assolutamente nuovo e la stessa bellezza non pi giudicata come raggiungimento di una perfezione misurata in base a canoni o norme precostituiti. Ci che caratterizza la riflessione estetica moderna il riconoscimento che larte e il bello sono nozioni individuali e storiche, e in quanto tali fanno ap- pello non allintelletto e alle sue regole bens al sentimento. Il riconoscimento della connessione inscindibile tra e. e sentimento centrale nel dibattito filosofico settecentesco, da Hume a Rousseau. quanto troviamo, per es., in Shaftesbury, che, descrivendo la facolt della percezione estetica come una sensazione corporea, immediata, non riflessiva, senza principi e definitiva, identifica il sentimento con la fonte stessa della valutazione estetica. Sempre a partire dal 17 sec., nella riflessione estetica accanto alla nozione di sentimento viene maturando anche quella di gusto; si tratta di una nozione che, lungi dallessere riconducibile a regole fissate una volta per tutte e valide dunque a priori (in modo cio universale e necessario), appare caratterizzata da una vaghezza di fondo, da una irriducibile indeterminatezza. Ma se le. si basa su nozioni soggettive quali appunto il sentimento e il gusto, sembra allora che si perda quella dimensione universale che dovrebbe caratterizzare il nostro giudizio quando definiamo bello qualcosa. La Critica della facolt di giudizio di Kant. questo il problema affrontato da Kant con la Critica della facolt di giudizio (o Critica del giudizio ) (1790). Fondamentale, nella riflessione estetica elaborata da Kant, la distinzione tra giudizio determinante e giudizio riflettente: se, nel primo caso, che il caso della conoscenza scientifica, luniversale (ossia la regola, il principio, la legge) qualcosa di gi dato e se il giudizio, da questo punto di vista, consiste nella mera sussunzione del particolare (il dato empirico) sotto luniversale, al contrario, nel secondo caso quello del giudizio riflettente, sul quale secondo Kant si fonda la
possibilit stessa dei giudizi estetici , ci che dato
non luniversale bens il particolare. Nel caso dei giudizi estetici infatti luniversale, lungi dal costituire una norma predeterminata, qualcosa che deve essere trovato, non indipendentemente dalla contingenza dellempiria, ma appunto al suo stesso interno, ossia nella concretezza e nella determinatezza del particolare. Ora, se vero che quello propriamente estetico un giudizio pronunciato non sulla base di una definizione logica, bens sulla base di un sentimento, allora il problema che si pone come conciliare la soggettivit di tale giudizio con quella necessaria intersoggettivit e dunque universalit che si manifesta nel momento stesso in cui il soggetto pronuncia un tale giudizio, giacch con esso si pretende il consenso di ognuno. In questo senso, secondo Kant, i giudizi estetici sono soggettivamente universali. Questo significa che in un giudizio estetico ci che propriamente viene alla luce un senso comune, ossia un senso o sentimento condiviso, qualcosa insomma di universalmente comunicabile. La riflessione filosofica del 19 sec. da Hegel a Nietzsche. Come si detto, centrale nella riflessione estetica la questione del particolare, la questione cio relativa a tutto ci che, nella sua irriducibile individualit e singolarit, tende a sottrarsi a ogni possibilit di spiegazione e di definizione in termini logico-concettuali. Da questo punto di vista la sfera dellindividuale e del particolare qualcosa che, escludendo ogni determinazione di carattere normativo, fa appello piuttosto a una conoscenza di tipo storico. Ed proprio il riconoscimento del carattere radicalmente e costitutivamente storico dellesperienza artistica il tratto specifico che, a partire dal Romanticismo, caratterizza la riflessione estetica moderna e contemporanea, arrivando a vedere nellarte qualcosa di superabile. quanto troviamo in Hegel, per il quale larte, pur essendo uno dei modi, una delle forme fondamentali in cui la verit realizza s stessa nel
tempo, tuttavia una dimensione destinata a essere
superata storicamente, prima dalla religione cristiana e poi dalla filosofia che, meglio dellarte, riescono a manifestare lAssoluto. Pi in generale, per Hegel, compito delle. mostrare come larte, e in partic. il bello, sia la manifestazione, lapparizione sensibile dellidea, ossia dellintelligibile, e come tale manifestazione dia luogo, nel tempo, a una molteplicit eterogenea di forme (larte simbolica, larte classica, larte romantica), che corrispondono ai diversi gradi e livelli di sviluppo dellAssoluto. Cos, se nellarte simbolica (essenzialmente quella orientale) lidea ancora prigioniera dellelemento sensibile, e se larte classica caratterizzata dal raggiungimento di un perfetto equilibrio di ideale e reale, di materia e spirito, il tratto caratteristico dellarte romantica invece la capacit di esprimere, a un livello superiore di autocoscienza, il processo di emancipazione dellintelligibile dal sensibile: la piena liberazione dellinteriorit (lidea) da quei vincoli e condizionamenti di carattere fisico-materiale (la natura) che, tanto nellarte simbolica quanto nellarte classica, risultano ineliminabili. Nella seconda met del 19 sec. la centralit che il sensibile assume nella riflessione estetica sottolineata in partic. da Nietzsche. Cos, contro quella tradizione metafisica che da Platone a Hegel, passando attraverso il cristianesimo ha affermato il primato assoluto dellintelligibile rispetto al sensibile, e quindi dello spirito rispetto al corpo, al centro della riflessione estetica nietzscheana c proprio la rivalutazione non solo dellapparenza e del sensibile, ma anche della corporeit e di tutto ci che le connesso: la finitezza, la contingenza, la caducit. In questa prospettiva quello che Nietzsche propone non tanto un mero capovolgimento della tradizione platonico-cristiana come se ora il primato fosse assegnato al sensibile e al corpo, in opposi- zione allo spirito e allintelligibile quanto la consapevolezza che lintelligibile si d solo e proprio attraverso il sensibile; quanto troviamo nella Prefazione alla seconda edizione
della Gaia scienza () (1887), quando Nietzsche
afferma che la verit, come la bellezza, si mostra solo in quanto velata. Questa rivalutazione del sensibile emerge gi nella Nascita della tragedia () (1872), attraverso la tematizzazione del rapporto inscindibile che lega apollineo e dionisiaco ossia visibile e invisibile, forma e vita. Proprio nella Nascita della tragedia, appunto sulla base della distinzione tra apollineo e dionisiaco, Nietzsche afferma che la bellezza ossia la forma, in quanto bella apparenza una dimensione che i Greci hanno inventato per rendere sopportabile la vita e tutto ci che la caratterizza: la sofferenza, il dolore, la morte. quanto emerge, in modo esemplare, dallepica omerica. E tuttavia, sempre secondo Nietzsche, se lopera darte suprema costituita non dallepica omerica bens dalla tragedia attica, questo dipende dal fatto che, mentre nel caso dellepica, la forma apollinea serve a nascondere il pathos dionisiaco, presentandosi cos come una liberazione dal dionisiaco, al contrario, nel caso della tragedia, quello che emerge un perfetto equilibrio di pathos e forma, nel senso che il dionisiaco si scarica nella forma apollina, s che questa si presenta come una liberazione del dionisiaco. La riflessione estetica del Novecento. Nellambito della prima met del Novecento, una delle figure pi significative, nel campo delle., senza dubbio quella di Lukcs, del quale si pu distinguere una produzione cosiddetta giovanile da una pi matura, segnata dal confronto sistematico con la filosofia di Marx. La questione centrale negli scritti del giovane Lukcs quella relativa al rapporto, gi tematizzato da Nietzsche, che lega arte e vita, ossia arte e realt. quanto emerge da una delle sue prime raccolte di saggi, Lanima e le forme (1910), dove, contro la pretesa tipicamente romantica di realizzare nella vita lassoluto, Lukcs sottolinea come al conseguimento dellopera darte, in quanto forma, sia inscindibilmente connesso il sacrificio della vita. Proprio mettendo in
questione tale subordinazione della vita rispetto
allopera, Lukcs introdurr quella nozione di bont, intesa appunto come rispetto della vita giudicata irriducibile a ogni possibilit di spiegazione logica , che sar decisiva per la comprensione dei personaggi e dellopera di Dostoevskij. quanto troviamo in quel Manoscritto-Dostoevskij, del quale la Teoria del romanzo avrebbe dovuto costituire unintroduzione e che invece sar pubblicata autonomamente nel 1916. Nella Teoria del romanzo, unopera fondamentale per qualunque riflessione relativa al grande romanzo tra Ottocento e Novecento, Lukcs sostiene che proprio il romanzo la forma darte che, nel mondo moderno, meglio porta a rappresentazione la perdita di quella totalit, intesa come immanenza del senso nella vita, che invece caratterizzava il mondo greco quale era espresso dallepos omerico. Inoltre, grazie alla presenza di quellelemento riflessivo dal quale nessun autentico romanzo pu prescindere, la totalit, ossia il senso, che il romanzo mostra, una totalit non organica, come nellepica classica, ma propriamente creata: qualcosa che appartiene non alla vita ma al romanzo stesso. Ed proprio in virt della sua capacit di conservare la differenza tra arte e realt, che il romanzo, si distingue da quella che Lukcs definisce letteratura amena. Nelle opere della maturit al centro della riflessione di Lukcs assumono invece unimportanza decisiva le nozioni di realismo e di rispecchiamento. Cos nellEstetica (1963), Lukcs afferma che vedere nella grande arte un rispecchiamento della realt, significa considerarla non come una mera riproduzione naturalistica dellesistente bens come la rappresentazione delle contraddizioni immanenti alla realt. Di qui, per un verso, limportanza assegnata alle grandi opere dellarte non a caso definita realistica da Goethe a H. Balzac, da Th. Mann a L.N. Tolstoj e, per altro verso, laspra critica che Lukcs rivolge alle avanguardie letterarie e artistiche della prima met del 20 sec., considerate come lespressione, la punta estrema dellideologia irrazionalistica promossa dalle
classi borghesi dominanti. Resta tuttavia il fatto che,
come sottolineer Adorno, nella riflessione estetica di Lukcs manca una vera attenzione agli elementi propriamente formali dellopera. I contributi di Benjamin e di Adorno. Anche nella riflessione estetica sviluppata da Benjamin, come in quella di Nietzsche, la questione del rapporto che unisce verit e bellezza assume unimportanza centrale. Il fatto che, per entrambi, sia la verit che la bellezza si manifestano solo in quanto velate. Di qui il loro carattere strutturalmente inafferrabile, ossia mai del tutto esprimibile. quello che emerge, in partic., dalla Premessa gnoseologica che apre lOrigine del dramma barocco tedesco (1928), e dal saggio dedicato alle Affinit elettive di Goethe (1922). Questo riconoscimento dellinafferrabilit del bello decisivo per capire la nozione di aura attraverso la quale Benjamin designa lapparizione unica di una lontananza per quanto questa possa essere vicina. Da questo punto di vista ci che laura manifesta linsuperabilit della distanza che divide eternit e tempo, assoluto e contingente. Non solo, ma la condizione perch si possa parlare di aura lesistenza di quella forma grazie alla quale abbiamo a che fare non con un oggetto naturale o industriale ma appunto con una vera opera darte. Gi nel saggio Lopera darte nellepoca della sua riproducibilit tecnica (1936) Benjamin mette in evidenza come, nella modernit, alla perdita irrimediabile di una tale dimensione auratica, ossia dellunicit e irripetibilit dellopera, sia strettamente connessa una produzione artistica basata sulla riproducibilit tecnica: quanto mostrano la fotografia e il cinema. questa una dimensione profetica del saggio di Benjamin del 1936, se consideriamo il fatto che, negli ultimi decenni del Novecento, la perdita dellaura e dellimportanza assegnata alla forma dar luogo a quella che sar definita perdita della esemplarit dellarte. Nel Novecento lautonomia delle. dalla storia stata difesa da quelle posizioni antiromantiche che si sono opposte
alla prospettiva di unintegrale dissoluzione dellarte nel
processo storico. quanto emerge dalla Teoria estetica (1970) di Adorno nella quale, proprio in riferimento alla questione dellautonomia o meno dellarte, viene introdotta la distinzione tra arte tradizionale, arte moderna e arte davanguardia. Cos, se nellarte tradizionale, che separa arte e vita, e dunque opera e cosa, lopera darte caratterizzata dai requisiti della bellezza e delleternit al contrario, nellarte davanguardia, caratterizzata dalla perdita di ogni distinzione tra arte e vita (ossia tra arte e realt), la negazione dellautonomia artistica porta a confondere opera e cosa, con il conseguente venir meno di quei requisiti di bellezza ed eternit ai quali anche larte moderna rinuncia, pur mantenendo lautonomia dellopera. In questa prospettiva larte moderna unarte che, lungi dal presentarsi come mero oggetto di contemplazione e (in termini kantiani) come fonte di un sentimento di piacere disinteressato, deve offrirsi in modo pienamente consapevole alla contingenza del mondo e alla temporalit. Il risultato , per un verso, la tendenza dellopera a risolversi in qualcosa di irriducibilmente caduco e precario e, per altro verso, lesigenza di salvaguardare quellautonomia della sua forma grazie alla quale soltanto lopera riesce a opporsi allempiricamente esistente; solo cos lopera si sottrae a quei processi di livellamento e di omologazione che lindustria culturale promuove e che, di fatto, riducono ogni espressione artistica a mera ratifica dellesistente. Tale nozione di forma, assolutamente centrale nella riflessione estetica di Adorno, intesa come contenuto sedimentato. Questo significa che la stessa forma portatrice di un contenuto di verit, vale a dire di una storicit immanente e, come tale, memoria di tutto ci che nel mondo stato represso, rimosso, cancellato. Di qui la funzione propriamente critica dellarte moderna, la sua forza utopica: la capacit di mostrare non laltro dal mondo, bens laltro del mondo, quellaltro cio che non ha avuto alcun accesso allesistenza (il mondo dei vinti, dei
morti, di quanti hanno sofferto). Cos, contro le diverse
forme dellavanguardia e della neoavanguardia contro quelle tendenze che conducono a una dissoluzione dellarte nelle azioni (dadaismo), nellespressione (espressionismo), nella rivoluzione della vita quotidiana (surrealismo) viene ribadita la necessit di una rigorosa distinzione tra arte e vita e, quindi, tra finzione e realt. Pi in generale, interrogandosi sul senso e sulla legittimit dellesperienza estetica, in partic. dopo la tragica frattura di Auschwitz, Adorno mette in evidenza come al punto di vista strettamente estetico, proprio dellarte tradizionale unarte fondata sul tentativo di mostrare lirrappresentabile (lassoluto, leterno) attraverso il rappresentabile (la contingenza, il finito, il tempo) larte definita moderna abbia invece sostituito il punto di vista propriamente etico della testimonianza. Testimoniare, in questo senso, significa raccontare (ossia rappresentare) quello che impossibile raccontare del tutto e in modo definitivo: significa parlare in nome di quanti non hanno pi, o non hanno mai avuto, la possibilit di parlare. In questa prospettiva laltro del quale la forma custodisce la memoria linvisibile non una presenza che si manifesta, e che manifestandosi annulla il visibile, bens unassenza rispetto alla quale il visibile (la forma) ci che resta: ci che resta, appunto, quale testimonianza di ci che larte non pu dire, con la conseguenza che, oggi, tale impossibilit, consapevolmente assunta e tematizzata dallarte, fa tuttuno con la sua stessa possibilit. Insomma, le parole allinterno di una poesia, i segni sensibili di unopera pittorica, testimoniano il silenzio, ne sono i rappresentanti. Cos il compito residuale, che larte secondo Adorno deve assumere nella modernit, si esprime innanzitutto nella consapevolezza che bisogna continuare a parlare, appunto per far sentire che c qualcosa che non stato ancora detto, che non pu essere mai del tutto detto e che proprio lopera darte permette, in qualche modo, di riconoscere. Questo significa che, soprattutto dopo Auschwitz, ancora legittimo produrre qualcosa
come unopera darte, a condizione per che ci che
definiamo arte sia davvero in grado di dare forma alla stessa crisi della forma tradizionale, alla perdita irrimediabile della sua ovviet. Lestetica italiana a partire da Croce. Anche per Croce, come per Hegel, le. si inscrive in modo coerente allinterno di una filosofia pensata come sistema. quanto emerge, in partic., non solo dallEstetica come scienza dellespressione e linguistica generale () (1902), ma anche dal Breviario di estetica (1912). Nella prospettiva crociana le. scienza dellintuizione e, come tale, distinta e separata non solo dalle attivit che appartengono al dominio pratico (leconomia e letica), ma anche dalla logica che, pur appartenendo, come le., allambito propriamente teoretico, tuttavia se ne distingue in quanto conoscenza delluniversale. Il fatto che, secondo Croce, le. conoscenza non delluniversale bens del particolare: una conoscenza appunto intuitiva, in quanto fondata sulla apprensione immediata dei contenuti che si offrono alla nostra percezione sensibile immagini, colori, suoni e, come tale, irriducibile a quella conoscenza che invece si fonda sui processi di concettualizzazione e di classificazione della realt messi in atto dallintelletto. In questo senso, facendo delle. la scienza dellintuizione e affermando la piena identit di intuizione e arte, Croce si collega al senso originario del termine estetica, intesa nellaccezione moderna come scienza della sensibilit (Baumgarten). Pi in generale, sempre secondo Croce, lintuizione non pu essere considerata una mera affezione prodotta dal mondo esterno, qualcosa come una registrazione passiva (secondo lo schema stimolorisposta); al contrario lintuizione costruzione, sintesi del dato esterno, e in questo senso essa non materia bens forma. Di qui la piena identit di intuizione ed espressione: non c intuizione senza espressione e viceversa. Cos, se vero che tutte le intuizioni sono propriamente arte, tanto che la differenza che sussiste tra le intuizioni delluomo comune e quelle espresse dallartista non una distinzione di qualit bens solo di
quantit, tuttavia ci che caratterizza larte vera e
propria la piena coincidenza di espressione e intuizione, ossia di segno e significato. Di conseguenza, in ogni opera darte non c alcuna differenza tra limmagine mentale dellartista e la sua effettiva realizzazione, e questo significa che limmagine artistica si presenta come qualcosa di gi compiuto prima ancora della sua estrinsecazione. In questa prospettiva, il supporto fisico-materiale, nel quale lartista ha tradotto la propria intuizione, resta privo di ogni autentico rilievo estetico. Di qui lidea dellarte come dimensione lirica, come intuizione pura, svincolata da ogni dimensione tecnica e da ogni elemento concettuale. Se, come abbiamo visto, al centro della riflessione estetica di Croce c il riconoscimento del valore non pratico bens innanzitutto conoscitivo dellarte, al contrario, nellambito del dibattito filosofico e teorico-artistico che si sviluppa in Italia a partire dalla prima met del Novecento, quello che emerge lesigenza di rivalutare lidea dellarte in quanto fare. Di qui, allora, il recupero di quella vasta costellazione di temi, problemi e aspetti la questione della tecnica artistica, lanalisi delle differenze che sussistono tra arti e generi diversi, lattenzione ai mezzi espressivi, la nozione di poetica che le. crociana aveva svalutato, riducendoli a mero fatto empirico, a elementi del tutto accessori. quanto ritroviamo, in forme eterogenee e con diverse accentuazioni, non solo allinterno delle. di ispirazione fenomenologica da Formaggio, a Dorfles, a G. Diano ma anche nellambito delle. marxista proposta da Della Volpe. Di qui la rivalutazione delle poetiche, intese non come apparato di carattere normativo ma come riflessione sviluppata dagli artisti stessi intorno al proprio lavoro. quello che emerge, per es., dallopera di Anceschi, nel quale lattenzione al piano pragmatico della riflessione sullarte si traduce nel riconoscimento del rapporto inscindibile che lega il momento dellautonomia e quello della eteronomia. In questo contesto, contro la tematizzazione crociana del carattere eminentemente lirico e prediscorsivo (e
dunque radicalmente a-logico) dellarte, tendono a
prevalere posizioni fondate piuttosto sulla accentuazione delle istanze propriamente intellettuali connesse al fare artistico (come in Della Volpe e in Anceschi). Tra le opere che meglio esprimono lesigenza di rinnovamento teorico-culturale nella fase postcrociana, lEstetica di Pareyson, apparsa per la prima volta nel 1954, senza dubbio quella caratterizzata dalla forma pi compiuta e sistematica. Le. di Pareyson, nata sul terreno dellermeneutica e sviluppata secondo forme e orientamenti diversi da alcuni studiosi provenienti dalla sua scuola da Umberto Eco a Vattimo , si configura come teoria della formativit. Se vero infatti che ogni espressione dellagire umano inclusi lagire morale e la conoscenza qualcosa che si realizza in forme, anche vero che, nellesperienza estetica, tale formativit, intesa come agire innovativo e costruttivo, si rende prevalente e intenzionale. In questo senso lattivit artistica lesibizione esemplare di quella formativit che caratterizza ogni attivit umana e che consiste non nella corretta applicazione di regole prefissate e assunte come valide a priori, bens in un fare che mentre fa, inventa il modo di fare, nel senso che, lungi dal limitarsi a eseguire un progetto gi stabilito, definisce e, di volta in volta, riscopre la regola dellopera, nel momento stesso in cui la porta a compimento. Di qui, allora, il riconoscimento non solo del carattere costitutivamente dinamico, operativo e processuale della forma artistica, ma anche della sua natura eminentemente interpretativa: come la formativit essenzialmente un procedere per tentativi, cos linterpretazione, ossia lunica forma conoscitiva appropriata allattivit artistica, consiste in un processo di adeguazione sempre fallibile e di fatto infinita. Lestetica come filosofia non-speciale. Nella riflessione di Garroni le. non un settore particolare della filosofia ma fa tuttuno con la filosofia stessa. Muovendo infatti da un ripensamento complessivo della filosofia kantiana e, in partic., da una rilettura della
Critica della facolt di giudizio, Garroni propone una
definizione delle. come filosofia non-speciale della condizione estetica dellesperienza in genere. In questa prospettiva larte, lungi dal presentarsi come loggetto epistemico di una filosofia dellarte, piuttosto il referente privilegiato, ossia lesibizione esemplare di una riflessione che, stando consapevolmente allinterno dellesperienza, tenta di risalire verso le sue condizioni di possibilit. Si tratta cio di risalire verso quel senso che, in quanto aperturainstaurazione dei molteplici diversi significati via via esplicitabili e determinabili, ne costituisce lorizzonte implicito non ulteriormente analizzabile, e che, come tale, si affida non a un principio di carattere intellettuale bens a un sentire. Di qui, allora, quella definizione delle. come guardare-attraverso che esibisce il carattere irriducibilmente e costitutivamente paradossale della filosofia stessa, intesa come filosofia critica, ossia come interrogazione sempre rinnovata. quanto emerge in particolare nei volumi Senso e paradosso (1986) ed Estetica. Uno sguardo-attraverso (1992). In questa prospettiva le opere darte costituiscono non una classe di oggetti definiti da un tratto pertinente comune ma una famiglia, cio un intreccio di somiglianze e differenze. Non solo, ma se vero che larte, nellaccezione moderna del termine, costituisce non loggetto epistemico ma il referente privilegiato della riflessione estetica, anche vero che nulla garantisce che essa debba continuare a esserlo. quanto forse sta gi accadendo. La conseguenza appunto la perdita di quella esemplarit che alle opere darte stata riconosciuta, di fatto, solo da qualche secolo e che, in questo senso, ne costituisce una dimensione non necessaria bens contingente. Dallestetica allestetismo. Questa perdita di esemplarit dellarte si presenta, sotto il profilo estetico, come uno dei fenomeni pi complessi e significativi della contemporaneit. Il fatto che sempre pi, le manifestazioni artistiche sembrano aver perduto quelle caratteristiche che in passato ci facevano parlare
non solo di qualcosa come una grande opera darte,
ma anche di quel contenuto di verit grazie al quale soltanto le opere darte era esattamente questa la posizione di Adorno sono in grado di riferirsi al mondo. La conseguenza di questa perdita di esemplarit dellarte duplice e in gioco c, evidentemente, la questione del rapporto che si stabilisce tra arte e realt e, con ci stesso, la possibilit di distinguere i due piani. In questa prospettiva, quello che emerge , da una parte, la tendenza dellarte a farsi mondo, e, dallaltra, la tendenza del mondo a farsi arte. Ed appunto in virt di questa confusione tra arte e realt che le. finisce col riferirsi a una molteplicit estremamente eterogenea di manifestazioni che, a ben vedere, non sono pi artistiche. Di qui la nozione di estetismo diffuso con la quale, non a caso, si indica la tendenza a estetizzare le manifestazioni pi diverse: dagli oggetti duso comune alla politica, dalle varie forme di spettacolo agli eventi sportivi. Il risultato , inevitabilmente, una sorta di cosmesi della vita in generale, che sembra non risparmiare nulla e nessuno e il cui esito , di fatto, laffermazione del kitsch o anche di quella che Adorno definiva industria culturale. Abbiamo insomma a che fare con manifestazioni che, chiudendosi in s stesse e trovando in s stesse lunico significato possibile, ci negano quella apertura a una comprensione sempre rinnovata del mondo che invece era propria della grande arte.