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L ibri del mese

Dio, il mistero dellunico


Libri discussi: il modello relazionale di Angelo Bertuletti

a letteratura teologica
italiana si arricchita di
un lavoro importante,
risultato della ricerca e
dellinsegnamento di
unintera vita. Si tratta, va detto subito,
di una ricerca alta che si condensa in un
libro impegnativo di 600 pagine dal titolo Dio, il mistero dellunico, edito da pochi mesi dalleditrice bresciana Queri-

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Francisco de Zurbarn,
Cristo crocefisso, 1627;
Chicago, Art Institute.

niana e ospitato nella collana Biblioteca


di teologia contemporanea.
Il libro, opera di mons. Angelo Bertuletti, permette di apprezzare un itinerario di studio che ha fatto del rigore
scientifico della proposta il suo stile inconfondibile unitamente al centro propulsore di tutta lindagine dentro il proprio della teologia, il mistero della grazia di Dio nel cuore della libert (5).

Viene cos portato a maturazione un


percorso lungo mezzo secolo, costellato
da unimportante serie di articoli e di
contributi che spaziano dalla filosofia alla teologia fondamentale e sistematica,
sempre per attorno al centro unificatore di uninterrogazione specificamente
teologica.
Unindagine erudita mossa dal confronto con le istanze del pensiero contemporaneo, in particolare con la fenomenologia, ritenuta da Bertuletti linterlocutrice privilegiata in quanto, nonostante alcuni sviluppi successivi si muovano in altre direzioni, lidea contenuta
nel suo principio ha una valenza teologica. Nella potenza dellanalisi e della decostruzione, e nella genialit della proposta, risiede il tratto caratteristico dello
sforzo di Bertuletti, i cui risultati sono ora
resi disponibili al dibattito della comunit teologica ma anche di quella filosofica,
da tempo piuttosto rinunciataria rispetto
ai suoi argomenti specifici, con inevitabile ricaduta su entrambi gli ambiti, filosofico e teologico.
Un lavoro pregevole che potrebbe
fecondare uno scambio a tutto campo
dal momento che la de-regionalizzazione del sapere teologico qui non soltanto
auspicata ma anche eseguita.
La svolta tra
Tommaso e Scoto
Il titolo lascia intuire che il tema centrale ruota attorno al mistero trinitario.
Siamo di fronte, per, non gi a un manuale classico di teologia trinitaria, quanto piuttosto a un impianto di lavoro che,
risalendo a ci che lautore chiama la
svolta del XIII secolo, quella delle due
ontologie (Tommaso dAquino e Giovanni Duns Scoto), passa in rassegna il rap-

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porto tra la teologia e la metafisica e, precisamente, il rapporto tra il paradigma


biblico e il paradigma metafisico, rapporto generativo del pensiero occidentale attraverso una molteplicit di figure
tra loro diverse.
Lapprezzamento critico di questa
ricchissima e assai lunga storia poteva
rendersi possibile soltanto, come gi suggeriva Paul Ricur, in un tempo caratterizzato dalluscita dalla concettualit metafisica. Nellopera di Bertuletti si coglie
lambizione del progetto e, allo stesso
tempo, il coraggio davventurarsi nelle
forme del sapere medievali (nella loro dipendenza e autonomia dalla cultura classica), moderne e infine postmoderne, rivisitando i passaggi fondamentali della cultura occidentale a partire da uninterrogazione che nella postmodernit risulta
alquanto problematica: come affrontare
la questione della verit in un tempo che
sembra aver smarrito gli strumenti concettuali per elaborarne un approccio che
sia allo stesso tempo adeguato alle importanti poste in gioco eppure in un certo
senso anche discreto, cio pregevole al
punto da poter essere realmente apprezzato dalle diverse comunit del sapere?
E ancora, per la teologia, come rendere ragione del carattere intrinsecamente universale della fede cristiana? La questione implicita quella dello statuto della teologia, che Bertuletti elabora raccogliendo la provocazione heideggeriana
della problematicit della storia della
metafisica in ordine al sapere della verit.
Ora, mentre il filosofo tedesco sottace lo
specifico del paradigma biblico, e quindi
della fede cristiana, nel suo tentativo in
fin dei conti piuttosto astratto propiziato
da un accesso al mito al di qua del lgos,
Bertuletti adotta il punto di vista dellinterrogazione teologica per apprezzare gli
sviluppi generati della continua interazione dei due paradigmi. La via lunga di
Bertuletti si regge sulla convinzione che,
in un senso ben preciso, la questione della
storia della metafisica coinvolge anche il
pensiero postmoderno.
Lindagine coinvolge le tre svolte che
caratterizzano, rispettivamente, il periodo medievale, moderno e postmoderno:
la svolta ontologica, la svolta trascendentale e la svolta fenomenologica, sullidea
di fondo che rinvenibile una linea di
lettura che permette di rendere ragione
delle trasformazioni dei vari modelli teo-

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rici e ancor pi di recuperare le istanze


radicali che hanno governato gli sviluppi
del pensiero e ne hanno deciso gli esiti.
Una rilettura critica dampio raggio
che si avvale del lavoro degli storici e dei
filosofi e sulla quale linterrogazione propriamente teologica di Bertuletti non richiede nessuna giustificazione data lindiscutibile centralit della problematica
teologica per il Medioevo. Se la questione di Dio il motore dellinterrogazione
di Bertuletti, lipotesi di una ripresa della
storia della metafisica, legittimata proprio dal postmoderno inteso come tempo della sua fine, non poteva trovare che
nel XIII secolo il suo aggancio pi attinente.
A questo esame critico viene destinato
il primo capitolo di 300 pagine (Lidea di
Dio e la questione della sua verit. Figure
epocali della concettualit teologica, 33337), aperto dal confronto tra il pensiero
di Tommaso e quello di Scoto, ossia tra
una metafisica come teo-ontologia e una
metafisica come onto-teologia. Questo affondo condotto con un puntiglio il cui
rigore pari alla portata dellipotesi che lo
sorregge, e cio che lo statuto di quanto l
accade quello di un vero e proprio inizio: La grande mutazione della metafisica della fine del XIII secolo riveste un significato decisivo per il destino futuro della filosofia e della teologia (111).
Metafisica senza libert
Con Tommaso e Scoto sono due linee di pensiero che si confrontano. I
progetti di Tommaso e di Scoto sono diversamente radicali: se Scoto elabora
una nuova figura di metafisica, lidea direttrice di Tommaso non si afferma se
non attraverso lo scarto dal dispositivo
concettuale nel quale la iscrive. Lopposizione dei due progetti riveste un significato che va al di l di un interesse puramente storiografico e coinvolge la questione stessa (101).
Da questo confronto sar la linea di
Scoto che verr ripresa dalla critica kantiana, la quale segna il compimento e la
fine della tradizione medievale (cf. 113).
Quanto la metafisica medievale non era
riuscita a compiere, data la sua incapacit di porsi sul terreno della conoscenza
umana in quanto conoscenza finita,
verr ripreso e compiutamente elaborato da Kant in un programma filosofico
centrato sulla categoria di soggetto.

Muovendosi da teologo Bertuletti passa in rassegna i vari modelli di pensiero


con la costante dindividuarne la rispettiva pretesa veritativa, che si gioca, ultimamente, nellarticolazione tra il momento
ontologico e quello antropologico. Da
questo punto di vista, per Bertuletti, sia
gli sforzi del Medioevo sia quelli della
modernit costituiscono, per ragioni diverse, delle approssimazioni significative
e tuttavia insufficienti.
Alla metafisica sfugge il luogo proprio delleffettivit della libert; per il
pensiero trascendentale questultima rimane confinata dentro uno schema che
non oltrepassa il livello formale (la cosa
in s dImmanuel Kant). Lo scavo di Bertuletti giunge fino ai nostri giorni, passando attraverso una rilettura della critica kantiana (Heidegger) e della fenomenologia di Edmund Husserl, per poi di
nuovo riprendere Martin Heidegger e la
sua trasformazione ontologica della fenomenologia, accostandosi infine a Emmaunel Lvinas, Jean-Luc Marion e
Ricur.
Lultima parte del primo capitolo
dedicata al dibattito teologico contemporaneo tra teologia e filosofia sulla questione di Dio. La densit di queste pagine costringe a porsi linterrogativo circa la reale
posta in gioco, quella che ultimamente
decide del rapporto tra filosofia e teologia.
Levento cristologico, data la sua unicit incomparabile, ci che legittima la
teologia in quanto tale, perch la verit di
quellevento non raggiungile se non in
quanto levento stesso a fornirne i criteri
di accesso. La storia di Ges il luogo
proprio della sua verit. Dato che la questione della verit appartiene da sempre
allinterrogazione filosofica, questo le conferisce una reale dimensione teologica.
Pi la teologia si avvicina al suo centro
() pi essa libera il pensiero filosofico
alla sua autonomia (5). Per Bertuletti, in
linea con la concezione di Karl Rahner,
lautonomia della filosofia unesigenza
interna della teologia.
Impressiona la mole di questo capitolo. Perch dedicare la met di un libro di
teologia alla ripresa di ci che parrebbe
specifico della filosofica? Perch la rilettura della storia della metafisica, guidata dal
criterio dellintersezione dei due paradigmi, orientata a mostrare le ragioni per le
quali la fenomenologia oggi contiene una
lezione decisiva: laccesso alla verit, so-

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stiene convintamente Bertuletti, non


possibile se non per via fenomenologica, e
questo impone di mostrare il ruolo decisivo del soggetto in ordine alla determinazione stessa della verit.
Nella critica kantiana presente una
componente fenomenologica, ma centrata, per, unilateralmente sul soggetto. Rimane cos aperta la questione dellessere,
la dimensione propriamente ontologicoveritativa, che esige il pensiero del Novecento, e cio il confronto da una parte con
Heidegger, il cui merito qui quello di
porre adeguatamente la questione, e
dallaltra con Husserl, per lelaborazione
del metodo fenomenologico.
Quindi, in estrema sintesi, sulla spinta del problema della pensabilit della rivelazione che il Medioevo elabora le due
ontologie e ci impone una riformulazione della metafisica. Quanto alla svolta
trascendentale di Kant, in essa verr portata a compimento la linea concettualista
di Scoto, il cui fuoco non lessere ma il
soggetto. Con Kant viene raggiunto un
vertice insuperabile e, tuttavia, il modello
parziale.
La via del paradigma biblico
Il nodo fondamentale del pensiero di
Bertuletti consiste nellelaborazione di un
modello alternativo a quello trascendentale, che per possa funzionare come superamento di unontologia concettualista
(il secondo Heidegger e Marion) grazie
allinclusione dellistanza del soggetto.
Solo a queste condizioni legittimo
parlare di fenomenologia, pur ammettendo che lo stesso metodo fenomenologico
non esente, al suo interno, da tensioni
irrisolte. La lunga ricostruzione del dibattito perci finalizzata alla giustificazione
delle opzioni che, dal grande laboratorio
della fenomenologia, vengono adottate
dal nostro autore.
Per Bertuletti le opzioni teoriche di
fondo sono gi tutte presenti nella svolta
del XIII secolo, compresa una dimensione fenomenologica implicita in Tommaso, che Franz Brentano avr il merito
dindividuare nel concetto dintenzionalit dellAquinate. Sar necessario tuttavia
il metodo husserliano, centrato sulla correlazione intenzionale, per poterne apprezzare gli sviluppi.
Allermeneutica biblica del secondo
capitolo (338-452) assegnata una funzione specifica: La lettura teologica della

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Scrittura suppone la messa in opera di una


teoria ermeneutica che giustifica la funzione insostituibile del testo biblico per laccesso allintelligenza della fede (338).
La rivelazione attestata, cio consegnata definitivamente nella forma del testo e affidata alla Chiesa affinch sia resa
disponibile a chiunque in un atto di lettura i cui criteri ermeneutici sono forniti dal
testo stesso. Lapproccio che Bertuletti
sviluppa si avvale della teoria del testo elaborata da Ricur e da una sua applicazione allinterno della prospettiva specificamente cristologica della fede come ha
mostrato Paul Beauchamp, basata sullidea di fondo di una rilettura dellAntico
Testamento come passaggio indispensabile per dire lidentit di Ges Cristo.
Non si pu confessare che Ges il
figlio di Dio senza situarlo in rapporto alla
totalit della storia. Questa totalit configurata nel racconto biblico, che Beauchamp chiama il racconto totale: totale,
non perch dice il tutto, ma perch mantiene il voto, iscritto in ogni atto del raccontare, di esibire la realt di ci che decide della verit di ogni racconto (340).
questo il crocevia necessario per
unarticolazione tra levento cristologico
(singolare) e lesperienza umana (universale). Dato che il metodo per il riconoscimento della verit di Ges Cristo interno al testo e il testo ne costituisce la mediazione necessaria, la teologia biblica
non funge da premessa alla teologia sistematica, ma la condizione stessa di possibilit della teologia.
Con la formula di paradigma biblico
sintende dire allora che la Scrittura non
soltanto un testo narrativo e legislativo,
ma che nella struttura interna del testo
operante una concezione della verit che
riguarda il tutto. Una verit con statuto
proprio, cio non dipendente nel suo riconoscimento dalla logica metafisica. il testo stesso, nellarticolazione (gi rabbinica)
delle sue tre classi di scritti Legge, Profeti, Sapienza che ne mostra levidenza.
Bertuletti stesso fornisce la sintesi migliore di quanto non pu non essere raggiunto dallermeneutica biblica: Nel dispositivo biblico il concetto di creazione
centrale, poich in esso che si produce
larticolazione della teologia e dellantropologia. Esso, distinguendo linizio dallorigine, non solo separa linizio dalla fine
ma pone il processo come rilevante. La
verit dellorigine, la sua assoluta prece-

denza, non diviene effettiva se non tramite uninterruzione del tempo che la significa, poich anticipa nel processo lavvento dellorigine, il quale avr la stessa universalit e unicit dellatto creatore. Esso
sar il compimento in senso assoluto,
compimento dei compimenti. Perci il
concetto biblico di Dio sempre un concetto cristologico: ed esso lo precisamente perch, in ogni sua parte, inseparabile dallantropologia (6-7).
Il testo biblico portatore dellistanza
antropologica. Ecco dunque in quale maniera il paradigma biblico obbliga la metafisica a continue riformulazioni. La Bibbia, potremmo dire, ha bisogno di aprirsi
con uninterruzione dellorigine, con la
creazione che il cantus firmus dellintero
libro, proprio per porre come assolutamente rilevante il processo del tempo, ossia la storia degli uomini e il loro rapporto, fin dallorigine, con Dio stesso: La
creazione non solo unazione di Dio, ma
il suo attributo (369).
Quale idea di Trinit?
Questo fonda ci che per Bertuletti
criterio ultimo di verifica di ogni teologia
cristiana: la relazione Dio, Cristo e noi, non
da pensare in termini gerarchici, bens in
quelli di un rapporto di co-originariet.
Ci che un modello di teologia trinitaria
deve evitare proprio una designazione
oggettiva della Trinit, seguita poi dalla
cristologia e infine dallantropologia, perch non verrebbe riconosciuto lo specifico
di questa originaria triangolazione.
Luomo non il destinatario esterno
della grazia di Dio, in quanto il rapporto
delluomo con Dio ha il carattere di un
evento che si compie sempre nellatto in
cui il soggetto decide di s. Il maestro qui
Rahner, il quale parlando della libert,
sottolinea che la caratteristica della libert umana (il piano categoriale dice
Rahner) quella di determinare la sua
stessa condizione trascendentale (la libert trascendentale) e perci ultimamente il fondamento.
La libert non mai solo un fenomeno
categoriale, ma essa determina la sua stessa struttura. Lidea Christi rahneriana,
idea nellaccezione hegeliana del termine,
ha una valenza trascendentale, che equivale a dire che essa una struttura universale dellumano. Ci che aveva provocato
la reazione di von Balthasar invece pertinente agli occhi di Bertuletti, in quanto

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essa fonda linsuperabilit dellapproccio


antropologico.
La critica di Hans Urs von Balthasar
non riconosce la necessit dellanticipazione, di ci che Christoph Theobald
chiama la mediazione creaturale della
cristologia, che ultimamente la creazione. Il guadagno operato da Rahner su
questo punto di assoluto valore per la
teologia. La nostra eredit, a motivo del
prevalere del paradigma metafisico come
canone della verit, ha condizionato una
comprensione della Scrittura riducendola
a puro testo salvifico. La dicotomia da
correggere quella che da un lato considera la Bibbia come narrazione dal contenuto salvifico, e dal lato della metafisica
la proposta di una concezione del mondo,
delluomo e di Dio.
Lantropologia in senso proprio, invece, non sorge se non nel conflitto di questi
due paradigmi: precisamente il paradigma biblico che impone alla metafisica lelaborazione di unantropologia. I biblisti
sono concordi nel riconoscere allesperienza salvifica dellEsodo la struttura da
cui dipende la narrazione biblica. Tuttavia il libro non si apre se non con la creazione. Questo significa che il concetto di
creazione gi cristologico, perch implica unantropologia costitutiva della relazione teologale. Poi la storia pu svolgersi
e dare corpo cos al racconto biblico.
Queste acquisizioni di fondo non possono non guidare anche linterpretazione
storica della teologia trinitaria (453-535).
Poich la teologia non si costituisce come teoria pura, ma come istanza critica
della tradizione della fede, lelaborazione
del momento sistematico non pu non
prodursi se non come ripresa dei modelli
nei quali la comprensione storica della fede si configurata nello sviluppo della sua
tradizione (453).
Il terzo capitolo dedicato alla ricostruzione della formazione del dogma e
del concetto trinitario di Dio, al passaggio
dalleconomia alla teologia e ai suoi sviluppi nelle tre grandi fasi della patristica,
della scolastica e della teologia trinitaria
contemporanea. Linteresse per la teologia patristica non solo storiografico
perch in essa si produce lincontro del
kerigma cristiano con la concettualit greca, che allorigine della forma teologica
del sapere della fede (453).
Dalla teologia prenicena si passa alla
svolta nicena del IV secolo, poi ai padri

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cappadoci e infine alla teologia trinitaria


di Agostino. Per la scolastica i nomi sono
quelli di Anselmo dAosta, Bonaventura
da Bagnoregio, Tommaso, Enrico di
Gand e Scoto. in questo periodo che alcune opzioni teoriche di fondo elaborate
dai grandi pensatori medievali, saranno
rinvenibili negli sviluppi delle figure della
teologia trinitaria dellet contemporanea. Di questultimo periodo sono presi in
esame i lavori dei teologi che hanno segnato il secolo scorso: Karl Barth, Karl
Rahner, Hans Urs von Balthasar, Piet
Schoonenberg e Joseph Moingt.
Sono pagine molto utili sia per la ricostruzione di figure teologiche dalle quali
noi stessi in qualche maniera ancora dipendiamo, sia perch la critica di Bertuletti esercita tutta la sua qualit speculativa,
forte di quel criterio fondamentale che, in
ultima analisi, decide la qualit di un pensiero teologicamente cristiano, e cio, come gi detto sopra, la capacit di mostrare
il legame assolutamente originario di teologia, cristologia e antropologia.
Lelaborazione di uno schema sistematico di teologia trinitaria (536-590) deve essere in grado di far valere che la verit trinitaria di Dio lespressione del carattere assoluto dellevento cristologico,
della sua identit con Dio stesso che vi si
rivela. Levento cristologico identico
con Dio, poich la Trinit non solo la
sua origine, ma la verit immanente della
sua effettivit (536).
Il postmoderno come chance
Ritroviamo in questa parte finale del
libro quegli strumenti concettuali che Bertuletti ha affinato lungo tutto il percorso e
che ora danno forma alla proposta. Di
questultima anticipiamo soltanto il quadro concettuale di riferimento: Solo lo
schema teorico che restituisce la circolarit di economia e teologia fornisce lo strumento concettuale che permette di pensare la verit trinitaria di Dio, in un approccio che trinitario non in base al principio
formale dellidentit in Dio delle differenze ipostatiche e dellunit dellessenza, ma
perch le ipostasi divine non hanno altro
fondamento della loro evidenza se non levento cristologico (538).
Vale la pena, ci sembra, rimarcare alcune istanze di fondo sulle quali si regge
lapproccio alla questione di Dio in Bertuletti. Il pensiero postmoderno costituisce
una chance epocale, in quanto elabora dei

processi della verit che sono molto pi


affini al paradigma biblico rispetto a quelli della storia della metafisica. Qui la lettura di Bertuletti ritorna su un tema che attraversa da cima a fondo il libro: grazie
a un approccio fenomenologico, che non
confonde la verit e i suoi criteri, che diventa possibile tematizzare sia la questione dellunicit (Theobald), sia lintrinseca
necessit della fede antropologicamente
intesa e della rivelazione cristiana.
Unidea forte di soggetto, cio effettiva e non formale, permette di restituire al
polo della fede una consistenza non assorbibile sul piano della rivelazione e perci
consente alla fede di mostrare la sua evidenza. E, allo stesso tempo, offre la possibilit di elaborare una figura di teologia
della rivelazione atta a mostrare come
costitutivo il contributo del destinatario,
cio luomo.
Bertuletti riconosce in Theobald una
notevole affinit: La proposta di Theobald costituisce la migliore approssimazione allo statuto del discorso teologico nel
quadro della razionalit contemporanea.
Essa sottolinea con forza la necessit di
una fondazione antropologica della fede
teologale (291). Ma dalla critica al gesuita
francese si evince linsistenza di Bertuletti
sulla necessit di elaborare una teoria adeguata rispetto alla centralit della questione dellaccesso alla verit, che non sia riducibile a una criteriologia (Jrgen Habermas), e sulla quale Bertuletti conduce il
confronto a suo avviso dirimente: (Theobald) non precisa tuttavia la sua qualit
epistemica, poich non tematizza il ruolo
determinante dellatto in ordine alla giustificazione del suo realismo teologale (291).
Altro punto qualificante la designazione del mistero di Dio nei termini di
unicit: lautorivelazione di Dio non ha
altro accesso possibile se non quello
delleffettivit di Ges, il verbo di Dio.
Questo significa che non si d teologia se
non come cristologia e che leffettivit di
Ges il punto pi originario dellaccesso
al mistero di Dio. Lunicit di Ges costituisce il criterio ultimo delle categorie
che si propongono come cifra sintetica
della sua esistenza (558).
Ma significa anche che la manifestazione di Dio implica la consistenza del
destinatario, condizione senza la quale
Dio non pu rivelarsi. Lidea di unicit,
nellelaborazione offerta da Bertuletti,
specifica lintero della proposta. Un crite-

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rio di unicit che ha una accezione teologica, in quanto lunicit di Dio , nella
prospettiva cristiana, la Trinit, ma ha
anche una accezione cristologica, in
quanto Cristo , come mostrato da von
Balthasar, lunicit, significata da Bertuletti con la formula inedita dellunicamente Unico (553).
Infine unaccezione antropologica,
che dice laccesso alla singolarit, della fede intesa come accesso alla propria singolare unicit (Theobald). Queste tre accezioni sono inseparabili, pur mantenendo
ciascuna la propria specificit: per la teologia la precedenza assoluta di Dio contro ogni subordinazione; per la cristologia
listanza secondo la quale lunico criterio della teologia della fede cristiana la
storia di Ges, il verbo di Dio (von Balthasar); ma la specificit della cristologia non
si d senza lantropologia.
Cristo impensabile senza lumanit
e luomo non derivabile da Cristo. Ecco
di nuovo il carattere fondamentale della
creazione (la prima), non rimandabile
allopera dello Spirito Santo, come lascerebbe intendere Barth. Su questo punto
Theobald molto esplicito quando individua nellunicit laspetto propriamente
teologale.
La concettualit fenomenologica, rispetto al discorso epistemologico, consente a Bertuletti il superamento di un difetto
gi presente in Scoto, quello cio di ridurre laspetto veritativo delluomo alla sua
alterit da Dio. Da questo punto di vista,
la critica di Bertuletti a una fenomenologia diretta (Marion, soprattutto, e anche
Lvinas, per il quale tuttavia difficile
parlare ancora di fenomenologia), che
istituisce fortemente lalterit di Dio, coglie nel segno.
La libert non saggiunge
alla verit
Il ricorso alla fenomenologia permette a Bertuletti di superare quanto ad altri
modelli teologici rischia di rimanere giustapposto: e cio il criterio della normativit (la dimensione morale) e dellespressivit (la dimensione dellio). Bertuletti propone una teoria dellatto, perch nellatto della fede che si mostra la rilevanza teologale dellantropologia: questo sfuggiva
allinterrogazione metafisica. La libert
non si aggiunge alla verit n semplicemente deriva dalla verit ma interna alla sua essenza, poich luomo non capa-

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ce della verit se non nellatto insieme


assolutamente necessario e irriducibilmente singolare che riconosce nellistanza trascendente che lo rivendica lorigine della propria insostituibile unicit.
Questo atto ci che la tradizione biblica
chiama fede. La verit di Dio non accessibile che nella fede, poich essa la
verit che include leffettivit del s nella
sua fenomenalit. La verit teologica la
verit assoluta, poich la verit che conferisce allatto del suo riconoscimento la
sua stessa assolutezza: quella di consentire
a Dio di manifestarsi, di rendere effettiva
lintenzione che allorigine della sua destinazione alluomo (6, corsivo mio).
Nella felice formula consentire a Dio
di manifestarsi rinveniamo lasse teologico di Bertuletti centrato sulla categoria di
relazione. Bertuletti qui prende le distanze da buona parte della letteratura teologica contemporanea del pathos di Dio, in
quanto modelli non preoccupati di rendere ragione del carattere originario di teologia e antropologia privilegiando di conseguenza o luno o laltro polo. La relazione non pu non essere pensata, anche sul
versante di Dio, come necessit, in quanto la relazione che Dio istituisce con noi
rende noi capaci di determinare lui.
In questo senso la relazione si riflette
su Dio, bench si debba dire che lo schema quello di una radicale asimmetria.
Tale radicale asimmetria si riflette anche
sulla relazione con altri, in quanto la tematica dellintersoggettivit come condizione di accesso allipseit non pu
non riconoscere nellaltro uneffettiva e
irriducibile alterit.
Laltro veramente altro. Ma se Dio,
come dice Bertuletti, lorigine dellalterit perch la genera, allora si pu correttamente dedurre che la particolarit teologale gi interna alla stessa intersoggettivit. Da qui unaltra ragione che mostra
la pertinenza dellassunzione della concettualit fenomenologica nel suo specifico husserliano della correlazione intenzionale. Questa costitutivit dellantropologico ci su cui si fonda il modello relazionale di Bertuletti.
Il libro nasce sostanzialmente al crocevia di due domande: quella sul problema della verit, che pertiene alla filosofia,
e quella relativa alle questioni pi tipiche
del discorso teologico. Tra le diverse opzioni possibili offerte dalla teologia, quella
del mistero trinitario permette a Bertuletti

di rendere ragione di come sia possibile


laffermazione di Dio in una prospettiva
universale.
La risposta, lunica per Bertuletti, ,
sulla scia del discorso rahneriano dellautocomunicazione di Dio, di riconoscere
allantropologia il carattere costitutivo
proprio della stessa res teologica. Solo a
questa condizione la teologia pu affermare la propria verit. Bertuletti sostiene,
di conseguenza, unidea forte di soggetto,
piuttosto rara in postmodernit.
Unidea forte di soggetto, quindi, non
gi nellaccezione moderna che lo presupponeva (e quindi rimaneva in fin dei
conti formale) ma un soggetto, una libert, capace di con-determinare il rapporto
alla verit. Bertuletti utilizza la parola senso per designare la mediazione antropologica. Lapproccio al problema consiste
dunque nella tematizzazione della dimensione co-originaria del senso. Dire
senso, in questo discorso, lequivalente
di dire soggetto, di dire libert.
Certamente anche alla metafisica non
era estraneo il primato della verit, che
essa ha sempre professato, ma questo avveniva a scapito della dimensione antropologica. Questo tratto che caratterizza il
pensiero di Bertuletti ha una ricaduta fondamentale sulla concettualit teologica.
La teologia pu dire, certo, che lumano condetermina la verit di Dio: lacquisizione che ancora mancava, e che
Bertuletti compie, era quella di mostrarne
la pertinenza sul piano di una compiuta
elaborazione teorica (e quindi giustificativa) che fosse capace di rendere ragione al
contempo sia del realismo del soggetto sia
della storicit della verit. Un duplice
guadagno di non poco conto.
Non stato un compito agevole offrire
questa presentazione del libro di Bertuletti. Chi ha scritto queste pagine, oltre a sollecitare la comprensione del lettore, chiede venia allautore se alcuni passaggi centrali non sono stati sottolineati e ripresi
cos come meritavano. Lo scopo di questo
lavoro, tuttavia, non era quello di offrirne
una lettura compiuta, in quanto ci non
pu che essere il risultato di un dibattito a
pi voci. La complessit dellimpianto di
fondo del libro e le sue rigorosissime formulazioni concettuali non danno scampo:
la fatica di Bertuletti non deve restare opera silenziosa per la teologia italiana.

Maurizio Rossi

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