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IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE

Ogni grandezza fisica in quanto tale, deve poter essere misurata mediante unesperienza o
unosservazione. Ma misurare le grandezze che compongono un sistema, significa sempre
perturbare il sistema stesso.

Si supponga di voler stabilire la posizione di un oggetto in movimento. Per fare ci necessario


osservarlo e quindi fare in modo che esso sia raggiunto da un fascio luminoso, il quale composto
da fotoni aventi una certa energia e quantit di moto. Fra loggetto e lo strumento di misura si
instaura quindi uninterazione che tende a modificare alcune grandezze cinematiche.

Consideriamo ora un elettrone di cui si vogliono determinare posizione e velocit, per mezzo di un
esperimento. Lo scopo osservare la traiettoria dellelettrone in movimento, lanciato da un
particolare meccanismo e soggetto alla forza di gravit terrestre.
Per far questo costruiamoci un'esperienza ideale, unesperienza cio in cui lo sperimentatore
dispone di un laboratorio in cui egli possa costruire qualsiasi genere di strumento o congegno
purch la sua struttura ed il suo funzionamento non contraddicano le leggi fondamentali della fisica.
Lattrezzatura per compiere lesperienza comprende:
- una camera dentro la quale stato fatto il vuoto;
- un dispositivo in grado di sparare elettroni, uno alla volta, orizzontalmente e sistemato su
una parete della camera;
- una sorgente luminosa in grado di emettere fotoni in numero variabile e di qualsiasi
frequenza;
- un microscopio in grado di poter osservare le particelle.
Lo schema costruttivo dell'esperienza riportato nella figura seguente:
(1)

Lelettrone, sparato dal dispositivo e in moto nella camera pu essere paragonato ad un proiettile e,
secondo la fisica classica, la sua traiettoria dovrebbe essere un arco di parabola:
(2)
Per verificare questo necessario vedere lelettrone; ma per vedere occorre illuminare e per
illuminare occorre che almeno un fotone lo colpisca. Gli scambi energetici sono dello stesso ordine
di grandezza sicch, dopo l'urto, l'elettrone avr completamente variato la sua traiettoria e la sua
velocit. Quando lelettrone viene localizzato significa che un fotone lo ha disturbato.

Osservando con il microscopio l'elettrone, troveremo una traiettoria a zig-zag; infatti per illuminare
la particella per un certo tempo saranno diversi i fotoni che lo colpiranno in tempi successivi:
(3)

In questo caso, ad ogni istante, la posizione dell'elettrone individuata esattamente, ma la sua


traiettoria completamente indeterminata.

Ma non esiste un modo per vedere lelettrone senza disturbarlo?


Tenendo conto che non si pu disporre, ad esempio, di mezzo fotone, si potrebbe pensare di
diminuire l'energia del fotone che urta l'elettrone in modo da perturbarlo il meno possibile.
Secondo Planck la pi piccola quantit di energia associata ad un quanto di luce pari a: E = h,
(dove h la costante di Planck, pari a 6,6310-34 Js e la frequenza).
Lipotesi di de Broglie stabilisce inoltre che ogni grano di energia, sia esso luce o materia, possiede
una natura ondulatoria. Linformazione sulla quantit di moto p di una particella contenuta nella
lunghezza donda e nella frequenza: p = h/ = h/c (dove = c/ la lunghezza donda e c = 3108
m/s, rappresenta la velocit della luce nel vuoto).

Poich frequenza e lunghezza d'onda sono tra loro inversamente proporzionali, diminuire la
frequenza equivale ad aumentare la lunghezza d'onda:
(4)

Se non vogliamo quindi disturbare lelettrone dobbiamo diminuire la frequenza del fotone usando
luce sempre pi rossa.
Ripetiamo pi volte lesperimento utilizzando fotoni con lunghezza donda sempre pi grande.
Allinizio non cambier niente, si continuer a vedere lelettrone disturbato nel suo moto.
A un certo punto, quando la lunghezza donda della luce dello stesso ordine di grandezza della
particella illuminata, limmagine dellelettrone apparir sfocata.
In queste condizioni si verifica il fenomeno della diffrazione: quando un oggetto, il cui diametro
dell'ordine di grandezza della lunghezza d'onda della luce, viene posto davanti ad una sorgente
luminosa, su uno schermo collocato di fronte si nota unombra non netta, ma confusa. Significa che
il fronte donda luminoso da rettilineo divenuto circolare.
(5)

Questo fenomeno sar pi evidente quanto pi sar maggiore la lunghezza d'onda della luce rispetto
alle dimensioni dell'oggetto interposto tra sorgente luminosa e schermo (e viceversa).
Segue che, dovendo osservare un oggetto con un microscopio, possibile individuarlo con
precisione maggiore quanto pi netta l'immagine di questo oggetto e quindi localizzata,
utilizzando cio piccole lunghezze d'onda. Viceversa si ha un immagine sfocata, cio poco precisa
e localizzata quando la radiazione luminosa possiede una grande lunghezza donda. Disponendo di
un fotone con poca energia per non perturbare la traiettoria e la velocit dell'elettrone osservato si
verificano le condizioni per cui il primo ha una bassa frequenza e quindi una grande lunghezza
d'onda. Aumentando dunque, la lunghezza d'onda del fotone per perturbare al minimo traiettoria e
velocit dell'elettrone, si trova al microscopio una misura poco precisa della posizione dell'elettrone.

Per un fotone che si muove con una grande frequenza , cio con una piccola lunghezza d'onda , si
ha sul microscopio un immagine con l'elettrone che percorre una traiettoria a zig-zag. Man mano
che la frequenza diminuisce, e quindi aumenta la lunghezza d'onda, si ottengono sul microscopio
delle immagini come quelle nelle figure successivamente riportate:
(6) (7)

Nella figura 7 possiamo intravedere una traiettoria anche se approssimata. Non siamo in grado
comunque di dare la posizione dell'elettrone. In conclusione: o si stabilisce la posizione
dell'elettrone lasciando completamente indeterminata la sua traiettoria (figura 3, pg. precedente),
oppure si rileva la traiettoria mantenendo completamente indeterminata la posizione (figura 7). La
figura 6 fornisce per una via di mezzo: usando una frequenza intermedia si avr una traiettoria
alterata solo parzialmente ed anche la posizione potr essere stabilita con una piccola incertezza.
Questi ragionamenti furono quelli che portarono Werner Heisenberg ad enunciare il suo principio
di indeterminazione (1927), dandovi inoltre una precisa formulazione matematica.
Secondo tale principio non possibile determinare simultaneamente con la stessa precisione coppie
di grandezze fisiche, in particolare quantit di moto e posizione o energia e tempo.
Lunica alternativa cercare un compromesso: dobbiamo usare fotoni con frequenza non
eccessivamente alta e lunghezza donda non eccessivamente lunga.

Indicando con x la posizione dell'elettrone e quindi con x l'indeterminazione della posizione si ha


che x dell'ordine di grandezza della lunghezza d'onda del fotone, quindi x = = c/ .
Indicando con p = mv = h/ = h/c la quantit di moto dell'elettrone, e quindi con p
l'indeterminazione della sua quantit di moto, si pu notare che anche p dipende da .
Pi precisamente avremo:

x =
combinando queste due relazioni si trova : x p = h
p = h

Se si effettua una misura su un oggetto, e si determina la componente della sua quantit di moto con
incertezza p, non si pu contemporaneamente conoscere la sua posizione x con precisione
maggiore di x = h/p. In ogni istante, il prodotto tra lindeterminazione nella posizione e quella
nella quantit di moto deve essere maggiore o uguale alla costante di Planck:

x p h

In termini di velocit v, tenendo conto che p = (mv) la relazione diventa:

x v h / m

Se tentiamo di localizzare una particella costringendola ad essere in punto particolare, essa


finisce per avere unalta velocit. Oppure se cerchiamo di forzarla ad andare molto lentamente, o a
una velocit precisa essa si espande cos che non sappiamo con precisione dove si trovi.

Si dimostra che la forma definitiva del principio di indeterminazione considerando posizione e


quantit di moto risulta essere:

in cui la costante di Planck ridotta:

LINDETERMINAZIONE ENERGIA - TEMPO


Il principio di indeterminazione di Heisenberg, formulato per la coppia posizione - quantit di moto,
applicabile anche alla coppia energia - tempo.
Si supponga di voler determinare lenergia di un fotone. Secondo il formalismo di Planck, lenergia
di un fotone direttamente proporzionale alla frequenza della luce. E = h: se si raddoppia la
frequenza, anche lenergia diventa doppia. Un sistema pratico per misurare lenergia quindi quello
di misurare la frequenza dellonda luminosa, il che possibile contando il numero di oscillazioni
dellonda (il susseguirsi cio di massimi -le creste- e di minimi -gli avvallamenti-) in un dato
intervallo di tempo. Per poter applicare questa procedura occorre comunque che si verifichi almeno
una o pi oscillazioni complete, il che richiede un intervallo di tempo definito. Londa deve passare
da un massimo ad un minimo, e poi di nuovo tornare a un massimo. Misurare la frequenza della
luce in un tempo inferiore a quello occorrente per unoscillazione completa non naturalmente
possibile. Per la luce visibile il tempo occorrente ridottissimo (un milionesimo di miliardesimo di
secondo). Onde elettromagnetiche con lunghezze donda maggiore e frequenza minore, come le
onde radio, possono richiedere qualche millesimo di secondo per compiere unoscillazione
completa. I fotoni delle onde radio hanno quindi, in confronto, unenergia molto bassa; invece i
raggi oscillano migliaia di volte pi rapidamente della luce e le energie dei fotoni sono maggiori
di migliaia di volte.
Queste considerazioni mettono in evidenza lesistenza di un limite fondamentale nella precisione
con cui possibile misurare la frequenza di un fotone (e quindi la sua energia) in un dato intervallo
di tempo. Se lintervallo inferiore a un periodo dellonda, lenergia quanto mai indeterminata;
esiste quindi una relazione di indeterminazione che lega lenergia al tempo, identica a quella gi
vista per posizione e quantit di moto. Per avere una determinazione esatta dellenergia si deve
effettuare una misurazione "relativamente lunga", ma, se ci che ci interessa invece listante in
cui si verifica un evento, lo si potr determinare in modo esatto solo a spese dellinformazione
sullenergia. Ci si trova cos a dover scegliere tra linformazione sullenergia e linformazione sul
tempo, che presentano unincompatibilit analoga a quella per posizione e moto.

Va (ri)sottolineato che i limiti delle misurazioni sia di energia e tempo, sia di posizione e quantit di
moto, non sono semplici insufficienze tecnologiche, ma propriet assolute e intrinseche dalla
natura. In nessun modo si pu pensare che un fotone (o una particella qualsiasi) possieda realmente
unenergia ben definita in un dato istante. Per i fotoni energia e tempo sono due caratteristiche
incompatibili; quale delle due si manifesti con maggior precisione dipende solo dal tipo di
misurazione (osservazione) che si sceglie di effettuare.

da cui deriva che:

Man mano che t tende a 0, E tende allinfinito:


CONCLUSIONI
Quando in meccanica quantistica si afferma: "loperatore compromette il risultato dellesperimento
che svolge", sembra che prima della misura loggetto quantistico si trovi in un qualche stato definito
(ma ignoto), che poi viene disturbato da un atto di misura. E' vero invece che la misurazione
conferisce una determinazione ad una quantit che in precedenza era (oggettivamente) indefinita;
non si pu assegnare alcun significato ad una quantit finch non la si misura.
Il principio di indeterminazione protegge la meccanica quantistica. Heisemberg stesso si rese conto
che se si potessero misurare contemporaneamente la quantit di moto e la posizione con la stessa
precisione la meccanica quantistica cadrebbe.
Nessuno mai riuscito a trovare un modo per aggirare il principio di indeterminazione. Dobbiamo
quindi accettare che esso descriva una caratteristica fondamentale della natura.

ESEMPI
Applichiamo ora il principio di indeterminazione ad un elettrone di massa m = 9,110-31 Kg che si
muove con una velocit v = 2.000.000 m/s = 2106 m/s. Supponiamo che l'indeterminazione
della velocit rappresenti il 10% di v, cio v = 0,2106 m/s. Per l'indeterminazione della
posizione (x) si trova:

La necessaria indeterminazione nello specificare la posizione di una particella assume molta


importanza qualora si cerca di descrivere la struttura della materia a livello microscopico.
Nellatomo di idrogeno (z = 1), lindeterminazione nella posizione dellelettrone pari alle
dimensioni dellatomo stesso (10-10m). Non possibile quindi parlare di movimento dellelettrone
su di unorbita; si considera invece una porzione di volume V ad una certa distanza r dal nucleo
entro cui massima la probabilit di trovare lelettrone (concetto di orbitale atomico).

EINSTEIN Vs. BOHR


Durante il Congresso Solvay del 1930 Einstein si proponeva di mostrare, attraverso un esperimento
mentale la non validit del principio di indeterminazione, almeno per quanto riguarda
l'indeterminazione tempo - energia.

Egli immagin una scatola avente pareti interne perfettamente riflettenti e contenente radiazione
elettromagnetica. Essa inoltre dotata di un orologio che comanda l'apertura, per un intervallo di
tempo arbitrario t, di un otturatore che copre un foro praticato in una parete. Siccome lorologio si
trova dentro la scatola e lotturatore chiuso, linterno della scatola completamente isolato dal
mondo esterno. Si supponga che un fotone di quelli contenuti nella cavit esca dal foro durante
l'intervallo t. D'altra parte l'energia del fotone pu essere in linea di principio determinata sulla
base della relazione E = mc2. Baster infatti pesare la scatola prima e dopo l'emissione: la
differenza riscontrata nella massa si tradurr in una valutazione del E. Poich, osservava Einstein,
la misura della variazione di massa, dunque del E, pu effettuarsi con tutta la precisione voluta e
la durata dell'intervallo t pu essere resa arbitrariamente piccola, il prodotto delle
indeterminazioni potr rendersi minore del minimo previsto dalla regola d'indeterminazione tempo -
energia.

La replica di Bohr: per poter pesare la scatola bisogna muoverla verticalmente e quindi si stabilir
un'incertezza sul ritmo di marcia dell'orologio, e dunque sul valore dell'intervallo temporale t.
Questo perch, secondo la teoria della relativit generale, il ritmo di marcia degli orologi in un
campo gravitazionale dipende dalla quota a cui si trovano. Sulla base di queste considerazioni Bohr
pot provare che relazione Et h non poteva essere violata.

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