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compilato facendo la revisione di un trattato omonimo del I secolo composto da Verrio Fiacco.
L'opera presenta a volte glosse etimologiche, a volte una parafrasi o un sinonimo del lemma, a volte
informazioni grammaticali, a volte informazioni storico-enciclopediche, a volte definizioni. Le
glosse non sono uniformi e non riuniscono mai tutti i tipi di informazione, perch Festo intendeva
rispondere agli interrogativi, diversi caso per caso, che le parole potevano suscitare nel lettore.
Paolo Diacono fra il 782 e il 786 compendi l'opera di Festo per l'uso personale di Carlo Magno,
facendola diventare una specie di primo esempio di dizionario di parole difficili.
Ottavo e nono secolo un periodo che segna un po' dappertutto in Europa il comparire di glossari
latini contenenti anche termini dei vari volgari.
Nelle Glossae latino-barbaricae de partibus humani corporis di Rabano Mauro (Vili sec.) le voci
latine o sono spiegate con glosse in latino o con un vocabolo tedesco. Sempre dell'ottavo, nono
secolo sono il Glossario di Reichenau e quello di Kassel, che affiancano a parole difficili della
Vulgata parole romanze.
Fuori dall'Europa, intanto, esistevano civilt, come quella cinese e quella indiana, molto pi
avanti nell'attivit lessicografica.
Proprio attraverso gli Arabi giunse in Europa, nell'ottavo secolo, l'arte cinese di fare la carta; fu
un avvenimento che favor grandemente lo sviluppo dei testi lessicografici ed enciclopedici, opere
che pi delle altre ponevano problemi di formato, rilegatura, costo. Il numero dei glossari aument
considerevolmente e verso la fine del nono secolo ci fu un salto di qualit. Sono le prime
affermazioni dell'ordine alfabetico (al quale ancora per parecchi secoli molti lessicografi
preferirono la disposizione per argomenti) e segnano il passaggio dal glossario al vocabolario,
inteso come fusione di glosse.
Grande diffusione in tutta Europa hanno il vocabolario latino di Papias (XI sec.), in cui si danno il
genere e la flessione dei nomi latini e si introducono a volte termini del linguaggio comune, il
Panormia di Osborn di Gloucester (XII sec.), l'opera di Uguccione da Pisa (XII sec.)
Mentre in Europa l'apparizione di parole dei volgari in opere lessicografiche ancora sporadica,
strumentale (serve a spiegare il termine latino, non postula un rapporto diretto fra latino e volgare),
nell'undicesimo secolo l'Oriente presenta gi forme sviluppate di dizionari enciclopedici
veramente bilingui: si vedano l'opera di Minamoto no Shitag, che affianca cinese e giapponese, e
il dizionario mongolo-turco del dodicesimo secolo.
Il Catholicon (terminato nel 1286) di Giovanni Balbi da Genova fu probabilmente il pi famoso fra
i vocabolari latini di carattere enciclopedico.
Ogni volgare merita un discorso a parte, l'ascesa di ciascuno fino ad avere il riconoscimento
esplicito in un'opera bilingue latino-volgare.
Per quanto riguarda la tradizione italiana dei glossari latino-volgare, ricorder soltanto che
ricca, finora parzialmente esplorata ed edita, costantemente venata di coloriture dialettali. Nel
Declarus di Senisio (1348) vi sono tanti elementi siciliani che per certi versi si potrebbe dire un
glossario latino-siciliano; alcuni glossari presentano coloriture trentine, altri milanesi; il glossario di
Perugia contiene sfumature centro-meridionali.
Il primo glossario latino-toscano quello di Goro d'Arezzo (1350 circa). Dell'opera di Gasparino
Barzizza (1370-1430), Vocabularium Breve, esistono diverse versioni manoscritte: una con
caratteri bergamaschi, un'altra con elementi lombardo-occidentali. Le successive edizioni a stampa,
fatte a Venezia, risentono del veneziano, finch, nelle edizioni posteriori al 1540, trionfa la
toscanizzazione.
Questi glossari rivestono grande importanza per la storia della lingua e della lessicografia
italiana, perch da una parte permettono di documentare la dinamica dei rapporti latino-volgaredialetti e il loro studio consente molte retrodatazioni, dall'altra mostrano la progressiva conquista di
una certa uniformit nella microstruttura e nella macrostruttura da parte dei lessicografi preumanisti
e umanisti. In essi per il volgare ha ancora un valore strumentale.
Un discorso diverso meritano invece le opere lessicografiche che affiancano due volgari e quelle
volgare-latino, perch in esse i volgari diventano finalmente oggetto di confronto e studio diretto. Il
fatto evidente soprattutto nelle opere che affiancano due volgari.
Minerbi, Sansovino, Toscanella e la famiglia di dizionari che inizia con il Dittionario volgare &
latino (1561), latino-volgare (1592) di FilippoVenuti. L'influsso del Venuti fa il pi importante
nella prima lessicografia bilingue dell'italiano.
Nella lessicografia bilingue francese e latino assistiamo a un rovesciamento di fronti: il volgare,
che nei glossari era strumentale, si prende la rivincita e fa scendere il latino ad un ruolo strumentale
nei dizionari francese-latino. Robert Estienne pubblica nel 1538 un Dictionarium latino-gallicum e
l'anno seguente un Dictionnaire franois-latin destinato, nelle sue intenzioni, ad un pubblico di
latinisti. Ma, come apprendiamo dall'introduzione all'edizione del 1564, il dizionario francese-latino
si era rivelato di grande utilit non solo a chi voleva tradurre in latino, ma anche " tous desirants
entendre la propriet de la langue francoyse, che a quel tempo non disponeva ancora di un
dizionario monolingue. Il pubblico si serviva del bilingue francese-latino come di un
monolingue, cio usando la glossa in latino come una definizione del lemma in francese.
Circa la filiazione dei monolingui delle lingue europee dai precedenti bilingui volgare-latino, va
detto che ancora oggi i lessicografi tengono conto dei dizionari gi esistenti quando debbono
compilarne uno nuovo: la lessicografia monolingue europea degli inizi si volgeva naturalmente
alle raccolte di vocaboli volgari pi complete disponibili allora e le trovava proprio nei bilingui
volgare e latino. In Italia, dove la lessicografia monolingue si era sviluppata rigogliosa per proprio
conto, chi doveva compilare un nuovo dizionario aveva pi elenchi a cui ispirarsi. Questa facilit
nel rifarsi a dizionari precedenti anche frutto del diffondersi della stampa.
crescente consapevolezza dell'importanza del sanscrito, ricevettero attenzione e cura maggiore. Una
testimonianza della diffusione raggiunta dai dizionari in quest'epoca la pubblicazione di
bibliografie, ad esempio a Londra presso William Marsden viene pubblicato A catalogue of
dictionaries, vocabularies, grammars, and alphabets(1796).
Col diffondersi nel XIX secolo degli studi di filologia comparata, la qualit dei dizionari
bilingui, anche di lingue esotiche, miglior: il tempo dei lessicografi dilettanti era praticamente
finito. Gli stessi missionari, registrando il lessico di lingue sconosciute, si ponevano problemi
metodologici.
Verso il 1815 il tipografo Robert Thorne inventa il carattere grassetto, rivoluzionando le abitudini
con cui fino ad allora si erano evidenziati i lemmi in lessicografia. Il grassetto cambia la
presentazione della colonna di dizionario: rientrare o far sporgere i lemmi diventa superfluo,
perch il grassetto sufficiente a farli individuare, e perci la superficie della pagina pu venir
meglio sfruttata.
Nel secolo scorso s'afferma anche in sede scientifica l'importanza dei dizionari omoglossi, cio
dei dizionari che affiancano lingua nazionale e dialetto . In Italia gi nel 1660 era apparso il
Vocabolista bolognese di Gio.
Nel nostro secolo, nonostante le due guerre mondiali, sono stati prodotti pi dizionari che nei
precedenti duemila anni. La lessicografia sempre meno arte e sempre pi lavoro collettivo su
solide basi scientifiche. Dopo un periodo in cui linguisti e lessicografi avevano scarsi contatti
(negli Stati Uniti soprattutto, perch in Europa la collaborazione era pi stretta), si assiste ora ad un
rinnovato interesse dei linguisti, dei semiologi, dei filosofi nei confronti dell'attivit lessicografica
monolingue e bilingue, anche per influenza degli studi sull'intelligenza artificiale, sulla traduzione
automatica e sulla creazione di dizionari per i calcolatori.
La coppia 'lingua di partenza/lingua di arrivo', molto usata negli scritti sui dizionari, da sola
troppo vaga e va correlata alla coppia che permette di specificare se la lingua di partenza o no la
lingua madre dell'utente.
La grande maggioranza dei dizionari esaminati unidirezionale, cio compilata unicamente per le
esigenze del pubblico italiano. Si discostano da questa unidirezionalit i dizionari Sansoni: in pi
volumi dichiaratamente bidirezionali; il dizionario Langenscheidt-Signorelli e il Robert-Signorelli
predisposti per due mercati; i due dizionari italiano e spagnolo, che privilegiano la bidirezionalit
'passiva'.
Nella storia dei dizionari stiamo assistendo in questi decenni ad un cambiamento di supporto
materiale destinato nel futuro a modificare notevolmente la struttura delle opere lessicografiche
monolingui e bilingui e soprattutto a cambiare radicalmente, fin d'ora, le abitudini di consultazione.
Gli innegabili vantaggi della consultazione di opere di riferimento computerizzate sono, per
non citarne che alcuni:
il minimo ingombro dei CD-ROM rispetto ai volumi stampati, la loro minor usura e la
possibilit, con computer multi-utenza, di venir consultate da pi utenti
contemporaneamente,
la flessibilit del supporto rispetto alla bidimensionalit della pagina stampata, per cui,
liberati dal condizionamento dell'ordine alfabetico, possibile porre domande molto
complesse su pi microstrutture, senza sapere previamente quali sono le parole da
consultare,
la possibilit di prevedere esigenze e capacit diverse di consultazione da parte degli utenti,
fornendo quindi aiuti o microstrutture semplificate. In sostanza fra un dizionario stampato e
lo stesso dizionario su CD-ROM consultabile attraverso il computer c' molta differenza: il
primo un oggetto autonomo, non richiede apparecchiature per la consultazione, per
risponde a certe domande solo se chi le pone particolarmente abile e paziente; il secondo
aiuta chi alle prime armi e stimola a nuovi percorsi chi gi si orienta bene.
In questo libro l'uso dei termini metalinguaggio o metalingua e metalinguistico sar d'ora in poi
riservato alla lingua usata nel dizionario come lingua descrittiva del lessicografo (nelle indicazioni
stilistiche, restrizioni d'uso, brevi spiegazioni di significato, ecc.) e, pi raramente come lingua per
spiegare le lingue usate nella funzione precedente (nelle istruzioni per l'uso e la consultazione del
dizionario).
tedesco e danese.
4. Lemmi di pi parole: in un dizionario bilingue, soprattutto quando la struttura della lingua
di partenza molto diversa da quella della lingua d'arrivo, diventa necessario promuovere a
lemmi espressioni che in un monolingue si possono trattare come prevedibili collocazioni
della parola-lemma. Cos hanno fatto (senza nemmeno sottolinearlo nell'introduzione) i
redattori del dizionario Sansoni italiano e inglese in un volume, che presenta spesso lemmi
come confectioner's sugar o opposite number.
5. Al lessicografo bilingue non si pongono soltanto problemi di selezione del lemma (includere
o non includere neologismi, arcaismi, vocaboli dei sottocodici ecc.) rispetto alla totalit dei
vocaboli di ciascuna lingua, ma anche problemi di opportunit di scelta rispetto alla
competenza dell'utente.
6. Cos come pu essere opportuno adottare lemmi formati da pi parole, anche utile avere
come lemmi i morfemi legati pi produttivi di una lingua, soprattutto perch spesso nei
bilingui non appaiono come lemmi tutte le parole composte da questi morfemi. Pu quindi
essere utile, nei limiti del possibile, dato che non sempre i morfemi sono trasparenti quanto
al significato, conoscerne il valore semantico.
Se questo ormai diventato un atteggiamento comune nei monolingui, non invece ancora molto
diffuso nei bilingui. Esistono naturalmente anche in questo caso considerazioni contrastive da
mettere sulla bilancia: mentre i prefissi vengono sempre pi spesso registrati come lemmi, i suffissi
vengono lemmatizzati principalmente nei dizionari bilingui relativi a lingue per le quali si possono
istituire delle corrispondenze fra i suffissi. Ad esempio, il Robert-Signorelli italiano e francese porta
come lemma italiano il suffisso -accio, a cui affianca il francese -asse. Nei dizionari inglese e
italiano non troviamo -accio molto probabilmente perch non possibile trovare un corrispondente
morfema inglese.
7. Nella lessicografia bilingue recente si possono osservare tendenze diverse circa
l'inserimento nel lemmario di abbreviazioni e acronimi: c' chi fa liste alfabetiche a parte
e chi li immette tutti nel lemmario, eccezion fatta per le abbreviazioni che appartengono alla
metalingua lessicografica usata nel dizionario.
8. Anche per i nomi propri di persona, luogo o cosa le tendenze sono varie. positivo
comunque che i lessicografi si siano resi conto del grande numero di nomi propri traducibili
e spesso li immettano nel lemmario col loro traducente. Non indispensabile che cambi la
forma del nome (come per Venice / Venezia ), a volte cambia la pronuncia o l'attribuzione del
genere: ad esempio, la stessa parola Paris viene pronunciata in modo diverso da un inglese e
da un francese.
importante che i nomi propri figurino in un dizionario bilingue, sia pure in liste separate,
perch come il monolingue non descrive solo la lingua ma anche la cultura di una comunit, cos i
bilingui mettono in contatto due lingue e due civilt. Escludere i nomi propri come portatori di
indesiderabile contenuto enciclopedico, significherebbe danneggiare notevolmente questa
possibilit di intercomunicazione. Inoltre se i redattori di dizionari monolingui possono giustificare
l'esclusione di molti nomi propri dal lemmario asserendo che gli utenti vanno a cercare i nomi
propri nelle enciclopedie, non altrettanto possono dire i redattori di dizionari bilingui, perch i loro
utenti non hanno facilmente a portata di mano un'enciclopedia in L2 e per di pi questa
potrebbe non contenere quelle informazioni sulla pronuncia e sul genere e numero grammaticale
che interessano l'utente straniero.
Una volta scelte le parole che si vogliono inserire nel lemmario, il lessicografo deve decidere
quale forma della parola adottare come lemma. Il lessicografo bilingue si rif in genere ad
ognuna delle due tradizioni nazionali, cercando di armonizzarle e mettendo in guardia gli utenti
circa le differenze pi rimarchevoli.
Il lemma spesso non corrisponde alla forma grafica della parola, ma contiene fra un grafema e
l'altro, sopra o sotto la serie di grafemi, segni tipografici che servono a mostrare
1. la sede dell'accento
2. 0le caratteristiche di pronuncia di un grafema che pu corrispondere a fonemi diversi
3. la divisione in sillabe d) la divisione fra morfema radicale e morfema grammaticale o
suffissale
4. le caratteristiche proprie di ogni lingua (ad esempio se un verbo separabile in tedesco).
Wiegand propone di chiamare questo lemma infarcito di segni, spazi, ecc; lemma discontinuo.
Le difficolt di decifrazione che il lemma discontinuo comporta variano molto da dizionario a
dizionario; l'artificialit che lo contraddistingue sopportabile quando raggiunge lo scopo di
trasmettere con grande concisione una serie di informazioni, ma diventa gratuita e perfino dannosa,
quando certi segni sono introdotti soltanto per risparmiare spazio.
L'uso della tilde o di altri segni convenzionali (lettera iniziale, lineetta) come 'segnaposto' del
lemma porta ad affrontare la questione del rapporto fra lemma e sottolemmi. Non tutte le voci
lessicografiche infatti sono composte soltanto dal lemma e dalla glossa: spesso parole derivate o
composte vengono raggruppate sotto un'unica parola-lemma. Nei dizionari di oggi la parola-lemma
sotto la quale si raggruppano i sottolemmi scelta in base a criteri di ordine alfabetico. Il fatto che
nel Sansoni italiano e inglese (in un volume) si trovi il lemma chiassata e come sottolemmi
chiasso, chiassosamente, chiassosit, chiassoso non implica affatto che chiassata sia la parola da
cui deriva chiasso, semplicemente la prima parola in ordine alfabetico della famiglia lessicale.
Nonostante questo raggruppamento dia meno fastidio nei dizionari bilingui che nei monolingui (che
dovendo definire chiassata ricorrono a chiasso), non pi molto diffuso oggi, perch i dizionari
bilingui tendono a snellire le voci lessicografiche e a dare i derivati come lemmi autonomi.
Interessante anche il trattamento che nei dizionari bilingui viene riservato agli omonimi. Come
nei monolingui vengono in genere indicati da lemmi differenziati con un esponente numerico
progressivo. Gli omonimi nei bilingui sono meno numerosi che nei monolingui, perch spesso
uno degli omonimi un arcaismo o una parola rara che non trova accoglienza nel lemmario. Vi
sono per bilingui che trattano l'omonimia come se tale non fosse: Ignorare l'omonimia
considerato non grave, anzi carattere intrinseco della natura dei dizionari bilingui. Mentre nei
dizionari monolingui la separazione degli omonimi deve essere fatta soprattutto sulla scorta
dei dati etimologici, poich contribuisce alla descrizione della parola-lemma, nei bilingui il
tracciare confini tra un omonimo e l'altro non ha semanticamente nessun ruolo, se si suppone
conosciuto all'utente il contenuto della parola. Il problema si ridurrebbe in sostanza ad una
questione di stile di lemmatizzazione, stile da scegliere secondo l'interesse e le abitudini degli
utenti.
Un'ultima osservazione sui lemmari dei dizionari bilingui ci porta a constatare che il dizionario
bipartito regna incontrastato: ci potranno essere o non essere liste di nomi, ma i lemmari sono
sempre due, uno con lemmi in una lingua e l'altro con lemmi dell'altra lingua. Alcuni lessicografi
invece ritengono che sarebbe meglio fondere i due lemmari in un unico ordine alfabetico,
sempre che siano uguali gli alfabeti usati dalle due comunit linguistiche. L'idea, a prima vista
bizzarra , scaturisce dall'uso contemporaneo delle due sezioni di un dizionario bipartito che tutti gli
utenti avveduti praticano, soprattutto quando traducono in L2. Con un'unica lista alfabetica il tempo
di ricerca del lemma sarebbe pi breve.
Le opere bidirezionali, o presunte tali, hanno le abbreviazioni nella lingua del lemma,
privilegiando in tal modo l'uso del dizionario da parte di chi ha come L1 quella del lemma e traduce
da L1 in L2 e complicando la vita dell'utente che ha l'esigenza opposta.
Se questa situazione accettabile per le etichette che indicano un sottocodice (l'utente 99 volte su
cento non ha bisogno di tradurre l'etichetta di sottocodice per essere sicuro d'aver scelto il
traducente giusto, perch il contesto di L2 gli d in genere abbastanza chiavi per comprendere),
invece pericolosa per le abbreviazioni relative alle indicazioni di registro, di variet regionale
o temporale. Dando queste indicazioni nella lingua del lemma, si corre il rischio che chi traduce
dalla L2, cio chi ha davvero bisogno di sapere se una parola arcaica, volgare, usata nella tal
regione ecc., trascuri l'indicazione piuttosto che andare a vedere che significa nelle liste apposite.
Cos una delle forme pi delicate e difficili del lavoro lessicografico, l'indicazione della variet,
resta inutilizzata o sottoutilizzata, sacrificata sull'altare della bidirezionalit.
Una scelta oculata di abbreviazioni comprensibili per entrambe le comunit linguistiche in
gioco la soluzione migliore, quando possibile adottarla; quando non lo , bisogna o adottare
doppie etichette (una per una lingua e una seconda per l'altra), o rinunciare alla bidirezionalit, o
dire chiaramente nell'introduzione che la traduzione a cui mira il dizionario va in una determinata
direzione e che perci per usarlo in senso inverso bisogna sfogliare spesso l'elenco delle
abbreviazioni oppure impararlo a memoria.
Sulla scorta di dizionari monolingui che hanno cominciato a fare un lessico dettagliato dei termini
metalinguistici di cui si servivano nelle voci lessicografiche, ora anche i bilingui iniziano ad
inserire compendi grammaticali molto sostanziosi al posto delle poche annotazioni grammaticali e
morfologiche di un tempo.
Quando per i prospetti e i compendi lasciano il posto a vere e proprie grammatiche
alfabetiche di estese dimensioni, bisogna fare, almeno tre considerazioni:
1. le grammatiche debbono essere ospitate solo da dizionari bilingui di mole ragguardevole,
dizionari, in sostanza, che non siano costretti a sacrificare il lemmario per far posto alla
grammatica;
2. la presenza di una grammatica tanto pi giustificata quanto pi il metalinguaggio e le
decisioni in fatto di fonetica, grammatica, ecc. adottati dalla redazione del dizionario si
discostano dalla tradizione e necessitano perci di spiegazione;
3. l'inglobare un testo di grammatica con note di stilistica non esime il dizionario
dall'ottemperare a quello che il suo compito specifico, cio fornire la grammatica di ogni
parola, i comportamenti idiosincratici di ciascuna parola-lemma.
Se infatti legittimo aspettarsi che l'utente di un dizionario bilingue i conosca le regole generali
della grammatica di L2, non si pu pretendere che conosca il comportamento di ciascuna parola nei
confronti di queste regole: in quest'ambito che il dizionario, e solo il dizionario, lo pu soccorrere.
Dare anche un testo di grammatica con le regole generali della L2 un lusso, un fiore
all'occhiello per distinguersi dalla concorrenza, soprattutto quando le scelte metalinguistiche e
grammaticali non sono innovative.
Il numero e la natura delle etichette abbreviate, dette anche qualificatori, relative a variet
regionali, diacroniche, di sottocodice, di registro, possono variare da dizionario a dizionario e da
lingua a lingua.
La tradizione spagnola, ad esempio, presenta una grande ricchezza di etichette per le variet iberoamericane di spagnolo: argentino, venezuelano, cileno, messicano, ecc. I dizionari di lingua inglese
pubblicati in Italia si limitano alla variet americana, molto raramente i bilingui di francese e di
tedesco presentano varianti regionali.
La maggiore o minore apertura verso la terminologia delle scienze e delle tecniche comporta
anche un numero pi o meno grande di etichette relative a tali terminologie. Il nucleo di etichette
che pi ha attirato l'attenzione dei metalessicografi tuttavia quello costituito dai qualificatori di
registro (colloquiale, popolare, triviale, familiare, ecc.), di variet diacronica (arcaico, neologismo,
ecc.) di connotazione (ironico, scherzoso, ecc.) oltre ad etichette come poetico, letterario,
dialettale, gergale.
Nella maggior parte dei casi la spiegazione del valore effettivo dei qualificatori e dei criteri con i
quali sono stati applicati viene lasciata all'intuizione del lettore.
Nella sua analisi delle etichette di registro nei dizionari francesi Hausmann fa notare appunto come
sarebbe necessaria una doppia etichettatura, una per lo scritto e l'altra per il parlato, per
esempio un'esclamazione popolare nel parlato come merde! diventa volgare nello scritto.
I dizionari bilingui in genere tengono conto del modo in cui i monolingui attribuiscono i
qualificatori, ma tendono a ridurne il numero: il problema nei monolingui e nei bilingui rimane
per lo stesso e si pu formulare brevemente con una domanda. Come possiamo essere sicuri che
le etichette attribuite ai lemmi e ai traducenti siano descrittive, cio rispecchino l'uso della
comunit linguistica, e non riflettano piuttosto le opinioni dei lessicografi?
Cresswell, mettendo a confronto il modo di etichettare di vari dizionari americani, giunto alla
conclusione che soltanto l'analisi di un largo corpus di dati linguistici potrebbe condurre
all'attribuzione non soggettiva di etichette di registro.
Non bisogna dimenticare tuttavia che i qualificatori sono una delle parti della voce lessicografica
pi soggette ad invecchiamento precoce, dal momento che l'uso cambia rapidamente.
Sulla base dell'esperienza, Collison sostiene che i moderni dizionari bilingui hanno una vita media
di circa venticinque anni.
2.2.4 I traducenti
I traducenti, cio le parole in lingua d'arrivo corrispondenti alla parola-lemma in lingua di
partenza, sono il cuore della glossa del dizionario bilingue. Sono degli eteronimi della parolalemma, ossia dei sinonimi in un sistema linguistico diverso.
Questa sinonimia fra lingue diverse gode di tutti gli svantaggi e i vantaggi della sinonimia fra
parole di una stessa lingua con una complicazione in pi, derivante dal fatto che viene sfruttata da
persone che non conoscono l'uso degli eteronimi in L2 e si devono basare sulle indicazioni del
dizionario.
La precisione dei traducenti sempre importante, ma meno decisiva quando si traduce dalla L2
in L1 in tal caso infatti, anche se le corrispondenze proposte dal dizionario non sono soddisfacenti,
l'utente, basandosi sul contesto e sulla competenza della propria lingua, pu trovare da solo il
traducente che gli serve. Quando invece si traduce dalla L1 alla L2 non si hanno altre possibilit che
quelle suggerite dal dizionario bilingue.
La corrispondenza strutturale. I casi in cui manca la corrispondenza di categoria grammaticale
fra parola-lemma e traducente sono molti. A volte il termine della lingua d'arrivo si inserisce in
modo diverso nella frase: i nomi di segno zodiacale vengono usati in italiano in frasi come Lei
del Leone che vanno tradotte in inglese She is Leo. In altri casi il traducente della lingua d'arrivo
contiene elementi variabili secondo il contesto: il francese n'est-ce pas e l'italiano vero?, no? in
coda alle domande sono resi in inglese in base al verbo che li precede.
Nei confronti della non corrispondenza strutturale i dizionari bilingui vanno gradualmente
migliorando, anche se nella maggioranza dei casi preferiscono dare un cattivo traducente che
dare un traducente costituito da una diversa parte del discorso. Finora la cura maggiore dei
dizionari stata concentrata sulla corrispondenza dei significati fra eteronimi appartenenti alla
stessa classe grammaticale.
Ci pu essere corrispondenza completa fra la parola-lemma e traducente, sia dal punto di vista
connotativo che denotativo, quando:
la corrispondenza totale
il lemma ha pi significati che richiedono traducenti diversi
il traducente ha, oltre al significato del lemma eteronimo, anche altri significati
La corrispondenza incompleta si ha quando i traducenti non rendono gli elementi denotativi e/o
connotativi della parola-lemma. Ci che si perde viene in genere recuperato attraverso spiegazioni
fra parentesi, che servono all'utente per capire in che cosa il traducente incompleto, ma che
l'utente non pu inserire nella traduzione di un testo. Il traducente in questi casi "una specie di
iperonimo o di iponimo interlinguistico". A differenza della sinonimia interlinguistica, detta
eteronimia, per questa situazione non stato coniato un termine specifico.
Per esempio: ingl. girlhood it. adolescenza; giovinezza (di ragazza).
La perdita di connotazione molto frequente: uno dei casi pi comuni quello rappresentato dal
traducente che non appartiene allo stesso registro. Ad esempio se traduco l'it. terrone col fr.
meridional, perdo il valore spregiativo.
Ci sono casi in cui una parola-lemma non ha corrispondenti nella lingua d'arrivo. Pu capitare
con qualsiasi parola, ma ci sono tre gruppi di parole che pi frequentemente degli altri non hanno
traducenti in lingua d'arrivo.
1. parole che non hanno una vera e propria funzione designativa ad esempio gli articoli,
certe preposizioni, certi avverbi e congiunzioni, le interiezioni, ma anche altre parti del
discorso che in certi contesti hanno funzione designativa e si possono tradurre con buoni
equivalenti e in altri contesti non richiedono o non hanno traducenti. Un caso di questo tipo
il non nella frase italiana pi furbo di quanto tu non creda. A queste parole che non
designano il dizionario bilingue non pu che affiancare un gran numero di esempi che
rendano conto della loro funzione e degli intorni in cui vanno o non vanno tradotte nella
lingua d'arrivo.
2. parole legate alla cultura della comunit, poich gli usi, le abitudini, i cibi di un popolo
non hanno necessariamente con quelli di altri popoli corrispondenze tali da poter sempre
istituire un rapporto fra parola-lemma e traducente. Il metodo pi comodo in questi casi
fare un prestito linguistico, cio adottare la parola straniera; altrimenti si pu creare un
neologismo o proporre un equivalente esplicativo, o un traducente generico (un
iperonimo) seguito da una definizione. Quest'ultima comunque sempre necessaria se il
dizionario bilingue vuole svolgere la funzione di mettere in contatto culture e non solo
lingue. Ovviamente pi le culture sono distanti, pi necessaria una spiegazione abbastanza
estesa.
3. Il terzo gruppo di parole costituito dalle cosiddette lacune onomasiologiche, cio dalla
possibilit che una lingua naturale non abbia una parola per designare situazioni, classi
d'oggetti o altro che pure fanno parte della vita della comunit culturale che parla tale
lingua come L1. Ad esempio, l'inglese d a nuts oltre il significato di "noci, nocciole "
anche il significato di "noci, nocciole, arachidi e altri frutti simili". L'italiano non ha un
traducente per questo secondo significato.
Per ovviare alle diverse forme di anisomorfsmo fra le lingue il dizionario bilingue si serve di
quattro tecniche, spesso usate contemporaneamente:
1. qualificatori del traducente come quelli usati per il lemma (soprattutto per mettere in guardia
contro le differenze di connotazione)
2. uso di segni d'interpunzione e di altri mezzi tipografici (per distinguere fra loro pi
traducenti);
3. brevi definizioni di ciascuna accezione della parola-lemma;
4. collocazioni ed esempi.
Oltre ai qualificatori di variet linguistiche e di sfumature connotative nei dizionari monolingui e
bilingui si fa uso si altre etichette per variegare ulteriormente le accezioni. Estensivo, figurato,
traslato, propriamente, particolarmente sono etichette che servono ad indicare come il traducente si
riferisce ad un senso 'stiracchiato' o 'ridotto' o 'trasiato' rispetto a quello generale dell'accezione.
Va da s che un lessicografo decide a volte di considerare uso figurato o estensivo ci che un altro
preferisce trattare come un'accezione diversa, per cui le glosse dei bilingui, proprio come quelle dei
monolingui , variano da un dizionario all'altro, per quanto concerne il numero delle accezioni di un
lemma.
Se due traducenti sono separati da una virgola, significa che sono tra di loro sinonimi o quasisinonimi. Se sono separati da un punto e virgola non hanno invece lo stesso significato. Il punto e
virgola a causa della sua pericolosa somiglianza con la virgola (somiglianza che ha spesso indotto
gli studenti a scegliere traducenti errati) sempre meno usato come separatore di senso.
peculiare costituito da quelle parole che potrebbero essere il soggetto o l'oggetto (nel caso dei
verbi) della parola-lemma usata in una frase o costituire con essa un sintagma (nel caso di
aggettivi e nomi). un procedimento usato soprattutto con i lemmi che sono verbi, ed anche
quello, fra i mezzi per distinguere i traducenti, pi 'vantato' nelle introduzioni. Il motivo di tale
attenzione evidente: questi intorni altamente probabili hanno un molo uguale a quello degli
esempi, talvolta sono delle collocazioni fisse.
Vi poi il sottogruppo di discriminazioni di significato che sono in relazione sintagmatica con il
lemma, ma richiedono, per essere ben intese, l'integrazione di parole omesse. Ad esempi o in
pannare detto del latte.
Una delle ragioni per cui le voci lessicografiche sono testi di difficile lettura sta proprio in questo
disinvolto passare da un piano all'altro, nell'usare rinvii ellittici alla metalingua lessicografica, rinvii
pronominali a parti precedenti della voce e nel costante, ineliminabile rinvio ai testi da cui i lemmi e
gli esempi sono stati sradicati, ai testi nei quali i traducenti dovranno essere immessi.
In che lingua vengono di solito date le discriminazioni di significato? I dizionari unidirezionali
le danno sempre nella L1 dell'utente, in entrambe le sezioni del dizionario; i dizionari che aspirano
alla bidirezionalit le danno nella lingua del lemma.
Quando un dizionario d le discriminazioni di significato nella lingua del lemma, decide di
aiutare l'utente che usa quella sezione per tradurre in L2: una scelta lodevole per perch tradurre
L2 pi difficile che tradurre da L2, ma comunque una scelta che orienta la bidirezionalit.
Un dizionario bilingue con intenti bidirezionali nel senso pieno della parola dovrebbe contenere
voci con le discriminazioni bilingui ma loro comportano per un grande dispendio di spazio.
Il compito del dizionario bilingue non definire i significati ma definire i confini d'uso della
unit lessicali della lingua di partenza visti 'con gli occhiali', nella prospettiva, della lingua
d'arrivo, ovvio che questi confini possono variare a seconda delle lingue a confronto.
La pratica di usare discriminazioni di senso sembra dunque inevitabile, soprattutto nei dizionari
attivi. Nei passivi hanno un'importanza minore perch l'utente riceve il fondamentale apporto di
informazione e discriminazione semantica costituito dal senso generale del testo in L2 che sta
traducendo.
deve preoccuparsi di registrare dal momento che, in mancanza di parlanti nativi, la fonte
principale, se non unica, di collocazioni per lo studente chi impara una L2.
Finora le collocazioni sono state trattate mescolando i dati provenienti dallo spoglio di corpus
con le intuizioni e la competenza del lessicografo: questo spiega perch dizionari diversi trattino
le stesse collocazioni in modo differente, e perch la maggior parte dei dizionari non distingua fra
collocazioni e modi di dire.
La differenza fra collocazioni e modi di dire o espressioni idiomatiche sottile, basata sul
concetto di sostituibilit e di mantenimento del senso da parte degli elementi costituenti.
Prendiamo come esempio: face the facts, the truth, the problem, the circumstances: in queste
collocazioni face ha il significato di "riconoscere 1'esistenza di qualcosa" o di "essere preparato a
fronteggiare" e perci accetta quel limitato numero di oggetti, creando uno schema di collocazione
ristretta. Face compare anche in face the music, quest'ultima un'espressione idiomatica per
mostrare coraggio, dove n music n face hanno conservato il loro significato originale, ma si
sono fusi in una sola unit semantica in cui the music non pu essere sostituito con the melody, n
face con un altro verbo.
La differenza fra collocazioni (ristrette) e combinazioni libere sta nella limitazione proveniente
dall'uso che caratterizza le prime, mentre le combinazioni filiere debbono soltanto badare, oltre, alle
esigenze, morfologiche e sintattiche, alla significativit, cos da non produrre accostamenti come
idee verdi senza colore.
Le collocazioni ristrette, piuttosto trascurate da linguisti che si occupano di rapporti semantici,
costituiscono invece, con i modi di dire, uno degli argomenti preferiti dell'analisi contrastiva e in
quanto tali dovrebbero ricevere particolare cura nei dizionari bilingui.
Un buon dizionario bilingue dovrebbe comportarsi come segue:
non registrare le combinazioni libere, n nella parte attiva n in quella passiva, perch sono
prevedibili su basi semantiche a partire dal significato delle singole parole ( perci inutile
dare esempi come il cane abbaia o l'aereo vola)
registrare le collocazioni ristrette nei dizionari attivi, non necessariamente nei passivi,
perch la traduzione pu essere fatta parola per parola e l'utente sa trovare da solo la
collocazione corrispondente in L, anche se diversa
registrare le espressioni idiomatiche soprattutto nei dizionari passivi, ma anche, in numero
minore, in quelli attivi.
Le collocazioni ristrette sono proprie anche della lingua standard, n colloquiale n colorita, e
vanno quindi apprese fin dal primo anno di studio di una lingua straniera.
Alle locuzioni idiomatiche, alle similitudini, ai proverbi in genere affidato un pesante compito:
illustrare il folklore verbale di una comunit.
I proverbi tendono ad essere elencati nei dizionari moderni in liste a parte, vuoi per sottolinearne lo
statuto di espressioni particolari per le quali si pu al massimo offrire un corrispondente in L2,
quasi mai una vera traduzione. Come per i lemmi che presentano limitazioni di registro, cos per i
proverbi accade che il loro valore scherzoso o volgare vada perso quando sono affiancati a
traducenti neutri.
Gli esempi nelle voci lessicografiche bilingui sono frasi intere col compito di mostrare come
funzionano la parola-lemma e il traducente in contesto. Servono ad aiutare chi non ama le
costruzioni sintattiche date astrattamente, ad es. regalare qualcosa a qualcuno, e comunque
contribuiscono a dare un'idea del modo in cui il traducente pu venir inserito in un contesto.
Gli esempi servono prima al compilatore del dizionario e poi all'utente. Infatti il lessicografo,
mentre si procura gli esempi tramite lo spoglio di testi scritti o attraverso parlanti nativi diventa,
consapevole delle differenze di senso, delle collocazioni ristrette e delle restrizioni grammaticali che
prima non aveva preso in considerazione.
Nei dizionari bilingui gli esempi non sono quasi mai stati, nemmeno nel passato, citazioni
d'autore: non dovrebbero inoltre venir costruiti dal lessicografo per provare la bont delle proprie
definizioni o dei propri traducenti, semmai dovrebbero costituire il punto di partenza per la stesura
di definizioni in un monolingue, per la scelta di discriminazioni di significato e di traducenti nei
bilingui.
Gli esempi che alla fine della compilazione il lessicografo decide di introdurre nella voce del
dizionario bilingue devono adempiere a funzioni specifiche:
delimitano l'area di significato della parola-lemma, anzi dovrebbero farne capire il senso
anche se l'utente non ha familiarit con i traducenti;
inseriscono la parola-lemma in un contesto grammaticale corretto, mettendo in evidenza la
classe grammaticale a cui appartiene la parola-lemma;
dimostrano che il traducente quello giusto in un determinato contesto e aiutano l'utente a
chiarire le potenziali ambiguit di traducenti polisemici
trasmettono informazioni sulla cultura; possono essere scenette di vita espresse nello stile di
un luogo.
Il lessicografo far sempre bene a servirsi di parlanti nativi perch al di fuori della lingua madre
difficile produrre esempi di buona qualit. Per la stessa ragione sono da evitare esempi tratti da
testi tradotti: potrebbero essere poco naturali o illustrare sensi periferici della parola-lemma.
D'altra parte quando ci si serve di testi scritti da parlanti nativi per parlanti nativi, bisogna fare
attenzione ad estrarre esempi che non richiedano all'utente di L2 conoscenze culturali che non
pu avere.
In genere ogni parola-lemma e ogni senso della parola-lemma dovrebbero essere
accompagnati da un esempio. A volte un solo esempio pu non bastare, ne sono necessari tanti
quante le aree di significato o i traslati della parola-lemma.
Sono da evitare gli esempi in cui:
viene illustrato solo un senso periferico del lemma;
la parola-lemma non importante nella frase;
il contesto troppo generale, per cui molte altre parole potrebbero essere sostituite
nell'esempio alla parola-lemma, compreso il suo antonimo.
Secondo alcuni i migliori esempi sono costituiti da almeno due frasi fra loro in relazione logica;
bisogna tenere presente, tuttavia, che la mole del dizionario strettamente legata alla lunghezza
degli esempi, per cui i lessicografi tendono a farli brevi, anche se non criptici.
Gli esempi, composti di una o due frasi, sono dei testi a tutti gli effetti: debbono essere
significativi, avere una coerenza interna ed esterna (rispetto al traducente), non debbono contenere
ellissi che oscurino la comprensione, debbono essere pragmaticamente efficaci, evitando di
offendere l'utente e cercando invece, se possibile, di trasmettere informazioni sulla comunit
linguistica che parla la L2.
3. Microstrutture al microscopio
3.1 Profili di voce lessicografica bilingue
Il modo in cui ciascun dizionario dispone i traducenti, i composti ed i derivati, gli esempi, la
fraseologia all'interno di una voce dedicata ad una parola- lemma polisemica pu variare
notevolmente.
molto difficile per una redazione lessicografica restare 80000, 100000 o 120000 e pi volte fedele
al modello di voce lessicografica che si prefisso e che descrive nelle introduzioni.
Spesso parti del discorso come le congiunzioni, gli articoli, le preposizioni, i pronomi, le
interiezioni obbligano il lessicografo a discostarsi dal modello per fronteggiare la mancanza di
un significato vero e proprio (le parole appartenenti a questa parte del discorso vengono infatti
dette parole vuote oppure si dice che hanno un "significato funzionale"). Certi verbi come fare,
dare, avere, andare, prendere,ecc. obbligano lestensore della voce ad adottare una
microstruttura particolare per ripartire una fraseologia abbondante. Le difficolt di questo
tipo, tuttavia, affliggono tanto il compilatore di dizionari monolingui quanto quello di bilingui.
Vi sono deviazioni dal modello di microstruttura adottato che sono invece esclusivo appannaggio
delle voci di dizionario bilingue. La natura bipartita del dizionario bilingue (L1-L2 e L2-L1) e il
fatto che le lingue avvicinate hanno caratteristiche strutturali diverse porta spesso ad avere
profili di voce simili ma differenti nello stesso dizionario. Un tipo di profilo sar influenzato
dall'indirizzo descrittivo che sempre ha la sezione L2-L1, l'altro risentir dell'assetto forzatamente
normativo della sezione L1-L2.
Una vera competenza linguistica implica un certo grado di creativit linguistica e che per il
momento la lessicografia bilingue non in grado di illustrare quest'aspetto creativo. Anzi il
dizionario, soprattutto nella parte L1-L2, dovendo elencare i tipici modi di dire corre il rischio di
trasformarsi in una raccolta di clichs abusati.
Ritornando alla presente realt lessicografica bilingue, in Italia vediamo che, come nella quasi
totalit della lessicografia bilingue internazionale, i profili di microstruttura pi comuni sono
almeno quattro. Spesso pi profili convivono nello stesso dizionario.
Profilo A:
Nei dizionari che seguono questo profilo (ad esempio, per le voci pi complesse, i due Garzanti, il
Ferrante-Cassiani) si trovano modi di dire e collocazioni dentro e fuori della sezione fraseologica.
La determinazione delle accezioni non molto curata e non segue criteri coerenti per tutte le voci
del dizionario. Le lingue come il francese, l'italiano o lo spagnolo che in luogo delle parole
composte hanno spesso locuzioni nominali del tipo ferro da stiro, o chemin de fer o arma da fuego,
inducono il lessicografo a inserire tali locuzioni a volte sotto le accezioni, a volte nella fraseologia.
Profilo B:
Questo profilo si ritrova in dizionari come il Robert-Signorelli, lo Skey, il Cambridge-Signorelli, il
Boch che si basano sull'accurata ripartizione delle accezioni fatta dal monolingue a cui si ispirano,
oppure creano tante accezioni da distribuire sotto di esse tutto il materiale a proposito e a
sproposito. Le parole composte sono in genere trattate come lemmi oppure, come accade nello
Skey, elencate in fondo alla voce.
Profilo C:
Cos procedono ad esempio il Sansoni tedesco e, con meno rigore, il Ragazzini. Nella parte tedescoitaliano del Sansoni le parole composte con il lemma sono, secondo la tradizione lessicografica
tedesca, raggruppate in un lemma a parte successivo.
Le maggiori differenze tra il profilo C e il profilo A sono:
il profilo C tende a elencare un numero maggiore di accezioni;
il profilo C non mette locuzioni idiomatiche o espressioni colloquiali sotto le accezioni; le
accezioni, elencate in modo piuttosto serrato, sono accompagnate soltanto da esempi brevi,
da aggettivi se il lemma un sostantivo, da complementi se il lemma un verbo, ecc.;
nella sezione italiano-L2 del profilo C le locuzioni nominali e verbali, come ferro da stiro,
prender sonno, sono nella fraseologia.
Profilo D:
La differenza fra profilo D e profilo C consiste principalmente nel fatto che in D le accezioni non
sono mai accompagnate n da esempi n da collocazioni : inoltre, mentre la sezione fraseologica di
C elenca alfabeticamente materiale eterogeneo, il corrispondente settore di D, specie se i lemmi
sono i dei verbi, si organizza in blocchi. Cos si comportano le voci del Sani: le voci complesse del
Larousse-Sansoni distribuiscono la fraseologia secondo l'ordine delle accezioni (risultano cos
molto simili alle voci con profilo B, se non fosse per i traducenti anticipati in testa alla voce).
Dal confronto si possono ricavare due conclusioni:
1. molto spesso la scelta del profilo determinata oltre che da decisioni redazionali
influenzate dalle rispettive tradizioni lessicografiche nazionali o dai monolingui presi a
modello - anche dalle caratteristiche proprie di ciascuna lingua. (il profilo C, ad esempio, si
trova nei bilingui di inglese e di tedesco);
2. dizionari che seguono lo stesso tipo di profilo possono ordinare e suddividere le accezioni
dello stesso lemma in modo diverso.
adottate da un buon dizionario monolingue della lingua a cui appartiene il lemma, perch
necessario tener conto delle distinzioni di significato implicate dalla presenza o assenza di
traducenti isomorfi.
I lemmi con un solo significato e pure i lemmi polisemici del monolingue possono, per necessit
di traduzione, vedersi attribuire un numero di accezioni maggiore nel bilingue. norma
diffusa nei bilingui promuovere ad accezione i sensi figurati che di solito i monolingui trattano
sotto accezioni pi vaste.
Ad esempio, se nello Zingarelli vocabolario monolingue della lingua italiana, fiume ha un'accezione
principale "corso d'acqua e poi due accezioni secondarie "greto, letto di fiume" e "grande
quantit", nel Boch, a causa della presenza in francese dei traducenti fleuve e rivire, il lessicografo
ha dovuto sdoppiare l'accezione principale dello Zingarelli per specificare che quando il fiume un
affluente si traduce rivire.
D'altra parte pu accadere, quando il traducente ha la stessa ampiezza semantica del lemma,
che la microstruttura polisemica del dizionario monolingue diventi ridondante nel bilingue. Il
dizionario bilingue infatti non deve descrivere il significato ma delimitarlo: di contro ai 3 significati
principali di nuovo che il monolingue Devoto-Oli propone (1 contrapposto a 'vecchio'; 2
contrapposto a 'usato'; 3 'inesperto'), il Langenscheidt italiano e tedesco ne ne presenta un solo
proprio perch neu ha gli stessi significati del lemma italiano.
II dizionario Sansoni tedesco e italiano arriva a dieci accezioni (tutte tradotte con neu, seguito da
traducenti pi specifici); il Ciardi Dupr-Escher d "neu (giovane) / jung (fresco) / frish (estraneo)
etc. Una voce di questo tipo induce nell'utente italiano la falsa impressione che ad esempio, nuovo
nel senso di "inesperto" non si possa dire in tedesco neu. La voce del Sansoni invece non rinuncia a
descrivere analiticamente i significati di nuovo (come fa un monolingue), ma rassicura l'utente che
neu una buona traduzione in tutti i casi, anche se propone traduzioni pi precise per ogni contesto.
Questo atteggiamento, comune ai dizionari bilingui pi curati, certamente utile nella libera
composizione di testi in L2, ma pu portare a casi di ipertraduzione, di traduzione pi precisa
dell'originale.
Tutti i casi di corrispondenza incompleta fra lemma e traduzione portano a voci lessicografiche
bilingui con accezioni non perfettamente coincidenti con quelle delle voci dei rispettivi dizionari
monolingui, proprio perch la lingua d'arrivo ci obbliga a dar rilievo a sfumature di significato
non importanti per il parlante nativo della lingua di partenza, ma fondamentali per la lingua
d'arrivo, che codifica e segmenta in modo diverso quella particolare porzione di realt.
Si pu concludere dicendo che le possibilit d'uso del lemma individuate dai dizionari
monolingui della lingua di partenza costituiscono l'ossatura della voce bilingue; su
quest'ossatura vanno operati raggruppamenti o ulteriori specificazioni di significati in funzione del
paesaggio lessicale della lingua d'arrivo, ma non bisogna cadere nell'estremo opposto e cio
giungere a strutturare la voce bilingue in base alla lingua d'arrivo.
La redazione lessicografica della casa editrice olandese van Dale ha adottato una microstruttura
che cerca di snellire la consultazione di esempi, collocazioni, fraseologia. Il dizionario (molto
ampio) rivolto ad olandesi che debbano leggere testi in francese o tradurre dal dizionario
passivo, pensato per aiutare utenti non proprio alle prime armi destinato agli allievi delle
secondarie superiori e al pubblico adulto ma comunque utenti per i quali pi comodo risalire
dall'intorno linguistico al senso che non viceversa, come li obbligano a fare le altre microstrutture.
Presentano voci lessicografiche cos strutturate:
1. l'incertezza circa la parte di discorso da considerare per decidere sotto quale numero
rubricare un'espressione linguistica (bisogna basarsi sulla parola che precede il lemma o su
quella che lo segue? Che bisogna fare in caso di parole facoltative?)
2. il dare per scontato che l'utente conosca e sappia individuare le parti del discorso
3. la dispersione in rubriche diverse della fraseologia con senso simile
Non considero uno svantaggio l'iniziale smarrimento che questa microstruttura provoca in chi
abituato a consultare i dizionari bilingui con voci dai profili pi tradizionali, perch ci si orienta in
fretta. La casa editrice van Dale ha fatto delle ricerche ed ha rilevato che gli allievi delle scuole
superiori hanno imparato rapidamente a servirsi della nuova voce lessicografica; pi difficolt
hanno avuto gli adulti abituati a raggruppamenti fraseologici basati sul senso.
Si pu affermare che una voce lessicografica con una microstruttura distribuzionale stimola
la competenza grammaticale, non tanto quella che si esplica nell'enunciazione di regole, ma quella
che porta a riconoscere la composizione degli intorni linguistici di una parola straniera.
Circa la difficolt che abbiamo messo in primo piano, ossia il problema di stabilire quale parola
dell'intorno linguistico considerare per sapere sotto quale numero cercare l'eventuale
traduzione, bisogna dire che una questione di grande rilevanza e di soluzione, almeno dal punto
di vista metalinguistico abbastanza complessa.
I lessicografi che hanno redatto i dizionari van Dale non si sono infatti basati su un criterio
puramente distribuzionale, non hanno cio rubricato le varie espressioni sempre e solo in base alla
parte del discorso immediatamente precedente il lemma o immediatamente seguente. I curatori dei
dizionari van Dale sostengono che le loro strategie di rubricazione seguono le strategie di
ricerca, che l'utente portato spontaneamente ad adottare quando deve cercare una
espressione.
Queste priorit sono state anche adottate per decidere in quale voce registrare locuzioni
idiomatiche pi o meno complesse. Se la locuzione contiene un sostantivo, un aggettivo, un verbo
viene registrata in genere in tre voci, quella con il sostantivo come lemma, quella con l'aggettivo
come lemma e quella con il verbo come lemma. La ricerca della voce che ha come lemma il
sostantivo presente nella locuzione in ogni caso sempre la pi sicura.
La parte iniziale della glossa quella maggiormente sfruttata, lo studente passa al traducente
successivo soltanto se il primo palesemente inadatto. Le informazioni sintattiche non sono molto
usate: vi si ricorre solo se il traducente non si adatta al contesto.
Dall'esperimento di Tono si ricavano suggerimenti sulla forma da dare alla microstruttura di
dizionario passivo(L2-L1) che danno ragione al profilo D e al profilo olandese, i quali ammassano
tutti i traducenti all'inizio della glossa senza inframmezzare esempi.
Al di l dei manuali nati per uno specifico dizionario o dei corsi di lessicografia con esercizi, un
fatto veramente indicativo dell'avvenuta rivalutazione del dizionario bilingue
nell'insegnamento della L2: sempre pi spesso corsi di lingue e testi di avviamento della L2
contengono sezioni dedicate all'uso del dizionario bilingue o suggeriscono esercizi in cui tale uso
implicato.
Pi frequente resta tuttavia il rimando all'imitazione del dizionario monolingue; ad esempio: nei
moderni corsi di francese per stranieri c' una tendenza crescente a "vocabolarizzare" i manuali,
cio a dare maggior spazio all'apprendimento delle parole (rispetto alla precedente insistenza sulle
strutture sintattiche) e a presentare il materiale lessicale cos come fanno i dizionari.
ricercato molto spesso solo dal 51%; in compenso il monolingue viene consultato molto spesso dal
49% per trovare sinonimi e dal 36% per le informazioni grammaticali.
Fra le parti del discorso, gli intervistati consultano nei dizionari bilingui soprattutto i verbi (95%),
i nomi (93%) e gli aggettivi (78%). Quanto all'alta frequentazione delle voci relative ai verbi questa
dipende molto probabilmente dal fatto che lo studente sa 1) che la costruzione del verbo condiziona
la struttura della frase 2) che nei dizionari bilingui le voci riguardanti i verbi sono quelle pi ricche
d'esempi e di suggerimenti grammaticali.
Gli studenti rispondono non in base a quello che fanno realmente, ma in base a quello che pensano
dovrebbero fare.
Per quale attivit usa maggiormente il bilingue? Gli studenti in sostanza usano il dizionario
bilingue per attivit decodifica (ma arrivati ad una maggior padronanza in genere preferiscono usare
per tale scopo il monolingue di L2) e per attivit di codifica in L2, soprattutto quando questa non
libera (composizione), ma legata ad un testo assegnato (traduzione in L2).
Le stata fatta una lezione sull'uso del dizionario bilingue? Il 62% sostiene di non averla mai
avuta. Autonomamente gli studenti non sono molto curiosi.
Fra gli studenti italiani, il 50% di quelli intervistati da Sora sono insoddisfatti del proprio
bilingue perch "non trovano quello che cercano. Scavando fra i motivi di insoddisfazione si
scopre che i maggiori torti del bilingue sono il non dare sufficienti indicazioni per scegliere il buon
traducente tra molti, o, ed in pratica lo stesso, il non dare la traduzione contestuale, il negare le
necessarie informazioni grammaticali e sintattiche. Solo una minoranza rimproveri al dizionario
bilingue di non avere tutte le parole che vi ha cercato: le altre lamentele sono infatti sulla qualit,
sempre migliorabile, mentre sulla quantit di lemmi inseribili in un dizionario bilingue generale in
un volume influiscono limiti fisici non superabili.
Il monolingue di L2 in genere raccoglie maggiori consensi; fra quanti hanno risposto al
questionano di Marello il 67% ne soddisfatto.
Che cosa renderebbe pi facilmente consultabile un dizionario bilingue? In ordine d'importanza
sono stati indicati come elementi facilitanti:
una pi chiara impostazione tipografica
un maggior numero di rimandi da lemmi difficili (ad esempio, forme irregolari) a lemmi
facili (forme regolari: singolari, presente, ecc.)
un uso limitato delle abbreviazioni
l'introduzione di verb patterns come quelli dei monolingui inglesi.
Come si pu constatare con il progredire degli studi diminuisce l'importanza attribuita al
dizionario bilingue e cresce quella assegnata al monolingue di L2.
grande. Soltanto 6 su 31 dichiarano di non consentirne l'uso (Io sono il loro vocabolario per le
parole che non conoscono).
Praticamente tutti i professori fanno pi di un dizionario. Alla domanda circa i criteri seguiti nello
scegliere dizionario bilingue che usano pi spesso, ben 12 (28%) professori su 42 rispondono che
usano un certo dizionario perch stato loro regalato; 3 ne hanno letto una recensione favorevole, 2
dicono che stato loro consigliato da chi ha preso parte a la redazione del dizionario o da un
professore universitario, 3 dicono d'averlo esaminato e d'averlo trovato buono.
Alla domanda riguardante lo scopo per cui usano pi di frequente il dizionario bilingue, 20
(48%) hanno risposto che lo usano per tradurre in L2, 15 (36%) per tradurre dalla L2.
Il 70% degli insegnanti della media inferiore consiglia l'acquisto di un bilingue ai proprio allievi,
almeno a partire dal terzo anno; anche l'81% dei docenti delle superiori lo consiglia. La totalit
d'accordo nel raccomandarne l'uso ad allievi di corsi medi ed avanzati: il 71% lo sconsiglia ai
principianti.
I criteri in base ai quali gli insegnanti consigliano un dizionario bilingue piuttosto che un altro
sono nell'ordine:
contiene informazioni sulla costruzione sintattica e ha molti esempi tradotti
facile da consultare
il pi aggiornato
ha un maggior numero di lemmi.
"gli studenti intervistati si dimostrano fioco competenti in lessicografia (...) gli insegnanti non
appaiono pi adatti degli altri a giudicare in modo circostanziato i dizionari, n quindi a consigliare
l'uso di questa o quell'opera con piena conoscenza di causa"
Il 45% degli insegnanti favorevole alla creazione di dizionari bilingui per fasce di utenti; il
52% invece non favorevole e risponde che "gi esistono i tascabili e le edizioni ridotte",
"sarebbero soltanto un'operazione commeriale", "il quadro della lingua offerto dal bilingue deve
essere il pi completo possibile", si finirebbe insomma per "impigrire troppo gli allievi".
Soltanto il 17% dei docenti afferma di non fare una lezione in cui spiega come usare il dizionario
bilingue; gli altri la tengono per lo pi in seconda o terza media e nelle superiori al secondo o terzo
anno di studio della lingua.
Il 38% fa usare il dizionario bilingue in classe, generalmente nelle superiori, per attivit di lettura
collettiva di giornali; ci tuttavia non accade molto sovente. Il 67% assegna compiti a casa che
richiedono esplicitamente l'uso del bilingue.
Il 38% dei professori non insegna a leggere l'Alfabeto Fonetico Internazionale, ma curiosamente
soltanto l'11% ritiene non importante l'indicazione della pronuncia in IPA
La quasi totalit degli insegnanti delle superiori usa un monolingue di L2, mentre il 30% degli
insegnanti della scuola media asserisce di non usarlo.
Mentre soltanto 2 insegnanti della media consigliano ai propri allievi migliori un monolingue di
L2, il 58% degli insegnanti delle superiori ne raccomanda l'acquisto.
Il quadro complessivo che si ricava dalle risposte degli insegnanti non scoraggiante, ma
nemmeno del tutto confortante: molti docenti dimostrano di avere un'idea piuttosto chiara della
natura e della funzione del dizionario bilingue, ma non guasterebbe una formazione pi specifica in
merito. Se l'83% degli insegnanti dichiara di fare una o pi lezioni per spiegare l'uso del bilingue,
ma solo il 37% degli studenti afferma d'aver ricevuto insegnamenti di tal tipo, vuol probabilmente
dire che, anche quando una lezione c' stata, non ha lasciato il segno e si pu ancora lavorare molto
per migliorare l'efficacia della didattica preparatoria all'uso del dizionario.
poi necessario considerare se il dizionario include fra gli elementi non lessicali:
etimologia, data di prima attestazione (entrambe rare nei bilingui)
pronuncia
diagrammi, illustrazioni
esempi d'autore
descrizioni grammaticali nell'introduzione e nelle glosse con eventuali rimandi.
Fra le indicazioni grammaticali incluse nelle glosse vanno notati: i plurali o le coniugazioni
irregolari, il genere dei nomi, i comparativi, l'indicazione circa il fatto se un nome numerabile (ad
es. ingl. Furniture, a piece of furniture); le costruzioni sintattiche richieste da verbi, aggettivi, nomi;
il cambio di significato di un aggettivo in posizione attributiva o predicativa (ad es. fr. una donna
buona - una buona donna).
A proposito dei traducenti importante constatare
se il dizionario bilingue si sforza di dare traducenti che sono unit lessicali sostituibili ed
evita il pi possibile parafrasi esplicative
se le discriminazioni di significato sono sufficienti e sono date nella lingua giusta (devono
essere nella lingua del lemma se precedono il traducente, nella lingua del traducente se lo
seguono)
se il dizionario mono- o bidirezionale
se i traducenti rispettano il registro
se le due parti del dizionario sono coerenti ed equilibrate (cio se possibile, ribaltando le
voci, arrivare ai lemmi da cui si era partiti)
Va posta attenzione al modo in cui sono dati i lemmi (la pronuncia e l'eventuale divisione in sillabe
sono inserite nel lemma o sono a parte?); al rispetto dell'ordine alfabetico anche per i sottolemmi o
per i lemmi di pi parole; al numero di liste alfabetiche (i nomi propri e le sigle sono inseriti nel
lemmario generale o sono elencati a parte?).
utile osservare in quale voce (in quali voci) stata inserita un'espressione idiomatica complessa
come prendere due piccioni con una fava.
Infine si deve esaminare com' strutturata la voce quando un lemma pu appartenere a parti del
discorso diverse e stabilire qual l'ordine dei traducenti in parole polisemiche. Si deve anche
appurare se l'omonimia trattata come nei monolingui o diversamente e se l'impostazione
tipografica buona, cio facilita la comprensione della struttura della glossa e del lemmario.
Un dizionario sempre perfettibile, e quindi nessuno dovrebbe stupirsi troppo se manca una
parola o un certo traducente non buono: quello che alla fine il lettore della recensione deve
riuscire a capire se le imperfezioni sono tali da rendere l'intero dizionario incompleto e
inaffidabile o se nel dizionario c' qualcosa di buono che non si trova in nessun altro dizionario.
Si dovrebbe anche dare pi peso di quanto egli non sembri attribuire all'esame degli esempi inclusi
e tradotti nel bilingue e ai profili di microstruttura che ho esaminato nei 3.1 e 3.3.
Conclusione
Il dizionario bilingue non in via d'estinzione, ma sta subendo, dopo quasi quattro secoli di
sostanziale staticit, un'evoluzione. Non estranei a questa spinta evolutiva sono da una parte il
cambiamento degli utenti (pi numerosi, relativamente meno colti, con una maggior possibilit di
viaggiare) e dall'altra l'avvento dell'elaborazione elettronica dei dati linguistici.
Studiando come gli utenti interrogano i dizionari nei computer si avr un quadro, molto utile
per i lessicografi e gli editori, dell'uso effettivo e delle capacit di consultazione di fasce
determinate di pubblico. Contemporaneamente tale quadro servir a migliorare il software per la
consultazione tramite computer.
Per intanto il panorama italiano della lessicografia bilingue stampata fra i pi affollati
d'Europa, anche se non uno dei pi innovativi. I dizionari che affiancano inglese e italiano e
quelli che accostano francese e italiano sono mediamente migliori di quelli per italiano e tedesco e
nettamente superiori alla produzione per italiano e spagnolo.
Si possono individuare caratteristiche comuni fra i dizionari relativi alla stessa lingua
straniera: cosi ad esempio vi una tradizione "torinese" nel dare per le espressioni francesi ritenute
difficili la pronuncia anche di seguito al traducente francese e non solo dopo il lemma francese.
Altrettanto peculiare il fatto che i dizionari per spagnolo e italiano diano etichette abbreviate e
discriminazioni di significato nella lingua del traducente, come per favorire soprattutto l'uso passivo
del dizionario.
Non sempre per allievi ed insegnanti sono preparati ad affrontare un'opera di riferimento
tanto complessa, perch ne hanno un'immagine distorta e parziale.