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MIRELLA PASINI DANIELE ROLANDO

La filosofia a Genova

1. Crisi del positivismo e dintorni Gli anni che vanno dalla fine dellOttocento alla prima guerra mondiale, quelli che tutte le storie della cultura filosofica considerano gli anni della crisi del positivismo, segnano invece a Genova un rifiorire della cultura positivistica. Genova aveva vissuto lesperienza della Rivista di filosofia scientifica diretta da Enrico Morselli e lattivit di ricerca del suo gruppo, spiegatasi in campo antropologico e psichiatrico; ne faceva parte per anche Ettore Regalia, uno psicologo (che di mestiere faceva lantropologo a Firenze allombra del famoso senatore Paolo Mantegazza) propenso alla revisione del positivismo pi hard. A Genova insegnava lillustre clinico Edoardo Maragliano (rettore dellAteneo genovese dal 1907 al 1917), mentre Alberto Issel fondava il Museo di Geologia e lOrto botanico e il mecenatismo di Giacomo Doria consentiva lapertura del Museo di Storia naturale. Nelle aule della facolt di Lettere e filosofia sincontrava la figura modesta e malinconica di Sante Ferrari, che a Genova aveva cominciato la sua carriera universitaria nel 1893, dopo un ventennio di faticoso peregrinare tra licei di provincia, e l la concluse nel 1929, avendo alle spalle trentacinque anni di onorato servizio. Poco lontano teneva lezione Alfonso Asturaro, salito dal profondo Sud (ma si era laureato alla Normale) per insegnare Filosofia morale e poi, dal 1903, Sociologia, insegnamento istituito proprio per lui dal Ministero. Qualche anno dopo si aggiungeva a loro sulla cattedra di FiRIVISTA DI FILOSOFIA / vol. XCI, n. 2, agosto 2000

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losofia teoretica leclettico Roberto Benzoni, il cui merito principale di lavoratore fedele dellaccademia sembra essere stato quello di aver fondato la Scuola di specializzazione in pedagogia. Erano gli anni de La Voce e i liguri Camillo Sbarbaro e Giovanni Boine partecipavano allimpresa. Mario Novaro aveva fondato a Oneglia La Riviera Ligure, rivista di livello non certo provinciale. A Genova soggiornava, come sempre guardingo e solitario, Dino Campana. La citt non era ai margini nemmeno in campo artistico: il livornese Plinio Nomellini vi aveva trascorso gli anni pi fecondi e i genovesi Cornelio Geranzani e Rubaldo Merello per fare solo qualche nome sapevano rivisitare divisionismo e simbolismo con personale originalit. Alcuni eventi culturali e politici avevano attirato lattenzione su Genova, dalle celebrazioni colombiane del 1892 allinaugurazione del monumento ai Mille a Quarto nel 1915, realizzato da Eugenio Baroni in una drammatica tensione tra simbolismo e espressionismo. Ma un profilo filosofico di Genova tardava a manifestarsi. Certo Asturaro non era, almeno allora, uno sconosciuto: la sua Sociologia1, che mirava a precisare loggetto e il metodo della sociologia come scienza autonoma e a definirne uno statuto epistemologico, era discussa sulle pi importanti riviste internazionali. Quanto di ci che avveniva nelle aule universitarie e nei salotti intellettuali entrava in relazione con la vita cittadina? Ferrari viveva solitario e pensoso sulla collina di Pieve, nello struggente ricordo del figlio morto fanciullo nel 1905 cos lo descrive Adelchi Baratono che era stato suo allievo2. Da quella data interruppe per lunghi anni non certo lo studio, ma la fatica di dare alle stampe
1 A. Asturaro, La sociologia: i suoi metodi e le sue scoperte, Chiavari, Libreria Editrice Ligure, 1897 e Genova, Libreria Editrice Moderna, 1907; ma si veda anche Il materialismo storico e la sociologia generale: prelezione al corso di sociologia generale dellanno 1902-1903 nellUniversit di Genova, Genova, Libreria Editrice Moderna, 1903. 2 A. Baratono, Sante Ferrari (in memoria), Annuario dellUniversit degli Studi di Genova, aa. 1939-40, pp. 369-77.

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i suoi lavori. Quando finalmente decise di completare la sua opera su Pietro dAbano con la pubblicazione di un lavoro sugli scritti astronomici del padovano, si trov spiazzato dalla grande impresa di Pierre Duhem, che era riuscito a scovare un manoscritto ancora sconosciuto e a darne notizia prima di lui. Intanto Roberto Benzoni, docente di Filosofia teoretica, diventava preside della Facolt e si dedicava sempre di pi ai problemi di psicologia e di pedagogia, materia di cui tenne lincarico sino al 1934. Lo aveva sostituito per pochi anni sulla cattedra di teoretica il mantovano Cesare Ranzoli, che giungeva a Genova dopo un soggiorno siciliano: lo aveva preceduto il successo editoriale del suo Dizionario di scienze filosofiche, che voleva essere uno strumento chiaro, fruibile dal lettore medio. E lobiettivo fu evidentemente raggiunto se Hoepli lo ha ripubblicato fino al 1963. 2. Da un fascismo antemarcia a un antifascismo intimistico: Giuseppe Rensi Larrivo a Genova di Giuseppe Rensi sulla cattedra di Asturaro morto nel 1917 non pu essere considerato un fatto di routine, data la statura culturale e politica del personaggio. Il 20 novembre 1918 data della prolusione al primo corso di Filosofia morale, dedicato significativamente alla scepsi estetica e quindi volto a demolire le basi della filosofia dello spirito crociana Rensi poteva essere considerato una delle figure emergenti della cultura italiana. La sua biografia intellettuale era di tutto rispetto. Avvocato e autore di pregevoli monografie di filosofia del diritto, era noto a livello internazionale per essere stato per anni caporedattore di una rivista come Coenobium, nella quale aveva lasciato limpronta del suo anticlericalismo e del suo ateismo radicale. Era autore di importanti saggi sulla nozione e la pratica della democrazia3 e, in
3 Cfr. G. Rensi, Una Repubblica Italiana: il Canton Ticino, Critica sociale, Milano, 1899, ristampato a cura di G. Vigorelli, Locarno, Dad,

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tempi pi recenti, della pi rigorosa e feroce demolizione della Filosofia della pratica crociana4. Pi significativa, e pi controversa, era la sua figura politica. Socialista, tanto da dover andare in esilio in Svizzera (ove aveva salvato il giovane rivoluzionario Mussolini dallespulsione) per sfuggire alle leggi eccezionali di Pelloux, nel 1911 si era schierato con Bissolati a favore della guerra di Libia e nel 14 era divenuto interventista e autorevole collaboratore de Il Popolo dItalia, rompendo cos sia con il Partito socialista sia con Coenobium. Appena arrivato a Genova il nuovo professore di Filosofia morale si dedic a unattivit quasi frenetica: un deciso impegno anti-idealistico lo port a elaborare il suo pensiero filosofico in volumi quali i Lineamenti di filosofia scettica, La scepsi estetica, lIntroduzione alla scepsi etica5. Il suo punto di vista finir sempre pi per definirsi, in modo inconsueto per la tradizione filosofica italiana, nello stesso tempo come una forma di realismo (ammissione cio di qualcosa al di fuori e indipendente dalla coscienza), di irrazionalismo (la realt ultima estranea alla nostra ragione, e quindi, dal punto di vista della ragione, assurda) e di scetticismo (la nostra ragione non pu in nessun senso pretendere di dominare la realt). Questo non fu per laspetto pi importante dellattivit pubblicistica di Giuseppe Rensi da quando era
1994, e Gli Anciens Rgimes e la democrazia diretta, Bellinzona, Colombi, 1902, in seguito con il titolo La democrazia diretta e con introduzione di A. Ghisleri, Roma, Libreria Politica Moderna, 1926, ristampato a cura di N. Emery, Milano, Adelphi, 1995. 4 Ci riferiamo a La Trascendenza. Studio sul problema morale, Torino, Bocca, 1914, testo nel quale peraltro, come di costume, Croce veniva appena citato. Il rapporto fra Rensi e Croce si deterior progressivamente fra il 1912 (momento della massima consonanza, testimoniata dalla pubblicazione, da parte della casa editrice Laterza, del volume rensiano Il genio etico e altri saggi) e il 1920, quando Rensi pubblic le Polemiche antidogmatiche (Bologna, Zanichelli), che conteneva un violento attacco sia a Croce sia a Gentile. 5 Editi i primi due volumi a Bologna da Zanichelli nel 1919 e laltro a Napoli, Perrella, 1921.

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divenuto, per lo meno accademicamente, genovese: nel 1920 uscir infatti, a Palermo e non a Genova, il suo pi importante contributo al pensiero politico, quella Filosofia dellautorit che molti Garin e Bobbio compresi finiranno per considerare una specie di manifesto ideologico del fascismo. Lo scopo principale dellopera quello di distruggere il fondamento contrattualistico delle liberal-democrazie: lidea rousseauiana e kantiana di volont generale. Per Rensi non vero che, stabilita nei modi prescritti e proceduralmente corretti, essa rappresenti laffermazione di una forma superiore di razionalit. Non nemmeno vero che obbedendole non subiamo in realt nessuna costrizione, perch, per dirla alla maniera kantiana, semplicemente sottomettiamo il nostro io empirico al nostro vero io noumenico, che ci impone di obbedire alla ragione e alla sua universalit. La critica di Rensi si fonda su due presupposti. Il primo connesso alla sua filosofia dellassurdo: non esistono una sola ragione e una sola universalit, ma tante ragioni e tante universalit quante sono le volizioni e le pulsioni individuali, che si frantumano e si moltiplicano anche allinterno di ciascun individuo. La ragione solamente uno strumento di astrazione e di universalizzazione dei nostri obiettivi. Lapplicazione della ragione come strumento per la soluzione dei conflitti fra individui o gruppi di individui perci inefficace, se non dannosa: il solo risultato che si pu ottenere quello di trasformare qualsiasi conflitto in una guerra di religione fra valori universali o universalizzabili. Molto pi interessante il secondo presupposto: autorit e libert sono realt antinomiche che si contrappongono nettamente. Non possibile proclamarsi liberi mentre in realt si obbedisce: dove comincia lautorit finisce la nostra autonomia sia sul piano morale sia su quello giuridico. La conseguenza immediata che Rensi ne trae non molto libertaria, anche se, anni dopo, col senno di poi, gli baster aggiungere una postilla interpretativa di poche righe per rovesciare completamente in senso liberale

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il suo discorso6. Solo un forte principio di autorit pu dirimere i conflitti, e a questa autorit si deve obbedire non perch sia buona o razionale ma perch lautorit stabilita; per di pi non esiste neppure un modo razionale per decidere chi debba esercitarla. Insomma un manifesto a uso del Cromwell o dellAugusto di turno per ricorrere ai paragoni allora pi in voga cui si sarebbe comunque dovuto concedere lonere e lonore di ripristinare unordinata vita sociale. Limpressione si rafforza ma nello stesso tempo stranamente si stempera se si esaminano gli interventi pi direttamente politici di questo periodo, che Rensi ha raccolti nei Principi di politica impopolare e in Teoria e pratica della reazione politica7: il punto di discrimine potrebbe essere il 5 dicembre 1919, quando nella Rivista di Milano Rensi pubblic la prima parte delle Considerazioni reazionarie8. In questo lungo articolo egli non si limitava a criticare la demagogia rivoluzionaria del massimalismo socialista che i leader riformisti come Turati, cui il primo dei volumi sopra citati era ancora dedicato, non riuscivano a contrastare e la colpevole inerzia della borghesia italiana di fronte a coloro che intendevano espropriarla del proprio potere politico ed economico, ma attaccava la libert di stampa, cio uno dei fondamenti dello stato liberale moderno, dichiarando concluso il ciclo delle democrazie liberali, necessariamente giunte alla distruzione di se stesse. Il testo pi significativo della particolarit e dei limiti dello spirito reazionario rensiano per Onore al crumiro9 del 1921, unesaltazione del crumiro visto come il moderno eroe dellindividualismo contro la massificazione, proprio come lo scioperante di un decennio prima. Da una par6 Cfr. G. Rensi, Autobiografia intellettuale, Milano, Corbaccio, 1939, ristampato a cura di R. Chiarenza, Milano, DallOglio, 1989, p. 29. 7 Editi rispettivamente a Bologna, Zanichelli, 1920 e a Milano, La Stampa Commerciale, 1922. 8 Poi in Principi di politica impopolare, cit., pp. 87-124. 9 Cfr. G. Rensi, Teoria e pratica della reazione politica, cit., pp. 133-38.

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te, quindi, egli esaltava lindividualismo borghese, dallaltra la monarchia e lunico modello autoctono di regime politico che abbia avuto successo in Italia, la repubblica di Venezia con il suo Consiglio dei Dieci e il rispetto rigido della maest delle leggi. immaginabile10 che dal 1919 al 26 Rensi abbia condotto una lotta per laffermazione della sua idea di un fascismo capace di fare i conti con il Critone platonico11, quindi poco adatta alla stabilizzazione di un regime totalitario. La battaglia risult definitivamente persa quando dopo anni di leale collaborazione Il Popolo dItalia gli rifiut il diritto di rispondere su un piano di parit a un violento attacco di Giovanni Gentile12. Il fatto che il Cromwell di turno aveva finito per non gradire lapologia rensiana della sua funzione, o aveva trovato un migliore apologeta in Giovanni Gentile, che era anche in grado di spiegare che questobbedienza rappresentava il culmine della razionalit della storia. Il punto di arrivo teoretico della vicenda fu Autorit e libert. Le colpe della filosofia (1926), sintetico ed efficace riassunto della Filosofia dellautorit, ma anche e soprattutto lucido tentativo di ricostruire, sulla base di due identit contrapposte, lintera filosofia politica moderna. Alla cosiddetta filosofia della libert dellidealismo, destinata a sfociare nella tirannide, proprio per la pretesa di inglobare nella supposta universalit della ragione tutte le differenze e le alterit, Rensi contrapponeva una realistica filosofia dellautorit, che dal riconoscimento dellirriducibile pluralismo delle ragioni degli individui traeva la liberale consapevolezza della necessit di imporre il meno possibile, e di sottrarre comunque alla sfera dellimposizione pi ambiti possibili ad
10 Questa almeno la tesi di M. Veneziani, di cui citiamo solo Rensi, linattualismo e il fascismo, in Linquieto esistere, Atti del Convegno su Giuseppe Rensi nel cinquantenario della morte (1941-1991), a cura di R. Chiarenza et al., Genova, Edizioni Effeemmeenne, 1993, pp. 102-10. 11 Cfr. G. Rensi, Il Critone (critiche ai fascisti) e Il Critone e i fascisti, in Teoria e pratica della reazione politica, cit., pp. 176-83 e 184-90. 12 Cfr. Il Popolo dItalia, 14 aprile 1926.

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esempio quello religioso. Era la definitiva consumazione di unillusione, ma non unadesione acritica allantifascismo, perch implicava laccettazione della democrazia non come valore, ma solo come il metodo pi indolore di prendere decisioni collettive13. Il seguito noto e rientra nella storia della resistenza genovese: un primo arresto nel 27 e una prima sospensione dallinsegnamento; una seconda detenzione nel 30, che coinvolse anche la moglie e da cui Rensi riusc a uscire con lespediente del falso necrologio14, seguita da un tranquillo e brevissimo confino a Levanto; infine lesclusione dallinsegnamento e il definitivo confino dentro la biblioteca universitaria, lontano dal pubblico. Quanto sia stata improvvisa e traumatica la fine della sua possibilit di contare nellambiente accademico della citt ha ricordato pubblicamente, nel convegno rensiano del 1991, lultimo suo allievo, Alessandro Fersen: egli, al momento di discutere la tesi di laurea, LUniverso come giuoco, non pi con Rensi, ma con Giovanni Emanuele Bari, allievo di Martinetti appena designato a sostituire il reprobo Rensi, non solo rischi di non laurearsi, ma, accusato in piena commissione di laurea di aver presentato un elaborato immorale e eversivo, avrebbe rischiato addirittura larresto se altri membri della commissione non fossero riusciti a rabbonire il relatore. Mentre non ci sono tracce di una particolare incidenza del Rensi ideologo del fascismo sulla citt, non si pu dire la stessa cosa per la sua vita semiclaustrale dentro

13 Come ha messo in evidenza Dino Cofrancesco, se il fascismo di Rensi non era stato quello tipico, neppure sarebbe stato tipico il suo antifascismo: cfr. Giuseppe Rensi dinanzi al fascismo, in Linquieto esistere, cit., pp. 96-101, ora in D. Cofrancesco, Intellettuali e potere. Capitoli di storia della cultura italiana del Novecento, Genova, Name, 1999, pp. 179-85. Uninterpretazione analoga ha dato A. Santucci, Un irregolare: Giuseppe Rensi, in Eredi del positivismo. Ricerche sulla filosofia italiana fra 800 e 900, Bologna, Il Mulino, 1996, pp. 271-310. 14 Oppure, secondo una versione parallela, attraverso una rete di influenze amicali, capaci di influire sul capo della polizia: cfr. L.M. De Bernardis, Lamico di casa, in Linquieto esistere, cit., pp. 199-200.

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la biblioteca universitaria, nonch per i suoi ricevimenti domenicali nella casa di via Palestro, che divenne uno dei centri di resistenza culturale al regime. molto difficilmente calcolabile linfluenza sullintelligentsia genovese, mediata da circoli sempre pi grandi, di questo cenobita laico che poteva usare della sua auctoritas solo attraverso i frequentatori del suo parco salotto e delle sale interne della biblioteca universitaria. La sua attivit di autore raggiunse il culmine metafisico con Il materialismo critico15, un originale tentativo di lettura materialistica della critica della ragion pura kantiana, ovviamente sempre in funzione anti-idealistica16; quindi si concentr sullo studio del problema morale, che porter al postumo La morale come pazzia (1942), il pi rigoroso tentativo italiano prima della scuola analitica nordoccidentale di costruire una meta-etica rigorosamente emotivista. La scoperta o riscoperta del Rensi cenobita fu per laforisma. La resistenza rensiana si concret infatti in una serie di volumetti da meditazione (Schegge, Cicute, Scol17) pagine di diario secondo la sua definizione, volti a raccontare e riraccontare in infiniti modi il montaliano male di vivere, che rappresentano una specie di letteratura civile ipercondensata, per lettori naturalmente portati a sentirsi eletti perch e finch si riconoscevano in essi. Lultimo e il pi riuscito, le Lettere spirituali, in
15 Uscito in prima edizione a Milano, Casa Ed. Sociale, 1927 e, ampliato, a Roma, Casa del Libro, 1934. 16 Il tentativo ebbe un certo successo, tanto da suscitare interesse e apprezzamento presso la fronda antiattualista interna al partito fascista: cfr. N. Emery, Il materiale epistolare rensiano, in Linquieto esistere, cit., p. 244. 17 Lelenco completo per molto pi ampio: Schegge (pagine di un diario intimo), Rieti, Bibliotheca ed., 1930; Cicute (dal diario di un filosofo), Todi, Atanr, 1931; Impronte (pagine di diario), Genova, Libreria Editrice Italia, 1931; Sguardi (pagine di diario), Roma, La Laziale, 1932; Scol (pagine di diario), Torino, Montes, 1934; Frammenti di una Filosofia dellErrore e del Dolore, del Male e della Morte, Modena, Guanda, 1937. E infine le Lettere spirituali raccolte in volume solo dopo la morte di Rensi, Milano, Bocca, 1943; ristampate a cura di R. Chiarenza, Milano, Adelphi, 1987.

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cui i temi religiosi giovanili si fondevano felicemente con lo scetticismo metafisico e lemotivismo etico, ebbe una diffusione meno criptica, anche se probabilmente non meno fortunosa, visto che apparve, a puntate, nella rivista Religio di Buonaiuti la cui sopravvivenza era sempre a rischio. Era questo, a quanto pare, lultimo legame con la cultura nazionale rimasto a Rensi. Un solo professore, in qualche modo legato a lui, doveva sopravvivere nelluniversit genovese: Alfredo Poggi, che di Rensi non era stato allievo, ma certo fu per tutta la vita amico. Laureato in giurisprudenza e in filosofia, libero docente di Pedagogia dal 1926, Poggi insegnava storia e filosofia in un prestigioso liceo cittadino e non ottenne mai una cattedra per la sua palese opposizione al regime. Anche lui esiliato, negli anni della dittatura, nel centro bibliografico della biblioteca universitaria genovese, inventore di un socialismo kantiano poi ripreso da Adelchi Baratono, Poggi il pi genovese anche se era nato a Sarzana tra i filosofi dellateneo; ma riusc a entrarvi, con un incarico di Storia della filosofia nella Facolt di Magistero, solo nel dopoguerra18. Altrettanto accadde al giurista Paolo Rossi, autore nel 32 di un coraggioso pamphlet sulla pena di morte. Assiduo frequentatore del salotto rensiano, costituisce con Poggi un versante della cultura genovese impegnato politicamente nella lotta al fascismo: solo negli anni 50 ebbe la cattedra di Diritto penale e divenne in anni pi tardi, dopo una brillante carriera politica, presidente della Corte costituzionale. Poggi mirava a costruire una filosofia della persona e della libert che potesse porsi come alternativa allattualismo dominante. Ne La filosofia come scienza del vivere
18 Quello di Poggi forse un caso particolare, e la sua figura avrebbe avuto un maggiore risalto anche a livello nazionale se per lunghi anni non fosse stato costretto al silenzio o a pubblicare solo su riviste, peraltro di prestigio, come Logos o la Rivista di filosofia. In anni precedenti era stato presente nelle collane delleditore Formiggini con Socialismo e religione, 1911. Sulleditore cfr. A. Santucci, La cultura filosofica nelle edizioni Formiggini, in Eredi del positivismo, cit., pp. 311-48.

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costruiva un personalismo laico, profondamente imbevuto di kantismo e fiducioso nelle possibilit della ragione di coordinare fini individuali e sociali19. Questo testo, che rielaborava una stesura risalente al 30, pot essere pubblicato solo nel 1948 nella modesta versione di raccolta di lezioni dellanno accademico precedente. Era il primo volume di una trilogia20 dedicata alla definizione del personalismo di matrice kantiana elaborato da Poggi con un intento profondamente educativo nei confronti dei giovani della nuova Italia, in contrapposizione alle filosofie della crisi. Poggi mirava a rivendicare lautonomia della sua posizione rispetto al personalismo francese, il cui manifesto (del 1936) risultava posteriore alla sua prima elaborazione. Nelle sue opere la persona inserita in una societ, dalla famiglia alle associazioni allo stato nazionale fino allauspicato stato federale europeo. Negli anni in cui Michele Federico Sciacca costruiva il suo feudo nella facolt di Lettere, nelle aule del Magistero si ascoltava cos una voce laica, mirante alla difesa della libert di coscienza e delleguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, senza primati di sorta. Eppure qua e l curiosamente nelle sue pagine si legge laperto rammarico davanti ai rischi della diseducazione giovanile dovuta al malcostume dominante: invece delle italiche cose di buon gusto i giovani seguono le mode straniere, amano il cinematografo, i polizieschi e il boogie woogie, danza lasciva quantaltra mai! Un anti-americanismo depoca che, unito alla critica al macchinismo, sarebbe potuto diventare la consueta critica alla societ borghese; ma il pensiero di Poggi, seppure sordo alle voci delle avanguardie artistiche, non soggiaceva a
19 Il saggio era originariamente intitolato Educazione delluomo nuovo e aveva vinto nel 1930 il premio ministeriale per la filosofia dellAccademia dei Lincei, ma non fu pubblicato per le posizioni politiche dellautore, che gi nel 1924 era stato ammonito e trasferito dufficio a Cuneo e nel 33 esonerato definitivamente dallinsegnamento. 20 Oltre a La filosofia come scienza del vivere sociale si vedano Luomo come persona, Genova, L.U.P.A., 1949, e Persona e societ, Genova, Libreria M. Bozzi, 1950.

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nessun conformismo di chiesa, di stato e tanto meno di partito e coltivava lideale di una societ ordinata e giusta, ma il pi possibile libera. 3. Il ritorno di un esteta: Adelchi Baratono Adelchi Baratono, nonostante la sua origine fiorentina, pu essere considerato profondamente e autenticamente radicato nella vita della citt. Nato nel 1875, inserito ancora studente insieme al fratello nellallora vitalissimo mondo culturale genovese, allievo di due numi come Asturaro e Morselli, attivo fin da ragazzo nella vita dei circoli operai genovesi, fu uno dei dissenzienti della fondazione del Partito socialista italiano avvenuta a Genova nel 1892 (era contrario allesclusione degli anarchici, perch contraria era la base)21. Ciononostante il suo ritorno nel 37, dopo unassenza pi che decennale, sulla cattedra di Filosofia teoretica non fu il punto di arrivo di una tranquilla carriera universitaria. Alla base di questa sta la mancata successione ad Asturaro, che ha spezzato in due la sua presenza nella realt genovese. La parte della sua carriera pi creativa sul piano intellettuale e pi proficua sul piano accademico si svolse fuori Genova, prima a Cagliari e poi a Milano, dove furono suoi allievi Dino Formaggio e Luciano Anceschi. Quando nel 1918 Giuseppe Rensi arriv a Genova, come successore di Asturaro, Baratono non era certo pi semplicemente un giovane studioso di belle speranze: era autore di una Sociologia estetica22 di ispirazione asturariana, di un congruo numero di studi psicologici derivati dallinsegnamento di Morselli e di due tentativi originali di costruire una filosofia della psicologia, i Fondamenti di psicologia sperimentale del 1906 e la Psicolo21 Per quanto riguarda latteggiamento e i comportamenti politici di Baratono facciamo riferimento soprattutto a U. Silva, Il socialismo storico di Adelchi Baratono, La Riviera Ligure, VIII, nn. 24-25, pp. 147-61. 22 A. Baratono, Sociologia estetica, Civitanova, Ed. Marchigiana, 1899.

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gia sintetica del 191123. Aveva anche pubblicato un volume di scritti pedagogici24 frutto dellinsegnamento nella scuola di specializzazione per maestri che Benzoni aveva appena fondato; e in occasione dellattribuzione di quellinsegnamento era riuscito ad avere la meglio su padre Giovanni Semeria, di lontana origine lombarda, ma figura importante nel mondo cattolico genovese dei primi anni del Novecento. Nel corso della guerra si era impegnato a tentare una sintesi dei suoi molteplici interessi intellettuali: ne era nato Critica e pedagogia dei valori25, pubblicato nel 1919, dopo che la cattedra di Asturaro era gi stata assegnata. Lidea che sta a base dellopera, rigorosamente divisionista, che i valori, tutti i valori anche il vero e il bello sono essenzialmente espressione di un dover essere; lintera attivit umana dominata da una specie di kantiano primato della ragion pratica. Limpianto dellopera per complicato dalla presenza di una forte esigenza pedagogica: il primato della ragion pratica, come Baratono lo concepisce, implica una specie di identificazione fra attivit teoretica e attivit pedagogica. Se il conoscere un modo di realizzazione di un dover essere, insegnare a conoscere lo , a maggior ragione, ancora di pi; anzi riflettere sul conoscere e insegnare a conoscere sono in ultima analisi la stessa cosa. Era un tentativo di combattere lattualismo gentiliano sul suo stesso terreno: i gentiliani doc come Ugo Spirito e Vito Fazio-Allmayer lo intesero perfettamente26, tanto da aprire contro questo libro un vero e proprio fuoco di sbarramento. Si apr a questo punto una parentesi essenziale nella biografia di Adelchi Baratono: per alcuni anni, dalla fine
23 A. Baratono, Fondamenti di psicologia sperimentale, Torino, Bocca, 1906 e Psicologia sintetica, Genova, Casa ed. Stenografica, 1911. 24 A. Baratono, Discorsi sulleducazione, Genova, Libreria Editrice Moderna, 1914. 25 A. Baratono, Critica e pedagogia dei valori, Palermo, Sandron, 1919. 26 La recensione di Ugo Spirito (1921) ristampata in Lidealismo italiano e i suoi critici, Firenze, Le Monnier, 1930, pp. 130-41. Per quanto riguarda Fazio-Allmayer cfr. Giornale critico della filosofia italiana, I, 1920, pp. 442-47.

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della guerra al consumarsi dellAventino, limpegno politico divenne per lui predominante. Baratono fu non solamente un intellettuale di professione ma il filosofo della direzione del partito, secondo la (non si sa quanto benevolmente ironica) definizione di Turati. Venuta meno ogni possibilit di azione politica, ecco Baratono rientrare nel mondo accademico. Vince finalmente a Cagliari la cattedra di Filosofia e infine vero capolavoro di diplomazia accademica che gli coster laccusa di rinnegato dallintransigente Carlo Rosselli27 succede a Martinetti a Milano, dopo che questi era stato radiato dallinsegnamento per essersi rifiutato di giurare fedelt al regime fascista, su proposta dello stesso Martinetti che lo aveva scelto come sostituto28. Il Baratono salito in cattedra a Milano non solo era enormemente diverso dal Baratono allievo di Asturaro e Morselli, ma era anche diverso dal dualista neokantiano di Critica e pedagogia dei valori: prendendo alla lettera le obiezioni dei critici gentiliani, aveva infatti deciso di non esser pi dualista. Il mondo sensibile, uscito nel 34, insieme con una serie di saggi di storia della filosofia29, rappresenta probabilmente il frutto pi maturo del suo pensiero. I primi cinque capitoli de Il mondo sensibile sono rivolti a difendere la dignit filosofica del suo oggetto e a spiegare la sua conversione da Kant a Hegel: da un autore per cui il valore vale per le esistenze; diviene pensiero reale in quanto si applica ai contenuti fenomenici a un altro per il quale i valori valgono in quanto reali e sono reali in quanto valori del divenire fenomenico30. Gli ultimi due capitoli, con una almeno apparente inversione di rotta, riprendono le conclusioni della Critica del giudizio. Conclusione paradossale: non esiste altro valoCfr. Quaderni di Giustizia e libert, 1932, p. 96. Questa per lo meno la tesi sostenuta da F. Scrivano in Baratono e lestetica, La Riviera Ligure, VIII, nn. 24-25, p. 47, idealizzando probabilmente almeno un poco la situazione. 29 A. Baratono, Filosofia in margine, Roma, Albrighi e Segati, 1930. 30 A. Baratono, Il mondo sensibile, Messina, Principato, 1934, p. 213.
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re che il bello, che vale in quanto sensibile e perci prova empiricamente la possibilit dei valori trascendentali e ce li presenta31. Nel 37 faceva cos ritorno a Genova per insegnare Filosofia teoretica uno studioso dagli interessi profondamente mutati, ben deciso a lasciar perdere etica e politica torner a occuparsene solamente alla vigilia della morte, nel clima della liberazione, affrontando di nuovo il tema della corretta interpretazione della filosofia marxiana32 per occuparsi in chiave decisamente anticrociana del rapporto fra arte e filosofia. significativo il fatto che loperazione culturale pi importante del secondo periodo genovese sia stata a parte unimportante monografia su Hume il volume Filosofia e poesia, uscito nel 1945 dopo un lungo silenzio33. questo un testo che probabilmente mantiene un certo fascino, anche per il pi smaliziato lettore di oggi, proprio per la duplicit della sua struttura. Lopera, costruita su due piani, in primo luogo un trattato di estetica programmaticamente scritto a rovescio, almeno secondo Baratono, rispetto alle filosofie dellarte coeve, che tendevano a partire dalle singole arti per arrivare alla fantasia creatrice: un testo che parte dalla fantasia creatrice per arrivare alle tecniche specifiche delle singole arti. un trattato di estetica, quindi, che tende a assomigliare il pi possibile a un trattato di stilistica, ma anche la soluzione di un problema teoretico, anzi del problema teoretico per eccellenza, quello del valore. La sua idea che, essendo larte produzione di valori allinterno della dimensione sensibile, tra metafisica ed estetica esiste una specie di circolo virtuoso: lestetica fornisce lunica possibilit di dare concretezza al
A. Baratono, Il mondo sensibile, cit., p. 267. Cfr. Le due facce di Carlo Marx, a cura di G. Dagnino, Genova, Di Stefano, 1946. 33 A parte la cura di unantologia di poesie di Verlaine (Liriche scelte, Milano, Denti, 1946) e La mia grammatica, Firenze, Sansoni, 1942, interessante intrusione nello studio del linguaggio.
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problema del valore, mentre la metafisica permette di dare il necessario spessore alle ricerche estetiche: il bello esiste, il solo valore che esista, dato con le qualit sensibili34. Da questo punto di vista laspetto pi interessante del discorso sta nella rivalutazione programmaticamente anti-crociana del bello naturale, prova dellunit metafisica di essere e valore ch lultima meta della filosofia. Lesempio che Baratono fa intenzionalmente banale: quando il classico uomo della strada osservando il cielo pieno di nubi, dice che brutta giornata, denuncia semplicemente la discrepanza fra la situazione presente e il valore, sia pure solo atmosferico, a cui aspira. Se interviene un secondo interlocutore artista a dire che bel temporale, non fa altro che mettere tra parentesi gli obiettivi e le attese del primo interlocutore, concentrando la sua attenzione disinteressatamente sulle luci e sui colori del cielo. Se poi intervenisse un terzo interlocutore poeta e artista assieme, potrebbe affermare che bel brutto tempo, mettendo insieme la contemplazione estetica disinteressata del fatto fisico con la contemplazione disinteressata del dolore, dellansia, del timore che il primo interlocutore ha provato di fronte a esso. La differenza fra bello di natura e bello artistico sta semplicemente nel fatto che la situazione nel caso in questione il temporale invece di essere data viene artificialmente costruita, senza che per ci comporti un salto qualitativo dal punto di vista dellemozione estetica. Non meno interessanti sono Il mio paradosso e Loccasionalismo sensista35, due tentativi di ricostruire, con molta libert, la propria biografia intellettuale e di definire la propria posizione attraverso linvenzione di un improbabile occasionalismo sensista: testimonianza
A. Baratono, Filosofia e poesia, cit., p. 12. Rispettivamente in Concetto e programma dei filosofi doggi, a cura di A. Guzzo, Milano, Bocca, 1941, pp. 227-51, e in Filosofi italiani contemporanei, a cura di M.F. Sciacca, Como, Marzorati, 1944, pp. 104-41.
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nello stesso tempo delloriginalit della posizione baratoniana, ma soprattutto del suo isolamento nel panorama culturale che si andava delineando nei primi anni del dopoguerra, lontano anche da quella scuola banfiana con cui Baratono aveva collaborato a Milano. La liberazione laveva fatto rientrare nel gioco politico e aveva accresciuto il suo potere accademico, tanto che gli venne dato lincarico di ricostruire la scuola di specializzazione per maestri divenuta poi lattuale Magistero, la cui aula magna non a caso a lui dedicata. Ma neppure questo valse a reinserirlo nel gioco accademico: significativo il fatto che a Genova Baratono lasci solo un successore, Andrea Galimberti, il cui incarico di Filosofia morale si riveler ben presto precario. Strana figura di cattolico neoilluminista aveva firmato il manifesto del movimento nel 1953 , nel corso del successivo regime sciacchiano fu confinato per quasi tutta la vita su un incarico di Pedagogia, per vincere finalmente una cattedra di Storia della filosofia solo al momento di andare in pensione. 4. Un cattolicesimo militante: Michele Federico Sciacca Pochi filosofi italiani si sono premurati di raccogliere, fase per fase, tutta la loro produzione intellettuale in corposi volumi e di dare una specifica etichetta a ogni fase come fece Michele Federico Sciacca. Al momento del suo arrivo a Genova sulla cattedra di Filosofia teoretica Sciacca stava uscendo dallo spiritualismo cristiano per entrare nella filosofia dellintegralit. Nato a Giarre in Sicilia, egocentrico studente a Napoli dallintensa vita non solo di studio, allievo gentiliano di Aliotta (come egli stesso si descrive), implacabile nemico non solo della filosofia crociana che sostanzialmente accusava di essere una forma di positivismo e marxismo camuffati ma anche e soprattutto del modello di intellettuale che Croce impersonava, Sciacca aveva pubblicato nel 1934 un articolo dallimpegnativo

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titolo La crisi dellidealismo36, cui aveva fatto seguito il volume Linee di uno spiritualismo critico, uscito nel 36 con una benedicente prefazione di Aliotta. In parallelo, nel 1937 come egli stesso ha documentato pubblicando pagine del suo diario avveniva la conversione religiosa37 che lo colloc in quel ristretto gruppo di intellettuali, neoconvertiti per definizione, per i quali lopzione religiosa non semplicemente un avvenimento ma una specie di bandiera. Poco dopo, nel 1938, portato da Armando Carlini, vinceva la cattedra di Storia della filosofia a Pavia. Punto di partenza del suo itinerario la domanda quasi classica per uno spiritualista, cristiano o no: dove la consistenza della persona, se essa non pu essere fondamento di se stessa, e se Dio non esiste?38. Fu questa domanda a distaccarlo progressivamente sia dallidealismo gentiliano sia dal relativismo di Aliotta e a farlo approdare al Programma metafisico (con la parola dordine: vogliamo rinnovare lo spiritualismo, non nelle sue formule morte, ma nella sua vita feconda) apparso su Logos39, la rivista di Aliotta di cui Sciacca era divenuto caporedattore dopo Abbagnano, chiamato a insegnare a Torino. Questo saggio fin per rappresentare il manifesto del nuovo orientamento filosofico. Suoi compagni di strada erano Augusto Guzzo e Armando Carlini, dalla cui posizione speculativa, per, Sciacca dir successivamente di essersi sempre differenziato, non potendo pi accettare, una volta uscito dallattualismo, nessuna forma di trascendentalismo di matrice kantiana o hegeliana. Determinante per favorire il passaggio dallo spiritualismo critico allo spiritualismo cristiano fu il rappor36 Pubblicato originariamente in Ricerche filosofiche, 1934, pp. 1-19; poi riprodotto parzialmente in Dallattualismo allo spiritualismo critico, Milano, Marzorati, 1961, pp. 103-17. 37 Per queste notizie ci rifacciamo alla sua agile autobiografia La clessidra. Il mio itinerario a Cristo, (1 edizione Torino, S.E.I., 1945), Milano, Marzorati, 6 edizione, 1966, e, per quanto riguarda la conversione, alle Note di diario pubblicate in appendice. 38 M.F. Sciacca, La clessidra, cit., p. 106. 39 Ora in Dallattualismo allo spiritualismo critico, cit., pp. 425-26.

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to con Gentile. Fu questultimo a spingerlo, pare controvoglia, a riscoprire Rosmini, affidandogli fin dal 35 la riedizione dei Principi della scienza morale e della Storia comparativa e critica dei sistemi intorno al principio della morale40. Ne usc uninterpretazione realistica, completamente opposta a quella classica gentiliana di un Rosmini visto come il nostro molto provinciale Kant. Altro incontro fondamentale fu quello con la filosofia blondeliana, il cui influsso fin per sopravanzare anche quello rosminiano41. In questa fase, per lui ancora irrimediabilmente troppo laica, critica filosofica e opzione religiosa rimanevano decisamente separate, anche se Sciacca ne affermava la non reciproca esclusione, visto che la filosofia non poteva far altro che riconoscere i suoi limiti nei confronti del piano superiore religioso. In questo periodo (che coincide sostanzialmente con linsegnamento pavese) si colloca unattivit culturale quantitativamente enorme e scandita da una serie di operazioni di recupero culturale particolarmente rilevanti, almeno dal punto di vista di un mondo cattolico in cui il giuramento antimodernista era ancora la norma, in cui valeva ancora lindice dei libri proibiti e in cui la messa era ancora in latino. In primo luogo la riscoperta, in polemica con Gentile, della filosofia rosminiana come filosofia non eterodossa, di cui testimonianza il volume Interpretazioni rosminiane42: si tratta forse del maggior merito di Sciacca che gli valso, com noto, lambito premio di venire sepolto con tutti gli onori a Stresa nel Centro di studi rosminiani. Connessa alla riscoperta di Rosmini una rilettura del Risorgimento e della sua filosofia in chiave non programmaticamente anti-cattoli40 A. Rosmini, Principi della scienza morale, Firenze, Sansoni, 1936 e Storia comparativa e critica dei sistemi intorno al principio della morale, Firenze, Sansoni, 1937. 41 Gli scritti che Sciacca ha dedicato a Blondel dal 37 al 61 sono raccolti in Dialogo con Maurizio Blondel, Milano, Marzorati, 1962. 42 Ledizione definitiva, pubblicata come al solito da Marzorati, del 1958, ma consta di studi elaborati a partire dal 1936.

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ca43 e la rimessa in circolo del pensiero blondeliano in chiave programmaticamente non modernista. E il successo era chiaramente legato alla rigida professione di ortodossia preconciliare da cui queste operazioni venivano accompagnate. Nel 1947 arrivava dunque a Genova, per insegnare Filosofia teoretica, un abile organizzatore culturale che, dopo aver codiretto Logos per anni, aveva appena fondato con tre amici unimportante rivista di cultura, Humanitas, e avrebbe fondato presto la sua rivista filosofica per definizione Il Giornale di metafisica; un giovane caposcuola che si portava da Pavia tutti gli allievi importanti, colonizzando il corso di laurea in filosofia. Ma arrivava anche un uomo profondamente insoddisfatto della sua attivit speculativa e ben deciso a lasciare una propria specifica orma filosofica: non solo per costituire una scuola, o per travasarvi una sua scuola gi bella e fatta, ma anche per completare un suo specifico progetto speculativo e costruire una filosofia dellintegralit che rimediasse ai difetti del semplice spiritualismo cristiano. Prima espressione di questo progetto fu il saggio Lesistenza di Dio44; seguiranno a breve distanza volumi come Linteriorit oggettiva del 51, Luomo questo squilibrato e Atto e essere del 56, Morte e immortalit del 59 fino a La libert e il tempo del 1965 e oltre. Alla base della nozione di interiorit oggettiva sta una dicotomia radicale: o il nominalismo empiristico, e quindi la rinuncia a ogni nozione di verit, oppure laccettazione di una verit oggettiva fondante, che sola pu garantire la realt spirituale umana. Se luomo spirito, e quindi la verit sta in qualche modo dentro di lui, accanto alla ragione discorsiva devesserci Rosmini docet unintelligenza intuitiva dellessere: da una parte i concetti, dallaltra lidea. A una ragione immanentistica si
43 Cfr. Il pensiero italiano nellet del Risorgimento, Milano, Vallardi, 1948, poi Marzorati, 1963. 44 M.F. Sciacca, Lesistenza di Dio, Il Giornale di metafisica, 1949, pp. 1-19, 93-134, 238-57; ora in Filosofia e metafisica, Milano, Marzorati, 1962.

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contrappone e si affianca unintelligenza trascendentistica e teistica. C quindi una profondit e vastit delle strutture della natura umana che la ragione critica non pu esplorare compiutamente; ed merito del pensiero contemporaneo, contrapposto da Sciacca al pensiero moderno che ha trovato nellattualismo gentiliano il suo compimento, il mettere in luce limpotenza della ragione di fronte a esse. ovvio che la metafisica non sia scienza, se con questo termine si intende un prodotto della ragione discorsiva; ma essa comunque possibile, se si distingue interiorit da trascendentalit. Che cosa aggiunge Luomo questo squilibrato a questo quadro? Non molto a prima vista, dal momento che alla base restava la dicotomia fra ragione discorsiva e intelligenza intuitiva, esemplificata dallimmagine del soggetto come un porto da cui partono contemporaneamente spedizioni allesplorazione dellintero globo terracqueo e palombari a sondare, per quanto possibile, la profondit del mare. La novit rappresentata dallimpiego di questa dicotomia nellanalisi della situazione umana, molto vagamente alla maniera come allora si diceva degli esistenzialisti. Individuo e persona si contrappongono e si integrano come ragione e intelligenza; la stessa dicotomia si riproduce a livello sociale o del noi: una cosa la coscienza collettivistica del noi inferiore, unaltra la coscienza comunionistica del noi di valore. Manca per ancora cosa gravissima per un gentiliano sia pure transfuga e rinnegato un terzo termine, ed ecco Sciacca dare attraverso un ritorno al rosminiano sentimento fondamentale di s in cui coscienza di s e coscienza dellessere coincidono una sua definizione del termine spirito, sintesi concreta di ragione e intelligenza, individuo e persona, ma sintesi affatto singolare, diversa da uomo a uomo, in quanto ciascun uomo entra nel mondo fornito di un biglietto personale: ha dellessere che qualcosa di personalmente suo45. La scoperta della
45 M.F. Sciacca, Luomo questo squilibrato. Saggio sulla condizione umana (1 ed., Roma, Bocca, 1956), Milano, Marzorati, 5 ed., 1963, p. 132.

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creaturalit o meglio la scoperta che ciascuno di noi pu realizzare la sua autenticit solo riconoscendosi creatura rappresenta il coronamento, insieme filosoficamente necessario e religiosamente gratuito, dellanalisi filosofica della natura umana. Significativa era la ricaduta in campo morale: anche qui troviamo la distinzione fra ragione etica e intelligenza morale, donativa, ossia basata non sulla virt ma sul dono di se stessi agli altri. Da qui linevitabile apertura della morale alla religione. Per un verso Sciacca si differenziava quindi dalla neoscolastica perch rifiutava di pronunciare una condanna in blocco del pensiero moderno: questultimo ha reso possibile la scoperta dellinteriorit come qualcosa di qualitativamente distinto dal piano della conoscenza scientifica. Si pensi al rapporto di odio e amore che ha sempre collegato Sciacca a Gustavo Bontadini: una stretta collaborazione a Gallarate, ma anche una sotterranea rivalit nella pretesa di rappresentare il cattolicesimo nei termini pi autentici. Daltra parte, per, la verit metafisica del pensiero moderno, se non vuole diventare scientismo e nichilismo, risiede nella scoperta di questa interiorit, e quindi della verit religiosa che le sta dietro. Da questo punto di vista risulta particolarmente ricco di significato il convegno rensiano del 196646, forse lultimo evento culturale di rilievo dellera di Sciacca. Poteva sembrare una decisione molto liberale di render omaggio a un grande maestro scomparso e di configurare, per lo meno a posteriori, lesistenza di una specifica scuola filosofica genovese. In realt fu soprattutto se si tiene presente la relazione pi importante, affidata ad Augusto Del Noce il tentativo di inglobare qualsiasi ragionamento teoretico, che non voglia ridursi a psicologismo o sociologismo orride parole per Sciacca allinterno della nozione di interiorit e del suo esito inevitabilmente cattolico.
46 Giuseppe Rensi. Atti della giornata rensiana (30 aprile 1966), a cura di M.F. Sciacca, Milano, Marzorati, 1967.

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5. Comprimari e vicini di casa Finora abbiamo parlato dei protagonisti e dei percorsi talvolta tortuosi delle loro biografie intellettuali. Moltissime furono per le figure dei comprimari, studiosi anche famosi o giovani agli inizi della carriera, che si fermarono a Genova per pochi anni. Cesare Ranzoli, Giuseppe Emanuele Bari e Ugo Spirito si avvicendarono sulla cattedra di Filosofia teoretica nellinterregno tra Benzoni e Baratono. Insegnarono invece Filosofia morale dopo lallontanamento di Rensi, ancora Bari, poi Calogero Sacheli e Fausto Bongioanni e infine Andrea Galimberti, che tenne questo incarico per pi di un decennio. Dopo Sante Ferrari non si vide pi uno storico permanere cos a lungo nella sede genovese: negli anni 30 si susseguirono le apparizioni fugaci di Santino Caramella, di Attilio Crespi, di Antonio Banfi, di Giovanni Semprini e di Vincenzo La Via, finch non giunse a Genova con un incarico di Storia della filosofia, dal 1938 al 1943 proprio Sciacca. E nellavvicendarsi di cos diversi studiosi risiede forse la ragione banale per cui non si costruita a Genova una tradizione stabile di questa disciplina, anche se a dire il vero non tutte queste presenze furono ugualmente brevi e fugaci. Caramella, giovanissimo talento filosofico e letterario nella Genova degli anni 20, era genovese, ma si era formato nel rapporto con Gobetti, con Croce, con Lombardo-Radice, al di fuori quindi della cultura della citt. Il suo antifascismo gobettiano gli valse la sospensione dallinsegnamento e larresto (1928); fu poi reintegrato nellinsegnamento ma a Messina e visse tutta la vita accademica in Sicilia47. Giovanni Semprini, invece, che aveva cominciata la sua carriera accademica come assistente di sanscrito a Bologna, assunse lincarico di Storia delle dottrine politiche nella vicina Facolt di Giurisprudenza e a
47 Stefano Verdino ha ricostruito le vicende di quegli anni in La cultura tra le due guerre, in G. Bertone, P. Boero, V. Coletti et al., La letteratura ligure. Il Novecento, Genova, Costa e Nolan, 1988, I, pp. 269-379.

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Genova svilupp la sua attivit di studioso, in particolare del pensiero del Rinascimento, diventando genovese a tutti gli effetti. Ci siamo trovati quasi per caso a varcare i confini della Facolt di Lettere e a entrare in altri luoghi dove pure si sono maneggiate argomentazioni e tecniche filosofiche. I filosofi tout court hanno sempre avuto in citt degli insigni vicini, i filosofi del diritto: Antonio Falchi, Luigi Bagolini, Giovanni Tarello e Silvana Castignone. La situazione nellambito della filosofia del diritto genovese speculare rispetto a quella della filosofia e basta: nessuna figura di gran livello fino al dopoguerra, ma piuttosto le basi per la costruzione di una scuola che gi prima del 68 prometteva di diventare fruttuosa di studi e di ricerche. Falchi domin la filosofia del diritto a Genova per tutta la prima met del Novecento e oltre48: egli seppe vivere la crisi della cultura positivista senza brusche svolte, in un diluirsi del positivismo nello storicismo positivistico, formula nella quale la scelta dellaggettivo non ripudia le antiche radici49. Del resto anche la sua lettura sociologica delle opere di Vico mostra la ricerca di un fondamento fattuale del diritto, del tutto antitetico a quello rensiano, perch basato sulla coscienza comune delle comuni utilit. Nelle vesti dello storico delle dottrine politiche o in quelle del sociologo del diritto, ma soprattutto come filosofo, Falchi propone ripetutamente un anti-idealismo di fondo: anche uno dei suoi concetti chiave, lidea dello stato colletti48 Allievo di Icilio Vanni, Falchi aveva iniziato la carriera accademica a Perugia, per poi tornare vincitore di concorso nella natia Sassari; quindi era stato chiamato a Genova nel 1925 (sulla cattedra occupata per un cinquantennio dal positivista Vittorio Wautrain Cavagnari): docente di Filosofia del diritto, fu preside di facolt dal 1928 al 1935 e dal 1946 al 1954, promotore della facolt di Scienze politiche, quindi docente di Sociologia del diritto. 49 Da Le esigenze metafisiche della filosofia del diritto e il valore della priori, Sassari, Dess, 1910, emerge chiara ladesione a una metodologia induttiva, la cui tradizione si pu far risalire a Machiavelli e Vico, ma criticamente avvertita rispetto al riduzionismo positivista, a cui Falchi non risparmia critiche.

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vit, su cui scrisse per pi di un trentennio50 e che potrebbe avere una qualche parentela con lo stato etico, invece radicata, non senza oscillazioni verso posizioni pi liberali, nel volere unitario e nellobbligatoriet del suo precetto, in una sorta di comunitarismo ante-litteram. Con larrivo di Luigi Bagolini, ordinario di Filosofia del diritto dal 1954 al 1964, qualcosa cambi: giungeva uno studioso di unaltra generazione, per cui il positivismo era decisamente il passato. Bagolini aveva studiato Aristotele, ma mostrava interesse verso il neopositivismo51 e verso gli empiristi inglesi. Impegnato nella ricerca del fondamento del diritto, non ne dava n una spiegazione razionale n radicalmente emotivista, perch pensava di trovare in Hume e in Smith i margini per una nozione di giustizia che mettesse ordine tra le diverse opzioni individuali; era inoltre sensibile alle tematiche di Bergson e di Scheler e attento alla nuova filosofia del dialogo. Quando nel 1957 Tarello e la sua compagna di studi Silvana Castignone divennero assistenti di Filosofia del diritto, la loro ribellione alla filosofia del diritto dei filosofi, per una filosofia del diritto dei giuristi aveva certamente a modello la scuola analitica nord-occidentale, ma aveva anche radici pi vicine, nella scuola di diritto genovese, come dimostrer il loro modo particolarmente avvertito di essere analitici senza perdere di vista la dimensione storica e sociale del diritto. Lattenzione di Tarello per lo sviluppo della cultura giuridica, alla quale dedic la Storia della cultura giuridica moderna52 e limpresa dei Materiali53, ne una prova evidente. Sicura50 Si vedano gli scritti raccolti ne Lo stato collettivit. Saggi, Milano, Giuffr, 1963, da I fini dello Stato e la funzione del potere, Sassari, Dess, 1913, a Volont statuale e coscienza giuridica, fino ad allora inedito. 51 L. Bagolini, Giudizi di valore e neopositivismo [1954], poi in Visioni della giustizia e senso comune, Bologna, Il Mulino, 1968. 52 G. Tarello, Storia della cultura giuridica moderna. I. Assolutismo e codificazione dei diritto, Bologna, Il Mulino, 1976. 53 I Materiali per una storia della cultura giuridica raccolti da Giovanni Tarello, che presero vita nel 1971, erano e sono editi a Bologna

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mente questo atteggiamento non trovava consonanze nelle vicine aule della Facolt di Lettere e filosofia. Negli anni 50, mentre Sciacca costruiva la sua filosofia dellintegralit, un giovanissimo Tarello partecipava attivamente alla vita della Societ di cultura, unesperienza laica, in evidente contrasto con la possibile o auspicata (da Sciacca) egemonia cattolica sulla cultura cittadina. Come voci cos dissonanti avrebbero potuto accordarsi nellambiente accademico? Del resto, nonostante le connessioni possibili in qualche momento (Rensi, dopo tutto, si era laureato in giurisprudenza e aveva insegnato Filosofia del diritto, anche se non negli anni genovesi), i due ambienti erano rimasti sempre separati. Ancora in anni recenti si avvertiva una sorta di reciproca diffidenza: i filosofi tendevano a stabilire una gerarchia tra filosofie e filosofie di e i filosofi del diritto a giudicare irrimediabilmente come un esercizio di retorica qualsiasi filosofia non tecnicamente avvertita. ben vero che la domanda sul fondamento del diritto una domanda eminentemente filosofica e altrettanto si pu dire dei temi discussi dalla teoria della giustizia: almeno per questi aspetti dunque la filosofia del diritto avrebbe potuto avere piena legittimazione nellambiente filosofico della Facolt di Lettere, tanto pi in quello genovese che non peccava certo di simpatia per lidealismo e per la sua svalutazione del diritto a disciplina empirica. Ma questi temi, se avevano interessato Bagolini, erano quanto di pi lontano potesse esserci dalla sensibilit di Tarello, deciso a considerare quella domanda abbastanza priva di senso e il problema dei valori un argomento troppo legato alle scelte personali per diventare oggetto di sapere filosofico; mentre era attento alla teoria generale e alla sociologia del diritto, che al contrario non erano argomenti filosofici per i filosofi puri.

dal Mulino, ma prodotti nella fucina dellallora Istituto di Filosofia del diritto genovese, di cui Tarello era direttore.

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6. Verso la normalizzazione Insediatosi sulla cattedra di Filosofia teoretica, Sciacca lasciava, un po a malincuore, quella di Storia della filosofia a Carlo Mazzantini, proveniente da Torino (e presto ben lieto di ritornarvi), e iniziava una politica accademica diretta alla formazione di una propria scuola. Dal 1951 un gruppo di giovani pavesi insegn le discipline filosofiche a Genova. Maria Teresa Antonelli, che si occupava della metafisica di Bradley e dellontologia rosminiana, ma aveva scritto una monografia su Origene a cui far seguito un saggio su Bernardo di Chiaravalle, ottenne lincarico di Storia della filosofia medievale. Alberto Caracciolo, che aveva da poco pubblicato gli Scritti di estetica54 e aveva studiato lestetica crociana, insegnava ovviamente Estetica. A Romeo Crippa, studioso di Oll-Laprune, di Blondel e di Laberthonnire, fu affidato linsegnamento di Filosofia della religione e Pietro Prini, prima di trasferirsi nella pi prestigiosa sede romana, passando per Perugia, insegnava Storia della filosofia antica e studiava Plotino. I giovani poi matureranno e domineranno la scena della filosofia per i successivi decenni, quando, liberatisi della ingombrante figura del maestro, si porranno essi stessi come maestri di pensiero. Anche questa successiva operazione, che normalmente in tutte le sedi universitarie avviene in modo naturale, a Genova stata traumatica. Nel 1967, per una banale questione di incarichi (Sciacca, a quanto pare, non voleva accettare che un medico insegnasse Psicologia) la rottura si consum irrimediabilmente. Sciacca decise che la sua prima sconfitta accademica dentro le mura della Facolt di Lettere dovesse essere anche lultima e si chiuse, con i fedelissimi, tra cui la pi giovane allieva pavese, M. Adelaide Raschini, in volontario esilio nella Facolt di Magistero. Fu una rottura fra culture filosofiche, fra diverse sensibilit politiche e anche fra modi di essere cattolici.
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A. Caracciolo, Scritti di estetica, Brescia, G. Vannini, 1949.

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Quando una famiglia accademica si sfascia allimprovviso, le versioni sono tante, contrapposte e difficilmente componibili. Si pu forse dare di questa spaccatura una verosimile spiegazione teoretica. Come si detto, tutta la prima generazione sciacchiana era pavese, legata cio a un processo culturale, almeno potenzialmente incompatibile con la filosofia dellintegralit che Sciacca era venuto a costruire a Genova. Significativa da questo punto di vista la contrapposizione che si era venuta creando fra lui e il suo allievo Crippa a proposito dellinterpretazione di Blondel: due letture egualmente religiose e cattoliche ma irrimediabilmente opposte, da cui emergevano due Blondel, uno protointegralista, laltro teorico dellautonomia e dellimpenetrabilit alla filosofia della dimensione religiosa. Dicotomia che diventer pi netta quando Crippa decider di studiare il pensiero di Locke, che Sciacca considerava non un filosofo ma tuttal pi un medico mancato, e lateo Spinoza, in una cornice di programmatica rivalutazione del pensiero del Seicento, visto come origine della modernit, a sua volta interpretata non come la negazione dello spirito cristiano ma come il suo pi pieno sviluppo. Un discorso simile si potrebbe fare per il percorso intellettuale dellaltro protagonista della scissione. Basta confrontare fra loro il Caracciolo de La persona e il tempo55, probabilmente il suo scritto pi condizionato dalla prospettiva sciacchiana, con i saggi raccolti successivamente nel volume Religione e eticit56, tutti scritti a cavallo della rottura: da una parte un breve volume senza note, teso a cercare unimpossibile sintesi fra le posizioni di Kant e Croce per dare consistenza al termine persona, dallaltra un maturo tentativo, del tutto speculare rispetto a quello di Crippa, di fare della filosofia la vera teologia, salvando per in qualche modo lautonomia della dimensione religiosa, fuori da ogni principio confessionale.
A. Caracciolo, La persona e il tempo, Brescia, Paideia, 1955. A. Caracciolo, Religione e eticit. Studi di filosofia della religione, Napoli, Morano, 1971.
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C per un altro aspetto della questione che merita di venire affrontato: larrivo di unintera scuola cattolico-militante nel mondo cattolico genovese dominato dalla figura del cardinale Siri, che non bisogna dimenticarlo quando decise di darsi una valenza culturale si guard bene dalladottare una delle riviste sciacchiane ma fond Renovatio con Gianni Baget Bozzo. Dal punto di vista della curia Sciacca, almeno allinizio, deve essere stato un pericoloso intruso che portava comunque con s una cultura meno provinciale. Daltra parte abbastanza presto, probabilmente gi in periodo preconciliare, nella cultura cattolica genovese si formarono movimenti alternativi. Risale addirittura agli anni dellimmediato dopoguerra lesperienza del gruppo di giovani che si raccoglieva intorno a Nando Fabro e alla sua rivista Il Gallo57. Sciacca risultava cos troppo innovatore per la cultura cattolica cittadina che si era da tempo dimenticata di padre Semeria, troppo irrimediabilmente conservatore per i neonati cattolici del dissenso: una situazione che il concilio deve avere aggravato trasformando immediatamente la sua filosofia dellintegralit da episodio di apertura culturale in monumento di conservazione ecclesiale. Caduta legemonia sciacchiana, furono possibili aperture prima inimmaginabili. A insegnare storia della filosofia medievale venne per qualche anno Cesare Vasoli, mentre Evandro Agazzi, che per alcuni anni aveva insegnato Logica matematica nella Facolt di Scienze e aveva appena scritto Temi e problemi di filosofia della fisica58, uno dei primi tentativi in Italia di costruire uninformata epistemologia di una specifica disciplina scientifica, ebbe la cattedra di Filosofia della scienza. Gli anni 70 dopo il ritorno a Firenze di Vasoli saranno ca57 Il primo numero della rivista, il cui frontespizio reca limmagine del gallo e il richiamo al rischio del tradimento nelle parole di Marco, apparve nel gennaio del 1946. 58 E. Agazzi, Temi e problemi di filosofia della fisica, Milano, Manfredi, 1969.

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ratterizzati quindi dal progressivo formarsi di almeno tre centri di aggregazione: una vivace scuola epistemologica aperta al confronto con la pi avanzata epistemologia anglo-sassone anche se non dimentica della matrice realistica, di origine bontadiniana, del suo fondatore, attorno a Evandro Agazzi; una scuola ermeneutica, dallimpostazione ben distinta e originale rispetto a quella torinese di origine pareysoniana, per limportanza data al tema del nichilismo, intorno ad Alberto Caracciolo; mentre Romeo Crippa, dopo essersi conquistata una posizione di rispetto nellallora ristretto club dei secentisti, tentava una molto personale mediazione fra empirismo humeano ed esigenzialismo cattolico, che aveva trovato gi espressione nei saggi raccolti in Libert e responsabilit59. Accanto a loro merita di venir ricordato lallievo non cattolico di Mazzantini Alberto Moscato, un neokantiano appassionato di Pascal e della cultura ebraica, che, dopo luscita di scena di Sciacca, aveva ottenuto lincarico di Estetica e ha concluso la sua carriera sulla seconda cattedra di Filosofia teoretica. Dallincrocio degli interessi secenteschi di Crippa e Vasoli emerse poi la figura di Dino Pastine, pioniere negli studi sulla cultura barocca. Si pu a questo punto trarre qualche conclusione dal nostro racconto, cercando di delineare quella che potremmo chiamare lanomalia, per certi aspetti forse felice, della sede genovese a partire dal 1917. Da una parte la presenza di tre eminenti studiosi, ciascuno a suo modo, tre veri e propri personaggi, destinati a lasciare alla citt, insieme con innumerevoli allievi, anche aneddoti pi o meno gustosi: Rensi, Baratono e Sciacca. Dallaltra, almeno fino allarrivo di Sciacca, nessuna grande scuola, tradizioni continuamente spezzate, passaggi fugaci di figure che diventeranno famose altrove, e tutto ci in una sede universitaria n insulare n provinciale. Altra caratteristica un elemento di continuit che pure
59

R. Crippa, Libert e responsabilit, Roma, Armando, 1969.

La filosofia a Genova

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emerge con evidenza: limpermeabilit alla cultura idealistica che si collega con un fondo permanente, anche se talvolta inconsapevole, di positivismo. Sciacca, lunico inquinato dal gentilianesimo era in realt un trasfuga, e da pochi anni scomparso Luigi Brian che ha tenuto per molti anni la cattedra di antropologia in perfetta continuit con la tradizione dellantropologia fisica veteropositivista. Un altro elemento appare chiaramente: se si confrontano da una parte le ultime produzioni scientifiche di Rensi e Baratono, teoricamente opposte fra loro come sono, con i volumi di Sciacca, appare un salto qualitativo rilevante. Da una parte due analisi moderne nutrite del meglio del pensiero contemporaneo Rensi si era dimostrato un intelligente lettore di Moore quando in Italia quasi nessuno sapeva che questo filosofo era esistito , dallaltra una simpatica reincarnazione del sempiterno spiritualismo di fonte platonica. Intorno a Rensi e a Baratono, per, il vuoto o quasi, intorno a Sciacca, e quindi dopo Sciacca, una scuola di allievi teoreticamente pi originali, e quindi forse, dopo il suo sfaldarsi durante il mitico 68, linizio di una normale evoluzione di scuole filosofiche.
Summary. Three significant personalities mark the philosophical teaching from 1916 to 1968 at the Facolt di Lettere of Genoa University: Giuseppe Rensi, who in 1918 replaced the last eminent positivist philosopher Alfonso Asturaro as professor of filosofia morale, and in 1933 was compelled to silence by fascism; Asturaros pupil Adelchi Baratono, who became professor of filosofia teoretica only in 1937, after a long and difficult career; and finally, the catholic scholar Michele Federico Sciacca, who replaced Baratono after his death in 1947. Notwithstanding the scientific abilities of the others, only Sciacca succeeded in building a permanent local tradition of studies. This tradition, though, collapsed in 1968, when Sciacca retired to the Facolt di Magistero, and his pupils Alberto Caracciolo and Romeo Crippa opened new research directions. At the same time, at the Law Faculty, after Giorgio Falchis long presence, Luigi Bagolini assumed the chair of filosofia del diritto. When he moved to Bologna University, his young pupils Giovanni Tarello and Silvana Castignone replaced him with a new analytic methodology.

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