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Alcuni giorni fa, dopo tante volte in cui in passato avevo quasi evitato di guardare quella figura
cos contraddittoria con tutto il resto delle opere di Donatello e del Rinascimento, ci son tornato
davanti insieme a un gruppo di amici di varie parti dItalia. Questa volta per non ho potuto
sfuggire la sua sfida e lho guardata. Quella povert assoluta, quellumanit ridotta a ombra non
la sentivo pi in contraddizione con la bellezza dellUmanesimo fiorentino, ma cominciavo a
capire che ne anzi lanima segreta. Ci son venute alla mente le parole della lettera del Papa a
Julin Carrn e quelle ascoltate agli Esercizi Spirituali della Fraternit dellaprile scorso: Siamo
bisogno di perfezione, di significato, di amore, di giustizia, ma siamo, con queste nostre
esigenze, man mano che viviamo, anche di fronte ai risultati della nostra impotenza a
realizzarle, della contraddittoriet del nostro agire. (Julin Carrn, Il mio cuore lieto perch
Tu, Cristo, vivi, pag. 34)
Donatello d corpo, in questa immagine, allesperienza di questa contraddizione tra grandezza
del desiderio e limite della capacit umana, da corpo alla verit ultima delluomo, di quelluomo
che nel primo quattrocento stava scoprendosi cos grande di fronte a tutto il creato, ma che
riconosce di non essere che unombra, un nulla, solo attesa, mendicanza di Cristo. Nelle orbite
profonde di Maria Maddalena, lo sguardo, quasi smarrito, cerca Ges, quel Ges che
dicendole: Maria aveva cambiato per sempre la sua vita.
In modo estremamente drammatico Donatello esprime una coscienza che forse arriver al suo
vertice nella Piet Rondanini di Michelangelo cento anni dopo e ci fa guardare attraverso le
forme perfette della classicit mostrando cos il cuore luomo: sete, povert, bisogno totale di
Dio. La povert , allora, la disponibilit a tendere la corda del proprio arco in cerca non di s
ma di un altro, oltre s, irriducibile alle proprie misure. Chi dunque il povero? Chi non ha nulla
da difendere se non la propria sete, la propria attesa, la propria natura originale, che egli non si
data da s, ed perci tutto proteso a riconoscere e ad accogliere chi pu rispondervi. (ivi,
p. 31)
Si comprende cos che questopera non una strana parentesi nella produzione artistica di
Donatello, ma laffiorare senza veli della consapevolezza di fede di quella miracolosa
generazione di geni che inizi, nella prima meta del quattrocento, una rivoluzione. Per loro la
bellezza non era priva della coscienza della povert delluomo, fatto oggetto per pura grazia di
una grande misericordia. Questo sapersi poveri e amati si rivelava fonte di apertura e curiosit
verso il reale, e di uno sguardo di misericordia verso tutti. Negli stessi anni a Firenze nasceva
lIstituto degli Innocenti, la prima casa al mondo per laccoglienza dei bambini orfani (1419) e
stupisce rendersi conto che si tratta della stessa passione con cui sono rappresentati i bambini
in festa delle Cantorie di Donatello e di Luca della Robbia: lesperienza drammatica della nostra
mancanza amata da Dio, faceva fiorire la scoperta valore irriducibile anche del pi piccolo
bambino abbandonato. Si tratta di una scoperta piena di letizia, anzi dellunica possibilit di
speranza e di gioia per luomo e per il mondo. La risposta, quindi, del cristianesimo all'insofferenza
di se stessi un'umilt che diventa amore; cio un riconoscimento della propria miseria (humus =
terra) che si apre alla ricca Presenza (ivi, p. 42)
Davanti alla statua di Maria Maddalena di Donatello ci si rende pi evidente che nellinvito del
Papa Francesco a non aver paura di questa povert c la promessa di una nuova fioritura
dellumano in questo presente cos mutevole che viviamo.
Giovanni Paccosi
Per una sintesi aggiornata su Donatello, cfr. BEATRICE PAOLOZZI STROZZI, Donatello, Giunti,
Firenze 2016.