccuso Caitanello e dei suoi compagni, serano interrotti con luccisione della feruzza addomesticata, la Mezzogiornara (pp. 265-95), colpita a fucilate e ridotta a
un orrendo essere informe, avvolto nel suo sangue, qualcosa che allora e per lungo tempo ancora non seppero mai definirsi e che poi, avanti negli anni, andarono definendosi, per via di paragone, come un grosso, spaventevole feto, uno sbozzo di grumi sanguosi, che scaricava il suo cieco istinto di vita (p. 266).

E ancora, sempre l alla spiaggetta, i giochi diniziazione sessuale i giochi e i camuffamenti delle sirene e dei naviganti naufraghi:
Ognuna allora simpadroniva del suo pesce con la barba, afferrando il navigante per la caviglia e trainandoselo dietro: in uno strano silenzio, che era venuto improv viso col naufragio, il corteo scompariva allora nellapertura nera della Ricchia. Di laddntro, veniva poi uno sciacquo come di corpi che si arruffavano facendo la lotta, e poi un rifiatare basso, affannoso, un vento occuposo di sospiri, e poi pi nulla. La Ricchia allora tornava di colpo, dentro e fuori, silenziosa e deserta, e quella apparente solitudine spandeva subito intorno come una oscura paura, un misterioso senso di allarme e di sterminata, accorante malinconia. Se qualcuno di loro era rimasto fuori, perch essendo disparo, non era potuto entrare nel gioco, al vedersi solo veniva pigliato immancabilmente da una specie di sgo mento: era come se il gioco fosse diventato tutto vero, la farsa finita a tragedia, come se i suoi amici non sarebbero mai pi ricomparsi fuori dalla grotta. E lo assa liva limpulso di gridare, e qualcuno a volte gridava veramente, chiaman do i suoi compagni uno per uno per nome, e a furia di chiamare e non avere risposta, cera chi scoppiava in lagrime e questo succedeva infallibilmente quando fuori restava qualcuno dei pi muccusi, Enzo o Salvatore, ad esempio. Pareva allora che quel muccusello piangesse per la triste sorte di quei naviganti forestieri e questo, a ripensarci, rendeva tutto straordinariamente veritiero nella loro immaginazione (p. 667).

Ed unanticipazione del destino del reduce Ndrja Cambria. Il nonsense, in Horcynus Orca, insomma convertito in nonsenseria; e nel gioco senza senso del muccuso sembra gi inscritta la demenza allultimo grado del nonnavo, del pellesquadra ormai troppo vecchio, ormai ridotto a mummione di sale:27 come ad esempio quei compagni di barca, o chiumma,
27.Come quei vecchi pellisquadre, messi alla sedia davanti alla porta la mattina e ritirati la sera (Horcynus Orca, p. 162).

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andrea cedola del lantico patriarca di Cariddi, don Ferdinando Curr,28 i quali adesso in tempo di carestia di mare e di guerra decidono di togliersi di mezzo rigiocando al vecchio gioco della caccia allorca, e vanno a perdersi con lui in mare a bordo della borietta , lultima barca rimasta a Cariddi.29 Allora era stata la nonsenseria di voler arpionare e dare la morte allorca, o ferone, che la morte stessa fatta animale, colei che d la morte essendo, lei invece, immortale:30
Lanimalone arrancava, ma arrancava come poteva arrancare lui, potentissimamente: arrancava, si vedeva, con la potenza del suo fatale destino, in una agghiacciante, sconfinata solitudine. [] poi Ferdinando Curr aveva detto che gli dispiaceva di averli messi in quel mare di guai, ma qualcuno della chiumma gli rispose che non si doveva dispiacere per loro perch a loro, al contrario, piacere gli aveva fatto, lo stesso piacere che gli aveva fatto a lui. Ci pigliammo una libert, gli fecero. Eh, don Ferdinando? per una volta nella vita ci pigliammo una libert, vagabondammo maremare, per nostro capriccio, per soddisfare una nostra curiosit. Per una volta nella nostra vita ci pigliammo un lusso. Per, ne valse la pena, dato che si tratt del ferone. Chiunque lo sente: faceste bene, ci dice (pp. 743, 745).

E ora, appunto, fatti mummioni per guerra e per vecchiaia, rigiocano quel lantica nonsenseria (non per lorca, stavolta, ma per non togliere pi il pane di bocca ai muccusi):
Con la loro, sappurava contempo la scomparsa della Borietta, una lancitta dantica data, che serviva pi ai muccusi per spassarsi a lanzare aguglie, che per altro, e che era lultimo avanzo della stirpe infelice delle loro barche []. Dei parenti dei quattro nonnavi, nessuno si gettava alle grida, nemmeno Catina e Anselmo per don Ferdinando, perch pi grande del dolore che provavano, era lo sbalordimento che gli dava quella pensata dellaltromondo, che avevano messo in atto quei quattro vecchioni (p. 537).
28.Il quale, durante il terribile terremaremoto del 28 dicembre 1908, sera prodigato per la salvezza dalle onde di muccusi e muccuselli , appendendoli ai rami degli alberi come tanti passerelli stracquati (ivi, p. 530). Per questo era amato e rispettato come un padre, come un capostipite. 29.Essendo state distrutte o requisite, per guerra, tutte le barche dello stretto. 30. Era lOrca, quella che d morte, mentre lei passa come immortale: lei, la Morte marina, sarebbe a dire la Morte, in una parola (ivi, p. 721).

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horcynus orca di stefano darrigo Varare per morte: un motivo ricorrente lungo la dorsale simbolica del testo (e quaglia nellimmagine della barcabara).31 Nonsenseria, dicevo, non vale semplicemente nonsenso. La parola ricorre 22 volte. Vediamone, nel pi breve spazio possibile, qualche campione. Il termine compare per la prima volta gi allinizio del romanzo, quando Ndrja viene apostrofato da uno spiaggiatore che bazzica ormai pi per morte che per vita :32
Ehi, a voi, sentite A voi A voi lapostrof, prima cos, diretto, al personale, e poi gli aggiunse per come se parlasse dun altro: Eh, ma che ci fa un marinaro per questi piedipiedi, eh? Che ci fa un marinaro per queste bande deserte e solinghe? Ma come? Bianchi e neri fanno la guerra lasspra e voi quasstto non la fate n coi bianchi n coi neri? Eh, com? . E questa nonsenseria era stata il preambolo del vecchio occhiuto e linguto.33

Nella sua prima occorrenza, la nonsenseria ha un valore ambiguo: lindeterminatezza del deittico (questa) fa s che il termine sia ugualmente ri feribile alle parole del vecchio (secondo la prospettiva del protagonista) e alla situazione di Ndrja (secondo la prospettiva ironico-autoriale).34 Questi sembra infatti stupito dello stupore del vecchio: non pare accorgersi, vale a dire, che una nonsenseria la sua stessa presenza, l, di marinaio via dalla guerra, fuori posto; il suo essere straviato ,35 come un morto tra i vivi.36 Ma prima ancora, nonsenseria il suo essersi fatto, da pellesquadra, marinaio; da cacciatore di fere, delnaro, come vedremo. Sono gli ef31.Al centro della quale considererei il famoso traghettamento notturno di Ndrja sulla barca nera di Ciccina Circ, nella parte finale della prima sezione. 32.Gli spiaggiatori sono la razza misteriosa di quelli che si vedevano passare per la marina di Cariddi, maitino o serotino, cercando con un ramo fra rigetti, lordure e corpi estranei del mare (Horcynus Orca, p. 101). 33.Ibid. Il corsivo mio, come tutti gli altri nelle citazioni dal testo darrighiano. 34.Con ci evidenziando uno sdoppiamento di voce e di prospettiva tra narratore e protagonista che la scrittura horciniana tende invece per norma a coprire. 35.Straviato come lo sono, per prime, le femminote che egli incontra allinizio del romanzo: straviate dal loro verso e senso abituali [] come gabbiani, rondini marine e quaglie, quando sono fuori tempo e fuori luogo, e allora sono sempre avvisaglia di qualche novit, e novit sempre dispiacente, se si sa smorfiarla (ivi, p. 13). 36.Per tutte le prime due parti del romanzo, i personaggi si rivolgono al protagonista quasi come a un revenant: dalle femminote straviate , che lo apostrofano marinaio

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andrea cedola fetti della guerra;37 ma anche di un trauma pi remoto, sbito rimosso.38 E il narratore, proprio attraverso lambivalenza grammaticale, libera ora, nelle parole dello spiaggiatore,39 il senso ulteriore che quello sostanziale dellapostrofe. La sorpresa del vecchio al cospetto del marinaro fa dunque intravedere il significato, qui, di nonsenseria: quel significato, o contenuto rimosso, che le autocensure e gli occultamenti difensivi messi in atto dal personaggio lasciano affiorare soltanto nei sogni,40 o per segni e indizi che, disseminati nel racconto, sin quasi alla fine (con lepifania barca-bara-arca) restano per lui indecifrabili. Affioramenti, nello spazio della rverie, come quello in cui Ndrja, a distanza di molte pagine da questepisodio, nella sequenza notturna che sopra citavo, si mette a ripensare nella sua branda, mentre cercava di pigliare sonno (p. 263) alla fera ingentilita in delfino, e ha cos la prima percezione seppure attenuata, o meglio, eufemizzata del proprio straviamento :
Non era una stranezza di mente? Non era anche questa una nonsenseria? Perch [] a rifletterci, poteva pure essere un primo segno di risentimento di delfino dentro di lui: perch [] non era come farli un poco reali, i delfini, come ammettere che esistevano, non solo di nome, ma anche di fatto, di fatto ovverossia da soli, indipendentemente dal fatto, dallunico e vero fatto che erano fere camuffate, camuffate per avere maggiore agio? S, poteva essere, ma [] che cera di strano se gli faceva piacere pensare a questo? Forse non doveva fargli piacere perch si trattava dun delfino? Ma nemmeno ci badava che era un delfino, anche se con questo non voleva dire che si rimangiava la fera. []

Ed ecco librido, effetto della neoplasia horcynusa:

ntartarato , agli spiaggiatori, via via fino al padre Caitanello, col suo prolungato rito di riconoscimento. 37.Rimando ovviamente al titolo del volume, sopra citato, di Alfano (tra i pi acuti e assidui lettori darrighiani di questi ultimi anni), dove tali effetti sono analizzati nel loro proiettarsi entro la coscienza e la lingua (e la struttura testuale) horcynuse. 38.La morte dellAcitana e le sue conseguenze, come vedremo. 39.Che pare, con i suoi discorsi, con la sua strana carnevalesca divisa, lemblema stesso della nonsenseria (cfr. DArrigo, Horcynus Orca, cit., pp. 101-4). 40.Come quello del cimitero delle fere-delfino, e di lui delnaro (ivi, pp. 164-84).

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In quel momento, per lui, non era n delfino n fera, o era delfino ed era fera, come fosse un nuovo animale chiamato delffera: e questo animale, come doveva dire? lo riposava, lo attirava lontano dal luogo e dal tempo in cui si trovava (ibid).

Il nonsense della parola composta si materializza nella nonsenseria del mostro delfera.41 Questi addensamenti di materiale onirico-linguistico sono un fenomeno ricorrente in Horcynus Orca.42 La nonsenseria, dicevo come indecifrabilit degli eventi , gi nella situazione che ha prodotto il trauma infantile, origine della perdita di presenza. Ndrja muccuso ascoltava lamoroso ciuciulio di nomi tra i genitori, Caitanello e lAcitana, invocanti lun laltra con nomi esotici e segreti:
Solo questo, sempre questo: Aci mio Aci reale mio lei, e: Galatea Gala a te lui, ed era come si passassero e ripassassero, sempre uno stesso garofano lei a lui, sempre una stessa rosa lui a lei []. Allora, a senso suo, al senso di quel muccusello, quella gli pareva una nonsenseria. La prima volta laveva pigliata addirittura per opera di pazzia: che sintendono di essere, ora? si era domandato. Si rimbambirono? Uscirono di senno? Gli erano parsi anche un poco ridicoli e vergognosi come tornassero a fare zito con zita, come se parlassero con la lingua fra i denti e senza sapere perch [] (pp. 453-54).

Quasi un altro gioco dellilinx, bambinesco e perturbante:


Una nonsenseria, questo gli pareva allora, ma contempo, allora, era come lo capisse che se gli pareva una nonsenseria era perch non se ne capacitava. Non era cosa che lui potesse decifrare coi suoi soli mezzi, era cosa troppo intima, segreta fra lui e lei (p. 455).

E poi, levento traumatico, che sembra svelare ma invece rende ancora pi angoscioso lenimma:
41.Si potrebbe immaginare una suddivisione della teratologia fantastica horcynusa in mostri-chimera, come questo, e in mostri-feto, come la Mezzogiornara (e come, a un certo punto, lorca). I primi, e specie la delfera, rimandano allusivamente (come nel sogno delfinaro ) anche a unincertezza didentit sessuale. unipotesi di lavoro, intanto, si veda C. Spila, Il nostro barocco, Pescara, Tracce, 1997. 42.Si veda per es. la sequenza onirica in cui la parola delno, che il protagonista vede tracciata sulla sabbia, si trasforma in figura e poi in corpo vivo (DArrigo, Horcynus Orca, cit., pp. 175-78).

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La morte di sua madre scopr un fianco a quellenimma, proprio come lasci un posto vuoto a letto: e una notte, per un caso, fu quasi sul punto, per quel varco, di trovarsi dentro allenimma, nel mezzo, fra Galatea e Aci. Per un caso, diceva: per un azzardo, doveva dire, per un vero azzardo, un azzardo di quelli che incoscientemente pu fare solo un muccuso. Era successo una notte che sua madre era morta da alcuni mesi e da pochi giorni suo padre gli aveva detto di venirsene a dormire al posto di lei (pp. 45556)

Nel sonno Caitanello aveva continuato a invocare Galatea; finch Ndrja sera azzardato a rispondere Aci al posto dellassente. Ne era seguita una nottata darruffamento fra padre e figlio , che forse avrebbe potuto aiutare il muccuso a chiarire e a farsi adulto; a diventare pellesquadra. Invece, era subentrato il silenzio; lenimma non s sciolto, e ades so, passato per guerra, e tornato, egli ritrova il padre ancora preso nella nonsenseria di Aci e Galatea; e si rivede, ancora, perenne muccuso . Nella terza parte del romanzo lorca affiora e occupa le acque dello stretto, deserte di barche.43 I pellisquadre, gi stremati dagli orrori della guerra, dallinvasione delle fere,44 dallimpossibilit di uscire a pesca, ne sono come stregati, e annichiliti; come impestati dalla sua piaga in cancrena. Per qualche ora, poi, lanimalone sembra aver preso il largo, e i cariddoti se ne sentono rinfrancati. Ecco allora la nonsenseria del loro rianimarsi: la ripetizione meticolosa, ma in folle, dei gesti (e delle parole esatte) del mestieruzzo , quasi come sonnambuli:
I pellisquadre, come se fosse stata solo la presenza dellorcaferone a impedirgli di varare sino allora, dopo mesi tornarono a trafficare, come per simbolo di bonaugurio, con il loro mestieruzzo. Per prima cosa, avevano tirato fuori e sbro43.Cfr. sopra, n. 29. 44. Mai forse si era visto prima un cos impressionante spostamento di quei geni e genie di pescibestini, n forse si sarebbe mai pi visto dopo. Era unapparizione che metteva ansia e disorientamento, e faceva paurosamente nascere in testa il pensiero di qualcosa doscuro e minaccioso che veniva con quel mare di fere [] E questa la fine del mondo, la fine nostra. / Ndrja lo sapeva, come lo sapevano tutti, [] e la loro fine, la fine del loro mondo, se doveva venire, era dal mare che sarebbe venuta, e la loro fine, la fine del mondo di terraferma, sarebbe stata il principio del mondo dellacqua salata, il principio del mondo della fera (Horcynus Orca, pp. 503-4).

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gliato la palamitara, la mutulara, lacciara e la sciabica; Luigi Orioles aveva sfoderato il ferro della traffinera e don Mim le reste di ami sui sugheri delle lenze del conzo. Quelli si erano allungati in fila nel mezzo delle case, stirando le reti secche secche e controllandole ognuna, maglia a maglia, quasi fossero fresche di mare e ci sgocciolasse acqua; Luigi Orioles, con le boccettine della vasellina, le boatte di grasso e le pezze di lana, disposte sulla sedia davanti, oleava, lustrava e provava il delicato congegno del ferro; don Mim, da parte sua, torn a ranunchiarsi nella sua gistra, con le labbra zeppe di ami, e quella sua vista dette ancora, a vederlo, quella stessa strana impressione di sempre, di essere contempo pesce ed esca. Ed era don Mim, perlappunto, a personificare meglio la nonsenseria di quello che facevano: e facevano come sonnambuli, che dormendo a occhi aperti, si alzano la notte a fare quello che fecero al giorno, un giorno, e un lontano giorno. [] (p. 815).

La realt del lavoro convertita in simulazione (cos anticipando la messinscena della parola barca, fatta da Ndrja anche lui come sonnambulo sullo sperone):
si fingevano rientrati dalla prima uscita, e ora andavano rimediando smagliature e strappi, riguardando galleggianti, piombi, romanello e ami, ed esche di pesci e di lana, e ferri e aste di traffinere, come dovessero varare ancora, appena calato il sole, e varare armando con ogni tipo darmamento, con ontro, feluca e traffinera, con palamitara e con mutulara, con acciara e con sciabica, con rete insomma a maglia larga e a maglia stretta, rete per pesce grosso e pesce fino, per pesce di passa e pesce allogato, per pesce di fondo e pesce di scoglio (ibid.).

Il mestieruzzo, senza la barca, allucinazione, teatro, nonsenseria. E veniamo, dunque, alla barca. Le pagine del discorso sullo sperone (che formano linserto aggiunto da DArrigo in bozze solo dopo il 72),45 e specie quelle di barca-bara-arca, costituiscono lacme, e forse come a posteriori, a spiegare i lunghi ripensamenti di DArrigo sul romanzo in forma di enigma 46 (nodi che proprio nel 72 si vanno sciogliendo)
45.Cfr. Sgavicchia, Il folle volo, cit. 46.Cfr. la lettera di DArrigo allamico C. Zipelli (da me riportata, insieme ad altre, in I fatti della fera nelle lettere di DArrigo a un amico, in DArrigo, I Fatti della fera, cit., pp. xxxviixlv, da cui cito di qui in avanti): Tutti i giorni spero di trovare la chiave, la soluzione

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andrea cedola possono considerarsi il nucleo generatore del sistema linguistico-narrativo horcyniano. Vi troviamo molti dei fenomeni descritti da Baldelli: procedimenti gi attivi nelle altre parti del romanzo, ma qui protratti sino alla follia analogica 47 e al gioco a s , che produce svuotamento di senso. Literazione isola e corrode la parola, fino a ridurla a puro fantasma sonoro (rimando alla pagina commentata da Alvino, con l iterazione della parola daffare).48 Cosicch la grammatica degrada in sillabazione:
Si sife sife sife fecelo celon lon lonta naaana come se lo stesso sforzo che gli era costato alzare la testa mezza in luce, lo dovesse fare ora per spingere fuori alla luce, sillaba a sillaba, le parole.49

Davvero si fece lontana la barca. Sillaba a sillaba : sillabare un termine fondamentale delle metamorfosi horcynuse; le sue funzioni significanti si prolungano, si trasmettono e si complicano negli intrecci e nelle interferenze con altre formazioni: sillabare, slabbrare, sillabbrare, sdillabbrare ; 50 sba viarsi, sillasbaviarsi, sdillabaviarsi.51 La parola sdillabbrata, come la piaga dellorca;52 sdillabbrata in grumi sonori, scomposta e ricombinata secondo linee di massima suggestione fonico-analogica: echi, allitterazioni e paronomasie; associazioni, dissociazioni, rigeminazioni neoplastiche. Un pullulare che dalla piaga mostruosa dellorca, o dal fondo dellilinx e della memoria, si estende, dicevo, al mare stesso, allo scillecariddi, che diviene mare della nonsenseria, azzeramento della mera possibilit di riconoscere un senso, o lessere, nelle pa role e nelle cose.
dellenigma (perch tale per me , un quesito della Sfinge []). Tutti i giorni spero di trovare il filo della matassa in cui mi pare dessermi legato colle mie stesse mani. Mi dispero sino alle lagrime ma mi pare miracoloso che ritenti, mi pare il solo buon segno che forse ci riuscir. (8 novembre 1958). 47.Sgavicchia, Il folle volo, cit., p. 69. 48.Alvino, Onomaturgia, cit., pp. 5-7. 49.DArrigo, Horcynus Orca, cit., p. 1114. 50.Labbra e slabbrare, con eco-allusione ai denti della fera. 51.Labbra e bava, rinvianti a una sorta di regressione infantile-ipnotica. 52. il sole, facendo svaporare il sale, gli aveva asciugato quel massacro di piagona sdillabbrata e conseguentemente, fatto inselvaggire il fetore (Horcynus Orca, p. 785).

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horcynus orca di stefano darrigo Per inventare la scrittura del romanzo, DArrigo si orientato sullosservazione filologica e ci tiene a rimarcarlo:
Io vi ho lavorato basandomi su precisi dati filologici. Nel libro ci sono tutte le isolette linguistiche che prese insieme formano lisola Sicilia [] tendevo a ricostruire, strato dopo strato, la lingua di Scilla e Cariddi.53

Opera come un filologo,54 ma perviene a un esito in ogni caso an ti mi me tico;55 e a un flusso monologico in cui la ipervalorizzazione dellelemento significante culmina, a tratti, con lo svuotamento di senso dellecolalia. Linserto dello sperone di circa 200 pagine. I Cariddoti, dallalto della roccia protesa sullo stretto, osservano incantati e inquieti lagonia del lorca, in un mare di sangue, orrendamente piagata nel fianco, poi colpita dalle bomboatte56 dei pescatori di frodo, e infine scodata a morsi dalle fere. Lo scodamento un altro gioco molto in voga nello scille cariddi: il divertimanto pi crudele e gratuito delle fere. Di solito cincappa il pescecane; stavolta toccato al ferone. Il mostro infine ridotto a un orcarogna , e i pellisquadre cominciano a cogitarci sopra. Una tale massa di carne, se sarenasse, li salverebbe dalla fame, per molto tempo. Ma le correnti potrebbero tenerla lontana, o ferma l a impestare il mare. Ndrja allora interviene: un maltese, mister Manici, factotumo del comandante militare di Messina, gli aveva offerto mille lire per partecipare a una regata fra equipaggi inglesi e italiani. Lui dapprima aveva rifiutato, ma ora essendo giunto mister Manici, con un barcone da guerra britannico, a rinnovargli la proposta finir per accettare: in cambio della vogata , si far tirare a riva lorca (ormai morta).
53.Le parole di DArrigo riportate in Sgavicchia, Il folle volo, cit., p. 58 (cui rimando per i riferimenti) comparivano in un comunicato stampa del 1975. 54.Uno scrupolo documentale che lo scrittore usa in ogni momento della sua opera: ne testimoniano per es., oltre ai risultati, le pubblicazioni oceanografiche presenti nella sua biblioteca a Roma, e il carteggio con Zipelli (per cui rimando al mio studio cit. in n.58). 55.Ancora DArrigo, nel comunicato del 75: a me non interessano i differenti dialetti ma ricreare una lingua compiuta e globale . 56.Su questa formazione, cfr. Baldelli, Dalla fera allorca, cit., p. 276.

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andrea cedola Lo scagnozzo del maltese sbarcato a Cariddi con le mille lire in mano; ma proprio i suoi modi ambigui e volgari scatenano l incazzatoria del protagonista: Ndrja comprende che il recupero della carogna trasciner i pellisquadre allestremo degrado (cibarsi di carne bestina, carne morta per di pi), causando la fine del loro mondo. Tenta di arginare la crisi facendo balenare nelle menti ormai straviate dei compagni lidea dellantico mestieruzzo : le mille lire potrebbero bastare come anticipo per una barca nuova. Per ricominciare a pescare. Ma i cariddoti non pensano che allorca. Anche il loro capo carismatico, Luigi Orioles (alter ego paterno-utopico di Ndrja),57 sembra aver rinunciato a qualsiasi resistenza: Si fece lontana la barca, Ndrja (p. 1081). La frase pronunciata da don Luigi ma oreocchiata 58 dal protagonista sulle labbra di un vecchio spiaggiatore (il cannadastendere ). La voce alterata, irriconoscibile; le parole sono spezzate: Si sife sife sife fecelo celon lon lonta naaana (p. 1107). Con linserto dello sperone, DArrigo fa passare la morte dellorca per il mare stretto, per limbuto, o gorgo, della parola sdillabbrata. Nei Fatti della fera il compiersi dellagonia giungeva pressoch inavvertito: il ferone pareva gi morto quando era ancora vivo, e sembrava ancora vivo quando era ormai unorcarogna. Lo scrittore inserisce il nuovo blocco narrativo proprio in quel mezzo: Ndrja, fra i cariddoti, contempla la fine dellanimale marino, e allo stesso tempo, per cos dire, la verbalizza nel monologo interiore, oreocchiando le parole di Luigi Orioles. E mentre nei Fatti della fera ad essere sdillabbrata era soltanto la piaga dellorca, qui lo sar la parola stessa: confusione, ibrido mostruoso tra corpo fisico e segno.59 La neoplasia, infatti, produce sullarticolazione del linguaggio, sulle parole oreocchiate da Ndrja, come stiamo per vedere, la stessa azione dilaniante e trasfiguratrice cui sottoposta la carne dellorca. Allo stesso modo vi era stato sottoposto, alcune pagine prima, il corpo di
57.Un vero e proprio idolo per lui, col suo stile netto, specchiato, solare, [] il comportamento dellanimo, statuario, statuario marmorino (DArrigo, Horcynus Orca, cit., p. 976). 58.A Ndrja pare cio di leggerla e udirla sulle labbra dello spiaggiatore (ivi, pp. 1080 sgg.): cos avverr anche in seguito, durante lepifania. 59.Cos come avveniva nel sogno della parola delfino (cfr. sopra, n. 42).

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horcynus orca di stefano darrigo quellaffogato smangiato e scorciato in forma di pesce 60 col quale Ndrja per un attimo, oscuramente, sera identificato.61 Adesso quel sovrapporsi didentit e di sorte, come un dubbio irrisolto riaffiora, e sallarga, dal corpo naufrago allorca dilaniata, a Ndrja. Dunque, proprio con le pagine dellinserto in quella voce come daffogato , come il sospiro di chi muore per acqua il destino del reduce protagonista si chiarifica identificandosi con quello dellorca, e con quello dei tanti che non torneranno pi a casa (e che, persi in mare, ormai fantasmi, invocano sepoltura ), in una medesima sconfitta e rovina. La voce di Luigi Orioles, sillabando incide la frase ( Si fece lontana la barca, Ndrja ), scheggiandola, cavandone la parola Barca Barca (p. 1112); che poi continua a ripetere, come unecolalia:62 un nonsenso che
60. lo vedettero bene, sin troppo magari, come se lo erano lavorato sarde e compagnia bella: [] gli avevano accorciato e affilato le braccia, spuntandogliele come pinne; delle gambe, se non era stata qualche cannonata o qualche bomba a portargliela via di netto a netto, gliene avevano lasciato una sola, e a quella, avevano sfrangiato le dita del piede, in modo tale che oscillavano a pelo dacqua come la frangia di una coda; e poi, gli avevano smangiato il cranio, squadrandoglielo e appiattendoglielo, e fatto scomparire naso e orecchie, e l, ai due lati, ora, i buchi degli orecchi avevano qualcosa di somigliante agli occhi da cieco dun pesce degli abissi: e poi, per finire, gli avevano slargato la bocca, ammascellandogliela in dentro, come gliela modellassero su quella, a becco, della fera. Forse, lo avevano fatto da sole le sarde, quel travaglietto, sarde, sardelle, sardine, tutta la gran famiglia vomitosa, o forse la guerra aveva fatto il grosso ed esse lo avevano rifinito, ricamando quello sventurato coi loro dentuzzi a punta dago (Horcynus Orca, p. 901). 61. Ti ricord qualcuno, eh, Ndrja?/ Ma lo vedesti? gli fece lui. E ti pare che pu ricordare qualcuno quello l? Ma lo vedesti, lo vedesti bene?/ Si sentiva dalla voce che gli era venuto un po di nervino perch quella figura sfigurata a testa e coda di pesce, gli ricordava veramente qualcuno, uno che fu qualcuno per lui, e lui non capiva come glielo potesse ricordare (ivi, p. 903). 62.E. De Martino, Il mondo magico, Torino, Bollati Boringhieri, 1973, parla dellecolalia come una delle manifestazioni, da lui descritte, di quella singolare condizione psichica chiamata olon : questa condizione relativa a un senso di perdita o di attenuazione della propria realt personale . In tali fenomeni, come noto, De Martino individua lorigine del dramma storico del mondo magico , ma riconosce che quella perdita della realt riscontrabile anche nelluomo moderno, nellangoscia esistenziale rispetto a gravi crisi come un profondo dolore, una malattia, una guerra. Ed quanto sta avvenendo a Cariddi. Larenamento del ferone rappresenta infatti una minaccia grave allidentit cariddota (gi indebolita dalla fame e dalla guerra).

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andrea cedola investe, minandola nel profondo, la coscienza di s e del mondo del pellesquadra-marinaio Ndrja Cambra, che ascolta: Barca Barca come se non si dovesse fermare mai pi (pp. 1112-13). Ed ecco lo sdillabbrare:
A un certo punto, quella voce come di mare, come di schiuma dalghe e rena in bocca, quella voce, a flusso e riflusso, ebbe come un arresto, un sussulto, fece risuc chio, sfiat, ebbe come un risentimento umano, dette insomma segno di vita, anche se quello era segno di vita che se ne andava per sempre, e difatti pigli a farsi faglio, sgarr, sdillabbr: Bar cabar cabar abar cabar a [], trattenendo il fiato e rifiatando in continuazione dentro quella parola, cominci a perdere colpi, a defagliare, sdillabaviarsi, sdillabbrarsi sdillabbrava, per sempre a un punto della barca, il punto dove smangiava e allascava, come fosse unasca della stessa barca, sempre la stessa lettera, la c : Bar cabar abar a [], dal fasciame, sfasciame di quella sbavatura di barca era venuta fuori la bara (1113-14).

La parola sdillabbrata, insomma, rivela la bara nella barca. un gioco di parole, il culmine dellorrore horcyniano. Ndrja osserva don Luigi, oreocchiando la sua voce, e ne perturbato, come da un impronunciabile enimma:
Bar cabar abar cabar abar cabar a Faceva senso, faceva specie []: lui, uno come lui, per il quale non esistette mai mare dil, ma solo mare di qua, e ora faceva, si poteva dire, faceva carte false, si sdillabbrava tutto, con quella voce affogata, quella bocca schiumeschiume, come avesse il duemari nella strozza, baviandosi con quella sua barabarca, per imbarcarsi, ancora a occhi aperti, verso quello che per lui fu sempre il mare della Nonsenseria. Bar cabar abar cabar abar cabar a (p. 1125).

Il mare della Nonsenseria . Nelle parole di Luigi Orioles, sdegettato a quel grado di immalinconimento, a quella degradazione di scafarsi la bara nella barca; nello spettacolo impressionante di quella ricchezza ridotta a questa miseria (p. 1114),63 Ndrja contempla infine il proprio
63.. In diverse occorrenze la nonsenseria il contrario del ragionamento chiaro e morale, caratteristico di Luigi Orioles.

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horcynus orca di stefano darrigo naufragio64 e la sparizione di Cariddi come approdo del nostos: la guerra aveva lasciato le sue intacche []. E in conseguenza di queste intacche, Ndrja trovava al suo ritorno il mondo sottosopra (p. 913). il nimondorioles : un immalinconimento allultimo grado, limmalinconimento che gli piglia alluomo quando ormai lo bazzica la morte (p. 1114). Non c pi Cariddi, non c via di salvezza, se non imbarcarsi per morte come hanno fatto don Ferdinando Curr e la sua chiumma di mummioni , ancora a occhi aperti . Si va sciogliendo lenimma: Ndrja come Luigi Orioles, come questo don Luigi immalinconito. Come don Ferdinando: un pellesquadra fatto ormai mummione non pi o non tanto per vecchiaia, ma come i pi, presentemente, per guerra (p. 1136). Cos, dalla bara la voce sdillabbra, ancora, larca:
ripigliando la c che prima aveva allascato dalla barca per scafarsi la bara, la barca ora la spruava, spuntandola di netto a netto della b, sicch dalla barca non si scafava pi la bara, ma si scatasciava tutta, ordinate e traversine, murate e masconi, operamorta fuori, a vista, a summo, come loperaviva natante o meglio, galleggiante, si scatasciava la cosa che meno si sarebbe potuto immaginare, larca nientemeno: Barca. Barca fece, e poi subito, subitissimo: Barca, arca arca arca (p. 1130).

Un nuovo gioco di parole: larca nella barca. Anchesso effetto della guerra; dello straviamento. La nonsenseria di trovare salvezza nella morte: arca cio, non perch gli salvava la vita, ma proprio per il contrario, perch li salvava dalla vita, da quel miserabile residuo di vita (p. 1140). Ndrja ha sperimentato in s lorigine del cataclisma horcynuso, del nimondorioles; lo straviamento del mondo cui tornato il suo stesso straviamento. Lha capito, adesso: lui il naufrago rimasto solo, senza compagni, sulla spiaggetta della Ricchia (e l, in quel gran silenzio, ora, lasspra sullo sperone , p. 1143). Ecco perch si sentiva lanimo senza dolore n conforto, come se questo che succedeva, fosse gi successo per lui (p. 1083). Era gi tutto successo, ma Ndrja aveva continuato ad an64. era come se la sua vita si smagasse di tutto, tutta in una volta, e nellattimo stesso, per il fatto stesso che si smagava, la perdeva (Horcynus Orca, p. 1123).

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andrea cedola naspare, come lorca scodata, come se fosse ancora vivo (mentre era gi come morto, quando al termine del suo viaggio di ritorno saffacciava alle acque dello scille cariddi ).65 Solo attraverso lepifania, nelle tre parolette oreocchiate sulle labbra del cannadastendere barca, bara, arca , egli pu infine decifrare il senso dellenimma: il marinaio, nocchiero semplice Ndrja Cambrja un fantasma, un cervello scodato che continua a vibrare, funereo e insensato. La sua presenza nel mondo dei vivi ormai fuori luogo (aveva visto giusto, il vecchio spiaggiatore); una nonsenseria. Ndrja e lorca: col loro arrivo al duemari si compie la distruzione del cosmo Cariddi. Lorca perde la proverbiale immortalit, e Ndrja, facendosi arenare la carogna dagli inglesi (per cui davvero c confusione, ormai, tra corpi vivi e corpi morti, tra cibo cristiano e bestino), conduce il proprio villaggio-mondo alla rovina, rovinando lui stesso. La morte dellorca cui egli si lega , come scrive Contini, per necessit simbolica 66 la sua morte, gi prima di morire davvero, ed il disgregarsi della lingua che lha generato; il dissolversi di tutto nel mare della nonsenseria. La barca si fece lontana, quella che Ndrja avrebbe voluto far costruire al maestro dascia don Armandino Raciti, troppo lontana per i pellisquadre decaduti a mummioni. Ora tocca a lui decidere. Separare il proprio destino da quello di Cariddi. E ha gi deciso: mi pare che mi fa come un groppo in gola e mi soffoca se non la dico, se non la sputo, subito, subitissimo, ecco: orca, orca, orca, orcarca (p. 1144). lo scioglimento. Da qui lazione volge rapidamente al termine: Ndrja va incontro alla pallottola della sentinella inglese, che lo ripiomber nella notte, dentro, pi dentro, dove il mare mare .67 La nonsenseria dunque un nonsense funereo (formulo questa proposta dallargamento, giacch qui discutiamo anche di confini di genere); il segno di un negativo ontologico. Ed un nonsenso che DArrigo mette in scena nello spazio del romanzo, fino a quellultima parola impossibile, orcarca, pronunciata dal suo protagonista; vale a dire, non un nonsense
65.Cfr. lincipit del romanzo, p. 7. 66.Contini, Schedario, cit., p. 61. 67.Sono le ultime parole del romanzo (cfr. p. 1257).

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horcynus orca di stefano darrigo lirico, dautore, ma la rappresentazione oggettiva (come quella dei giochi di muccusi e nonnavi) della nonsenseria che ha invaso e intaccato la lingua e lidentit, e lesistenza di Cariddi (quale luogo immaginario del racconto), dei suoi abitanti, dei loro discorsi, della coscienza e memoria del personaggio Ndrja il cui sguardo fa da filtro alla narrazione. evidente e non mi sogno di formulare ipotesi diverse che DArrigo il contrario esatto di uno scrittore nonsensico (e tanto pi, di uno scrittore giocoso o umorista). Non un dadaista, n un surrealista; e nem meno uno sperimentale68 o avanguardista. Si considerava, anzi, un realista classico. Direi che stato un visionario scrittore di cose. Inventore di una lingua-mondo di sorprendente coesione e autonomia,69 e allo stesso tempo di precisa evidenza realistica e congruenza storica, DArrigo ha fatto propri i materiali pi diversi, alti e bassi, grezzi o formati; li ha ogni volta riplasmati, combinati e ricodificati secondo il principio interno, fortemente modellizzante (lingua-mondo), del suo interminabile work in progress ; e tra questi, ha dato grande rilievo significante a certe patologie del linguaggio cui mi riferivo allinizio dellintervento che nella storia della letteratura, convertite in giochi linguistici (non solo come puro nonsense), sono state adottate in funzione trasgressiva, antitradizionale, carnevalesca, se non addirittura come elementi di distruzione del linguaggio .70 DArrigo ha insomma oggettivato quegli elementi distruttivi, ricodificandone la funzione a scopo narrativo. E dunque: i giochi linguistici horcyniani giochi di iterazione, metamorfosi, neoformazione sembrano denotare la medesima incoerenza
68.Cfr. la lettera di DArrigo a Zipelli: Insomma io ho detto s a Mondadori perch il Menab mi sembra abbia un carattere sperimentalistico [] e tale carattere limiterebbe mi pare il mio libro (24 giugno 1959). 69.DArrigo, come noto, si sempre mostrato contrario alle proposte di affiancare un glossario al romanzo (sono peraltro interessanti quelli approntati da Lanuzza e da Alvino, vd. infra, Riferimenti bibliografici), e cos scriveva a Zipelli, mentre correggeva le bozze per il Menab : Torno, trovo un espresso del Menab, dentro lelenco dei vocaboli tradotti non so da chi stupefacente no? e inviatomi perch lo visionassi. Com non importa (il meglio possibile ho pensato persino che labbia fatto Guttuso ma non da me) importa che io non lo volevo (20 luglio 1960). 70.Di distruzione del linguaggio , a proposito del nonsense, parla ad esempio Dossena, Il sorriso del gatto, cit.

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andrea cedola dei sogni; sennonch, il narratore e gli stessi personaggi protagonisti della vicenda tendono continuamente a interpretarli, a cercare in essi nei giochi di parole come nei sogni e visionamenti un significato utile, o almeno lindizio, la traccia di un senso. Ogni produzione onirica, ogni escrescenza fonomorfologica seguita e accerchiata dalla sua spiegazione, diretta, allegorica o simbolica. una disposizione che accomuna, dicevo, personaggi e narratore,71 per i quali i fatti si svolgono come una catena (o meglio, come una trama) denigmi, il cui scioglimento sempre questione di vita o di morte. Il procedimento evidente, allinterno del romanzo, nella scena dello sperone: oreocchiando quasi in stato ipnotico la metamorfosi della barca nella bara e nellarca, fino alla nonsenseria dellorcarca, Ndrja allo stesso tempo (con un accanimento analitico ossessivo) sinterroga sul senso di ci che gli accade, per darsene una spiegazione. Che alla fine trova, e sulla quale ordina le proprie scelte, facendo procedere lazione: dallarenamento dellorca al viaggio a Messina, fino al proiettile cui sembra andare incontro. Allo stesso modo, in diverse parti del romanzo Ndrja ha sognato (anche a occhi aperti)72 e ha poi subito analizzato i propri sogni e visioni, piegandoli ed essi si sono ben lasciati piegare a uninterpretazione e a una funzione allegorico-simbolica che risultata determinante per la struttura e per lo sviluppo della narrazione: si pensi al sogno della fera-delno, nella prima parte del romanzo. Il fatto che le dinamiche metalinguistiche e metadiscorsive, in Horcynus Orca, oltre a produrre, di volta in volta, un effetto derealizzante di parallessi, risultano sostanzialmente non esaurienti rispetto ai fenomeni che le innescano; girano in folle, causando un ulteriore svuotamento di
71.Ma questa anche lintenzione espressivo-comunicativa su cui DArrigo dichiara di fondare la lingua di Horcynus Orca: ogni volta che ho adoperato neologismi o semantiche inedite mi sono preoccupato di fornire immediatamente il corrispettivo metaforico, di scrivere, riscrivere, rifondare il periodo e mirare il vocabolo finch non giudicavo davere raggiunto la certezza che il risultato ottenuto fosse quello giusto e definitivo, che la totalit lessicale, sintattica e semantica fosse realizzata, che, sulla pagina finita, la scrittura parlasse (cfr. sopra, n. 16). 72. il vistocongliocchi della mente , che ricorre spesso nel romanzo, in opposizione al sentitodire e al visto con gli occhi .

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horcynus orca di stefano darrigo significato. Ma esattamente questa la funzione del nonsenso in Horcynus Orca: esso acquista, per corrosione o sdillabramento dei nessi e della materia linguistica, il ruolo estremo (postumo) di produrre sulla pagina la manifestazione epifanica della Nonsenseria la piaga e il disordine, la negativit essenziale dellessere nello spazio dei personaggi. Riferimenti bibliograci
AA.VV., Stefano DArrigo, num. monografico de Lilluminista , ix 2009, num. 25-26. S. Agosti, Je dis: une eur! . Lidea della natura e dellarte in Mallarm, in Il piccolo Hans , 34 1982 (ora in Id., Critica della testualit, Bologna, Il Mulino, 1994). P. Albani, La stupidit in azione, ovvero il comico demenziale performativo, intervento al dibattito su Demenziale-concettuale nellattivit performativa svoltosi al Caff Giubbe Rosse nellambito dellviii Festival internazionale di poesia in azione a+voci , Firenze, 11 marzo 2006. G. Alfano, Gli effetti della guerra. Su Horcynus Orca di Stefano DArrigo, Roma, Sossella, 2000. G. Alvino, Onomaturgia darrighiana, in Studi linguistici italiani , xxii 1996, pp. 74-88 e 235-69 (ora in Id., Tra linguistica e letteratura. Scritti su Stefano DArrigo, Consolo, Bufalino, in Quaderni pizzutiani , 4-5 1999, pp. 1-59); I. Baldelli, Dalla Fera allOrca, in Critica letteraria , a. iii 1975, num. 7 pp. 287310 (ora in Id., Conti, glosse e riscritture, dal secolo XI al secolo XX, Napoli, Morano, 1988). R. Caillois, Les Jeux et les hommes: le masque et le vertige (1958), trad. it. I giochi e gli uomini, a cura di L. Guarino, Milano, Bompiani, 2004. G. Contini, Schedario di scrittori italiani moderni e contemporanei, Firenze, Sansoni, 1978, pp. 60-62. S. Darrigo, I giorni della fera, in Il Menab di letteratura , num. 3 1960, pp. 1-109; Id., Horcynus Orca, Milano, Mondadori, 1975; ristampa negli Oscar , con Introduzione di G. Pontiggia, ivi, id., 1982; ultima ristampa, a cura e con Introduzione di W. Pedull, Milano, Rizzoli, 2003; Id., I Fatti della fera, a cura di A. Cedola e S. Sgavicchia, con introduzione di W. Pedull, Milano, Rizzoli, 2000. E. de Martino, Il mondo magico, Torino, Bollati Boringhieri, 1973. G. Dossena, Il sorriso del gatto, Grosseto, Biblioteca Comunale Chelliana, 2001. F. Gatta, Semantica e sintassi dellattribuzione in Horcynus Orca di Stefano DArrigo, in Lingua e stile , xxvi 1991, 3 pp. 483-95; Id., La rigenerazione del lessico: lingua

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andrea cedola
comune e neologia in Horcynus Orca, in Il mare di sangue pestato, a cura di F. Gatta, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002; Id., Horcynus Orca: un romanzo e la sua lingua, in Atelier , num. 43 2006, pp. 37-39. S. Lanuzza, Scille Cariddi. Luoghi di Horcynus Orca, Acireale, Lunarionuovo, 1985. C. Marabini, Lettura di DArrigo, Milano, Mondadori, 1978. W. Pedull, Congetture per uninterpretazione di Horcynus Orca, in S. DArrigo, Horcynus Orca, Milano, Rizzoli, 2003, pp. vii-xxxi. S. Sgavicchia, Il folle volo, Roma, Ponte Sisto, 2005. C. Spila, Il nostro barocco, Pescara, Tracce, 1997.

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Daniele Baglioni Li NG ue i NVeNTaTe e NON S E N S E N eLLa LeTTeraTura iTaLiaNa DeL NOVeC eNTO*

1. Lingue inventate e nonsense Generalmente, quando si parla di nonsense in letteratura ci si riferisce a testi in cui il senso dincongruo e paradossale dato da violazioni della relazione logica tra i significati delle parole: inserti in lingue inventate parrebbero quindi inadatti a generare il necessario cortocircuito tra la semantica del testo e i processi cognitivi messi in atto dal lettore sulla ba se della logica, dellenciclopedia e della presupposizione. C per unac cezione pi ampia di nonsense, data dai semiologi Civjan e Segal, che in clude nella categoria tutti i testi costruiti sulla violazione delle correlazioni abituali tra il sistema del mondo e il sistema della lingua .1 In questa prospettiva leffetto di nonsense pu essere creato non solo con una lesione della coerenza testuale, ma anche con linserimento nel testo di elementi linguistici dinvenzione che, se ben sfruttati, possono costituire essi stessi dei non-sensi, o meglio dei non-segni, trattandosi in ultima analisi di significanti sprovvisti di un significato.2
*Questo articolo si basa per la gran parte dei testi commentati sullutilissimo repertorio di P. Albani e B. Buonarroti (Aga Magra Difra. Dizionario delle lingue immaginarie, Bologna, Zanichelli, 1994). Preziosi suggerimenti e indicazioni mi sono stati forniti in sede di discussione dellintervento orale da Barbara Anglani e Michele Napolitano, a cui va la mia gratitudine. 1.T. V. Civjan-D.M. Segal, Struttura della poesia inglese del nonsense (sulla base dei limericks di E. Lear), in I sistemi di segni e lo strutturalismo sovietico, a cura di R. Faccani e U. Eco, Milano, Bompiani, 1969, pp. 151-61, a p. 155. 2.Occorre precisare fin dora che in questo articolo vengono considerati inventati soltanto quegli elementi (parole, frasi, inserti di lingue immaginarie) in cui linvenzione linguistica immotivata e a priori, ovvero non si basa o si basa in minima parte su lingue naturali. Ci comporta lesclusione di due categorie, quella dei codici, ossia dei camuffamenti delle parole di una determinata lingua attraverso una o pi regole di trasformazione (come ad esempio nei linguaggi infantili del farfallino o del parlare allincontrario), e quella dei pastiches, intendendo con questo termine non solo la semplice giustapposizione di parole di variet linguistiche diverse, ma anche lapplicazione della morfologia e meno

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daniele baglioni La letteratura nonsense, fin dai suoi esordi, ha fatto spesso ricorso alluso di parole inventate per produrre nel lettore uno straniamento analogo a quello ottenuto con la violazione delle relazioni logico-testuali. Si prenda in considerazione un classico di Edward Lear, tratto dalla raccolta One Hundred Nonsense Pictures and Rhymes del 1872:3
There was an Old Man of Spithead, Who opened the window, and said, Fil-jomble, fil-jumble, Fil-rumble-come-tumble! That doubtful Old Man of Spithead.

A differenza di altri nonsense leariani, in cui la regolarit sintattica [] risalta sullo sfondo dellanomalia del livello semantico ,4 in questo componimento nessuna azione del protagonista (aprire la finestra, parlare, essere in dubbio) pu essere classificata come anomala o tanto meno as surda. Il nonsense tutto nella frase del vecchio, in cui a parole dellinglese comune (jumble, rumble, come, tumble) si mescolano vocaboli dinvenzione ( l-jomble, l-, l-): una filastrocca senza senso, caratterizzata dal l almost obsessive repetition of alliterative-onomatopic combinations ,5 che per viene presentata come un enunciato con una sua logica e una sua veridicit lo dimostra il fatto che il protagonista pu dubitarne. Nei Twenty-six Rhimes and Pictures dello stesso Lear, che hanno per protagonisti per lo pi degli animali, aggettivi inventati come dolomfrequentemente della sintassi di una lingua al lessico di unaltra, come nel macaronico, oppure la creazione di una nuova variet su imitazione delle lingue e dei dialetti di una determinata famiglia linguistica ( il caso delle cosiddette lingue alternative, di cui sono esempi gli pseudodialetti romanzi inventati da Pier Paolo Pasolini e Ugo Gimmelli; cfr. risp. G. Chiarcossi, Poesie in una lingua inventata di Pier Paolo Pasolini, in Miscellanea di studi in onore di Aurelio Roncaglia, 4 voll., Modena, Mucchi, 1989, vol. ii pp. 393-410, testi ii 1-6 alle pp. 394-99, e U. Gimmelli, Quattro liriche in una lingua ipotetica, con una nota introduttiva di L. Blasucci, in Lapprodo letterario , xxii 1976, num. 75-76, pp. 110-14). 3.E. Lear, The Complete Nonsense, ed. by H. Jackson, London, Faber & Faber, p. 203. 4.A. Caboni, Nonsense. Edward Lear e la tradizione del nonsense inglese, Roma, Bulzoni, 1988, p. 57. 5.D. Ponterotto, Rule-Breaking and Meaning-Making in Edward Lear, in Revista Alicantina de Estudios Ingleses , vi 1993, pp. 153-61, a p. 157.

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lingue inventate e nonsense nella letteratura italiana phious, zzgiggious, higgeldipiggledy e runcible si associano a violazioni delle conoscenze enciclopediche (unanatra col cucchiaio, un pesce con i tram poli, una gallina che va a fare spesa al mercato, ecc.) nel generare un senso di forte paradosso e dincongruenza.6 Si pu poi solo accennare in questa sede a quello che probabilmente il pi riuscito esempio di nonsense ottenuto tramite luso di parole inventate, la ballata dal sapore vagamente epico del Jabberwocky contenuta in Through the Looking Glass di Lewis Carroll, per la quale lautore si servito di uno pseudoinglese in cui un lessico quasi interamente dinvenzione convive con parole grammaticali della lingua comune ( Twas brillig, and the slithy toves / Did gyre and gimble in the wabe; / All mimsy were the borogoves, / And the mome raths outgrabe [] ).7 Linteresse mostrato verso il Jabberwocky da un linguista del calibro di Firth e un poeta della levatura di Artaud, che ne tradusse i primi versi in francese, indice dellestrema complessit del loperazione carrolliana, vero e proprio punto di riferimento delle letterature nonsense ed espressionista novecentesche.8 Dagli esempi addotti emerge con evidenza che la buona riuscita del nonsense dipende non dalluso esclusivo di parole inventate, che lascerebbe il lettore totalmente disorientato, ma dallimpiego congiunto e sapientemente calibrato di elementi significanti e non significanti: chi legge ha cos limpressione di trovarsi di fronte a un testo con un senso compiuto, il cui accesso gli per vietato perch non ha la chiave per decodificarlo. Davanti ai Rhymes di Lear portato a chiedersi che animale il dolomphious duck? , oppure com fatto un runcible spoon? , e dalla lettura del Jabberwocky pu trarre le stesse conclusioni di Alice: Somehow it seems to fill my head with ideas only I dont exactly know what they are! However, somebody killed something, thats clear, at any ra-

6.Lear, The Complete Nonsense, cit., pp. 209-21. 7.L. Carroll, Through the Looking Glass, London, Penguin Popular Classics, 1994, p.28. 8.Cfr. J.R. Firth, The use and distribution of certain English sounds, in Id., Papers in Linguistics 1934-1951, London, Oxford Univ. Press, 1957, pp. 34-46; Id., Modes of meaning, ivi, id., pp. 190-215, alle pp. 193-94; Humpty Dumpty di Lewis Carroll nella traduzione di Antonin Artaud, versione italiana di G. Almansi e G. Pozzo, Torino, Einaudi, 1993, p. 32.

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daniele baglioni te--- .9 Per questo motivo, nel passare rapidamente in rassegna gli esempi di lingue inventate nella letteratura italiana del Novecento, abbiamo scelto di rinunciare a criteri canonici come lordine cronologico oppure la forma letteraria delle singole opere (prosa, poesia o teatro) e di prendere invece a riferimento un criterio esclusivamente linguistico, la proporzione tra gli inserti inventati e la lingua primaria dellautore o una qualsiasi altra lingua naturale. In questo modo abbiamo potuto ridurre le molteplici manifestazioni dinventivit linguistica, dalle parodie delle lin gue straniere ai linguaggi teatrali alle Sondersprachen poetiche, a un numero limitato di categorie, allo scopo di proporre una classificazione tipologica delle lingue inventate in letteratura e dei meccanismi testuali attraverso cui con il loro impiego si realizza il nonsenso. 2. Gerghi Cominciamo dal tipo di lingua inventata che contiene il minor numero di elementi dinvenzione, quello cio in cui linventivit linguistica confinata al solo lessico, mentre la morfologia e la sintassi appartengono a una lingua-ospite naturale, che generalmente coincide con la variet dellemittente e del destinatario. Dal punto di vista formale una lingua cos costruita un gergo: nei gerghi infatti, termine con cui in linguistica ci si riferisce alle parlate di gruppi sociali marginali che fungono da elemento identitario di tali minoranze rispetto al resto della comunit, parole inventate sinseriscono in una struttura grammaticale che quella della lingua comune.10 Il rapporto che nei gerghi sinstaura tra lelemento dinvenzione e la lingua-ospite di tipo parassitico: il primo ha bisogno del sostegno della seconda, si sviluppa strettamente abbarbicato al la 11 lingua e [] solo dalla lingua pu trarre vita e alimento . Gli scrittori hanno spesso attinto al patrimonio lessicale del gergo con intenti mimetici o puramente espressivi; alcuni di loro, poi, hanno occa9.Carroll, Through the Looking Glass, cit., p. 30. 10.Cfr. G. Sanga, Gerghi, in Introduzione allitaliano contemporaneo. La variazione e gli usi, Roma-Bari, Laterza, 1993, pp. 151-89. 11.F. Ageno, Per una semantica del gergo, in Studi di filologia italiana , xv 1957, pp. 40137, a p. 436.

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lingue inventate e nonsense nella letteratura italiana sionalmente creato dei gerghi personali. Gli ultimi componimenti della raccolta Chi lavrebbe detto di Alfredo Giuliani del 1973, in particolare Invetticoglia, presentano una lingua accostabile al gergo. In essi parole inventate sono unite tra loro per mezzo di preposizioni, congiunzioni, pronomi e interiezioni dellitaliano:12
sgrondone leucocitibondo, pellimbuto di farcime, la tua ficalessa sbagioca e tricchigna tuttadelicatura la minghiottona: ohi sottilezze cacumini torcilocchi presticerebrazioni, che ti strangosci polpando mollicume, arcipicchiando la voraciocca passitona, la tua dolcetta che allucchera divanissimamente il pruggiculo; cagoscia vizzosaggini il brlatro grattoso: la tua merlosa irabondaggine e vita

Nelle poesie di Giuliani il lessico, per quanto inventato, evoca parole della lingua comune: ad esempio pellimbuto e leucocitibondo sono parole valigia ottenute rispettivamente dallunione di pelle e imbuto e dallincrocio di leucocito con moribondo, mentre farcime un sostantivo formato dal verbo farcire pi il suffisso -ime di mangime e becchime. Non mancano poi tecniche onomaturgiche comuni ai codici (nellaccezione che ne abbiamo dato nella n. 2), come ad esempio linserimento di una consonante non etimologica (brlatro) o la sostituzione di una consonante con unaltra (minghiottona, sottilezze). Il gergo di Giuliani quindi a met strada tra linvenzione lessicale immotivata, che pure vi si ritrova (sbagioca, tricchigna, allucchera), e unaudace neologia sulla base di lessico esistente. Diverso il caso delle Fnfole di Fosco Maraini, una raccolta di componimenti di poesia metasemantica cos la definisce lautore che il noto orientalista, viaggiatore e scrittore pubblic per la prima volta nel 1966. Nelle Fnfole il lessico quasi interamente inventato e per lo pi non evocativo, come si evince dalla lettura del Lonfo:13
Il lonfo non vaterca n gluisce e molto raramente barigatta,
12.A. Giuliani, Chi lavrebbe detto, Torino, Einaudi, 1973, p. 125. 13.F. Maraini, Le Fnfole, Bari, De Donato, 1966, p. 29.

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ma quando soffia il bego a bisce bisce sdilenca un poco, e gnagio sarchipatta. frusco il lonfo! pieno di lupigna arrafferia malversa e sofolenta! Se cionfi ti sbiduglia e tarripigna se lugri ti botalla e ti criventa. Eppure il vecchio lonfo ammargelluto che bete e zugghia e fonca nei trombazzi fa lgica busa, fa gisbuto; e quasi quasi in segno di sberdazzi gli affarferesti un gniffo. Ma lui zuto talloppa, ti sbernecchia; e tu laccazzi.

In assenza dellinformazione lessicale, il lettore costretto a fare ipotesi sulla base di sostegni che concorrono a sterzare il discorso entro i binari del senso , cio la morfologia, la sintassi e della testualit.14 Cos nella prima quartina dalluso dellarticolo determinativo (il lonfo) abbinato al presente imperfettivo dei verbi vaterca, gluisce, barigatta, sdilenca e sarchipatta il lettore capisce che il misterioso lonfo il membro di una specie che compie o non compie abitualmente determinate azioni, mentre dallappartenenza dellonomatopeico gluire alla iii coniugazione, come ruggire, nitrire, grugnire e muggire, deduce che il verbo indica un verso animale. In questo modo, grazie anche allinformazione del condizionamento del vento al v. 3, Maraini permette a chi legge di identificare il lonfo con un animale senza ricorrere mai al lessico. Con procedimenti analoghi nel corso della poesia il lettore comprende che il lonfo un animale generalmente ostile alluomo, ma che pu dare occasionalmente unimpressione diversa (cfr. il connettivo eppure che apre lultima parte del componimento). Ha ragione quindi Alessandro Bausani, autore di un ampio e pionieristico saggio sulle lingue inventate, a osservare che la poesia di Maraini solo apparentemente senza senso comune , giacch

14.M. Longobardi, Educazione allObscuritas: applicazioni didattiche, in Obscuritas. Retorica e poetica delloscuro. Atti del xxix Convegno Interuniversitario di Bressanone, 12-15 luglio 2001, a cura di G. Lachin e F. Zambon, pres. di F. Brugnolo, Trento, Univ. di Trento, 2004, pp. 633-61, a p. 642.

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lingue inventate e nonsense nella letteratura italiana il significato, sottratto alle unit lessicali, viene in buona parte recuperato grazie alle relazioni grammaticali che vincolano il significante.15 Agli antipodi delloperazione marainiana si collocano i tre sonetti In italico modo dello scrittore argentino Julio Cortzar, contenuti nella raccolta Salvo el crepsculo pubblicata postuma nel 1985. Nei sonetti di Cortzar, che per ammissione dello stesso autore acumulan frases sin sentido donde se mezclan voces italianas con otras inventadas a vuelapluma , lelemento dinvenzione molto ridotto, come appare immediatamente evidente dalla lettura di Carla:16
Vae victis, Carla, se le strombe urlante ti immrgono fra i trpidi stormenti! Lo so: supplicherai che ti ramenti la guancia rotta e le pestiglie umante. Vai, e lascia che il labbro dellamante guarisca i seni tanto blu e mordenti, mentre le alani dellestate ai venti frzzano la svergura palpitante. Poi sar il calmo, la deserta notte dove sul ventre cdono le mele liete di brisa soave e di funghine, e tu, supino uccello delle grotte, verrai alzarsi locchio delle mielle e tutto sar dombra e di caline.

La gran parte del lessico appartiene al vocabolario dellitaliano letterario e tra gli elementi dinvenzione abbondano le parole camuffate tramite aggiunte di fonemi non etimologici (strombe, stormenti ), variazioni del grado dintensit delle consonanti (ramenti, mielle) e risuffissazioni di basi esistenti (trpidi, pestiglie, funghine); il lessico non evocativo limitato a
15.A. Bausani, Le lingue inventate, Roma, Ubaldini, 1974 (prima ed. in tedesco: Geheimund Universalsprachen: Entwicklung und Typologie, Stuttgart, Kohlhammer, 1970), p. 48. Per una trattazione pi approfondita della poesia metasemantica di Maraini si rimanda a D. Baglioni, Poesia metasemantica o perisemantica? La lingua delle Fnfole di Fosco Maraini, in Studi linguistici per Luca Serianni, a cura di V. Della Valle e P. Trifone, Roma, Salerno Editrice, 2007, pp. 469-80. 16.J. Cortzar, Obras completas, a cura di S. Yurkievich con la collab. di G. An chieri, 6 voll., Barcelona, Galaxia Gutenberg, 2005, vol. iv. Poesa y potica, pp. 161-63.

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daniele baglioni poche isolate unit (umante, frzzano, svergura, caline). Ci si attenderebbe, quindi, una maggiore trasparenza del sonetto di Cortzar rispetto alla fnfola marainiana. Il risultato invece opposto: se nel Lonfo le relazioni grammaticali restituiscono in parte la semantica sottratta al lessico, nel sonetto di Cortzar sono proprio le relazioni grammaticali, che associano parti del corpo dellamata e dellamante ( guancia, labbro, seni, ventre, occhio) a vegetali (mele), animali (uccello), indicazioni temporali (estate, notte), fenomeni atmosferici (venti) e formazioni geomorfologiche (grotte) violando tanto la coerenza (i seni tanto blu e mordenti, supino uccello delle grot te) quanto la coesione (le strombe urlante, le pestiglie umante, verrai alzarsi locchio), a ostacolare la comprensione del testo. Possiamo quindi dire che, se la poesia di Maraini apparentemente senza senso, quella di Cortzar apparentemente sensata: a una prima e superficiale lettura chi legge, disorientato dalla presenza delle parole inventate e dagli accostamenti di termini appartenenti ad ambiti semantici diversi, attribuisce la mancata decodificazione alla complessit del testo poetico; gli basta per una lettura leggermente pi approfondita per rendersi conto che il testo, con le sue vistose infrazioni della grammatica e della logica, a non veicolare alcun significato. Leffetto finale quello del la parodia, tanto pi riuscita se si considera che prende di mira un genere letterario tipicamente italiano, il sonetto amoroso di stile petrarchesco, rivolgendosi in primo luogo a un pubblico ispanofono. La distanza dalle Fnfole di Maraini misurabile anche solo da un piccolo, ma non trascurabile, elemento: se la poesia metasemantica va letta con una certa lentezza , perch correndo si riduce ad un bant, un tocarico, un burusciaschi insensato , i sonetti di Cortzar necessitano invece di una lectura en voz alta [] apasionada y vehemente , giacch in essi lo nico verdadero es el soneto como forma, y el resto puro camelo .17 3. Grammelot Bench formalmente analoga al gergo, la lingua dei sonetti di Cort17.Cfr. risp. Maraini, Le Fnfole, cit., p. 12, e Cortzar, Obras completas, cit., vol. iv p.161.

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lingue inventate e nonsense nella letteratura italiana zar vicina per intento dellautore e reazione provocata nel lettore a unal tra tipologia di lingua inventata, il grammelot. Con questa parola francese, diffusasi in Italia grazie a Dario Fo, sintende una lingua priva di un lessico significante e di una propria grammatica, la cui fonologia presa a prestito da una lingua naturale: chi legge (o pi frequentemente chi ascolta, trattandosi per lo pi di una lingua teatrale) ha cos limpressione di ricevere un messaggio in una lingua conosciuta, quando invece non si tratta che di unimitazione di quella lingua. Ovviamente, una lingua cos costruita duso esclusivamente artistico la sola fonologia non in grado di veicolare significati e prevalentemente orale, perch il carattere immediato della comunicazione verbale non consente al destinatario un controllo diretto sullenunciato come davanti a un testo scritto.18 Al grammelot, in particolare alluso che di esso fa Fo, dedicata una monografia di Alessandra Pozzo, che ne ha individuato tre caratteristiche fondamentali: il fatto di essere sempre modellato su una lingua di riferimento; il fatto di essere un linguaggio inarticolato; il fatto di necessitare lausilio di codici semiotici secondari quali la mimica e la gestualit.19 In realt solo la prima caratteristica, quella che prevede per ogni grammelot una lingua di riferimento, effettivamente rilevante: infatti, anche se nella forma orale il grammelot viene percepito come inarticolato, nelle sue rare codificazioni scritte esso deve essere per forza di cose segmentato in parole, senza che ci ne infici lefficacia. Lo dimostra il grammelot dello speaker del telegiornale, inserito da Fo nel suo Manuale minimo dellattore come esempio eccezionale di applicazione del grammelot allitaliano e non, come generalmente accade nel teatro dellautore lombardo, ai dialetti:
Oggi traneguale per indotto-ne consebase al tresico imparte Montecitorio per altro non sparetico ndorgio, pur secministri e cognando, insto alleg sigrede al presidente interim prepaltico, non manifolo di sesto, dissesto: Reagan, si pu intervento e lo stava intemario anche nale perdipi albato senza stipu lagno en sogno-la-prima di estabio in Craxi e il suo masso nato per il-luco saltrusio ma
18.Cfr. P. Trifone, Litaliano a teatro. Dalla commedia rinascimentale a Dario Fo, Pisa-Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, 2000, pp. 146-48. 19.A. Pozzo, Grr grammelot. Parlare senza parole, Bologna, Clueb, 1998, p. 135.

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non sempre. Si sa, albatro spertico, rimo sa medesimo non vechianante e, anche, sortomane del pontefice in diverica lonibata visito Opus Dei.20

Quanto poi alla mimica e alla gestualit, se vero che lattore vi ricorre per supplire alla mancanza di senso del grammelot, altrettanto vero che si tratta di due codici indipendenti, il cui uso basterebbe a comunicare anche in assenza del codice orale. Si pu dire piuttosto che lattore che recita in grammelot rinuncia volontariamente alla lingua per portare lattenzione del pubblico su codici non linguistici, come la mimica e la gestualit, o su livelli periferici della lingua, come la prosodia: lattenzione dello spettatore tenuta viva tramite linserimento sporadico di parole (indotto, Montecitorio, per altro, alleg, presidente, interim, ecc.) e morfemi di lingue naturali (-ico, -ando, -ario, -ato, -ante), che per sono troppo pochi per consentirgli la decodificazione del testo, anzi possono confonderlo ulteriormente (cfr. gli accostamenti presidente - dissesto, Craxi - masso, albatro - pontece - Opus Dei ). I procedimenti glottopoietici appena analizzati sono stati sfruttati anche al di fuori della letteratura teatrale, specie allinterno di romanzi, allo scopo di parodiare una determinata variet linguistica. Non ci sembra fuori luogo includere anche questi testi nella categoria dei grammelot, mal grado le ovvie differenze strutturali e funzionali tra le lingue teatrali, destinate alloralit, e la prosa, concepita per la lettura endofasica. Ad esempio, si potrebbe parlare di un grammelot bergamasco per le due frasi Hanfa la Hapa Hotal Hoc! e Hegn Hobet H de Hot! pronunciate da un gruppo di carbonai nel Barone rampante di Calvino, o ancora di un grammelot greco antico per la scritta Velt chimseon sto ramnesi fata che Nivasio Dolcemare, protagonista del romanzo La nostra anima di Savinio, legge intorno al polso di Psiche in un surreale museo di manichini di carne a Salonicco.21 Tipologicamente affini ai grammelot, poi, sono le sequenze sillabiche senza senso concepite per ingannare linterlocutore o un osservatore esterno facendogli credere di ascoltare frasi della lingua comune: se
20.D. Fo, Manuale minimo dellattore, Torino, Einaudi, 1987, pp. 108-9. 21.Cfr. risp. Calvino, Il barone rampante, in Id., Romanzi e racconti, 2 voll., Milano, Mondadori, 2003, vol. i pp. 547-777, a p. 615, e A. Savinio, La nostra anima, Milano, Bompiani, 1960, p. 36.

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lingue inventate e nonsense nella letteratura italiana ne trovano numerosi esempi nella prosa novecentesca, dal balbettio dei protagonisti di Agosto, moglie mia non ti conosco di Achille Campanile (Balab, racat barab, Mairil ones vital, Vidisapi, s mai pi, no mai pi, Caradit! Maradit) alla pseudofrase rivolta dallavvocato Guerrieri a un noioso interlocutore per testarne lattenzione in Ragionevoli dubbi di Gianrico Carofiglio (Cortollasera, gniapro).22 Particolarmente interessante, perch riferito non a una variet parlata ma a una lingua scritta di registro elevato, il grammelot contenuto nel racconto Il critico darte di Dino Buzzati. In esso il critico Paolo Malusardi, per commentare la mostra del pittore Leo Squittinna, elabora una lingua tanto astratta quanto i quadri dellartista:
Il pittrore [] di del dal col affioriccio ganolsi coscienziamo la simileguarsi. Recusia estemesica! Altrinon si memocherebbe il persuo stisse in corisadicone elibuttorro. Ziano che dimannuce lo qualitare rumelettico di sabirespo padron. E sonfio tezio e stampo egualiterebbero nello Squitinna il trilismo scernosti dancomacona percussi. Tambron tambron, quilera dovressimo, ghiendola namicadi coi truffo fulcrosi, quantano, sul gicla dnogiche i metazioni, gosibarre, che pi levapo si su predomioranzabelusmetico, rif comerizzando per rerare la biffetta posca o pisca. Ver chi23

Il testo inizia in una forma intermedia tra il grammelot e il gergo: il lettore riesce a tratti a individuare una struttura grammaticale e basi lessicali della lingua comune (coscienziamo la simileguarsi, Altrinon si memocherebbe, lo qualitare rumelettico, ecc.). Nellultima frase per, fin dallinizio (Tambron tambron) la grammatica viene totalmente offuscata dal gioco fonico, fino al punto che la stessa fonologia di riferimento viene messa in crisi con luso di combinazioni di fonemi rare o persino impossibili in italiano (sul gicla dnogiche). Cos Buzzati fa dissolvere litaliano ampolloso del critico, dietro cui sintravede la polemica di Buzzati giornalista contro i critici troppo spesso fumosi e incomprensibili anche nelle recensioni destina22.Cfr. risp. A. Campanile, Agosto, moglie mia non ti conosco, in Id., Opere, vol. i. Romanzi e racconti 1924-1933, a cura di O. Del Buono, Milano, Bompiani, 1989, pp. 689-891, alle pp. 888-90, e G. Caroglio, Ragionevoli dubbi, Palermo, Sellerio, 2006, p. 94. 23.D. Buzzati, Il critico darte, in Id., Sessanta racconti, Milano, Mondadori, 1995, pp. 51116, alle pp. 515-16.

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daniele baglioni te al grande pubblico ,24 in un balbettio senza senso, secondo un assurdo processo di regressione dal senso al nonsenso presentato al lettore come raffinata ricerca sperimentale. 4. Prelingue e pseudolingue La parodia della lingua dei critici darte caratterizza un altro breve testo in una lingua inventata, la Discussione di due critici sudanesi sul futurismo di Giacomo Balla, declamata dal pittore insieme a Marinetti e Cangiullo il 29 marzo 1914 alla galleria romana di Giuseppe Sprovieri. A differen za di Buzzati, Balla, con un gusto spiccatamente futurista che ricorda il linguaggio-rumore marinettiano, opta per la formazione di parole secondo regole estranee allitaliano e alle principali lingue europee, in cui abbondano le ripetizioni di sillabe uguali. Le basi lessicali non sono evocative (le uniche eccezioni sono costituite da futuro e pompa magna) e lef fetto quello di una filastrocca infantile e, per alcune parole come sgnacgnacgnac e chr chr chr, di unonomatopea:
Farcionisgnaco gurninfuturo bordubalotapompimagnusa sfacataca mimitirichi ta plucu sbumu farufutusmaca sgnacgnacgnac chr chr chr stechestecheteretete maumauzizitititititititi.25

Un testo simile non solo non presenta elementi riconducibili a una lingua naturale, ma immediatamente avvertito dal lettore come estraneo alla lingua come istituto , al pari di quel linguaggio agrammaticale o pregrammaticale che Gianfranco Contini individuava nella poesia di Pascoli.26 Esso non unimitazione della lingua, bens una forma intermedia tra i linguaggi infantili e la lingua umana come sistema articolato, uno stadio precedente alla lingua, una pre-lingua. Il suo effetto straniante funzionale allo scardinamento della lingua comune, specie della sua
24.A. Macchetto, Buzzati critico darte del Corriere della Sera : bibliograa 1967-1971, in Studi buzzatiani , vi 2001, pp. 137-65, a p. 137. 25.M. Fagiolo DellArco, Futur Balla, Roma, Bulzoni, 1970, p. 81. 26.G. Contini, Il linguaggio di Pascoli, in Id., Varianti e altra linguistica. Una raccolta di saggi (1938-1968), Torino, Einaudi, 1970, pp. 219-45, a p. 222.

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lingue inventate e nonsense nella letteratura italiana variet pi alta, quella letteraria, ci che spiega limpiego frequente delle prelingue da parte delle avanguardie poetiche novecentesche. Nella letteratura nonsense luso delle prelingue pu essere sfruttato per creare un forte contrasto tra il testo e la funzione a esso attribuita dallautore: quel lo che avviene nel breve testo di Balla, in cui una filastrocca senza senso viene presentata come una discussione altamente intellettuale tra due critici darte. Analoga la funzione della prelingua nel Canto di trionfo del funzionario di polizia francese del poeta argentino, ma romano dadozione, Juan Rodolfo Wilcock, in cui i funzionari di polizia vengono descritti come animali in competizione tra di loro per assicurarsi una compagna e il loro canto di trionfo assomiglia ora al verso di un uccello (tiuuu, tio, tsii) ora a una lingua esotica (shpetiu tokua, tsirrhadeng ):
Tiuuu-tiuuu-tiuuu-tiuuu-tiuuu, shpetiu tokua, tio-tio-tio-tio, kuutio-kuutio-kuutio-kuutio, tskuo-tskuo-tskuo-tskuo, tsii-tsii-tsii-tsii-tsii-tsii-tsii-tsii-tsii, tso-tso-tso-tso-tso-tso-tso-tso-tso-tso-tso, tsirrhadeng! 27

Sempre di prelingua, sebbene il modello non siano i linguaggi infantili o animali ma le onomatopee dei fumetti, possibile parlare per le frasi dalle parole strane con suoni ancora pi strani rivolte a Guizzardi dai signori raccoltisi intorno al suo capezzale nelle Avventure di Guizzar di di Gianni Celati: attraverso luso di sequenze consonantiche impronunciabili che il protagonista, al pari del lettore non in grado di capire (Prrrcz mmt?, Drrrxp?, Sssz prrx?, Grrp tmm!, ecc.) lautore rende lalienazione della moderna societ tecnologica, la cui lingua non ha pi nulla di umano e ricorda a tratti un linguaggio di programmazione informa tica.28 La sottrazione di un lessico, di una grammatica e di una fonologia ri27.J.R. Wilcock-F. Fantasia, Frau Teleprocu, Milano, Adelphi, 1976, p. 72. 28.G. Celati, Le avventure di Guizzardi, Torino, Einaudi, 1973, pp. 53 e 150.

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daniele baglioni conoscibili non va per necessariamente in direzione di un disfacimento della lingua in una mera sequenza fonica. Essa pu invece essere sfruttata per costruire con elementi dinvenzione un sistema linguistico nuovo e alternativo alla lingua comune. Se leffetto desiderato il nonsenso, lautore cosparger il testo inventato di elementi ricorrenti che lascino sospettare la presenza di una morfologia, facendo cos credere al lettore di trovarsi davanti a una lingua straniera ignota quando invece si tratta di una finzione, di una pseudolingua. ci che accade nel brevissimo racconto di Wilcock Pagosti kealte, dove al lettore viene presentata una finta iscri zione in unantica lingua italica (ma che difficilmente si presta a una interpretazione indoeuropea ): Ma Kaprih K. oram opsu Tr Minis R akinebihi pomp II .29 Lefficacia del nonsense di Wilcock deriva dalla verosimiglianza del testo inventato, non solo per la presenza di terminazioni indoeuropee e pi specificamente italiche (-m, -u, -is, -i ) secondo una tecnica affine ai gerghi e ai grammelot, ma anche per la ripetizione dello pseudosuffisso -ih in Kaprih e, con laggiunta di -i, in akinebihi: il lettore che abbia consuetudine con le lingue fusive pu a ragione pensare che akinebihi sia una forma flessa di akinebih (-ih + morfema -i ) e che Kaprih sia invece una forma nominativale espressa dal puro tema (come il latino orator). A rivelare linganno stanno le righe finali del brevissimo racconto, dove delliscrizione vengono date due interpretazioni opposte ed entrambe estremamente improbabili (nel primo caso perch nessuna delle radici dei nomi propri rintracciabile nel testo, nel secondo perch luso del turpiloquio estraneo non tanto allepigrafia antica, quanto al saggio scientifico da cui simmagina tratta la traduzione):
Il significato attribuitogli dal Minuzzo : Nenda Pureno distrusse in guerra nella citt di Burena larce . Invece il Pehr lo interpreta cos: Ma io le ragnatele ve le tolgo a furia di cazzo! . Il tutto per ancora aleatorio e vago.

La presenza diffusa di inserti di pseudolingue contraddistingue i racconti fantastici di Tommaso Landolfi, maestro nellimpiego di questa tecnica allo scopo di ottenere effetti di nonsenso e paradosso. Landolfi, che dal 1928 al 1932 aveva studiato allUniversit di Firenze dove aveva
29.Wilcock-Fantasia, Frau Teleprocu, cit., p. 76.

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lingue inventate e nonsense nella letteratura italiana probabilmente seguito le lezioni di glottologia di Giacomo Devoto e Carlo Battisti, dimostra di conoscere bene la linguistica del primo Novecento, che si diverte a parodiare nel finto saggio del 1941 Qualche notizia sullL.1: in esso si descrive il funzionamento di una lingua immaginaria dinverosimile complessit, lL.1, caratterizzata da quattro generi (maschile, femminile, neutro e astratto), sette numeri (singolare, duale, triale, decale, centale, miliale e milionale), diciotto aspetti verbali, nove concreti e nove astratti (lentivo, rapidivo, buttivo, gioivo, tristivo, ugualivo, prossimivo, lungivo, ugualivo spaziale) e ben centoquarantasei casi.30 Sempre del 1941 la raccolta di racconti La spada, al cui interno contenuto La tenia mistica, dove vengono narrati i viaggi del norvegese Niel Klim nei pianieti immaginari di Nazar, Martinia, Mezendor e Quama: tanto la frase pronunciata dal principe di Nazar, in cui in ben quattro parole si ripete un -k che potrebbe essere un morfema o un suffisso (spik autri ok skak mak tabu mihalatti), quanto la parola Pikil-fu Inviato del Sole della lingua degli abitanti di Quama, dove il trattino sembrerebbe indicare un composto come in molte lingue indoeuropee, sono costruite su imitazione di lingue naturali con una loro morfologia e sintassi.31 Ma nel suo primo racconto, il Dialogo dei massimi sistemi contenuto nel lomonima raccolta del 1937, che Landolfi d la prova pi ingegnosa di uso di una pseudolingua per creare effetti di nonsenso: come in Pagosti kealte di Wilcock, il paradosso generato dalle contraddizioni tra il testo e la sua traduzione, ma nel racconto di Landolfi le incongruit sono assai meno evidenti e possono facilmente ingannare il lettore meno attento. Non sar inutile riassumerne la trama: il protagonista un uomo che in giovent, in uno dei suoi innumerevoli viaggi, ha appreso da un capitano inglese una lingua che egli credeva essere persiano e si talmente impratichito da scrivere poesie in questa lingua. Col passare degli anni ha dimenticato la lingua, finch un giorno, ritrovando i suoi vecchi componimenti, non decide di consultare una grammatica persiana per poterli comprendere. Con suo grande stupore, per, scopre che la lingua da lui imparata non era persiano n una qualsiasi altra lingua esistente, ma pro30.T. Landol, Qualche notizia sullL.1, in Letteratura , v 1941, pp. 48-51. 31.T. Landol, La tenia mistica, in Id., La spada, Milano, Adelphi, 2001, pp. 11-13, a p. 12.

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daniele baglioni babilmente il frutto della fervida immaginazione del capitano. Decide quindi di recarsi da un critico letterario e sottoporgli una delle sue poesie, della quale ricorda una traduzione approssimativa:32
Aga magra difra natun gua mescin Snit guggrnis soe-wli trussn garigr Gnga bandra kuttvol jers-ni gillra. Lvi girrscen suttrer lunabinitr Anche piangeva della felicit la faccia stanca Mentre la donna mi raccontava della sua vita E mi affermava il suo affetto fraterno. E i pini e i larici del viale graziosamente [incurvati Guesc ittanben katr ma ernuba gudn Sullo sfondo del tramonto rosa-caldo Vra jescklla sittranar gund misagr, E di una villetta che inalberava la bandiera [nazionale, Ther chibll garanbeven lxta mahra Parevano il viso solcato duna donna che [non s accorta Gaj musascir guen divrs kes jenabinitr Davere il naso lucido. E quel lucido guizzo Se guadraptmijen leb sierrakr masascisc Per molto tempo ancora, beffardo e pungen[te, Smm-jab dovr-jab migulcia gassta mihsc Sentii saltellare e contorcersi come un pescio [lino-pagliaccio Sci munu lssut junscru gurlka varsc. In fondo alle tenebre della mia anima.

La lingua concepita da Landolfi ha molti elementi di verosimiglianza. Ricorda una lingua mediorientale per la presenza congiunta delle consonanti h e ch e degli pseudoarabismi mescin, wli, katr, gudn, jesckilla, mi sagr, ther, mahra, musascir, masascisc e mihsc, costruiti su modelli morfologici simili a quelli semitici. Ma lo pseudopersiano di Landolfi molto pi di un semplice grammelot: se si osservano le terminazioni delle parole, sindividuano alcuni elementi ricorrenti, come -r, -ra, -n, -en, -ra e -sc, nei quali facile individuare dei morfemi. Alcuni di essi presentano sempre la stessa consonante con una vocale variabile (ad esempio magra, difra, gillra, oppure garigr, musascir, sierrakr), ci che potrebbe far pensare alla presenza di regole di alternanza morfologica. Ben quattro volte negli undici versi del componimento compare il trattino, ai vv. 2 e 3 (soe-wli e jers-ni) e al v. 10 (smm-jab, dovr-jab): in questultimo caso potrebbe avere valore morfologico, congiungendo la radice alla de-

32.T. Landol, Dialogo dei massimi sistemi, in Id., Dialogo dei massimi sistemi, Milano, Adelphi, 1996, pp. 73-92, alle pp. 86-87.

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lingue inventate e nonsense nella letteratura italiana sinenza dellinfinito, dato che gli unici elementi grammaticali che si ripetono nella traduzione sono i due infiniti saltellare e contorcersi. Ma le corrispondenze non sempre funzionano: Landolfi si diverte a giocare col lettore, premiandolo e deludendolo di volta in volta. Sarebbe vano, ad esempio, cercare la parola per donna nelloriginale, che pure si ripete nella traduzione ai vv. 2 e 7, cos come impossibile individuare il termine per lucido, che compare due volte nello stesso v. 8, e i pronomi personali mi e suo/sua, che si ripetono ai vv. 2 e 3. Il lettore ha limpressione di essere a un passo dalla decifrazione, ma viene puntualmente smentito. Di certo, anche se la grammatica gli sfugge, non pu non riconoscere la raffinatezza della lingua del componimento, evidente nel rigido rispetto del metro, nelle rime, negli omoteleuti e nel fonosimbolismo dellultimo verso, di cui si accorge anche il critico del racconto che esclama entusiasta: Ma sentite dunque questi u degli ultimi versi! Sentite queste rime in usc ! .33 Soprattutto, pu far sua la questione che il protagonista pone al critico, se cio una poesia in una lingua inesistente abbia un valore letterario come le altre poesie, rovesciando cos lassioma crociano e dissolvendo lestetica in linguistica. 5. Conclusioni Nella classificazione proposta abbiamo individuato quattro diversi tipi di lingue inventate: i gerghi, i grammelot (intesi non solo come lingue teatrali), le prelingue e le pseudolingue. In realt, come si visto commentando alcuni casi particolari come il grammelot di Buzzati o la pseudolingua italica di Wilcock, i confini tra le diverse categorie non sono netti e una lingua inventata pu avere allo stesso tempo elementi che la accomunano a tipi differenti. La scala che va dalla lingua comune a una lingua completamente inventata, che abbiamo riassunto nella tabella di seguito, ha quindi le caratteristiche di un continuum, al cui interno le quattro tipologie individuate sono comunque ben riconoscibili:

33.Ivi, p. 87.

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daniele baglioni
lingua comune fonologia morfologia sintassi lessico + + + + gergo + + + grammelot + prelingue pseudolingue

Il vantaggio di una simile classificazione quello di prescindere dalla funzione della lingua inventata e fondarsi su criteri esclusivamente linguistici. Funzione e struttura interna, infatti, vanno tenute distinte, perch a un tipo linguistico possono corrispondere funzioni diverse secondo il testo: il caso delle Fnfole di Maraini e dei sonetti di Cortzar, entrambi formalmente gerghi ma, come si visto, opposti per intento del lautore ed effetto provocato nel lettore. Del resto, vero anche il contrario, ovvero una stessa funzione pu essere espletata da tipi linguistici differenti: i sonetti di Cortzar e la recensione del Critico darte di Buzzati sono entrambi concepiti come parodie della lingua scritta, ma i primi sono formalmente dei gerghi, mentre la seconda strutturalmente affine al grammelot. La differenza tra le prelingue e le pseudolingue , alla luce di queste considerazioni, sia strutturale sia funzionale: strutturale perch, bench entrambi i tipi si caratterizzino per lassenza di elementi della lingua comune, diverse sono le regole di formazione del lessico inventato (ripetizione di sillabe nella stessa parola, nessi consonantici impronunciabili e onomatopee nelle prelingue, impiego di modelli fonologici ricorrenti e terminazioni uguali o quasi uguali nelle pseudolingue); funzionale perch luso delle prelingue rimanda il lettore a forme elementari di comunicazione come i linguaggi animali e infantili, mentre quello delle pseudolingue gli d la sensazione di essere di fronte a forme altrettanto complesse, se non pi complesse, delle lingue naturali a lui note. Nella letteratura nonsense italiana del Novecento e nei generi letterari affini lo si visto i quattro tipi sono tutti abbondantemente presenti. Leffetto di nonsenso viene generato attraverso due strategie differenti, che potremmo definire di nonsenso esterno e interno: nel primo 286

lingue inventate e nonsense nella letteratura italiana caso il nonsenso prodotto dal contrasto tra le aspettative del lettore e il dettato senza senso del testo inventato; nel secondo, invece, il nonsenso deriva dal contrasto tra gli elementi significanti e non significanti al linterno del testo inventato. Esempi di nonsenso esterno sono i sonetti di Cortzar, il grammelot dello speaker del telegiornale di Fo, la recensione del Critico darte di Buzzati, la Discussione di due critici sudanesi di Balla e il Canto di trionfo di Wilcock: in essi lautore sottopone al lettore testi senza senso presentandoli come poesie damore, notizie di cronaca, articoli di giornale, ecc. Di nonsenso interno, invece, lecito parlare per le Fnfole di Maraini, liscrizione di Wilcock e gli inserti in lingue inventate di Landolfi, specie i versi in pseudopersiano del Dialogo dei massimi sistemi: il lettore viene sfidato a cercare un senso nel testo inventato, nelle Fnfole ricostruendo la semantica del lessico dinvenzione tramite le rela zioni grammaticali, nelle pseudolingue di Wilcock e Landolfi ricostruen do la grammatica della lingua inventata attraverso lindividuazione di elementi ricorrenti e il confronto con la traduzione. Questa seconda strategia, pi raffinata e complessa di quella del nonsenso esterno, richiede tipi linguistici in cui sia possibile individuare una struttura grammaticale soggiacente, che pu essere quella della lingua comune, come nei gerghi, oppure una grammatica inventata, come nelle pseudolingue; i grammelot e le prelingue, invece, del tutto privi di elementi significanti, si prestano piuttosto a effetti di nonsenso esterno. Lungi dallessere casuale, la scelta del tipo di lingua inventata quindi fondamentale alla riuscita del nonsenso e, negli esempi pi ingegnosi come il Dialogo dei massimi sistemi di Landolfi, pu persino costituire il perno attorno al quale ruota il paradosso dellintero testo.

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Andrea Afribo ApprOssimaZ iON i aL NON S E N S E N eLLa p Oesia iTaLiaNa DeL NOVeC eNTO*

1. Lobiettivo quello di individuare le possibili derive o contatti, coincidenze o intersezioni della mentalit e della prassi del nonsense nel codice della poesia sensata del Novecento: dunque non autori nonsensical istituzionalizzati o ghettizzati in generi (burchielleschi o berneschi, scialoiani, limerick, poesia per gioco, ecc.), ma ad esempio figure pi o meno insospettabili come Montale, Caproni, Nelo Risi, Zanzotto, la Neoavanguardia, ecc. In tale prospettiva, al di fuori del seminato dellortodossia nonsensical, per il ricercatore cominciano i guai, tra tutti il rischio di vedere, vista la natura speciale della lingua poetica, effetti di nonsense dappertutto. Quali criteri dunque, e limiti, mi sono posto per evitare che loggetto della mia ricerca non si allargasse troppo, perdendo in efficacia critica? Confesso che anche ora ho molti dubbi su quanto ho fatto, ma avrei desistito del tutto dal presentare questo lavoro, se avessi trovato in certi poeti sen sati solo e soltanto materiali approssimativamente nonsense. Non lho fatto perch, insieme e accanto alle figure di cui sopra, ho trovato figure e altro di vaglia metrico-linguistica senzaltro in comune con il pia neta nonsense, cio ad esempio: jeux de mots, paronomasie, qualche stortura verbale, uso compulsivo della rima (ecco allora le non rare tirades monorime, ecco soprattutto i distici baciati che, ha detto Arbasino parlando dei suoi, fanno tanto Corrierino dei Piccoli ),1 e poi le anafore pro lungate e altre ripetizioni in serie che danno al testo il ritmo della litania o della filastrocca. Per cui non ho ritenuto azzardato pensare che tra le due serie di figure ci fosse una relazione, e che le differenze tra le due fossero non di genere ma, forse, solo di grado. In pi, mi ha tolto qualche dubbio anche il fatto che le due serie procedono di conserva: cio entrambe
*Inserire nota. 1.Cfr. Poesia satirica dellItalia doggi, a cura di C. Vivaldi, Parma, Guanda, 1964, p. 267 n.

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andrea afribo prima di una certa data nel poeta sensato non ci sono, e ci sono do po una certa data. Infine: dopo una certa data tutti questi poeti, chi pi chi meno, mi hanno soddisfatto altre tre condizioni. Pretendevo cio da loro che, punto primo, a monte del loro scarto dal senso codificato non agisse lidea consueta delloscurit e della difficolt, cio di quanto la norma della grande lirica tragica moderna, ma che agisse invece la strategia consueta del nonsense, ovvero il divertissement, lo humour, con i relativi effetti apotropaici e antiautoritari, anarchici. Punto secondo: da questi poeti non nonsense pretendevo che qualche volta citassero nella loro poesia o in altre sedi, autori, episodi ecc. legati allistituzione nonsensical; e infine, punto terzo, che almeno una volta nella vita, esibissero exploits non sensical con tutti i crismi. Le mie richieste non sono cadute nel vuoto. Esplicito allora la certa data, tra laltro prevedibile, di cui sopra. Il termine post quem sono ovviamente gli anni Sessanta, e questo significa che i pi antichi autori e i libri coinvolti sono: lultimo Montale, quello da Satura in poi; Nelo Risi, del 56 Polso teso, la sua prima vera raccolta; lultimo Caproni, da Il muro della terra in poi; Zanzotto, quello della Belt ma soprattutto di Pasque; i poeti novissimi e in generale la Neoavanguardia. Poi ovviamente tutti gli altri poeti a venire, che esordiscono dopo o ben dopo la data suddetta. Ma cosa rappresentano gli anni Sessanta e din torni ai fini del nostro discorso? Rappresentano unet di massima circolazione e concentrazione di vecchi e nuovi surrealismi e dei pi vari sperimentalismi con i loro, cos Fortini, miti del Non-Senso ;2 unet di messa in crisi delle distinzioni pi elementari del tipo di, ha scritto Calvino, giusto e sbagliato, s/no, soggetto e oggetto, razionale e irrazionale, conscio e inconscio. Si pensi ad esempio a queste pillole montaliane: il distorto era il dritto (p. 466),3 oppure stasi o moto / in nulla differiscono (p. 471), o al fatto che, da Satura in poi, le non poche occorrenze della parola senso risultano sempre situate in contesti negativi e dubitativi: se un prima e un dopo hanno ancora un senso (p. 509), non pu nemmeno avere un senso (p. 567), se ha un senso dire punto dove non spazio (p. 712) e cos via; e che in
2.F. Fortini-L. Binni, Il movimento surrealista, Milano, Garzanti 1991, p. 14. 3.I numeri tra parentesi si riferiscono alle pagine di E. Montale, Tutte le poesie, a cura di G. Zampa, Milano, Mondadori, 1984.

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il nonsense nella poesia italiana del novecento un luogo senso e nonsenso letteralmente si incontrano: bisogna fingere / che movimento e stasi / abbiano il senso / del nonsenso / per comprendere / che il punto fermo un tutto / nientificato (p. 359). E sono unet, gli anni Sessanta, nel mondo e anche in Italia, in cui entrano decisamente in crisi i sistemi filosofici tradizionali, e trionfano invece le nuove filosofie, le nuove matematiche, le geometrie non euclidee, Wittgenstein. In due articoli famosi ancora Calvino parla di un mnage inedito e pi stretto che in passato tra letteratura, filosofia e scienza, con un guadagno per tutti di nuovi stimoli allimmaginazione e di diversissimi mondi visionari e linguistici , di giochi tra segni e significati 4 di tipo non convenzionale. Ancora Calvino: il clima oggi dominante tra i giovani scrittori pi filosofico che mai, ma di una filosofia interna allatto stesso dello scrivere ,5 e tra i nomi che fa non pochi appartengono o sono prossimi alluniverso nonsense: Lewis Carroll, Queneau, i surrealisti e post-surrealisti, Oulipo e Tel Quel, Borges, in Italia Calvino stesso e implicitamente la neoavanguardia coeva. E si vedr, infatti, come non pochi episodi di esibita e allegra approssimazione al nonsenso siano debitori di tecniche concettuali e stilistiche proprie del discorso logicofilosofico: paradossi soprattutto e paralogismi vari, fino al filosofese pi civettuolo e manierista come ad esempio qui, nel Caproni postumo di Res amissa: Il Nulla, spiegano, il non essere E allora / come pu allora / Essere il non essere? in un testo che non a caso si intitola 6 Pierineria. E infine gli anni Sessanta sono, come pi che noto per la questione poesia, et di allargamento e abbassamento del tradizionale standard linguistico-stilistico, ovvero del cosiddetto grande stile qualunque esso sia. Da qui in poi la lirica novecentesca include tutto quellaltro da s che prima aveva escluso. Come scrive Montale in Poesia inclusiva, un articolo del 1964 ( Corriere della sera , 21 giugno), i poeti sono inclusivi di tutto : 7 e che in questo tutto sia compreso anche la risorsa
4.I. Calvino, Filosoa e letteratura, in Id., Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e societ, Milano, Mondadori, 1995, p. 189. 5.Ivi, pp. 186-87. 6.G. Caproni, Lopera in versi, ed. critita a cura di L. Zuliani, intr. di P.V. Mengaldo, cronologia e bibliografia a cura di A. Dei, Milano, Mondadori, 1998. 7.E. Montale, Il secondo mestiere. Prose 1920-1979, a cura di G. Zampa, Milano, Monda-

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andrea afribo del nonsense, dellarbitrariet e del gioco appunto quello che spero di dimostrare e si veda tra laltro il risvolto di copertina, firmato dallautore, del pasoliniano Trasumanar e organizzar (1971): Il terzo principio stato quello di concedersi una certa libert linguistica rasentante talvolta larbitrariet e il gioco (cose in precedenza mai avvenute [] ) .8 Nello stesso tempo sia chiaro che non mi permetterei mai di dire che lultimo Montale e gli altri sono poeti nonsense. 2. Tra le restrizioni che dicevo, la prima riguardava che sullo sfondo ci fosse semplifico il comico e non il tragico. Tra i derivati del comico non sbagliato annoverare la parodia. Ora la parodia di proverbi o di loci letterari seri e famosi, se non sostanza della scrittura nonsense certo non lultimo degli accidenti. Cos da Burchiello a Lewis Carrol fino a Scialoja, per questultimo si pensi a incipit come Sempre caro mi fu questermo corno , Il sabato del vigliacco , La lepre ha il pi crudele dei musi ecc. Ma la parodia una possibilit anche in Montale, e proprio a partire da Satura. Si pensi a Piove, nota parodia dannunziana, ma tutta Satura e libri successivi fanno tendenzialmente il verso al Montale serio di un tempo. Oppure si pensi a Nelo Risi dove ad esempio un testo come La siepe la versione desacralizzata dellInnito leopardiano.9 Restando sempre in tema di humour, un altro motivo di possibile convergenza tra autori nonsense e poeti come Montale, o Risi o Caproni, la presenza di testi in cui si registra la comune vocazione al ghiribizzo concettuale ai fini di una conclusione straniante e paradossale. Si prenda il caso di Montale. Una delle novit, pi nel male che nel bene, del suo finale di carriera la presenza piuttosto massiccia di testi che si fanno beffe del senso comune, che lo prendono per il naso sabotando con vari mezzi la coerenza e la sostenibilit delle varie ides rues.10 Questi testi
dori, 1996, vol. i p. 2632. 8.P.P. Pasolini, Trasumanar e organizzar, pref. di F. Cordelli, Milano, Garzanti, 2002, p. 220. 9.N. Risi, Di certe cose (poesie 1953-2005), intr. di M. Cucchi, Milano, Mondadori, 2006. 10.Per questo aspetto cfr. G. Mazzoni, Forma e solitudine. Unidea della poesia contemporanea, Milano, Marcos y Marcos, 2002, pp. 90-113.

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il nonsense nella poesia italiana del novecento sono costruiti come, o quasi come, un sillogismo. Dunque presentano una o pi premesse e appunto una conclusione volentieri dotata di paradosso e agudeza, in quanto generata da una interpretazione solo apparentemente corretta delle premesse, oppure dallo sposare lo sviluppo logico delle premesse fino in fondo, fino a che diventa assurdit (mentre, si sa, che il senso qualcosa che accetta la logica fino a un certo punto). Meglio dunque chiamarli non sillogismi ma sofismi o paralogismi. Iniziano con la presentazione di una doxa, tramite o un se, ad esempio: Se dio il linguaggio, lUno che ne cre tanti altri / per poi confonderli / come fa remo [] , ecc.; o una frase apodittica, o una frase con Dicono che, Credono che, di cui un sottogenere il tipo Dice il losofo. Ora, anche restando fermi alle premesse, facile capire di essere quasi del tutto dentro lorbita del ridicule e dellassurdo. Proprio lantonomasia del losofo infatti conosce una serie di declinazioni strampalate e improbabili del genere di teologi in tuta o paludati , il filosofo interdisciplinare , i filosofi del lomogeneo e delleterogeneo che, mettiamo, non possono non ricordarci gli astrusi, quanto ridicoli e inutili, scienziati dellAccademia di La gado degli swiftiani Viaggi di Gulliver. Ma anche leggendo avante ci si convince che questi ragionamenti non sono una cosa seria e sensata: non rarissimo ad esempio il jeu de mot, come nel testo che segue, in cui Montale cita il noto incipit giovanneo, In principio era il Verbo , giocando sul doppio senso di Verbo-Dio e verbo-parola. La freddura arriva nella classica sede dellexplicit:
Si risolve ben poco con la mitraglia e col nerbo. Lipotesi che tutto sia un bisticcio, uno scambio di sillabe la pi attendibile. Non per nulla in principio era il Verbo.

E si faccia attenzione: la conseguenza di questa mislettura, cio che quanto accade nel mondo reale sia riconducibile a uno scambio di sillabe , credo possa ricondursi in generale al concetto di arbitrariet del segno, alla logica surreale e nonsensical di un nominalismo ricreativo e irriverente, una sorta di res sunt consequentia nominum e non il contrario. Entro questa prospettiva metterei linsistenza in questo Montale per limmagi293

andrea afribo ne di Dio come correttore di bozze o Proto, o per il refuso come costruttore di altri mondi e nuove verit possibili, cfr. ad esempio solo i refusi del cosmo / spropositando dicono qualcosa (p. 707). 3. La seconda condizione pretende che i suddetti poeti seri abbiano fatto talvolta riferimento diretto ad autori nonsense. Basti qui un esempio mirato e poi unindicazione di massima. Nelle Pasque di Andrea Zanzotto, trovo una poesia, Qualcuno cera, che finisce cos: La maestra lo dice / lo dice Lewis e Alice . Ovviamente Lewis Carroll, e Alice quella di Wonderland.11 Lexplicit ci suggerisce di ricondurre anche a tali icone del nonsense i caratteri tipici di questo testo e dello zanzottismo in generale, quali stato di trance fiabesco-onirica e proliferazione rapidissima di segni linguistici sganciati da una normale logica connettiva e associativa (proliferazione che nel testo metaforizzata dalle figure di conigli e coniglietti senzaltro carrolliani, a cui si deve la seguente serie di neoconiazioni: conigliare, sconigliare, conigliazione). Carroll e Alice sono poi letteralmente citati nei primi cinque versi di una poesia di Nelo Risi: Il reverendo e la bambina il suo titolo significativo. Ma ancora su Carroll-Zanzotto: proprio dello stesso anno di Pasque, 1973, il lungo saggio intitolato Infanzie, poesie, scuoletta, dove il nome di Carroll compare pi volte ed sentito co me colui che propone libert da ogni schema noto, e che reinventa il mondo per tutti .12 Il fatto ancora pi interessante che qualche pagina dopo, e senza soluzione di continuit concettuale, Zanzotto propone uno schizzo di storia della poesia italiana del Novecento, e soprattutto del se condo Novecento, alla luce di surrealismo e nonsense francese e an glosas sone, facendo i nomi di Breton, Prevert, Edward Lear e ancora di Carroll. E proprio Prevert, Queneau e dintorni sono autori de chevet (e pertanto volentieri tradotti) per poeti come Risi e Caproni. Loro traduzioni compaiono ad esempio in una antologia curata da Attilio Bertolucci e Pietro Citati per Garzanti, anno 1961, dal titolo Gli umoristi moderni, che sono anche, tra gli altri, Petrolini, Campanile, Ionesco, e ancora Carroll
11.A. Zanzotto, Le poesie e prose scelte, a cura di S. Dal Bianco e G.M. Villata, Milano, Mondadori, 1999. 12.Ivi, p. 1171.

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il nonsense nella poesia italiana del novecento e Lear. Facendo un bel salto di tempo, tra le fonti confesse di un poeta di oggi come Valerio Magrelli (amante di paradossi, di calligrammi, di ready-made poetici, e di tutto quanto disturbi o vada oltre la logica del sistema binario, per parafrasare il titolo del suo libro pi recente), in Magrelli, dicevo, ritroviamo ancora Queneau la galassia Dada e lOulipo, Perec, Wittgenstein (precisamente ricordato per i suoi cortocircuiti paradossali), Borges, Toti Scialoja, le geometrie non-euclidee. Significativa per i nostri temi questa sua dichiarazione di poetica: [la poesia un] campo di scambi in cui regna un ordine diverso. [] Si sta andando da qualche parte, ma non si sa dove. Qualcosa di simile avviene nelle geometrie non euclidee, nel nastro di Moebius .13 E tra parentesi e sempre restando al loggi, segnalo che Ottavio Fatica, cio il traduttore dei Limerick di Edward Lear per Einaudi, traduttore eccellente e diciamo cos informato sui fatti, schizzando nelle sue note finali un breve paragrafo sulla fortuna del limerick dopo Lear, include anche il poeta italiano Gabriele Frasca con il suo libro, anno 1995, intitolato proprio cos: Lime.14 La terza condizione: che almeno una volta questi poeti si lascino andare a qualche exploit nonsensical. Si prenda, da Polso teso di Nelo Risi, il delizioso divertissement La settimana del poeta, dotato di classico jeux de mot in perfetto stile surrealista (Duchamp o Prevert, ecc.) e nonsensical:
Lunedi forse che s Martedi forse Queneau Mercoledi Giovedi Valry Sabato Rilke Domenica prosa.

Oppure si consideri Caproni, la sua Litania (che veramente prima de Il muro della terra), un testo sulla citt di Genova in couplets baciati (cio vecchie conoscenze della famiglia nonsensical ). Qualche tessera:
Genova di banchina, / transatlantico, trina [] Genova di canarino, / persiana verde,
13.V. Magrelli, Lenigmista e linvasato, in Seminario sulla poesia, a cura di F. Nasi e L. Vetri, Ravenna, Essegi, 1991, p. 135. 14.O. Fatica, Otto note (e tre postille) per una postfazione, in E. Lear, Limericks, a cura dello stesso, Torino, Einaudi, 2002, p. 232.

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andrea afribo
zecchino. [] Genova nome barbaro. / Campana. Montale. Sbarbaro. [] Genova vecchia e ragazza, / pazzia, vaso, terrazza. [] Genova di Corso Oddone. / Mareggiata. Spintone. / Genova di piovasco, / follia, Paganini, Magnasco. [],

ovvero una serie di uno-due in rima paradossali, arbitrari, dove tutta a nudo la finzione dellartificio poetico. Ed un Caproni forse non troppo dissimile dalle sperimentazioni automatiche di Antonio Porta e in particolare dal suo Rimario del 1973 (nella raccolta Week end ), di cui qui sotto uno specimen:
[] vestaglia / canaglia // caduto / muto // lama / chiama // brandello / fratello // muco / buco // conforme / dorme // corde / morde // pane / cane [].15

Nel novero degli esempi si pu aggiungere, strano a dirsi, anche Montale. Si tratta di pochissimi testi, ovviamente esclusi dallOpera in versi continiana, inclusi invece tra le Poesie inedite dei Meridiani Mondadori, o leggibili in quella miniera di acrobazie e civetterie linguistiche (alla lunga snob e fastidiose) qual il Carteggio con Gianfranco Contini.16 Un primo esempio il seguente Notizie & Consigli, inviato a Bobi Bazlen nel 38: Manda Mir, / non dir di no, / i libri rei / lascia di ebrei. / Ricerchi invano / posti a Milano, / solo tra i proci / mangi peoci eccetera eccetera. Oppure questo, che compare come poscritto in una lettera a Contini datata 1943: Pi no se puede / reggersi in piede, / pi no se posse / rodersi losse e cos via. Si pensi infine che nel suddetto carteggio tra le varie formule di congedo molte sono di questo tenore: Eusebiolin / plin plin ; Caro Trabuccolin quin quin .17 4. Dopo questa carrellata due parole su un caso particolare, quello dellultimo Caproni, nel quale linsensatezza e lassurdo inscritti fin dalle origini nella sua storia poetica fanno ora un salto di livello, cio da dati di esperienza storico-esistenziale diventano un problema ontologico. Co15.A. Porta, Tutte le poesie (1956-1989), a cura di N. Lorenzini, Milano, Garzanti, 2009, pp. 275-83. 16.Eusebio e Trabucco. Carteggio di Eugenio Montale e Gianfranco Contini, a cura di D. Isella, Milano, Adelphi, 1997. 17.Ivi, risp. pp. 185 e 181.

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il nonsense nella poesia italiana del novecento me prova baster citare dal postumo Res amissa il seguente apoftegma: Ogni verit / nel suo contrario , che ha tra laltro la forma di quel nonsense sui generis che il cosiddetto paradosso semantico, anzi: una perfetta variante formale del pi classico di questi paradossi, quello del mentitore. E dunque: se si suppone che lenunciato Ogni verit / nel suo contrario sia vero, allora esso falso, ma se si suppone che sia falso, allora esso vero. Ora in questo Caproni, per tacere di molto altro, trovo figure nelle quali si condensa al massimo e quasi manieristicamente il nonsenso. Tra cui, in primo piano e persino troppo idolatrata dai fans della sua ultima fase, la serie di paradossi o adynata del genere di: Sapevo che non lavrei trovato / a casa, quel giorno. / Per questo avevo scelto quel giorno / per andarlo a trovare [] Non cera. Avevo ragione. / Cos, venne lui in persona / ad aprirmi (ed. Zuliani, cit., p. 327); Meglio chio vada prima che me ne vada anchio (p. 348); Se volete incontrarmi cercatemi dove non mi trovo (p. 406); Sono tornato l / dove non ero mai stato (p. 374); Tutti i i luoghi che ho visto [] non ci sono mai stato (p. 382). Dietro a questi esempi c molta storia della filosofia, ma anche, mettiamo, la poetica del surrealismo. Si pensi a una scena de Il fantasma della libert di Buuel, dove un padre denuncia al commissariato la scomparsa della figlia portandosi dietro la figlia e suggerendone lidentikit con lei l, sotto gli occhi. Ma anche, restando in poesia e in Italia, credo giusto e istruttivo ricordare due versi di Sbarbaro come questi: tutto quello / che vedo come non veduto mai 18 e mettergli a fianco il caproniano Tutti i i luoghi che ho visto [] non ci sono mai stato (p. 382). Lo credo istruttivo, perch ci consente di misurare nel quasi identico la differenza, cio il salto di qualit in tema di forma nonsensical compiuto da questo Caproni rispetto al suo predecessore. Sbarbaro con quel come, con quel come se, tiene il piede in due staffe: enuncia la sostanza paradossale, ma insieme ne attenua lo shock, glossandola razionalmente, mantenendo le paratie tra il senso e il nonsenso insomma: dice che sembra cos e non che cos. Diversamente, senza il come, Caproni pu presentare il suo paradosso come se fosse normale, restando impassibile al suo gioco. Insomma, per
18.C. Sbarbaro, Pianissimo, a cura di L. Polato, Venezia, Marsilio, 2001, p. 65.

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andrea afribo dirla con Carroll, Sbarbaro non attraversa del tutto lo specchio, unAlice alle prime armi, sempre incredula e stupefatta perch ancora aggrappata alla normalit, Caproni invece tutto dentro, tutto calato nel gioco, come la lepre marzolina o il Cappellaio. Attorno a questo nucleo possono poi gravitare altri satelliti circa nonsensical come freddure del tipo La morte non mi avr vivo (p. 453, variazione su temi lapalissiani del genere di sil nestoit pas mort / il serai encore en vie , un quart dheure avant sa mort il tait encore en vie ), bisticci come spara prima che sparisca (p. 555) o giochi pi estesi come il seguente, dove prima e pi di Caproni ci sar Zanzotto, quello di Microlm di Pasque, e prima ancora Risi:
Caproni, Tristissima copia/ovvero/qua- rantottesca (da Il muro della terra) Caproni, Lo stravolto (da Il muro della terra)

Partivan tutti e addio io, e addio e addio e a Dio. quant vero Iddio, a Dio, Soltanto chi non partiva (io) io Gli spacco la faccia (326), partiva in quel rimescolio;

Zanzotto, Microlm (da Pasque) Risi, Gi per li rami (Dentro la sostanza) Dio iodio (siam tutti un po sargassi) Io O di (Giotto) odio (di classe) oddo! dodo ( gi la scienza) addio (ai dolci amici e al mondo.

5. Ma si passi dal particolare al generale, e ci si chieda: i fatti ora visti sono effetti nonsensical solo qua e l, superficiali e fine a s stessi, oppure sono gli indici pi vistosi di un sistema, quello della poesia sensata, che meno lontano di un tempo, lo sappia o no, dal pianeta del nonsense? Mi sento autorizzato a sposare la seconda ipotesi per la ragione che in Montale, Caproni, Risi, Zanzotto, ecc. ho visto nascere o crescere, contemporaneamente ai citati episodi nonsensical, tutta una serie di figure retorico-linguistiche particolari, che nei loro libri precedenti agli anni Sessanta 298

il nonsense nella poesia italiana del novecento non esistevano affatto. Sono figure che riguardano in sintesi tutti i casi di surplus del significante e dunque di liberazione, tanta o poca, dalle leggi del significato. Intendo perci paronomasie, metaplasmi, strisciate di figure etimologiche, polittoti in libert anche a costo di pi o meno aberranti agglutinazioni come, in Montale, il fondatore non fonda perch nessuno / lha mai fondato o fonduto (ed. Zampa cit., p. 377); o come, in Risi, defletto declino decado decampo e degrado [] sono un Pilato deietto delato (ed. cit., p. 104), che quasi un tautogramma. Queste figure forse le pi immediatamente o proverbialmente legate alla scrittura nonsense sono, beninteso, presenti in tiratura limitata, ma che ci siano in autori siffatti, gi una buona notizia e non bisogna pretendere troppo. Le troviamo invece in abbondanza in poeti seri s ma sperimentali come, per intenderci, Zanzotto o pi o meno tutta la neo avanguardia. Ha invece riempito le mie schede tutta una serie di figure legate alla indecidibilit del senso, figure di ambivalenza, tanto di reversibilit quan to di coincidentia e/o contiguit degli opposti o dei molto diversi, e beninteso senza lobbligo di presenza di una gerarchia del tipo vero-falso, o sen za lobbligo di una successiva e razionalizzante sintesi dialettica. Reversibilit ad esempio il titolo di una sezione de Il franco cacciatore, nel quale libro caproniano trovo sequenze esemplari come linseguito insegue / il suo inseguitore. Dove non si pu pi dire (figure concomitanti / fra loro, e equidistanti) / chi sia il perseguitato / e chi il persecutore (ed. Zuliani cit., p. 484). Figure di coincidenza si registrano in Mon tale, in Risi e certo non mancano nemmeno in Caproni e in Zanzotto, ovvero ossimori e antinomie varie, sintagmi copulativi come, nellultimo Montale, i non pochi tutto e nulla (ed. Zampa cit., pp. 393, 424, 440, 462, 480), il vero e il falso (che sono come il retto o il verso della stessa medaglia , p. 453), pieno e vuoto (pp. 489, 526); ma luoghi fertili di ossimori e simili sono pure, tra gli altri, la poesia di Zanzotto, per cui si veda di Gnessulgo (ne Il Galateo in Bosco) il seguente verso con doppia antinomia: ( cos che bosco e non-bosco in quieta pazzia tu coltivi) (ed. cit., p. 554). E poi ricordo che Pasolini, tra i principi del suddetto Trasumanar e organizzar, annovera la rassegnazione di fronte al persistere delloximoron, o della sineciosi .19
19.Pasolini, Trasumanar e organizzar, cit., p. 220.

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andrea afribo Ancora pi significativa la frequenza, cio la crescita, delle disgiuntive, i cui o non sono mai degli aut ma dei vel, cos che i poeti che le scrivono sono come degli Amleti postmoderni, in fondo compiaciuti di non potere o non voler decidere tra lessere o il non-essere. In Montale ad esempio, nel solo Diario del 72 le disgiuntive sono quasi il doppio di quelle di Occasioni e Bufera sommate insieme, 51 contro 29. Infine, un altro reparto molto nutrito quello degli elenchi, che sono sempre pi casuali e sgangherati, o sempre pi lunghi, da qui la comparsa di veri e propri testi-elenco, quasi litanie potenzialmente aperte e allungabili ad libitum. Giusta la loro insensatezza potremmo chiamarli elenchi alla burchia o, per dirla con Rodari, elenchi- bastimento , dove spesso lunico collante certo lomoteleuto o la rima. Cos in Risi: la nemesi losceno la questura / leuropa tutelare, il figlio / nato per partenogenesi / e il cancro con lincenso / e let doro [] (ed. cit., p. 39), Giullari paria / pecore di Dio / [] / la bambina col diadema / nel suo gelato di cristallo / lo studente di Magonza / che la morte ha colto in viaggio / [] (pp. 87-88), un Coriolano vinto / un cameriere defunto / un artigiano al tornio / un aratro forbito / un uccellino dipinto / una ragazza in topless / due versi di Cummings / diecimila negri che manifestano [] (pp. 158-59). Cos in Arbasino: In amore fra siepi di mortella / Annaffiate dagli enciclopedisti / Dai classicisti / dagli antologisti / dagli autolesionisti / dai legittimisti [] ,20 o ancora nel Montale di Satura, in Piove, La storia, o in Fanfara:
[] la meraviglia sintetica non idiolettica n individuale anzi universale il digiuno che nutre tutti e nessuno [] il trionfo nel sistema trinitario
20.Da Apprendista Tebaide, in Poesia satirica dellItalia doggi, cit., pp. 275 sgg.

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il nonsense nella poesia italiana del novecento


dellex primate su se stesso su tutto ma senza il trucco della crosta in ammollo nella noosfera e delle bubbole che spacciano i papisti modernisti o frontisti popolari gli impronti! [],

ovvero fenomenologia di un Montale che ha letto Arbasino (!) e anche 21 altri nuovi e pi giovani , tra cui ad esempio Flaiano e Risi.22 In conclusione: le suddette sono tutte figure in cui si avverte il gioco e il divertimento intellettuale, il gusto della libert ottenuta grazie a una combinatoria nonchlante e libera dagli schemi di ogni binarismo o dualismo conflittuale. in fondo la logica dadaista del groviglio degli opposti e di tutte le contraddizioni come si legge nel Manifesto Dada 1918 di Tzara e Picabia,23 o la logica della porta di Duchamp sempre chiusa e sempre aperta porta di Duchamp che ad esempio Gio Ferri, uno dei padrini della poesia sperimentale italiana di questi anni, riprende per definire la sostanza della poesia di Scialoja e i suoi universi conclusi e sempre aperti . E infine sono tutte figure che un Fontanier includerebbe sicuramente nel paragrafo paradoxisme, e concettualmente coincidenti in toto o per difetto con quelle usate nella letteratura nonsense. Si pensi ad esempio al botta-e-risposta tra il Re e il Coniglio Bianco in Wonderland, dove dire important e subito dopo unimportant del tutto indifferente:
Thats very important , the King said [] Unimportant, your Majesty means of course he [the White Rabbit] said [] Unimportant, of course, I meant , the King hastily said; 24

21.P.P. Pasolini, Satura [1971], in Id., Saggi sulla letteratura e sullarte, a cura di W. Siti e S. De Laude, con un sagio di C. Segre, Milano, Mondadori, 1999, vol. ii p. 2562. 22.Cfr. Mazzoni, Forma e solitudine, cit., pp. 99-113. 23.Fortini-Binni, Il movimento surrealista, cit., p. 59. 24.L. Carrol, Alice nel paese delle meraviglie, Milano, Feltrinelli, 2006, p. 174.

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andrea afribo oppure a una delle Filastrocche in cielo e in terra intitolata Quanti pesci ci sono nel mare?, dove un pescatore dice pi di sette , un altro pi di mille e il terzo pi di un milione e che cos si conclude: E tutti e tre avevano ragione ,25 o al seguente testo di Toti Scialoja:
Lattimo del sospetto si accende e non si accende lalibi dellinetto si vende e non si vende lalito dellinfetto si estende e non si estende,

e cos via. Ma poi si considerino due poeti della neoavanguardia di seconda generazione con spiccate doti nonsensical come Giulia Niccolai e Corrado Costa e due loro testi esemplari, rispettivamente Positivo & negativo:
Ogni cosa pu accadere avere un senso o non averlo. Non ha verit da proporre mantiene aperto il significato il senso nasce nominando le cose. Unimpaginazione una comunicazione di forme lipotesi di una realt in movimento: una vertigine di inversioni infinite e diverse. E ci che ad esse si oppone pu essere sempre rovesciato: nel proprio contrario,

e un frammento da Luomo invisibile:


Non danno molti film di Luomo invisibile
25.G. Rodari, I cinque libri. Storie fantastiche, favole, lastrocche, Torino, Einaudi, 1995, p.63.

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il nonsense nella poesia italiana del novecento


o ne danni molti. Con Claude Rains, Peter Lorre o senza [].

6. E sia, infine, la neoavanguardia che, va da s, per ragioni ideologiche che fanno tabula rasa di ogni senso in quanto mercificato ecc., e per le note tecniche linguistico-stilistiche, appare naturalmente portata a sposare la causa del nonsense. I fatti lo confermano: tanto i padri fondatori quanto i fratelli minori o i figli o i nipotini, tutti, chi pi chi meno, ci regalano prima o poi frutti nonsensical al cento per cento. Anche per i novissimi della prima ora vale, credo, la legge generale per cui non si d nonsense senza gioco e procurata, cio ideologica, svagatezza. Dunque c pi vena nonsense, e fin dalle origini, in Giuliani e Balestrini o in Porta che in Sanguineti. Ma anche per questultimo: baster che il rigido e psicotico trobar clus del libro desordio, Laborintus, si sciolga per avere prodotti nonsensical. A mio avviso le prime attestazioni risalgono al 1968 con la plaquette T.A.T.; ma poi gli episodi si moltiplicano direi esponenzialmente: si va dai quattro-cinque testi del ventennio 1951-1971 alle decine e decine delle raccolte successive. La tipologia comprende soprattutto testi-elenco basati sulla logica del tautogramma o del ribattimento leporeambico o dellacrostico acrobatico da qui un titolo come Acrobistico,26 ma comprende, ad esempio con sequenze del genere di versavice viceversa e dice , anche la maniera del Carroll di Jabberwocky. C poi Antonio Porta, sia il poeta, sia il critico e loperatore culturale. Lultrasenso del nonsense infatti uno dei fili rossi che attraversano e costruiscono la sua famosa antologia per Feltrinelli, Poesia degli anni Settanta (1979). Scialoja, ad esempio, trattato con i guanti e pur ammettendo la sua extravaganza se ne rivendica una certa vicinanza al discorso della neoavanguardia. Cos con Porta in primo piano il binomio nonsense e mondo dellinfanzia, cio forse il principale destinatario, soprattutto virtuale sintende, del nonsense. Nel26.Cfr. E. Sanguineti, Il gatto Lupesco. Poesie (1982-2001), Milano, Feltrinelli, 2002, p. 454.

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andrea afribo la raccolta Metropolis del 1971, Modello di bambini per linguaggio non a caso il titolo del seguente nonsense (ed. cit., pp. 245-46):
mangia sale scotta dito barba scotta [] piccio vola foglia verde campa suona [] sali sedia metto gliolo prendo forca [] dindia fico fico fico forma latte latte pancia frutta bene verdu dura [] inna sono rato mo rompo bello sonno sto sonno bello sveglia no.

E su questa scia andr collocata la curatela con Raboni della raccolta di poesie per bambini Pin pidin, dove c abbondanza di autori e testi nonsense : da Balestrini a Scialoja. Ancora nellantologia portiana ritroviamo poeti della Neoavanguardia di seconda generazione ad alto contenuto nonsense come i gi citati Niccolai e Costa pi il sodale Adriano Spatola, ma si consideri anche, al di fuori dellantologia, il nome di Milli Graffi. Confesso la mia simpatia per la Niccolai, che d un titolo carrolliano, cio Humpty dumpty, a una sua raccolta del 1969, e che scrive, tra le altre, questa deliziosa poesia:
Igea travagliato trento, treviso e trieste di disgrazie in disgrazia fino Pomezia Como era trieste Venezia.

Un testo tra i pi celebri della raccolta di nonsense geografici Greenwick (1971), dunque in linea tanto con, ovviamente, la tradizione del limerick, quanto con la Gertrude Stein di The Geographical History of America, che 304

il nonsense nella poesia italiana del novecento infatti la Niccolai traduce. Se poi si volesse avere una prova in pi del nesso neoavanguardia e spirito nonsense baster sfogliare gli indici della rivista pi importante del movimento, cio il verri . Si troveranno cos inediti di Toti Scialoja, traduzioni da Carroll, saggi su Carroll o Edward Lear e cos via. C poi un numero, del marzo-giugno 1974, dedicato a Aldo Palazzeschi, dove si scopre, o almeno io ho scoperto, che il nonsense un ulteriore ponte tra lavanguardia primonovecentesca e la Neoavanguardia. Il numero dedicato a Palazzeschi, ed un Palazzeschi molto celebrato e proprio perch lo si pensa autore nonsense. Cos lo vede Milli Graffi nel suo intervento, che lo paragona ripetutamente a Lewis Carroll, e cos, evidentemente, lo vede Antonio Porta nella poesia che gli dedica e che intitola proprio cos, Nonsense Omaggio a Palazzeschi ( il verri , marzo-giugno 1974):
1. una giapponese allalbese sul far dellalba al primo del mese crocchiando i suoi sedani sbucciando piselli si crocchia le giappe si sbuccia il suo seme chi chi chi pigola in grembo a una francese nellAntico Piemonte 2. uccia uccia sbuccia sbuccia lecca lecca che la mecca fa la cuccia nella panna chiudi gli occhi tra i ginocchi col rossore sulla guancia cinque dita sulla pancia puccia puccia mia mariuccia 3. fontana morgana put put put fa la nana sotto la fontana ghiacciata 4. abbiatecura abbiatefede abbiatepazienza nel posto delle rane abbiategrasso [].

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Luca Serianni I L G IOCO LI NG UI STICO N ELLA P OE S IA DI TOTI SC IALOJA*

Nonostante unattivit poetica dispiegatasi in un lungo arco di anni (1961-1998), non si pu dire che alla figura di Scialoja poeta abbia arriso una fama pari a quella che ha conosciuto il pittore. Se guardiamo alle antologie, un tipico indicatore della fortuna di un poeta novecentesco, facile constatare come siano molte quelle che lo ignorano senzaltro. Non fosse che per la data di uscita, relativamente alta, non ci aspetteremmo comunque di trovarlo in due classici del genere, quelli compilati da Sanguineti e da Mengaldo.1 Ma Scialoja assente anche in antologie pub blicate molti anni dopo: non solo in opere che trovano altrove le ragioni di uninterpretazione critica dei poeti ospitati (Testa), ma in repertori votati a unideale rappresentativit di valori e di tendenze (Cucchi-Giovanardi) o che potremmo immaginare sensibili alle sperimentazioni del poeta-pittore (Loi-Rondoni).2 Eppure Scialoja stato ap prezzato da
* Citer le poesie di Scialoja dalle seguenti raccolte: Amato topino caro, Milano, Bompiani, 1971 [= ATC; anni 1961-1969; senza numerazione delle pagine]; Una vespa! Che spavento. Poesie con animali, Torino, Einaudi, 1975 [= VSP; anni 1969-1974]; La stanza la stizza lastuzia, Roma, Cooperativa Scrittori, 1976 [= SSA; anni 1973-1976]; Ghiro ghiro tonto, in Id., Versi del senso perso, Milano, Mondadori, 1989 [= GGT; anni 1976-1978]; La mela di Amleto, Milano, Garzanti, 1984 [= MAM; anni 1974-1980]; Poesie 1961-1998 [= POE; in realt il volume abbraccia il quindicennio 1983-1998 e comprende, come si legge nella quarta di copertina, quella parte della produzione poetica di Toti Scialoja che non ricade nellambito della poesia per bambini e del nonsense ]. La sigla sempre seguita, tranne nel caso di ATC, dallindicazione del numero di pagina. Indico il confine di verso col segno /, quello di strofa col segno //. 1.Cfr. Poesia italiana del Novecento, a cura di E. Sanguineti, Torino, Einaudi, 19722, e Poeti italiani del Novecento, a cura di P.V. Mengaldo, Milano, Mondadori, 1978. 2.Cfr. risp. Dopo la lirica. Poeti italiani 1960-2000, a cura di E. Testa, Torino, Einaudi, 2005; Poeti italiani del secondo Novecento (1945-1995), a cura di M. Cucchi e S. Giovanardi, Milano, Mondadori, 1996; Il pensiero dominante. Poesia italiana 1970-2000, a cura di F. Loi e D. Rondoni, Milano, Garzanti, 2001 (la dichiarazione che potrebbe autorizzare un atteggiamento di simpatia per la poesia di Scialoja si legge a p. 14 dellIntroduzione: la poesia si distingue dalla prosa per la propria libert rispetto a una intenzione e a un ordine narrati-

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luca serianni critici-scrittori di eccezione: da Antonio Porta che lo ha accolto in una sua nota antologia3 e gli ha dedicato acuti interventi, soffermandosi su varie raccolte a partire da ATC, definito folgorante libretto 4 fino a Giorgio Manganelli, per il quale la sua invenzione linguistica costituisce uno dei fatti pi singolari della letteratura italiana di questi anni ,5 e a Giovanni Raboni, che ha additato in lui il talento poetico pi originale e compiuto rivelatosi in Italia nel corso degli anni Settanta e Ottanta .6 Quel che certo che la fisionomia poetica di Scialoja stenta ad apparentarsi con quella dei poeti a lui contemporanei. Se per certi esiti qualche critico ha pensato allo sperimentalismo del Gruppo 63 ,7 notevole la sua estraneit al plurilinguismo e al pluristilismo tipici non solo di quel cenacolo ma di tanta parte della poesia del secondo Novecento.8 Qual che tangenza si pu riconoscere, semmai, in singoli episodi.

vi e per la sua assoluta attenzione ai suoni ). Per altre informazioni sulla presenza di Scialoja poeta in antologie rinvio allaccurata tesi di laurea di Orietta Bonifazi, Toti Scialoja poeta-pittore. Un percorso imperfetto verso linvisibile , relatrice Bianca Maria Frabotta, discussa nellUniversit di Roma La Sapienza nella.a. 2004-2005 e consultabile allindirizzo web: www.disp.let.uniroma1.it/fileservices/filesDISP/Toti%20Scialoja.doc. 3.Poesia degli anni Settanta, a cura di A. Porta, Milano, Feltrinelli, 1979, pp. 195-96 (con la Nota ai testi, ivi, p. 71). 4.Nella prefazione a SSA, p. 6. 5.Cfr. I percorsi della scrittura, a cura di F. Cavallo e M. Lunetta, Napoli, Ist. italiano di studi filosofici, 1988, p. 28. 6.Cfr. T. Scialoja, Animalie, catalogo della mostra a cura di A. Ranchi, Bologna, Grafis, 1991. 7.Per Bianca Maria Frabotta, ad es. (Toti Scialoja: le malinconie di un poeta comico, in Il comico nella letteratura italiana, a cura di S. Cirillo, Roma, Donzelli, 2005, pp. 489-503, a p. 490), MAM poco si distingue dal funambolismo programmatico di alcuni esponenti di quel gruppo. 8.A titolo di curiosit, noter leccezionalit di fatti post-grammaticali, e tutti nelle poesie pi tarde: regionalismi ( son mica il bagatto! grida un macilento in ciabatte in unallucinata visione infernale di POE 460), tecnicismi ( certo un effetto vasovagale : POE 435), arcaismi (pressoch nulla da registrare, fatta eccezione per singole emergenze letterarie debolmente marcate come mestieri / esplorare i cespugli : POE 161, lunghesso POE 460). Quanto al pre-grammaticale (o assimilabile), si pu citare un gioco fonico che crea occasionali hapax in SSA 67: Ieri vidi tre levrieri / mogi mogi, / oggi vedo tre levroggi / neri neri, / che domani sloggeranno / levri levri . Alquanto rare e dunque no tevoli in una poesia idealmente indirizzata ai bambini e nella quale tanta parte hanno

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il gioco linguistico nella poesia di toti scialoja Per esempio nel Modello di bambini per linguaggio di Porta,9 in cui si riproduce il linguaggio infantile, con soluzioni tuttavia pi o meno distanti da quelle di Scialoja (giustapposizione di parole e cancellazione di parole grammaticali: fame pieno / messo acqua / vuole mangia ; decurtazione di pa role: puli bocca / niente dito / stare tento , fino alla confusione finale, che allude alladdormentarsi del bambino: inna sono / rato mo // rompo bello / sonno sto / sonno bello / sveglia no ). O alle sequenze di toponimi di Giulia Niccolai, che contano solo per la suggestione evocativa del suono (e infatti i nomi di luogo sono trattati graficamente come nomi comuni),10 ma che, a differenza di Scialoja, non sono ingredienti, sia pure imprevisti e imprevedibili, di una frase di senso compiuto. La Frabotta si soffermata sulla lenta metamorfosi della poesia di Scialoja, la cui storia di poeta comico pu dirsi conclusa dopo il 1980.11 E lo stesso poeta, in una conversazione con A. Ranchi, aveva dichiarato gi SSA un libro di nonsense per adulti , mentre lesperienza per i bambini racchiusa tra gli anni Sessanta e Settanta .12 Ma le filastrocche per linfanzia non sono solari come sembrano13 e del resto lo stesso Scialoja, nel la conversazione appena citata, precisava che le prime poesie erano scritte s per un nipotino, ma segretamente erano dirette a [sua] moglie che doveva leggerle al bambino : dunque, potremmo dire, un doppio livello di lettura presente ab origine, gi allatto dellideazione. I segni di continuit tra la fase nonsensica e la fase drammatica14 non sono pochi. Intanto, una prassi che non meraviglia in chi dichiarava a

gli animali le deformazioni suggerite dal fonosimbolismo animalesco (la zanzara di VSP 44, gli elefanti di MAM 88). 9.In Poesia degli anni Settanta cit., pp. 180-81. 10.Cfr. ivi, p. 201 ( Treviglio. Rovato brescia asola visano / e adda e oglio e mincio e garda / lograto barghe pastrengo e margaria. / Navi che manerbo! Lodi? ). 11.Cfr. Frabotta, Toti Scialoja, cit., p. 489. 12.Scialoja, Animalie, cit., pp. 32-33. 13.Cfr. R. Barilli, in Scialoja, Animalie, cit., p. 16, e anche F. Appel, Lanimale intellettua le. La poesia per bambini di Toti Scialoja, in Bollettino di Italianistica , iv 2007, pp. 101-14. 14.Adotto la bipartizione di M.P. Ammirati, Litinerario di Toti Scialoja, in Tempo presente , num. 157-158 1994, pp. 71-74.

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luca serianni Ranchi: Io non amo i versi liberi ,15 ossia la fedelt alla rima e comunque alle corrispondenze foniche in clausola (assonanze e soprattutto con sonanze).16 Alla sapiente consuetudine con la metrica moderna si deve il ricorso alla sinafa, un istituto introdotto dal Pascoli cultore di versi classici e destinato a una certa fortuna nella poesia del Novecento, ma naturalmente al di fuori degli scrupoli di esattezza sillabica manifestati da Pascoli ;17 mentre si va decisamente oltre un certo gusto pascoliano e primo-novecentesco con la rima franta,18 che in Scialoja coinvolge volentieri anche rime imperfette. Esemplifico i due istituti partendo da POE.19 Sinafa in consonanza in abbaglia : risvegliano 82. Rima franta in dot]tobre (: Lot) 17; labi]rinto : mirabili 47; rive]derti : vive 66; rampi]cante : campi 257; consonanza franta in gas : dis] sepolte 62; sequenze allitteranti frante in tanfo : pantofo]le 61 e Parigi : prestidigi]tatore 283. Riscontri nella poesia nonsensica: sinafa in GGT 248 risorgo]no : Gorgo 248; consonanza franta in VSP 16 (zampa : zampi-]rone); assonanza franta in VSP 71 (antro : ranto-]lo); rima franta con sistole in VSP 52 (Cerveteri : veteri-]nari); rima franta iterata con dislocazione a distanza in
15.Cfr. Scialoja, Animalie, cit., p. 33. 16.Come sondaggio, citer il primo componimento delle prime cinque raccolte che costituiscono POE, ognuno dei quali costituito da due quartine: 15 (da Scarse serpi): consonanza o semi-conoscenza mare : spire, passaggio : naufragio e anche pallido : spalle; 89 (da Qui la vista sui tigli): consonanza crudele : aprile, memoria : miseria, soglia : sbadiglio e assonanza primavera : leva; 121 (da Le sillabe della sibilla): consonanza in percorsi : perversi (prima strofa; perversi anche in rima ricca con riversi, nella seconda strofa), assonanza, o meglio quasirima in intarsia : comparsa; 229 (da Estate ventosa): consonanza tempo : scampo; 253 (da I violini del diluvio): solo consonanze (Dove : neve, tetra : vetri, strada : bradi, assurda : merda). Nella precedente poesia nonsensica domina la rima regolare, anche con lintento di arieggiare la cantabilit delle filastrocche infantili. Cos, la grande maggioranza dei 53 componimenti di ATC rimata e alcuni di essi sono monorimi (ma si ha consonanza in adocchia : rannicchia, rondini : grandine; assonanza in verme : eterne, ecc.); il primo componimento di VSP (4 versi) ha rime regolari, il secondo (8 versi) ha rime e assonanze (marzo : scalzo, pietre : lepre); rime, consonanze e assonanze si alternano in SSA (tra le consonanze: Nervi : curvi 18, araucaria : gloria 19; tra le assonanze: rauca : aula 19, vasca : annaspa 21). 17.P.G. Beltrami, La metrica italiana, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 189. 18.Sul quale cfr. G.L. Beccaria, Lautonomia del signicante, Torino, Einaudi, 1989, pp. 252-53. 19.I simboli ] e -] indicano rispettivamente lassenza e la presenza del trattino di accapo.

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il gioco linguistico nella poesia di toti scialoja MAM 14 (do lintera serie di rimanti: ace]ro rinoce lace]ro pece pace noce fronte ronte; per il testo vd. p. 325) e 125 (tras]colora : strass). Non mancano le riprese intratestuali tra le due fasi poetiche. Si vedano i seguenti componimenti, rispettivamente da SSA 66 e da POE 101:
Un cane percorreva lospedale un dado ruzzolava sul guanciale un cielo si affacciava al davanzale un sole traversava lo spiraglio un sale si addensava sul tuo ciglio un tale mascherava lo sbadiglio un giglio nel bicchiere dospedale. Quale rondine ho scelto per richiamarti quale giravolta quale ultimo stridio sullospedale? Nel bicchiere la rosa divide la sua acqua con la mia attesa: in posa cos come a te piacque.

SSA, vero, si situa piuttosto in una zona adulti che non nella zona bambini di precedenti raccolte;20 e questo componimento, in particolare, ha un senso agevolmente decifrabile, oltre la litania di frasi descrittive, tutte incardinate tranne lultima (nominale) sulla struttura soggetto-predicato-complemento: lambiente quello di un ospedale, con am malati, forse lungodegenti, abbandonati a s stessi nella noia di giornate interminabili. Lo stesso del secondo componimento, che non ha pi nulla delleffetto-filastrocca (si vedano le insistite inarcature) ma che aggetta su unimmagine simile: il fiore (qui la rosa, l con richiamo fonico del rimante sbadiglio che chiudeva il verso precedente un giglio) in un bicchiere, modesto segno di una presenza e di unattenzione in un ambiente freddo e impersonale come quello ospedaliero. Accanto a un tema, si pu segnalare la ripresa di un modulo che nasce con una precisa funzionalit proprio nei libri illustrati di poesie per bambini: quella di commentare una figura animalesca che appare nella pagina di fronte. Cos in ATC:
Questa sarta tartaruga fa modelli in cartasuga,
20.Si vedano la prefazione di A. Porta, p. 8, e la gi ricordata dichiarazione a Ranchi, in Scialoja, Animalie, cit., p. 33 (SSA un libro di nonsense per adulti ).

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luca serianni
sotto gli occhi ha qualche ruga con due foglie di lattuga se le bagna, se le asciuga, ma non sogna che la fuga.

Anche in VSP 48 ( Questo anziano gatto dAnzio ) un incipit del genere fa riferimento a unillustrazione, mentre il deittico resta puramente virtuale in due componimenti, tipicamente nonsensici, di SSA ( Questa cicala rauca , 19; Questa blatta, blanda mater , 36), ma anche in due componimenti di POE 28 ( Questa gaia carriola ) e, con riferimento animale, 527 ( Questa mosca si maschera da vespa ). Un altro elemento tipico dello Scialoja per bambini che ritroviamo anche in POE la toponomastica fantastica, suggerita dai suoni e promotrice di imprevedibili accostamenti che hanno a fondamento ancora una volta un animale, secondo il consueto processo di antropomorfismo delle fiabe. Un esempio da ATC, in cui un tema familiare nellesperienza della prima infanzia (lobbligo di mangiare quando non se ne ha voglia) affidato a una lepre che, dopo il primo cucchiaio, si risolve a una decisione drastica:
C una lepre, a Mestre, a destra, che rimesta la minestra, dopo un sorso si fa mesta, lesta lesta la rovescia a sinistra, fuori della finestra.

Qualsiasi lettore di Scialoja, anche occasionale, potrebbe moltiplicare gli esempi di questa geografia irreale, che punteggia luoghi e abitatori della sezione nonsensica (dalla mosca che ronza a Mosca di ATC alla zanzara che vive a Zara e alla biscia che attraversa sulle strisce a Brescia di VSP 4 e 30, agli alacri bruchi di Locri e alla cincia maschio che fischia a Schio di SSA 24 e 32, al topo che si trova comodo a Como e al mastino di Asti di GGT 139 e 145, alla folla di farfalle di Follonica e ai mille lombrichi in lacrime lungo lombre del Lambro di MAM 71 e 75). Ma anche in POE il procedimento tuttaltro che raro; la differenza la rinuncia allo zoo fiabesco e la riduzione non la scomparsa della sperimenta312

il gioco linguistico nella poesia di toti scialoja zione paronomastica.21 Eccone un esempio (POE 36), in cui il cane un cane a tutti gli effetti, mentre la verosimile allocutaria la compagna di un viaggio nellalto Egitto (indicato col nome antico di Tebaide, che non funge solo da significante per innestare le allitterazioni di apertura e di chiusura, ma evoca anche, col suo sentore classico, la scomparsa di antiche civilt, di cui rimangono miseri resti, le tibie):
Tepida la Tebaide non appena s spento il sole idee di vento traversano le pallide valli mal dette laide purch tra mugolii il tuo cane non frughi tibie della Tebaide.

Ma torniamo alle lepre e alla sua minestra per osservare un altro aspetto della poesia di Scialoja (e ancora una volta siamo di fronte a una costante, sia pure diversamente declinata nel corso della sua parabola): liro nizzazione della lingua pi corriva e automatica (della lingua di plastica direbbe Ornella Castellani Pollidori),22 a cominciare dalle frasi idiomatiche. Qui il punto di partenza il trito dilemma o mangiar questa minestra o saltar dalla nestra; solo che la nostra lepre dalla finestra getta non s stessa, ma laborrita minestra. Altri esempi del procedimento in MAM 19, in cui una libellula ricorda che la bile lilla (giocosa innovazione cromatica rispetto a essere verde di bile) e conclude con la variazione di un convenevole colloquiale chiedendo che fai di bellulo? . Ancora nella stessa raccolta sette componimenti (MAM 54-61) muovono da una frase idiomatica, alterandone paronomasticamente il dettato,23 pur mantenendo il senso. Leggiamone
21.Che, semmai, rilevata da un procedimento metalinguistico: mi dici con durezza e intanto stacchi / Otto dentali: Non da adesso odio Odessa (POE, p. 334) 22.O. Castellani Pollidori, La lingua di plastica. Vezzi e malvezzi dellitaliano contemporaneo, Napoli, Morano, 1995. 23.Seguendo una procedura ben precisa: in ogni verso la struttura grammaticale la stessa (tanto - va - la + sostantivo femminile - al + sostantivo maschile - pronome relativo

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luca serianni uno, in cui si evocano i disagi della podagra, labbigliamento tradizionale sardo, lattrazione per un profumo che sembra sollecitare il gusto oltre che lodorato e infine leffetto dellalcol su un cantore alla ricerca del suo destino (MAM 55):
Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino tanto va la gotta al tardo che si sfascia lo scarpino tanto va la ghetta al sardo che lallaccia sul gradino tanto va la ghiotta al nardo che lo struscia col linguino tanto va la grappa al bardo che rintraccia il suo destino

Analogamente, in SSA 63 il proverbio iniziale trascina altre immagini, in cui il senso cede via via al gioco fonico (la sarta sbaglier per la fretta e per il desiderio di finire il lavoro e andare a riscaldarsi, mentre la pezzente fuori di senno e i bizzarri stridi della gazza non hanno pi alcun rapporto, se non fonico, con i versi iniziali):24
La gatta frettolosa che fa i gattini ciechi la sarta freddolosa che fa i golfini sbiechi la matta frittellosa che fa gli inchini a spreco la gazza fragorosa che fa gli stridi in greco.
- verbo - complemento diretto o indiretto). Le componenti lessicali che mutano mantengono una stretta parentela fonetica: costituendo consonanze o assonanze (gatta - gotta ghetta - ghiotta e gatta - grappa), rime interne (lardo - tardo - sardo - nardo - bardo), collegamenti vari, tutti accomunati dalla presenza di una palatale postonica (sibilante palatale in lascia, sfascia, struscia, affricata palatale intensa in allaccia e rintraccia), rime (ino). 24.Quanto alla gazza e al greco, Michelangelo Zaccarello e Giuseppe Crimi me ne segnalano giustamente lascendenza in un verso del Burchiello: et una gazza che parlava in greco : cfr. I sonetti del Burchiello, a cura di M. Zaccarello, Torino, Einaudi, 2004, p. 26, xviii 12. G. Crimi mi indica inoltre anche un riscontro da Virginia Woolf (La signora Dalloway, trad. e cura di N. Fusini, Milano, Feltrinelli, 1999, p. 21), evidentemente indipendente da Burchiello, che fa pensare a una pi larga circolazione di questo motivo: Un passero si poggi sulla cancellata di fronte; cinguett Septimus, Septimus, per quattro o cinque volte e, cavandosi di gola le note, continu a cantare fresco e penetrante in greco .

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il gioco linguistico nella poesia di toti scialoja In POE 317 il procedimento declinato in senso drammatico, ma il punto di partenza sempre una frase fatta ( una tempesta in un bicchier dacqua , e magari anche affogare in un bicchier dacqua ); solo che questo bicchiere metaforico genera una nomenclatura ben concreta: piatto, cucchiaio e minestra sono qui gli utensili di un pasto consumato in disperata solitudine:
Una volta quanto mi avrebbe fatto patire il tuo incupito mutamento ora ceno con la testa nel piatto quanto basta per rimediare al silenzio. sempre una tempesta nel bicchiere ma il vento ora ha girato ecco il naufragio nella minestra le erratiche lacrime raccolte adagio sollevando il cucchiaio.

Agli antipodi della lingua di plastica sono gli echi della grande letteratura o della grande storia che, di tanto in tanto, si riaffacciano perfettamente riconoscibili, ma straniati in un ambiente in cui domina il suono e la libera variet degli accostamenti nella poesia di Scialoja. A un primo livello il gioco, immediato ed elementare nel suo meccanismo, coinvolge tessere famose in qualche caso divenute tali fin dai primi anni di scuola e forse Scialoja avr pensato che i anche i bambini potessero cogliere le sue manipolazioni e sorriderne. quel che vale per i grandi classici della letteratura italiana, da Leopardi ( Sempre caro mi fu questerto corno / pensa il rinoceronte / senza nessuno intorno MAM 44, col terzo verso arieggiante giocosamente il tema leopardiano della solitudine) a Carducci ( Tamo pio bue! / Anzi ne amo due ATC ), a Manzoni ( C un ramo che sporge sul lago / di Como, sospeso a quel ramo / un ragno si specchia nel lago ecc. MAM 33). Ancora Carducci preso di mira ma qui, tenendo conto della drammatica occasione in cui fu scritta quella famosa poesia, dovremmo proprio parlare di dissacrazione in VSP 72: lalbero di Pianto antico diventa un albatro che vola via alla vista di un pericolo: Lalbatro a cui tendevi / un piccolo caimano / vol cos lontano / che non si vede pi . 315

luca serianni Un secondo livello pi elaborato, sia per i testi evocati sia, e soprattutto, per le implicazioni soggiacenti. E precisamente: a) possono essere in gioco testi famosi, ma non certo paragonabili al lInnito e ai Promessi Sposi quanto a radicamento nella memoria collettiva. Lincipit di una celebrata anacreontica di Iacopo Vittorelli riecheggia in MAM 36 ( Guarda che bianco alano! ); ma se il poeta settecentesco dallincanto di una notte lunare passava agli amori di due usignoli e vi contrapponeva la freddezza della sua Irene, Scialoja si muove nella direzione di un grottesco e prudenziale realismo un po come avviene per il rifacimento di Pianto antico riprendendo al v. 2 lanafora di Vittorelli ma continuando cos: Guarda che zanna aguzza! / Teniamoci per mano / al centro della piazza . Meno esibita ma altrettanto evidente la citazione carducciana di MAM 86 (da Mors, 3: e lombra de lala che gelida gelida avanza ; Scialoja: Un alligatore dAmerica che gelido gelido avanza ): ancora una volta le sofferte riflessioni di Carducci sulla morte in tenera et 25 suscitano limmagine dissonante di un coccodrillo; lepanalessi di gelido, con valore figurato e causativo in Carducci (spietata e che uccide, che rende gelidi), ha ora il valore referenziale pertinente a un animale eterotermo. Nessun intento giocoso ha invece una citazione di Franois Villon, che potremmo considerare una variazione sul tema del tempo e della morte, dunque una poesia che appartiene pienamente alla fase drammatica: Dove sono le nevi / addormentate un tempo / nel silenzio di brevi / inverni senza vento? (MAM 103); b) altre volte il ricordo parrebbe legato non a una citazione esplicita e a un contesto, riproposto o rovesciato che sia, ma a una mera suggestione ritmica e lessicale. Ci vale sicuramente per la citazione dantesca di VSP 15 (da Inf., iv 84: sembianzavevan n trista n lieta ): Ho visto un corvo sorvolare Orvieto. / Volava assorto, n triste n lieto . Anche una famosa melodia ottocentesca, Santa Lucia, un piccolo gioiello col quale si pu dire che abbia inizio la storia della canzone italiana ,26 viene riecheggiata in VSP 34: il verso iniziale spezzato in due versi successivi
25.Del figlioletto Dante, in Pianto antico; dei due bambini del collega Gandino, periti di difterite, in Mors. 26.Cfr. G. Borgna, Storia della canzone italiana, Roma-Bari, Laterza, 1985, p. 3.

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il gioco linguistico nella poesia di toti scialoja ( Sul mare luccica Sul mar si sbriciola / la luna e luccica ) e il riferimento a Napoli del testo originale genera metonimicamente un Casa micciola,27 redditizio sia per la proparossitonia (che crea rima ritmica con sbriciola e luccica e consonanza con lucciola) sia per laffricata palatale che si ritrova, oltre che nei rimanti citati, anche in cantuccio; c) Il gioco linguistico pu farsi malizioso quando il richiamo letterario unoccasione per unirrisione antireligiosa, come avviene con una citazione metastasiana in cui a Dio si sostituisce uno dei tanti animali dello zoo dellautore e precisamente un Ghiro (non casualmente con liniziale maiuscola) tutto intento a dormire, indifferente alle vicende del mondo: Ovunque il guardo io giro / vedo il tuo sonno, o Ghiro! (VSP 145; e non sfugga il fatto che si tratta dellultimo componimento della raccolta, dunque collocato in una posizione di spicco). Alla grande storia, ai trecento Spartani delle Termopili un tema di forte suggestione patriottica, se il numero riechegger anche nella Spigolatrice del Mercantini si riallacciano i Trecento topi grigi di ATC, che parevano terribili / perch stavano immobili . In POE lintarsio intertestuale perde la sua natura ludica e diventa spesso loccasione di un divertissement letterario che un po come avveniva per tanti divertimenti da concerto sfornati dalleditoria musicale ottocentesca, fondati su pi melodie di un melodramma famoso e liberamente riproposti dal compositore intreccia vari temi di unopera o attinge da diverse fonti. Due temi danteschi figurano in POE 72 ( Nessun maggior dolore / che ricordare il tempo / felice scarse rose / alla luce di un lampo. // Uno specchio incoraggia / le rose a lume spento / or le bagna la pioggia / in sogno e move il vento ; cfr. Inf., v 121-22, e Purg., iii 130 e 132). Analogamente Leopardi, Canto notturno, 66, e Carducci, Ad Annie, 1 ( Batto a la chiusa imposta ) sono citati nella seconda quartina di POE 234 ( Questo supremo scolorare del sembiante / nella

27.Emiliano Picchiorri mi suggerisce un accostamento, che sembra anche a me probabile, con la locuzione fare Casamicciola provocare una grande confusione (il riferimento al terremoto del 1883): cfr. R. Randaccio, Toponomastica allusiva, in Lessicograa e onomastica, a cura di P. DAchille e E. Caffarelli, Roma, Societ Editrice Romana, 2006, pp. 147-58, a p. 149.

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luca serianni chiara penombra delle chiuse imposte / il fiato del nulla? ). E in POE 379 convivono Petrarca, Rvf, xxxv 2, e il Detto del gatto lupesco: camminava a passi tardi e lenti con lo schioppo in spalla , Io sono un gatto lupesco . In un caso riemerge una forte vena antireligiosa (POE 265):
Se lidea del Diluvio le passata di mente la lepre ferma al bivio leva il muso allistante. Nel cielo ancora scuro larcobaleno scopre lo sguardo di preghiera di nostra madre lepre.

Lo sfondo il racconto biblico (e si veda anche qui, come sopra per Ghi ro, la maiuscola di Diluvio); ma ambiguo il penultimo verso, che po trebbe alludere semplicemente allespressione mite della lepre, ed espli citamente dissacrante lultimo, che attribuisce alla lepre lepiteto tra di zionale di Maria Vergine. Ma tempo di passare a ci che costituisce lessenza del nonsense: la frattura della coerenza testuale. La violazione logica pura e semplice (ci che evidentemente non pregiudica lindividuazione di un senso altro) rara. In VSP 44 si gioca con le affermazioni inconciliabili dei vv. 4 e 6: Negli orti di Gubbio / allombra di un umbro / sambuco c un bruco / senzombra di dubbio / colore dellambra / o forse lo sembra , e in POE 361 dunque in un testo estraneo alla fase nonsensica (e al suo sperimentalismo espressivo) si trasgredisce il principio di non contraddizione: con stizza ma senza stizza alzi il bavero del cappotto . Pi interessante un componimento di MAM 88, sgranato su unaritmetica in parte verosimile (v. 3) in parte irreale, che dal numero iniziale di novanta rumorosi elefanti passa allo zero, in un pieno silenzio desertico che smentisce lo stereotipo di avvio:
La vita va avanti! La fita fa afanti! gridavan di naso novanta elefanti o meglio sessanta, di cui trenta affranti,

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tra anziani ed infanti non erano venti, un sol pachiderma barriva fra i denti, nessuno fiatava: da sempre era immerso nel pieno silenzio limmenso deserto.

Il tipico nonsense di Scialoja, per, si declina altrimenti. Intanto, una serie di componimenti spesso i pi memorabili rappresenta una situazione plausibile in un contesto inatteso. Qualche esempio (GGT 253):
La zelante zanzara dellAlsazia se allalba salza sazia mi ringrazia.

Che una zanzara, dopo averci punto, possa dirsi sazia non fa notizia; ma il gioco sta nellambientazione imprevista (lAlsazia non nota per essere infestata dai fastidiosi insetti), nellantropomorfismo della zanzara (che non solo ringrazia , ma allalba salza , come un essere umano) oltre che nellinvestimento fonico, qui trasparentemente fonosimbo lico.28
Se viaggia russando la vecchia tarantola e sibila e rantola tra Taranto e Mantova il controllore la scrolla, la brontola, finchessa, alterata, discende a Terontola. (ATC )

La cronaca dellallontanamento di un viaggiatore che disturba gli altri passeggeri ha come dato fantastico lavere a protagonista una tarantola (ma siamo poi proprio sicuri che designi il ragno e non, metaforicamente, una vecchia donna dallaspetto disgustoso?); per il resto appare plausibile persino il percorso ferroviario: il gioco anche qui non sta nei significati, ma nella suggestione fonica (la paronomasia di Tarantola, Taranto e Terontola) e ritmica (addensarsi di sdruccioli; oltre ai citati: sibila, rantola, Mantova, brontola).
Giunse un topino egizio a pi della Piramide vi scorse un orifizio e mormor: Mirabile! (VSP 88).
28.Alla zeta associata alla zanzara Scialoja fa ricorso anche in VSP 117, alterando lassetto di parole messe in bocca allinsetto: Buona zera! e ho tanta zete! .

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luca serianni prevedibile che un topo resti insensibile di fronte alla maest delle piramidi e sia interessato invece al buco nel quale insinuarsi. Ancora una volta un dato realistico, almeno nella specifica realt delle fiabe; il gioco sta tutto nellesclamazione, che riconduce ogni dato esterno alla particolare prospettiva di chi giudica.
Sogno che una zanzara con le staffe mi dica: Salta in groppa! La tariffa del volo quella antica non far gaffe e tenera la notte a Teneriffa . (MAM 81)

Qui la componente fiabesca addirittura esplicitata dalla fantasia onirica ( Sogno ) e una qualche coerenza ha il riferimento a una tariffa antica e luso di forme, se non antiche, certo con lapparenza di esserlo: i due forestierismi italianizzati e posti in punta di verso; ma, ad ammonirci contro interpretazioni lineari sta la voluta dissonanza del riferimento, qui incongruo, al romanzo di Fitzgerald. Molte altre volte si ha una vera e propria lesione del senso superficiale. Le modalit espressive sono assai varie: a) lo spunto iniziale pu consistere in unasserzione banale ( Oggi Pasqua e vado a pesca GGT 135), alla quale i versi successivi tolgono ogni plausibilit: si pu anche partire senza loccorrente e senza la prospettiva di pescare un pesce o magari la sua lisca (vv. 2-3: senza lenza senza lasca / senza lisca senza lesca ), ma certo lacqua un presupposto ineliminabile per esercitare questattivit (v. 4: senza lacqua nella vasca ). Inversamente, si pu esordire con una serie di dichiarazioni assurde (le etimologie dei vv. 1 e 2), continuare con asserzioni sufficientemente perspicue, anche se espresse con un certo investimento figurale e fonico (vv. 3-5: il dado il simbolo tradizionale del giocatore; linnamorato, colpito dalla freccia damore, riesce a liberarsene con fatica; il ladro cauto e non commette leggerezze o ingenuit) per concludere con un verso di prosaica verosimiglianza (MAM 54):
Chi crede alla corda si chiama cordaro chi adotta la coda si chiama codardo chi adora lazzardo si attarda col dado

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chi ha un dardo nel cuore lo strappa in ritardo chi ladro di rado si sdraia su un cardo soffrigge col lardo chi cuoco di bordo.

b) Un corrispettivo dellantipatia di Scialoja per le frasi fatte si ritrova nel suo gusto di rovesciare i ruoli; in GGT 143 un insetto finito in un bicchiere di aperitivo, e dunque votato a probabile morte anche perch invischiato dalle sostanze zuccherine della bevanda, si rivolge allio poetante guardando a lui come un non-vivo perch privo della capacit (rea le? figurata?) di spiccare il volo:
Calata nel calice dellaperitivo unape che trema mi scruta in tralice dal vetro e mi dice: Per essere vivo ti manca una piuma! .

c) Frequente un procedimento, ampiamente praticato gi dal Burchiello, per il quale la perdita di coerenza si accompagna a un forte aumento degli indicatori della coesione testuale, cio dei connettivi tipici di un discorso organizzato razionalmente e scandito da ipotesi (se), da con tro deduzioni (bench) o anche dal riferimento a circostanze temporali (quando). In due esempi di VSP 63 e 94 il componimento si riduce a un periodo ipotetico (se X , Y ) di folgorante assurdit (ma nel primo caso lapodosi pu ben alludere al delirio del febbricitante):
Se cresce la febbre la porta si apre appare la lepre in mezzo alla neve che turbina sempre; Se la farfalla ha fatto la valigia non azzurra n gialla: tutta grigia.

Converr ribadire che la perdita del senso superficiale, in poesia, pur 321

luca serianni sempre una nozione relativa. In MAM 106 lipotetica dei vv. 3-4, apparentemente irrelata, coopera in realt al concetto dominante in cui, col consueto spirito irreligioso, Scialoja vede nellestasi mistica una pura assenza , la perdita del controllo sulla realt (si legga lultimo verso), non il contatto con il divino e dunque una presenza pi intensa, una piena comprensione delle verit ultime:
In quel dAssisi lestasi sui sassi solo assenza di attese se lestate esausta ne fa senza. S, s dicono assisi angeli dagli sguardi color dei fiordalisi: assurdo che sia tardi .

Del resto, questo tipo di ipotetiche evanescenti, che invitano a cercare un senso riposto oltre la lettera del testo, assai frequente in POE, dunque successivamente alla fase nonsensica (e certo non una modalit esclusiva di Scialoja). Solo un esempio, dalla seconda quartina di POE 223:
Chiusi lombrello in fretta al vento delle origini la piazza era deserta se calpestavo glicini.

Due esempi con connettivi temporale e concessivo (da MAM 22 e 14; e nel primo si noter anche lultimo verso, che costituisce formalmente una frase giustapposta ma che, con talmente, implica un valore consecutivo nella sovraordinata):29
Quando liguana si sfila i guanti tra i calicanti del Paraguay lo fa guardinga, con gesti esangui,
29.Cfr. L. Serianni, Italiano, Milano, Garzanti, 1997, xiv p. 134.

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guatando attorno, fiutando guai, talmente ha in uggia i guaran; Sotto un ace ro il rinoce bench lace ro e di pece dorme in pace. Sotto un noce ch di fronte ronfa il ronte.

Con gli animali fantastici delle sue poesie lautore intesse un dialogo che qualche volta incardinato sul tu metastorico della tradizione poetica (e fiabesca), ma altrove utilizza il lei della conversazione borghese.30 Cos, in MAM 92 e 94 si d del tu a una marmotta riluttante a salire su una rossa carriola ( Esclamo: Tho ammaestrata! Non far la matta, amore! ) e a una lepre, qui con sovrapposizione del ruolo canonico della donna amata31 ( Respiro sul tuo muso roseo di lepre e spio / che a svegliarti non sia questo odore di rose: / rose e rose traboccano attorno al nostro addio / ma il sonno di una lepre non sopporta la dose ), mentre si d del lei a una fillossera ( Per quanto non mi fidi degli afidi verdastri / le dico: Perch piange? e le riannodo i nastri / mentre con gli occhi rossi fissa il cielo che stinge ). Il dialogo con unape in VSP 104 d luogo a una delle rare notazioni metalinguistiche della poesia di Scialoja:
Vidi lape e l per l seppi dirle: Oh, vera perla! Mi rispose: Come fa questa iperbole a saperla? .
30.Per gli allocutivi in poesia cfr. L. Serianni, La lingua poetica italiana. Grammatica e testi, Roma, Carocci, 2009, pp. 180-82. 31.Una voluta ambiguit che si ritrova anche altrove, per esempio in MAM 83 ( Violento un vento soffia stanotte e mi risveglia, / ti riassesto la cuffia sul musino di triglia, / mi abbottono la maglia, sento il mare che muglia ecc.), in cui il musino di triglia potrebbe non essere il volto affilato di una compagna magari di unanziana compagna che dorme con la cuffia ma letteralmente di un pesce.

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luca serianni Linterlocutore umano, verosimilmente femminile, raro nella fase nonsensica e si affaccia non casualmente solo in SSA: abbiamo gi incontrato almeno un esempio utile (SSA 66: Un cane percorreva lospedale ) e altro potremmo aggiungere, per esempio il seguente incipit (SSA 51), che evoca un tema tipico dellidillio sentimentale32 ma che si caratterizza immediatamente per un componimento tipicamente scialojano (paronomasie, gusto del nome geografico come spunto fonico, coerenza testuale almeno dubbia del v. 3):
Ti ricordi gli storni che a stormi nei tramonti dei nostri bei giorni quando i treni si fanno notturni attorniavano Terni e dintorni?

Abbiamo esordito ricordando gli apprezzamenti venuti alla poesia di Scialoja ai suoi giochi fonici, alla sua ricerca della parola come incantevole meccanismo sonoro 33 da parte di altri poeti; e, pur non rinunciando a far emergere il senso o i sensi che pur dato riconoscervi n a ricostruire alcuni meccanismi che ne regolano il funzionamento, dobbiamo convenire che proprio in questo libero gioco linguistico sta il fascino della sua poesia. Del resto, ricordando il destarsi in s bambino dellinteresse per i versi, Giovanni Giudici, un poeta che con Scialoja condivide quantomeno lironia e lautoironia ha scritto:
Nelle poesie mi attirava la rima, credo soprattutto perch sembrava quasi dispensare dal comprendere il concetto. Purch tornasse la rima andava tutto bene. E in fondo, bench stravagante, non era un approccio sbagliato.34

32.Si pensi, per es., a E. Praga, Brianza (in Id., Opere, a cura di G. Catalano, Napoli, Rossi, 1969, p. 223): Come bella la sera in mezzo ai monti! / Te ne ricordi? ti ricordi quando / si vagheggiava i rapidi tramonti / e tornavamo a braccio e sussurrando ecc. 33.Per riprendere le parole che si leggono nel risvolto di copertina di ATC, sulle quali richiama giustamente lattenzione Porta nella Prefazione a SSA, p. 6. 34.Si veda la Testimonianza di G. Giudici contenuta in Loro e lalloro. Letteratura ed economia nella tradizione occidentale, a cura di G. Ioli, Novara, Interlinea, 2003, pp. 105-7, a p.105.

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I NDIC I

i N DiC e Dei NOmi

Autore: 000.

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indice dei nomi

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I N DiC e

Premessa, di Giuseppe Antonelli e Carla Chiummo Giuseppe Antonelli, Il nonsoch del nonsenso Marco Berisso, Preistoria (mancata) del nonsense nella poesia me dievale italiana Michelangelo Zaccarello, Una forma istituzionale della poesia bur chiellesca: la ricetta medica, cosmetica, culinaria tra parodia e nonsense Alessio Decaria, Con Burchiello dopo Burchiello. Il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 Carla Chiummo, S grande Apelle, e non minore Apollo : il non sense del Bronzino manierista Pasquale Guaragnella, Il nonsense in alcune abe del Pentame rone di Giambattista Basile Giuseppe Crimi, Un caso di poesia nonsensica secentesca: i sonetti della bugia di Francesco Moise Chersino Massimo Castoldi, Il prete ride e la serva balla . Pietro Micheli e la storia del nonsenso Toni Iermano, Ah, lArte una cosa ben misteriosa per me . La real t fantastica di Cesare Zavattini Barbara Silvia Anglani, Tutti a cena dal barone Manuel. Il non sense in Achille Campanile Andrea Cedola, Il mare della nonsenseria . Horcynus Orca di Ste fano DArrigo 329

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indice Daniele Baglioni, Lingue inventate e nonsense nella letteratura ita liana del Novecento Andrea Afribo, Approssimazioni al nonsense nella poesia italiana del Novecento Luca Serianni, Il gioco linguistico nella poesia di Toti Scialoja INDICI Indice dei nomi 327 269 289 307

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composizione presso graca elettronica in napoli nito di stampare nel dicembre del mmix presso ??????????? in napoli

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