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Per "Umanesimo" si intende quel vasto movimento culturale che, iniziato negli ultimi decenni del Trecento e diffusosi

nel Quattrocento, ha come caratteristica principale la riscoperta dell'uomo attraverso la ricerca e la letteratura dei classici latini e greci: humanae litterae o studia humanitatis, da cui appunto trae origine il termine "Umanesimo". Questa riscoperta un'indispensabile premessa culturale del Rinascimento, con la quale la generazione dell'et umanistica sottolinea una netta distanza tra il mondo medioevale, caratterizzato da una visione della vita, che poneva Dio al centro dell'Universo e imponeva all'uomo una totale sottomissione al volere e al potere della Chiesa e la loro visione in cui l'uomo posto al centro dell'Universo ed considerato artefice, padrone del proprio destino. Si diffonde una grande fiducia nell'intelligenza umana; si esaltano, in particolar modo, la dignit dell'uomo, la sua superiorit sugli altri esseri naturali, le sue innumerevoli capacit creative. Inoltre si afferma il concetto di humanitas, inteso come la voglia di conoscenza che distingue l'uomo da tutti gli altri esseri animati. Centri di diffusione della nuova cultura sono soprattutto le grandi corti signorili, in particolare la corte di Lorenzo de' Medici, detto il Magnifico, presso la quale si riuniscono moltissimi artisti e letterati del tempo. Infatti anche durante l'umanesimo si rinnovano le arti, la scultura e cominciano ad apparire alcuni personaggi importanti come Leonardo Da Vinci.
In primo luogo, il termine Umanesimo usato per la prima volta nell800 dal filosofo e teologo tedesco Niethammer e indica la riscoperta dei classici. Tuttavia, di studia humanitatis si parla gi nel 300, con riferimento al concetto ciceroniano di humanitas, che ricorda e riprende a sua volta la paideia greca: leducazione e la formazione delluomo nel senso pi pieno e completo del termine. In questo contesto le lettere svolgono un ruolo decisivo (poesia, retorica, filosofia, storia), ma viene a cadere qualsiasi distinzione tra la formazione letteraria e quella filosofica, inscindibilmente unite. Uomini come Pico della Mirandola e Marsilio Ficino, solo per fare due nomi, sono al contempo letterati e filosofi. Nellet umanistica riscoperta dei classici significa sviluppo di una scienza fondamentale: la filologia, ossia lo studio della parola e quindi dei testi antichi collocati nello specifico contesto storico in cui sono nati. Gli umanisti si propongono dunque di capire che cosa hanno veramente sostenuto gli antichi greci e latini, in quel tempo e in quei luoghi in cui vissero ed operarono. Il termine rinascimento coniato anchesso nellOttocento e indica il rinnovamento spirituale e la rigenerazione morale tipica del periodo. Tradizionalmente, si parlava di umanesimo per il 400 (dove sarebbe prevalsa la filologia) e di rinascimento per il 500 (contesto in cui prevale lindagine filosofica). Oggi si tende piuttosto a considerare umanesimo e rinascimento come due aspetti dello stesso fenomeno (e dunque viene a cadere la tesi tradizionale), nel senso che il nuovo spirito rinascimentale si serv degli studia humanitatis come strumento per progettare e costruire una nuova idea di uomo. La filologia e lo studio dei classici, in altre parole, non fu fine a se stesso, ma finalizzato alla visione antropocentrica e alla dignit delluomo, indubbiamente nuova rispetto al passato. Se mai, possiamo sostenere, pur con una certa cautela, che nel 400 prevale lindagine sulluomo e nel 500 quella sulla natura. Propongo qui lesposizione sintetica di due interpretazioni classiche dellumanesimo, che riguardano il suo significato filosofico. 1) Kristeller: gli umanisti sono stati sopravvalutati, perch stata loro attribuita una funzione di rinnovamento del pensiero che in realt non ebbero: non furono filosofi, ma essenzialmente filologi. Io credo che gli umanisti italiani non siano stati affatto dei filosofi, n buoni n cattivi. Infatti il movimento umanistico non sorse nel campo degli studi filosofici o scientifici, ma in quello degli studi grammaticali e retorici. Lo stesso merito principale dellaristotelismo del 500 fu il ritorno alla lettura dei testi di Aristotele nelloriginale greco. Del resto, anche gli artisti non sarebbero stati tanto geni creativi, quasi avessero avuto capacit sovrumane (quello di genio , in effetti, un concetto che nasce solo con il romanticismo), ma ottimi artigiani, in possesso di un notevole bagaglio di conoscenze tecniche (dallanatomia alla prospettiva). Inoltre, astronomia e fisica fecero progressi notevoli non perch collegate e influenzate dalla filosofia, ma in quanto agganciate strettamente alla matematica.

2) Garin: la sua tesi di segno opposto. La filologia la filosofia dellumanesimo, ossia un nuovo metodo di considerare la storia, un nuovo senso della storia, che d vita ad una filosofia aperta, pragmatica e problematica. La filosofia non qui concepita come sistema, cio una totalit di conoscenze perfettamente collegate tra di loro, che presume di spiegare tutta la realt, bens un sapere non definitivo, che pone domande, ma lascia inevitabilmente anche problemi irrisolti e ha una finalit pratica di trasformare il mondo e mette lindividuo concreto in primo piano: gli umanisti intraprendono indagini concrete, definite, precise () al di fuori di ogni vincolo e di ogni auctoritas. Gli umanisti sono lontani dunque dalla costruzione di quelle cattedrali di idee tipiche di una filosofia sistematica come la Scolastica. Tra queste due tesi divenute ormai classiche, la storiografia pi recente ritiene che sia possibile una mediazione: lumanista si contraddistingue per il modo di leggere i classici, per cui guarda al passato con un senso storico diverso, ma anche vero che dal punto di vista teoretico lumanesimo non port grandi e originali novit. Riguardo al secondo aspetto, il concetto di rinascimento nasce nell800 grazie a studiosi come Michelet e Burckhardt e sta ad indicare una frattura, una rottura storico culturale rispetto al medioevo: da una concezione teocentrica, in cui lintera vita delluomo medioevale vista e progettata in funzione di Dio e dellaldil, si passa ad una concezione antropocentrica, che mette lessere umano al centro del cosmo. Luomo misura di tutte le cose, un uomo che ha piena fiducia nelle sue capacit e nella trasformazione del mondo e non guarda pi ad esso come viatico verso leternit. Lindividuo artefice del proprio destino (homo faber fortunae suae) e la cultura ha una connotazione laica: ci significa che la ragione tenta di rendersi autonoma rispetto alla religione e alla tradizione (come nel caso della filosofia e della politica). La vita vissuta ed assaporata in tutta la sua pienezza, in funzione di una felicit terrena. Ci non significa, attenzione, che luomo del 400-500 non pensi pi a Dio e che sia ateo: tuttaltro. Vuol dire semplicemente che in un cosmo pensato molto spesso come scintilla e manifestazione della divinit (concepita da molti filosofi del tempo in senso panteistico), luomo ha un posto centrale, di primissimo piano. Altri autori, come Burdach e Gilson, evidenziano invece elementi di sostanziale continuit tra i due periodi: linteresse magico astrologico fortemente sentito nellumanesimo rinascimentale, ed ritenuto retaggio ereditato dal Medioevo. Inoltre, il rinnovamento culturale resta, come nellepoca precedente, fenomeno elitario, sebbene prima fosse riservato ai chierici ed ora aperto al mondo laico. La storiografia pi recente preferisce parlare di una diversit tra medioevo e rinascimento, che prevede quindi sia elementi completamente nuovi sia di continuit tra le due stagioni culturali. Concludendo, fermo restando che umanesimo e rinascimento sono due concetti storiografici, coniati cio dagli storici per comprendere un periodo come quello del 400 e 500, gli studi pi recenti tendono a non dividere il fenomeno umanistico e quello rinascimentale, ma a vederli nella loro complementariet, da un lato; e dallaltro inquadrano lumanesimo rinascimentale nel suo imprescindibile rapporto con il Medioevo, evitando di puntualizzare in maniera eccessiva sia gli elementi di rottura che quelli di continuit, essendo presenti entrambi in unepoca cos complessa ed affascinante come quella rinascimentale. HOMO FABER IPSIUS FORTUNAE UOMO ARTEFICE DEL PROPRIO DESTINO NATURALISMO RINASCIMENTALE La natura la patria dell'uomo. La natura non ombra di un mondo ideale. La natura ricca di forze vitali che incarnano la potenza di Dio. L'uomo (come essere naturale) ha interesse per la natura e ha le capacit di studiarla. Il naturalismo rinascimentale si rende concreto in Telesio, Bruno e Campanella. Il naturalismo rinascimentale presupposto teorico della scienza moderna. La rinascita dell'uomo che l'annunzio e la speranza del rinascimento, la rinascita dell' uomo nel mondo. L'uomo si comprende come parte del mondo, si distingue da esso per rivendicare la propria originalit ma nello stesso tempo si radica in esso e lo riconosce come il proprio dominio. Lo studio del mondo naturale non appare pi nel rinascimento, come la fuga dell'uomo di fronte alla propria interiorit e l'inutile distrazione dalla meditazione sul proprio destino. L'indagine naturale infatti la porta prima e fondamentale della filosofia del rinascimento cinquecentesco. Si possono distinguere due aspetti o fasi che sono la magia e la filosofia della natura. La magia rinascimentale caratterizzata da due presupposti: L'universale animazione della natura la quale si ritiene mossa da forze intrinsecamente simili, a quelle che agiscono nell' uomo secondo presupposti. La possibilit

che questo fatto offra all'uomo di penetrare di colpo con mezzi ambigui nei pi riposti recessi della natura di riuscire a dominare le forze con lusinghe ed incantesimi. Per questi due presupposti la magia va in cerca di formule che servono a capire i misteri naturali e pongono l'uomo di colpo in possesso di un potere illimitato sulla natura. La filosofia naturale, che si afferma per la prima volta in Telesio, abbandona quest'ultimo presupposto. La natura pur sempre considerata come una totalit vivente, ma si considera retta dai propri principi o leggi; la scoperta di questi principi diventa il compito della filosofia. Si rinuncia alla chimerica pretesa di penetrare d'assalto nei misteri naturali, anzi si negano tali misteri: le forze naturali si rivelano all'esperienza, occorre solo riconoscerle e assecondarle. La filosofia della natura rompe i ponti sia con la magia, sia con l'aristotelismo, intende interpetrare la natura con la natura, prescindendo da ipotesi e dottrine fittizie e cos si apre la via alla vera e propria indagine scientifica

RAGIONE E FEDE : Per conoscere Dio, che supera la comprensione della ragione, non basta la sola ricerca filosofica, ma occorre che Dio stesso intervenga e si riveli in un linguaggio accessibile alluomo. La Rivelazione e dunque la fede cristiana non annulla n rende inutile la ragione. Inoltre le verit scoperte dalla ragione non possono venire in contrasto con le verit rivelate giacch entrambe procedono da Dio, che luce e verit somma. Qualora apparisse un contrasto, solo perch si tratta di conclusioni false o non necessarie o non si indagato a sufficienza. La ragione pu essere daiuto alla fede in tre modi : 1) dimostrando i preamboli della fede cio quelle verit la cui dimostrazione necessaria alla fede stessa (non si pu credere in Dio se non si sa se esiste, se uno o molti ecc., il che pu essere fatto dalla ragione); 2) chiarire mediante similitudini le verit della fede, ad es. illustrando in un linguaggio accettabile i misteri della Trinit e dellIncarnazione; 3) controbattere alle obiezioni che si possono fare alla fede dimostrando che sono false. ESSENZA ED ESISTENZA, ANALOGICITA E PARTECIPAZIONE : Nel De ente et essentia Tommaso stabilisce il principio che, riformando la metafisica aristotelica, la rende "adatta" al cristianesimo : la distinzione reale tra essenza ed esistenza. Per Aristotele, potenza e atto corrispondevano a materia e forma. Secondo Tommaso invece lessenza e lesistenza stanno tra loro rispettivamente nel rapporto di potenza e atto. Lessenza (chiamata anche quiddit o natura) comprende sia la materia che la forma perch comprende tutto ci che espresso nella definizione della cosa. Dunque lessenza e lesistenza sono distinte e stanno tra loro nel rapporto di potenza e atto. Lessenza in potenza rispetto allesistenza, mentre lesistenza latto dellessenza. Ecco ora il punto fondamentale : lunione dellessenza con lesistenza, ovvero il passaggio dalla potenza allatto, ovvero lindividuo reale richiede per Tommaso lintervento diretto e creativo di Dio. E solo Dio che pu creare le cose facendole esistere; solo Dio che pu realizzare il passaggio dalla potenza allatto, ossia dalla essenza allesistenza, e dare cos origine alle varie creature, siano angeli o uomini o animali o piante ecc. Vi sono perci tre modi in cui lessenza nei vari esseri. In primo luogo, in Dio lessenza uguale allesistenza. Solo in Dio essenza ed esistenza si identificano. In altre parole, lessenza di Dio di esistere : Egli esiste necessariamente, eterno, lunico essere necessario cio non pu non esistere, mentre tutti gli altri esseri dipendono da lui. Negli angeli, che sono puri spiriti e quindi dotati di sola forma e non di materia, lessenza diversa dallesistenza in quanto il loro essere creato e finito e si identifica con la sola forma. Infine, negli uomini, negli animali ecc., cio nelle creature composte di materia e di forma, lessenza comunque sempre distinta dallesistenza ed esistono grazie

allintervento creativo di Dio. in sintesi, potremmo dire che Dio lessere, mentre le creature hanno lessere. Dunque il termine "essere" non lo stesso quando riferito a Dio o alle creature. Tra lessere di Dio e quello delle creature non vi n identit n assoluta opposizione bens analogia. Le creature, in quanto esistenti, sono simili a Dio ma Dio non simile a loro : ecco il principio della analogicit dellessere (analogo = simile ma di proporzioni diverse). In pi, le creature hanno lessere perch viene dato loro da Dio, il quale partecipa (=dona) loro lesistenza. Cos le creature hanno lessere per partecipazione, mentre Dio lessere per essenza. La distinzione fra lessere creato e lessere eterno di Dio porta con s due importanti conseguenze. In primo luogo permette a Tommaso di salvaguardare lassoluta trascendenza (superiorit, diversit, alterit, soprannaturalit) di Dio nei confronti del creato e delle creature e di evitare ogni forma di panteismo (che identifica Dio col mondo). In secondo luogo, lanalogicit dellessere rende impossibile ununica scienza dellessere : accanto alla filosofia vi adesso la scienza che riguarda lessere necessario e cio la teologia, la quale superiore in dignit a tutte le altre scienze, le quali, nei suoi confronti, diventano "ancelle della teologia". Questo concezione porter, fra laltro, ad una graduale svalutazione dello studio della natura, che verr a fatica ripreso solo pi tardi, nel Rinascimento e oltre. LE PROVE DELLESISTENZA DI DIO O LE "CINQUE VIE" : Anche se Dio il primo nellordine degli esseri, non per primo nellordine delle conoscenze umane, le quali iniziano dai sensi, mentre Dio invisibile. E dunque indispensabile dimostrare che Dio esiste pur essendo invisibile, partendo allora dagli effetti, dalle creature, dal mondo visibile e mostrando come essi non siano spiegabili se non rifacendosi a Dio. Le prove dellesistenza di Dio devono essere perci a posteriori cio a partire dalla nostra esperienza del mondo e non a priori ( che parte dal concetto di Dio per dedurne lesistenza, come largomento ontologico di S. Anselmo, che Tommaso rifiuta per motivi che vedremo pi avanti). Tommaso elabora cos "cinque vie" per giungere a dimostrare che Dio esiste. La prima via quella del moto, ed desunta da Aristotele. Essa parte dal principio che tutto ci che si muove mosso da altro. Ora, se tutto ci che mosso a sua volta si muove, bisogna che anchesso sia mosso da unaltra cosa e questa da unaltra ancora. Ma non possibile andare allinfinito altrimenti non vi sarebbe un primo motore e neppure gli altri muoverebbero : infatti il processo allinfinito sposta solo il problema e non trova la ragione ultima del mutamento (in altri termini, il processo allinfinito spiegherebbe la trasmissione del moto ma non la prima origine e causa del moto). E dunque necessario arrivare ad un primo motore non mosso da altro, e "tutti riconoscono che esso Dio". Da notare che questo moto non soltanto meccanico e fisico ma metafisico : dovunque c moto e quindi divenire che non basta a se stesso, c imperfezione che non ha in s la sua spiegazione e richiede quindi lintervento di Dio. La seconda via quella causale. Nel mondo vi un ordine tra le cause efficienti (causa efficiente ci che da origine a qualcosa) ma impossibile che una cosa sia causa efficiente di se stessa, perch altrimenti sarebbe prima di se stessa, il che assurdo. Anche in questo caso impossibile un processo allinfinito, dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente "che tutti chiamano Dio". Rispetto alla prima via, qui si tratta della causalit efficiente, da cui dipende non solo il divenire ma lessere delle cose. Dunque Dio non solo il principio del divenire ma anche la causa, lorigine suprema di tutto ci che esiste, che da Lui conservato e creato,pur senza eliminare lazione delle cause secondarie. La terza via basata sul rapporto tra il possibile e il necessario. Vi sono cose che possono essere e non essere :

infatti alcune nascono e finiscono, il che vuol dire appunto che sono possibili, possono essere e non essere. Ora, impossibile che tutte le cose di tal natura siano sempre state, perch ci che pu non essere un tempo non esisteva. Se dunque tutte le cose possono non essere, in un dato momento non ci fu nulla nella realt. Per, se questo fosse vero, anche ora non esisterebbe nulla, perch ci che non esiste non comincia ad esistere se non per qualcosa che gi esiste. Dunque non vero che tutti gli esseri sono possibili ma bisogna ammettere che nella realt vi sia anche un essere necessario, "e questo tutti dicono Dio". La quarta via quella dei gradi di perfezione. Si trova nelle cose il pi e il meno di ogni perfezione, cio di bene, vero, bello ecc. Vi sar dunque anche il grado massimo di tali perfezioni e "questo chiamiamo Dio". In altri termini, se gli enti hanno gradi diversi di perfezione, vuol dire che questi gradi non derivano dalle loro essenze, e dunque significa che li hanno ricevuti da un essere che d senza ricevere, perch la fonte di ogni perfezione, e cio Dio. La quinta via quella desunta dal governo delle cose. I corpi fisici (pianeti, stelle ecc.) operano per un fine, come appare dal fatto che operano quasi sempre allo stesso modo per conseguire la perfezione; donde appare che non a caso, ma per una predisposizione, raggiungono il loro fine. Ora, ci che privo di intelligenza non tende al fine se non perch diretto da un essere conoscitivo e intelligente, come la freccia viene scoccata dallarciere. Vi dunque un essere sommamente intelligente da cui tutte le cose naturali sono ordinate ad un fine, "e questo essere chiamiamo Dio

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