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Physis kruptestai phylein.

Enigmatico avvio del pensiero occidentale nelle parole


misteriose delloscuro Eraclito di Efeso. Physis... I latini tradurranno la parola con
natura, poi passata alla nostra lingua. Ma Martin Heidegger ci ha insegnato che ogni
atto di traduzione anche un tradimento, che non solo un neutrale gesto tecnico ma
la riconfigurazione, soprattutto attraverso le parole essenziali, di un intero mondo. Nella
natura i Greci che vissero prima di Platone videro la forza generatrice, custodita in un
mistero mai interamente ri-velabile. La cultura romana e quella ebraico-cristiana hanno
smarrito, per motivi diversi (il pragmatismo da una parte, lidea del Dio creatore ex
nihilo dallaltra) quanto di sacro aveva la Physis greca, e dunque di inviolabile, creando
le premesse per la hybris (tracotanza) della modernit, che avrebbe fatto del progetto di
dominio tecnico sulla Natura la propria ragion dessere, lungo lasse che si dispiega da
Cartesio e Bacone, violando i precordi, mettendo al lavoro le energie celate nelle
profondit della terra, miticamente affidate anche nel folklore popolare (Biancaneve) ad
esseri non pienamente umani. Il piano inclinato ci ha portato ad un presente proteso, e
con scarsa consapevolezza, alla distruzione dellhabitat naturale delluomo, come film di
fantascienza catastrofista (Avatar di Cameron, il recente After the Earth di Shyamalan)
hanno mostrato.
Il pensiero occidentale, ha dunque, dentro di s svariate possibilit. Supportare la tecno-
scienza nella violazione della Natura fino alla sua distruzione o, rimettendosi allaltezza
del pensiero greco arcaico e di molto pensiero orientale, riorientare teorie e prassi,
plasmando una vera e propria ecosofia. possibile attingere a diverse eresie emerse
periodicamente nella nostra cultura. Penso ad un visionario come Giordano Bruno, che,
negli anni in cui si ponevano le fondamenta per il dominio tecnico attraverso la scienza,
immaginava il cosmo come un essere vivente: [...] abbassando gli occhi, si vede
l'universit di venti, nubi, nebbie e tempeste, flussi e reflussi che procedeno dalla vita e
spiramento di questo grande animale e nume, che chiamiamo Terra [...]. (Fracastorio,
Dialogo III). Oppure a tanta cultura romantica, non solo squisitamente filosofica, come
Schelling (Nulla, assolutamente nulla in s imperfetto, ma tutto ci che appartiene,
in quanto , all'essere della sostanza infinita... Questa la santit di tutte le cose), ma
anche poetica, da Novalis (I discepoli di Sais) a Coleridge (La ballata del vecchio marinaio), per
non dire il primo Leopardi.
Anche in pieno trionfo positivismo, con il mito imperante della scienza, panacea di ogni
male, con il mito del progresso illimitato, pensatori americani come Emerson o il suo
discepolo critico, Thoreau, immaginavano la reimmersione nella Natura come unica
possibile cura: Andai nei boschi perch desideravo vivere con saggezza, per affrontare
solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa
aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto. Non
volevo vivere quella che non era una vita, a meno che non fosse assolutamente
necessario. Volevo vivere profondamente, e succhiare tutto il midollo di essa, vivere da
gagliardo spartano, tanto da distruggere tutto ci che non fosse vita, falciare ampio e
raso terra e mettere poi la vita in un angolo, ridotta ai suoi termini pi semplici [].
(Walden, o Vita nei boschi, cap. II).
Oggi ci troviamo nel momento del massimo pericolo, quando si decide della perdizione
dellumanit o della sua possibile salvezza. Le menti pi illuminate del XX secolo hanno
percepito questa sfida epocale e ci hanno dato gli strumenti per vincerla, rimettendo in
discussione i miti fondanti della modernit (il progresso illimitato, il dominio tecnico
della realt). Urge quella che il teologo Ramundo Panikkar ha definito una nuova
saggezza, che deve incarnarsi da subito nelle nostre vite e nelle nostre scelte quotidiane,
incidendo sui nostri consumi (in primis alimentari), sulla nostra mobilit, insomma sul
nostro stile di vita. La Natura non pu essere, come troppo spesso accade, il sogno di
una Wilderness (terra selvaggia) incontaminata, che rischia di diventare uninsana utopia.
Pur ammettendo la necessit periodica di immersioni rigeneranti a contatto con alberi e
terra, ritengo doveroso naturalizzare le nostre pratiche quotidiane, ripensando gli
ambienti urbani, le scuole, le nostre case. Per troppo tempo abbiamo sognato citt
letteralmente sradicate dalla terra (penso a certe follie architettoniche di Le Corbusier).
tempo di tornare ad abitare poeticamente la nostra Terra-Patria (Morin), con umile e
riconoscente atteggiamento filiale.
Ogni iniziativa in questa direzione va vista come prefigurazione di una nuova, creaturale,
capacit di essere pienamente terrestri, pienamente umani, seguendo nellera
dellempatia - questo aureo invito di Arthur Schopenhauer: La conoscenza che ogni
cosa vivente per lappunto la nostra essenza in s estende la nostra partecipazione a
tutto quanto vive.

Nicola Sguera

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