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Par. 1 La cultura della legalit e lapproccio allo studio del diritto processuale penale.
La procedura penale non costituisce un mero meccanismo tecnico indipendente dai valori. Lo studio
delle regole procedurali comporta inevitabilmente delle riflessioni etiche e, in particolare, il tema
della verit va riferito non soltanto alla conoscenza del fatto controverso ma anche alla condotta
delle parti.
Negli ultimi anni divenuto sempre pi frequente il contrasto tra le esigenze di informazione e
divulgazione relative a vicende giudiziarie di pubblico interesse e il rispetto della privacy dei
soggetti coinvolti, privacy che finisce per essere messa al bando, con conseguente compromissione
dello standard di legalit A ci si deve aggiungere il comportamento di alcuni settori della
magistratura interessati perseguire, in una prospettiva giustizialista, alcuni opinabili obiettivi,
dimenticandosi della separazione tra diritto e morale.
E' quindi evidente la necessit di abbandonare la cd. politica giudiziaria di scopo, per tutelare le
libert fondamentali della persona accelerando il recupero della cultura della legalit, inteso come
effettivit del diritto vivente e ripristino del metodo della correttezza e del rispetto dei ruoli
processuali, beni erosi in misura non marginale da queste prassi devianti.
Par. 4 Ladeguamento delle tecniche interpretative indotto dalla riforma costituzionale del
giusto processo.
La svolta definitiva nella risistemazione del diritto procedurale penale si avuta con la legge
costituzionale n. 2 del 1999, che ha inserito nellart 111 della Costituzione il principio del giusto
processo. In questo modo i principi del giusto processo sono stati posti in una posizione
gerarchicamente sovraordinata rispetto alle altre norme sul processo penale aventi forza di legge
ordinaria. La costituzionalizzazione del principio del giusto processo, con il suo corredo di garanzie
irrinunciabili ha, infatti, imposto un generale ripensamento delle norme e degli istituti processuali.
Basti considerare:
a)Il principio della terziet e imparzialit del giudice indicato con chiarezza dal 2 comma dellart
111. Come affermato dalla Corte Cost. tra i principi del giusto processo posto centrale occupa
l'imparzialit del giudice, in carenza della quale le regole e le garanzie processuali si svuoterebbero
di ogni significato.
b)Il principio del contraddittorio che consiste nell'alternanza delle ragioni delle parti contrapposte,
le quali devono avere, in ogni caso, pari opportunit. Superata quella contrapposizione fra accusato
e accusatore, tipica del codice Rocco, oggi lart 111 della Costituzione prevede il principio della
parit delle armi, inteso come possibilit delle parti di fronteggiarsi su posizioni omogenee e
attraverso lesercizio di poteri simmetrici. Il piano su cui verr misurata maggiormente
luguaglianza delle parti quello probatorio, utilizzato in modo determinante per la decisione delle
controversie.
c) I principi della giurisdizione e del giusto processo che impongono il rispetto scrupoloso della
garanzia del contraddittorio e della parit delle armi tra accusa e difesa, del diritto alla prova e alla
prova contraria e del diritto di sottoporre ad un giudice superiore e imparziale ogni decisione di
merito (principio dell'appellabilit) quali strumenti indispensabili per conseguire una verit
giudiziale che valga a scongiurare l'errore giudiziario.
d)Il principio della pubblicit delle udienze e il diritto di richiedere la trasformazione del rito
camerale in pubblica udienza. Sotto questo profilo la legislazione italiana si rivela carente e pertanto
la Corte di Strasburgo pi volte intervenuta per sanzionare il nostro Paese.
e)Il principio del ne bis in idem, non contenuto nella Costituzione ma ripetutamente affermato e
riconosciuto dalla giurisprudenza italiana ed europea in virt del quale un soggetto non pu essere
giudicato due volte per lo stesso reato.
Par. 13. Lattuazione dei principi di indipendenza, imparzialit e terziet del giudice: le regole
in tema di capacit, incompatibilit al giudizio, di astensione e ricusazione.
Il giudice penale si caratterizza per il potere giurisdizionale attribuitogli e per gli ambiti in cui pu
esercitarlo. Vi per un prerequisito, la capacit di cui si occupa larticolo 33 del c.p.p. il quale al
1 comma dispone: Le condizioni di capacit del giudice e il numero dei giudici necessario per
costituire i collegi sono stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario. La mancanza di tali
requisiti integra una nullit assoluta.
Tale nullit deriverebbe perci soltanto dalla violazione delle norme di ordinamento giudiziario che
regolano l'immissione in ruolo del magistrato e la qualifica richiesta per le funzioni esercitate,
nonch delle previsioni in tema di composizione numerica dei collegi. Rimarrebbero escluse da
questo concetto ristretto di capacit del giudice, e quindi anche dalla nullit assoluta in caso di
inosservanza, sia le norme che presiedono alla regolare costituzione dell'organo giudicante sia le
regole poste a tutela dell'indipendenza e dell'imparzialit del giudice. Tuttavia, se la capacit
l'idoneit del giudice a rendere il giudizio, appare pi coerente interpretare estensivamente l'art. 33,
ricomprendendovi anche le condizioni di indipendenza e imparzialit, in quanto un giudice non
imparziale o non indipendente non pu certamente essere considerato capace, ossia idoneo al
giudizio. Al contrario la giurisprudenza consolidata ha ritenuto preferibile che le condizioni di
indipendenza e imparzialit venissero tutelate attraverso gli istituti dellincompatibilit,
dellastensione, della ricusazione e della rimessione.
Lincompatibilit (art 34 e 35 c.p.p.) una situazione che pregiudica limparzialit del giudice
rendendolo incapace di esercita le sue funzioni giurisdizionali nello specifico processo. La dottrina
usa distinguere le ipotesi di incompatibilit in tre gruppi:
Il primo gruppo riguarda le ipotesi in cui il giudice, nello stesso procedimento, ha assunto dei ruoli
che devono rimanere distinti dalla funzione giudicante (ad es. il ruolo di pubblico ministero,
difensore, procuratore speciale di una delle parti, perito, consulente tecnico ecc.).
Il secondo gruppo riguarda le ipotesi in cui il giudice abbia un rapporto di coniugio, parentela o
affinit fino al secondo grado con i giudici che hanno esercitato funzioni nello stesso procedimento.
Il terzo gruppo ricomprende quelle ipotesi in cui il giudice ha svolto funzioni giurisdizionali nello
stesso procedimento. In questo caso si teme una mancanza di imparzialit, dovuta alla naturale
tendenza di ogni individuo a mantenere un giudizio gi espresso o un atteggiamento gi assunto (la
cd. forza della prevenzione) Per questo motivo non pu partecipare al giudizio(inteso come
decisione di merito e comprensivo anche del giudizio abbreviato), il giudice che: ha pronunciato
sentenza in un precedente grado di giudizio; ha emesso il provvedimento conclusivo delludienza
preliminare; ha adottato il decreto penale di condanna; ha disposto il giudizio immediato; ha deciso
sull'impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere. La Corte Cost., con sentenze
additive del dettato codicistico, ha inoltre ritenuto incompatibile il giudice che ha rigettato la
richiesta di patteggiamento prima dellapertura del dibattimento; ha disposto la trasmissione degli
atti al pubblico ministero perch il fatto era diverso da quello contestato; che, in qualit di
componente del Tribunale del riesame o dell'appello, si pronunciato sul merito di ordinanze in
tema di misure cautelari personali; che ha gi valutato la responsabilit dell'imputato nel
pronunciare o nel concorrere a pronunciare una precedente sentenza a carico di altri soggetti. Inoltre
l'art. 34 c. 2 bis stabilisce che chi ha svolto funzioni di giudice per le indagini preliminari non pu,
nel medesimo procedimento, emettere il decreto penale di condanna n tenere l'udienza preliminare
o partecipare al successivo giudizio a meno che non si sia limitato a compiere gli atti tassativamente
indicati nei commi 2 ter e 2 quater dello stesso art. 34(ad es. l'assunzione dell'incidente probatorio,
i permessi per i detenuti, la restituzione nel termine ex art. 175 e la dichiarazione di latitanza).
Quando ricorre unipotesi di incompatibilit, il giudice dovr astenersi e le parti hanno il poteri di
ricusarlo.
Lastensione (art 36 c.p.p.), oltre che nelle ipotesi di incompatibilit, prevista per le ragioni di cui
allarticolo 36 del c.p.p., e precisamente:
1)Quando il giudice presenta legami con le parti.
2)Quando il giudice ha un interesse nel procedimento ovvero ha dato consigli sul procedimento al
di fuori delle sue funzioni giurisdizionali.
3)Quando esistono gravi ragioni di convenienza. La Corte Costituzionale ha precisato che questa
formula richiede una valutazione caso per caso della convenienza affinch il giudice si astenga dal
procedimento.
La dichiarazione di astensione presentata al presidente dellorgano giudiziario cui appartiene il
magistrato. Se lastensione proviene dal presidente del tribunale, su di essa si pronuncer il
presidente della Corte dappello; se lastensione proviene dal presidente della Corte dappello, su di
essa si pronuncer il presidente della Corte di cassazione; se lastensione proviene dal Presidente
della Corte di Cassazione, non ci sar alcuna pronuncia dato che essa operer motu proprio (cio
per la semplice astensione del presidente della suprema corte).
Il presidente dellorgano a cui presentata lastensione decide con decreto: se lastensione accolta
il presidente stabilit quali atti adottati dal giudice astenuto rimarranno efficaci. Da quel momento
lastenuto non potr pi compiere alcun atto nel procedimento.
La ricusazione disciplinata dall'articolo 37 c.p.p. , in virt del quale le parti possono ricusare il
giudice:
1)Per gli stessi motivi che giustificano lastensione (escluse le ragioni di convenienza).
2)Quando il giudice, prima di pronunciare la sentenza, abbia manifestato indebitamente il proprio
convincimento sui fatti oggetti dellimputazione.
3)Quando chiamato a decidere sulla responsabilit penale dellimputato, il giudice abbia espresso in
un altro procedimento (anche non penale), una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti
dello stesso soggetto.
L'esclusione delle gravi ragioni di convenienza non consente alle parti di segnalare il pregiudizio
causato all'imparzialit dalle opinioni politiche del giudice (questione, questa, particolarmente
delicata).
Le modalit e i termini per la proposizione della dichiarazione, motivata e documentata, di
ricusazione sono disciplinati dall'art. 38 c.p.p. Sulla domanda di ricusazione decide la Corte
dappello (a meno che la ricusazione non riguardi un giudice della Corte dappello, in tal caso
decider una diversa sezione della Corte dappello; la stessa regola si applica se viene ricusato un
giudice della Corte di Cassazione). La decisione avviene con ordinanza adottata nellambito di un
procedimento camerale in cui, se necessario, vengono assunte ulteriori informazioni. In attesa
della pronuncia della Corte, il giudice ricusato non deve sospendere la sua attivit (salvo che la
Corte disponga il tal senso, autorizzandolo a compiere solo gli atti urgenti). Al contrario in caso di
accoglimento della domanda di ricusazione, il giudice non potr compiere nessun altro atto nel
procedimento, la Corte lo sostituir stabilendo al contempo quali atti gi posti in essere devono
rimanere efficaci.
Se il giudice la cui ricusazione sia stata accolta dalla Corte adotta sentenza o qualunque altro atto
processuale questi atti saranno colpiti da nullit assoluta. Al contrario la sentenza adottata dal
giudice solamente ricusato dalle parti colpita da nullit soltanto se ricusazione successivamente
accolta.