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La Divina Commedia

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Purgatorio, Canto XXXI


Piangendo dissi: "Le presenti cose
col falso lor piacer volser miei passi,
tosto che 'l vostro viso si nascose"...

Tratto m'avea nel fiume infin la gola,


e tirandosi me dietro sen giva
sovresso l'acqua lieve come scola...

Come in lo specchio il sol, non altrimenti


la doppia fiera dentro vi raggiava,
or con altri, or con altri reggimenti...
G. Dor, Immersione nel Lete

Argomento del Canto


Ancora nel Paradiso Terrestre. Confessione di Dante e nuove accuse di Beatrice. Dante sviene, poi Matelda lo immerge nel Lete. Dante
condotto davanti a Beatrice, che si svela.
la tarda mattinata di mercoled 13 aprile (o 30 marzo) del 1300.

Accuse di Beatrice e confessione di Dante (1-36)


Beatrice, che finora ha parlato agli angeli, si rivolge direttamente a Dante al di l del fiume Lete e lo esorta a dire se le sue parole sono vere,
poich le sue accuse devono essere accompagnate dalla confessione del poeta. Dante cos confuso che tenta invano di parlare, quindi la
donna, irritata, gli chiede cosa pensa e lo invita a rispondere, in quanto l'acqua del Lete non ha ancora cancellato in lui la memoria dei
peccati commessi. La paura spinge Dante a pronunciare un debole s, poi scoppia subito a piangere, come una balestra che scocca una
freccia con troppa tensione e spezza la corda, facendo arrivare il dardo a bersaglio con poca forza. Beatrice chiede a Dante quali ostacoli
insuperabili gli hanno impedito di perseguire il bene attraverso il suo amore per lei, e quali vantaggi invece lo hanno indotto a ricercare gli
altri beni terreni. Dante sospira amaramente, quindi risponde a fatica dicendo che i beni che aveva davanti lo irretirono col loro aspetto
piacevole, non appena Beatrice mor.

Nuovi rimproveri di Beatrice (37-63)

J. Flaxman, Pentimento di Dante

Beatrice ribatte che se anche Dante tacesse o negasse la propria colpa, questa le sarebbe
comunque nota dal momento che la legge nella mente di Dio; tuttavia, quando il peccatore
confessa, ci attenua la severit del giudizio divino. E affinch Dante provi minor vergogna
per il suo errore, imparando a essere pi forte in futuro, la donna lo invita a smettere di
piangere e ascoltarla, comprendendo che la sua morte terrena avrebbe dovuto condurlo in
una direzione opposta. Beatrice spiega che Dante sulla Terra non vide mai una bellezza
superiore a quella del suo corpo mortale, che ora giace sepolto: dunque quale altra
creatura terrena poteva suscitare il desiderio del poeta dopo la sua morte? Questa avrebbe
dovuto indurlo a desiderare i beni eterni, invece di volare in basso seguendo una giovane
donna o altri beni passeggeri; un giovane uccellino pu cadere in una trappola, ma un
volatile adulto non si lascia certo irretire come invece ha dimostrato Dante.

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Pentimento e svenimento di Dante (64-90)


Dante ascolta in silenzio e a capo chino come un fanciullo che viene rimproverato e si pente,
quando Beatrice lo invita ad alzare lo sguardo e a sopportare una pena maggiore osservandola. Il
poeta obbedisce non senza resistenza, come un cerro robusto che viene sradicato con difficolt
da un vento impetuoso, quindi vede che gli angeli hanno cessato di spargere fiori. Dante vede
Beatrice che fissa il grifone e pur sotto il velo gli pare che superi in bellezza la donna conosciuta in
Terra, pi di quanto questa superasse le altre donne. Dante prova odio verso ci che, sulla Terra,
lo ha distolto dall'amore di Beatrice, quindi la forza del pentimento tale che il poeta sviene e solo
Beatrice sa cosa gli sia accaduto dopo.
J. Flaxman, Immersione nel Lete

Immersione nel Lete (91-102)


Quando Dante riprende i sensi, si ritrova immerso fino alla gola nel fiume Lete, con Matelda che lo sovrasta e lo esorta ad aggrapparsi a lei
con forza. La donna cammina leggera sull'acqua, tirandosi dietro Dante, finch giungono presso la sponda opposta e il poeta sente gli
angeli cantare 'Asperges me' con indicibile dolcezza. Matelda apre le braccia e spinge la testa di Dante sott'acqua, costringendolo a bere.

Dante condotto davanti a Beatrice (103-126)


Matelda trae Dante fuori dall'acqua e lo affida alle quattro donne che danzano alla sinistra del
carro, ciascuna delle quali lo abbraccia. Le donne cantano di essere ninfe e, al tempo stesso,
stelle in cielo, essendo state ordinate come ancelle per Beatrice prima che questa nascesse.
Affermano di voler condurre Dante di fronte a Beatrice, ma il poeta dovr essere aiutato dalle altre
tre donne danzanti a fissare il suo sguardo negli occhi della donna. Le quattro ninfe portano Dante
al petto del grifone, quindi lo invitano a guardare gli occhi di Beatrice, simili a degli smeraldi. Dante
fissa gli occhi della donna, che sono a loro volta fissi sul grifone: l'animale si riflette in essi come
in uno specchio, mostrando ora una, ora l'altra sua natura. Dante meravigliato nel vedere che il
grifone resta lo stesso, mentre la sua immagine riflessa trasmuta continuamente.

Sassetta, Le v irt teologali

Beatrice si svela (127-145)


Dante continua a osservare quello spettacolo che, pur saziando i suoi
occhi, gli infonde continuo desiderio, quando le tre donne alla destra del
carro si fanno avanti continuando la loro danza e dimostrando di
appartenere a una pi alta condizione. Le tre donne cantano e si rivolgono a
Beatrice invitandola a guardare Dante con i suoi occhi, per vedere i quali
egli ha percorso tanta strada: la donna deve fare loro la grazia di svelarsi e
mostrare il suo sorriso che manifesta la sua bellezza di beata. Beatrice
esaudisce tale desiderio e Dante non in grado di descrivere pienamente
la sua bellezza sfolgorante, poich anche un poeta che si fosse esercitato
assiduamente in quest'arte avrebbe la mente offuscata nel vano tentativo di
rappresentare Beatrice quale apparve in quel momento.
J. Flaxman, Beatrice si sv ela

Interpretazione complessiva
Il Canto diviso in due parti, la prima delle quali prosegue il dialogo iniziato fra Dante e Beatrice nell'episodio precedente (con nuove
dettagliate accuse della donna, il pentimento e lo svenimento del poeta), mentre la seconda descrive l'immersione di Dante nel Lete e la
sua presentazione a Beatrice, che si svela. L'inizio la ripresa della situazione finale del Canto XXX, con Beatrice che esorta duramente
Dante a confessare le proprie colpe per completare il rito della purificazione: la confessione serve a ottundere la lama della giustizia divina, e
ad essa il poeta perviene non senza difficolt, dapprima non riuscendo neppure a parlare e in seguito pronunciando alcune deboli parole,
con le quali ammette di aver tradito la memoria di Beatrice morta per seguire beni terreni allettanti e ingannevoli, che lo distolsero dalla retta
via (sono le imagini di ben... false gi citate in XXX, 131 e che Beatrice poco oltre definir serene, che col loro canto melodioso hanno irretito
Dante sulla loro strada peccaminosa; cfr. anche XIX, 7 ss., il sogno della femmina balba). Questi beni sono parte del cosiddetto traviamento
di Dante, un peccato di natura morale e, forse, anche intellettuale che secondo Beatrice ha frapposto fossati e catene sulla strada del bene e
che corrisponde probabilmente ad amori sensuali e terreni, come le sue successive parole sembrano dichiarare: nessuna donna mortale
fu mai bella come lei quand'era in vita, quindi dopo la sua morte Dante non avrebbe dovuto subire il fascino di altre donne terrene, come
invece avvenne a causa di una pargoletta, di una giovane e bella donna che lo fece innamorare di s. difficile ipotizzare chi fosse
realmente costei (forse la donna gentile, o la Petra, o la donna che con lo stesso senhal Dante canta nelle Rime), sempre che dietro di
essa, come dietro la donna gentile, non si celi il signifcato allegorico della filosofia, ma chiaro che questa pargoletta ha deviato il volo di
Dante verso il basso, proprio come un uccello che si lasciato allettare da un'esca ed caduto nella rete del cacciatore, cosa che a Dante
non doveva succedere proprio perch la morte di Beatrice gli aveva dimostrato che la bellezza materiale fugace e passeggera. La metafora
del fedele che, come un uccello, deve volare verso il Cielo e i suoi beni eterni e non lasciarsi irretire dagli allettamenti del mondo non
nuova (anche in XIV, 145-151 Virgilio paragona le lusinghe del demonio a un'esca che alletta gli uomini, mentre in XIX, 58 ss. le lusinghe del

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cielo sono dette il logoro, il richiamo che deve far volare alto il falcone); il richiamo di Beatrice fa il suo effetto e produce un acuto pentimento
in Dante, che riconosce la sua donna pi bella di quand'era in vita, pi di quanto lo fosse rispetto alle altre donne, quindi prova sincera
avversione verso ci che lo aveva distolto dal suo amore per lei, da intendersi come un amore terreno o la ricerca filosofica in contrasto col
significato allegorico di Beatrice-teologia.
Lo svenimento di Dante fa da cerniera tra le due parti del Canto, poich al suo risveglio il poeta immerso nel fiume sino alla gola, con
Matelda che lo conduce all'altra sponda e lo costringe a bere l'acqua che canceller la memoria del peccato commesso. Ha inizio a questo
punto un complesso rituale in cui, oltre a Matelda, entrano in scena le quattro donne che danzano alla sinistra del carro e alle quali Dante
affidato una volta uscito dall'acqua: esse rappresentano le virt cardinali e le loro parole confermano tale interpretazione, presentandosi al
contempo come ninfe nell'Eden e stelle in cielo (le quattro stelle di I, 22 ss.) e dichiarando di essere state ancelle di Beatrice prima della sua
nascita, quindi, fuor di metafora, di aver preparato il mondo all'avvento di Cristo e alla Rivelazione di cui Beatrice allegoria. Le quattro donne
conducono Dante a lei perch possa guardarla negli occhi, ma per aiutarlo a questo interverranno le altre donne, simbolo delle virt
teologali e che si mostreranno a Dante di pi alto tribo, di una condizione pi elevata in quanto sono le virt direttamente infuse dalla Grazia
divina nell'uomo redento, dopo che si riappropriato di quelle cardinali con l'espiazione. Dante fissa lo sguardo negli occhi di Beatrice
paragonati a smeraldi, pietra che nei lapidari medievali rappresentava la giustizia: sono gli occhi da cui Amore lo ha trafitto quando la donna
era in vita, e adesso vede riflessa in essi l'immagine del grifone, che raffigura Cristo e le cui due nature (umana e divina) si alternano nello
sguardo di Beatrice. Il legame Beatrice-grifone si spiega in quanto la donna allegoria della Verit rivelata e della Grazia, resa possibile in
seguito all'avvento di Cristo, mentre gi nella Vita nuova Beatrice era rappresentata con immagini cristologiche: Dante quasi perso in
quell'incredibile visione, quando le tre donne invitano Beatrice a svelarsi e a mostrare la propria accresciuta bellezza di beata al poeta,
definito suo fedele in ragione del vincolo di vassallaggio amoroso che lo legava a lei in vita (e che ora, nell'Aldil, un amore spogliato di
ogni connotazione materiale e terrena). Il Canto si chiude con lo svelarsi di Beatrice, la cui bellezza tale che la parola poetica di Dante del
tutto insufficiente a descriverla, con una situazione che tante volte si riproporr nella rappresentazione del Paradiso ( la cosiddetta poetica
dell'inesprimibile, che nella III Cantica sar riferita sia a Beatrice, sia alle bellezze eterne e ineffabili del terzo regno).

Note e passi controversi


Al v. 4 sanza cunta vuol dire senza indugio, dal lat. med. cuncta, attestato da Uguccione da Pisa.
La similitudine ai vv. 16-21, variamente interpretata, indica che Dante parla debolmente perch oppresso da troppo dolore, come la balestra
quando scocca la freccia con la corda troppo tesa, per cui la corda si spezza e la freccia giunge a bersaglio con poca forza.
Il v. 42 indica che la giustizia divina diventa meno severa di fronte a una confessione, come la mola che smussa il filo della lama se si volge
contro il taglio.
I vv. 50-51 troveranno eco in Petrarca: cfr. Canzoniere, CXXVI, 2 (le belle membra), 34-35 (gi terra in fra le pietre / vedendo).
I vv. 61-63 indicano che un giovane uccellino pu lasciarsi irretire dal cacciatore, ma quello adulto riesce ad evitare trappole e frecce
scagliate a suo danno.
Barba (v. 68) indica genericamente il mento, o il viso; Beatrice usa il termine in senso ironico, per indicare l'et adulta di Dante.
Il vento indicato al v. 72 il libeccio, che spira dall'Africa (la terra di Iarba, il re dei Getuli pretendente di Didone).
Il v. 91 vuol dire che il cuore restituisce la virt, la forza vitale, nelle membra esterne, quindi Dante rinviene (la fisiologia medievale riteneva
che lo svenimento fosse causato dal riflusso di tutto il sangue al cuore).
Al v. 96 scola vale gondola, barca leggera e piatta, da scaula che parola attestata in area veneto-romagnola; meno probabile il
significato di spola, perch Matelda scivola a fior d'acqua e non va avanti e indietro.
Il v. 98 cita un versetto del Salmo Miserere (L), che recita: Asperges me hyssopo, et mundabor; lavabis me, et super nivem dealbabor (Mi
aspergerai con l'issopo e sar puro; mi laverai e sar pi bianco della neve).
Al v. 117 ti trasse le sue armi vuol dire ti lanci i suoi dardi.
Al v. 126 ne l'idolo suo indica nella sua immagine riflessa, cio negli occhi di Beatrice.
Al v. 132 caribo indica probabilmente una danza.
La seconda bellezza di Beatrice (v. 138) pu indicare quella della bocca in aggiunta a quella degli occhi, ma forse la bellezza sovrumana
della donna non pi mortale.
Il v. 144 stato variamente interpretato, bench il senso sia poco chiaro: forse vuol dire l dove le sfere celesti con la loro armonia ti
circondano.

Testo

Parafrasi

O tu che se di l dal fiume sacro,


volgendo suo parlare a me per punta,
che pur per taglio mera paruto acro,

ricominci, seguendo sanza cunta,


d, d se questo vero: a tanta accusa
tua confession conviene esser congiunta.

Beatrice, rivolgendo direttamente a me le sue parole che, anche


indirettamente, mi erano sembrate aspre, ricominci a parlare
senza frapporre indugio: O tu che sei al di l del fiume sacro,
dimmi, dimmi se questo vero: a una tale accusa necessario che
sia unita la tua confessione.

Era la mia virt tanto confusa,


che la voce si mosse, e pria si spense
che da li organi suoi fosse dischiusa.
Poco sofferse; poi disse: Che pense?
Rispondi a me; ch le memorie triste
in te non sono ancor da lacqua offense.

La mia virt era cos confusa che la mia voce si mosse, e si ferm
prima che fosse emessa dagli organi preposti alla parola.
9

12

Lei pazient un poco, poi disse: Cosa pensi? Rispondimi, poich il


ricordo del peccato non stato ancora cancellato in te dall'acqua del
Lete.

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Confusione e paura insieme miste


mi pinsero un tal s fuor de la bocca,
al quale intender fuor mestier le viste.

15

Come balestro frange, quando scocca


da troppa tesa la sua corda e larco,
e con men foga lasta il segno tocca,

18

s scoppia io sottesso grave carco,


fuori sgorgando lagrime e sospiri,
e la voce allent per lo suo varco.

21

Ondella a me: Per entro i mie disiri,


che ti menavano ad amar lo bene
di l dal qual non a che saspiri,

24

quai fossi attraversati o quai catene


trovasti, per che del passare innanzi
dovessiti cos spogliar la spene?

27

E quali agevolezze o quali avanzi


ne la fronte de li altri si mostraro,
per che dovessi lor passeggiare anzi?.
Dopo la tratta dun sospiro amaro,
a pena ebbi la voce che rispuose,
e le labbra a fatica la formaro.
Piangendo dissi: Le presenti cose
col falso lor piacer volser miei passi,
tosto che l vostro viso si nascose.
Ed ella: Se tacessi o se negassi
ci che confessi, non fora men nota
la colpa tua: da tal giudice sassi!
Ma quando scoppia de la propria gota
laccusa del peccato, in nostra corte
rivolge s contra l taglio la rota.

Dopo aver tratto un amaro sospiro, a malapena trovai la voce per


rispondere e le labbra parlarono a fatica.
33

36

Dissi piangendo: I beni che avevo di fronte, col loro aspetto


piacevole, distolsero i miei passi non appena il vostro viso fu
nascosto a me (dopo la vostra morte).

39

E lei: Se anche tu tacessi o negassi ci che confessi, la tua colpa


non sarebbe meno evidente: la apprendo da un giudice cos
infallibile! (Dio)

42

Ma quando l'accusa del peccato viene pronunciata da chi l'ha


commesso, nel nostro tribunale la mola rivolge se stessa contro il
taglio (la giustizia divina meno severa).

pon gi il seme del piangere e ascolta:


s udirai come in contraria parte
mover dovieti mia carne sepolta.

48

Ben ti dovevi, per lo primo strale


de le cose fallaci, levar suso
di retro a me che non era pi tale.
Non ti dovea gravar le penne in giuso,
ad aspettar pi colpo, o pargoletta
o altra vanit con s breve uso.
Novo augelletto due o tre aspetta;
ma dinanzi da li occhi di pennuti
rete si spiega indarno o si saetta.

Allora lei mi disse: Seguendo il desiderio che ti ispiravo e che ti


spingeva ad amare il bene, oltre il quale non c' nulla a cui aspirare,
quali fossati posti di traverso o quali catene trovasti, per cui dovessi
lasciare la speranza di oltrepassarli?

30

45

e se l sommo piacer s ti fallio


per la mia morte, qual cosa mortale
dovea poi trarre te nel suo disio?

Come una balestra spezza la corda e l'arco, quando scocca una


freccia con eccessiva tensione, e il dardo arriva a bersaglio con
poca forza, cos io scoppiai sotto il peso dell'angoscia e buttai fuori
lacrime e sospiri, e la voce fu emessa con minore vigoria.

E quali facilit, quali vantaggi ti si mostrarono nell'aspetto degli altri


beni, per cui dovessi vagheggiarli?

Tuttavia, perch mo vergogna porte


del tuo errore, e perch altra volta,
udendo le serene, sie pi forte,

Mai non tappresent natura o arte


piacer, quanto le belle membra in chio
rinchiusa fui, e che so n terra sparte;

La confusione e la paura, mescolate insieme, mi spinsero fuori dalla


bocca un s cos debole che, per capirlo, fu necessaria la vista e
non l'udito.

51

Tuttavia, perch tu ti vergogni meno del tuo errore e perch un'altra


volta tu sia pi forte ascoltando le sirene, cessa la ragione del tuo
pianto e ascolta: cos sentirai come la mia morte terrena avrebbe
dovuto condurti su una strada opposta a quella che hai seguito.

La natura o l'arte non ti mostr mai una bellezza paragonabile a


quella del corpo mortale in cui io fui rinchiusa, e che ora sparso
sottoterra;
e se quella meravigliosa bellezza ti venne meno con la mia morte,
quale altra cosa terrena poteva poi suscitare il tuo desiderio?

54
Avresti dovuto, dopo quella prima delusione dei beni fugaci,
sollevarti in alto dietro a me che non ero pi terrena e passeggera.
57
Non avrebbe dovuto farti volare in basso, aspettando altri colpi della
sorte, una giovane donna o un altro bene terreno vano e effimero.
60
Un giovane uccellino aspetta due o tre colpi; ma di fronte ai volatili
adulti il cacciatore dispiega le reti o scaglia le frecce invano.
63

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Quali fanciulli, vergognando, muti


con li occhi a terra stannosi, ascoltando
e s riconoscendo e ripentuti,

66

tal mi stavio; ed ella disse: Quando


per udir se dolente, alza la barba,
e prenderai pi doglia riguardando.

69

Con men di resistenza si dibarba


robusto cerro, o vero al nostral vento
o vero a quel de la terra di Iarba,

72

chio non levai al suo comando il mento;


e quando per la barba il viso chiese,
ben conobbi il velen de largomento.

75

E come la mia faccia si distese,


posarsi quelle prime creature
da loro aspersion locchio comprese;
e le mie luci, ancor poco sicure,
vider Beatrice volta in su la fiera
ch sola una persona in due nature.
Sotto l suo velo e oltre la rivera
vincer pariemi pi s stessa antica,
vincer che laltre qui, quandella cera.
Di penter s mi punse ivi lortica
che di tutte altre cose qual mi torse
pi nel suo amor, pi mi si f nemica.
Tanta riconoscenza il cor mi morse,
chio caddi vinto; e quale allora femmi,
salsi colei che la cagion mi porse.
Poi, quando il cor virt di fuor rendemmi,
la donna chio avea trovata sola
sopra me vidi, e dicea: Tiemmi, tiemmi!.
Tratto mavea nel fiume infin la gola,
e tirandosi me dietro sen giva
sovresso lacqua lieve come scola.
Quando fui presso a la beata riva,
Asperges me s dolcemente udissi,
che nol so rimembrar, non chio lo scriva.
La bella donna ne le braccia aprissi;
abbracciommi la testa e mi sommerse
ove convenne chio lacqua inghiottissi.
Indi mi tolse, e bagnato mofferse
dentro a la danza de le quattro belle;
e ciascuna del braccio mi coperse.
Noi siam qui ninfe e nel ciel siamo stelle:
pria che Beatrice discendesse al mondo,
fummo ordinate a lei per sue ancelle.
Merrenti a li occhi suoi; ma nel giocondo
lume ch dentro aguzzeranno i tuoi
le tre di l, che miran pi profondo.
Cos cantando cominciaro; e poi
al petto del grifon seco menarmi,
ove Beatrice stava volta a noi.

Come i fanciulli, vergognandosi, se ne stanno muti con gli occhi a


terra, ascoltando e ammettendo la propria colpa, pentiti, cos stavo
io; e lei disse: Poich ascoltado le mie parole provi dolore, alza la
barba (il mento) e ne proverai di pi guardandomi.

Un robusto cerro (quercia) sradicato da un vento della nostra terra


o da quello che soffia dall'Africa (libeccio) con minore resistenza di
quanto io non sollevai il mento al suo comando; e quando mi ordin
di alzare il viso con la parola barba, compresi subito il suo amaro
rimprovero.

E non appena io sollevai il viso, l'occhio cap che gli angeli avevano
cessato di spargere i fiori;
78
e i miei occhi, ancora poco sicuri, videro Beatrice rivolta alla fiera
(grifone) che una sola persona con due nature.
81

84

Anche se Beatrice era velata e al di l del fiume, pure mi sembrava


superare in bellezza lei stessa da viva, pi di quanto lei, da viva,
superasse tutte le altre donne.

87

L'ortica del pentimento mi punse a tal punto, che, rispetto a tutte le


altre cose, quella che pi mi distolse dall'amore per Beatrice mi si
fece pi odiosa.

90

Questo riconoscimento mi colp il cuore a tal punto che caddi


svenuto; e come divenni allora, lo sa colei (Beatrice) che me ne forn
la causa (col rimprovero).

93

Poi, quando il cuore mi restitu la forza vitale nelle membra esterne


(rinvenni), vidi la donna (Matelda) che avevo incontrato da sola stare
sopra di me, dicendo: Aggrappati a me!
Mi aveva immerso nel fiume sino alla gola, e tirandosi dietro me se
ne andava sull'acqua, scivolando leggera come una gondola.

96

99

Quando fui vicino alla sponda opposta, sentii gli angeli cantare 'Mi
aspergerai' con tale dolcezza che non solo non so descriverlo, ma
neppure me lo ricordo.
La bella donna apr le braccia, mi abbracci la testa e mi immerse
al punto da costringermi a inghiottire l'acqua.

102
Poi mi tir fuori e mi affid, bagnato, alla danza delle quattro donne,
ciascuna delle quali mi copr col suo braccio.
105
Noi qui siamo ninfe e in cielo siamo stelle: prima che Beatrice
venisse al mondo, fummo create come sue ancelle.
108

111

Ti condurremo ai suoi occhi; ma saranno le altre tre donne ad


aguzzare i tuoi occhi perch tu possa osservare il lume che c' al
loro interno, poich esse hanno la vista pi profonda.
Cos iniziarono a cantare; e poi mi portarono con s al petto del
grifone, dove Beatrice stava rivolta verso di noi.

114

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Disser: Fa che le viste non risparmi;


posto tavem dinanzi a li smeraldi
ondAmor gi ti trasse le sue armi.
Mille disiri pi che fiamma caldi
strinsermi li occhi a li occhi rilucenti,
che pur sopra l grifone stavan saldi.
Come in lo specchio il sol, non altrimenti
la doppia fiera dentro vi raggiava,
or con altri, or con altri reggimenti.
Pensa, lettor, sio mi maravigliava,
quando vedea la cosa in s star queta,
e ne lidolo suo si trasmutava.

117

Mille desideri, pi caldi della fiamma, strinsero i miei occhi agli occhi
splendenti di Beatrice, che erano fissi sul grifone.
120

123

126

129

s dimostrando di pi alto tribo


ne li atti, laltre tre si fero avanti,
danzando al loro angelico caribo.

132

Per grazia fa noi grazia che disvele


a lui la bocca tua, s che discerna
la seconda bellezza che tu cele.
O isplendor di viva luce etterna,
chi palido si fece sotto lombra
s di Parnaso, o bevve in sua cisterna,

Mentre la mia anima, piena di stupore e lieta, gustava quel cibo che,
saziandola, la rendeva sempre pi assetata, le altre tre donne,
dimostrando nei propri atti di appartenere a una condizione pi
elevata, si fecero avanti ballando nella loro danza angelica.

Il loro canto diceva: Beatrice, volgi i tuoi occhi santi al tuo fedele
che, per vederti, ha percorso tanta strada!
135
Per tua grazia, concedi a noi di svelare a lui il tuo sorriso, cos che
possa vedere la seconda bellezza che tu celi.
138

141

che non paresse aver la mente ingombra,


tentando a render te qual tu paresti
l dove armonizzando il ciel tadombra,
quando ne laere aperto ti solvesti?

Come il sole in uno specchio, non diversamente la fiera duplice vi si


rifletteva dentro, ora con un atteggiamento, ora con un altro (vi si
riflettevano separate le sue due nature, umana e divina).
Pensa, lettore, quale era la mia meraviglia, quando vedevo il grifone
restare uguale a se stesso e trasmutarsi nell'immagine riflessa.

Mentre che piena di stupore e lieta


lanima mia gustava di quel cibo
che, saziando di s, di s asseta,

Volgi, Beatrice, volgi li occhi santi,


era la sua canzone, al tuo fedele
che, per vederti, ha mossi passi tanti!

Dissero: Guarda i suoi occhi senza risparmio: ti abbiamo posto


davanti agli smeraldi (i suoi occhi verdi) da cui Amore ti lanci i suoi
dardi (che ti fecero innamorare.

O splendore di viva luce eterna, chi si fece pallido sotto l'ombra di


Parnaso o bevve alla sua fonte (si esercit nella poesia) a tal punto,
da non sembrare di avere la mente offuscata, tentando di descrivere
come apparisti l dove le sfere celesti con la loro armonia ti
circondano, quando ti svelasti nell'aria aperta?

145

Guida ai Canti del Purgatorio


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