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Bollettino di Archeologia on line I 2010/ Volume speciale C / C8 / 5 Reg. Tribunale Roma 05.08.2010 n.

330 ISSN 2039 - 0076


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Andrea Baudini

I rituali dellOrthia a Sparta come veicolo di autorappresentazione di unlite civica




Il santuario di Orthia a Sparta rappresenta un prezioso caso di studio nellanalisi dellevoluzione dei
complessi religiosi di area ellenica in epoca romana (fig. 1). I consistenti resti archeologici rinvenuti, uniti a
documenti epigrafici numerosi e frequenti testimonianze letterarie, contribuiscono infatti ad illustrare diversi
aspetti di un unico contesto cultuale e, ci che maggiormente interessa, la loro continuit o discontinuit nel
corso del tempo. Labbondanza e la convergenza di tutte e tre le classi di informazione (archeologica,
epigrafica e letteraria) un fatto alquanto raro in contesti di questa tipologia e costituisce il vero valore
aggiunto dellanalisi del santuario e dei riti in questione.
Il complesso monumentale si posiziona sulla riva destra dellEurota, ai margini orientali della Sparta
antica, nel quartiere convenzionalmente indicato come Limnai. La centralit rivestita dai riti in esso praticati,
allinterno del tessuto socio-religioso spartano ed in particolare nel percorso dellagog, ha certamente
portato allimponente sviluppo strutturale del sito, cos come i caratteri estremamente peculiari delle
cerimonie ivi svolte hanno determinato la fioritura di passi dei pi svariati generi letterari che di esse fanno
cenno.
Larea del santuario fu indagata dalla Scuola Britannica in cinque successive campagne di scavo
svoltesi tra il 1906 ed il 1910, i cui risultati complessivi vennero pubblicati nel 1929 a cura di Richard
Dawkins in un unico volume. A tale opera si deve sostanzialmente la quasi totalit dei dati archeologici in
nostro possesso, i quali sono stati successivamente ripresi in esame da John Boardman, a cui si deve la
ricalibrazione della datazione dei materiali pi antichi, e da Paul Cartledge
1
.
Le informazioni raccolte dalla Scuola Britannica narrano una storia del santuario che si pu
schematicamente tracciare in una lunga sequenza di fasi di vita che vanno dallet geometrica alla fine di
quella romana. A partire dalle prime tracce di attivit cultuale databili al IX secolo a.C., il sito vede una
progressiva evoluzione e monumentalizzazione, che passa attraverso successivi ampliamenti dellarea
occupata, una sequenza di due se non tre templi e, soprattutto, tre o forse quattro altari monumentali, la cui
sproporzione in dimensioni rispetto agli edifici templari appare una caratteristica costante del santuario.
Contemporaneamente si notano la comparsa di probabili strutture di servizio e le tracce di una continua
manutenzione del santuario, testimoniate in ultima analisi dalle probabili riparazioni del tempio in et
ellenistica e dalla costruzione del grande drenaggio nella stessa epoca.

1
DAWKINS 1929, BOARDMAN 1963, CARTLEDGE 2002; A tali lavori si fa riferimento nella presentazione dei dati archeologici e della loro
cronologia.
Tra i testi di fondamentale consultazione, per i temi qui trattati e per unanalisi di Sparta in et ellenistico-romana, si segnalano inoltre
CARTLEDGE, SPAWFORTH 1989 e KENNELL 1995.
XVII International Congress of Classical Archaeology, Roma 22-26 Sept. 2008
Session: Religione come sistema di comunicazione: networks e rituali nei santuari tradizionali greci di et romana
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Fig. 1 Sparta, santuario di Orthia (da DAWKINS 1929).

Le successive fasi romane si identificano sostanzialmente con la grande cavea (anfi)teatrale
edificata di fronte al tempio e nel contempo delimitante larea del santuario, la quale costituisce la maggiore
evidenza strutturale di tutto il sito e la cui edificazione pare avere pesantemente inciso le fasi precedenti. La
struttura, tipologicamente a met tra teatro e anfiteatro compone un anello incentrato sullarea degli altari
monumentali che si interrompe solo a ovest in modo da includere il tempio, la cui facciata risulta cos
allinterno dellarena. Ben poco si conserva delle gradinate, tranne un elemento collocato a est, direttamente
di fronte alla serie degli altari, il quale si innalza al di sopra del probabile livello dei sedili e che si pu
interpretare come ci che resta della tribuna riservata ai magistrati o, pi in generale, ai personaggi di
spicco. La struttura conservata, realizzata in opera grezza, doveva presentare un rivestimento che fu del
tutto spoliato in antico, cos come nulla si conserva dei sedili delle gradinate.
Particolarmente importanti sono i materiali utilizzati per le fondazioni della cavea, ritrovati nel corso
dello smontaggio di alcune sue parti per raggiungere i livelli pi antichi e pertinenti alle precedenti fasi di vita
del santuario. Si tratta perlopi di stele iscritte e basi di statua, che commemorano le vittorie negli agoni che
si svolgevano al santuario e che sono databili a partire dal IV secolo a.C. fino al III d.C. Il pi tardo di questi
documenti (IG V
1
, 314) si data al 225 d.C. e fornisce cos un importante terminus post quem per la
costruzione della cavea, che si ipotizza posteriore alla calata degli Eruli (267 d.C.) ed in connessione con la
grande fase di ristrutturazione del teatro alla fine del III secolo d.C. Lalto numero di iscrizioni rinvenute, che
superano le 150, con una netta prevalenza di documenti databili tra il I ed il II secolo d.C., unulteriore
testimonianza della grande attivit e importanza del santuario, soprattutto in considerazione del fatto che si

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tratta di un dato parziale, essendo state le fondazioni smontate solo in parte. Di particolare interesse, inoltre,
il ritrovamento, sempre nelle fondazioni della cavea, vicino a dove poi sarebbe sorta la tribuna per i
notabili, di una fila di sedili in pietra (due completi e parte di un terzo), che ci testimoniano lesistenza di una
precedente struttura stabile per assistere alle cerimonie, antecedente alla cavea. Liscrizione posta sugli
schienali dei seggi (IG V
1
, 254), che riporta la loro dedica ad Orthia da parte di Soixiadas, ci d una
indicazione cronologica, dato che il personaggio si colloca prosopograficamente nel corso del I secolo a.C.
Landamento rettilineo della fila di sedili fa inoltre sospettare per questo apparato una forma differente da
quella (anfi)teatrale, ma le informazioni che possiamo ipotizzare su di essa si esauriscono qui.
Probabilmente in fase con la cavea sono una ripavimentazione dellarea e lultimo della serie degli
altari. Esso si fonda direttamente sui blocchi di quello precedente e al momento della scoperta il suo stato di
conservazione, forse per via di spoliazioni tardive, appariva alquanto misero, tanto che gli scavatori non lo
hanno inizialmente riconosciuto quale altare. La tecnica di costruzione appare anchessa alquanto povera,
con un nucleo (forse in terra) di cui nulla si conservato ed un disordinato rivestimento in blocchi di
reimpiego e mattoni legati con malta; tra il materiale di reimpiego spicca un sedile in pietra, probabilmente
pertinente alla prima struttura per gli spettatori.
Si delinea dunque unintensa fase edilizia nel santuario nel corso della seconda met del III secolo
d.C., comprendente non solo la cavea, ma anche una nuova pavimentazione e un nuovo altare. Ad
accomunare tutte queste opere costruttive, concorrono una certa trascuratezza delle forme edilizie e,
soprattutto, un ampio utilizzo di materiale di reimpiego. Unanalisi delle asimmetrie che la cavea presenta
(soprattutto nella distanza tra i radiali) ha permesso anche di ipotizzare il procedere della sua costruzione da
sud a nord in senso antiorario, senza un progetto preliminare dotato di grande precisione e conseguenti
correzioni in corso dopera. Nellattribuire queste caratteristiche al generale impoverimento dellavanzato III
secolo, che ha particolari riflessi nella difficolt di reperire materiale da costruzione, con ogni probabilit non
ci si allontana di molto dal vero, ma, allo stesso tempo, non si spiega del tutto il perch della realizzazione,
proprio in unepoca di crisi, di un progetto che ha comunque unimpronta di grande monumentalit. La
portata delle opere eseguite, che vanno probabilmente a mutare radicalmente il volto del santuario,
possiede, inoltre, i caratteri di una vera e propria ricostruzione, pi che di un ampliamento o riparazione. La
proposta di un collegamento con le scorrerie degli Eruli, gi avanzata dagli stessi scavatori, appare dunque
avere pi di un fondamento, nonostante il sacco di Sparta (contrariamente a quello di Atene) sia un dato
tuttaltro che appurato
2
: labbondanza di materiale pronto per il riutilizzo fornito dalle distruzioni, la volont
ideologica di ricostruire, anche se in fretta, dopo uninvasione ed il parallelo con la coeva fase edilizia al
teatro sono certamente elementi che portano argomentazioni allipotesi che anche Sparta abbia dovuto
subire pesanti distruzioni nelle scorrerie degli Eruli.
I dati archeologici vanno a rafforzare, dando loro una forma concreta, le informazioni forniteci dalle
fonti (di cui si presenta qui una selezione
3
) nella possibilit di abbozzare, caso come detto alquanto raro, le
caratteristiche di un rito e soprattutto la sua evoluzione nel passaggio allet romana.
La descrizione pi completa della cerimonia celebrata al santuario di Orthia, e la testimonianza
canonicamente pi utilizzata, di Pausania (III, 16.10-11): gli efebi spartani vengono fustigati nei pressi
dellaltare, tanto da cospargerlo di sangue, mentre la sacerdotessa giudica lintensit dei colpi reggendo in
mano lo xoanon della dea, il quale si appesantisce quando la violenza delle fruste cala. Il Periegeta ci
fornisce anche un aition per questo rituale: in seguito ad una rissa scoppiata tra le obai di Sparta e chiusasi
nel sangue sullaltare di Artemide, la dea impone agli spartani di continuare a bagnare la sua ara di sangue
umano; alla pratica di sacrifici umani, che inizialmente fa seguito ai dettami della dea, Licurgo sostituisce
successivamente la fustigazione a sangue degli efebi, aggirando cos il precetto. Tale aition, secondo il
Periegeta, confermerebbe anche lorigine barbara e sanguinaria del culto, portato dalla Tauride a Sparta ad
opera di Oreste e Ifigenia. Pausania, dunque, ci presenta la versione del rituale, e del mito ad esso
collegato, che diffusa alla met del II secolo d.C..

2
Cf. CARTLEDGE, SPAWFORTH 1989, 122.
3
Per una lista completa delle fonti, cf. KENNELL 1995, app. I.
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Questa differisce, in modo alquanto sostanziale, dalla versione fornita da Senofonte (Lac. Resp.,
II.9) nella prima met del IV secolo a.C. In essa, infatti, il rituale ha uno scopo ben preciso, che consiste, da
parte degli efebi, nel rubare dallaltare di Orthia quante pi forme possibili di formaggio, il quale viene difeso
da una squadra di fustigatori. La genesi di questa contesa rituale, inoltre, non pare avere nulla a che fare
con originari atti violenti o sacrifici umani, ma si lega organicamente con i precetti dellagog licurghea, che
imponeva agli efebi di rubare il cibo che volessero eventualmente aggiungere a quello, scarso, loro fornito di
norma; in Senofonte, inoltre, non vi nessun accenno al sangue o ad un eventuale ruolo del suo
spargimento nel rito
4
. La notevole distanza tra queste due notizie separate tra loro da pi di cinque secoli
evidente e ha spesso portato a mettere in dubbio lautenticit del passo di Senofonte, considerato
uninterpolazione, in quanto le numerose altre fonti sul rituale in nostro possesso, tutte di et romana,
concordano sostanzialmente con la versione di Pausania
5
.
Cicerone (Tusc. Disp., II, XIV.34), nel trattare della sopportazione del dolore fisico, riporta le
asprezze dellagog di Licurgo, che culminano nella fustigazione presso laltare, tanto violenta da portare a
copiosi spargimenti di sangue e, a volte (non numquam), alla morte, senza che per nessuno dei giovani
levi nemmeno un lamento. Interessante, a mio parere, come Cicerone, ossia la fonte cronologicamente
meno lontana a Senofonte, punti laccento sul legame del rituale con leducazione spartana e collochi la
notizia degli occasionali decessi in un contesto quasi iperbolico, o in quello di una diceria (cum ibi essem,
audiebam). Del tutto parallela a quella di Cicerone, poi la notizia fornita da Plutarco nei Moralia (239d;
Inst. Lac., 40), la quale, anzi, pare quasi una canonizzazione della precedente. Ancora una volta, il rituale
riportato prevede esclusivamente la fustigazione, alla quale i giovani si sottopongono senza un lamento,
nonostante il rischio di morte, che in questo caso, per, definito come un evento tuttaltro che raro (mcri
qnatoj pollkij); la cerimonia, inoltre, viene ora presentata con precise connotazioni agonistiche, dove il
vincitore colui che resiste al maggior numero di sferzate: si tratta quindi di una gara (milla) che ha anche
una dicitura precisa (Diamastgwsij). Gli stessi caratteri di gara di orgoglio e resistenza presentati nei
Moralia si trovano nella descrizione della cerimonia da parte di Luciano (Anach., 38), di particolare interesse
per i suoi caratteri parodistici. Limmagine dei familiari degli efebi, che assistono alla cerimonia e spronano i
loro rampolli a resistere fino alla morte, seppur caricaturale, particolarmente icastica nel raffigurare le
valenze sociali e civiche del rito, le quali sono del tutto esplicitate nella menzione delle statue erette a spese
della citt in onore dei vincitori della gara.
In qualche modo nel solco della testimonianza di Pausania, e di poco posteriore ad essa, infine la
menzione della cerimonia da parte di Sesto Empirico (Pyrr., III.208), il quale, trattando della variet dei
costumi degli uomini ed elencando una serie di pratiche o episodi mitistorici che vanno contro la tradizionale
morale greca, cita la fustigazione spartana tra il ricordo del cannibalismo di Tideo, che divora il cervello del
suo nemico Melanippo, e la menzione dei sacrifici umani operati dagli Sciti in onore di Artemide. Ancora una
volta, dunque, si sottolinea laspetto cruento ed in qualche modo barbaro della cerimonia dellOrthia, dato
che la consuetudine greca considera sacrilego bagnare di sangue umano un altare.
La discordanza della testimonianza di Senofonte da tutte le altre, sia per i toni, sia per quello che
viene descritto, non deve necessariamente far pensare ad un passo spurio o ad una interpolazione. Al
contrario, la distanza cronologica che lo separa dalle notizie di et romana deve renderci particolarmente
prezioso il testo di Senofonte, il quale non ci presenta un rito diverso o mal compreso, bens una versione
pi antica dello stesso rito. Agli inizi del IV secolo a.C., infatti, il rituale pare decisamente pi complesso,
ossia sempre con caratteri agonistici, ma con il suo fulcro nel furto e nel formaggio (e quindi, forse, in una
offerta alla dea) e non nel sangue; lo stesso elemento della frusta svolge un ruolo fondamentale, ma non
unico. Lindubitabile carattere di passaggio del rito, inoltre, va posto sullo sfondo della societ tripartita

4
Per il ruolo antropologico che la frusta e la violenza dovevano comunque avere allinterno dei riti di passaggio spartani, cf. VERNANT
1984 e BRELICH 1969, 136.
5
possibile che a quella di Senofonte sia da accostare la notizia di Platone, Lg. I (633B), sui furti a rischio di molte ferite, anche se
essa si adatta in generale alle pratiche dellagog e non detto che debba interpretarsi come un riferimento preciso al rituale
dellOrthia.

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spartana. La pratica rituale di rivolgere la sferza contro uomini liberi (e lo sgorgare del sangue che ne doveva
essere la naturale conseguenza), non fu probabilmente del tutto comprensibile ad occhi esterni, cos come
molti dei costumi particolari su cui Sparta costru il proprio mito, e dovette impressionare gli occasionali
visitatori, cominciando cos a diffondere la propria leggenda. Cicerone, ancora cosciente del posto occupato
dal rito nel percorso educativo spartano, ma allo stesso tempo colpito dalla violenza delle fruste, offre una
buona attestazione di questa fase di unevoluzione, che porter successivamente laspetto cruento ad una
totale prevalenza, identificandolo, certamente almeno nel II secolo d.C., con la cerimonia stessa in toto. Alle
soglie dellet romana, dunque, si configura un processo di sclerotizzazione del rituale, che lo allontana dai
significati originari e ne isola le componenti pi scenografiche, a questo punto divenute il fulcro del rito. Nel
corso di questa evoluzione, non va dimenticato il ruolo certamente fondamentale che devono avere avuto le
riforme operate da Cleomene III, tra le quali si colloca una ristrutturazione del complesso dellagog,
evidentemente dopo un periodo di abbandono o trascuratezza delle sue pratiche (Plut., Cleom. XI, 3-4). A
tale restaurazione si associa la figura del filosofo stoico Sfero di Boristene, al quale deve con ogni probabilit
essere ascritta laccentuazione dei caratteri di resistenza e sopportazione assunti dalla gara dellOrthia. Alla
luce di questo dato, le forme del rito che si ritrovano in et romana paiono essere il punto darrivo di un
processo che inizia molto presto, nella piena et ellenistica, e che deve essere necessariamente collegato
allevoluzione interna della societ spartana adombrata dalle riforme di Cleomene
6
.
La perdita di contatto con i significati ed il contesto primigeni probabilmente alla base della
creazione dei diversi aitia per spiegare una forma rituale ormai poco comprensibile e che pare eccedere
anche il mito del militarismo spartano
7
. la collocazione ai margini del mondo civilizzato tentata da Sesto
Empirico, lorigine barbara per cui opta Pausania ed il mito degli originari sacrifici umani si collocano
perfettamente in tale contesto. La componente spettacolare, ormai, prende il sopravvento e ledificazione
nella seconda met del III secolo d.C. della grande cavea ci porta, cronologicamente poco pi in l rispetto
alle fonti esaminate finora, al possibile punto di arrivo del processo: la sproporzione delle gradinate rispetto
alledificio templare gi stata notata e laccento cos posto sul pubblico giustifica a mio avviso i caratteri di
(auto)rappresentazione attribuibili alla cerimonia.
Una testimonianza di Filostrato (Vita Apolloni, VI.20) fotografa icasticamente la situazione. Nel
discutere con letiope Tespesio, un saggio locale, Apollonio risponde alle curiosit riguardo alle fruste
laconiche e, alla domanda particolarmente stupita del suo interlocutore su cosa pensino i greci della
fustigazione di uomini liberi e di alto rango (leuqrioi ka edkimoi), risponde: si riuniscono come per le
Giacinzie e le Gimnopedie e assistono con piacere ed entusiasmo.
Protagonisti e attori di tale apparato spettacolare sono i rampolli delle grandi famiglie dellaristocrazia
di et romana alle quali manca il sottofondo dellantica societ tripartita e che sono quindi qualcosa di ben
diverso dagli homoioi di et classica. In altre parole, se i caratteri di rito di passaggio della cerimonia non
vanno di certo persi, con il cambiare del sostrato sociale muta anche laccezione della pratica rituale. Il teatro
della rappresentazione dei rituali dellOrthia, infatti, ormai quello di una provincia (quella di Achaia) la quale
trova una propria giustificazione e ruolo allinterno delluniversitas romana quasi esclusivamente nella propria
tradizione e nei fenomeni classicisti ad essa collegati
8
; pi nello specifico, proprio nel mito militarista ed
eccentrico che Sparta e la sua aristocrazia si autorappresentano. Allinterno del quadro cos delineato
decisamente interessante, a mio avviso, una terza testimonianza di Plutarco (Arist., XVII, 8), non tanto per la
descrizione della cerimonia, che si basa ancora sulla semplice fustigazione degli efebi, quanto per laition ad
essa connesso, che viene fatto risalire alla battaglia di Platea, quando Pausania ed i suoi compagni, sorpresi
da una banda di Lidi nellatto di sacrificare e trovandosi senzarmi, si sarebbero difesi con bastoni e fruste; in
memoria di questo episodio, sarebbero state create la cerimonia dellOrthia e la pomp dei Lidi che la
seguiva nelle celebrazioni. Il richiamo alla Guerre Persiane costituisce un costante e potente elemento
propagandistico per la Grecia romana, che ritroviamo a Sparta nella celebrazione degli agoni Leonidei, nel

6
Per unanalisi pi approfondita dei passaggi evolutivi dellagog spartana, cf. KENNELL 1995, passim.
7
Cf. BONNECHRE 1993, 55.
8
Sul tema, cf. ALCOCK 1993.
XVII International Congress of Classical Archaeology, Roma 22-26 Sept. 2008
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rifacimento della sto Persik testimoniato da Pausania (III, 11.3) e nellinvio di contingenti militari per le
spedizioni partiche di Lucio Vero e Caracalla
9
. Nella testimonianza plutarchea, dunque, paiono riunirsi diversi
filoni dellautorappresentazione della Sparta di et romana.
I documenti epigrafici, a cui accenneremo qui solo brevemente, danno una conferma puntuale dei
dati forniti dalle fonti. Alcune basi rinvenute nel santuario (ad esempio IG V
1
, 653b) riportano la dedica di una
statua da parte della citt ai vincitori della gara dellaltare (bwmonkai), esattamente come descritto da
Luciano; il riferimento esplicito (almeno nel caso di IG V
1
, 290, databile attorno al 100 d.C.) ad un karteraj
gn, inoltre, richiama direttamente i caratteri di gara di resistenza descritti soprattutto da Cicerone,
Plutarco e, ancora una volta, Luciano.
Lanalisi dei nomi degli efebi vincitori nelle gare del santuario, infine, rivela la presenza tra di essi di
esponenti delle famiglie che si sono susseguite alla guida della Sparta di et romana, quali gli Euriclidi (IG
V
1
, 265 e 267) e i Claudii (IG V
1
, 283), oppure, pi in generale, di personaggi che avevano ricevuto i tria
nomina legati alla cittadinanza romana
10
. Si conferma cos come le cerimonie dellOrthia (e gli onori civici ad
esse collegati) siano da leggere quale luogo di autorappresentazione sociale per gli edkimoi menzionati da
Filostrato, ossia i rampolli di quella aristocrazia che aveva progressivamente sostituito, nel corso dellet
ellenistico-romana, la tradizionale societ degli homoioi.



Andrea Baudini
Universit degli Studi di Milano
E-mail: baudini@tiscali.it




Bibliografia

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BRELICH A., 1969. Paides e parthenoi. I (rist. 1981). Roma.
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KENNELL N. M., 1995. The Gymnasium of Virtue. Education and Culture in Ancient Sparta. Chapel Hill
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VERNANT P., 1984. Une divinit des marges: Arthemis Orthia. In Recherches sur les cultes grecs et
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9
Sulle valenze propagandistiche del tema delle guerre persiane, cf. SPAWFORTH 1994.
10
Per una prosopografia della Sparta romana, cf. SPAWFORTH 1985 e RIZAKIS ET AL. 2004.

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