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Nota.
Questa mattina mi sono risvegliato al suono interiore nella mente, di un’ode antica, che avevo
studiato a memoria da ragazzo circa 60 anni fa, ma che poi avevo completamente dimenticato
Per quasi un’ora questo versetto: “ Il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola, sulla
deserta coltrice accanto a lui posò ”, ha risuonato dentro di me senza che riuscissi a capirne la
ragione.
Solo più tardi, quando ho guardato il calendario, ho scoperto che oggi è il 5 maggio 2009.
Posso giurare che nei giorni scorsi, non avevo pensato minimamente a questa ricorrenza, né
mai vi avevo pensato nel corso dei tanti anni trascorsi dalla fine delle Scuole Medie.
Avevo ormai rinunciato a capire il motivo di questo misterioso ricordo, quando sedutomi al
computer per portare a termine gli aggiornamenti a questa nuova edizione del libro che avete
fra le mani, ho riletto il testo qui sopra scritto e una “luce” mi ha illuminato la mente.
Dio “atterra” col dolore, l’uomo orgoglioso che ritiene di poter vivere senza di Lui, senza il
Suo Amore che è Vita, ma poi “suscita”, fa risorgere l’uomo che ha esperimentato la vanità e
la precarietà di tutte le cose valutate in modo unilaterale e tutto ciò si inquadra perfettamente
con quanto su scritto.