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Alain Badiou

Sarkozy:
di che cosa
il nome?
a cura di

Livio Boni

titolo originale

De quoi Sarkozy est-il le nom? Circostancesy4

2007 Nouvelles Editions Lignes


2008 Edizioni Cronopio
Calata Trinit Maggiore, 4 - 80134 Napoli
Tel./fax 0815518778
www.cronopio.it
e-mail: cronopio@blu.it
ISBN 978-88-89446-35-5

Indice

I. Prima delle elezioni

II. Dopo le elezioni

23

III. Otto punti, inizio

47

IV. Lottavo punto

59

V. In simili circostanze, il coraggio...

79

VI. Il petainismo come trascendentale della


Francia

87

VII. Lincorruttibile

97

Vili. Lipotesi comunista va abbandonata?

107

IX. La storia deiripotesi comunista e il suo


momento attuale

115

Postfazione

133

I
Prima delle elezioni
Eccoci dunque in piena campagna elettorale per la
scelta del Presidente1. Come si fa a non parlarne? Sa
rebbe difficile. Il fatto che la filosofia resista ai conte
nuti deHopinione non significa che possa ignorarne le
sistenza, soprattutto quando, come in queste ultime
settimane, lopinione sembra letteralmente in preda alla
frenesia.
Sul voto mi sono gi espresso in Circostances l 2, in
occasione delle elezioni presidenziali del 2002. Sottoli
neavo la scarsa fiducia che conviene accordare a questa
procedura cos irrazionale e analizzavo a caldo le conse
guenze disastrose del feticismo parlamentare che viene
spacciato per democrazia. Il ruolo degli affetti collet
1 II presente capitolo una versione ampliata di una lezione
tenuta nel mio seminario allEcole Normale Suprieure, che ha
luogo nel quadro delle attivit del Centre International dEtude
de la Philosophie Franaise Contemporaine (CIEPFC). Pi
precisamente, della lezione del 4 aprile 2007.
2 Cfr. Alain Badiou, Circonstances 1, Kosovo, 11 septembre,
Chirac/Le Pen, Lignes-Lo Scheer, Paris 2003 (N.d.T).
7

tivi - sostenevo - non pu essere sottovalutato in simili


circostanze integralmente organizzate dallo Stato e riba
dite dallinsieme dei suoi apparati, che Louis Althusser
definiva appunto apparati ideologici dello Stato: i par
titi, certo, ma anche le grandi corporazioni, i sindacati e
i mezzi di comunicazione di ogni sorta. Questi ultimi innanzitutto la televisione ma, pi subdolamente, anche
la stampa - sono forze dirragionevolezza e dignoranza
davvero spettacolari. La loro funzione , infatti, quella
di propagare gli affetti dominanti. Ebbero un ruolo rile
vante nel 2002 durante la psicosi Le Pen e, quando il
vecchio petainista - cavallo storpio tirato fuori da scu
derie in rovina - riusc a passare il primo turno, scesero
in piazza masse di giovani studenti sgomenti e di intel
lettuali responsabili, tutti tra le braccia di uno Chirac
che, non proprio nel fiore del suo vigore politico, mai si
sarebbe aspettato tanta grazia. Cinque anni pi tardi,
con la grande cavalcata del candidato Sarkozy e la scel
ta da parte del partito socialista di una borghese confu
sa, il cui pensiero, ammesso che esista, resta alquanto se
greto, assistiamo al bilancio di tanta follia.
Questa volta laffetto collettivo che spinge in avanti
una sorta di contabile pieno di tic, sindaco della cittadi
na in cui si concentra tutta la ricchezza ereditaria, e per
giunta visibilmente incolto, potrebbe essere chiamato,
come allepoca della Rivoluzione francese, la grande
paura.
Le elezioni alle quali ci convoca lo Stato sono infat
ti dominate dalla sovrapposizione contraddittoria di
due tipi di paura.

C innanzitutto una paura essenziale, quella che ca


ratterizza la situazione soggettiva di chi occupa una po
sizione di potere o di privilegio e sente che questi privi
legi sono relativi e minacciati e che il proprio potere
forse solo provvisorio, anzi gi traballante. In Francia,
potenza di media entit, il cui avvenire non appare glo
rioso, a meno che non si riesca a inventare una politica
capace di sottrarre il paese alla propria insignificanza fa
cendone un punto di riferimento demancipazione pla
netaria, laffetto negativo particolarmente violento e
miserabile. Si traduce infatti nella paura degli stranieri,
degli operai, del popolo, dei giovani delle banlieues, dei
musulmani, dei neri che vengono dallAfrica... Questa
paura conservatrice e crepuscolare ingenera il desiderio
davere un capo che vi protegga, fossanche opprimen
dovi e pauperizzandovi ulteriormente. I tratti di questo
capo oggi li conosciamo: Sarko, un poliziotto esagitato
che fa di tutta lerba un fascio e delle trovate mediatiche, dellamicizia dellalta finanza e degli intrighi di
corridoio il segreto della politica. Con questo Napoleo
ne piccolo piccolo, dinanzi ai pericoli interni il cui uni
co fondamento reale la paura, lo Stato finisce per as
sumere la forma univoca che gi Genet gli conferiva
nella pice II Balcone, quella di un prefetto di polizia il
cui agognato costume un enorme fallo di gomma.
Non c quindi nessun paradosso nel fatto che Sarkozy,
minuscolo personaggio in perenne comunicazione con
i sondaggi pi infimi, si sia elevato al sommo pensiero
secondo il quale la pedofilia una tara genetica e lui un
eterosessuale di nascita. Quale simbolo migliore delle
9

paure inconsce rimuginate dal carrozzone della politica-spettacolo che la pedofilia, della quale, negli ultimi
anni culminati con il processo di Outreau, si capito
che nella nostra societ propriamente pornografica essa
simbolizza i desideri sommersi di cui non si pu parla
re? E quale capo pi idoneo a farla finita con una pedo
filia tanto maledetta quanto astratta, e al tempo stesso
con ogni stranezza e ogni straniero, di un eterosessuale
in cemento armato? La politica scandalistica non il
mio forte, ma riporrei a questo proposito qualche spe
ranza nella strana consorte del candidato, questa Ccilia che potrebbe forse gettare una luce inattesa sulle pre
tese doti genetiche del marito.
Quel che si oppone dal punto di vista elettorale a
una siffatta paura primitiva non per, come invece do
vrebbe essere, unaffermazione chiara, eterogenea per
principio a ogni variazione sul tema polizia. Si tratta
invece di unaltra paura: la paura suscitata dal primo ti
po di paura, nella misura in cui questultima convoca un
tipo di capo, il poliziotto esagitato, che il piccolo-borghese socialista non ama e non riconosce. E una paura
seconda, una paura derivata, il cui contenuto, a dire il
vero, al di l dellaffetto che suscita, resta indecifrabile.
Fondamentalmente n gli uni n gli altri, n gli UMP di
base n i militanti socialisti, hanno la bench minima
teoria positiva nei confronti degli effetti devastanti del
capitalismo sfrenato. Nessuno afferma lesistenza di un
solo mondo, contro la divisione, tanto interna quanto
esterna, propagata dal capitalismo mondializzato. In
particolare il partito socialista non propone nessun ge
10

nere di alleanza con i perseguitati, con gli abitanti


dellaltro mondo. Si propone soltanto di riscuotere i
dubbi benefci della paura della paura.
A dire il vero il mondo non esiste per nessuno dei
due schieramenti elettorali. Su questioni come la Pale
stina, lIran, lAfghanistan (dove sono impegnate trup
pe francesi), in Libano (dove succede la stessa cosa) o
lAfrica, dove pullulano le nostre gesticolazioni milita
ri, regna un consenso totale, n del resto nessuno si pro
pone di aprire un dibattito pubblico su simili questioni
di guerra o di pace. N vi stata la bench minima cri
tica credibile delle leggi scellerate votate, giorno dopo
giorno, contro gli operai sans papiers, i giovani dei
quartieri poveri o i malati che non possono pagare le
cure. Dal momento che c paura contro paura, com
prensibile che le sole domande emozionanti siano del
tipo: si deve avere pi paura del netturbino tamil o del
poliziotto che lo insegue? Oppure: linnalzamento del
la temperatura del pianeta pi o meno pericoloso del
lo sbarco di cuochi del Mali?
Cos funziona il circo elettorale.
Lindice soggettivo di questa negativit affettiva on
nipresente riconoscibile nella scissione del soggetto
elettorale. Tutto lascia infatti presagire un voto massivo,
tanto che persino gli amici tentano dintimidire chi, co
me me, mantiene la ferma volont di disertare questa
convocazione truccata dello Stato. Il voto diventa cos
una questione di super io. Eppure i sondaggi attestano
una forte indecisione fino allultimo minuto. Vale a di
re che il voto, che si annuncia massivo ed vissuto co
11

me obbligatorio, non implica, al di l degli affetti, alcu


na convinzione. E in effetti comprensibile che la scel
ta tra la paura e la paura della paura sia cosa delicata.
Supponiamo che la politica sia quel che credo che in
effetti sia e che si pu ricapitolare nella definizione se
guente: Lazione collettiva organizzata, conforme a un
certo numero di principi e capace di sviluppare nel rea
le le conseguenze di una possibilit inedita rimossa dal
lo stato dominante delle cose. Se ne concluder allora
che il voto al quale ci invitano una pratica essenzial
mente apolitica. Perch sottomesso al senza-principio
dellaffetto. Da qui la scissione tra un imperativo for
male e il fluttuare indecidibile di ogni convinzione af
fermativa possibile. Votare bene, perch d forma alle
mie paure, ma che quello per cui voto possa essere un
bene, sembra difficile a concepirsi. Quel che finisce per
perdersi nel voto, non altro che il reale stesso.
La paura seconda, che diremo dopposizione, an
cora pi distante dal reale di quanto non lo sia la paura
primitiva che potremmo chiamare di reazione. Que
sto perch si reagisce sempre - anche in maniera terro
rizzata, delatrice o criminale - a una situazione effetti
va. Mentre lopposizione teme soltanto lampiezza del
la reazione, distanziandosi dunque ancora un po di pi
da tutto ci che esiste effettivamente.
Queste elezioni rappresentano la cristallizzazione
confusa del fatto che la negativit di sinistra o doppo
sizione ha il notevole inconveniente dessere una condi
visione confusa del reale a cui pretende opporsi. Il rea
le su cui questa sinistra si fonda, sempre a rispettosa di
12

stanza, altro non che quello che costituisce la paura


primitiva, paura i cui tanto temuti effetti sono lunico
contenuto dellopposizione.
Poich troppo lontana dal reale o poich lo condi
vide col presunto avversario, la paura seconda, cio la
paura socialista, pu fissarsi solo sul vago, sullincerto,
sullondeggiare di prose che non hanno nessun anco
raggio nel mondo. Questa Sgolne Royal. Una di
sposizione fantasiosa in cui si articolano la mancanza di
ogni reale e la paura seconda come vuota esaltazione. Il
niente come polo soggettivo delle paure organizzate dal
rito elettorale.
Proporrei il teorema seguente: qualsiasi concatena
zione di paure conduce a quel nulla, di cui il voto lo
perazione. Ma se - come sostengo - questa operazione
non politica, di che natura ? Ebbene, il voto uno
perazione dello Stato. Solo se si suppone che la politica
e lo Stato siano la stessa cosa, si pu immaginare che il
voto sia una procedura politica3.
Dicevo della scissione elettorale: il voto massivo e
vissuto come un imperativo, mentre le convinzioni po
litiche o ideologiche restano assai vaghe, se non inesi
3
Da ormai tre decenni Sylvain Lazarus trae le conseguenze
del suo assioma fondamentale: Non si pu pensare la politica
di emancipazione (che per ragioni tecniche viene chiamata po
litica in interiorit) se non a partire da una chiara separazione
tra politica e Stato. Il che, dal punto di vista politico, significa
organizzarsi, pensare e agire a distanza dallo Stato. A questo
proposito bisogna evidentemente leggere il suo libro pi impor
tante, Anthropologie du nom, Seuil, Paris 1996.
13

stenti. Una scissione siffatta interessante e positiva


nella misura in cui significa, inconsciamente, una di
stanza tra politica e Stato. Nel caso di cui ci occupiamo,
in mancanza di ogni autentica politica, si assiste allin
corporazione nello Stato della paura come sostrato del
la sua indipendenza. La paura finisce per convalidare lo
Stato. Loperazione elettorale incorpora nello Stato la
paura e la paura della paura, in modo tale che un ele
mento soggettivo di massa finisce per convalidare lo
Stato. Diciamo che, dopo queste elezioni, leletto, mol
to probabilmente Sarkozy, sar legittimato al vertice
dello Stato dal fatto stesso daver fatto tesoro della pau
ra. Avr quindi le mani libere poich, una volta che lo
Stato stato investito dalla paura, allora libero di fare
paura.
La dialettica estrema quella tra paura e terrore.
Virtualmente, uno Stato legittimato dalla paura abili
tato a diventare terrorista.
Esiste dunque un terrorismo contemporaneo, un
terrore democratico. Diciamo che sta montando. Si
tratta per il momento di trovare le forme democratiche
dun terrore di Stato allaltezza della tecnica: radar, fo
to, controllo di internet, sorveglianza sistematica di
ogni genere di telefono, cartografia degli spostamenti...
Ci troviamo in un orizzonte statuale di terrore virtuale,
il cui meccanismo capitale la sorveglianza e, sempre di
pi, la delazione.
Questo significa, come sostengono i nostri amici
deleuziani, che la societ di controllo ha preso il posto
della societ di sovranit ? Non credo. Il controllo si
14

trasformer infatti in terrorismo di Stato puro e sempli


ce, alla prima svolta decisiva imposta dalle circostanze.
Gi si usa spedire i sospetti a farsi torturare a casa di
amici che hanno meno riguardi. Tra poco lo si far in
casa propria. La paura non ha mai alcun altro avvenire
che il terrore, nel senso pi generico del termine.
Permettetemi una parentesi. Il filosofo, almeno
quando fa veramente il suo mestiere, lo sa meglio degli
altri: il mondo umano, individui e societ, sempre
molto meno inedito di quanto immaginino i suoi abi
tanti. E anche la tecnica, di cui si vorrebbe fare il senso
ultimo e la novit, luminosa o catastrofica, del nostro
divenire, resta quasi sempre schiava di procedure anti
quate. Da questo punto di vista il moderno convin
to, che vede il progresso ovunque il capitalismo dis
ponga le proprie macchine, e lecologista mezzo reli
gioso, che si aggrappa contro gli artifici della produ
zione al fantasma della buona natura, condividono la
stessa ingenuit.
Torniamo alle nostre paure. Perch mai questa ten
sione paurosa che sembra annunciare una serie di giri di
vite asfissiante? Perch la verit della situazione la
guerra. Bush - che conviene prendere alla lettera invece
di beffarsi della sua idiozia - ha annunciato una guer
ra molto lunga contro il terrorismo, e questo il no
stro orizzonte. E in effetti gli occidentali si trovano
sempre pi impegnati su vari fronti. Il mantenimento
stesso dellordine esistente implica la guerra, poich
questordine patologico. Le immani disparit e la dua
lit dei mondi (ricco e povero) sono mantenute con la
15

forza. La guerra lorizzonte mondiale della democra


zia. Si cerca di far credere che la guerra sia altrove e che
la si faccia per proteggere la gente. Ma la guerra non ha
localizzazione fissa, non si lascia facilmente contenere
nello spazio. LOccidente vuole impedire lapparizione,
ovunque essa sia, di quel che gli fa realmente paura: un
polo di potenza eterogeneo al suo dominio, uno Stato
canaglia, come dice Bush, che abbia i mezzi per misu
rarsi con le attuali democrazie trionfanti, senza con
dividerne affatto la visione del mondo, e che non sia
disposto a sedersi intorno a un tavolo per condividere
le delizie del mercato mondiale o del novero elettorale.
LOccidente non la spunter, non potr far altro che ri
tardarne lavvento per mezzo di guerre esterne e terro
rismi interni sempre pi selvaggi. Perch le canaglie,
ahim, sono anche allinterno! Quelle che un certo mi
nistro socialista chiamava gli incivili e che Sarkozy
definisce la feccia. Lalleanza futura tra gli Stati cana
glia esterni e la canaglia interna, ecco che cosa fa vera
mente paura! Ecco il profilo possibile della Grande
Paura.
Il punto chiave sta nellesistenza di una dialettica tra
la paura e la guerra. Si fa la guerra allesterno per pro
teggersi dalla guerra aHinterno - dicono i nostri gover
nanti. Andiamo a cercare i terroristi in Afghanistan o in
Cecenia perch altrimenti i terroristi verranno in mas
sa da noi per organizzare la feccia e gli incivili. C o
s facendo si istituisce, nella gente dei paesi privilegiati,
la paura interna ed esterna della guerra, in quanto la
guerra al tempo stesso presente (in lontananza) e as

sente (da noi), in un rapporto problematico tra locale e


mondiale.
Bisogna tenere ben presente che la questione in
Francia ha una storia particolare. Il nome tipico di que
sta alleanza singolare tra la guerra e la pace per noi
petainismo. Lidea portante del petainismo, che ha
dettato il suo successo, momentaneo ma vasto, tra il
1940 e il 1944 era che, dopo la drle de guerre del 39,
Ptain avrebbe protetto i francesi dagli effetti pi deva
stanti della guerra mondiale. Ptain avrebbe permesso
di tenersi un po in disparte. La paura generata dal 1418 ha creato nel 40 la paura necessaria al petainismo.
Ptain colui che ha detto: Bisogna aver paura pi del
la guerra che della sconfitta. Bisogna vivere o sopravvi
vere invece che fare i fanfaroni. I francesi hanno accet
tato in massa la relativa tranquillit offerta da una scon
fitta consentita. E non bisogna nascondersi che il petai
nismo sia riuscito in parte nel suo intento: i francesi
hanno infatti attraversato la guerra piuttosto tranquil
lamente, almeno se li si paragona ai russi o anche agli
inglesi. Torner su questo punto. Per il momento mi li
miter a sostenere che il petainismo analogico odier
no consiste nellaffermare che i francesi non debbano
far altro che accettare le leggi del mondo, il modello
yankee, il servilismo verso i potenti, il dominio dei ric
chi, il duro lavoro dei poveri, la sorveglianza generaliz
zata, il sospetto sistematico nei confronti di tutti gli
stranieri che vivono qui, il disprezzo nei confronti di
tutti i popoli che non vivono come noi, e tutto andr
per il meglio. Il programma Sarkozy: lavoro, famiglia,
17

patria. Lavoro: se volete guadagnare qualche soldo fate


straordinari a non finire. Famiglia: abolizione dei dirit
ti di successione e perpetuazione delle fortune eredita
rie. Patria: pur non contraddistinguendosi oggi se non
per le proprie ottuse paure, la Francia un paese for
midabile e si deve essere fieri desser francesi. In ogni
caso il francese (Sarkozy?) di gran lunga superiore al
lafricano (chi sarebbe?).
Il guaio che queste massime non sono tanto di
stanti dalle prediche sentimentali di Sgolne Royal.
Al di l dunque delle vicende elettorali limperativo
fare di tutto perch il petainismo analogico non di
venti la logica generale della situazione. Con Sarkozy,
ma anche con la sua rivale, esiste la possibilit di un
neopetainismo di massa. D un petainismo, e non di un
fascismo, che invece una forza affermativa. Il petaini
smo presenta le abominazioni soggettive del fascismo
(paura, delazione, disprezzo degli altri), senza averne lo
slancio vitale. Per scongiurare un tale pericolo dobbia
mo realizzare, nella misura del possibile, lalleanza dei
senza paura.
A proposito della guerra Mao diceva Noi non amia
mo la guerra. Ma non ne abbiamo paura. Oggi il co
raggio indubbiamente la pi grande delle virt. Il co
raggio di sottrarsi tanto alla paura primitiva quanto al
la paura della paura. Mao diceva anche Abbandonate
le vostre illusioni e preparatevi alla lotta. Qual oggi
lillusione principale? Quella coltivata dalla sinistra in
generale, e da Sgolne Royal in particolare: che si pos
sa fare affidamento sulla paura (della paura) per evitare

gli effetti reattivi della paura e il poliziotto esagitato co


me padrone del gioco. Ma no! Cos avremo e la paura e
10 sbirro esagitato!
Abbandonare le proprie illusioni significa sempre
riorientarsi. Significa affermare che un orientamento
del pensiero e dellesistenza possano affermarsi al di l
degli affetti. Il voto in generale, e in particolare quello
che ci viene proposto oggi, una macchina di Stato che
presenta il disorientamento stesso come una scelta. un
altro modo dinterpretare la scissione di cui parlavo pri
ma: anche chi non sa a quale santo o a quale Ptain vo
tarsi resta tuttavia convinto della grande importanza del
voto. Voter dunque un po a casaccio per luno o lal
tro dei due indiscernibili candidati. , infatti, totalmen
te disorientato, come mostra il fatto che cambier opi
nione al voto seguente, cos, tanto per provare. Ma lo
Stato e tutta la stampa allunanimit, commentando il
voto, presenteranno la cosa come una scelta, come la
solenne determinazione di un orientamento, in maniera
da aver poi le mani libere. Il governo, che a questo pun
to avrebbe anche potuto essere tirato a sorte, dichiara di
poter agire, in quanto eletto da una scelta dei cittadini.
11 voto produce quindi unillusione particolare, facendo
passare il disorientamento attraverso il finto filtro di
una scelta. I francesi hanno deciso che..., si legge sul
la stampa. Ma non hanno deciso un bel niente, e dal
tronde un collettivo del genere i francesi non esiste.
Perch diamine il 51% dei francesi dovrebbero essere i
francesi ? Non forse una costante della Storia, come
ad esempio al momento cruciale delloccupazione tede
19

sca, che i francesi siano piuttosto una piccola mino


ranza di resistenti e anzi, almeno nei primi due anni,
quattro gatti? Il resto sono quasi tutti petainisti, cio,
nelle condizioni di allora, nientaffatto francesi, ma
servitori impauriti della Germania nazista. Questo ap
punto un tratto caratteristico della Francia: quando
realmente in gioco la questione della sua stessa esisten
za, quel che la costituisce, a partire da uno sfondo assai
denso di reazione e paura, una minoranza tanto attiva
e ammirevole quanto numericamente esigua. Il nostro
paese non esistito, n esister, quale che sia la sua for
ma futura, se non in virt di coloro che non hanno ce
duto alle umiliazioni universalmente pretese dalla logi
ca della conservazione dei privilegi, o dalla semplice
conformit realista alle leggi del mondo. Sono loro
che hanno fatto una scelta, e non certo votando.
Abbandonare le illusioni significa negare catego
ricamente che il voto sia la procedura di unautentica
scelta. Significa riconoscerlo come un disorientamento
organizzato, che d mani libere allapparato di Stato.
Tutto il problema sta allora nel poter abbandonare que
stillusione in maniera affermativa, cio: trovare altrove
il principio di un orientamento del pensiero e dellesi
stenza. Per riuscirci, per poter riconoscere lillusione
come illusione e abbandonarla - il che significa, tra lal
tro, non aspettarsi nulla dal voto - dovremo insomma,
per ricapitolare quanto detto finora, riuscire ad artico
lare cinque termini:
1.
Il reale di un mondo: la situazione e come la si no
mina. Oggigiorno direi che il reale del mondo contem
20

poraneo la guerra, esterna (interventi militari) e inter


na (guerra al popolo, povero e/o di origine straniera,
sotto copertura della lotta al terrorismo).
2. La massima che vale come orientamento generale
nella situazione. Il principio che, concernendo come
ogni vero principio unesistenza, separa il dominio e
apre il campo dei possibili, si enuncia semplicemente:
c un solo mondo. Lo dimostreremo pi avanti.
3. La struttura dellillusione e il suo avvenire. Lillu
sione consiste nel non vedere che lo Stato a costruire
lapparenza fallace di una scelta politica a partire dal
duttile materiale fornito dal pubblico disorientamento.
Il voto non che loperazione di una tale apparenza che
oggi configura solo affetti dellordine della paura. Il vo
to insomma la figura fittizia duna scelta operata a
partire da un disorientamento fondamentale.
4. Lorientamento. Ha luogo a distanza dallo Stato,
e in particolare al di fuori dal voto. Ha il compito di
concepire qualcosa dinedito nel reale. Consiste nellincorporarsi in un qualche processo di verit, in partico
lare in direzione dellorganizzazione politica diretta di
tutti coloro che qui sono tenuti al di fuori del (finto)
mondo unico, relegati nellaltro mondo. Al cuore
stesso di questo proletariato esiliato dal mondo: gli
operai di provenienza straniera. E al cuore di questo
cuore: gli operai sans papiers.
5. Il divenire-soggetto il risultato dellincorpora
zione, intesa come orientamento. Lindividuo umano,
lanimale addestrato a riconoscere, dinanzi alla merce,
solo i propri interessi immediati, diventa allora una
21

componente tra le altre di un corpo di verit, e in que


sto processo si oltrepassa in quanto soggetto. Visto che
siamo in un orizzonte di guerra e che la nostra illusio
ne locale specifica il petainismo (restare al riparo dai
sismi mondiali, qualunque sia il prezzo da pagare: ebrei
abbandonati al massacro, africani abbandonati alla po
lizia, bambini cacciati dalle scuole...), allora, dire c un
solo mondo significa uscire allo scoperto per dare
uneffettivit alla massima.
Come riconoscere chi abbia sormontato la sua pre
sunta libera individualit, cio lo stereotipo in cui
dissolto (che cosa c di pi monotono, di pi uniforme,
infatti, dei liberi individui della societ di consumo,
dei piccoli borghesi civili che ripetono come pappa
galli ben nutriti le loro risibili ossessioni?), grazie alla
solidit locale di una verit transindividuale? Il suo divenire-soggetto comprovato, ad esempio, dalla con
vinzione che costruire una riunione, capace di conclu
dere su un punto stabilendo una durata al riparo dalle
scadenze dello Stato, con quattro operai africani dun
collettivo, uno studente, un manovale cinese del tessile,
un postino, due madri di famiglia duna borgata e qual
che sbandato di periferia, sia infinitamente, dun infini
to esso stesso incommensurabile, pi importante che
gettare il nome di un indiscernibile politico nellurna
dello Stato.

22

II
Dopo le elezioni
Non siamo forse riuniti stasera, come tutti gli altri,
per discutere della consacrazione del nostro nuovo Pre
sidente4? Se allora considero i pochi che sono ancor ca
paci di un minimo di autentica riflessione, di convinzio
ne o di una qualche traccia di sapere storico, mi sembra
dindovinare in loro, dopo la vittoria senza sbavature di
Sarkozy, una soggettivit leggermente depressiva. Vi fa
r credito, per il solo fatto che siete qui, di appartenere
a questa categoria, alla categoria di coloro che non si
sentono appagati, ma sconsolati dal disorientamento or
ganizzato dal capitale e dai suoi servitori. E sento che,
malgrado la mia insistente propaganda per conservare
una stoica indifferenza dinanzi alla grandinata elettora
le, accusate il colpo. Un colpo che vi aspettavate, certo,
ma pur sempre un colpo di una certa violenza.
Vorrei cominciare dallanalisi di questo sentimento
che vi affligge e che consiste nel fatto che purtroppo
4
Questa parte riprende il materiale del mio seminario (cfr.
nota 1), seduta del 16 maggio 2007.
23

accaduto qualcosa e che questo qualcosa non vi sta af


fatto bene.
Detto tra noi, non perch viene eletto un presi
dente che succede qualcosa, almeno non per noi che ab
biamo una certa esperienza. Ho sufficientemente insi
stito sulla natura del voto perch vi sia chiaro che, se
qualcosa accaduto, non lo si potr certo comprendere
sul piano della pura successione elettorale. Tutto ci mi
conduce a una prima meditazione su che cosa significhi
sentire daver ricevuto un colpo, tanto da ritrovarsi un
po ciechi, leggermente incerti, e in fondo un po de
pressi. S, amici miei, mi sembra di percepire in questa
sala un odore di depressione. Dar per scontato, per,
che non sia Sarkozy in quanto tale a deprimervi! Quel
che vi deprime ci di cui Sarkozy il nome. Ecco il
punto: la venuta di ci di cui Sarkozy il nome, voi la
sentite come un colpo ricevuto da parte di quella cosa,
della cosa probabilmente immonda di cui il piccolo Sar
kozy al servizio.
Si ripete spesso che i colpi peggiori siano quelli che
non ci aspettiamo, gli incidenti, i suicidi misteriosi...
Eppure c qualcosa di particolarmente penoso anche
nel ricevere un colpo che ci si aspetta. Come quando ci
diciamo: ecco, se faccio questo, lui, per come lo cono
sco, far questaltro. Ed spesso assai desolante consta
tare che effettivamente lo fa. Avremmo preferito che
avesse deluso la nostra previsione e che, per una volta,
fosse stato imprevedibile. E invece no. Questo voto,
che non fa altro che dare un nome alla venuta alla ribal
ta della cosa immonda, ha in tutto e per tutto la strut
24

tura di un colpo che ci aspettavamo. Contrariamente a


quanto accade di solito, ha vinto chi era in testa nei son
daggi fin dallinizio ufficiale della corsa. Come in una
corsa di cavalli in cui il favorito parte in testa, fa tutta la
corsa in testa e vince. Non divertente, deprimente.
Chi ha un minimo di gusto per la scommessa, la rottu
ra, il rischio, leccezione, preferirebbe che fosse il broc
co di turno a spuntarla. Ma questa volta il brocco, o
piuttosto la brocca, ha perso come meritava. Eppure
noi, che pur sapevamo quanto fosse brocca e quanto va
ghe e persino sospette fossero le sue convinzioni, siamo
tutti un po depressi. Chiedetevi allora di che natura sia
il colpo, per altro prevedibilissimo, che accusate.
Lultima volta, prima ancora del responso numerico,
vi avevo proposto unanalisi del contesto elettorale so
stenendo che la situazione era quella di un conflitto tra
due paure, una paura primitiva e una paura derivata. La
paura primitiva era quella di una parte di popolazione
che teme che avvenga qualcosa che la precipiti nel de
clino. Questa paura primitiva si focalizzata sui soliti
capri espiatori: gli stranieri, i poveri, i paesi lontani ai
quali non si vorrebbe assomigliare. Da tempo era stata
raccolta dal vecchio discorso di Le Pen e del Front national, in uno stile povero, quello dei revanscisti del petainismo. Poi subentrata una paura seconda, la paura
della prima paura, la paura degli effetti della paura pri
mitiva. Il conflitto tra le due paure si risolto con la vit
toria della paura primitiva, cosa che in fondo ha una sua
logica. Se proprio bisogna aver paura, tanto vale aver
paura di qualcosaltro che della paura stessa. La prima
25

paura ha vinto, e questo un primo fattore del colpo


subito. Siamo allinterno di una logica della pulsione,
per usare una metafora. Nel successo elettorale di Sarkozy c un elemento numerico pulsionale. Lo si vede
va benissimo sui volti di tutti coloro che si rallegravano
in massa del suo successo: pensavano che il piccolo esa
gitato di Neuilly avrebbe eretto una muraglia cinese
contro i sediziosi e che si sarebbe finalmente potuto, se
non smettere daver paura, cosa impossibile per tutti i
reazionari, almeno confidare nel fatto che lo Stato si sa
rebbe occupato delle nostre paure con una felice vigi
lanza. Sulla faccia di questi sarkozysti un po ebbri si
leggeva una specie di eccesso pulsionale legato a quella
paura primitiva che si ritiene che il nuovo piccolo pre
sidente condivida - cosa che ce lo rende pi vicino - e
di cui, per, lui sa anche come limitare le cause molte
plici e perverse.
Io, se avessi paura, non penserei di certo a un perso
naggio del genere per scongiurarla, e questo per una ra
gione molto semplice: sono convinto del fatto che Sarkozy, che non pu andare da nessuna parte senza por
tarsi dietro una scorta personale spessa come un muro,
non sia granch pericoloso. Come tutti quelli che cre
dono di uscirne sempre grazie alla corruzione degli av
versari e al clamore delle dichiarazioni roboanti, Sarkozy teme infinitamente ogni prova reale. Se vedo giu
sto, ci di cui Sarkozy ha soprattutto paura che di
venti visibile la sua stessa paura. Il che, tra laltro, lo av
vicina ai socialisti, se vero che la passione della
clientela socialista la paura della paura. Sono fatti per

intendersi. Naturalmente la mia non che unipotesi,


ma scommetto che non tarderemo a constatare gli effet
ti deleteri della paura sarkozysta. Questo un primo
elemento di rottura con il gollismo, sia pure nella forma
usurata e moribonda che aveva assunto sotto Chirac. La
principale, se non lunica, virt politica di De Gaulle
era, infatti, non aver mai paura.
Lelemento pulsionale, quindi, ben presente in tut
ti coloro che sono convinti davere in Sarkozy un com
pagno di paura e, allo stesso tempo, una volpe dellanti-paura. Quanto a quelli che erano nella paura della
paura, eccoli precipitati nella depressione di quella pul
sione negativa generale che ha determinato lorizzonte
delle cose e alla quale sono ormai puramente e sempli
cemente consegnati.
Il secondo elemento un elemento nostalgico. Un
vecchio mondo sta crollando. Quel vecchio mondo che
proveniva dallultima guerra mondiale, dalla maniera in
cui gollisti e comunisti avevano condiviso in Francia gli
effetti della guerra, del petainismo, della Resistenza e
della Liberazione. Pi in generale un intero orienta
mento della vita parlamentare che compromesso,
quello fondato su una distinzione senza ambiguit tra
destra e sinistra, orientamento che sembrava essere sta
to condotto alla massima perfezione dal motivo mitterandiano dellunione della sinistra o della sinistra plu
rale che comprendeva i comunisti. Oggi Sarkozy con
danna a morte la forma cadaverica di gollismo incarna
ta da Chirac. E, per quanto riguarda la sinistra, si assi
ste al crollo gi largamente anticipato dal fallimento di
27

Jospin nel 2002 e soprattutto dallaberrante decisione di


far votare Chirac al secondo turno.
Quel che ci sembra pi interessante il disorienta
mento provocato, rispetto al sistema destra/sinistra ere
ditato dagli anni 40, dalla decomposizione soggettiva e
morale del partito socialista e, con esso, della nozione
stessa di sinistra, che non a caso era designata da un
termine che ha a che vedere con lorientamento, con la
topologia. Certo la nozione era gi assai malata, ma
adesso, con questultima elezione, come se avesse ri
cevuto il colpo di grazia. Gi negli anni 60 Sartre dice
va: La sinistra un cadavere riverso che puzza. Era
aggressivo, ma erano quarantanni fa. Diciamo che nel
frattempo le cose non sono migliorate. Perch la de
composizione non concerne pi soltanto linsigne ar
rendevolezza nello scontro politico o la miseria politi
ca, evidente gi da tempo. stato ferito a morte qual
cosa di essenziale, di costitutivo della simbolica stessa
del parlamentarismo francese.
Certo, come sempre, si tratta di una lunga storia.
Tutto cominciato in effetti con lo sfaldamento ineso
rabile delle virt operaie e un po esterne al sistema del
Partito comunista francese, dunque negli anni 60 del
secolo scorso, e in particolare nel 1968, o forse ancora
prima. infatti gi da molto tempo che il Partito co
munista francese ha cominciato a dare inquietanti segni
di sciovinismo, di paura nei confronti di ogni movi
mento che non controllasse dalla A alla Z e di cretini
smo parlamentare - come si diceva nel XIX secolo,
quando la salute rivoluzionaria era pi solida. Ci no
28

nostante esso conservava nel suo lessico la dittatura del


proletariato, cosa che, almeno a parole, lo separava dal
consenso democratico. A partire dal maggio 68, ol
tre a diventare per un certo tempo lavversario ostinato
dellintera giovent rivoluzionaria, studentesca e ope
raia e la roccaforte del potere elettorale e sindacale, il
PCF ha cominciato a sacrificare perfino i propri feticci
verbali, diventando una sorta di versione bisbetica ed
egocentrica della democrazia dominante. Poi si allea
to con Mitterand e ha cominciato a scomparire.
Ovviamente, su scala mondiale, c stato il crollo
dellURSS, accompagnato dalla dissoluzione di tutti i
riferimenti ideologici marxisti di cui quello Stato ba
cato si presentava come il guardiano. Da questo punto
di vista, daltronde, si converr sul fatto che chi ha crea
to la crisi pi grave della sinistra di fronte alle vincenti
pretese del capitalismo sfrenato, non certo stato Stalin.
Va detto, infatti, che allepoca di Stalin le organizzazio
ni politiche operaie e popolari erano infinitamente pi
forti, e il capitalismo meno arrogante. Non c neanche
da fare il paragone. Sono stati i liquidatori, Breznev,
luomo della stagnazione, e soprattutto Gorbaciov,
luomo della riforma a ogni costo, ad aver sprofondato
il mondo della sinistra in una miseria dalla quale nessu
no sa se mai potr riprendersi. Forse, del resto, c da
auspicarne la morte e basta. Ma passiamo ad altro.
A dispetto di questa lunga archeologia del disastro
della sinistra, lelezione di Sarkozy resta comunque il
segno di unepoca nuova, di un avvento immondo, un
colpo inferto alla strutturazione simbolica stessa della
29

vita politica francese, nella quale il tema della sinistra,


delle sue perenni ricomposizioni, e la possibilit di una
sua affermazione, costituivano pur sempre la familiari
t elettorale. proprio questa familiarit che colpita,
distrutta. Che si tratti di un lungo processo di decom
posizione non sembra consolarvi granch, popolo della
sinistra! Nel momento in cui colpito un vecchio mon
do simbolico, vi sentite completamente disorientati. E
questa volta il colpo non viene tanto dal risultato elet
torale, in fondo non peggiore del solito (47% la soglia
normale della sinistra ormai da decenni), ma colpisce i
parametri stessi della localizzazione, la legge soggettiva
del computo.
Quel che caratterizza questa elezione il fatto di ag
gravare il disorientamento, nella misura in cui rivela il
carattere intrinsecamente obsoleto del sistema di orien
tamento ereditato dalla seconda guerra mondiale, la di
stinzione destra/sinistra. Quel che lelezione mette in
luce che il disorientamento si spinto fino al punto da
disfare simbolicamente il sistema stesso su cui si fonda
lorientamento. Ecco perch Sarkozy, appena eletto,
pu andare a brindare al Fouquets e partire per Malta
su uno yacht di miliardari. Un modo per dire: La sini
stra non fa pi paura a nessuno, viva i ricchi, abbasso i
poveri!.
Da qui lirrefrenabile nostalgia per i tempi delle suddivisioni chiare che caratterizza i superstiti sinceri del
popolo di sinistra. Ah! Come rimpiangono tutti! Mitterand! De Gaulle! Persino Georges Marchais! E persino
Chirac, il Breznev del gollismo, colui che sapeva che il
30

non far niente consente una morte lenta. D altronde


hanno anche votato per Chirac contro Le Pen. Le Pen?
Un altro che appartiene al mondo che fu. Con Sarkozy
finiremo per rimpiangere anche lui, il vecchiaccio, ve
drete. Quando Le Pen faceva Buuh, avevamo paura
per un minuto, si faceva unallegra manifestazione, e la
cosa era fatta. Nostalgia! Il Sarko invece Presidente e
blinda tutto.
Un sintomo assai importante di questa blindatura e
del disorientamento sono i transfughi della sinistra che
galoppano in direzione del sarkozysmo. stato appena
eletto lesagitato di Neuilly, ed ecco che si vedono cor
rere in tutte le direzioni i topi della sinistra, o pre
sunta tale. Le navi del vecchio mondo vengono abban
donate ovunque, e strane consultazioni si svolgono die
tro le quinte. I primi della classe dellopinione di sini
stra trovano ormai grandi virt in Sarko. Ecco come ac
crescere ancora un po il disorientamento. Ma non che
il segno precursore di movimenti pi profondi. I topi
annunciano le premesse dun terremoto.
La logica sottintesa sarebbe in fondo quella del par
tito unico. Del resto quel che ha in testa il nostro Pre
sidente: riunire tutti quanti sotto la sua guida. Ed del
tutto naturale! Dal momento che tutti quanti accettano
lordine capitalista, leconomia di mercato e la democra
zia rappresentativa come dati tanto oggettivi quanto la
gravitazione universale, se non di pi, perch sostenere
la messa in scena di due partiti contrapposti? Il mio
amico Slavoj Zizek, filosofo sloveno, ha detto da qual
che parte che quel che non abbiamo capito, quando ab
31

biamo messo in scena la contrapposizione tra stalinismo


e democrazia parlamentare, che lo stalinismo il de
stino della democrazia parlamentare. Ci stiamo arrivan
do, lentamente, tortuosamente. Ci saranno, e gi ci so
no, accelerazioni. Dopotutto, i mezzi tecnici per il con
trollo delle popolazioni sono ormai tali che Stalin, con i
suoi infiniti schedari compilati a mano, le sue fucilazio
ni di massa, le sue spie in uniforme, i suoi giganteschi
campi pidocchiosi e le torture bestiali, fa la figura di un
dilettante di unaltra epoca. Anche perci sembra diffi
cile immaginarsi il nostro Presidente nei panni del
Georgiano: guida o piccolo padre dei popoli. Con quel
look da impiegato di una banca di secondordine, come
potrebbe essere altrimenti? Eppure, malgrado il suo sti
le incostante, chiacchierone e improvvisato, un giorno
potremo dire che Sarkozy stato il grande artefice del
nostro partito unico, lUUP, lUnione per lUnanimit
Presidenziale. Perch questo gli riesca, basta che gli al
leati dellultima ora, i transfughi, i topi che abbandona
no la nave della sinistra alla deriva, costituiscano a poco
a poco unondata, una marea, uno tsunami di topi. In
realt, sul piano empirico la cosa probabilmente non as
sumer subito proporzioni tali. Ma si gi avverata sul
piano simbolico. Un certo numero di personalit gi in
carnano questa posizione, questa possibilit. Sono i to
pi dellavanguardia per la costruzione dellUUP. In fon
do non fanno altro che prolungare, portare a compi
mento, e dare una forma definitiva, al vasto movimento
di rinnegamento controrivoluzionario iniziato, fin dal
1976, dalla cricca dei nouveaux philosophes.
32

Non vi sar certo sfuggito come il vincitore delle


elezioni abbia subito insistito sul fatto che sarebbe sta
to il presidente di tutti. Io, non gli ho chiesto niente.
Non ho mai detto che il mio presidente. E lui che lo
dice: vuole essere lorganizzatore di noi tutti, vuole de
gnamente rappresentare il futuro partito unico. E per il
momento, contro questo progetto grandioso non esiste
altro, a livello di massa, che la nostalgia del vecchio
mondo, della destra e della sinistra, delle legittime ri
vendicazioni dei lavoratori, della previdenza sociale, del
funzionariato solidamente organizzato, degli insegnan
ti della scuola laica, e in ultima analisi della campagna
francese, dei suoi paesi, della forza tranquilla... La con
sapevolezza di aver subito un colpo provoca una no
stalgia intensa e depressiva del vecchio mondo tradizio
nale, dello charme francese e delle sue pietre miliari nel
lorientamento soggettivo.
Il terzo elemento, dopo la componente pulsionale e
quella nostalgica, sicuramente limpotenza. Direi per
sino una messa in scena, una rappresentazione soggetti
va dellimpotenza. Non , infatti, che sia nata una nuo
va impotenza. Che fare, mio Dio, che fare? per
molti una domanda disperante gi da tempo. Ma sta
volta c una rappresentazione molto chiara, molto pre
cisa dellimpotenza. Limpotenza gi cera, ma ora si
rivelata e a mio avviso - ma sono ottimista - si rivela
ta come una dimensione intrinseca della democrazia
elettorale. Probabilmente per questo che il colpo co
s duro. La democrazia elettorale rivela fino a che pun
to limpotenza sia la sua stessa regola, limpotenza di
33

tutti coloro che tentano di governare le proprie azioni e


passioni a partire dallidea che, in fin dei conti, tutto il
reale razionale. Chiunque pu rendersi conto che la
democrazia elettorale non uno spazio di scelta reale,
ma qualcosa che registra, come una sismografia passiva,
disposizioni che sono completamente estranee alla vo
lont illuminata e non hanno niente a che vedere con la
maniera in cui un autentico pensiero si pu rappresen
tare gli obbiettivi che la volont persegue.
Colpisce e, nonostante la loro unanimit al riguar
do, perfino stupisce, o in verit lascia costernati, vedere
come i politici e i commentatori abbiano subito sottoli
neato limportanza numerica della partecipazione allo
scrutinio come un elemento decisivo. Non hanno det
to, come pure sarebbe stato sensato: La gente ha vota
to e c da domandarsi come mai, vista lofferta dispo
nibile. No, hanno detto: Grande vittoria della demo
crazia. Ma mettiamo che, in un altro contesto, in
unaltra epoca (prendo questo esempio perch un po
eccessivo e abusato), unenorme quantit di gente aves
se votato, per esempio per Hitler - come del resto av
venuto - e che gli elettori si fossero mobilitati in massa
per andare a votare: si sarebbe ancora parlato di una
schiacciante vittoria della democrazia? In un senso assai
particolare, allora! Se soltanto il numero che va vene
rato, vuol dire la democrazia del tutto indifferente a
ogni contenuto. Vuol dire che essa non rappresenta
nientaltro che la propria forma, la messa in scena di un
elemento numerico. In questo genere di dichiarazioni
enfatiche, si elude ogni riflessione, anche dura, sulle ra
34

gioni che hanno spinto la gente. Credo che chiunque


incensi una tale abbondanza di voti contribuisca alla
depressione generale. Fa s che non si possano nemme
no pi denigrare questi votanti insensati. Nemmeno per
dire: Se era per regalarci lo zelante sindaco di Neuilly,
facevano meglio a starsene a casa. Ci si deve rallegrare
astrattamente del fatto che comunque sono andati a vo
tare in massa! Certo, cos hanno preparato un disastro
di cui subiremo tutte le nefaste conseguenze, ma gloria
gli sia resa! Grazie al loro stupido numero hanno fatto
trionfare la democrazia. Insomma la depressione deriva
anche dalla necessit che costringe ogni democratico
a constatare che la gente ha avuto quel che voleva, che
il risultato incontestabile e che non resta che farsene
una ragione. D altronde quello che tutti i politici si
sono precipitati a dichiarare la sera stessa: Attenzione,
evidente che rispettiamo il suffragio universale. Pi
rispettosi di cos della volont popolare, giudicata
daltronde idiota e pericolosa, si muore. Inchinatevi di
nanzi al numero.
Vi confesser che, per quanto mi riguarda, non ri
spetto assolutamente il suffragio universale in s, di
pende da quel che fa. Il suffragio universale sarebbe for
se la sola cosa da rispettare indipendentemente dallef
fetto che produce? E perch mai? In nessun altro cam
po dellagire o del giudizio sullagire si considera che
qualcosa sia valido indipendentemente dai suoi effetti
reali. Il suffragio universale ha prodotto una quantit di
abominazioni. Storicamente, maggioranze qualificate
hanno legittimato Hitler e Ptain, la guerra dAlgeria o
35

linvasione dellIraq... Non c nessuna innocenza del


le maggioranze democratiche. Incensare il numero
perch la gente andata a votare, indipendentemente da
quel che ci ha prodotto, e rispettare la decisione della
maggioranza in unindifferenza rivendicata nei con
fronti del suo contenuto, non pu che contribuire alla
depressione generale. Perch, inoltre, se si obbligati al
rispetto, si arriva al punto da non poter nemmeno pi
esprimere il proprio disgusto per il risultato. Ma vi ren
dete conto! Non solo si dovrebbe constatare la ricor
rente stupidit del numero, ma in pi bisognerebbe
averne il massimo rispetto! davvero troppo!
In realt qui si intuisce, senza per riuscire a trarne
le conseguenze, che le elezioni rappresentano uno stru
mento di repressione almeno altrettanto potente quan
to lo strumento despressione per cui esse si spacciano.
Niente d pi soddisfazione agli oppressori che intro
durre elezioni ovunque e imporle, se necessario con la
guerra, a gente che non le ha mai chieste. Il nostro Pre
sidente, per esempio, ha subito dichiarato che, per
quanto riguarda gli scioperi, avremmo visto quel cera
da vedere. Grazie a Sarkozy gli scioperi diventeranno
terribilmente elettorali, ci vorranno maggioranze asso
lute, con bollettini segreti, ed esattori dietro le urne,
ecc. Per democratizzare gli scioperi? Eh s! Per render
li il pi difficile possibile, prendendo come pretesto,
falso per giunta, gli utenti5. A questo proposito biso
5
Lidea che gli utenti siano sistematicamente ostili agli
scioperi una nota contro-verit, una delle tante che i politici e
36

gna ricordare Maggio 68. Milioni di persone in sciope


ro, manifestazioni quotidiane, unalleanza senza prece
denti tra giovani dai percorsi diversi, operai e studenti.
Tutti sembravano travolti da qualcosa dinedito. Si ve
devano persino le bandiere rosse sulle case di certi quar
tieri bene! Dappertutto la stravaganza, insomma, dap
pertutto la speranza di ridurre lasservimento. Ebbene,
bastato che quelli che erano al potere, De Gaulle e so
prattutto Pompidou, riuscissero a organizzare delle ele
zioni, per ritrovarsi con la Camera pi smaccatamente
reazionaria che si fosse mai vista dal 1919, una Camera
blu orizzonte. Non c dubbio sul fatto che le elezioni
siano state decisive per la dissoluzione e la liquidazione
del movimento. E non era certo per estremismo, ma per
assoluta lucidit, che i militanti gridavano per le strade:
Elections, pige cons!b. Non voglio dire che le ele
zioni abbiano unessenza repressiva. Voglio dire che so
i mezzi di comunicazione dominanti spacciano come uneviden
za. Per esempio il lungo sciopero dei ferrovieri, nel dicembre del
1995, stato sostenuto in tutto il paese con scioperi di massa, an
cora pi importanti che nel Maggio 68. In certe citt di provin
cia (ad esempio a Roanne), pi di met della popolazione totale
della citt ha partecipato ai cortei! E non mancano altri contro
esempi. Cos come uninvenzione il presunto appoggio della
gente allinossidabile ritornello dei reazionari Troppi impiegati
pubblici!. Un recente sondaggio mostra che, tra tutte le propo
ste egualmente odiose di un Sarkozy in pieno stato di grazia,
quella che mira alla riduzione del numero degli impiegati pub
blici resta completamente minoritaria nel paese.
6
Come titola un celebre articolo di Sartre, Situations X,
Gallimard, Paris 1976 (N.d.T).
37

no incorporate in una forma di Stato, il capital-parla


mentarismo, la cui funzione il mantenimento debor
dine stabilito, e che, di conseguenza, hanno sempre una
funzione conservatrice che diventa repressiva in caso di
disordini. Tutto questo appare oggi pi chiaro e provo
ca un accresciuto sentimento dimpotenza: se lo spazio
della decisione di Stato si riduce per noi cittadini qual
siasi a quello del voto, allora non si capisce bene, alme
no al momento, quali siano le vie possibili per una po
litica demancipazione.
Credo quindi che, dopo tutte queste considerazioni,
si possa interpretare la situazione soggettiva dei resti
della sinistra in Francia, e pi in generale degli uomini e
delle donne di buona volont, sotto leffetto del trionfo
di Sarkozy, come un mescolanza di pulsione negativa,
di nostalgia storica e dimpotenza effettiva.
Spiego cos la percezione che ho di voi stasera; que
sta la mia diagnosi, se volete: astenia depressiva. ve
nuto quindi il momento di ricorrere alla definizione,
data da Lacan, della cura analitica. Poich siamo tutti
depressi, la cura necessaria. Lacan diceva che lessen
ziale in una cura elevare l'impotenza allimpossibile.
Se siamo affetti da una sindrome il cui sintomo pi im
portante unimpotenza effettiva, allora possiamo ele
vare limpotenza allimpossibile. Ma che cosa significa?
Molte cose. Significa ad esempio reperire un punto rea
le sul quale non recedere, costi quel che costi. Sottrarsi
alla trama confusa dellimpotenza, della nostalgia stori
ca e della componente depressiva, e trovare, costruire e
mantenere un punto reale, che sappiamo di poter tener
38

fermo proprio perch non si pu inscrivere nella legge


della situazione. Se riuscite a trovare un punto, di pen
siero e dazione, che non sia inscrivibile nella situazio
ne e che lunanime opinione dominante considera allo
stesso tempo (e in maniera contraddittoria...) deplore
vole e impraticabile, ma che voi giurate a voi stessi di te
ner fermo, costi quel che costi, allora sarete in grado
delevare limpotenza allimpossibile. Se terrete fermo
un tal punto, diverrete allora un soggetto concatenato
alle conseguenze di quello che, solitamente considerato
come unubbia sciagurata e fortunatamente impossibi
le, vi mette in relazione con il reale, facendo di voi
uneccezione alla sindrome depressiva.
La questione sar allora questa: che cosa significa
tener fermo un punto reale di questo tipo, ammesso
che lo troviate? Tenere fermo un punto significa espor
re lindividuo animale che ciascuno di noi a divenire il
soggetto delle conseguenze di quel punto. Significa in
corporarsi alla costruzione di quelle conseguenze, al
corpo soggettivato che esse tracciano pian piano nel no
stro mondo. Far questo significa costruire, in seno alla
temporalit dellopinione, unaltra durata, distinta da
quella che ci viene imposta dalla simbolizzazione dello
Stato.
Se si resta prigionieri della temporalit dellopinio
ne, si finir per dire, come molti dei primi della classe o
degli elettori socialisti: Per Dio! Abbiamo subito Chirac per dodici anni e adesso dobbiamo aspettare la pros
sima tornata! Diciassette anni! Forse ventidue! Una vi
ta intera! Non possibile!. E a quel punto, nella mi
39

gliore delle ipotesi ci si deprime, nella peggiore si di


venta topi. Topo chi, tutto allinterno della temporali
t dellopinione, non pu sopportare dattendere. Il
prossimo turno previsto dallo Stato assai lontano. E io
intanto invecchio, si dice il topo. Non vuole marcire
nellimpotenza, e tanto meno nellimpossibile! Lim
possibile non vale granch per lui.
Bisogna ammettere che Sarkozy ha una conoscenza
profonda della soggettivit dei topi. abilissimo nellattirarli. forse stato un topo anche lui? Nel 1995, ad
esempio, quando, impaziente di arrivare a incarichi mi
nisteriali materialmente consistenti, trad Chirac per
Balladur? Ad ogni modo, poich ha scoperto gli usi
possibili della psicologia del topo da parte dello Stato,
si merita una denominazione psicanaliticamente cele
bre. Propongo di chiamare Nicolas Sarkozy luomo
dei topi. Mi sembra giusto, meritato.
Topo chi ha bisogno di precipitarsi nella durata
che gli viene offerta, senza essere affatto in grado di sta
bilire una durata propria. Trovare un punto significa
trovare la possibilit di ammettervi una durata differen
te. Non essere n topi n depressi significa costruire un
tempo altro rispetto a quello che ci assegna lo Stato o lo
stato della situazione. Un tempo impossibile, ma che sia
il nostro tempo.
E il momento di spendere una parola su questa sto
ria di Maggio 68. molto interessante, infatti, la di
chiarazione che ha fatto il nostro Presidente su Maggio
68, in occasione di un meeting elettorale. Se abbiamo
ben capito, farla finita, una volta per tutte, con Maggio
40

68 sarebbe il fine supremo della sua azione, della rot


tura tanto annunciata. Vi confesso che trovo una di
chiarazione del genere alquanto oscura. Ha qualcosa di
profondo che stride con le solite moine economiche o
ecologiche (equilibrio di bilancio, retribuzione dei fun
zionari, buco nella sanit, nella previdenza, nellozono,
tutti questi buchi che ci ossessionano), ma laffermazio
ne resta oscura. Innanzitutto perch avevamo limpres
sione, noi sessantottini di professione, che Maggio 68
fosse purtroppo gi finito da un pezzo. Che cosa sa lui,
luomo dei topi, che noi non sappiamo e che lo porta a
credere che lobiettivo fondamentale della sua azione
sia di far finire Maggio 68 a maggio 2007, quarantanni
dopo? Per luomo dei topi, Maggio 68 ancora e sem
pre presente, su questo non c dubbio. Ecco una buo
na notizia! Speriamo che sia vera e che Maggio 68 viva
ancora negli spiriti e nelle situazioni presenti e future.
Mao aveva labitudine di dire: L occhio del contadino
vede giusto. Speriamo che, almeno per quanto riguar
da Maggio 68 sia locchio delluomo dei topi a vederci
giusto! Perch se davvero Maggio 68 la questione
congiunturale decisiva per i nuovi reazionari di Stato, se
davvero Maggio 68 conserva una terribile vitalit, allo
ra potremo dire: Merci Monsieur, ce ne rallegriamo, la
cosa ci era sfuggita.
Finiamola di scherzare. Cerchiamo di capire che co
sa possa significare oggi Maggio 68 per uno che un
servo degli indici di borsa, un nemico giurato degli im
migrati sans papiers e dei giovani dei quartieri popolari,
ossessionato dallordine poliziesco e autore prolifico di
41

leggi scellerate. Egli afferma: Maggio 68 il momento


in cui abbiamo smesso di rappresentarci chiaramente la
distinzione tra il Bene e il Male. Sarkozy ha una visione
niezscheana di Maggio 68. Ma Maggio 68 stato esat
tamente il contrario! Maggio 68 non stato affatto al
di l del bene e del male. C era unidentificazione pre
cisa del Male: il Male, per i rivoluzionari militanti del
decennio rosso, tra il 1966 e il 1976, erano proprio gli
esponenti della finanza e del potere che assomigliano al
luomo dei topi. In fondo, lui il Male. E il bene erano
loperaio politicizzato, i popoli insorti, i militanti della
rivoluzione. Al contrario di quanto afferma Sarkozy,
Maggio 68 proponeva una separazione assai netta, as
sai forte tra il Bene e il Male. Sarkozy non parla seria
mente di Maggio 68, si limita a simbolizzare nella pro
pria diatriba una certa propaganda moralizzatrice. Avr
occasione di tornare sul ruolo della morale in questa
storia, sul nostro paese in crisi morale, e cos via. So
no discorsi da analizzare nel dettaglio, in maniera filo
sofica. Accontentiamoci per il momento della doman
da: qual lobiettivo delluomo dei topi nella sua assur
da diatriba morale sul Bene e il Male? Quale spettro lo
ossessiona, per riprendere il filo dellanalisi di Derrida
nel suo libro sugli spettri di Marx? Quando, infatti,
Marx dichiara nel 1848 che uno spettro si aggira per
lEuropa, vuol dire che il comuniSmo - nome dello
spettro - lossessione assoluta dei borghesi. Allora,
quando Sarkozy confessa che Maggio 68 lo spettro
che lo ossessiona e di cui vorrebbe sbarazzarsi, sta in
fondo parlando di una delle ultime manifestazioni reali
42

dello spettro del comunismo e dice (concedetemi una


prosopopea delluomo dei topi): Noi, reazionari mo
derni, non vogliamo pi essere ossessionati da un bel
niente. Sradicheremo definitivamente ogni idea che pre
suma che si possa tener fermo un punto reale fuori dal
la legge dello Stato, fuori della necessit imposta dal
mondo che dominiamo. Nel Maggio 68 alcuni hanno
affermato che bisognava tener fermo un punto reale,
per esempio linedita alleanza tra giovani intellettuali e
operai, e hanno tentato di tenerlo fermo, per quanto era
possibile, fino in fondo. Proprio di questo non possia
mo tollerare non soltanto la realt, ma neppure lidea.
Vogliamo sradicare finanche la possibilit di pensare
che questo tipo dostinazione a tener fermo un punto
reale sia possibile. Vogliamo, insomma, che sia pubbli
camente e unanimemente riconosciuta la scomparsa
dello spettro. Il comunismo empirico scomparso, e
questa unottima cosa, ma non basta. Vogliamo che
scompaia anche ogni forma di comunismo possibile.
Vogliamo che persino a titolo dipotesi, il comunismo che il nome generico della nostra sconfitta o addirit
tura della nostra scomparsa - non possa pi essere men
zionato da chicchessia.
Ebbene s, locchio delluomo dei topi ha visto giu
sto. Si pu discutere di quali fossero i punti che i mili
tanti e i manifestanti del decennio rosso tentavano di te
ner fermi. Quel che certo che derivavano tutti dalli
potesi comunista, nel suo senso generico: oltrepassare il
capitalismo, la propriet privata, la circolazione finan
ziaria, lo Stato dispotico, e cos via. Ci si potrebbe poi
43

chiedere se tali punti fossero pi o meno ben scelti, se


fossero davvero nuovi o ancora troppo prigionieri del
la storia. Ma questa una discussione che deve restare
tra noi, animatori contemporanei dello spettro del co
muniSmo, e non una discussione con luomo dei topi.
Egli ha ragione, per, di ritenere che l ci fosse qualco
sa di minaccioso (per lui e per la gente come lui), qual
cosa che si dispiegava e che si spiegava, qualcosa che era
cominciato verso il 1965 e che durato come fenomeno
di massa fino a verso il 1975, qualcosa come una nuova
disciplina, una nuova abnegazione, quella di tener fer
mo un punto reale in una sorta dindifferenza gioiosa
nei confronti della legge statale e commerciale del mon
do che si manifestava dappertutto altrove.
Limportanza di questa elezione sta nel fatto che es
sa veicola la convinzione, condivisa da quelli che oggi
accedono al potere e da quelli che li seguiranno, che si
possa forse farla finita con quel qualcosa di cui Mag
gio 68 uno dei nomi, il pi recente in Francia. Farla
finita come? Facendo in modo che la metamorfosi degli
individui consumatori, passivi e stereotipati in soggetti
dun processo reale, nel quale tener fermo un punto
reale la regola, diventi letteralmente fuori legge. Non
solo in un senso poliziesco, come pure succeder. Ma
nel senso che una tale metamorfosi dovr restare per
sempre dellordine dellirrappresentabile assoluto.
Fare qualcosa che non sia interno alla temporalit che
ci viene proposta dovr ricadere cos al di fuori non sol
tanto del mondo empirico, ma anche della legge che re
gola ogni mondo possibile o immaginabile.
44

Se si ritiene che una tale operazione possa realizzar


si (ed questo che significa "farla finita con Maggio
68), la tentazione della sottomissione diventa impe
riosa. Tener fermo, infatti, un punto illegale la sola
cosa che sia in un rapporto di autentica dialettica ri
spetto alla pulsione negativa, alla depressione sottomes
sa. Ma se questo punto non c, allora la sola via dusci
ta vivibile, o (soprav)vivibile, la sottomissione pi
abietta alla realt. Ritroviamo qui unaltra dialettica lacaniana, quella tra reale e realt. Se non c niente che fa
breccia nella realt, se non c niente che si d in ecce
zione rispetto a essa, se non c nessun punto che possa
esser tenuto fermo per s, costi quel che costi, allora c
solo la realt e la sottomissione a questa realt e a quel
che Lacan chiama il servizio dei beni. E la violenza
contro Maggio 68 cerca di preservare legemonia illi
mitata del servizio dei beni. Come noto, il servizio dei
beni altro non che Passervimento nei confronti di chi
possiede beni. La famosa escursione di Sarkozy su uno
yacht di miliardari - subito dopo i brindisi mondani al
Fouquets la sera della vittoria - non stata affatto un
errore, una gaffe, come talvolta si detto. Certo, an
dato a trovare e a ringraziare i suoi mandanti, i suoi pa
drini, la gente dellalta finanza di cui il vassallo. Ma
soprattutto ha voluto significare a tutti quanti che do
ra in poi sar cos: non c niente di meglio che il gua
dagno personale, tutto ormai segue la regola del servire
i beni. lunica regola di questo mondo, e permea da
cima a fondo la circolazione dei capitali. Che cosa ave
te da dire in contrario? Chi non dispone di un punto
45

reale, in eccezione proprio rispetto alla regola, un pun


to in nome del quale parlare universalmente e in modo
disinteressato, non ha niente da rispondere. Se il servi
zio dei beni la legge che regola il mondo, perch osta
colarla? Sarkozy ha mostrato simbolicamente che si
serviva servendo chi possiede beni, e che era per que
sto che Pavevano eletto, che una massa di ottusi laveva
eletto. Quanto a quelli che non sono in grado di servir
si servendo il servizio dei beni, tanto peggio per loro.
Avrebbero dovuto rifiutare che il servizio dei beni di
ventasse la massima del mondo. Avrebbero dovuto
astenersi dal votare, e in particolare dal votare per luo
mo dei topi.
Ci avviciniamo cos a una prima conclusione. Eleva
re limpotenza allimpossibile significa sottrarsi al servi
zio dei beni, che limpotenza del possibile. Significa
scegliere un punto che possa essere il vostro punto e vi
faccia dire, contro la legge del mondo, che lo manterre
te, costi quel che costi. Quale punto? Un punto qual
siasi, a condizione che sia formalmente in eccezione ri
spetto al particolarismo del servizio e proponga univer
salmente la disciplina di una verit.

Ili
Otto punti, inizio
Poich, nel mondo di cui Sarkozy lemblema, tut
to sta nella fermezza con cui mantenere alcuni punti,
saremo prodighi. Vi metter sulla pista di otto punti
possibili. Non n un programma n una lista, ma una
tavola dei possibili, astratta e incompleta, naturalmente.
Punto 1. Accettare che tutti gli operai che lavorano
qui siano di qui e debbano essere considerati in modo
egualitario, onorati come tali, in particolare gli operai di
provenienza straniera.
Questione essenziale, la cui vera conseguenza non
ancora stata considerata in tutta la sua portata: ripristi
nare il significante operaio nel discorso-azione della
politica. Non certo secondo la linea che ha prevalso nel
X IX secolo, durante la prima fase dellipotesi comuni
sta (la classe operaia, motore del movimento storico na
turale verso lemancipazione dellintera umanit). N
secondo la linea che ha prevalso nel X X secolo, quella
della seconda fase dellipotesi comunista (il partito del
la classe operaia, dirigenza indispensabile ed esclusiva
47

della politica rivoluzionaria, poi, nella forma del partito-Stato, organo esclusivo della dittatura del proletaria
to). Ma secondo una terza linea, ancora allo stadio spe
rimentale: operaio come nome generico di tutto ci
che pu sottrarsi, in una forma organizzata, alPegemonia realizzata del capitale finanziario e dei suoi servi.
Nellesperienza immediata di questa questione, lor
ganizzazione degli operai dorigine straniera occupa
una posizione strategica. Lo si evince gi dalle macchinazioni di quel professore mediante lesempio negati
vo, come dicevano i comunisti cinesi, che la politica
parlamentare. Controllare limmigrazione, rispedire gli
immigrati nei loro paesi dorigine - che imparino il
francese con tre anni danticipo -, divieto del ricon
giungimento familiare, espulsione dei bambini scolariz
zati, diritto dasilo prima limitato e poi abolito, misera
bili campagne di civilt contro i costumi dei nuovi ar
rivati, femminismo aggressivo e coercitivo, laicit de
sclusione e repressiva dei modi di vestire, delazione e
retate... Queste campagne incessanti ci indicano lobiet
tivo principale del nemico, di qualsiasi parte esso sia (i
socialisti hanno dato il la negli anni 80 del secolo scor
so) e quindi il luogo della nostra azione.
Cominciate col dirvi: Gli operai di origine stranie
ra devono essere riconosciuti dallo Stato come soggetti
liberi. Devono persino essere onorati in quanto tali.
Costruiamo un insieme di procedure che mirino non
soltanto a proteggere questi operai, queste famiglie e
questi bambini, ma anche alla loro organizzazione co
me una potenza politica popolare affinch tutti, fosse
48

anche per effetto del timore salutare della loro forza, li


considerino come soggetti liberi, onore di questo paese.
S, che vengano onorati. Perch, detto tra noi, ci sono
ben pi motivi per onorare un maliano che fa lo sguat
tero in un ristorante cinese e che, a forza di partecipare
dopo i suoi turni interminabili a riunioni e ad azioni,
diventato ormai un intellettuale organico della nuova
politica, che non per onorare luomo dei topi.
Esprimiamoci in termini nietzscheani. Bisogna esse
re capaci di incorporarsi nel movimento di trasvaluta
zione dei valori stabiliti. Ci sono momenti in cui biso
gna essere capaci di affermare linversione delle appa
renze che ci sono imposte. Bisogna avere la libert, che
scommette su un pensiero-azione della politica, di dire
che molti di quelli che sono perseguitati devono assolu
tamente essere onorati, non perch siano perseguitati
(questo solo abominio umanitario e caritatevole, op
pio del piccolo-borghese), ma perch organizzano in
nome di tutti noi laffermazione di un nuovo pensiero
della vita umana. D altronde questo stato il gesto del
lo stesso Marx: render onore agli operai, che non han
no nulla, che sono considerati una classe pericolosa, e
parteciper attivamente alla loro organizzazione (la
Prima Internazionale), perch essi sono il motore col
lettivo della Storia dellemancipazione, i principali co
struttori duna societ egualitaria. Quale che sia il con
testo nel quale possiamo ripetere in modo nuovo que
sto gesto, noi lo faremo. Rifiuteremo il verdetto di Sarkozy e dei suoi topi che, dallalto della sua insignifican
za reazionaria, dichiara che quelluomo, lo sguattero
49

del Mali, debba appena essere tollerato e debba soddi


sfare innumerevoli condizioni per poter semplicemente
restare dov. Costruiremo, in scissione rispetto al tem
po dellopinione, una durata collettiva allinterno della
quale lo sguattero del Mali non solo guadagner un ri
conoscimento come libero soggetto, ma sar particolar
mente onorato. Per tener fermo questo punto non ci
mancano i sostegni7.
Punto 2. L'arte come creazione, di qualunque epoca
e di qualunque nazionalit, superiore alla cultura co
me consumo, per quanto contemporanea sia.
Esiste un gran numero di luoghi per affermare la va
lidit e la pertinenza di questo punto. I media e la scuo
la innanzitutto. In particolare quando si tratta di soste
nere, per esempio, che il Genji Monogatari, pubblicato
nellXI secolo in Giappone da Murasaki Shikibu in
comparabilmente superiore a tutti i premi Goncourt
degli ultimi trentanni. O che non c alcun motivo per
preferire di leggere agli alunni, fossanche della quinta
elementare, La gloria di mio padre di Pagnol piuttosto
che la Principessa di Clves. Ma anche quando si tratta
di sostenere che ridicolo mettere sullo stesso piano, in
7
Per quanto riguarda la tenuta effettiva di questo punto 1,
ci riferiremo alle proposte e alle azioni del Rassemblement des
Collectifs des Ouvriers Sans Papiers des Foyers. Scrivere a Le
Journal Politique s/c Le Perroquet, BP 84, 75462 Paris Cedex
10. Si consulti il sito internet: orgapoli.net
50

nome delluniformit di quelle che vengono chiamate


le musiche, la canzone di variet, la commedia musi
cale, il folklore delle isole lontane, le danze contadine, i
tamburi africani, Boulez, Messiaen e Ferneyhough; che
si deve giudicare la musica dintrattenimento a partire
dalla vera musica, e non viceversa; e, in fin dei conti, la
musica del passato col metro delle invenzioni contem
poranee, poich nulla testimonia maggiormente del de
siderio reazionario contemporaneo che il fatto desta
siarsi, come fanno i baroccofili fanatici, per le opere
di un pedante del XVII secolo, rinvenute sotto la pol
vere provvidenziale della biblioteca di Montpellier e in
terpretate con grande dovizia di striduli strumenti de
poca, proprio mentre si disprezzano o si dimenticano
i maggiori capolavori del X X secolo.
Punto 3. La scienza, che intrinsecamente gratuita,
vince necessariamente sulla tecnica, anche e soprattutto
quando questa procura profitti.
Organizzarsi e lottare su questo punto molto im
portante, specialmente per quanto riguarda le istituzio
ni di ricerca, i programmi scolastici, il resoconto che
fornisce la stampa a proposito delle nuove costruzioni
scientifiche. La validit universale e generica dellinven
zione scientifica e il fatto che essa non sia commensura
bile con il profitto che pu procurare la tecnica, sono
un punto che oggi va riaffermato, cos come va riaffer
mata la grande matematica come paradigma centrale,
come aveva gi intuito Platone; e contro lorganizza
51

zione aristocratica e selettiva della matematica fondamentale riaffermare che, poich essa la chiarezza stes
sa del pensiero puro, non pu che appartenere vera
mente a tutti.
Conoscerete probabilmente le dichiarazioni del
luomo dei topi a proposito delle lettere classiche. E un
esempio che pu valere per tutte le scienze che non
hanno unapplicazione evidente. In sostanza ha detto
questo: Se proprio ci tenete, studiate pure le lettere
classiche, ma almeno non chiedete allo Stato di pagarvi
gli studi. Il denaro dei contribuenti deve andare allin
formatica e alleconomia . una delle tante citazioni di
questo personaggio, letteralmente prostrato dinanzi ai
profitti e a chi ne profitta. Sta elaborando, il nostro pre
sidente, unontologia del profitto: quel che non og
getto di profitto non ha ragion dessere e, se alcuni
sconsiderati rimangono affezionati alle attivit mentali
fini a se stesse, che se la sbrighino da s, non avranno un
soldo!
Tener fermo questo punto significa che ci che ha
un valore universale e che, quindi, in relazione con le
verit di cui lumanit capace, non affatto omogeneo
a ci che ha un valore di mercato. E decisivo che ci che
ha un valore universale sia messo in primo in piano e
onorato come tale. Il problema del valore della scienza
si ricollega allora a quello dei valori politici. Si render
onore ai creatori dalta matematica come si onorano gli
operai che, attraverso incredibili peripezie esistenziali e
spesso parlando quattro o cinque lingue, sono venuti a
lavorare da noi per fare cose che nessuno ha voglia di
52

fare, e che trovano inoltre il tempo per integrarsi in una


serie di invenzioni politiche. Siete voi che lavate i piatti
nei ristoranti, che pulite i pavimenti, che scavate buche
nelle strade, e che inoltre organizzate riunioni mai viste
prima: se non altro vi onoriamo per questo. La stessa
cosa vale per la scienza. Quello che attiene alla gratuit
fondamentale dellattivit di pensiero, bench arduo e
luminoso allo stesso tempo, va incoraggiato e onorato
nella sua stessa essenza, contro la norma della tecnicit
che procura profitti.
Dobbiamo dare ragione ad Auguste Comte, che
aveva visto come il divenire dellumanit esigesse unal
leanza inedita tra i proletari e il pensiero scientifico (e la
Donna, ma questo sar il prossimo punto).
Punto 4. L'amore deve essere reinventato (punto
detto di Rimbaud), ma anche semplicemente difeso.
Lamore, procedura di verit che tocca il Due in
quanto tale, la differenza in quanto differenza, minac
ciato da ogni parte. Minacciato, per cos dire, a sinistra,
dal libertinaggio che lo riduce a una serie di variazioni
sul tema del sesso, e minacciato a destra, dalla conce
zione liberale che lo subordina al contratto. proprio
sullamore che si concentrano le offensive rovinose e
congiunte dei libertari e dei liberali. I primi sostengono
i diritti dellindividuo democratico al godimento in tut
te le sue forme, senza accorgersi che, in un mondo re
golato dalla dittatura della merce, finiscono solo per
spalleggiare la pornografia, che uno dei pi grandi
53

mercati planetari. I secondi vedono lamore come un


contratto tra due individui liberi e uguali, il che si ridu
ce a chiedersi se i vantaggi che ne ricava luno pareggi
no equamente quelli che ne ricava laltro. In entrambi i
casi, si resta allinterno della dottrina secondo la quale
tutto ci che esiste non che equilibrio tra interessi in
dividuali. La sola differenza tra i libertari e i liberali,
che riconoscono come unica norma il soddisfacimento
degli individui, consiste nel fatto che i primi fanno ri
corso al desiderio, mentre i secondi fanno ricorso alla
domanda.
Contro questa visione delle cose, sosterremo che
lamore comincia al di l del desiderio e della domanda,
pur includendoli. Lamore esame del mondo dal pun
to di vista del Due e lindividuo non affatto il suo ter
ritorio. Se c un soggetto dellamore, proprio perch
lamore una costruzione disciplinata che non si lascia
ridurre n al soddisfacimento del desiderio, n al con
tratto egualitario tra individui responsabili. Lamore
violento, irresponsabile e creatore. La sua durata irri
ducibile a quella dei soddisfacimenti privati. Esso crea
un nuovo pensiero, il cui contenuto unitario concerne
la disgiunzione e le sue conseguenze. Tener fermo il
punto dellamore ha effetti altamente educativi sulla
mutilazione che la pretesa sovranit dellindividuo im
pone allesistenza umana. Lamore insegna, infatti, che
lindividuo in quanto tale non che vacuit e insignifi
canza. Gi solo questo insegnamento fa dellamore una
causa nobile e difficile dellepoca contemporanea.

54

Punto 5. Ogni malato che chieda a un medico di es


sere curato deve essere visitato e curato il meglio possi
bile, secondo le condizioni attuali della medicina che il
medico conosce, e questo senza nessuna restrizione d'e
t, di nazionalit, di cultura, di statuto amministrati
vo o di risorse finanziarie (punto di Ippocrate).
Si tratta di ridare tutta la sua forza a una massima
greca, il giuramento dIppocrate, antica e giusta ma
oggi completamente cancellata. Oggigiorno, per curare
qualcuno, bisogna innanzitutto considerare lo stato del
leconomia, i crediti dellospedale, la gerarchia tra i re
parti, la provenienza del malato, se bianco o nero, il
suo reddito, i suoi documenti, ecc. La questione della sa
lute e della funzione medica sta per essere completamen
te assorbita da considerazioni di bilancio, dalla polizia
degli stranieri e dalla discriminazione sociale. Ben al di l
delle minacce, del resto assai reali, che pesano sul siste
ma nazionale di rimborso delle cure e che , notoria
mente e a dispetto di ogni genere di topi, il migliore del
mondo. Ne va della definizione stessa della medicina.
Oggi un gran numero di medici, in particolare allinter
no della gerarchia ospedaliera, diventano gli agenti o i
complici di una gestione burocratizzata che pratica sem
pre di pi una segregazione insopportabile. Per questo il
punto dIppocrate va ribadito con il massimo vigore.
Punto 6. Ogni processo che abbia fondati motivi per
presentarsi come il frammento di una politica d'emanci
pazione deve essere considerato superiore a qualsiasi ne
cessit gestionale.
55

Basti un solo e breve commento: occorre riafferma


re con particolare forza questa superiorit, nel momen
to in cui la necessit gestionale si dichiara moderna,
pretende di derivare dal bisogno indispensabile di ri
formare il paese e vuole farla finita con gli arcaismi.
Ne va dellimpossibile, cio del reale che solo pu farci
superare limpotenza. La modernizzazione altro non
, e lo si vede tutti i giorni, che il nome di una defini
zione angusta e servile del possibile. Le riforme mi
rano sempre a rendere impossibile ci che era praticabi
le (per il gran numero) e fruttuoso quello che non lo era
(per loligarchia dominante). Contro la definizione ge
stionara del possibile, affermiamo che quello che fare
mo, anche se reputato impossibile dagli agenti della ge
stione, non in realt che la creazione, nel punto stesso
di un tale impossibile, di una possibilit non percepita
in precedenza e universalmente valida.
Punto 7. Un giornale che appartiene a ricchi manager
non deve essere letto da chi non n ricco n manager.
Ecco un piccolo punto immediatamente applicabile.
Guardate a chi appartengono veramente i giornali,
compresi i telegiornali pi seguiti. Appartengono al re
del cemento, al principe del lusso, allimperatore della
viazione di guerra, al magnate della stampa scandalisti
ca, al finanziere delle acque potabili... Insomma a gente
che, sui suoi yacht o nelle sue propriet, prende sulle
sue ginocchia ospitali il piccolo Sarkozy, a cui riusci
to il colpo. Come accettare questo stato di cose? Perch
56

mai linformazione di larghe masse di popolazione do


vrebbe dipendere dal corso delle betoniere o dal merca
to mondiale della pelle di struzzo? Leggeremo, guarde
remo solo ci che viene da circuiti diversi da quelli do
minanti. Che i ricchissimi proprietari di giornali dogni
parte facciano circolare la loro prosa tra loro. Disinte
ressiamoci degli interessi che il loro interesse vorrebbe
veder diventare i nostri.
Punto 8. C un solo mondo.
Questo punto talmente importante che gli dedi
cher una sezione intera.

IV
Lottavo punto
Riprendiamo il punto 8. Che cosa significa c un
solo mondo ?
Sappiamo che il capitalismo contemporaneo si van
ta del proprio carattere mondiale. Non si fa che parlare
di globalizzazione o di mondializzazione. I nemici del
la globalizzazione dicono di volere un altro mondo.
Parlano di altermondialismo. Il mondo non pi
quindi solamente il luogo dellesistenza umana, ma an
che la posta in gioco dello scontro politico. La doman
da : quale mondo? E questa domanda ne contiene due.
C la domanda analitica: in quale/i mondo/i viviamo?
E poi c la domanda normativa: in quale mondo desi
deriamo vivere?
Il legame pratico tra la domanda analitica e quella
normativa corrisponde a una definizione corrente della
politica: una politica propone i mezzi per passare dal
mondo cos com al mondo cos come vogliamo che
sia. Il movimento no-gobal, lecologia, la democrazia,
lo sviluppo sostenibile, la difesa dei diritti umani. Tutte
queste pratiche sembrano definire una serie di politiche
sulla scena mondiale.
59

Tutto sarebbe abbastanza chiaro, se oggi si potesse


dire che esiste un mondo. Ma davvero cos? La rispo
sta complessa. Innanzitutto il capitalismo sfrenato
pretende che le proprie norme, in particolare quelle che
chiama la democrazia e le libert, debbano diventa
re le norme del mondo intero e che lo stiano diventan
do grazie agli sforzi della comunit internazionale in
generale (soggetto alquanto strano questa comunit
soprattutto quando finisce per confondersi con il servi
lismo della burocrazia chiamata O N U) e a quelli delle
nazioni civili in particolare (gli USA e la loro cliente
la). E chiaro poi che lo stesso capitalismo sfrenato tenta
dimporre la convinzione politica che esistano due
mondi distinti, e non uno solo. C il mondo dei ricchi
e dei potenti e c limmenso mondo degli esclusi, dei
dominati e dei perseguitati. Questa contraddizione ci
rende sospettosi nei confronti della realt della mondia
lizzazione e delle politiche che a essa si richiamano, pr
o contro. Forse la domanda politica non come co
struire il mondo dei nostri desideri allinterno e contro
il mondo democratico e capitalista?, ma come affer
mare lesistenza di un solo mondo, quello indivisibile
che appartiene a tutti i viventi, laddove si afferma, spes
so con la violenza, che tale mondo non esiste?8. Una
8
La tesi c un solo mondo costitutiva dellazione di
massa del gruppo Collectif politique Sida en Afrique: la France
doit fournir les traitements, il cui giornale Pays Intervention
Fleuve. Si pu trovare la documentazione completa sul sito entretemps. asso.fr/Sida.
60

questione di esistenza e non di qualit. Prima di preoc


cuparsi della qualit della vita, come fanno i cittadini
satolli del mondo protetto, bisogna vivere, come tenta
no disperatamente di fare, in altre parti del mondo, ma
sempre di pi anche da noi, miliardi di animali umani.
Perch dico che il vero assioma della politica domi
nante che non esista un mondo unico dei soggetti uma
ni? Perch il mondo che si pretende che esista e che si
vuole imporre a tutti un mondo composto unicamen
te di oggetti e segni monetari, un mondo della libera cir
colazione dei prodotti e dei flussi finanziari. Esattamen
te il mondo prefigurato da Marx centocinquantanni fa:
il mondo del mercato mondiale. In questo mondo ci so
no solo cose - oggetti vendibili - e segni - gli strumenti
astratti della vendita e dellacquisto, le differenti forme
di moneta e di credito. Ma non vero che in questo
mondo esistono soggetti umani liberi. Tanto per comin
ciare non godono del diritto elementare di circolare e di
stabilirsi dove vogliono. Nella stragrande maggioranza
le donne e gli uomini del presunto mondo, il mondo
delle merci e della moneta, non hanno alcun accesso ad
esso. Sono severamente reclusi allesterno, con ben po
che merci e nessuna moneta. Reclusione ha qui un
senso molto concreto. Ovunque nel mondo si costrui
scono muri. Il muro per separare palestinesi e israeliani,
il muro alla frontiera tra Messico e Stati Uniti; il muro
elettrificato tra PAfrica e la Spagna, il muro che il sinda
co di una citt italiana propone di costruire tra il centro
e la periferia! Sempre muri, affinch i poveri restino re
clusi in casa propria. Senza contare i muri delle prigioni
61

che nei paesi ricchi sono ormai diventate una grande e


redditizia impresa, in cui marciscono - chiusi l da
unattivit poliziesca e giuridica sempre pi feroce - mi
lioni di poveri o di semi-poveri, soprattutto giovani,
spesso neri, arabi, latinoamericani...
Circa ventanni fa caduto il muro di Berlino. Le
vento fu celebrato dalla stampa e dai rappresentanti po
litici del mondo libero come il simbolo dellunit del
pianeta, dopo settantanni di separazione. Settantanni
durante i quali era evidente che cerano due mondi: il
mondo socialista e il mondo capitalista. O, come si di
ceva, il mondo totalitario e il mondo democratico. La
caduta del muro di Berlino era quindi il trionfo dun
mondo unico, il mondo della democrazia. Ma oggi ve
diamo che il muro si solo spostato. Prima era tra lEst
totalitario e lOvest democratico. Oggi tra il Nord ca
pitalista ricco e il Sud devastato e povero, e pi in gene
rale tra i territori protetti di coloro che beneficiano del
lordine vigente e le zone abbandonate in cui si insedia
no, costi quel che costi, tutti gli altri. Allinterno dei
paesi sviluppati (come ancora si dice), la contraddi
zione politica evidente era quella tra una classe operaia,
eventualmente forte e organizzata, e una borghesia do
minante che controllava lo Stato. Oggi ritroviamo fian
co a fianco i ricchi che beneficiano del traffico mondia
le e lenorme massa degli esclusi.
Escluso il nome di chiunque non sia nel vero
mondo, di chiunque ne sia fuori, dietro il muro e il filo
spinato: contadini provenienti da villaggi di miseria mil
lenaria o cittadini urbanizzati delle favelas , delle perife
62

rie, dei rioni, dei foyers, degli squat o delle bidonvilles.


Fino agli anni 90 del secolo scorso cera un muro ideo
logico, una cortina di ferro politica; oggi c un muro che
separa il godimento dei ricchi dal desiderio dei poveri. E
come se, per far esistere il mondo unico degli oggetti e
dei segni monetari, si dovessero separare rigidamente i
corpi viventi secondo la provenienza e il reddito.
Oggi, non c un mondo degli umani, proprio nel
senso che, dietro la propaganda della globalizzazione,
la tesi che governa le politiche sempre pi violente e
chiuse che ci siano due mondi, almeno due. Il mondo
presunto unificato dal Capitale ha come prezzo la bru
tale, violenta divisione dellesistenza umana in due re
gioni separate da muri, da cani poliziotto, da controlli
burocratici, da pattugliamenti navali, da filo spinato ed
espulsioni.
Come mai il problema dellimmigrazione, come
lo chiamano i politici dei paesi occidentali e la stampa a
loro asservita (in Francia lespressione viene da Le Pen),
diventato, senza eccezioni, un dato fondamentale del
la politica degli Stati? Perch tutti gli stranieri che arri
vano, che vivono e lavorano qui da noi, sono la prova
che la tesi dellunit democratica del mondo realizzata
dal mercato e dalla comunit internazionale com
pletamente falsa. Se fosse vera, allora dovremmo acco
gliere questi stranieri come gente che appartiene al
nostro stesso mondo. Dovremmo trattarli come si trat
ta chi proviene da unaltra regione e si ferma in una del
le nostre citt, perch vi ha trovato lavoro e vi si stabi
lisce. Ma non affatto quello che accade. La convinzio
63

ne dominante, che le politiche governamentali non fan


no che rinforzare, che costoro vengano da un altro
mondo. Ecco il problema. Sono la prova vivente che il
nostro mondo democratico e sviluppato non costitui
sce, per i fautori dellordine capitalista dominante, un
mondo unico delle donne e degli uomini. Esistono da
noi donne e uomini i quali, pur vivendo e lavorando qui
come tutti gli altri, sono considerati come venuti da un
altro mondo. La moneta ovunque la stessa, il dollaro
e leuro sono ovunque gli stessi; i dollari o gli euro in
possesso dello straniero venuto da un altro mondo so
no ben accetti da chiunque. Ma quanto allo straniero o
alla straniera, come persone, nella loro provenienza e
maniera desistere, si fa di tutto per farci dire che non
sono del nostro mondo. Le autorit dello Stato e i suoi
ciechi esecutori li controlleranno, gli interdiranno il
soggiorno, criticheranno senza piet i loro costumi, il
loro modo di vestire, le loro abitudini quanto a famiglia
e religione. Tanta gente, mossa dalla paura e mobilitata
dallo Stato intorno a questa paura, si chieder con an
goscia quanti siano qui tra noi quelli che vengono da un
altro mondo. Decine di migliaia? Milioni? Domanda
terrificante, a pensarci bene. Domanda che non pu che
preludere alla persecuzione, allinterdizione, allespul
sione di massa. Domanda che, in un altro contesto, ha
preparato lo sterminio.
Oggi sappiamo perfettamente che, se lunit del
mondo quella degli oggetti e dei segni monetari, allo
ra, democrazia o non democrazia, per i corpi viventi
non c nessuna unit del mondo. Ci sono zone, muri,
64

viaggi disperati, disprezzo e morti. Ecco perch oggi la


questione politica centrale quella del mondo, dellesi
stenza del mondo.
Molti pensano che sia in questione un allargamento
della democrazia. Bisognerebbe estendere al mondo in
tero la buona forma del mondo, quella che esiste nelle
democrazie occidentali o in Giappone. Ma una visione
assurda. Il mondo democratico occidentale ha come ba
se materiale assoluta la libera circolazione degli oggetti e
dei segni monetari. La sua massima soggettiva pi im
portante la concorrenza, la libera concorrenza che im
pone la supremazia delle ricchezze e degli strumenti di
potere. La conseguenza fatale di questa massima la se
parazione dei corpi viventi a causa e in nome della dife
sa ostinata dei privilegi della ricchezza e del potere.
Oggi conosciamo la forma concreta di questo al
largamento della democrazia cui si dedica la comuni
t internazionale, cio la coalizione degli Stati gendar
mi del pianeta. E semplicemente la guerra. La guerra in
Palestina, in Iraq, in Afghanistan, in Somalia, in Afri
ca... Che per organizzare elezioni si debbano fare lun
ghe guerre dovrebbe indurci a riflettere, non solo sulla
guerra, ma anche sulle elezioni. A quale concezione del
mondo oggi associata la democrazia elettorale? D o
potutto, questa democrazia impone la legge del nume
ro. Cos come il mondo unificato dalla merce impone la
legge monetaria del numero. Potrebbe darsi che limpo
sizione del numero elettorale per mezzo della guerra,
come avviene a Baghdad o a Kabul, ci rinvi al nostro
problema: se il mondo quello degli oggetti e dei segni,
65

un mondo in cui tutto viene contato. Anche in politi


ca si deve contare. E a chi non conta o conta poco, ver
ranno imposte le nostre leggi contabili per mezzo della
guerra. E se poi la legge contabile dovesse produrre un
risultato eterogeneo rispetto alle nostre aspettative, gli
imporremo daccapo, per mezzo della violenza polizie
sca e della guerra, non solo il conto ma il buon con
to, quello che fa s che la democrazia elegga dei demo
cratici, cio dei pro-americani, dei clienti docili, e nes
sun altro. Come si visto quando gli occidentali, e in
prima linea alcuni dei nostri intellettuali, hanno applau
dito in Algeria linterruzione del processo elettorale che
aveva portato alla vittoria gli islamisti, o quando,
sempre loro, hanno rifiutato di riconoscere la schiac
ciante vittoria elettorale di Hamas nei territori palesti
nesi. Questi stessi occidentali non hanno esitato a mon
tare unoperazione militare per costringere alle dimis
sioni e allesilio il presidente regolarmente eletto di
Haiti, Aristide, daltronde assolutamente maggioritario
nellopinione pubblica del suo paese. Senza contare che
lHezbollah, ugualmente maggioritario nel Sud del Li
bano, considerato unorganizzazione terroristica.
In tutti e quattro i casi, il diniego da parte delle demo
crazie delle loro stesse norme contabili mostra la veri
t di queste norme: la perpetuazione dellordine capita
lista attraverso partiti in fin dei conti indistinguibili lu
no dallaltro, e la difesa di questa perpetuazione per
mezzo della guerra. Questo , infatti, il prezzo dei con
ti elettorali quando essi sono, insieme, imposti e misco
nosciuti. Guerra civile e internazionale in Palestina,
66

atroce guerra civile in Algeria, guerra daggressione in


Libano, sostegno meticoloso dei vari signori della guer
ra in tutto il continente africano. Tutto questo prova
che il mondo cos concepito in realt non esiste. Ci
che esiste un finto mondo chiuso, mantenuto artifi
cialmente separato dallumanit per mezzo di una vio
lenza incessante.
Bisogna quindi rovesciare la questione. Non possia
mo procedere da un accordo analitico sullesistenza del
mondo a unazione normativa riguardo alle sue qualit.
Il disaccordo concerne, infatti, come ogni vero disac
cordo, non le propriet ma le esistenze. Dinanzi ai due
mondi artificiali e assassini, di cui Occidente - questa
parola maledetta - nomina la disgiunzione, bisogna af
fermare fin dallinizio, come un assioma, come un prin
cipio, lesistenza di un solo mondo. Bisogna dire questa
frase molto semplice: c un solo mondo. Non una
conclusione oggettiva. Sappiamo bene che, sotto la leg
ge monetaria, non c un mondo unico delle donne e
degli uomini. C un muro che separa i ricchi dai pove
ri. Questa frase c un mondo performativa. Deci
diamo che per noi cos. Terremo fede a questa frase. Si
tratta di trarre le conseguenze, molto dure e difficili, di
questa frase molto semplice.
Una prima conseguenza, anchessa molto semplice,
riguarda la gente di origine straniera che vive tra noi.
Loperaio nero africano che vedo nella cucina di un ri
storante, il marocchino che scava col martello pneuma
tico o la donna velata che bada ai bambini in un giardi
no pubblico: tutti costoro appartengono al mio stesso
67

mondo. questo il punto capitale. Solo cos possiamo


rovesciare lidea dominante di ununit del mondo fat
ta di oggetti, di segni e di elezioni, idea che conduce al
la persecuzione e alla guerra. Lunit del mondo quel
la dei corpi viventi e attivi, qui, ora. E devo sostenere
assolutamente la prova di una tale unit: tutti costoro,
diversi da me per lingua, costumi, religione, abitudini
alimentari, cultura, esistono nel mio stesso mondo, esi
stono come me, semplicemente. Poich esistono come
me, posso discutere con loro e, come con chiunque, ci
possono essere punti di accordo o di disaccordo. Ma a
partire dalla condizione assoluta che esistono esatta
mente come me, cio, nello stesso mondo.
E qui che interviene lobiezione della differenza fra
le culture. Come? Appartengono al mio stesso mondo?
Il nostro mondo linsieme di tutti quelli per i quali i
nostri valori valgono realmente. Per esempio, i de
mocratici, quelli che rispettano le donne, che sostengo
no i diritti umani... Per tutti costoro c uno stesso
mondo. Ma quelli che hanno una cultura opposta non
appartengono veramente al nostro mondo. Non sono
democratici, opprimono le donne, hanno costumi bar
bari... Se vogliono accedere al nostro mondo occorre
che apprendano i nostri valori; che li condividano. Il
termine per dire tutto questo integrazione; occorre
che chi proviene da altrove si integri nel nostro mondo.
Perch il mondo delloperaio e il mondo di noialtri, pa
droni di questo mondo, sia il medesimo, occorre che
lui, loperaio africano, diventi come noi. Occorre che
ami e pratichi gli stessi valori.
68

Lattuale Presidente della Repubblica francese, N i


colas Sarkozy, ha dichiarato, allepoca in cui era sia can
didato alle elezioni che capo supremo della polizia: Gli
stranieri che vogliono restare in Francia devono amare
la Francia; altrimenti meglio che se ne vadano. Mi
sono detto: dovrei andarmene anchio, perch non amo
affatto la Francia di Nicolas Sarkozy. Non ne condivi
do affatto i valori. Contrariamente allopinione domi
nante, non mi auguro la partenza forzata di nessuno e
mi oppongo fermamente a ogni genere di espulsione.
Tuttavia, se proprio qualcuno dovesse essere espulso,
preferirei di gran lunga che fosse Sarkozy, ad esempio,
o il ministro espulsore Hortefeux, invece che i miei
amici africani dei foyers. Insomma, chiaro che non so
no integrato. In realt, se si pongono condizioni perch
loperaio africano appartenga al nostro stesso mondo,
significa che gi stato invalidato e abbandonato il
principio: c un solo mondo delle donne e degli uo
mini viventi.
Dal punto di vista filosofico dire: c un solo mon
do significa dire che questo mondo , nella sua stessa
unit, un insieme di identit e differenze. Le differenze,
lungi dallessere unobiezione allunit del mondo, ne
sono il principio desistenza. quel che chiamo il tra
scendentale di un mondo e che ne la legge logica im
manente9. Un solo mondo significa che la misura tra
9
II concetto di trascendentale lungamente e tecnicamente
sviluppato nel mio ultimo libro propriamente filosofico, Logiques des mondes (Seuil, Paris 2006). In particolare si pu legge69

scendentale delle intensit identificanti, quindi delle


differenze, ovunque accessibile a tutti, in quanto la
stessa. Ununit tale che, per aver diritto di farne parte,
occorresse essere identici a tutti gli elementi che la com
pongono, non sarebbe pi un mondo. Sarebbe una
parte chiusa di un mondo che la eccede e la corrode. Sa
rebbe come se volessimo tornare a quello di cui fanta
sticava Fichte sotto il nome di "Stato commerciale chiu
so - il ritorno delle forme pi barbare di nazionalismo
mentale. Anche il senso comune sa bene che ci vuol di
tutto per fare un mondo.
Mi direte allora: esistono comunque le leggi proprie
di ciascun paese. Certo. Ma una legge tuttaltra cosa
che una condizione. Una legge vale ugualmente per tut
ti. Una legge non fissa la condizione di appartenenza a
un mondo. solo una regola provvisoria che esiste in
una certa regione dellunico mondo. E non ci viene ri
chiesto di amare una legge. Solo di obbedirle.
Il
mondo unico delle donne e degli uomini viventi
pu avere certe leggi; ma non pu avere al suo interno
condizioni soggettive, o culturali. Non pu esigere
che la condizione per vivervi sia quella di essere uguali
a tutti gli altri. E tanto meno di essere uguali a una mi
noranza tra tutti gli altri, quale ad esempio il piccolo
borghese bianco civile. Se c un solo mondo, tutti
quelli che ci vivono esistono come esisto io, ma non so
re lintroduzione del libro II, per farsi unidea della funzione di
questo concetto: regolare lordine dapparizione delle moltepli
cit in un mondo.
70

no come me, sono diversi. Lunico mondo proprio il


luogo in cui esiste linfinit delle differenze. Il mondo
trascendentalmente lo stesso proprio in quanto i viven
ti di questo mondo sono diversi.
Se invece si pretende da coloro che abitano il mon
do dessere tutti gli stessi, allora il mondo a richiuder
si e a diventare, in quanto mondo, diverso da un altro
mondo. Il che prelude inevitabilmente alle separazioni,
ai muri, ai controlli, al disprezzo, ai morti, e infine alla
guerra.
Ci si chieder allora: queste differenze infinite, c
qualcosa che le regola? Non c nessuna identit che en
tra in dialettica con queste differenze? C un solo
mondo, benissimo. Ma questo vuol dire forse che esse
re francese o essere un marocchino che abita in Francia
o essere corso, bretone o essere un musulmano in un
paese di tradizione cristiana non conti niente dinanzi
allimmensa unit differenziante del mondo dei viventi?
Abbiamo visto come il trascendentale dellunico mon
do misuri e regoli le differenze. Ma dobbiamo forse
concludere che il persistere delle identit sia un ostaco
lo allunit del mondo? una buona domanda. Certo,
linfinit delle differenze anche linfinit delle identi
t. Esaminiamo pi in dettaglio quale sia la dialettica
delle identit quando si afferma lesistenza di un solo
mondo in cui un unico trascendentale misura allinfini
to le differenze.
Innanzitutto, che cos unidentit? La definizione
pi semplice questa: unidentit consiste nellinsieme
dei tratti, delle propriet, per mezzo delle quali un indi
71

viduo o un gruppo si riconosce in quanto se stesso.


Ma che cos se stesso ? E ci che, attraverso tutte le
propriet caratteristiche dellidentit, rimane pi o me
no invariante nel tessuto infinito delle differenze e dei
loro mutamenti. Si pu dire quindi che unidentit
linsieme astratto delle propriet che sostengono unin
varianza. Per esempio, lidentit omosessuale costitui
ta da tutto ci che si collega allinvarianza delloggetto
possibile del desiderio; lidentit di un artista ci da
cui si riconosce linvarianza del suo stile; lidentit di
una comunit straniera in un certo paese ci che per
mette di riconoscerne lappartenenza: la lingua, i gesti, i
costumi, le abitudini alimentari, ecc.
Definita pertanto attraverso una serie dinvarianti,
lidentit si riferisce alla differenza in un duplice senso.
In primo luogo, lidentit ci che differente dal re
sto (identit statica). In secondo luogo, lidentit ci
che non diviene differente (identit dinamica). Sullo
sfondo abbiamo la grande dialettica filosofica dello
Stesso e dellAltro.
Solo partendo dallipotesi che viviamo tutti nello
stesso mondo, si pu affermare il diritto a restare gli
stessi, a mantenere e a coltivare la propria identit. Se
loperaio marocchino esiste come me, pu benissimo
affermare davere il diritto, proprio come me, di con
servare e organizzare le sue propriet invarianti, la re
ligione, la lingua materna, il modo di giocare o di abi
tare, ecc. Afferma quindi la propria identit rifiutando
che gli venga imposto dintegrarsi. Che gli venga im
posta, cio, la pura e semplice dissoluzione della pro
72

pria identit a vantaggio di unaltra. Perch se egli esi


ste nel mondo come me, non ha nessuna ragione a prio
ri di credere che questaltra identit sia migliore della
propria. Detto questo, nella dialettica dello stesso e
dellaltro laffermazione identitaria ha due aspetti mol
to diversi.
Il
primo aspetto il desiderio che il mio divenire re
sti interno allo stesso. Un po come quando Nietzsche
enuncia la famosa massima: Diventa ci che sei. Si
tratta dello sviluppo immanente di unidentit in una
nuova situazione. Loperaio marocchino non abbando
ner quel che costituisce la sua identit individuale, fa
miliare o collettiva. Ma la adatter, in maniera inventi
va, al luogo in cui si trova nel mondo. Inventer cos
quel che : un operaio marocchino a Parigi. Si potrebbe
dire che creer se stesso come movimento soggettivo
che va dal contadino marocchino del Nord fino allo
peraio stabilitosi in Francia. Senza una rottura interna,
ma attraverso una dilatazione dellidentit.
Laltro modo daffermare la propria identit nega
tivo. Consiste nel sostenere ostinatamente che io non
sono laltro. E spesso indispensabile, come ad esem
pio quando Sarkozy pretende unintegrazione autorita
ria. Loperaio marocchino affermer con forza che le
sue tradizioni e i suoi usi non sono quelli del piccolo
borghese europeo. Rinforzer anzi i propri tratti identitari religiosi o tradizionali. Si opporr al mondo occi
dentale, di cui rifiuta la superiorit.
Nellidentit insomma c un duplice uso della dif
ferenza. Un uso affermativo: lo stesso si mantiene nella
73

propria potenza differenziante. una creazione. Un


uso negativo: lo stesso si difende contro la corruzione
da parte dellaltro. Vuole preservare la propria purezza.
Ogni identit il gioco dialettico tra un movimento di
creazione e un movimento di purificazione. Questa dia
lettica crea nei diversi luoghi del mondo una serie di
spostamenti identitari e di determinazioni di differenze
che costituiscono la storia aperta del luogo medesimo.
Per inscrivere una politica demancipazione nel
contesto di un luogo determinato - in un paese, per
esempio - il metodo migliore affermare innanzitutto
che c un solo mondo. E che le conseguenze implicite
di questo assioma non possono che essere azioni politi
che fondate sullindifferenza delle differenze, il che
vuol dire che la politica un operatore per il consolida
mento di quel che c duniversale nelle identit. Posso
infatti discutere dettagliatamente con un operaio ma
rocchino o con una madre di famiglia del Mali di come
agire insieme per affermare che esistiamo, gli uni e gli
altri nello stesso mondo, bench sotto identit distinte.
Per esempio, c stato in Francia un appello lancia
to dallOrganisation politique et le Rassemblement des
Collectifs des Ouvriers Sans Papiers des Foyers, per fa
re del 22 marzo 2007 una giornata damicizia con gli
stranieri. Il temine amicizia, che pu avere risonanze
sospette perch sembra invocare forme affievolite del
vecchio umanesimo, va inteso qui come un termine po
litico. Un amico semplicemente qualcuno che esiste in
un rapporto di uguaglianza con noi, nel nostro stesso
mondo. Quel giorno, gli uni e gli altri, i nazionali e gli
74

stranieri che vivono qui, hanno aperto la proprie ri


spettive identit alla loro dimensione mobile. Si sono
riuniti per dire i loro modi diversi di essere nello stesso
mondo. Innanzitutto hanno chiesto insieme labolizio
ne delle leggi persecutorie10, delle leggi che fanno i mu
ri, le retate, le espulsioni. Leggi che consegnano gli stra
nieri alla polizia. Hanno ribadito che la presenza in
Francia di milioni di stranieri debba essere pensata a
partire dallidea che essi semplicemente ci sono e che
esistono come noi. Basta constatare, con amicizia, la lo
ro esistenza, e regolarizzarla, renderla normale. Dare
loro documenti regolari, in base al lavoro, allo studio
dei figli, delle malattie gravi impossibili da curare in
Africa, delle necessit familiari, dei rischi politici.
Niente pi di quello che si fa normalmente per gente
che si trova nella nostra stessa situazione esistenziale.
Gente dello stesso mondo.
In questo percorso collettivo le identit diventa
no un banco di prova per lesperienza politica e la sua
universalit. In quanto prospettiva sul mondo unico,
10
Un punto decisivo dellazione, in Francia, in materia di
operai sans papiers, consiste nellesigere senza tregua la pura e
semplice abolizione della legge preparata da Sarkozy, detta leg
ge CESEDA (Code de lEntre et Du Sjour des Etrangers et
Du Droit D Asile). Legge che, tra le tante leggi repressive e ille
gittime avviate da Sarkozy e dal suo scagnozzo Hortefeux,
particolarmente scellerata. Un esame dettagliato di questo testo
infame stato pubblicato come supplemento al Journal Politique, e lo si pu trovare utilizzando i riferimenti contenuti nel
la nota 7.
75

lidentit diventa allora il supporto di quel che i maoi


sti chiamavano uno scambio di esperienze. Il resi
dente ereditario impara dal nomade in che modo
quelli venuti da altrove vedano la politica del nostro
paese e immaginino di partecipare al suo cambiamento;
e il residente transitorio o recente impara dalleredita
rio in che modo appunto si cerchi da tempo di cam
biarla, quella politica, e si sia coscienti del ruolo essen
ziale dei nuovi arrivati per lavvenire della lotta. Ne na
scono idee imprevedibilmente nuove. E anche forme
dorganizzazione in cui la differenza tra nazionali e
stranieri non pi un operatore di separazione, perch
completamente subordinata a una convinzione comu
ne: c un solo mondo in cui esistiamo egualitariamen
te e, in questo mondo, identit diverse possono essere
materia di un utile scambio di esperienze, a condizione
che si condividano azioni politiche comuni. Possiamo
quindi ricapitolare in quattro punti il percorso del no
stro ragionamento:
1. Il mondo del capitalismo sfrenato e delle de
mocrazie ricche un mondo finto. Non riconoscendo
altra unit che quella dei prodotti e dei segni monetari,
esso rigetta infatti la maggior parte dellumanit in un
altro mondo svalutato, dal quale si separa attraverso
le muraglie e la guerra. In questo senso, oggi non c
mondo.
2. Affermare quindi che c un solo mondo un
principio dazione, un imperativo politico. Questo
principio anche quello delluguaglianza delle esisten
ze in ogni luogo di questo mondo unico.
76

3. Il principio dellesistenza di un solo mondo non


contraddice il gioco infinito delle identit e delle diffe
renze. Implica soltanto, nel momento in cui diventa un
assioma dellazione collettiva che le identit subordina
no la loro dimensione negativa (lopposizione alle al
tre) alla loro dimensione affermativa (lo sviluppo dello
stesso).
4. Per quanto riguarda lesistenza concreta di mi
gliaia di stranieri nei nostri paesi, ci sono tre obiettivi:
opporsi allintegrazione persecutoria; limitare la chiusu
ra comunitaria e le tendenze nichiliste che essa veicola;
sviluppare le virtualit universali delle identit. Lartico
lazione concreta di questi tre obiettivi definisce quella
che oggi la questione pi importante in politica.
Su questo legame strettissimo tra la politica e la que
stione degli stranieri, oggi assolutamente centrale, esiste
un testo sorprendente di Platone. la fine del libro IX
della Repubblica. I giovani interlocutori di Socrate gli
dicono: Tutto quello che ci hai raccontato, sulla politi
ca, va benissimo, ma impossibile. irrealizzabile. E
Socrate risponde: S, nella Citt in cui si nati, pro
babilmente impossibile. Ma sar forse possibile in una
citt straniera. Come se ogni vera politica implicasse
lespatrio, lesilio, Tesser stranieri. Dobbiamo ricordar
celo quando si va a fare politica con gli studenti venuti
da altrove, con gli operai dei foyers, con i giovani delle
periferie: Socrate ha ragione, il fatto che siano stranieri
o che abbiano una cultura differente non un ostacolo.
Anzi! La realizzazione di una politica vera in un luogo
di questo mondo che proclamiamo unico ha assoluta
77

mente bisogno, per essere possibile, di quelli che ven


gono daltrove.
Allinizio degli anni 80, un primo ministro sociali
sta, assumendo il ruolo di portavoce civile di Le Pen,
dichiar: Gli immigrati sono un problema. Noi dob
biamo rovesciare questa affermazione e dire: Gli stra
nieri sono una chance!. La massa degli operai stranieri
e dei loro figli testimone, nei nostri paesi vecchi e
stanchi, della giovent del mondo, della sua vastit e in
finita variet. E con loro che si inventa la politica a ve
nire. Senza di loro cederemmo al consumo nichilistico
o allordine poliziesco.
Che gli stranieri ci insegnino, se non altro, a diven
tare stranieri a noi stessi, a progettarci fuori di noi, tan
to da non rimanere prigionieri di questa lunga storia oc
cidentale e bianca che volge al termine, e dalla quale
non c pi da aspettarsi che la sterilit e la guerra. Con
tro una simile aspettativa catastrofica, sicuritaria e ni
chilista, salutiamo quel che c di straniero nel mattino.

78

V
In simili circostanze, il coraggio...
Tutti i punti di cui ho parlato, e i molti altri che sa
rete voi a inventare, ci riconducono a quella che consi
dero la virt fondamentale in questo momento: il co
raggio. Perch elevare ddl'impotenza allimpossibile ,
soggettivamente, la questione del coraggio. Cio lab
bandono della regola della sopravvivenza dellanimale
umano - povera cosa esaltata oggi oltre misura sotto il
nome di individuo - per tener fermo un punto che pos
sa avviare una procedura di verit.
Nel Seminario di Lacan, libro I, c un passo che mi
sempre piaciuto molto, in cui egli si domanda se la cu
ra analitica non debba concludersi con grandi disserta
zioni dialettiche sul coraggio e la giustizia, come nei
dialoghi di Platone. assai sorprendente questo riferi
mento a Platone proprio quando sono in questione i fi
ni ultimi della cura. Il coraggio chiamato in causa in
connessione col processo delevazione dellimpotenza
allimpossibile. Il che suppone una ridefinizione del co
raggio stesso.
Che cos il coraggio? Leggete il meraviglioso dialo
go di Platone, il Lachete, dedicato alla questione del co79

raggio. Sul problema viene interrogato uno specialista,


un generale. Il generale, che si chiama Lachete, risponde
grosso modo in questi termini: Il coraggio quando
vedo il nemico e mi precipito contro di lui per combat
terlo. Socrate, evidentemente, non granch soddisfat
to. Redarguisce allora gentilmente il generale: Il vostro
un beiresempio di coraggio, ma un esempio non una
definizione. E il dialogo prosegue, tortuoso come al
solito, prendendo in esame nozioni assai difficili, come
"pericolo o temerariet, senza ottenere nessun altro
risultato se non quello di eliminare le false piste.
Correndo quindi gli stessi rischi del generale Lache
te, vi dar la mia definizione del coraggio. Innanzitutto
ne manterr lo statuto di virt. Dopo tutto, siamo alla
ricerca di una morale, di una morale provvisoria per
non essere n depressi n topi durante la burrasca sarkozyana. Vogliamo sapere come essere degni, virtuosi e
custodi delPavvenire delle verit in questo difficile mo
mento.
Definirei il coraggio come la virt che si manifesta
nella capacit di perseverare neirimpossibile. Non si
tratta soltanto di incontrare limpossibile, di farne le
sperienza. Questo sarebbe solo eroismo, un momento
di eroismo. Ma, leroismo , in fin dei conti, pi facile
del coraggio. Leroismo far fronte allimpossibile. E
sempre stato rappresentato come una postura, magari
sublime, perch il momento in cui ci si rivolge verso
limpossibile, ossia verso il reale richiesto, e gli si fa
fronte. Il coraggio si distingue dalleroismo perch
una virt, e non un momento o una postura. E una vir
80

t che va costruita. Chiariamo il fatto che, per noialtri,


materialisti dellevento e delleccezione, una virt non
qualcosa che gi si possiede, una sorta di disposizione
che fa s, ad esempio, che esistano coraggiosi e vili. Una
virt si manifesta in una serie di pratiche che costrui
scono un tempo particolare, senza tener conto delle leg
gi del mondo o delle opinioni che le sostengono. Se le
roismo la figura soggettiva di un far fronte allimpos
sibile, il coraggio la virt del perseverare nellimpossi
bile. Il coraggio non il punto, ma mantenere il punto.
Ci che richiede coraggio mantenersi in una durata
diversa da quella imposta dalla legge del mondo. La ma
teria prima del coraggio il tempo.
Lo si pu dire in una maniera che a prima vista sem
bra particolarmente stupida: il coraggio non farsi sco
raggiare subito. Bisognerebbe scrivere allora s-coraggiare, e intendere il coraggio come una virt attiva
esclusivamente nel tempo: il coraggio il coraggiamento che disfa lo s-coraggiamento. I nostri amici operai
venuti dallAfrica lo dicono chiaramente nella loro lin
gua inventata, tanto rigorosa quanto gustosa. Uno degli
obiettivi del lavoro politico consiste secondo loro nel
coraggiare la gente. Ma bisogna ammettere che,
quando la situazione generale particolarmente diffici
le, come per esempio da quando stato eletto Sarkozy,
molti di loro non sono coraggiati. La virt del corag
gio - lo hanno imparato nellazione politica organizza
ta - non uno stato, ma quel che attraversa qualcuno,
che lo coraggia energicamente. Insomma, come ogni
vera virt, il coraggio pi un verbo che un nome.
81

Da quando stato eletto Sarkozy, il coraggio ri


chiesto per uscire dalPimpotenza di cui testimonia laf
fetto depressivo. Ma attenzione! Il coraggio non pu
essere il coraggio di ricominciare, di ricostruire quel che
era. Il coraggio che consiste nel continuare a essere coraggiati non in nessun modo riducibile al coraggio di
conservare ci che stato disfatto. La ricostruzione
della sinistra o la riforma del partito socialista signi
ficano molto poco per noi! Non c niente di meglio per
cessare immediatamente di essere coraggiati. Ogni ri
petizione s-coraggia.
A questo proposito, bisogna esaminare pi da vici
no la dialettica del coraggio. Ricordando prima di tutto
che linizio del coraggio comporta sempre una dose di
eroismo. Bisogna prima di tutto rivolgersi verso un
punto. Bisogna accettare eroicamente di dissolvere lin
dividuo in un faccia a faccia con un punto da tener fer
mo. In questo c un che di eroico. Non necessaria
mente un eroismo grandioso, dallaspetto guerriero
(che pure talora indispensabile). Ma, come minimo,
bisogna rivolgersi a un punto di eccezione e accettare
questo rivolgimento che ci sottrae allurgenza degli in
teressi della nostra animalit individuale. probabil
mente un rivolgimento di questo genere, in cui lindivi
duo si disindividualizza, che Platone chiama la con
versione. La conversione dialettica, cos come linten
de Platone, ci distoglie infatti dalla realt per metterci
faccia a faccia con quel reale il cui nome Idea. E
questa conversione, per quanto del tutto razionale,
eroica in quanto si inscrive come rottura nel tessuto del
82

tempo della realt. Perci non pu esserci coraggio che


consista nella virt di ricostrire o di ripetere. Il coraggio
non mai il coraggio di ricominciare come prima.
Mi ha colpito la copertina del settimanale Marianne
subito dopo lelezione delluomo dei topi: Non abbia
te paura!. Mi parso molto interessante. un titolo
che ha la sua legittimit: enuncia che la paura lele
mento generico della situazione e sembra invitare al co
raggio. Ma il contenuto che Marianne conferisce a que
sto coraggio non altro, come al solito, che quello di
costruire finalmente la sinistra, quella vera, leterna chi
mera. Per far questo bisogner, da una parte, - dichiara
la scoraggiante ragione ripetitiva di Marianne - liquida
re le idee libertarie (cio Maggio 68, punto questo sul
quale i repubblicani di Marianne assomigliano terri
bilmente ai ricchi che ci governano e ai topi che li se
guono) e, dallaltra, non mollare, tener duro, fare piaz
za pulita, ricostruire. Ma il coraggio non questo, non
sta nellostinarsi sulla cosa, nel risalire il pendio come
Sisifo. Il coraggio come lo intendo qui nasce da una
conversione eroica, rivolgendosi a un punto che non
cera, verso un reale intessuto dimpossibile. Il coraggio
comincia in un punto, attraverso un rivolgimento eroi
co che rompe con le opinioni e non tollera alcuna no
stalgia, se vero che lessenza stessa del coraggio il
mantenere disciplinatamente le conseguenze del faccia a
faccia con il punto. Ora, quando una cosa comincia in
un punto, bisogna saper accettare di non commisurarla
subito con la situazione globale. Quando costituite una
durata separata, che ha origine in un punto, non siete
83

nel confronto immediato di questa localizzazione con


la situazione globale.
Il
colpo che ci stato inferto, sotto forma delPelezione di Sarkozy, di natura globale, riguarda lo Stato,
cio quel che chiamo lo stato della situazione. tal
mente globale da poter restare indistinto abbastanza a
lungo. Ancora non sappiamo quali siano i suoi ingre
dienti principali, quali siano le sue localizzazioni prio
ritarie, che cosa succeder, ecc. Sentiamo solo il colpo
ricevuto e limpotenza. Dal punto di vista della situa
zione globale, non c per il momento nessuna cura
possibile per questa impotenza. La presunta risposta
globale, infatti, la conosciamo, il vecchio ritornello
sulla ricostruzione della sinistra. Questo significa ri
tornare alle vecchie abitudini, tentare di riparare la
gomma bucata delle vecchie categorie parlamentari, e
preparare quindi la reiterazione senza coraggio delle
circostanze che provocano limpotenza.
Abbiamo cos una prima grande legge della morale
provvisoria: quando si riceve un colpo globale, il corag
gio che deve rispondergli locale. in un punto che
potrete ricostruire la possibilit di vivere senza perdere
lanima negli effetti depressivi del colpo ricevuto. Ci ci
conduce a una seconda definizione del coraggio, o piut
tosto del senso della sua azione: il coraggio orienta lo
calmente nel disorientamento globale.
La situazione soggettiva del nostro paese pu essere
descritta in questi termini: il disorientamento intellet
tuale, fattore di impotenza, ha avuto inizio, almeno dal
lepoca di Mitterrand, sapiente istigatore della confu
84

sione. Ma, con lelezione di Sarkozy, lunione dei topi e


linerzia di tutti, il disorientamento ha finalmente tro
vato il proprio simbolo, le forme di rottura che ne fan
no ormai la legge della situazione. In tali condizioni,
limperativo quello di orientarsi localmente, punto
per punto, in modo da ricostituire il coraggio.
In simili circostanze, il coraggio locale fa breccia in
una disposizione globale di cui Sarkozy il nome, il no
me di Stato. Ma qual poi questa disposizione globale?

85

VI
Il Petainismo
come trascendentale della Francia
Siamo alla ricerca di un elemento analitico concer
nente la natura specifica del disorientamento delle co
scienze, disorientamento di cui Sarkozy il nome.
Vorrei a questo proposito riprendere pi nel dettaglio
unipotesi gi formulata, cio lidea che un tale dis
orientamento, preso nella sua dimensione globale, nel
la sua storicit e intelligibilit, costringe a risalire fino
a ci che potremmo chiamare il suo trascendentale petainista.
Qualche precisazione sulla natura intellettuale di
questa ipotesi: non sto dicendo che le circostanze asso
miglino a quelle della disfatta del 1940, n che Sarkozy
assomigli a Ptain. Nientaffatto. Sto dicendo che la
soggettivit di massa che porta Sarkozy al potere, e ne
sostiene lazione, ha le sue radici inconsce, storico-na
zionali, nel petainismo. E quel che chiamo un trascen
dentale: qualcosa che, senza apparire in superficie (da
qui il fatto che la situazione attuale non assomiglia al
la sequenza del regno di Ptain), configura a distanza, fa
87

legge e detta il suo ordine a una disposizione collettiva.


Ho gi utilizzato il concetto (cfr. anche nota 9), per
spiegare come si debba intendere lenunciato prescritti
vo: esiste un solo mondo.
Nel caso del nostro paese, chiamare petainista
questo trascendentale evita sia le definizioni deboli di
antidemocratico o bonapartista (qualifiche di sini
stra), sia le qualifiche fascista o prefascista, che sareb
bero eccessive, di estrema sinistra.
Petainista , in Francia, il trascendentale delle for
me statalizzate e catastrofiche del disorientamento. Ci
troviamo in un disorientamento importante, esso si
presenta come una svolta nella situazione ed solenne
mente attivo alla testa dello Stato. Da questo punto di
vista, ancora formale, c una tradizione nazionale del
petainismo che ben anteriore a Ptain. Il petainismo in
Francia comincia in realt con la Restaurazione del
1815. Si ristabilisce un governo post-rivoluzionario con
laiuto dello straniero, con lappoggio vigoroso degli
espatriati, delle classi estromesse, dei traditori e degli
opportunisti di ogni sorta, e con il consenso del popo
lo estenuato. Esso dichiara di restaurare lordine e la
morale pubblica, contro lanarchia sanguinosa delle ri
voluzioni. Questa matrice, tipicamente francese, insiste
nella nostra storia. Nel 1940, ritroviamo la figura cata
strofica della disfatta militare come pretesto per un dis
orientamento generale: come, per esempio, un governo
che non fa che parlare di nazione, ma che sostenu
to dai paesi stranieri; oligarchi corrotti fino allosso che
si presentano come quelli che salveranno il paese da una

grande crisi morale; e un avventuriero, un capo debole,


un vecchio soldato o un astuto politicante - in ogni ca
so sempre al servizio delle grandi fortune - che si pre
senta come il vero detentore dellenergia nazionale.
Non siamo oggi in presenza, come miserabile ripe
tizione delle gravi crisi depressive che la Francia stori
camente si infligge, di vari indizi che vanno in questo
senso?
Innanzitutto, in questo tipo di situazione petainista, la capitolazione e il servilismo si presentano come
invenzione, rivoluzione e rigenerazione. Il fatto che
Sarkozy abbia scelto per la sua campagna elettorale il
tema della rottura essenziale. Rottura, profonde rifor
me, movimento incessante quanto quello di una zanza
ra: Sarkozy annuncia che superer la crisi morale della
Francia, che la rimetter al lavoro. comunque straor
dinario che si possa dire alla gente, nello stato in cui si
trova, e dallalto del doppiopetto da sindaco di Neuilly:
Vi rimetto io al lavoro!. Si direbbe una gran borghe
se del X IX secolo che si rivolge alla cameriera. E invece
no, la rottura, il rinnovamento. Il contenuto ovvia
mente lobbedienza incondizionata alle esigenze dei
potentati del capitalismo globalizzato. La situazione
militare competenza degli americani, la situazione in
terna competenza della grande finanza, ecc. Colpire
mo solo i deboli, i poveri e gli stranieri. La rottura
in realt una politica della genuflessione continua, che si
presenta come politica di rigenerazione nazionale. Ecco
un disorientamento tipicamente petainista: il servilismo
nei confronti dei potenti del momento (il vincitore na
89

zista e i suoi complici destrema destra) viene definito


dal Capo come una rivoluzione nazionale. Nel pieno
della capitolazione e della servit accettata, si parla di
rieducazione morale e di rigenerazione dellavvenire.
Ce ne vuole per trovare qualcosa di pi disorientante.
una figura che ci propria, credo, e di cui non vedo
molti equivalenti in altre nazioni, o almeno tra quelle
che ambiscono a un ruolo importante sulla scena mon
diale, quale era evidentemente la Francia negli anni 40.
Singolarit che non certo un motivo di fierezza pa
triottica.
Il
secondo criterio del petainismo il tema della
crisi, della crisi morale che giustifica le misure pre
se in nome della rigenerazione. C uno svilimento na
zionale, una minacciosa decadenza a cui bisogna subito
rimediare. Questo svilimento (oggi si ama parlare di
declino) imputabile a una crisi morale: la distinzio
ne tra il bene e il male, il lavoro, la famiglia e la patria
sono in crisi. Poich la crisi morale, il risanamento
non ipotizza in alcun modo lenergia di una mobilita
zione politica della gente, mobilitazione dalla quale, in
vece, ci si dovr guardare con la maggiore efficacia pos
sibile, con laiuto di draconiane misure di polizia. La
morale interviene, come sempre, al posto della politica
e contro la politica, in particolare contro la politica fat
ta direttamente dal popolo. Si far appello al risana
mento morale, al lavoro, alleconomia familiare, secon
do una terminologia squisitamente petainista che dice
che lo Stato dovr occuparsi di tutto, visto che la gente
attraversa una crisi morale. Nel buio della crisi, basta

rendere onore agli individui che, rispondendo allappel


lo dello Stato e del suo capo, compiono sforzi meritori
contro il declino. Godendo, per esempio, nel lavorare
sessanta ore a settimana. A costoro sar conferita una
medaglia di cioccolata. Come dice continuamente luo
mo dei topi: bisogna ricompensare il merito.
Va detto che la dialettica tra morale e politica, tipi
camente petainista, stata a lungo preparata da tutti
quelli che, fin dallepoca dei nouveaux philosophes
alla fine degli anni 70, hanno moralizzato il giudizio
storico e sostituito alla contrapposizione fondamentale
tra politiche demancipazione egualitaria e politiche di
conservazione inegualitaria, quella puramente morale
tra Stati dispotici e crudeli e Stati di diritto, senza dal
tronde spiegarci lorigine dei giganteschi massacri com
messi, in tutto il pianeta, nellarco di un secolo e mez
zo, da questi Stati di diritto. In realt lo scopo di que
sta moralizzazione politico. Si tratta di sostenere che
lo stato del Paese non in alcun modo il risultato del
lazione dei grandi servitori del capitale e della loro
clientela mediatico-politica, ma che colpa della gente,
della moralit dei cittadini qualsiasi. Sarkozy ci spie
ga che, se i nostri concittadini sono sprofondati in una
crisi morale che conduce il paese al declino, tutta col
pa - chi lavrebbe mai detto - di Maggio 68. Ora, Mag
gio 68 stato fatto dalla gente, dagli studenti, dagli
operai, dagli intellettuali. E se Maggio 68 ossessiona
ancora Sarkozy e i suoi topi, perch suppongono, non
a torto, che la gente continui in qualche misura a cre
derci o a farvi riferimento. Perci la gente - e in par
91

ticolare i giovani dei quartieri popolari e gli operai di


origine straniera - a costituire, secondo luomo dei to
pi, lagente duna grave crisi morale. colpa di qualche
pidocchioso se il paese sta declinando, e pu sprofon
dare da un momento allaltro. Fortunatamente, Sarkozy e lo Stato vegliano. Si incaricheranno loro dello
perazione complessiva di rigenerazione e di rottura. La
crisi morale sempre un enunciato che conduce a
conferire pieni poteri allo Stato, col pretesto dellirre
sponsabilit dei governati, soprattutto dei pi disereda
ti e dei pi deboli. Come si possa riparare a una crisi
morale per mezzo dello Stato, non tanto chiaro. Quel
che sicuro che bisogna prendere misure energiche, e
comunque le prenderanno. Ecco quel che rester di tut
to questo guazzabuglio moralizzante: polizia, giustizia,
controlli, espulsioni, leggi scellerate e sistema carcera
rio. Senza dimenticare, ovviamente, larricchimento dei
ricchi, che il Bene per eccellenza.
Terzo criterio del petainismo: la funzione paradig
matica delle esperienze allestero. Lesempio del risana
mento viene sempre dallestero. Gli altri paesi stanno
meglio di noi, hanno gi fatto il loro risanamento. Han
no superato la crisi morale senza esitazioni. Nei buo
ni paesi esteri ai demoralizzatori gli hanno fatto la fe
sta! Ora tocca a noi fare altrettanto. Per Ptain, gli stra
nieri buoni, quelli che hanno radicalmente messo in ri
ga i fautori della crisi morale e della decadenza - ebrei,
comunisti, meteci, intellettuali progressisti, ecc. - sono
i fascisti. La Germania di Hitler uscita dalla crisi, lI
talia di Mussolini e la Spagna di Franco sono uscite dal
92

la crisi, e ora tocca noi, seguendo lesempio di questi


grandi modelli. E assolutamente ossessivo questo riferi
mento agli altri paesi come matrice del nostro risana
mento. Si tratta di una vera e propria estetica politica, di
una teoria del modello e delPimitazione. Come il de
miurgo di Platone, lo Stato deve modellare la societ te
nendo lo sguardo fisso sui modelli fascisti, per salvarla
dalla crisi morale. Per lo Stato salvifico e il suo infatica
bile capo, il vantaggio di questa teoria del modello - sul
la quale Lacoue-Labarthe ha scritto cose molto impor
tanti11 -, di questa estetica del modello (di cui abbiamo
oggi versioni ovviamente miserabili), consiste nel fatto
che si tratta di una riconfigurazione passiva che non fa
mai appello alPenergia dei propri attori. Questo il
ruolo delle costanti invocazioni, da parte dei nuovi rea
zionari, ai grandi meriti delluniversit e delleconomia
di Bush, alle magnifiche riforme di Blair, e persino al
labnegazione degli operai cinesi che lavorano dodici
ore al giorno per quasi nulla. Ancora uno sforzo, fran
cesi, se volete essere moderni come i vostri vicini e riva
li. Il modello estero significa: potremo uscire dalla
"crisi morale, solo dandoci nuovi e potenti mezzi di
polizia e di repressione, di forte restrizione del diritto di
11
Lacoue-Labarthe morto da poco, e la sua assenza si fa
crudelmente sentire in questi tempi difficili. Si rilegga Uimitation des modernes (Galile, Paris 1986), libro decisivo, nel qua
le la funzione ideologica dei modelli e della loro riproduzione
analizzata dettagliatamente nella sua funzione di sutura, sempre
prefascista, tra politica e arte.

sciopero, di limitazione delle spesa pubblica, e altri mo


tivi ricorrenti degli amici dellordine, per spremere co
me limoni la stragrande maggioranza della gente comu
ne. Allora e solo allora, quando i ricchi saranno ricchis
simi e i poveri si saranno pauperizzati, si potr festeg
giare il ritorno della moralit pubblica.
Una quarta caratteristica, assai importante, del di
spositivo petainista la propaganda secondo la quale,
poco tempo fa, accaduto qualcosa di nefasto che ha
cristallizzato e aggravato la crisi morale. E un punto ca
pitale. La propaganda petainista consiste nel dire che al
lorigine della crisi morale e del declino c un evento
catastrofico, legato sempre a rivendicazioni popolari.
Nel caso dei petainisti della Restaurazione nel 1815, ce
ra ovviamente la Rivoluzione, il Terrore, la decapitazio
ne del re. Nel caso del petainismo di Ptain questo di
sastro il Fronte popolare. Quattro anni prima cera
stato il governo di Lon Blum e, soprattutto, cerano
stati i grandi scioperi con loccupazione delle fabbriche.
Disordini inqualificabili che avevano messo una fifa
memorabile ai possidenti di questo paese, che ancora
tremavano. Al Fronte popolare preferivano di gran lun
ga i tedeschi, i nazisti o chiunque altro. Di qui i vari di
scorsi che affermavano che il Fronte popolare fosse lo
rigine e il simbolo della grave crisi morale che esigeva,
con il propizio aiuto dei nazisti, una rivoluzione nazio
nale. Per il nostro Presidente, infine, Maggio 68 re
sponsabile di una crisi dei valori che necessita anchessa
di una riconfigurazione generale - sul modello di Bush
o Blair - di tutto il nostro sventurato paese in via di di
94

sintegrazione accelerata. Nel petainismo c un elemen


to storico che consiste nel legare due eventi, un evento
negativo, generalmente operaio e popolare, e un ele
mento positivo, statale, elettorale e/o militare. Il petai
nismo - e questo un suo punto di forza - propone una
leggibilit semplificata della storia. Per Sarkozy, questa
leggibilit copre un arco piuttosto grande, quarantanni
di storia, dallapice della decadenza, Maggio 68, allapi
ce del risanamento, luomo dei topi in persona. E una
fonte di legittimit per il nuovo governo, poich ogni
legittimit del genere un legame tra lo Stato e la storia.
Il governo rappresenta se stesso e si fa rappresentare co
me un attore storico di prima importanza, perch
quello che, finalmente, prende la misura del risanamen
to necessario rispetto al nefasto evento inaugurale.
Il quinto elemento dordine razziale. Sotto Ptain,
lo si diceva in maniera molto chiara: farla finita con gli
ebrei, i meteci, i negri. Oggi si pi cauti, ma un orec
chio esercitato non ha dubbi: Noi non siamo (sottin
teso: contrariamente ad altri) una razza inferiore. La
Francia non ha lezioni da ricevere da nessuno, tutto
quel che ha fatto la Francia sempre stato un bene, e un
vero francese non deve dubitare della legittimit delle
azioni del suo paese. Sarkozy si gi spinto parecchio
in questa direzione, non esitando a paragonarci in ter
mini assai favorevoli con gli africani. Ha fatto sapere lo
ro che sono ben lungi dal valere quanto noi, e che quin
di, se sono in miseria a casa loro, visto che colpa loro,
devono restarci. Noi, francesi di Francia, abbiamo i no
stri doveri, i nostri valori, il nostro destino, la nostra
95

esistenza, e a tutto questo prodigheremo i nostri sforzi.


Certo, ci occorrono spazzini, netturbini, terrazzieri...
Li sceglieremo con molta cura, e sono pregati di non fa
re confusione, ruminando, poco integrati come sono, la
loro palese inferiorit. Come nel caso di Ptain, non
mancata una cricca di intellettuali per applaudire queste
sbruffonerie razziste delluomo dei topi.
Ricapitoliamo i cinque tratti formali che definisco
no il trascendentale petainista. Innanzitutto, il disorien
tamento ottenuto con il rovesciamento esplicito del
contenuto reale dellazione dello Stato: rivoluzione lad
dove c la reazione pi nera; rigenerazione laddove si
capitola, nuova libert allorch si al colmo del servili
smo. In secondo luogo, il tema antipolitico della crisi
morale che affligge il popolo e lascia libero lo Stato di
organizzare nuove forme di repressione. In terzo luo
go, il motivo dellevento nefasto, origine e simbolo del
declino morale, evento che sempre un episodio salien
te dei tentativi politici operai e popolari (la Rivoluzio
ne nella sua fase robespierrista, la Comune di Parigi, il
Fronte popolare, Maggio 68). In quarto luogo, la fun
zione paradigmatica, il valore di modello delle figure
del risanamento che hanno caratterizzato lestrema rea
zione allestero. In quinto luogo, le diverse varianti del
la superiorit della nostra civilt rispetto ai popoli stra
nieri (agli africani, per esempio), ma anche rispetto alle
minoranze interne (ai giovani arabi, per esempio).
Alla luce di questi criteri si pu affermare senza esi
tazione che Sarkozy appartiene al trascendentale petai
nista.
96

VII
LIncorruttibile
Che cosa accadr con questo petainismo soft? Tan
to per cominciare si metteranno al sicuro i grandi patri
moni e la loro trasmissione ereditaria: abolizione delle
tasse di successione, meno, o quasi niente, tasse sugli al
ti redditi e sulle propriet, incitamento a ogni sorta di
speculazione. Dopo qualche salamelecco estivo e qual
che lusinga in direzione dei resti della sinistra, si aprir
una guerra insidiosa e crudele nei confronti del popolo,
e in particolare nei confronti delle famiglie e delle per
sone pi esposte. Che il popolo se ne stia tranquillo al
suo posto. Che ciascuno si mostri degno del posto che
occupa. Lapologia del merito non nientaltro che
questo: ognuno ha quel che si merita e, se si trova in una
situazione disperata, perch se lo merita. Il tutto ac
compagnato da un grande dispiegamento di polizia al
linterno, e da oscure contrattazioni, losche transazioni
e affari militari allesterno.
Luso costante degli affari, della diplomazia segre
ta e delle manovre, cos come lostentazione dei poteri
della ricchezza e delluniverso potenzialmente infinito
che essa apre uno dei tratti di Sarkozy che pi colpi97

sce: egli pensa evidentemente che tutti siano corruttibi


li. giunto il momento - e se ne attribuisce il merito di dimostrare che la corruzione non un vizio margi
nale, ma il cuore stesso del nostro universo. Comprare,
essere comprati, prebende, poltrone, yacht, sontuosi re
gali? Che cosa avete da ridire, brava gente? Con Sarkozy si inaugura una nuova pagina dei rapporti tra po
litica e corruzione: leliminazione completa dellidea
che si possa essere - come veniva comunemente so
prannominato Robespierre - lincorruttibile. Ma di
che corruzione si tratta?
La corruzione12 un motivo classico della propa
ganda antiparlamentare, soprattutto destrema destra:
scandalo di Panama e affaire Stavinsky sotto la III Re
pubblica, scandalo delle piastre sotto la IV Repubblica,
e poi, sotto la V, Tapie, Noir, Dumas e tutti gli altri, tra
cui probabilmente Chirac in persona. Tutti ladri il
risultato di questo genere di messinscena mediatica dei
legami tra il denaro e i politici. Naturalmente non in
questo senso che parlo di corruzione, cos come non
in questo senso che ne parlava Robespierre. N que
sto genere di corruzione che impressiona a lungo, nean
che sul piano elettorale. Non si contano pi sindaci,
presidenti di enti locali e notabili vari che, pur essendo
sospettati di corruzione in questo senso ristretto, sono
12
Questo capitolo sullessenza della corruzione nei regimi
rappresentativi lestensione di un articolo che mi era stato ri
chiesto da Le Nouvel Observateur e che per non mai sta
to pubblicato.
98

stati trionfalmente rieletti, come ad esempio i coniugi


Balkany. Nel 2002 si poteva ancora cedere alla tentazio
ne di contrapporre Jospin-il-virtuoso a Chirac-il-(presunto)-corrotto. N questo elogio n questa accusa
hanno evitato che fossero ampiamente sconfitti entram
bi al primo turno delle elezioni presidenziali. Probabil
mente bisogna partire da pi lontano, e pi a monte.
Siamo nel 1793 e la Rivoluzione minacciata. SaintJust domanda: Che cosa vogliono quelli che rifiutano
sia il Terrore che la Virt?. Domanda difficile, a cui
tuttavia la pratica dei termidoriani d una risposta chia
ra: vogliono che sia considerato normale un certo gra
do di corruzione. Contro la dittatura della libert, essi
rivendicano la libert, cio il diritto di fare affari e
mescolare i propri affari con quelli dello Stato. Insor
gono quindi sia contro la repressione terrorista e li
berticida delle manovre sottobanco che contro lobbli
go virtuoso di dover considerare soltanto il bene pub
blico. Gi Montesquieu aveva notato che la democra
zia, accordando a ciascuno una particella di potere,
esposta alla confusione permanente tra interessi priva
ti e bene pubblico. Considerava allora la virt come la
qualit indispensabile di questo tipo di governi. Incari
cati senzaltra garanzia che quella del suffragio, coloro
che governano devono in qualche modo dimenticare se
stessi e reprimere la propria inclinazione a esercitare il
potere solo in funzione del proprio godimento o del go
dimento degli ambienti dominanti (in generale i ricchi).
Lidea risale in effetti a Platone. Nella sua critica ra
dicale al regime democratico, Platone osserva che questo
99

tipo di regime crede che la politica debba regolarsi sul


lanarchia dei desideri materiali. E che, di conseguenza,
un governo democratico inadatto a servire qualunque
Idea vera, perch se la potenza pubblica al servizio dei
desideri e del loro soddisfacimento, al servizio, insom
ma, delleconomia in senso lato, obbedisce a due soli cri
teri: la ricchezza, che fornisce il pi stabile strumento
astratto di questo soddisfacimento, e lopinione che sce
glie gli oggetti desiderabili e determina la forza interiore
con la quale si crede di doversene appropriare.
I
rivoluzionari francesi, che sono repubblicani e non
democratici, chiamano corruzione lasservimento
della potenza governamentale al corso degli affari. Og
gi siamo talmente persuasi che i principali obiettivi di
un governo siano la crescita economica, il livello di vi
ta, labbondanza dei consumi, la salita delle quotazioni
in borsa, lafflusso dei capitali e leterna prosperit dei
ricchi, che non comprendiamo pi che cosa intendesse
ro i rivoluzionari per corruzione. Non tanto il fatto
che questo o quello si arricchisca approfittando della
propria posizione di potere, ma la concezione generale,
lopinione, che considera larricchimento, collettivo o
privato, come lo scopo naturale delle azioni politiche.
Corruzione indicher essenzialmente la famosa paro
la dordine di Guizot: Arricchitevi!.
Ma oggi ne abbiamo davvero unaltra? Non forse
evidente a chiunque che lo stato delleconomia deter
mina lumore elettorale, e che tutto si gioca nella capa
cit di fare, se non altro, credere al cittadino qualunque
che le cose andranno meglio in affari, piccoli o grandi
100

che siano, se vota o vota di nuovo per voi? E che quin


di la politica non altro che ci che incontra l'interesse
dei soggetti?
La corruzione, da questo punto di vista, non ci
che minaccia il funzionamento della democrazia. Ne
la vera essenza. Che gli uomini politici siano o meno
personalmente corrotti nel senso ordinario del termine
non ha quasi nessuna influenza su questa corruzione
essenziale. Per questo Jospin e Chirac possono essere
licenziati entrambi.
Fin dagli esordi della democrazia rappresentativa in
Europa, Marx aveva notato che in realt i governi desi
gnati attraverso il suffragio altro non erano che dei pro
curatori del Capitale. Eppure lo erano molto meno di
oggi! Se, infatti, la democrazia rappresentazione, lo
innanzitutto del sistema generale di cui essa costituisce
la forma. Detto altrimenti: la democrazia elettorale
rappresentativa solo nella misura in cui essa innanzi
tutto rappresentazione del consenso nei confronti del
capitalismo, oggi ribattezzato economia di mercato.
Questa la sua corruzione di principio, e non un ca
so se a una tale democrazia, Marx, pensatore umani
sta e filosofo dei Lumi, pensasse di non poter opporre
altro che una dittatura transitoria, che chiamava ditta
tura del proletariato. Termine forte, ma che metteva in
luce le difficolt della dialettica complessa tra rappre
sentazione e corruzione.
In verit, la definizione di democrazia a porre pro
blemi. Finch saremo convinti, come i termidoriani e i
loro eredi liberali, che la democrazia solo il libero gio
101

co degli interessi di determinati gruppi o individui, as


sisteremo al suo sprofondare, lento o improvviso se
condo le epoche, in una corruzione senza speranza. La
vera democrazia - se si deve conservare, come credo13,
questo concetto - tuttaltra cosa. E luguaglianza di
nanzi allTdea, dinanzi allidea politica. A lungo, per
esempio, dinanzi allidea rivoluzionaria o comunista.
la rovina di questa Idea che riduce la democrazia alla
corruzione generale.
Il
dispotismo del partito unico (il male chiamato
totalitarismo) stato il nemico della democrazia solo
nella misura in cui quel dispotismo rappresentava la fi
ne di una prima sequenza dellidea comunista. Lunica
vera questione quella daprire una seconda sequenza
di quella Idea, che la faccia prevalere sul gioco degli in
teressi particolari con mezzi diversi dal terrorismo bu
rocratico. Una nuova definizione, insomma, e una pra
tica nuova di ci che stata chiamata la dittatura (del
proletariato). Oppure, ed la stessa cosa, un nuovo uso
del termine Virt.
13
Sono favorevole a mantenere un uso positivo del termine
democrazia, piuttosto che ad abbandonarlo del tutto alla sua
prostituzione capital-parlamentarista. Ho trattato questo punto
in un capitolo del mio Abrg de Mtapolitique [Metapolitica,
trad. it. a cura di M. Bruzzese, Cronopio, Napoli 2002]. In ge
nerale preferisco la lotta per la riappropriazione di un nome,
piuttosto che la pura e semplice creazione di nuovi nomi, anche
se talvolta indispensabile. Questo anche il motivo per cui
mantengo senza esitazioni la bella parola comuniSmo, mal
grado le cupe esperienze del secolo scorso.
102

Diciamo che una via del genere non pare proprio al


lorizzonte! Con Sarkozy, la necessit della corruzione
nel suo senso intellettuale, cio la pretesa armonia tra gli
interessi privati e il bene pubblico, non ha pi bisogno di
essere dissimulata e diventa persino qualcosa da ostenta
re. Siamo ben lontani da Mitterand, il quale, pur essendo
molto indulgente nei confronti della corruzione, di cui
ben conosceva la necessit nel nostro mondo cos com,
raccomandava tuttavia a Tapie desser prudente, visto
che, come diceva, i francesi non amano il denaro. Che
invece si possa e si debba amare il denaro, senza pi
vergognarsi di un tale amore, vincendo la coscienza infe
lice della natura escremenziale dei segni monetari, magi
stralmente colta da Freud, ecco qual la sfida principale
del grande Sarkozy. Del resto anche luomo dei topi, il
caso di Freud, non altro che una storia danalit.
In tanta sventura, che cosa vi resta?, domanda la
sua confidente alla Medea di Corneille, la quale, ed
straordinario, risponde: Resto io! Io, vi dico, e questo
basta. Le resta cio il coraggio di decidere della pro
pria esistenza. Propongo quindi lidea seguente: se petainismo designa il trascendentale delle abiezioni pos
sibili del nostro paese, linvariante logico della sua cor
ruzione, allora il coraggio il coraggio di non essere petainisti. la definizione pi ristretta possibile. Dopo
tutto la stessa definizione che ne dava la Resistenza
propriamente detta, quella precedente al 1944. La scel
ta di entrare nella Resistenza era la scelta di un punto
reale che il coraggio doveva tener fermo in un elemen
to che era una totale opposizione al petainismo. Essere
103

contro il nazismo e loccupazione non era sufficiente


per entrare nella Resistenza. Bisognava provare disgu
sto per il petainismo, questa infezione specificamente
nazionale della soggettivit.
Si noti per che il petainismo non affatto riducibi
le al personale dirigente che ha collaborato tra il 40 e il
44. Come avrete capito dalle definizioni che ne ho pro
posto, il petainismo una forma soggettiva di massa. Se
si vuole definire in modo positivo che cosa resista al
contagio passivo di questa forma, non basta avanzare la
definizione negativa che si d solitamente della Resi
stenza (essa si oppone al nazismo e ai suoi complici petainisti). Occorre invece dire, affermativamente, che il
coraggio della Resistenza consiste nel tener fermo un
punto assolutamente eterogeneo al petainismo. Ed an
che la massima che vi ho proposto nel contesto dellele
zione di Sarkozy.
Per poter sostenere questa tensione, importante
contraddire esplicitamente la dottrina petainista delle
vento nefasto che viene ritenuto allorigine della deca
denza, il Fronte popolare nel caso di Ptain, Maggio 68
nel caso di Sarkozy. Chiunque tenga fermo un punto
eterogeneo al consenso petainista deve, infatti, dispor
re, a titolo di allegoria personale, del pubblico ricorso a
eventi fausti. E importante che limmanenza soggettiva
non sia quella, aggressiva, poliziesca e tetra che preten
de di riparare alle conseguenza di un evento nefasto, ma
quella creativamente fedele a un qualche evento fausto
della vita personale o politica. Un amore travolgente,
per esempio, o la cancellazione dello schiavismo ad
Haiti grazie allinsurrezione nera del 1793 o la prima
104

emozione dinanzi alla luminosa dimostrazione, final


mente compresa, di un teorema matematico particolar
mente difficile. O la contemplazione sconvolgente di
un quadro astratto. O Maggio 68, ovviamente. Va bene
chiamare il nostro lavoro resistenza, ma a condizione
che il principio del suo coraggio e gli emblemi delle
vento di cui si avvale siano affermativi.
Occorre sempre diffidare di chi fa della decadenza la
propria bandiera a mezzasta, per proporsi poi come
colui che risalir la china. Le sue intenzioni non sono
limpide. Chi davvero intenda essere dalla parte della
creazione, dellaffermazione del divenire collettivo
egualitario, insomma dalla parte delle verit, deve piut
tosto fare appello, in una prossimit intemporale con
ci che ha intrapreso, a verit che ci hanno gi dato la
gioia di apparire in un luogo, nella forza singolare della
loro universalit.
E chiaro, per, che la salvezza non viene mai dalli
mitazione di un modello esterno. Le bandiere decorate
delle allegorie dellevento fausto, saremo noi a portarle,
accettando per tutti coloro che, sfuggiti al consenso
petainista, vorranno seguirci. Una delle cose pi depri
menti dellultima campagna elettorale stato il comune
riferimento, da parte dei due protagonisti, a Blair. C
una bella espressione cinese per indicare due persone
complici dello stesso imbroglio. I cinesi dicono: S,
questi sono due tassi (blaireaux) della stessa collina. In
definitiva, Royal e Sarkozy, come Blair e Bush, sono dei
tassi della stessa collina. Dei Blair-eaux...
In negativo ci baster dire: n topo, n tasso.
105

Vili
Lipotesi comunista va abbandonata?
Per concludere vorrei situare lepisodio Sarkozy,
che comunque lungi dal rappresentare una pagina glo
riosa della storia di Francia, in una prospettiva pi va
sta14. Diciamo in una specie di affresco hegeliano della
storia mondiale recente. Ovviamente, per storia recen
te non intendo, come fanno i giornalisti, la triade Mitterand-Chirac-Sarkozy, ma il divenire delle politiche
demancipazione operaie e popolari, da circa due secoli
a questa parte.
Dopo la Rivoluzione francese e la sua eco progressi
vamente universale, dopo gli sviluppi pi radicalmente
egualitaristi di quella rivoluzione - tra i decreti del C o
mitato robespierrista sul maximum e le teorie di Babeuf
- noi sappiamo ormai (quando dico noi, penso allu
manit astratta, e il sapere qui in questione quello uni
versalmente a disposizione di chi si metta sul cammino
dellemancipazione) che il comuniSmo l'ipotesi giusta.
14
Quanto segue sullipotesi comunista era stato abbozzato
nel mio seminario del 13 giugno 2007. Cfr. nota 1.
107

A dire il vero, non ce ne sono altre, almeno io non ne co


nosco altre. Chiunque abbandoni questa ipotesi si rasse
gna immediatamente alleconomia di mercato, alla de
mocrazia parlamentare (che la forma di Stato idonea al
capitalismo) e al carattere inevitabile, naturale, delle
disuguaglianze pi mostruose.
Ma che cosa vuol dire comuniSmo ? Come spiega
Marx nei Manoscritti del 1844, il comuniSmo unidea
sul destino dellumanit generica. Occorre assolutamente distinguere questo uso della parola dal senso, og
gi completamente trito, dellaggettivo comunista in
espressioni come partiti comunisti, mondo comuni
sta, per non parlare di Stato comunista, che un os
simoro al quale si prudentemente e logicamente pre
ferito loscuro sintagma Stato socialista. Anche se,
come vedremo, tali usi della parola fanno parte del di
venire storico, a tappe, dellipotesi.
Come si evince da quel testo canonico che il Ma
nifesto del Partito comunista, nel suo senso generico
comunista significa che possibile superare la logica
di classe e la subordinazione fondamentale dei lavora
tori reali a una classe dominante. Questo dispositivo,
che quello della Storia fin dallAntichit, non inevi
tabile. E, quindi, il potere oligarchico, cristallizzato nel
la potenza degli Stati, di coloro che detengono la ric
chezza e ne organizzano la circolazione non inelutta
bile. Lipotesi comunista che sia praticabile unaltra
organizzazione collettiva, capace di eliminare la di
suguaglianza delle ricchezze e persino la divisione del
lavoro: ciascuno sar un lavoratore polivalente e, in
108

particolare, ciascuno alterner lavoro manuale e lavoro


intellettuale, lavoro in citt e in campagna. Scomparir
lappropriazione privata di ricchezze mostruose, cos
come la loro trasmissione familiare ed ereditaria. Lesi
stenza di un apparato statale coercitivo, militare e poli
ziesco, separato dalla societ civile, non sembrer pi
una necessit evidente. Dopo una breve sequenza di
dittatura del proletariato, volta a distruggere i resti
del vecchio mondo, ci sar poi, come ci dice Marx che
considera questo punto il suo apporto maggiore, una
lunga sequenza riorganizzativa, fondata su una libera
associazione di produttori e creatori, che condurr a
unestinzione dello Stato.
ComuniSmo designa solo questo insieme assai ge
nerale di rappresentazioni intellettuali. Questo insieme
costituisce lorizzonte di ogni iniziativa, pur locale e li
mitata nel tempo, che rompendo con lordine delle opi
nioni dominanti (cio con la necessit delle disugua
glianze e degli strumenti statali della loro protezione)
componga un frammento di una politica demancipa
zione. Si tratta insomma di unidea, per dirla con Kant,
di unidea che ha una funzione regolativa, e non di un
programma. assurdo definire, come spesso avviene, i
principi comunisti (nel senso che ho detto) come unu
topia. Si tratta piuttosto di schemi intellettuali, di volta
in volta attualizzati in modo diverso, che servono a
produrre linee di demarcazione tra politiche differenti.
Semplificando allestremo, si potrebbe dire che, data
una sequenza politica o essa compatibile con quei
principi, e in questo caso una politica demancipazio

ne in senso lato, oppure non lo , e in questo caso rea


zionaria. ComuniSmo significa in questo caso uni
potesi euristica duso assai frequente nella polemica po
litica, anche quando il termine non appare direttamen
te. Se vero, come ha detto Sartre, che ogni anticomu
nista un cane, perch ogni sequenza politica che,
nei suoi principi o in assenza di principi, sia formal
mente in contraddizione con lipotesi comunista nel
suo senso generico, deve essere considerata come con
traria allemancipazione dellintera umanit e quindi al
destino propriamente umano dellumanit. Chiunque
rinunci a rischiarare il divenire dellumanit a partire
dallipotesi comunista (al di l dei termini impiegati,
perch in realt le parole contano poco), lo riduce, per
quanto riguarda il suo carattere collettivo, allanimalit.
Come noto, il nome contemporaneo, cio capitalista,
di questa animalit concorrenza. Cio la guerra tra
gli interessi, e basta.
Come Idea pura delluguaglianza, lipotesi comuni
sta esiste nella pratica probabilmente da quando esiste
lo Stato. Non appena lazione delle masse si contrappo
ne, in nome della giustizia egualitaria, alla coercizione
dello Stato, appaiono rudimenti o frammenti dellipote
si comunista. questo il motivo per cui, in un fascico
lo dal titolo De l'idologie, scritto con il compianto
Franois Balms e pubblicato nel 1976, proponevamo
di individuare le invarianti comuniste15. Le rivolte
15
Cfr. A. Badiou e F. Balms, De lidologie, Maspro, Pa
ris 1976 (N.d.T.).

popolari, come ad esempio quelle degli schiavi condot


ti da Spartaco o dei contadini tedeschi condotti da Tho
mas Mnzer, sono esempi di questa esistenza pratica
dellinvariante comunista. Si pu dire, per, che, nella
forma esplicita conferitale da alcuni ideologi e attivisti
della Rivoluzione francese, lipotesi comunista abbia
inaugurato la modernit politica. stata questa ipotesi
a mettere a mal partito le strutture mentali &WAncien
Rgime, senza peraltro far ricorso alle forme politiche
democratiche di cui la borghesia avrebbe fatto lo
strumento della propria conquista del potere. un
punto essenziale: fin dallinizio lipotesi comunista non
coincide affatto con lipotesi democratica che con
durr al parlamentarismo contemporaneo. Essa sussu
me unaltra storia, altri eventi. Quello che, alla luce del
lipotesi comunista, appare importante e creativo di
una natura diversa da quello che conta per la storiogra
fia democratica borghese. E per questo che Marx, quan
do fornisce le basi materialiste della prima grande se
quenza effettiva della politica moderna demancipazio
ne, da una parte fa suo il termine comunismo e, dal
laltra, prende le distanze da ogni politicismo demo
cratico, sostenendo, fedele allinsegnamento della
Comune di Parigi, che lo Stato borghese, anche il pi
democratico del mondo, vada distrutto.
Ebbene, vi lascio liberi di giudicare che cosa sia im
portante e che cosa non lo sia, quali siano i punti di cui
vi sentite di poter assumere le conseguenze, nelloriz
zonte dellipotesi comunista. Lo ripeto, lipotesi giu
sta, e se ne possono richiamare i principi, quali che sia
111

no le declinazioni o le varianti che hanno subito in con


testi differenti.
In unintervista, Sartre dice in sostanza: Se lipote
si comunista non quella giusta, se essa impraticabile,
significa che lumanit non in s una cosa tanto diver
sa dalle formiche o dalle termiti. Che cosa vuol dire?
Vuol dire che se la concorrenza, il libero mercato, la
somma dei piccoli godimenti e i muri che ci proteggo
no dai desideri dei deboli sono lalfa e lomega di ogni
esistenza, collettiva o privata, allora lanimale umano
non vale una cicca.
a questo non vale una cicca che Bush, col suo
conservatorismo aggressivo e il suo spirito di crociata,
o Blair il Pio, con la sua retorica militarista, o Sarkozy,
con la sua disciplina lavoro, famiglia patria, intendo
no ridurre lesistenza della stragrande maggioranza dei
viventi umani. E la sinistra ancora peggio, quando
si accontenta di contrapporre a questa vuota violenza
solo la propria indulgenza inconsistente, il suo vago
spirito di carit, opponendo cos alla concorrenza mor
bosa, alla vittoria di cartapesta dei figli e delle figlie di
pap, al ridicolo superuomo della finanza scatenata, al
leroe dopato delle Borse planetarie, solo gli stessi atto
ri, con un po di amabilit sociale, un po dolio negli in
granaggi, qualche briciola di pane benedetto per i di
seredati, e prendendo insomma a prestito da Nietzsche
solo la figura esangue deHultimo uomo.
Farla finita una volta per tutte con Maggio 68 si
gnifica acconsentire che non ci sia altra scelta se non
quella tra il nichilismo ereditario della finanza e la pie
112

t sociale. Bisogner allora non solo riconoscere il crol


lo del comunismo in Unione Sovietica, non solo rico
noscere la misera disfatta del PCF, ma anche e soprat
tutto abbandonare lipotesi che Maggio 68 sia stato
uninvenzione militante cosciente del fallimento del
comunismo di Stato. E quindi abbandonare lidea che
Maggio 68, e a maggior ragione i cinque anni che sono
seguiti, abbiano inaugurato una nuova sequenza del
lautentica ipotesi comunista, quella che si tiene sempre
a distanza dallo Stato. Certo, nessuno sapeva esatta
mente quali sarebbero stati gli esiti di tutto ci, ma si sa
peva comunque che si trattava di far rinascere lipotesi.
Se ci di cui Sarkozy il nome implica che si debba
abbandonare ogni idea di una simile rinascita, se la so
ciet umana non altro che una collezione di individui
che perseguono i propri interessi, se questa leterna
realt, indubbio che il filosofo possa e debba abban
donare lanimale umano al suo triste destino.
Ma non permetteremo al Sarkozy trionfante di det
tarci il senso dellesistenza n i compiti della filosofia.
Perch ci a cui assistiamo non impone affatto di ri
nunciare allipotesi comunista, ma solo di considerare a
che punto siamo nella storia di questa ipotesi.

113

IX
La storia dellipotesi comunista
e il suo momento attuale
necessario allora un affresco storico in cui collo
care il nostro tentativo. Ci sono due grandi sequenze
dellipotesi comunista: quella della sua messa a punto,
del suo insediamento; e quella del primo tentativo della
sua realizzazione.
La prima sequenza va dalla Rivoluzione francese al
la Comune di Parigi, diciamo dal 1792 al 1871. Dura
quindi circa ottantanni. Questa sequenza comprende
una grande variet di fenomeni politici completamente
nuovi in una grande quantit di paesi diversi. Eppure si
pu dire che, per quanto riguarda le sue peripezie mag
giori, sia stata una sequenza essenzialmente francese.
Marx in persona, che pur aveva attribuito alla Germa
nia il fondamento filosofico della sequenza (la dialetti
ca hegeliana) e allInghilterra il suo versante scientifico
(la nascita delleconomia politica), assegnava alla Fran
cia il suo contenuto politico reale, nellordine della pra
tica (il movimento operaio francese)16.
16 Sulla funzione del movimento operio francese nella
115

Questa sequenza unisce, sotto il segno del comuni


Smo, il movimento popolare di massa e il tema della
conquista del potere. Si tratta di organizzare il movi
mento popolare, nelle sue varie forme - manifestazioni,
scioperi, insurrezioni, azioni armate, ecc. - intorno al
tema di un rovesciamento. Questo rovesciamento ov
viamente il rovesciamento insurrezionale che si chiama
rivoluzione. La rivoluzione sopprime la forma attua
le della societ (la propriet privata, leredit, la separa
zione dellumanit in nazioni, la divisione del lavoro,
ecc.), instaurando luguaglianza comunista o quel che i
pensatori operai, che Jacques Rancire ha cos ben ana
lizzato17, definiscono la comunit degli Eguali.
Lantico ordine sar abbattuto combinando la cor
ruzione che gli immanente e la pressione, eventual
mente armata, del movimento popolare. in questo
momento che fa la sua apparizione anche il parametro
particolare del movimento operaio. Le vecchie catego
rie rivoluzionarie, il popolino delle citt, gli artigiani,
gli studenti e gli intellettuali, la massa di contadini pogenesi del marxismo, funzione parallela a quella della filosofia
tedesca e dell economia politica inglese, cfr. il bel testo di
Lenin, Tre fonti e tre parti integranti del marxismo (1913).
17
Sulla genesi, nel XIX secolo, della figura delloperaio co
me riferimento politico e ideologico, sulle sue conseguenze nel
lambito del pensiero e la dottrina della comunit degli eguali
che vi legata, occorre ovviamente leggere Jacques Rancire, e
in particolare i due bei saggi La nuit des proltaires (Fayard, Pa
ris 1981) e Le matre ignorant (Fayard, Paris 1987; trad. it. Il
maestro ignorante, Mimesis, Milano 2008).
116

veri, sono trasformate, superate dalla funzione dirigen


te della classe operaia.
Questa sequenza si chiude con la novit straordina
ria e il fallimento radicale della Comune di Parigi. La
Comune stata la forma suprema di questa combina
zione tra movimento operaio, direzione operaia e in
surrezione armata. Essa ha mostrato la straordinaria vi
talit di questa formula, esercitando un potere di tipo
nuovo, per due mesi, in una delle pi grandi capitali
dEuropa, con lappoggio interno di numerosi rivolu
zionari stranieri, tra cui molti polacchi, cosa che dimo
strava la forza del concetto marxista dInternazionale.
Ma ha anche rivelato i propri limiti, perch non riu
scita n a conferire alla rivoluzione una dimensione na
zionale n a organizzare una resistenza efficace contro
lattacco della controrivoluzione che, con il tacito ap
poggio delle potenze straniere, poteva contare su un ef
ficiente apparato militare.
La seconda sequenza va dal 1917 (la Rivoluzione
russa) al 1976 (la fine della Rivoluzione culturale in Ci
na, ma anche dei movimenti militanti sorti un po ovun
que nel mondo tra il 1966 e il 1975, e il cui epicentro,
dal punto di vista della novit politica, sono stati Mag
gio 68 in Francia e le sue conseguenze negli anni im
mediatamente successivi). Questa seconda sequenza
dura una cinquantina danni. Ma bisogna anche notare
che separata dalla prima sequenza da una cesura gros
so modo equivalente (pi di quarantanni).
Questa seconda sequenza, assai complessa, e delle
cui propaggini siamo ancora eredi, dominata dal pro
117

blema del tempo. Come ottenere la vittoria? Come, a


differenza della Comune di Parigi, poter durare dinan
zi alla sanguinosa reazione dei possidenti e dei loro
mercenari? Come organizzare il nuovo potere, il nuovo
Stato, in modo da proteggerlo dalla distruzione da par
te dei nemici? Rispondere a queste domande tutto il
problema di Lenin. E non un caso se si mise a ballare
sulla neve quando venne a sapere che il potere degli in
sorti era durato in Russia un giorno in pi della Comu
ne di Parigi.
Nel corso di questa seconda sequenza, il problema
non pi quello dellesistenza di un movimento popo
lare e operaio che agisca a partire dallipotesi comunista,
e neppure lidea generica di rivoluzione, nella sua forma
insurrezionale. Il problema quello della vittoria e della
durata. In un certo senso, non si tratta pi di formulare
e sperimentare lipotesi comunista, ma di realizzarla. Da
questo punto di vista, la massima quella di Lenin che
dice: Entriamo nellepoca delle rivoluzioni vittoriose.
Ed anche la ragione per cui i due primi terzi del X X se
colo sono stati dominati da quella che ho chiamato la
passione del reale 18: quello che il XIX secolo ha sogna
to e sperimentato, il X X lo porter a compimento.
Questa ossessione per la vittoria e per il reale si
concentrata nel problema dellorganizzazione e della
18
Ho proposto unanalisi dettagliata della passione del
reale come forma soggettiva tipica del X X secolo nel mio libro
Le Sicle (Seuil, Paris 2005; trad. it. Il Secolo, Feltrinelli, Milano
2006).
118

disciplina, interamente condensata, a partire dal 1902 e


dal Che fare? di Lenin, nella teoria e nella pratica del
partito di classe, centralizzato e omogeneo. Si pu dire
che i partiti comunisti abbiano incarnato, nella loro di
sciplina di ferro, il reale dellipotesi comunista.
Questa costruzione tipica della seconda sequenza
deiripotesi, il partito, ha infatti risolto la questione ere
ditata dalla prima sequenza, in particolare dalla Comu
ne di Parigi, che ne era stata lapogeo e la fine: la que
stione della vittoria. In Russia, in Cina, in Cecoslovac
chia, in Albania, in Corea, in Vietnam, e anche a Cuba,
sia pure con qualche differenza, sotto la direzione dei
partiti comunisti ha vinto la rivoluzione integrale del
lordine politico e sociale attraverso linsurrezione o la
guerra di popolo prolungata, ed durata in quella for
ma che stata chiamata lo Stato socialista. Dopo la
prima sequenza, nel segno della formulazione dellipo
tesi comunista e della sua realt come movimento, c
stata una seconda sequenza, nel segno dellauto-organizzazione disciplinata e militarizzata, della vittoria lo
cale e della durata.
Come spesso accade, la seconda sequenza ha creato
a sua volta un problema che non era in grado di risol
vere utilizzando i metodi che le avevano permesso di ri
solvere il problema ereditato dalla prima sequenza. Il
partito, infatti, capace di riportare la vittoria insurre
zionale o militare contro poteri reazionari indeboliti, si
rivelato inadatto a costruire una dittatura del proleta
riato nel senso marxiano, cio uno Stato che organiz
zasse la transizione verso il non-Stato, un potere del
119

non-potere, una forma dialettica dellestinzione dello


Stato. Nella forma del Partito-Stato, si invece speri
mentata una forma inedita di Stato autoritario, o addi
rittura terroristico, comunque del tutto avulso dalla vi
ta pratica della gente. Molti sono stati i risultati rag
giunti da questi Stati socialisti, soprattutto nel campo
dellistruzione, della sanit pubblica, dellideologia
quotidiana (valorizzazione formale del lavoratore ordi
nario), dellordine pubblico. Sul piano internazionale
questi Stati hanno fatto sufficientemente paura agli Sta
ti imperialisti da costringerli, fuori e dentro le loro
frontiere, a una cautela che oggi, nellepoca dellarro
ganza senza limiti del capitalismo giunto al suo massi
mo compimento, non possiamo che rimpiangere. Ma il
principio dello Stato era in s viziato e in fin dei conti
inefficace. Il dispiegamento di unenorme e sanguinosa
violenza poliziesca non bastato affatto a salvarlo dalla
sua inerzia burocratica interna, e ci sono voluti poco
pi di cinquantanni perch fosse chiaro che non ce la
vrebbe mai fatta nella competizione spietata che gli im
ponevano i suoi avversari.
proprio a questo problema dellincapacit del Par
tito di assicurare la durata reale e la trasformazione del
lipotesi comunista, che sono consacrate le ultime con
vulsioni importanti della seconda sequenza: la Rivolu
zione culturale in Cina e la nebulosa denominata Mag
gio 68 in Francia. In Cina, la massima di Mao a que
sto proposito : Senza movimento comunista, niente
comuniSmo . Occorre assolutamente immergere il par
tito nel movimento di massa per rigenerarlo, de-buro120

cratizzarlo e lanciarlo nella trasformazione del mondo


reale. La Rivoluzione culturale19 tenta questa sfida, di
ventando subito caotica e violenta, tanto lidentificazio
ne del nemico o incerta o diretta contro lunico pila
stro della societ: il partito comunista stesso. Anche
Mao gioca la sua parte quando dichiara: Non si sa dov la borghesia? Ma in seno al partito comunista/.
Alla fine, mancando un vero appoggio alle esperienze
pi radicali di decentralizzazione dello Stato (come la
Comune di Shanghai allinizio del 1967), bisogner
ristabilire il vecchio ordine nelle peggiori condizioni. In
Francia, dopo Maggio 6820, il tema dominante quello
dellazione collettiva organizzata che deve creare luoghi
politici nuovi, senza riprodurre la gestione centralizza
ta dallo Stato. Il contenuto principale saranno le nuove
forme dorganizzazione e dazione capaci di riunire in
19 Per farsi unidea di quello che penso della Rivoluzione
Culturale Cinese e delluso che ne faccio, cfr. il fascicolo La Rvolution Culturelle: la dernire rvolutionf pubblicato nel qua
dro delle Confrences du Rouge Gorge che Natacha Michel e il
sottoscritto hanno organizzato e diretto tra il 2001 e il 2005. Per
procurarsele, si faccia riferimento alle indicazioni della nota 7.
20 Sul Maggio 68, inteso nella sua vera essenza politica e
non come crisi culturale delle giovani generazioni, bisogna
leggere la conferenza di Natacha Michel O Jeunesse! O Vieillesse! pubblicata nel quadro delle conferenze del Rouge Gorge; cfr.
note 19 e 7. Natacha Michel, grande romanziera, ha inventato
una prosa in cui declinare quelPesperienza. Cfr. La Chine europenne (Gallimard, Paris 1975) e Circulaire a tonte ma vie humaine (Seuil, Paris 2005).
121

una visione politica comune intellettuali e operai, e di


far durare lipotesi comunista al di l della stretta logica
della conquista del potere. Tuttavia, sebbene quellespe
rienza continui in forme nuove, si pu dire che nellin
sieme, a partire dalla fine degli anni 70, la forma con
temporanea dello Stato reazionario, il capital-parlamentarismo, abbia prevalso nelle coscienze, nelle vesti
della democrazia. Diciamo che i processi politici di
tipo nuovo21 sono ancora allo stadio in cui si trovava
Lenin allinizio del X X secolo, quando la domanda
Che fare? implicava risposte empiriche precise, in un
contesto generale dominato dallavversario e che anda
va, lentamente ma inesorabilmente, verso quellaccele
razione dei fenomeni soggettivi che sempre sono indot
ti dalla guerra.
21
Tra le sequenze politiche, lunghe o brevi, che hanno con
tribuito, fin dalla met degli anni 70, a ripristinare lipotesi co
munista (anche quando il termine era bandito), cio a trasfor
mare, in controcorrente rispetto alla dominazione del capital
parlamentarismo, il rapporto tra la politica e lo Stato, si posso
no citare: i primi due anni della rivoluzione portoghese; la pri
ma sequenza, in particolare nelle fabbriche, del movimento
Solidarnosc in Polonia; la prima fase dellinsurrezione contro lo
Shah di Persia, la creazione in Francia dellOrganisation politique, il movimento zapatista in Messico. Oggi bisognerebbe ri
flettere sulla vera natura del legame popolare di organizzazioni
limitate, dal punto di vista delPinsegnamento universale che se
ne pu ricavare, dalla loro matrice religiosa: PHezbollah in Li
bano e Hamas in Palestina. Come pure bisogna seguire con at
tenzione i numerosi sollevamenti contadini in Cina, le azioni
dei maoisti in India e in Nepal e la lista non finisce qui.
122

Va ricordato, infatti che, tra la prima e la seconda se


quenza, tra lultimo Marx e il primo Lenin, sono tra
scorsi quarantanni di imperialismo trionfante. Dalla
repressione della Comune di Parigi alla guerra del 14 si
assiste allapogeo della borghesia, che occupa il pianeta,
devastando e saccheggiando interi continenti. Parlo del
le sequenze dellipotesi comunista, ma non bisogna di
menticare che esse sono separate da intervalli durante i
quali ci che prevale, in termini dequilibrio e di stabi
lizzazione, non ha niente a che vedere con lipotesi co
munista. E durante i quali si sostiene invece che lipote
si impraticabile, o addirittura assurda e criminosa, e
che bisogna rinunciarvi. E cos torniamo a Sarkozy: far
la finita con Maggio 68, una volta per tutte.
Questo ci autorizza a riproporre la domanda inizia
le: a che punto siamo? Diciamo che, su scala mondiale,
la seconda sequenza si conclusa verso la fine degli an
ni 70 del secolo scorso. Da allora in poi, traendo tutte
le conseguenze delle esperienze critiche che hanno con
trassegnato le ultime propaggini della sequenza, Mag
gio 68 e la Rivoluzione culturale, diversi collettivi in
diversi contesti si sono messi a cercare la via di una po
litica demancipazione adeguata al presente. Ci trovia
mo quindi in un nuovo periodo intervallare, un perio
do di apparente trionfo dellavversario. E possiamo de
scrivere, per esempio, senza scoraggiarci n fare conces
sioni, quel che succede in Francia, cio la ricomparsa di
forme, interne allo Stato, di petainismo trascendentale.
Non si tratta di un fenomeno aberrante o incongruo
che deve deprimerci. una cristallizzazione locale del
123

fatto che ci troviamo in un periodo di intervallo, come


quello, molto lungo, che ci fu tra la fine del XIX secolo
e Pinizio del XX. Ora, sappiamo che in simili circo
stanze la cosa che conta lapertura di una nuova se
quenza delPipotesi comunista. Il solo problema resta
quello della portata della catastrofe che ancora una vol
ta la guerra, questa inevitabile convulsione delPimperialismo, imporr alPumanit, come prezzo per andare
avanti, per andare avanti di un passo nella sola via pos
sibile di salvezza: Pegualitarismo comunista, questa
volta su scala del mondo intero.
Noi, che abbiamo conosciuto Maggio 68 e la Rivo
luzione Cuturale, dobbiamo assolutamente trasmettere
ai militanti dispersi delPipotesi comunista una certezza
razionale, gi immanente a questi intensi momenti po
litici: quel che verr non sar, non potr essere, la con
tinuazione della seconda sequenza. Il marxismo, il mo
vimento operaio, la democrazia di massa, il leninismo,
il Partito del proletariato, lo Stato socialista, tutte que
ste grandi invenzioni del X X secolo non ci sono pi
realmente utili. Vanno certo conosciute e meditate dal
punto di vista teorico. Ma, dal punto di vista politico,
sono diventate impraticabili. un primo punto essen
ziale di cui prendere coscienza: la seconda sequenza
chiusa, ed inutile volerla continuare o ripristinare.
La verit, che anche in questo caso si delineata gi
alla fine degli anni 60 del secolo scorso, che il nostro
problema non n quello del movimento popolare co
me portatore di una nuova ipotesi, n quella del partito
operaio come dirigente vittorioso della realizzazione di
124

quellipotesi. Il problema strategico della terza sequen


za, alla cui inaugurazione cerchiamo di contribuire,
unaltra cosa.
Poich ci troviamo in un periodo di intervallo do
minato dal nemico, e le esperienze inedite sono molto
rare, non posso dirvi con certezza che cosa costituir
lessenza del terzo periodo che si aprir. Mi sembra pe
r di poter individuare la direzione generale, la filosofia
astratta della cosa: in questione un nuovo rapporto tra
il movimento politico reale e l'ideologia. Ed proprio
questo che era gi sottinteso nellespressione rivolu
zione culturale e nella frase di Mao: Per avere ordine
nellorganizzazione, occorre innanzitutto mettere ordi
ne nellideologia. E anche nellidea, comune dopo
Maggio 68, di rivoluzionare le menti.
Lipotesi comunista in quanto tale generica, essa
lo sfondo di ogni orientamento di emancipazione ed
il nome della sola cosa per cui valga la pena interes
sarsi alla politica e alla storia. Ma la presentazione del
lipotesi a determinare una sequenza: una nuova manie
ra per lipotesi desser presente allinterno di nuove for
me dorganizzazione e dazione.
Certo, in un modo o in un altro, faremo tesoro de
gli insegnamenti teorici e storici che ci vengono dalla
prima sequenza, e, per quanto riguarda la seconda, del
la funzione centrale della disciplina che conduce alla vit
toria. Ma il nostro problema non n lesistenza in mo
vimento dellipotesi, n la sua vittoria disciplinata sul
piano dello Stato. Il nostro problema il modo in cui l'i
dea, guidata dallipotesi, si presenta nelle figure della
125

zione. Insomma: un nuovo rapporto tra soggettivo e og


gettivo che non sia n movimento multiforme animato
dallintelligenza della moltitudine (come credono Negri
e i no-global), n Partito rinnovato e democraticizzato
(come credono i trotzkisti e i maoisti incalliti). Il movi
mento (operaio) nel X IX secolo e il Partito (comunista)
nel X X sono state le forme di presentazione materiale
dellipotesi comunista. Non pi possibile tornare n
alluna n allaltra versione. Quale sar mai la molla di
questa presentazione nel XXI secolo?
Si noti che, nel corso del X IX secolo, la grande que
stione stata innanzitutto, semplicemente, quella delVesistenza dellipotesi comunista. Quando Marx scrive
che lo spettro del comuniSmo si aggira per lEuropa
vuol dire proprio questo: lipotesi c, labbiamo inse
diata. La seconda sequenza, quella del partito rivolu
zionario dalla disciplina ferrea, della militarizzazione
della guerra di classe, dello Stato socialista, stata la se
quenza di una rappresentazione vittoriosa dellipotesi.
Eppure, questa rappresentazione ha conservato le ca
ratteristiche della prima sequenza, in particolare lidea
di un rovesciamento ( il mondo cambier base), lidea
della rivoluzione come scadenza globale. Diciamo che
la vittoria era ancora pensata come vittoria della prima
forma dellipotesi.
Ci che in questione per noi, dopo lesperienza
negativa degli Stati socialisti e le lezioni ambigue della
Rivoluzione culturale e di Maggio 68 - ed per questo
che la nostra ricerca cos complicata, errante e speri
mentale - far esistere lipotesi comunista in un modo
126

diverso da quello della prima sequenza. Lipotesi comu


nista resta, come gi ho detto, lipotesi giusta, e non ne
vedo altre. Se questa ipotesi va abbandonata, allora tan
to vale rinunciare a qualsiasi azione collettiva. Senza
lorizzonte del comuniSmo, senza questa Idea, niente
nel divenire storico e politico di natura tale da inte
ressare il filosofo. Che ognuno badi ai propri affari, e
non se ne parli pi. Si dia ragione alluomo dei topi, co
me fanno daltronde certi ex-comunisti, avidi di guada
gni o privi ormai di ogni coraggio. Ma tener ferma li
dea, lesistenza dellipotesi, non significa dover conser
vare tale e quale la sua prima forma di presentazione,
tutta incentrata sulla propriet e sullo Stato. Il compito
che ci assegnato, infatti, diciamo addirittura il nostro
dovere filosofico, contribuire allapertura di un nuovo
modo d'esistenza dell'ipotesi. Nuovo per il tipo di spe
rimentazione politica cui lipotesi pu dare luogo. Ab
biamo imparato la lezione della seconda sequenza e del
le sue ultime propaggini: dobbiamo ritornare sulle con
dizioni desistenza dellipotesi comunista, e non soltan
to perfezionarne gli strumenti. Non possiamo accon
tentarci della relazione dialettica tra lo Stato e il
movimento di massa, della preparazione allinsurrezio
ne, della costruzione di unorganizzazione disciplinata
e potente. Dobbiamo in realt reinsediare l'ipotesi nel
campo ideologico e militante.
Sostenere oggi lipotesi comunista nella sperimenta
zione locale di una politica, sperimentazione che ci per
metta di mantenere, contro il dominio reazionario im
perante, quel che io chiamo un punto, cio una durata
127

propria, una consistenza particolare: ecco qual la con


dizione minima affinch il mantenimento dellipotesi
appaia anche come trasformazione della sua evidenza.
Da questo punto di vista, siamo pi vicini a un in
sieme di problemi che si ponevano gi nel corso del
X IX secolo che non alla grande storia rivoluzionaria
del X X secolo. Abbiamo a che fare, come avvenne do
po il 1840, con capitalisti assolutamente cinici, sempre
pi convinti che lunica cosa che conti sia la ricchezza,
che i poveri non siano altro che fannulloni, che gli afri
cani siano ritardati, e che lavvenire privo di ogni limite
discernibile, appartenga alla borghesia civilizzata del
mondo occidentale. Ricompaiono una quantit di feno
meni tipici del X IX secolo: zone di miseria straordina
riamente estese, sia allinterno dei paesi ricchi che delle
zone diseredate o sfruttate, disuguaglianze sempre pi
grandi, una cesura radicale tra il popolo, che lavori o
meno, e le classi intermedie, la dissoluzione completa
del potere politico nel servizio dei beni, la disorganiz
zazione dei rivoluzionari, la disperazione nichilista di
larghe frange della giovent, il servilismo di una gran
parte degli intellettuali, lattivit sperimentale, intensa
ma isolata, di qualche gruppo alla ricerca degli stru
menti contemporanei dellipotesi comunista...
Ed probabilmente per questo motivo che, come
gi nel X IX secolo, la questione oggi non pi - come
tutti sanno - quella della vittoria dellipotesi, ma quella
delle condizioni della sua esistenza. E proprio questa
era la questione dei rivoluzionari del X IX secolo: in
nanzitutto far esistere lipotesi. Ebbene, questo il no
128

stro compito nel periodo intervallare che ci opprime.


Ed un compito esaltante: grazie alla combinazione di
costruzioni di pensiero, che sono sempre globali o uni
versali, e sperimentazioni politiche, che non possono
che essere locali o singolari ma universalmente trasmis
sibili, assicurare nelle coscienze e nelle situazioni una
nuova esistenza dellipotesi comunista.

129

Uscito in Francia nellautunno 2007, il pamphlet De


quoi Sarkozy est-il le nom? aveva gi trovato pi di
40.000 lettori allinizio del 2008, godendo persino di
una certa eco sulla stampa e i media nazionali, fatto ec
cezionale per uno scritto della serie Circostances1 esplicitamente ispirata alle raccolte sartriane di Situa
tions - e per un autore tanto esigente quanto orgoglio
samente minoritario come Alain Badiou.
Sarebbe tuttavia erroneo spiegarsi la risonanza inat
tesa del volumetto di Badiou col solo effetto incantatorio prodotto dal nome proprio Sarkozy nei mesi suc
cessivi alla sua elezione. Il testo di Badiou non appar
tiene affatto alla messe di pubblicazioni su Sarkozy, ma
costituisce un tentativo di pensare politicamente - e di
una politica che non rinunci a pensarsi nel senso forte
di una procedura collettiva di verit - che cosa signi
fichi, implichi e cambi lavvento del nuovo occupante
dellEliseo.
Sarkozy diventa pertanto il nome di una situazio
ne ben pi generale portata al suo compimento ultimo,
1
Cfr. Alain Badiou, Circonstances 1, Kosovo, 11 septembre,
Chirac/Le Pen, Lignes-Lo Scheer, Paris 2003; Circonstances 2,
Irak, foulard, Allemagne/France, Lignes-Lo Scheer, Paris
2004; Circonstances 3, Portes du mot juif, Lignes, Paris 2005.
133

e non il nome proprio di un personaggio o di un even


to di cui sviscerare i connotati immaginari e la semioti
ca comunicativa. Lintervento di Badiou ha lambizione
di rilanciare la domanda Come orientarsi nel pensiero,
come orientarsi nellesistenza2, in una congiuntura in
cui, pi che laffermazione di una parte politica sullal
tra, il trionfo di Sarkozy sembra segnare laffermazione
di una pense unique, di cui la famosa politica dapertu
ra nei confronti di transfughi socialisti, o lallineamen
to di tanti intellettuali mitterandiani e vecchi nouveaux
pbilosophes, non che lepifenomeno.
Il
testo di Badiou dunque irriducibile alla saggisti
ca politica, e si colloca tra lanalisi della congiuntura
ideologica, la teoria metapolitica3 e la prescrizione di
coordinate per lazione militante. Tre dimensioni che
corrispondono approssimativamente a tre sezioni del
volume: una prima parte, dedicata allanalisi di come si
sia arrivati allelezione di Sarkozy e a una meditazione
sul dispositivo elettorale in quanto tale (capitoli I e II);
una seconda, pi diagnostica, in cui si tenta di fissare i
principi fondamentali di una morale provvisoria au
tenticamente sottratta allo stato della situazione (ca
pitoli III/IV), e infine una terza parte (capitoli V/IX), in
cui si profilano gli elementi di una prognosi, ricollocan
do la congiuntura attuale allinterno di coordinate ben
pi vaste, che operano come trascendentali storici ne
2 Titolo del Seminario mensile tenuto da Badiou allEcole
Normale Suprieure tra il 2004 e il 2007.
3 Cfr. A. Badiou, Metapolitica, cit.
134

cessari allorientamento del pensiero politico, quali il


petainismo, la virt di Robespierre, il divenire e
lavvenire dellipotesi comunista.
Il
saggio procede con verve, intensit, articolandosi
in tre parti essenziali. Si potrebbe esemplificare un trat
to saliente per ciascuna delle tre parti in questione, sen
za nulla precludere dei tanti altri spunti possibili.
Per quanto riguarda la prima sezione, pi analitica,
Badiou insiste sullelezione di Sarkozy come rovina del
trascendentale politico che aveva regolato la vita po
litica francese dal Dopoguerra a oggi: la distinzione De
stra/Sinistra. Le condizioni di una tale rovina sono rea
lizzate, secondo Badiou, gi nel 2002, dallappello una
nime a votare per Chirac contro lo spauracchio di Le
Pen4. Lelezione di Sarkozy non fa altro che portare a
compimento questo processo di costruzione di uno
spazio consensuale basato sul fantasma del (ritorno del)
Male assoluto, fantasma che paralizza ogni ambizione
politica tradendo al tempo stesso unidentificazione
progressiva con ci che si vorrebbe scongiurare a tutti i
costi (da cui la lepenizzazione inesorabile del discor
so politico). La famosa apertura a sinistra del Sarkozy
neopresidente (luomo dei topi5) non fa che prendere
atto di questo consenso di fatto, e Badiou insiste sulla
4 Cfr. A. Badiou, Circonstaces 1, cit.
5 Cos lo qualifica Badiou, pasticciando lomonimo e celebre
caso di Freud e, pi implicitamente, un famoso testo di Sartre,
Des hommes et des rats, in Situations IV, Gallimard, Paris 1964.
135

vacuit di ogni retorica fondata sulla ricostruzione


della Sinistra, in una situazione in cui le distinzioni
politiche fondamentali ereditate dal Dopoguerra e fon
date sulla condivisione paradossale di alcuni principi
comuni (laicismo, non allineamento agli Stati Uniti,
estromissione dei neofascisti, ecc.) non pi reale.
Se non si tratta quindi n di ridurre il nome Sarkozy a un semplice aggiornamento della cultura di de
stra, n dinvocare la ricostruzione di una Sinistra or
mai introvabile, che fare allora?
A questa domanda rispondono innanzitutto gli ot
to punti delineati nel capitolo III, e in particolare
lottavo punto - c un solo mondo. Per Badiou
lurgenza politica fondamentale consiste infatti nellesi
genza di riaffermare lesistenza di un unico mondo
fatto di donne e di uomini, contro lideologia della
mondializzazione, che sovrappone ununificazione
mondana basata sulla circolazione dei capitali e delle
merci, al suo pendant necessario: il convincimento che
esistano in realt due mondi, il Nord e il Sud, il mondo
civile e i barbari, i cristiani e gli infedeli, il mondo evo
luto e quello sottosviluppato.
Le prove di un tale convincimento, di questo intrin
seco doubl bind tra mondializzazione capitalistica e
distinzione onnipresente tra noi e loro, non si con
tano, e si concentrano nellequiparazione automatica
dellimmigrazione a un problema, equiparazione di
venuta la vera chiave di volta di tutte le politiche de
mocratiche occidentali - non solo a destra - e presso
ch senso comune.
136

Anche il movimento no global parte dallassunto di


un mondo comune (fuorviato dal liberismo), per op
porvi un altro mondo possibile. Ma, per Badiou, non
esiste attualmente nessun tipo di mondo in comune, so
lo una divisione onnipervasiva e bellicosa tra due mon
di, tra ricchi e poveri, e si tratta dunque di ricostruire,
politicamente e soggettivamente, lefficacia del princi
pio c un solo mondo, non dinvocare un altro
mondo possibile.
Infine, nellultima parte, Badiou difende la necessit
dellipotesi comunista - sintagma che riecheggia li
potesi dellinconscio di cui parlava Lacan per sottoli
neare la performativit sovversiva della logica freudia
na, irriducibile a una dottrina, un sapere o un progetto.
Senza pretendere di riassumere ulteriormente la di
samina di Badiou della storia dellipotesi comunista, gi
estremamente densa, vale la pena notare come egli pre
ferisca non cedere sul termine comuniSmo (sia pure
generico), invece di insistere sulla riattualizzazione
del marxismo in voga in certa letteratura radicai-uni
versitaria doltreoceano. La sua formalizzazione della
storia del comuniSmo abbraccia due secoli in poche pa
gine - partendo dichiaratamente dallo scacco della Ri
voluzione culturale, che occupa secondo Zizek un ruo
lo analogo per Badiou allo scacco della rivoluzione na
zionalsocialista per Heidegger6 - rimontando fino alla
Rivoluzione francese, per concludersi con la constata
6
Cfr. Slavoy Zizek, Etat durgence et dictature rvolutionnaire, intervento al seminario Marx au XXI sicle, te137

zione della necessit di prendere congedo dalla questio


ne fondamentale che ha animato la seconda sequenza
dellipotesi comunista (1917-1976): il problema della
presa del potere e tutto quello che ne consegue (esigen
za di un Partito, Stato socialista, problema del suo su
peramento, ecc.). N riattualizzazione della posizione
marxista-leninista, dunque, n indulgenza per il movi
mentismo delle moltitudini no global e altermondialiste, ma lassociazione implicita di un gesto heideggeria
no di sottrazione allo stato delle cose e di un sovrainvestimento althusseriano della lotta ideologica, in un chia
smo a partire dal quale ripartire per aprire una nuova
fase dellipotesi comunista.
Al lettore italiano giudicare della forza e della perti
nenza delle posizioni di Badiou in un contesto in cui,
venuto meno il precario collante della paura della pau
ra (lanti-berlusconismo), e il fantasma di una rico
struzione ingegneristica e partitica della Sinistra, gli
intellettuali continuano a oscillare tra lindifferenza e la
complementarit elettoralistica, contribuendo, nella
stragrande maggioranza dei casi, a costituire Yhumus di
un disorientamento che sembra senza fondo.
Il
ritorno del pi importante magnate nazionale al
potere, e la sparizione di ogni rappresentanza politica
vagamente indicizzata sul trascendentale comunista
(o anche solo socialista o socialdemocratico) dal Parlanutosi alla Sorbona il 27 ottobre 2007, consultabile sul sito semimarx.free.fr.
138

mento, costituisce in questo senso un fatto nuovo e pas


sibile di liberare energie inedite, a patto di non cedere
alla ripetizione, n nel senso di una pura e semplice vel
leit di rifondare ulteriormente la Sinistra, n nel sen
so di una riedizione della scissione insanabile tra politi
ca parlamentare ed extra-parlamentare sul modello del
la fine degli anni 70.
Il
contributo di Badiou ci sembra in proposito tra i
pi lucidi, ambiziosi e suggestivi per poter concepire
una riapertura del presente.
Livio Boni

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