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Patient ee ec ne ste : Progetto prafco: Dario Zannier Il fuoco e il racconto Seater Seat nottetempo TL fuoco el racconto Alla fine del suo libro sulla mistica ebraica', Scholem racconta questa storia, che gli era stata trasmessa da Yosef Agnon: Quando il Baal Schem, i fondatore dello chassidiszmo, dovevs assolvere un compito difficile, andava in un certo posto nel bosco, accendeva un Fuoco, diceva le preghiere e ci che voleva si realizaava, Quando, una rrenerazione dopo, il Maggid di Meseitsch si tov di fronte allo stesso problema, sirecd in quel posto nel bo- seo e disse: “Non sappiamo pid accendere il fuoco, a ppossiamo dire le preghiere” —e tutto avvenne secondo il suo desideri. Ancora una generaxione dopo, Rabbi ‘Mosche Leib di Satsow si trov® nella stssasituazione, and® nel bosco e disse: “Non suppiamo pit accendere il fooco, non sappiamo pit dite le preghiere, ma cono- siamo il posto nel bosco,e questo deve bastare”.Ein- {atti basté, Ma quando un'altra generavione trascorse © Rabbi Israel di Rischin doverte anch’eglt misurarsi con la stessa diffcot, restd nel suo eastello, si mise a * Gershom Scholem, Legrand coment della mito ere, ea it di G. Ruso, Binaul, Teno 1993, p. 338. sedere sulla sua sedia doratae disse: “Non sappiamo Pi aecendere lfuoco, non siamo capaci di reciare le Pteghiere enon conosciamo nemmeno il posto nel bo. sco: ma di tutto questo possiamo ruccomtate la sori”. ancora una volta, questo bast E possibile leggere questo aneddoto come un'alle- soris della letteratura. L'umanita, nel corso della sua storia, si allontana sempre pit dalle sorgenti del mi- stero e smarrisce a poco a poco il ricordo di quel che la tradizione le aveva insegnato sul fuoco, sul luogo cla formula ~ ma di tutto cid gli uomini possono ancora raccontarsi la storia. Cid che resta del miste- 10 2 letteratura e “questo,” commenta sorridendo ‘I rabbino, *pud bastare”. Il senso di questo “pud astare” non &, per, cost facile da afferrare ¢ forse ildestino della letteratura dipende proprio da come 4o si intende, Poiché se lo sintende semplicemente nel senso che la perdita del fuoco, del luogo e della formula sia in qualche modo un progresso e che il frutto di questo progresso la secolarizzazione ~ sia Ia liberazione del racconto dalle sue fonti mitiche e la costituzione della letteratura divenuta autonoma fimtoenne in una fra separa, la cultura lora quel “pud bastare” diventa davvero enigmatico, Puo bastate ~ ma a che cosa? f credbile the ei Possa appagare di un racconto senza pid rapporto col fuoco? 8 Dicendo “di tutto questo possiamo raccontare la storia”, il rabbino, del resto, aveva asserito esatta mente il contrario, “Tutto questo” sig dimenticanza e cid che il racconto narra 8 appunto la storia dello smarrimento del fuoco, del luogo e della preghiera. Ogni racconto ~ tutta la letceratura ~&, in ‘questo senso, memoria della perdita del fuoco. Che il romanzo derivi dal mistero & un fatto ormai acquisito dalla storiografia letteraria. Kerényi e, dopo di lui, Reinhold Merkelbach hanno dimostrato Te- sistenza di un legame genetico fra i misteri pagani e romanzo antico, di cui le Metamorfosi di Apuleio (dove il protagonista, che stato trasformato in asino, trova alla fine salvezza attraverso una vera e propria iniziazione misterica) ci forniscono un documento particolarmente convincente. Questo nesso si mani- festa in cid, che, esattamente come nei misteri, noi vediamo nei romanzi una vita individuale legarsi a un clemento divino 0 comunque sovrumano, in modo che le vicende, gli episodi e le ambagi di un’esistenza ‘umana acquistano un significato che i superae li co- stituisce in mistero. Come Viniziato, essistendo nella penombra eleusina all'evocazione mimata o danzata del rapimento di Kore nell’Ade e della sua annuale riapparizione sulla terra in primavera, penetrava nel iistero trovava in questo una speranza di salve za per la sua vita, cost i lettore, seguendo Vintrigo di ° situazioni ed eventi che il romanzo intesse pieto mente 0 ferocemente intomo al suo personaggio, partecipa in qualche modo alla sua sorte introduce comunguella propria esistenza nella sfera del mistero, ‘Questo mistero si, perd, sciolto da ogni contenuto Imitico e da ogni prospettiva religiosa e pud essere, per questo, in qualche modo disperato, come avviene per Isabel Archer nel romanzo di James o per Anna Kare nina; pud perfino mostrare una vita che ha interamen. te perdutoil suo mistero, come nella vicenda di Emma Bovary; in ogni caso, se di romanzo si tratta, vi sara, per, comunque un'iniziazione, sia pute miserable, sia pure a nientaltro che alla vita stessae al suo scialo, Appartienc alla natura del romanzo di essere insieme perdita ¢ commemorazione del mistero, smarrimen- to ¢ rievocazione della formula e del luogo. Se ess0, come oggi sembra sempre pit spesso avvenire, lascia invece cadere la memoria della sua ambigua relazio- ne col mise, se, eancellando ogni traccia della pre- catia, incerta salvezza cleusina, pretende di non aver Disogno della formula o, pegaio, dilapida il mistero in tun coacero di fatti privat, allora la forma stessa del zomanzo si perde insieme al ricordo del fuoco, Leelemento in cui il mistero dilegua e si perde @ Ia storia, E us fatto su cui sempre di nuovo occorre i flettere, che uno stesso termine designi tanto il decor- s0 cronologico delle vicende umane quanto cid che 0 ON Ia letteraruta racconta, tanto il gesto dello storico € del ricercatore quanto quello del narratore. Noi pos- siamo accedere al mistero solo attraverso una storia ¢ tuttavia (0, forse, si dovrebbe dire infact) la storia & id in cui il mistero ha spento 0 nascosto i suoi fuochi, Tn una letera del 1937, Scholem ha provato a me- dlitare ~ a partire dalla sua personale esperienza di studioso della qabbalah — sulle implicazioni di questo nnodo che stringe insieme due elementialmeno in ap- parenza contraddittori come la verita mistica e l'in- cioé da quando ha cominciato a parlare — 2 sempre in corso contro di lui non @ altro che la parola stessa “Prendere il nome”, nominare se stessi e le cose sic gnifica potersi e poterle conoscere e padroneggiare, ‘ma significa insieme, sottomettersi alle potenze della colpa ¢ del ditto. Per questo il decreto ultimo che ‘i pud leggere tra le righe di tutti codicie di tute le Jeagi della terra recita: “I! linguaggio & la pena, Inesso tutte le cose devono entrare e in esso devono petize secondo la misura della loro colpa” 2 1 meysterium burocraticumr &,allora, Vestrema com- Pee ee tabile attraverso cui il vivente, parlando, & diventato cuomo, sié legato alla lingua, Per questo esso concerne tanto 'uomo ordinario che il poeta, tanto il sapiente cheI'gnorante, tanto la vitima che il eamefce. E per ‘questo il processo & sempre in corso, perché 'uomo ton cessa di diventare umano e di restare inumano, di entrare e uscire dall'umanita. Non smett, cio, di accusarsi ¢ di pretendersi innocente, di dichiararsi, come Eichmann, pronto a impiccarsi in pubblico e, tuttavia, innocente di fronte alla legge. E finché Puo- ‘mo non riusctaavenire a capo del suo mistero ~ del ristero del linguaggio e della colpa, cio’, in verita, dll owo exsere enon exere ancora uae del soe re o1non essere pid animale ~il Giudizia, in cui e Binseme giudicee inputs, non eeseta dl encre aggiornato, continuamente ripetera il suo non liquet. 2 Nei Vangeli, Gesti parla spesso in parabole, cos! spes- s0 che da quest abitudine del Signore & venuto il no- stro verbo “parlare”, sconosciuto al latino classico: parabolare, cio’ parlare come fa Gest, che “senza pa- rabola non diceva nulla” (chorés paraboles ouden ela- lei, Mt. 13,34). Ma il luogo eminente della parabola il “discorso del Regno” (logos tes basileias). In Matteo 133-52, ben otto parabole (il seminatore, la zizzania, il chieco di senape, i lievto, il tesoro nascosto, il mer. cante ¢ la perl la rete gettata in mare, lo seriba) si susseguono per spiegare agli apostolie alla flla (ocb- os, la “massa”) come si debba intendere il Regno dei cieli. La contiguita fra Regno e parabola &, anzi, cost stretta e costante, che un teologo ha potuto scrivere che “la basileia @ espressa nella parabola come para- bola” e che “le parabole di Gest esprimono il Regno 4i Dio come parabola”. La parabola ha la forma di una similitudine. “I Re- agno dei cieli & simile (bomo‘a] a un chicco di sena- > Bhechand Jngs, Palo e Ge. leon della crioloi, ea 4 IR Beano, Pail, Brescia 1978, p. 157, zB pe..”, Il Regno dei ciel as un uomo che semina.. pice Som festa os] un uomo che ‘getta il “ “4 parabola istituisce, cio’, una s¢ ane 2 fel Reano e qulcosa che roa gui con ala core 416 significa che Vesperienza del Regno passa travers la percerione cn somighanan che zal percezone di questa somighaza non sd per i Tn panos oe ee Di quila sua affinita cant parabola: le paabole esprinono d {iligome parabola perce eso sien fone a evento a peresione di una somiglana: ol hese, i i donna mescola in tre ‘tisure di farina, col Ge ISCOstO che un uomo trova nel campo, con la te gettata in mare che accogle ogni genere di pe ', soprattutto, col gesto del seminatore. pee Leragioni che Gesti da ; me jest di peril suo parlarein parabole apostll che oh chenatiche: In Matteo 1310-17, agli Pertbole, Geog nean® Perc paca alla masa in Perc men dato conse ier “ello od hisses sain mec nh owe gaa tc ha. Per questo parlo loro in parabole, perché vedenti non elon wt an edonon soaps 26 icli assomiglia (homoiothe] a (in Me 426: Rego ch In veritt, nemmeno gli apostoli hanno compreso, Isl momento che subito dopo egli deve spiegare loro parabola del seminatore. In Luca 8,9-16 le ragioni sembrano diverse, perché, dopo aver ripetuto che agli apostoli dato conoscere quel misteri del Regno che gli altri ricevono in parabo- Je “affinché guardando non vedano ¢ ascoltando non intendano,” Gesi aggiunge, con palese contraddizio- ne, che “nessuno accende una lucerna e la copre con tun vaso o la mette sotto il leto” che “non c’é nulla «dinascosto che non sari rivelato, nulla di segreto che hon sara portato alla luce”. Le parabole, secondo un modulo retorico familiare all'antichit3, sono un di- che sia compreso da chi ‘enello stesso tem- ‘po, esse esibiscono in piena luce il mistero. E proba- bile che le spiegazioni che Gesti di del suo parlare in parabola siano esse stesse una parabola, che serve da introduzione alla parabola del seminatore ("Voi dun- ‘que ascoltate la parabola del seminatore...”). ‘La corrispondenza fia il Regno e il mondo, che le pparabole presentano come una somiglianza, ® espres- sa da Gest anche come una vicinanza nella formula stereotipa “si avvicinato [eggiten] il Regno dei cieli” (Mt. 3,2 e 10,7; Me. 1,155 Le, 10,9). Egays, “vicino”, da cui deriva il verbo eggiza, proviene verosimilmente dda un tetmine che significa "mano": Ia vicinanza del a tempi di ordine tem iporale, spaziale: esso 2, letteralment Regno &, anche, una vicinanza, [Ultimo &, imine vicino e somigliante, Ja: specie vciansa del Regno si attesta anche viene espressa nei Vangel singolare confusione fra pre > Coa ac eben nee a Bent fo, Cay nel consol, i miti erediteranno la tera, gli alfamat Hintizia saranso saziati e i puri di cuore vedranno siustizia sono, jinvece, beati “perché di é ei ciel, quasi chedlsntagmna “Regrets p ee Besse il presente, anche dove dan oles un futuro, In Luca 11,12, Gesti dice senza possibile aoristo] il frutto della vite, fino ali fino al giorno in c nuove [pio kainom) nel Regno dei cel"), Bowe 2% é, soltanto ~ i ma anche e soprattutto. Cio significa che il Regno, che & percceclensal nino 4 17,20-21 che questa vera e propria soglia di in- senza fra i tempi viene espressa nel modo pitt ito. Ai farisei che gli chiedono: “Quando viene sheta) il Regno di Dio?”, Gest rsponde: “I Re- io non viene in modo che si possa vedere, diranno: Ecco, & qui o li’, Ecco, il Regno di Dio 1 portata delle vostre mani” (questo 2 il significato ‘entos ymon, ¢ non “dentro di voi”). La preseniza ~ pperché di presenza si tratta — del Regno ha la forma Uli una prossimiti, (Linvocazione nella preghiera di ‘Matteo 6,10: “Venga [eltheto] il tuo Regno” non con traddice in aleun modo questa apparente confusione dei tempi: Fimperativo, come ricorda Benveniste, non hha in verita earattere temporale). Proprio perché la presenza del Regno ha la forma di tuna vicinanza, essa trova la sua espressione pitt con- rua nelle parabole. Ed @ questo legame speciale fra la parabola e il Regno a essere in qualche modo te- matizzato nella parabola del seminatore. Spicgandola (Mr. 13,18-23), Gest stabilisce una corrispondenza frail seme e la parola del Regno (logos tes basileias; in ‘Me. 4,15 & detto chiaramente che “il seminatore semi: na il logos"). Il seme caduto lungo la via si tiferisce a “chi ascolta la parola del Regno enon la comprende”; «quello caduto sul terreno roccioso significa chi ascol- tala parola, ma 2 incostante e “subito si scandalizza di fronte alle tribolazioni o alle persecuzioni a causa 2

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