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Capitolo IX

Strategie e tecniche di intervento terapeutico:


uno strumento per la supervisione clinica 1
Carla de Nitto

Introduzione

Lavorando nell'ambito della formazione alla psicoterapia si pu osservare


che i trainee alle prime armi della propria attivit come psicoterapeuti, nel pia-
nificare l'intervento terapeutico, fanno molta attenzione al contenuto dei pro-
blemi presentati dai pazienti e tendono invece a perdere di vista il processo
del lavoro.
Questa osservazione stata lo stimolo di partenza per l'elaborazione dello
strumento per la supervisione clinica che qui si vuole presentare e che mira a
focalizzare l'attenzione proprio prevalentemente sul processo dell'intervento
terapeutico. E' uno strumento nato all'interno del modello dell'Analisi Transa-
zionale ma che pu essere anche applicato, date le sue caratteristiche, all'in-
terno di altri modelli teorici. Usato come strumento di supervisione ha lo
scopo di "verificare" se l'intervento terapeutico ha una direzione, se efficace
e pi in particolare di identificare la "strategia" scelta dal terapeuta e le "tecni-
che" usate per raggiungere l'"obiettivo" dell'intervento stesso, al fine di risol-
vere il "problema" presentato dal paziente. Pu essere utile sia per i
supervisori che per i trainee; per i primi, specialmente quando lavorano con i
trainee che sono nella fascia di formazione intermedia e cio con coloro, che
hanno gi preso confidenza con la psicoterapia, hanno imparato a cogliere
quale sia il processo sottostante al problema per cui il paziente non riesce a
raggiungere la risoluzione del problema e sanno riconoscere quali sono i pun-
ti cardine su cui incentrare l'intervento terapeutico (fase intermedia del
1
de Nitto, C. (1991). Strategie e tecniche di intervento terapeutico: uno strumento
per la supervisione clinica. Atti del Convegno Nazionale di Analisi Transazionale. Vene-
zia, 12-14 Aprile, pp. 39-52. Roma: Siat.
2 Carla de Nitto

modello di supervisione di R. Erskine); utile per i trainee, specie come linea


guida all'autosupervisione.
In questo lavoro, dopo aver dato uno sguardo ad altri modelli di supervi-
sione per vedere come questo strumento si colloca all'interno degli altri mo-
delli, si descriver in che cosa consiste questo strumento e si illustrer la sua
applicazione attraverso esempi tratti dall'esperienza di supervisione clinica. Si
vedr quindi in quali ambiti e con quali obiettivi specifici stato gi usato ed
infine si accenner ad elementi ritenuti punti di forza e ad altri che ne sottoli-
neano i limiti.

Uno sguardo ai presupposti teorici

Nel corso degli ultimi 30 anni sono stati elaborati vari modelli di supervi-
sione clinica in ambito psicologico che si focalizzano su aspetti differenti. In
questo campo non esistono teorie che si impongano su altre per la loro signi-
ficativit e rilevanza sul piano scientifico (Scilligo, 1989) ma si possono indivi-
duare cinque orientamenti che sono la base su cui si fondano i vari modelli e
che servono quindi ad "orientare" la focalizzazione su aspetti particolari e
specifici per ciascuno.
Nei modelli ad orientamento psicodinamico (Ekstein e Wallerstein, 1972) il
punto cardine focalizzare l'attenzione sia sul vissuto personale del terapeu-
ta, del cliente e del supervisore che sui processi interpersonali, specialmente
su quelli tra cliente e terapeuta e terapeuta e supervisore. Nei modelli ad
orientamento facilitativo, di origine rogersiana, (Carkhuff e Berenson, 1967)
invece, il punto centrale evidenziare il ruolo dell'empatia sia nella terapia che
nella supervisione, per cui questa diventa un ambiente in cui il supervisiona-
to pu sperimentare un'atmosfera di calore e di sostegno. Nei modelli ad
orientamento comportamentista invece l'attenzione posta sull'acquisizione
di competenze specifiche sulla terapia comportamentista, mentre nei modelli
orientati all'acquisizione di abilit specifiche (Invey e al., 1968) il punto centra-
le il modellare tecniche specifiche.
Infine, nel modello ad orientamento misto (Kell e Barrow, 1970) vengono
presi alcuni degli aspetti dominanti di altri modelli (psicodinamico, facilitativo
e comportamentista).
Un altro filone di modelli di supervisione costituito da quelli "evolutivi"
che si sono sviluppati prevalentemente negli anni '80. In questo approccio
(Stoltenberg e Delworth, 1987) si pone l'accento sulla supervisione come pro-
cesso tra terapeuta e supervisore; tale processo, che ha come obiettivo finale
lo sviluppo di competenze specifiche nel terapeuta e la costruzione di un sen-
so di fiducia personale nelle proprie capacit come psicoterapeuti, ne ha
Uno strumento di supervisione clinica 3

anche altri a breve termine, differenti per ciascuna fase di supervisione.


Nell'ambito dell'Analisi Transazionale vi sono due modelli di tipo evolutivo
particolarmente significativi per inquadrare lo strumento oggetto di questa
presentazione: il modello di Vann Joines (1988) e quello di R. G. Erskine
(1982). Vann Joines sottolinea la diversa focalizzazione della supervisione in
fasi differenti di supervisione, a seconda del variare delle esigenze del super-
visionato: il trainee passa da una fase iniziale in cui ha un atteggiamento di di-
pendenza dal suo supervisore e l'esigenza principale pi di carattere
personale (bisogno di comprensione e di sostegno) che non di tipo profes-
sionale, ad una posizione ribaltata in cui diventa principale l'esigenza di tipo
professionale (apprendere e confrontarsi direttamente con il supervisore su
problemi nati nella terapia per ampliare le proprie competenze) mentre quella
di tipo personale passa nello sfondo. Tener presente la fase in cui si fa super-
visione un elemento di primaria importanza perch, come si diceva, in ognu-
na di queste cambia la focalizzazione da avere.
Uno sguardo sintetico al modello di R. G. Erskine. L'Autore suddivide la
supervisione in tre stadi, quello iniziale, quello intermedio e quello avanzato e
per ognuno di questi definisce obiettivi e strumenti per raggiungerli.
Nel primo stadio gli obiettivi sono lo sviluppo di abilit psicoterapeutiche
e il costruire un senso di fiducia nelle proprie competenze; tra gli strumenti
suggeriti vi sono il sollecitare il terapeuta supervisionato a fare delle osserva-
zioni su quello che fa il paziente, stimolare il collegamento tra le suddette os-
servazioni e alcuni elementi teorici di base (per esempio: "Quando il paziente
dice..... in che stato dell'Io ?" ) per arrivare ad individuare interventi che sia-
no congruenti con gli obiettivi da raggiungere. Un altro strumento consiste
nello stimolare il terapeuta a cogliere la propria abilit o meno di stare in con-
tatto con il paziente e con il supervisore: la capacit di stare in rapporto in-
fatti un fattore primario per una psicoterapia efficace.
Una volta che il supervisionato ha consolidato la propria capacit di osser-
vare il paziente e cogliere il problema di fondo, di leggerlo in termini analitico-
transazionali e di intervenire in modo appropriato, si entra nello stadio inter-
medio dove l'obiettivo il rifinire le abilit psicoterapeutiche e la pianificazio-
ne del trattamento. Uno strumento usato la tecnica dell'autosupervisione
attraverso cui si stimola il supervisionato a descrivere quello che fa il pazien-
te, l'intervento effettuato e ad individuare indici dell'efficacia dell'intervento.
In questo stadio Erskine suggerisce di fare dei contratti di supervisione in
modo che il supervisionato possa sperimentarsi potente nell'indirizzare la su-
pervisione nel verso desiderato per raggiungere gli obiettivi a cui tiene; in
questa fase infatti il supervisionato ha gi un'alta motivazione ad ampliare le
proprie competenze ed pronto a definire chiari obiettivi.
Nello stadio avanzato, infine, l'obiettivo di integrare varie cornici di
4 Carla de Nitto

riferimento teoriche, il che consente di vedere lo stesso problema secondo ot-


tiche differenti e di ampliare la propria flessibilit nell'applicare metodi psico-
terapeutici. In questa fase il supervisore usa mezzi molteplici per verificare la
flessibilit del supervisionato nell'usare diversi approcci teorici.
Da questo quadro teorico si pu notare che molteplici sono gli approcci al-
la supervisione clinica in ambito psicologico e l'adesione ad uno di questi di-
pende dalla focalizzazione scelta; si possono definire dei "macro-approcci"
nel senso che si riferiscono al processo di supervisione nella sua globalit,
pur focalizzandosi ognuno su aspetti specifici.
Lo strumento di supervisione qui presentato, invece, si pu considerare
un "micro-approccio" in quanto considera aspetti specifici della supervisio-
ne, e cio la direzione e l'efficacia dell'intervento e costituisce, quindi, una
unit metodologica, uno strumento che pu essere usato all'interno di uno
dei suddetti modelli. Per esempio, tenendo presente il modello proposto da R.
Erskine, il nostro strumento pu essere usato con particolare efficacia con i
trainee che sono nella fase intermedia di supervisione, essendo un mezzo per
verificare l'approccio strategico dell'intervento terapeutico, che uno degli
obiettivi specifici di questo stadio di supervisione.

1. Uno strumento per la supervisione clinica

Il presupposto del nostro strumento che nella psicoterapia la risoluzione


di un problema implica un approccio strategico, e cio avere un piano che
consenta di raggiungere l'obiettivo, per cui, quando una persona arriva in te-
rapia con un problema che vuole risolvere, il terapeuta pianificher dei passi
particolari che hanno lo scopo di favorire il raggiungimento del suo obiettivo.
Questo strumento di supervisione uno "schema" articolato in sei punti:
1. Problema
2. Obiettivo
3. Processo di blocco
4. Strategie
5. Tecniche
6. Verifica
Ognuno di questi rappresenta un aspetto essenziale nell'intervento tera-
peutico e nel loro insieme possono essere perci la linea guida del superviso-
re per verificare la direzione e l'efficacia dell'intervento; sono da considerarsi
passi progressivi da verificare nel corso della supervisione, attraverso do-
mande fatte al trainee che mirano a individuare gli elementi salienti del suo la-
voro terapeutico e in particolare se questo ha avuto una chiara direzione, se
Uno strumento di supervisione clinica 5

cio il trainee ha centrato il problema del paziente, se ne ha colto il processo


sottostante e sulla base di questo ha focalizzato con il paziente un obiettivo
appropriato, se ha pianificato una strategia e delle tecniche in linea con
l'obiettivo da raggiungere e se, infine, ci sono indici di verifica della attuata
risoluzione del problema di partenza.
Descriviamo i singoli punti:

1. PROBLEMA
Il punto di partenza il problema del paziente, quella situazione, cio, per
cui questi vorrebbe arrivare a raggiungere un obiettivo ma ad un certo punto
invece si blocca, non riesce a trovare una soluzione e chiede un intervento
esterno in terapia. Il primo punto quindi l'ascolto attento di quello che il pa-
ziente riporta come problema.

2. OBIETTIVO
Il secondo punto consiste nell'individuare l'obiettivo che ha il paziente e
cio lo scopo che questi vuole raggiungere; il punto d'arrivo dell'intervento
espresso in termini concreti e osservabili e che corrisponde all'aspetto com-
portamentale del contratto di seduta; il suo raggiungimento servir come indi-
ce dell'efficacia o meno dell'intervento.

3. PROCESSO di BLOCCO
Il terzo punto consiste nell'identificare quale possa essere il processo im-
plicato nel problema del paziente e cio quali passi questi fa per cui vuole arri-
vare ad un obiettivo ma ad un certo punto si blocca.
Cogliere il processo implica il fare delle ipotesi su quello che fa il paziente
per cui non riesce ad arrivare alla sua soluzione. Un presupposto di base per
identificare il processo di definirsi rispetto ad un modello teorico di riferi-
mento: lo stesso problema pu essere letto in modi diversi a seconda del mo-
dello a cui ci si riferisce; per esempio, uno stesso problema pu essere letto
da un analista transazionale come contaminazione dell'Adulto da parte del Ge-
nitore e da un gestaltista come disturbo dei confini dell'Io, in particolare di in-
troiezione. Qui ci si riferisce ad un'ottica analitico-transazionale e quindi per
individuare e definire un processo si useranno concetti tratti da questo mo-
dello teorico (problematiche strutturali di contaminazione e di esclusione, gio-
chi, impasse, ecc.).

4. STRATEGIA
Il quarto punto consiste nell'individuare la strategia dell'intervento attuata
dal terapeuta, e cio il piano di interventi mirati a raggiungere l'obiettivo. La
strategia, quindi, per definizione ha direzione in quanto ha un punto di
6 Carla de Nitto

partenza, che il problema del paziente e un punto d'arrivo, che il raggiungi-


mento dell'obiettivo.

5. TECNICHE

Il quinto punto consiste nell'individuare le tecniche dell'intervento usate


dal terapeuta e cio degli strumenti che consentono operativamente di attuare
la strategia e di raggiungere quindi l'obiettivo.
La pianificazione delle tecniche dell'intervento un passo successivo a
quello della strategia in quanto le prime sono degli strumenti e per questo so-
no funzionali o meno a seconda dello scopo per cui sono usate e cio della
strategia che il terapeuta intende intraprendere. Cogliere il rapporto tra strate-
gia e tecniche dell'intervento spesso uno dei punti cruciali per i trainee al-
l'inizio del proprio cammino come psicoterapeuti: molto ricorrente la
preoccupazione di trovare una tecnica da usare ancor prima di aver deciso
perch usarla, in funzione di che cosa, per farne che cosa.

6. VERIFICA

Il sesto punto, infine, consiste nel verificare l'intervento e cio nell'identifi-


care indici chiari e documentabili del cambiamento (per esempio, cambiamento
dello stato dell'Io, deducibile dal tono di voce modificato, ecc.) attuato attra-
verso il piano strategico (strategie + tecniche) e nel confrontare, infine, il pun-
to d'arrivo con l'obiettivo concordato con il paziente.
In sintesi, allora, una persona arriva in terapia con un problema (1) e si de-
finisce con lei un obiettivo (2); il terapeuta, quindi fa delle ipotesi su quale
possa essere il processo (3) per cui la persona mentre fa dei passi per rag-
giungere il suo obiettivo ad un certo punto si blocca. Strategia (4) e tecniche
(5) adeguate consentono di raggiungere l'obiettivo. La verifica (6) del rag-
giungimento dell'obiettivo il punto che chiude il cerchio, la conclusione
dell'intervento.
Per un uso pratico dello schema durante la supervisione si suggerisce di
preparare una tabella a sei colonne, una per ciascuno dei punti, (fig. 1). Nella
fila superiore sono indicati i sei punti, nella seconda, rispettivamente sotto a
ciascuno di questi si possono scrivere gli elementi individuati dal terapeuta
supervisionato ed infine, nella terza, eventuali differenze e alternative indivi-
duate dal supervisore. Questa tabella aiuta a focalizzare l'attenzione su un
punto per volta e a condividere con il trainee il materiale che emerge dalla su-
pervisione in modo semplice e schematico, il che, a nostro avviso, pu facili-
tare lo scambio di informazioni e l'apprendimento.
Uno strumento di supervisione clinica 7

Esemplificazioni cliniche

Problema Obiettivo Processo Strategia Tecnica Verifica

Terapeuta
Supervisore
Fig. 1 - La tabella della verifica dell'intervento terapeutico nella supervisione clinica

1. Un esempio per illustrare l'uso della tabella in una supervisione clinica


allo scopo di verificare la direzione e l'efficacia dell'intervento terapeutico.
Mario, un trainee nello stadio intermedio di supervisione, soddisfatto di
un lavoro fatto con una paziente e vuole confrontarsi in supervisione rispetto
all'efficacia del suo intervento con la paziente per valutare se portare il nastro
di terapia all'esame come analista transazionale. Prendiamo la tabella della fig.
1 per riempirla del materiale che emerger da questo caso specifico. Mario rac-
conta il caso di una paziente che, appena arrivata nel suo studio, si siede tut-
ta raccolta su s stessa e incomincia a dire:
"Ancora una volta mi sento inutile e sola, va a finire sempre cos, con mio
marito come con tutti. Io come al solito mi do tanto da fare per lui, faccio e
strafaccio e poi, come al solito, invece di averne ringraziamenti lui si stufa e,
come se non bastasse, si arrabbia pure! E io mi sento inutile e sola. Basta
adesso. Voglio proprio capire se sono io che faccio qualcosa in tutto questo,
e trovare un modo diverso di stare con lui, sentendomi bene e non come al
solito stanca o maltrattata".
Usiamo la nostra tabella per verificare i passi dell'intervento terapeutico del
nostro trainee. Attraverso domande esplicite fatte al trainee si pu conoscere
che cosa questi identifica come problema del paziente, quale sia l'obiettivo
che vuole raggiungere, quale il processo di blocco che ipotizza, e quindi poi
quale sia la strategia, quali le tecniche e infine quali indici ha considerato co-
me elementi di verifica dell'efficacia dell'intervento; il materiale cos raccolto si
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riporta in sintesi nelle rispettive colonne della tabella.


Nel nostro caso il trainee ha definito come problema "l'interazione della pa-
ziente con il marito e i suoi sentimenti negativi" (fig. 2), come obiettivo il "tro-
vare nuove modalit relazionali con lui e sentirsi bene con s stessa".
Per illustrare il processo Mario spiega la sua ipotesi: la paziente in con-
tatto con dei sentimenti negativi (inutile e sola), e cio il pagamento finale
conseguente ad un gioco giocato con il marito. Il suo gioco era "Stavo solo
cercando di aiutarti" e lei da una posizione iniziale di Salvatrice passa a quella
finale di Vittima in seguito al brusco cambiamento di ruolo del marito che, da
una posizione iniziale di Vittima passato a quella di Persecutore. La paziente,
con questi sentimenti finali, conferma una delle sue convinzioni di copione
pi caratteristiche e forti per lei e cio di non valere niente; in sintesi il trainee
definisce il processo come "gioco" in termini funzionali e come "contamina-
zione dell'Adulto da parte del Genitore" in termini strutturali e sceglie di foca-
lizzarsi sul dato strutturale.
La strategia attuata dal trainee la "decontaminazione dell'Adulto" e le
tecniche usate la "spiegazione e la cristallizzazione" (tecniche berniane).
Per verificare se quello che Mario ha descritto corrisponda o meno a quello
che lui ha fatto realmente con la paziente abbiamo ascoltato il seguente brano
di terapia selezionato dal trainee, che inizia dopo l'identificazione dell'obietti-
vo (il contratto):
Terapeuta: Hai descritto chiaramente quello che hai fatto con tuo marito,
che tu dici essere un modo ricorrente di rapportarti con le persone. Il punto
comune a queste situazioni che ti senti male con te stessa. Sei interessata a
sapere quello che colgo in quello che fai?

Problema Obiettivo Processo Strategia Tecnica Verifica


Terapeuta

Interazione col Nuova modali- Gioco Decontamina- Spiegazione Elabora nuove


marito e senti- t relazionale Contamina- zione di A Cristallizza- modalit rela-
menti negativi e sentimenti zione A/B zione zionali. Si
finali OK sente OK
Supervisore

Fig. 2 - La tabella della supervisione di Mario


Uno strumento di supervisione clinica 9

Paziente: S, vorrei proprio capirmi perch ci sto tanto male cos.


T.: Con tuo marito hai fatto il gioco "Stavo solo cercando di aiutarti"...
P.: E gi, infatti io ho detto "faccio e strafaccio ecc.. ecc.. finche poi lui si
stufa e mi aggredisce con la rabbia".
T.: E s, e tu ti senti inutile e sola e non ti dai il permesso di godere di te
stessa se non attraverso i suoi riconoscimenti per quello che fai, quando li
hai. Deve essere molto pesante questo per te.
P.: (pausa) E' proprio cos.... ed davvero duro, perch ne arrivano molto
pochi e poi solo dopo tanta fatica.... (sospira)
T.: E s, davvero una gran fatica.... lo posso sentire da quello che dici.
P.: E gi, mi fa proprio male. (lungo silenzio)
T.: Questo quello che hai fatto finora, "fare e strafare per lui" nella spe-
ranza di poter essere vista (pausa). E che cosa vuoi fare adesso?
P.: Beh, adesso basta, sono proprio stufa di stare ad aspettare. No no, far
quello che sta bene a me e cos me la godo davvero. E s, ci sono tante cose
che mi piace proprio fare per lui, come cucinare, per esempio ed altre ancora.
Ah.... (sospira) diverso cos, lo decido io che fare, che cosa voglio fare e poi
mi fermo. Ah, che bello, cos s, tutt'altra cosa! Sono proprio contenta di
questa scoperta, mi sento.... non so, come con il petto pi aperto, ho la sensa-
zione di respirare pi aria (cambia posizione).
T.: Stai notando come ti sei mossa fisicamente?
P.: Eh, s cos sto molto meglio, con le spalle dritte e non tutta ricurva e ho
un senso di grosso calore qua (si tocca lo stomaco) e mi sento proprio bene
in questa posizione. Bene sono soddisfatta.

Attraverso il materiale clinico presentato nel nastro si pu notare come in


realt la paziente sia arrivata ad elaborare nuove modalit di rapportarsi con il
marito e si senta bene con s stessa e questo corrisponde, come si vede dalla
fig. 2, all'obiettivo. Mario ha usato in modo e in tempi evidentemente appro-
priati le tecniche di spiegazione, dicendo quello che la paziente faceva con il
marito, e di cristallizzazione, fissando qual'era la situazione attuale per vedere
se c'era qualcosa di diverso che lei volesse fare.
Il terapeuta ha quindi avuto una chiara strategia in linea con il processo di
blocco della paziente ed ha usato delle tecniche appropriate ed il suo inter-
vento stato efficace. Inoltre un punto in cui stato particolarmente abile
stato lo stimolare l'Adulto della paziente a cogliere il processo e allo stesso
tempo agganciare anche il suo Bambino cosicch quest'ultima ha scoperto
nuove possibilit pi gratificanti per s.
Osservando la tabella della fig. 2, compilata sulla base dei dati presentati
dal terapeuta, lo stesso trainee potr dare una risposta alla propria richiesta
iniziale di supervisione e riconoscere l'efficacia del suo intervento grazie alla
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sua chiara direzione. Le domande a lui fatte per poter compilare la tabella so-
no domande che lui stesso potr farsi in seguito nell'esaminare altri brani di
terapia rispetto a questi punti. In tal caso questo schema pu diventare stru-
mento per l'autosupervisione.

2. Un'altra utilizzazione dello schema

Questo esempio, come si detto, ha lo scopo di illustrare come si pu usa-


re questo strumento come mezzo per verificare la direzione e l'efficacia dell'in-
tervento terapeutico.
Questo strumento pu anche essere usato per identificare i punti forti e/o
deboli dell'intervento terapeutico. Prendiamo il caso in cui un lavoro terapeu-
tico si sia concluso con il raggiungimento dell'obiettivo; il supervisore, usan-
do questo strumento, potr identificare in quale area in particolare il
supervisionato ha raggiunto i risultati migliori: per esempio, potrebbe sottoli-
neare una particolare abilit intuitiva nel cogliere il processo (punto 3), oppu-
re la sua scelta di affrontare il processo realmente dominante nella persona
(punto 3), qualora vi fossero pi elementi e la sua coerenza con il mantenersi
in linea con la scelta effettuata, pianificando strategie e tecniche appropriate
(punti 4 e 5), oppure la particolare abilit ad usare le tecniche (punto 5) ecc.
Qualora invece l'intervento risulti inefficace il supervisore, ripercorrendo lo
schema, potr coglierne il punto debole. Per esempio il problema potrebbe es-
sere al punto 2, qualora il terapeuta non abbia definito con il paziente un
obiettivo chiaro, con la conseguenza di un intervento non mirato e inefficace;
potrebbe essere al punto 3: il terapeuta potrebbe non avere conoscenze teori-
che sufficienti, per cui non riconosce alcuni processi perch a lui sconosciuti,
oppure potrebbe avere delle buone conoscenze di teoria ma potrebbe non
averle ben comprese ed assimilate, oppure potrebbe non saperle applicare alla
pratica clinica. (I suddetti tre elementi, conoscenza, comprensione e applica-
zione sono i primi tre livelli del modello di supervisione di George Kohlrieser,
1991).
Il supervisionato potrebbe avere scelto una strategia e delle tecniche inap-
propriate e per questo aver fallito l'intervento (punti 4 e 5). Usato per identifi-
care i punti forti e deboli lo schema pu essere un aiuto per cogliere le aree su
cui riconoscere il supervisionato e quelle da potenziare ed arricchire nel pro-
prio iter formativo, per cui la stessa supervisione pu offrire una indicazione
chiara di come muoversi per cambiare.

2a. Un esempio per illustrare come lo schema pu essere usato per cogliere
i punti deboli del lavoro terapeutico
Uno strumento di supervisione clinica 11

Giovanni, un trainee, chiede una supervisione e vuole chiarirsi su quello


che non ha funzionato nel suo intervento con un paziente dal momento che
questi non ha raggiunto l'obiettivo e lui si sentito confuso nel corso del la-
voro. Dopo aver chiarificato le richieste del trainee e fatto un contratto di su-
pervisione vediamo come usiamo con lui la nostra tabella.
Il caso quello di un paziente che non riesce a starsene tranquillo a goder-
si una pausa dal lavoro e tutte le volte che stanco e vuole svagarsi un p,
anche se smette di lavorare, incomincia ad arrovellarsi il cervello pensando a
tutto quello che dovr fare al suo rientro; si vuol riposare e tutte le volte che
lo fa trova mille sistemi per faticare un sacco; si sente in conflitto per questo
ed stufo, vuole a tutti i costi risolverlo e starsene in pace.
Chiediamo al trainee di dare una autovalutazione usando il nostro schema
nei suoi vari punti.
Il problema individuato (fig. 3) che il paziente, pur smettendo di lavorare,
non riesce a godersi il riposo; l'obiettivo quello di godersi il riposo e il pro-
cesso di blocco per cui non riesce a raggiungere l'obiettivo il fatto che que-
sti abbia un Bambino Libero poco accessibile. Il nostro trainee non ha chiaro
che cosa si intenda per processo: egli infatti definisce come processo una si-
tuazione di fatto e non i passi che fa il paziente per cui ha come risultato un
Bambino Libero poco accessibile.
Il processo di blocco in questo caso l'impasse di I grado; il paziente infat-
ti in conflitto tra una cosa che vuole fare (riposarsi) ed un'altra che si trova a
fare obbedendo alla spinta "Dacci Dentro" per cui continua a "lavorare", pur
dopo aver smesso. La strategia pensata dal trainee (fig. 3) era quella di attiva-
re l'Adulto del paziente a cogliere il fatto che il suo Bambino Libero fosse

Problema Obiettivo Processo Strategia Tecnica Verifica

Pur semttendo Bambino Attivare Disegna S ... ma

Terapeuta
Godersi il
Libero poco l'Adulto l'egogramma
di lavorare non riposo
riesce a goder- accessibile
si il riposo

Supervisore

Fig. 3 - La tabella della supervisione di Giovanni


12 Carla de Nitto

poco accessibile e la tecnica usata fu quella di rappresentare l'egogramma,


proprio come esemplificazione grafica facilmente osservabile della situazione
del paziente. Ma, come lo stesso trainee not e appunt sulla tabella, il risul-
tato fu che il paziente concluse l'incontro da una posizione di "si . . . ma". In
questo caso, proprio perch il trainee non aveva individuato in modo corretto
il processo, non aveva di conseguenza pianificato una strategia appropriata,
essendo quest'ultima un insieme di interventi mirati al raggiungimento del-
l'obiettivo a partire dal punto in cui la persona si blocca dal raggiungerlo (pro-
cesso). I suoi punti deboli sono stati quindi l'identificazione del processo
(punto 3) e di conseguenza i successivi, essendo questi strettamente correlati
alla prima.

Completiamo con il terapeuta la tabella (fig. 4), nella parte che spetta al su-
pervisore, inserendo nella colonna relativa al processo, l'impasse di I grado e
chiediamo al trainee di completare i punti seguenti relativi a strategia e tecni-
che. Questi individua come strategia la ridecisione e come tecnica il rivivere
una scena attuale per ridecidere.
Si pu quindi dedurre che il problema dominante in questa supervisione
sia sostanzialmente un problema di comprensione e di applicazione di concet-
ti teorici conosciuti, mentre il trainee ha dimostrato una buona conoscenza
teorica (vedi l'uso della schema di Kolhrieser).

Applicazione pratica

Problema Obiettivo Processo Strategia Tecnica Verifica

Pur semttendo Bambino Attivare Disegna S ... ma


Terapeuta

Godersi il
Libero poco l'Adulto l'egogramma
di lavorare non riposo
riesce a goder- accessibile
si il riposo

Impasse di Ridecisione Scena


Supervisore

primo tipo di A attuale


" "

Fig. 4 - La tabella della supervisione di Giovanni completata dal supervisore


Uno strumento di supervisione clinica 13

Abbiamo trovato l'uso di questo schema particolarmente efficace nel fare


supervisione in gruppo, in particolare nel fare supervisione dal vivo.
In questo contesto uno strumento utile per attivare l'Adulto dei trainee in
quanto costoro possono esercitarsi a pensare in termini di processo alla tera-
pia e a fare osservazioni personali sul caso, confrontando i propri punti di vi-
sta qualora fossero diversi da quello scelto dal terapeuta in causa.
Utilizzato in questo contesto diventa un grosso strumento per apprendere
in quanto il trainee ha modo anche di sfatare il mito del "fare la cosa giusta"
in terapia e pu scoprire invece che a seconda della focalizzazione scelta vi
sono mete, strategie e tecniche e che l'importante non "fare la cosa giusta"
quanto che vi sia coerenza in quello che si fa e corrispondenza tra il proprio
piano e il punto in cui il paziente. Il contesto di gruppo facilita questo pro-
cesso di smitizzazione proprio perch molti trainee individuano cose diverse,
processi diversi e si pu discutere su come procedere a partire da ipotesi dif-
ferenti e dell'opportunit di focalizzarsi su un processo o su di un altro qualo-
ra ve ne fosse pi di uno coinvolto. Abbiamo osservato che se usato con
trainee a stadi diversi ha una differente utilizzazione:
- con trainee alle prime armi pu essere utile soffermarsi solo sui primi due
punti dello schema, per facilitare il confronto delle loro osservazioni su quello
che fa il paziente, allo scopo di definire il contratto di terapia;
- con trainee nello stadio intermedio serve invece prevalentemente per
esercitarsi a cogliere se il terapeuta ha centrato i vari punti, a confrontare
punti di vista rispetto agli indici comportamentali che hanno usato per fare le
proprie ipotesi e a valutare alternative possibili;
- con trainee nello stadio avanzato o in gruppi alla pari pu essere anche
un utile strumento per individuare i punti forti e deboli del terapeuta.

Considerazioni conclusive

Lo strumento per la supervisione clinica che abbiamo descritto pu essere


un ausilio pratico nel lavorare, come si detto, con trainee a livelli differenti,
con obiettivi diversi.
Per il tipo di termini usati, che sono comunemente condivisi in ambito psi-
coterapeutico, risulta essere uno strumento semplice e di facile applicazione e
pu consentire di scambiare con il trainee informazioni sul caso specifico in
un modo lineare e organico. E' uno strumento che stimola a pensare in termini
di processo e la sua utilizzazione in gruppo ne aumenta l'efficacia; inoltre, pro-
prio per la sua semplicit, lo schema pu essere facilmente memorizzato anche
da trainee alle prime armi, e in questo caso pu diventare una griglia di riferi-
mento nell'effettuare un intervento terapeutico, specialmente all'inizio
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dell'esperienza clinica in cui molto utile il riferimento a strumenti che danno


struttura.
Dato che pu essere usato per analizzare dei segmenti di terapia, pu esse-
re utile per coloro che si preparano a sostenere l'esame clinico come analisti
transazionali come guida nell'esaminare i brani da selezionare sotto il profilo
della direzione e dell'efficacia dell'intervento terapeutico, che sono due ele-
menti oggetto di verifica all'esame.
Ci sono per dei chiari limiti che necessario tenere presente nell'usare
questo schema, allo scopo di ridimensionarne la sua utilizzazione pratica, e in
particolare ne evidenziamo due.
1. Avendo come obiettivo principale il rilevare la direzione e l'efficacia del-
l'intervento terapeutico, ignora completamente l'aspetto della relazione tera-
peutica, dell'empatia, che sono elementi essenziali dell'intervento
psicoterapeutico. Non quindi una panacea della supervisione clinica, ma va
usato semplicemente con gli obiettivi sopraindicati. Questo limite assume ul-
teriore consistenza ricordando che lo stadio di supervisione in cui si suggeri-
sce di usarlo prevalentemente quello intermedio del modello di Erskine,
mentre cogliere il contatto tra terapeuta e paziente, la relazione terapeutica e
l'abilit empatica sono obiettivi che occupano gran parte dell'attivit di super-
visione dello stadio iniziale, data la particolare rilevanza del tema.
2. Focalizzandosi su un problema specifico da cui parte il paziente, serve
come strumento di analisi di un brano di terapia isolato dal contesto costitui-
to dal processo terapeutico nel suo insieme; ignora completamente l'inserire
l'intervento all'interno della fase di terapia del paziente (alleanza, decontami-
nazione, ecc.). Questi dati costituiscono invece un presupposto fondamenta-
le per poter analizzare un brano di terapia e definire un piano di intervento sul
problema. Sar quindi cura del supervisore raccogliere previe informazioni sul
caso per poter comprendere la focalizzazione scelta dal terapeuta nel pianifi-
care l'intervento, e per dare un giusto significato, per esempio, alla scelta di
tralasciare un confronto con il paziente, allo scopo di costruire o mantenere
l'alleanza terapeutica.
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