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Con la nascita delle.

larte viene vista in modo


assolutamente nuovo e la stessa bellezza non pi
giudicata come raggiungimento di una perfezione
misurata in base a canoni o norme precostituiti. Ci che
caratterizza la riflessione estetica moderna il
riconoscimento che larte e il bello sono nozioni
individuali e storiche, e in quanto tali fanno ap- pello
non allintelletto e alle sue regole bens al sentimento. Il
riconoscimento della connessione inscindibile tra e. e
sentimento centrale nel dibattito filosofico
settecentesco, da Hume a Rousseau. quanto
troviamo, per es., in Shaftesbury, che, descrivendo la
facolt della percezione estetica come una sensazione
corporea, immediata, non riflessiva, senza principi e
definitiva, identifica il sentimento con la fonte stessa
della valutazione estetica. Sempre a partire dal 17
sec., nella riflessione estetica accanto alla nozione di
sentimento viene maturando anche quella di gusto; si
tratta di una nozione che, lungi dallessere riconducibile
a regole fissate una volta per tutte e valide dunque a
priori (in modo cio universale e necessario), appare
caratterizzata da una vaghezza di fondo, da una
irriducibile indeterminatezza. Ma se le. si basa su
nozioni soggettive quali appunto il sentimento e il
gusto, sembra allora che si perda quella dimensione
universale che dovrebbe caratterizzare il nostro giudizio
quando definiamo bello qualcosa.
La Critica della facolt di giudizio di Kant. questo
il problema affrontato da Kant con la Critica della
facolt di giudizio (o Critica del giudizio ) (1790).
Fondamentale, nella riflessione estetica elaborata da
Kant, la distinzione tra giudizio determinante e
giudizio riflettente: se, nel primo caso, che il caso
della conoscenza scientifica, luniversale (ossia la
regola, il principio, la legge) qualcosa di gi dato e se
il giudizio, da questo punto di vista, consiste nella mera
sussunzione del particolare (il dato empirico) sotto
luniversale, al contrario, nel secondo caso quello del
giudizio riflettente, sul quale secondo Kant si fonda la

possibilit stessa dei giudizi estetici , ci che dato


non luniversale bens il particolare. Nel caso dei giudizi
estetici infatti luniversale, lungi dal costituire una
norma predeterminata, qualcosa che deve essere
trovato, non indipendentemente dalla contingenza
dellempiria, ma appunto al suo stesso interno, ossia
nella concretezza e nella determinatezza del
particolare. Ora, se vero che quello propriamente
estetico un giudizio pronunciato non sulla base di una
definizione logica, bens sulla base di un sentimento,
allora il problema che si pone come conciliare la
soggettivit di tale giudizio con quella necessaria
intersoggettivit e dunque universalit che si manifesta
nel momento stesso in cui il soggetto pronuncia un tale
giudizio, giacch con esso si pretende il consenso di
ognuno. In questo senso, secondo Kant, i giudizi
estetici sono soggettivamente universali. Questo
significa che in un giudizio estetico ci che
propriamente viene alla luce un senso comune,
ossia un senso o sentimento condiviso, qualcosa
insomma di universalmente comunicabile.
La riflessione filosofica del 19 sec. da Hegel a
Nietzsche. Come si detto, centrale nella riflessione
estetica la questione del particolare, la questione cio
relativa a tutto ci che, nella sua irriducibile
individualit e singolarit, tende a sottrarsi a ogni
possibilit di spiegazione e di definizione in termini
logico-concettuali. Da questo punto di vista la sfera
dellindividuale e del particolare qualcosa che,
escludendo ogni determinazione di carattere normativo,
fa appello piuttosto a una conoscenza di tipo storico. Ed
proprio il riconoscimento del carattere radicalmente e
costitutivamente storico dellesperienza artistica il
tratto specifico che, a partire dal Romanticismo,
caratterizza la riflessione estetica moderna e
contemporanea, arrivando a vedere nellarte qualcosa
di superabile. quanto troviamo in Hegel, per il quale
larte, pur essendo uno dei modi, una delle forme
fondamentali in cui la verit realizza s stessa nel

tempo, tuttavia una dimensione destinata a essere


superata storicamente, prima dalla religione cristiana e
poi dalla filosofia che, meglio dellarte, riescono a
manifestare lAssoluto. Pi in generale, per Hegel,
compito delle. mostrare come larte, e in partic. il
bello, sia la manifestazione, lapparizione sensibile
dellidea, ossia dellintelligibile, e come tale
manifestazione dia luogo, nel tempo, a una molteplicit
eterogenea di forme (larte simbolica, larte classica,
larte romantica), che corrispondono ai diversi gradi e
livelli di sviluppo dellAssoluto. Cos, se nellarte
simbolica (essenzialmente quella orientale) lidea
ancora prigioniera dellelemento sensibile, e se larte
classica caratterizzata dal raggiungimento di un
perfetto equilibrio di ideale e reale, di materia e spirito,
il tratto caratteristico dellarte romantica invece la
capacit di esprimere, a un livello superiore di
autocoscienza, il processo di emancipazione
dellintelligibile dal sensibile: la piena liberazione
dellinteriorit (lidea) da quei vincoli e condizionamenti
di carattere fisico-materiale (la natura) che, tanto
nellarte simbolica quanto nellarte classica, risultano
ineliminabili. Nella seconda met del 19 sec. la
centralit che il sensibile assume nella riflessione
estetica sottolineata in partic. da Nietzsche. Cos,
contro quella tradizione metafisica che da Platone a
Hegel, passando attraverso il cristianesimo ha
affermato il primato assoluto dellintelligibile rispetto al
sensibile, e quindi dello spirito rispetto al corpo, al
centro della riflessione estetica nietzscheana c proprio
la rivalutazione non solo dellapparenza e del sensibile,
ma anche della corporeit e di tutto ci che le
connesso: la finitezza, la contingenza, la caducit. In
questa prospettiva quello che Nietzsche propone non
tanto un mero capovolgimento della tradizione
platonico-cristiana come se ora il primato fosse
assegnato al sensibile e al corpo, in opposi- zione allo
spirito e allintelligibile quanto la consapevolezza che
lintelligibile si d solo e proprio attraverso il sensibile;
quanto troviamo nella Prefazione alla seconda edizione

della Gaia scienza () (1887), quando Nietzsche


afferma che la verit, come la bellezza, si mostra solo in
quanto velata. Questa rivalutazione del sensibile
emerge gi nella Nascita della tragedia () (1872),
attraverso la tematizzazione del rapporto inscindibile
che lega apollineo e dionisiaco ossia visibile e
invisibile, forma e vita. Proprio nella Nascita della
tragedia, appunto sulla base della distinzione tra
apollineo e dionisiaco, Nietzsche afferma che la bellezza
ossia la forma, in quanto bella apparenza una
dimensione che i Greci hanno inventato per rendere
sopportabile la vita e tutto ci che la caratterizza: la
sofferenza, il dolore, la morte. quanto emerge, in
modo esemplare, dallepica omerica. E tuttavia, sempre
secondo Nietzsche, se lopera darte suprema
costituita non dallepica omerica bens dalla tragedia
attica, questo dipende dal fatto che, mentre nel caso
dellepica, la forma apollinea serve a nascondere il
pathos dionisiaco, presentandosi cos come una
liberazione dal dionisiaco, al contrario, nel caso della
tragedia, quello che emerge un perfetto equilibrio di
pathos e forma, nel senso che il dionisiaco si scarica
nella forma apollina, s che questa si presenta come una
liberazione del dionisiaco.
La riflessione estetica del Novecento. Nellambito
della prima met del Novecento, una delle figure pi
significative, nel campo delle., senza dubbio quella di
Lukcs, del quale si pu distinguere una produzione
cosiddetta giovanile da una pi matura, segnata dal
confronto sistematico con la filosofia di Marx. La
questione centrale negli scritti del giovane Lukcs
quella relativa al rapporto, gi tematizzato da
Nietzsche, che lega arte e vita, ossia arte e realt.
quanto emerge da una delle sue prime raccolte di
saggi, Lanima e le forme (1910), dove, contro la
pretesa tipicamente romantica di realizzare nella vita
lassoluto, Lukcs sottolinea come al conseguimento
dellopera darte, in quanto forma, sia inscindibilmente
connesso il sacrificio della vita. Proprio mettendo in

questione tale subordinazione della vita rispetto


allopera, Lukcs introdurr quella nozione di bont,
intesa appunto come rispetto della vita giudicata
irriducibile a ogni possibilit di spiegazione logica , che
sar decisiva per la comprensione dei personaggi e
dellopera di Dostoevskij. quanto troviamo in quel
Manoscritto-Dostoevskij, del quale la Teoria del
romanzo avrebbe dovuto costituire unintroduzione e
che invece sar pubblicata autonomamente nel 1916.
Nella Teoria del romanzo, unopera fondamentale per
qualunque riflessione relativa al grande romanzo tra
Ottocento e Novecento, Lukcs sostiene che proprio il
romanzo la forma darte che, nel mondo moderno,
meglio porta a rappresentazione la perdita di quella
totalit, intesa come immanenza del senso nella vita,
che invece caratterizzava il mondo greco quale era
espresso dallepos omerico. Inoltre, grazie alla presenza
di quellelemento riflessivo dal quale nessun autentico
romanzo pu prescindere, la totalit, ossia il senso, che
il romanzo mostra, una totalit non organica, come
nellepica classica, ma propriamente creata: qualcosa
che appartiene non alla vita ma al romanzo stesso. Ed
proprio in virt della sua capacit di conservare la
differenza tra arte e realt, che il romanzo, si distingue
da quella che Lukcs definisce letteratura amena.
Nelle opere della maturit al centro della riflessione di
Lukcs assumono invece unimportanza decisiva le
nozioni di realismo e di rispecchiamento. Cos
nellEstetica (1963), Lukcs afferma che vedere nella
grande arte un rispecchiamento della realt, significa
considerarla non come una mera riproduzione
naturalistica dellesistente bens come la
rappresentazione delle contraddizioni immanenti alla
realt. Di qui, per un verso, limportanza assegnata alle
grandi opere dellarte non a caso definita realistica
da Goethe a H. Balzac, da Th. Mann a L.N. Tolstoj e,
per altro verso, laspra critica che Lukcs rivolge alle
avanguardie letterarie e artistiche della prima met del
20 sec., considerate come lespressione, la punta
estrema dellideologia irrazionalistica promossa dalle

classi borghesi dominanti. Resta tuttavia il fatto che,


come sottolineer Adorno, nella riflessione estetica di
Lukcs manca una vera attenzione agli elementi
propriamente formali dellopera.
I contributi di Benjamin e di Adorno. Anche nella
riflessione estetica sviluppata da Benjamin, come in
quella di Nietzsche, la questione del rapporto che
unisce verit e bellezza assume unimportanza centrale.
Il fatto che, per entrambi, sia la verit che la bellezza
si manifestano solo in quanto velate. Di qui il loro
carattere strutturalmente inafferrabile, ossia mai del
tutto esprimibile. quello che emerge, in partic., dalla
Premessa gnoseologica che apre lOrigine del dramma
barocco tedesco (1928), e dal saggio dedicato alle
Affinit elettive di Goethe (1922). Questo
riconoscimento dellinafferrabilit del bello decisivo
per capire la nozione di aura attraverso la quale
Benjamin designa lapparizione unica di una
lontananza per quanto questa possa essere vicina. Da
questo punto di vista ci che laura manifesta
linsuperabilit della distanza che divide eternit e
tempo, assoluto e contingente. Non solo, ma la
condizione perch si possa parlare di aura lesistenza
di quella forma grazie alla quale abbiamo a che fare non
con un oggetto naturale o industriale ma appunto con
una vera opera darte. Gi nel saggio Lopera darte
nellepoca della sua riproducibilit tecnica (1936)
Benjamin mette in evidenza come, nella modernit, alla
perdita irrimediabile di una tale dimensione auratica,
ossia dellunicit e irripetibilit dellopera, sia
strettamente connessa una produzione artistica basata
sulla riproducibilit tecnica: quanto mostrano la
fotografia e il cinema. questa una dimensione
profetica del saggio di Benjamin del 1936, se
consideriamo il fatto che, negli ultimi decenni del
Novecento, la perdita dellaura e dellimportanza
assegnata alla forma dar luogo a quella che sar
definita perdita della esemplarit dellarte. Nel
Novecento lautonomia delle. dalla storia stata difesa
da quelle posizioni antiromantiche che si sono opposte

alla prospettiva di unintegrale dissoluzione dellarte nel


processo storico. quanto emerge dalla Teoria estetica
(1970) di Adorno nella quale, proprio in riferimento alla
questione dellautonomia o meno dellarte, viene
introdotta la distinzione tra arte tradizionale, arte
moderna e arte davanguardia. Cos, se nellarte
tradizionale, che separa arte e vita, e dunque opera e
cosa, lopera darte caratterizzata dai requisiti della
bellezza e delleternit al contrario, nellarte
davanguardia, caratterizzata dalla perdita di ogni
distinzione tra arte e vita (ossia tra arte e realt), la
negazione dellautonomia artistica porta a confondere
opera e cosa, con il conseguente venir meno di quei
requisiti di bellezza ed eternit ai quali anche larte
moderna rinuncia, pur mantenendo lautonomia
dellopera. In questa prospettiva larte moderna
unarte che, lungi dal presentarsi come mero oggetto di
contemplazione e (in termini kantiani) come fonte di un
sentimento di piacere disinteressato, deve offrirsi in
modo pienamente consapevole alla contingenza del
mondo e alla temporalit. Il risultato , per un verso, la
tendenza dellopera a risolversi in qualcosa di
irriducibilmente caduco e precario e, per altro verso,
lesigenza di salvaguardare quellautonomia della sua
forma grazie alla quale soltanto lopera riesce a opporsi
allempiricamente esistente; solo cos lopera si sottrae
a quei processi di livellamento e di omologazione che
lindustria culturale promuove e che, di fatto,
riducono ogni espressione artistica a mera ratifica
dellesistente. Tale nozione di forma, assolutamente
centrale nella riflessione estetica di Adorno, intesa
come contenuto sedimentato. Questo significa che la
stessa forma portatrice di un contenuto di verit,
vale a dire di una storicit immanente e, come tale,
memoria di tutto ci che nel mondo stato represso,
rimosso, cancellato. Di qui la funzione propriamente
critica dellarte moderna, la sua forza utopica: la
capacit di mostrare non laltro dal mondo, bens
laltro del mondo, quellaltro cio che non ha avuto
alcun accesso allesistenza (il mondo dei vinti, dei

morti, di quanti hanno sofferto). Cos, contro le diverse


forme dellavanguardia e della neoavanguardia contro
quelle tendenze che conducono a una dissoluzione
dellarte nelle azioni (dadaismo), nellespressione
(espressionismo), nella rivoluzione della vita quotidiana
(surrealismo) viene ribadita la necessit di una
rigorosa distinzione tra arte e vita e, quindi, tra finzione
e realt. Pi in generale, interrogandosi sul senso e sulla
legittimit dellesperienza estetica, in partic. dopo la
tragica frattura di Auschwitz, Adorno mette in evidenza
come al punto di vista strettamente estetico, proprio
dellarte tradizionale unarte fondata sul tentativo di
mostrare lirrappresentabile (lassoluto, leterno)
attraverso il rappresentabile (la contingenza, il finito, il
tempo) larte definita moderna abbia invece
sostituito il punto di vista propriamente etico della
testimonianza. Testimoniare, in questo senso, significa
raccontare (ossia rappresentare) quello che
impossibile raccontare del tutto e in modo definitivo:
significa parlare in nome di quanti non hanno pi, o non
hanno mai avuto, la possibilit di parlare. In questa
prospettiva laltro del quale la forma custodisce la
memoria linvisibile non una presenza che si
manifesta, e che manifestandosi annulla il visibile, bens
unassenza rispetto alla quale il visibile (la forma) ci
che resta: ci che resta, appunto, quale testimonianza
di ci che larte non pu dire, con la conseguenza che,
oggi, tale impossibilit, consapevolmente assunta e
tematizzata dallarte, fa tuttuno con la sua stessa
possibilit. Insomma, le parole allinterno di una poesia,
i segni sensibili di unopera pittorica, testimoniano il
silenzio, ne sono i rappresentanti. Cos il compito
residuale, che larte secondo Adorno deve assumere
nella modernit, si esprime innanzitutto nella
consapevolezza che bisogna continuare a parlare,
appunto per far sentire che c qualcosa che non
stato ancora detto, che non pu essere mai del tutto
detto e che proprio lopera darte permette, in qualche
modo, di riconoscere. Questo significa che, soprattutto
dopo Auschwitz, ancora legittimo produrre qualcosa

come unopera darte, a condizione per che ci che


definiamo arte sia davvero in grado di dare forma alla
stessa crisi della forma tradizionale, alla perdita
irrimediabile della sua ovviet.
Lestetica italiana a partire da Croce. Anche per
Croce, come per Hegel, le. si inscrive in modo coerente
allinterno di una filosofia pensata come sistema.
quanto emerge, in partic., non solo dallEstetica come
scienza dellespressione e linguistica generale ()
(1902), ma anche dal Breviario di estetica (1912). Nella
prospettiva crociana le. scienza dellintuizione e,
come tale, distinta e separata non solo dalle attivit
che appartengono al dominio pratico (leconomia e
letica), ma anche dalla logica che, pur appartenendo,
come le., allambito propriamente teoretico, tuttavia se
ne distingue in quanto conoscenza delluniversale. Il
fatto che, secondo Croce, le. conoscenza non
delluniversale bens del particolare: una conoscenza
appunto intuitiva, in quanto fondata sulla apprensione
immediata dei contenuti che si offrono alla nostra
percezione sensibile immagini, colori, suoni e, come
tale, irriducibile a quella conoscenza che invece si fonda
sui processi di concettualizzazione e di classificazione
della realt messi in atto dallintelletto. In questo senso,
facendo delle. la scienza dellintuizione e affermando la
piena identit di intuizione e arte, Croce si collega al
senso originario del termine estetica, intesa
nellaccezione moderna come scienza della sensibilit
(Baumgarten). Pi in generale, sempre secondo Croce,
lintuizione non pu essere considerata una mera
affezione prodotta dal mondo esterno, qualcosa come
una registrazione passiva (secondo lo schema stimolorisposta); al contrario lintuizione costruzione, sintesi
del dato esterno, e in questo senso essa non materia
bens forma. Di qui la piena identit di intuizione ed
espressione: non c intuizione senza espressione e
viceversa. Cos, se vero che tutte le intuizioni sono
propriamente arte, tanto che la differenza che sussiste
tra le intuizioni delluomo comune e quelle espresse
dallartista non una distinzione di qualit bens solo di

quantit, tuttavia ci che caratterizza larte vera e


propria la piena coincidenza di espressione e
intuizione, ossia di segno e significato. Di conseguenza,
in ogni opera darte non c alcuna differenza tra
limmagine mentale dellartista e la sua effettiva
realizzazione, e questo significa che limmagine artistica
si presenta come qualcosa di gi compiuto prima
ancora della sua estrinsecazione. In questa prospettiva,
il supporto fisico-materiale, nel quale lartista ha
tradotto la propria intuizione, resta privo di ogni
autentico rilievo estetico. Di qui lidea dellarte come
dimensione lirica, come intuizione pura, svincolata
da ogni dimensione tecnica e da ogni elemento
concettuale. Se, come abbiamo visto, al centro della
riflessione estetica di Croce c il riconoscimento del
valore non pratico bens innanzitutto conoscitivo
dellarte, al contrario, nellambito del dibattito filosofico
e teorico-artistico che si sviluppa in Italia a partire dalla
prima met del Novecento, quello che emerge
lesigenza di rivalutare lidea dellarte in quanto fare. Di
qui, allora, il recupero di quella vasta costellazione di
temi, problemi e aspetti la questione della tecnica
artistica, lanalisi delle differenze che sussistono tra arti
e generi diversi, lattenzione ai mezzi espressivi, la
nozione di poetica che le. crociana aveva svalutato,
riducendoli a mero fatto empirico, a elementi del tutto
accessori. quanto ritroviamo, in forme eterogenee e
con diverse accentuazioni, non solo allinterno delle. di
ispirazione fenomenologica da Formaggio, a Dorfles, a
G. Diano ma anche nellambito delle. marxista
proposta da Della Volpe. Di qui la rivalutazione delle
poetiche, intese non come apparato di carattere
normativo ma come riflessione sviluppata dagli artisti
stessi intorno al proprio lavoro. quello che emerge,
per es., dallopera di Anceschi, nel quale lattenzione al
piano pragmatico della riflessione sullarte si traduce
nel riconoscimento del rapporto inscindibile che lega il
momento dellautonomia e quello della eteronomia. In
questo contesto, contro la tematizzazione crociana del
carattere eminentemente lirico e prediscorsivo (e

dunque radicalmente a-logico) dellarte, tendono a


prevalere posizioni fondate piuttosto sulla
accentuazione delle istanze propriamente intellettuali
connesse al fare artistico (come in Della Volpe e in
Anceschi). Tra le opere che meglio esprimono lesigenza
di rinnovamento teorico-culturale nella fase
postcrociana, lEstetica di Pareyson, apparsa per la
prima volta nel 1954, senza dubbio quella
caratterizzata dalla forma pi compiuta e sistematica.
Le. di Pareyson, nata sul terreno dellermeneutica e
sviluppata secondo forme e orientamenti diversi da
alcuni studiosi provenienti dalla sua scuola da
Umberto Eco a Vattimo , si configura come teoria
della formativit. Se vero infatti che ogni espressione
dellagire umano inclusi lagire morale e la conoscenza
qualcosa che si realizza in forme, anche vero che,
nellesperienza estetica, tale formativit, intesa come
agire innovativo e costruttivo, si rende prevalente e
intenzionale. In questo senso lattivit artistica
lesibizione esemplare di quella formativit che
caratterizza ogni attivit umana e che consiste non
nella corretta applicazione di regole prefissate e
assunte come valide a priori, bens in un fare che
mentre fa, inventa il modo di fare, nel senso che,
lungi dal limitarsi a eseguire un progetto gi stabilito,
definisce e, di volta in volta, riscopre la regola
dellopera, nel momento stesso in cui la porta a
compimento. Di qui, allora, il riconoscimento non solo
del carattere costitutivamente dinamico, operativo e
processuale della forma artistica, ma anche della sua
natura eminentemente interpretativa: come la
formativit essenzialmente un procedere per tentativi,
cos linterpretazione, ossia lunica forma conoscitiva
appropriata allattivit artistica, consiste in un processo
di adeguazione sempre fallibile e di fatto infinita.
Lestetica come filosofia non-speciale. Nella
riflessione di Garroni le. non un settore particolare
della filosofia ma fa tuttuno con la filosofia stessa.
Muovendo infatti da un ripensamento complessivo della
filosofia kantiana e, in partic., da una rilettura della

Critica della facolt di giudizio, Garroni propone una


definizione delle. come filosofia non-speciale della
condizione estetica dellesperienza in genere. In
questa prospettiva larte, lungi dal presentarsi come
loggetto epistemico di una filosofia dellarte,
piuttosto il referente privilegiato, ossia lesibizione
esemplare di una riflessione che, stando
consapevolmente allinterno dellesperienza, tenta di
risalire verso le sue condizioni di possibilit. Si tratta
cio di risalire verso quel senso che, in quanto aperturainstaurazione dei molteplici diversi significati via via
esplicitabili e determinabili, ne costituisce lorizzonte
implicito non ulteriormente analizzabile, e che, come
tale, si affida non a un principio di carattere intellettuale
bens a un sentire. Di qui, allora, quella definizione
delle. come guardare-attraverso che esibisce il
carattere irriducibilmente e costitutivamente
paradossale della filosofia stessa, intesa come filosofia
critica, ossia come interrogazione sempre rinnovata.
quanto emerge in particolare nei volumi Senso e
paradosso (1986) ed Estetica. Uno sguardo-attraverso
(1992). In questa prospettiva le opere darte
costituiscono non una classe di oggetti definiti da un
tratto pertinente comune ma una famiglia, cio un
intreccio di somiglianze e differenze. Non solo, ma se
vero che larte, nellaccezione moderna del termine,
costituisce non loggetto epistemico ma il referente
privilegiato della riflessione estetica, anche vero che
nulla garantisce che essa debba continuare a esserlo.
quanto forse sta gi accadendo. La conseguenza
appunto la perdita di quella esemplarit che alle opere
darte stata riconosciuta, di fatto, solo da qualche
secolo e che, in questo senso, ne costituisce una
dimensione non necessaria bens contingente.
Dallestetica allestetismo. Questa perdita di
esemplarit dellarte si presenta, sotto il profilo estetico, come uno dei fenomeni pi complessi e
significativi della contemporaneit. Il fatto che sempre
pi, le manifestazioni artistiche sembrano aver perduto
quelle caratteristiche che in passato ci facevano parlare

non solo di qualcosa come una grande opera darte,


ma anche di quel contenuto di verit grazie al quale
soltanto le opere darte era esattamente questa la
posizione di Adorno sono in grado di riferirsi al mondo.
La conseguenza di questa perdita di esemplarit
dellarte duplice e in gioco c, evidentemente, la
questione del rapporto che si stabilisce tra arte e realt
e, con ci stesso, la possibilit di distinguere i due piani.
In questa prospettiva, quello che emerge , da una
parte, la tendenza dellarte a farsi mondo, e, dallaltra,
la tendenza del mondo a farsi arte. Ed appunto in
virt di questa confusione tra arte e realt che le.
finisce col riferirsi a una molteplicit estremamente
eterogenea di manifestazioni che, a ben vedere, non
sono pi artistiche. Di qui la nozione di estetismo
diffuso con la quale, non a caso, si indica la tendenza a
estetizzare le manifestazioni pi diverse: dagli oggetti
duso comune alla politica, dalle varie forme di
spettacolo agli eventi sportivi. Il risultato ,
inevitabilmente, una sorta di cosmesi della vita in
generale, che sembra non risparmiare nulla e nessuno e
il cui esito , di fatto, laffermazione del kitsch o anche
di quella che Adorno definiva industria culturale.
Abbiamo insomma a che fare con manifestazioni che,
chiudendosi in s stesse e trovando in s stesse lunico
significato possibile, ci negano quella apertura a una
comprensione sempre rinnovata del mondo che invece
era propria della grande arte.

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