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INDICE
1.
1. UN PO' DI STORIA......................................................................2
1.1. IL FENOMENO.........................................................................................................4
1.1.a) TIPOLOGIE DI MOBBING.............................................................................10
1.1.b) LE FASI DEL MOBBING.................................................................................13
1.2.LA VALUTAZIONE DEL FENOMENO................................................................19
3. LA GIURISPRUDENZA ITALIANA.......................................40
3.1. ALCUNE SENTENZE..............................................................................................42
5. CONCLUSIONE.........................................................................52
1
Il mobbing nel diritto del lavoro
1. UN PO' DI STORIA
Definizione- Il termine mobbing è stato coniato agli inizi degli anni settanta
dall'etologo Konrad Lorenz per descrivere un particolare comportamento di alcune
specie animali. Il termine, proveniente dalla lingua inglese e dal verbo «to mob»
(attaccare, assalire), è mediato dall'etologia e si riferisce al comportamento di
alcune specie animali, solite circondare un membro del gruppo per allontanarlo. In
quanto derivato dallo studio sui comportamenti degli animali, il mobbing è
indubbiamente un fenomeno selettivo naturale. Chi non si integra nel sistema, chi
è semplicemente diverso dal contesto in cui è inserito viene avvertito come una
minaccia, perché «altro» rispetto a sé stessi; di qui la necessità di espellerlo o
metterlo nelle condizioni di auto-espellersi. Dal punto di vista sociologico,
nell'ottica dell'impresa, il mobbing viene considerato come un impatto su un
modello organizzativo gerarchizzato, conseguenza del pressing esercitato su un
dipendente per isolarlo ed escluderlo; dal punto di vista medico, nell'ottica del
lavoratore, viene considerato una lesione all'equilibrio psico-fisico, conseguenza
del sopracitato «pressing».
Il primo a parlare di mobbing quale condizione di persecuzione psicologica
nell'ambiente lavorativo, è stato, alla fine degli anni ottanta, lo psicologo svedese
Heinz Leymann, che lo definiva come una comunicazione ostile e non etica,
diretta in maniera sistematica da parte di uno o più individui generalmente contro
un singolo che è progressivamente spinto in una posizione in cui è privo
d’appoggio e di difesa e lì relegato per mezzo di ripetute e protratte attività
mobbizzanti. Leymann ha espressamente affermato: «In caso di conflitto, le azioni
che hanno la funzione di manipolare la persona in senso non amichevole, si
possono distinguere in tre gruppi di forme di comportamento. Un gruppo di azioni
verte sulla comunicazione con la persona attaccata. Un altro gruppo di
comportamenti punta sulla reputazione della persona, utilizzando strategie per
distruggerla. Infine le azioni del terzo gruppo tendono a manipolare la prestazione
della persona per punirla. Alcuni di questi comportamenti si possono trovare nella
comunicazione umana quotidiana o durante casuali litigi. Solo se queste azioni
vengono compiute di proposito, frequentemente e per molto tempo, si possono
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Il mobbing nel diritto del lavoro
chiamare mobbing»1.
Nel giro di pochi anni il lavoro di questo gruppo ha trovato consensi in tutta
Europa: dapprima in Germania2, quindi in Francia e, da qualche anno, anche in
Italia3.
L'associazione contro lo Stress psico-sociale e il Mobbing, fondata in Germania
nel 1993, lo definisce ufficialmente così: «...Una comunicazione conflittuale sul
posto di lavoro tra colleghi o tra superiori e dipendenti nella quale la persona
attaccata viene posta in una posizione debolezza e aggredita direttamente o
indirettamente da una o più persone in modo sistematico, frequentemente e per
un lungo periodo, con lo scopo e/o la conseguenza della sua estromissione dal
mondo del lavoro. Questo processo viene percepito dalla vittima come una
discriminazione».
In Italia si inizia a parlare di mobbing solo negli anni novanta grazie allo psicologo
del lavoro Harald Ege4, che delinea il fenomeno come «una forma di terrore
psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e
vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori» attuati in modo ripetitivo e
protratti nel tempo per un periodo di almeno sei mesi. In seguito a questi attacchi
la vittima progressivamente precipita verso una condizione di estremo disagio, che
cronicizzandosi, si ripercuote negativamente sul suo equilibrio psico-fisico5. Nel
1
Cfr. Heinz Leymann, The contest and development of mobbing at work, in Mobbing and
victimization at Work, in European Journal of Work and Organizational Psychology, vol. 5, n. 2;
cfr. anche F. Caracuta, Relazione al convegno nazionale organizzato dalla Uil C.A. nazionale e
dalla Uil C.A. di Lecce, con il patrocinio della Provincia di Lecce e dell'Università degli Studi di
Lecce, su: Mobbing- Un fenomeno da debellare, svoltosi in Galatina (Le) il 16 Giugno 2000, in
www.diritto.it/articoli/lavoro/mobbing4.html; cfr. E. Minale Costa, Percorsi giurisprudenziali nel
diritto del lavoro, Torino, 2004, pp. 286 ss.
2
La Germania risulta essere un paese molto evoluto in fatto di studio e prevenzione del mobbing.
Secondo i dati riportati da Ege, il mobbing è abituale argomento di discussione tra la gente e
attraverso i principali mezzi di comunicazione; è inoltre riconosciuto come malattia professionale
e le strutture sanitarie sono dotate di appositi strumenti per la diagnosi e la cura delle vittime di
mobbing.
3
In Italia le iniziative riguardanti il mobbing si stanno moltiplicando ogni giorno. La prima
divulgazione sul fenomeno si deve al dottor Harald Ege, che a partire dal 1996 ha pubblicato
una serie di libri sul mobbing, e precisamente: Mobbing.Che cos'è il terrore psicologico sul
posto di lavoro; Il Mobbing in Italia; Stress e mobbing; I numeri del mobbing. Interviste e
questionari a più di 300 vittime.
4
Harald Ege, Psicologo del lavoro, ricercatore tedesco residente in Italia da molti anni dove
opera, in particolare a Bologna, si è affermato come uno dei più accreditati e conosciuti
specialisti nella materia, venendo a collaborare infine anche come Ctu nella controversia
conclusasi con la sentenza del Tribunale di Forlì, 15 Marzo 2001- Est. Sorgi- , sentenza che per
opinione unanime costituisce il contributo più avanzato alla definizione del fenomeno da parte
della giurisprudenza.
5
Cfr. G. P. Cioccia, Mobbing e danno alla salute: tutela, diagnosi e valutazione medica legale.
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Il mobbing nel diritto del lavoro
1.1. IL FENOMENO
Nello stesso testo, Ege fornisce un altro preziosissimo contributo nell'individuare
addirittura le categorie in cui suddividere gli attacchi mobbizzanti, le cinque
Riflessioni sulla difficile «arte del vivere» nell'ambiente lavorativo – tratto da Bollettino
dell'Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.
6
H. Ege, Mobbing. Che cos'è il terrore psicologico sul posto di lavoro, Pitagora Editrice, Bologna.
7
H. Ege, La valutazione peritale del danno da mobbing, 2002, Giuffrè, Milano, pag. 39.
8
Cfr. H. Ege, Mobbing, conoscerlo per vincerlo, Franco Angeli Editore, 2001, pag. 51.
4
Il mobbing nel diritto del lavoro
seguenti:
2. Relazioni sociali · non gli si parla più · non gli si rivolge più la parola · viene
trasferito in un ufficio lontano dai colleghi · si proibisce ai
colleghi di parlare con lui · ci si comporta come se lui non
esistesse
3. Immagine sociale · si sparla alle sue spalle · si spargono voci infondate su di
lui · lo si ridicolizza · lo si sospetta di essere malato di
mente · si cerca di convincerlo a sottoporsi a visita
psichiatrica · si prende in giro un suo handicap fisico · si
imita il suo modo di parlare o di camminare per prenderlo
in giro · si attaccano le sue idee politiche o religiose · si
prende in giro la sua vita privata · si prende in giro la sua
nazionalità · lo si costringe a fare lavori umilianti · si
giudica il suo lavoro in maniera sbagliata e offensiva · si
mettono in dubbio le sue decisioni · gli si dicono parolacce
o altre espressioni umilianti · gli si fanno offerte sessuali,
verbali e non
4. Situazione · non gli si danno dei compiti da svolgere · gli si toglie ogni
professionale e tipo di attività lavorativa, in modo che non possa più
privata nemmeno inventarsi un lavoro · gli si danno lavori senza
senso · gli si danno lavori molto al di sotto della sua
qualificazione professionale · gli si danno sempre nuovi
compiti lavorativi · gli si danno lavori umilianti · gli si
danno compiti molto al di sopra delle sue capacità o
qualificazioni per screditarlo
5. Salute · lo si costringe a fare lavori che nuocciono alla sua salute ·
lo si minaccia di violenza fisica · gli si fa violenza leggera
per dargli una lezione · gli si fa violenza fisica più pesante ·
gli si causano danni per svantaggiarlo · gli si creano danni
fisici nella sua casa o sul posto di lavoro · gli si mettono le
mani addosso a scopo sessuale
Nella sua ultima opera9 Ege delinea i sette criteri fondamentali per l'individuazione
del mobbing:
9
Cfr. H. Ege, La valutazione peritale del danno da mobbing, op. cit.,pp.7 ss.
5
Il mobbing nel diritto del lavoro
L'autore inoltre fornisce parametri atti a chiarire quello che non è e non deve
essere considerato mobbing: il mobbing non è, come già di è detto, una singola
azione, consistente in un unico demansionamento, un trasferimento gravoso, un
ordine di servizio umiliante, l'assegnazione ad una postazione scomoda, ma è una
strategia, un attacco continuo, ripetuto, duraturo; non è una malattia, ancor meno
una patologia psichiatrica, ma è invece una situazione; non è un problema
dell'ambiente familiare; non è una molestia sessuale, anche se questa può essere
10
La durata del conflitto deve pro-trarsi per almeno sei mesi, sì può considerare
anche un limite di soli tre mesi nel caso in cui la frequenza degli attacchi sia
quotidiana e le azioni siano dotate di particolare forza conflittuale e carica
persecutoria: in questo caso viene denominato Quick Mobbing.
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Il mobbing nel diritto del lavoro
una degli strumenti finalizzati a tale scopo; non individua un tipo particolare di
vittima, ma può essere indirizzato contro chiunque, secondo dinamiche che si
sviluppano maggiormente in ambiente impiegatizio e nel settore pubblico.
Scopo del mobbing è, come già detto, quello d'indurre la vittima ad abbandonare il
posto di lavoro, attraverso il licenziamento o costringendola a consegnare le
dimissioni.
Il fenomeno ha assunto proporzioni a tal punto rilevanti, da coinvolgere in ogni
paese europeo percentuali molto alte di lavoratori. Non esistono casistiche
precise, ma il numero di casi di mobbing sembra essere in continuo aumento.
In Europa tale fenomeno sta assumendo dimensioni sociali di notevole rilievo. In
Italia circa il 6% della popolazione attiva (approssimativamente un milione e
mezzo di lavoratori) ne sarebbe vittima con conseguenti effetti negativi che
ricadono sull'individuo colpito, sul suo nucleo familiare, sulle aziende per le quali il
deterioramento delle dinamiche lavorative di gruppo comporta inevitabilmente un
aumento dei costi aziendali e sulla collettività con il conseguente incremento dei
costi sanitari e previdenziali.
I dati nella tabella seguente sono tratti da “ H. Ege, Mobbing. Che cos'è il terrore
psicologico sul posto di lavoro, Pitagora Editrice, Bologna. “.
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-alto turn-over (non sono solo i mobbizzati che vengono licenziati o danno le
dimissioni che se ne vanno via, ma anche una discreta percentuale di
lavoratori che hanno assistito al caso di mobbing e che per paura non sono
intervenuti a difesa della vittima. Questi spettatori hanno paura di diventare a
loro volta capri espiatori, cercano nuove opportunità di lavoro e una volta
trovato un nuovo posto danno le dimissioni).
-spese legali per cause civili e/o penali(a seconda della gravità del mobbing)
11
A. Casilli, Stop mobbing. Resistere alla violenza psicologica sul luogo di lavoro, Derive Approdi,
Roma, 2000.
9
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12
Così, L. Pardini, La medicina del lavoro e il fenomeno del Mobbing, pag. 28.
13
Così, A. Gilioli, R. Gilioli, Cattivi capi, cattivi colleghi, Mondadori, Milano, 2000, p. 33.
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Deve inoltre farsi presente che in caso di mobbing, la situazione può essere resa
ancora più grave dalla presenza dei cosiddetti “side mobber”, detti anche
“spettatori silenziosi”, ovvero dipendenti non responsabili delle condotte
persecutorie, ma a conoscenza dei fatti14.
14
Cfr. C. Lensi, op. cit.; cfr. G. P. Cioccia, op. cit.; cfr. R. Gilioli, M. Adinolfi, A. Bagaglio, D.
Boccaletti, M. G. Cassitto, B. Della Pietra, C. Fanelli, E. Fattorini, D. Gilioli, A. Grieco, A.
Guizzaro, A. Labella, O. Mattei, M. Menegozzo, S. uenzaMenegozzo, R. Molinini, D. Musto, A.
Paoletti, F. Papalia, R. Quagliuolo, F. Vinci, Un nuovo rischio all'attenzione della medicina del
lavoro: le molestie morali ( Mobbing ), Consensus Document, in La Medicina del Lavoro, vol. 92,
n. 1, Gennaio-Febbraio 2001, Casa Editrice Mattioli, Fidenza.
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H. Ege, La valutazione peritale del Danno da Mobbing, Giuffré Milano 2002.
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FASE I
Sulla base del risultato del test "LIPT Ege" e del colloquio
specialistico sulla vicenda lavorativa, il perito verifica la presenza
contestuale dei sette parametri tassativi e quindi è in grado di
stabilire se la vicenda in esame è o meno riconducibile al mobbing.
FASE II
FASE III
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La non facile valutazione medico legale dei casi di mobbing è basata innanzitutto
sull'accertamento della realtà del danno, con la constatazione obiettiva della
lesione e la conferma delle circostanze e delle cause responsabili del fatto lesivo
(studio analitico dell'ambiente lavorativo, del tipo di vessazione e di terrorismo
psicologico subita ecc.).
Fondamentale è la dimostrazione del rapporto di causalità esistente tra le cause o
concause che devono essere cronologicamente, qualitativamente,
quantitativamente idonee a produrre l'effetto dannoso che sarà analizzato nella
sua natura, entità e conseguenze che ha provocato.
Per i danni da mobbing non è possibile applicare il principio della causalità
esclusiva ma si dovranno valutare tutte le concause e le condizioni che prendono
parte al verificarsi dell'evento con conseguente riconoscimento ed esclusione di
eventuali occasioni prive di valenza causale.
È di cruciale importanza, per una corretta metodologia valutativa medico legale,
considerare che il danno biologico provocato dal mobbing riconosce sicuramente
una genesi multi fattoriale, per cui non sarà possibile prescindere da quella che è
la specifica ed individuale costituzione del soggetto e dalla sua personale
suscettibilità e capacità di reazione ad un determinato evento dannoso e/o a
diversi stimoli relazionali ed ambientali. È assolutamente necessario
individualizzare il caso, senza ricorrere a inquadramenti standardizzati, per
accertare la natura specifica della patologia riconducibile al mobbing.
Per la complessità delle problematiche correlate, l'approccio al fenomeno mobbing
deve essere multidisciplinare e deve coinvolgere diversi profili professionali:
il medico del lavoro che dovrà valutare scrupolosamente tutti i "rischi
lavorativi" analizzando tutte quelle nozioni di tipo tecnico ed organizzativo
in grado di alterare la condizione di benessere psico-fisico del lavoratore e,
in sinergia con il datore di lavoro, identificare e bloccare eventuali anomalie
nei vari processi lavorativi;
lo specialista psichiatra al quale è affidato il compito di enunciare una
diagnosi clinica differenziale tra un disturbo dell'adattamento (condizione
transitoria che solitamente si sviluppa entro tre mesi dall'esordio dei fattori
stressanti e si risolve entro sei mesi dalla cessazione degli stessi) e un più
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Per quanto riguarda invece il profilo penalistico, non pochi operatori del diritto
sostengono a ragione che il mobbing, potendo causare anche malattie
professionali, potrebbe costituire reato configurandosi come diritto di lesione
personale colposa previsto dall'art. 590 del codice penale (pena della reclusione
per colui che procura delle lesioni ad una persona per colpa. La pena è maggiore
se il fatto si crea anche a causa della violazione delle norme di prevenzione sugli
infortuni sul lavoro. Il procedimento è d’ufficio e non a seguito di denuncia della
parte offesa, nei soli casi di violazione delle norme di prevenzione sugli infortuni
sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia
professionale).
L'applicazione delle regole generali del diritto penale al mobbing comporta, in ogni
caso, l'esigenza di valutare in concreto se la compromissione dell'integrità psico-
fisica del lavoratore sia riconducibile ad una condotta del datore di lavoro colposa
o dolosa.
17
Vedi: www.infoius.it/sentenze/cass_2001 Sezione Tributaria n. 9116
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La legge n. 300/70 (Statuto dei lavoratori), è uno degli strumenti più importanti
che la legislazione mette a disposizione per la tutela del lavoratore.
Tra le varie norme dello Statuto un particolare rilievo assumono l'art. 7 con
l'obbligo di specifica procedura disciplinare contro gli abusi del datore di lavoro,
l'art. 13 a tutela delle mansioni del lavoratore dai comportamenti di
dequalificazione professionale e l'art. 15 per la tutela della nullità degli atti che
abbiano finalità discriminatorie ai danni del lavoratore.
Il Decreto legislativo 626/94 che ha affermato il diritto alla salute inteso come
assenza di malattia, ma anche come assenza di disagio e segnato il passaggio
all'idea della tutela della sua integrità psico-fisica. Da qui, deriva l'ammissione del
risarcimento del danno biologico che andrebbe totalmente addebitato in maniera
personale e diretta agli autori delle violenze psicologiche e dovrebbe avvenire ogni
volta che ricorrano le condizioni previste dall'art. 2043 c.c. indipendentemente
dalle obbligazioni che gravano sul datore di lavoro (vedi artt. 2049 e 2087 c.c.).
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nei vari progetti di legge siano applicabili anche in concorso con le leggi vigenti (e
con altre in itinere come quelle in materia di molestie sessuali) e ne consentano un
migliore utilizzo, contribuendo a rafforzare il sistema di tutele nel suo insieme.
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Senato:
1. Disegno di legge d’iniziativa del sen. Tapparo ed altri (Dem. Sin.) n. 4265,
intitolato «Tutela della persona che lavora da violenze morali e persecuzioni
psicologiche nell'ambito dell'attività lavorativa», comunicato alla Presidenza il 13
Ottobre 1999. Il disegno offre innanzitutto una definizione del fenomeno (art. 2). A
livello preventivo (art. 3), suggerisce «iniziative di informazione periodica verso i
lavoratori» a cura delle rappresentanze sindacali aziendali (r.s.a.) e dei datori di
lavoro, soggetti che, nel caso in cui ricevano denunce di mobbing, «hanno
l'obbligo di attivare procedure tempestive di accertamento dei fatti denunciati e
misure per il loro superamento». Viene previsto altresì l'obbligo per il datore di
lavoro di consegnare al momento dell'assunzione «una dichiarazione del Ministero
del Lavoro relativa alla tutela delle violenze morali e persecuzione psicologica nel
lavoro», con obbligo di affissione della stessa nelle bacheche aziendali e diritto per
i lavoratori ad ulteriori due ore annue di assemblea per trattare il problema. Per
quanto riguarda la repressione del fenomeno, invece, ferma restando la
«responsabilità disciplinare, secondo quanto previsto dalla contrattazione
collettiva» di chi pone in essere azioni di mobbing o dolosamente denuncia azioni
poi rivelatesi inesistenti (art. 5), viene confermata l'applicabilità dell'art. 2113 c.c. ai
provvedimenti maturati in ambito di mobbing (art. 4), nonché l'esperibilità delle
procedure arbitrali e di conciliazione, oltre che della competenza del Tribunale del
Lavoro in caso di ricorso in giudizio (art. 6). A livello sanzionatorio, il disegno
prevede due novità interessanti: la condanna del responsabile al risarcimento del
danno, liquidato dal giudice in forma equitativa (art. 6), e la possibilità di richiedere
che il provvedimento, di condanna o di assoluzione, sia comunicato «mediante
lettera ai dipendenti interessati, per reparto e attività, dove si è manifestato il caso
di violenza morale e persecuzione psicologica oggetto dell'intervento giudiziario»
(art. 7). In chiusura (art. 8) il disegno di legge, oltre a sanzionare con la nullità
«tutti gli atti o fatti» che derivano dal mobbing, stabilisce una presunzione di
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2. Disegno di legge d’iniziativa del sen. Tomassini (FI), n. 4512, ripresentato dallo
stesso nella XIV legislatura con il n. 122 del 6 giugno 2001, (“Disposizioni a tutela
dei lavoratori dalla violenza o dalla persecuzione psicologica”).
3. Disegno di legge d’iniziativa del sen. Magnalbò (AN) n. 4802, ripresentato dallo
stesso nella XIV legislatura con il n. 422 del 9 luglio 2001, (“Norme per contrastare
il fenomeno del mobbing”).
4. Disegno di legge n. 266 del 21 giugno 2001 d’iniziativa del sen. Ripamonti
(Verdi) – identico al n. 924/2001.
5. Disegno di legge n. 870 del 21 novembre 2001 d’iniziativa del sen. Costa (FI),
(“Norme per contrastare il fenomeno del mobbing”).
6. Disegno di legge n. 986 del 20 dicembre 2001 d’iniziativa del sen. Tofani ed altri
(AN), (“Disposizioni a tutela dei lavoratori dalla violenza o dalla persecuzione
psicologica”).
7. Disegno di legge n. 1242 del 14 marzo 2002 d’iniziativa del sen. Montagnino
(Mar. – DL – U), (“Tutela della persona che lavora da violenze morali e
persecuzioni psicologiche nell'ambito dell'attività lavorativa”).
8. Disegno di legge n. 1280 del 21 marzo 2001 d’iniziativa del sen. Sodano
Tommaso (Misto –RC), (“Norme per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori da
molestie morali e psicologiche nel mondo del lavoro”).
9. Disegno di legge n. 1290 del 27 marzo 2002 d’iniziativa del sen. Eufemi
(UDC:CCD – CDU-DE), ("Norme generali contro la violenza psicologica nei luoghi
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di lavoro").
10. Progetto di legge n. 4313 ("Disposizioni a tutela dei lavoratori dalla violenza
psicologica"), presentato al Senato della Repubblica dall'on. Athos De Luca. Il
progetto si caratterizza per la particolare attenzione dedicata all'accertamento
clinico delle patologie da mobbing (art. 6), e per l'esplicita previsione e peculiare
repressione del fenomeno del bossing (art. 4, strategia societaria illecita); per il
resto ricalca sostanzialmente l'impostazione dei precedenti progetti legislativi.
Camera :
11. Proposta di legge n. 581 del 6 giugno 2001 dell’on. Loddo Tonino (Mar. –DL –
U), (“Disposizioni a tutela dei lavoratori dalla violenza e dalla persecuzione
psicologica”).
12. Proposta di legge n. 1128 del 28 giugno 2001 dell’on. Benvenuto (DS – U),
(“Disposizioni a tutela dei lavoratori dalla violenza e dalla persecuzione
psicologica”).
13. Proposta di legge n. 2040 del 28 novembre 2001 dell’on. Fiori (AN),
(“Disposizioni a tutela dei lavoratori dalla violenza e dalla persecuzione
psicologica”).
14. Proposta di legge n. 2143 del 21 dicembre 2001 dell’on. Tarantino (FI),
(“Disposizioni per la tutela dei lavoratori da molestie morali e violenze
psicologiche”).
15. Proposta di legge n. 2346 del 14 febbraio 2002 dell’on. Zanella (Misto, Verdi –
U), (“Disposizioni per la tutela dalla persecuzione psicologica nei luoghi di lavoro”).
16. Progetto di legge n. 6410 del 16 Febbraio 2000, (“Disposizioni a tutela dei
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17. Proposta di legge n. 1813 presentata il 9 Luglio 1996 alla Camera dei
Deputati dagli onorevoli Cicu ed altri, intitolata «Norme per la repressione del
terrorismo psicologico nei luoghi di lavoro».
Tale proposta, che si prefigge lo scopo di «prevedere il reato di mobbing e
perseguire penalmente tale comportamento, equiparandolo ad un reato verso la
persona e verso la società», risulta oggi assegnata alla Commissione Giustizia
della Camera.
19. Progetto di legge camera n. 601, “Norme a tutela della libertà e della dignità
della persona dalle molestie sessuali nei luoghi di lavoro”.
20. Progetto di legge Camera n. 5090, “Norme a tutela della persona che lavora
contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro”.
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Basterà guardare i Paesi Scandinavi, che sono stati i pionieri del pieno
riconoscimento normativo del mobbing grazie al fondamentale contributo fornito
dagli studi del Prof. Heinz Leymann negli anni '80. In particolare, la Svezia, che è
stata il primo Paese Europeo ha dotarsi di una legge nazionale sul mobbing
attraverso l’Ente Nazionale per la Salute e la Sicurezza Svedese, che - già nel
lontano 1993 - emanò una specifica Ordinanza (AFS 1993/17), entrata in vigore
dieci anni fa (il 31 marzo 1994), recante misure contro qualsivoglia forma di
"persecuzione psicologica" negli ambienti di lavoro. Essa attribuisce particolare
importanza agli aspetti psicologici, sociali ed organizzativi dell'ambiente di lavoro
e addossa al datore di lavoro la responsabilità riguardo all'organizzazione e la
programmazione dell'attività di lavoro. Si tratta di un vero codice
comportamentale delle relazioni sociali all'interno dei luoghi di lavoro. Esiste
inoltre una legge del 1992, che obbliga il datore ad effettuare controlli periodici
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O ancora, si veda la Norvegia, che ha preferito optare per una tutela a livello
legislativo del mobbing attraverso l’introduzione di una specifica previsione nella
legge sulla tutela dell'ambiente di lavoro del 1977 ad opera del § 12 della legge
24 giugno 1994, n. 41, che così recita: "..I lavoratori non devono essere esposti
a molestie o ad altri comportamenti sconvenienti…..".
Anche nei Paesi Francofoni, notevoli sono stati i passi in avanti compiuti.
In Francia, nel 2000 è stata varata la legge "lutte contre le harcélement moral au
travail" specifica sul mobbing, in cui si legge: "Nessun lavoratore deve subire atti
ripetuti di molestia morale che hanno per oggetto o per effetto un degrado delle
condizioni di lavoro suscettibili di ledere i diritti e la dignità del lavoratore, di
alterare la sua salute fisica o mentale o di compromettere il suo avvenire
professionale. Nessun lavoratore può essere sanzionato, licenziato o essere
oggetto di misure discriminatorie, dirette o indirette, in particolare modo in
materia di remunerazione, di formazione, di riclassificazione, di qualificazione o
classificazione, di promozione professionale, di mutamento o rinnovazione del
contratto, per aver subito, o rifiutato di subire, i comportamenti definiti nel comma
precedente o per aver testimoniato su tali comportamenti o averli riferiti.". Con
questa legge, entrata in vigore il 17 gennaio 2002, la Francia è, dopo la Svezia, il
secondo Paese comunitario ad essersi dotato di uno strumento legislativo per la
lotta contro il mobbing o meglio, in gergo nazionale, l’harcèlement moral. Le due
peculiarità di maggior interesse riguardano l’introduzione dell’istituto
dell’inversione dell’onere della prova (per cui è il soggetto accusato di aver posto
in essere azioni dirette o indirette di violenza morale in ambito lavorativo a dover
dimostrare l’estraneità da qualsiasi forma di responsabilità) e l’introduzione di
un’apposita figura di reato, con l’inserimento nel codice penale francese di una
nuova sezione intitolata, per l’appunto, all’harcèlement moral e di un articolo, il
222-33-2, che sanziona espressamente "il fatto di molestare gli altri attraverso
comportamenti ripetuti aventi per oggetto o per effetto una degradazione delle
condizioni di lavoro suscettibili di ledere i suoi diritti e la sua dignità, di alterare la
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Si veda poi il Belgio, dove esiste dall'11 Giugno 2002 la legge per
regolamentare il fenomeno. La legge si qualifica per la previsione dell'obbligo per
il datore di lavoro di designare, in accordo con i rappresentanti dei lavoratori, un
“Consigliere per la prevenzione” (interno od esterno a seconda delle dimensioni
dell'impresa) con specifiche competenze psico-sociali in particolare riferite
all'ambiente lavorativo. Le imprese al di sopra di 20 dipendenti, qualunque sia il
settore di attività, dovranno disporre del servizio interno di prevenzione, mentre
quelle con meno di 20 dipendenti che ne sono prive, saranno affiliate ad un
servizio esterno di prevenzione inter-aziendale che raggruppa specialisti di ben
cinque discipline (medicina del lavoro, sicurezza, igiene industriale, ergonomia e
psicologia).
In Germania, pur non essendoci ancora alcuna legge specifica, alla Volkswagen
nel 1996 è stato firmato un accordo tra azienda e sindacato con l’obiettivo di
prevenire molestie sessuali, mobbing ed ogni forma di discriminazione al fine di
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In Gran Bretagna è in discussione una proposta di legge che, pur non tenendo
conto della dimensione collettiva o dell'organizzazione del lavoro come fattori alla
base del mobbing, dispone l'adozione da parte del datore di lavoro di una politica
mirata a prevenire il fenomeno da sottoporre alla consultazione dei
rappresentanti sindacali e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
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2.3. CONCLUSIONE
Comunque, nel nostro Paese, in considerazione della carenza esistente in materia
e della crescente domanda di tutela proveniente dai lavoratori, la questione
mobbing è stata finora affrontata soprattutto a livello giurisprudenziale e dottrinale
con l’utilizzo degli strumenti legislativi vigenti.
Il rischio principale è di ripetere gli errori del passato, con definizioni (come è stato
per quella che sanciva il reato di plagio, poi abrogata perché dichiarata
incostituzionale) che implichino una “probatio diabolica” (cioè una prova
impossibile da fornire) a tutti gli effetti o che siano troppo vaghe per ricondurvi le
peculiarità di ogni caso specifico.
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3. LA GIURISPRUDENZA ITALIANA
La giurisprudenza (e cioè le decisioni dei giudici di legittimità e di merito), ha
sostanzialmente “tappato il buco” venutosi a creare a livello legislativo nazionale,
attraverso una serie di sentenze e di provvedimenti che hanno progressivamente
nel tempo rafforzato la tutela dei lavoratori da danni per mobbing.
Più precisamente, si è osservata una crescente presa di posizione da parte dei
giudici del lavoro nei riguardi del già esposto fenomeno, tanto da poter
riscontrare un percorso evolutivo che, partendo dalle prime timide sentenze di
riconoscimento della problematica di specie con una serie di limiti e di vincoli ed
un ambito di applicabilità assai ristretto, attualmente concede al mobbing spazi di
applicazione di tutela assai vasti ed eterogenei tra loro, con un onere probatorio a
carico del dipendente assai ridotto rispetto anche al passato più prossimo.
Per somme linee si può affermare che originariamente per danno da mobbing era
strettamente inteso quello relativo alla lesione dell’integrità psico – fisica del
lavoratore, da cui scaturiva una malattia; si trattava, in sintesi, di un danno non
patrimoniale di natura extracontrattuale.
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Vedi: http://www.legge-e-giustizia.it/2004
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Risarcibilità ai sensi dell'art. 2087 c.c. e dell'art. 32 Cost. - Il mobbing come fatto
notorio - Danno psichico temporaneo.
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Responsabilità ai sensi dell'art. 2087 c.c. e art. 32 Cost. - Il mobbing come fatto
notorio - Danno psichico temporaneo.
Il Tribunale di Torino, con tale decisione riafferma i principi già enunciati nella
precedente sentenza del 16.11.1999, per quanto attiene a) la qualificazione del
mobbing come fatto notorio; b) l'accertamento del danno e del relativo nesso
causale, sulla base dei certificati clinici e delle univoche testimonianze, ritenendo
superfluo l'ausilio della consulenza d'ufficio; c) l'accertamento della responsabilità
del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. in combinato disposto con l'art. 32 Cost.; d)
l'accertamento della mancanza di postumi di natura permanente. Il caso de quo
è una tipica ipotesi di mobbing orizzontale; il mobber, infatti, è il datore di lavoro e
non un preposto. Lo schema giuridico che il Tribunale applica è arricchito dall'art.
2103 c.c, stante il danno da dequalificazione subito dalla dipendente rimasta
vittima di pratiche di mobbing.
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E' bene, per non fraintendere il valore e la portata applicativa di tale precedente,
chiarire che la Corte di Cassazione e i giudici di merito, nel pervenire all'indicato
giudizio, sono stati influenzati non soltanto dal mancato assolvimento, ad opera
della ricorrente, del suo onere probatorio, ma anche dal comportamento della
stessa la quale, prima del licenziamento, aveva affidato le sue accuse all'azienda
ad un comunicato stampa, che successivamente risultò firmato dal marito.
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Con questa sentenza la Suprema Corte riconosce il diritto del lavoratore, che sia
vittima di comportamenti "persecutori", al risarcimento del "danno biologico" ma
ribadisce che il riconoscimento di tale diritto è condizionato alla dimostrazione
Il caso oggetto di giudizio è quello di un lavoratore impegnato nell'attività
sindacale, che lamenta di aver subito un comportamento persecutorio da parte
del datore di lavoro, il quale gli aveva spesso inflitto sanzioni risultate poi
illegittime. Questi soprusi determinano nel lavoratore l'insorgenza di disturbi
nervosi con somatizzazioni (nausea, vomito, dolori epigastrici), i quali inducono la
vittima ad avanzare richiesta di risarcimento del danno biologico.
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SCHEDA
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• www.mobbing.comunitaeuropea.com
• www.ugl.it/ugl/mobbing/Page.asp
• www.buoniesempi.it/scheda.asp
• www.101professionisti.it/guide/mobbing/home.aspx
• www.girodivite.it
• www.provincia.le.it/sis/doc/propleggemobbing.doc
• www.aziendalex.kataweb.it/article
• www.riflessioni.it/testi/mobbing.htm
• www.ausl.pe.it/mobbing/mobbing.htm
• www.uil.it
• www.unicam.it/ssdici/mobbing/mobb5III_00.html
• www.studiolegale-online.net/assistenza_legale.php
5. CONCLUSIONE
Le uniche strategie imprescindibili sono quelle atte a prevenire il fenomeno ed
aggredire le sue manifestazioni.
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Bibliografia
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”Stress e Mobbing”
Ege H., Lancioni M., 1998, Pitagora Editrice, Bologna
“Stop Mobbing”
Casilli A. A., 2000, Derive Approdi, Roma
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