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La funzione meta

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Armando Rigobello

LA FUNZIONE META TRA IL PENSIERO CLASSICO


E LET ERMENEUTICA DELLA RAGIONE

Il presente intervento si riferisce prevalentemente alla relazione


del prof. p. Paul Gilbert, e in parte anche alla relazione del prof.
Carlo Sini. Introduco il discorso partendo da lontano nel tempo, il
nucleo speculativo tuttavia si inserisce direttamente nel tema. Ci riferiamo al Sofista platonico, al punto in cui il dialogo giunge a precisare la posizione degli amici delle forme. Teeteto sottolinea che
essi ammettono il divenire limitatamente al mondo dellesperienza
sensibile ma non per lessere, lessere universale (pantels n), il
vero essere1. A questo punto del dialogo platonico si colloca la celebre esclamazione dello Straniero di Elea: E allora per Zeus? Ci faremo persuadere cos facilmente che in realt il moto, la vita, lanima,
lintelligenza non ineriscono a ci che assolutamente , chesso n
vive n pensa, ma invece venerabile e santo, senza intelletto, se ne sta
fermo, immoto? 2.
Limprovvisa perorazione della Straniero di Elea ricca di suggestioni anche per i termini del nostro discorso. Loriginario, che in
fondo indica quel senso dellessere che si precisa in ci che pi tardi
sar chiamato metafisica, nel dialogo platonico indicato come essere universale, e pare alludere ad una realt che ci avvolge ed insieme ci supera. Questo passo sembra preparare laltra fondamentale
1
2

Platone, Sofista, 249 a.


Ibid., 248 e-249 a.

Giornale di Metafisica - Nuova Serie - XXXII (2010), pp. 651-658.

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novit speculativa del Sofista, quella che introduce tra i generi sommi
il diverso (t thteron), che rende possibile il movimento, la comunicazione e quindi una concezione della realt personale. Lesclamazione della Straniero di Elea non un espediente retorico, ma unaffermazione di notevole valore speculativo. Teeteto, il giovane interlocutore solitamente piuttosto disponibile ad accogliere lautorevole argomentazione, ne avverte la sconvolgente novit: Tutto ci gravissimo, esclama. Siamo costretti ad accogliere come necessaria la presenza nellAssoluto di una vita consapevole, di unanima.
Il pantels n, lessere universale omniavvolgente, una figura
ontica che risente delluso del mito nel pensiero greco. Ma sotto il
linguaggio mitico vi una speculazione rigorosa. Gi la nozione di
Assoluto si delinea come coscienza vivente. I filosofi greci nel politeismo antropomorfo del mito trovano uno strumento per tessere in
linguaggio simbolico le loro posizioni speculative. Ci senza incorrere nelle complessit che sarebbero pi tardi emerse nei rapporti con
il messaggio cristiano. Il diascopein (penetrare razionalmente nel senso) pot servirsi in forma allusiva del mithologein (tessere miti). In
questa chiave ci si pu avvicinare alle dottrine speculative con immagini mitiche, rifugiarsi nel mito e praticare lallusione, il presentimento, la pensosa intenzionalit.
Compiendo un balzo di oltre due millenni, potremmo forse trovare in alcune pagine di Merleau-Ponty3, nel rapporto tra visibile e
invisibile, una specie di demitizzazione del dialogo platonico, una
proposta di senso sospesa tra lallusione e linquietudine di una
ermeneutica sospinta da un desiderio di fruizione pensosa interno ad
un mondo in cui finzione ed espressione esistenziale, creativa si intersecano senza comporsi.
La soglia delloriginario si pu dunque varcare? Lesclamazione
dello Straniero di Elea del Sofista platonico gi al di l della soglia,
ma nel contesto speculativo contemporaneo possiamo trovare argomenti persuasivi per questo compimento dellitinerario? La posizione di Merleau-Ponty indica una articolata via al semplice trascendimento ma non emerge dal suo suggestivo discorso una risposta al
3 M. Merleau-Ponty, Le visible et linvisible, Gallimard, Paris 1964; trad. it. e cura di
A. Bonomi, Il visibile e linvisibile, Bompiani, Milano 1969.

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problema del compimento, alluso forse ma non tematizzato. Siamo


nellet ermeneutica della ragione e il concludere pu apparire come
una chiusura. Intendiamo comunque giungere ad unaffermazione
positiva e per far ci ritorniamo su di un tema che abbiamo gi affrontato in un saggio di qualche anno fa su lapriori ermeneutico 4.
In quel saggio si esposta largomentazione sul senso di uninterpretazione dellinterpretazione (interpretazione alla seconda potenza), non per dare inizio ad una riduplicazione allinfinito dellatto
ermeneutico, ma per interrompere un continuo rinvio da interpretazione a interpretazione. La condizione ermeneutica condizione trascendentale. Lapriori di questo trascendentale lirrinunciabile domanda di senso, la risposta a questa domanda interrompe lindefinito rinvio. Siamo strutturati nel positivo, e ci precede il dubbio e stimola la ricerca. Questo avvertimento pregiudiziale ad ogni ragionamento costituisce lapriori ermeneutico, forma trascendentale del consistere delluomo. Questo apriori ermeneutico ci costituisce nellesserci, nellessere in via ed ci che d senso alla vita. Lesclamazione dello Straniero di Elea nel Sofista una testimonianza e lespressione dellirrompere di una riflessione recuperatrice (Gabriel Marcel), ma non sarebbe possibile il recupero se non ci fosse stata precedentemente una intuizione intellettiva, una intuizione del positivo.
La risposta ad una domanda trascendentale di senso non pu essere
un continuo domandare tra evasione e disperazione. Lessere precede
il non-essere.
Questa argomentazione sulla priorit del positivo sul negativo,
questo passaggio dalla domanda trascendentale di senso allaffermazione del trascendimento ed infine del Trascendente, pu considerarsi la via breve relativamente al problema di cui stiamo trattando.
Vi per anche una via lunga, che stata percorsa, ed proprio
quella dellarticolo Rflexions sur la fonction mta e di alcune pagine del volume Potique du sensible di Stanislas Breton5, di cui rife4 A. Rigobello, Lapriori ermeneutico. Domanda di senso e condizione umana, Rubbettino, Soveria Mannelli 2007.
5 S. Breton, Rflexion sur la fonction mta, Dialogue. Canadian Philosophical
Review. Revue canadienne de Philosophie 21 (1982), 1, pp. 45-56; Potique du sensible,
Editions du Cerf, Paris 1988.

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risce nella sua relazione il p. Gilbert. Il discorso parte dal tema stesso
del nostro convegno, ossia dal significato della parola metafisica, e
focalizza lattenzione su quel meta che precede il termine fisica. E
noto che la parola deriva dalla posizione dei libri di filosofia prima di
Aristotele situati dopo quelli riguardanti la fisica. Che funzione pu
avere dunque lespressione meta nel termine metafisica? Meta allude ad unapertura, un andare oltre, unalterit che si precisa in relazione a ci che segue, cio fisica. Al di l della genesi storica della
parola, interessante soffermarci sul senso dellespressione meta.
Meta, al di l, indica una funzione dinamica. Essa, nellanalisi di
Breton, si specifica in tre figure: metastasi, metafora, metamorfosi. La
metastasi condizione di uno sviluppo non prevedibile, aperto a pi
possibilit, la metafora presuppone invece un universo di riferimento
in cui cogliere somiglianze. Pu indicare, nel nostro caso, il passaggio da un tipo di razionalit ad un diverso tipo di logica e di immagini. Pu svolgere una duttile comparazione tra elementi diversi,
come pure essere unespressione poetica che viene prima e dopo la
razionalit. La metamorfosi, infine, indica il passaggio da una forma
allaltra, e presuppone una temporalit, una continuit pur nellinnovazione. Metastasi, metafora, metamorfosi danno luogo ad una progressione.
Tenendo conto dellorientamento di aspetti significativi del pensiero contemporaneo che alla nozione di sostanza ontologicamente
rilevante preferiscono considerare la realt dal punto di vista dinamico e quindi sottolineare la realt stessa come un plesso di energie, si
pu concepire, come Breton, il divenire della realt come un progrediente sviluppo dalla metastasi alla metamorfosi. Dallincerto orientamento della metastasi, allequilibrio allusivo della metafora, ed infine
alla accentuata alterit della metamorfosi. Tale processo non pu configurarsi come lespressione di una illimitata relativit, di un perenne
rinvio relativizzante, ma come un processo irreversibile in una continuit analogica. La funzione meta evidenzia la dinamica che investe
tutta la realt, in un passaggio progrediente verso un compimento
senza ritorno.
A questo compimento situato al vertice dellanalogia si rivolge
necessariamente lesserci di ciascuno, con un atteggiamento che

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insieme di insufficienza e di sovrabbondanza. Il meta, loltre la


phisis esercita una funzione moderatrice ed armonizza litinerario.
La funzione meta nel pieno sviluppo della sua opera di mediazione e
di collegamento di diverse intenzionalit varca le soglie delloriginario, fino ad attingere lillimitato. Il suo trascendimento giunge a configurarsi come trascendenza, tuttavia alla domanda finale di senso
non offre forse una compiuta risposta. La compresenza, al vertice del
processo, di insufficienza e di sovrabbondanza, richiama la condizione esistenziale, tuttavia lillimitato di questa infinitudine non
ancora luogo di intelligenza, di vita, di persona. La domanda finale,
radicale di senso, nota trascendentale dellhomo viator (Marcel), non
trova necessariamente risposta nelle dinamiche dellanalogia, la parte pi intima e pi fragile di noi stessi (Ricoeur) rimane nella sua
solitudine. Lautenticit della condizione umana richiede invece
unesperienza di comunione.
Se vogliamo mantenere il discorso su di un piano filosofico, consapevoli della rottura metodologica ma senza ricorrere ad esperienze
religiose, ad atteggiamenti mistici, occorre fare riferimento allintuizione intellettiva. Essa latto noetico con cui perveniamo, in particolari esperienze intensamente vissute, a cogliere il senso dellessere,
il fondamento della realt appreso in forma atematica, che risveglia
in noi lintuizione di un consistere originario, la capacit di svincolarlo dal volto sensibile dellimmagine 6. Questa intuizione intellettiva in fondo lapriori ermeneutico, che ci ricorda lintelletto attivo
di Aristotele o quella presenza pi intima a noi di noi stessi di cui
parla Agostino.
Se confrontiamo la dotta e puntuale relazione del p. Gilbert con
la relazione del prof. Sini, nonostante le notevoli differenze nella
6

Su questo argomento illuminanti e suggestive sono le parole di Jacques Maritain:


a fondamento della conoscenza metafisica egli (S. Tommaso) pone lintuizione intellettuale di quella misteriosa realt che si dissimula sotto il termine pi comune e pi
banale del nostro linguaggio, la parola essere. Essa si rivela a noi come soggetto non circoscrivibile di una scienza che gli dei ci invidiano quando svincoliamo nei suoi propri
valori questo atto di esistere esercitato dalla pi umile cosa, questa spinta vittoriosa mediante la quale essa trionfa sul nulla (J. Maritain, Court trait de lexistence et de lexistant, Hartmann, Paris 1947; trad. it. di L. Vigone, Breve trattato dellesistenza e dellesistente, Morcelliana, Brescia 1965, p. 21).

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conclusione possiamo trovare aspetti di significativa convergenza,


poich anche la relazione di Sini affronta il tema delineando un itinerario che ha qualche notevole affinit con quello esposto dal p.
Gilbert. Sini inizia il discorso con una importante definizione kantiana che offre un singolare contributo al tema del convegno. Sini
infatti ricorda la distinzione di Kant, nel paragrafo 57 (Dei limiti
della ragione pura) dei Prolegomeni ad ogni metafisica futura che
vorr presentarsi come scienza (1783), tra confine (Schranke) e limite
(Grenze). Il confine delinea un particolare territorio entro il quale si
delineano rapporti e si enunciano procedure tipiche e quindi autonome nellambito dei contenuti. Diversa la situazione speculativa
del limite, che di per s richiama lillimitato e quindi pone il rapporto tra enunciazione al di qua del limite e ci che supera il limite e
designa lillimitato. Il meta che nella parola metafisica indica ci che
va oltre, opportunamente precisato in contrapposizione alla chiusura territoriale del confine.
Posta in questi termini la questione, il problema centrale diventa
se sia possibile un rapporto tra limite e confine e quindi se tra questi
due ambiti sia possibile un reciproco riconoscimento di rigore conoscitivo. Certamente a questa ulteriore questione la risposta kantiana
, come quella di Sini, negativa. Kant infatti assieme alla legittimit
di guardare oltre il confine e di affermarne una caratteristica imprescindibile della condizione umana, non ne riconosce tuttavia la validit speculativa. Anche la posizione di Sini, sottolineando la compiuta autonomia del confine, restringe a questo ambito il rigore speculativo, ossia la scientificit. Vi sono tuttavia notevoli differenze tra
quanto afferma Kant e la posizione di Sini. Sini infatti sembra valutare positivamente un rapporto dinamico tra finito e infinito, rapporto che caratterizza la condizione umana, che rimane in questo
modo non rigorosamente definita ma caratterizzata da uno svolgimento pragmatico aperto ad una sempre nuova esperienza. Questa
differenza spiega come la posizione di Kant dia luogo ad un drammatico dualismo mentre in Sini si coglie un positivo sviluppo pragmatico. In qualche modo la posizione di Sini presenta parziali affinit con quella di un autore gi considerato precedentemente, ossia
Merleau-Ponty. In entrambi gli autori si delinea un ricorrente tra-

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scendimento che finisce per escludere una trascendenza vera e propria. Il meta contenuto nella parola metafisica non porta ad una
rottura metodologica del tipo proposto da Ricoeur ma ad un illimitato esperire, che sul piano ermeneutico ricorda pi chiaramente
Gadamer.
Nel sottolineare questa differenza va ricordata non solo la rottura
metodologica appena citata, ma anche la posizione di Breton. Breton infatti sottolinea la continuit analogica del processo, che interrompe una illimitata relativit. Il processo irreversibile. La trascendenza quindi una possibilit, anzi una necessit logica per interrompere un infinito rinvio.
Rimane comunque aperta la questione sulla possibilit che il trascendimento possa configurarsi come trascendente. Breton, come si
appena detto, fa appello allenergia che investe ed insieme afferma
che il rinvio analogico e irreversibile non pu ripetersi allinfinito. Il
suo sviluppo lineare quindi non pu non avere una meta. Tutto ci
ci porta a riconoscere uno sviluppo finalistico per affermare il compimento di questa finalit in una meta. A nostro avviso questa situazione speculativa richiede un supplemento di argomentazione, un
argomentare che non sia pi quello di un metodo unico che spieghi
lo sviluppo lineare, ma che comporti una rottura metodologica (P.
Ricoeur). Dalla constatazione fenomenologica si dovrebbe passare allaffermazione dialettica che, oltre la dinamica analogica, affermi la
realt del compimento. Nel contesto di questo pluralismo metodologico, laffermazione dialettica delinea uno spazio speculativo ove
convergono affermazioni che sono tali per limpossibilit del contrario (Aristotele), lintuizione intellettuale (Tommaso), la riflessione
recuperatrice (Marcel).
La complessit di queste ultime considerazioni comporterebbe
unampia trattazione. Nellambito di questo intervento ci limitiamo
a delineare un abbozzo di schema: dalla rottura metodologica allintuizione intellettuale nel cui orizzonte situare una riflessione
recuperatrice, in una pluralit di comprensioni colte nellemergenza della contemporaneit.
La puntuale relazione del p. Paul Gilbert, la sua esposizione e
valutazione del pensiero di Breton, ci hanno offerto informazioni e

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utili stimoli speculativi per riesprimere in termini nuovi punti salienti della nostra attuale ricerca. La relazione di Carlo Sini, impostando
il suo intervento sulla distinzione kantiana tra limite e confine, ha
inoltre offerto un singolare ed efficace paradigma su cui misurare
convergenze e diversit.

Armando Rigobello
THE META FUNCTION IN CLASSICAL THOUGHT AND
THE HERMENEUTIC AGE OF REASON

Abstract
The article starts from Gilberts relationship with and exposition and
evaluation of Bretons thought, which offer information and useful speculative stimuli for re-expressing in different terms salient points of a research
aiming at understanding a pathway opening up a discourse on transcending
that is ontological and in the last analysis metaphysical. For this purpose
reference is made to the well-known affirmations by Plato in the Sophist,
both through the conception of pantels n and inclusion of the different
among the highest genres. As regards the report by Sini, of major interest
are the considerations that can be made between the look beyond the confine
(Kants Grenze) clearly distinguished from the closing off in the rigor of research within the non-transcendable sphere of Schranke.

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