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Aiuti ai Paesi in via di sviluppo

UN’ALTRA PROMESSA TRADITA


ITALIA ALL’ULTIMO POSTO

a cura NENS

L o stanziamento per l’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) da erogare


nel 2006 ai Paesi poveri sarà ancora una volta inferiore a quello degli
anni precedenti. Il Governo di centrodestra, che in sede internazionale si
era impegnato ad aumentarlo gradualmente tra il 2002 e il 2006, ha
operato invece, nello stesso periodo, una graduale diminuzione, che
incide soprattutto sui contributi volontari agli organismi internazionali,
specie le Nazioni Unite (già nel 2003 Kofi Annan ha fatto le sue
rimostranze) e riduce drasticamente i programmi bilaterali e i
finanziamenti alle ONG italiane, soprattutto in Africa.

Ben diverse erano state le promesse. Il 21 aprile 2002 il Presidente


Berlusconi, alla Conferenza internazionale di Palermo sull’e-government,
davanti ai rappresentanti di 91 paesi, s’impegnò a mettere
progressivamente a disposizione dei Paesi poveri fino all’1% del PIL
italiano. D’un solo colpo il Presidente del Consiglio superava l’obiettivo
internazionale dello 0,7% e triplicava l’impegno che il suo Governo aveva
preso poche settimane prima al Consiglio europeo di Barcellona e poi alla
Conferenza internazionale di Monterrey sul finanziamento degli obiettivi di
sviluppo del Millennio. Tipico esempio degli impegni che si prendono

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sapendo di non mantenerli, la promessa del capo del Governo non fu
presa in considerazione dal Ministero dell’economia, che nel Documento
di programmazione economica e finanziaria 2003-06 si limitò a riportare
l’impegno che il Governo aveva preso a nome dell’Italia a Barcellona e a
Monterrey: come tappa intermedia verso lo 0,7% annuo del PIL,
aumentare gradualmente l’APS dallo 0,15%, registrato nel 2001, allo
0,33% nel 2006, ciò che equivaleva a raggiungere nel 2006 il livello
medio di APS annua realizzato dai Paesi dell’Unione Europea nel 2001.
In valore assoluto si trattava di salire da 1,6 miliardi di dollari del 2001, ad
un ammontare che si poteva stimare intorno ai 5 miliardi nel 2006.

Assunto nelle appropriate sedi internazionali e con l’apparente intenzione


di mantenerlo, era questo un impegno significativo, anche se più limitato
di quello di Palermo, e comunque ragionevole, ma fu sin dall’inizio violato:
disattendendo il DPEF dell’estate 2002, non furono aumentati gli
stanziamenti per il 2003, e negli anni successivi furono via via diminuiti.

Le statistiche che rapportano il volume degli aiuti al PIL non hanno


evidenziato subito la portata di queste riduzioni. L’OCSE include negli
aiuti erogati anche una parte del debito cancellato e pertanto le
consistenti cancellazioni operate dall’Italia in applicazione della legge 209
del 2000 hanno portato in alto il totale della nostra APS di 691 milioni di €
nel 2002 e di 598 nel 2003. Fu per questa ragione che nel 2002
passammo dallo 0,15% allo 0,20%, che sarebbe stato lo 0,14% senza la
cancellazione.
Nel 2003, primo anno successivo all’assunzione del nuovo impegno
internazionale, non si realizzò il primo passo sostanziale verso l’obiettivo
dello 0,33% ma, al contrario, la prima drastica riduzione: lo 0,20% del

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2002 diventò lo 0,17%, che era poi lo 0,12%, non includendo la
cancellazione del debito.

Nel rapporto dell’OCSE per il 2004 l’insieme degli aiuti erogati dai Paesi
industrializzati sale al livello record di 78,56 miliardi di dollari, con un
aumento del 4,6% sul 2003. L’Italia, in controtendenza, con 2484 milioni
di dollari di APS scende dal penultimo all’ultimo posto della classifica,
tornando, inclusa la cancellazione del debito, allo 0,15% del PIL. E’ il
livello più basso in Europa e nel mondo, pur essendo l’Italia uno dei Paesi
in cui l’opinione pubblica è maggiormente sensibile alle necessità dei
Paesi poveri.

La media dei 22 Paesi OCSE/DAC è stata dello 0,42%. Alcuni si


collocano sopra l’obiettivo dello 0,7% del PIL: Norvegia (0,87),
Lussemburgo (0,85), Danimarca (0,84), Svezia (0,77), Olanda (0,74).
Sono tra i Paesi più piccoli, ma fanno notevolmente più di noi anche quelli
a noi paragonabili: Francia 0,42%, Regno Unito 0,36, Germania 0,28,
Spagna 0,26, Canada 0,26. Fanno più di noi anche Paesi meno ricchi di
noi: Portogallo 0,63%, Grecia 0,23%.

Scendendo all’ultimo posto della classifica, abbiamo fatto salire gli Stati
Uniti al penultimo, con lo 0,16% del PIL, che corrisponde però a 18,99
miliardi di dollari, il 24% dell’intera erogazione dei Paesi OCSE/DAC.
Ragionando in termini di valori assoluti l’Italia, con 2484 milioni di dollari
(il 3,1% del totale) è scesa tra 2003 e 2004 dal settimo al decimo posto
nella graduatoria dell’OCSE dopo, nell’ordine, Stati Uniti, Giappone,
Francia, Regno Unito, Germania, Olanda, Svezia, Canada e Spagna.

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Nell’ammontare di 2484 milioni di dollari l’OCSE comprende le erogazioni
sul bilancio dello Stato operate dal Ministero degli esteri, dal Ministero
dell’economia e da altri Ministeri, i crediti d’aiuto erogati sull’apposito
fondo rotativo, ormai alimentato essenzialmente dai rientri, ed anche le
erogazioni delle Regioni, Province e Comuni e quelle della Chiesa
cattolica, se prelevate dall’otto per mille; nonché la cancellazione del
debito.

All’interno di stanziamenti sul bilancio dello Stato fortemente diminuiti


resta sostanzialmente invariato il contributo obbligatorio ai programmi
dell’Unione Europea, circa 900 milioni di € annui, il cui ammontare e
utilizzo è stabilito dall’Unione stessa. Sono stati invece drasticamente
tagliati i contributi volontari ai programmi delle Nazioni Unite (solo 151
milioni di € nel 2004; erano 270 nel 2002) e sensibilmente ridimensionati i
programmi bilaterali da concordare con i singoli Paesi assistiti, nonché i
finanziamenti alle ONG.

Sugli stanziamenti del Ministero degli esteri, nel 2004 sono stati erogati
per programmi bilaterali 298,7 milioni di € a titolo di dono (contro 327,7
nel 2002) cui si aggiungono 26,4 milioni per aiuti alimentari. Alle ONG
sono andati 50 milioni; erano 70 ancora nel 2003.

I nuovi stanziamenti al fondo rotativo per i crediti di aiuto, che superavano


i 500 milioni di € annui negli anni ’90, sono scesi a 20 milioni nel 2002, 41
nel 2003, 20 nel 2004. Le erogazioni nel 2004 sono ammontate a 108,4
milioni.

Le erogazioni a dono, ridotte in valore assoluto, sono state anche


diversamente distribuite per aree geografiche, penalizzando fortemente

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l’Africa, e in minor misura l’America Latina. Alle nuove esigenze (Medio
Oriente, Afghanistan, Iraq, Balcani) non si è fatto fronte con stanziamenti
aggiuntivi; sono state dirottate le risorse esistenti, nonostante fossero in
netta diminuzione. L’Africa, che nel 2002 ricevette erogazioni a dono per
160 milioni di €, pari al 49% del totale, nel 2004 ha ricevuto 101 milioni,
pari al 34%. L’America Latina è scesa da 44 milioni, pari al 14%, a 34
milioni, pari all’11%. Nello stesso periodo l’area Mediterraneo e Vicino
Oriente è salita da 48 a 85 milioni e dal 15 al 29%. Nell’elenco degli otto
Paesi che nel 2004 hanno ricevuto erogazioni a dono per più di 10 milioni
di €, i Paesi dell’Africa subsahariana sono tre e neppure ai primi posti. La
tabella è: Afghanistan 29,9 milioni, Egitto 20,6, ex-Jugoslavia 20,5,
Mozambico 19,6, Sierra Leone 19, Tunisia 18,6, Iraq 17,3, Somalia 11,5.

Il consuntivo per il 2005 non può ancora essere calcolato; potrebbe


essere uguale o, per ragioni contingenti, leggermente migliore di quello
del 2004, ma è facile prevedere che il consuntivo del 2006, quello sul
quale si valuterà il rispetto dell’impegno preso nel 2002, ci porterà
nettamente al di sotto dello 0,15% da cui eravamo partiti. D’altra parte,
per raggiungere lo 0,33% bisognerebbe approvare adesso per il 2006
uno stanziamento sui capitoli del Ministero degli esteri (le altre voci
dell’APS essendo sostanzialmente non modificabili) di circa 2,4 miliardi di
€, ciò che non è nelle intenzioni e nelle possibilità. L’obiettivo dello 0,7%
del PIL, stabilito dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel 1970, per l’Italia è
sempre più lontano, ed il nostro contributo al raggiungimento degli
obiettivi del Millennio sempre più modesto.

Ha invece funzionato bene e continua ad essere applicata regolarmente


la legge sulla cancellazione del debito (n 209 del 25 luglio 2000), opera
del precedente Governo e della maggioranza di centrosinistra.

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Rispondendo ad una esigenza fortemente sentita da vasti settori
dell’opinione pubblica, si adottarono termini notevolmente più generosi di
quelli stabiliti a livello internazionale, per un totale stimato allora in 4,51
miliardi di dollari, di cui un miliardo circa al di là dell’impegno
internazionale (l’Italia infatti decise di cancellare ai Paesi più poveri il
100% dell’intero debito).

Va evidenziato che ne sta beneficiando soprattutto l’Africa subsahariana:


più del 91% delle cancellazioni finora effettuate riguarda i più poveri tra i
Paesi africani.

Le procedure internazionali a monte dell’attuazione della legge sono


complesse ed i tempi quindi sono lunghi. Si deve passare attraverso un
accordo multilaterale con l’insieme dei Paesi creditori, ed i Paesi
beneficiari devono dare garanzie di buon governo e assumere precisi
obblighi di risanamento economico e di corretto utilizzo delle risorse rese
disponibili. Il primo accordo di cancellazione fu firmato il 22 ottobre 2001.
Alla fine del 2002 i Paesi beneficiari erano saliti a 16, per un totale di
1073 milioni di €; a fine 2003 i Paesi erano 20 e i debiti cancellati 1836
milioni di €; a fine 2004 il debito cancellato era salito a 1994 milioni di €
ed i Paesi a 23. A metà del 2005 il totale del debito cancellato a 25 Paesi
ammonta a 2561 milioni di €, cui si aggiungono 44 milioni cancellati ad
altri tre PVS, non compresi tra i più poveri, ma colpiti da catastrofi naturali
o gravi crisi umanitarie (art 5 della legge).

Dei 25 Paesi tra i più poveri cui è stata finora applicata la legge, 22 sono
africani. I cinque maggiori beneficiari sono il Congo-Kinshasa per 613,5
milioni di €, il Mozambico per 557,3, l’Etiopia per 367,2, la Tanzania per
191,7 e l’Uganda per 142,8. Seguono altri 15 Paesi (di cui tre latino-

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americani) per somme tra i 90 e i 10 milioni di € e infine altri cinque Paesi
africani che erano debitori per somme minime.

Se la legge 209 ha funzionato e funziona, va però ricordato che all’origine


era parte di una strategia che andava oltre la cancellazione del debito,
quella del documento “Beyond debt relief” che l’Italia propose ai Ministri
finanziari del G7-G8 nella riunione di Palermo del febbraio 2001. La
riduzione del debito era allora intesa come una misura aggiuntiva, non
sostitutiva, di un accresciuto flusso di risorse destinate a ridurre la
povertà, a eliminare le malattie endemiche, alla diffusione dell’istruzione,
allo sviluppo della capacità di produzione e di distribuzione dei PVS. La
riduzione del debito decisa dalla legge va avanti, ma negli altri settori
l’Italia non ha accresciuto il suo contributo, come si era impegnata: al
contrario, lo ha sensibilmente ridotto.

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