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L E TT E RE
ATROMO TRASEOMACO
CAL ABRESE

ALL'Auro R E DE LTE st A ME Nr o
o L I T I c o

Su'l Libro de Eruditione Apotolorum.


D I UN T A L

GIOVANNI LAMI

IN VENEZIA, MDCCXLI,

PREsso Domenico TABAcco.

con Licenza dei superiori, e Privilegio,


M

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L E T T E RA
PR1MA

ATROMO CALABRESE
All'Autore del Tetamento
TPolitico.
EL leggere ieri la votra de 17. caduto,
non poco ammirato rimai, del come mai
avvenuto foe, che voi la neuna mia eru

dizione conocendo appieno, non per tan


to, e con termini s vantaggioi per me vi epri
-

mete e'l carico potete volere addoarmi di cen


urare un libro, che le tante citazioni de'PP. ed al
tri crittori, le quali in ogni pagina, qualunque a

cao " io incontrava, creder mi fecero uno

tillato foe di pellegrina letteratura. Pur nondi


meno, pi per genio di compiacervi, che per i
peranza di avervi a ben riucire, il primo Capo
due volte attentamente lei. Ma dopo queta re

plicata lezione, come chi da profondo tetro ogno

detato, tutto giulivo in accorgendoi, che va


no era il pericolo, onde affannavai, non altri
Ymenti io

Mi entii circolar dentro alle vene

Pi piritoo il angue, e pi vivace.


E girne allegro al cuor, che lo trattiene,

Scorgendo, che nell'alta opinione, che di quel


libro aveva conceputa, ingannato mi era a parti
to, e per dappoco, che io mi ia, agevol coa mi
aria tata il trovarvi molti rimarchevoli manca
A 3 :
men
-

Wiifi T

e R A

, . :

menti, ed errori, allora per, acci la premura


vedete, ch hg di ubbidire ai votri cenni, queta
lettera ho timato di ubito di. , in cui alcu

ne coarelle accennandovi, le quali in quel primo


capo degne di riprenione mi eran parute, a darvi
venut li
altre molte, che

i"

in eo io conghieituro far per ritrovare, quan

d
avr: tempo di eaminare
guenti

, ,ciacuno

,
s

deicapi e

. . .

Oervai dunque primieramente, che a premer.


benbene le quattro prime pagine, non n'uciva
altro, e non che'l Lani, eendo tati da alcu
ni e criticati, e riprei i nomi Riiticus, 9 Im
peritus, nel libro de reta Chritianorum in eoi,
guod Myterium Divinae Trinitatis attinet, enten

tia, dati da lui a S. Giovanni " non,


ha potuto far a meno di pigliar finalmente le
proprie difee: Stava gi io mezzo orpreo in ve .
dere, che coa , la quale in quattro righe dir i
potea, occupae ben i" ; ma meraviglia.
1
mi venne tolta dal riflettere,
che da queto pen

iero prende l'Autore il detro di sfogari con una


olenne carica d'ingiurie, di villanie, d'impro
peri contro a Cenori del libr tet mentovato,
ii quali, iccome egli teo i compiaciuto di
palearci nel uo Paragrafo di Roveredo, erano,

tati l'erudito Signor Abate, Salvadori, e il ce.


lebratiimo Signor Dottore Giueppe Averani Let
tore emerito dell'Univerit di Pia, e dell'Italia
tutta, non che di Firenze ua Patria, lume, ed
onore, il quale appunto, come il notro gran Vin
cenzo Gravina, ha aputo accoppiare con la per
fettiima cognizion delle leggi un pieno poedi
mento d'ogni pi bella letteratura, e di pi con

la letteratura ci che veggiamo eer pregio di


non moltiimi, una ingolare piet: ci che chia
-

ro.

A-

- -

ro i corge in quelle egualmente pie che dotte


nove lezioni da lui nella famoa Accademia del

la Cruca gi recitate, e datei poi alla luce colle


tampe di Urbino da Signori Accademici Anioi

della citt di Pearo: chech contro s all'Ave


rani, s ad un tale degno uo libro, non i ia
vergognato di crivere certo infamiimo Poetatro
degno, e altri mai, delle fiamme. Fece per, che
la paione upplise a ci, che per empiere tante

carte dalla emplice poizione dell' occaione e


fine di queta ua opera, non gli veniva ommi

nitrato. Eccovi alcune formole delle tante, che


da voi potrete leggere,

i" vi

venga talento

di buttare il tempo . Lividi obtrettatores pani


, co timore attoniti, C veluti urgentis arboris um

, bram, meibus uis in effato jam olo languentibus,


, ridicule, atque inconulte metuerunt. Fanaticorum
, inaniam non ine mieratione quadam inridebam.

,
s,
,
s,

pag. 2. Huius furfuris vitiligatores, qui magis a


leam, fritillum, venereum noverant, luo
riaque trattabant paginas, quan Eccleiaticas
literas, & divina eloquia didicerant ; deni

55.

m
Ambubajanu
i,

tle

, Mendic

collegia, Pharmacopola,
mimi, i

, Demeis criptis que nunquam legerant de San


, ctorum Patrum doctrina, 6 opinionibus, quas nun

, quam perceperant, demeis moribus, pietate,, reli

, gione, quan intelligere nolebant, un olenter ini

, que, procaciter judicium ferre minime verebantur.


, pag. 3., adeo, deridiculi, C exibilandi eiumodi
,
,
, homines unt, C) c.
Non per, che ceata una meraviglia, non

me ne ia nata un'altra. L'Autore in queto cap


medeimo alla pag. 25. di e favellando profea di
voler trattare co' uoi area,evangelica ti
4.

L E t T E R A

te intruktus bonum pro malo reddens. Oh, come si


ha egli mai ad accordare un parlare s libero , s
anguinoo contra degli Avverari, come abbiamo
veduto , e la proteta di volere per guida nello
crivere la carit Evangelica ! e vi dar l'animo
di farmelo intendere,
Eris mihi magnus Apollo.
Il ripondere, come fa in terza perona il Lami
-

nel uo Paragrafo : Non pu mai eere detto tro


po contro a Perone , che hanno attaccato, la %.
piet , e religione , anzi che levarmi, la meravi
glia, me la raddoppia . Non ne dar gi io per
ragione gli eempli de' SS. Apotoli , de' quali
S. Luca negli Atti al capo quinto racconta, che

ibant gaudentes a conpectu concilii, quoniam digni


habiti fant pro nomine Jeu contumeliam pati; mer

cech fore mi potrebbe il Lami riconvenire di


opporgli io gente zotica, ed ignorante, la cui

autorit per coneguenza pu pree lui aver poco


peo . Per lo teo motivo, ia per non detto ,
dall'Evangelita Giovanni nella prima ua cano
nica, c. 3. v. 16. Filioli mei non diligamus verbo,
neque lingua, ed opere, veritate ; ma e non
vogliamo con empiet eecranda formare anche
di Crito un Uomodio incolto, e provveduto

di cienza, pu egli uno, che la carit Evange


lica vanta, e profea, dire : non pu mai "
troppo ec.. quando Crito a chiare note nel ud
Vangelo in S. Matteo a cap. v. 39. , c'intima
Si quis te percserit in dexteram maxillam tuam ,

prebe illi alteram, e poco dopo: Ego autem di


co vobis: diligite inimicos vetros & benefacite his,

qui oderunt vos . Queto per me un paradoo


ineplicabile,

Bens con omma facilit intendo perch l'Au


tore dopo di aver propota l'occaione di crivere
-

que

P R 1 M A,

uueto nuovo libro, i tudi provare , che i libri


degli Eretici poono eere letti, e citati . Sicco

me egli nel decoro dell'opera fa. gran capitale di


queta mercanzia, cos troppo gli doveva preme
re di tabilirne l'uo, e di alzarne il tredito. T

mo con tutto ci ,

che

ad onta delle ragioni,

le quali egli porta, non ia per ottenere l'inten


to ; concioiach quete o provano troppo, o
null. Son elleno pree primo dagli eempli di S.

Girolamo, e di altri Padri, i quali dalla lettura


de'libri degli Eretici, crittori non s'atenevano :
Secondo dall'eervi in tali opere molte coe ve.

re; ma degl'itei argomenti non potrebbero for

e erviri gli Eretici in pruova del non dovere e


ere proibiti i loro libri? Tanto egli vero, che

!" Gretero lib. 1: de jure,

& more prohibendi


ibros malos, eap. 29. gli mette in bocca agli Ere

tici , e dottamente gli cioglie, ed in tal capo


chi non vede , che troppo verrebbe con ei a

provari?
Ma dunque n tampoco potranno leggeri tali
libri colla licenza ? Circa il dar la licenza ci pen

ino quelli, che dalla Chiea fono di tale offizio

incaricati. Io per me non la darei , e non e a


perone, le quali aveero tre condizioni: La pri
ma , che fosero dotte ; giacch, come preso il
citato Gretero proteta Girolamo : Grandis et

": aurum in luto i La econda,

che

osero di fede foda, e pecchiata: Soli ei concedi


tur (To avvert gi Beda in cap. 7. Prov.) haretico

rum libros legere, qui adeo folidatus et in fide ca


tholica, ut verborum dulcedine, vel atutia nequeat

ab ea egregari. La terza (e iegue dalle due pre

cedenti) che fosero in certo modo di dire, inca


paci di abuarene.
Venendo ora il Lami, non gli voglio diputa
-

IG

L E T r E R a

Io

re il titolo di dottiimo in un ecolo, che a s


buon mercato i vende, che quai dir i potrebbe
del Chiariimo, e imili aggettivi, ci che del

" fise in un
QV inO,

uo citolo franceco San


-

Pu far domeneddio, ch'oggi ogni putto,


Ogni gaglioffo, ogni fabbro al uo nome
Voglia il meser, com'il ale il prociutto,
Io tupico per Dio nel penar, come
on i vergognan le perone, quando

s
-

Dan del Mesere a chi porta le ome.


Molto meno vo io farlo pasare per uomo di fe.
de, opetta, bench dal motteggiar, ch'egli fa in
pi luoghi molti Dottori Cattolici , potrebbe
gualche maligno argomentare, che pi della
eologia di queti gutase il Sig. Lami della

Dogmatica, e morale di M. Habert , o del


- la Teologia familiare dell' Abbate di S. Cira
no, o della Morale di M. Bourdailles , o di
quella di M. Franceco Genet, o d'altri ta
l .

Dir bens, che dell'ampia licenza ottenuta dall'

Eminentiimo Davia il buon uomo e n' non


poco abuato. Vegga egli di grazia i termini ,
co quali nel titolo di queto primo capo propo
ne l'affare : Utrum haretici criptores ab ortodoxo,

homine legendi, C allegandi unguam int, S' egli


contentato di leggerli , di citarli qualche vol

ta ? Io veramente non ho ancor letti gli altri ca


pi; ma dal leggere il giudizio de Giornaliti,
e dall'aver veduto a cao nello correre in fret

ta tutto il libro tratto tratto cappar fuori i Simo


ni, i Turretini , i Grozi, i Terveti, e imili,
embrami, ch'egli agogni di comparire ne' libri

Cattolici foretiero, dometico in que degli Ere


tici, e che coll e lodi, che a queti d, e
-

i di
pre

---

T R

1 M A.

II

pregio, con cui parla di molti tra quelli, ta


citamente ininui , che la erudizione fuggiaca
dal Cattolichimo ita ia a ricoverari ne'Portirea

li, nelle Londre, nella Lipia, nelle Ginevre, e


che o io,

Merita anche rifleione quella propoizione (non


pu negari avanzatiima) che leggei alla pag.
Io, veritatem a quocunque it , emper a Spiritu
Sancto ee . La tabilice, gli vero, ed in que
to luogo, e nel Paragrafo coll'autorit di S.
Ambrogio. Ma che improvviata queta mai ?

Il Signor Lami tanto accurato, e minuto in cita


re i luoghi delle ue autorit allega ora un te,
to di S. Ambrogio in materia s pericoloa, e i
dimentica affatto di accennare, non che il capo,

anche il libro ? La ragione chiara. Si perua


deva egli di aver empre a fare con Avverari ,
che (uo le ue parole alla pag. 2.) illos majorum

entium criptores Jutinum, Clementem, Origenem,


i"
, & id genus Patres eminentiimos ,
ne a limine quidem alutaverint : ma queta vol
ta gli andato fallito il "i ln tutto S.
Ambrogio non vi ha tal propoizione , bens ne'

commentari in Epit. ad Corynth, primo c. 12.


"
enim verum a quocunque dicitur, a San
to dicitur Spiritu . Ma queti Commentari, co
munque vadano tra le opere di S. Ambrogio,
non ono di lui , come dopo il Bellarmino ,

il Petavio , il Labb, e tutti i critici, ancor


pi miti, inegnano i miei diletti Padri della Con
gregazion di S. Mauro. Bench , quando anche

detto l'avese Ambrogio, a volere, che una tale


propoizione non ia fala, propoitata, ed erro
nea, non le i pu dar altro eno, che queto:
guidquid enim verum et, a quocunque diciturs

Spiritu Santo concurrente dicitur , ma

i
Che

i2

L E r r e R A

che pu inferir mai il Lami a favor de'libri degli


Eretici ? Allo teo modo potrebbe diri, che a
qualche verit da Demoni detta talora,o perbocca de
gli Energumeni, o per altra maniera, concorra lo
Spirito Santo, n per alle loro attetazioni, o i

pu, o i debbe la notra credenza di verit tali


appoggiare, anzi venendo elleno dal Padre della

bugia, dovremmo averle per altrettante menzo


gne, e in vigore d'altri ricontri, e fondamenti
non veniimo ad eere peruai del contrario. So

migliantemente dicorrai di qualche verit, ( n


qui parlo delle cientifiche, e naturali ) la qual

in uno crittore di non Cattolica fede potrebbei


per orte incontrare. Vi ar ben concoro lo Spi
rito Santo a farla crivere, ed io potr ben darle
l'aeno, ma perch? Perch io altronde illumi

nato l'ho conociuta per verit, ma non gi mai,


perch l'autorit di s fatto crittore punto mi
muova, la quale, anzi che muovermi, mi ritrae,

n per e medeima valevole ad altro, fuorch ad


ingenerarmi opetto di falit. A che dunque alle

gare s fatte opette e vacillanti autorit? o qual


peo e qual forza pu avere in ordine a farmi tenere
per vera una propoizione, l'eermi noto, che ad o mi vero lo Spirito Santo concorra, e noto non mi

, alla verit di quale tra tante propoizioni, le qua

li in riguardo a chi le profferice tutte mi i rendon


opette di falit, abbia lo Spirito Santo concoro?
Finico, poich, e dell'ingiurie favellare io vo

dei, che l'Autore dalla pag. 19., ino alla 25, l'
ultima del capo con nuova lena carica contro a
uoi aggreori, dovrei ridire il detto di opra. Non

debbo per ommettere, che alla pag. 25. egli pera


con queta ua Opera di far conocere: quid in feriis

Antumnalibus , tra mille altre occupazioni, quai


per focum efficere potuerimus. Su di che non vor rel ,

P R 1 M A'.
i3
rei, che oltre le 7. aggiunte, ed ammende pote al
fine dell'operetta vi aveero degli propoiti, che
meglio di quanto egli cene poa ridire, ce lo die
motraero, ond'egli avee poi a querelarinda
no, di non avere eeguito quel grande avverti
mento di Orazio.
Si quid tamen olim

Scriperis, in Meti decendat Judicis aures,


Et patris, C motras, monumque prematur in annun
Membranis intus poitis delere licebit

Quod non edideris; necit vox mia reverti.


Io ne temo di molto e bata lo vedremo nel decor

o. Intanto voi Sig. Tetatore riveritiimo, gra

dite queto picciolo foglio che vi potr eere un


grand'argomento della omma mia ollecitudine d'
incontrare il votro genio. Di Tropea, 1: di Mag
gio giorno di due SS. Apotoli Filippo, e Jacopo.

L E TT E R A s E c o N D A,
D'Atromo Calabree, all' Autore
del Tetamento Politico.

Ubo alle mie molte occupazioni alcuni pochi


momenti per inviarvi tre, o quattro rifleioni
ul econdo i del libro a voi noto, giacch non
ho potuto paare pi oltre in leggerlo. Avrei ve:
ramente dovuto prima di proeguir nella critica di
queto indiavolato Zibaldone apettare il votro pa
rere ulle
da me fatte intorno il primo

"

capo, ma la fretta da voi fattami di formarne pi pre


to che foe poibile una tal quale diamina mi fa
perare, che non dicara vi giunger la preente.
Nel leggere in fronte al capo di queto titolo:

Apotolos, quos Chritus elegit, humiles, abiettoque


homines fuie . Io mi credea, che nulla vi"
-

Cliere

14

L E T T E R A

...

eere, che cenura i meritae, alvo il uggetto,


che coa non mi embrava, in cui provare s'avee

ad itancare l'ingegno 3, e la penna. E chi mai,


dicevo fra me e me, e chi mai poto ha in dubbio,
che di ignobile ceppo, e di baa condizione ieno

tati gli Apotoli? Se il Lami non i laciando tra


portare da uoi pregiudizi, avee avuta la pazien
za di pigliare il pi mechino tra Dottori Scolas
tici avria certamente veduto, che quanto mai pu

fliri in riprova di quella propoizione ta in quei


libri da lui s abborriti, ove tra motivi di crdibilit

la propagazione annoverano di notra fede per mezzo


di dodici calzi ed abbiettiimi uomini. Anzi e il

uo fanatimo talvolta gli avee permeo di andare


in chiea ad udire nella Quareima la divina parola,
queto teo da qualunque pi dozzinale Oratore
egli udito avrebbe " della fede; A che
dunque temprari il cervello, cartabellare volumi
in foglio,

" buttare

inchiotro per

tali argomenti ? Cos io diceva tra me medeimo a


E m'inquietav noti poc,
Ma poi in arrivando alla pagina 32. cominciai
a vedere , che il buon uomo, o aveva cogli occhi

perduto anche il lume di ragione nella letturade


uoi Codici manucritti , o di tudiare aveva uopo

alquanto pi u l'arte di penare di M. Arnaldo,

o la Logica di Purcozio per apprendere, come ra.


gionar i debba da uomo aennato. Aff di Bacco,
che un gatto la dicorrerebbe pi giuto. Dopo ave:
te cotui nella pagina antecedente u la corta di
Bernardo Lamp; e di Riccardo Simon ( e ben po
- tea protetari di eguitare in ci cent'altri; e pi

antichi, e tenuti in maggior conto da chi non me


zo ciolo. Che queta una tale dottrina, la quale
non mica tata prodotta al mondo da oli primi La

mi
, e Simoni i ma vecchia aai pi del brodet
e
to e
-

S E c o N D A.

i3

to e critta u per tutti i boccali, come uol diri),


-

opo d'aver, dii, cotui provato da quelle pas

" , e da

role di S. Matteo: Beati pauperes

quell'altre: Beati qui euriuni, & itiunt jutitiam, la


povert, e l'inopia de Santi Apotoli, oggiugne le
eguenti parole: Sed quod ambiguitatem omnem tollit

f, quod Chritus Matth.XI.,

Luc. VII. 24.a pau


peribus regnum Calorum adnuneiari ait : Pauperes e
vangelizantur. Signor mio, oh vedete di grazia che
teta di citrivolo ! La comune degl'Interpreti conCor
nelio, e Maldonato prende quete parole non in en
o attivo ; ma in paivo, come gi fece il Siro,

che le volt: Pauperibus evangelizatur. Se a me non


i lo vuol credere il Lami , lo creda almeno al Cal
met da lui pi fiate con lode citato, il quale commen

tando queto pao di S. Matteo c'aicura, che vulgo

i" " , quem priorem propouimus ( cio il


i eno paivo) amplectuntur : E pure egli pretende
-

di trarre da quelle parole a favore della povert degli

Apotoli un argomento che ambiguitatem omnem tollit,

"i
che ignificaero : Pauperes evangelizant. So
e Teofilato, ed Eutimio l'hanno interpretate co
s: Ma a chi non abbia il cervel ne'calzoni, pu u

cir mai di bocca propoito di queta fatta, che da


un teto piegato giuta il entimento di due poni
tori a fronte di tutti gli altri interpreti, i quali in
eno oppoto il pigliano, poa diduri un argomen
to, che ambiguitatem omnem tollat? O Giovanni La
mi non capice la forza di quete parole latine: an

biguitatem omnem tollere, o'l poverino non a, che


voglia dire dicorrere; a per quando alla pag. 23.
crie con intollerabilgiattanza: Meunum, qui tam
vera, C indubitata loquor, nec tam verba, quan ora
culafundo. Se le voci indubitata oracula non pree egli

in miglior eno, che qui le parole omnem ambiguita


iem tollere; vo con eo lui di accordo,
-

M
2

16

L. E T r E R A

Ma ci attendono coe di gran lunga pi amene.


At licet pauperes Apotoli fuerint, Ambr. tamen Cathe
dum diem Cajetano dicit, quod
rino non

, ejuque.Apotolos unquam mendicae negaverit:


3"
ulla enim certa & indubia auctoritate Chaterini opinio
fulcitur, 6 nugari videtur Salmero, qui ex eo quod Chri

tus Joan. IV 7, dixerit: Mulier da mihi bibere, Chri


tum mendicae, 6 mendicantium Ordinem f"
deducere frutra eonatur; cui etiam Socius Perrerius ob
tat a Chritoph. Pelargo(liceatrovaisier 'resa Luthe
ranum gaysan, producere) ei meritooppoitus. Cos l'au
tore immediatamente dopo le parole or ora eamina

te. Non voglio entrare qui nel punto tra il Caterino,


e il Gaetano gi controvero, il che, i" facei
potrei a favore del primo citare l'Apotolo 2. Corint.

8.
9.; Egenus factus et cum eet dives, dove nel gre
codicei in raxevrs, che propriamente ignifica mendi
eus factus et, come pure S. Girolamo cap.47.al. Io, ad
Furiam, ove il Santo d queto avvertimento a Furia:

Cave, ne mendicante Domino Deo tuo alienas divitias


augeas. Solo voglio, che qui riflettiamo u quelle
parole: Nugari videtur Salmero,qui ex eo & c. per ritrar
ne la gran perizia, e la prodigioa Polimazia di que
to nuovo Oracolo che i fa partigiano del Luterano
Pelargo. Il Salmerone non ha mai ognato di prova
re, che Crito abbia mendicato, ed approvato gli Or dini de'Mendicanti dall'aver egli chieto alla Samari
tana un pe d'acqua. Al tomo 4. p. 1. tract. 19.queto.
Eccellente Dottore intervenuto al Sacroanto Con

cilio di Trento, in qualit di Teologo Pontificio i

argomenta che'l Salvadore abbia mendicato per quat


tr capi: Primo da termini lo diduce, co quali della
povert di lui i parla pi fiate nelle agrelettere. Se
condo dall'avere Ges voluto otenere il reato, e

con ci aver le mierie di tutti i peccatori. Terzo dall'


eere virt eroica il mendicare per amore di Dio.
quar

17

S E C o N D A.

4. dalle regole degli Ordini Mendicanti approvate


da Sommi Pontefici, le quali , dic'egli, mendicita
tem rerum ad imitationem Chriti faciam probant.
Poi conchiude cos : ut igitur a Zacheo mendicavit
hopitium , 9 aellum ad ingreum in Jerualem
a Dominis illius, atque a anctis mulieribus ......
ita hic a muliere Samaritana Chritum aquam men
dicae aerunt Thomas atque Bonaventura : Vada
ora l'oracolo a diffinire: Nugari videtur Salmero,
qui ex eo quod hritus, C'c.
-

Animal mai non vidi tanto ardito,

o che direbbe il Berni con molto maggior ra


gione, che gi non ebbe, quando di quel Ser Sac
cente di villa cos pronunci . E' egli queto pro
vare dalle parole: Mulier da mihi bibere, la men

dicit di Crito, e l'approvazione da lui fatta de


gli Ordini Mendicanti? Che e il Salmerone iegua
a parere al Lami un vendifrottole, perch un at

to di mendicit ravvia in quelle parole Mulier & c.


rifletta , che l'Angelico Dottor S. Tommao, e S.
Bonaventura con queto teo bel titolo ei dovr

pure onorare , al che non credo io gi , ch'egli


ia per avere difficolt di orta alcuna, non een
do n Luterano, n d'altra etta dannata, o l'u
no o l'altro Dottore.

Dopo queta infelice digreione alla mendicit

di Crito alla pag. 33, porta l'oracolo un Teto


di S. Pier Griologo erm. 28. , in cui il anto
l)ottore chiama gli Apotoli pauperes cenu, loco
humiles, viles arte, obcuri vita & c. Una coa per

in queto Teto dipiace all'Autore. E quale? Che


gli Apotoli vengano iniememente appellati poveri,
ed innocentia locupletes: ignobili, ed anctitate u

blimes & c. : E per egli lo interpreta de is pot


quam Jeum equuti unt. Non gli contraddico in

queta parte, ma poteva accennarlo


enzainfermari
B
due

18

L E T T E R A

in due pagine a refrigere quanto della vita degli


Apotoli prima della lor vocazione leggevamo nel

le note di Ugori Menardo opra quel pao della


lettera attribuita all'Apotolo Barnaba, di cui to
to favellaremo. E che altro ci, e non rino
var quel che fece l'Epicureo Celo, contro ctii cri

e il dotto Origene ? Sari Griologo i debbe in


dentore furon chiamati. Perch ? Auctor enim ille
pervetutus Epitole, qua Barnaba vulgo tribitur, ad
tendere degli Apotoli, dappoich a eguire il Re

firmat cap. 5. tunc

4" uos ;

qui Evangelium

pradicare debebant ; & erant uper omne peccatum


peccatores; elegit. Cos il Lami. E Celo che fe
ce? Uditelo da Origene lib. 1. contra Celum rife
rito dallo teo Lami: Scriptum autem et in Bar

naba Catholica Epitola, quod adripiens Celustatim


effutiit , nefarios & # ee Apotolos, quod e
legiet Jeus proprios. Apotolos ex omni celerum ini
quitate concretos: Che uniformit d'impegno, per
far comparire gli Apotoli celleratiimi, in tanta
difformit di credenza! dacch alla pag. 21. il La-

mi altamente i duole, incotta meo pectore pietas,


cata mea religio, mea erga Eccleiam Chriti reveren
tia, temere, atque inolenter impetitur. I
,
Del reto dal P. Natale Aleandro Hitor. Ec

cle ec. 1, c. 12. a. 8. poteva apprendere il nuovo


Celo 3 che una delle ragioni, per le quali molti
valenti Critici han giudicato quella pitola uppota
a S. Barnaba, appunto la nera iperbole, con cui

delle celleraggini degli Apotoli vi i favella. Non


videtur etiam Barnabas rem tam evidenter falam de'

Apotolis cripturus; cos il lodato Natale Alean


dro. Anche dal dotto Cotelier nelle annotazioni

alla medeima lettera avrebbe potuto imparare con

che rierbo de Santi Apotoli parlare i debba, Fa


teor quidem in illis, dice queto

sitoiniere
G

S E c o N D A.

19

dell'Eccleiatiche antichit , etiam pot vocationem


ante adventum Spiritus Sancti reperta peccata, invi

diam, iram, ambitionem & c, Verun hac, proutmar


rantur in Scripturis acris, eos homines extitie oten

dunt, ac interdum malos.; bipedum neguiimos prin


cipio fuie nequaquam demontrant . Concedo etiam ,

de Juda Icariote credi id poe, quod generaliter hoc


loco Apotolistribuitur. Quanquam nihil cogit illud
aerere ; cum potuerit Judas ex non valde fiagitioo

potea celeratiimus evadere. Non diffiteor quoque


Matthaeus publicani munus exercuie, atque i vis ex
Clemente Alexandrino Strom. Matthiam, ut ex Chry

ot ad initium cap. 10. Matth. , ac Theodoreto in


palm. 67. Jacobum Alphai ; in publicanos autem

vehementer invehi cum Scripturas, tum Patres. At


itamen quis inficias ierit, non omnes Publicanos omni

bus vitiis fuie coopertos Denique contat Paulum


emetipum vocare blaphemam, perecutorem, contu
melioum, ac

i" peccatorum, ed non ideoma

litia cunctos homines uperavit , qui qua commiit,


ignorans fecit incredulitatem per zelum ; qui in ju

fi

legali inculpatus extitit , quique humilitate

potius, quam peccato primas tenuit. Unde relito Bar


naba cum uo aecla Origene, malim accedere Con
tantino Imperatori in Oratione ad Sanctorum catum
cap. 11., & 15. ac Jolio lib. 9, cap. 78. apud Pho
tium Bibli. cod. 222. atque Apotolos etiam antecuam
Chritum equerentur, indigitare viros reliquis apien
tiores pariter, ac meliores. Nam i demas Judam prc
ditorem , ac forte Matthaeum publicanum , in cateris
felicior, benigniorgue indoles ubique elucet, ac e pro
dit in Evangeliis. Cos da quelli i crive che an

no il ripetto a Fondatori della Critiana Religio


ne dovuto. Cos da quelli i crive. A queto pro
poito mi ovviene aver letto preo il C. Bell.T.
I controv. l. 4. cap. 7. n. 16, che lo sfacciato di
B

Bren

2o

L E F r e R A

Brencio, non apendo che i ripondere all'at


torit di S. Bailio in difea delle tradizioni A

potoliche e ne sbriga, con dire che quei teti or


no nei, ed errori di quel gran Prelato, e che noi
iamo porci, ed imitatori di Cam, qui Patrum no

trorum turpitudines denudamus. Ma queta imper


tinente arditezza di quel micredente non vi em
bra ella, riverito Sig. Tetatore, pura pura verit
nel notro cao ? Che poteva fare di peggio il La
mi, per dichiarari un altro Cam vergognato con
tro a venerabili notri Padri gli Apotoli?
Altro non v'ha in queto capo, e non poche coe

intorno alla nobilt di S. Giovanni Evangelita,


le quali ono pree dal Tillemont tom. I du Me
moires pour l'Hit. Eccle, nella Storia di S. Ja
copo il i , e da Bollanditi tom. 6 Juli in
# ejud. S. Jacob. Maj. p. 1. S 2. quantunque dal

compilatore non nominati. Vi coniglio a legge


re queti Autori, nei quali queto punto ritrovai
con ben altro fondo e perizia trattato di quello,

che faccia il notro mierabile ciolo.


E qui voleva por fine; ma giacch ho ancor tem
po, e'l ferro, come uol diri, caldo, vi aggiu
gner qualche coa ul terzo capo; in cui oh quan
to pi chiaro i fa conocere il genio maligno di
queto novello Cam ! In fatti qual'e lo copo,
quale la mira di ben 18 carte, quanto formano
queto capo, e non motrare che la primitiva

Chiea altro non era, che una Congregazione di


pezzenti, di plebaglia, di donnerelle, di ragazzi, di
gente infine facinoroa , e malvagia, quantunque
con varie sforzate lodi vada l'Autore colorendo il

uo mal talento? O fatiche ben impiegate in ma


teria alla fede notra s decoroa ! Opera invero
degna di eere dedicata ad un Nipote del Vica
rio di Crito! Conviene, che io la dica, come la

ento,

S E G o N E A.

2i

ento, riveritiimo Signore mio. Se qua la lette


ratura d'oggid ha a terminare, voglio anzico'San

ti Apotoli eere un ignorante, uno terpo.


- Che ne ia per di queto accanito impegno, che
d'icreditare i primi Critiani ha il notro Saccen
tone, voi vorrete apere e almeno ien conchiuden
ti le prove, ch'egli ne ha ammaate. Prima di

ripondere alla propota, forza che io premetta


una propoizione evidente, ed , iccome il nume

ro de poveri a quello dei ricchi, quello delle don


ne a quello degli uomini, quel de'ragazzi a quel
degli adulti, quel de mal viventi a quello de mo;
rigerati tato al mondo empremai uperiore (ond
, che anche nel cattolicimo de'notri giorni an
noveriamo pi poveri, che facoltoi, e cos dicor

rendo come opra) omigliantemente nella Chiea


dei primi ecoli addivenuto ; ma il gran Gio
vanni Lami non pu eer contento di tanto. Al
trimente e nulla pi non pretendeva col olo ri

contro addotto poteva sbrigari dalla ua aerzio


ne, e riparmiare a Leggitori la fatica di correre
tanti teti addenati come uccelli nello chidione;
Direte voi, che voleva olo fore far pompa di
aver letti tanti Autori. Negar non lo voglio, che
troppe ne ho convincentiime prove del gonfio pale

Ione, ch'egli . Ma e a queto ol mirava, gli


mancavano fore argomenti da trattare con infil
zature di quadronate autorit

. Ma, o l'abbia preteo unicamente, o no, certo


ch'egli ha preo un olenniimo abbaglio. Stia
mogli un poco alle cotole, e chiaro chiariimo
il vedremo. Comincia cgli il capo con queta dot
trina: che gli uomini ricchi, e nobili pi difficil
mente alle parole degli Apotoli arrendevani, che
non i poveri, e di baa lega.

Dottrina vera veriima, i" da lui profanata


3

col

il

i
L E T T E R A

2, 2,

col puntellarla che fa con le autorit dell'Eretico Pe

lagio, dopo averla tabilita colle parole di Lat


tanzio, e di Girolamo . O la bella combinazio
ne, Lattanzio e Pelagio, Pelagio e S. Girola
mo! Scendendo poi al particolare i aicura l'Au
tore, che i acram Eccleiae Hytoriam percurrere lu
bet, 9 quinam, 69 quales Chritianis ritibus primo
eculo i". curioius inquirere, eos utplurimum

viles, humiles, depectos, pauperepue homines fuie

'i

comperiemus, ive genus,


miniteria, ive exum,
& etatem , ive mores, ive opes, ive habitum, ve

teque repiciamus. Poveri Critiani della primiti


va Chiea ! vi arete mai apettato , che dovee

dopo 15 ecoli orgere uno, che s dura minuta


anotomia facee di voi, e quel ch' pi, un che
i dichiara eere incosta pietatis, cate religionis & c.
Puoffar il mondo ! Come a toccare tutti i tati! ge

nus, miniteria, exum, gentem, atatem, mores, opes,


babitum, veteque,

guid dignum tanto feret hic promior hiatu ?


Eccolo: Hyeronimus Proemio l 3 uorum Comm. in

epii ad Gal. litteris mandavit Eccleia Chriti non


de Academia & lyceo, ed de vili plebecula con

gregata et. Hinc & Cecilius apud Minutium Feli


cem in Octavio adverus Chritianosita diertat: Ho
mines deplorata, inlicita, 69 deperata factionis ....
gui de ultima facce collectis imperitioribus, 69 mu
lieribus credulis .... Plebem prophane coniurationis

intituunt .... Hec omnia non inficiatur Octavius,


ed magis

f", Sed &

ecundi eculi auctor, qui

dialogum Philopatris incriptum Chritianos irriu


rus compouit, Chritianos, vel tanquam homuncio
nes, vel tanquam rupicones, vel tanquam evanidos
vetulos paim traducit. Homunculum quoque (quet'
l'ottava tra le 74 addenda, C mutanda collocate

al fine dell'opera) Aclepiadem Chritianum vocat,


-

U0cdl

S E C o N D A
23
vocat quidem in Actis S. Pionii. Celus apud Orige
nem lib. 3. Chritianospleroque ait ignobiles, 9 man
cipia fuie. Apud Prudentium autem ita Praies Ro
manum martirem alloguitur:

- -

Tu ventilator urbis, 69 vulgi levis


Procella, C'c.

Tertull, quoque Apolog. v.3. obcurum Chritianorum ge.


nus aperte indicat, ubi irit : Alii, quos retro ante

hoc nomen, vagos, viles, improbos noverant ex ipo


denotant, quo laudant & c. Or piglio a parlar io:
Parturient montes, nacetur ridiculus mus.
S. Girolamo non parla in tutta quella prefazione
che de anti Apotoli. Quia enim ex creaturarum

ordine, varietate, contantia , non cognoverat mun


dis per apientiam Deum, placuit Deo per tultitiam
piadicationis alvos facere credentes ... Quotusqui
ue tum Aritotelem legit ? Quanti Platonis vel li
bra novere, vel nomen Ruticanos vero, 9 Pica
tore notros totus orbis loquitur : cos oggiugne il
Santo, e cotui pretende d'inferir da quel teto,
che la maggior parte de Critiani era una cana

glia : Che ainit ! per non dire di peggio. E poi,


come ha egli fronte di dire, che Ottavio , o ia
Minuzio Felice non inficiatur, ed ma sproia quei

che Cecilio avea detto dinanzi contro a Critiani?


Era fore zuppo di vino quando lee Minuzio Feli
ce, onde non apee ditinguere ci che queto
Autore aeriva da quello, che ol trametteva ?
Dopo la lunga parlata di Cecilio cos ripiglia Ot

tavio: guoniam meus frater erupit agre e ferre ..: illitterato, pauperes, imperitos de rebus caletibus di.
putare, ciat omnes homines ine delectu etatis, e
3 us, dignitatis, rationis & enus capaces, 69 ha
biles procratos; nec fortuna mactos ed natura initos
ee apientiam . Quin ipos etiam Philoophos , vel
i qui ali, artium repertores in memorias exierunt,

priuquam ollertia mentis parerent nominis clarita


-

tem.

L e T T E R A

24

tem habitos ee plebeos, indoctos, eminudos... notra


tas pauperes & commentos ee prudentiam, 69 tra
didie ceteris diciplinam ..... E poi: Nec de ul.
tima tatim plebe contitimus, i honores vetros, 6
purpuras recuamus, nec factioi umus, i omnes u
num apimus & c.

, Dunque, dich'io, il eno queto : Sia Ceci


, lio mio come voi dite : i notri Critiani on
, poveri, ono di vil condizione: Ma ci che mon
, ta? La apienza, come i veduto, ancor ne'
, votri Filoofi, non va del pari con la fortuna
Fin qui ua la figura, che appellano i Rettorici di
Conceione . Siegue ora Minuzio : Oltra di che,

come avete voi ardire di rinfacciarci , che iamo

de ultima plebe ? Ecco, che nega quanto avea det


to Cecilio. Dir fore il Lami, che in quete ul

time parole Minuzio olo accenna, che la povert

"

era talora volontaria ? Cos in fatti ei lo


alla pag. 24. ; ma quanto ridicolo ia un tal fut

terfugio lo motrano le parole eguenti : Nei fa


etioi umus , le quali e che altro ignificano, e
non che iccome dall'unione dei pareri, e degli a
nimi male argomentavano gli Etnici, che rivoltoi

foero i Critiani , cos dal vederli dipregiatori


delle dignit, e degli onori male inferivano eere
eglino di vil condizione; dunque iccome di tutti
i Critiani Minuzio nega, che foero fazionari,
cos, di tutti nega, che foero de ultimi plebe.

Queta coneguenza evidente, mercech iccome


tutti i Critiani erano uniti di entimenti, cos
tutti guardavano con dipregio le mondine gran
dezze. Ma ripiglier il Lami, che e di tutti a
vee negato Minuzio Felice avrebbe deto il fal
o; ripondo, che Minuzio Felice non entra nella

quetione, e in realt vi foero pochi, o molti


poveri, ed ignobili tra Critiani; ma olo
- -

--

- -

"
C)Si

S E e o N D A,
25
che tali poono eere giudicati, atteo il dipre
gio, che all'umane coe portavano. E quando tut .
-

to ci foe falo, che dir il Lami, e gli addo


mandar, quanti foero i poveri volontari? Egli,
lo o, riponder, che pochiimi; ma viva Dio,
dal teto di Minuzio Felice in eterno non lo pro
var gi egli,
-

--

Io, che conoco il votro gentil naturale, Teta


tor mio amatiimo, ben mi accorgo, che in veg
gendo meoi fieramente alle trette queto grazia
to, tocco vi entite di compaione. Ma io non mi

ono gi meo per poco all'imprea di eaminare


queto maledetto libro, parto di mente malana,

e di cuore pi empio. Seguiamo dunque le notre


rifleioni. Lacio da parte il Dialogita, il Prei
dente Romano di Prudenzio, e l'altro di cui par

lano gli atti di S. Pionio; mercech ono autorit


di neun peo, e provegnenti da uomini, a qua

li il livore, e l'odio contro la Fede notra an


tiima teneva gli occhi aperti oltanto per veder
vi il dipregevole . E perch ono cai partico
lari, anzi ingolari , da quali neuna logica per
mette, che io appia , l'argomentare al comune,

ed ordinario; averto olo di fuga, che eendo il


Martirio di S. Pionio caduto nell'anno 25o, otto

Decio, come dopo il Bollando tom. 1. Feb: ad


diem 1, inegna il dotto Ruinart in admonit in Pa
ionem S. Pioni? Martyris, e'l Tillemont tom 3.,
d'l pi preto otto Marco Aurelio l'anno 167. giu
ta il parere del Petavio, e dello Scaligero egui
to da Giovanni Pearon dis. 2: de annis priorum
Roma Epicoporum cap. 19. , o il Lami non ape

va, dove s'avee il capo, o i creduto di poter


buttare la polve negli occhi a Lettori, citandoci

atti di S. Pionio, quando egli i era protetato alla


pag. 39. di volere nel olo primo ecolo della Chiea
-

te

rine

26

L E T T E R A

retringeri, quales Chritianis ritibus primo ecula


inheferint. Pao ora a Tertulliano; ma con un at
to di alta maraviglia, come mai un uomo, che

indubitata loquitur, che oracula fundit, ia cos cer


vellato, che non giunga dove un Logichetto di
due giorni, enza ommo didoro non potrebbe non
arrivare. Alii quos arte hoc nomen vagos, viles, im
probos noverant, ex ipo denotant. Dunque alcuni de'
Critiani prima di eerlo erano vagi, viles, impro
bi. Queta la coneguenza, che da quello an
tecedente ne egue, e non quet'altra propoitata,
l)unque la maima parte de' Critiani era gente
vaga, vilis, improba. Sebbene a che maravigliamo?.
Eh che l'arte di ragionare non s'impara gi tra

la ola polve de' Codici. Del reto perch non le


e il Lami Tertulliano al cap. primo dello teo
Apologetico , e i arebbe veduto da Tertulliano,
mentito. Oda parole che trozzano. Obeam vo

ciferantur ( i Gentili ) civitatem in agris, in catel


lis, in inulis Chritianos, omnem exum , etatem,

conditionem, etiam dignitatem trangredi ad hoc no


men, quai detrimento marent. Omnem exum, eta
tem, conditionem, etiam dignitatem ? I Critiani era
no d'ogni eso, d'ogni et, d'ogni condizione,
d'ogni rango . Parlarebbe egli cos , chi credese
col Lami esere tati i primi Critiani perlopi gen

"
vile, pezzente, e vecchiarelle,
ilia
g

e ragazza
Non ono meno ridicoli gli argomenti co'quali
-

- - -

--

pretende il Lami provare, che la maggior parte


de Critiani in vili e bai impieghi i eercita
ero. Concioiach, per cominciare dagli eempli,
chi non vede ciocchiima foggia di ragionare?
Ecce Aquilam Ponticum, 9 Pricillam uxorem eius
fuie, Joppenem autem Simonem coriarium memoria
prodidit ucas in Actis. Jude autem Apotoli Nepo
tespa

S E C o N D A.

7.

tes paternum rus exercendo vitam toleravie tradit.


Caarienis Euebius. Dunque?.
- -

- --

Rium teneatis, Amici,

Dunque opifices, depecios homines , pleroque


" extiti exemptis etiam inignibus des
montrari potet. Pleroque Chritianorum ? Perch
quattro, o cinque i occupavano in bai metieri?.
Che cempiaggine! Ma Giovenale at. 4, parlan
do di Domiziano crive:

Sed periit potguam cerdonibus ee timendus


Caperat,

Che ar? Chritianos Cerdonum nomine traducit. Si


pu entir di peggio? Fin'ora averun de'Commen
tatori di Giovenale non era venuto in capo s bella

oservazione. Altri in genere avevano piegato quelle


parole, qui artificio lucro vicium querunt: Altri
popello: Altri inerendo a quello che da Svetonio ci
viene di Domiziano narrato avevano detto, che que

to paso a Congiunti UIomini vili riferiri doveva


a quali ancora cominciava ad eere di timore la cru
delt di Domiziano. Ma i mechini perch non era

no Oracoli lungi ono andati dal vero. Felice et in


cui nacono ingegni di tempera s forbita, che nei

libri giungono a penetrare anche ci , che i loro


autori non mai, o vollero, o inteero crivere!

Per altro laciando gli cherzi io avrei creduto


impegno di buon Cattolico il cercare maniere di

nerbare ( e pur ven ha que teti, ne' quali chia


ramente i primi notri Critiani riceveero qual
che dionore. Oh! vedete dunque, Sig. mio, e ci
vuol flemma in veggendo, che i va con avidit
ne'libri ancor de Gentili, e perino nelle lor a

tire, piando per ogni parte, e vi abbia entore,


o vero, od eziandio immaginario oltanto ed apa
arente di coa, che poa renderli dipregevoli,
intanto trilla alto il Lami , che " on

Si

ChlaC

28
L E T T E R A
chiacchiare. Ei vuol ripota; ma a che? Alle ue
fantatiche cempiet ? Che fantatiche cempiet ?
-

- -

Theodoretus quoque Serm. VIII. fatetur , Chritianos


plero?ue ( notii bene queta parola ) non divites ,
aut doctos, ed fabros ferrarios, ervos, 69 mendicos,

& agricolas, 6 lignatores. Dice altro Teodo


reto ? S: ma il inceriimo Lami, l'oracolo, la
bocca della verit non fa grazia di citarlo. Lo
citer io. Ecco il teto intiero di Teodoreto: No

luit illa quinque olum , decemve, aut quindecim ,


centumve aut ducentos homines aquis alutaribus re
creari, ed gentes univeras, tum Grecos, tum bara
baros, 69 litterarum tudiis innutritos , 69 utores,

(9 textores, 6 fabros ferrarios, 69 ceteros manuales


artifices, & cum his ervos etiam, 69 mendicos, &
agricolas, C lignatores, faminas quoque tum divi
tum labori addictas, manuumque ope
ra vititantes. Or bene. Che pretende Teodoreto
con quete parole i Motrar, certamente la univer
alit prodigioiima della propagazione della no
tra Fede preo le Nazioni tutte, preo ogni con
dizion di perone, perci vi aggiugne anche i ric

"

chi, anche i dotti Dimando ora. Foero nella pri


mitiva Chiea pi gli artegiani, o meno, o uguali
di numero a quel che 'n altra maniera i mantene

vano, arebbe o meno vera 3, o di minor forza


la propoizione di Teodoreto? Nondimeno uopo

credere all'oracolo che entenzia : Theodoretus fa


Chritianos " & c. Anzi gli dobbiam

tetur

credere, che qui Teodoreto inegni, Faeminas, at


que infantes, puerogue precipue Chritianum dogma
coluie . E e qualcuno non gli volee aver
credenza direbbe ubito, che nec Theodoretus ipe

erm. 8. mulieres bonam ee cactus Chritianipartem,


quai bonam partem foe lo teo, che precipuam,
e'l non negare una coa foe il medeim che af
-

--

CI 1 m21 G

S E e O N D A.

29.

fermare il uo oppoto. Vi aggiugnerebbe poi l'au


eorit di Lattanzio l. 5. c. 2o, dove cos i caglia

contro i Gentili: Jam profecto ab aniculis , quas


contemnunt, & a pueris notratibus errorillorum & tul.
titia irridebitur & c. Che e altri faceero le mara
viglie, e motraero di non capire, come dal dire
Lattanzio, che le vecchiarelle, ed i fanciulli Cri

tiani potriano turar la bocca a Gentili, uomo,


che non ia

Di Bergamo un novel Bartolommeo


inferir poa, faminas, atque infantes pleroque & c.
io non aprei, come mettere in alvo potrebboni
dall'Enteo furore dell'irritato Oracolo. Inomma

agli oracoli creder i dee enza eamina di ragioni.


Dal eo paa l'Oracolo a diffinire quali foero
i cotumi dei primi Critiani, innanzi, che la fe
de abbracciaero, non prima per d'aver fatta una

cappata ( inutile, o no, poco importa) alle Pro


fetee, alle Diaconee, alle vedove, ch'in quel
tempo v'erano nella Chiea. Ci fa egli dunque
apere ( ci che per altro apevamo tutti, perch
e che altro potea perari da uomini, che o dall'
Ebraimo gi corrotto, o dal Gentileimo alla fe

de notra i convertivano ? ) ci fa, dii, apere che


qui illis exordiis Chritianum dogma amplectebantur,
mec vita integri, nec puri celeris erant. Indi con
chiude : Ex hice omnibus, qua huc uque dierui
mus rette defluit, ac conequitur, primitivos Chri

tianos, etiam pauperes, & tenuisfortune fuie. Ma


quali ono le coe, qua huc uque dieruimus? Se

non m'inganno quattro: primo, che i primi Cri


tiani erano ignobili: econdo, che i eercitavano

in arti bae: terzo, che per la mima parte era


no donne, e fanciulli: quarto che erano di vita

malvagia. E da ci rette defluit, ac conequitur,


primitivos Chritianos etiam pauperes, & tenuis for
-

tunae

3o
L E T T E R A
?uni fuie? Dunque l'eere ignobile, l'eercitari
in arti meccaniche e vili, il non eere uomo,
ed in et gi adulta , il viver libero e dioluto

accordar non i pu coll'opulenza delle facolt, e


degli averi? Cos, perch il vivere di Critiano e
clude il vendicare l'ingiurie, l'eere immero ne'
vizi del eno, il trinciare la fama altrui, e imi
li, ben s'argomenta: Il tale i vendica, un for
biccione che taglia alla peggio i panni di quanti
gli vengono otto, dunque non vive da Critiano,

a s'il vivere da Critiano alle coe gi dette non


i opponee, tale coneguenza inveruna Scuola non
i" gi per legittima, ma per coneguenza da
Capo di zucca tanto fatto,
Ma d'una zucca vuota di cervello.

Ma s' cos, dunque tutti gl'ignobili, tutti gli ar

tieri, tutti i fanciulli, tutti i ribaldi aranno po


veri, certo che s ; altrimente l'eere ricco non

verrebbe ecluo dall'eer plebeo, artigiano, put

to , malvagio. Ma queto contra la perienza,


anzi contro le critture medeime. Che importa ?

Quete ono le coneguenze d'oggid, quete, que


te, e tanto bata.

Io credo per, che il Lami medeimo i accore

gee ottimamente, che tal conchiuione non era po


s diritta, com'ei la faceva, e per ha meo all

ordine varie truppe d'autorit, che lo tato depri


mi Critiani povero eere tato e mendico difen

dono. Ma chi glielo niega? E quali ono i nemi


ci, contro a quali egli pedice quete valoroe le
gioni? Confeiam tutti, che i primi Critianiera
no per la maggior parte poveri, chi per condizio

ne , chi per lodevole elezione, chi per violenza


de perecutori. E'egli contento? che vuol di pi ?
eh! ritiri queto eercito, non faccia pee s e
orbitanti in mantenerlo. Tutti ci diamo per vins
ti, pur

S E c o N D A.

31

ti , pur che per iccome dalle quattro coe dette


di opra egli ne argomentava la povert dei notri
antichi, Critiani, cos ora all'oppoto da quete
non li venie in peniero d'inferire le prime. Pri

ma per d'ogni altro lo eorto a riformare quello


quadrone, che ha per inegne le veti de primi
Critiani, non olo perch inutile, accordando
noi, come dii, la povert della primitiva Chiea;
ma ancora perch compoto di gente troppo de
bole , e poata . Diciamolo fuori d'allegoria.
La povert delle veti al mio paee non prova,

che voto ia il borello,


Mi conoco in debito di fare una pubblica pro
teta non olo a voi, ma al Mondo tutto ia loda

di Giovanni Lami, ed , che e egli in queti


capi ha critto coa, che a genterella di cuor trop
po anguto, e upertizioa di maime potea di

piacere, egli lo ha fatto per puro amore di veri


t. E certo, che e per altri motivi poco Critia

ni l'avee fatto, non avrebbe gi egli compoto


un capo a bello tudio, per provare, che nonnulli

primitivorum Chritianorum nobiles ono tati, lo


cupletes, e queto il capo V. Egli ben per ve
ro, che tre coe mi potrebbono eere oppote. La
prima che 19. carte egli ha conumato per pruo

vare, Primitivos Chritianos humili admodum i


r, & conditione ut plurimum fuie, e ei ole in
conferma, che Nonnulli primitivorum Chritianorum
ieno tati nobiles & locupletes. Indizio certo, an
zi evidente del uo maggior impegno pel primo
capo, che per queto econdo. La econda, che ini

queto capo embra pi toto, ch'egli otto lo pe


cioo preteto di annoverar que Nobili, e que fa
coltoi, che hanno abbracciata la fede Critiana,

abbia anzi voluto metter in dubbio quelli, che i


tenevano da molti anche eruditi pur

tesi del
aIl

2.

L E T T E R A

Vangelo: Prudentem quendam Senatorem Romanum

fuie nulla certa unt monumenta, que doceant. Si


quid de Thecla Virgine credendum et, ut quidem vi
detur ; fortais autem & Pomponia Griecina Auli
Plauti; uxor .... Chritiana cenenda videatur.
La terza, ch'egli ha tralaciati molti Nobili,
che poteva nominare: a cagione di eempio, le
Sante Bailia, ed Anataia ex magna urbe Roma
mobiles & divites, delle quali a 15. Apr. ricorre la o
lenne memorata memoria. S.Irene figliuola cujudam

Reguli nomine Licini, venerata a 5. Maggio. S. Per


petua Romana , la cui feta cade ai 4. d'Agoto
detta in molti antichi Martirologi nobiliima, e
per finirla, i Santi Proceso, e Martiniano, che
Magitriani, 69 Mello Principes i chiamano ne'lo
ro atti eaminati da PP. Geuiti d'Anveratom, 1.

Julii ad diem 2 in Comm. previo ad acta illorum


c. 3. Che coa io debba ripondere a tali obbiezio
ni, io non lo o , onde to quai per ritrarre la
mia proteta. L'Autore peni a difenderi, ma

ime ch'egli empre pi manifeta il uo mal ta


lento, mentre non contento d'avere fatto un cru

dele indicato della nobilt, degli averi, de'cotu


mi de'primi Fedeli pasa a fare un capo di dieci
carte, per motrargli anche ignoranti, e d'ogni let
teratura manchevoli. Chritianos primitivos imperi
tos utplurimum, 9 rudes litterarum fuie. E' ben

vero, che que buoni Critiani non i dovranno


pigliare il menomo fatidio di queta nuova accu
a, perciocch ono s folli, s mal a propoito, si
diadatte le ragioni , ulle quali ella i fonda, che

per convincerle di falit non v'ha d'altro pi d'


uopo, che di leggere queto capo, che il eto

dell'opera.
Io voglio finire, e e ad uno ad uno volei e
aminare queti argomenti, dovrei empier pi foe
gli e

S E c o N D A si

gli. Ne accennar pertanto olamente alcuni po


chi con una qualche brieve rifleione. Primos Chri
tianos a l" diciplinis abhorruie luculenter in
dicare videtur, quod Lucas in Actis cap. 19. narrat

Ephei cilicet eos qui fuerant curioa estati contulie


libros , 69 coram omnibus concremae : Sono parole
del Lami pag. 122. Curioiorum artium nomine in
telliguntur ( dice il Calmet opra quel luogo) Ma
gica, Atrologia judiciaria, facinationes, pretigia,
ars amuleta quedam, vel magicasfiguras conficiendi.
Volte le antiche, e le moderne carte,

Il pi bello , che l'Autore non i vergogna di


citare per e Minuccio Felice nel luogo dianzi ea
minato, come e il raomigliare i Critiani agli
antichi Filoofi, e 'l dire, che la cienza non va a
pai di fortuna, l'aerire, omnes homines ine de
lectu aetatis, exus, dignitatis, rationis, 69 enus ca
paces, & habiles l"i ia un concedere, ru
des ,
omines Chritianos fuie. Id non
inficiatur Octavius. Vi aggiugne Tertul. lib. de
Praecriptionibus ( e il capo l'ha tralaciato per ee

"i

re pi icuro ) cap. 7. & 8 initio. Quid ergo Athe


nis, 9 Hieroolymis & c. Nobis curioitate opus non
et pot Chritum Jeum. Ma e non capiva il la
tino poteva pigliare i" Commentatore di Ter
tulliano enza epori alle riate di chi ha un po
i di ale in zucca . Almeno ora impari, che
ertulliano non ha inteo in queto luogo, e non
ci, che Ambrogio crie l. de Trinitate: Auferar
umenta ubi fides quaeritur: in ipis
diale

"

i"

taceat ; Picatoribus creditur, non dialetticis.

Pgli evidente lo teo eere il entimento di Ar


nobio, poich immediatamente prima delle parole
dal Lami allegate crive cos : Cum igitur " U0S

- ipos ( parla a Gentili ) tantarum, ac tot rerum fu


giant origenes, fugiant caue,
rattones, nes
que

ri-

34
L E t T E R A
que dicere, negue explanare poitis quid it factum,
-

" verecundiam
i" dilaceratis notram , qui qua nequeunt ciri

aut quam , aut cur oportuerit non

ecire nos confitemur; neque ea conquirere, aut in

vetigare curamus que comprehendi liquidiimum et


non poe, quamvis mille per corda upicio e porri
pat atque intendat humana. V'ha egli in olo ve -

tigio, che dalle cienze profane abborriero quei


buoni fedeli ? Se 'l volere alla cieca credere, e'l
condannare chi a Miteri di notra fede voglia le
corte miure della ragione andare applicando,

lo teo ch'esere un bel Somaro, lo ar tato an


che Agotino di cui quel detto s ricantato: Fi

delis um, credo quod necio; e lo ar anche il La


mi, giacch voglio fargli l'onore di crederlo buon
Cattolico. Tralacio le altre ragioni pree dall'

ingiurie degli Etnici contro a Critiani da altri Te

ti, che gi l'Eraldo nelle note d'Arnobio aveva


adunati da un paso di S. Girolamo nella pitola
ad Oceanum, in cui quello, che 'l S. Dottore dice

manifetamente dei oli Apotoli, cotui l'intende


a capriccio di tutti i Critiani, del poco numero
degli crittori del primo ecolo, quando peraltro
esendo certo, che molti ve ne ono tati, come oa

erv il chiariimo Benedet. Houri tom. 1. App.


ad Bibl. Max. SS. PP. di. 1. c. 1. convien dire,
che l'opere loro dal tempo ci ono tate involate,
dallo tile di quelli, i libri de'quali ci ono perve

nuti alle mani, argomentatolo frivoliimo, si per


ch quello tile, che ad uno piace molte volte ad
altri dipiace, come appunto i vede riell'opera di

Erma, lo tile delle quali, laddove al Lami em


bra emplice, in quo ympliciter revelationes quaedam
referuntur ( pag. 114 ) l' Houri dis. 4. art. # ei

dera, che fose pi emplice. Non poumus quidem


ire inficias Hermam uti potuie alia
tiloque

- si

impli

25

S E c o N D A.

..

impliciori. Tralacio, dii, tutto ci, e mill'altre


coette, e zaccarelle,

... Che faria noia altrui s'io le crivei.


E conchiudo, che e tutti i capi eguenti on co
me queti ( il che vedremo frappoco ) i Giorna

liti di Venezia meritavano dal Lami non una inet


tatomacoa invettiva, qual' il paragrafo di Ro
veredo, ma una lettera ommeiima di ringrazia
mento per la moderazione, con cui avevano en
tenziato di queto goffo centone fatto di mille peza

2e rubate, e peggio cucite. Vi avverto olo a non


itupirvi, e non ho fatto menzione del capo quar

to, dove i fa quella lunga digreione dere vetia


ria, perch la materia del quinto, e eto capo en

do troppa con quella del econdo, e del terzo con,

nesa, ond'io la potei, o la volei da queta di


giugnere, ho giudicato meglio di rierbare per la
lettera eguente il uddetto quarto capitolo, e per
ra ono Di Tropea 29. Giugno giorno de' SS.

Pietro e

Paolo Apotoli,

Votro di Cuore
Antonio Calabree.

L E T T E R A T E R Z A.
precedente per la conneione della ma
N Ella
teria del capo econdo , e terzo con quella

del capo quinto, e eto, come avrete oervato,


ho altato il capo quarto de re vetiaria hominis

Chritiani primitivi. Prendiamolo ora ad eamina


re. E'n primo luogo parmi, che lungo quant' po

a dalla prima ino all'ultima parola eer caato:


tanto inutile al fine che dall'Autore pretendere

i doveva nel comporre il libro, di cui trattiamo.


Potevano bene certi Amici di lui che quai familia
-

riimi

36

L E T T E R. A

riimi. Letterati e oracoli di econda clae (poi


ch egli olo cotituice la prima) comech in que
te notre parti, e credo bene in ogn'altra ancora
del tutto ignoti, e conociuti, comparicono col
al terzodecimo capo; potevano, dii, per gratitudi
ne almeno alla generoit, con cui vedevano da lui
metteri otto a piedi la propria riputazione per far
loro quelle lodi s putride, che ridicolorenduto lo
avrebbero preo i Letterati del notro, e del futu

ri ecoli, potevano, torno a ridire, riparmiargli


queto nuovo titolo di eer meo in canzona. Per

ch non raccordargli quel celebre detto: Repice ti


tulum, e dirgli: ", notro adorato, il titolo,
del Libro de eruditione Apotolorum, or a queto
titolo embravi egli che corriponda una digreio
ne di non meno che 44 pagine de re vetiaria ho
minis Chritiani primitivi? Se non l'ommettete, ba
date di grazia ch'il mondo
, coll'ingro
are il volume aver voi oltanto voluto mugnere
pi il borello de' emplici compratori. Badate, che

i"

non i abbia a credere detto del votro libro, ci

che il celebre Muratori nella parte econda del uo


Buon guto al capo ettimo laci critto: Purtrop
po nelle opere d'alcuni
il zibaldone. Mol
ta materia in bottega: biogna pacciarla a tutti
i patti . N poi i bada , e ono terminate, o
troppo frequenti le digreioni, mal preparato il let

"

to alla citazione dei pai altrui, e importuna la far


ragine dei luoghi inutili , o comuni .:... Cer
chii il pi che i pu di comandare alla mate
ria, e alla voglia di far groi tomi, e alla trop
pa facilit di votare il acco. Altrimenti di noi
i verificher la econda parte di ci, che fu gi
detto di due uomini da Anticamera, cio che l'u

no apeva tutto quello, ch' egli diceva, e che l'al

tro diceva tutto quel che apeva. Senza

ci noi
pen

re-

"T

37

A.

ben appiamo eere una gran virt il aper parla


re: ma certo non virt minore il aper tacere,
te grandiimo vizio pocia il non apere n ta
vere, n parlare.
Ma o'l i" non ha avuto tra tanti, che
-

egli si ervilmente adula, veruno, cui veramente


premee il di lui onore, o e l'ha avuto, la pazza
ua boria di comparire uomo erudito, non gli ha
permeo di dare orecchio al fedel conigliero : A
duale di quete due coe debbai in realt attribui
re il non esere tato dal Lami cancellato il capo
preente, non aprei indovinarlo, che non m'
( grazie al ommo Dio ) nato per anco in capo
queto ramo di pazzia di volere pasare per Ora

colo; queto bens mi noto , che da Giornaliti


per certe coelle di queto capitolo, esendo egli
tato ammonito nel Paragrafo, come una Baccan
te contro a loro i caglia, quai che eglino met
tere in ridicolo aveer voluto lo tudio di erudi

zione , che queto capo a ben digerirlo uppone.


Ma adagio di grazia. Non hanno rio diapprova
to i Giornaliti queto capo, perch contenente no
bil materia di erudizione; ma perch ben vedeva
mo, che Orazio, e a vita tornando in queto li

bro per omma ua ciagura avvenuto i fose, non


avria potuto tratteneri dal ricantare il uo
Sed nunc non erat his locus, ,

che pure ignoto esere non doveva ad uomo tan


to nella lettura degli antichi Poeti eercitato, qua

le i motra il Lami incitando (che che ne ia poi,


che tali citazioni non ieno a propoito) or Clau
diano, or altri.

Queto invero io mi credeva aver moso i Gior


naliti a tacciare il capo preente; ma in rileggen
do il Giornale, dal modo di crivere mi accorgo
altra eserne tata la cagione. E e mal non mi
C 3
luin

38

L E T T E R A

luingo di penetrare le loro parole, ella fu, l'aver


ei trovato in queto capo, non altro, che ranci
dumi, o propoiti. E certo tollerabil arebbe l'i
nutilit di queto capo in ordine al fine dell'ope
ra, quando in tal digreione fatta avese l'Auto

re qualche nuova coperta. Ma c'ha egli fatto e


non e compilare, o per pi vero dire, torpiare
quello, che altri valenti uomini inegnato aveva
no in tal materia? A cagione di eempio: quanto
ta in queto capo opra la barba degli antichi Cri
tiani, non l'aveva
critto Teofilo Rainaudo

nel libro intitolato: Laus Brevitatis? Quel che de'


capegli toati, del tenere coperto o no il capo,
l'Autore qui diputa, non egli un puro compen
dio di ci, che n'hanno diffuamente critto lo te
o Rainaudo, ed Anelmo Solier nel uo celebre

libro de Pileo; caterique capitis tegminibus, e cos


dicorrendo?

Non i arrogase per il Lami il no


me di Autore, che olo quello di collettorgli com
ete: Ho detto male, che quello olo di miera

i"

Rapodiator gli conviene,


E di vero poteva egli un Pecorone uar condot
ta peggiore ? Se letto, e riletto, che uno abbia
queto capo, non i pu, per quanto uno vi tudii,
giugnere a capire di qual entimento ia l'Autore

in que punti, de quali egli tratta, merc alletan


te eccezioni pi univerali delle regole generali,
merc a termini ambigui, co quali ben i vede,
ch'egli olo cercava di coprir ua ignoranza, mere

c finalmente alle oggezioni, che egli i fa en

za ciorle, come alla pag. 74., dove prima pruo


va, che i Critiani non uavano il pallio, e poi
all'improvio ti cappa fuori con un ed pallium
getavise prima vos
quoque a
truitur ex eo , quod Monachi ... pallio uperindue

"probabiliter

bantur. Cos anco alla pag.75. dopo aver detto;


-

Pallia,

A.

3?

lair

Pallia, tunicas, chlamides


otendit Fer
rarius, f" At Hegeippus Jacobum Hieroo
lymorum Epicopum linea tantum vete uum fuie la
micio autem "i memoria prodidit. Epiphanius
idem de Joanne Evangelita litteri, mandavit.
Ma queto un nulla. Il peggio i , che'l no
tro Autore ha fatto appunto quello, che farebbe
-

un bue, od un cavallo ,

i"

In un Or

to di belliime frutta abbondante, laciate quete,


chinerebbe l'ingorda bocca a paceri divie fieno,
di poca paglia. Mi piego con un eempio lo
veva egli trattare della vete inconutile del Re
dentore. Entra per tanto nella Libreria Riccardia
na ( che debbe eer quella, che gli d anche il
pane, perch non i muoia di fame, per quanto io
ne ritraggo da certi pai dell'opera, che abbiamo

per le mani ) ed infarinato che egli di alcuni


Indici, trova varii Autori, che di queta Tonaca
hanno fatto nelle loropere qualche menzione. Ve

de, che il Salmaio ne' uoi Commenti ad Vopi


cum tabilice, che detta Tonaca fu chiamata in
conutile, non quod uturas nullas haberet, ed quod

fcisa, 6 aperta non eset, nec iis fibulis netteretur


qua tzpat dicebantur. Inieme gli i preentano agli
occhi que molti pi, ch'il nome d'inconutile han
no " uturas nullas habens, e tra queti Ot
tavio Ferrario de re vetiaria p. 1. l. 3. cap. 16, e'l
Braunio lib. i: de vetitu Hebraorum cap 16. n. 14 ,
che di propoito hanno impugnato il Salmaio: E.
poich egli tira s appaionatamente agli eretici,
il Caaubono, ed il Grozio dal P. Calmetallega

ti, il Bue che fa? non cura le frutta, corre al fieno.


Addotta l'opinion del Salmaio.

N gi da maravigliari che il Lami in pi


luoghi di queto capo i contraddica. Ha in ci vo

luto imitare il uo Salmaie, che nella famoa con


C 4

tro

4o

s L E T T E R A

troveria ul pallio degli antichi Critiani abbonda


di manifete contraddizioni, come pu vederi ap
po il Petavio nel Matigoforo 3. pag. 4. 5. 11, e
12. Inoltre iccome il Salmaio embra non aver

mai capito lo tato della quitione, che i agitava

tra lui ei Petavio ; cos non mi tupico, che


neppur l'abbia inteo il Lami. Scrive queti alla
pag. 73. Ab hominibus doctis diceptatum et, an
Chritiani omnes pallio philoophico uterentur, vel quo
rundam tantum auteriorem
profitentium

i"

peculiare vetimentum eset. Illud quidem quibudam


adrifit, Dioniio Petavio inprimis ub adcititio
Antonij Kerkoety nomine latitanti, hoc vero Cl. Sal
maio . Mai tal coa. Lo pruovo ad evidenza. Il
chiariimo Petavio inegna tre coe. Stabilice pri
mieramente che tra 'l pallio filoofico e'l comu

ne v'aveva della differenza ; cos alla pag. 9., e


ro. del citato Matigoforo 3. ; dove in prova di ci
porta anche la ragione prea dal dire di S. Giu

tino, e ex habitu ipo pro Philoopho agnitum a


Judato, il che ho voltito avvertire, acci voi leg

i"
alla pag. 74 adoperata dal Lami in con
erma dell'opinion del Salmaio veggiate ; primo
quanto il Lami abbia inteo il parer del Petavio

contraddittore del Salmaio; econdo, e giutamente


il Lami gloriare i poa di tale argomento, come
di parto del uo ingegno. Paa avanti il Petavio,
e nega, che Crito, gli Apotoli, e tutti i Saceri

doti uaero il pallio filoofico: veggai alla pag.


14 dello teo Matigoforo, ed alla pag. 9. Ani
madver ad Salmai notas in Tertull. de pallio. Pen
ate ora, fechi negava ci, poteva affermare, che
Chritiani omnes pallio philoophico paim uterentur.

Finalmente dice, che tutti i Critiani vetivano il


pallio comune. Queto ci che doveva confu
tare il Salmaio, e non avendolo egli fatto, libe
l'Q l'Ci

T E R z A
41
io retava al Lami il campo di farlo, quando a
vuto avee il cervello un po pi a egno di quel
-

lo che ha , e non che in tal cao vedrebbe bene


di non aver fondamento veruno, cui appoggiare
tal entimento, onde per queto capo tralaciareb

be prudentemente di fare quello, che ora ha om


meo, per non avere capito; che coa tra il Peta
vio e'l Salmaio i diputato.

Sebbene chi a, che l'avere il Lami cos allo pro


poito diffinito lo tato della quitione tra I Peta
vio e'l Salmaio, provenuto non ia dall'eeri e
li affidato al olo tetimonio dello teo Salma

io ? E certamente e letto egli avee il Petavio,


come mai vergognato non i aria di difendere alla

pag. 98. col Salmaio, che nella primitiva Chiea


v'aveva differenza d'abito tra quello de'Laici, e
quello de'Cherici col olo fondamento di un pao

di Tertulliano de Pallio, cui gi il Petavio in a


mimadv. pagina 8. , e nel Matigoforo 3. pag. 6.,

s chiara, e odamente ripoe ? Ma che pazzia


queta mai fidari della tetimonianza di uno olo,
che inieme parte intereata , e poi in coa, in
cui sbagli, viene a fare la figura di un babbuao?
Intanto voi, che dite mio Sig. Tetatore? Ebbi
io, o no, ragione di dire, che il Lami i inotra
in queto capo non pi che un mierabile Rapo

diatore? mentre s infelice tato, non meno nel


digerirlo, che nello cerre gli autori, che ervire

gli potevano a trattarlo con ana erudizione. Una


ola coa ( e queto tutto il nuovo, e'l forte di

queto capo D embra, che meriti lode, l'aver egli


citati molti Autori ancor pi recenti: E la meri
tarebbe invero, e di quete citazioni noi ci po
teimo fidare: ma come fidarcene? Leggete le pa
role del Lami alla pag. 75. Adolecens ille, de quo
loguitur Marcus, erat amictus yndone uper
hoc

ni

cli li

2,
L E T T E R A
et linea vete, eu tunica , quan camatoriam fuise
vetem cene. aronius ad anno: 34., 9 de quaplu
ribus agit Jo; Jacobus Chiffletius in ua crii hito

"

rica de Linteis
Chriti cap. 5. Pigliate ora
in mano il Chifflet; che vi troverete voi? Le ole

parole del Cardinal Baronio. E queto come i pu


dire pluribus agere, e non da uno, che o non l'ab
bia letto , o avendolo letto non l'abbia capito?
Il qual medeimo giudizio va dato (permettetemi,
che io dica ci di paaggio, quantunque non paja

queto il uo luogo ) di quella franca aerzione,


in cui ho mei gli occhi per incidenza col alla

pag. 215. ove queto notro fallito Oracolo, cor.


datoi per la centeima volta del uo aunto i met

te a fare una lunghiima declamazione, e prende


a otenere quella pazza oppenione degli infarina

ti uoi pari del doveri da giovanetti tudioi at


tendere non ad una, o, a due, o a tre, ma a tut
te le profeioni, e queto medeimo non in diver
o, ma al tempo teo: per far poi la riecita ap

punto del Lami; d'uno, cio, che pretende aper


di tutto, e di niuna coa a il tutto. Oreglido
po aver cicalato lunghiimamente allo propoito,
in conferma della ua opinione cita il entimento,

dell'erudito Galluzzi, e di lui dice, che non per


mendam de encyclopedia comparanda orationem con
cripit. Il titolo dell'orazione accennata egli a
caratteri maiucoli il eguente de encyclopedia, eu
de, multiplici doctrinarum tudio contrahendo. Se il

Lami non avee appota la qualificazione dell'o


razione, chiamandola non permendam ; i po
tgebbe dire, ch'egli non ne avee letto altro, che
il titolo, e per isbaglio condonabile a un Enciclo
pedico, che a di tutto, e conforta altrui alla me-,
deima inchieta, avese preo per lo medeimo con
trahere multiplex tudium, che vuol dire, corciare,
- -

ridurre,

A.

4.

ridurre o ad uno o a pochi molti tudi, cio appli


cari o a poche profeioni, o non a tutte, per lo
medeimo, dii, che comparare che vuol dire forniri
di tutte, e non ad una , n a poche, ma a tutte

applicari. Ma qualificando egli l'Orazione per non

"

da prezzari, non contemnendam orationem


ogn'uno viene ad intendere , ch'egli l'ha letta:

esendo che non potrebbe, esendo altrimenti dar


ne quel diffinitivo giudizio. Egli dunque l'ha let
ta. Ma viva pure Santo Gennaio notro! ei certa
mente non l'ha capita. Dal principio inino al fi
ne di quella orazione la quale con buona permi
ione dell'oracolo, alcuna coa di pi, che non

pernenda, altro non fa l'eloquentiimo Dicitore,


che battere, e ribattere, e ribadir queto chiodo:
Non doveri chicheia buttare a tutte le profeio
ni; ma cercar di renderi eccellente, ed inigne in
qualcuna. Ecco la propoizione alla fin dell'eor
dio. Quia fieri
ideo, ut humanus animus
tam variis, tamque ditrattis intenetudiis quibudam
quai flustibus huc illuc impulus, ullam vere oli

"

deque dottrina laudem attingat, illud a me demon

trari debere intelligo, plus ad nominis famam, glo


riamgue parandam in aliqua e multis certa, precipua.
que rerum cognitione poitum ee praidii, quam in
omnibus opera tumultuaria, incertoque labore pere
quendis. ( Eccovi uno quarcio della perorazione )
Incredibilem natura facit infuriam qui plus ab inge.

mio potulat, quam ferre poit: pugnat, ut dixit i ,


igantum more cum diis, qui diciplinarum omnium

chorum, e apientiae calo convellere, atque ad e per


trahere conatur.
notram iporum mediocritatem,
quin pectoris angutias cum eniore illo Democrate pro

fitemur.... Velipe qua publicae unt excitata in Ci.

vitatibus Academia, plane declarant, neminem unum


atis ee dottrinis omnibus vel percipiendis vel tra
dendis,
-

--- -

L E T T E R A

dendis, attue aliorum intelligentia committendis. ",


fum enim tam varios Praceptores auditis, nec abun
dicitis omnia ? Quorum illi, quamquam altiimo
unt ingenio, unam tantummodo profitenturartem, cac

teras ne attingunt quidem, nii ut intelligamus coag


mentatam illam ex omnibus & in orbem convolutami

doctrine rationem , in hominum quidem catibus ee

f" , in certis & ingularibus hominibus ee non poe.


opo aver letto tutto queto, e tutto il reto
profferice francamente l'oracolo, che il Galluzzi

non contemnendam orationem de Encyclopedia compa


randa con cripit. Dunque l'ha letta , e non l'ha
capita. Ch' in terminis la medeima concluione,
che io traeva dalla relazione, che l'Oracolo alla

pag. 75. ci fa della diffuione, colla quale il Chif


flezio aveva trattato della Sindone uper nudo. E

cinque pagine iri dietro, cio alla 7o, , dopo aver


propoto il uo parere opra la vete inconutile di
Crito, non conchitide egli, ut late otendit dottii
imus Suicerus in voce xiro; dalle quali parole chi
non crederia, che il Suicero per pi pagine i met
tee a provarlo ? Eppure quet'Autore non fa al
tro, che citare a lungo le ragioni del Salmaio
colle parole medeime dello teo Salmaio , alle
quali con quattro , o cinque righe egli dice di o
crivere. Che pi ? dice il Lami alla pag. 84. Pe
nula autem planeta" videtur, C hac i a 72
tiquos paim Chritianos uos Tertull ad Martyres
innuere videtur. Trovateni, e vi d l'animo nel

libro di Tertulliano ad Martyres ( di qualunque


edizione iano le opere di Tertulliano che voi a

vete ) quel teto, che il Lami ivi cita : Credo,


che potete leggerlo ino al d del Giudizio, n per

r vi trovarete quel teto, che ta bens nel capo


12. del Libro de Oratione: dii, di qualunque edi
zione, perch fore in qualche codice Mille
-

1 Ds G

A.

45

Librerie di Firenze queto teto non ar nel li


bro de Oratione, ma in quello ad Martyres: dei
derare con tutto ci, che il Lami ce ne daequal
che contezza.

Del reto vedete, Sig. Tetatore, e'n queta di


greione peggio corbacchiar i poteva il pover'uo
mo. Me ne dipiace in fe d'unTurco, me ne di

piace. Ma quando egli fece quelle 74. aggiunte,

e correzioni, perch non ammendare almeno que


te, ridicole citazioni ? Era pur meglio, che o ne
laciae qualch'una, o che foero 77., di quello,
che vi retaero nell'opera tali propoiti ; quali
in leggendo il Dolce direbbe: Queto capo fu fatto
Da un che i tenea grave, e poato,
Ma nella zucca aveva poco ale,
Inomma inomma meno fumi di uperbia in ea
po, perch Dio i dichiarato di voler confonde
re queti gran capi, e di confonderli con que mezzi
medeimi, co' quali eglino i luingano di fari lar

go. Amico caro, l'ora tarda: un altro giorno


proeguir il lavoro. Contentatevi per adeo di
quete poche pagine. Di Tropea 25 Luglio gior

no di S. Jacopo Apotolo il Maggiore.

Amico Cariimo
Il votro Calabree.

L E TT E R A QUARTA
Del Calabree. Tracomaco all'autore

del Tetamento politico.


Ccoci giunti, Sig. Tetatore mio amatiimo, al
Ci punto principale della quitione, che paa tra
il Lami ed i uoi contraddittori, vale a dire a que
capi, dove dell'ignoranza i tratta de' sani i
iOll a

i6
L E T T E R A
toli, e ono il 7.. el 13., ino al 18, incluive,
-

Reto tupito, come mai eendo queto lo copo


di tutta l'opera, cio di motrare, che gli Apoto
li furono aolutamente una man d'aini , e d'i

gnoranti i ia poi dato all'opera quel titolo dia


metralmente appoto all'intento. Pare a me, che
alla tea maniera a un libro, in cui pretendee
l'Autor medeimo a miglior coniglio rivolto di
provare l'innocenza dei SS. Apotoli potrebbe met
ter per titolo: de celeribus Apotolorum : Se uno in
cui pretende dimotrarne la totale ignoranza, l'in
titol (de eruditione). E qual altro titolo egli po
trebbe mai dare ad un libro, in cui non l igno
ranza, ma iccome veracemente pu fari, il om

mo aper degli Apotoli i dichiarae? Che s'egli,


ci non otante, pretende di alvare un tal titolo

nel uo libro, con queto, che debbia intenderi


dell'erudizione non che ebbero gl'Apotoli, ma che
non ebbero; potr empre tornare in campo contro di

lui la parit addotta del titolo de celeribus Apo


tolorum dato ad un libro, in cui e ne motrae
ro le virt, nel qual cao i potrebbe pure pretena

dere, che i dovete intendere dei ribiieri, in


che commiero; ma che non commiero i SS. Apotoli.
Il fatto debb eere tato, e cos debb'eer ita la

biogna. S'accore pur una volta l'Oracolo, che


propoitato e delle pie orecchie atrocemente offen

ivo era tato il titolo, che a quel capitolo della


ua mal' augurata opera de Trinitate aveva dato :
il qual'era: de ruticitate, 6 imperitia S. Joannis,

o Johannis, ch'egli il putido Grammaticuzzo i di


cee, Evangelite: Conobbe, che a ragione il Sig.
Abbate Salvadori, e il dottiimo Giueppe Ave
rani, ed altri dotti Uomini e dabbene e n'era

ho candalezzati, e l'avevano liberamente ed al


tamente diapprovato, e temette, che e
-

"
tepi

A,

47

tepizio di queta fua nuova conciatura foe tor,


nata a vita la medeima candaloiima formola,

non gliene dovee venire infamia, ed inquietu


dine: E cos cangiando piritoamente regitro det
te un titolo al libro tutto pecioo , ma tutto
al rovercio dell'intendimento dell'opera . Fore

ancora fu provido avvertimento de Saggi in que


to Reviori, e approvatori del libro, che egli non
dovee darlo alla luce col uo vero, antico, vitu
peroiimo titolo ( de neceitate, 6 imperitia A
potolorum). Alla quale cortee, e obbligantiima
parte non era certamente dovere, che egli corripon
dee poi con maniera cotanto, non dico incivile,
ma diumana , che col alla pag. 19o., dopo ave

re con indicibile temerit parlato della pia creden


za de Meinei, intorno alla letter loro critta

dalla Santiima Vergine ( e ben mi apetto, che


un giorno, o un altro egli " in omigliante
maniera del Sangue di Santo Gennaio notro; ma
i provi, e il Diavolo mai a ci lo tentase, e
mi vuol entire ripondergli per le rime ) s'avans
za a dire in pochiimo ripetto; e nisun riguardo

all'Illutriimo Ordine, di cui membro uno de'


uddetti uoi Reviori, e approvatori pi parzias
li, e pi eccedenti nel dar non meritata lode al
libro, qualmente il Venerabile Riformatore di quel

tal Ordine, Girolamo Savonarola, da alcuni tenuto


anche in venerazione di Santo, di Martire, e di
Profeta, invent eso pure una lettera della Ma
donna a Fiorentini, e per della Madonna con ee
cranda impotura paziolla, e poi per giunta, ac
ciocch i Lettori non venisero a far cao di ci,
e non parese loro trano, che un Religioo dell'
Ordine Domenicano avese in materia cotanto gra
ve mentito, reca l'eempio di un altro del mede

li Ordine reo di omigliante impotura i si


.

Cnc 1i

L E T T E R A
che i fatte enormit fosero coe ordinarie, e da non
recar maraviglia nel grand' Ordine Dominicano.
-

Ecco le ue precie parole alla uddetta pag., Sed ne


mirum videatur i IVAonachus ille (Frate Girolamo Sa
vonarola) hanc Maria
Epitolam, explorata:
idei ese animadvertendum et ab eiudem Ordinis

"

lMonacho

g" pariter Virgini pi adfitam

fuise a Fratre Antonino cilicet de Villa Bailica.


E qui io ono entrato in un forte opetto, che
cert'opera, ch'egli alla pag. 21o. loda del P. Giu

eppe Agotino Ori del medeimo Ordine, anzi


della tesa Congregazione dal Savonarola ititui
ta, come critta adverus Sophitas quadam, C
nugaces mendacii Patronos, a mia notizia non ar

rivata, posa esere qualche libro da queto Reli


gioo compoto contro i uddetti uoi due Correli
gioi otenitori, per ci ch'il Lami vuol farci cre
dere, di tanti enormi, e candaloe menzogne,

Ma io non o il precio u queto particolare: di


r olo, che e il P. Ori pree a crivere contro,

i uddetti Frati Girolamo ed Antonino, aveva


certamente avute le ue ragioni. Ma non o gi
vedere, qual motivo i posa aver avuto cotui di
mettere in vita coe cotanto odioe dell' Inclito,

Ordine Domenicano in un'opera tatali riveduta,


ed approvata, e con caricate, iperboliche per non

dir menzognere epreioni lodata e probabilmen


te ancora in molte ue parti, pecialmente nel ti

tolo, iccome io diceva poc'anzi per mio opetto,


da un Religioo Domenicano emendata. Ma da
tornare d'uopo dopo queta digreione ull'in

conveniente titolo di tutta l'opera, il quale de


eruditione Apotolorum, ai capitoli d'esa, che ab
biamo prei ad eaminare, ne'quali s'intende di
aini, ed ignoranza de'

provare per extenum la

medeimi Apotoli. Per turare totalmente la bocca


a quo

A.

49

a queto betemmiatore, e per procedere con mc


todo, con efficacia, e con chiarezza, debbo in que
ta lettera andare per altra trada da quella , che
ho in'ora tenuta, non eguendo pao pao il La
mi, ma tabilendo alcune propoizione, dalle qua"

li venendo voi a conocere, qual debba eere ul


apere degli Apotoli il entimento de'buoni Cat
tolici, nel tempo teo vedrete, che non la citt
di Firenze; ma una delle pi ammorbate dall'e
reia il libro del Lami di portare imprea nel uo

frontipizio i meritava.

P R o P o s Iz I o N E I
He uno non ia univerale nella dottrina non
bata a dirlo aolutamente imperito: Lo ne.

gher il Lami ? ma tanti, quali oggi giorno il


mondo letterario, e lLami iteo appella col no

me onorevole di uomini chiariimi, celebratiimi,

ono eglino tati univerali nella dottrina ? E e


uno all'orecchio domandae al Lami, s'egli i cre

da di eere univerale nella letteratura, potrebbe


egli con verit riponder di s? che e io inferii:
Adunque meere Gio: Lami un ignorante, uno
terpo, un tronco, un aino, mi menerebbe buona
egli tal coneguenza?
P R O P O SI Z I O N E Il.

A cienza, da cui uno ottiene di non eere


marcato col nome obbrobrioo d'ignorante non
pi toto una cienza, che un'altra.
-

Star a vedere, che il Lami mi contraddica. E


che? vorr egli, che la ola cienza per cui un uo

mo imperito non poa diri, ia la ola cognizio


ne de'codici antichi, o la ola Filoofia perimen
-

take,

L E T r e R A

tale, o il olo tudio di antichit cc. dunque im


periti dovranno diri que mattematici, che ad al
tri tudii non i ono applicati? Imperiti que di
lettanti di medaglie, che nelle leggi non on ver

ati? Imperiti que critturali, che nell'arte orato


ria, o nella poetica facolt non hanno fatti pi
che ordinari progrei? mieri letterati, e ci fo.

e vero!

P R o P o si z I o N E III.
A cienza infua bata, perch uno imperito
non poa appellari ed a ci, che replicar il
Lami? Il dir altrimente non contro ci, che la
Scrittura, ed i Padri di Adamo, e di Salomone ci
attetano?
:

::

fi

. .

P R O P O s I zI O N E IV.
r

Ltecote
Spirito Santo agli Apotoli nel d della Pen
comunic il dono delle lingue, il qua
le pi probabilmente conite, non nell'eere ei
intei dagli uomini di varie fazioni, ma nel para
lare di fatto in vari idiomi,

,
La prima parte della propoizione di fede; e

e mai il Lami con qualche critico Inglee degli


atti degli Apotoli ne dubitae, gli potremo uare
la carit di procttrargli luogo, ove gli aranno
ciolti a bell'agio i dubbi: ma la econda quel
fa, ch'egli non paa. Non voglio gi io negare,

che alcuni interpreti, tra i quali Ga iosi,

colla corta di alcuni Padri furono di avvio, che


il dono delle lingue comunicato agli Apotoli te
e olo

". in parlando nel loro idio

ma capiti da tutti gli acoltanti di qualunque na:

zione ei i fuero, quai parlaero la "


di
C13 i Cll
.

s.

Q
A
R T *A .
. 5I
ciacuno di loro. Ma io uppongo, che il Lami
avr almen letta la Filoofia dello Scolopio Cori
ni, gi che col alla pag. 21o ne fa elogicos gran

dioi ; ma ci non otante potrebbe averla letta,


come l'orazion del Galluzzi, cio enza capirla.
Or quivi Eth. dip. 2. cap. 1o. num. 13, cos vie
diffinita l'opinion pi probabile: Opinio magis, ve

minus probabilis haberi potet, i alterutro ex fonte


major (aggingi vel minor ) in via probabilitas re
periatur, nimirum pluribus (aggiungi vel paucio
ribus ) rationibus innitatur, aut a pluribus (aggiun
gi la terza volta vel paucioribus) Theologis doceatur.

ra dimando io : o riguardii la probabilit intrin


eca della ragione, io l'etrineca prea dall'auto

*rit, qual di quete due entenze de'diri pi pro


babile? Se l'etrineca, non confea egli teo alla
pag. 361. che queta ta per la notra entenza?
9uam quidem communiorem ee inficiabitur. nemo ,
on pur ue parole. Non dic egli alla pag. 3i
non me quidem latet, Augutinum, Ambroium, Leo
nem Magnum, Gregorium Magnum, Teodoretum ipum
(vi potea aggiugnere anche il Griotomo ) aliam

i"
amplecti? Or vorr egli mettere con que
i cinque Padri al confronto Aratore, Bailio di
Seleucia , Arnaldo di Buonavalle, l'Autore in
certo preo Feliciano nella catena Greca in Act.
Apot., e e vuole ancora il Cartuiano citato con
i precedenti prima di lui dal Lorino, dal Sanchez,
dal Menochio, e da quai tutti gl'Interpreti ? S.
Gregorio di Nazianzo e Beda parlano per confee

ione dello teo Lami dubitativamente, onde ic


come male io li addurrei per me, cos cioccamen
te egli li cita per e alla pag. 354., e egg. Dun
que che reta per vedere, e la notra opinione ia

pi probabile, e non e eaminar le ragioni, che


ha l'uma, e l'altra entenza ? or quali ono le ra
2
gioni,
-

52,

L E T T E R A

gioni, che apporta il Lami? Sono tre. La prima


prea dallo tile barbaro, ed incolto, che ne libri
degli Apotoli i vede : ma di queto argomento
qui non ne tratto, rierbandomi a farlo diffua

mente nella eguente lettera. La econda egli la


propone con queti termini alla pag. 3o9. Eo mi
nus ententia hac diplicerealiquibus debet, quo ex

ploratius et illos ipos Patres, qui Apotolos linguas


varias loquutos

g autumarunt inter e concordes haud

quaquam ee, O quum de linguarum numero agunt


mirabiliter dientire. O che bella foggia d'argo
mentare! L'avr il Lami certamente apprea o dal

Calvinita Voio, che dalla dicordia de PP. , e


degli autori ul tempo, o ul modo dell'eere ta

to fatto il Simbolo degli Apotoli argomenta, che


il imbolo non ia degli Apotoli, o da quegli al
tri Eretici, che negano la venuta di S. Pietro in

Roma, pereh gli Autori non convengono intorno


al tempo di tal venuta : ma riponda, e pu a

euete due itanze. Crede il Lami la venuta del


Meia ? Domine, che dimande on quete

Non

gi Ebreo il povero Sig. Lami. Ma dunque a


ranno compiutc le ettimane di Daniello. Chi potr
dubitarne? Beniimo: ma gli Autori non ono con
cordi u 'I quando debbano cominciari a contare
quete ettimane. Ed una: all'altra. Crede il La
mi , che Crito ia morto ( non dico morto per
tutti, perch fore il Lami per genio con certi Paei
non ani direbbe di no ) ma aolutamente morto?
Non ve n'ha dubbio; ma quante entenze divere

ull'anno della Paione di Crito ! non egli


dunque s conchiudente queto uo argomento.
Ora vegniamo alla terza ragione i rapporta le
parole di S. Luca cap. 2. Act. Apot. Stupebant au
tem omnes, C mirabantur dicentes: Nonne ecce omnes

ifii qui loquuntur Galilei unt & c, cos la

is
all

A.

53

alla pag. 352. In tanta multitudine, 6 tumultu po


puli quomodo tatim Apotoli dignocere poterant cajus
inuquique eet, ut cum illo uo dialetto loqueretur
& c. queto argomento ha qualche maggior appa
renza, ma facilmente non per tanto i cioglie di
cendo con Cornelio eguito dal Lorino, e dal Gra
vesa, che gli Apotoli ebbero l'uno, e l'altro,
cio il poter favellare in varie lingue, e 'l poter
eere intei parlando in un olo iinguaggio da uo
mini di vari idiomi. So ch'il Lami alla pag. 359.
riponde una cum doctiimo Tillemonti id aliqua ve
terum PP. auctoritatem ffultum deideraren ; ma
qual nuovo ripetto mai queto, ch'egli ormo

tra pe'Padri antichi, egli, che apendo, che un A


gotino, che un Ambrogio, che un Leone il Gran
de, che un Gregorio omigliantemente il Grande,
che un Teodoreto, ed altri tenevano un'altra en

tenza, Non me quidem latet Augutinum , Ambro


ium, Leonem Magnum, Gregorium Magnum, Theo
doretum i" aliam opinionem " 5 ad ogni
modo otiene contro s grande autorit l'opinione

contraria? A che ricercare tetimonianze de'SS. Pa


dri, s'egli de' SS. Padri, e particolarmente de pi
autorevoli fa s poco cao, che confeando di beni

apere i entimenti loro i butt sfrontatamente al


entimento contrario? ma nel notro preente cao,
n il Lami, n verun' altro ha biogno di ricor
rere a SS. Padri , ove la Scrittura Sacra chiarii
mamente lo dice, che gli Apotoli parlando nella,
natia lor lingua ieno tati intei da perone di tra
niero idioma: Evidenter deducitur (dice beniimo

il Lami iteo alla pag. 351. ) ex prima Petri, que


ipa die, qua SpiritusA" us Apotolos illapuset,
abita fuit concione : Eam enim habuit una tantum
lingua, Siriaca cilicet, ut videtur loquendo, 6 ta
men , ut Lucas ait , ab
fere gentibus , p

ri

Ja

L E T T E R A

ub ciclo unt, eius oratio intellecta, atque animo coma


rehena et. Ma poi come i piega quel degli atti
degli Apotoli, Et caperunt loqui variis linguis,

quel di S. Paolo 2. ad Cor. Gratias ago Deomeo,


uod omnium vetrum lingua loquor, ed altri tali

f, un

canto il Lami concede alla pag. 36. , che


queti commodiori quidem ratione i piegano, con

dire, che gli Apotoli in fatti hanno parlato in pi


lingue; dall'altro, e noi non diciamo, che anche

hanno avuto il privilegio di eere intei da fora


tieri di idiomia divero, quando in linguaggio na
tio favellavano, enza sforzatura non ponno col
teto dianzi citato degli atti Apotolici, Stupebant.
& c. accordari. Che pi dunque i cerca dal Tille
mont, che pi i cerca dal Lami? Inoltre in que
ta maniera facilmente conciliani i Padri, che pa
iono tra loro contrari; concioiacoach manife
to, che lo piegari da ei in un modo queto do

no delle lingue non eclude il econdo. Finalmen


te Beda, e'l Nazianzeno gli accennano amendue.
Comparirebbono pi deboli quete ragioni , e

io le mettei al paragone con quelle, che militano


per la pluralit delle lingue; ma e voi le vorre
te apere potrete leggerle preo gl' interpreti, e 'I
Graveon de Myt , 69 annis XI. dip. 23. Una
ola voglio accennarne , perch non la trovo in

veruno . Il dono di parlare in pi lingue fu ne'


primi ecoli della Chiea a molti comune, dimo
do che S. Ireneo, che mor l'anno 202. , o 2o3.
atteta l. 5, c. 6. d'aver egli teo udito, Multos
fratres in Eccleia Prophetica habentes charimata,
& per Spiritum univeris linguis loquentes. Ci non
per altro al certo fu dal provido Signore concedu

to alla primitiva ua Chiea, e non perch agevol


mente potee preo ogni nazione predicari il Van
gelo. E chi dunque potr peruadermi, che queta
-

priV1

Q u

A.

privilegio ia tato negato agli Apotoli, che della

Chiea, e dell'Evangelica predicazione furono il


fondamento? Seguir ora pi il Lami a dire della

notra pi probabile la ua entenza che o i con


ideri il numero, ed autorit de' uoi mantenitori
o il peo i attenda delle ragioni, tanto alla

notra inferiore? Eh? crediatemi, Sig. Tetatore


mio, per quanto il Lami i sforzi alla pag. 358 di

farci credere, ch'egli non per altro i a queta


poato, che perch pi probabile gli paruta ;
egli teo non n' peruao. Finge bens di eer
lo, per avere qualche minor contrato alle ue tra
volte idee u la dottrina de' SS. Apotoli. Indar

no per, perch qualunque dell'epote opinioni i


tenga, non potr in eterno ciogliere la ragione,
a cui vo facendo con quete propoizioni la tra
da: Checch dunque ne ia del dono delle lingue,
paiamo avanti.

PR O P O SI Z I O N E V.

L Spirito Santo nel d della Pentecote, e nel


decoro inegn agli Apotoli tutte, e ole quel
le verit, che appartenevano a dogmi, a cotumi,
ed al buon governo della Chiea.

In queta propoizione non pu il Lami avere.


difficolt, mentre queto teo egli prova alla pie

gata dalla pag. 344 alla pag. 35i, con molti teti
de PP., de'quali pi erano tati gi citati da Cor
nelio a Lapide. La conferma il Lami coll'auto

rit del Cardinale Toledo, e di Bernardo Lames;


ed io per far con eo lui un atto di carit, cd
aiutarlo, e e vacillae mai otenerlo, v'aggiugne
r l'autorit ancora del Pererio, di Cornelio, del

Maldonato: ecco le parole del Maldonato in Joh.


G. 16. V. 13 Aptius, ut opinor, Euthymius omnem.
-

D 4

veri

56

L E T T E R A

veritatem intelligit non generaliter, ed omnem, quami

illis conveniebat cire, eodemgue ere cenere Ciryl.


& Theophilactus. Il Pererio poi in cap. 14. Joh.
dip. 31 pi diffuamente i piega in queti ter.
mini : Non docuit Spiritus Sanctus Apotolos omnia
impliciter , 3 abolute loquendo ; non enim docuit
eos omnes cientias peculativas, neque omnes artes tami
liberales , quam mechanicas: Sed doctlit eos omnia,

ii pertinebant ad doctrinam fidei,

9 qua confere

ant ad Eccleia Chriti fundationem, intructionem,

amplificationem, defenionem , atque conervationem,

& qua ad piritualem hominum, eternamaue alutem pre


curandam, 69 comparandam conducebant. N dive
amente Cornelio u quel di S. Giovanni : Cum

autem venerit ille Spiritus veritatis, docebit vos on


nem veritatem ; quam cilicet ( gloa egli ) vos in
hac vita cire convenit , tum ut vos ipos , tum ut
omnes gentes in viam alutis dirigatis. Ita Cyril.
Theophila5tus, Euthymius: e ul cap. 14. Ille vos do

cebit omnia , que ad Eccleie

i" ,

jttl

dationem, tabilitatem unt necearia. Adi Didymumi


lib. de Sp. S.
P R O P O SI Z I O N E

VI.

L cognizione acquiita

delle verit, che appara


tengono a dogmi, a cotumi, ed al buon go
verno della Chiea, vera cienza. La miglior

prova di queta propoizione contro chi la negae,


farebbe il batone.

P R o P O s I z I o N E VII.

Gli

Apotoli non ponno eere aolutamente


- detti imperiti, ignoranti, ec. Lo dimotro :
non pu eer detto asolutamente imperito ed
1gno

Q u A R r A.

ignorante chi ha qualche cienza, ancorch que


ta non ia acquiita, ma infua . Vedi le prime
tre propoizioni. Gli Apotoli ebbero qualche cien
za; imperciocch da un canto , come i dimo

trato, nella prodigioa antit fu loro dal divino


Signor comunicata la cognizione di tutte quelle
verit, che appartengono a dogmi 3 a cotumi, e
al buon governo della Chiea, dall'altro, come

detto abbiamo nella propoizione eta egli evi


dente, che tal cognizione vera cienza: dunque
gli Apotoli non ponno eere asolutamente detti

imperiti, e ignoranti, che ci, che s'aveva a di


motrare ; e omigliante dicoro pu fari ulla
cognizione irifua di tutte le lingue , la quale ,
come i alla propoizione quarta motrato ebbe
ro probabiliimamente gli Apotoli,
- N vi laciate gomentare da teti, ch'il Lami
ha radunati . Imperciocch e che avrete mai a te
mere? Il numero ? N; poich apete voi qual'
tata l'indutria del Lami ? Quella di un Gene:
-

rale, che ha poche truppe. Per metter paura al


nemico fa egli , che i oldati formino mille gi
ri, e rigiri , or da una parte, ora da un'altra ,
onde a nemici compaiono formidabili pel nume
ro quelle oldateche, le quali ad ei in realt,
ono inferiori di forza . Ecco appunto lo trata

f" del Lami .

Trov egli alcuni pai di S.


aolo Apotolo , e de'SS. Padri. Ma troppo po

chi vedeva egli teso esere queti per potere at

terrare il entimento comune, che hanno i Catto,


lici ul aper prodigioo degli Apotoli. Perci
cominci a farli girare da un capo all'altro ; ic
ch quantunque foero gli tei, mutato otan
to luogo venisero a rappreentare un eercito nu
neroo. Paolo Apotolo nella pitola a Corinti
fa nel capo 7. alla pag. 118. la prima

c"
CCO

L E T T E R A

Eccolo poco dopo un giro nel cap. I4. alla pag.

333. Girolamo nella lettera ad Oceanum avea nel ca

po eto alla pag. 112 fatta la ua figura, ritor


na a farla alla pag. 408. Anzi lo

"i,

alla pag. 24. venuto in campo con alla mano il

uo proemio l. 3: Comm. ad Galatas, alle pag. 377.


lo rivediamo. Dicai lo teo del i",
liano de precript. cit. nel cap. 6., e di nuovo nel
16. " quello di Arnobio l.
gentes copia

"i

to alla pag. 33 I. , e ripetuto alla pag. 339. di

quello di Agotino lib, 18, de d"Di cap.


i2., e l. 22, cap. 5 epoto primieramente alla pag.
27, poi a lettere magiucule alla 126. Finalmente
alla pag. 34o, e 34I., e di altri, che io non vo
glio rompermi il capo a confrontare,
N tampoco l'autorit di queti teti punto vi
-

debbe paventare i imperciocch alcuni parlano ol


tanto degli Apotoli, prima della venuta dello
Spirito Santo. Lo negher il Lami? E dir, co

me crie alla pag. 343., che illi omnes ruticita


tem, 69'imperitiam Apotolis perpicue aderunt pot
quam Spiritus Sancti munera receperunt ? Ma io,
deiderarei apere, e queto i aerica da Ago

tino lib. 18 de Civitate Dei cap. 2, con quelle


parole: Elegit Deus

",

quos, & Apotolos,

vocavit: ..... illiteratos & c. ch'egli cita in due luo


hi. L'elezione all'Apotolato fu fore, potguam
piritus Sancti munera receperunt ? Negli altri poi
manifeto, che i Padri oltanto favellano de
gli Apotoli coniderati quali erano in e tei,
non come illuminati dallo Spirito Santo, il che
facilmente pu ogn'uno peruaderi, ol che ri
fletta al fine de'Padri: Queto altro non era, e
non motrare, che la fede notra era divina, che
la ua propagazione fu olo opera dell'Altiimo,
che l'umana apienza non v'ebbe parte i m, ol,
d

QL U A R T A -

la divina. Quindi l'Apotolo crive a Crinti


preo il Lami medeimo pag. 334 ut fides notra
non it in apientia hominum , ed in virtute Dei.
Ed Origene ancor pi chiaramente ci i"
337. del Lami, che i protrita, C uitata apud ho
mines vie demontrationum anctis libris comprehene
valuient ad vincendos homines, merita quis exiti
maret , fidem notram in humana apientia, non
in virtute Dei itam ee . Nunc vero humiliter ocu

los attollenti perpicuum et verbum Dei, C praconium


Evangelii apud Populum non invaluie uaoriis a

pientiae verbis , ed demontratione Spiritus, 69 po


tetatis. Ora ancor io concedo, che gli Apotoli
ono tati uomini di neuna letteratura profana,
ed acquiita, concedo, che queto tato uno de'
maggiori miracoli della divina apienza, che uo
mini di queta tempra abbiano fatto fronte a Fi
loofi, a Monarchi; ma non perci conceder mai

al Lami , che uno Scialato par uo, enza far


tante preciioni i pigli l'ardire di chiamare ao
lutamente gli Apotoli ignoranti, idioti. Sarebbe

vera veriima queta propoizione ( vedete che pro


digio della divina poanza ! ) Un Salomone igno
rante giune in un tratto a tal apienza, che ne
traecol una Regina Saba , ma potrei io fuora
di tal conteto dire aolutamente Salomon imperi

tus fuit 2 i conigli il Lami co' uoi Simoni, co'


uoi Grozii, co' uoi Turretini per darmi la giu
ta ripota.
Ed ecco tutta quella gran moltitudine di auto
-

rit, cui tanto deferiva il Lami mea con s po


co a sbaraglio. Piaceni con tutto ci per mag
giore conferma del detto in qui riferire quel
che in particolare di S. Giovanni Evangelita cri

ve Girolamo nella pitola a Paolino

"i

tupent ad doctrinam Domini. Et mirantur in Pe.


-

tro,

6o
L E r r E R A
tro, C Joanne, quomodo legem ciant, cum litteras
non didicerint : quidquid enim exercitatio & quoti
-

diana in lege meditatio tribuere olet, illis Spiritus


Sanctus uggerebat. Qui Girolamo dice due coe:
Primo , che Pietro , e Giovanni erano privi di
umana letteratura. Secondo, che queta mancan
za veniva in loro upplita dallo Spirito Santo .

Segue ora cos: Nii forte ruticum Petrum , ruti


cum dicimus Joannem, quorum uterque dicere poterat :
Eti imperitus ermone, non tamen cientia : che
quanto il Lami otiene, ma lo concede Girola

mo? Udite, conle attonito ripiglia: Joannes ruti


cus, Picator, indoctus, & unde vox illa, obecro,
In principio erat Verbum & c. E pu il Lami dopo
quete parole s deciive ancor fiatare? Povero me,

che dii mai ! Egli anzi al capo 16. pag. 371. le


porta contro di noi, ebbene credo , che allora

avee il capo ingombrato ancor da fumi di qual


che pranzo pi lauto del olito . Laonde rasere

nato alquanto conobbe , che queto era un paso


di non molto uo guto, cui per conveniva di
dar qualche ripota. Alla fine per del capo 18.

472. dice, che S. Girolamo id ait , non ad

tyli elegantiam , non ad profanam eruditionem, ed


ad divinitus ei datam cientian repiciens . Ma non
m'inganno gi io ... Il Lami con ci mi d l'ari
mi in mano contro di e medeimo. Imperciocch
da quete parole io inferico : Dunque a S. Gio

vanni tata da Dio infua la cienza, dunque


non pu diri imperito, iccome non pu impe
rito appellari o Adamo, o Salomone, quantun

" la

ola cienza infua abbiano avuta. Mi ri


ponder fore , che a S. Gio: fu olo comuni

cata la cienza delle coe divine? Ma che ? Que

ta non fore cienza egualmente, che quella


delle coe naturali, quella de'Codici, e imili
-

QIl

Q U A R T A.
r
Non mi meravigliarei, che egli dicese din; men

tre o dall'Apotolo, che Animalis homo non per


picet ea , qua unt piritus. Ma e mai cos ri
pondese, non avrei d'uopo per convincerlo, che
digittargl'in faccia le tet citate ue parole, Di
vinitus datam ei cientiam, e di domandargli, e
quando le crise intendeva il ignificato di tal

vocabolo. Se lo intendeva eccolo convinto, e n,


vegga egli, che coa debba io timare del uo a
pCre
Maa

troppo ho fin'ora condiceo al dolce mio

naturale, e non avr io ad icagliarmi contro que:


to arrogante, che dopo aver ripieno il libro di
quanto pot rinvangar coe agli Apotoli van
taggioe alla pag. 412. ha fronte di cos inveire

contro i uoi riprenori : Numquid hac pietas &


religio, 69 anctitudo? An non potius impietas, dei
que contemptus, & improbitas haudquaquam feren

da miror equidem , i magitratus Sacrorum Ceno


rum hac ferat, nec hujumodi vappis adverus ma

nifetam ealetium litterarum autioritatem blaphe


mantibus iuta pana irrogata os obtruat i fili
mum. O lingua temeraria, lingua acrilega ! Vol
le lo caltro caricare la ua ribalderia ul doso

del Salvadori, dell'Averani, ed altre perone pie


della citt di Firenze. ( E non c' un Fiorenti
no, che i levi a vendicar con la penna s gran

de oltraggio di ua nazione?) Volle mia f far


motra di ua riverenza al Sagro Tribunale dell'
Inquiizione per metteri al icuro dall'invettive di
quelli, dalle pene di queto. Ma
Chi ha nel cuor dell'Ateimo il tarlo
i
Non cuopra colla f queta ua pecca, si i
-,

E Lutero non faccia da S. Carlo

Ch'egli impoibile per mia f il vivere a lun.


go con queta machera involto. Odan
-

"t
l Na

62

L E T T E R A

iSagri Minitri quet'atto di pubblica denunzia ,


con tutto il maggior ripetto che io fo al lor tri
bunale, di queto candaloiimo libro - L'avere
il per altro immortal uomo F. D. Giacinto Ser.
ry nelle ue eercitazioni Storico critiche avan
zato alcune propoizioni ad ubverionem impli
cium , come parla la cenura di Roma, fu giudi
cato motivo batante a porre il libro nell' indi
ce, E che diranno poi i Cattolici, che diranno

gli eretici tei, e veggano pasare impune un


comparire dipregevole la primitiva Chiea, con

libro , che quanto pu agli occhi del mondo far


inolente boria, ed atio protervo mette in veduta ?
Leggano di grazia attentamente quete mie lette

re, eveggano, e tollerare i posa, che un libro


tale della venerabile porpora di un Nipote del Via

cedio Regnante i faccia cudo contro le fiamme,


che merita. N mi i dica , che co' Padri alla
mano egli prova quanto aerice. Concioiacoa
ch, ancorch io lo trametta ; anzi ancorch io
conceda, che vero ia gli Apotoli eere tati rua

tici, ed ignoranti, che importa? E non i vede


con tutto ci l'animo etremamente maligno di

chi ha timato bene impiegare le ue fatiche in


radunare e da Padri le formole pi cariche, e
dagli Eretici i entimenti pi velenoi, e da Gen:
tili i motti pi mordaci , e " contro de'
Santi Apotoli, e del primitivi Critiani ? E poi
quante coe ono probabili, quante ono vere ,
" ono tate dette da Padri, quante ancora,

e quali non debbono pargeri per non offendere

i" animi

dei puilli ? a quello che ne riferice


ranceco Martini, Carmelitano apud Franc Bo

ne pei in lib, de viione Eccl. Un Principe Saraci,


no ben dipoto a renderi Critiano per aver udi
t9 in Avignone, un Predicatore a provare,vi la
- 2 i

era

Q U

R T

A.

63

Vergine era tata conceputa in peccato originale,


talmente candalizzoi , che di l i part enza
abbracciare la Religione Critiana . E quali altre

coneguenze perar i ponno da queto libro, ove


iSagri Cenori non itrozzino in face il parto in
degno? Perdonate, Sig. Tetatore , il traporto,

che mi ha fatto quai dimenticare della perona a


cui crivevo, ed inieme , e avei mai ecceduto
ne' termini (il che non poo credere) pregovi ad

avvertirmene: pel troppo bolore del angue open


do in tanto la penna: addio. Di Tropea 24. Ago i

to, giorno di S. Bartolommeo Apotolo.


v.
-

Amico Cariimo
Il votro Calabree.

va

v L E T T E R A Q U IN T A.
-

"

Ono tato
pezza opeo del che vi do
vei crivere u capitoli, che retano da ea

minare ; ma mi luingo d'averla finalmente in


dovinata . Prima per conviene accennare alcune

coe opra ci, che nel capo 15. alla pag. 362. i
no alla 369. il Lami ne inegna intorno al mo
do, con cui lo Spirito Santo a Sagri Scrittori ha

ipirato quel che hanno critto. In primo luogo

divide egli in due clai i Sagri Scrittori, in Pro


feti, ed in Itorici. De primi aerice, che loro
dallo Spirito Santo ono tate ugerite restan
tum, non etiam verba : E perch? Uno enim tum

ore loquerentur inguli: ma queta ragione , che li


fu ugeritat dall' eretico Anattebullo ciolta fu

gi ad evidenza dal dotto P. Cherubini a S. Jo


feph Carmelitano Scalzo in umma Critica Siere
tom. 4. dip. 3. a 5. n. 14, Rep. Spiritum San

ctum juxta uavem, quo regit omnia, providentian


,

&:

64.

L E T T E R A

fe attemperare fcriptorum conditioni , &*. ideo nos

Iubique endem inveniri fiylum . Quia enim Ifaias


Regis erat ftirpis cum eo , elegantiori ylo uf eft
uam cum alii$ nota inferioris, unde dicitur, mult
riam multifque modis loquutum Deum in Prophe

tis ; quod qamvis <de locutionum diverfitate per figna,

vifiones, & fmilia proprie intelligatur non ma-,

e de jiyli varietate, &Tloutionum perfetione , aut,


imperjeiione propter varia ingenia Prophetarum acci
pere licet, idque congruit ei, quod Qfee.dicit cap. 12.

IEgo vifiones
, % in manibus profiheta
rum affimilatus fwm, ide/t illis me attemperavi ,

diferte cum difertis, argute cum argutis , mplicius


cum his, qui erant, rudiores, egi, Fin qui il P. Che
rubino ,

- -

Quod vero attinet Scriptores hifloricos , fegue i!


Lamii pag. 364 / ea, qu ipfi viderunt , at alii
narraverunt, docueruntque , litteris mandarunt ; tunc

non eloquentiam tantum, & voces, fed nec resipfas


Divinus Spiritus fufficit , at tantum prfidii , ac
grati largitur , ut in fcribendis . illi nec fallant ,
hec fallantur , Cita poi per quefta fua (ntenza ,
1tre il Gactano , S. Agoftin lib. 2. de confenfu
Evang. c. 12, n. 27. n. 28. Ma letti, e riletti que
fti due numeri non ei ho fputo trovare cofa ,
che nemmeno da lungi la favorifca. Bensi l. 1. de
confenfu Evang. a' Filofofi , che a Crifto dover
effer preferito Platone provavano dal non avere

Ges fkritto cofa veruna , cosi rifponde preffo il


chiariffimo Agoftiniano Lupo in fch. fuper cap. g.
Tertull. de Prfcript. ?%; mihi 252. Itaque cum il

li (gli Apoftoli , Te i Difcepoli del Redentore )


fcripferunt qu ille oflendit , & dixit , nequaquam
aicendum , quod ipfe non feripferit , quandoqui
dem membra ejus , id operata funt, j
pite cognoverunt . Qidquid enim i, de fis; fgs

Q U I N T A.,
65
6 dictis nos legere voluit, hoc illis cribendum tan
quam uis manubus imperavit . Hoc unitatis conor
tium . . . . . quiquis intellexerit, non aliter acci

piet, quod narrantibus Chriti Dicipulis in Evan


gelio legerit, quam i ipam manum Domini, quam
in proprio Corpore getabat cribentem conpexerit .
Lucidiima verba ( la chioa di Critiano Lu
po)

i" elucidari.

Nii Vvolzogenij hominis Sociniani ncmen exhorre

cerem , illa eius verba ( continova il Lami) ex


comm. in cap, 1. Matt. 1. proferrem , qua mire meam

ditinctionem adductam adtruunt . Che digrazia,


che Vvolzogenio ia Sociniano? Se non fue tale
non itaremmo privi delle ue parole , come non
lo iamo di tanti altri Calviniti, Luterani ec.

Ma che ? C unt que equuntur. T, to, le cita


diteamente. Ma e l'orrore dov' ito? Biogna
dir certamente, che egli ia paato, mentre e
per l'orrore non le voleva addurre, legittima
conchiuione: Le cita , dunque vanito l'orro

re. Sociniani allegramente: Il Lami, quel votro


s giurato nemico, ch'al votro nome olo impal
lidiva, e gelava, ha perduto i entimenti del uo
orrore per voi. Allegramente dico. ll primo pa
o gi i dato, tate a vedere, che come con

Pilato Erode riconcilioi a pee del povero Sal


vadore, cos alle palle dell'Averani, e degli al

tri Avverari del Lami egli ora viene a capitola


zioni con voi. Parmi, che voi, Sig. Filalete ti
matiimo pigliate le difee del Lami, e mi dicia
te, che io non dovrei tanto cenurare quete pa
role, perch finalmente una manifeta preten

ione. Ma Dio vel perdoni. Non vi abuate di


queto nome. Al pi, e volete dite la pretenio
ne da Dottor Bolognee in palco, fore allo
ra ci accorderemo.
P.

Hi

56
L E T T E R A
Hice rite pratructis (conchiude l'Autore) iam
patet arbitror, divera ee inpirationis genera, qua
nos duo cum dobtiimo Melchiorecano
adevera
bimus ; unum quo cuneta Spiritus Sanctus revelat ,
(9 uggerit , alterum , quo adflatum criptorem
illutrat , ac dirigit . Vi aggiunge poi una forte
d'ipirazione difea da Geuiti Leio , ed Ame
nio, conitente in queto, che liberaliquis huma
ma indutria, ine aditentia Spiritus Sancti criptus,
i Spiritus Sanctus potea tetetur ibi nihil ee fal
um, efficitur Scriptura Sacra . Io non voglio qui

ci

diputare della verit, o falit di tale opinione ,


che quando il volei, potrei fore con l'univer
it di Dovai, e di Lovanio riprovare come avan

zata quella propoizione di quei due Geuiti (che


ebbene dotti, non on per due oracoli) ma mol

to pi mentire quel fam patet dell'oracolo Gio:


Lami . Se volete vedere queta quitione quiita
mente trattata leggete il citato P. Cherubino, o
almen'almeno il P. Lupo . Ma tralaciare non

poo quelle belle parole del Lami alla pag. 368.

Hinc et quod Ieuite Romani in ud ratione tudio


rum : Titulo de reliq. opinion delectu in Theolog.fa
cien. criptum reliquere? Probabilius et verba primo
rum exemplarium , ac fontium incorruptorum fuie
mnia & ingula a Spiritu Santo diciata ecundum

ubtantiam , multiformiter tamen pro varia intru


mentorum conditione. Addumtque inuper illud ecun
dum ubtantiam probabiliter tantum dici, ita ut & c.

Notate quelle parole, addumtque inuper? Io leg


endole m'immaginava, che dopo quella Tei e

i" et

& c. i Geuiti di Roma realmente


vi aveero aggiunto illud ecundum ubtantiam
& c. In fatti a chi fa la forza del verbo addo ,
non pu venire altro in capo Ma poi ricontran

do quel pao, n trovandoi dopo


-

quei

COn

Clti

--

Q U I N T A .-

67

cluione, che altre Tei diparatiime, mi accor


i, che il buon uomo voleva dire: Ex quo con
ficitur eos enie illud ecundum & c. il che veri
imo, e chi crive cosi, ha poi a far l'uomo ad
doo a Santi Apotoli e criticare il loro tile ?
Obtupecite Cali; non poo dir altro.

Vegniamo ora al capitolo nono intitolato de


tylo novi Tetamenti . In queto Capo pretende l'
Autore motrare implicemi, 9 incomptum rudem
que novi faderis commentariorum tylum ; dii, pre
tende, mercech in fatti poi nol prova ; ma pi

toto fa pompa di vari Autori Eretici maima


menee a quali il nuovo Tetamento paruto di
tile aai rozzo, ed incolto ; ma voglia , o non

voglia, confeare pur debbe, queto eere un pun


to dibattuto di molto , e opra cui gli autori e
Cattolici, ed Eretici tra e dicordano, anzi io per
me credo che mai non e ne verr a capo , pol

ch e in altro mai certamente nel giudizio degli

tili quot capita tot ententia . Intanto, giacch il


notro Autore i compiace s fuor di modo dell'
opere degli Eretici , gli fo apere, che oltre tin

li

rico Stefano , e il
da lui citati difen
dono , e lodano lo tile del nuovo Tetamento ,

due altri Eretici, appo de'quali potr a bell'agio


vedere preo che tutte le oggezioni , che contro
di qui libri poono fari con erudizione, e chia,
rezza grande ciolte, e cenurate. Il primo il
Sig. Edruardo che compoe un trattato Inglee in
titolato dicoro contenente l'autorit, lo tile, e la

perezione de'libri del vecchio e nuovo Tetamento; l'


altro Giovanni Oleario, il quale ha fatta una

belliima diertazione de tylo novi Tetamenti. El


la la prima tra le diertazioni tampate nel

Theaurus Theologico , Philologicus ad electiora i


& illutriora novi Tetamenti i", in Amterdam l
2.

all

68

L E T T E R A

anno 17o2. gli raccomando inoltre a non fidari


tanto di certo teto di S. Griotomo hom. 3. in c.
1. Epit. ad Cor. , e non enza ragione glielo
raccomando, mercech, e non venga citato intiero,

nulla pruova . Citiamolo : Tu autem illud mihi


otende, an doctus, & eloquens eset Petrus, 69 Pau
lus, ed non potes : erant enim idiote , 69 rudes ,
& illitterati , Oim, qui il Griotomo eprea
mente d dell'idiota , del rozzo ul capo a S.
Pietro del pari che a S. Paolo. Adagio, vedia
mo il reto : Quando ergo Graci accuaverint di

tipulos, tanquam litterarum ignaros, 6 imperitos,


nos pluquam iili ipos accuamus; neque dicat qui
quam, quod apiens, (9 dottus erat Paulus . Per
che? fore perch ci falo? n, non dice que
to il Griotomo ; ma ecco la ragione, non pa
rum enim in hac quoque parte eos dicimus, ita enim
erat praeclara de eis vittoria. Il che dopo le paro
le addotte dal Lami pag. 133. piega ancora d' avvantaggio cos. Quando nobi cum is (Gracis)
fuerit certandum, tanquam indottos accuemus Apo

tolos; ipa enim accuatio et encomium; & quando,


dixerint agretes fuie.Apotolos, nos addamus, 69 di

camus eos fuie imperitos, & illitteratos, pauperes,


vileque, 9 abjectos, 69 inipientes, obcuros .
Non unt hac in Apotolos (in queto cao; ma non
nel libro del Lami ) maleditta ed eorum gloria ,

quod cum eent hujumodi, toto orbe terrarum ue


rint clariores. Che per il Griotomo n degli A
potoli in genere, n in ipezielt di Paolo dice
qui coa, che favorica il guto delicato del La
mi, non di Paolo, mereech, quantunque l'uni
ca prima con S. Pietro, nondimeno con quel ne
que dicat & c. motra chiaro d'aver egli meo pri
ma Paulus per qualunque Apotolo, mercech all

intento, che ora piegheremo, era lo teo. N


po

Q U 1 N r A.
69
poteva il Griotomo qui dire Paolo idiota, ignoran
-

te, quando prima nel proemio in Epitola ad Ro

manos interpretationem di lui critto aveva: Sicubi


enim concionandi locus e offerret ei paim concede
bant omnes, quo nomine & Mercurius ee credeba
tur ab iis , qui in Chriti verba nondum juraent ,
videlicet orationis, eloquentiaque prees eet .
enimeno degli Apotoli dice aolutamente, che
idioti , e rozzi tati ono , ma olo vuole , che
diputando con Greci per maggiormente convin
cerli lor i conceda, che gli Apotoli furono tali;
quai dicee: Fedeli miei, qualor di venir con i
Greci a tenzone v'accada, piantate loro in pet
to queto dilemma : o gli Apotoli erano dotti ,
e n; e dotti , dunque perch voi tali confeare
non li volete ? e n, dunque come enza che

fi

per loro bocca Iddio favellae poterono uomini

rozzi, ed idioti trionfare de' votri avj? Quet',


e null'altro pretende il Griotomo, e biogna
bene eere un grande ciocco per entire altri
menti.

Incerta dunque la initra opinione, che ha il


Lami dello tile del nuovo Tetamento, n della
probabilit i termini eccede , e u tal fondamen

to che fabbrica alzare egli i voglia non o, a di


re il vero, capirlo: ma diamogli, che rozzo ia,
e barbaro lo tile del nuovo Tetamento, qual con

eguenza ne vuole cgli mai cavare? fore che non


ebbero il dono delle lingue; queta egli la tira nel
capo XV., come avrete letto nella mia anteceden
te; ma cioccamente; concieiacoach e qual uopo

v'era, che Dio dando agli Apotoli un tal dono


loro lo dae perfetto, icch tutte le pi fine de
licatezze di ciachedun idioma veniero a poe
dere? Certo al fine della converione del mondo,

per cui unicamente loro comunicalio,


non era
ci
E 3
Il

7o

L E T T E R A

ieceario, e dalla emplicit dello tile, che nelle


arlate alle Turbe adoperava l'incarnata Sapienza
Notro Signore potrebbe mai trari

" Crito

per coneguenza, che adunque egli non aveva la


cognizione perfettiima di ogni linguaggio? ma non
meno mal conchiudente i l'altra illazione, che
fa l'Oracolo: e rozzo lo tile degli Apotoli;
a dunque gli Apotoli erano rozzi, ed imperiti ;

imperciocch ( per tacere di tant'uomini illutri,


io tile de'quali in ollerabile a chiunque dell'u
mane lettere amante ia, per poco non dii, quan
to quello del notro Oracolo, il quale iccome pero
di motrarvi in altro luogo pieno zeppo di enor
miimi e barbarimi, e ollecimi ) rozzo, ed im
perito non potr al certo diri un uomo eloquen
te; Nunquid autem, dir col ovralodato P. Che
rubino dip. 4. n. 112. ita ab ipa tyli puritate, ac
proprietate elcguentia pendet, ut tota in ea conitat,
aut i ita deguerit, obtineri nequeat? At vero non hoc.

ane precipuum dicimus, ed vim, copiam, 49 fa


cundiam ermonis praecipuas eloquentie partes habere
olitas contendimus , eumque cenemus eloquentiorem,
qui quocunque loquendi modo peroret Auditores magis
movet, ac ea uadet, qua probare intendit.
Non vi maravigliarete ora, che io non mi trat
tenga a proceare il evero giudizio, che u la
corta de'Grozii, de' Simoni, e d'altri Critici pi

recenti fa il Lami nel Capo X. di ciacuno in par


ticolare degli crittori Canonici. Imperciocch la
tea ripota, che data abbiamo al uo giudizio
di tutti gli crittori in comune pu applicari a
quanto di tutti in particolare qui dice. Con tutto
ci laciare non poo di querelarmi del Lami ,
che in queto uo Capo non l'abbia perdonata n
meno all'Apotolo Paolo, la di cui eloquenza tan

to ealta, non che il Griotomo ovraccitato, S,


A go

QL U I N T A.

71

Agotino l.4. de doctrina Chritiana, e S. Girolamo


in Galat. 4. v.24 ,

Di S. Agotino egli lo confea p. 164., ed, di


ce alla pag. 165. hice omnibus in anteceum cap. 9.
jecmus atis. Ma dunque ar oddisfatto all'auto
iit di S. Agotino, con eeri detto, che : Ita de
divinorum criptorum eloquentia agit, ac loquitur, ut

facile, 69 aperte ininuet, e non in eis jacundiam


& eloquentiam cultam, & indutria elaboratam, atque

arte perfettam deprehendere, ed talem qualem ho


mines fervido ingenio acres, & qui ea , qua probe,
potenterque noverunt .... naturali quadam vi ea pon
taneo orationis impetu pretare conueverunt. O pure
il dire col Simon, che comme le Pere n'entendoit

pas la langue Grecque, nous devons preferer la de


fus le entiment des Peres Grecques an Sien . Il

emble neammoins, qu' il parle cn cet endroit,


que d'une certaine eloquence, qu' il appelle age
e , & qu'il fait coniter plus tot dans les cho
- es, que dans les epreions.
Certo, altro non trovo nel capo 9., che ei cita:

ma quet'ultimo per vedere quanto ia detto allo


propoito; bata il leggere il capo V. dell'iteo
l. 4. della dottrina Critiana, che Agotino conchiu
de cos : Sunt ergo. Eccleiatici viri, qui divina elo
quia, non olum apienter, ed eloquenter etiam tra
ctaverunt: non olum apienter; ed eloquenter, e co
me dunque pot crivere il citato Simon: il ne par
le que d'une certaine eloquence, qu' il appelle age
e ? E nel capo 6. non i ferma Agotino ad epor
ie le figure, ed i periodi, che trovani nelle pito
le di Paolo Apotolo? E prima non dice in gene
rale: Poem quidem, i vacaret, C ornamenta elo
quentia, de quibus infiantur iti, qui linguam uam
notrorum Auctorum
non magnitudine, ed ru

"

more preponunt, otendere in itorum litteris acris


E 4

Dun

72
L E T T E R A
Dunque Agotino anche di quella eloquenza fa
vella, che nelle parole conite . Che poi Agoti
-

no non apee di greco, e quegli olo di queta


lingua " pu diri , il quale nelle ue G
pere, come fa il Lami , intiere facciate di teti
greci porti, che dall'eere citati anche in greco

non danno maggior peo all'argomento, che e in


olo latino citati foero, confeo ancor io, Ago
tino non eppe di greco, ma quete citazioni fat
te in imil modo, chi , che putide pedanterie non
le dica , e non le metta in canzone, iccome a

tempo di Cicerone i cotumava , perciocch i ri


cava da quelle parole del l. 1, c. 1 1 1. degli uffizi:
Ne ut quidem graca verba inculcantes jure optimo
rideamur. Laonde temeraria calunnia del Lami, e

del uo Simon i , che Agotino nelle lettere gre


che verato non foe. Veggani u queto propoi
to i miei PP. Maurini nella vita di detto Santo

lib. 1. c. 2. n. 5. Quando poi il Lami peritee a


difendere, che della lingua greca Agotino igno
rante ia tato, gliel trametter , ma con patto,
che dal uo libro tutti i teti d'Agotino can

celli, che egli cita a uo favore. Chi non a di


greco, n quando loda, n quando biaima crit
tori greci, udire i debbe ; e queto detto ia o
vra la ripota del Simon addotta dal Lami pag. 132.
Quanto poi alla prima ripota, che ci d alla
pag 131., non la voglio io gi impugnare, anzi
al Lami per quella altamente obbligato io mi pro
feo, mentre dalle ue parole contro di lui argo
mento cos : Dunque almeno d'ingegno acre furori
gli Apotoli, dunque almeno probe potenterque no
verunt quelle coe, che criero. E queti poi do

vranno diri que'rozzi, ed imperiti, ch'egli per


tutto il uo libro cerca motrargli ? In oltre pu
negari, che Agotino lodi gli Apotoli, e noni
Dtl

QL U 1 N T A .
73
ntamente S. Paolo per l'eleganza dello tile? Sia
tata dunque naturale, o n una tal facondia,
empre vero, che il parer d'Agotino a quello
de moderni critici contrario dal Lami eguiti.
E S. Girolamo nel luogo citato non dice eprea
amente: Evidens et, Paulum non ignorae litteras
eculares ? So che poco prima limita il S. Dotto

re queta ua propoizione con quete parole licet


non ad perfectum : Ma e olo quelli, che nelle cien
ze profane alla perfezione on giunti, il nome di
rozzo, ed imperito ponno chivare , mi luingo,
che Paolo di condizione peggior non ar di tant

altri, che per uomini di gran apere paano nel

";

ipiglia il
il Lami
uidquid it , ripiglia
Lami pag. 165; Paul
Paulo
ipi magis credendum. Beniimo; ma che dice di s

l'Apotolo? Ipe Paulus adfiatam apientiam dottis


verbis haud loqui ad Corinthios primum cribens in

genue tetatus et , 9 alibi e pratione minus pollere


profeus illis verbis: Eti inferior ermone ed non
cientia. Quod i Litris in Lycdonia Mercurius ipe
praees ob eloquentiam exitimatus fuit, ut cribit Lu
cas A&t. 14. id evenie videtur, quod ut Lucas lau
datus ait e 3 myr xoyov Barnaba alia, curante cogno

teretur. E tutto ci quanto di peo non embra


prendere dalle tetimonianze de'Padri Greci dall'

Autore addotti alla pag. 163. Ecce Ireneus lib. 3.


c. 7. Hyperbatis, inquit, frequenter utitur propterve
locitatem ermonum uorum, 69 propter impetum, qui
in ipo et piritus. Origenes cap. 4. Philocali e non
aliter de eo loquitur. Reddebatur enim idoneus a Deo
miniter novi facderis, utens demontratione piritus,
& virtutis, ut eorum , qui crediderunt adenio non

it in apientia hominum , ed in virtute Dei. Ag


giungani i luoghi del Griotomo citati alla pag.
161. ( Perch dell'altro, che alla detta pag. 163.
-

C1 Vle

74

1 E T T E R A

ci viene oppoto, di opra favellato abbiamo a ba


tanza ) nullis dogtrinis eum intructum uie vult
Griotomus hom 4 in 2. Timoth. Imo ipe Apotolus
epii. ad Gal. cap. 6. I 1. profiteri videtur, e rette

i,

cribere non
deforme?ue litteras exarare, ut
locum intelligit, C enarrat diertiimus Joannes Gri

otomus. Quod autem dixit qualibus mihi videtur, non


magnitudinem, ed deformitatem litterarum ignificans
hoc dicit; nam preponendum illud dicit, quod quum

non moet optime cribere, tamen compulusit per e


ipum cribere, . .
e
Parcius ita viris tamen objicienda memento,
direi al Lami, e qui foe preente. Biogna cer
to, che tu ti credei di crivere a gente sbalzata
dalla natura ulle vette di qualche orrido monte,
o nata in eno alle bocaglie; onde vender potei
a tuo talento lucciole per lanterne. Diingannia

molo per piet : Ita notra eloquentia ita ui unt


per alteran quandam eloquentiam uam, dice Agotino.
ale dottrina Chritiana lib. 4 c. 6. n. 1o, ut nec dee
et eis, nec emineret in eis, quia eam nec improbari
ab illis, nec otentari oportebat, quorum alterum fie

ret, i uteretur, alterum putari poet, i facile agno


ceretur. Dal che potrei conchiudere, che quando
l'Apotolo nella prima a Corinti crie, non in
peruaibilibus humanae apientia verbis & c., oltan

to volle motrare di non far pompa dell'umana,


letteratura, ma non v' d'uopo di queta ripota.
Il fine, che ebbe l'Apotolo, bata a chiudere la

bocca a queto fanatico. Pretendeva l'Apotolo


di far conocere a Corinti, che la Fede, la quale
lor predicava, era non umana, e biognevole d'e

ere dalle profane cienze fiancheggiata, e munita,


ma totalmente divina . Sermo meus, & pradicatio

mea non in peruaibilibus humanae apientiae verbis,


ed in otenione piritus, 6 virtutis; ut fides vetra,
720??

Q U I N T A.
75
gon it in apientia hominum , ed in virtute Dei,

Ora un tal parlare eclude bens uno tile ricer,


cato, e fiorito, ed un dicoro fondato u ragio
ni umane; ma non gi quello tile grave, maeto
o, efficace, machio, ut verba, quibus (res ) di
cuntur non a dicente adhibita ; ed ipis rebus ve
luti ponte ubjuncta videantur, per parlare con A

gotino ibidem. E queto tile embra egli al La


mi da dipregiari ? Se queta piegazione gli di

piacee, ne oda un'altra d'Origene lib, contra Cel


um. Hec verba, quid aliud ibi volunt, quan non
fatis ee, ut verum it , natum ad movendosani
mos hominum , quod dicimus, nii doctori divinitus

concea it vis quaedam, 6 dictis eius adit gratiae ce


letis energia. Quando poi queta tea interpreta

ii

non l'appagae, i contenti almeno


di quella di S. Remigio Vecovo di Rems: Et pra
dicatio mea non fuit (ubaudi) in peruaibilibushu
mane apientiae verbis, idet non in philoophico, 49'
culto ermone ( con quete parole culto dal conteto
che egue i pu dedurre che coa s'intenda dal S.
Vecovo) : Predicavi vobis Chritum, ut vos non deci

zione

perem, 49 deluderem per obcuritatem verborum , i


cuti Philoophifaciunt, ed in otenione piritus, 6
virtutis , idet in exhibitione miraculorum, qua per
virtutem Spiritus Sancti operabar, confirmabam meam
predicationem, quia quidquid dicebam , ac predica
bam verbis, miraculis roborabam, 69 o

si

ve

rum ee: quod Philoophi vetri, 6 Peudoapotoli


non poterunt agere. Ma gliene voglio aggiungere un
altra di non molto divera di Benedetto Giuti
niani, la quale gli dovrebbe con tutto ci pi d'o
gn'altro andare a genio, perch ul teto greco
fondata. Haud atis cio, an re3,do xonso verborum
floculos, atque ornamenta, 69 orationis lumina , an

vero probabilia argumenta vocet quaeri Sarz, vel ir.


a Phi

y6
L E T T E R
a Philopono, & aliis appellantur , quae ingeni c&=
-

*nem , 9' quamdam difputandi folertiam praefferunt

fane ad Coloffenfes cap. 1. re$oivoy2^' Sophifiis tr


Buere videtur , qui dilelicorum calliditatem imitan

tes paralogifmis, ac mentientibus rationibus minus do


&lis, * imperitis imponunt , * quidem cum hoc loco
zre$ova- ^ '5$* opponat m verifimile omnino eft
agere Apoolum , non tam de lepore , & elegantia
fermonis quam de difputandi, * concludendi fubti

litate. Di quefte cinique propofizioni fcielga il La


mi qual pi gli piace , che io ne fono contento ;
ma quale di quefte cinque fa a fuo favore ?
enendo ora all'altro tefto mal citato, meritre

Paolo non dice, Etfi inferior; maetfi imperitus fer


*mone ; che direbbe il Lami , fc io gli rifpondeffi
con Agoftino lib. 4. de do&rina Chriftiana cap. 7.
m. 1 5. Videtur , ubi ait, etfi imperitus frmone , fe
non fcientia , quafi concedendo obtrelatoribus , fic lo
tutus non tamquam id verum agnofceret , confiten

do. Si autem dixiffet imperitus quidem fermone , fed


non fcientia, nullo modo aliud poffet intelligi. Scien*

tiam plane non cuntatus eft profiteri , fine qua eff


do&or gentium non valeret ; n$n ubito, che ad Ago

ftino i non mi fo(fe per opporre Girolmo Epifa


JAlgafiam qufi. X, da lui citato alla pag. 162. Il
lud , quod crebro diximus , Etfi imperitus fermone ,
non tamen fcientia , nequaquam Paulm de humilita
te , fed de confcienti veritate dixiffe etiam nunc ;
probamus. E fc io replicaffi col Calmet in hunc lo
?um Pauli ; che S. Agoftino, tibi agitur de Elo
quentia , Judex habendus eft nihilo melior, quam di
vus Chryfoflomus , &' S. Hieronymus ? Ma pu fa
cilmente rifponderfi in altra mianiera , col. citatQ
mio Benedeftino . Prima per faccia grazia i1!Lamt

di fciogliere un' iftanza, che io gli fo dal mcdefi


mo tefto di S. Girolamo. Poco dopo le
-

fey*
JQ!

Q U I N r A.

77

role mentovate oggiunge il S. Dottore : Quem


( ermonem ) quum in vernacula lingua habeat di
fertiimum, quippe Hebraus ex Hebrais & eruditus

ad pedes Gamalielis viri in lege doctiimi & c. Dun


que Girolamo parla olo di Paolo in ordine all'
idioma greco ; del reto confea , eer egli nella
lingua Ebrea facondiimo, ed uomo perfetto nella

legge, come colare di Gamaliele dottore in quella


eccellente. Bramerei che tai parole di S. Girolamo

l'accordae il notro Sciolo con quelle ue rudis,


& imperitus; oh che vuol egli trovari l'uomo pur
impicciato, giuto come un pulcino nella toppa!
Intanto per che la maniera egli cerca di sbrigar
fi, per vedere qual eno abbiano le dette parole
di S. Girolamo d'uopo oervare come in altri
luoghi di Paolo il S. lDottore abbia favellato.
l)ue oli ne rapporter adv. Ruf. p. 367. Ille He
breis literis eruditus , C) ad pedes doctus Gamalie
lis, quem non erubecit iam apotolica dignitatis Ma
gitrum dicere, gracam facundiam contemnebat, vel
certe quod erat humilitatis diimulabat, ut eius pra
dicatio non in verborum peruaione, fed in Dei vir

tute coniteret. Ecco parole a quelle d'Agotino o


migliantiime. Scrivendo poi a Pammachio epit. 61.
dice, che Paolo era, Flumen eloquentiae Chritiana.
Ad S. Hieronymum ergo, conchiude il Calmet, i
bimet conciliandum dicere oportet, S. Paulum cum De

mothene, Iocrate, Lyandro, Platone, Aritotelecom,


paratum minime fuie eloquentem; & eloquentiimum
fuie i eloquentia in dicendi vi atque vehementia
ad permovendum atque

f" aptiima

vel

etiam in uavitate ad alliciendum idonea collocetur.

Nemo orator profecto eorum ad quos loquebatur animo


ac mente ita dominatus et, quemadmodum S. Paulus
eorum, ad quos cribebat.
Sicch dunque non ha che perare il

Lai dal
ri

78
L E T T E R A
Tribunale di Paolo Apotolo, cui i era con tan
ta fidanza appellato, Paulo ipi magis credendum :
Ma che arebbe e nettampoco palleggiato foe
da'uoi Padri Greci? Concioiacoach che ma

le a noi ne fa S. Ireneo dicendo hyperbatis fre


quenter utitur ? e dicee hyperbatis anantapodatis,
purpure: ma queto aggettivo non di S. Ireneo,
ma dell' Eretico Ecolampadio , a cui mi cuer

Mons Lanni, e io non do fede , o retta. Ori


gene poi null'altro dice, e non e quel medeimo

che Paolo dir volle egli teo crivendo a Corin


tii ermo meus & predicatio mea non in peruai
bilibus humanae
verbis. Quanto a S. Gri
otomo poi, confea calmet , eer lui totalmen
te contrario: verum quae Pater hic ait ; licet alio
inignis eet S. Pauli admirator, Apotolum He
raicam tantummodo linguam novie, C ante quame
converteretur omnes Graecorum cientis penitus igno
rae, non atis probari potet. Io per riflettendo al
le lodi , che a Paolo come ad uomo facondo, e

"

i"

dotto d il medeimo Santo non olo nel proemo

del uo comento opra l'Epit. ad Rom. che di o


pra addotto abbiamo, ma pecialmente nel capo

6. e 7. del l. 4 del acerdozio, timo poteri beni


gnamente l' uno e l' altro pao a favor di S.

Paolo combinare. In fatti dove, nell' omilia 4. in


c. 2. Ep. ad Timoth. dice di Paolo, imperitus ex
terne peritia , Hebraam tantum moverat linguam ;
parla oltanto da oratore per dar rialto maggio
re al

" che ivi fa tra

Paolo e tra Nero

ne . E queto pao del Griotomo certamente

il pi difficile a ben piegari: l'altro preo dal co


mento in Epit. ad Gal. non o a che fine , non
avendo particolar difficolt i apporti dal Lami:
Edipo che intendea tutte le coe,

Tutto l'ocuro dir delle perone


a

Neri

Q U i N T A-

79

Non aprebbe di ci render ragione.

Ma fore egli crede con ci di potere alcuna coa


provare, e principalmente che S. Paolo non ape

va crivere. Vero per in primo luogo che'l Gri


otomo parla qu dello crivere in greco ; e chi
non a crivere in greco fore non a crivere a
olutamente? Se ci , io argomento cos: Il La
mi non a crivere Cinee: dunque non a crivere.

E certo che molto meglio per lui aria tato il non


apere crivere in niuna maniera, che l'avere critti

tanti trafalcioni. In oltre non dice il Griotomo,


quum non noet cribere, ma quum non noet optime
feribere ? E non potea Paolo apere il greco 3, e

quanto altro pu apere il maggior letterato del


mondo, e non apere optime cribere in greco ? E
quanti ono anche a di notri uomini eruditiimi
che anche nel patrio idioma crivono inignemente

male, icch non pur gli altri, ma eglino tei


difficilmente e con itento capicono la propria mano?
Cum igitur Paulum contet ( on parole del Gri
otomo lib. 4 de Sacerdotio cap. 7. ; le quali paio:

no critte a pota per umiliare la pretenione del


I ami) tum ante miraculorum editionem, tum in me
diis ipis miraculis magnam adhihuie eloquentiam ,
qua fronte utinebunt idiotam illum vocare, cufus
magna fuit apud omnes qua diputantis, qua concio;

nantis admiratio ? Quamobrem ( o povero Lami!


come alver egli il uo id evenie videtur, quod;
ut Lucas laudatus ait vny, Nos Barnaba alia cu
rante cognoceretur ) Quamobrem enim Lycaones ipumi
Mercurium ee fupicati unt. Nam quod Barna

bam, ac Paulum Deos ee crederent, id a ignis edi


tis fiebat : Quod autem Paulum Mercurium ee vel
lent; id non a ignis, ed eloquentia nacebatur. ,
Ma troppo trattenuto mi ono ad eaminare il
giudizio dato dal notro Sciolo u lo
-

" dell'
po

8o
L E T T E R A
Apotolo; ond', che per non avere a fare un to
mo, converr , che io tralaci quel molto di pi,
che io dir potrei ul indicato, che dalla pag. 392.
alla pag. 4o3. egli fa dello tile di S. Gio: i"
gelita. Queto olo dir, che avendo Dioniio
-

Aleandrino preo d' Euebio con omma lode ce

lebrato lo tile dell'Evangelita, ben poteva il La


mi eguirne la norma. Ma n, e ripiglia pag.4OI.,
perch, in eo quod eloquentiam, 6 dicendi elegan
tiam attinet, excee modum Dionyium Alexandri

num Critici omnes Recentiores atentur. Ma e co


s, non deve ei laciare le belle parole di Girola
mo in ep. ad Eh. , dove i dell'Apotolo
Paulo ragioni il gran dottore, non dubito , che
di tutti gli crittori Canonici dette ei le volee;
Si vero quis potet etiam juxta ermonis, eloqui i
contextum docere , Apotorum fuie perfectum , 69
in artis Grammatica vitia non incurrie, ille potius
aucultandus et . L'Autore per alla pag. 161. le
ole parole ci cita, che eguono immediatamente.

Poibile, che quete ole dagli occhi sfuggite li ie


no? e e n, perch non eeguire s giuto coniglio
di ottocrivere al parere di Dionigi, anzi che a
uello degli Eniedini, e de Vvolzogenj Sociniani?

" ,

perch troppo facile ad indovinarlo,


perci paiamo innanzi, e Vegniamo al capo XI,
ade libris cateris Apotolis, virique Apotolicis falo
tributis, & apocriphis: Capo non meno inutile dell'

altro da noi cenurato de re vetiaria, s perch


anche di queto pu diri non erat hic locus, s per
ch non fa altro, che dirci quel che gi Natale
Aleandro Tillemont, Dupin, Simon , Cotelier,

Cardeboch (e chi no il quale d'Itoria Eccleia


tica tratta?) hanno critto u queto punto. Ci

batar dovria per motrare la tupidit del notro


erudito. Ma il Paragrafo di Roveredo mi

o" a
il re

Q U 1 N T A.
8I
dire alcuna coa di pi particolare Il celebre Gian
Alberto Fabricio tra tutti , che de'libri Apocrifi

del N. T. criero, i meritato da letterati di Li


pia omma lode per il uo codice tampato l'an
no 17o3. in Amburgo. Ora i Giornaliti di Ve
nezia pag. 333. eaminando il libro del Lami s'e
preero in queti termini : Con tale occaione ci
viene addotta una lunga erie di libri, e trattati

Apocrifi, nel che ha molto conferito al Sig Lami


il Codex Apocriphus N. T. del chiariimo Fabri
cio tampato, e ritampato con aggiunta in Am

burgo, in ottavo. Che parlare pi giuto di queto,


e pi moderato? E pure tanto e ne picco l'uomo
fanatico, che nel S. d'iberna d in imanie con
tro di loro, e s li rampogna : Si motrano ben
pratici della toria letteraria, dicendo, che il co
dice Apocrifo del nuovo Tetamento dato fuori dal
Fabricio tato tampato pi volte, non eendo

ci vero, ed mirabile la loro goffaggine nel non


vedere che il Catalogo de libri Apocrifi era nece

ariimo, mentre non i volee mancare ad una


parte dell'argomento. Sono poi maligni nel op

primere le molte coe a detto Catalogo aggiun e,


che nel Fabricio non fi trovano. Se chi crive cosi
non i merita di tare a pazzarelli, ed eer lega
to, non aprei chi poa meritarlo; e credo di far
onore al Lami, attribuendo a pazzia quello, che
altrimente ad ainit dovrei imputare.

O medici medici mediam pertundite venam.


Dio buono, pu il notro Pazzo negare, che il co
dice Apocrifo del Fabricio gli abbia molto conferito?
Ma molte coe vi ha aggiunte; ho difficolt in quella
parola. Molte coe, anzi egli medeimo (vedete, e
non matto da catena) col alla pag. 176, confe a di non aver quai fatt'altro, che tracrivere il

Catalogo dei Fabricio, e lo dice cos compito, un


F

(on

82

L E T r E R A

( on ue parole ) vix picilegium aliquod mihi Fas


bricius faciendum reliquerit ; E come dunque puoi
negare, che il codice degli Apocrifi del Fabricio
non gli ia tato di gran giovamento? In oltre il
dire, che quel codice gli ha conferito molto egli
un negare, che egli non v'abbia aggiunta alcuna
coa del uo , e nella cotui zucca le parole han

mutato ignificazione, che pos'io fargli? Si deide


ra poi apere, dove i Giornaliti abbian detto, che

quel catalogo era inutile, ond'egli dica: E'mira


bile la loro goffaggine . Bench per altro non i

motra egli il Re de goffi in voler otenere la


neceit di tal catalogo Riponda a queto di

Iemma, e pu: O quei libri ono Apocrifi, o no.


Se no; dunque egli sbaglia in definirli tali; e lo
ono; dunque che neceit v'aveva d'inerirli trat
tando dello tile, e dell'erudizione degli Apotoli ?
Perch non ha egli anche preo a trattare dello ti
le di Bertoldo, Bertoldino, e Cacaenno, che non

ono pi degli Apotoli, che quei libri, de quali


fa s grande parata nel cap. X- ? Fore dir, che
non tutti li credono Apocrifi . D'alcuni vero;
ma s'aicuri pure, che non otante quel uo hojo
iimo capo, ciacuno eguir a credere quel che
dianzi entiva, non potendomi peruadere, che a
far mutare d'opinione alcuni , bati che il Prete

janni ia di contrario entire; vi voglion ragioni,


ed autorit, le quali, s'egli s' creduto diobbliga
to addurne, perch in altri autori da lui citati i
trovano, perch altres non uppor per apocrifi, e
perci tralaciare quei libri, che come tali da al
tri vengono rigettati? Che poi il codice Apocrifo
del Fabricio non ia tato ritampato , lo dice il
Lami; ma come lo prova ? Perch egli non l'ha ,
Ma fore gli tampatori hann'obbligo di mandar

gli ogni libro, che danno alla luce? o in qualun


que

Q U 1 N T A.
8
que altra maniera gli deve qualunque libro ece da
-

torchi capitar nelle mani? Perch ne giornali di


Lipia, di Amterdam, e imili, non citato? ma io
non ho mai aputo, che le econde edizioni de'li

bri vi ieno tutte regitrate. Dico tutte ; merce


ch alcune pi ingolari o anche io che vi i tre
vano. Or dunque i contenti per queta volta, che

io pi toto che a lui creda a Giornaliti, quali


Inon ho ancora coperto per vaneggianti come in
pi luoghi della ua opera de

" orum eruditione

egli i d a conocere . E e gli recae etrema


Inoja , che io pi che a lui creda a Giornaliti,
almeno mi permetta in carit , pi che a lui io
creda allo teo Fabricio il quale Biblioth. Grec.

S. VI, c. 12. pag. 27o n. 12. dice appunto cosi .


Scripta varia, que ub Chriti, vel Apotolorum no
mine jattata falo unt, recenui proprio opere, quod
codex Apocriphus N., T. incribitur ; ac lucem vidit
Nomburgi 17o3. 8. Huic recuo in eadem urbe anno
1719 ( recuo dice Fabricio a 1719. Capice Sig.
Giovanni ? ) in quo Liturgie & c.
Siegue il capo XII. de Apotolorum Amanuenibus
aliique Chritianis eudem etatis interpretibus, che
-

oltre al non eer neceario in conto vertino al os


lito, altro non poi che una elva di citazioni, a cui

nulla pi i richiede, che una mechina infarina


tura d'Indici. Dopo di che nel capitolo 13. ci a
pre il Lami dinanzi agli occhi le librarie di Fi
renze con un Catalogo di Codici num. 55 del nuo
vo Tetamento, i quali ivi conervani, lungo ben

carte.

he coa egli i ia preteo con queto uo ca

talogo, ognun ben vede. Si luing il mierabile


di poter dopo di quello uo novero di codici tare
a tavola ritonda co' Lambecico Monfoconi, cogli
Aemanni, co Garnezj, co Mabilloni, ed altri
F

VlOfm 1

3,

L E T r E R A

uomini di nome empre mai venerabile alla lette


raria Repubblica. Ardir temerario! E perch non

abbia giuta ua cotumanza a cavillare u le mie

i"
io mi dichiaro, che alta altiima tima
anno preo di me i Codici MMSS. e quelli, che
addoati i ono o di darli alla luce, come i Fa
brici, gl'Eccatti, i Canisi, i Dacheri , i Sirmon
di, i baluzj, i Leibnizi, i Marteni, i Muratori;
o di farne almeno almeno avere al pubblico un qual
che aggio in qualche frammento, o pur anche ne'
nomi. Troppo, lo o, a chi in illutrare la toria
maime Eccleiatica lodevolmente fatiga; troppo
dii neceario vederne molti, per ricavarne or la
vera lezione dell'opera gi ucita alle tamp
ra notizie
qualche polveroa libre
sia
epolte:nelle
anzitenebre
io teodi nel
giro, che per la Ca

iabriahonotra,
e perhaaltri
paei anche
tant
fatto, non
molt'anni,
per oltran"
accrecere
ia Libraria d'un Principe Napolitano mio gran Pa
drone, premura maggiore non ho avuto, e d'am
maare quanti pi codici MMSS. ho potut Ma,

che? Avr io ad approvare digreione s fuor

di

propoito? Il Placentino, a cagion d'eempi?

nella ua Epitome della Paleografia Greca, in luo

go di puramente accennare come opra all,

gentotto
numero d'Europa
dei Codici conervani,
greci, che nell"
bioteche ilprincipali
i foe
oto a noverar diteamente tutti quei codici, nn
arebbe
egli ucito
fuori
eminato
? Se ripo,
tato n'avee
il nome
di del
Pluteo,
il carattere
il

iccolo giuto, o non giuto poco importa, pi che


s empia il libro, non arebbe dico ucito dal ,
minato ? Mi i dia la diparit : Oltre di chi il
mette fuori olo i codici MMSS. del nuovo Te:

tamento, non i meritar cred'io gran fatt di


lode appo quelli, che deiderio fore nodrivand'a
Vere
-

83

Q U 1 N T A.

vere una piena contezza di tutti i codici, che in


'quelle librarie i trovano. Poteva con maggior uo
imerito preo de letterati riecare queta ua digre
ione, e dar pocia ( quando le forze al peo non

cedano ) di tutti quei codici in uno, o in pi li


bri a parte un ditinto ragguaglio.
Se io mi trovai in Firenze, ed avei l'agio di
-

polverare un poco quei manocritti avrei fore oc


'caione di notare pi d'uno trafalcione in queta
erie, che qui vienci rappreentata. Ma poich non
Mono al tiro di farlo la perdoneremo in queto par
ticolare all'Oracolo, gli paeremo tutti, per conte

nere materia diparatiima dall'intendimento del


libro. Avvertir oltanto, che la digreione oa

pra l'Enciclopedia, che quella , che forma il


preambolo di queto medeimo capitolo 13., e la

fode di Enciclici, e di perfei poeditori di


tutte inieme le cienze, ed arti, che vien data lia

beraliimamente dal Lami a certi oggetti, i quali


un peccato, che non i apee neppure da chi
ta pi ull novelle Letterarie , e ulle informa
zioni de Letterati, che e' pur foero al mondo :
avvertir, dii, oltanto, che una tal digreione e
una tal lode, non poteva aver peggior luogo, che
in un libro, in cui i tratta per profeo della om

ma ignoranza, e totale imperizia de'SS. Apotoli:


potendo parere, che i ia voluto dare maggior ri

alto a queta col paragone della portentoa, eu:


niverale cienza di molti Amici, o dicepoli di
Babbi Lami. Altro non aggiungo ancor per ci che
ho omma fretta , e con tutto lo pirito mi con
fermo al olito.

P. S. Mi sfuggiva dalla penna un ridicoloo


ricontro, che mi f alquanto rallegrare in mezzo
alla grandiima noia di leggere gli trambotti di
queto cimunito . Sentitelo , che grazioiimo,
-

Alla

l
56

L E T r E R A

Al a pag. 209 dopo aver Prete Gianni altamen


te commendate le premure di Clemente XII. a

riaccender nell'Italia l'amor delle cienze (e tutto


queto in tempo preente) forma immediatamente
queta illazione: Hinc non mirum i dotta, 69 labo
rioa volumina , quibus res,
praclare tra
ctatur, a olertibus, C'eruditis Florentinis elucrubata.
fuerunt, primum quidem a Bernardo Oricellario, 6
a Gabriele Simeonio & c. oh bella ! Adeo s ch'io,

"

ho trovato di che etta d'uomini ia Ser Giovan


ni. Egli Pittagorico. Egli econdo che le ue
parole naturalmente ignificano, pone che dal fa
vore di Papa Clemente moi e Rucellai, e Si

meoni, ed altri s'applicaero a crivere opra dell'


anticaglie : dunque almeno. Papa Clemente era
coetaneo loro, e hinc non mirum & c. cio dal ve

dere le premure le diligenze del Papa, dal provar


ne gli effetti di ua protezione. Io cos piego
queta tale deduzione perch la non ia totalmen
te ridicola, e affatto da cavallo. Anzich cos

la dee piegare ognuno rapportandoi alla mente


dell'autore, il quale e altro mai avee voluto,

dire, in eno tutto oppoto, potea aai facilmen


te, dalle lodi de'dotti antichi Fiorentini fari tra

da a lodare il Papa pur Fiorentino inferendo hine


non mirum , e uno il quale ha prima di e tanti
eempi d'illutri uoi concittadini nel far conto e
timare le antiche coe, lo pento amore per le

buone arti a riaccendere nella Italiana Giovent


s'adopri tanto, e col favore ec. vedete per tanto,

s'io ho ragione di noverarlo tra Pittagorici. Adun


que eccovi il eno implicito di ue parole : Gli
antidetti letterati i moero dal favore di Papa

Clemente XII. a tudiare, e compor libri d'anti


chit ; o s veramente dal favore di un tale, che
nel 16 ecolo con eo loro vivea, la di cui ani
-

113

Q U 1 N T A.

87

ma poi per occulta forza d'incomprenibile tragri


grazione paata ad informare il corpo di Papa
Corini : queto e non altro pu eere l'intendi

mento del notro miterioiimo Oracolo. Il quale


per dal comune degli uomini vien upplicato
per amor di Dio, e per quanto ei ne porta alle
ante anime del Purgatorio, a non eer tanto am
biguo ne' uoi detti qualora i mette a crivere,

non entendoela alcuno d'impazzire trologandoi


il cervello per combinare le ue impicciatiime

conneioni. Ed io per me opra ogni altro di ci


lo prego , come quello che dopo la lettura di
queto uo ciapito componimento mi trovo come
fuori di me, ed ogni coa che peno parmi la
Chimera. Frattanto o dirvi, dottiimo Tetatore,
che ta concio Giovanni Bottario, che iccome a
c. 209 il
i vanta, ha lui dato a rivede
re le ue oervazioni opra de'Cimiteri di Roma.
Se volendo cotui lodare il Papa lo fa crepare

"

uando attualmente i adopera per di lui confe


i"
a promuover gli tudi e le buone arti, e co
s morto improvviamente preentalo all'Eminent.
Nereo di lui Nipote: o penate voi che far mai
e i ponga a fare al uo olito una trabocchevo

le e ciocca lode ad un autore che nel uo libro


tratta ex profeo di morti e di cimiteri . Povero
Signore quanto lo compatico di cuore ! ma non
per tanto che perda di vita le coe mie . Sen
tite Amico. Se mai i facee il pazzacchione per
copriri dalle mie ulteriori invettive a lodare in

imil modo anche me, con tutto il ripetto all'

Oracolo on io dipotiimo in premio a fargli da


)

re un buon carico di legnate. Sono immutabil


mente. Di Tropea 21. Settembre, giorno di S.
Matteo Apotolo.
Notro F
Calabree
Tracomaco.
4
LET
-

A.

38

L E T T E R A
L E T T E R A S E S T A.

tarebbe quanto nelle cinque precedenti aba


B Abiamo
critto ull'opera del Lami a far co
nocere, non che a voi, al mondo tutto, che uo
mo torbido, petulante, sfacciato, ed ignorante
egli ia . Pur nondimeno ho timato pregio dell'
opera il dargli nella preente, come uol diri, il
contrapelo ; e giacch al fine del libro fa un Ca
po de mcorum calumniatorum ruticitate & imperi
tia, a riponderli per le rime intitolo quet'ulti

ma mia de Joannis Lami impietate, 69 imperitia .


E quanto all'empiet abbatanza ne ho parlato
nella econda, e nella quarta delle mie lettere .

Che per per compimento di tal materia voglio


fol tanto , che facciate una rifleione co' G orma

liti ul titolo degli ultimi due capi , e poi for


miate meco un argomento . Il diciotteimo capi

tolo porta in fronte queta icrizione: Apte, adpo.

ite, neceario Joannes Evangelita ruticus & impea


ritus adpellatus fuit : L'ultimo l'ha gi accennato de
meorum calumniatorum ruticitate, C imperitia: do
mando ora al Lami , in che eno egli piglia la
parola Ruticus, quando dell'Evangelita favella
Pro implicitate, 69 eruditionis defectu, riponde egli
alla pag. 413 e 415. Jam contitie arbitror apud eos,
qui latine cribunt, animi vitium voce Ruticitas minime
denotari, ed aperiores tantum, 69 minus cultos mo

res, id quod vel ex Patria, vel ex educatione, velex


apa etiam corporis temperatione contrahi potet. Otti
mamente ripiglio. Gli d il Lami lo teo eno
nell'ultimo capo, dove de' uoi calunniatori favel

la? Se s, o come gli apran grado i uoi Avvers


ari, mentre non olo con gli Apotoli viene ad
accumunarli, ed un nome lor d cui Girolamo
gli

A.

gli aggiettivi " futa preo di lui medeimo


pag. 409. attribuice, ma ancora perch alla paga
31o, lor uggerice un belliimo teto dello teo
Santo Dottore, con cui potranno facilmente far

gli ringolare ogni motto pugnente : Lubentius ru

jticitatem quam doctrinam blaphemam diligam. Ma


a chi ben riflette alle tante arrabbiatiime ingiu
rie, ch'egli in tutta l'opera carica contro de' uoi
contraddittori non potr giammai venire in capo
tanta modetia. Eh che dicono i uoi vocabolari?
la parola Ruticus, Ruticitas in buon Italiano, e

nell'ordinario parlare ignifica Villano, malcreato,


termini, quanto pi ingiurioi, e diprezzanti, tan
to meno alieni dall'atio uo contro degli Avver
ari . Ora vorrei apere dal Lami, e'n queto

eno cos comune egli avee prea queta parola


in parlando di S. Giovanni, e de' SS. Apotoli
non arebbe egli un empio ? ma come mi prova ,
che in queto eno non l'abbia pigliata , quando

veggo, che nel medeimo la prende, quai in un


olo conteto de' uoi avverari? Ma che che ne ia

di ci, almeno innegabile, che tal vocabolo


equivoco. E che torto pu fari mai ad un uomo
avvezzo a volgere preso che i oli libri di
Eretici, a quali i gloria di eser vivuto ed un
uomo di lingua proterva , di cuore altiero, ed un
uomo, che a tutte l'opinioni piega , le quali, e
di coe alla Chiea onorevoli o di dogma i trat

ti, eguono la critica e pi evera, e pi perico

loa; e poi de'cotumi, conducono a un rigori


mo padre della pi sfrenata licenza; Che torto ,
dii, ad un uomo tale pu fari interpretando le

ue parole pi toto nel uo empio, che quello


in cui i Padri certamente l'han pree, come che
" antit, e per zelo della Cattolica Fede da qua
unque menomo opetto di entire
.

direttoia"
d

po

L E T T E R A

Mla veggiamo (ci che pecialmente mi ono in


queta prefiso) a chi pi a ragione il nome d'
imperito convenga, e a lui, o a uoi Avverari.
Non ci dilunghiamo dal libro de eruditione Apoto

lorum. Quattro coe, rendon pregevole l'Autore


di un qualche libro, l'invenzione , la dipoizio

ne, l'elocuzione, e l'ortografia. Tra quete quat


tro per egli indubitato che alle due prime il
vanto principale i debbe. Non dico gi ci, per
ch e dell'elocuzione, e dell'ortografia uate dal
Lami in queto libro favellare volei , mi man

caero coe da cenurare. Non potrei nell'orto


grafia notare la ridicola coerenza mentr'a cagio
ne di eemplo crive adpellatus, ubpiciendi, in
lutrarunt ec. e poi attinet : e l'intotanza, men
tre vi leggiamo ora Johannis, ora Joannis, e imili,
Nell'elocuzione, oltre l'ampulloit, l'ocurit,
l'affettazione che da per tutto pira lo tile, con

cui critto il libro, e la poca intelligenza delle


parole latine, che motra l'Autore in molti pai
da noi opra eaminati, ci arebbero anche mol

tiimi olecimi, onde far arroire queto Pedan


te, come alla pag. 364 e infiniti altri luoghi il
verbo attinet imperonale con l'accuativo enza pre

izione, quando la Grammatica di Portoreale di

tutte le Grammatiche Donna e Reina tom. 1.


pag. 432. dell'edizione notra di Napoli inegna:
Spectat attinet avranno
-

Sempre l'ad al quarto unita


Ch' da pertinet eguita.

Ma nell'invenzione, e nella dipoizione giova


fermarci. E perci, che alla invenzione i appar

tiene, credo, che dalle lettere precedenti icnoma


nifete due coe. La prima, che e mai a verun
altro , al Lami applicare i pu la celebre favola

della moca, che mentre tando ella ulle corna d'


un

/
-

Aa

91

un bue, che arava, da una ua compagna venne


interrogata del che facee , tutta gonfia di e ri
poe: Aramus. Il vedere ( negar non lo voglio)
varie coe in queto libro buone, ed erudite, poi
trebbe a qualcuno far credere, che il Lami ia Pi,

che infarinato; ma e ben i riflette egli con mag.


gior verit, che quella betiola l'Aramus pu dire
Scribimus. In omma gli altri hanno critto, egli ha
fatta una raccolta. La econda, ch'in leggere tan

ti propoiti, che anche nel puro raccogliere le o


pinioni degli altri, e nel lavorare u l'altrui ter
reno egli ha commeo pu giutamente parere, ch'

in perona del Lami cantate quel Poeta.


Una gran libraria fiorita aveva

E in veder le coperte olamente


Quant'era dentro ai libri comprendeva,
Era in omma un dottore eccellente,

Studiava empre, e empre libri in mano ,


Aveva, e poi non intendeva niente.

Che cahos poi, che confuione, che imbroglio nel


la dipoizione! Se mai il Lami a tante ue paz

zie volee aggiugnere anche queta di fari empre


pi ridicolo colla ritampa di queto uo libro,
voglio fargli la carit d'inegnarli l'ordine, che
almeno ne capitoli deve dargli.
Dopo il capo 2. adunque vi metter quello,
-

che ora e 7. L' 8, diventer 4., il 4., 5. il 9., 6.


e'l 1o., 7. ed, in queto metterei la diertazione
opra i libri, e lo tile di S. Giovanni , che ta
alla pag. 392: ino alla pag. 406 verr poi quel

lo, che adeo poto nel num. 15., il capo 16.


i lai , perch contiene molte coe ne capi ante

cedenti trattate, e quel che v'ha di pi va poto


nel capo 8, o ia 4: giuta il nuovo ordine. Nel

cap. 17., che ar il 9 i laci quanto v'ha dalla


Pa 392. alla pag. 406 , il che, come abbimo
Ora

92

L E T r e R A

bra detto, va ripoto nel cap. 7. ll cap. 18.,

e'l 15.

vanno uniti otto il titolo del cap. 18. Dopo di


queto, quando non volee laciare tutto ci ( il
che arebbe meglio ) farci tre appendici . La prima
de primitivorum Chritianorum genere, eruditione,
& litteratura, e qui porrei quello, che nel capo 3.
5. 6. i contiene, e parte del capo 16. La econda
de re vetiaria hominis Ghritiani . La terza Codi
cum MM. N. T., qui in Florentinis Bibliothecis
adverantur, hitoria. In queta terza appendice bi
ogna mettere al uo luogo molti codici, che ono
fuori di ordine ; ma da ci vedrete dopo la pre
ente una cartina a parte, in cui anche ho notate
alcune altre coe delle molte gi cenurate nel de
coro delle precedenti mie lettere, le quali ul fine
dell'opera taranno meglio delle 74. aggiunte, ed
ammende potevi dal Lami. Il cap. 1 I., e 12. co
me affatto inutili debbon laciari, per coneguen
za poi dovraffi mutare il titolo del libro, e'n vece

di quel gonfio, e di gran coe, le quali non i man


tengono, promettitore che adeo i legge, potr

metteri il eguente : Jos Lami de Ignorantia Apo


tolorum liber ingularis , cui accedunt diertationes
tres de Primitivorum Chritianorum & c. come dian
zi. Sopra ogni coa per dee guardari l'Attore di
non fare di tal libro la dedica ad un Cardinale di

S. Chiea, e molto pi ad un Nipote del Papa


Regnante. Piuttoto io lo dedicherei all'Anime
de'Gentili, e degli Eretici, che hanno impugnata,
e deria la Fede Cattolica; e per nel titolo, in luogo
di dire: Ad Nereum Corinum S. R. E. Cardinalem
ampliimum, criverei imitando la frae del Lami
parlante del Grozio: Ad Ethnicorum, atque Heretico
rum peime de Catholica Religione meritorum manes

multisnominibus ubpiciendos. Cos il libro avr qual


che metodo, qualche dipoizione, qualche coerenza.
qua
-

A.

93

E queta l'opera, per cui, com'egli crive nel


capo 1. i uoi emoli dovranno roderi d'invidia
Quet l'opera di tanta fatiga, di tanta erudizio
ne, di tanta utilit, com'egli parla nel paragrafo
di Roveredo Queta per cui egli nello teo pa
ragrafo i eprime ec.
Tollimus ingentes animos, C maxima parvo
-

Tempore molimur.

Eh per eum ( egli un giuramento dell'Autore alla


pag. 413, di cui un pi grazioo non mi avver
nuto di leggere in crittore veruno ) per eum, que
Pentapolim ulphure & igne pluvio delevit,
. . . , le forze ue pei ciacuno
E di prudenza a e non ia digiuno.
Pazzo chi ovra al uo poter s'etolle

Che tracottanza, e che uperbia queta


Con un parlar propoitato, e matto
Con Pindaro volere alzar la creta.

Che e Pindaro foe e vivo, e freco

Per eum che gli darebbe in u la teta


Una qualch'alabarda da Todeco
Diciamo al cao notro con Noris, co'Sirmondi,
co Valesi, co Mabilloni, ed altri tali aaiuomi
ni, i quali, e vivi foero tati allor che il La

mi lecito i fe di tanto gonfiari, non o per cer


to , come mai li arebbe andata alla men trita .
Ripetendo ciacun Autore i furti a e da lui fatti,
come gi la turba de volatili dalla famoa cornac

chia di Eopo le mendicate penne, retarebbe il me


chino pelato pi , che non era la ua zazzera,

o la ua parrucca . Cos' mai cotui ? E'Pre


te? E'Frate? E'ammogliato? E'Cattolico? E'Ere
tico? E' Etnico ? Io di vero nol comprendo. Co
munque per, e chiunque ei ia, io ne ono to
macato s altamente, che per tutto l'oro del mondo
IlOIA

94

L E T T E R A

- -

non vorrei, ne men per un quarto leggere i li al


tri libri di queto cimunito. Ma non per gli pro
metto, che e vorr fare il bell'umore io non ia
per annientarlo anche nelle altre ue opere, e ma

ime nelle ue tuchevoliime delicia Eruditorum,


che oggi appunto mi on capitate,

Spero, che quanto in quete ei lettere v'ho


critto ia per eere pi che a voi, ed a Giorna
liti , grato a Letterati di Firenze da me empre
mai venerati , de quali ho preo a difendere con

tra cotui di mia elezione la caua : eendoi


egli a viiera alzata nel Paragrafo di Roveredo dia
chiarato di aver moa guerra col uo inerudito li
bro de Eruditione Apotolorum all'Abbate Salvado
ri, ed al gran Giueppe Averani, tanto pi, che
nei econdo tomo delle ue delicia Eruditorum in

quell'infamatorio ed infamiimo Prolago galea


to, pigliandoela egli contro il dottiimo Angiolo

M. Ricci Profeore, come ivi i dice, di lettere

greche nello Studio fiorentino, ben i conoce che


cotui non ha altro in mira , che di abbattere i

veri Eruditi di Firenze, che ponno fargli otacolo,


ed ealtare quattro Scioli, che per eere da lui
incenati ( vero imbolo della fraterna carit )
vicendevolmente l'incenano.

Intanto per finire da buon Critiano fo al Lami


quello teo augurio , che nel Paragrafo fa con
intollerabil sfrontatezza a Giornaliti. Oh che Iddio

lui conceda meno preunzione , e pi cienza ! Vi

aggiungo io oltanto una coarella, di cui ha gran


biogno : Men'empiet, e pi fede. Voi poi, giac
ch m'accorgo, che volete tampar quete mie, ri
cordatevi , che io non me la ento di buttar via

tornei, e carlini, e fore anche ducati per derider

cotui . Vedete di pubblicarle a pee della ociet


di Roveredo, ma l'edizione ia in ogni modo
\

"

Ilelli

A.

nella notra Calabria Madre in ogni tempo fecon


da di culti ingegni, e ublimi; tra quali, bench
io mi conoca il minimo, pur mi luingo di va
lere alquanto pi in linea di letteratura, che non

queto Bergamaco di due libri, comunque egli i


veri, e propri titoli uoi i adoperi con tanto im
pegno altrui di compartire ( vedi il Paragrafo di
Roveredo ) volevo dire , che non l'eruditiimo,
chiariimo, dottiimo, ingegnoiimo Sig. Avvo
cato Giovanni Lami. Addio,

P. S. mi trovo favorito dal mio amiciimo Sig.


Dottore Flamminio Scarelli, chiariimo Profeore
d'eloquenza i Arci di Bologna d'una
copia di due belliime Orazioni da lui fatte , e
recitate coll'occaione dell'apritura degli tudiine
li anni 1735., e 1738., e dalla tamperia di Le
io dalla Volpe ucite in luce. Vi fra gli altri un
pao veramente divino, il quale par fatto a pota
pe'l Lami. Voglio qui per votro trattenimento
tracriverlo: E ben arebbe anche per bene, e proa
fitto del Lami tamparlo colle mie lettere. Ma

timo pi pediente, che nol facciate e perch eb

bene lo Scarelli parla all'aria, ed in generale con


tro ogni ciolo proontuoo, pure trovandoi nel
Lami tutt'il carattere di coloro, che l'Oratore ri
prende, verrebbe di leggieri a peruaderi l'Oracolo
s eere tato determinatamente preo di mira , e

cos com'egli pazzo, e fanatico, arebbe capace


con qualche Paragrafo di Roveredo di dar briga
a quell'ottimo Letterato, il quale icuramente tan
to apeva, e a, che Giovanni Lami ia al mon
do, quanto voi potevate apere, che la Sig. Gi

nevra mia " votra erva jerera l'altra all'


ore cinque i grav feliciimamente di un belli
imo figliuolo machio, avendo io fatto acquito

d'un nuovo nipotino , e voi d'un nuovo ervi


tOrc

96

L E T T E R A

tor voftro. Or eccovi il famofo fquarcio dell'o


razione 11 qual comtncia alla pag. 28. Item fcili

cet, popularis aur fectator, quo te immodice placen


tem tibi, levitas, & arrogantia deduxittua, ad ina
nem, & frigidam loquacitatem ; rem difficilis;
& pene dixerim , defperat curationis , . . . Enim
ver quis tibi , aut quam demum medicinam adhi
beat, cum eo fis provectus audaciae, ut tibi caeterifque
perfuafum velis, nihil fupereffe jam tu mentis ocu
lis inacceffum (ecco l'Emc1lopedia,che affetta il Lami)
nihil impervium , nihil obfcurum ? ut tibi ipfe affen

teris maxime (ecco il Tollimus ingentes animos , *

tempore parvo Grandia molimur deI Paragrafo di Ro


verdo; e l' opera di tanta fatiga , di tanta erudi

zione, di tanta utilit, ch'egli ivi fi vanta diayer


compofta ) : tuafque aures jgit; patefaciens
talem te effe putes, qui jure lauderis , tuique admi
rationem cunis injicias? at res quafque difficillimas
( ecco i libri del Lami in materie difficili, e fupe
riori alla fua mifera capacit della Confuftanzialit
del Verbo col Padre, del Miftero della Trinit ec.)

ac ignotas confufe & confeffim egerere, & mira ani


mi feveritate ( o gran verit ! ) & promptitudine ,
perinde ut Leontinus Gorgias folebat , proferre non du
[bites . . . . ; cum ita fint , quid aliud reftat ,
nifi quod circulatores faciunt mille praeftigiis , malis
artibus ,
fraudibus, qu a fapientia aber

rant, diftantque plurimum, famam, & expetationem ,


quam fuftines quoad ufqe licuerit apud imperitos tue
ri . . . . Illud etiam , quod minimo negotio fit, cu
*a diligenter, ut te cun&he , fi diis placet, recipiant,
quae Italiam non modo , fed univerfam Europam in
colunt , mirabilium , & ridendorum nominum Acha

demi. Te vero etiam, atque etiam beatum , fi lit


teras quoque ab iis humanitatis, & officii plenas ex
torqueas { ecco le lettere di parecchi Lettej;,!s
quaiA
N.

T A

--

quali procurate dal Lami con icrivere egli il pri


mo le regitra poi, per quanto mi on imbattuto
a caualmente vedere nello cartabellare il tomo
terzo di quelle, ch'egli chiama delizie degli eruditi
alla pag. 134., premettendovi quell'umiliimo pre
ambolo: Ut cornicum oculos configam, 69 mendacii
meos obtrectatores manifetos revincam, uperbiam ite

rum tatim poiturus umam necee et , 69 uam


ignorantiam, 69 imprudentiam, ne quid gravius di
cam eis, ob oculos ( dopo che gli aveva di opra ca
vati ) ponam, demontrando, me adeo ea Apologia
(, intende delle ue intollerabili invettive contro

il Profeore di lettere greche nello Studio Fioren


tino ) ad claritatem nominis comparandam non indi

guie, ut multo ante jam remotiores Europe Regione,


ingenii mei, laudatorumque tudiorum non ignobilis
fama penetraverit . Nonnullas igitur ad hoc compro
Bandum de multis, quas exteri dignitate, 69 doctri

ma clariimi ad me dederunt epitolas proferam & c.


( Ma rientiamo il Sig. Dottore Scarelli ) : jam
nihil et, quod ad integram eruditionis famam upra
deideres. Quamquam te video mihi , non admodum
hujus artis perito, ubamare uccenere, quomodoni

hil et, inquiam, quod upra deiderem ? edenda unt


copioa, eaque multiplicis & elegantis forme volumi
na, non meis quidem, quod nefas fuerit, rigata u
doribus ( ecco tra gli altri il libro de eruditione A
otolorum , compoto di robe altrui rubate, da
pezialmente, e ci enza udore, ma com'
"
egli i vanta, quai per focum Feriis Autumnalibus):
9 alia rurus, atque alia era poteritati, a qua non
metuam negue irrideri, neque reprehendi ( e ci per
ch non aranno s cioperati, e si ciocchi i po
teri, che voglian, o poan leggere s fatti libri)
large , C liberaliter promittenda ( della qual pro
mea, e millanteria eccovene un ricontro alla pag.
-

I 32

98

L E T T E R A

i 32. del uddetto terzo tomo delle delizie, e non

imacellate delle ria, e pur potrete: Quai. ..: futilibus nugis alienam etimationem (corrige: exiti
mationem ) mihi conciliare opus habeam, qui famdiu

( nam modetia fines jam trangredi licet:

"

pecca n per ignoranza, n per inavvertenza )


elaboratis voluminibus editis, & de Verbi eterni cum
Patre unitate, 3 de S. Trinitatis miterii veritate,

aon ine doctorum hominum adprobatione dierui: qui


exoptatam magnificamdue operum Jo: Meurii omnium
editionem adorno : qui abtrua veteruni monumenta
e tenebricois latibulis eruo, 69 in lucem clariimam

profero: qui non contemnendam de citis miticis di


ertationem publici juris jam feci, a quo epe ( qui
viene il pi bello ),"i & improviis ermo
& co
cinationibus, C problemata propoita
pia adfluentis eruditionis ( o lui s che non i fa
ora vulgi fam vo
Apotolo ) interrogantes obrui

"

li

litat. Ma rientiamo il Sig. Dottore Scarelli, o


pi toto per bocca di lui il Lami. Multa de ope
ris novitate, multa de pretantia, multa de utilitate
commemoranda. ( ecco, che torna l'opera di tanta
fatiga, di tanta erudizione, di tanta utilit, e
condo l'epreione del Paragrafo di Roveredo )
Argumentum vero ipum necio quid oraculi apiat
(e come no? Se l'Autore teo i fa egli oracolo)...

Ad hac negotium dabo ut eadem volumina , in mi


nus erudito, quod parvi a timo, at claro in primis,

& potenti viro commendata in publicam lucem veniant:


in quibus nihil laudabitur, nii quod vetutatem re
doleat, C ab ultimis vel Gracorum, vel Latinorum
latebris eductum it. (In queto particolare non o,
fe lo Scarelli abbia veramente dato nel egno )

neque pudebit, dum crecat in immenum moles fuo


que ipa nitatur pondere, primum res quaque noti
fimas infinitis tetimoniis confirmare , idemaue non

necea

-, -

A.

- ,-

a e

eceariis ( o qui s che ci ha colto a meraviglia


bene, e cos in ci che iegue. Ma dato un ta
glio al reto, perciocch per partire la Pota,

regitriamo le ole ultime parole, colle quali lo


Scarelli pieno di giuto rientimento cos rivolta
il parlare al I.ami enza ch'egli lo conoca nep
pur di nome. Quouque tandem credulitate hominum,
& incitia abutere infelix vanitas? ) bene beniimo,
Non lo chiama vano, ma la vanit tea in atrat

to ) tuique machinamentis, malique dolis inteme


ratum , C implex apientiae nomen pretendes . . .

Honetum et ( qui i butta a terra tutta l' enci


clopedia di quei , che non ono Apotoli ) quami
inieris diciplinam enixein ill, eduloque verari....
Neque turpe exitimandum fateri candide, C neci
re quod mecias , 9 in quo excellis , id aut modet

cculere, aut fine fattantia declarare 6 c. Bata in


in qui. Se pi ne volete vi mander a ogni vo

tro cenno l'orazione medeima: o voi procaccia


tevela : che non avrebbe a riucirvi difficile coa
il ritrovarla , Addio Addio,

bi Tropea
T
Di

Il Giorno
28 Apotolo.
Ottobre
s Simeon
e Giuda

G 2

Inci-

Ieo

Incipiunt Addenda, delenda, emendanda in libro

Joe Lami de Eruditione Apotolorum.

Nel Frontipizio ec.


: A:

S" upplica intanto il Sig. Scolare di Quadri

gario a leggere preo di A. Gellio il ca


po 1o, del libro 2. Noct. Attic, che ha que
to titolo : Quibus verbis compellaverit Favori
nus Philoophus adolecentem laxe nimis , 6

vetute loquentem , e e lo adatti come detto


per e a puntino : principalmente quelle pa
roline : Tu autem , proinde quai cum matre
Evandri nunc loquare ermone ab hinc multis

annis deito uteris. Che e di ci la cagione


quella che Favorino apporta ; cio di non

voler eer capito, ei pu far grazia di tar


zitto ; e poi ha per motivo il Baggiano di
volere apparir dotto alla moderna, cio in
farinato friggendo, eguiti a parlar cos . Ma
no, ia egli amante della oda letteratura ,
cos come della vera tima de letterati; e a tal

fine empre guardi nello crivere e nel parlare a


quel celebre detto di Ceare qui riportato dallo
teo Gellio: Habe emper in memoria, atque in
pectore, ut tanquam copulum, ic fugias inaudi
tum, atque inolens verbum . Sicch : pluria, e

preclariter non i dican pi . Stiamo attenti.


: B: Pag. 9. Ey? . . . fino ego vero va cancella
to . Quel teto greco empie enza motivo la
carta batando all'intento il olo latino.

: C : 16. Animadvertendum quoque et veriimum ee


illud Ambroi; Mediolanenis " leggi, Ambroia
tri. V. S. Ambro Edit. Maurin.
. D: 24 illutraturi, corr. inlutraturi, crsi
i

iot

E: Pag. 34. O'1 teto greco d'Origene o il lati


no va laciato: tutti e due empiono inutilmente
la carta.

e F, Pag. 44. illutras : leg. inlutras:

16 iviores:

leg inriores: e cos alla 42. inlicitur : alla 54,


inrior & c. o tutto in u, o tutto in gi: coe
renza Signor Giovanni,

: G: Pag. 5. Il teto greco di Luciano i laci,

almeno il latino. Che pedanteria l

H : Pag. 6o. Hinc.: leg. Heinc come ta

alla pa

57. o empre hine, o empre heine: corr. la tea


incotanza p. 67. e in tutta l'opera .

I : Pag. 69. &c. . . Verrine. Del reto non i a


vedere per qual motivo l'autore, a cui ono in
quet'opra s famigliari i olecifmi, e i barba

rimi i pi onori, iai poi qui voluto atene


re dalla parola

salvi, la quale per entimen

to di S. Agotino dopo che il Salvatore ven


ne a Latini diventata latina al par d'ogni al
tra. Le parole del S. Dottore erm. 299. ono
le eguenti : Blaterent quidquid velint Gramma
tici, terminum videlicet Salvator haud latinum e
e : Chriti fidelibus namque fit fatis, i rette ve
ritatem ipam articuli, quem credunt, exprimat. Fa
teor quidem quod Salvare 69 Salvator non fuerunt
latina, anteguam veniret Salvator .
ando ta
men ad Latinos venit, hec & latina fecit.

L : Pag. 7o. Si laci il teto greco di Clemente:


Sia anzi detto per empre : Queto raddoppia
mento di teti greci e latini, qualora non ere

va per fare nuove coperte, o per combinare

varie lezioni cc. una intollerabile putidezza.


Si lacin per tanto i teti delle pag. 138. 139.
14o. 141. ec. O crive cotui a perone, che an

di greco, e non han biogno della ua interpre


tazione, o a perone che ne on digiume (e ono
G 3
ia inag

1e 2

la maggior parte ) e bata il olo latino. To


gli il teto greco di S. Gio: Griot. pag. II7.
&c. Toglili tutti, e ve quanto minuice il
-

libro di mole. Pampani pampani.

M : Pag. 72. Sed B. Rhenanum & c. ino, atquiita


. Quel
em l'Er
tuttoerve
i laci
ille,etic
quid
o a che
? s lungo
maiteto
di quel

to -

N : Pag. 75. De qua pluribus agit Jo: Jac, Chiffle

tius : corr. cuius veiba recitat Jo; Iac. Chiffletius.


Il Chifflezio non fa che riportare le parole del
Card. Baronio. E'egli queto de aliqua replu
ribus agere? O che animale :
O: Pag. 84. Si cita a propoito Tertulliano ad
-

Martyr, mentre il teto di lui nel libro de

Oratione, ed altro teto pur di Tertulliano pag.


98. viene a propoito come il cavolo a meren
da . Cancella lettor dicreto.

P: Pag. 104. In quo martyr dierte declaratur: ag


giugni: eruditis nctis ab anonymo illutratus ibi
dem l"i quem quidem & Trevirenibus Ephe
meridibus.Jeuitam necio quem cognomento Vitry
contacto
Pag. 116. Evidentiima autem et mila, 69 fal
Q : il
itas operum Dionyio Areopagita paulo erius tri
-

butorum: corr. Probabilior autem & c. Tanti uo

mini di garbo le difendono come di S. Dioni


i , e cotui ece fuori con un evidentiima .

&. Nat. Ale, Halloix, Cozza, ei molt'altri.

R : Pag. 132. Quem quidem Augutin locum luben


ter adtuli. Leggi: quem quidem Augutini locum
( ad empire il libro ) fam tertio lubentiime
adtuli,
S : Le pag. 135, 136. 137. Vanno o laciate o tron
cate. Che perecuzione d'autori Eretici ! Ce n'
-

era pi da citare ? Convien ora dire eer co


tui un di coloro de' quali alla pag. 12. i
ragio.
-

IO

ragiona,e che " nunc Lutheri,nune


Calvini, nunc Beza, nunc Zanchii, nunc Ochini,
aliorum que hareum patriarcharum ententiis ad
ductis, catholica plebi non tam impie, quam to
lide adprobare non verebantur. Veramente io ti
ro opra di ci a indovinare: ho per un grand'
argomento per formare il giudizio, poich o
che a riguardo uo gli Eretici ono Viri mul

tis nominibus ubpiciendi; cos egli alla pag. 127.


e alla 157, fa apere al lettore, ch'egli ha let

i;LaV1a
Ecolampadio ;
,

Per con licenza dell'Emin,

T: S. Uffizio: i di cui Minitri non credo che


faranno, come alla pag. 12. dice il Lami eeri

fatto dagli Zelatori della caua di lioco'Pre


dicatori dell'ereia in Firenze . At dormitabant

tum , immo omnum altiimum tertebant zelota,

perino: animi toliditate tolerabant, Il Sig. gliela


mandi buona : piamente io mi figuro che ve
glino, e di continuo veglino opra i fatti di
queto Predicatore.
V: Pag. 172. Canonica auctoritate pollere minime du
bitandum et, o innumerorum veterum Patrum
-

conenu, quos recenet Calmetius: aggiugni (69'

quod majus et ) & Sacroancta r" Sy


nodi tatutis.
X:
Conulatur in primis Guil. Beveregius

"

in uis Canon. Apot vindicatis apud Jo; B. Co


telerium, Tom. 2.PP. apotolic. aggiugni: & in
codice Canonum Eccleiae primitiva.

Ivi. Symb. Apot. inter apocrypha receneo, quodno


vi federis canonicam partem non efficiat: queta
cauale pizzica di Voianimo e corr. quod Scri
v

pto ab Apotolis haudquaquam traditum fuerit:


Ivi, Et de eo conulendi
. Alex. Voius, Uerius

Dupinius, Fabricius : Cita 4uno che difende


il
Sim

lo4

Simbolo e quattro che l'impugnano; Dove mo


tra di piegare ? Aggiugni Petitaidier Tom. 1,

Critique della bibliot de Mon du Pin, Bollan


diani T. 4. Julii Jod. Coccius in Theauro. Emi

nentifs. Gotti & c.

: Pag. 295 Doniorum & c. auxiet: Queta fore


la miglior coa , che in tutto il libro s'in
contri; vale a dire il notificare che fa il La
mi, ebbene incidentemente, queta dignit nel
capitolo Fiorentino di Calonaco Sacerdote : Ve.
ramente io non avea mai pi entito dire tal

coa , e credo che iccome a me cos ad ogni


altra perona arriver noviima omigliante no,
tizia. Anzi in altro luogo dell'operetta il Sig.
Canonico Cerretani vien da lui detto Canonicus

longe Reverendiimus. Biogna dire che i Signo


ri Calonaci Fiorentini i dividano in due clai i

e che altri ieno Calonaci Sacerdoti, altri Ca


lonaci longe Reverendiimi. Ch'io appia tra
noi non vi ono dette dignit. Ma da ci pre
cindendo noti il lettore il genio maligno di
cotui, il quale non pu dir bene d'uno enza
che al tempo teo dica male di pi altri. Ella
lode ec. come ta: Sino: pi di tutti mi di

piace che ieno intaccati i Signori Davanzati,


e i Signori Salvini; i primi per l'amicizia ed
intrinechezza che io ho coll'Illutris. e Rea
verendis. Mon. Davanzati Arcivecovo di Tra

ni, il quale come in pi occaioni mi i epre


e, pregiai dicendere da Davanzati di Firen
ze: I Salvini pi per la buona ervit ch'io gi
ebbi coll'immortal' uomo Abbate Antommaria

Salvini, e per la venerazione che io tutt'ora


conervo pel di lui degniimo Illutriimo Sal

vino Salvini anche eo Calonaco Sacerdote, o longe


Reverendiimo che ia, della Chiea

Fiorenti

CC

- -

- --

Io

ia.

A : Pag. 2o9. Primum quidem a Bernardo


lario & a Gabriele Simeonio : motruoo ana

cronimo! Clemente XII, mor pochi mei o


no, e quet'animal del preepio attribuice ai
i" di lui le opere di quelli . V. lettera V.
1n

f111C ,

- .

B : Pag. 218. Lacia in bianco il notro Cecco u


- da i codici MS, della libreria Domenicana ,
quando ex profeo dice di numerarli: aliis, lin

guis ad . . . . . quet aliis linguis ad . . . . . i


cancelli. Se ei nol apea, perch tuzzicarci l'

appetito di aperlo?. . .

C: Pag. 239. Que'codici che i riportano non o


no codici degli Evangeli ( e tali eer dovria
no per corripondere al titolo del Paragrafo )
ma di comenti opra i Vangeli. Si lacino; e

e per la tea cagione alla pag. 248.249. inum.


53: 54 55 pag. 25o 251. dal num. 57, tolgan
i eguenti ino al 65 per eere non codici dell'
Epitole di S. Paolo, ma comenti u dette Pi

tole. Tolgai anche pag. 253 tutto il para


grafo X.; alla 254 il XIII. aifa pag. 273. ca
a il cod. 112. alla 274 il cod. I 14., che con
tiene Juvenci acra carmina, che ha mai da far

col titolo del Paragrafo Godices IV Evangeliorum ?


alla 28o, il cod. 139. egli Hieronymi volumen.
alla 281, il cod. 14o. continet varia S. Ambroi?
opera. Dovevai? Sto co'Frati. Alla 295. il cod.
i78. alla 297. i cod. 187, 188 che eendo dell'
Apocalii non vanno qui, ma nel eguente pa
ragrafo , pag. 297. Vi un grand'impiccio per
mancanza di ditinzione; per non recarti tedio,

altro non dico: aggiutat lettor cortee; alla


pag. 318. il cod. 213. ec.

...

AB. Se non vuoi cancellare tutti queti codici a


motivo che il libro diverrebbe troppo ".
fa uti

go6
fa un indice con queto titolo: Codices commen
-

tariorum in N. T.
iD: Pag. 274. Attus tamen
-

io

gi"
i egue) mentre Rhythmus propriamente
-

& c. Sino:

- ignifica numero, e armonia; e rhythmicus vale


numeroo armonico, n pu avervi dubbio po
ter cos chiamari un Qrazione di buona det
tatura; anzi " parola in cui ieno le lunghe
colle brevi illabe mecolate. V.Menag, origini
della lingua Italiana V. rima - Vocab. della
Cruca . Maffei Storia diplomatica pag. 177.
Diertaz. opra i veri ritmici ; e onninamente
Muratori T. III. Antiquit, Italic, Medii avi

diert. XXXX, per totam: de Rhythmica veterum


poei, 69 origine Italicae Poeeos a cui in tutto
ci riportiamo. Ci poi che nel Sig. Lami i de
idera un poco meno d'Enciclopedia, e un
poco pi di Grammatica.
-

: Pag. 295. Forte expoitiones Pelagi unt: Come


v'entra queto forte, queta dubitazione? Que

ta pagina l'ha certamente tea alcun uo com


pagno nei tudj, di lui tanto pi modeto quan
to meno erudito. Via su, tolgai il forte : So
no di Pelagio, o almeno a lui di certo attri
buite. Stanno ee T. V. operum S. Hier. Edit.
Maur.

: Pag. 3o5. dicitura: ( i eguiti ) quella manie


ra poi di piegare chi ia quet'Ambaracchi i
affatto bizzarra : . . . Ambarachi eu de Bene
ditis Maronita, 9 nunc Societatis Jeu Presby

ter; come e l'Ambaracchi avee laciato, fa


i cendoi Geuita, d'eer Maronita. Simile lo
cuzione beniimo piegherebbe uandoi a dire
d'uno e: g: che da Domenicano i fue fatto

Geuita, o vicevera: NN.Dominicanus & nune

Jeuita - ma non cos di chiunque i fa religioo


parten

gor

artendo dal mondo: v. g. mal i direbbe AVN.

"

lorentinus, C nunc
Ora i Ma
roniti ono una nazione abitatrice del monte

Libano, cos detti da S. Marone loro primo A


potolo. Lo vorrei pi accurato, pi eattuccio
queto notro Erudito,

G : Pag. 33o. . . . adpectu: E moltiimi altri PP.


per imil modo ragionino della bellezza o
vraumana di Crito; de'quali, e io fui il La

mi, potrei teere lunga leggenda, addenarne


le autorit, ed empierne almeno venti pagine:
potrei recar le ragioni loro, tracrivere le di

fertazioni d'altri autori intorno queta aputi.


ima, e ventilata materia, potrei fare un Tomo.
Per non laciare per enza la dovuta critica
queto pao, laciando ogn'altra coa, e rifle
ione, ad ammaetramento del Lami addurr o
lo le parole del dottiimo Padre Diacinto Se
ry nella difea del uo libro: Exercitationes hitori

co-critica & c. preentata agli Eccellentiimi Si


gnori Riformatori dello Studio di Padova, la
qual difea io tengo M. Preo di me. Il terzo

capo di accua, dic egli, i che io abbia rap


reentato Crito Signor notro come laido, e
" di faccia . . . . Calugna, perch io ci
non ho detto : anzi ho fatto tutto l'oppoto,

Leggai di grazia l'eercitazione 47. alla pag.


316 ino alla pag. 323 dove ho trattato ci dif
fuamente, e i oervi che lungi d'eere tato di
quel entimento . . . l'ho epreamente riget
tato , iccome ho combattuto l'ecceo d'altri

crittori totalmente oppoti, i quali attribuico


no a Crito una bellezza di corpo, e di faccia
traordinaria, e enza pari, ma poco convenien

te al uo tato di umiliazione, di offerenza, e


di mortalit . . . Dopo di che ho motrato che
-

tllttl

ro8

- -

tutti i pai de'Profeti, ne quali vien parlato della


laidezza della faccia di Crito, s'intendono o

lamente del tempo della Paione, e che tale


non era il uo tato ordinario, e naturale. Fi
nalmente . . . ho

f" la trada

di mezzo

rmotratami da Caiodoro, e da S. Tommao

attribuendoli una mediocrit di bellezza confa- .


ccnte al uo tato . Pulchritudinem Chritus ha
duit ecundum quod competebat ad tatum & re
verentiam ua conditionis. Non et ergo intelligen
dum , quod Chritus habuerit capillos flatos vel
fuerit rubeus , quia hoc dedecebat eum. D. Th.

in Pf a

V, ma, in c.

if i sanimum

Hitor. Fam. Sacra : Suar. in 3 part. Tom. 1.


dip. 31. fect 2, Calmet diert. de forma Jeu

Chriti, que praepoita et Comment, in Eaiam;


C preertim pag. 435. col. 1 O & 437. col 2.

fub fin Et quedam in omnibus venutas mollior


plane, 69 lacivior . . . . Hanc ab eo ( Crito )
prorus ablegamus . . . . Si quis vero in aliam e

tremitatem recidens, contendat, nihil fuie in Jeu


Chrito nii fadum & deforme . . . . plenam in
vidia hanc illius picturam tamquam blaphemam, C'
humanitati Filii Dei injurioam toto abicimus pi
ritu : Cos il Calmet , e cos tutti gli uomini
di garbo, i quali ben anno, che pu benii
mo accordari, non aver biondo il capo, e por
porino il volto, ed eer belliimo uomo. Ma

Pretejanni purch empia le carte, non pena ad


altro: vive di oltanto pago, e contento. Ti

, riamo innanzi. Si oggiugne alla deformit del


, corpo, che il medeimo era ec.

Nel Frontipizio : In quo multa, que primitivo


rum Chritianorum litteras, dosirinas, cripta pla
cita . - - attinent, exponuntur: Aggiungi un ad al
meno al primo de'quattro accuativi: cosi

vio
1l

ro9

l'infallibile Gramatica di Portoreale.

Ivi : Pluria proferuntur : Correggi plura eendo

pluria parola troppo rancida, ed affettata: e certa:


mente n da Cicerone n da altro Proatore del ecol
d'oro adoperata: nonotante la protezione, che La

bcone appreo Gellione piglia l. 5. noct. Attic, c. XXI.


Nella Dedicatoria: Eminentia tua, que Chriti
Eccleiam, 69 acrum

4" cathedra

imperium

admirandis coniliis regit, & incredibiliprudentiamo


deratur. Si renda pi catigato queto parlare appars

tenendo ilreggimento della Chiea Univerale, ed il


acro impero dell'appotolica Cattedra al olo Vica
rio di Crito, il Sommo Pontefice fomano. .
.

Pag. 2. : Ineo quod myterium divina Trinitatis atti


net: Correggi: in eo quod ad myterium & c.: a te
nore del canone di Portoreale.

Ivi: Uipote qui lubentius alienam improbitatem fe


ram quam meam innocentiam tuear: cancellis ubito
come manifeta bugia: & hujumodi fanaticorum in
aniam non ine mieratione quadam inridebam; mira
arque vehementer canes illosfere univeros ad meos com
mentarios cenura vexandos, illotis pedibus, ut aiunt,
atque inconiderate ac temere adgredi. Nam mei Judi
ces e contituebant Leguleji formularumque concentores

(cos i qualifica pezialmente il gran Giueppe Ave


rani, ole della Giuriprudenza) Poete vere teriles &
omniorum architecti; Theologi etiam plures, ed qui
Buembaum aliquem aut E7io" ue (Teo
logo per altro eminentiimo dell'illutre Religion

Teatina ) & tertio quoque verbo crepare conueverint ;


& illos majorum gentium criptores Jutinum . . . . Et
id genus Patres eminentiimos ne a limine quidem a
lutaverunt. Hujus igitur furfuris vitilitigatores, qui
magis aleam, fritillum, 69 venereum noverant, luo
riaque trattabant
... denique Ambubajanum

"i

collegia , Pharmacopole Mendici, Mimi,

Baia
c

ii

- -

demeis criptis...demeis moribus,pietate (oh Dio! ),


religione, quam intelligere nolebant ( nec omnino pote
rant, quia nulla erat ) inolenter, inique, procaciter ju
dicium ferre minime dubitabant. : Tutto i cancelli,
cone o falo, o intollerabilmente maledic .

Pag. 4. : Splenem Democriti olim iteratis votis expe


tebam, ut & c. : Si muti la formola, iccome al om
no egno pedanteca e veramente ridicola.
-

Pag. 5. Quod meum de Joannis eruditione judiciumi


attinet, aggiungi l'ad per amor di Portoreale.

Pag. 6 Adrem praeclariter laudatus Hieronymus. Il


notro Pedante debbe credere che le parole latine
tanto eno pi eleganti, quanto pi rancide e di
fuate ono, la parola preclariter da lui qui adope
irata, ed altrove a tutto pato non i a, che l'ab

ia uat e non, per tetimonianza di Nonio, una


volta Quadrigario, Autore molto innanzi a buoni

ecoli della latinit vivuto, n da veruno crittore


delle et aurea ed angentea imitato: i quali hanno
empre critto, preclare, e non mai preclariter: .
A: Pag. 8. An vero... ex eodem fonte derivaverit,

velpotius & c. correggi, anpotius: e ci econdo non


olo la Grammatica di Portoreale, ma di chiun
quea i primi elementi della ana latinit. ...
B: Pag. io Tanquam proficulum : i cancelli que
ta econda voce, per non eere di buona latinit :

C. Pag i impidi & fili, i cancelli


queta econda pure, che non ha eempio in tutta
la

latinit,

" Viri nonnulli prudentes atque eruditi, ii


ter egregius juris in i Atheneo profeor, mihi ade

ter

tebant, i"ancteque

i"

Pontifici juris interpretem, criminatorem meum, et tu


poris ac ruticitatis devenise ut & c., i cancella tutto
inino a tetem facere incluive; iccome atto a cre

ditare la celebre Univerit di Pia, e tra uoipro


-

feori

III

--

feori delle primarie Cattedre avee avuto un og


getto tanto ignorante, tupido, e villano, quan- ,
to il Lami vuol far comparire colui, chiunque egli i
ia; che l'ha meritamente tacciato.
-

Pag. i2: Et tamen quumi me interim innocuim &


religentem hominem (quanto er Ciappelletto) infuria,

& falo pietatis obtentu vappa iti, perequerentur; au


daculi quidam atque procaces, acras conciones habebant,

qui montroo quodam & inaudito abui, quacumque


acrarum litterarium oraculis, & probatorum Patrum au

ctoritate & tetimoniis alii e angelica doctrina precones


confirmare conueverunt, ipi nunc Lutheri; nunc Cal

vini, nunc Bezae; nunc Zanchii, nunc Ochini, alio


riumque ha reum patriarcharum ententiis addictis, ca
tholica plebi non tam impie, quam tolide adprobare non
verebantur. Ai dormitabant ium; immo omnum alti

imum tertebant Zelota & c. ino a tutto animi tolidi


tate tolerabant. Si cancelli ogni coa, mettendoi la
cattoliciima Citt di Firenze in propetto di una Gi
nevra o d'una Londra, in cui vi ieno tali veramente

empi Predicatori, e i tollerino anche da pi zelan


ti. E non hanno ancora i Fiorentini, cos in fac
cia di tutto un mondo da queto sfacciatiimo Scrit
tore creditati, rotte al Lami l' oa e le corna?

lvi. Preclariter, nunquam ine laude memorandus:


crivi: preclare.
Pag. 14. Si quis ... pluria deiderat: crivi plurd.
-

vi. Quodlibros attinet: crivi quod ad libros attinet.


- Pag. 15. Veniam impetratam ubintelligo:cancella il

fubintelligo, che non parola punto latina.


Pag. 16. Commentariis luculentis tempetive a me
editis error di tampa nella terza lettera della econ

da parola: correggi lutulentis, la voce tempetive ,


la quale e qui e altrove peiime fiare i ua iri
una ignificazione non ua, cangiala in un jampridem,
Pag 17. Non pernendus Auctor Alphonus de Catro:
Cor

II ,

correggi: plurimi faciendus auctor. Io credo che que


to Catrone abbia lette e capite l'opere del famoo
Alfono de Catro, come ha letta e capita l'orazione

de Encyclopedia contrahenda del Galluzzi, e per i


ia tenuto entro a termini si moderati nel qualifica
re le une e l'altra, contentandoi del emplice, non
contemnendus auctor : non contemnenda oratio.

Pag. 18. Conterranei notri Petrus Formilius, Petrus

Carneecchi, Antonius Bruciolius, cancella ogni co


a: parendo proprio, che i voglia mettere in vi
ta tutto ci, che pu ridondare in icredito di Fi
renze. Il termine conterraneus, il quale , iccome

atteta Plinio catrene, per ha timato di poterlo

ad ogni modo uare il Lami, appunto perch' ca


trene. Qui potei capere capiat.
Pag. 2o. Precedenter dieruiem: correggiante di
er ... non avendo eempio di autor latino la parola
racedenter.

Pag. 21. Hujusfurfuris cenuras: correggi hujusge


neris. Sopra alla pag. 2. i era paato con diimulazio
ne quell' hujus furfuris vitiligatores. Per una volta
ola i pu permettere una frae pedanteca, affatto
ignota a Latini : ma non i pu gi offrire, che
e ne faccia uo cos frequente.
Ivi. Ut ingularem meorum obtrettatorum malignita
tem, ignorantiam incredibilem, C impudentiam mini

meferendam in propatulo conlocem. Si enim juta apolo


gia (e intende di quel uo infamiimo Prolago ga
Ieato, in cui e la piglia cos alla maledetta contro l'
attuale profeore di lettere greche nello tudio fioren
tino, che chi volee tare a ci, ch'egli ne dice in
dicredito, avrebbe a formare con molto vantag

gioo concetto del buon guto in linea di greco nel


la Citt di Firenze, la quale tollerae i atti pro

feori) iis, qui in lucubrationibus mei verba & lit

terulas & apices injute criminati unt, non inevehe


-

777e73t6S

I 13

mentes orationis impetu ( anzi furore) & grave enten


tiarum pondere, 49 inextricabili argumentorum perple
xitate (queto gli vero daddovero) qua e adver
arii nunquam expediant, repondere non dubitavi :
quid mihi non faciendum audendumque arbitrer , ubi

incocta (o Gesu! ) meopettore pietas, cata mea religio,


mea erga Eccleiam Chriti reverentia temere atque in
olenter impetitur, miris modis laceratur? ... Ul.
cicar laudabiliter, interea duo potiimum querens:

unum, quod me innocuum hominem, C nil male ad


verus quemquam cogitantem injuria adgredi malue
rint, 69 oppugnare, quam alios merentes . Di tutto

queto pao non i cancelli nulla per non torre ca


gione di ollazzo e di ria al Lettore.

Pag. 22. Faciam, inquam , 9 me libroaue meas


tuear Ma come difender egli il tuear : correg
gi adunque tuebor: giuta gl'inegnamenti di Por
toreale.

Ivi. Prajudiciique omnibus liber: La parola preu

dicia i adopera in ignificato del tutto ignoto a La


t1n1 .

Pag. 23. Me unum qui tam vera & indubitata lo


quor, nec tam verba quam oracula fundo & c. Non i
tocchi nulla, perch i vegga che ancor fioricono
al Mondo i Don Chiciotti.

Ivi. Cur illud igitur Virgilianum apte modo non


uurpem : Quod genus hoc hominum , vel quem tam
barbara morem permittit patria ? A voler uare apte
il pao di Virgilio non biognava torpiarlo, cor

reggi, quave hunc tam barbara & c.


vi, Ignaviimi cenores mei, & aut adducto u
percilio, aut cripatis annis, aut buccis inflatistan
-

tum praeignes & c. Pu paare.

Pag. 24. Quod ipa, dudum experientia didicerim,


correggi il dudum in famdudum. Si vuol dire gi da
gran tempo, e a queto corriponde il jandudum :
laddove il dudum ignifica dianzi, poco fa, tet.

D: Pag. 25. Non quod omnino necearia exitima


"I

verim,

I 14

verim , ed quod . . . . evangelica caritate intrai


us bonum pro malo reddens , obtrectatores &
criminatores meos, qui incitiam omnifariam & pre

fignem rerum eccleiaticarum imperitiam calumniando


preeferunt, erudire deliberaverim. Queto un met
tere in deriione la religione: chiamare carit evan

gelica quella, che contro i uppoti avverari i pra


tica in tutta queta diabolicamente arrabbiata ope
ricciuola, nell'Indice della quale, poto alla fine,
i nota queta medeima carit, Joannis Lamii Ca
ritas evangelica, cos manda il Lettore a queta me
deima pagina . Meer Domeneddio guardi ogni
fedel Critiano da s fatta carit evangelica.
Pag. 28. Quod eorum miniteria attinet, correggi,
quod ad eorum & c.
E: Pag. 29. Quoad Jacobum, idem affirmant, cor
reggi De Jacobo quidem & c.
-

Pag. 34. Si Eus Hieronymo . . . fides adhibenda

et, correggi habenda. Adhibere fidem ignifica uar


fedelt. Habere fidem ignifica credere. Vedi l'Al
varo e gli altri Gramatici.
-

Pag. 36. Apocriphis criptis fidem adhibentes, cor


reggi habentes.

Pag. 37. Quinam criptis hujumodi adulterinisfi


dem adhibebit correggi habebit.

--

Pag. 39. Preclariter ad hunc locum Nicetas. Cor


reggi Praeclare.

. .

Ivi. Pelagius etiam do&tus quidem ed ha reticus,


correggi ha reticus quidem, ed doctus.
Pag. 4o. Qua humilem Chritianorum conditionem
-

attinet, correggi qua ad humilem

Pag. 4o. Homunculum quogue Aclepidem Chritia


num vocat quidem in aftis S. Pioni. Queto po
to tra le coe da aggiungeri. Ma i laci, S. Pio
nio non appartiene al primo ecolo, del quale o

lamente i era protetato di voler parlare l'Autore.


F: Pag. 46. Si Jo: Chryotomo . . . fidem adhi
-

bemus, corr. habemus.


-

G:

ri Pag
d'it e

4. Latronum coripheum correggi cor


-

--

Pag. 56. Preclariter Tertullianus, corr. Preclare.

t, 57.

Petavius a Claudio Salmaio . . . vapu

lat. Vuole la Grammatica di Portoreale che va

pulo non ia neutro paivo, e non poa avere la


cotruzion de paivi. Alla quale opinione i deb
no focrivere tutti gli amadori di novit:

FI: Pag. 63. Et quin tunc temporis . . . barbam


alere in uu eet, non video cur ambigendum it .
Non cotruzion fatina : Non video cur ambigen
dum it, quin & c. Vedi Portoreale.
-

L: Pag. 69. Superfluum capitis ornatum. La vo


ce Superfluus in tale fignificato non di buona
latinit,
-

--

Ivi, Servatoris tatuam , opra la parola ervator


- uata da certi morfioi in vece di alvator , vedi
ci che ne dice Paolo Manuzio nel uo comento

alle Verrine. I

M. Pag. 7o. Ex loco Joannis tatim producto,


errore tatim in vece di modo, nuper, dudum ,
Pag. 73 Diceptatum et an
omnes pal

ci

lio philoophico paim uterentur, vel quorumdam tan


tum . . . vetimentum eet . E' errore il vel, cor

resi an,

N: Pag. 8o. Quoad gemmas rette entire Salma


ium cenet, non tamen quoad clavos. Il quoad, non
mica prepoizione, che gli i abbia a dare l'ac
cuativo. Vedi Paolo Soave nella Storia del Con
cilio di Trento.

ivi. Flebei ordinis, corr, plebeji ordinis,

Pag. 83. Nimis breves e contra commendat, corr.


contrario, o togli la e.
O: Pag. 86. Preclariter clemens Alexandrinus,
--

correggi praclare.
-

Pag. 87. Non tamen . . . Marie Deipare ... zo


mam alicubi, ut perhibent, adervatam morabor: quum
alicujus gentis credulitatem nec nocere mihi, nec

ge

--

r16

e poe deprebenderim . Se c' differenza tra nocere


e obee, non i tocchi n l'uno n l'altro verbo.
Il cingolo di Maria antiima noi appiamo che
i conerva con omma venerazione in Tocana ,
ed alla fpecie, che ne abbiamo o nella Citt di
Prato, o in quella di Pitoia. Ma il notro auto
l

re non moratur s fatte Reliquie e devozioni, e i


ride della emplicit e dabbenaggine di chi ci cre
de, e non ha paura n de Pratei n de'Pitojei.
E ci per iperienza che ne ha. No, no, i can
celli tutto il periodo : potrebb'eere, che l'una
delle due Citt, la quale i pregia di tal teoro,
al entirelo mettere in dubbio , e al vederi dal
notro critico mea in deriione, trovae la ma
illi in qualche coa.

niera di nocere o di

"

Pag. 91. Annulum Marie Deipara nuptialem Pe


ruti extare perhibent : ed mihi de eo liquido non

contat, C forte eiudem generis et cum D. Zenobii


Florentini Epicopi annulo, qui Florentia a quibu
dam otenditur. Il nome idem non i congiunge col
cum , ma coll'ac o atque , Vedi le Particelle del
Torellino. Correggia dunque : eiudem generis ac
o atque anulus. Ma ar empre meglio cancellare
affatto tutto l'irreligioo periodo. Per atterrare la
ia credenza de Signori Perugini e Fiorentini, non
"i , che a Giovanni Lami liquido non contet,
che i acri anelli da lor venerati ieno que me
deimi, che uarono e la Madre di Dio e il Ve

covo S. Zenobio. Non credo io gi, che quando


ta epoto all'adorazion de'Fedeli il Santiimo
Sacramento , liquido contet al Lami, che quella

tal'Otia ia conecrata . Di grazia i pigli, altra


trada : e non i vada per queta via di liquido
contare o non contare . In ogni cao ar empre
buon coniglio non e la pigliare co Perugini.
Pag. 93. Calceamenta quod attinet. Corr.: ad cal
tearnevata.

Ivi. Hebraorum calcei plantarum calces tantum in


pe

117

fime tegeban: cetera prope nuda & teretibus habenis


functa erant: Si cancelli ogni coa, perch del tut
to propoitata. I calcei degli Ebrei coprivano o
lamente al di otto il calcagno delle piante de'pie

di? Qual' mai il calcagno delle piante de piedi?


Le piante poi de piedi non erano ricoperte dal cal

ceo? ma il olo calcagno delle piante medeime?


La pianta dunque de piedi rimaneva tutta ignuda,
se il olo calcagno per diotto coperto? Sar tato un
camminar comodiimo . Io per comodit amerei
meglio di andare affatto calzo, che con quel tor

mentoo zoccolo otto i calcagni . Finalmente le


altre parti tutte del piede, a rierva del calcagno,
erano prope nuda. Fin qui va bene, e di pi tereti

bus habenis juncta . Pu andar bene anche queto.


Ma pure non i capice ci che i voglia dire, di
cendoi, che tutte le altre parti del piede erano con
sgiunte con le funicelle : le quali ancora e foero
tate coreggiuole, c trice di cuoio non teretes, a

rebbono recato meno tormento al piede.


Pag. 94. Quidquid autem it. Formola pedanteca,
e non punto latina, correggi: Ut ut e res habet.

Pag. 97 Tamen explorate fideiei, ee Chritianos.


Quando bene foe queta una frae delle pi uate
da'Latini, i renderebbe inoffribile pe'l troppo fre
quente uo, che e ne fa. Sopra i era detto alla pag.

44 : Pomi ideas fecie explorate fidei et. Alla 68. :


ouum tamen explorate fidei it,Chritianasfeminas & c.

Alla 77.: Tamien explorate fidei et, univera & c. Qui


alla prefente i adopera per la quarta volta: e poi
nel decoro dell'opera per la milleima. Ma che a
rebbe poi, s'ella non foe neppur latina ? A me cer
tamente liquido non contat, che l'abbia pur una vol
ta uata un buon autore latino.

Pag. 99. Ex divortiis hice in regiam viam & ad


propoitum revertendi tempus jam it. Non i cancelli

nulla. Egli pur bene, che l'Autore, a ua giu

tificazione contro i Giornaliti di Venezia, con


3

fei

r18

fei con evangelica incerit di eere in queta ua


Opera ucito pi d'una volta fuor di propoito; con

dire, che tempo qui gli pare, dopo tante cappate,


di ritornarvi. Sia benedetto.
Ivi. De quibus oli Chritiani participant: Parti
-

cipare de aliqua re non ignifica entrare o eere a

parte di una qualche coa nel qual ignificato qui


i pigliato. Correggi, participes fiumt. .
.
P.: Pag. 1o3. " fidei et, Sergium & c.s.
Eccoci alla diletta frae.

Q. Pag. 115. Eos nihil litteris mandavie, explo-

rata fidei et, e torna

Pag. 116 Pluria inerius dicemus: Correggi: plura.


Pag. 118. Ut obtrettatorum meorum ignorantiam &
hebetudinem amplius revincam : Cancella i le on,
prette veriime bugie. .
.
Pag 119. Ignorantiam & ruditatem : Parola del
ecol d'oro ruditas.

Pag. 121. Capite ingulari uper hoc ipum premio:


correggi uper hoc ipo : La prepoizione uper in
ignificazione d'intorno, non ammette e non l'abla
tivo, econdo Portoreale.

. . .

Ivi. Aclamantius Origenes ... cujus tudium inde


feum vere adamantium fuie ... arguit. Concetto,
ingegnoiimo, e che non verrebbe in capo ad o.
gnuno. Si foe almeno in vece di adamantium (pa
iola, che non ignifica nulla ), detto adamanteum
o adamantinum.

Pag. 124. Doctrina divina caelitus intructos s.


Cancella la parola calitus e che non punto la
t1m3 .

---

Pag. 129. Argumentum et, divinos, eorum Scripto


res, litteratura politioris ignaros fuie, neve rhetoricis.
Cor

"i exercitationibus excultos & eruditos.

Non pu uari " neve in vece del neque. Per can


cella il neve e metti il negue. Il i. autore i

fatto lecito di f" in certa ua Prefazioneun


si fatto propoito a Virgilio, citandolo cos i"
-

afg

11g

bec in fadera veni: avendo Virgilio critto: aut


hac in aedera veni.

lA: Pag. 137. Superfluum videri poet: Correggi:


Supervacaneum -

S: Pag. 138. Judices proecto idoneiimos: Correg


gi: maxime idoneos : non avendo il nome idoneus
n la comparativa voce n la uperlativa appieo i
buoni Latini.

Pag. 142. Quod Grammatica canones attinet : cor

reggi: Quod ad Grammatica & c. Del reto, e dall'


incontrari nei libri degli Appotoli alcuna coa con
tro le regole de Gramatici, ricava il notro An
tappotolo e pubblica per tutto il mondo la loro

imperizia e rozzezza: dall'incontrarene nelle ue


s grandi e si frequenti; peni di grazia a ci che
ne ricaveranno gli altri.

Pag. 146. Quod ordinem . . . attinet: correggi e


Cuod ad ordinem & c.
Pag. 148. Manucriptus alius, in quo italicis rhy
-

thmis . . . canon . . . exhibetur. Ha voluto dire in

veri italiani rimati. E' grande ignoranza il up


porre, che rhythmus ignifichi rima.

Pag. 152. Antiqua controveria et , an duodecim


potremi vericuli . . . ab eo criptifuerint, vel ab
alio uppleti: correggi : an ab alio.
-

Pag. 156. rst i rir Pauli & Thecla rspi isr nihil
dicam, quum eorum Hieronymus in Luca quidem me

minerit, ed eos Luca fatum ee falo creditum fuie


haudquaquam indicet. Arebbe fatto beniimo il no
tro olenne Dottore a non dir nulla di tai perio

di; perch cos i arebbe riparmiata la confuio


ne di aver fatta di genere maculino la parola Pe

riodus, la quale ogni fanciulletto colar di Gra


matica a eere femminina tanto in greco, quan
to in latino. Corregga adunque il benigno lettore
earum e appreo eas.
-

Pag. 165. Et certe quidquid it , Paulo ipi magis


vredendum i cuius rei evidentia
"i
extat.
H 4. in ipis ejus
-

12 o

extat. O queta badiale da dovver ! Trattam


doi di una apparente antilogia o ia contraddizio
ne tra un detto di S. Luca negli atti appotolici,
e di S. Paolo nelle Pitole, i conchiude, che va
pi creduto a S. Paolo che a Santo Luca . Dun

que avr pi detto vero S. Paolo, che S. Luca


IDunque avr detto il falo e mentito San Luca,
E quete propoizioni i crivono e i divulgano da
un Prete Cattolico, tre giornate lontan da Roma ?

Preto preto, i cancelli ogni coa, prima che l'


Inquiizion lo riappia.
V : Pag. 179. Memorat , 9 idem cum evangelio
Nazareorum ebraico facit . Si detto eere errore

in latinit l'idem cum , il quale torna poi alla


in quelle parole : idem fuie cum evan

i 184

gelio . . . videtur.

Pag. 181. Evangelium Apellis, ive ipe totum &


ingularem concriperit & c., Sconcordanza inoffri
bile in un putto. Correggi ingulare.
Pag. 183. Nec aliud continuie crediderim illudo

pus, quam Manes & c. : corr.: quam quod Manes .


X : Pag. 189. Epitola S. Maria ad Meanenes,

fia

cujus
notior et, quam ut demontrare ( cor
reggi : quam ut
: ) oporteat . . . Quare
mirum ; tantam in quibudam piper a reperiri, ut
in hac eruditionis luce nihil videant, 69 hujus ridi

ai

cule epitola r yrnrer defendere non vereantur : aves


e almeno detto, iccome opra del Santo Anello
di Perugia, che ibi non liquido contaret della iden
tit della Lettera della Vergine al Popolo Meinee. Qu parla con pi libert, o pi toto sfron
tatezza. In omma egli crede di aver icure le pal

le da Meinei; perch c' il mare di mezzo: non


cos da Perugini. Ma i a pure che i veperi Si
ciliani ono improvvii e olenniimi. Cotui cer
ca rogna, Ha detto contro l'Anello di Perugia,
contro quello di Firenze, contro il Cingolo di
Prato o di Pitoia : ed ora, contro la
de'

"

C111

: i

re

1zr

Meinei. Trover chi glie la gratti. Adunque


pro bono pacis cancella ogni coa.
l
,
Pag. 19o. Sed ne mirum videatur,i Monachus ille

( Hieronymus Savonarola ) hanc Maria uppouit e


tolam: explorata fidei ee ( eccoci alla conueta
belliima frae ) animadvertendum et, ab eiudem
ordinis ( Dominicani ) Monacho epitolam pariter
Virgini pi" fuie a Fr. Antonino ci
licet de Villa Bailica ; Bell'onore, ehe i fa all'
Ordine Domenicano. Ma i pu egli dare al mon
do uomo pi di cotui maledico ? Come fa entra

re o per fas o per nefas in queta fua Opera ma


ledetta tutto quello, che pu ervire di altrui di
credito ? Ma non a egli che i Monaei Dome
nicani lo renderanno celebre per tutta la vita, 69
u
Cancella dunque cancella, Lettordicreto.
Pag. 192. Joannem evangelitam attinent. La o

fi

Iita correzione. ..
Pag. 196 Explorate fidei et, quodam olim fui
e. La olita degna frae.
Pag. 204. r", undequaque collegerint. La pa
-

rola undequaque non latina. Correggi: undique.


Pag. 2o5. Doniorum etiam, Salvinorum, Quarra
avanzatorumque meminiem , nii Gab.
Siccardius, vir princeps, & Canonisus Florentina
eccleia Sacerdos, fiua in egregia tudia, 6 ingenuas
doctrinas arteque
e liberales proclivitate acfavore, codices

#
-

eorum manucriptos univeros munifice

"

rivatam uam Bibliothecam . . . laudabiliter auxi

Ella lode del Sig. Calonico Sacerdote Gab.


iccardio, che abbia con ipea grandioa per la

ua proclivit alle belle arti arricchita di codici ma


nocritti la ua privata libreria. Ma ella lode
delle famiglie ( ch'io
eere delle prin

"

cipali fiorentine ) cio de'Doni, dei Salvini, de


Quarratei, de Davanzati, l'aver quete motrata
li proclivit per le medeime belle i che

eno laciati ucir di mano mobili s prezi

H 5

,e
quel

12 ,

l ch' peggio, che ci abbiam fatto per la munifie


cenza del compratore, cio a dire, per interee?
iPu mai eer vera queta si trana coa ? E, quan
do bene lo foe, egli ripetto a si i"
famiglie dovuto il pubblicarla a uon di troniba.
ai preenti ed a futuri Pi di " mi dipiace.
Si cancelli adunque per indennit d

"

la menzione, che nel preente pao i fa delle


Famiglie, dalle quali i dice eere tati comprati i

codici manocritti della privata biblioteca del Sig.


Calonico Sacerdote Gab. Riccardio.
Pag. 215. Sed nec ab horum ententia diceit Je
uita Tarquinius Gallutius , qui , qualieumque ille
it, tamen id ee verum & maxime probandum de
prehendere potuit , & non permendam de encyclope
dia comparanda orationem concripit : L inaudita
ignoranza dell'Autore, motrata in queto pao,
biognoo pi dogn'altro di venire corretto, per
non eeri capita l'orazione del Galluzio, e dir
i ch'ella opra il doveri applicar l' uomo a
tutte le cienze, mentr ella opra il doveri
attendere ad una ola: De encyclopedia, ive, mul

tiplici dottrinarum tudio contrahendo, abbatanza i


detto nella lettera IV. di queta raccolta. Qui
olo i vuol avvertire il biogno che ha di cor
rezione quella formola di diprezzo, da ignoran

za al olito originato. Tarquinius Gallutius, qua


licumque ille it. Chi ia Tarquinio Galluzio lo a
ogni perona mediocremente erudita. Ma il meri
to di lui pi eccelo comparice in un opera, la
quale per eere opra la buona morale, dobbiamo
upporla ignota del tutto al Lami . Gliene dar

ragguaglio il celebratiimo Letterato, notro par

zialiimo Amico e Padrone il Sig. Ludovico An


ton Muratori - il cui giudizio in queto partico
lare egli tanto pi da pregiari, quanto ch'egli
ha meo non ha gran tempo alla luce la ua ap

plauditiima morale
Filoofia, dalla qual'i"
i
cri
-

I 23

ben i pu trarre da chiccheia argomento della


prefondiima cognizione ch'egli ha di s fatta ma
teria . Or egli nella Parte econda delle ue Ri
fleioni opra il buon guto al cap. XI. cos vie
ne a favellar del Galluzio . Prendiamo dunque a
coniderare il vato comento di Tarquinio Gal
luzio opra l'Etica di Aritotele. Eccellente in ver
, ro nel uo genere i quella fra le Opere degli
, Italiani. Spiega egli chiaramente, nobilmente ed
3 eriditamente non meno le dottrine di Aritotele,
; che le difficolt del teto greco, ed aggiugne di
, belle quitioni e di utili ragionamenti a quanto ha
, detto il Filoofo, in guia ch'io credo bene, che
, opra tutti gli altri Comenti dell'Etica (vale a
, dire, opra quello del Piccolomini, del Segni, dell'
, Acciaiuoli, del Teauro ec. ) poa pretendere la
quello del Galluzio: e icuramente l'
so

i"

a coneguita per la vatit della mole. Non i


, mira in eo quella ecca e tedioa maniera di e

- 5

, porre, che noi ritroviamo nel comento fatto alla


, morale del medeimo Filoofo da S. Tommao,

, n l'ocurit o ruticit o altri difetti, che ove


pi ove meno s'incontrano negli altri Comenti di
, Aritotele, che ono anche per la morale non po
, chi. Con dicitura grave, con puro ed elegante la
, tino, e ancora con amenit parlano quivi e lo te

, o Aritotele e il uo Comentatore erudito : non


, apendoi e pi obbligazione abbia il Filoofo al
, uo Interprete, o l' Interprete al Filoofo; per a
Vere il moderno recata s gran luce all'antico; e

: queto omminitrata s bella occaion di recarla.

Sin qui il Muratori e di Tarquinio Galluzio,


qualifcumque ille it , a erudizione del Lami, di
cui mal i direbbe, quali cumque illeit: apendoi

bene da ognuno quale e chi egli i ia.


A: Pag.225 guidoftos atque omni eccleiatica erudi
tione refertos Valle, B: Erami... Beze... Fabricii..
aliorumque commentarios g": Et Rob. Stephani
-

tatt

124

stiliimam noviTetamenti greci editionem in primis


Quando i tratta di Autori eretici

".

loro, allora il Lami va come a nozze - Di loro,


quantunque ieno procritti colle lor opere in pri
ma clae, iccome lo Roberto Stefano fra gli
altri, non i dice gi, quale/cumque illi int : ma 5
dotti atoue
eruditione referti, Ledlota
opere poi non i lodano gi colla emplice quali

"

ficazione di non permenda: ma i danno per uti


liime. Pu ben offriri, che un Autore eretico

i lodi, qualor e'l meriti, per la profana erudi


gliante pregio indifferente. Ma che i lodi per l'
zione, per la eleganza dello tile, per altro omi

erudizione eccleiatica, dovendoene upporre pro


vitiimo, per non arrivare neppure a conocere la
vera Chiea, chi potrebbe offrirlo ? Ors i can
cellino que nomi odioi.
e
a

Pag 225. Quoad Joannem ita habet e correggi:


9uod ad Joannem pertinet, ita ex . . . . . .
Pag. 232. Rationem reddit, cur non pluria qua
tuor, neque minora int evangelia. Queto il o

lito detino degli cioli, che ove vogliono pi fari


onore, ivi maggiormente i creditano. Era venu
to fuori il notro Autore per la centeima volta
col uo affettatiimo Pluria, e i dava beniimo

a credere di manteneri perci in itima appreo gli


Enciclopedici: quando eguitando a crivere d in un
vergognoiimo propoitaccio e in corripondenza al
pluria mette il minora. Correggai adunque pauciora,
Pag. 233. Evangelium Luce hac artevertunt . Il

verbo anteverto e qui e alla pag. 247, e alla 261.


ed altrove ovente i adopera in un ignificato del
tutto ignoto a buoni Latini.

C: Pag. 246 Codex membranaceus in folio biblio


theca S. Mariae: correggi: bibliotheca.

Pag. 259. Epitolas Pauli excipiunt Aftus.Apoto


lorum . . . Actis uccedunt epitola canonica. Se o
pra erai voluto dir Actus, otto dovea voleri di
re

re non Attisma Astibus; e volendoi dir ieri,


doveai aver voluto dir opra non Actus, ma Acta .
- Pag. 262. Sunt alii Prologi uper libros veteris &
novi Tetamenti, i fanciullini, che imparano gli e
lementi di Portorealeanno, che uper quando vuoi
dire circa o intorno, non l'accuativo cao ma l'
ablativo invariabilmente richiede, correggi adun
i .
que uper libris, i gi g . .
Pag. 27I Atlus tamen Apotolorum he ametris olis

exprimuntur, 9 iis quidem rhythmicis; quorum quo


fdam hic

f" .

. . Vir. prudens. Dionyius hic,

forehat A emto ; doctrina clarus pius & dulcedine


lenis (3'o. Ecco un nuovo ricontro dell'ignoran
za di cotui fu la parola rhythmus e rhytmicus: ch'
egli enciclopedico crede ignificare rima erimato.
D: Pag. 277. Ora undequaque amplarelicia Sir
avvertito di opra, che undequaque parola barbara e
da niun antico Latino uata.

" ex parte.

E ; Pag. 3o1. Rem in medium relinguimus . Sa


rebbe pur pi conforme alle regole di Portoreale

g"
isti,
si fo
so
rag. 3o5.
s conentaunt . Si
oggiunga
dopo

le i parole cosi: Hattenus vir clariimus


do6tiimus Petrus Amharachi, eu de Benedittis Ma

ronita, 69 nunc Societatis Jeu Presbyter. Quete pa


role erano tate in termini regitrate alla pag.299.
Ma il uo proprio luogo qui. Eendoi col al
la pag. 3o1. cominciata la recita di quell'eruditi
imo quarcio di diertazione del chiariimo Ge
uita, il quale quarcio l'unica coa di buono,
che nell'opera tutta de eruditione Apotolorum s'in

contri, e proeguendoi detta recita inino alla fi


ne della preente 3o5. ragion vorrebbe, che i fa
cee avvertito il Lettore inino a dove arriva la
citazione: acciocch non venie taluno pi accor
to in opetto , che coll'omettere s fatta avver

tenza, i foe voluto laciar a chi legge la libert


di credere, che foe roba del Lami "
-

mo2

rz6

Ambarachi: e tal altro pi emplice non rimane:


e orpreo al vedere tutto all'improvio cangiari
i pagine di olecimi nell'elotu
zione, di paraogimi nel dicoro, e di ogn'altra
maniera di conci, venire cinque paginedi elegan!
tile ; e dopo

te, di oda, di perfetta dicitura,

a ri o

2 F.: Pag. 366. Lucem non modicam mutuare poe


unt. Il mutuare va per la via del pluria : O che
guto guaito, che cotui motra anche nella celta
de vocaboli latini Cecilio Autore rancidiimo,

che fore l'unico il quale abbia uato, per tetia


monianza di Nonio, il verbo mutuare detto d
Cicerone : malus latinitatis auctor. Ma iccome al

notro Autore piaccion pi i dibri degli Erotici,


che quei de Cattolici: cos pi pacolo trova negli
crittori di cattiva, che in quei di buona latinit.

; Pag. 3b7: Notitias omnes, que codices orientates ate


tinenti. Qui certamente perde la pazienza Portorea

le: al vedere per la milleima volta violato il uo

precetto del doveri dare all'attinet la prepoizio


"

ne ad . Siegue:

commuto in vt

vir eruditiimus Ant. Mar. Bicionius, chedis Pe


tri Ambarachi laudati mihi liberaliter communicatis

( ta pur bene queto mihi liberaliter communicatis


dopo che nel vero di opra i era detto mecum

" communicavit! Il notro Autore i vede


en fornito della copia verborum): ex quibus (che
"? & ipe hauit ea, qua uo generali Bibliothe

ce Laurentiana Catalogo de his ipis codicibus ine


ruiti. Il Sig. Anton Maria Bicionio nome ben
noto alla Repubblica Letteraria, la quale ta an

ioamente apettando la utiliima Opera dell'in


dice Laurenziano . Ma ch'egli abbia avuto bio
gno di valeri pe'l uo lavoro delle fatiche altrui,
io non lo credo. Ma quando bene egli e ne foe
ervito, queto non toccava al Lami di palearlo

tanto anticipatamente al mondo tutto: ma dovea


laciare, che il medeimo Signor Bicionio
---

" pub
lCar

blicar fa ua Opera avee opra ci fatte quelle di


chiarazioni, che la ua ingenuit e modetia gli
aveero uggerito,
i
s,
Pag. "i e ( Deus Paters)filium uum, guum
ervi formam accepiet, nobis imilis per omnia fa
ctus, excepto, peccato, inter nos veraturum miericor
ditermiit, pauperen, abjectum, invenuium, depe
tum, calumniis obnoxium , plerique omnibus exo

um & c... Che infelicit di piegari nella prima


parte di queto periodo ! e quante betemmie mai
nella econda ! Quel quum ervi formam accepiet
tanto bene pu " in vigore della epreio
ne al Padre, quanto all'eterno Figlio;, e il diri,

che il Padre mand in terra il Figliuolo, dopo


che queti avea prea la forma di ervo: filium uum,
quum ervi formam accepiet - . . inter nos veratu

rum miericorditer. miit: come e il mandarlo foe


poterior coa all'aver lui pigliata umana forma,
qual eno ha mai ? Ma laciata la prima parte,

vegniamo alla econda . Si dice che Ges Crito


era invenuto, cio enza n grazia n garbo, n av
":
i Dio,
la

"tutta "

";

3 dl Ill1 IO Ipect0/tt farma pra' filtt W07/0tt 772, dtf--

i" " " eibot


tor S. Girolamo al primo de'Commentari opra

fua et

S. Matteo ci atteti : Certe fulgor ipe & maietas


divinitatis occulta, qua etiam in humana facie (Chri

ti) relucebat, ex primo ad e videntes trahere pote


rat apectu. G. Si o giunge, che il medeimo fu
plerique omnibus " : quando dagli Evangeliti
appiamo, che tutto il mondo moo dalle ue di
vine virt, divine parole, divine e miracoloeope
razioni, gli andava dietro, e che appunto perci
i eccit negli animi degli Scribi e Fariei l'invi
dia e l'atio contro di lui come i dice in S. Gio

vanni al 12. num. 19. Phariei ergo dixerunt ade


metipos - Videtis quia nihil proficimus ? Ecce mun
dus totus pot eum abiit, Io per me non oqualeoe
-

a ab

t28

'.

- -.

fa abbia mai Crito fatta di male al Lami, che


queto sfacciatiimo dipregiator degli uomini ab
bia cos acrilegamente a trappazar anche un Dio
Biogna confeare ch'egli ha una lingua molto in
comparabilmente peggiore e pi maledica di quel
famoo Pietro Aretino, di cui fu critto, che d'
ognun die mal uorch di Crito -,
Pag. 33o. Preclariter conterraneus noter, e opra il
praslaritr e opra il conterraneus i parlato di o
Pag. 342. Incrutabilem apientiam: La prima pa

ripra
p .

--

rola, quantunque barbara, i laci tare ad ogni mo


do, perch' eccleiatica.
-

pag. 343. Calinus divina charimata acciperent .

Si perdoni per lo teo motivo alla parola charimata.


Ma non gi a coelitus, ch' pretto barbarimo.
Ivi. Divina intitutione eruderentur, correggi eru
direntur.

Ivi. At quid tanto impetu, quid facto agmine in me


ruuntiti Orgeones, bacchico, ut videtur, quodam fu

rore correpti? Con chi l'ha cotui? A me par pi toto,


che lo pirito di Bacco abbia a lui dato maladetta

mente in teta e in queto pao fanatico, e in al


tri pi di quet'opera.
Pag. 344 Quum iam Chritum per orbem praedica
rent, 69 populos novis Orgiis
). O
queta s daddovero, che non parola eccleiati
ca ! Poter di Bacco ! chiamar Orgia la predica
-

";

zion degli Apotoli ei Miteri della notra Santa Re


ligione! Se lo dico, che lo pirito di Bacco gli ha da
to in teta.

Ivi. Lenius igitur id totum & pacatius agendum. Mi


piace. Accortoi del bacchico traporto torna in e
iteo. Ma che la duri. Per ora non accade altro,
e non avvertire, che la parola pacatius non la
tina. Correggai adunque remiius.

Ivi Et quod primum attinet , explorata fidei et,


(non ci fermiamo ull'attinet, n

aree in
2

'.

k,

129

ei: perch oramai manca la pazienza a ripetere tante


volte le medeime coe: ma paiamo oltre ed acol
tiamo una nuova dottrina Teologica) Jeum Chri
Atum quum ipe quoque non alia de caua in hunc mun
dum carne adumta veniet, quann ut vita innocentiam

verumque Dei cultum & Religionem homines ab errore


& upertitione evocatos edoceret. Si noti il non alia de
caua, e i ricavi, che il Lami non crede che il Verbo
pigliae carne umana per ricattare il mondo colla
ua paione e morte, ma unicamente per ammaetrar

lo colla predicazione: e di pi s'intenda, che quee


ta bella e catoliciima dottrina et explorate fidei.Qui
, e mai altrove, ove ogn'uno pu eplorare e chia

riri della fede del Lami.

..

Pag. 348 Inquit enim (Tertullianus) correggi ait


enim. L'inquit non i adopera e non introducendoi

un terzo a parlare.

ag. 349. Immediate parola non latina, ma barbara:


ag. 35o. Lucas in Actis.Apotolorum cap. IV. de Pe
ro & Joanne loquens, & deiis quidem potguam jam
'piritus S munus acceperant, eos & illiteratos & ru i
canos homines fuie ait. Le parole di S. Luca al ud
detto c. 4 n. 13. ono: Videntes autem Petri contan

tiam & Joannis, comperto quod homines eent ine litte


ris & idiota (ci che il Lami interpreta ruticanos) a

mirabantur. Ma di che i maravigliavano? Del a


per loro?o della loro ignoranza? Dell'ignoranza no:
che queta non cagiona maraviglia. Adunque del a

pere: coa veramente ammirabile in chi non ha tu

diato, Qr come i afferma che S. Luca qualifica iSS.


Appotoli Pietro e Giovanni per ignoranti, e il San

"i

altro non fa che rappreentarci la ma


raviglia cagionata negli animi dal loro miracoloo
apere? Si cancelli dunque ogni coa, iccome diame

to

tralmente oppota all'intendimento dell'Autore di


creditare i SS. Appotoli.

Pag. 351. Sanctorum Patrum " iis perpetuo ini


tente, ne a regia via ad divortia declinare siasi e

I 3o ,

Si cancelli tutta queta proteta di volere perpetua


mente tare ulle vetigia de'SS. Padri. Si oervi co

me bene quet'uomo fanatico ia tato all'impegno.


Venendo a provare il uo travagante aunto mette

alla teta delle ue chiere di autorit come per Capi


tan Generaliimo il gran Santo Padre Giacinto Gra

veon (dalla cui fine Iddio liberi per ua miericordia


il Lami: e pure iamo tutt'ora in tempo: lo che mol

ti non credono Ecco le ue parole alla pag. 353.


Nec rem aliter e habuie ipe (i ponga mente alla pa
rola "i la quale ha qu una forza i" )

i"

H. Graveonius...fateri compellitur. Dopo que


to gran Santo Padre veggiamo l'ufo, che degli altri
meno Santi e meno Padri fa colui, il quale ne videre
tur ad divortia declinare i era impegnato a perpetuo in
itere SS.Patrum vetigiis. Sentiamolo alla pag.358.

on me quidem latet, Augutinum, Ambroium, Leo


nem magnum, Gregorium magnum, Theodoretum aliam
opinionem ampletti. Sed quum res in ententiis it, libe
rum mihi uitei, qua mihi probabilior videretur, inha.
rere. E queto perpetuo Sanctorum Patrum vetigiis
initere? Se voleva abbandonare l'autorit
ti e pi illuminati Padri, che s'abbia la Chiea di Dio,
er eguitare una, che a lui pareva di maggiore pro

"

rabilit, e parere non gli doveva tale, per ragione,


che e tale foe tata, arebbe tata da que medeimi
Padri e corta e eguitata, pure e cotare i voleva
da si grande autorit: a che quella proteta, ch'egli
arebbe perpetuamente initito ui vetigi de SS. Pa
dri, n arebbe laciata per itrade fuor di mano la via
maetra? ne a regia via ad divortia declinare videamur.
Ma i pu egli dare melonaggine pi olenne? Fac

ciai dunque l'opportuna correzione. ..

Pag. 353. A provare che gli Appotoli non aveva


no nel Cenacolo ricevuto colloSpirito Santo il dono
di tutte le lingue i reca il pao di S. Paolo. Eti im

peritus ermone, ed non cientia colle quali parole i


ipretende, ch'egli confei di eere ignoran" 1
-

- -

1OImt

l2 R

diomi tranieri. Illazione da tolido, non


da
ignorante. L'uno e l'altro de'quali caratteri i fa al
tres manifeto nel notro Autore, nel upporre, ch'
egli fa, che S. Paolo i trovae nel Cenacolo alla ve .
nuta dello Spirito Santo, e cogli altri Appotoli lo ri
cevee: egli che in quel tempo era non t'adlo, ma

Saulo, non Appotolo, ma fieriimo perecutor del


la Chiea. O povera Storia Eccleiatica! come e
tu malconcia da queto tuo Profeore! E pur egli co
l alla pag. 25 i era vantato, ch'erano beniimo im
iegati quei cinquanta oldi di tipendio, che a lui

i" la Cattedra, e protetava, che la preente


opericciuola l'aveva compota anche a fine di fartoc
car con mano una s gran verit: Alterum, dic egli,
e appialo il mondo tutto: me ee publicum
hitoria in Florentina Academia
& annuo,

"li

quinquaginta olidorum tipendio conductum , adeoque


me nos publico are abuti ... videamur... hace veluti

pra lectiones emittimus. O bravo ! Voi fate un bell'o


nore all'Accademia Fiorentina, ed impiegate a ma

caviglia bene lo tipendio, ch'ella vi d. Vi coniglio.


a pendere meno in itampe, e a comprarvi co'cin
quanta oldi di tipendio tante pagnotte -.
Pag. 36o. Nondum u libi gentium, erant. Correggi
-

uquam gentium: non eendo ullibi parola latina.

. Pag.361. Et tunc dicam... ejus (Spiritus Sancti) gra

tiam..in eis, quoad hoc ee operatum. E'errore il quoad


hoc per ignificare in ordine a queto. E concordanza
gratiam ee operatum.Corr. adunque,benigno lettore,
Pag. 362. Qui tantum abuit, utid ibi peruaderet,
quin. Non quin,ma ut andava dopo il tantum abuit ute
Pag. 363. A quocumque eorum ratiocinia evolvente correggi a quotis.

Ivi. Ad Paulum & Eutochium, corr. ad Paulam.


i 363 Explorate fidei ee videtur. Eviva la ca
la frae.

- , n.

Pag. 364. Quod vero attinet Scriptores hitorico. E


queta ancor non morta.

Pag.

Y 22,

*.

388. ggi* igtur ac praeclariter . Bn


tor
natoTil prclariter.

'

j?

Pag. 38o. Cfjig;


philofophiae nomi
ne freqenter indigetarunt.
ii Voffio fopra l
bafbafie del verb indigeto in quefta fignificazione.
Pag. 386.
& hoc ipfm fi minus ab Hieronymo

g;

falum, certe ab ipfo laceratom**' (correggi w* ) *u


flagellis extortumi, adfrere : fed ut brevitati c9nfulam
Ad ejus epiflolam quamdam Euftochio fcriptam Le&oref*
curiofum amndo. Stupenda ignoranza in un Profef
fore d' Iftoria Ecclefiaftica przzolato collo ftipendio
di cinquanta foldi ali'anno, creder vifionemoftrat
al Doftor S. Girolamoquella che fuun mero meriffi=
mo fegno. Lo poteva pure avereimparato nel leggere

le opere del fuo diletto Erafmo, e in ifpecie neffa no


ta, ch'egli fa alla menzionat lettera alla Vergine
Euftochio. Haec e, dic'egliivi, illa fabula, quam
memoriter tenent omnes , etiam ii, qui ne verbum qui=
dem unquam legerunt in fcriptis Hieronymianis. Vapu
lavit, inquiunt, Hieronyma3, quod Ciceronem legeret...

-At D. Hieronymus, cum Ruffino locum hunc objicienti


refpondet fomnium vocat : etiamfi hic (in epifola ad Eu

fochium) fomnium fuiffe neget. E nellaVita de! San


to da luimiedefimo compilta, fopra quefto medefimo
fatto dice cosi : Ubi deterret ( Hieronymus) Virguncu
lam ab immodico udio librorum prophanorum, negat fuif.
fe fomnium , fed experre&tum ff fcapulas liventes.
Jt idem Ruffino
falfiffime ridet hominis ctt
|riofitatem, cui non fatis effet obfervare quid vigilans di
ceret aut ageret , verum etiam quid dormiens%# :

& adeo fatetur fuiffe fomniumi, ut illud conferat cum?


prodigiofi$ illis no&ium ludibriis , quibus aliquoties fibi
*videretur alatus volare cum Ddalo per maria, nonnun

quam comatus effe , cum effet

#;, interdum fum

pta toga caufam dicere pro roftris. Expediant igitur ifii,


qui

j;j utrumque verum effe poffit , aut eligant,

utro

in logomalint Hieronymo haberifidem, illit in epiffla ad


Euftochium, ubidefide narrationis non agitur, fed quo
cm

I 33

eumque modo deterretur adolecentula, an hic (in Apolo


gia contra Ruffinum ) ubi caua agitur, 69 crimen de
pellitur ... - Praterea videant, utrum credere malinte
ni, an juveni. Somnium non fuie cripit iunior: o
mnium fuie cripit enes & c.. Riolva il Profeor
de'cinquanta oldi.

Pag. 387. Nil ultra iam nobis timendum" &

docto cuique videatur, ne upertitioi & hypocrite &


plane aris homines hujus capitis titulum tanguam Joan
mi Apotolo infurioium (correggi injurioum) calumnien

tur, unis ignorantia ua 69 48Neelas preidiis adiuti,eu


potius invidia & malignitatis timulisatti. Gli tor
nato a dar inteta al pover'uomo lo pirito di Bacco.
Vedete come parla del gran Giueppe Averani, e del

Salvadori, e di qualche valentuomo, che avevano


biaimato quello candoloiimo titolo dato a un ca
pitolo di un'Opera Eccleiatica: De Joannis evangeli

ta ruticitate & imperitia. E poi non i dovr in alcun


luogo far oervare la pedanteca ua uanza d'inerire

dappertutto vocaboli greci, ove comodiimamente


potrebboni uare latini ? Cicerone i ateneva da ci,
a motivo di non renderi ridicolo: Ne ut quidam ,

graca verha inculcantes, jure optimo irrideantur. Cos


al primo degli Uffizi. Ma il Lami non ha che perdere:
e per i crede dipenato da tal cotumanza.
a

Pag. 389. Egregie & preclariter de more uo. Si


anche il praclariter de more uoPag. 39o. Caelitus adlata documenta. Meglio era di
re allata e divinitus, che non adlata e calitus. Ma
-

cotui, purch adoperi una parola affettata, non i


atiene da uare poi un barbarimo.
Pag. 391. Non me quidem latet aliquem (correggi:
-

quemdam ) qui notri temporis Photinianisfrigidam uf


fundit (o frae fredda pi dell'acqua gelata! ) opina
ri, Joannem evangelitam, potquam in Aia diveratus
et, aliquid profana dottrina & eruditionis vel pere

ipe, vel ex dicipulis haurire potuie. Sed quaniti

victis, quam multis argumentis jam id minime i"


c702072

demontravi? N pur uno di s fatti invitti argomenti


i vito per miracolo in tutta l'opera. Si vede bens
in quete ultime parole uno de oliti olecimi, dicen
doi; velipe per e, in icambio di velipum per e.
Ivi. O utinam canes mei illi & obtrettatores . . . . O

utinam grecas litteras altem a limine alutaent.: gi


fam nunc prohibet, quin cum illo exclamem: Heu heu

quo mieros tramite devio Adducit ignorantia ! Se vi


vee il Sig. Giueppe Averani in fede mia, che po

trebbe far vedere a queto arrabbiatiimo matino,


s'egli foe o non foe cane; e e avee alutate o no
dalla oglia le greche lettere; ed a chi pi verace
mente competee l'eclamazione: Heu heu quo mie

ros tramite devio Adducit ignoranti ! Ma la lepre t


volta ha preo a peluzzare il lion morto.

Ivi. Libro V de recta Chritianorum quoadTrinita:


" .. Explorate autem fidei

tem ententia ...

" , Joannem & c.

Gi i a la correzione del quoad:

ell'explorata fidei ei. . . . . . . . .


..,
Pag. 395. Sicuti ridicule alus et vir quidam nobilis
fiorentinus, alioquin doctus, cufus nomini & etimatio
mi ( meglio exitimationi ) parco, qui cum in comitati
eset Cardinalis Neriii hujumodi cirnelia invientis,
hunc codicem Preuli illi apertum obtulit, ut hebraicum

atque eleganter criptum, volumen inpiceret, rogans,


Biogna dire, che ia anche morto queto vir quidam
nobilis florentinus: del quale coa cotanto vergognoa,
quanto non aper ditinguere un codice greco da un

ebraico, i mette fuori da queto pazzo crittore. Sor

certo, ch'egli, e colui vivee, i arebbe rattenuto


per ottrarre le ue palle da qualche notturna tempe
t, dallo creditarlo cos olennemente. Ma i pu
cgli dar lingua pi franca? E nondimeno da avver
tire, che mitiga l'acerbit dell'inulto colla obbli

gante aggiunta dell'alioquin dotus. Ma come pu up


pori dottrina in uno, che i mette in vita di s gran

le ignoranza? se noi foretieri teimo a detti del

Lami, formereimo un concetto molto ra"


clla
-

della fiorentina dottrina, al entire che dotti "ni


i chiamano coloro, che neppure conocono la diver

it, che v' tra caratteri greci ed ebraici. Queto


certamente venghiamo a comprendere , che una

gran tara dovr dari alla lode di enciclopedici, la

quale a pi d'un oggetto "; e certamente i


gnoto, abbiam veduto dari opra da queto e nella
iode e nel biaimo eorbitante crittore.

Pag. 397.Tillemontius.: & Simonius...tatim lau


dati.

Ei lo tatim invece di modo,

nuper, due

dum. E queto medeimo errore va corretto in mol


tiimi altri luoghi dell'opera,
-

Pag. 399. Sedfidem in hoc apud omnes decoxit. Fra


e quiitiima del cinquecento.

Pag. 4o1. In eo quod eloquentiam & dicendi elegan


tiam attinet. Nella olita propoitata cotruzione di
attinet i riconoca l'eloquenza e l'eleganza del dir
Lamiano: -- . . .. ..
Pag. 4o4. Huju modi attisuos... explorata fidei et.
-

O queta crambe repetita come ci ammazza

Pag.408. Rutico, Chritiano indigetat. Ricordia


moci di quello che il Voio dice contro l'indigeto in
queto ignificato.
P. 4o9. Quoad res notras idiota corr. in rebus notris.
-

Pag.412. Probandum retat, ruticitatem, 9 impe


ritiam meis calumniatoribus convenire ad miraculum

queta formoletta familiariima al notro prodigio


o crittore vale un Per ed talem ac tantam, ut

nullam litterarum cum Sacrarum tum profanarum cogni

tionem, nullam caleem apientiam admittat. Non ci


cordiamo che quete invettive ono, per dichiarazio

ne fattane dall'Autore nel Paragrafo di Roveredo,


contro il Dottore Averani, e l'Abbate Salvatori, a
menduni trapaati, e qualche altro Letterato Fioren

tino vivente: a quali medeimi appartengono le e


guenti epreioni della pag. 413, dalla evangelica ca

rit del Lami dettate: Si demontravero illos non acra


rum tantum litterarum cognitione detitui, quodlate u
-

perius

- --

--- =- e

126

ri
toto opere certiimis argumentis evictum et, ed
non dicam gracis at ne latinis quidem litteri etiam atis
intrutos elfe, 69 vix patrias f" cilicet italicas,no

"

e. Si
demontravero non zelo religionis, non pie
tatis tudio duttos, ed ola invidentia & malignitate,o

la vindici e libidine indoctos hoce & hypocritas homines,


eu potius canes rabidos genuinum mihi dentem infixie.
Et quod primum attinet & c.

Pag.413: Iam quoad acraslitteras, quoad Patres &


criptores SS. attinet. Si oervi la cotanza nello pro
poitare. Ma tempo di entirlo anche betemmiare
da Turco.

Ivi. Sednum i a acris Scriptoribus calummieitorum,


verborumque offucia ac
reprobantur, ab opti
mis latinitatis auctoribus fulcienturac firmabuntur? Non,
per
ulphure & igne pluvio delevit.
Pag. 415. Sed & pluria exempla. Nono: non plu
ria exempla, di grazia. Ci batano gli avuti ininqui
della ignoranza, della maledicenza, dell'empiet
di queto Scrittore.

"

i"

N o I R E F o RM A T o R i
Dello Studio di Padoa
-A":

veduto per la Fede di Reviione , ed Approbazione

del P: Fr Paolo Tomao Manuelli Inquiitore di venezia,


nel Libro intitolato: Lettere di Asromo Trafeomaco calabree all
Autore del Tetamento Politico ul Libro de Eruditiene Apotolorum ai

sn tal Giovanni Lami, non v'eer cos alcuna contro la Santa Fede
Cattolica, e parimente per Artetato del segretario Notro; nien
te contro Prencipi, e buoni cotumi, concedemo Licenza a po

menico Tabacco Stampatore di Venezia, che poi eer tampato,


oervando gli ordini in materia di stampe, e preentando le folite
Copie alle Pubbliche Librarie di Venezia, e di Padoa e
Dat. li a Novembre 174r.
( Gio: Emo Procurator Reformator.
Alvie Mocenigo Reformator.

Regitrato in Libro a carte 17. Agotino


g
Bianchig Segretario,
-

Novzzi. Regitrato nel Mag. Eccell. contro la Betemmia.


Alvie Legrenzi Segretario,

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