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MATTEO VERONESI MALLARM, QUESTA RIVA.

CARLO BO E IL DIARIO DEL TEMPO ASSOLUTO


Si potrebbe dire, a ben vedere, che tutta la critica di Carlo Bo, tutto il suo lungo,
inesauribile, irrazionale discorso, come lo defin Contini in Letteratura dellItalia unita
(corrispettivo, sul piano della critica, della luardiana posie ininterrompue la quale si
innalza essa stessa, pur cos sentita e concitata, verso un regno superiore di glaciers
opulents dove la misre sternise
1
, o, prima ancora, di una sorta di ovidiano car-
men perpetuum, o dellondivagum melos dellultimo DAnnunzio di una catena, in-
somma, intrecciata e virtualmente infinita, formata da maschere molteplici, da sfaccettate
e prismatiche diffrazioni che si dipartono da uno stesso, unico e sfavillante, cristallo din-
dividualit interpretante e creatrice), abbia un carattere intrinsecamente diaristico, la na-
tura, cio, di unespressione soggettiva, ma non per questo arbitraria o mistificante (anzi
del tutto limpida, ben pi intellettualmente onesta di tanta pretesa storico-scientifica o fi-
lologica obiettivit, franca e quasi disarmante, nella propria palese manifestazione din-
tima, esistenziale parzialit), occasionata e alimentata (ma come autentico nutrimento e
condizione di esistenza, ben oltre i limiti opachi di un mero pretesto) dal contatto con
opere figure esperienze stagioni della letteratura: avventura di unanima fra i capola-
vori, per parafrasare ci che Anatole France scriveva nelle programmatiche pagine in-
troduttive della Vie littraire, del resto citata, pur se con una certa cautela e un certo
distacco, relativamente alle pagine sul cattolicesimo baudelairiano, nel diario di Bo
2
;
ma non come ozio vago, fluttuante e dandystico aux marges des vieux livres, secondo
quellestetismo edonistico ed evasivo da cui era a tratti tentato anche Serra, fra i modelli
dellermetismo critico: bens come intensa e sofferta vicenda, come assiduo e sorvegliato
cammino dellhomo interior alla ricerca di se stesso, teso a risalire verso le sorgenti prime
dellessere e del pensiero reimmerse nellassoluto della soggettivit.
Non un caso che proprio le pagine su Serra, sul suo infinito esame, sulla sua quasi
senecana recognitio sui (del resto, Seneca e France sono tuttuno, non cambiano che i
modi
3
) davanti allo specchio sempre vibrante dei testi (e sotto la specie delleterno, del
tempo assoluto dellessere e dello spirito, contrapposto nella celebre conferenza Let-
teratura come vita al tempo minore, frammentato e discontinuo, che scandisce i fatti
1
Posie ininterrompue, Paris, Gallimard, 1946, pp. 31-32.
2
C. BO, Diario aperto e chiuso, Milano, Edizioni di Uomo, 1945 (ristampa anastatica, con una concisa
ma efficace postfazione di Katia Migliori, Urbino, Quattroventi, 2012), p. 217.
3
ID., Lassenza, la poesia, Milano, Edizioni di Uomo, 1945, p. 61.
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della societ e della storia evenemenziale, cos come gli accadimenti del vivere quoti-
diano) trapassino e si trasfondano dal discorso diaristico a quello saggistico, con una
transizione naturale e quasi impercettibile, sullonda di un continuo, mai intermesso
fluire
4
.
E basterebbe, chi ben guardi, la diaristica assoluta, sovratemporale la meta-diaristica,
si potrebbe quasi dire di Bo, unitamente ai profondi, diuturni scandagli degli abissi del-
lanima dellinsondabile, inesauribile logos che racchiude lessenza dellanima eracli-
tea che animano i vari journaux, i vari journals, inglesi e francesi, da Bo esplicitamente
invocati (dalla Woolf con il suo luminous halo che avvolge la psiche alla Mansfield con
i suoi slanci incompiuti e scorati incontro al mondo, da Joubert oscuro profeta del Livre
simbolista al tormento cristiano di Gide a Du Bos con la sua bergsoniana corrente di
vita), per mettere in dubbio quello che parrebbe quasi costituire un motivo ricorrente ed
obbligato, o un basilare punto di partenza, degli studi, o almeno di parte degli studi, sul
diario come genere della letteratura
5
: alludo alla convinzione che il diario di per s ine-
vitabilmente soggiaccia alla casualit episodica e frammentaria delle date, degli eventi,
delle circostanze, al montaliano scialo / di triti fatti, allaleatorio, casuale ed insensato
clinamen degli incontri, delle circostanze e delle coincidenze imprevedibili, informi,
senza direzione n ordine; mentre, al contrario, la diaristica ermetica del tempo assoluto,
litinerarium mentis e il viatico delle giornate, delle esperienze, delle gidiane incidences
si tratti di contatti umani, agnizioni conoscitive, epifanie poetiche, o illuminazioni er-
meneutiche accese dal contatto con la pagina e lopera sono, precisamente, le tracce e
le scie degli spiracoli, delle fenditure attraverso cui una luce pi alta, un ordine perenne
e compiuto di destino gli alti Eldoradi, i chiari reami, per citare ancora Montale,
di unaura, e di un aire, pi elevati e pi tersi trapelano e raggiano nel grigiore della fi-
nitudine, nel decorso apparentemente caduco dei fatti umani, nelloccso a prima vista
inesorabile di una sorta di heideggeriana Deiezione, di una lacerata ed incolmabile dif-
ferenza ontologica.
Che si tratti di un paesaggio, di un volto, di una pagina letta, riletta o intravista, di una
lettura compiuta, rammemorata o progettata, in tutti i casi il fatto registrato termine
quanto grigio e meccanico e freddo sulla pagina di questa diaristica trascendentale, di
questo journal delleterno passato o futuro, sempre e comunque pagina che appartiene
o che aspira a ricongiungersi ad un Libro pi vasto e pi alto, assoluto al Livre di Mal-
larm cui tutto, nel mondo, tende ad approdare, sfociare, culminare, risolversi, aboutir
ma, forse, addirittura al dantesco volume in cui racchiuso e legato con amore [...]
ci che per luniverso si squaderna (al dantesco libro che l preterito rassegna, e che
sar pienamente chiosato, via via, di figura in figura, dombra in illuminazione, nel di-
venire della forma fluens che il tempo immagine e misura delleterno
6
) moderna,
post-simbolista e post-mallarmeana, Vita nova, rievocazione di luoghi ore incontri, volti
evanescenti, amati fantasmi, fra diario a posteriori, romanzo lirico, impossibile, ossi-
4
Ibidem, pp. 235 sgg.; e C. BO, Intorno a Serra, a cura di V. Gueglio, Milano, Greco e Greco, 1998.
5
Si possono vedere, fra gli altri, B. DIDIER, Le journal intime, Paris, PUF, 1976; G. GENETTE, Journaux
intimes, in ID., Seuils, Paris, Seuil, 1987; J. ROUSSET, Le journal intime, texte sans destinataire?, in
Potique, 1983, n. 56, pp. 435-443; P. MANSELL JONES, French Introspectives from Montaigne to
Andr Gide, Cambridge, Cambridge University Press, 1937.
6
Per gli echi danteschi nellermetismo, vedi L. GATTAMORTA, La memoria delle parole, Bologna, Il Mu-
lino, 2002.
CARLO BO E IL DIARIO DEL TEMPO ASSOLUTO 121
morica narrazione ermetica, stagliata e sfrangiata come iride fra terra e cielo, fra il tempo
e leterno, sar Biografia a Ebe di Luzi
7
.
Ma, probabilmente, questa diaristica trascendentale, questo regesto del tempo asso-
luto, questo viatico o commentario dei giorni eterni, trovano riscontro, in senso lato, nel-
luniverso della stessa poesia ermetica, dai suoi antecedenti e modelli remoti o prossimi
fino ai suoi esiti ultimi da quel diario lirico di unestate marina che fu, secondo la ce-
lebre definizione di Sergio Solmi, Alcyone, dove le metamorfosi e le epifanie paniche e
vibranti sono sovrastate dallombra inesorabile del cerchio fatale che stringe la Morte
e lArte, a quel liricamente trasfigurato diario di guerra che lAllegria di Ungaretti, dove
il limpido stupore dellimmensit si innalza ad illuminare il fango, il sangue, il dolore,
il tormento delluomo di pena fino a Sotto specie umana di Luzi, diario frammenta-
rio, eppure animato dalla discesa e dallincarnazione delleterno nel tempo, dello spirito
nella natura, dallinserzione di un singolo progetto di vita / nel progetto universale, o
a certi testi del Bigongiari maturo e ultimo, che annota date e luoghi, dallAmerica delle
metropoli e dei laghi alla Grecia delfica e misterica, pur scorgendo ovunque rivelazioni,
epifanie, agnizioni metafisiche, montaliane occasioni rilette per, in chiave ermetica,
non tanto come concreti oggetti, come situazioni e cronotopi discontinui e frammen-
tari, ma come spie, baleni e pertugi di un senso essenziale, di un sostrato ontologico,
abissale e superno, luminosissimo ed imperscrutabile (quale eccesso si / esprime troppo
in alto? Quali altre / mattine hanno la luce inviolata / di questa lontananza da se stessa?
8
),
per arrivare fino al Parronchi estremo di Quel che resta del giorno, diario e insieme me-
moriale fitto di trame e di lacerazioni individuali come storiche, eppure aperto alloltre-
tempo, ad una sfera ulteriore, ad una escatologica ricomposizione degli opposti: Lorrore
non spezz il filo del tempo, / questo tempo che fa nascere e morire come Luzi, in versi
celebri: la parola allunisono di vivi / e morti, la vivente comunione / di tempo e eter-
nit vale a recidere / il duro filamento delegia (ma non andrebbe dimenticato, in que-
sta rassegna che non pu essere completa, il Sereni, non certo identificabile pienamente
come ermetico, ma diviso fra realt e lirismo, poetica del simbolo e dellanalogia e poe-
tica delloggetto, di Diario dAlgeria, dove eventi volti memorie luoghi, e lo stesso os-
sessivo ripetersi e reiterarsi quasi da girone dantesco della condizione di prigionieri,
sembrano, pur nella loro tangibile, a volte aspra concretezza, nel loro rilievo doloroso,
giungere, come emanazioni od ombre, da una sfera ulteriore o anteriore, da non so che
profondit remota, da una lontananza per noi nellora oscura.
Non un caso se, nel 1943, Mario Luzi traduce Vita e letteratura di Charles Du Bos,
il quale rappresenta, come gi si accennato, uno dei punti di riferimento della conce-
zione ermetica, e il cui nome ricorre pi volte sotto la penna del Bo diarista. Il provoca-
torio paradosso del Wilde di The Critic as Artist (la vita che imita la letteratura pi di
quanto la letteratura non imiti la vita) riletto nella prospettiva teologica delleterno, nel
vasto cono di luce che la paolina plenitudo temporum, eternamente attesa e sperata, pro-
ietta a ritroso, e dalla sua altezza incolmabile, sul decorso indistinto degli eventi umani:
la vita umana, di per s, altro non sarebbe che un fluire indistinto, una cascata fragorosa
ed ingovernabile, una continua, inarginabile dispersione; la parola letteraria, riflesso del
7
Si possono vedere lutile volume curato da D.M. PEGORARI, Mario Luzi: da Ebe a Constant, Grottam-
mare, Stamperia dellArancio, 2002, e ledizione della Biografia curata da M. Marchi, Roma, Edilet,
2011.
8
Dove finiscono le tracce, Firenze, Le Lettere, 1996, p. 125.
122 MATTEO VERONESI
Logos, del Verbum, della Parola divina, e insieme eco dellagostiniana voce interiore,
dellassiduo discorso interior intimo meo, convoglia ed orienta quel debordante direbbe
Montale tempo fatto acqua. Sappiamo di essere quaggi [...] per riscattare il tempo,
per ripararlo. La letteratura il pensiero che accede alla bellezza nella luce
9
.
Nel Diario, la letteratura e linterpretazione si fanno un vero e proprio, laico, eserci-
zio spirituale, una sorta di preghiera rivolta allassoluto come al vuoto e allindicibile, una
assidua e mai soddisfatta ricerca di senso un continuo, inesauribile raccoglimento e
travaglio paragonato, sulla scorta di una pagina di San Bernardino da Siena, alla mistica
ruminatio della Parola divina, per che Iddio sta rinchiuso ne la parola
10
.
Proprio per questo, a tratti, la notazione diaristica anzich soggiacere, come ci si po-
trebbe aspettare, alla casualit e allangustia dei quotidiani accadimenti fa irrompere la
luce delleterno nel grigiore e nellopacit del contingente, e fa risaltare, di contro, il
senso di limitatezza e di vuoto che le stesse pagine della letteratura, di necessit inade-
guate a quellAssoluto che pure esse fanno intravedere, e che in esse si cerca, lasciano nel-
luomo e nellinterprete.
I versi di Betocchi, ad esempio (vicini a tratti, nello stile se non nellindole, a modi
ermetici, eppure concreti, immersi nellumanit e nella vita, avulsi da ogni astrazione in-
tellettualistica, da ogni rarefazione simbolica), rischiarano, senza illuminarla, una zona
pi alta e pi pura. Terminata la lettura di una sua poesia, l improvviso ricordo di unal-
tra zona e di diverse regioni mi proibiva la definizione di quel preciso momento, non riu-
scivo cio a limitare il regno che la musica aveva creato
11
(e significativa , qui, leco
per lidea di un paesaggio nato dal suono del verso, di una realt altra, pi pura, para-
dossalmente pi vera bench, anzi proprio perch, immateriale, quasi di miraggio, pla-
smata nella mente dalla risonanza interiore del testo del Serra di Ringraziamento a una
ballata di Paul Fort).
Platonicamente, il testo rievoca un mondo remoto di archetipi fattisi ombre impalpa-
bili una baudelairiana vie antrieure, o un ungarettiano paese innocente, che non
possono appieno incarnarsi sulla pagina, o che svaniscono, come Euridice, se sulla so-
glia fra leterno e il tempo ci si volge a carpirle con lo sguardo. Sulla realt del testo si
staglia il testo come dover essere, come aspettativa ed attesa che su di esso il lettore pro-
ietta. Lorizzonte dattesa dischiude e dispiega qui tutti i suoi vasti e radiosi aloni onto-
logici.
Il giovane nipote Remo, nelle Sorelle Materassi di Palazzeschi, incarna, o meglio po-
trebbe incarnare (nellinterpretazione, o nella sovrainterpretazione, del critico-diarista
interiore), la bellezza lontana, la possibilit di un piano superiore ma, infine, ad-
dolora la strada evitata, resa impossibile allevasione nel paese eterno, e lo stesso vale
per le angustie, le tristezze e i grigiori del realismo flaubertiano, che ha, per Bo, il limite
di non trascendere la contingenza, di non attingere il tempo assoluto
12
.
come se, platonicamente (e proprio Plotino, e in particolare il passo celebre in cui
si dice che, per contemplare il Bello e il Vero, locchio deve divenire simile a ci che
contempla, e il mistico deve divenire tutto visione), ogni autore, ogni testo o pagina o
parola, non sono che emanazioni, pi o meno parziali ed opache, progressive forme pla-
9
CH. DU BOS, Che cos la letteratura?, a cura di A. Marcjetti, Rimini, Panozzo, 1996, pp. 13 e 37.
10
C. BO, Diario aperto e chiuso, cit., p. 196.
11
Ibidem, p. 123.
12
Ibidem, pp. 137-138 e 153-154.
CARLO BO E IL DIARIO DEL TEMPO ASSOLUTO 123
smate dallintelletto con la materia intellegibile, che si dipartono dallUno originario,
scaturigine e meta, origine e approdo un Uno che coincide, nella visione ermetica, con
la Letteratura-Vita, e realizza in s, a priori, lunit del molteplice, la definitezza e liden-
tit di unindividualit esistenziale ed interpretativa che si proietta e si riflette su una mol-
teplicit di maschere, epifanie, alterit.
Se listante dellintuizione immerso in un silenzio e in unimmediatezza mistiche,
quasi divine, la dinoia, il procedere disteso ed argomentato del discorso interpretativo
pu per cercare, a posteriori, per gradi, di risalirvi, fino a quando anche il discorso cri-
tico, giunto al culmine, deve nuovamente cedere il passo al simbolo, allanalogia, alla me-
tafora, strumenti e manifestazioni dellintuizione e dellimmediatezza.
Questo forse il vero senso del movimento concettuale ed ontologico con cui latto
interpretativo della critica ermetica si pone, infine, per via dintuizione, illuminazione,
epifania, al crocevia e allincontro del tempo e delleterno, del testo e dellindicibile. I testi
sono, parafrasando Plotino, anamnseis ts psychs, memorie dellanima, che, attraverso
il leghizmenon, la facolt raziocinante e discorsiva, si muove per risalire alla sorgente
prima, per coglierne i bagliori e i riverberi (Enneadi, V, 3, 49, 2)
13
; e la coscienza che il
poeta acquisisce di s e della propria opera attraverso la riflessione critica non diversa
dal pensiero che pensa se stesso di Plotino, o dalla Trinit riflessa di Agostino, dal pen-
siero e dalla parola come imago Verbi.
Mallarm e Valry da un lato, Flaubert dallaltro, sotto la penna del diarista, divengono
esemplari modelli, pur antitetici (tanto remoto, avulso, dolorosamente raggelato, tor-
mentosamente individuale e mentale, il primo, quanto realistico, distaccato, cosale il se-
condo), di una letteratura pura, incondizionata, assoluta, che per, nella sua
incolmabile, inconsolabile distanza dal reale e dallesistenza immanente, patita e sofferta
fino alla soglia della tragedia: fino allo spasimo dellinsensatezza che deriva dal non dire
come dal voler dire il tutto, dalla ricerca della compiuta e limitata esattezza come da
quella del Verbo assoluto, ontologico da una tensione di necessit espressiva che fini-
sce per tracimare nella nullificante utopia flaubertiana del Livre sur Rien.
Vi , in Valry, dietro la sua levigata e lucidissima patina di estetismo e di ludus,
unangoscia assoluta e a priori che cancella limmagine stessa del mondo e annulla ogni
moto di segreto magari concedendo un istinto dansia, un fermo attimo durgenza intel-
lettuale
14
. Flaubert, invece, al mistero che aveva colpito la sua attenzione di scrittore
ha sostituito [...] la lezione precisa e esatta della propria intelligenza. Alla fine di ogni
ragionamento raffigurato ci deve essere la stessa desolazione, lo stesso dolore, la stessa
cifra di negazione
15
.
Si resta sorpresi, scorrendo Le livre venir di Maurice Blanchot
16
, nel constatare
come il canone, da questi delineato e ripercorso, di autori dalla marcata intonazione me-
taletteraria, dalla assidua e spesso irrisolta tensione progettuale, dallo sguardo costante-
mente proteso verso lopera perfetta, assoluta, e proprio per questo puramente potenziale,
irrimediabilmente futura, coincida per larga parte con gli antecedenti e con i modelli della
diaristica di Bo (da Mallarm a Gide a Du Bos, passando per la lucidit abbacinante,
13
C. BO, Letteratura come vita, a cura di S. Pautasso, Milano, Rizzoli, 1994, pp. 1422-1424. Ho tratto utili
indicazioni dallinterpretazione di Marco Ninci nella sua edizione della quinta Enneade (Milano, Riz-
zoli, 2000).
14
Ibidem, p. 1457.
15
Ibidem, pp. 1463-1464.
16
Paris, Gallimard, 2008 (ma lopera del 1959).
124 MATTEO VERONESI
quasi vertiginosa e inebriata di se stessa, di Valry e per la diaristica intima, palpitante ed
epifanica della Mansfield e della Woolf).
Il tempo assoluto degli ermetici non , a ben vedere, diverso dal tempo immaginario
di cui parla Blanchot sulla scorta di Proust, nel quale trovano la propria rivelazione fol-
gorante e tremula un tre imaginaire, une image errante, toujours l, toujours absente,
fixe et convulsive sebbene Agostino e tutta la tradizione cristiana, con la percezione
metafisica del tempo come interiorizzata imago aeternitatis, come spiritualistica forma
fluens, contribuissero ad una dimensione esistenziale pi stabile, definita, coerente, per
quanto sempre pungolata dalle sollecitazioni e dalle insidie del tempo minore. Mta-
morphose du temps, elle mtamorphose dabord le prsent o elle semble se produire,
lattirant dans la profondeur indfinie o le prsent recommence le pass, mais o
le pass souvre lavenir quil rpte, pour que ce qui vient toujours revienne, et nou-
veau, nouveau
17
.
Limmoto andare montaliano, il delirio dimmobilit di Arsenio si sciolgono e si
traducono in un divenire che cala la perennit degli archetipi, leternit del da sempre
gi vissuto nel momorante, ininterrotto fluire della tessitura diaristica, e, per converso, n-
cora gli accadimenti terreni, in apparenza casuali, alla luce nitidissima e una dellasso-
luto che su di essi si proietta, e contro cui lo sguardo introspettivo fa trasparire, in
controluce, la loro essenza e il loro senso nascosti.
Il genere diaristico, osserva ancora Blanchot, anela a salvare la scrittura, a salvare la
vita attraverso la scrittura, e ad elevare il petit moi lio minore degli ermetici ele-
vandolo allaria e alla luce, alla vastit alata, del grand moi, di una soggettivit asso-
luta che vive e sente in s leterno nel punctum temporis della rivelazione, nellistante che
angolo ed intersezione del tempo e delleterno
18
.
Blanchot, come Bo, porta lesempio del Journal des Faux-monnayeurs di Gide, sin-
golare se non unico esempio di un diario di lavoro, di un viatico intellettuale, di una scrit-
tura metaletteraria che fiorisce, e fluisce, al margine di un romanzo Les
Faux-monnayeurs che di per s romanzo-saggio, romanzo critico, romanzo di un ro-
manzo, romanzo potenziale: esempio, dunque, tale Journal, per cos dire, di metalette-
ratura al quadrato, metaletteratura di secondo grado, non di tre gradi lontana dalla
verit, ma, piuttosto, custodia e testimonianza di una verit pi intensa, pi filtrata e pi
limpida.
Le critique qui, affirme-t-on, double toujours le crateur, na-t-il pas son mot
dire?
19
. La diaristica del tempo assoluto fonde soggettivit della critica, nesso tra fa-
colt creatrice e facolt critico-riflessiva e intreccio di relazioni e di sovrapposizioni fra
la discontinuit puntiforme del divenire e il supremo, immoto e cristallizzato, fluire della
temporalit trascendente.
La vicenda, o il groviglio di vicende, dei Faux-monnayeurs (e lo stesso travaglio com-
positivo che connota il lavoro della creazione letteraria, e che finisce per divenire, con un
tipico effetto di mise en abme, di opera che racchiude e riproduce al proprio interno se
stessa, esso stesso parte integrante dellintreccio e della macchina narrativi) proiettano il
lettore, e lautore medesimo, in una regione dalla quale non gli possibile ridiscendere
verso la vita; ma fanno intendere, in pari tempo, che ci pu essere altrettanta vita nella
17
Ibidem, p. 27.
18
Ibidem, pp. 256-257.
19
Ibidem, p. 257.
CARLO BO E IL DIARIO DEL TEMPO ASSOLUTO 125
regione del pensiero e altrettanta angoscia, passione e sofferenza...
20
.
Les Faux-monnayeurs (diario di un romanzo, romanzo di un diario, vicenda esisten-
ziale e creativa che sincurva e si rispecchia in se stessa labirinto dinganni che tende
per a sciogliersi nella pienezza del vero) si concludono con una meditazione intorno al
rapporto fra la parola e il silenzio, il tempo e leterno nella vita umana non c spazio
per il silenzio, finanche il cuore e il sangue fanno udire la propria voce, il proprio palpito
franto ed assiduo e, allora, solo oltre la vita e oltre il tempo si potr udire, nelleterno
silenzio, la voce del Verbo.
Lalta, la cupa fiamma ricade su te, / figura non ancora conosciuta, / ah di gi tanto
sospirata / dietro a quel velo danni e di stagioni / che forse un dio si accinge a lacerare.
Quasi come nel figuralismo medievale, ogni parvenza, ogni evento o figura terreni non
sono che umbriferi prefazi del vero, pallide e larvate anticipazioni di un senso, di un
libro e di un testo, pi autentici e vivi; la tensione profetica volta a lacerare il velo della
lettera per farne risaltare il fuoco vivo del senso.
Il cammino diaristico , quasi, traccia di un ordine superiore, declinazione o incarna-
zione od ombra, discese ed interiorizzate, di una storia della salvezza, di una predestinata
oikonoma. Ecco perch gli ermetici potevano avvertire il fascino e la lezione di Gide, di
un autore e di unanima che, con le radici sprofondate nella melma del tempo e il vertice
che tracima nelleterno, e disseminando di simboli critici, di barbagli di lucidit auto-
riflessiva, ogni sua opera, aveva ininterrottamente continuato a perfezionare il libro mo-
struoso della sua sincerit
21
una sincerit, unautenticit gridate, quasi spudorate e
scandalose, universali proprio perch soggettive, profondamente sofferte e sentite nel
cuore stesso dellumano.
Per quanto possa apparire paradossale (se consideriamo la distanza che separa, mal-
grado una remota affinit, la poesia pura in senso crociano, come sintesi immediata e
prerazionale di intuizione ed espressione, priva di ogni interferenza razionale, di ogni in-
tellettualistica complicazione, dalla posie pure affermatasi con i simbolisti, e poi svi-
luppata da Valry e dagli ermetici, intrisa invece di autocoscienza tormentosa, di
autoriflessa chiaroveggenza, di filtrata mediazione intellettuale), anche il diarismo er-
metico pu per certi versi essere fatto risalire, ripercorrendo a ritroso la mediazione
dellesame di coscienza di Serra, ad una matrice crociana.
per render conto a se stesso con precisione della natura umana, della profonda es-
senza intellettuale del proprio interlocutore (e di conseguenza, e di riflesso, di se stesso)
che Serra si avvicina a Croce nel 1908, in occasione di unintervista che sar poi pubbli-
cata a firma dellamico Ambrosini
22
. Per un intellettuale italiano del primo Novecento (si
pensi anche a Boine, che dissente da Croce anchegli, fondamentalmente, proprio intorno
alla compresenza di ispirazione e riflessione, slancio creativo e ripiegamento riflessivo)
fare i conti con se stesso e i conti con Croce, con la sua solida ma ingombrante ere-
dit etica ed intellettuale, rappresentava un passo ed una sfida inaggirabili.
Confessarsi in ogni istante, cio procurare chiarezza a s stessi
23
, pur se senza alcun
intento di universalit, di assolutezza, di esemplarit, di gi chiuso e compiuto: questo
ci che si risolve a fare, nellimminenza dei cinquantanni, anche Croce. Il quale am-
20
A. GIDE, Le opere, Torino, Utet, 1966, p. 534.
21
C. BO, Letteratura come vita, cit., p. 964.
22
Vedi A. CELLI, Corrente oscura, Milano, Medusa, 2000, p. 45.
23
B. CROCE, Contributo alla critica di me stesso, Napoli 1918, p. 1.
126 MATTEO VERONESI
mette di non sentirsi affatto immune dallangoscia, dallo smarrimento contemporanei,
ma di aver fatto, di quellangoscia, una sorta di stato abituale, di temperatura spirituale
costante, ma solcata da un costante moto che dal gorgo delle tenebre conduce alla pie-
nezza e alla compiutezza della luce. Eppure, nellimminenza del primo conflitto, in quel
limbo dincertezza da cui si sente avvolto insofferente, peraltro, del giustificazionismo
hegeliano di Croce anche il Serra dellEsame di coscienza, lanimo rimane sospeso;
e limmagine di s medesimo, proiettata nel futuro, balena sconvolta
24
.
Dalla prima guerra al secondo dopoguerra dallincertezza e dallangoscia della ca-
tastrofe imminente alle ambasce tremolanti della ricostruzione immagini simili ricor-
reranno in Luzi: Attendo, guardo / questa vicissitudine sospesa; questo brivido / che
sommuove il molteplice nellunico / come il liquido scosso nella sfera / di vetro.
Croce (malgrado la distanza che lo separava da ogni forma di orfismo e di ermetismo,
non tanto per la sua etica di stampo risorgimentale e carducciano, o per il suo classico,
apollineo amore di chiarezza, quanto, forse, per il suo storicistico attaccamento al vero,
alla manifestazione, allalienazione dellideale nel reale) ricordato da Bo, accanto a
Tommaseo (anchegli straordinario, notturno e vigile, lettore-diarista) in quelle pagine
Della lettura che anticipano lcole de Genve e lestetica della ricezione (se non la stessa
Decostruzione) nel rivendicare lintima e insieme assoluta soggettivit dellinterpreta-
zione come esempio di lettore coinvolto, appassionato, partecipe, sebbene sovrastato
ed irretito da una superiore esigenza di sistematicit, quella stessa sistematicit che al-
lontan da lui Serra: lettura totale, libera, senso dellattenzione, commozione poe-
tica del suo sguardo
25
. E ancora, in unannotazione diaristica del 79, Croce collocato
fra Serra e Du Bos, allinterno di una famiglia di spiriti che avevano fatto del leggere il
vivere, scelto di leggere e non vivere la propria vita
26
.
Del resto, gi Wilde, in The Critic as Artist, osservava come attraverso la lettura si vi-
vesse non la propria vita, ma quella dei morti, e si potesse avvertire dentro di s il soffio
di unanima universale, di un intemporale spirito plasmato di vita e di morte, di presente
e passato, di tempo e deterno, something that in ancient sepulchres has made its abode.
Ci che per Wilde era il vero volto dellereditariet darwiniana Nemesi senza la sua
maschera, specchio infinito in cui ogni volto pu riflettersi , attraverso lo spiritualismo
cattolico degli ermetici e la vuota trascendenza, la deserta metafisica di Mallarm e di Va-
lry, diveniva invece eternit, assoluto, Parola.
Ma lesito ultimo del cammino diaristico di Bo abbraccia il polo opposto alla ricerca
crociana di una superiore eticit; esso mostra, semmai, il lato dombra della religio litte-
rarum, della letteratura come valore assoluto, che si fonde magari attraverso il Mari-
tain di Art et Scolastique con la spiritualit cattolica, ma che rischia, in pari tempo, di
sostituire la poesia poesia come vuoto, scacco, assenza, come verit profonda e totale
eppure, infine, incorporea, ineffabile, sotto il segno di Mallarm a Dio, il Verbo poe-
tico, aereo ed impalpabile, che voltige dans lair, al Verbo incarnato.
Sono un morto che vede continuare la vita, confid Bo a Claudio Altarocca, su La
Stampa, nel maggio del 91. A mio modo ho continuato a scrivere un diario: nella
scelta dei libri, delle letture. Un diario non scritto. [...] Ho visto il Nulla, e questo Nulla
24
Ibidem, p. 89.
25
C. BO, Letteratura come vita, cit., p. 67. Vedi A. CADIOLI, Della lettura: unipotesi degli anni Qua-
ranta, in Lingua e letteratura, 1993, n. 21; E. BONORA, Mallarm, la poesia pura e la critica cro-
ciana, in ID., Gli ipocriti di Malebolge, Milano-Napoli, Ricciardi, 1953.
26
C. Bo, Letteratura come vita, cit., p. 1588.
CARLO BO E IL DIARIO DEL TEMPO ASSOLUTO 127
che nulla dipende da noi. Noi siamo portati. Il diarista colui che si trova in unansa
del fiume e vede passare la grande corrente e prende nota. Io ho osservato in silenzio
27
.
Al compimento, al limite estremo del discorso della lirica contemporanea, alla fine
delle loro voci vedevamo agitarsi questo verbo eterno della realt: prossimi al nome ta-
ciuto, nella contemplazione a cui ci lasciamo della figura finita, irraggiungibile di Mal-
larm. Mallarm, questa riva
28
.
La riva non , qui, il leopardiano aprico margo, la luminis ora, la soglia chiara del
sole e della luce; , piuttosto, il margine della rarefazione estrema, della luce che diviene
ardore polverizzante, delleccesso di trasparenza che si fa ombra dAverno, simulacro
impalpabile; lungarettiana proda ove sera era perenne, lestasi del Fauno di Mallarm
la quale Ne murmure point deau que ne verse ma flte, le visible et serein souffle ar-
tificiel; ma anche lombra dellultimo DAnnunzio, la disparizione e il dissolversi, qui
come nel Mallarm di Igitur, di ogni maschera (quale la stessa costruzione diaristica e au-
tobiografica) che non sia quella, cerea e annientata, dellultima quiete. Getto queste
carte dietro lomero come il mio niente alla notte. Un des actes de lunivers vient dtre
commis l. Plus rien, restait le souffle, fin de parole et geste unis.
Lapprodo della diaristica ermetica non dissimile da quello di Mallarm, che, scri-
vendo, nel novembre 1885, a Verlaine, impegnato a raccogliere informazioni per i Po-
tes maudits, guarda, quasi con un gelido stupore, dietro di s, al cammino percorso fino
ad allora, o meglio alla perpetua, mobilissima stasi di un pensiero assiduamente ritor-
nante su se stesso, per forza di concettualizzazione e di astrazione, e finisce per non ve-
dere, in fondo, che se stesso curvo su un foglio bianco, in una solitudine cinta di deserta
luce intellettuale.
La scrittura la quale non se non un perpetuo, perennemente frammentario ap-
pressamento allopera futura, di cui quella compiuta non che parziale anticipazione
tende, di per s, alla condizione del diario, del baluginio epifanico eppure umbratile, della
sfibrata corona dilluminazioni. La posie pure, con la sua assoluta intensit, la sua tra-
sparenza abbagliante, sembra non reggere la continuit e la strutturazione rigida del di-
scorso graduale ed organico, e tende dunque a risolversi e decantarsi nella concentrazione
e nella condensazione della pagina diaristica, della breve ma non casuale, anzi quasi pre-
destinata, dettata dal respiro del tempo assoluto annotazione.
En faire scintiller par une place lauthenticit glorieuse, en indiquant le reste tout en-
tier auquel ne suffit pas une vie. Prouver par les portions faites que ce livre existe, et que
jai connu ce que je naurai pu accomplir
29
.
Come dir Montale, La vita / che taffabula ancora troppo breve / se ti contiene.
Schiude la tua icona / il fondo luminoso. Levento allude alloltre, come la pagina dia-
ristica evoca, di riflesso, lalterit e la trascendenza di un Testo superiore, di cui ogni atto
creativo non che manifestazione parziale.
27
Ibidem, p. 1627.
28
Diario aperto e chiuso, cit., p. 315.
29
Correspondances. Lettres sur la posie, prface dY. Bonnefoy, dition de B. Marchal, Paris, Gallimard,
1995, p. 586.

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