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ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI

ANNO CCCLVII - 1960

QUADERNO N. 48.

PROBLEMI ATTUALI
DI SCIENZA E DI CULTURA

ATTI DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE DI

STUDI ETIOPICI
(Roma 2-4 aprile 1959)

ROMA
ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI
1960
E. CERULLI

PUNTI DI VISTA SULLA STORIA DELL'ETIOPIA

Discorso inaugurale

L'accertamento dei fatti attraverso la ricerca e l'analisi dei documenti


e delle tradizioni senza dubbio un essenziale e necessario lavoro preliminare
per lo storico. Cos anche la narrazione dei singoli avvenimenti succedentisi
nel tempo e delle azioni dei singoli personaggi importante presupposto di
cronaca alla storia. Ma da queste premesse e da questi presupposti bisogna che
lo storico parta; dir meglio: si elevi, a considerare ed apprezzare quel che un
particolare periodo o un particolare paese - nello spazio e nel tempo - rappre-
sentino di valore nell'insieme dell'evoluzione od involuzione della umana
gente. Cos oggi preferisco non fermarmi su ricostruzioni di avvenimenti della
storia pur cos ricca dell'Etiopia, n mi propongo tanto di rivelarvi nuovi
documenti, quanto piuttosto individuare alcuni motivi fondamentali che
hanno mossa e condotta la storia di quel paese africano.
Africana infatti l'Etiopia geograficamente, ma ed insisto qui su idee
da me altra volta espresse - pure il motivo africano ha nella storia etiopica
un valore notevolmente minore degli altri; e ci dipende anche dalla stessa
conformazione fisica dell'altopiano etiopico, proteso verso l'Asia lungo il
Mar Rosso ed il Golfo di Aden e, nella sua parte centrale e meridionale, invece,
strapiombante a picco sulla gi malsana valle degli affluenti del medio Nilo.
Aggiungo, a chiarire meglio i limiti del mio argomento, che considerer
qui non gi l'Etiopia etnica n l'Etiopia della preistoria e protostoria, ma
lo Stato etiopico e le cause della sua formazione e del suo primo sviluppo
strutturale c culturale.
Ed ecco un primo efficiente motivo della storia etiopica: la prossimit
immediata della Penisola Araba ed i rapporti con gli Arabi specialmente
del Sud. Il primo Stato etiopico sorge, infatti, lungo la costa eritrea affac-
ciandosi poi sullo sperone anteriore dell'altopiano - voglio dire da Adulis,
porto, ad Aksum, capitale - come conseguenza dell'emigrazione di Arabi
meridionali che sulla oppos ta sponda africana portarono dalle famose terre
di Saba la loro lingua, la loro cultura, la loro organizzazione, il loro spirito
di iniziativa.
Una prima questione: come sorge il feudalismo etiopico? Che cosa
lecito dedurre dalla formazione del primo Stato Aksumita che spieghi il
sistema politico e sociale, che fu tradizionalmente quello dell'Etiopia sino
alle riforme dell'epoca nostra?
-6

Facilmente possiamo ammettere, mi sembra, che l'emigrazione degli


Arabi sul litorale africano non fu unitaria n nel tempo n nello spazio. Un
movimento migratorio unico, che, a seguito dunque, di una ipotetica vasta
conquista, avesse portato alla occupazione del territorio del primo regno
Aksumita, avrebbe dovuto esser diretta da un forte Stato unitario arabo;
e sarebbe stata operazione di lunga lena che, oltre ad un Sovrano dotato di
particolare personalit, avrebbe richiesto anche una conoscenza profonda
dei luoghi e delle genti africane ed un disegno politico preciso: tutte circo-
stanze che mancano, o per lo meno, non sono nemmeno provate da indizi.
un facile errore dei moderni quello di ridurre gli spostamenti di popoli a
singoli avvenimenti bellici di conquista, mentre, quanto pi l'indagine sto-
ricasi approfondita e diventata pi delicata, tanto pi si rivelato che i
passaggi di genti da una regione all'al tra vicina sono normalmente comin-
ciati, e proseguiti a lungo, per infiltrazione; e che spesso gli avvenimenti
bellici sono soltanto una conclusione od una delle conclusioni palesi di un
lontano formarsi di situazioni etniche di incrocio e di sovrapposizione di
sostrati, nessuno dei quali ha poi, normalmente, distrutto l'altro. Qui, nelnostro
caso, si aggiunga che la stessa conformazione delle coste eritree e dello spe-
rone dell'altopiano facilita e rende ancor pi plausibile il particolarismo
regionale, del quale pure indizio - e sia anche a tanta distanza di secoli -
la complica ta composizione etnica dei singoli territori.
D'altra parte, la emigrazione degli Arabi meridionali avvenne per trib
distinte, la cui individualit si mantenne e le cui egemonie si succedettero
storicamente. Infatti, ad esempio tipico, gli I;Iabasat diedero per gli Arabi il
nome a tutto il paese, mentre gli Aga' zyan diedero il loro nome alla lingua etio-
pica. E, nella famosa iscrizione greca del Monumento Adulitano, pi tardi co-
piata nel VI secolo da Cosma Indicopleuste, il Sovrano etiopico elenca a1CWle
genti contro le quali egli ha vittoriosamente combattuto e tra esse appunto la
gente Ge'ez (rCl.~~), quella del 'Agame, quella di Jeh, (AISCl.) (I), tutte di antica
immigrazione sud-arabica; e se, come stato giustamente notato, l'afferma-
zione del Sovrano dell'iscrizione tutte queste genti io primo e solo dei Re miei
predecessori ho sottomesso ll, (2) pu essere una clausola di stile, del resto non
insolita, non si pu negare il fatto che la sottomissione degli Aga'zyan e degli
'Agame al Sovrano di Aksum era ancora causa di combattimenti all'epoca del-
l'iscrizione che stata identificata con la met del III secolo, sia pure, come mi
pare, dubitativamente. E mi sembra tipico dello sviluppo degli avvenimenti e
del succedersi delle genti sud-arabiche al potere in Africa lo scolio in Cosma
Indicopleuste all'iscrizione Adulitana, dove al passo relativo al combatti-
mento contro i Gaze del Sovrano di Aksum, lo scoliaste commenta: Chiama

(I) Cfr. il testo dell'Indicopleuste in P. G. l), MIGNE, LXXXVIII, c. 104; e The


Christian TopograPhy oj Cosmas, an Egyptian lV/onk translated jrom the Greek and
edited by J. \V. Mc CRINDLE, Londra 1897, p. 60 (Works issued by the Hakluyt Society,
n. 98).
(2) COSMAS INDICOPLEUSTES, op. ci t. , ibidem.
-7-

Gaze gli Aksumiti perch sin ora li chiamano Agaze , (3) non rendendosi conto,
ma inconsciamente attestando, che quelli che erano i nemici combattuti
dagli Aksumiti all'epoca dell'iscrizione si erano poi identificati con loro.
Ma vi ha di pi. Il principe, che elev ad Anza nel Tigrai l'obelisco recen-
temente studiato, si intitolava nagiisi di Agab (nome che, fra l'altro, ricorda
gli Angabe dell'iscrizione di Adulis) (4). Vi era dunque, gi nel secondo secolo e
nella prima met del terzo, un principe che, pur nella regione vicina ad Ak-
sum, portava il titolo di nagrifi ed aveva propria autorit.
Ancora, una delle prime iscrizioni greche della zona verso il Mar Rosso
quella del Re Sembrouthes, trovata e copiata dal Sundstrom a Daqqa-
Mahri. (5) L'iscrizione non stata pi rintracciata e quindi ogni deduzione sto-
rica fondata sulla copia Sundstrom. Comunque, vorrei qui notare che in
essa Sembrouthes si intitola, non gi come far 'Ezana nelle sue iscrizioni
greche del IV secolo Re dei Re, basileus basileon, ma invece piuttosto
basileus ek basileon ton Axomeiton, ci che sembra, almeno ipotetica-
mente, indicare piuttosto u n o dei principi e non il principe sovrano di
uno Stato unitario.
Ancora pi l'esistenza di nagiifi diventati allora subordinati, provata,
intanto, dall'iscrizione 9' di 'Ezana, dove egli fa cenno dei nagafta sarriwit
i nagasi delle truppe ; (6) ed assai pi tardi dal persistere del titolo di nagrisi
per tutto il Medio Evo, ed oltre, nel Goggiam nagasi, nel BaQr nagasi, nel
Walaqa nagasi, nel nagusa Gafi ecc. Gi nella prima Cronaca Reale a noi
pervenuta, quella di 'Amda ~eyon della prima met del secolo XIV, il So-
vrano musulmano rivale dell'Etiope Cristiano sogna, fra l'altro, di nominare
egli un nagasi per il Goggiam (7).
Ora, a questo particolarismo, pi antico, di cui abbiamo elencato le
traccie storiche nell'esistenza di principi locali (fra l'altro, dubiterei forse
anche se lo Zoskales nominato nel I secolo dopo Cristo nel Periplo del Mare
Eritreo come avente il potere sullittorale eritreo dai Moscofagi sino all'altra
Barbaria (8) non fosse piuttosto un principe locale di Adulis e non il Sovrano
di Aksum), a questo particolarismo - dir - dei principi locali segue, almeno
da 'Ezana in poi, il prevalere del Sovrano di Aksurn. Notiamo che 'Ezana
nelle sue iscrizioni ha una lunga titolatura, dove le genti sud arabiche della
Penisola sono nominate insieme con i titoli africani, ma che si conclude con

(3) Cfr. C. CONTI ROSSINI, Storia d'Etiopia, val. I, Roma 1928, p. 122.
'A) C. CONTI ROSSIKI, Un'iscrizione su obe!isco di Anz, in (, Rassegna Studi Etiopici l),
II, 1942, p. 21-28 (dove per si preferisce alla lettura nagdfi quella neguf).
(5) Edita da E. LITTMAKN, Deutsche Aksum Expedition, IV Bd., Berlino 19 1 3, pp. 3-4.
Per un calco ed una fotografia an t~riori cfr. Rivista Studi Orientali, X, p. 491.
(6) Cfr. Deutsche Aksum Expedition, Bd. IV, cito p. 24-27.
(7) J. PERRUCHON, Histoire des Guerres de 'Amda -5yon Roi d'Ethiopie, in J ournaI
Asiatique ,), 1889, t, XIV, p. 281, 33D.
(8) ~occnE"b ~: o:wv o:6rrwv "t"mhwv &:rr o:wv Mooxo<pxywv fLXP~ o:'ij l7J ~o:p~o:plo:
Zwcrxx"Ij<; (Feriplus il1aris Erythraei, in Geographi Graeci Minores ,), ed. C. MtiUer, Parigi
1882, voI. I, cap. V, p. 261; e WILFRED H. SCHOFF, The Feriplus 01 the Erythraean Sea,
New York 1912, p. 23).
- 8-

l'appellativo di Re dei Re, senza, per, riferimento territoriale preciso.


Questa titolatura sembra affermare il prevalere del Sovrano di Aksum (che
tale il primo titolo elencato) sui principi (nagafi) minori.
Vediamo, quindi, mi sembra, in Etiopia non gi un feudalisimo nato,
per cos dire, dall'alto, per sfaldamento di un potere centrale e conseguente
necessi tdi assicurare un minimo di difesa sociale ed una pi vicina e pi
aderente protezione giuridica; ma, invece, un feudalesimo sbocciato, al con-
trario, dalla radice: un numero di principati o di genti che, una .volta indi-
pendenti in terra africana, dopo la loro emigrazione, sono infineraggrup-
pa te in una unit sta tale superiore, pur conservando nel sistema feudale
cos costituito una parte della loro autonomia e' della loro individualit2..
In questo senso, dunque, mentre altrove il feudalesimo parteda..rina fase
di decadenza ed ha fine, a sua volta, quando il ricostituito potere centrale
assorbe, gradualmente, od in un'unica lotta, i poteri che i feudatari. si erano
attribuiti diminuendoli al Sovrano; in Etiopia, invece, il feudalesimo la
conservazine limitata, al di sotto di un potere centrale affermatosi,di auto-
nomie preesistenti. E si intende come questa particolare formazione storica
ha reso pi resistente il feudalesimo etiopico" continuato sino alle sostan-
ziali riforme dei nostri tempi.
*
* *
Non ho sin ora considerato un problema che forse solo le future ricerche
archeologiche potranno meglio consentirci di esaminare: se, cio, almeno
nei primi tempi, questa autonomia dei singoli gruppi emigrati dall'Arabia
Meridionale in Africa non si accompagnasse e si giustificasse con particolari
legami, anche giuridici, che potessero ancora unire gli emigrati alle loro genti
di origine nella Penisola Araba. Ma il problema, mi pare, va almeno qui
formulato; e forse esso, risolto affermativamente, chiarirebbe meglio il valore
etimologico di nagtisi, titolo, come si visto, dei principi degli emigrati in
Africa e che si sa connesso con la radice semitica ngs esigere il tributo l).
Una successiva titolatura di analogo significato etimologico, mi sia per-
messo ricordare, troviamo nel titolo (in uso gi nel secolo XIV, come ci
attestato dalla Cronaca di 'Amda $eyon) di ~a!tafe ltihem 'registratore del
bestiame' per i feudatari, ad esempio, dell'Amara, dell'Angot (9) e pi tardi
dello Scioa (IO), tre fra le massime regioni dell'Etiopia.
D'altronde, mi sembra di poter qui proporre una analoga formazione sto-
rica per l'altro titolo regale etiopico: !tar;ltini. Questo titolo (oggi diventato !zarJ~,
ipocoristicamente) ci attestato per il Sovrano dell'Etiopia gi da Ibn I:Iawqal
(dunque, dalla Seconda met del X secolo dopo Cristo) ed in Etiopia stessa dalle
tre iscrizioni del re Daniele e pi tardi da atti feudali del secolo XIII (II)~

(9) J. PERRUCHON, Histoire des guerres de 'Amda $yon cit., p. 281, 330.
(IO) J. PERRUCHON, Les Chroniques de Zar'a Ya'eqob et de Ba'eda .Maryiim Rois d'Ethio-
pie, Parigi 1893, p. IDI.
(I J) Cfr. il mio art. L'Etiopia mgdioevale in alcuni brani di scrittori arabi, in Rassegna
di Studi Etiopici, III, 1943, pp. 274-276.
Ora (zalani ci ancora attestato come titolo non gi del Sovrano, ma
del feudatario di una provincia, nella Cronaca di 'Amda$eyon (del XIV secolo),
dove esSo designa infatti il principe dello Sagarat col titolo di (zalani (12).
Anche (z alan i, come nagafi, ha avuto valore parziale, accanto alla funzione
di designare il capo supremo dello Stato: indizio nuovo dell'altemarsi delle
autonomie locali con l'egemonia acquistata da uno dei principi delle regioni,
senza, tuttavia, che questa egemonia distruggesse anche formalmente - fosse
solo nel titolo - l'affermazione dei principati locali.

***
Qui va posta un'altra questione. L'immigrazione degli Arabi Meridio-
nali sulla costa Africana avvenuta soltanto nel Nord, e quindi le lingue
semitiche etiopiche si sono tutte forma te e diffuse a partire dal Regno di Ak-
sum oppure vi sarebbero stati ap.che gruppi di Arabi Meridionali e loro stabi-
limenti commerciali pure nelle regioni del basso Mar Rosso e del Golfo di
Tagiura? e di l sarebbero partiti verso l'interno gli immigrati che avrebbero
dato origine ad alcuni dei linguaggi semitici etiopici: almeno quelli del gruppo
meridionale?
Dir subito che questo problema, di interesse non piccolo per la storia
dell'Etiopia, non potr avere un inizio di soluzione che da future ricerche
archeologiche sul li ttorale meridionale e lungo le tradizionali vie carova-
niere che da quel lido conducono sull'altipiano. Campi di rovine sono qua e
l segnala ti ed attendono chi li esplori.
Ma non vorrei, intanto, tacere di alcune circostanze, che, a mio giudi-
zio, renderebbero non inutili tali ricerche. Intanto, la situazione geografica.
L'altipiano etiopico, alla latitudine corrispondente al Golfo di Tagiura, forma
un vasto semicerchio, che corrisponde al bacino del fiume Auasc (ijawaf)
ed offre cos la pi facile via di penetrazione verso le regioni etiopiche centrali
e meridionali. Quelle regioni sono anche le pi ricche di risorse, sia per i traf-
fici di oggi, che per quelli che erano i tradizionali traffici degli antichi, gli
stessi che Plinio laconicamente elenca per 1' Oppidum Aduliton l): 'ebur,
rhinocerotum cornua, celtium testudinum, sphingia, mancipia ' (13). La ferro-
via di Gibuti segue oggi appunto questa via deIla pi facile penetrazione.
D'altra parte, la vicinanza delle due coste, araba ed africana, massima
nella parte inferiore del Mar Rosso dove Mokha, il porto di Mouza dell'an-
tichit, uno dei maggiori, era affollato di marinai e patroni Arabi di navi
e prospero di commerci)) (14), gi cos qualificato nel I secolo dopo Cristo nel

(12) J. PERH'CHO~, Histoire des guerres de 'Amda $yon cit., p. 281 (non so perch il
Perruchon [op. cit., p. 331] traduce l;za{lani Sagarat 'et une garnison', forse per una curiosa
svista).
(13) PLIXIO, Histor. Nat., VI, 29.
(14) T Il-h oO'l ' Apx~w\l \lXUX7JPLXW'i &v6pmwv xcd \/au'nxwv 7tEOVX~SL x<x ToL' cX:7t' Il--
7tOp(x rrpxYll-xm XWdTXL (Periplus cit., cap. 21, p, 274, ed. MUller).
- 10-

Periplo del Mare Eritreo. I rapporti tra il Golfo di Tagiura (il Sinus Avaliticus)
ed il porto arabo di Mouza (Mokha) sono esplicitamente attestati dallo stesso
Periplo che parla dei Berberi (Africani), i quali passano essi m-edesimi
su zattere a portare le loro merci sulla costa araba a Mouza e ricorda prima
come questo sia la pi breve traversata dall'Arabia all'Africa (15). In realt,
ancora pi corto il passaggio da Mokha ad Assab; e sarebbe straordinario
che i principi dell'Arabia Meridionale che, secondo il Periplo, esercitavano
l'egemonia sugli stabilimenti commerciali lungo la costa africana dell'Oceano
Indiano (oggi Somalia) (16), si fossero disinteressati invece proprio del litorale
pi immediatamente antistante il loro paese.
D'altronde, noi ora sappiamo che, sin dove possiamo risalire, con le
nostre attuali indagini nella storia medievale etiopica, nell'Etiopia meridio-
nale troviamo costituiti Stati musulmani collegati con i centri musulntani
della Penisola Araba (la data precisa sin ora pi anticamente documentata
del 45 5 Egira, e cio del 1063 dopo Cristo) (17). Questa espansione dell'IsIam e
della cultura Araba nel Sud etiopico nel Medio Evo stata proprio la prima
azione che dalla Penisola Araba sia partita, per il passaggio marittimo pi
breve e la via terrestre pi accessibile, verso la Etiopia Meridionale? Sia
leci to almeno in terrogarsene.
Guardiamo ora ad eventuali indizi linguistici. Il documento da me edito
anni or sono sul Sultanato dello Scioa nel secolo XIII, come allora dissi, ha
traccia, nell'onomastica degli Emiri musulmani, di una lingua semitica etio-
pica (1 8), che, dunque, era quella dello Scioa prima della totale annessione di
quella regione allo Stato etiopico Cristiano nel secolo XIV. vero che dili-
gentissime ricerche sulla fonetica delle lingue etiopiche (19) recentemente non
hanno trovato indizi in favore dell'ipotesi di una formazione indipendente
del gruppo meridionale; ma, d'altra parte, intanto ben nota l'osservazione
gi, fatta da tempo, nella morfologia, che il causativo formato col prefisso
as- dell'amarico non si trova nel gruppo etiopico settentrionale ed invece
corrisponde al sud-arabico del Qataban, Ausan e Halramawt (20).
lo non trascurerei nemmeno ricerche di geografia linguistica.
Per dare qualche esempio, basar cc carne del semitico comune, si trova

(15) 7t01": XOtl -cffiv [1Otp[1&pCv t7tl crxe:lltOtL<; IILx<pe:p6v1"Cv et<; 't")v &:V1"LXpu<; "OX1]LV xr Mou~Ot
(Penplus cit., ~ap. VII, p. 264 ed. Miiller).
(16) Periplus cit., cap. XVI, p. 271 e cap. XXXI, p. 281 ed. Miiller.
(17) Cfr. il mio art.I{ Sultanato dello Scioa nel secolo X I I I secondo un nuovo docu-
mento storico, in (, Rassegna Studi Etiopici .), I, 1941, p. IO.
(18) Il Sultanato dello Scioa cit., p. 32-34.
(19) E. ULLENDORFF, The Semitic Languages oj Ethiopia. A Comparative phonology,
Londra 1955.
(20) Cfr. per C. CONTI ROSSINI, Aethiopica, in "Rivista Studi Orientali 'l, IX, 1921-
1923, pp. 466-467, e C. BRocKELMANN, Grundriss der vergleichenden Grammatik der semitischen
Spradzen, val. I, Berlino 1908, p. 524, che invece seguono un'altra ipotesi del Noldeke
che vide nel causativo amarico con as- un'assimilazione da una forma ast-. Tale ipotesi
del N oldeke, per, sembra a me oggi improbabile per varie ragioni che mi riservo di svi-
luppare altrove.
- II -

in Etiopia solo nel gruppo meridionale (harari, argobba, e nel gafat), mentre
nell'etiopico (ge'ez) entrato pi tardi, solo come neologismo dallo aramaico
nello speciale senso cristiano di Carne del Verbo. Cos il semitico comune
dibis miele nel gruppo etiopico meridionale (harari, argobba e gafat)
e non si trova nel gruppo settentrionale. La comune radice semitica wdd
, amare' nell'amarico e nel gruppo meridionale, e manca nel gruppo del
Nord. Ed il semitico apar terra si vede in uso nell'amarico e nel gruppo
meridionale (harari, guraghie, argobba, gafat), mentre non si trova nelle
lingue del Nord. E mi fermer a questi pochi esempi, perch non vorrei che
quel che ho detto sin ora sia ritenuto addirittura un principio di prova.
A mio parere, la conclusione che da questo esame si pu trarre piut-
tosto che il problema di immigrazioni dall'Arabia meridionale sulla costa
sud del Mar Rosso e nel Golfo di Tagiura stori:amente degno di ricerca.
E, se la linguistica pu forse apportare qualche altro contributo di indizi,
a parte l'ipotesi della scoperta di nuovi documenti, soltanto sistematiche
ricerche archeologiche faranno giungere ad una soluzione.

** *
Ma conviene ora passare ad un aspetto diverso della prima storia dello
Sta to E tiopico. Esso si differenzia da quelli dell 'Arabia Meridionale netta-
men te per la profonda influenza che la cuI tura greca ha avuto nel terri torio
Adulis-Akswn. Le pi antiche iscrizioni sono in greco (quella del Monwnento
Adulitano e quella di Sembrouthes); e, quando nelle iscrizioni reali del IV se-
colo si preferisce una redazione trilingue, il greco si affianca ancora al sud-
arabico ed all'etiopico. Le monete akswnite pi antiche hanno la leggenda in
greco (21). La prima letteratura etiopica composta di traduzioni dal greco (22).
Persino nella sfragistica stata notata una imitazione di modelli greci (23). A
questo fa riscontro sulla opposta sponda del Mar Rosso; una cultura pre-
valentemente nazionale dove influssi greci non arrivano che scarsi. Perch
dunque tale differenza degli immigra ti in Africa dai loro consanguinei della
Penisola? quando gi del principe Zoskales di Adulis il Periplo del I secolo
nota con compiacimento che egli esperto di lettere greche (ypoq.I.f.l.~T(.v
:MYjVO{WV ~[.!.7t<:~po): ci che singolare per un principe africano.
La spiegazione di questa particolare influenza greca, qualunque e
comunque, scarso od intenso, sia stato il contatto con l'Egitto in epoca farao-
nica, precedentemente (2 4), va sicuramente ricercata nella funzione che l'Etiopia
cominci ad avere nei confronti dell'Egitto nel periodo della dinastia dei
Lagidi e quindi dei Paesi Mediterranei lungo la via marittima all'India.

(ZI) Cfr. C. CO~TI ROSSINI, Monete Aksumite, in (,Africa Italiana l), I, 1927, p. 179-212.
(22) E. CERULLI, Storia della letteratura etiopica, Milano 1956, p. 15-33.
(23) C. CONTI ROSSINI, in (, Rassegna Studi Etiopici l), IV, 1944-1945, p. 79-90.
(24) N on da trascurare nemmeno la possibilit che in questi approdi commerciali
del Mar Rosso a sud dell'Egitto abbiano trovato rifugio Ce mezzi di vita) profughi e fuggia-
schi provenienti appunto dall'Egitto stesso o da altre regioni riverasche, come pi tardi,
- 12-

** *
Al di l del Mar Rosso ed oltre i contatti con l'Arabia sulla opposta
sponda, le vicende dell'Etiopia, ed anzi, gran parte della storia culturale
degli Etiopi sono collegate, infatti, con la via marittima dall'Egitto alle
Indie e quindi dal Mediterraneo all'Oceano Indiano.
La via del traffico alle Indie d all'Etiopia una sua funzione verso i
paesi dell'Occidente mediterraneo e verso l'Asia Media. Ad ogni aumento
di valore della via alle Indie per il Mar Rosso corrisponde storicamente un
accrescimento dell'importanza dell'Etiopia e perci uri pi intelUlO contatto
con l'Occidente e con l'Oriente Medio; ed i contatti degradano quando il
traffico sceglie, od costretto a seguire, altre vie. Vediamone qui brevemente
le prime fasi.
Questa pi vasta importanza dell'Etiopia nel mondo economico antico
nasce come conseguenza dell'impresa di Alessandro Magno e particolarmente
dalla fondazione della citt di Alessandria di Egitto; genialissinia creazione
dell'emporio, presto diventato massimo, degli scambi tra il Medio Oriente e
l'Occidente: scambi non solo di merci, ma di idee, d'ispirazioni ed espres-
sioni artistiche, in una parola: di civilt. La espansione di Alessandria in tal
senso necessariamente condusse, con notevole continuit, lungo la via delle
Indie l'attivit politica dei Tolomei: e gi da Tolomeo Filadelfo, il secondo
Sovrano della dinastia, e dell'Evergete, suo immediato successore, si suc-
cedono la fondazione di stazioni e di punti di appoggio nel Mar Rosso per
la navigazione: Myos Hormos, Arsinoe, Filotera, Berenice, Ptolemais The-
rn, ecc.) sino alla isola di Socotra (Dioscoride), deposito principale delle
merci provenienti dall'India e dove lo scambio avveniva (non per nulla 50-
cotra sar indicata, per antonomasia, col nome indiano di Diball 'isola') (2S).
E cos tipicamente, direi anzi simbolicamente, la iscrizione di Tolomeo
Evergete in celebrazione delle vittorie asiatiche di quel Sovrano egiziano
fu murata insieme, nel trono della citt marittima etiopica di Adulis, con
la iscrizione, anche essa in greco, del Sovrano etiopico che narrava le sue
gesta sull'altopiano e verso la via per il Nilo. (26) Ho detto tipica tale commi-
stione pur causale delle due iscrizioni dellla guerra in Asia e della espansione
etiopica, perch appunto l'attivit dei Tolomei lungo la via marittima alle
Indie per il Mar Rosso fu una delle cause della loro lotta con i Seleucidi, che

per il Medio Evo, ci documentato per gli approdi lungo l'Oceano Indiano deWattuale
Somalia. E non si dimentichi a tale proposito la tradizione locale conservataci proprio per
Adulis gi da PLINIO (Nat. Hist. VI, 29); oppidum Aduliton Aegyptiorum hoc serviprofugi
a dominis condidere l).
(25) Pure su questa funzione storica di Socotra potranno forse dare nuovi elementi
le future augllrabili ricerche archeologiche, per quanto i sondaggi necessariamente superfi-
ciali, recentemente fatti (DOUGLAS BOTTING, Island oj the Dragon's Blood, Londra 1958,
pp. I03-1I6) siano stati praticamente senza risultati.
(26) COSMAS INDICOPLEUSTES cit., in P. G. MIGNE, LXXXVIII, c. 104-108.
- 13-

invece avevano il massimo interesse a conservare la via commerciale di terra


dal Golfo Persico lungo la valle dell'Eufrate verso la Siria. E cos ancora le
due iscrizioni, che secoli e secoli dopo copier Cosma Indicopleuste cui ne
dobbiamo la conservazione, attestano per noi insieme l'influenza culturale
dell'ellenismo nel porto etiopico di Adulis e la provenienza di tale aZiOne
dall'Egitto dei Tolomei.

** *
Questa situazione d rivalit tra la via marittima alle Indie, passante
per l'etiopica Adulis, e la via terrestre per il territorio persiano alla Siria e
la conseguente concorrenza tra l'Egitto e l'Impero dei Seleucidi rappre-
sentata da un curioso documento, conservatoci da Diodoro Siculo (27). Tale
racconto inizia - per quanto sappiamo - la lunga serie delle opere letterarie,
che sono in parte romanzo con propria tesi ed in parte, minore ma non tra-
scurabile, ricordo artisticamente rappresentato di fatti e dati reali sui lon-
tani paesi dell'Oriente: una serie che dal romanzo di epoca ellenistica e bizan-
tina passer alla letteratura araba delle ((Meraviglie delle Indie e dei viaggi
di Sindbad e continuer in Occidente almeno sino alla met del secolo XVIII.
Parlo qui dell'itinerario di Jambulo. Questo itinerario, che cronologicamente
va collocato, a quanto pare, nel primo e comunque non avanti il secondo
secolo dopo Cristo, descrive appunto la via alle Indie come essa si presenta va
nel periodo di massima espansione della potenza dell'Egitto Tolemaico.
Questa via, secondo Iambulo, passa per la costa africana del Mar Rosso,
non gi per la costa asiatica: e questo rappresenta un altro dato di fatto
importante, perch prova ancora come nemmeno le popolazioni della Peni-
sola Araba, interessate - come tutti sappiamo - al commercio con la Siria
che faceva allora prosperare i Nabatei e passer poi alla Mecca, avevano pi.
ragione di considerare favorevolmente l'attivit navale egiziana che faceva
concorrenza diretta alla loro via carovaniera tradizionale. Jambulo, quindi,
rapito, secondo il suo racconto, da pirati sulla costa araba e portato sulla
costa africana(2 8). Di l inizia il suo viaggio come prigioniero offerto dagli Etiopi
al culto degli Indiani. Ma il viaggio di Jambulo diviso in due sezioni.
Prima egli giunge ad un'isola (2 9), dove si trattiene per anni; e poi da quella
isola naviga all'India (3 0 ); e, se l'isola dove Jambulo fa questa lunga tappa gli
d occasione a descriverne costumi e vita sociale con intenti di romanzo
filosofico di riconosciuta tendenza stoica, d'altra parte, non si pu negare
che l'isola e la sua funzione di tappa obbligata sulla via marittima dell'India
storicamente identica a quella che Socotra aveva allora realmente, come

(27) DiODORO SICL'LO, l. II, c. 55-60.


(28) IIp -rijv 7tCY.p<xe<xM't"7~OV rijv AteL07ttCY. (c. 55).
(29) Et v'jcrov c:,ht[Lov<x (c. 55). Si ricordi, ad ogni buon fine che il vlcmo porto di
'Aden chiamato per antonomasia Eudaemon, gi nel Periplo del Mare Eritreo (ed.
Miiller cit.. cap. XXVI, p. 276-277).
(30) Il viaggio dall'isola (di Socotra) alle Indie dura 7tc:LOV ~ 't"TICY.pot [l.'jv<x.
- 14-

ho detto poc'anzi. Certo nessuno sosterebbe che Socotra sia paradisiaca n


che in essa si trovasse attuata la concezione stoica, come nell'isola di Jam-
buIo, ma qui siamo appunto sui confini tra la realt e la fantasia del roman-
ziere, fantasia, che comunque - e lo sottolineo ancora - non poteva ignorare
del tutto almeno le nozioni geografiche comunemente diffuse; che anzi, rispet-
tate, venivano a meglio far assaporare la finzione. E Jambulo - notiamolo-
scopre ancora nella conclusione una almeno delle sue tesi: giunto in India,
come vittima designata, p e r l a v i a m a r i t t i m a rimandato nell'El-
lade o meglio nel mondo ellenico dal re indiano filelleno di Palibothra p e r
l a v i a d i t e r r a attraverso l'Iran. Alla via avventurosa del mare per l'Etio-
pia si contrappone la felice via carovaniera del ritorno per la Persia alla Siria.
Si pensato, e non a torto, che Jambulos sia un nome linguisticamente
semitico grecizzato: e dall'analogia col Yiibal ebraico (modificato in un sup-
posto Yabbiil) si passati recenterpente all'ipotesi (di Franz Altheim) che
riconduce il nome ad un, non meno supposto, nabateo: Yanbul (3 1 ).

lo mi domanderei anche se questo nome Yambulos del viaggiatore non


sia anche esso una verisimile finzione dell'autore vero del breve romanzo,
che non sarebbe quindi autenticamente un'autobiografia romanzata, anche se
evidentemente un N abateo, posto che sia accettabile immaginarne di cos
progredita cultura greca, sarebbe stato certamente interessato a rappre-
sentare con vividi colori i pericoli del Mar Rosso.

***
Quando l'Egitto entr a far parte dell'Impero Romano, la via marit-
tima fu patrocinata da Roma e poi da Bisanzio, mentre la via terrestre era
quella dell'Impero Persiano. Permane cos, con nuove e maggiori denomina-
zioni, l'antica rivalit; ed il mondo romano spinger i suoi stabilimenti com-
merciali e le sue navi lungo la sponda africana delMar Rosso, s che, gi negli
scritti di epoca imperiale, Etiopia ed India vengono addirittura a con-
fondersi nella terminologia geografica.
Ed un avvenimento profondamente innovatore ha luogo durante l'im.-
pero di Claudio: la scoperta del regime dei monsoni fatta intorno al 47
dopo Cristo da I ppalo (32), permetter alle navi romane di raggiungere diret-
tarriente l'India senza il cambio obbligato a Socotra o in Aden. Ci d subito
nuovo impulso al traffico; ed il Periplo del Mare Eritreo, scritto appunto
regnante Claudio, o forse Nerone, descriver la rotta per il Mar Rosso e
dar a noi, come ho detto sopra, particolare notizia del porto etiopico di
Adulis e del principe etiopico Zoskales.
Ma la descrizione del mercato di Adulis nel Periplo nota; perci non
vale la pena di ancora attardarsi su di essa~ Vorrei piuttosto insistere sul
valore della definizione che il Periplo d di Adulis come fL7tOPWV VOfLLfLOV (33).

(31) Cfr. F. ALTHEIM, Alexander et l'Asie, Parigi 1954, p. 185.


(32) Periplus, ed. Mliller cit., c. 57, p. 298-299: trad. SCHOFF cit., p. 45-46 e 227-23.
(33) PeripZus, ed. Mliller cit., cap. IV, p. 259 fl.rt6p~6'1 crn 'I6f1.~fl.o'l Tj 'Aout. E cos
op. cit., cap. XXI, p. 273 'i6fl.~fl.o'l rtotpot6ot&crcrLO'I Moij~ot.
- 15-

Lo stesso appellativo dato a Mou~oc: (Mokha), sulla opposta sponda araba.


L'interpretazione che mi pare pi probabile che Adulis, come Mokha, erano
porti convenzionalmente' aperti " dove non gi per il generico diritto delle
genti, ma per un trattato col Sovrano locale era possibile al commercio del-
l'Egitto romano di godere del diritto di approdo e di avere un settlement,
se vogliamo adoperare una terminologia moderna, per i merca~ti sudditi
dell'Impero: circostanza questa che pi tardi influir anche sulla costitu-
zione della prima comunit cristiana, come intanto arrecava all'Etiopia il
permanente contributo di contatti con quella cultura ellenica che abbiamo
visto in favore.
E che la gestione di questi settlements come quello di Adulis compor-
tasse probabilmente, anche per i mercanti, oneri fiscali nei confronti dell'Im-
pero non lecito dubitare in confronto della notizia che Plinio d circa la mis-
sione del liberto di Annio Plocamo, sempre durante il regno di Claudio;
liberto col mandato da Annio Plocamo qui Maris Rubri vectigal a fisco
redimera t )) e che non doveva limitare le sue esazioni al litorale egiziano del
Mar Rosso superiore, perch infatti circa Arabiam navigans Aquilonibus
raptus )), fu portato dopo I 5 giorni con la sua nave all'isola di Ceylan (34).
Cos, delineatasi nei suoi caratteri l'attivit dell'emporio etiopico di
Adulis lungo la via del commercio mediterraneo alle Indie, esso continua
con funzione analoga durante i successivi secoli dell'Impero; e la via del
Mar Rosso ancora per gli Arsacidi, e pi tardi per i Sassanidi, Sovrani della
Persia, un obiettivo da attaccare in quanto arteria importante del rivale
Impero Romano; e, beninteso, nella stessa situazione si trovarono quei poten-
tati orientali che come Palmira, al tempo di Odenato e di Zenobia, si posero
nell'Oriente Vicino come antagonisti di Roma. Da questo punto di vista
dobbiamo valutare anche le imprese dei Sovrani Aksumiti, da Afilas a Ka-
leb, nell'Arabia Meridionale, perch tali imprese non sono dunque soltanto
uno choc en retour degli emigrati in Africa verso la loro terra araba di ori-
gine, ma anche contributi, pi o meno palesemente concordati, alla lunga
lotta tra l'Impero Romano e la Persia. - E, d'altronde, chi voglia guardare
alle cronache non tanto con occhio critico di storico, quanto piuttosto con
vivacit di immaginazione, pu addirittura sottolineare la ribellione con-
dotta, dopo la seconda conquista etiopica dello Yemen, durante l'Impero
di Giustino I, dal condottiero etiopico Abreha, il quale, messo a capo delle
forze armate etiopiche nello Yemen occupato, tent di rendersi indipendente
dal Sovrano dell'Etiopia. Infatti Abreha, ci attestato appartenere allafamilia
di uno dei mercanti greco-romani di Adulis (35). Questa ribellione veniva a
corrispondere favorevolmente alla politica bizantina. A Bisanzio infatti era
utile, s, il disturbo della prosperit dell'Arabia Felix, ma poteva apparire
eccessiva la riunione salda delle due sponde del Mar Rosso, che significava

(34) Natur. Hist., IV, 24.


C3s) PROCOPIO, De Bello Persico, cd. Bonn, p. !os. Abreha era 3ouo 3 'PwfLocLOU
v3p v 7t6~ AL~h6",wv ' ,A30L3L h T'ii Y-OCTX lH:o:(JO'ocv pyo:crtq<: LO:TpL~'hv ~ZOVTO.
- 16-

sostanzialmente la somma in un unico Stato di due interessi opposti dei quali


l'uno o l'altro avrebbero potuto prevalere, anche imprevedibilmente.
E con Abreha ( il camuso' siamo all' anno dell'elefante)), alla tradi-
zione della tentata spedizione contro la Mecca, alla vigilia dello Islam.

***
Ma ritorniamo cronologicamente indietro per considerare, un altro
aspetto dello Stato Etiopico nell'insieme della politica mondiale dell'evo
antico. Il regno di Aksum, di cui Adulis era il porto, era territorialmente
formato dallo sperone settentrionale dello altopiano etiopico che si protende
tra il bassopiano costiero da una parte e la valle del Nilo dall'altra. Ragioni
geografiche e ragioni economiche coincidevano, dunque, nell'evo antico,
per dirigere l'espansione degli Aksumiti non gi tanto verso il Sud, dove
l'al topiano etiopico nella sua parte settentrionale particolarmente aspro di
monti e meno ricco di risorse valutabili, specie dagli antichi, ma bens verso
l'Ovest e cio per l'Atbara verso la ricca valle del Nilo. Cos questa irresi-
stibile tendenza portava lo Stato Aksumita in un altro gioco: quello dei
paesi della media valle del Nilo e delle popolazioni che da Est come da Ovest
erano attratte dalla prosperit della ( terra nera' del grande fiume. Quindi,
anche perci Aksum andava considerata in funzione degli interessi imperiali
dell'Egitto romano e bizantino e specialmente della difesa del limes meri-
dionale dalle genti nomadi e dalle loro incursioni.
Ed il gioco era quindi complesso perch non sempre chi dominava lo
Egitto pro tempore era il Sovrano riconosciuto legittimo, allora o dopo,
dal resto dell'Impero; n d'altra parte costantemente le improvvisate alleanze
tra chi dominava l'Egitto e le genti a Sud del limes, delle quali si voleva
l'appoggio, venivano a collimar con gli interessi di Aksum-Adulis. In ogni
modo, particolarmente dal III secolo dopo Cristo in poi, la instabilit del-
l'Impero nel settore egiziano e la irrequietezza delle popolazioni nomadi
attraggono ancor pi verso quel settore il Regno etiopico e ne consentono
qualche menzione nella cronaca delle guerre combattute sul Nilo.
Due motivi storici, dunque, che anche essi si intrecciano ad agire sulla
formazione politica ed etnica dello Stato Etiopico: quello della via delle
Indie e di Adulis approdo al centro delMar Rosso lungo quella via e quest'altro
dei movimenti di genti a Sud del limes egiziano. Ne indicher intanto un
primo esempio nel traffico degli smeraldi. Le miniere di smeraldo a Sud del-
l'Egitto verso il Mar Rosso, gi utilizzate dall'Egitto romano sino al 261-
268, vengono pi tardi in potere dei nomadi Blemmii (i Begia); come
ci attestato almeno per i primi anni del v secolo da Olimpiodoro e da
S. Epifanio. (36) Ora, gli smeraldi, che i Blemmii estraevano arrivavano sul

(36) Il passo di S. Epifanio (nel De duodecim gemmis, che egli scriveva poco prima
del 394 d. Cr.) ha particolare importanza. Lo si ha in varie versioni (latina; georgiana:
armena e copta). La latina, conservataci nella Coltectio Avellana (ed. O. GUENTHER, nel
Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum.) di Vienna, val. 35, Pars II, p. 748-749)
- 17-

grande mercato indiano per il tramite dei mercanti e naviga tori di Adulis.
Ne abbiamo una testimonianza esplicita nella Topographia Christiana di
Cosma Indicopleuste, il quale scrive, a proposito degli smeraldi di propriet del
Re degli Unni Bianchi (nell'India Settentrionale): gli Etiopi procurano queste
pietre dai Blemmii in Etiopia e le portano in India ed investono il ricavato del
prezzo degli smeraldi in merci di gran valore)) (37). E qui gli Etiopi a contatto
con i Begia (Blemmii) e loro mediatori agli approdi marittimi verso l'India,
sono, mi pare senza dubbio, quelli che noi oggi chiamiamo ancora Etiopi.
Questi contatti, del resto, con le genti a sud del limes egiziano, contatti
che sono generalmente di buon vicinato, quando non sono di ostilit - come
avviene spesso anche tra buoni vicini -, sono a noi attestati almeno dalla
met del terZo secolo dopo Cristo in poi. E giungiamo cos ai problemi che
per noi pone l'Impero di Aureliano.
Tutti conosciamo il passo di Vopisco, nel quale sono citati nella descri-
zione del trionfo di Aureliano, tra le altre popolazioni, Blemyes, Axomitae,
Arabes Eudaemones, Indi ... cum suis qui que muneribus )) (38). Dai Begia per
gli Aksumiti, gli Arabi dell'Arabia Felice e gli Indi troviamo qui nominate
l'una dopo l'altra le genti che si incontravano lungo la disputata via marit-
tima, sulla quale Aureliano riaffermava cos solennemente gli interessi impe-

non solo attesta il passaggio del Monte degli Smeraldi a sud dell'Egitto dal dominio romano
a quello dei Blemmii ({< Mons de quo nunc nobis serrno est, tunc Romanis erat subditus ...
Suntque metalla alia in ipsorum Barbaria Blemyorum iuxta Telmeos in montibus consti-
tuta quae nunc effodientes Barbari smaragdos incidunt o); ma contiene anche una nuova prova
dell'assimilazione (ancora nel IV secolo) dei vari popoli lungo la via marittima alle Indie sotto
il nome unico di ' Indiani '. Per S. Epifanio l'enumerazione va infatti dall'Arabia per Aksum
ed Adulis sino a Socotra e Ceylan: {< introrsus in Mari Rubro quod sic appellatur in ipso
ingressu regionis Indorum, quarum gentium differentiae quam plurimae sunto Olim quippe
Indi in novem regna fuerant disparati, sicut fama celebratum est: id est Alabastrorum; Ho-
meritarum; A x o m i t o rum c u m Ad u I i t i bus, Bugaeorum, Taianorum, Sabeno-
rum, liberorum, Dibenorum cum Ichtyophagis et Sirindibenorum cum Ercilaeis ... O). Va-
rianti notevoli sono nelle versioni orientali (EPIPHANIUS de Gemmis, The Old Georgian Version
amd the Fragments oj the Armenian Version [ed. R. P. BLAKE] and the Coptic-Sahidic Frag-
ments [ed. H. DE VIS], Londra 1934 [{< Studies and Documents O), Il]). Cos nella georgiana al
latino {< in Mari Rubro ... in ipso ingressu regionis Indorum corrisponde invece (nella tra-
duzione Blake): {< near the Red Sea when one desires to make a journey by vessel to the
land of India (op. cit., p. 108). L'armeno qui ha: {< on the Red Sea on the way to India
(op. cit., p. 219). Ed i nomi degli' Indiani' dnno modo a correzioni sicure, che ho qui sopra
gi apportato per semplicit nel testo latino (l'editore O. Guenther non poteva tener conto
delle versioni orientali). Cos: {< Axomitorum sicuro per lo {< Azomitorum del testo di
Vienna (georgiano: Aximites etc.); Sabenorum contro Isabenorum dell'edizione
viennese; {< Dibeni O), beninteso sono gli abitanti di Socotra (' Diba " come si detto sopra,
nella terminologia geografica greco-romana); e {< Sirendibeni ovviamente le genti di Ceylan.
La testimonianza di Olimpiodoro di Tebe, che si riferisce al viaggio da lui compiuto
come legato imperiale al principe degli U nni, nel 412 d. Cr., assicura ancora la pertinenza
delle miniere di smeraldi ai Blemmii, dai cui principi e stregoni (-t'oue; <puMpxouc; X()(L 7tpo<p~t'()((;
't'WV X()('t'oc TI]v Tci.[J.L\I [3()(p[3ci.pwv ~'t'OL .Wv [3E[J.[J.UW\I) egli fu invitato a visitarle ({< Fragmenta
Historicorum Graecorum ed. C. Miiller, voI. IV, Parigi 1885, p. 66).
(37) COSMAS l'''DlcOPLEuSTES cit., in ~ P. G. O), MIGNE, LXXXVIII.
(38) Scriptores Historiae Augustae: Aurelianus, c. XXXIII.

Quaderno :\. 48 2
r8 -

riali. E mi pare assai significativo, in confronto di questa manifestazione,


un altro passo dello stesso Vopisco, nel quale narrata il gentile inganno
che ad Aureliano aveva teso il monarca persiano, il quale gli aveva inviato
in dono un mantello di porpora con il messaggio Sume purpuram qualis
apud nos est l). Aureliano e pi tardi Probo ed infine Diocleziano mandano in
Persia, in relazione a questo messaggio, abilissimi tintori da Roma e questi si
. convincono che non in Persia che si trova la porpora singolarissima di quel
mantello, ma il Re Persiano l'aveva fatta venire ab Indis interioribusll (39):
Dunque la via terrestre delle Indie produttrici della sandz"x zndica che dava
quella porpora era stata mascherata dal Sovrano Persiano all'Imperatore
Romano, patrono della via marittima, pretestando una produzione locale
perSiana.

** *
Ora, qui conviene, a proposito dell'Impero di Aureliano, esaminare
anche il problema del romanzo di Eliodoro. Questo problema ha assunto per
noi nuova forma da quando le recenti ricerche di questi anni hanno antida-
tato dal IV secolo, come si credeva, al III dopo Cristo, la stesura di quell'opera.
La datazione , d'altronde, assicurata non solo da criteri puramente
di storia letteraria (Eliodoro non ignora il romanzo di Apollonio di Tiro,
che della prima met del III secolo ed a sua volta, imitato da Achille
Tazio, che della seconda met del IV secolo), ma anche dalla cos detta teo-
logia solare, che ispira Eliodoro e che conforme alla nota rifonna di Aure-
liano, anche se forse prudente non portare a conseguenze troppo sistematiche
questa pur giusta identificazione (4 ed anche se il culto solare in Egitto ed a
0
)

Meroe dava di per s un carattere distintivo alla scelta del luogo dei roman-
tici avvenimenti. Questo, del resto, induce a ripetere per Eliodoro quel che
ho detto per Jambulo. Un romanzo non un documento storico e non va
interpretato perci come tale; ma una opera, sia pure di immaginazione,
non pu troppo contrariare la realt di fatti noti e perci insistentemente
presenti alla mente dei lettori dell'epoca. Entro questi limiti le Etiopiche
di Eliodoro - nella loro nuova cronologia - sono da utilmente interpretare.
Ed intanto, la descrizione della giraffa, che gli ambasciatori di Aksum
portano in dono al Re di Meroe per felicitarlo della sua vittoria sui Persiani,
fatta dal vero, come da tempo stato riconosciuto; e la stessa offerta di
una giraffa rientra nella tradizione attribuita per lunghi secoli all'Etiopia, del
cui Paese essa appariva una straordinaria e tipica creatura (4'). Gli Akswniti,

(39) Op. cit., c. XXIX.


(40) Cfr. ad esempio la acuta (e rigorosa) dimostrazione di F. ALTHEIM, in Le dclin
du monde antique, Parigi 1953, pp. 403-409.
(41) Cfr. ad esempio la descrizione della giraffa addomesticata nel palazzo del Re di
Etiopia in COSMJ\.s INDICOPLEUSTES, op. cito P. G. , MIGNE, LXXXVIII, c. 411-412. Questa
descrizione ed il relativo disegno nei codici di Cosma sfuggito pure al diligentissimo lavoro
di B. LAuFER, The Giraffe in History and Art, Chicago 1928.
- 19-

dice Eliodoro, sono amICI ed allea ti del Re di Meroe, ma da lui indipendenti.


Questa notizia conferma per la fine del III secolo i limiti e gli scopi dell'azione
di Aksum verso il Nilo e ad un tempo sembra dia il terminus post quem per
la da tazione della famosa iscrizione greca di Meroe nella quale un Re di Aksum
dice della sua conquista e deva,stazione del regno nilotico.
Ma qui vorrei piuttosto richiamare l'attenz~one su di una particolare
citazione di Eliodoro, che stata a torto considerata come inconsistente
fantasia. Alleati del re di Meroe nella battaglia contro i Persiani sono, per
Eliodoro, oltre i Blemmii e gli abitanti del Paese del cinnamomo, anche i
Seri C~;Y)po[) e cio i Cinesi nella terminologia geografica antica. Questa men-
zione della lontanissima Cina, nelle Etiopiche, apparsa sbalorditiva.
Invece, a mio parere, siamo qui in un caso non dissimile dalla corrente
confusione, di cui abbiamo parlato, tra Etiopia ed India. Sappiamo che la
costa etiopica, sita sulla via all'India e piazza di smistamento per i prodotti
indiani verso il Mediterraneo, giunse ad esser designata gi nel III secolo
col nome di India, s che, per esempio, diventa difficile allo storico situare
fuori della costa africana l'obiettivo della spedizione che Emiliano prepa-
rava dall'Egitto, durante l'impero di Gallieno (<< cum contra Indos parare t
expeditionem ) (42) od i rapporti commerciali di Firmo, l'alleato in Egitto di
Zenobia contro Aureliano ed alleato dei Blemmii (<< naves quoque ad Indos
negotiatorias saepe misitn) (43). E ci perch per il commercio romano l'Etiopia
era appunto' verso le parti degli Indi'. Ora una situazione analoga, sia pure
meno intensa, si stava determinando pi tardi nei confronti della Cina a
causa del commercio della seta. Eliodoro, l'ho detto ora, pone i Seri insieme
con le popolazioni lungo la via marittima delle Indie. Gi il Periplo del Mare
Eritreo aveva parlato del traffico della seta cinese verso l'India e dai mer-
cati indiani verso il Mar Rosso (44). E l'arrivo della seta a Roma, e quindi il
suo valore commerciale, dipendeva ovviamente, dal grado di sicurezza della
via marittima, quando la prolungata ostilit dei due Imperi, Romano e Per-
siano, faceva chiusa la via di terra. Cos proprio al tempo di Aureliano, dopo
la lunga crisi della lotta con Palmira, e delle conseguenti operazioni in Egitto,
come attesta Vopisco, libra auri tunc libra serici fui t, s che le norme
sun tuarie dell' Impera tore si riassunsero per la seta nel suo mo tto Absi t u t
auro fila pensentur . Mentre (45), circa un secolo dopo, all'altro estremo con-
durr l'annotazione di Amiano Marcellino sericum ad usum antehac nobi-
lium nunc etiam infimorum (est) sine ulla discretione (46). E la rivalit delle

(42) Seript. Histor. Aug.: Triginta Tyranni: c. XXI. De Aemiliano.


(43) Seript. Histor. Aug.: Firmus, Saturninus, Proeu!us et Bonosus: c. III.
(44) Perip/us, ed. Mi.iller, cit. c. 64, pp. 303-304 (dove il nome della Cina trascritto
e"ivocL (W. SCHOFF, op. cit., pp. 261-268); e COSMAS INDICOPLEUSTES, op. cit., in (, P. G.
MIGNE, 88 c. 446 che invece trascrive' Cina' con 'l'mVt'l''l'Cl.
(45) Serip. Histor. Aug.: Aurelianus c. XLIV. Aureliano si riferiva cos al fattore
economico; mentre due secoli prima, regnante Tiberio, preoccupazioni formalmente morali
ispiravano la norma del senatusconsultum Haterianum ~'ne vestis seri ca viros foedaret
(TACITO, Anna/es, II, 33.
(46) AM~IIA:-'-O MARCELLI:-'-O, XXIII, 6.
- 20-

due vie di accesso alla seta sar indirettamente rilevata da Procopio, che
dir della seta che anticamente i Greci chiamavano: Medica; ed ora deno-
minano: Indica l); ed egli stesso conserver il ricordo dell'ambasciata di Giu-
stiniano al Sovrano di Aksum, Ella A$bel)a Kaleb cui l'Imperatore chie-
deva che i mercanti etiopici comprassero essi la seta in India in cambio di
loro merci e la cedessero poi ai commercianti dell'Impero; e ci per evitare
che dagli acquisti di seta fatti su mercati controllati dai Persiani questi deri-
vassero utili per l'economia del loro Paese ostile ai Romani. Procopio
aggiunge che Giuliano, l'ambasciatore di Giustiniano, conclude l'accordo
con gli Etiopi, ma che questo risult praticamente inattuabile perch i Per-
siani, pi vicini ai porti dell'India, bloccavano col le partite di seta cinese
acquistandole per loro conto (47). Per la parte di Aksum-Adulis nel traffico
della seta appare chiara da questo episodio. E, del resto, Cosma Indicopleu-
ste, che scriveva intorno al 547, regnante Giustiniano, attesta i commerci
di Adulis con l'isola di Ceylan, dove arrivava anche la seta della Tsinista ))
e racconta il famoso aneddoto del mercante greco di Adulis, Sopatros, che
innanzi al Re di Ceylan, vince il mercante persiano mostrando l'eccellenza
del nomisma, l'aureo di Bisanzio, in confronto del m iliaresion , l'argentea
dramma della Persia. E qui Cosma immediato testimone perch queste
circostanze ci furono raccontate dallo stesso Sopatros e dai suoi compagni
che lo avevano accompagnato a quell'isola (di Ceylan) da Adulis (48). Questa
via della seta)), che era per Adulis la via dell'India, spiega, dunque, anche
perch non solo gli Indi erano e furono a lungo considera ti vicini degli Etiopi,
ma anche i Seri)) di Eliodoro.
N on qui il luogo n il tempo di spingersi a ricercare se e quali influenze
questi prolungati contatti con le Indie abbiano avuto sulla storia culturale
dell'Etiopia. Mi baster accennare che la questione fu posta gi nello scorso
secolo a proposito degli obelischi di Aksum, nel senso che l'idea architet-
tonica di rappresentare lungo la facciata della stele una sovrapposizione,
per piani, di abitazioni cittadine apparve ipoteticamente analoga a quella
delle pagode a nove piani dell' India, come ad esempio il tempio di Bodh-
Gaya (ma la tecnica del taglio degli obelischi axmiti egiziana; ma le abita-
zioni rappresentate sono nettamente di tipo sud-arabico). Non basta (49). I troni
o seggi di Aksum possono richiamare alla memoria i troni nell'India, re ce n-
temen te studiati dalla Auboyer (5). Le chiese scava te nella roccia, le cos dette
chiese monolitiche di Lalibala hanno fatto ricordare templi dell'India meri-
dionale, come quelli esprimenti l'arte rupestre di Mahabalipouram (presso
Madras) ed ancora nell'India Occidentale i templi in caverna di Badami
nel Deccan. Ma siamo sempre nel campo delle ipotesi o meglio dei problemi
che l'arte etiopica presenta agli studiosi della sua storia; come compito

(47) PROCOPIO, De Bello Persico, ed. Bonn, p. ro6-ro7


(48) COSMAS INDlCOPLEUS;rE cit., in P. G. 'l, MIGNE, LXXXVIII, c. 447-450.
(49) Cfr. WILFRED H. SCHOFF, T/ze PeriPlus oj t/ze .Erythrean Sea cito pp. 64-66.
Cso) J. AUBOYER, Le Trone et son symbolisme dans l'Inde ancienne, Parigi 1949, p. 66.
- 21 -

degli etnologi invece ricercare se e quale significato abbiano le analogie tra


la tecnica dei ponti sospesi in liane dell'Etiopia meridionale, la tecnica di
passaggio del NiloAzzurro mediante otri di pelle gonfiate, ed il pane da viaggio
(berkutta) dell'Etiopia settentrionale, fatto circondando della pasta di farina
una pietra rovente, e le analoghe tecniche delle genti dell'India.

* * *

Contiguit geografica con la Penisola Araba, situazione lungo la via


del commercio marittimo tra l'Egitto e l'India, questi elementi obiettivi
della storia dell'Etiopia vanno particolarmente valutati in relazione al mas-
simo coefficente spirituale di quella storia: il Cristianesimo. Sappiamo, infatti,
che per tutto l'Evo Medio e sin oggi il Cristianesimo stato il pi potente
motivo dell'unit nazionale dello Stato Etiopico succeduto al Regno Aksu-
mita; e l'Etiopia rimasta isola Cristiana nell'oceano dei Pagani , secondo
una formula cara alla Cancelleria Etiopica (SI>, che ha corrisposto alla real t
storica dopo il declino ed esaurimento delle comunit cristiane dell'Arabia,
la conquista della Nubia cristiana nel secolo XIV da parte dell'Egitto e la
fine del Cristianesimo Nestoriano dell'isola di Socotra. Il Cristianesimo si
identificato con il sentimento nazionale nelle secolari guerre contro gli Stati
Musulmani del Sud, dal secolo XIV al XVI, e pi tardi contro i Galla pagani.
Il Cristianesimo con la sua organizzazione ecclesiastica e, sopra tutto, col
monachesimo ha formato, custodito e trasmesso la letteratura etiopica. Il
Cristianesimo, per il legame gerarchico con l'Egitto Copto e la Cattedra di
S. Marco ad Alessandria e per la sua via del pellegrinaggio in Palestina e
la formazione delle comunit etiopiche nel bacino del Mediterraneo da Geru-
salemme al Libano, a Cipro, a Roma, ha mantenuto, anche nei secoli pi
difficili della storia etiopica, i contatti culturali, religiosi ed artistici con
l'Occidente e con l'Oriente vicino. Il Cristianesimo, infine, ha sollecitato il
pensiero degli Etiopi informandone la evoluzione culturale e la storia nazio-
nale nei confronti dei fini timi popoli africani ed asiatici.
Il Cristianesimo etiopico storicamente nasce lungo la via alle Indie.
Nella comunit di mercanti Romani e Greci di Adulis vi erano gi Cristiani,
quando il naufragio della nave, che dall'Egitto andava per il Mar Rosso e
che portava San Frumenzio ed il suo fratello Edesio, caus l'arrivo nell'Etiopia
del suo Apostolo e la conversione del Sovrano Aksumita (52). Sarebbe stato fa-
cile ricordare come da Apollonio di Tiana alle Etiopiche di Eliodoro ed oltre,
la letteratura tarda del romanzo greco ha come espediente obbligato per lo
sviluppo dell'azione il naufragio del protagonista lungo la grande via del
traffico; e quindi l'inizio della storia di S. Frumenzio apparirebbe non lon-
tano da questo tema romanzesco. Ma, a parte le ovvie difficolt e pericoli

(51) Cfr. ad esempio L GUIDI, Documenti amarina, in ~< Rendiconti Lincei , Se. Mor.,
1891, pp. 28S-3 CO .
(52) RFFIXO, Historia Ecclesiastica, in ~< P. L. , MIGNE.
~ 22-

della navigazione nei tempi antichi e quindi la verisimile fre'luenza effetti va


del motivo del naufragio, resta il fatto decisivo che Rufino conobbe perso-
nalmente Edesio in Siria nel 403 ed ebbe cos il racconto, il quale perci,
nella storicit dei suoi protagonisti validamente attestato.
Ho parlato ora dell'impulso che il Cristianesimo ha dato alla cultura
etiopica, ponendo problemi le cui varie soluzioni hanno vivificato discus-
sioni e lotte, spingendo gli Etiopi in campi assai diversi e lontani dalle fini-
time cuI ture dei paesi africani. Desidero, a prova di ci, dare notizia di alcuni
risultati nuovi di mie recenti ricerche, risultati che, se non erro, lumeggiano
un aspetto inatteso della storia culturale etiopica. Noi ora sappiamo che l'ere-
sia etiopica dei Mikaeliti, contro la quale duramente combatt il Re Zare'a
Ya.'qob nel secolo xv, era materiata di idee dello gnosticismo, ed io stesso
ho potuto pubblicare recentemente tre opuscoli, contenuti in un codice di
Parigi, nei quali i Mikacliti espongono la loro dottrina basata essenzialmente
sulla proposizione della inconoscibili t di Dio e perci sulla necessit di
accostarsi solo per gradi successivi a quella conoscenza, restando la vicinanza
pi stretta il privilegio esclusivo dei Maestri e degli eletti (53).
Ora passiamo ad un altro campo, pur tuttavia non lontano nemmeno
cronologicamen te. Gi in una delle prime opere della lettera tura etiopica
medievale, nel Kebra Nagast (' la Gloria dei Re', libro scritto tra il I3I4
ed il I322 a narrare l'origine dei Sovrani etiopici da Salomone e dalla Regina
di Saba), appare una singolare dottrina: I.a Legge, che Mos ebbe dal Signore
sul Sinai, e l'Arca della Alleanza, che la conteneva, furono create da Dio
prima della creazione del mondo. La creazione della Legge fu dunque ab
aeterno cd essa precede il Fiat lux del Genesi. Questa dottrina esposta,
nel Kebra Nagast, solennemente ai Vescovi che lo ascoltano da S. Gregorio
l'Illuminatore, l'Apostolo dell'Armenia: ci che (~ storicamente importante,
anche se a prima vista possa meravigliare che l'Apostolo Armeno appaia
gi all'inizio da protagonista nel libro sacro della dinastia della lontana
Etiopia. S. Gregorio l'Illuminatore, dunque, riferisce nel Kebra Nagast le
parole dette dal Signore: ' Ed io giuro per me stesso e per Sion, che l'Arca
del mio Patto, arca che io ho creato a propiziatorio ed a redenzione degli
uomini ed io la far scendere come tale al tuo seme s che io mi compiaccia
delle offerte dei tuoi figli sulla terra. Ed essa Sion dimorer con loro, Arca del
mio patto in eterno. Ancora, quando sar venuta una nuvola, perch essi non
temano e non la credano un diluvio, far scendere dalla dimora di Sion l'ar-
cobaleno, arco del mio Patto, che coroner il Tabernacolo della mia legge.
E CIuando si saranno moltiplicati i loro peccati ed io vorr adirarmi con loro,
mi ricorder dell'Arca del mio Patto e porr l'arcobaleno c calmer la mia
ira e mander la mia misericordia. Non dimenticher la mia parola n sar
smentito quel che uscito dalla mia bocca. Passeranno il cielo e la terra,
ma la mia parola non passer'.

(53) Sai/ti teologici etiopici dei secoli XV.l- XVII. V,.!. 1: Tre opuscoli dei Jlikaeliti, .
Citt dci Vaticano 1958 , Studi e Testi n. 198).
-23-

Allora, i Vescovi che erano presenti si rivolsero al beato Gregorio e gli


dissero: ' Ecco dunque ora abbiamo capito chiaramente che Egli cre l'Arca
del Patto prima di ogni altra creatura, e prima anche degli An-
geli: e prima dei cieli e della terra e prima del firmamento e degli abissi.
Essa Arca del Patto, quella che nei cieli e si muove sulla terra'. E gli si
rivolsero e dissero: ' S, davvero l'Arca del Patto fu creata ab initio; n c'
menzogna nella tua veritiera parola, che retta e giusta ed immutabile.
Egli cre prima di tutto Sion, dimora della sua gloria, ed il consiglio
del suo patto era nelle sue parole: Vestir la carne terrena di Adamo ed appa-
rir a tutti quelli che ho creato col mio braccio e con la mia parola. E se non
fosse discesa Sion dai cieli e se Egli non avesse rivestito la carne di Adamo,
non sarebbe apparso Dio Verbo n avremmo noi avuto redenzione. La prova
nelle similitudini: la Sion celeste similitudine della Madre del Redentore,
Maria; infatti Sion, l'Arca, costruita e sono riposte in essa le dieci parole
della legge scritte di Sua mano; e cos nel ventre di Maria dimor lo stesso
Creatore per il quale tutto fu 'Jl (54).
Ed ancora in un successivo passo: Sion, Arca della Legge del Signore
che ne fu il Fattore e l'Artefice, Egli stesso, nel sacrario del suo Tempio,
prima di tutte le creature, prima degli Angeli e prima degli uomini Jl (55).
Il concetto qui espresso ed attribuito all'Illuminatore della Armenia, e
cio la creazione ab aeterno della Legge divina, ulteriormente precisato
ancora nello stesso Kebra Nagast. Le dieci parole Jl, come dice il testo etio-
pico, scritte per le dita del Signore e riposte in Sion, Tabernacolo della
Legge divina (56); la legge, , come si detto, la prima e l'ultima Jl, a somi-
miglianza di come primogenitus omnis creaturae il Verbo di Dio. Ma il Verbo
si incarn e nacque nella Carne dalla seconda Sion il secondo Adamo e
cio il nostro Redentore Ges Cristo (56). Abbiamo quindi le due nasci te del
Verbo, quella ab aeterno e quella del 0J a tale (in terra), parallele ai due
inizi della Legge, quella ab initio e quella della attuazione del Patto per
]a missione del Cristo in terra.
Questo simbolismo ricorda, come si vede, da vicino una questione fon-
damentale della storia teologica dell'Islam: quella del Corano, Legge divina,
increa to o creato; la questione che in forma addiri ttura tragica esplose nella
lotta contro i Mu'taziliti nel IX secolo. Potevano conoscere gli Etiopi l'argo-
mento di quella fiera disputa e pu la dottrina della Legge increata, accet-
tata poi nell'ortodossia musulmana, aver avuto almeno derivazione comune
con Le dieci Parole Jl, Legge creata ab initio prima del mondo, nella dot-
trina etiopica? Per quanto, a prima vista, questo quesito appaia improba-
bile, pure esso mi sembra debba invece avere risposta affermativa. Infatti,
l'opuscolo di Severo di Asmunayn sulla storia dei Concili, opuscolo che

(54) C. BEZOLD, Kebra Nagast. Die Herrlichkeit der Kanige, III A K B W)l, I KI.
XXIII Bd. I Abt.Miinchen 1905, cap. IO-II.
(55) Op. cit., cap. 1.
(56) Op. cit., cap. XCV.
- 24-

Severo redigeva nella seconda met del X secolo, in arabo, in Egitto e quando
la disputa sul Corano creato od increa to era ancora rela ti vamen te recente
nel mondo musulmano, contiene una importante digressione sulla dottrina
Mu'tazilita. Beninteso, Severo di Asmunayn guarda alla questione dal punto
di vista Cristiano; e pertanto prende posizione contro i Mu'taziliti ed in
favore della dottrina musulmana ortodossa; in quanto considera la Parola
(per iMusulmani, il Corano) come il Logos (la seconda persona della Trinit nel
Cristianesimo), cd in tal senso enuncia: Gli Ebrei Asma'at e la maggioranza
dei Cristiani e tutti i musulmani dicono che la Parola di Dio ab antiquo e non
creata. Invece Ario, gli Ebrei 'Anayat ed i Musulmani Mu' taziliti dichiarano
che la Parola di Dio creata, posteriore nel tempo, delimitata nello spazio (57).
Gli Ebrei 'Anayat sono, mi pare, indubbiamente una alterazione gra-
fica, facile nell'arabo, per 'Ananiyyah, e cio i Qaraiti seguaci di 'Anan bar
Da vid, ritenuto capo della scuola Qarai ta nella seconda met dell'vIII secolo.
Cos gli Ebrei Asma'at sono una altra deformazione grafica, assai proba-
bile, a mio parere, per: Ema'iliyyah, i seguaci di ISmael di Akbara e poi di
Sa'adya bar Joseph (Sa'ld al-Fayyumi), il fondatore della scuola anti-Qaraita,
compatriota e contemporaneo di Severo di Asmunayn.
Ora, lo scritto di Severo di Asmunayn stato tradotto in etiopico c,
diviso in due parti, si trova intanto in due codici D'Abbadie, uno dei quali
del secolo xv. L'etiopico , per la massima parte, inedito, ma esso contiene
anche il brano successivo nel quale viene precisata la posizione delle scuole
Mu'tazilite sul problema secondario: se la Parola di Dio in quanto creata
accidente o sostanza. Traduco dallo etiopico: Quelli dei Mu'taziliti che
dicono che la Parola del Signore corpo sono una frazione di essi Mu'taziliti
musulmani. Essi sono Abreham Wedus CI brahim an-N aHam) ed i suoi
partigiani. Ma la maggioranza dei Mu' tazi'li ti dicono invece che la Parola
del Signore attributo (accidente). Noi, da parte nostra, diciamo alla setta
dci Mu'taziliti e ad Abreham Wedus: ParIateci dunque di quella Parola.
Se la Parola un corpo, essa ha lunghezza, larghezza e profondit,
oppure essa non ha lunghezza, larghezza e profondit? Poich voi Mu'taziliti
dite che ogni corpo ha lunghezza, larghezza e profondit e che tali attributi
si trovano in ogni corpo, noi vi diciamo: Forse un corpo che si trova ad
Amsa.l potr apparire nello stesso tempo a Rey, come glielo si concede? Se
Abreham Wedus dice: Questo corpo ad Amsal ed ha lunghezza, larghezza
e profondit, ma lontano nello spazio da Rey; noi dobbiamo replicare
in breve: se la Parola ad Amsal conviene che sia anche a Rey. E, se egli
risponde che essendo ad Amsa.l non pu essere a Rey, ecco che invece noi
vediamo la Parola di Dio essere letta contemporaneamente ad Amsal, a
Rey, al Cairo ed in altre citt. Cos sarebbe un corpo che starebbe in vari
posti in un tempo.

(57) SVRE lBN AL-MoQAFFA', Histoire des Conciles (sewnd Lim'e), L Edition et Tra-
duction du Texte Arabe par L. LEROY; II. tude d" la zlcrsion thiopienne par S. GREBAUT,
in Patrologia Oricntalis, VI, p. 535. Per gli 'J\naniyyab cfr. ora l'art. di J. VAJDA nel-
l'EJlcicl[)pdie de l'fs/dm, II cd. s. v.
- 25-

Se la Parola del Signore dunque non corpo n accidente, ecco ne risulta


che Essa sostanza (ba!zrey) e che Essa Parola esiste nella esistenza di
Chi la emette; ed il Creatore dunque aveva gi in s la Parola mentre creava,
dicendo a quel che non era: Sii! ed esso fu (58).
La Parola, cio, secondo il traduttore etiopico, preesistette alla Creazione
in quanto Dio cre il mondo per la Parola, per il Fiat ! creativo.
Abbiamo cos una prova che la polemica sulla Creazione o pre-
Creazione della Parola di Dio--' Corano' nell'Islam era nota ed utiliz-
zata nel Cristianesimo dell'Egitto e dell'Etiopia, e che gi Severo di As-
munayn nel X secolo vedeva un nesso tra la polemica Islamica e la
dottrina teologica cristiana sul Logos e le discussioni della teologia del
Giudaismo. Questo un punto importante per la storia culturale e religiosa
dell'Oriente.
Ma non basta. La Parola di Dio, Ce cio rispettivamente nell'Islam: il
Corano e nel Giudaismo: la legge Mosaica) alla disputata origine sua ab aeterno
aggiunge una sua seconda' nascita ': la rivelazione a Maometto per i lVlusul-
mani ed il Corano redatto; la rivelazione a Mos sul Sinai e le tavole della
Legge. Cos nel Cristianesimo alla eternit, fuori del tempo, del Verbo, come
seconda Persona della Trinit e primogenitus omnis creaturae segue, entro
il tempo, la nascita del Verbo Incarnato da Maria. Questo giustifica quella
che l'etiopico Kebra Nagast nel passo che vi ho letto chiama (( la simili tu-
dine (amsal) tra la Vergine Maria e l'Arca dell'Alleanza. L'Arca conteneva
la Legge, Parola di Dio, come Maria contenne in seno Ges nell'Incarnazione:
(( N ostra Signora Maria la cui simili tudine la Sion celeste perch il Signore
dimor nel seno della Vergine e nacque da Essa senza umano connubio,
come per mano del Signore furono scritte le dieci Parole della Legge e riposte
da Lui in Sion, Tabernacolo della Legge del Signore (59).
Da questa similitudine 'Maria = Arca dell'Alleanza' era poi facile
procedere oltre, se anche il Kebra Nagast non presenti gi una versione atte-
nuata di questo simbolismo: Il Signore crea l'Arca ad initio nel cielo e poi
la mostra aMos perch ne faccia una in terra, a somiglianza dell'Arca che in
cielo (60 ): simbolismo che corrisponde nell'Islam alla corrispondenza del Co-
rano celeste increato col Corano rivelato agli umani e diventato Legge ope-
rante sulla terra. Cos, di conseguenza, si passa agevolmente, applicando
questo linguaggio simbolico nella teologia cristiana, al concetto di Maria
che seconda Sion )), detta - ad esempio negli Atti di Za-Mika 'l Aragawi, -
(( N ostra Signora Maria figlia di Anna e Gioacchino, che fu scelta prima della
creazione del mondo (6 E pi oltre ancora, sviluppatosi per motivi di cui ho
1 ).

(58) Op. cit., pp. 626-627.


(59) C. BEZOLD, Kebra Nagast cit., cap. XCV.
(60) Op. cit., cap. XVII e CIV.
(61) Atti di Za-il,fikd'U Aragdwi, ed. 1. GUIDI, In Memorie R. Accademia Lincei '>,
Se. Mor. 1895, p. 54: flllOD: 'tllH)tfI,': wlA.R:: H"twlA;:: r'lf-'rt: CIf/C.fr:
w""t: th': wJi..f<l!r: H"fl.f: rf'.R:OD: CJ"r:
- 26-

parlato altrove, l'altro simbolismo 'Maria = Perla' (6 negli Atti di S. Anna


2
),

altra opera etiopica del XIV secolo, la Perla, che Maria, creata prima del
mondo ed nell'Empireo. Una' similitudine ' di essa Perla Maria deposta
dal Signore nei lombi di Adamo ed trasmessa, entro Israele, da Adamo
sino ad Anna, mentre una sola volta il Signore mostrer la Perla a Mos
ordinandogli di costruire l'Arca )(63). Di qui, in queste dottrine, l'afferma-
zione di Maria creata prima del mondo, affermazione che si ritrova espli-
cita in un inno mariano inedito contenuto in un codice della mia collezione
e che dice appunto:
Tu esisti da pnma che il cielo e la terra, O Maria;
Il sole e la luna non ti hanno preceduto (64).

Ora, osserviamo questo: il Kebra Nagast, che, come abbiamo visto, d


la prima nozione della 'similitudine' tra Maria e l'Arca - sia esso libro,
un punto di partenza o non piuttosto una rielaborazione ortodossa di idee
gi correnti - , comunque sia, opera scritta nell'Etiopia settentrionale, nel
Tigr, e sotto gli auspici di un capo Tigrino. Il santo Za-Mika'el Aragawi, i
cui Atti alludono alla scelta o creazione' prima del mondo' di Maria era
un Santo appunto del Tigr. Il Libro dei Misteri del cielo e della terra (65) che
formula, come ho detto altrove, la dottrina del falco bianco primordiale
che fecondato dal sole genera la Perla purissima, fu anche scritto nell'Etiopia
del Nord. Ed infine, e pi importante ancora, la vita di S. Anna, che identifica
in Maria la Perla primigenia trasmessa per le generazioni da Adamo ad Anna
stata anche essa scritta, nel Tigr; ed anzi il codice unico che la contiene,
per quanto sia sfuggito sin ora a tutti ed anche a me, proviene senza alcun
dubbio dal Monastero di Gunda Gundi, il centro del movimento degli ere-
tici Stefaniti e reca anche le miniature di santi degli Stefaniti, come Abake-
razun (66). Perci questa dottrina di Maria esistente prima della creazione del
mondo corrisponde ad un complesso di idee che ci sono attestate nell'Etiopia
del Nord nel secolo XIV e che sono adottate e diffuse dagli eretici Stefaniti,
contro i quali la Chiesa Etiopica sostenne una dura lotta.

(62) La littrature thiopienne dans l'histoire de la culture mdivale, in Annuaire de


l'Institut de Philologie et d'Histoire Orientales et Slaves l), Bruxelles. XIV, 1954-1957,
pp. 20-2 3.
(63) Cfr. la mia Storia della letteratura etiopica, Milano 1956, pp. 57-58.
(64) rol'.e- OD : illT9~: Wr.e-c: IJh9'-'rh.
9th~ : wwC~ : A."'J!tJD<h.
(65) Cfr. Storia della letteratura etiopica cit., pp. 52-56.
(66) Tali sono infatti le miniature del codice (unico) riprodotte a colori in E. A. W.
BUDGE, The lVfiracZes 01 Our Lady Mary and the Life of lfannd, Londra 1900, tav. CVIII e
CIX (ed in nero in Legends or Our Lady lVfary the PerpetuaI Virgin and Iter Mother lfannd
Londra 1922, tav. X, XI e XII). Essi contengono le immagini di sei personaggi venerati
come santi dagli eretici Stefaniti: Estifanos, Abakerazun, Mazgaba Sellase, Samu'cl, Ezra,
'Amda Sellase, tutte immagini seguite dalla qualifica Hrl.erl~ 'di Gundagundi'; s che
l'identificazione assolutamente sicura.
- 27-

La edizione degli opuscoli sulla dottrina dei Mikaeliti e queste prime


risultanze di una indagine sugli Stefaniti ci dicono, dunque, meglio, contro
chi dovette poi combattere, cos aspramente, nel secolo xv il negus Zare'a
Ya'qob, fiero assertore della dottrina ufficiale della Chiesa Etiopica contro
Mikaeliti e Stefaniti e provano, contro le idee correnti, come la storia della
Chiesa etiopica non sia stato affatto inerte, ma anzi non scevra di aspre lotte
dogmatiche, come quelle contro questi movimenti eretici medioevali. Ed
questo un dato per la storia religiosa dell'Etiopia.
Ma, al di l ed al disopra della storia locale etiopica, noi vediamo nel-
l'episodio, che ho cercato di ricostruire - su questi nuovi dati -, un. fenomeno
di importanza notevole per la storia religiosa e culturale. Vediamo, cio,
un tema - quello della Legge divina che precede o segue la Creazione - che
argomento di polemica teologica e filosofica nell'Islam a Bagdad nel pieno
fiorire del Califfa to Abbaside; il tema ripreso, in veste giudaica ed adattato
alla struttura del Giudaismo nella polemica pro e contro i Qaraiti in Baghdad
e nell'Egitto. Nell'Egitto Copto, Severo di Asmunayn lo assimila e lo discute
in veste cristiana, conservando per memoria delle sue fonti islamiche e
giudaiche. E dall'Egitto dei Copti il tema, ancora riadattato, ma sempre
con tracce delle sue precedenti formulazioni, entra nella cultura religiosa
dell'Etiopia, dove riceve nuovi apporti originali e ritorna dopo secoli a cau-
sare nel regno di Zare'a Ya'qob le lotte e le repressioni, che aveva gi susci-
tato altrove, lungo il suo lontano cammino nelle varie regioni dell'Oriente.
E qui ancora abbiamo non soltanto genericamente nella comunanza
del Cristianesimo avito, ma anche nell'assimilazione di singoli problemi
religiosi un' altra prova di quei legami dell'E tiopia con la civilt medi terranea,
che sono - come dicevo - la caratteristica dello sviluppo storico culturale
etiopico.
A queste tradizioni ed a questi millenari legami si richiamata la nostra
Accademia nell'organizzare il Convegno di Studi Etiopici. Ed al Convegno e
ad i suoi lavori non si pu fare migliore augurio che quello antichissimo
che i Sovrani dell'Etiopia facevano, iscrivendo in greco sulle loro monete
'rou'ro &p~crYl 'r'{j xwpq. che questo giovi al Paese)). Che questi nostri studi,
voglio dire, giovino a far conoscere, apprezzare ed amare l'Etiopia nel suo
passato e nel suo prospero avvenire.

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