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Introduzione
1. Diversity management
1.1 Che cos il d.m.
1.2 Le strategie del d.m.
1.3 Le strategie del d.m. in Italia
2. Donne e stranieri: la formula del managing diversity
2.1 Donne e lavoro in Italia tra famiglia e prospettive di carriera
2.2 I lavoratori stranieri in Italia: necessari ma non integrati
2.3 Problemi di integrazione occupazionale: lapproccio teorico di Hofstede e
Bollinger.
3. Ikea in Italia: il progetto plurality
3.1 La realt Ikea in Italia
3.2 Le politiche organizzative di Ikea: il progetto plurality
3.3 Essere donna in Ikea
3.4. Essere stranieri in Ikea
Conclusioni
Bibliografia
INTRODUZIONE
1. DIVERSITY MANAGEMENT
1.1 Che cos il diversity management?
Il diversity management un approccio specifico attuato nel mondo delle
imprese private, ma pi in generale nel mondo del lavoro, attraverso il quale
possibile mettere in campo delle strategie che mirano a promuovere le pari
opportunit per alcune categorie considerate pi deboli nel mercato del
lavoro.
Principalmente, il diversity management nato per favorire laccesso al
lavoro di due categorie principali, le donne e i portatori di handicap, ma con il
tempo tale approccio si allargato ad altre categorie poich anche le societ si
sono trasformate e sono cambiati i bisogni allinterno del contesto
occupazionale.
Infatti,
la
terza
grande
categoria
che
viene
investita
sociale, quale caratteristica demografica, che posseduta da meno del 50% del
gruppo 2 .
Data questa definizione teorica, si pu comprendere come il termine
minoranza possa essere allargato a differenti gruppi umani che non rispondono
al requisito di avere una percentuale che vada oltre la met del totale. In tal
senso ci si pu domandare perch anche le donne rientrino come categoria di
minoranza visto che, sul piano demografico, esse rappresentano pi della
met della popolazione mondiale 3 . La risposta sta per nel fatto che, almeno in
paesi come lItalia (che prendiamo in esame in questo lavoro), la situazione
lavorativa delle donne appare fortemente penalizzata, soprattutto per quanto
riguarda le posizioni occupazionali dirigenti, ossia elevate 4 .
La stessa cosa pu essere detta riguardo ai lavoratori stranieri, i quali seppur
differenziati in numerosi contesti di appartenenza culturale e nazionale,
formano un gruppo o una categoria che di fatto appare come minoritaria
soprattutto sul piano dei diritti e delle opportunit professionali.
Dunque, le minoranze, cos come sono intese nelle strategie di diversity
management sono tutti quei gruppi con una connotazione sociale (e non solo
demografica, cio che sono un gruppo di minore consistenza) specifica che li
rende a rischio di discriminazione nei luoghi di lavoro.
molto importante, infine, sottolineare che di per s il diversity
management semplicemente una strategia di gestione della diversit, in
senso neutrale, cio non necessariamente mirata, ad esempio, a creare una
situazione positiva di integrazione fra i gruppi: ad esempio, una strategia di
apartheid lavorativo pu essere definita paradossalmente come un approccio al
problema della convivenza fra gruppi diversi (fra lavoratori locali e stranieri
come fra lavoratori uomini e lavoratrici donne) e, dunque, pu essere indicato
come una strategie di diversity management (ovviamente in senso negativo).
Tuttavia, vi da dire per che il concetto di diversity management nato
Ivi, pp. 18-19. Lautore qui si riferisce alla definizione di minoranza data da Moscovici: S.
Moscovici, C.Fauchux, Social influence, conformity bias and the study of active minorities, in L.
Berkowitz (a cura di), Advances in experimental psychology, New York, Academic Press, 1972, pp.
149-202.
3
Cfr. ONU, Dipartimento di Economia e Affari Sociali, Demografia, World Population 1950-2050,
2002, consultabile su internet al sito dellONU.
4
Cfr. G. Fornengo, M. Guadagnino, Un soffitto di cristallo? Le donne nelle posizioni decisionali in
Europa, Ivrea, Ed. Olivetti, 1999, p. 182 e segg,
Cfr. P. Dass, B. Parker, Strategies for Managing Human Diversity: from Resistance to Learning,
in Academy of Management Executive, 13, 1999, pp. 68-80; T. Cox, Creating the Multicultural
Organization: A Strategy for Capturing the Power of Diversity, San Francisco, Jossey-Bass Publ.,
2001.
top
Ivi, p. 21.
ad
altri
contesti
che
provoca
una
alta
differenziazione
di
Ivi, p. 23. La bibliografia riguardante il diversity management in Italia ancora scarsa. Contributi
su tale tema, oltre che nel gi citato L. Mauri, L. M.Visconti (a cura di), Diversity management e
societ multiculturale: teorie e prassi, cit., si possono trovare in: A. Grecchi (a cura di), Diversity
management: valorizzare le differenze: nuovi modelli di pari opportunita Milano, F. Angeli, 2002;
M. Boldizzoni, Manzolini, La diversit nella gestione delle risorse umane, in AA.VV., Creare
valore con le risorse umane, Guerini, Milano, 2000; G. Bonazzi, Storia del pensiero organizzativo,
Franco Angeli, Milano, 2001; M. Chiesi, E. Lorini, A. Petetti, C. Storti, La maternit come sfida di
Diversity management in Sviluppo & Organizzazione, N.194 Novembre/ Dicembre 2002; M.
Crozier, Limpresa in ascolto, Il Sole 24ore, Milano, 1990; E., Reyneri Sociologia del mercato del
lavoro, Il Mulino Bologna, 2002. Vi sono poi una serie di articoli specifici sullapplicazione del
diversity management per lintegrazione del lavoro femminile che citeremo nei prossimi capitoli.
A questo
fenomeno si cerca di dare una spiega zione che, in un ampio dibattito, tocca di
volta in volta gli aspetti economici, quelli culturali o di genere, quelli sociali.
Si sottolineato che la segregazione occupazionale delle donne nasce
anzitutto dal fatto che il mercato orienta lofferta di lavoro femminile verso
occupazioni meno retribuite perch pi vincolate alle esigenze di vita
femminili. Il lavoro femminile costa di pi perch potenzialmente discontinuo
(interrotto dallattivit riproduttiva), ci spinge il datore di lavoro a tamponare
la perdita in fatto di produttivit con una pi bassa retribuzione. Questo vero
solo nel mercato privato, visto che nel pubblico impiego, anche se tra le donne
si presentano tassi di assenteismo pi elevati, laccesso regolato da con corsi e
la retribuzione uguale per tutti.
Si pu indicare nel fattore di genere o cul turale il persistere della
segregazione occupazionale. La subalternit occupazionale si lega strettamen te
a quella sociale, la donna opera nel mondo del la voro in funzione integrativa
delluomo. Conseguentemente, nella famiglia, il lavoro femminile indicato
come
meno
determinante
per
landamento
economico
del
nucleo
e,
Persino laddove le donne hanno dato inizio alla scalata delle professioni
deccellenza, anche in situazioni in cui, a prima vista, potrebbe sembrare che
le regole del mercato siano neutrali (come nellimprenditoria), si tratta, in realt,
di territori del lavoro dove si ripropongono vecchi schemi segregazionistici,
dove le donne sono obbligate a determinate scelte di settori e a limitare
l'espansione della propria attivit.
Infine, si pu sottolineare come la segregazione occupazionale femminile
non possa essere analizzata fuori dalla complessit del tessuto sociale e che
essa legata anche allesistenza di classi sociali diverse. Resta comunque il
fatto che loccupazione femminile conserva alcune caratteristiche peculiari, sia
per quanto concerne la collocazione nelle attivit produttive sia per il peso
generale che il lavoro delle donne ha nella societ 9 .
Reddito medio mensile netto dei laureati del 2001 che svolgono nel 2004 un lavoro
continuativo a tempo pieno iniziato dopo la laurea per posizione nella professione, sesso,
gruppo di corsi di laurea e ripartizione geografica (valori in euro) (Fonte Istat, 2004).
Posizione professionale
Autonomi Co.co.co.
Dipendenti
Sesso
Maschi Femmine
Totale
GRUPPO DI CORSI
Chimico-scient.
Chimico-farmac.
Geobiologico
Medico
Ingegneria
Archiettura
Agrario
Economico-statis.
Politico-sociale
Giuridico
Letterario
Linguistico
Insegnamento
Psicologico
Educaz. Fisica
1447
1689
1222
2060
1542
1260
1271
1531
1313
1216
1064
1666
1254
1561
1036
1233
1212
1075
1525
1279
1102
1053
1228
1107
1020
1033
1099
1060
1238
1093
1247
1335
1263
1547
1394
1216
1160
1259
1205
1190
1066
1100
1033
1044
1175
1305
1464
1302
1996
1426
1341
1256
1345
1324
1276
1133
1236
1133
1216
1270
1177
1262
1143
1643
1319
1116
1056
1201
1110
1057
1053
1109
1041
1199
1065
1251
1346
1209
1853
1409
1232
1182
1277
1195
1172
1071
1122
1049
1203
1156
RIPARTIZIONE
GEOGRAFICA
Nord
Centro
Mezzogiorno
Totale
1466
1362
1048
1390
1155
1136
1196
1130
1255
1235
1594
1252
1372
1369
1292
1362
1173
1117
1074
1140
1271
1236
1194
1257
Esiste unampia bibliografia su questo tema, rimando quindi ad uno dei lavori pi recenti
sullargomento: R. Fontana, Il lavoro di genere. La donna tra vecchia e nuova economia, Roma,
Carocci, 2002, p. 83 e segg.
11
Cfr. Caritas Italiana, Immigrazione. Dossier Statistico 2005, Roma, Idos, 2005, p. 88
Cfr. il testo: C. Giustiniani, Fratellastri dItalia, Bari, Laterza, 2003.
12
D. Bollinger, G. Hofstede, Inter nazionalita: le differenze culturali nel management ,
Milano, Guerini, 1989. Anche se non citata se non i forma anonima, la multinazionale in
11
12
13
15
16
17
18
Ivi,
Ivi,
Ivi,
Ivi,
p. 71.
pp. 87-99.
p. 90.
p. 117.
14
manager
deve
porre
la
sua
attenzione
poich
una
alta
19
Ivi, p. 119.
15
di
articoli
per
larredamento
della
casa
degli
uffici
un
rappresentando
una
novit
in
molti
paesi:
unidea
20
F. De Biase, Diversity management: case history Ikea, in A. Grecchi (a cura di), Diversity
management: valorizzare le differenze: nuovi modelli di pari opportunit, cit., p. 41.
21
Notizie rilevate dal sito internet di Ikea.
22
A. Mapelli, S.Scarpaleggia, Il progetto Plurality di Ikea, in L. Mauri, L. M.Visconti (a cura di),
Diversity management e societ multiculturale: teorie e prassi, cit., p. 161. Si veda anche: C.A.
Bartlett, S. Ghoshal, Transnational Management
23
Ivi, p.161.
16
In Italia Ikea si affaccia nella prima met degli anni Novanta, con lapertura
di alcuni punti vendita nelle principali citt come Milano, Torino e Roma
arrivando negli anni ad essere presente in molta parte della penisola 24 .
Laccoglienza riservata ad Ikea in Italia stata inizialmente di grande curiosit
poich in effetti il prodotto si presentava innovativo e soprattutto vantaggioso a
livello di costo. Si consideri che in Italia sussiste una tradizione nella
fabbricazione di mobili per arredamento i quali per hanno prezzi molto
elevati; sono, appunto, riservasti ad una minoranza della popolazione. La
stragrande maggioranza degli italiani acquistano mobili per la casa solitamente
nei grandi magazzini dove la produzione di tipo seriale, spesso scadente e
comunque per nulla originale. Dunque le linee proposte da Ikea hanno
rappresentato una novit sia sul piano del design (tipicamente nordico, in Italia
sconosciuto) sia specialmente su quello della convenienza economica.
24
Attualmente sono 12 i punti vendita aperti in Italia con circa 6000 dipendenti (Corsico, Carugate,
Grugliasco, Brescia, Casalecchio, Genova, Roma Anagnina, Sesto Fiorentino, Afragola, Bari,
Padova, Roma Bufalotta. di qualche mese scorso lapertura del secondo centro Ikea a Roma, al
momento il pi grande del mondo.
17
ATTENZIONE AL CLIENTE
Marketing esterno
Negozio
Incontro con il cliente
Assortimento a prezzi bassi
Sviluppo dei prodotti con i fornitori
Acquisiti e distribuzione
Sviluppo delle capacit produttive
Relazioni a lungo termine con il partner
Vantaggio Ikea
ATTENZIONE AL FORNITORE
18
Sullargomento, assai complesso, esiste in Italia una vasta bibliografia; si veda in particolare: M.
Revelli, Oltre il Novecento. La politica, le ideologie e le insidie del lavoro, Torino, Einaudi, 2001,
pp. 91-196.
19
28
29
20
21
nella
cultura
aziendale,
specialmente
privata
(infatti
R. Fontana, Il lavoro di genere. La donna tra vecchia e nuova economia, cit, p. 83 e segg.
Molto importante la legge 53/2000 denominata Disposizioni per il sostegno della maternit e
della paternit, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi della citt.
32
23
conto dei compiti che lo Stato detiene in materia di diritti fondamentali quali lo
sviluppo pieno della personalit, il diritto al lavoro, alla salute, al benessere
sociale. Per le donne, e pi in generale per le famiglie, significa poter disporre
di strumenti legislativi e organizzativi che sostengano la loro integrazione nella
vita socioeconomica 33 .
Tuttavia, le aziende hanno molte difficolt di tipo strutturale ed economico
nellapplicare le politiche di pari opportunit. Il caso di Ikea si mostra come un
alternativa alle politiche seguite dalle aziende fino ad oggi. La situazione in
Ikea per quanto riguarda alcuni aspetti problematici del lavoro femminile
stata risolta attraverso una specifica strategia ed alcuni progetti. Anzitutto la
stessa gestione aziendale stata definita come una gestione al femminile: in
quanto si declina nel credo di alcuni valori che devono essere condivisi e
interiorizzati da tutti i collaboratori e che sono caratteristici dellindole
femminile: forza di volont, senso del sociale e della collettivit, disponibilit a
collaborare, umilt nel riconoscersi capaci di sbagliare, capacit di relazionarsi
senza far leva sullautorit formale ma sul riconoscimento della competenza,
informalit e concretezza 34 .
Inoltre non vi alcuna discriminazione nella gestione delle risorse umane per
quanto attiene la questione della dirigenza femminile. Le politiche di selezione
vengono condotte attraverso interviste ad hoc per individuare i tratti personali e
di carattere di ciascuno candidato soprattutto in base ai valori della diversit
culturale, di genere. Nel caso delle donne si cerca di cogliere tutte le eventuali
resistenze nei confronti dellacquisizione di ruoli di comando e si cerca di
capire se queste resistenze abbiano unorigine culturale, allinterno della
famiglia in modo da capire se vi sia o meno nelle donne una tendenza ad evitare
i ruoli di comando oppure sia un semplice problema culturale, di abitudine a
non possedere tali ruoli.
Individuata la non sussistenza di un ostacolo biologico ai ruoli dirigenziali
si cercato di capire quali fossero i problemi che le donne incontravano
nellacquisizione di ruoli dirigenziali e li si individuati sul versante
individuale attraverso la presenza di tutti i vincoli di cui le donne sono
purtroppo portatrici, sia a livello di identit personale sia a livello di ciclo di
P. Donati, Sociologia delle politiche familiari, Roma, Carocci, 2003, p. 113 e segg. Si veda anche: P.
DiNicola(acuradi),Prendersicuradellefamiglie,Roma,Carocci,2002.
34
F. De Biase, Diversity management: case history Ikea, cit., p. 42.
33
24
portatrici di handicap
donne di 35-40 anni con difficolt a rientrare nel circuito del lavoro
dopo una o pi gravidanze.
35
Ivi, p. 43.
25
In tal senso
26
27
allintegrazione
culturale
dei
dipendenti
italiani
ed
Ivi, p. 168.
28
allinterno
dellorganizzazione
Ikea
evitando
situazioni
39
Ivi, p. 171.
29
CONCLUSIONI
In conclusione si pu affermare che in Italia Ikea rappresenta pi di altre
realt aziendali lapplicazione delle strategie di diversity management alla luce
della potenziale ricchezza che il pluralismo etnico, religioso, culturale e di
genere pu offrire per la crescita non solo aziendale ma culturale.
In effetti, nella stessa filosofia di Ikea trovano posto quei valori che sono
tipici della filosofia del diversity management, nella loro applicazione concreta
e nel rispetto della necessit di gradualit che la societ circostante richiede.
Sarebbe infatti controproducente proporre un immissione di lavoratori stranieri
massiccia senza prima aver creato un tessuto di accoglienza, sarebbe anche
irrealistico e senza senso proporre percorsi obbligati di carriera femminile
laddove quello che conta sempre la scelta consapevole individuale.
Colpisce positivamente che lurgenza di applicare strategie di diversity
management sia molto presente anche in Italia: rilevante infatti come in un
paese che presenta ancora forti distorsioni nel mercato del lavoro, con gravi
squilibri territoriali fra Nord e Sud, con non pochi problemi di convivenza fra
gruppi culturali diversi e con parecchi ostacoli per la professionalizzazione
30
delle donne, Ikea non rinunci affatto alla proposizione della propria filosofia e
dei propri valori. Filosofia e valori aziendali che si ritrovano nella risoluzione
dei problemi che le tre dimensioni di Hofstede e Bollinger hanno evidenziato.
Mi sembra si possano puntualizzare alcuni aspetti. Anzitutto il modello Ikea
presentato senza aggiustamenti sia nelle realt del Nord, del Centro e del
Mezzogiorno (Afragola vicino Napoli e Bari); piuttosto sta ai manager locali
cogliere le modalit graduali con le quali applicare il proprio modello. In certi
casi, infatti, si tratta di realt sociali che conservano problemi strutturali (alta
disoccupazione connesso ad un alto tasso di criminalit, atteggiamenti culturali
arretrati verso le donne) anche se vi da dire che ormai, almeno a livello
culturale generale e per quanto riguarda le grandi realt metropolitane si fa
sempre pi fatica a distinguere un area dallaltra.
In secondo luogo, molto importante considerare un altro elemento che si
desume dalla combinazione di filosofie di diversity management e di Ikea, ossia
la possibilit di intervenire sullo scontro sociale che caratterizza spesso le
relazioni nel mondo del lavoro in Italia in senso conflittuale. Senza pretendere
miracoli, Ikea pu proporsi come un modello alternativo al tradizionale schema
conflittuale fra maestranze e dirigenza dal momento che tale modello non
pretende di risolvere i problemi generali macroeconomici (costo del lavoro,
inflazione, previdenza),
piuttosto
tutti quei settori relativi alla qualit della vita dei lavoratori.
31
BIBLIOGRAFIA
Bartlett C.A., Ghoshal C.A., Transnational Management
Boldizzoni M, Manzolini A., La diversit nella gestione delle risorse umane, in
AA.VV., Creare valore con le risorse umane, Guerini, Milano, 2000.
Bollinger D., Hofstede G., Inter nazionalita: le differenze culturali nel
management, Milano, Guerini, 1989.
Bonazzi G., Storia del pensiero organizzativo, Franco Angeli, Milano, 2001.
Caritas Italiana, Immigrazione. Dossier Statistico 2005, Roma, Idos, 2005.
Chiesi M., Lorini E., Potetti A., Storti C., La maternit come sfida di Diversity
management in Sviluppo & Organizzazione, N.194 Novembre/ Dicembre 2002.
Cox T., Creating the Multicultural Organization: A Strategy for Capturing the
Power of Diversity, San Francisco, Jossey-Bass Publ., 2001.
Crozier M., Limpresa in ascolto, Il Sole 24ore, Milano, 1990.
Dass P., Parker B., Strategies for Managing Human Diversity: from Resistance to
Learning, in Academy of Management Executive, 13, 1999.
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